5 domande a don ciotti - Azione Cattolica Italiana
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5 domande a don ciotti - Azione Cattolica Italiana
Ragazzi04-2012_Layout 1 19/03/12 10:52 Pagina 10 | ne lla redazio a cura de Don Luigi Ciotti La vocazione è qualcosa che nasce Le 5 domande di questo mese hanno dentro di te, ma che scopri solo se un destinatario molto speciale, che impari a guardarti intorno: a con- magari qualche vostro fratello più frontarti con gli altri e a capire cosa grande ha già conosciuto al “C’è di succede nella realtà in cui vivi. Io abi- più”, la festa dei giovanissimi... Si tavo a Torino, dove mi ero trasferito tratta di don Luigi Ciotti: non solo un da piccolo con la mia famiglia, origi- sacerdote, ma anche un onesto citta- naria delle montagne del Cadore, in dino al servizio della gente, sempre Veneto. Quella grande città aveva pronto a portare un segno di spe- dato a mio padre, come a molte altre ranza, di amore e di pace a tutti co- persone arrivate da lontano, un la- loro che ne hanno bisogno. Ecco l’oc- voro e la possibilità di farci vivere di- casione per conoscerlo meglio! gnitosamente. Ma a una certa età ho 1 cominciato ad accorgermi che non Ciao don Luigi, parlaci un po’ tutti avevano avuto le stesse oppor- di te, di quando eri ragazzo, di tunità: forse perché più fragili e soli, come è nata la tua vocazione, o soltanto più sfortunati, alcuni re- del perché ti sei sempre impe- stavano “esclusi” dal benessere e gnato a favore degli ultimi... 10 dalla felicità. Vedevo intorno a me Ragazzi04-2012_Layout 1 19/03/12 10:52 Pagina 11 grandi magistrati, Falcone e Borseltante povertà, ingiustizie, e la grande disuguaglianza fra chi aveva tutto e chi nulla, o quasi, dalla vita. E sentivo che erano situazioni inaccettabili: situazioni che potevano cambiare solo se tutti, me compreso, si fossero rifiutati di accettarle. A 17 anni, tornando da scuola, ho notato un uomo anziano sempre seduto alla stessa panchina, che gli faceva da casa. È dall’incontro con lui - un medico che aveva rinunciato alla sua esistenza tranquilla perché sconvolto dall’aver involontariamente provocato la morte di una paziente - che è nata la scelta di fondare, insieme ad alcuni amici, il Gruppo Abele: per dare una mano alle persone in difficoltà e far capire agli altri, ai “fortunati”, quanto fosse importante per tutti costruire una società più giusta e più responsabile. Poi ho sentito che, per vivere pienamente il mio desiderio di “saldare la terra col cielo”, l’amore per gli “ultimi” e l’amicizia con Dio, avrei dovuto farmi sacerdote. È accaduto qualche anno dopo, e il ricordo più bello della mia ordinazione è quando padre Pellegrino Arcivescovo di Torino e mio grande maestro - mi ha affidato come parrocchia “la strada”. 2 Quando e perché hai fondato l’Associazione “Libera”? “Libera” è nata nel 1995. Negli anni precedenti, un susseguirsi di attentati e stragi mafiose aveva profondamente colpito l’opinione pubblica. Nel 1992, a pochi mesi di distanza, erano stati ammazzati due lino, con la moglie del primo Francesca e i poliziotti incaricati di proteggerli: Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina (è importante citarli tutti, perché il primo diritto di ogni persona è quello di essere chiamata per nome). Era stato anche pensando al sacrificio di persone come loro che l’anno successivo Papa Giovanni Paolo II, da Agrigento, aveva lanciato un “grido” contro la mafia, definita “civiltà di morte”, incompatibile col Vangelo. Il suo appello ai mafiosi affinché si convertissero non aveva però fermato la violenza, che anzi aveva cominciato a rivolgersi anche contro coraggiosi uomini di Chiesa, come don Pino Puglisi e don Peppe Diana. Mentre alcune bombe piazzate a Roma, Milano e Firenze mandavano il segnale che nessuno, in Italia, poteva sentirsi al sicuro dalla criminalità organizzata. Di fronte a tutto questo, molti italiani avevano sentito il bisogno di mobilitarsi, di fare la propria parte accanto ai magistrati e alle forze di polizia per difendere la legalità e rafforzare la democrazia. Ma mancava un coordinamento, una comunicazione capace di trasformare le singole iniziative sparse sui territori in un impegno col- lettivo, e dotato di continuità. Come prima cosa, abbiamo pensato servisse l’informazione: la gente doveva avere gli strumenti per capire cosa stava succedendo, per reagire nel modo più efficace. È nata così “Nar- 11 Ragazzi04-2012_Layout 1 19/03/12 10:52 Pagina 12 comafie”, una rivista che racconta il legalità e soprusi, devono tornare ad mondo del malaffare e lo sforzo della essere “bene comune”, produrre be- gente onesta per contrastarlo. Poi, in- nessere e opportunità per tutti. Gra- sieme ad alcuni amici, abbiamo dato zie a quella legge, oggi alcuni degli vita a “Libera”, una rete di gruppi e edifici confiscati alle mafie diventano associazioni che unisce oggi più di scuole, caserme, centri sportivi, asili, 1.600 realtà in tutta Italia. Per non la- case per anziani. E delle cooperative sciare solo nessuno di coloro che si di giovani coltivano le terre un tempo battono contro l’illegalità e le mafie, appartenute ai boss, dove con un la- e dare più forza, incisività e coraggio voro pulito, generoso e responsabile, all’impegno di ognuno. producono cibi doppiamente “buoni”: 3 con il “gusto” di ciò che è “giusto”. L’obiettivo che ti eri prefis- Sono questo tipo di iniziative che ser- sato è stato raggiunto? È cam- vono a “cambiare le persone”: perché biato qualcosa nelle persone? dimostrano anche alle più indiffe- Quali gesti concreti sono nati? renti, o spaventate, che insieme è pos- La prima scommessa di “Libera” è sibile sconfiggere la violenza dell’in- stata proprio la concretezza. Ab- ganno e delle armi, e vivere tutti più biamo voluto dimostrare ai mafiosi sicuri. che gli italiani erano in grado di fare Un’altra cosa importante è l’educa- qualcosa di molto concreto per op- zione: per questo, come “Libera”, se- porsi alle loro prepotenze. Per que- guiamo molti progetti nelle scuole. sto, attraverso una grande raccolta di E cerchiamo di dimostrare ai bambini firme, abbiamo incoraggiato l’appro- e ai giovani che la legalità non solo è vazione della legge 109 del 1996, che “giusta”, ma “conviene”, perché di- 12 dice che i beni sottratti alla crimina- fende i diritti di tutti dalla “legge del lità organizzata devono essere resti- più forte”. Quando incontro tanti ra- tuiti ai cittadini attraverso un “uso gazzi in giro per l’Italia che, grazie a sociale”. Che significa? Che le ric- quei progetti, sono diventati cittadini chezze di pochi criminali, frutto di il- più consapevoli, pronti a giocare non da spettatori, ma da protagonisti, la “partita” della democrazia, posso dire che sì, l’obiettivo è raggiunto. Viene raggiunto ogni giorno, ogni volta che qualcuno prende coscienza che l’ingiustizia, l’illegalità e le mafie sono anche un suo problema, e insieme agli altri è chiamato a impegnarsi per affrontarlo. Poi certo non bisogna mai illudersi di avere fatto “abbastanza”: molto di più si può e si deve ancora costruire. Ragazzi04-2012_Layout 1 19/03/12 10:52 Pagina 13 ritti, serve il contributo di tutti. Il fatto di scegliere ogni volta una città diversa è per coinvolgere il più possibile tutta l’Italia. Non è più vero da molto tempo che le mafie siano solo in certe regioni. Oggi i loro affari sporchi e i loro metodi brutali “inquinano” l’economia e la vita pubblica da nord a sud, con conseguenza drammatiche sulla vita di tanta gente che 4 Qual è lo scopo della “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie” che ogni anno è organizzata da “Libera”? E perché ogni anno è in un posto diverso, anche al nord, dove si può pensare che la mafia non ci sia? Gli scopi sono due, strettamente intrecciati. Il primo è ricordare le persone innocenti uccise dalle mafie: i loro nomi, le loro storie, il bisogno di verità e giustizia delle loro famiglie, che quel giorno vogliamo stringere in un ideale, grande abbraccio di solidarietà e gratitudine. Il secondo è richiamare tutti i cittadini a un maggiore impegno contro l’illegalità, la violenza e le ingiustizie. La “memoria” infatti non è autentica se si ferma alle “parole di circostanza”, alle celebrazioni di un giorno. È invece un sentimento che deve vivere nella quotidianità, guidarci nelle nostre scelte, stimolarci a una maggiore responsabilità. Questo vogliono testimoniare le migliaia di persone che ogni anno si danno appuntamento in una data vicina al 21 marzo, primo giorno di primavera: che per cambiare le cose che non vanno, per far sbocciare una stagione nuova della sicurezza e dei di- viene minacciata, sfruttata, derubata. Sono un problema di tutti, e tutti dobbiamo ribellarci. 5 Cosa possiamo fare noi ragazzi nella nostra vita di tutti i giorni per “combat- tere” l’illegalità? Studiare. So che non è la risposta che molti di voi avrebbero voluto sentire, eppure è davvero così. Intanto perché studiare è il principale dovere dei ragazzi della vostra età, e fare il proprio dovere è il primo passo per difendere i diritti, nostri e degli altri. Poi perché solo la conoscenza, la cultura, ci permette di ragionare con la nostra testa, di non lasciarci “abbindolare” dalle false promesse di chi vuole convincerci che le scorrettezze e gli imbrogli rendono la vita più facile. “Legalità” non vuol dire solo rispetto delle leggi, ma “responsabilità”, attenzione agli altri, capacità di comportarsi correttamente anche quando non c’è nessuna legge a imporcelo: è rispettare l’ambiente, evitare gli sprechi, non copiare i compiti dai compagni, non raccontare frottole ai genitori, non approfittarsi di chi è più debole ma, anzi, essergli amico. 13