I NEURONI SPECCHIO (MIRROR NEURONS), UN PONTE FRA

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I NEURONI SPECCHIO (MIRROR NEURONS), UN PONTE FRA
Giscel Lombardia, Seminario Imparare e pensare e a comunicare: alcuni nodi dell’educazione linguistica (ott. 2010)
I NEURONI SPECCHIO (MIRROR NEURONS), UN PONTE FRA
SVILUPPO COGNITIVO E LINGUISTICO
ritasidoli
Sintesi ad uso interno per i partecipanti al seminario Giscel del 12 ottobre 2010
Ho pensato di iniziare questa sintesi destinata ai partecipanti al seminario Giscel del
giorno 12 ottobre con le due questioni a mio giudizio più rilevanti nella mia
relazione e sulle quali probabilmente sarebbe stato importante un confronto
comune
Questione 1 Perché i neuroni specchio (da ora ns) sono così importanti per
l’apprendimento?
Questione 2. Perché la scuola è un luogo irrinunciabile di apprendimento?
Questione 1
(una premessa: i ns non sono soli nel loro lavoro di attivazione cerebrale; all’inizio
della vita di un soggetto essi esistono come sostrato neuronale e come potenzialità;
la storia evolutiva del soggetto permette il raggiungimento di stadi di sviluppo più o
meno competenti)
Elenco tre motivi fra i molti che possono essere indicati
a) Essi permettono (insieme ad altri circuiti neuronali) l’attivazione mentale
“convergente” fra le menti di chi racconta, insegna, spiega, mostra … e di chi
ascolta; tale attivazione convergente è alla base di ogni apprendimento.
b) Essi fondano il riconoscimento dello scopo, della motivazione per cui si agisce: ogni
azione didattica deve essere riconosciuta come avente un senso, uno scopo per
colui che apprende; una indagine che ho condotto in università con i miei studenti
ha evidenziato come non sia facile – nemmeno per studenti universitari – capire il
“senso” di alcune discipline.
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c) Essi facilitano la consapevolezza dell’appartenenza (a un gruppo, ad una classe,
ad una comunità); voglio ricordare che proprio la sicurezza dell’appartenenza
permette l’apertura agli altri (Erikson e lo stadio della fiducia – sfiducia; Bowlby e la
Ainsworth e le dinamiche di attaccamento sicuro – insicuro); il senso di
appartenenza alla classe come l’antidoto più significativo all’abbandono scolastico
Questione 2
Mi piace pensare alla scuola come luogo di educazione alla responsabilità che vedo
declinata nelle due valenze di responsabilità culturale e responsabilità morale: certo la
scuola non è l’unico contesto di tale educazione, ma uno dei più importanti: raggiunge la
quasi totalità dei giovani, per molte ore, li segue in un percorso longitudinale.
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Luogo della responsabilità longitudinale: l’insegnante
offre una tradizione
culturale (non dimentichiamo che la tradizione è una rilettura interpretativa a
posteriori) e sé come mediatore di tale tradizione affinché gli studenti si approprino
di tale tradizione, la rielaborino e la modifichino, la proiettino nel futuro del mondo
dove agiranno.
– Tempo della responsabilità trasversale in cui il gruppo degli allievi è
reciprocamente responsabile; (il fenomeno dell’abbandono scolastico ed il senso di
non appartenenza, il fenomeno del bullismo e della violenza)
La scuola diventa punto di incontro fra le generazioni e fra le culture diverse; in essa Il
codice etico si concretizza in una azione verso colui che è straniero, debole, solo, malato,
a colui che nessuno protegge o di cui nessuno si prende cura
Da qui nasce l’alleanza (che si costruisce nel tempo, con alcuni mai …. Chissà?) fra
insegnanti, alunni e famiglie.
Perché la scuola? Solo la scuola?
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Perché è un luogo dove i legami mantengono sempre un minimo di possibilità di
aggancio
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Perché, pur nella loro frammentarietà, tali legami possono evolvere verso la
consapevolezza di una appartenenza condivisa
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Perché la scuola offre un’esperienza di adulto che crede in quello che fa
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Siamo partiti da un piccolo gruppo di neuroni, appena scoperti ma che da millenni sono in
cammino per farci essere “umani” e siamo arrivati ad interrogarci sul senso
dell’educazione.
1. Che cosa sono i Mirror Neurons?
I primi dati risalgono all’inizio degli anni ottanta del secolo scorso e riguardano gli studi
sui primati. Da questi studi emerge come nei primati esistano circuiti neuronali per la
programmazione, il controllo e l’esecuzione di azioni finalizzate. I circuiti neuronali
individuati sono collocati nell’emisfero sinistro in una zona che – secondo la
localizzazione proposta da Matelli et al. (1985, 1991)1 - è stata chiamata F5 PF, situata
nella zona parietale - frontale
Questi circuiti neuronali si attivano anche quando l’azione non è eseguita ma solo
immaginata, o quando essa è eseguita da un altro soggetto, da qui il nome “neuroni
specchio”.
Indagini successive negli esseri umani (con la tecnica della risonanza magnetica
funzionale fRMI) hanno evidenziato come la zona dei neuroni specchio con funzioni
motoria e visiva coinvolga l’intero circuito neuronale (F5 e PF): proprio a questo
coinvolgimento è dovuta la “rappresentazione dell’azione”.
2. I NS e la loro funzione nella rappresentazione mentale umana
La sola visione di una azione finalizzata compiuta da altri induce negli esseri umani
una forte attivazione delle aree premotoria e parietale (Rizzolatti et Al. 19962;
Buccino et al. 20013)
Si può ipotizzare che tale competenza sia l’esito filogenetico di fasi evolutive diverse
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il controllo motorio durante l’esecuzione di una propria azione,
-
il proprio controllo visivo durante tale performance motoria,
1
M. Matelli, G. Luppino, G. Rizzolatti, (1985), “Patterns of cytochrome oxidase activity in the frontal
agranular cortex of the macaque monkey, Behavioural Brain Research, 18, 125-138.
2
G. Rizzolatti et Al., (1996) “Localization of grasp representation in humans by PET: observation versus
execution”, Experimental Brain Research, 111, pp. 246-252,
3
G. Buccino et Al., (2001), “Actions observation activates premotor and parietal areas in a somatotopic
manner: a fMRI study”, European Journal of Neuroscience, 13, pp. 400-404
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la generalizzazione successiva in virtù del controllo motorio e visivo dei gesti altrui,
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fino alla rappresentazione neuronale delle azioni altrui
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ed alla rappresentazione neuronale delle altrui intenzionalità esecutive.
Due sono le funzioni che i NS fondano, fino a questo punto della nostra riflessione:
– la consapevolezza dell’intenzionalità
– l’imitazione uno dei fondamenti dell’apprendimento (imitazione, come nel
linguaggio, non copia meccanica ma elaborazione creativa che parte da un
modello)
3. NS e linguaggio
L’evoluzione della corteccia premotoria, in un’ottica filogenetica, ha costituito la
base neuronale
– per lo sviluppo della funzione linguistica
– per lo sviluppo della memoria di lavoro. L’ipotesi filogenetica attualmente
accreditata afferma che “la comunicazione cooperativa umana sia emersa come
parte e bagaglio dell’evoluzione di forme unicamente umane di attività
cooperativa. […] Specificamente, l’attività collaborativa e la comunicazione
cooperativa umana riposano entrambe, a differenza delle attività di gruppo e della
comunicazione intenzionale delle grandi scimmie, su cose come la lettura ricorsiva
dell’intenzione e la tendenza ad offrire spontaneamente aiuto ed informazione agli
altri” 4
4. Le grammatiche culturali primarie (come regolarità iterative formalizzate) in
contesti comunicativi, fondati sulla cooperazione (un approccio filogenetico):
la grammatica dell’indicare,
la grammatica dell’informare,
la grammatica del narrare.5
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M. Mumenthaler, H. Mattle, (2004), Neurology, Thieme-Verlag, Stuttgart - New York, p. 358-359
M. Tomasello, (ediz. orig. 2008, traduzione italiana 2009), Le origini della comunicazione umana, R.
Cortina, Milano, pp. 151-152
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Le tre grammatiche citate si pongono in un crescendo di complessità cognitiva e
relazionale ma tutte prevedono la consapevolezza della mente altrui e l’attivazione
cooperativa.
Additare (la grammatica dell’indicare) e mimare (la grammatica dell’informare) sono già
presenti in bambini di 12 – 14 mesi definiti prelinguistici.
La grammatica del narrare: qui la necessità di regole canoniche (o formalizzate
condivise) si fa ancor più rilevante. Come Bruner ha sottolineato6 ogni storia è imperniata
su due scenari :
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Lo scenario degli eventi
-
Lo scenario dell’apprezzamento
5. NS e mondo emozionale
Il riconoscimento dello stato emozionale dell’altro è molto precoce. Già a tre mesi i
bambini imitano l’espressione della figura di riferimento ma ne interpretano anche lo stato
emotivo, producendo vocalizzazioni adeguate e, prima dell’anno, mettono in atto
comportamenti congruenti.
Certo, si tratta di comportamenti socialmente primitivi ma che fonderanno
successivamente condotte più raffinate ed articolate. I neuroni specchio rendono possibile
il riconoscimento immediato e precoce degli stati emozionali altrui7; essi costituiscono
pertanto il prerequisito irrinunciabile di quel comportamento empatico che fonda la
maggior parte delle nostra relazioni interindividuali.
6. Il ruolo dei NS nella lettura degli stati mentali (La funzione dei NS nella
costruzione della ToM - Teoria della mente)
Tutto quanto detto fino ad ora conferma la rilevanza dei NS nella costruzione della teoria
della ToM
Le recenti scoperte neuronali illuminano di una nuova luce quella funzione specificamente
umana che va sotto il nome – talvolta discusso – di teoria della mente, ossia quella
6
J. Bruner, (1988)La mente a più dimensioni, Laterza Bari (cfr. Tomasello p. 245).
G. Rizzolatti, C. Sinigaglia, So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, R. Cortina, Milano
2006, p. 180.
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capacità di rappresentarsi gli stati mentali altrui8. Tale capacità – nelle sue forme primarie,
ossia precoci - parte dall’osservazione di condotte motorie a cui viene attribuito uno
scopo. Un elemento rilevante nella ToM è costituito secondo Baron Cohen (non a caso
uno dei più grandi studiosi di autismo) dallo sguardo (altra modalità comunicativa umana,
meno rilevante nei primati che preferiscono il movimento del capo o della mano). Secondo
Baron Cohen9 la capacità di cogliere lo sguardo altrui è una fase essenziale per lo
sviluppo della capacità di lettura della mente, perché permette non solo di capire
l’intenzione ma di rappresentarsi che cosa l’altro sta pensando, che cosa sa o non sa
rispetto ad una certa situazione.
7. La costruzione culturale della conoscenza
Vygotskij: dal biologico al socio-storico
Pontecorvo: la conoscenza come co-costruzione:
Bruner: la funzione narrativa come radice dell’apprendimento.
8. La costruzione del sé relazionale
Nella società attuale il villaggio locale, caratterizzato da una unità tribale (miti, riti, lingua
religione …), si interseca sempre più spesso con la richiesta di relazioni con culture “altre”
chiedendo a ciascuno di noi una competenza relazionale articolata e duttile. Qualcuno
utilizza il termine “glocale” proprio ad indicare l’intrecciarsi dei diversi piani relazionali.
Il Sé è l’esito di un processo di integrazione degli stati mentali collocati nel passato, nel
presente e nel futuro in un filone di coerenza e di continuità nel tempo10.
“Nel bambino la possibilità di “connettersi” e di entrare in sintonia con le menti di altre
persone è fondamentale per la maturazione dei circuiti cerebrali che mediano la capacità
di autoregolazione (Schore, 1994) e diversi studi indicano che tali relazioni si basano in
8
L. Fogassi, V. Gallese, “The neural correlates of mind understanding”, in M.I. Stamenov, V. Gallese (Eds.),
Mirrors Neurons and the Evolution of Brain and Language, John Benjamins Publishing Company,
Amsterdam, Philadelphia, 2002, pp. 28-31
9
S. Baron-Cohen, (1995) , Mindblindness: an Essay on Autism and Theory of Mind, Cambridge MA,
MITPress
10
D. J. Siegel, (2001), La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza interpersonale, R. Cortina
Milano, pp. 8-9; si veda ad esempio la sintonizzazione comunicativa precoce fra genitori e figli: essa
permette ai cuccioli di sviluppare la capacità di regolare le emozioni, di mettersi in comunicazione con gli
altri, di sviluppare una narrativa autobiografica e di imparare le regole della comunicazione culturale.
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effetti su pattern di comunicazione.11 […] Il concetto essenziale è che il cervello del
bambino utilizza gli stati della mente del genitore - o di un’altra figura di attaccamento –
per cercare di organizzare le sue attività. […] L’accordo emotivo fra genitore e figlio – o fra
terapeuta e paziente (insegnante ed allievo \ studente) – implica quindi lo stabilirsi di un
“temporaneo” allineamento, di una corrispondenza fra gli stati della mente di due individui ,
con l’istaurarsi di quello che possiamo definire uno <stato di risonanza mentale>”12.
Da tale competenza nasce secondo alcuni ricercatori l’attaccamento sicuro che – secondo
Bowlby – evolve in capacità di leadership, di problem solving per affrontare relazioni
competitive o difficili. 13
Concludo con una frase già citata: siamo partiti da un piccolo gruppo di neuroni, appena
scoperti ma da millenni in cammino per farci essere “umani”, e siamo arrivati ad
interrogarci sul senso dell’educazione.
11
Per ampliare il concetto di elaborazione e controllo delle emozioni (sistema limbico o sistema neocorticale)
: D.J. Siegel, (2001), La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza interpersonale, R. Cortina Milano.
12
D. J. Siegel, (2001), La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza interpersonale, p. 72
13
Ibi, p. 319
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Bibliografia (le indicazioni bibliografiche seguono lo schema della relazione, quindi non
sono in ordine alfabetico)
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M.I. Stamenov, V. Gallese (Eds.), (2002), Mirrors Neurons and the Evolution of
Brain and Language, John Benjamins Publishing Company, Amsterdam,
Philadelphia.
M. Matelli, G. Luppino, G. Rizzolatti, (1985), “Patterns of cytochrome oxidase
activity in the frontal agranular cortex of the macaque monkey, Behavioural Brain
Research, 18, pp. 125-138.
G. Rizzolatti, L. Fadiga, (1998) “Grasping objects and grasping action meanings:
the dual role of the monkey rostroventral cortex (area f 5) in: Sensory Guidance of
Movement (Novartis Foundation Symposium 218), pp. 81-103, Wiley, Chichester.
G. Rizzolatti, L. Fogassi, V. Gallese, “Cortical mechanism subserving object
grasping and action recognition: a new view on the cortical motor functions”, in:
M.S. Gazzaniga (Ed.) (1999), The Cognitive Neurosciences, Second Edition, pp.
539-552, MIT Press, Cambridge MA.
G. Rizzolatti, C. Sinigaglia, (2006), So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni
specchio, R. Cortina, Milano, p. 150 (cfr. cap. 6: “Imitazione e linguaggio” e cap. 7
“Condividere le emozioni”).
M. Tomasello, (ediz. orig. 2008, traduzione italiana 2009), Le origini della
comunicazione umana, R. Cortina, Milano, in particol. il capit. 6, “La dimensione
grammaticale”, pp. 207-266.
L.S. Vygotskij, (1992), Pensiero e linguaggio, (a cura di L. Mecacci), Laterza, Roma
– Bari
C. Pontecorvo, M. Pontecorvo, (1986), Psicologia dell’educazione. Conoscere a
scuola, il Mulino, Bologna.
J. Bruner, (ediz. orig. 1986, trad. ital. 1993), La mente a più dimensioni, Laterza
Roma Bari (cfr. il capit. 8 “Pensiero ed emozione” e, la parte terza sul rapporto
cultura – educazione: “L’azione dell’uomo sui mondi che ha costruito”)
J. Bruner, (ediz. orig. 1996, trad. ital. 1997), La cultura dell’educazione, Feltrinelli,
Milano.
D. J. Siegel, (2001), La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza
interpersonale, R. Cortina Milano (cfr. i capitoli “Mente cervello ed esperienze”;
“Attaccamento”; “Integrazione”).
P. Ricœur (1997), La critica e la convinzione. A colloquio con François Azouvi e
Marc de Launay, Jaca Book Milano, (in partic. il capitolo “Politica e totalitarismo” e
le riflessioni sul legame verticale - il politico - ed il legame orizzontale - la
cittadinanza -).
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