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n° 367 - novembre 2014
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Natura e metafora
di una forma perfetta
Simbolo generatore di bellezza o struttura derivante da rapporti di armonia, la
conchiglia è presente con ruoli molteplici in miti, leggende e arte attraverso i secoli
Lo stretto legame col mare, nel quale
prende forma, e la straordinaria capacità di generare qualcosa di immenso
valore come la perla, inserisce immediatamente la conchiglia (bivalve) nel
simbolismo generativo dell’acqua intesa come origine della creazione. La
sua particolare conformazione inoltre,
ricordando l’organo sessuale femminile, la fa diventare sinonimo di sessualità, fecondità e amore. Da tutto
questo il legame col mito di Venere,
che, nascente dalla schiuma del mare,
giunge a riva presso Cipro proprio su
una conchiglia.
Una delle più antiche raffigurazioni
della divinità è del I secolo a.C. e si
trova a Pompei, qui la dea, accompagnata da due amorini, è vestita solo
di gioielli e regalmente adagiata in
una conchiglia. La più celebre rappresentazione però, è senz’altro quella dipinta da Botticelli: una pudica Venere
al centro della scena, in piedi su una
valva, sta per approdare sulla spiaggia sospinta dal soffio di Aura e Zefiro.
In altre raffigurazioni la conchiglia
non è così in evidenza e a volte diventa
una semplice citazione. Nell’accademica tela di fine Ottocento di W. A.
Bouguereau (Nascita di Venere), nonostante la composizione di memoria
botticelliana, l’attenzione si concentra sulla nudità. Alla conchiglia è tolto
il ruolo di protagonista dall’esuberanza dei putti e dei tritoni che ne coprono buona parte, anche se ricompare in veste di strumento annunciante
l’arrivo della Primavera-Venere. Davvero solo una citazione invece, è nell’opera di Tiziano, la Venere Anadiomene, dove uno schema compositivo
completamente diverso propone l’immagine di un nudo femminile ideale.
La dea, in posa classica leggermente
sopra Pompei: Casa della Venere
sotto a sinistra W.A. Bouguereau: Nascita di Venere - Parigi, Musée d’Orsay a destra Bestiario medievale
flessa in avanti, sta uscendo dall’acqua e la Pecten maximus, pur perfettamente riconoscibile, galleggia in un
angolo come memoria mitologica.
L’interpretazione simbolista invece,
la riporta al centro della scena. Nella
Nascita di Venere di Redon, in primo
piano, immersa in una dimensione di
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Tiziano: Venere Anadiomene - Edimburgo, National Galleries of Scotland
sogno fatta di vapori colorati, la dea
incastonata nella madreperla è appena
una percezione creata da una vibrazione cromatica che si distingue dall’altra vibrazione che è la conchiglia.
«… è un pesce di mare chiuso in un
guscio come un gambero, ed è tutta
rotonda; ma apre il guscio e lo chiude
quando vuole, e la sua dimora è in
fondo al mare. Ma viene in superficie al mattino e la sera raccoglie la rugiada dentro di sé. Le gocce di rugiada
sono alquanto indurite dai raggi del
sole… […] Ma se le si toglie dal mare
e le si apre e se ne traggono fuori le
gocce indurite, subito diventano pietre bianche piccole e preziose che si
chiamano perle…»
Questa è l’ostrica, e per estensione la
conchiglia, secondo i bestiari medievali. Nella visione, o revisione, cristiana del simbolo questa diventa metafora della Vergine fecondata dalla
rugiada celeste, lo Spirito Santo, che
mette al mondo qualcosa di perfetto:
la perla-Gesù Cristo. Un atto sopran-
Piero della Francesca: Pala Montefeltro - Milano, Pinacoteca di Brera
naturale che dall’imperfezione della
conchiglia e in modo puro, senza sessualità, genera la perfezione. Così la
conchiglia entra nell’iconografia cristiana.
Questa particolare declinazione è perfettamente raffigurata da Piero della
Francesca nella Pala di Montefeltro.
Piero, figura pienamente rinascimentale, crea realtà distillate dalla mente
umana e qui, la ricca composizione è
magistralmente e simbolicamente
completata dalla copertura dell’abside a forma di conchiglia. La Vergine
osserva il figlio addormentato, sa di
poterlo proteggere proprio come un
guscio, finché lo tiene in grembo, ma
già la sua espressione tradisce un presagio di sofferenza. La conchiglia, che
allo stesso modo genera e protegge la
perla con sofferenza, completa la scena
diventando allegoria dell’arrivo del
dono di Dio. La simbologia è evidente
e si fa anche più complessa quando
dalla conchiglia, messo in evidenza
dall’ombra di una luce intellettual-
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in senso orario dall’alto a sinistra
Lorenzo Lotto: Ritratto di Lucina Brembati
Bergamo, Accademia Carrara
El Greco: Battesimo di Cristo - Toledo,
Hospital Tavera
Caravaggio: Cena in Emmaus
Londra, National Gallery
Jørn Utzon: Opera House di Sydney
Frank Lloyd Wright: Solomon R. Guggenheim
Museum di New York
mente gestita, pende un perfetto e
immacolato uovo di struzzo simbolo
di vita e perfezione del Cristo.
Sia nella scultura, sia nella pittura,
la conchiglia è così spesso chiamata
a raffigurare il mistero della generazione del figlio di Dio che a volte se
ne dimentica il reale significato. Diversamente, diventa anche semplice
simbolo di maternità e augurio di fecondità, come accade, per esempio,
nel Ritratto di Lucina Brembati di Lorenzo Lotto dove apparentemente è
solo un gradevole motivo decorativo
sulla veste della nobildonna.
Come elemento creatore di nuova vita
e portatore di salvezza, la conchiglia
è chiamata a rappresentare anche la rinascita intesa come purificazione dal
peccato. È così che bisogna leggerla
quando è raffigurata tra le mani del
Battista intento a versare l’acqua del
Giordano sulla testa di Gesù (El Greco,
Murillo) o nella forma delle acquasantiere nelle antiche chiese. Una purificazione che avviene attraverso il passaggio dal “buio” alla “luce”. Così si
può comprendere anche il legame con
i riti funerari e l’immagine della tombaguscio che accoglie l’uomo in attesa
della resurrezione. Emblema di nascita e morte allo stesso tempo, un controsenso solo apparente perché in realtà in entrambi i casi, quando si crede
nell’aldilà, si tratta di fasi di passaggio.
In vita, tuttavia, questa sorta di rinascita (spirituale) può essere raggiunta
attraverso un percorso di espiazione e
crescita interiore, col pellegrinaggio
per esempio, ed è per questo che la
conchiglia diventa anche attributo dei
pellegrini. Ne La cena in Emmaus di
Caravaggio (quella a Londra) sul petto
di uno dei discepoli, sicuramente un
pellegrino, compare infatti, una conchiglia: si tratta dell’attestato di un
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raggiunto stato di rinascita. Varie e
leggendarie sono le versioni che legano la conchiglia a uno dei più famosi pellegrinaggi, quello del Cammino di Santiago di Compostela, ma
tutte all’origine si riferiscono proprio
a quel lavoro interiore che permette
alla mente di aprirsi e San Giacomo,
verso la cui tomba porta il cammino,
assume perciò come attributo proprio
il Pecten (Dürer).
Anche l’architettura, e non solo quella
dipinta, si è ispirata alle forme delle
conchiglie. La struttura di alcune di
queste creature (le spiraliformi) è riconducibile al concetto di rapporto
aureo, nello specifico alla spirale euclidea. Ecco perciò che di nuovo ci si
avvicina all’idea di perfezione da sempre tanto cara al genere umano e la sto-
ria ci dimostra quanto questi esseri
abbiano guidato e ispirato gli architetti di sempre: Leonardo, Wright,
Gaudì, Le Corbusier e poi Jøhn Utzon e Zaha Hadid sono solo alcuni
esempi.
Accostare una conchiglia all’orecchio
è un atto che risponde a un antico legame tra l’uomo e il mare, tra la terra
e l’acqua. Sia in veste di simbolo generatore di perfezione, sia come struttura derivante da rapporti di armonia
perfetta, è un elemento che continua
ad affascinare e comparire negli ambiti più disparati delle nostre forme
espressive, dal sacro al profano, dalla
pittura alla scultura, dall’architettura
alla letteratura, dalla pubblicità al design.
francesca bardi