giugno 2012.cdr

Transcript

giugno 2012.cdr
Allarme suicidi
Telesi@ addio
SF e l’acid jazz
La crisi strozza più dell’usura e
gli italiani sembrano volersi
arrendere. Aumentano i casi di
suicidio.
L’intervista al sindaco di
Guardia Sanframondi che
motiva il provvedimento di
distacco del liceo di Guardia dal
Telesi@
Un incontro davvero inaspettato
quello con Simon Bartholomew,
il chitarrista dei Brand New
heavies.
A pagina 5
A pagina 9
A pagina 11
Anno IV - N° 13 / giugno 2012
macerieitaliane
competenzeacquisite
Il terremoto in Emilia
L
a forza distruttrice della
natura non smette mai di
sorprenderci. In Emilia le
case e le industrie sono ridotte in
cumuli di macerie, la gente ha
paura di mettere piede dentro
casa. Da giorni la terra continua a
tremare, impedendo di ripristinare
la normalità. Dal giorno del primo
terremoto, nella notte fra sabato
19 maggio e domenica 20 maggio,
a quello di martedì 29 sono morte
più di venti persone; nell'ultima
scossa violenta il bilancio si è ulteriormente aggravato, visto che gli
ultimi dati parlano di altre diciassette vittime, tra cui numerosi operai morti nel crollo dei capannoni
delle aziende in cui prestavano servizio. Questi fabbricati, tutti in
acciaio, sono venuti giù come torri
di carta, senza opporre alcuna resistenza alla forza del terremoto. La
faccenda fa già discutere, e a
breve non sarà facile trovare una
spiegazione. La parte colpita
dell'Emilia già nel 2005 era stata
dichiarata “zona a rischio sismico”, ed erano stati erogati fondi
per la messa in sicurezza delle
strutture, tanto di quelle moderne
quanto di quelle appartenenti al
patrimonio artistico, che in Emilia
testimonia l'antico splendore della
società rinascimentale italiana. A
quanto pare, però, non è servito a
molto e forse in tanti si staranno
chiedendo come siano stati spesi
quei soldi. La domanda, con molta
probabilità, non troverà mai una
risposta, forse perché in Italia
siamo abituati a situazioni del
genere, in cui tutto scorre e noi
rimaniamo a tacere. Se il primo terremoto aveva destato segnali di
allarme, perché non si è disposta
una verifica strutturale di tutti gli
edifici industriali della zona? È
vero che a causa della crisi le piccole aziende non possono permettersi momenti di pausa, ma ce ne
corre dall'anteporre gli interessi
economici alla sicurezza sul posto
di lavoro. Inoltre i danni economici all'intera zona sono costati
oltre due miliardi di Euro e per
anni, forse decenni, sarà difficile
ripristinare la situazione esistente
prima del terremoto.
inquestonumero
In attesa di Rebetiko Gymnastas, il nuovo album che dovrebbe uscire a giugno, il cantautore incontra il Sannio per la Giornata Mondiale
dell’Acqua. Coinvolgente la sua lectio magistralis sul valore dell’acqua.
Non capita spesso di trovarsi faccia a faccia con uno degli artisti
più rappresentativi della musica
d’Autore contemporanea. Vinicio
Capossela è uno di quei creativi
che, ad ogni lavoro pubblicato,
hanno ricevuto riconoscimenti di
ogni sorta. La Targa Tenco, ad
esempio, è toccata quasi ad ogni
suo disco, il che non è cosa da
poco. Avvicinarlo per una intervista, dunque, oltre che per la sua
breve ma profonda conferenza, è
stato molto più che emozionante.
Simpatico quanto mai, imprevedibile, surreale, ma anche drammaticamente vero, Capossela si concede volentieri alle domande di
Senza Filtro, partecipe all’importante iniziativa promossa dalla
Provincia di Benevento, conclusasi con la cerimonia di premiazione dei lavori per il concorso
Dimmi Tiresia, togli la sete,il 22
marzo a Benevento, in presenza
degli assessori Annachiara Palmieri e Gialuca Aceto.
A pagina 3
inquestonumero
Le elezioni in Europa
È forte e deciso il desiderio di
cambiamento avvertito dagli
elettori francesi, tedeschi e greci.
Ma basterà per assicurare
all’Europa un assetto più
stabile?
A pagina 4
Il trionfo dell’antipolitica
In calo il PdL, in declino la Lega,
in crisi costante di identità la
sinistra ed i suoi variegati colori.
Si afferma non un partito, ma un
movimento.
A pagina 2
Cosa avevo da dire di tanto importante? Vediamo un po', niente di
nuovo. Che la vita è difficile lo
sapevano già tutti, che il mondo fa
schifo, anche; che siamo noi gli
artefici del nostro destino e che
non dobbiamo mai arrenderci… Sì
sì, cose vere senz'altro ma già
dette. Trite e ritrite. Insomma,
niente di interessante! E allora?
E allora ribadiamo alcuni concetti,
così, tanto per non dimenticarli...
Punto primo: le cose vanno
sempre dette quando le si pensa,
senza rimuginare troppo. Perché
poi il tempo per dirle non lo trovi
più, oppure non le puoi proprio
dire più. E a quel punto che cosa te
ne fai? E come convivi con il peso
che, se le avessi dette, qualcosa
sarebbe andata diversamente? Il
momento perfetto per farle non c'è
mai. Può essere più o meno opportuno, ma mai quello perfetto. Le
cose vanno dette e vanno fatte
perché noi possiamo cambiare,
stravolgere e risollevare la vita ad
una persona quando meno ce lo
aspettiamo. E poi non c'è niente di
peggio del rimpianto, niente di
peggio del dubbio che si poteva
cambiare, che si poteva aiutare.
Punto secondo: quello che gli altri
dicono va ascoltato. Ognuno può
insegnarci qualcosa, può aprirci
gli occhi così da poterli rivolgere
al mondo in un modo differente.
Anche colui che a noi appare il più
vile tra gli uomini può aprirci gli
occhi su quello che noi non
vorremo mai essere. Perché l'altro
va ascoltato, va supportato, va
aiutato. Cosa saremmo noi senza
l'altro? Non siamo autosufficienti.
[E qui ve ne prego, concedetemi
una divagazione tra parentesi
quadre per spiegare che
AUTARCHIA non è sinonimo di
AUTOCRAZIA. La prima è
l'indipendenza di un sistema
economico dall'esterno, mentre la
seconda è una forma di governo in
cui un singolo individuo detiene
un potere illimitato].
Punto terzo: la fiducia. Non c'è
niente di più doloroso di una fiducia tradita, ma non c'è niente di più
meraviglioso di una fiducia riposta nel modo migliore.
Punto quarto: l'amore è l'unica
cosa che resta. Perché non c'è
niente di più importante del
donare amore, niente di più bello
di un abbraccio pieno d'amore.
Perché oltre il tempo e le stagioni
ci rimane solo l'amore.
Punto quinto: l'amore è libertà.
Perché amare noi e gli altri ci dà il
brivido più bello, quello della
libertà. Perché amare significa
lasciar la libertà di scegliere.
Perché amare vuol dire anche
lasciare andare via. Andare altrove. Perché l'amore lascia la libertà
all'altro di essere nonostante noi,
nonostante quello che noi vorremmo.
Punto sesto: il perdono è il più
grande atto di coraggio. Un ritrovato amore dopo un perdono è
qualcosa che va oltre.
Punto settimo: l'odio uccide.
Come la rabbia ci cresce dentro
come un tumore. Ci brucia e ci
consuma. Non ci fa più vivere (e se
sono convinta di questo devo
ringraziare qualcuno).
Punto ottavo: si incontrano tante
persone che non ci capiscono, che
ci sottovalutano, che ci fanno a
pezzi l'autostima o che, al contrario, ce la gonfiano troppo; ma non
importa. Quello che conta è che
noi ci capiamo, che a non sottovalutarci o sovrastimarci siamo noi.
Perché dobbiamo scucirci di dosso
le etichette che gli altri ci impongono. Perché noi siamo meravigliosi anche se qualche volta
falliamo, anche se qualche volta
riusciamo contro ogni aspettativa
(anzi, lo siamo di più).
Punto nono: uccidere o ucciderci è
semplice. Non c'è niente di più
bello che amare gli altri, ma bisogna conservare la consapevolezza
che gli altri a piccole dosi possono
ucciderci, se non siamo noi i primi
ad amare noi stessi. Senza escludere, in ogni caso, che noi a
piccole dosi potremmo star uccidendo qualcuno.
Punto decimo: le scelte, per
quanto oculate possano essere,
non devono mai essere irreversibili. Una decisione irreversibile
altera sempre l'entropia dell'universo, e uno il margine di errore, di
ripensamento, deve sempre
concederselo.
Punto undicesimo: vivere schiavi
dei desideri non rende mai felici.
Perché “per essere pienamente
umani bisogna cercare di vivere
secondo le nostre idee ed i nostri
ideali, non certo misurando la vita
in base a quanto avete raggiunto di
quello che desideravate, ma in
base ai piccoli momenti di integrità, compassione, razionalità, a
volte anche di sacrificio. Perché
alla fine, se vogliamo davvero
misurare il significato della nostra
vita, dobbiamo dare valore alla
vita degli altri.” (The life of David
Gale – Alan Parker)
Enza Iadarola
GIUGNO 2012
2
Melania Simone
sorpreselettorali
morireascuola
Sale il consenso a sinistra, ma non si comprende ancora se per idee condivise, o per la perdita di certezze a destra. In crisi il PdL, in caduta libera la Lega, più distante da Roma per
l’eleganza comunicativa, più vicina alla ladrona da sempre condannata. Sorprende il Movimento 5 stelle, con la proclamazione del sindaco di Parma.
Le elezioni amministrative del 6 e
7 maggio, e i relativi ballottaggi
del 20 e 21, hanno clamorosam e n t e
segnato
u n a
svolta
nelle preferenze dei 9 milioni di
italiani residenti nei 26 capoluoghi, tra cui Como, Monza, Verona,
Genova, Parma, Frosinone,
L'Aquila, Lecce, Agrigento, Palermo, e nei 941 comuni chiamati al
voto. Il primo dato a suscitare
amarezza è stato purtroppo la
conferma della sempre minore
affluenza di elettori (poco più della
metà degli aventi diritto), tendenza
costante negli ultimi anni. I risultati, invece, sono stati inaspettati. Ecco come ne sono usciti i
partiti protagonisti:
- PdL: in seguito alla
caduta del Governo
Berlusconi, quello che
pareva essere ancora il
maggior partito in Italia
dà forti segni di crisi.
Appesantito dal
fardello di essere la
causa dell'ascesa del
Governo Monti, con
i conseguenti provvedimenti economici
in stile "lacrime e
sangue", è stato opportunamente penalizzato
dagli elettori. Le elezioni
sono state una debacle:
gli unici capoluoghi
conquistati al primo
turno sono stati Gorizia,
Lecce e Catanzaro e solo
3 su 11 ai ballottaggi, Trapani, Trani e Frosinone. Attorno al
partito si avverte l'urgente bisogno
di aria di rinnovamento, poiché in
molti pensano che con queste
amministrative termini
un'era, sebbene i soliti
tentino comunque di
sminuire e mistificare l'evidenza. «I
risultati sono al di
sopra delle mie
aspettative. Ora
che c'è il festival
dell'antipolitica,
pensavo ci fosse
un'affluenza più
bassa e più penalizzante per noi»
(cit. Silvio Berlusconi).
- PD: il partito di
centrosinistra è
quello che ha ottenuto maggiori
profitti, vincendo
a mani basse in 15 capoluoghi tra
primo turno e ballottaggi, anche
grazie ad opportune alleanze con
l'UdC. Simili successi fanno gioire, «Senza se e senza ma abbiamo
vinto le elezioni amministrative
2012» (cit. Pier Luigi Bersani), e
sperare in una ritrovata fiducia dei
cittadini in un partito che non ha
mai trovato coesione e che continua, però, a non averla. I dissidi
interni sono parecchi, a cominciare dalla messa in dubbio della
validità del Segretario di partito.
Insomma, nonostante un minimo
di coesione in fondo vi sia, seppur
più ideologica che effettiva, in
molti paventano un successo
giunto non per merito, ma per
mancanza di alternative.
- Lega Nord: il partito di Umberto
Bossi ha subito un completo
tracollo, peggiore persino della
sconfitta del PdL. Non poteva
essere altrimenti: dopo aver rifiutato più volte di ripristinare
l'alleanza con Berlusconi, Bossi e
gran parte dei membri più illustri
(Renzo Bossi, Rosi Mauro, Francesco Belsito) hanno subito ciò
che a loro detta non è che un "complotto", ovvero l'inchiesta sul furto
dei fondi pubblici del partito. La
perdita di influenza del motto
"Roma ladrona" ha fatto sì che la
Lega vincesse al primo turno solo
nella roccaforte Verona, dove la
perdita di consensi è stata arginata
dall'oculata amministrazione Tosi,
e perdesse 7 comuni su 7 al ballottaggio.
- M5 Stelle: fondato nel 2009 dal
comico Beppe Grillo, è stato per
un po' l'oggetto non-identificato
della politica italiana, rifiutando
l'etichetta di partito politico e
preferendo quella di "movimento
di liberi cittadini per un'Italia a 5
Stelle", fino ad ottenere la prima
clamorosa affermazione in queste
elezioni. Il "non-partito" è riuscito
ad imporre nel capoluogo di Parma
il proprio candidato Federico
Pizzarotti al secondo turno, superando l'antagonista del PD. Il
successo del movimento ha scatenato il panico tra i politici "vecchio
stampo", che non avevano mai
preso in considerazione la possibilità di un tale exploit, ora temuto
anche in vista delle future elezioni
politiche. Sono piovute critiche su
Grillo, accusato di non fare politica, ma demagogia, oltre ad essere
solo un "urlatore" e non avere le
giuste credenziali per amministrare un partito (dimenticandosi
che nel Parlamento italiano hanno
figurato personaggi ben più "controversi" di un comico...). Tuttavia
i dubbi sulla gestione della città di
Parma sono molti, derivati dal
fatto che Grillo si è mosso sempre
e solo in opposizione ai partiti
canonici, non proponendo un
programma alternativo concreto, e
amplificati dai primi attriti nel
movimento. In una delle prime
interviste da sindaco, Pizzarotti ha
voluto precisare «Ho vinto io, non
Grillo», affermazione in cui i
cosiddetti "grillini" hanno intravisto il tradimento. La risposta di
Grillo «A Parma non ha vinto
Pizzarotti, ma i cittadini» ha
placato temporaneamente le ostilità. In ogni caso non si può certo
considerare un buon inizio di
amministrazione.
Quello che si è potuto evincere è,
dunque, che in fondo la politica
italiana continua a ristagnare e a
peggiorare a causa di vecchi dinosauri, che non vogliono estinguersi
malgrado apparenti nuovi figuri,
che hanno troppo in comune con i
vecchi. Ciò a scapito dell'apparente fervore che sta assalendo i
partiti tra disgregazioni, nuove
coalizioni e false rifondazioni.
Così, in fin dei conti ci accorgiamo
che sebbene tutto scorra, ben poco
cambia in quel sistema chiuso
rappresentato dalla casta dei politici, senza idee, ma fossilizzata sui
proprio interessi.
Gianluca Morone
Umberto Bossi fondò la Lega Nord in nome di quegli stessi principi che sventolava dall'alto della sua onestà politica e che oggi si rivelano per quello che sono: nient'altro che
promesse da propaganda accompagnate da pernacchie e parolacce, sostenendo che la Lega voleva somigliare al popolo, quasi a voler dire che il popolo fosse indecenza e volgarità.
B
ossi e i suoi scagnozzi
approfittarono della "crisi
delle ideologie" e dell'abdicazione della sinistra a svolgere il proprio ruolo storico di
rappresentanza dei ceti popolari,
candidandosi come portavoce
della piccola imprenditoria e di
tutti coloro che si sentivano
schiacciati (oggi come allora) dal
peso di un fisco iniquo. Puntando
sul risentimento del Nord, sulla
storica spaccatura del nostro
Paese, su un feroce razzismo antiimmigrati, sulla nausea di un
popolo stanco di fronte all'ennesimo caso di corruzione e incapacità dei partiti, Umberto diede vita
ad un partito che oggi si dimostra
corrotto al pari e, per certi aspetti,
anche più degli altri, provocando
lacerazioni profonde sul piano
culturale e materiale di un'intera
nazione.
A 23 anni dalla nascita della Lega
Nord, il senatore Umberto Bossi è
indagato per truffa ai danni dello
Stato in concorso con l'ex tesoriere
Francesco Belsito. L'iscrizione per
l'ex segretario del Carroccio e ora
presidente è relativa ai rimborsi
elettorali incassati dalla Lega nel
2010 con i relativi rendiconti del
2011, per una modica cifra di 18
milioni di euro. Nel registro degli
indagati sono stati iscritti anche i
figli del Senatur Renzo e Riccardo
per appropriazione indebita, reato
relativo alle spese personali, che
sono state sostenute per i due
ragazzi con i soldi del partito.
Secondo gli inquirenti i due ricevevano una paghetta da 5 mila
euro al mese. Già, una "paghetta".
Dalle fantomatiche lauree al
prezzo di 120 mila euro pagabili in
comode rate, passando per le visite
cardiologiche e le svariate cure
mediche, per finire con un'elegante Audi A6: sono questi alcuni
fra i tanti investimenti che il partito
ha supportato con i finanziamenti
pubblici. Morale della favola: c'è
una famigliola con il figlio-caso
umano che non riesce nemmeno a
prendere il diploma; la moglie
spinge il figlio nell'azienda di famiglia, perché il padre non scoppia di
salute e dunque meglio è prevenire
mettendo quattro ormoni giovani
ad occupare la postazione. Peccato
che un partito non sia un'azienda e
non produca denaro. I soldi sono
gentilmente concessi dallo Stato
ed è risaputo che lo Stato siamo
noi. E ancora, non c'è due senza
tre, perché oltre alle accuse di
truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita esiste una terza
accusa legata al riciclaggio,
secondo la quale ci sarebbero stati
dei trasferimenti anomali di
denaro da Cipro alla Tanzania, con
il coinvolgimento di un faccendiere sospettato di essere immischiato nei loschi affari della
'ndrangheta. A tal proposito ricordiamo come prima delle inchieste
e delle conseguenti accuse, già
Roberto Saviano dichiarava l'anno
scorso nel celebre programma
Vieni via con me che la mafia stabilitasi al Nord aveva cercato di
“interloquire con la Lega”. Dopo
tali dichiarazioni, il Carroccio
sollevò una bufera, sentendosi
pubblicamente offeso e vantandosi
della propria indubitabile incorruttibilità. Altro che "Roma ladrona",
verrebbe da pensare.
Ma una possibilità di riscatto per
quest'Italia dannata può esserci
soltanto se smettiamo di sperare in
modo sterile, se cominciamo ad
usare il nostro diritto al voto per
fare in modo che una storia così
triste non si ripeta. Lotta alla corruzione, affermazione in concreto
del principio dell'unità e della
coesione nazionale, lotta al razzismo in tutte le sue forme, affermazione della democrazia dei territori
costituiscono le migliori garanzie
che, dopo la triste parabola di
Umberto Bossi, non ci sia più
alcuno spazio in futuro per formazioni analoghe a quella che egli
stesso costituì poco più di venti
anni fa, di cui è oramai dimostrata
non solo la nocività, ma anche la
profonda omogeneità alla partitocrazia nelle sue forme più deteriori.
Melania Simone
Aveva solo sedici anni Melissa
Bassi, la studentessa uccisa
davanti alla scuola dallo scoppio di
bombole, la stessa età delle altre
sei ragazze ferite gravemente dal
medesimo ordigno. Questo è
l'orribile bilancio dell'attentato
alla scuola Morvillo-Falcone di
Brindisi di sabato 19 maggio.
Sembra che non si tratti di un
attentato ordinato dalla mafia,
poiché a poche ore dall'accaduto
sono state prese in esame delle
immagini di una telecamera di
sicurezza nei pressi della scuola:
l'uomo ritratto avrebbe agito da
solo. A quasi una settimana
dall'attentato gli investigatori
ancora non sono riusciti ad
individuare l'attentatore, le cui
immagini, dicono, potrebbero
risultare così sgranate per
l'impiego di un distorsore, cioè di
uno strumento che serve a creare
disturbi ai dispositivi elettronici
presenti nella zona. Eppure
continua ad essere forte il pensiero
che il criminale sia stato mandato
in quel luogo su commissione,
anche se nessuno crede sia
possibile. Nonostante queste
notizie siano state riportate dalla
maggior parte dei giornali italiani,
il neosindaco Mimmo Consales
ritiene che sono troppe le
coincidenze venutesi a creare: è
stata colpita proprio la scuola
intitolata alla moglie di Falcone a
quasi vent' anni dalla scomparsa
del magistrato, “è stata colpita la
scuola, gli studenti, i giovani,
proprio i giovani che dalla Sicilia
alla Calabria alla Puglia hanno
costituito l'elemento più forte di
rifiuto della cultura mafiosa di
guerra e di morte”.
L'indagine incessante degli
investigatori al momento non
porta a nulla di concreto, a nessun
dato incontrovertibile.
Bisognerebbe spostare il raggio
d'azione su altre zone! Sarebbe
sicuramente più opportuno,
almeno per ora, tralasciare la mafia
e indagare su tutti gli uomini di
quell'età e con quelle descrizioni
fisiche, presenti nella regione
Puglia, che più o meno corrispondono al “protagonista” del video.
Questa sarebbe già un'ottima base
di partenza per avvicinarsi alla
verità. Intanto il 21 maggio è stata
portata una persona in procura per
i controlli che si stanno svolgendo
e in poco tempo sui siti Internet è
rimbalzata la notizia che quell'uomo fosse l'attentatore. L'uomo ha
detto di essere stato sempre tranquillo, poiché aveva la coscienza
in pace. Tuttavia tali accuse, mosse
su basi alquanto incerte, risultano
svianti, o addirittura controproducenti. In tal modo non si cerca
oggettivamente la verità, quanto,
piuttosto, si rischia di intralciare le
indagini stesse. Noi studenti
chiediamo giustizia per quel
povero angelo inconsapevole, che
aveva il torto di trovarsi nel posto
sbagliato al momento sbagliato.
Tale essere, a cui non si può
attribuire la qualifica di “umano”,
ha spezzato il cuore non solo alla
famiglia della giovane ragazza, ma
ha anche trafitto il cuore a tutta la
nostra società. Non si può morire
così!
Mario Garofano
GIUGNO 2012
Alessandra Panza
caccialladro
accordifelici
A Guardia Sanframondi la Finanza dà la caccia ai grandi evasori cominciando dalle galline!
John Maynard Keynes, il grande
economista americano, durante il
periodo della grande crisi del '29
affermava che lo Stato, al fine di
combattere la recessione, sarebbe
dovuto intervenire sul piano
economico. Attraverso una attenta
pianificazione politica, la nazione
sarebbe divenuta garante dello
sviluppo economico sociale, favorendo l'aumento dei salari delle
classi meno agiate. In tal modo
queste ultime sarebbero state in
grado di consumare i prodotti
immessi sul mercato dalle industrie in sovrapproduzione,
riuscendo così a rigenerare il ciclo
produttivo ormai in fase di stallo.
Oggi, il debito pubblico dell'Italia
non fa che aumentare di giorno in
giorno e il governo, com'è giusto
che faccia, procede nella realizzazione di provvedimenti, forse
senza tener conto di ciò che ha
detto il vecchio economista.
Sembra, piuttosto, che alcune
scelte prese da questo esecutivo
abbiano come effetto collaterale
quello di distruggere quei pochi
consumatori ancora esistenti,
facendo gravare, ancora una volta,
le problematiche solo sul popolo.
Tralasciando per un attimo la
situazione generale dell'Italia, e
soffermandoci ad analizzare
quanto questi provvedimenti
stiano gravando sulla nostra Guardia, possiamo notare che il nostro
paese, da qualche mese a questa
parte, “convive” con il terrore dei
finanzieri in borghese. Inviati,
giustamente, per svolgere il loro
lavoro, essi hanno portato un po' di
scompiglio tra gli esercizi
commerciali del paese.
Dai vari eventi che si sono verificati, sembra quasi che questi
signori in divisa criptata siano
giunti qui non tanto per smascherare quelli che frodano lo Stato, ma
piuttosto per sanzionare anche i
commercianti più corretti. Insomma, il motto generale sembra
essere “Da qualche parte devono
pur uscire questi soldi!” Pur riconoscendo che non emettere uno
scontrino è sicuramente un furto ai
danni dello Stato, così come
vendere in nero prodotti propri, si
può parlare, anche nel loro caso, di
un lavoro veramente corretto? La
caccia ai grandi evasori può mai
cominciare dall'individuazione di
chi vende galline senza emettere
regolare scontrino? Di cosa parlare, se non di meschinità, di fronte a
chi è capace di recarsi da
un'anziana del posto per comprare
una gallina e rilasciarle poi una
multa?! Al di là di conseguenze
morali e non, può veramente la
multa di un'anziana risolvere la
situazione?! Ma siamo davvero
sicuri che la recessione si affronta
con qualche multa a due o tre
sprovveduti…?
E mentre ci si diverte a tendere
tranelli fiscali audaci come quello
appena descritto, probabilmente
nessuno ha pensato sul serio a
come risolvere la situazione,
perché ogni giorno le difficoltà
crescono e sempre con maggiore
facilità varie attività devono chiudere. Da guardiese, credo che ci sia
bisogno di trovare una concreta
soluzione, perché oggi un cittadino qualsiasi si vede davvero
“cadere le braccia” di fronte alla
catastrofica situazione.
Del resto, siccome la storia
dovrebbe insegnarci qualcosa,
confrontando i provvedimenti dei
nostri agenti della finanza con i
suggerimenti di Keynes, questa
sembra essere proprio la peggiore
soluzione alla crisi. Dunque,
poiché solo quando c'è produttività
c'è consumo, piuttosto che imporre
tassazioni insostenibili, sarebbe
più opportuno cercare un modo per
rilanciare l'economia, soprattutto
in un paese come il nostro che,
essendo prevalentemente agricolo,
non è in grado di offrire altre
opportunità di lavoro! Così, nella
speranza che ciò accada, credo che
noi tutti abbiamo un dovere da
adempiere: impegnarci a non
mollare perché in fondo chi molla
ha già perso!
Giada Nedia
Il nostro paese, insieme ai comuni
di San Lorenzo Maggiore, Cerreto
Sannita, Cusano Mutri, Pietraroja,
San Lorenzello e San Lupo, ha
avviato un progetto di aggregazione e cooperazione con lo scopo
di migliorare e favorire l'assetto
locale, in un momento non molto
positivo sia dal punto di vista
nazionale, che regionale. In particolare, Guardia ha stipulato con
San Lorenzo un accordo riguardante la gestione in comune dei
Servizi Tecnici e della Polizia Locale. Gli uffici tecnici saranno
guidati dal Responsabile del servizio tecnico di San Lorenzo
Maggiore. Il Servizio di vigilanza,
invece, sarà gestito dal nostro
Comune e sarà composto dal
Comandante e dagli agenti di polizia locale. Sembra che questo
accordo consentirà al nostro paese
di risparmiare circa 15.000 euro
all'anno, una cifra considerevole,
se si pensa alle gravi difficoltà
economiche di oggi, alle quali si
aggiunge anche la nuova tassa
sugli immobili, che ha sostituito la
vecchia ICI con un peso pressoché
analogo. In effetti l'IMU non
rappresenta un beneficio per le
casse comunali, poiché la metà del
gettito “a disciplina base” è riservata allo Stato, mentre la resa per
l'abitazione principale e gli immobili rurali strumentali va ai comuni.
Ci auguriamo, quindi, che da
questa unione la situazione di noi
guardiesi possa solo migliorare,
soprattutto economicamente,
pesando meno sulle nostre tasche e
sapendo, magari, di poter contare
anche su servizi migliori pronti a
rispondere a buona parte delle
nostre esigenze. In accordo con
questi propositi tesi ad ottimizzare
la gestione dei servizi, a Guardia
sarà istituita anche una nuova
farmacia, che terrà conto anche
delle esigenze di quei cittadini che
abitano in zone periferiche. Essa
sarà ubicata in un'area comprendente Via Fontanella, Via Napoli,
Via Cesco Martone e Via Sorgenza, zone sicuramente più vicine
agli abitanti residenti in contrade
come Santa Lucia, Cervillo e
Sapenzie. L'apertura è stata possibile grazie soprattutto ad un
decreto emanato dalla Regione
Campania, per cui in un paese
come Guardia, che conta più di
cinquemila abitanti, è consentita
l'istituzione di una nuova farmacia.
Questi progetti e proposte non
possono che renderci felici ed entusiasti, come ogni cosa nuova
d'altronde. Credere in nuovi orizzonti per il nostro paese è diventato
quasi un'utopia ed è brutto ammetterlo, però è anche giusto che qualcuno alzi di più la voce per far
sentire le proprie idee, magari
anche di poca importanza, che
possano servire a far tornare in noi
tutti quell'atteggiamento propositivo che stiamo perdendo.
Alessandra Panza
caposselael’acqua
Dal 1993 le Nazioni Unite hanno stabilito di dedicare un giorno alla celebrazione dell'acqua, l'oro blu che sta alla base della vita di ogni essere
umano. A tal proposito si sono tenute in tutte le parti del mondo manifestazioni di celebrazione della Giornata mondiale dell'Acqua.
«Il mondo ha sete. E la causa di
questa sente è il nostro fabbisogno
di cibo: 7 miliardi di persone da
sfamare oggi, destinate a diventare
9 miliardi nel 2050», questo è
quanto ha affermato la Fao,
l'agenzia Onu dell'alimentazione.
Questo il messaggio che ha voluto
diffondere la Provincia di
Benevento con la sua campagna di
sensibilizzazione, che ha visto
avvicendarsi una serie di eventi
sull'intero territorio. La kermesse a
favore della salvaguardia
dell'acqua è confluita nella
Giornata mondiale dell'Acqua di
giovedì 22 marzo, tenutasi a
Benevento nel convento di
Sant'Agostino. La Provincia, nelle
figure degli assessori Annachiara
Palmieri (politiche formative) e
Gianluca Aceto (ambiente), nel
tentativo di accrescere e sollecitare
l'attenzione dei giovani verso
tematiche di grande importanza, si
è fatta promotrice del concorso
Dimmi Tiresia, togli la sete. Tale
concorso, rivolto agli studenti
delle scuole Secondarie di
Secondo Grado e agli studenti
dell'Università del Sannio, ha visto
i ragazzi impegnarsi nella
produzione di un'opera che riesca a
«comunicare il valore della risorsa
acqua come fonte di vita e bene
comune; valorizzare la civiltà e la
cultura che i luoghi dell'acqua
rappresentano; suscitare una
riflessione critica ed ecologica nei
cittadini per promuovere
comportamenti responsabili»
(come si legge nel bando).
L'iniziativa Acqua 3.0 ha visto
l'importante presenza del
musicista Vinicio Capossela. Da
sempre vicino a tematiche quali la
tutela ambientale e del territorio
locale, dopo una divertente
“lezione magistrale” sul valore
dell'acqua, Capossela ha eseguito
alcuni brani inerenti il tema della
manifestazione e, di seguito, ha
premiato i vincitori del concorso.
Il primo premio è andato a
Raffaella D'Auria e alla sua foto su
tela “Memoria… acqua…
coscienza”, al secondo posto il
brano musicale “Whale's last
chant” composto, eseguito e
arrangiato da Daniele Pescatore, e
al terzo posto Fabrizio Martini con
il video “Aqua”.
Avvicinato dalla nostra redazione,
Capossela ha accettato di
rispondere ad alcune domande.
Senza Filtro: Parliamo delle tue
origini. Irpino, ma nato in
Germania. Le premesse ci sono
tutte per un crogiolo etnografico musicale. Quali sono i tuoi
rapporti con la musica popolare
tedesca e con la musica popolare
campana?
Vinicio Capossela: Non ho nessun
rapporto con la musica popolare
tedesca, ma ho un progetto per il
futuro che si chiamerà Schützen
Festen, dove si tira al bersaglio, si
ascolta cattiva musica e si beve
tanto. Per quanto riguarda la
musica campana mi piacciono
molto i sonetti di Calitri.
SF: Marinai, Profeti, Balene: un
album monumentale, totem della
musica moderna come quella
stessa balena di cui canti le gesta.
Com'è stata l'esperienza della
registrazione di quest'album? Ci
sono state delle differenze rispetto
agli altri album?
VC: È inevitabile che ci siano delle
differenze. Ogni album ha una sua
storia e viene registrato in posti
diversi. Marinai, Profeti e Balene
è colossale proprio come la
materia di cui tratta.
SF: Se dovessi adottare un
personaggio del tuo ultimo lavoro,
quale sceglieresti?
VC: Mi rispecchio nei pezzi
riguardanti le sirene, anzi mi sento
proprio come un uomo ammaliato
dal canto delle sirene.
SF: Sono stato avvertito sul non
farti una domanda, ovvero “Che
coss'è l'amor?”. Proviamo allora
con “Chimay, Bacardi, White
Lady, Beck's Bier, Tequila bum
bum, Dry Gin, Charrington o Four
Roses”?
VC: “All'una e trentacinque circa”
voleva essere un pezzo swing,
quindi essendo solitamente in
inglese ho pensato di creare la
musicalità usando questi nomi di
alcolici… Ma non li ho mai bevuti
tutti insieme!
SF: Ci racconti come è stata la tua
esperienza nel mondo della
scuola? Eri già allora un cultore
della letteratura, o la passione è
nata con l'età e la consapevolezza?
VC: No, solo con l'età e la
consapevolezza. Sono stato uno
studente estremamente distratto,
non riuscivo a concentrarmi e a
seguire le lezioni, purtroppo. Poi
ho studiato chimica, tutte cose che
non servivano in realtà e mi sono
abituato a pensare a qualcos'altro
mentre ascolto qualcuno. È un
difetto, ma a volte può essere utile
per non essere troppo coinvolto
nelle cose che non ti interessano.
SF: Con il senno di poi, quali sono
le tue letture preferite e quali
consiglieresti a noi studenti per
formarci e per formare anche una
nostra consapevolezza in merito al
problema del dissesto idrogeologico?
VC: Ci sono dei buoni autori.
Petrella ha fatto dei buoni saggi
sull'acqua come bene comune. Io
suggerisco di leggere anche i
classici: il mito, la Bibbia, Moby
Dick. Sono sempre dei libri che
sono pozzi di umanità ancor più
che di scienza.
SF: Progetti extra musicali per il
futuro ne abbiamo?
VC: Extra musicali? Voglio andare
a zappare!
La redazione
giovaniguardiesi
L'estate è alle porte! Le scuole si chiudono e finalmente si respira un
po'! Eppure qualcuno di questa triste scuola mi mancherà. I bidelli,
che hanno allietato le lunghe giornate di questo inverno, con il loro
nettare degli dei (il caffè).
Chiuso l'anno scolastico, viene
spontaneo chiedersi come trascorrere la stagione calda. I più fortunati la passeranno nei loro “villoni” sul lungomare, mentre altri, chi
per scelta, chi per ovvi motivi,
abbandonate ormai le strazianti
vacanze con i genitori, si diletteranno nelle numerose opportunità
di intrattenimento e svago che i
nostri paesi ci offrono. “Una” di
queste sono decisamente i bar: chi
non vorrebbe trascorrere la sua
vacanza seduto su un muretto a
divorare un ghiacciolo di 50 centesimi…? (l'unico genere alimentare
che da quando c'è l'euro non ha mai
variato il prezzo!) Poi si può… E
poi boh… Non c'è più niente.
Scusatemi, dimenticavo Vinalia,
l'unica manifestazione che ancora
non è scomparsa (e mi si perdoni
l'equazione scontata Guardia =
vino), insieme al consueto calcetto. È l'unica settimana durante la
quale il paese ritorna a vivere:
ottima musica, ottimo vino e
ottima compagnia. Qualche anno
fa avevamo anche i giochi estivi,
scomparsi ovviamente anche quelli. Due anni fa, invece, il Comune
ha deciso di fare il salto di qualità
con “Guardia in festa”… Un vero
buco nell'acqua. Chiudere una via
per poi metterci i tavolini dei bar
non è il massimo. Posso capire gli
anziani, che sono felici perché non
devono attraversare la strada ed
hanno un posto dove sedersi, ma
loro hanno già i loro campi di
bocce, mentre noi…?
Non dobbiamo limitarci a dire che
non c'è niente fare, se non
cerchiamo di cambiare le cose sarà
sempre così. Ad esempio ho
trovato intelligente, oltre che interessante, le proposte della Doxa,
l'associazione culturale che da
qualche mese opera con successo a
Guardia, prendendo numerose
iniziative con le quali riesce ad
aggregare i giovani ed a coinvolgerli, evitando loro di spendere
male il tempo.
Questo articolo non è una critica al
paese, ma è un invito a tutti i
giovani come me ad aprire gli
occhi. Riportiamo questo rudere
allo splendore di un tempo:
avevamo un cinema, una radio.
Non c'è motivo di spendere soldi in
cocktail sul viale di Telese quando
possiamo trascorrere delle bellissime serate sul nostro territorio
con i nostri prodotti. Non dimentichiamoci mai come è chiamato il
nostro paese: “la Wardia bélla”…
Deve pur esserci un motivo!
Marco Mancini
GIUGNO 2012
4
Guido Plensich
elezioniineuropa
Svolta per la politica dei governi attualmente in carica dopo le recenti elezioni in Europa. Sorprendenti la vittoria in Francia del socialista Hollande, e la pesante sconfitta del CDU, il partito della Merkel. Grave la
situazione di instabilità in Grecia: forti tensioni sociali impediscono ai partiti di formare una grande coalizione in grado di dirigere il Paese.
Maggio 2012, elezioni di primavera. Se questa è la stagione della
rinascita, dopo il freddo
dell'inverno, forse anche la politica sta vivendo la sua primavera.
Ogni volta che ci sono le elezioni e
si verifica un cambio al vertice, è
necessario aspettarsi mutamenti
più o meno importanti. È il segnale
che si intende seguire una direzione differente. Tuttavia i
cambiamenti così radicali che si
sono registrati nelle ultime settimane lasciano presagire qualcosa
di molto diverso. La causa principale risiede soprattutto nella crisi
economica che ancora sta investendo il Vecchio Continente e che
tarda ad essere superata. I governi
in carica vengono ritenuti i principali responsabili dell'attuale stato
di malessere generale, incapaci di
aver preso misure di precauzione
più adeguate e colpevoli di non far
nulla di importante per rilanciare
lo sviluppo economico. È pur vero,
però, che la crisi attuale è la causa
di un sistema economico ormai
non più collaudato, che nell'ultimo
decennio ha raggiunto il suo
apogeo. Per questo le colpe sono
da imputare anche a chi ha gover-
nato prima di adesso.
Inevitabilmente il crack finanziario ha travolto il mondo intero,
dato che un'economia globalizzata
come la nostra vede una fitta rete di
collegamenti tra tutti i maggiori
Paesi industrializzati. Di conseguenza, quegli Stati con un forte
tasso di crescita, i cosiddetti Paesi
in via di sviluppo, soprattutto
quelli del BRICS, cioè Brasile,
Russia, India, Cina e Sud Africa,
hanno superato l'ostacolo della
crisi senza molti problemi; però
quegli altri con un'economia già
solida, ma ristagnante da tempo,
sono entrati in fase di recessione.
Si devono, però, evidenziare
alcune eccezioni. Nonostante le
note disgrazie occorse all'Euro di
recente, la Germania è riuscita a
non vedere l'inversione del tasso di
crescita annuo, merito soprattutto
delle rinomate industrie automobilistiche e metalmeccaniche
simbolo di qualità ed efficienza.
Perché, allora, la Merkel ha subito
la pesante sconfitta elettorale?
Non è affatto facile rispondere, ma
si possono azzardare alcune ipotesi. Quella più lampante è la
questione in merito al severo
sione dei poteri presidenziali e del
governo, che avverrà in una fase
post-elettorale. Questo perché con
la transizione di potere avvenuta
tra Forze Armate e nuove autorità
civili è stata redatta anche una
nuova Costituzione. il termine
ultimo delle elezioni è il 27
maggio. Nel caso in cui nessuno
dei candidati abbia raggiunto la
maggioranza assoluta dei voti, le
elezioni termineranno con un
ballottaggio che avverrà tra il 16 e
il 17 giugno. Il nuovo governo del
Cairo, volto al raggiungimento di
uno Stato Democratico, che non
trovi le fondamenta nella violenza
e nella repressione e che non leda
la libertà e i principali diritti dell'
uomo, è pienamente appoggiato
dalle Potenze Occidentali, in particolare gli Stati Uniti.
Andrea Ferrigno
Cambia nazionalità la DUCATI CORSE, una delle case motociclistiche più
importanti del mondo.
Dopo ben sei anni di attesa, il
grande colosso automobilistico
tedesco, il gruppo Volkswagen, è
riuscito nell'impresa. L'azienda
italiana Ducati finirà presto nelle
mani di Ferdinand Piech, grande
capo del gruppo tedesco, che con la
folle cifra di 860 milioni di euro è
riuscito a realizzare il suo sogno.
Appassionato di moto, Piech negli
anni '80 ha tentato di comprare la
Ducati quando l'azienda si è
trovata in guai economici a causa
di un preoccupante ribasso dei
titoli azionari. Rimandato il sogno
di qualche anno, il desiderio di
Ferdinand non è stato affatto facile
da realizzare, poiché la Mercedes
aveva iniziato un rapporto di collaborazione con la Ducati. I tedeschi
di Wolfsburg, oltre ad aver
comprato il 100% dell'azienda,
è stata imputata soprattutto la
passività nel reagire durante i
momenti di difficoltà. Ma i francesi si sono sentiti feriti soprattutto
nell'orgoglio nazionale, sentimento alquanto diffuso in Francia,
nel vedere Sarko essere succube
della Merkel e incapace di opporsi
a lei, che ha disposto diversi provvedimenti affidati passivamente al
Parlamento francese. La rivalità
tra Francia e Germania è sempre
stata molto accesa, e non si era mai
visto un rapporto di totale subalternità tra Parigi e Berlino, come
quello sviluppatosi recentemente.
Hollande, quindi, ha vinto più per
demeriti del governo uscente,
tuttavia la comunità internazionale
ha dovuto prendere atto di questo
cambiamento, e intanto i risvolti
economici non hanno tardato ad
arrivare. Pochi giorni dopo il
responso elettorale, la Francia ha
rischiato il declassamento da parte
di varie agenzie di rating, prevedendo che il nuovo governo non
riuscirà a svolgere una ruolo più
incisivo di quello passato. Ma il
nuovo premier sembra già essere
entrato a pieno regime, impegnandosi in prima fila nel recente
incontro del G8 tenutosi a Chichago.
Dunque, se in Francia e Germania
sono avvenuti così tanti stravolgimenti, considerando che dopotutto
sono Paesi con una situazione
socio-economica migliore della
nostra, cosa è lecito attendersi
dall'talia? Le elezioni che hanno
interessato la penisola erano le
amministrative, generalmente ritenute di minor peso politico, ma
hanno dimostrato comunque che la
politica sta cambiando anche da
noi, per quanto non sia ancora
chiaro se in positivo o in negativo.
L'eccessiva frammentazione dei
consensi indebolisce il potere dei
partiti, costretti a cercare alleanze
talora incompatibili dal punto di
vista degli ideali politici, purché
questi non rischino di perdere la
maggioranza necessaria per governare. Il rischio che si corre è quello
che sta interessando la Grecia. Qui
la cattiva amministrazione ha
causato dei presupposti che, uniti
alla recessione, ha fatto sprofondare il Paese sull'orlo del precipizio. Da più di due anni essa registra
pesanti perdite di denaro pubblico,
tanto che un anno fa ha già
rischiato il default. Questa espressione inglese, utile in un dispositivo elettronico perché permette di
ristabilirne le impostazioni iniziali
in seguito ad un errato utilizzo da
parte nostra, in economia rappresenta un situazione catastrofica:
decreta la contemporanea morte e
rinascita di uno Stato, implicando
anche l'azzeramento dei conti
pubblici. Per questo, se non ci sono
più i soldi da restituire ai creditori,
coloro che possiedono i titoli di
Stato, questi ultimi incappano
anch'essi in una situazione di grave
crisi. Dato che le banche, europee
e non, rappresentano la maggior
parte dei creditori, quella del default sarebbe una prospettiva da
evitare. In Grecia, nonostante ciò, i
partiti non hanno trovato l'accordo
e a giugno si svolgeranno nuove
elezioni. L'unico auspicio è che si
possa giungere ad una soluzione.
Altrimenti dopo la Grecia, che uscirebbe così dall'Euro, la bufera
potrebbe investire l'Italia.
Guido Giovanni Plensich
giudizifanatici
brevidalmondo
Dopo la caduta dal potere del presidente Hosni Mubarak il popolo
Egiziano è stato nuovamente chiamato alle elezioni. Accusato di
aver dato l'ordine di sparare sulla
folla per reprimere le proteste popolari, provvedimento al quale hanno
fatto ricorso anche stati come la
Libia e la Siria, Mubarak è stato
costretto ad allontanarsi dal potere.
Inoltre è stato sottoposto a
processo e rischia di essere
condannato a morte con l' accusa di
crimini contro l'umanità. Giovedì
21 la chiusura delle fasi preelettorali. Dopo il primo spoglio
elettorale, secondo alcuni risultati,
in testa ci sarebbe Mohammed
Morsi. Tra i nuovi candidati al
potere anche l'ex segretario della
Lega Araba, Amr Moussa, e ancora
Ahmed Shafiq, l'ultimo premier
dell'era Mubarak, Abdel Moneim,
Abul Futuh, liberale indipendente.
Resta da decidere, però, la divi-
processo di risanamento dei conti
pubblici. Tale direttiva prevede il
pareggio di bilancio, ossia le spese
devono essere inferiori alle entrate, il che ricorda molto la dottrina
allora attuata dal ministro economico del neonato Regno d'Italia
Quintino Sella, del quale è famosa
l'espressione “Imposte, imposte e
null'altro che imposte”. Se da un
lato appare giusto porre una pietra
miliare allo sperpero di denaro
pubblico, che in fondo è anche il
nostro, dall'altro una tassazione
pesante ed improvvisa è fonte di
malessere tra i cittadini, i quali si
vedono costretti a pagare un
numero sempre più elevato di tasse
in un momento così difficile.
Evidentemente anche i tedeschi
sono stanchi di questa situazione.
I francesi, però, sono stati i primi a
segnare un importante punto di
svolta. Da dieci anni la sinistra non
vinceva le elezioni, e il Partito
Socialista, da sempre interprete di
un modello economico basato
sullo sviluppo piuttosto che sul far
quadrare i conti pubblici, ha vinto
le presidenziali di maggio ai
ballottaggi contro il premier
uscente Nicolas Sarkozy. A questi
pagheranno anche i debiti, che
ammontano a circa 200 milioni di
euro.
Ciò che suscita scalpore e rabbia
agli appassionati delle due ruote è
il fatto che l'Italia è restata a guardare. Questa manovra, da alcuni
analisti, è stata definita come uno
scippo al Belpaese, che, dopo aver
perso i marchi Lamborghini e
Bugatti, e essendo ormai la FIAT
più americana che italiana, si
ritrova con ben poco tra le mani.
Chi salirà su una Ducati, da adesso
in poi, si vanterà sicuramente di
aver guidato una bella moto, ma
chi ci è salito negli anni passati, si è
vantato, al di là della bellezza e
della potenza, di aver guidato la
storia italiana.
Salvatore Sellaroli
Sentenza ancora più shockante del massacro perpetrato dal giovane xenofobo, nel Paese in cui l'ultimo attentato terroristico risale al 9 aprile
1940. 21 anni ad Anders Breivink.
Anders Breivink, un uomo di 32
anni, dopo anni di studi e ricerche
su come organizzare un attacco
terroristico, decide di uccidere
senza sosta, traumatizzando letteralmente la Norvegia. Durante le
prime ore del giorno fa esplodere
una bomba nella piazza centrale di
Oslo, provocando 7 vittime e molti
feriti. Intanto, mentre le autorità
civili accorrono sul posto per
prestare aiuto ai feriti, la centrale
della polizia riceve telefonate di
giovani che chiedono aiuto
dall'isola di Utoya, dove il killer,
armato, si era spostato per seminare morte tra giovani di età
compresa trai i 14 e i 20 anni, che si
trovavano lì per il tradizionale
raduno di laburisti. La popolazione
è sconvolta, ma la strage non è finita. Nel pomeriggio fa scoppiare
una bomba vicino alla sede del
parlamento e l'ufficio del primo
ministro norvegese, provocando
altri feriti e la distruzione di molti
edifici. Breivink viene arrestato
con l'accusa di omicidio premeditato: lui stesso dichiara che voleva
uccidere più persone possibile. Ma
nonostante la sua dichiarazione e
le 69 vittime, la corte norvegese
l'ha condannato a soli 21 anni di
carcere, facendo scoppiare polemiche in tutto il mondo. Sin da
subito il killer ha dichiarato di
essere cattolico ed estremista xenofobo, giustificazioni che fanno
pensare ad infermità mentale, o ad
un'organizzazione terroristica.
Smentita quest'ultima ipotesi,
viene convocato per il processo.
Nel corso delle udienze, tenutesi
nell'aprile scorso, il killer ha affermato di non riconoscere l'autorità
della corte e di non essere colpevole, poiché la sua azione è stata
crudele ma necessaria contro
i traditori dello Stato, che
hanno permesso “l'invasione musulmana”. Nelle
stesse ore l'avvocato di
Anders dichiara che il suo
assistito, nella giornata
dedicata alla sua deposizione, potrà affermare di
essersi rimproverato di
non aver fatto più vittime. Di fronte a tale
asserzione il tribunale
afferma che potrà essere
internato in un istituto
psichiatrico, o che potrà
avere una “condanna di
detenzione preventiva”
oltre il massimo di 21
anni. Durante le giornate
della deposizione di
Anders la Norvegia
rimane atterrita dinanzi
alle sue dichiarazioni. Il
killer racconta la morte di
oltre 60 giovani con descrizioni raccapriccianti: “erano
immobili, si fingevano morti,
allora ho alzato l'arma e gli ho
sparato in testa”, afferma. E poi
con aria orgogliosa dice: “lo rifarei
ancora”. Il tribunale norvegese
perora la sua condanna a vita,
mentre il suo stesso avvocato
propone la condanna a morte, ma
essendo quest'ultima vietata in
Norvegia, il killer è destinato a
stare dietro le sbarre a vita, pur
avendo dichiarato ai giudici che
sarebbe orgoglioso di morire per la
patria, sostenendo la sua tesi di non
essere colpevole, ma di aver fatto
anzi un'azione giusta per difendere
la patria.
Martina Di Staso
GIUGNO 2012
Cindy Adamo
allarmesuicidi
Ben 450 mila euro per la Zelkova!
Un istituto di ricerca? Un progetto
contro il cancro? Una sonda aerospaziale? L'ultimo radar inviato su
Marte? Niente affatto: una pianta!
Nell'era delle tasse, dell'Imu, della
disoccupazione, del blocco sugli
stipendi, nel tempo degli appelli al
risparmio, della lotta per la
sopravvivenza, la Regione Sicilia
ha investito 450mila euro per
proteggere la Zelkova sicula. Di
tale somma 150mila euro sono
destinati ad un esperto esterno
all'amministrazione regionale che
sarà reclutato attraverso un
bando.
Ironia della sorte o scherzo del
destino? Che i siciliani siano ormai
al colmo dell'indignazione per
quello che avviene nelle stanze del
potere è ormai noto, ma il caso
della Zelkova è davvero troppo.
Mentre il palazzo dei Normanni è
assediato da dipendenti che rivendicano un salario più dignitoso, da
netturbini che hanno gettato
Palermo nel caos, da cooperative
con l'acqua alla gola, c'è qualcuno
che ritiene necessario spendere
450mila euro per proteggere una
pianta in via d'estinzione.
Gli unici 250 esemplari sono
ubicati in una remota querceta del
Bosco Pisano sui Monti Iblei;
produce solo frutti sterili e richiede
condizioni umide per sopravvivere, dunque la siccità e le scarse
precipitazioni rendono la sua estinzione inevitabile. Se tutto ciò può
giustificare il codice CR (rischio
critico di estinzione) stabilito dalla
IUNC (Unione Mondiale per la
Conservazione della Natura) non
può riuscire a frenare l'indignazione dei siciliani e degli italiani in
generale di fronte alle cifre stanziate a favore della tutela della
biodiversità (stiamo parlando di
454.720 euro, per l'esattezza
180.313 a carico dell'UE e 274.407
di quota regionale).
Gli sprechi della Sicilia non si
fermano alla botanica: la regione
ha da poco salvato Zorro, un
vecchio cavallo donato ad un
centro di ippoterapia con una
pensione di 2.335 euro al mese, ma
non aiuta realmente i malati. La
“mania” dello spreco non si esaurisce tutta in Sicilia: oltrepassando lo
Stretto di Messina si scopre che
non va meglio in Calabria, dove il
consigliere regionale Pietro Giamborino è andato in pensione ad
appena 55 anni, rinunciando solo
al 5 % del suo vitalizio, mentre per
i comuni cittadini italiani la
pensione appare un traguardo
sempre più utopico. Non si esime
neanche la Lombardia, che per la
nuova sede della Regione ha speso
570 milioni di euro, di cui solo
127mila in arredamenti. Per non
parlare del Lazio, che continua a
spendere milioni di euro l'anno in
affitti, nonostante possegga, oltre
alle sedi istituzionali, 13 fabbricati
e 367 appartamenti; senza contare
gli sprechi di chi dovrebbe, almeno
in teoria, guidare il Paese ed essere
un esempio per tutti i cittadini.
Questo breve excursus ci presenta
alcune di quelle cause che hanno
fatto sì che fra il 2000 e il 2009
mentre il Pil pro capite restava invariato se non in ribasso, le uscite
delle regioni aumentavano da 119 a
209 miliardi di euro, raggiungendo
vette tali da creare una situazione
quale quella attuale davvero critica
e senza via d'uscita. Il caso della
Zelkova è testimonianza di come
talvolta le Regioni si mostrino
sorde alle esigenze concrete dei
cittadini e agli appelli al risparmio.
La biodiversità va tutelata, ma
davvero vale molto più la vita di
una pianta di quella dell'uomo, che
dimentica che il bene più prezioso
della vita è la sua vita stessa? E
intanto l'uomo, sopraffatto dai debiti, preferisce darsi fuoco piuttosto
che accettare il suo fallimento;
temendo di leggere delusione e
sconforto negli occhi dei propri
figli preferisce privarsene…
Siamo davvero arrivati al punto
che il pesce piccolo non ha nel suo
destino nient'altro che la certezza
di dover esser mangiato dal pesce
grande?
Luisiana Gambuti
A cosa può spingere la disperazione di un uomo che si vede privato di tutto, anche della dignità di uomo? Sono in tanti che ripercorrono le orme già tracciate da Catone l'Uticense,
che per fuggire l'assenza di libertà, conseguenza della presa di potere da parte di Giulio Cesare, decise di protestare togliendosi la vita.
Duemila anni dopo, la storia appare diversa ai nostri occhi di uomini moderni, eppure troppe sono le analogie con quei tempi remoti: molte persone sono arrivate a credere che non
ci siano più alternative, convinte che l'unica soluzione possibile sia proprio il suicidio. La causa? La difficile realtà nella quale viviamo e, sicuramente, la crisi economica che ha
colpito il nostro Paese.
Dal secondo rapporto dell'Eures
intitolato “Il suicidio in Italia al
tempo della crisi”, basato non sulla
semplice raccolta dei fatti di cronaca, ma sull'elaborazione scientifica
dei dati giudiziari, emerge che in
Italia di crisi si muore sempre di
più. Tale fenomeno è riconducibile
soprattutto alla figura maschile:
nel 2010 sono stati circa 362 i
disoccupati che hanno compiuto il
gesto estremo, superando i 357 del
2009. Cifre, purtroppo, destinate
ad aumentare. La scelta del suicidio per cause lavorative non è
compiuta solo da chi viene licenziato: i fatti di cronaca mostrano
che i più colpiti in Italia sono
proprio gli artigiani e i commercianti che vedono sfiorire le
proprie attività dopo anni ed anni
di fatiche e sacrifici. La crisi
economica genera ansia ed angoscia nelle persone. La paura del
futuro è grande, per sé ma ancor di
più per la propria famiglia. Chi
design
decide, per scelta o per mancanza
di alternative, di lavorare in
proprio lo fa senza pensare ai rischi
che potrebbe correre, sperando che
tutto possa andare per il verso
giusto. Quando, tuttavia, le
commesse calano, quando le
banche dicono di no, quando si fa
fatica ad arrivare persino a fine
giornata, non sono soltanto i
bilanci ad entrare in crisi. Entra in
crisi anche la persona che vede
messo a rischio quanto costruito
fino a quel momento.
Sembra impensabile che le
persone decidano di togliersi la
vita in una società come la nostra,
la società delle tecnologie e del
benessere. Eppure è questo quello
che accade ormai da tempo. E non
si può certo parlare di suicidio
sociale, come nel caso di Catone:
qui si muore perché si ha la consapevolezza di non farcela. Bisogna
constatare che dietro la maschera
di una realtà apparentemente felice
si nascondono problemi gravissimi che emergono con tutta la loro
forza. Come comportarsi? È chiaro
che il governo sta facendo quanto
possibile per arginare la crisi, ma è
anche evidente che le manovre
realizzate finora non hanno fatto
che colpire gli strati più bassi della
società, andando a complicare
situazioni che già di per sé erano
complicate. Al di là dei giudizi sul
governo e sulle sue azioni, è indispensabile cercare di trasmettere
fiducia nelle persone, facendo loro
capire che è possibile superare
questo difficile periodo impegnandosi tutti insieme per il bene della
nostra società. Se gli italiani non si
sentiranno abbandonati, probabilmente non arriveranno a perdere
tutte le speranze e, magari, decideranno di non imboccare più la
strada del suicidio.
Cindy Adamo
danzaesacrifici
Quando si assiste ad un balletto si ammirano le ballerine sorridenti,
la loro perfezione nei bellissimi tutù, i loro voli sulle punte... Ma si
vede soltanto questo... purtroppo!
Jean-Michel Frank: una vita tormentata e infelice produce uno stile ascetico e ricercato che oggi torna
attuale.
Semplicemente uno dei più grandi
arredatori e decoratori di interni
del '900. Jean- Michel Frank ha
essenzialmente “inventato” il
concetto di semplicità come lo si
intende oggi. Terzo figlio del
banchiere Léon Frank, la sua vita è
avvolta in un alone noir, in bilico
tra caos e forma, futilità e mistero,
solitudine e feste mondane. Ebreo,
vissuto tra le due guerre mondiali,
cugino di Anna Frank, vittima
delle persecuzioni antisemite, si
getta da un grattacielo di Manhattan a soli 46 anni. Dalla tragica
morte, datata 8 marzo 1941, su un
marciapiede tra la Terza Avenue e
la 63ª Strada, il suo nome venne
consegnato, per quasi un secolo,
all'oblio.
Ma analizziamo la carriera di
questo incredibile genio del
design! «Credo che gli artisti,
sempre di più, dovrebbero partecipare alla creazione delle cose e del
loro design. Il risultato sarebbe
qualcosa di nuovo, profondamente legato ai nostri tempi».
Corre l'anno 1914 quando con
queste parole il giovane Frank
allude soprattutto ai set teatrali,
nonché alla sintesi delle arti postulata da Sergej Diaghileu e dai suoi
“Balletti Russi”, capolavori a cui
avevano partecipato geni come
Picasso, Braque, Matisse, Stravinsky.
Gli anni 1926-27 sono quelli della
svolta decisiva di Frank, chiamato
a progettare i Salons di MarieLaure e Charles de Noailles a Parigi, veri arbitri dell'eleganza ricercata dell'epoca. Quegli stessi
interni diventeranno il suo personalissimo biglietto da visita, ciò
che farà conoscere al resto del
mondo lo “stile Frank”. Iniziano a
chiamarlo tutti. Marcel Rochas,
Guerlain, Elsa Schiaparelli,
quest'ultima chiedendo di inventare lo stile dell'atelier in rue du
Berry. Tutti rapiti dall'audacia dei
suoi divani porpora, dalle librerie
bianche dai pannocchi dorati,
dalle stravaganti lampade in
paglia e gesso. Ma quale fu la rivoluzione artistica di Frank? Quali i
suoi punti vincenti? Frank, contrariamente alle opinioni del tempo,
non era un minimalista. La sua
“estetica della rinuncia”, il suo
“lusso ascetico”, la passione per le
linee pure, il gusto per il bello e il
confort, la sua lussuosa semplicità
non ne fanno di certo un esponente
dell'estetica minimal.
Parola d'ordine: OSARE. Osare
nella vita, come nel design. Osare
con l'immaginazione e con i materiali: nuovissimi, mai usati prima
di allora. Travertino, galuchat,
gomma, paglia intrecciata e poi
pergamena, gesso, lacca, avorio,
mica, grafite, zigrino, terracotta, la
pelle delle poltrone trattata da un
artigiano sconosciuto che allora si
chiamava Hermès. Ed oggi è
proprio la nota Maison
Hermès a voler ripercorrere l'avventura estetica
di uno dei più grandi
maestri dell'interior
design tramite la
riedizione dei suoi
pezzi storici,
coadiuvata dalle
collezioni casa e
home-design di
Trussardi, Armani
e Yv e s S a i n t
Laurent, tutte ispirate, ciascuna a
suo modo, a
quello che fu lo
stile di Frank,
l'interior decorator forse più
ammirato e
copiato al mondo.
Perché, di fatto,
quello che CocoChanel rappresentò
in termini di sovvertimento dei linguaggi
della moda e del look
delle donne, Frank lo è
stato per le case: la sua fu
una concezione che riuscì
a coniugare l'arte
dell'abitare ad una lussuosa
semplicità, a puntare
l'enfasi sul non–colore: “esistono seimila tonalità di
beige!” diceva.
Indispensabili dunque sono
gli insegnamenti e l'eredità di
grandi pensatori e artisti, ma
ancora più spettacolare è
l'attualità del loro lavoro in
ogni epoca!
Rosa Marcuccio
Non si pensa mai che dietro quei
sorrisi si nasconde la fatica e il
sacrificio di dure ore di lavoro.
Perché in quel fatidico giorno tutti
i passi devono essere perfetti e non
è concesso neanche il minimo errore. La vita delle ballerine non è facile. Sin dalle origini, quando nel
1661 Luigi XIV fondò la Académie Royale de Danse, sul palcoscenico non si è mai vista esibire
una ballerina che pesasse un po' di
più della norma. Sin da allora
l'ideale della ballerina è, purtroppo, quello della ragazza dal fisico
perfetto e spesso fin troppo esile.
Questo problema è stato portato
alla luce da Mariafrancesca Garritano, étoile della Scala di Milano,
licenziata per le dichiarazioni
che ha rilasciato all'Observer,
l'inserto domenicale del Guardian. Le rivelazioni della
Garritano hanno aperto gli
occhi sulla vita disumana
delle danzatrici: una ballerina su cinque della Scala
di Milano è anoressica!
Questa affermazione, di
per sé agghiacciante, ha
sollevato non poche
polemiche. Tuttavia le
istituzioni del mondo
della danza si ostinano
a sostenere che negli
ultimi venti anni non
si è mai verificato
alcun caso di anoressia. Ma le testimonianze
di numerose ballerine
intervistate da Paolo Calabresi in un servizio delle
Iene andato in onda qualche
mese fa smentiscono.
La Garritano racconta la sua
esperienza personale alla Scala,
iniziata ad appena 16 anni,
quando era già tormentata dal
difficile rapporto con il cibo. Nono-
stante la sua corporatura magra e
atletica, ha confessato di essere
stata spesso rimproverata a causa
del peso. Così ha iniziato a nutrirsi,
come tutte le altre sue compagne,
di un solo frutto ed uno yogurt al
giorno: quest'alimentazione le ha
portato problemi sia psicologici
che fisici. La frequenza di infortuni, distorsioni, tendiniti e coliche
renali, è così aumentata ogni
giorno di più.
«Una ballerina giapponese, pur di
bruciare quante più calorie possibili - racconta l'étoile - stringeva
gli addominali nel letto
dell'ospedale dove era ricoverata
per anoressia». Ciò è assolutamente assurdo ed impensabile per
noi, ma fin troppo normale per
quasi tutto il mondo della danza,
nel quale pesare soltanto 38 chili è
la regola. Altre ballerine della
Scala intervistate svelano, infatti,
di come le assistenti, invece di
controllare l'alimentazione delle
atlete, mettano loro pressione:
mangiare anche un solo grissino
potrebbe compromettere la loro
forma fisica! Le danzatrici, allora,
vengono insultate per il loro aspetto, descritte come alieni, con la
testa ed il bacino grande, come
sacchi di patate, streghe e galline:
tutto ciò porta in loro la convinzione che più si è magri e più si è
belli. Ma non è così! E non bisogna
dimenticare che una scarsa
alimentazione può portare anche
all'amenorrea. I sondaggi, infatti,
mostrano che 6 ballerine della
Scala su 8 non hanno il ciclo
mestruale per molti anni. Bisogna,
però, comprendere che si può
essere ballerine meravigliose
anche con qualche chilo in più!
Lucia Guarino
GIUGNO 2012
6
Raffaele Pelosi
penitentiagite
superstizionisannite
Nel romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco ci si imbatte a volte nella parola “Penitentiagite” (fate
penitenza), abbreviazione di una frase tratta dal Vangelo di San Matteo, che invitava alla penitenza in vista
del regno dei cieli.
di bolt94 (da [email protected])
Ancora oggi può capitare che
quando si va dalla nonna e le si
dice di avere il mal di testa, lei inizi
tutta una serie di domande, un po'
come fa il medico quando abbiamo
un malore. Mentre, però, il medico
pone domande in relazione al
nostro stato fisico, la nonna chiede
innanzitutto: “qualcuno ti ha
guardato?” Se si risponde di sì, lei,
pronta, trova il problema e dice:
“t'a accot' d'occhj (ti ha fatto il
malocchio)”. Avuta questa
certezza, la nonna va subito a
prepararsi e avvia dei riti molto
particolari. Fa il segno della croce,
mette la mano sulla fronte del
“paziente” e accennando più di un
movimento con le dita, come a
voler rappresentare una croce,
recita tutta una serie di preghiere,
farfugliando. Terminato il rito,
veniamo assolti, oppure la nonna
più scaramantica fa cadere una
goccia di olio in un recipiente (in
genere un piatto fondo) pieno di
acqua. Se la goccia cade uniformemente nel recipiente, il malocchio
è stato allontanato, altrimenti il
malocchio c'è ancora ed è il caso di
dire che ci vuole proprio una bella
benedizione. Ma da dove vengono
tali riti? La nostra zona dopo il
dominio romano è stata oggetto
dell'invasione longobarda. Prima
della loro conversione al
cristianesimo, i Longobardi erano
un popolo oltre che molto
Raffaele Pelosi
Grande successo deve aver
riscosso tra i nostri antenati l'invito
dell'evangelista Matteo. Tante
sono, infatti, le manifestazioni
penitenziali che si svolgono
ancora oggi dalle nostre parti. La
più celebre è di certo quella legata
ai Riti settennali di Guardia
Sanframondi, ai quali partecipano
centinaia di persone, chi in veste di
figurante all'interno dei quadri
viventi (Misteri) e chi come flagellante o battente (penitenti che si
percuotono il petto con dischi di
sughero irti di spilli). Altro esempio di manifestazione penitenziale
che si tiene nella nostra zona è la
processione del venerdì Santo a
San Lorenzo Maggiore. Essa si
inserisce a pieno titolo tra le numerosissime processioni penitenziali
che si svolgono durante la settimana Santa in Italia, e in particolar
modo nel Meridione. A questa
processione, infatti, prendono
parte numerosi flagellanti (più
comunemente detti “Battenti”). La
processione si svolge da secoli,
senza aver subito modifiche nel
corso del tempo. Ogni venerdì
santo, all'imbrunire (fino agli anni
'60 a metà mattinata), dalla chiesa
del SS Nome di Dio si snoda la
processione dei numerosi flagellanti, preceduti dal Cristo morto e
seguiti dalla settecentesca statua
dell'Addolorata e dai numerosissimi fedeli. I flagellanti sono penitenti che, vestiti di saio e cappuccio bianco, a piedi nudi, con in
capo una corona irta di spine (detta
“La spina”) e in mano la disciplina
(placca metallica dalla quale si
dipartono numerose piastre in
metallo concatenate) si percuotono la schiena fino a sanguinare.
Con il buio la processione termina
e i battenti, dopo aver raggiunto in
ginocchio l'altare maggiore per
baciare la statua del Cristo morto,
vestono di nuovo gli abiti civili e si
dileguano.
Questa manifestazione sembra
catapultare lo spettatore in
un'epoca molto lontana da noi,
forse vicina al periodo successivo
allo scioglimento nel 1261, ad
opera di papa Alessandro IV, della
“Compagnia dei flagellanti di
Cristo”. Questa compagnia di penitenti nacque intorno al 1250 a Perugia e attraversava le città italiane
praticando l'autoflagellazione
anche in gruppi di molte migliaia
di persone. Dopo il divieto papale
di praticare questa penitenza, i
flagellanti si divisero instaurandosi in varie zone dell'Italia
centrale e meridionale. Ancora
oggi, in varie località del meridione italiano, si svolgono riti penitenziali pubblici caratterizzati
dalla presenza dei flagellanti.
Tuttavia spesso queste pratiche
sono considerate barbare o sono
ritenute la prova dell'arretratezza
culturale delle popolazioni del Sud
della nostra Penisola. Bisognerebbe, però, ricordarsi che ogni
popolo ha le sue tradizioni, che
non dovrebbero essere abbandonate per far posto al nuovo, ma più
semplicemente capite attraverso i
nuovi mezzi che la modernità ci
offre. Urge, altresì, far notare che
negli ultimi anni sempre più
persone sembrano accogliere il già
citato invito di San Matteo. Forse,
perché ancora oggi si sente il bisogno di aggrapparsi a qualcosa che
trascenda il mondo materiale e che
non possiamo sottomettere neanche con la più recente invenzione
tecnologica.
Originario di Bristol, Banksy è
uno street artist famoso per aver
lasciato la sua firma sui muri delle
più grandi città europee.
La sua carriera inizia negli anni
Ottanta nella crew “Bristol's
DryBreadZ”. Nel 1998, organizza
un raduno di graffitari in cui
mostra il suo talento ad artisti di
tutt'Europa. Non si conosce il suo
vero nome; si sa, invece, molto
riguardo le sue performance. La
tecnica che preferisce è quella
degli stencil, con la quale riesce a
creare graffiti immediati e leggibili, come se fossero manifesti
pubblicitari.
Tra i graffiti più famosi di quest'
artista ci sono gli squarci surreali
sul muro di separazione israeliano,
il famoso murales che ritrae gli
attori di Pulp fiction che impugnano banane anziché pistole e lo
stencil in Via Benedetto Croce, a
Napoli, che raffigura Santa Teresa
del Bernini con un panino, una
coca cola e delle patatine del Mc
Donald, simbolo di una critica
accesa al consumismo.
La particolarità di Banksy è quella
di dipingere graffiti a sfondo satirico, che rappresentano una protesta
contro il capitalismo, la guerra, il
consumismo ed altri aspetti deprecabili della società odierna. La
scelta di rappresentare il suo
pensiero sui muri deriva dal suo
credere che se si vuole dire qualcosa, si deve apporre il proprio
messaggio dove la gente lo possa
leggere, e che solo stando in prima
linea e dando forza alle proprie
idee si può creare qualcosa.
Banksy sostiene che: «Le persone
che davvero deturpano i nostri
luoghi sono le compagnie che
scarabocchiano con slogan giganti
i palazzi e gli autobus, cercando di
farci sentire inadeguati se non
compriamo le loro cose. Si
credono capaci di strillare i loro
messaggi sulle nostre facce da
ogni superficie disponibile, ma a
noi non è permesso dare delle
risposte. Hanno intrapreso la sfida
e il muro è l'arma che abbiamo
scelto per difenderci». Ed è
proprio per questi motivi che la
guerrilla art di questo sconosciuto
artista, che può sembrare un
semplice atto di vandalismo, è
apprezzata in tutto il mondo.
Rino “Michele” Gillo
artemetropolitana
leggerelamafia
«La mafia altro non è che
una borghesia parassitaria, una borghesia che
non imprende ma
soltanto sfrutta»: così
diceva Leonardo Sciascia per descrivere il suo
breve romanzo, Il giorno
della civetta, che si
presenta come un piccolo
saggio sulla mafia.
L'autore scrive il libro nel
1961 e dichiara di aver
dedicato ad esso buona
parte del suo tempo, non tanto per
il racconto in sé, quanto per “cavare” intere sequenze che avrebbero
potuto intaccare la suscettibilità di
taluni... «perché in Italia, si sa, non
si può scherzare né coi santi né coi
fanti: e figuriamoci se, invece che
scherzare, si vuol fare sul serio».
Nell'affrontare le problematiche di
una terra a lui molto cara, la Sicilia,
Sciascia fonde due elementi fondamentali: la mafia e il giallo (un
genere che ama molto). La mafia,
come si può intendere dal libro, in
quel periodo in Sicilia non costituiva mai argomento di conversazione, spesso era negata dalla povera
gente, che assisteva inerme ad ogni
sorta di crimine. L'omertà appariva
l'unica forma di difesa.
Siamo nella piazza di S. un paesino
della Sicilia. Salvatore Colasberna
viene ucciso davanti alla fermata
dell'autobus da un colpo di lupara
sparato da lontano. L'assassino
procede in fuga lungo via Cavour e
uccide un contadino, che uscendo
per andare ai campi, lo ha riconosciuto. I passeggeri si allontanano
e anche il venditore di panelle che
ha assistito alla scena va via senza
prestare attenzione; restano il
conducente e il controllore, che
chiamano la polizia. Il capitano
Bellodi, ex partigiano giunto da
Parma, decide di occuparsi delle
indagini e, tramite un confidente,
bellicoso anche e soprattutto
superstizioso, come testimonia la
storia del noce di Benevento e
delle streghe. A queste credenze,
sedimentatesi negli strati di popoli
meno colti, si sono aggiunti i modi
di pensare strettamente finalistici e
religiosi del Medioevo, che hanno
favorito il propagarsi di queste
credenze nel tempo. Oggi con la
scienza tutti questi riti hanno perso
le loro radici mistiche e continuano
ad essere trasmesse, ma soltanto
dal punto di vista folkloristico,
nelle loro numerose varianti che
cambiano da paese a paese!
riesce a costruire due
piste, una delle quali si
rivela promettente.
Intanto un uomo ricco
chiede a un onorevole
che il capitano Bellodi
sia ritrasferito a Parma.
Il confidente viene ucciso, ma prima che muoia
rivela a Bellodi un altro
nome, che si aggiunge
a quello che la vedova
del contadino gli ha
confidato in precedenza. Le indagini suscitano molto
clamore, ma il capitano è costretto
ad abbandonarle e a ritornare a
Parma per un periodo. Viene attribuito al caso un movente passionale, che eclissa tutte le supposizioni
e le indagini svolte sulla mafia dal
capitano. Intanto Bellodi a Parma
riflette sull'eventualità di ritornare
in Sicilia, dando modo all'Autore
di chiudere il racconto.
Sciascia nella narrazione si ispira
all'assassinio di Accursio Miraglia,
una vicenda realmente accaduta
anni addietro a Sciacca ad opera
della mafia. Il pubblico a cui
l'autore si rivolge è ampio, grazie
ad una scelta lessicale piuttosto
semplice, che rappresenta la vera e
propria particolarità del romanzo
ed il suo punto di forza. Questo
libro è da interpretare come un
vero e proprio appello alle masse,
come un grido, un'eco che risuona
in lontananza: «La mafia esiste e
non solo nei libri o nei racconti per
spaventare i bambini. La mafia è
una realtà che affligge i nostri
giorni e non va negata, né quantomeno ignorata. In Italia, spesso, si
pecca di superbia o di ipocrisia, ma
come popolo, il primo passo per
estinguere la mafia è riconoscerla!»
Da leggere.
Agnese Lombardi
«Mi chiamo Andrea Michele
Vincenzo Ciro Pazienza, ho ventiquattro anni, sono alto un metro e
ottantasei centimetri e peso settantacinque chili. Sono nato a San
Benedetto del Tronto, mio padre è
pugliese, ho un fratello e una
sorella di ventidue e quindici anni.
Disegno da quando avevo diciotto
mesi, so disegnare qualsiasi cosa
in qualunque modo. Da undici anni
vivo solo. Ho fatto il liceo artistico,
una decina di personali e nel '74
sono divenuto socio di una galleria
d'arte a Pescara: "Convergenze",
centro di incontro e di formazione,
laboratorio comune d'arte. Sempre
nel '74 sono sul Bolaffi. Dal '75
vivo a Bologna. Sono stato tesserato dal '71 al '73 ai marxistileninisti. Sono miope, ho un
leggero strabismo, qualche molare
cariato e mal curato. Fumo pochissimo. Mi rado ogni tre giorni, mi
lavo spessissimo i capelli e
d'inverno porto sempre i guanti.
Ho la patente da sei anni, ma non
ho la macchina. Quando mi serve,
uso quella di mia madre, una Rena-
ult 5 verde. Dal '76 pubblico su
alcune riviste. Disegno poco e
controvoglia. Sono comproprietario del mensile "Frigidaire". Mio
padre, anche lui svogliatissimo, è il
più notevole acquerellista ch'io
conosca. Io sono il più bravo disegnatore vivente. Amo gli animali
ma non sopporto di accudirli.»
È così che il fumettista italiano
Andrea Pazienza descrive la sua
vita, sbagliandosi solo di qualche
anno sulla morte, avvenuta nel
1988. Anche se disegna da quando
aveva solo diciotto mesi, la sua
vera carriera artistica inizia nel
1974, quando si trasferisce a Bologna per iscriversi al DAMS. Ed è
proprio la città di Bologna, con le
sue contestazioni studentesche e
agitazioni politiche, a fare da
sfondo alle sue creazioni: la sua
prima storia a fumetti, Le straordinarie avventure di Pentothal, è
ambientata proprio in quello che
noi chiamiamo il '77 Bolognese.
Collabora con alcune riviste come
“Cannibale”, “Il Male” e successivamente con “Frigidaire”, ed è
proprio su quest'ultima che
compare uno dei suoi personaggi
più conosciuti, Zanardi, che non è
altro che Pentothal trasformato,
diventato cinico e violento. Con i
suoi fumetti Paz ci fa viaggiare tra
pensieri, speranze e difficoltà di
una generazione ormai afflitta da
troppi problemi, tra i quali non può
mancare quello della droga, che
coinvolgerà lo stesso fumettista
portandolo alla morte. Ora non
starò qui ad annoiarvi elencandovi
tutti gli altri suoi capolavori,
perché sono solo da guardare,
leggere ed amare, per rendersi poi
conto, come lo stesso Paz affermava, del fatto che “la pazienza ha un
limite… Pazienza no!”
Pasqualina Ciarleglio
Nicole Falato
GIUGNO 2012
Gianluca Morone
nientepaura
Una tempesta solare è un fenomeno astronomico la cui causa che
più interessa la Terra è la perturbazione del campo magnetico terrestre. Essa può generarsi dall'emissione, nel vento solare, di quantità
molto elevate di particelle ad alta
energia. Nel caso esse raggiungano la Terra, provocano una
tempesta. Le tempeste possono
costituire un problema per i
sistemi di comunicazione, perché
possono interferire con essi
causando danni irreparabili.
Queste particelle producono
anche le aurore polari, che sono
raggi e cortine cangianti di luce
colorata nei cieli a nord e a sud
della Terra. Tali eventi accadono
frequentemente quando si ha il
culmine del ciclo solare. Grazie
all'utilizzo di navicelle spaziali,
come la sonda solare SOH,
lanciata nel 1996, si può prevedere
approssimativamente l'arrivo
delle tempeste solari.
Da giovedì 8 a venerdì 9 marzo,
era stata prevista una nuova
tempesta solare che avrebbe
dovuto investire la Terra. La temutissima tempesta, però, non ha
causato alcun danno. Anche le
tempeste, come altri fenomeni fisici, hanno una classificazione.
fagocitosiastrale
Quella prevista doveva essere una
G3, abbastanza forte, dato che la
classificazione va da G1 a G5.
Tuttavia le apparecchiature elettroniche, i GPS, le telecomunicazioni, sembrano aver superato
indenni quella che era stata preannunciata come la più intensa
tempesta solare degli ultimi 5
anni. Erano previste anche aurore
boreali, in quanto le radiazioni sprigionate dalla nostra stella, che
investono il campo magnetico
terrestre nelle zone polari, avrebbero dovuto rendere manifesti i
fenomeni ottici caratteristici; ma
la delusione per il mancato evento
è stata forte. Secondo gli scienziati, la tempesta ha raggiunto il suo
livello massimo intorno alla
mezzanotte del giorno 8 sulla
costa est americana, le ore 6 di
mattina del giorno 9 in Italia, non
causando effetti significativi, ma
provocando un black-out delle
comunicazioni radio ad alta
frequenza dall'est dell'Africa
all'Australia orientale, durato 2
ore. Gli scienziati hanno annunciato il protrarsi di tali attività
solari anche nei prossimi mesi.
Giuseppina di Paola
Maggio 2012, drammatiche notizie giungono dall'Università John Hopkins, Baltimora, USA. Un gruppo di astronomi coordinato da Suvi
Gezari assiste impotente ad uno spettacolare quanto scientificamente rilevante atto di "fagocitosi astrale": una gigante rossa, stella tra le 0.5 e
10 masse solari, in una tardiva fase di evoluzione è attratta e lentamente assorbita da un buco nero supermassiccio, 2 milioni di volte più
grande del Sole, mai individuato prima.
L'evento è stato notato già dal
maggio 2010, grazie ad
un'anomala diffusione di radiazioni provenienti dalla stella
morente. Dall'osservazione del
fenomeno è stato possibile ricavare importanti informazioni
riguardanti la natura e l'azione dei
buchi neri, che tutt'ora rappresentano uno dei più misteriosi oggetti
dello spazio. Immediatamente, illustri ricercatori da varie parti del
mondo si sono dichiarati affascinati e fortunati per l'accaduto: Edo
Berger del Centro di astrofisica
Harvard-Smithsonian in Massachusetts ha dichiarato che un
evento simile è osservabile con
una frequenza di una volta ogni 10
mila anni. Tale rarità, tuttavia,
rende i dati raccolti non facilmente
verificabili e ne rallenta lo studio.
Per ora è abbastanza certo che i
buchi neri sono oggetti spaziali
formatisi dall'esplosione di una
stella con una massa almeno 10
volte maggiore di quella solare, a
cui segue un'implosione che porta
tale massa a collassare su se stessa
e a condensarsi in poche decine di
kilometri. Ciò rende i buchi neri i
corpi più densi dell'universo e,
conseguentemente, quelli con la
maggiore attrazione gravitazionale, tanto che la velocità di fuga
necessaria per sfuggire al loro
cosiddetto "orizzonte degli eventi"
(ovvero la parte più esterna del
buco che ne rappresenta l'entrata) è
nettamente superiore anche a
quella della luce; il che giustifica
l'attributo "neri" e la loro invisibilità ai telescopi. Essi sono osservabili solo in particolari condizioni,
grazie, ad esempio, a effetti di
rifrazione della luce o alla vicinanza di altri corpi che entrano
nella loro orbita e ne sono poi
assorbiti, come in questo caso. Ne
inventori
attualmente note non sono valide
nei buchi neri e non sono ancora
sufficienti a spiegare le forze
dell'universo.
Tuttavia le immagini della morte
della stella hanno fatto presto il
giro del mondo e costituiranno di
certo un elemento rilevante per gli
studi futuri, nonostante l'evento sia
alquanto datato: è accaduto a 3
miliardi di anni-luce di distanza,
quindi circa 3 miliardi di anni fa,
ma è stato percepito solo da poco a
causa del tempo necessario alla
luce per giungere dal "luogo del
delitto" alla Terra ed è dunque,
paradossalmente, una notizia giornalistica incredibilmente "vecchia".
Gianluca Morone
domandeinsistenti
È possibile trasformare una realtà inquinante e fastidiosa in risorsa energetica a basso impatto ambientale? Sembrerebbe di sì, o almeno così la pensano alcuni tra i pochi cervelli italiani non ancora in fuga
all'estero.
Un ingegnere elettrico, Andrea
Pirisi, uno specialista di sistemi di
software e di automazione industriale, Massimiliano Nosenzo, un
esperto di mercati finanziari,
Andrea Cornero, e il professor
Riccardo Enrico Zich, ordinario
presso il Politecnico di Milano,
hanno vinto il “Premio Impresa
Innovazione D2T Start Cup” di
Trentino Sviluppo nell'edizione
2010 con il progetto Lybra. Dopo
aver costituito una società, tutta
italiana, denominata UP (Underground Power), i quattro di Monza
lavorano assiduamente per
completare Lybra, un dosso stradale attraverso il quale si può ricavare energia elettrica.
Il dosso artificiale produce
corrente elettrica dal moto del traffico automobilistico: esso non solo
rallenta la velocità del veicolo, ma
per giunta ne sfrutta la forza cinetica dispersa in frenata, trasformandola in energia elettrica
immessa direttamente nella rete
nazionale, nell'illuminazione
pubblica o in una stazione di ricarica per auto elettriche. Un'auto di
una tonnellata che rallenta da 40 a
20 km/h spreca 46.296 joule, ossia
quasi 13 W/h. Quindi, in media
calcoliamo 10 W/h per ogni
vettura per un totale di 40.000
kW/h l'anno, e tutto ciò con un solo
dissuasore di velocità. Stiamo
parlando di energia che ciascuno
di noi butta via ad ogni stop tutti i
giorni.
Lybra può essere posizionato in
modo particolare in alcune zone di
rallentamento, come caselli autostradali, stazioni di sosta e simili,
è stata addirittura ipotizzata, e
nella maggioranza dei casi dimostrata, la presenza al centro delle
galassie conosciute, spiegando
così vari effetti, come nuove stelle
che fuoriescono dalle galassie a
causa della forza repulsiva generata dall'attrito con altra materia
attratta nei pressi dei buchi. Ma il
mistero più grande resta cosa
avviene al loro interno: si è supposto che siano pozzi senza fondo, o
canali spazio-temporali che
possano condurre a zone differenti
del tempo e dell'universo tramite i
"buchi bianchi", oggetti teoricamente contrari ai neri secondo la
legge della relatività generale di
Einstein, e dotati di una forza antigravitazionale ma mai effettivamente osservati. A raffreddare gli
animi delle menti più fervide sono
recentemente giunte, però, le
dichiarazioni di Charles Liu, astrofisico del Museo di Storia Naturale
di New York, che si è così espresso
sulla possibilità di attraversare un
buco nero: «Se cadessimo in un
buco nero, come prima reazione il
nostro corpo diventerebbe simile
ad un dentifricio gettato fuori rapidamente dal suo tubo. Subiremmo
il processo di spaghettificazione,
descritto dal fisico britannico
Martin Rees, per trasformarci in
un flusso di particelle subatomiche
che spiraleggiano verso il buco
nero. Purtroppo il nostro cervello
si dissocerebbe nei suoi atomi
costituenti quasi istantaneamente,
si avrebbero quindi poche possibilità di immergersi nell'incredibile
scenario». Liu conclude sostenendo che se non giungesse subito
la morte, l'esperienza «ci permetterebbe di visualizzare tutta la
storia del buco nero contemporaneamente, dal Big Bang al futuro
lontano». Insomma le leggi fisiche
in modo da tramutare un grande
problema come quello del traffico
in una risorsa.
I test di laboratorio confermano
che 100 passaggi sul dosso equivalgono ad una quantità energetica
pari ad 1 kW/h; facendo un po' di
calcoli, con il passaggio di circa
5000 auto all'ora si produce un
quantitativo energetico in grado di
fornire elettricità per un anno a 20
appartamenti (in una sola ora!).
Sembra che semplicità sia il sinonimo di Lybra, poiché tutto è
contenuto all'interno di una
pedana di soli 10 cm di altezza. Di
veloce installazione, occorrono
poche ore di lavoro per fissarla al
manto stradale. Anche la manutenzione è semplice, poiché il dosso è
costituito da moduli indipendenti,
rapidi da sostituire. All'interno non
vi sono gas, parti rotanti o trasmissioni meccaniche e la parte superiore è rivestita dalla gomma tradizionale, riciclata da vecchi pneu-
matici consumati. Inoltre, ove non
sia consigliabile l'installazione di
dossi, Lybra può essere anche
interrato a livello della strada.
Uno svantaggio? Probabilmente il
costo, poiché non se ne conosce
l'entità, anzi non ve n'è alcun
accenno in nessuna delle interviste
concesse da Pirisi. Fortunatamente la società UP è già stata
finanziata dalla provincia di
Trento (sede della società), dalla
città natale del Pirisi, Monza, e dal
gruppo bancario Intesa San Paolo,
raccogliendo in tutto circa 60.000
€, che bastano a far partire la
produzione dell'attuale prototipo
prevista entro la fine dell'anno.
Speriamo che l'Italia, anche in un
momento di crisi economica, investa in un progetto comunque remunerativo, soprattutto perché la crisi
che stiamo vivendo è anche energetica.
Giuseppe Petrillo
Marte è il quarto pianeta del sistema solare e può essere
facilmente osservato dalla Terra.
Nel 1965 fu avvicinato per la prima volta da una sonda. Nel
1976, dopo ben undici anni, fu raggiunto dalle sonde
Viking e Viking II, che atterrarono su Marte con la
missione di scoprire nuove forme di vita. Successivamente
sono state numerose le sonde, sia europee che statunitensi,
che hanno permesso di conoscere meglio il pianeta.
Si è giunti negli ultimi giorni ad eseguire un'analisi di tipo
matematico sulle informazioni raccolte nel corso degli
anni, arrivando alla sensazionale scoperta della presenza
di alcuni microrganismi sul pianeta rosso. Sono stati,
infatti, analizzati di nuovo i risultati dei test eseguiti dai
due lander (navicella spaziale che discende e sosta su un
corpo celeste) atterrati su Marte dopo l'invio delle sonde
Viking e programmati per eseguire esperimenti di
biologia. Dei tre test effettuati solo uno ha avuto successo
e, dunque, data la scarsa chiarezza dei risultati, essi non
sono stati tenuti in considerazione. Oggi, dopo più di
trent'anni, alcuni ricercatori, tra cui Giovanni Biancardi,
chimico e biologo docente di Astrobiologia all'Università
di Siena, Gilbert Levin, autore del test positivo 36 anni fa,
Joseph Miller, neurobiologo dell'Università della
California, si sono fatti promotori delle operazioni di
rianalisi, che hanno portato alla straordinaria scoperta. Ma
frenate gli entusiasmi: gli stessi ricercatori hanno
affermato che quanto scoperto non è sufficiente per
dimostrare l'esistenza di vita su Marte quanto, piuttosto,
servirà ad incoraggiare le prossime missioni sul pianeta.
Floriano Prete
Anno V - Numero 13 - giugno 2012
COMITATO DI REDAZIONE
DIRETTORE: Armando Di Leone
VICE-DIRETTORE: Pellegrino Gillo
SF Politica interna - Melania Simone
SF Cronaca locale - Alessandra Panza
SF Nel mondo - Guido Plensich
SF Società - Cindy Adamo
SF Scienze - Gianluca Morone
SF Cultura - Raffaele Pelosi
SF Scuola - Maria Di Paola - Raffaella Foschini
SF Spettacolo - Marco Mancini
SF Musica - Adolfo Di Crosta
SF Sport - Antonio De Nicola
Coordinatore: prof. Gaetano Panella
Istituto di Istruzione Superiore Telesi@
Redazione presso Liceo Scientifico
Via Municipio - Guardia Sanframondi
per contatti: [email protected]
GIUGNO 2012
8
Maria Di Paola
commiatidirito
C'erano una volta trenta fanciulli
che un bel giorno, impauriti ed
emozionati, varcarono per la prima
volta la soglia del Liceo. Guardiesi, cerretesi, laurentini, piccole ma
grandi rappresentanze di San Lupo
e Castelvenere: «è qui la festa!»
Tra prime conoscenze e primi
pettegolezzi sul pullman, tra espatri extracomunali ed extralarge,
pian piano iniziarono a conoscersi.
Alcuni solo per poco, ma per altri
nacquero simpatiche amicizie.
Primi scambi culturali, prime feste
paesane, prime passeggiate nel
“paese dei pali e dei cani”. Al
termine del primo anno qualche
fanciullo smarrì la strada, ma il suo
posto fu subito colmato con
l'arrivo di altri: una telesina molto
desiderosa di entrare nella numerosa II A e un laurentino costretto
ad entrarci. Strani compagni di
banco, alcuni “liberi” da ogni
costrizione, altri imprigionati al
primo banco, pronti a rispondere
ad ogni domanda. «Qui saurait me
le dire» chi erano? Fu così che
verso la fine di aprile l'allegra comitiva si avventurò nel paese del
gelato più buono del mondo e in
quello in cui ambientarono “New
Moon”. Ecco i protagonisti: un
libero piastrato, un simpatico
Brigidino, due donne sempre
attive a tutte le ore, in tutti i luoghi,
un cristiano che per nascondere gli
amici un po' brilli divenne molto
lusinghiero “Professoressa, che
bel pigiama!”, un uomo-gita celebrato da una canzone! Dopo
un'estate ricca di scampagnate e
varie “smacchiettate”, piccoli militari crebbero, una donzella e due
laurentini invertirono la rotta, il
resto si preparò per un nuovo ciclo:
il triennio. Nuovi professori,
nuove materie, nuovi legami,
primi litigi. Una giovane prof. di
italiano che si ambientò benissimo
tra gli adolescenti che crescevano,
tra le “oche del Campidoglio”.
Anche se sconvolti dalle prime
lezioni di filosofia, poi iniziarono
pian piano ad apprezzarla. Non fu
così, invece, per altre materie. I
fanciulli iniziarono a conoscere i
pro e i contro della scuola, assumendo un atteggiamento critico
quando le cose non filavano per il
verso giusto. Si accentuarono
anche le divisioni all'interno del
gruppo classe, come si poté benissimo notare durante la gita a Firenze. Fu proprio lungo le rive
dell'Arno che alcune amicizie
diventarono speciali ed altre
vennero messe a dura prova. Nelle
passeggiate notturne, sotto lo
sguardo di un Dante austero, si
svolsero incontri particolari. Si
ripeté il '15-'18 per conquistare le
proprie cabine sul treno ed affrontare uno stancante viaggio sino a
Santa Maria Novella. Tra i “Gianna, Gianna” intonati sulla cupola
del Brunelleschi, le cantate vagone
per vagone, le chitarre immancabili, le delusioni per i crediti non
raggiunti, giunse così il IV anno. Il
gruppo diminuì ancora e i legami si
frammentavano sempre più. Ad
unire i pezzi di questo puzzle
furono i 18 anni… Ebbene sì, i
fanciulli del '93 divennero
maggiorenni. Scherzi da preparare, regali da comprare, video da
registrare. Prime uscite in macchina, guide un po' spericolate, ma
anche cambiamenti continui di
docenti. «È vero?!» Ancora
diverbi con particolari insegnanti,
ma non mancarono le intese con
altri. Progetti pomeridiani, viaggi
invernali e internazionali. Non si
accontentarono del pullman, né
tantomeno del treno: questa volta
preferirono volare. Tra timori,
palle di neve e trdlo, tra corone,
disco e vin brulè, Praha li accolse
con la sua magica atmosfera
prenatalizia. Tra debolezze alla
ricerca di “bionde” e “bambine” e
il coraggio nell'affronto con i russi
particolarmente violenti, anche
quest'anno volse al termine. Ed
eccoli lì ad affrontare l'ultimo
anno, quello che solitamente è
considerato il più bello, il più
emozionante, il più intenso,
insomma, semplicemente l'ultimo,
quello che dovrebbe rendere uno
schizzo un'opera d'arte. Ma, come
tutti sanno, ogni regola ha la sua
eccezione ed “il mondo è bello
perché è vario”. Nella V A
l'imperativo diventa “mors tua,
vita mea”, finalmente cadono le
maschere, i fanciulli diventano un
po' più egoisti, ma in fondo sinceri.
Si pensa all'università, al dopo,
distruggendo il presente. Si sogna
una svolta di vita attraverso gli
orientamenti, si sente odore di
libertà. Allo stesso tempo, però, c'è
l'ansia e la paura di lasciare la
politicascolastica
strada vecchia per una nuova,
perché si sa quello che si lascia, ma
non quello che si trova. I mesi
vanno avanti velocemente, ma non
i programmi. L'esame è alle porte,
ma per il momento preferiscono
continuare ad assaporare questi
ultimi giorni, queste ultime ore. Si
cullano nel ricordo della Rambla,
del profumo della paella, delle
notti sulla nave, del caldo spagnolo
credendo di trovarsi ancora lì. Si
aggrappano con forza alle ultime
spiegazioni di matematica, di
storia, di italiano… Hanno la
consapevolezza di aver dato, chi
più chi meno, e di aver ricevuto il
meglio, da tutti, e per questo sono
sicuramente riconoscenti alle loro
guide.
Nonostante tutto, questa non è una
favola, non vissero proprio tutti
felici e contenti, ma l'importante
non è quello che si trova alla fine di
una corsa, ma quello che si prova
mentre si corre. E quando l'ultimo
giorno di scuola dell'ultimo anno
di liceo suonerà la campanella
dell'ultima ora, i nostri fanciulli
saranno convinti che quello sarà
l'ultimo secondo della loro adolescenza. Sentiranno il bisogno di
sottolineare l'evento con una frase
storica come: «Che la forza sia con
noi!» oppure «Campioni del
mondo, Campioni del mondo,
Campioni del mondo!».
Un grazie sincero a tutti!
Maria Di Paola
Raffaella Foschini
laparolaallapreside
Senza Filtro sottopone la questione del liceo di Guardia Sanframondi anche alla Preside dell’IIS Telesi@,
prof.ssa Di Sorbo. «Abbiamo saputo del provvedimento solo a cose fatte. Non abbiamo avuto il tempo di
essere né favorevoli, né contrari».
Senza filtro intervista il sindaco di Guardia Sanframondi, Floriano Panza, per ottenere delucidazioni sulla
questione della separazione del liceo scientifico di Guardia dall'I.I.S. Telesi@ e del conseguente accorpamento con l'I.I.S. Galilei-Vetrone di Benevento.
S.F.: Da cosa è scaturita la proposta di staccare il liceo scientifico di
Guardia Sanframondi dall'I.I.S.
Telesi@?
F.P.: La richiesta che ha fatto il
Comune è stata quella di unificare
la presidenza delle due scuole superiori di Guardia Sanframondi,
ossia l'Istituto Agrario e il Liceo
Scientifico. Da quest'anno, quindi,
avremo un solo preside e avremo la
possibilità di un colloquio più
diretto con un solo soggetto, che si
farà carico di promuovere gli istituti di Guardia. Da quest'anno sarà
inoltre possibile che il liceo scientifico di Guardia si presenti anche
presso le scuole medie del territorio per dimostrare il suo valore e
riuscire ad avere più iscritti
rispetto agli anni precedenti.
S.F.: Questo collegamento non
poteva essere effettuato mantenendo la dipendenza dall'I.I.S.
Telesi@?
F.P.: Sinora nella storia del collegamento del liceo scientifico di
Guardia con il liceo di Telese, i
ragazzi sanno benissimo che il
liceo di Guardia è stato sempre
escluso dall'orientamento presso
le scuole medie, che poi sono
tributarie dei ragazzi che andranno
al liceo. La potenzialità di Guardia
è notevole, basti vedere l'aumento
di iscritti che c'è stato quest'anno.
Quindi abbiamo voluto fare una
scommessa: dall'anno prossimo,
con una maggiore conoscenza
delle qualità della didattica della
scuola di Guardia, riuscire ad
avere più iscritti degli anni scorsi.
S.F.: Perché la scelta di accorpare
il suddetto liceo con l'Istituto Gali-
lei-Vetrone di Benevento?
F.P.: L'Istituto Galilei-Vetrone di
Benevento ha due caratteristiche:
primo, gestisce già la scuola agraria di Guardia, secondo, ha già un
liceo scientifico.
S.F.: Secondo la sua opinione,
questo cambiamento gioverà al
liceo, innalzando il suo livello già
discretamente alto, o segnerà un
punto di svolta in senso negativo, a
causa dell'accorpamento con istituti tecnici del Galilei-Vetrone,
quali l'I.T. Geometri e l'I.T. Agrario?
F.P.: Adesso la scommessa
riguarda i ragazzi e i professori, e
riguarda anche l'amministrazione
comunale. Abbiamo, come si suole
dire, una bicicletta e dobbiamo
pedalare. Noi come paese abbiamo
un liceo scientifico che presuppone l'iscrizione successiva
all'università, e più quest'istituto si
qualifica per serietà e per scrupolosità della didattica e più gli
alunni si iscriveranno. Poi
abbiamo la possibilità di una
scuola tecnica, non un istituto
professionale, molto legata al territorio e quindi ci dovranno essere
insegnanti che credono in quello
che fanno e che saranno in grado di
garantire un'alta qualità. Adesso
Guardia è nella piena consapevolezza che se riesce a garantire delle
scuole di qualità, i ragazzi
vorranno venire.
S.F.: È prevista la creazione di una
segreteria scolastica nel liceo di
Guardia? Oppure sarà obbligatorio per i genitori degli alunni
recarsi a Benevento?
F.P.: Dagli accordi che noi
abbiamo preso con la preside
diventerà tutto più semplice, sia
per quanto riguarda la segreteria,
che sarà distaccata a Guardia
tramite la presenza di una persona,
sia per quanto riguarda il colloquio
con i genitori, che avverrà qui a
Guardia. Inoltre, voi ragazzi non vi
dovrete più recare per una qualsiasi cosa sempre a Telese, ma
riuscirete a vivere in una scuola
che ha una sua autonomia.
S.F.: Speriamo… La decisione
sembra essere stata presa con
molta discrezione. Perché non
sono stati informati e consultati i
docenti e gli alunni del liceo di
Guardia?
F.P.: Abbiamo presso il Comune un
gruppo di persone, tra cui anche
professori, con i quali l'Amministrazione comunale si confronta
sempre prima di prendere decisioni nell'ambito scolastico.
Quindi un contatto con le scuole di
Guardia c'è stato. Ovviamente
nella mobilità della politica e dei
rischi che la politica ha in sé, se noi
avessimo divulgato in maniera
trionfalistica queste nostre decisioni probabilmente ci sarebbero
state delle contromisure. Come ci
sono state, del resto, da quanto
abbiamo potuto verificare, poiché
l'Istituto Telesi@ ha fatto una resistenza estrema alla nostra volontà.
Quindi ci si è mossi con sufficiente
democrazia, con la discrezione
necessaria per evitare che poi non
andassimo in porto con il progetto.
Maria Di Paola
Comunicazione del responsabile di progetto Senza Filtro
Nell'intervista rilasciata alla nostra redattrice, il sindaco di Guardia Sanframondi dichiara che la proposta di accorpare
il liceo al Galilei di Benevento è stata resa nota a “professori con i quali l'Amministrazione comunale si confronta
sempre prima di prendere decisioni nell'ambito scolastico”. Il sottoscritto, in servizio presso il liceo di Guardia dal
2007, fa presente che all'interno della scuola nessun insegnante era al corrente di quanto si stava discutendo, fino a
comunicazione della dirigente Di Sorbo, avvenuta in seno ad uno straordinario Collegio dei docenti. Il Comune di
Guardia, pertanto, contrariamente a quanto riferisce, non ha mai realizzato alcuna consultazione ufficiale con i docenti
del liceo, non ha stabilito alcun “contatto con le scuole di Guardia”. Se qualche parere è stato chiesto a qualcuno che
opera nel liceo, e se qualche parere è stato espresso, esso va considerato come opinione pronunciata a titolo personale,
e non certo rappresentativa del corpo docente del liceo di Guardia.
prof. Gaetano Panella
L'istituto Telesi@ ha potuto avere
solo il ruolo di osservatore, visto
che io sono stata messa al corrente
della notizia solo a fatti ormai deci-
si, anche se non ancora avvenuti,
ma impossibili da modificare.
Con queste premesse, quindi, non
ha alcuna importanza il mio essere
favorevole o contraria, visto che
nulla si poteva modificare.
Avviare un istituto verso
l'autonomia in un momento come
questo in cui ci sono contrazioni di
scuole mi sembra una previsione
un po' azzardata, ma ognuno può
dire quello che vuole. In ogni caso,
io auguro al liceo di Guardia il
meglio che si possa augurare ad
una istituzione scolastica: funzionare nel migliore dei modi possibili. Non so se i professori di Guardia
fossero al corrente del distacco dal
Telesi@, quello che mi è apparso
nel Collegio dei docenti in cui io
stessa ho annunciato la notizia è
che loro non erano al corrente di
nulla! Certamente, per quale
motivo il progetto di un Polo scolastico dovrebbe non essere ancora
valido? Credo sia sempre più
importante pensare alla costruzione di un Polo scolastico, visto
l'aumento di iscritti e l'esigenza di
fare scuola in modo diverso e non
solo tra aule a forma di scatole!
La Dirigente d’Istitituto
prof.ssa Domenica Di Sorbo
“La scienza deve essere compresa nel suo significato più ampio, come un metodo per capire tutta la realtà osservabile, e non semplicemente come uno strumento per acquisire conoscenze specialistiche” (A.Carrell).
Oggi studiamo su libri, sottolineiamo, appuntiamo, cancelliamo…
ma domani? La realtà sta
cambiando e per stare al suo passo
anche la scuola. Ai vecchi metodi
d'insegnamento si sono sostituiti
alcuni più nuovi e “accattivanti”:
slide, tablet, LIM, e tutto ciò che
può aiutare l'alunno ad apprendere
in maniera più rapida. I ragazzi
oggi sono abituati a trascorrere
pomeriggi davanti uno schermo,
che sia la televisione o il computer,
a scrivere su una tastiera, a stare
completamente immersi nell'era
tecnologica. E allora perché non
farli sentire a proprio agio anche a
scuola? È così che la Direzione
Generale per gli Studi, la Statistica
e i Sistemi Informativi hanno
promosso il “Piano Scuola Digitale” per modificare gli ambienti
di apprendimento attraverso
l'integrazione delle tecnologie
nella didattica. Già in diverse
scuole d'Italia si è assistito a questa
“rivoluzione” con l'avvento, anche
nelle scuole più piccole, della lavagna interattiva: è un dispositivo
elettronico che ha le dimensioni di
una tradizionale lavagna d'ardesia,
sulla cui superficie è possibile scri-
vere, gestire immagini, riprodurre
file video, consultare risorse web.
È evidente che tale novità facilita
enormemente il compito degli insegnanti e velocizza le lezioni: è
possibile fare approfondimenti in
tempo reale grazie alla sua possibile connessione a Internet, si può
costruire una figura geometrica
senza perdere tempo nel cancellare
e ridisegnare, e tutto ciò è accompagnato dalla maggiore attenzione
che gli alunni prestano alla materia
affrontata. Si possono salvare
percorsi didattici, così da poterli
riutilizzare o facilitarne l'accesso
ad altri studenti, in particolare agli
assenti. Le generazioni future
nasceranno già in quest'era. Per
loro utilizzare dispositivi di così
avanzata tecnologia anche a scuola
sarà la normalità, così come per
noi è lo studio su materiale cartaceo. La loro preparazione non sarà
inferiore alle precedenti. È a noi
che il passaggio risulta brusco,
quasi inconcepibile, ma solo
perché non abituati a leggere su
uno schermo piatto che non si può
sfogliare, scriverci sopra o inserire
un segnalibro.
Rientra in tale innovazione anche
l'istituzione on-line dei libri di
testo. Milioni di italiani ogni anno
sono costretti a fare i conti con
l'acquisto di nuovi libri scolastici
sempre più costosi e sempre più
numerosi. La maggior parte degli
editori «sfrutterà gli strumenti
informatici per trasferire su
supporto digitale una parte dei
contenuti oggi diffusi solamente
su carta, così da ridurre la foliazione dei testi stampati e, conseguentemente, una riduzione dei
costi di produzione. I risparmi così
ottenuti potranno tradursi in un
contenimento dei prezzi di copertina, a beneficio dei consumatori»,
spiega l'Antitrust. Inoltre, si avrà
come vantaggio la possibilità di
utilizzare un singolo testo per più
anni, favorendo anche la rivendita
di volumi usati. Tutto sarà diverso:
le lezioni, lo studio, e anche
l'Esame di Maturità. Si faranno
esercizi e compiti in classe strutturati secondo domande a risposta
chiusa…
Nel futuro si scriverà ancora? O
meglio, si saprà ancora scrivere?
“Ai posteri l'ardua sentenza!”
Raffaella Foschini
GIUGNO 2012
Raffaella Foschini
governoescuola
gridareallupo
Sono i “bamboccioni”, i mammoni, gli sfigati e poco desiderosi di mettersi in gioco. Chi? I giovani italiani di oggi! Coloro che
saranno il domani! Coloro che crescono, secondo i nostri “tecnici”, con l'idea del “posto fisso” “nella stessa città vicino a
mamma e papà”! Ma… di quali giovani parlano?
Non si parla certo di quelli che,
conseguito il diploma, carichi di
speranze e volontà, dopo anni di
sacrifici, ne affrontano altri con la
speranza di laurearsi, credendo
che tutte quelle ore sulle “sudate
carte” porteranno ad ottenere,
magari un domani non molto
lontano, un riscontro nella società.
È vero! Una cosa la ottengono!
Dopo anni di studio ottengono il
loro bel pezzo di carta, che resta
pezzo di carta, un passaporto per
un'isola che non c'è! Si affannano
per seguire stage all'estero, corsi
per l'apprendimento di lingue straniere, dottorati e una serie di qualifiche che non solo ampliano la
propria formazione professionale,
ma che dimostrano anche il desiderio di gridare alla società del
lavoro: “Guarda, sono pronto! Ho
tutte le carte in regola per rivestire
le cariche per le quali ho faticato!”
Invece no! E questo capita in un
Paese in cui l'immobilità più che
addossarla ai giovani bisognerebbe attribuirla al sistema,
schiavo ancora del favoritismo,
del clientelismo, del partitismo,
del nepotismo, in barba alla meritocrazia. E così restano iperqualificati e costretti, a malincuore, a
svolgere (come dimostrano le inda-
gini dell'AlmeLaurea) impieghi
sottopagati e lontani da quello per
cui sono preparati. I colleghi dei
Paesi vicini, invece, rivestono le
cariche per cui si sono impegnati
con i loro studi. Il nostro Paese,
intanto, vanta il minor numero di
giovani laureati che lavora. Quindi, se molti di loro, stanchi di non
essere valorizzati come meriterebbero, una mattina partono, superano i confini, e si stabiliscono
all'estero, dove le opportunità per
le loro qualifiche ci sono, non sono
certo da biasimare! E se lo fanno
non è di certo per dar valore a
quell'idea comune che i giovani
vogliono per forza fuggire
dall'Italia, ma semplicemente la
loro scelta è frutto di una constata-
zione di fatto: è qui che non si ha
fiducia in loro e nelle loro capacità,
che dopo cinque anni dalla specializzazione ancora restano
inespresse. Qui è sicuro che rimarrai precario per un bel po'! Perché
non ci sono finanziamenti per
promuovere i nuovi progetti,
perché non accetti il fatto che
quello per cui hai lavorato tanto
non puoi farlo, e rimani per il resto
della vita “a piedi”, con la speranza
di affermarti in ciò in cui credi.
Questa cattiva gestione del mondo
del lavoro nel nostro Paese ha generato due diverse condizioni: da una
parte chi non crede più nella
cultura del “pezzo di carta” e si
dedica da subito alla ricerca di un
lavoro, e finisce a svolgere lavori
“part-time” (altro che posto fisso!
Quello resta sempre per pochi eletti!) che non permettono di sopravvivere, con quello che si guadagna,
se non restando in famiglia.
Dall'altra c'è, invece, chi continua
a studiare e a sperare, ma poiché
non ha un guadagno, non può
allontanarsi dalla famiglia (i
bamboccioni vicino a mamma e
papà ci restano perché costretti
dalle circostanze!) e alla fine va ad
alimentare il fenomeno del “brain
waste”(lo spreco dei cervelli),
ossia lo svolgimento di un lavoro
nettamente inferiore alla propria
formazione, o del “brain drain”(la
fuga dei cervelli), la ricerca del
lavoro al di fuori dei confini nazionali. Bene! Allora dove sono questi
giovani fannulloni?
Prima di trarre conclusioni e
parlare di “bamboccioni” probabilmente c'è da fare un'attenta
analisi di quanto accade in Italia
nel mondo del lavoro negli ultimi
anni (soprattutto per quanto
riguarda i giovani e la meritocrazia!), fare una profonda autocritica
e cercare di porre i rimedi più
idonei!
Carmen Pigna
eluderelacrisi
Nella manovra Monti, di cui si
sente tanto parlare da un bel po',
sono stati affrontati numerosi
problemi economici e, allo stesso
tempo, sono stati proposti alcuni
decreti per permettere all'Italia di
migliorare. Degni di nota sono
stati i tagli alla politica, l'aumento
del 2% sia sull'IVA del 21% che su
quella del 10%, la super-tassa su
imbarcazioni, elicotteri, aerei
privati ed auto di lusso e, come
ciliegina sulla torta, l'ennesimo
aumento di altri 5 centesimi sulla
benzina.
E non sono stati trascurati il
canone RAI, la riduzione del
debito pubblico, la prescrizione
delle Lire, l'Antitrust… Sembrerebbe quasi che si sia discusso di
tutto ciò di cui fosse possibile
discutere, ma non è proprio così.
Sembra si siano dimenticati di
“noi”, e per noi intendo la scuola.
Monti nel suo primo discorso da
premier ha parlato di scuola, ma è
stata una delle pochissime volte
che l'ha nominata! Infatti nella sua
“manovra” non c'è neanche
l'ombra di proposte che la riguardano. A questo punto qualcuno,
leggendo il testo della sua manovra, potrebbe pensare che tale “tattica” (se così la si può definire) sia
stata positiva, perché non sono
stati apportati ulteriori tagli in
questo settore. Tuttavia dobbiamo
ricordare che il governo precedente ha tagliato i contributi
economici destinati alla scuola; di
conseguenza, la manovra Monti,
mancante in riforme riguardanti
l'istruzione, ha lasciato la situazione della scuola nelle sue
pessime condizioni, anzi, pensandoci bene, le ha peggiorate. A ben
osservare, infatti, aumentando l'età
pensionabile non si assisterà ad un
ricambio di docenti, e quindi nelle
aule saranno presenti insegnanti
sempre più anziani. In tal modo la
qualità dell'insegnamento scenderà progressivamente, perché i
professori più “vissuti” potrebbero
dimostrarsi restii alle novità. La
loro educazione potrebbe rischiare
di non essere al passo con i tempi.
Tutti chiedono una riforma:
studenti, genitori, docenti di ruolo
e precari Protestano e scioperano
nelle piazze di tutta Italia.
Vogliono una riforma che modifichi tale situazione al fine di
rendere l'istituzione scolastica un
ambiente vivibile e moderno. A
preoccupare maggiormente sono
le parole del Ministro
dell'Istruzione Profumo, il quale
ha affermato di essere pronto a
dialogare con tutti, partendo dal
presupposto che la Riforma
Gelmini non si cambia.
Ma per sentirsi dire queste cose
non bastava già il Ministro Gelmini?
Giuseppe De Vincentis
tiriticcotiamerò
Maurizio Tiriticco, ex ispettore tecnico e docente all'Università Roma Tre, commenta il libro di Marcello Dei “Ragazzi si copia. A lezione di
imbroglio nelle scuole italiane” in una lettera che, su iniziativa della preside Di Sorbo, è letta nelle classi del Telesi@, provocando le reazioni
degli studenti, alcuni dei quali sentono il dovere di intervenire.
Avere il proprio genitore come maestro? Succede a Pejo, in Trentino, dov'è stata istituita la prima scuola parentale d'Italia. Scelta
inconsapevole? No, una risposta ai tagli all'istruzione.
Ore 8:30 di mattina: a Pejo, sui
monti del Trentino a 1400 metri
d'altezza, suona un campanaccio.
Sì, proprio un campanaccio. Si
trova all'entrata di una casa circondata da un prato: ha ormai sostituito la campanella della scuola
pubblica locale, che non c'è più. È
stata chiusa a causa dei tagli
dell'istruzione, con l'obbligo per
tutti gli scolari di Pejo di salire su
un pullmino alle 7 del mattino.
Destinazione? Il nuovissimo e scintillante istituto di Celledizzo,
paesino a mezz'ora di distanza.
Peccato che d'inverno, con la neve,
la fatidica mezz'ora si trasformi in
un'eternità. Ma come comportarsi
allora? I genitori di Pejo non si
sono persi d'animo. Anzi, hanno
deciso di auto dirigersi e con
l'aiuto di alcuni maestri volontari e
di una guida turistica hanno creato
il primo esempio di scuola parentale d'Italia. Il suo nome? “Scuola
Pejo Viva”!
Ma analizziamo più approfonditamente questo inusuale tipo di scuola. Al posto delle comuni e spesso
noiose maestre, le lezioni sono
tenute dai genitori. Ogni mattina,
infatti, a Pejo troviamo 2-3 genitori e un docente volontario. Ad
esempio il lunedì e il giovedì
arriva Alberto, il maestro di italiano, che avendo perso la cattedra di
lettere ha deciso di aiutare i
bambini del paesino. Il venerdì è la
volta di Fulvio, maestro di matematica, che ha messo a disposizione della simpatica scuola il suo
giorno libero. Il mercoledì arriva,
invece, Felica Longhi, guida turistica e insegnante d'inglese. “What
colour is this?” chiede indicando il
verde più vicino dei pini oltre la
finestra. “Green!” urlano i bambini. Ma non mancano i maestri
improvvisati! Primo fra tutti
Guido Mareschini, guardia forestale e papà di Davide, 6 anni. Con
lui imparare a riconoscere piante e
fiori o capire come gli scoiattoli si
preparino in vista del lungo
inverno è un vero spasso. E che
dire di papà Mario, maestro di sci e
guida alpina? “La nostra palestra
sono le piste, le arrampicate e le
passeggiate nei boschi qui intorno”, raccontano i piccoli. Ebbene
sembrerebbe proprio una pacchia… Ma non è proprio così!
“Qui seguiamo i programmi ministeriali” spiega mamma Anna. E
benché non ci siano pagelle,
comunque ogni bambino al
termine di ogni anno scolastico
viene sottoposto ad un esame,
proprio come vuole la legge.
Secondo la Costituzione italiana,
infatti, la famiglia non ha l'obbligo
di seguire programmi ministeriali
o di mandare necessariamente i
propri figli a scuola ma di “dare
un'istruzione adeguata all'età, alle
attitudini e ai bisogni educativi del
bambino”.
E quali sono i pro e i contro di
questa didattica? Tale tipo di
scuola favorisce l'insegnamento
collettivo, focalizzato e divertente. E anche gli stessi genitori
acquistano conoscenze eccezionali. D'altra parte, però, le mamme e i
papà devono distinguere bene i
loro ruoli a casa e a scuola, senza
fare preferenze tra i vari alunni. È
anche vero che la maestra ha
un'autorevolezza che un genitore
non sempre riesce ad acquisire, e
per quanto i voti possano creare
tensioni ai bambini, essi sono
comunque “necessari per capire se
i loro sforzi sono premiati o se
devo correggere il tiro”, afferma il
docente di filosofia dell'Educazione Duccio Demetrio.
A volte bisogna saper andare oltre
i classici modelli della società e
saperne creare nuovi. Infatti, come
affermava John Stuart Mill, “la
natura umana non è una macchina
da costruire secondo un modello e
da regolare perché compia esattamente il lavoro assegnato, ma un
albero, che ha bisogno di crescere
e di svilupparsi in ogni direzione,
secondo le tendenze delle forze
interiori che lo rendono una
persona vivente”.
Rosa Marcuccio
“Luca Cordero di Montezemolo
un giorno ebbe a dire a degli
studenti: «A scuola ero
campione mondiale di copiatura:
credo di non avere rivali per
tecniche e sofisticatezza. Dunque
anche chi copia ha speranza...
Qualcosa si impara»”
Copiare: che sensazione provoca?
Negli studenti più diligenti può
generare sdegno o rabbia. Ma chi
commette l'infrazione come si
sente? A seconda dello studente
che copia possono sorgere diverse
reazioni; due in particolare sono le
più frequenti: lo studente “copio
sempre perché non voglio studiare” è tra quelli più diffusi ed è
molto esperto nell'arte del copiare.
Egli spera di farla sempre franca,
ma al contempo è conscio del fatto
che la valutazione che gli viene
attribuita non corrisponde affatto
alle sue reali potenzialità; dunque
si tratta sicuramente di un comportamento da evitare e contro il quale
prendere provvedimenti. Lo
studente “copio ma lo faccio
perché la mia preparazione non è
così approfondita” deve il suo
atteggiamento, in sede di compito,
principalmente alla sua non
elevata voglia di impegnarsi fino
in fondo. Capisce, anche in questo
caso, che il risultato non rispecchia
le sue potenzialità, ma interpreta il
copiare come se fosse un modo per
compensare la sua preparazione;
in fondo il voto del compito
comprende anche la valutazione
della sua bravura a copiare. Si
tratta più di una sfida con se stessi,
il piacere di infrangere le regole,
pur sapendo di poter conseguire lo
stesso voto con un po' più di impegno. Talora, anche se ben più raro,
è possibile la reazione “mi sento
male perché ho copiato e la società
mi vede come un ladro”. In fondo,
un voto ad un compito delle scuole
superiori, medie o elementari che
siano, non pregiudica la fedina
penale dell'alunno. Non è affatto
dimostrato che copiare implichi
diventare un ladro, ergo un
trasgressore della legge. È certamente un'azione eticamente
sbagliata, ma nei risvolti pratici
non provoca grandi stravolgimenti. La situazione è diversa, ad esempio, se vengono commesse infrazioni durante concorsi pubblici o
privati, per i quali i candidati si
sfidano al fine di poter accedere al
posto messo a disposizione da chi
indice il bando. In quel caso
vengono realmente testate le conoscenze individuali e allora è giusto
che passi colui che ha un livello di
preparazione maggiore.
Guido Plensich
“Questi ragazzini che vengono
addestrati, nei comportamenti
quotidiani, a sviluppare una
mentalità mafiosa, fatta di
complicità contro le istituzioni, una
solidarietà omertosa, il cui obiettivo
è ingannare chi è in cattedra.”
Il signor Maurizio Tiriticco, sussumendo l'atto della copia a scuola al
concetto più generico di inganno
dell'autorità, pare sia giunto ad
accomunarlo pretestuosamente al
collaborazionismo criminale.
Ormai, però, è ben nota la fallacia
di tale tipo di sillogismo, risiedente non nell'ineccepibile consequenzialità delle argomentazioni,
bensì nelle premesse: analogamente, ad esempio, si potrebbe
accomunare la copia anche al
collaborazionismo tra uomini
contro qualcosa di più grande, la
natura. In questo caso, nessun
uomo penserebbe mai di condannare il "lavoro di squadra" contro
la natura, di per sé inospitale e
tendente ad isolare gli individui,
come la scuola attuale. In base a
cosa si decide quale sia eticamente
sbagliato tra collaborazionismo
scolastico, criminale e umano?
Non si può far di tutta l'erba un
fascio. Ovviamente l'uomo,
essendo tale, non condannerebbe
mai l'umanismo così come uno
studente l'aiutino e il mafioso il
crimine. Non è quindi biasimabile
l'indignazione dello studente e del
docente nel sentirsi paragonare a
elementi criminali, pari a quella di
un ladro paragonato ad un assassino. Il problema, giustamente individuato in seconda istanza invece,
non dovrebbe essere ricercato
negli alunni (in quanto l'altruismo
è una delle caratteristiche tipiche
della "specie") ma nell'odierna
organizzazione scolastica, poco
incline a motivarli e stimolarli, ma
terribilmente efficiente a selezionarli artificialmente tramite un
complesso sistema di classificazione, che focalizza l'importanza
sul risultato e non sull'apprendimento. Tale processo tende
logicamente ad alienare gli utenti
dai propri interessi e ad automatizzarli. Lo studente perfetto secondo
la società moderna: automa vacuo
in grado di svolgere qualsiasi
compito seguendo gli input impartitigli, senza scorciatoie e privo di
coscienza di ciò che fa. Umano,
poco umano…
Gianluca Morone
“In effetti, non è forse il modello
stesso di scuola che sapientemente
abbiamo costruito nel corso dei
nostri 150 anni di storia nazionale a
creare le condizioni del copiare?
Che altro aiuto trovano i nostri
alunni quando sono chiamati a
prestazioni individuali?”
Il mondo in cui ogni nuovo
individuo italiano nasce, cresce e
si forma è un luogo ove la morale
trae le sue fondamenta dal modello
economico capitalista. Così come
ci insegna Marx, la sovrastruttura,
ovvero l'insieme di quelle attività
umane che concorrono a formare
una società senza invadere il
campo economico, dipendono
totalmente dalla struttura, ossia
l'insieme dei rapporti che si creano
allorché l'uomo produce.
La logica capitalista è ciò che di
più semplice si possa immaginare:
essa non ha bisogno di sforzi
razionali individuali e sociali
pratici per essere messa in atto.
Così come nello stato di natura
hobbesiano, il capitalismo
rappresenta l'istinto umano di
sopravvivenza, che tende a
sottomettere l'altro al fine di
primeggiare e, in tal modo,
garantirsi un'adeguata distanza
dalla lotta per la vita. In tale ottica
si sviluppa la morale di ogni
individuo vivente sul suolo di un
paese Occidentale: ciò che
veramente spinge l'essere umano
ad alzarsi presto la mattina,
lavorare ed impegnarsi è l'interesse personale.
Anche la scuola, dunque, non può
esimersi dall'influenza del
capitalismo. Anzi, essa è la vera e
propria fucina del futuro uomo
capitalista, ove si forgiano esseri
individualisti, senza scrupoli ed
arroganti. Dunque, se analizziamo
con tali premesse il fenomeno del
copiare durante i test scolastici,
non dobbiamo scandalizzarci
quando ci accorgiamo che esso è
fortemente radicato nel savoirfaire degli studenti. Il disinteresse
per la cultura, la rabbia per il
mezzo voto mancante, i metodi
fantascientifici inventati per
eludere il controllo dell'insegnante
non sono che conseguenze di
quella logica del profitto a tutti i
costi che pervade la civiltà
italiana.
Del resto i metodi di verifica degli
insegnanti non riescono a dare un
quadro reale della situazione
culturale in cui versano gli alunni:
tra asettiche nozioni impartite a
memoria e compiti scritti in cui
fotocopie miniaturizzate e fogli
protocollo si confondono, l'unico
metro di giudizio dell'alunno non
resta che la propria coscienza.
Armando Di Leone
GIUGNO 2012
10
Marco Mancini
teatroinstrada
televisioneintelligente
Avignone, città della Provenza, ricca di storia e di monumenti
architettonici, consacrata alla celebrità dalla Cattività Avignonese,
ospita dal 1947 la più importante manifestazione teatrale della
Francia e di tutto il mondo.
La prima edizione di questa manifestazione ebbe luogo dal 4 al 10
settembre e fu organizzata dal regista e attore Jean Vilar. Oggi il festival si tiene per tre settimane nel
mese di luglio.
Si terrà dal 7 al 28 luglio la 66°
edizione del Festival del Teatro più
prestigioso del mondo. In questi
giorni si potrà ammirare una
trasformazione netta del centro
storico della città: i muri degli antichi palazzi saranno invasi dalle
migliaia di locandine create dalle
varie compagnie teatrali. Tutte le
ore del giorno vedranno le vie del
borgo animate da artisti di strada
impegnati a catturare l'attenzione
dei passanti anche solo per pochi
minuti. C'è chi allieta gli spettatori
con monologhi, chi dà vita a veri e
propri spettacoli di strada e chi
anima i burattini. Non mancano
gruppi musicali di tutti i generi,
che si esibiscono soprattutto nelle
ore serali. La kermesse di spettacoli che si tiene in strada è una
delle due parti dell'evento: il 'festival off', la parte libera del festival,
accessibile a tutti. Il ‘festival inn’,
al contrario, comprende le rappresentazioni teatrali di cartellone,
che si tengono nei teatri o in luoghi
appositamente allestiti, per accedere ai quali c'è bis ogno
dell'acquisto di un biglietto. Ad
alcune compagnie, la cui scelta
segue una scala di importanza, è
riservato l'onore di esibirsi in uno
dei luoghi più suggestivi della
città: la Corte d'onore del Palazzo
dei Papi, sala in cui possono essere
accolte oltre duemila persone.
Sono molti ed arrivano da tutto il
mondo gli artisti che ogni anno
scelgono di recarsi ad Avignone!
Cercano di guadagnare qualcosa o
soltanto vogliono divertirsi e
vivere la magia di un festival che
non conosce la notte, che trasforma
una città intera in un teatro. Non c'è
nessuna gara, nessun vincitore,
nessun premio: c'è solo da portarsi
nel cuore la gioia di aver partecipato.
E se c'è chi lo definisce una Babilonia, dove l'arte può esprimersi in
modi diversi e in lingue differenti,
è di certo sopraffatto da coloro ai
quali lo spettacolo appare mozzafiato, perché la città diventa un
palcoscenico a cielo aperto. Per me
resta la cosa più bella e originale
che abbia mai visto.
Gioia Di Staso
“Che ne pensate?” Con questa domanda posta sui social network lo scrittore Roberto Saviano ha annunciato il debutto del
programma Quello che (non) ho con il conduttore Fabio Fazio su La7.
Lo show, che inizialmente era intitolato Ma l'amore no, è stato
mandato in onda 14, 15 e 16
maggio alle ore 21:10 in diretta
dalle “Officine Grandi Ripartizioni di Torino”, a testimonianza
del passato industriale della città.
Come già abbiamo visto in Vieni
via con me, la coppia ci ha offerto
un programma di grande attualità,
che non ha avuto paura di raccontare la verità senza censure e senza
sconti per nessuno.
Si sa, però, che questo tipo di
programma è accompagnato sistematicamente da critiche di ogni
tipo. C'è chi dice, come Dagospia,
che i due abbiano preso spunto da
un programma radiofonico su
Radio 2 condotto da Pacifico. I più
stentano a credere ad una vera e
propria copia, dato che Saviano e
Fazio forse hanno qualcosa da insegnare più che da copiare!
In realtà il format nasce da un
progetto nato nel 2010 e promosso
dalle associazioni di Reggio Calabria sulla legalità e sui diritti e che
ha coinvolto le scuole sullo Stretto
di Messina.
Proprio come il precedente e fortunato Vieni via con me, il nuovo
programma è stato appoggiato da
Paolo Ruffini, direttore di Telecom
Italia. Lo show ha riscosso molto
successo anche tra i giovani; sarà
perché ha raccontato la realtà in
modo semplice e diretto, sarà per
la comunicazione accattivante, o
semplicemente sarà che noi
giovani riusciamo a percepire che
quella che si racconta in questi
programmi è proprio la verità. Non
una di quelle verità comode a cui ci
hanno abituati, ma quella nuda e
cruda narrata da persone che
quella realtà la vivono! E forse,
proprio per questo, se ne vedono
pochi.
Molti inizialmente si chiedevano
se una rete come La7, a differenza
di Rai 3, avesse potuto sostenere
programmi di questo tipo. Tuttavia, ad oggi, guardando i risultati
che ha raggiunto lo show con il
13% di share di media e arrivando
a risultare, durante l'ultima puntata, il programma più visto in assoluto per un'intera ora, la domanda
sembrerebbe quasi ironica!
Parte fondamentale dello show è
stata la “parola” con i suoi signifi-
cati. Ogni ospite ne ha portata una,
spiegando l'importanza che aveva
per lui. Molto attuale la parola “treno” di Marco Paolini, che ha
voluto rifarsi ai numerosi lavoratori licenziati da Trenitalia mesi fa,
oppure la “paghetta” di Massimo
Gramellini, che si riferiva allo scandalo che sta travolgendo la Lega
Nord e in particolare Umberto
Bossi e i suoi figli.
Sul palco abbiamo visto Massimo
Bubola, autore insieme a De Andrè
della canzone Quello che non ho,
abbiamo assistito alle esibizioni di
Elisa nell'arco delle tre puntate e,
nonostante la serietà del programma, non sono mancate le irruzioni
divertenti di Luciana Litizzetto,
che è riuscita, come sempre, ad
affrontare attraverso la risata temi
molto delicati come quello della
violenza sulle donne.
Il programma, insomma, è stato un
successone, ed ora la Rai sta
pensando ad un ritorno di Saviano
nella TV di Stato il prossimo
autunno in prima serata. Loris
Mazzetti, capostruttura di Rai3, ha
esortato la sua rete affinché ciò
avvenga. Attualmente Saviano
rimane legato ad un contratto con
La7, ma… chissà se una deroga
potrebbe spostarlo per un po' in
Rai!
Marenza Lombardi
giffonifilmfestival
emotigames
La serie The Elder Scrolls torna alle luci della ribalta sei anni dopo l' uscita del best seller Oblivion e si
presenta nei negozi con il nuovo capitolo dell'ormai epica saga.
“Di tutti i festival quello di Giffoni è il più necessario” (François Truffaut), questa è la frase che meglio
descrive il Giffoni Film Festival, la rassegna italiana del cinema per ragazzi più importante a livello
mondiale.
È ambientata nel freddo territorio
di Skyrim la nuova puntata, nella
patria del popolo dei Nord, terra
selvaggia, ricca di insidie, che sa
regalare al giocatore un'esperienza
di gioco straordinaria. La nuova
mappa si estende su una superficie
di circa 41 km quadrati divisa in 9
feudi con le rispettive capitali. Il
protagonista delle prodigiose
avventure è una sorta di eletto, l'
unico uomo in grado di assorbire
poteri dai principali nemici del
gioco: i draghi.
Esatto, in The Elder Scrolls V
dovremo scontrarci non solo con
troll, soldati, demoni, morti viventi
ma anche con draghi assetati di
sangue e bramosi di tornare a dominare il mondo. Così come in Oblivion abbiamo fatto con i demoni
Daedra, in Skyrim dovremo lottare
contro enormi draghi ed impedire
al loro capo, Alduin, di portare a
termine l'invasione di Skyrim.
Il gioco presenta caratteristiche
tecniche straordinarie, una mappa
immensa e dettagliatissima, piena
di grotte e rovine completamente
esplorabili, longevità totale,
varietà di armi, armature sbalorditive e libertà di gioco assoluta.
La magia merita un capitolo a
parte, infatti durante le nostre
avventure useremo incantesimi di
distruzione, illusione e cura per
sopraffare i nostri antagonisti e
potremo incantare le armi in modo
da renderle ancora più devastanti.
In più gli sviluppatori di Bethesda
Game ci hanno messo a disposizione un tipo di magia mai visto
prima: avremo a disposizione
poteri speciali, gli urli che il protagonista Sangue di Drago potrà
usare a suo piacimento. Egli, infatti, nel corso delle sue innumerevoli
battaglie potrà letteralmente
"urlare in faccia" al nostro nemico
e scaraventarlo a decine di metri di
distanza, bruciandolo e facendolo
scappare in preda alla paura.
Rispetto al passato cambia
l'avanzamento di livello del personaggio: non basterà solo fare delle
vere e proprie carneficine per
diventare imbattibili, ma dovremo
migliorare varie nostre abilità
come la forgiatura, la furtività e la
dimestichezza con i vari tipi di
armi e magie.
È stato migliorato anche il sistema
delle malattie, già ottimo in Oblivion, con l'aggiunta di nuovi
malanni, tra i quali, spicca la licantropia, che ci darà la facoltà di
trasformarci e fare strage di innocenti, per poi banchettare coi loro
resti.
Bethesda Game sta già lavorando
ad alcune espansioni per il suo
capolavoro. La più corposa
dovrebbe essere il pieno implemento dei comandi vocali supportati da Kinect. Grazie a questo
aggiornamento, che i possessori di
Xbox 360 potranno scaricare
gratuitamente da xboxlive, sarà
possibile gestire i menù, i dialoghi
con altri personaggi e gli urli, che
potranno essere appresi e pronunciati dal giocatore che li vedrà
"uscire dalla sua bocca". Insomma: sarà tutto più facile e immediato, per rendere l'esperienza di
gioco che questo capolavoro ci
offre quasi perfetta.
Elvio Falato
Nato nel 1971 da un'idea di Claudio Gubitosi con l'intento di
promuovere e far conoscere il
cinema per ragazzi, si riscatta dalla
posizione marginale che in passato
occupava nel territorio.
Abbandonata la veste di una manifestazione regionale, il GFF è
diventato un evento internazionale, che vanta ospiti tra i più importanti nel mondo del cinema, da
Robert De Niro a Meryl Streep, da
John Travolta a Meg Ryan a
Roman Polanski. Ma i protagonisti
indiscussi del Giffoni Film Festival rimangono i giovani di età
compresa tra i 3 e i 18 anni, provenienti da ogni parte del mondo.
Essi, oltre ad essere componenti
della giuria, hanno anche la possibilità di presentare, in collaborazione con istituti scolastici o associazioni, dei prodotti audiovisivi
che hanno l'opportunità di concorrere nella sezione del MyGiffoni,
che si svolgerà durante la 42ma
edizione della rassegna.
La selezione dei film che concorreranno al festival si basa sul “criterio dell'omogeneità”: i curatori
dell'evento scelgono le opere
tenendo in considerazione il parere
del pubblico che dovrà visionare i
diversi film ed esprimere, successivamente, un giudizio su di essi.
Nella scelta dei film, realizzati da
grandi registi o da autori emergenti, inoltre, è lasciato largo spazio a
temi importanti come drammi
familiari, eutanasia, aborto,
scoperta della sessualità, argomenti che sono prediletti rispetto
ai tanti film “compiacenti”. Nel
corso del Festival saranno poi assegnati il premio al Miglior Film
(Grifone D'Oro), al Miglior Cortometraggio (Grifone D'Argento), il
Gran Premio della Giuria (Grifone
di Bronzo) e il premio Amnesty
International.
Ogni edizione del GFF è contraddistinta da un tema al quale gli
Autori devono rifarsi nella creazione della propria opera: la 42ma
edizione, che si svolgerà come
ogni anno nel mese di luglio (dal
14 al 24) a Giffoni Valle Piana,
avrà come tema la felicità. Tale
scelta, come gli organizzatori
stessi affermano «ha il sapore di
una provocazione, è la forma indefinita di un concetto che è difficile
afferrare, che cambia da persona a
persona, che si perde nella notte
del pensiero umano».
Nel tempo il Festival si è evoluto
consentendo anche ad altre forme
artistiche, dal teatro alle arti figurative, di entrare a farne parte. Dal
2000 anche la musica ha fatto il
suo ingresso con il Giffoni Music
Concept, una rassegna musicale
che come quella cinematografica,
vanta una giuria interamente
composta da ragazzi.
Quest'anno il festival offrirà, nel
Giffoni Masterclass, la sezione
speciale della rassegna che dà ad
una “classe scelta” di giovani
l'opportunità di dialogare con un
personaggio noto del mondo del
cinema, della musica, dell'editoria,
l'occasione di colloquiare con la
sacerdotessa del rock Patti Smith.
La cantante interverrà anche per
festeggiare la sinergia tra il GFF e
il Neapolis, il Festival Rock più
importante del Sud Italia, che darà
una nuova impronta all'evento
rendendolo in questo modo
sempre più originale e
all'avanguardia.
Il Giffoni Film Festival non è,
dunque, solamente un evento che
ha lo scopo di premiare i film
migliori, ma è soprattutto un
mezzo che il Sud, e del resto tutta
l'Italia, ha per dimostrare al mondo
intero la sua capacità di iniziativa,
la valenza culturale del suo popolo, l'abilità e lo spirito critico dei
suoi giovani, nel tentativo di
sfatare tutti quei luoghi comuni
associati al nostro Paese.
Marica Melotta
GIUGNO 2012
Adolfo Di Crosta
allabouthefunk
L'acid jazz nasce alla fine degli
anni '80 grazie alla commistione di
soul, funk, elettronica e fusion.
Dapprima si sviluppa come movimento di nicchia suonato nei club
dei sobborghi di Londra. Grazie ad
un interesse crescente delle etichette discografiche, l'acid jazz
oltrepassa la Manica ed invade dapprima l'Europa, per poi spopolare
negli Stati Uniti, soprattutto per
merito dell'album Brother Sister
dei The Brand New Heavies
(TBNH). Simon Bartholomew, chitarrista dei TBNH, da poco riunitisi con N'Dea Davenport alla
voce, è stato contattato dalla redazione di Senza Filtro per un'intervista a cui si è lietamente concesso.
Senza Filtro: Inutile chiedervi perché avete scelto questo nome. The
Brand New Heavies lo hanno
scelto in omaggio a James Brown,
il padrino del funk. Cosa c'è di lui
nella vostra musica, nei vostri testi
e nei vostri concerti?
The Brand New Heavies: Nessuno dovrebbe mai sottovalutare
cosa James Brown ha fatto per la
musica. Lui non è solo I feel good o
It's a man's world. Ha trasformato
il groove e ha reso popolare la
danza in un modo completamente
differente. James Brown Live at
The Boston Garden è semplicemente uno show musicale tra-
smesso dal vivo in televisione per
coinvolgere la gente e fermare le
rivolte dopo le famose Watts Riots.
Ed ha funzionato! Davvero pochi
hanno avuto quella fermezza e
quel rispetto. La musica suonata in
quel concerto viene da un altro pianeta. Semplicemente incredibile!
Come tutta la sua band! Clyde
Stubblefield è il batterista più imitato (lui è il Funky Drummer).
Amo James Brown. Siamo anche
stati la sua spalla un po' di tempo
fa. Sono orgoglioso di dirlo.
SF: The Brand New Heavies
hanno iniziato la loro carriera
dando più importanza alla linea
musicale piuttosto che a quella
vocale. Dopo alcuni anni di attività avete iniziato ad incidere
album con molti cantanti in
aggiunta di N'Dea. Come questo
modo di registrare ha cambiato la
vostra relazione tra voce e strumenti?
TBNH: Essenzialmente noi siamo
una band strumentale, ma amiamo
anche la voce. Dal vivo suoniamo
ancora brani esclusivamente musicali e intendiamo pubblicarne
alcuni sul nostro prossimo album.
Creiamo groove che sono - si spera
- belli da ascoltare e che suonino
bene anche con una voce sovraincisa.
SF: L'arrivo di N'Dea e la sua
uscita dalla band hanno cambiato
il vostro modo di essere The Brand
New Heavies?
TBNH: Beh, lei ha fatto crescere
la band e la ha aiutata a raggiungere più persone. Tuttavia
abbiamo continuato a provare
delle jam session prima e dopo il
suo arrivo e avevamo già lavorato
con altri cantanti, così siamo rimasti gli stessi! Peter Gabriel ha
lasciato i Genesis, ma i membri
rimanenti della band si sono riorganizzati per continuare il loro
lavoro. Ma non è un grande esempio, anche se li amo!
SF: Nel vostro percorso musicale
da sempre date molta importanza
alle jam session. Come iniziano?
Qual è il prodotto che avete tra le
mani quando uscite dallo studio?
Cos'è più importante quando registrate: la session perfetta o
l'editing?
TBNH: Per me la session perfetta
è da incidere o registrare assolutamente dal vivo, con poche sovraincisioni. In questo modo credo che
si possa catturare l'energia, che
forse è ciò che la gente cerca nella
nostra musica. The Heavies sono
in grado di suonare, allora perché
editare? Ci sono molte persone che
sanno far ciò e davvero bene. Con
un'altra band, gli Akimbo, registriamo solo ciò che è suonato dal
vivo, anche i brani che poi saranno
pubblicati sull'album. Semplice
divertimento, senza pensare a ciò
che concerne le vendite.
SF: Quale album amate di più?
TBNH: Ci sono diverse parti di
ogni album che conserviamo in un
piccolo cassetto della memoria.
Improvvisare su Brother Sister e
cantare con N'Dea per tanto tempo. Incidere qualche pazzo assolo
di tastiera sul primo album… ci
sono tante cose che ricordo con piacere che abbiamo fatto insieme
durante le registrazioni degli
album: suonare nei club prima
dell'avvento della musica house,
ballare, uscire spesso insieme. Una
volta indossavo un basso e una chitarra appesi al mio collo e suonavo
dei “boom” sul basso e dei “na na
na” sulla chitarra… I ragazzi corsero nella stanza e quella jam
divenne una canzone chiamata
Fake. Siedah Garrett era così
divertente in sala di registrazione
così come nella vita.
SF: Com'è la relazione tra gli Heavies e l'Italia?
TBNH: Non dite al contadino
quant'è buono il cacio con le pere.
Il cibo è spettacolare! Avevo una
ragazza a Milano e venni per la
prima volta a Novembre pensando
stupidamente che l'Italia fosse un
paese caldo. Indossai una camicia
a fiori e dei pantaloni porpora a
zampa d'elefante tenuti su da una
cintura. Ragazzi, che freddo! Ero
solito andare alla Conchetta e in
tutti i negozi di usato - era davvero
carino. Non siamo stati abbastanza
in Italia, abbiamo suonato qui dal
vivo prima che N'Dea entrasse
nella band. Ho scoperto perché
l'insalata è così buona! Penso che
fu Nicola Conte a portarci in giro e
ancora lo ringraziamo. Mi piace
Mario Biondi. Mi sto organizzando per ritornare qui.
SF: Quali ascolti raccomandate ai
giovani? Quali sono gli album che
hanno influenzato la vostra
musica o che vi hanno dato una
diversa visione del mondo quando
eravate ragazzi?
TBNH: Ai musicisti raccomando
pienamente di suonare con altri
musicisti senza computer in sala.
Si impara l'interazione, la sincronia e il rispetto del tempo
d'esecuzione. Un buon fondamento per capire cose più difficili e
iniziare poi a usare i computer. Io
preferisco ascoltare musica suonata da band piuttosto che creata
da uno e due persone di fronte ad
uno schermo. Mi piacciono le
sfide - una band è qualcosa di duro
con cui vivere, così come è divertente ed espande la mente. Oggi
tutta la musica è disponibile su You-
Tube, allora si può ascoltare tutto
ciò che ci passa per la testa.
Quando ero giovane avevo meno
accesso alla musica, ma ora si può
ascoltare di tutto. Tuttavia mi
sento di consigliare Angels Egg dei
Gong, le discografie di Led Zeppelin e di James Brown, Early and
Later degli Earth, Wind & Fire, i
Genesis con Peter Gabriel alla
voce, Banging House, Lesbian
Swingbeat, Skrillex, Madeon e
l'antologia Hip Hop History - The
Good Bits. E molta altra musica
interessante che potrei citare.
SF: Quali sono i vostri progetti
per il futuro? Pensate di cambiare
il vostro stile musicale? O preferite continuare sulla strada che
avete già tracciato?
TBNH: Sto per terminare il mio
album da solista iniziato vent'anni
fa - musica funk rock con 3 pezzi à
la Jimi Hendrix/Cream, ma non la
stessa musica. Akimbo pubblicherà un nuovo LP molto presto a
seguito di On Top, album pubblicato poco tempo fa per l'etichetta
Acid Jazz. The Brand New Heavies stanno per rinascere: abbiamo
già un po' di cose pianificate per il
futuro e del materiale per ricominciare da capo.
Armando Di Leone
andreabraido
Viviamo in un'epoca musicale in cui si tende sempre più ad esaltare il prodotto commerciale, soprattutto quando questo ha la capacità di
manipolare i nostri cervelli facendoci pensare che un paio di accordi e qualche parola ad effetto rappresentino la svolta musicale degli ultimi
anni.
denunciapartenopea
Zulù ha detto basta alla droga, e si
spera non siano solo voci di corridoio. I 99 Posse ritornano. Era ora!
Cattivi Guagliuni è il titolo del
nuovo album che, pubblicato nel
2011, ha riscosso già tanto successo. La band napoletana ha chiesto
la collaborazione di numerosi
musicisti e gruppi italiani, tra cui
la Nuova Compagnia di Canto
Popolare, il celeberrimo Caparezza, Speaker Cenzou, Daniele Sepe
e Valerio Jovine, che si è esibito
anche a Guardia nella scorsa
edizione di Vinalia. L'album è
composto da 15 canzoni che non
hanno tutte un genere ben definito,
ma che spaziano dal raggae di Jovine, all'hip pop di Clementino e al
rap di Caparezza. Il singolo che
fino ad ora ha raggiunto più popolarità è l'omonima canzone, dal
ritornello orecchiabile e che
descrive la tipica famiglia napoletana nel rapporto genitori-figli.
Per quanto riguarda i temi, i 99
Posse raccontano con i loro pezzi
l'Italia di oggi, oppressa dalla crisi
e dalla mafia, costretta a fare salti
mortali per sopravvivere (espressone traducibile in napoletano con
Tarantelle pe campa', titolo di una
canzone dell'album). In una loro
intervista hanno dichiarato: «La
nostra ambizione con Cattivi
guagliuni è quella di fotografare il
momento che stiamo vivendo,
raccontare le storie di un'Italia che
perde terreno, lavoro e salario, ma
che prova anche a resistere e a
rilanciare la battaglia per i diritti e i
beni comuni, senza dimenticare le
guerre e le lotte contro la miseria e
i tagli imposti dal neoliberismo in
tutto il mondo». La critica ha
espresso il suo giudizio considerandolo come un album alternativo, ricco di generi musicali, che ha
saputo così accogliere un grande
numero di ascoltatori. Numerosi
sono già stati i concerti che hanno
tenuto quest'anno, tra cui l'ultimo a
Napoli il 18 maggio, all'evento Da
terrazzo a terrazzo, con la collaborazione della Redbull, in cui si
sono esibiti con i Motel Connection su due balconi della piazza
con la grande presenza degli
universitari della Federico II.
Cristina De Nicola
Siamo in errore quando ci rassegniamo a credere che in Italia gli
artisti talentuosi siano morti negli
anni d'oro della musica per non
tornare mai più. Andrea Braido è la
testimonianza effettiva che anche
dietro l'ennesima lagna proposta
da Laura Pausini ci siano musicisti
di talento. Braido ha collaborato
con i più considerevoli artisti
italiani in circolazione e tra questi
non passa inosservato il nome di
Vasco Rossi, ma può vantare
anche numerose collaborazioni
con i maggiori esponenti del panorama musicale internazionale,
come Marcus Miller e Frank
Gambale. È considerato uno dei
migliori chitarristi italiani degli
ultimi anni ed ha sviluppato un
suono ed uno stile così personali
da far riconoscere il suo vibrato
anche nei dischi più impensabili. I
redattori di Senza Filtro hanno
avuto la possibilità di intervistarlo
presso il MAMA'S MUSIC
STORE di Telese Terme, dove ha
tenuto una clinic in un'atmosfera
distesa e confidenziale, rispondendo con particolare entusiasmo
a tutte le domande in merito all'arte
di suonare la chitarra e fornendo
preziosi suggerimenti sulla sei
corde. Ringraziamo calorosamente i responsabili del MAMA'S
MUSIC STORE per averci
permesso ancora una volta di avvicinare un artista nel loro locale.
Senza Filtro: Lei ha iniziato come
batterista ed è anche pianista e
bassista. Che cosa l'ha spinta a
consacrare la chitarra come il suo
strumento prediletto?
Braido: Sicuramente per le sue
possibilità sonore rispetto agli altri
strumenti. E poi sicuramente per il
ruolo della chitarra stessa. Quando
ero batterista un po' mi dava fastidio quel posto nascosto che spetta
a chi suona la batteria, piuttosto
volevo stabilire un contatto più
diretto con il pubblico e la chitarra
mi ha dato questa possibilità.
SF: Lei suona la chitarra esclusivamente con le dita, riuscendo
comunque a ricreare le sonorità
del plettro. I grandi chitarristi che
hanno scritto la storia della
musica hanno in qualche modo
influenzato il suo modo così personale di suonare? Se sì, quali sono
stati?
B: Partirei da Hendrix per quanto
riguarda la chitarra elettrica,
Ritchie Blackmore, poi Jeff Beck,
amico di Nico Di Palo dei New
Trolls, che collaborò con loro allo
storico album Concerto Grosso. Si
tratta di un disco molto bello, dove
c'è un'atmosfera molto hendrixiana, ma anche molta classe. Poi per
quanto riguarda i chitarristi più
fusioneggianti ho ascoltato anche
John McLaughlin, Wes Montgomery. In pratica posso dire di averli
ascoltati quasi tutti.
SF: Quando e come ha capito che
sarebbe diventato “Big Boy”, uno
dei più virtuosi chitarristi degli
ultimi anni?
B: Penso che l'ambizione sia molto
importante, perché muove le
persone a raggiungere degli obiettivi; però il mio obiettivo primario
è sempre stato quello di riuscire a
suonare bene la musica, cercando
di migliorare sempre di più. Poi se
questo porta anche dei risultati,
così come il destino ha voluto per
me, che mi trovassi nel posto
giusto nell'occasione dove c'era
bisogno, allora è stato doppiamente bello. Non mi sono mai
posto il problema di diventare
famoso, anche se quando avevo 16
anni facevo la star davanti allo
specchio. Il mio obiettivo è ancora
quello di riuscire a domare la musica, visto che mi sento un eterno
allievo e nel campo della musica
non puoi mai sentirti arrivato. Ci
sono giorni che suoni da dio e
giorni che suoni abbastanza bene,
e per questo non si può mai
dormire tranquilli: bisogna sempre
sentire lo stimolo di crescere.
Basta che un giorno metti su un
disco di Stravinskij per sentirti
ancora dilettante.
SF: Tra le sue maggiori collaborazioni nel panorama pop italiano
può vantare quelle con Vasco
Rossi, Zucchero, Eros Ramazzotti,
Mina, Adriano Celentano. Quali
tra queste ritiene maggiormente
importanti per la sua crescita artistica?
B: Devo dire che lo sono state
tutte. In ogni esperienza sono stato
chiamato a essere me stesso in
prima persona. Per esempio, la
prima volta che suonai in studio
con Mina, perché lei ormai dal
vivo non cantava più, è stata
un'emozione fortissima, perché mi
ricordo che da bambino, quando
avevo solo 8 anni, sentivo cantare
Parole, parole, parole… e averla
in studio di fianco a me è stato
fantastico. Tutti sono stati importanti per me, anche perché credo di
aver lasciato in tutti loro il mio
segno, la mia impronta, e questo
per me è fondamentale.
SF: Cosa pensa della musica
italiana in circolazione e quali
sono gli artisti italiani che rientrano tra le sue preferenze musicali?
B: Penso che siamo fortunati ad
avere grandi artisti pop. Per esempio di recente sono stato al
concerto di Laura Pausini, con la
quale ho fatto 3 dischi, e l'ho
trovata bravissima, un'artista che
non ha nulla da invidiare alle
cantanti americane di quel genere.
La ammiro molto anche per la sua
semplicità, e purtroppo non è da
tutti. Non mi piace quando la
musica diventa uno scimmiottamento, per esempio non mi piace il
rap, che è tanto in voga ultimamente e che esagera nell'uso di
ritmi e parole: c'è una totale
assenza di armonia. Forse sono io
che sono vecchio, però a capire le
cose che succedono ci si mette del
tempo.
SF: Lei ha anche partecipato alla
realizzazione del brano Blust
contenuto nell'album Free del
bassista Marcus Miller. Ci
racconti di quest'esperienza e di
com'è nata.
B: Non sono uno che di solito
scrive ai musicisti per farsi pubblicità, ma in questo caso ho voluto
fare un'eccezione. Gli ho scritto in
maniera rispettosa e anche un po'
distaccata e lui mi ha risposto
subito dicendomi che gli sarebbe
piaciuto ascoltare altri pezzi
suonati da me. Così gli ho inviato
altro materiale, dopodiché mi ha
chiesto se volevo suonare un
assolo nel suo nuovo album e a
quel punto è stata una soddisfazione enorme. Poi ho suonato con
lui in jam session a Milano e mi
sono accorto che è un'artista che ha
conservato la sua semplicità e umiltà, nonostante possa essere considerato il bassista per eccellenza.
Mi ha anche ringraziato con una
telefonata per il mio contributo al
suo lavoro ed è da apprezzare,
perché spesso gli artisti pensano di
essere al centro dell'universo.
SF: Lei ha imparato a suonare la
chitarra da autodidatta. Che cosa
consiglia a chi si sta avvicinando
al mondo della chitarra e vuole
imparare a suonare?
B: Di amare la musica in primis
con una buona dose di ambizione,
se no non si va da nessuna parte,
ma allo stesso tempo di non
pensare esclusivamente al successo, perché alla fine chi rimane celebre nel corso degli anni è sempre
chi, innanzitutto, ha amato la musica. Quelli che hanno cantato “La
Macarena” non li ricorda più
nessuno, perché era tutto finalizzato alla fama, ma un disco di Joan
Baez o di Jimi Hendrix è immortale.
Melania Simone
GIUGNO 2012
Antonio De Nicola
tifoepidemico
calcioscommesse
«… Lì, sempre lì, lì nel mezzo, fin che ce n'hai stai lì ,stai lì…», recita così
una celebre canzone di Luciano Ligabue, che con questa frase centra in
pieno l'esempio del vero calciatore e sportivo, che si impegna fino allo
stremo delle sue forze per raggiungere i massimi risultati.
Il calcio è lo sport più seguito nel nostro paese. È uno sport dalle possibilità economiche enormi, in cui sono coinvolte persone e lavoratori di
tutti i tipi. Col calcio guadagnano un po' tutti: giocatori, allenatori, presidenti, sindaci, fotografi, giornalisti, giardinieri, magazzinieri, autisti,
albergatori, cuochi, camerieri, cameraman… e chi più ne ha più ne metta. Ma questi soldi da dove vengono, se non da contributi che i tifosi
elargiscono solo per il piacere di vedere le prodezze della propria squadra del cuore…?
Alla base di tutto ci sono milioni e
milioni di persone normali che per
soddisfare l'amore e l'interesse per
le proprie rispettive squadre spendono, acquistando biglietti, abbonamenti, maglie originali, tute e
poi quotidiani, libri, televisioni,
abbonamenti televisivi ecc. ecc.
Persone di questo tipo vengo chiamate da moltissimi anni a questa
parte “tifosi”. Il tifoso è in grado
persino di indebitarsi, pur di
seguire la propria squadra ovunque, in casa e in trasferta, proprio
perché prova nei confronti di
quella determinata maglia e di
quei determinati colori un sentimento paragonabile all'amore, e
ovviamente si “affeziona” a
coloro che la indossano e la
onorano nel miglior modo. Ci
sono dei tifosi un po' particolari,
però, diversi dagli altri, perché più
sanguigni, più viscerali e spesso
violenti; sono quelli che spesso
occupano le curve e che intonano i
cosiddetti cori. Tutti noi li conosciamo come Ultras e ne parliamo
a volte anche a sproposito, accusandoli sempre senza sapere chi in
realtà siano e quali ideali li rappresentino. I fatti di Genova del 22
aprile 2012 hanno scatenato un
polverone mediatico rivolto
contro questa categoria. Quel giorno, durante la partita tra Genoa e
Siena disputatasi al Marassi,
quando il punteggio era 0-4 a
favore dei toscani, gli Ultras del
Genoa hanno bloccato la partita,
costringendo i giocatori della loro
squadra a togliersi la maglia
perché non degni di indossarla.
Dopo che il capitano rossoblù
Marco Rossi e Giuseppe Sculli,
altro giocatore del Genoa, hanno
discusso con i tifosi, si è ripreso a
giocare e la partita, per la cronaca,
è terminata col risultato di 1-4.
Ciò che si è potuto dire su quelle
persone in quei giorni non ha conosciuto limiti e solo chi è simile a
loro, almeno nel modo di amare
una squadra, ha potuto comprenderli. Il meccanismo scattato nella
testa di queste persone non è difficile da capire: probabilmente
hanno visto dei ragazzi che, grazie
a loro, in un mese guadagnano
cifre che persone normali non
guadagnano nemmeno in un anno
intero, e che in campo non mettevano l'anima, il cuore, che è l'
unica cosa che un Ultras chiede.
Non era il risultato in sé per sé a
farli urtare, ma l'atteggiamento dei
giocatori, che era di quel tipo da
diverse partite a questa parte. Per
quei tifosi, vedere la maglia da
loro tanto amata indossata da
persone che non ne capivano
l'importanza è stata una sofferenza e per questo hanno
compiuto quell'atto, che resta
brutto e violento, se non fisicamente almeno moralmente, ma
non del tutto ingiustificabile. Con
ciò non voglio certo alleviare
l'entità di quanto gli Ultras hanno
fatto in passato, perché le tragedie
che li vedono coinvolti sono numerose: nell'89 un tifoso di nome
Antonio De Falchi viene ucciso da
un gruppo di Ultras milanisti solo
perché romanista; nel 95 il 24enne
tifoso genoano Claudio Vincenzo
Spagnolo, detto “Spagna”, perde
la vita in seguito a una coltellata al
cuore rifilatagli da un 18enne
ultras rossonero. Nel 2003 Sergio
Ercolano, tifoso del Napoli, cade
dal secondo anello dello stadio
Partenio di Avellino dopo una
carica della polizia, qualche ora
dopo muore nonostante i tentativi
di rianimarlo. Il 2 febbraio 2007
Filippo Raciti, ispettore di Polizia,
viene ucciso nei dintorni dello
stadio Massimino di Catania da
una bomba carta lanciata da un
tifoso; l'11 novembre di quello
stesso anno Gabriele Sandri,
tifoso laziale, viene ucciso nei
pressi di un autogrill da un poliziotto in seguito a degli scontri.
Infine, il 30 marzo 2008, Matteo
Bagnaresi, tifoso del Parma,
muore dopo essere stato investito
da un pullman di tifosi juventini…
Lo sport non può essere questo,
non può essere violenza e morti,
ma se si riuscisse a porre fine a
questi atti, in un calcio macchiato
da scommesse, partite truccate,
doping, giocatori strapagati che
spesso si rivelano come mercenari
e che è diventato ormai uno sport
consumista e schiavo del prepotente ingresso della televisione,
gli Ultras ne sarebbero l'unica
parte pura.
A volte, però, il destino non è dalla
loro parte, l'impegno e i sacrifici
fatti fino a quel momento possono
vanificarsi in un solo attimo, che
potrebbe essere anche l'ultimo
della loro esistenza. Quanto accaduto qualche settimana fa a Piermario Morosini, il venticinquenne
giocatore del Livorno Calcio, fa
pensare al vero valore della vita,
spesso sottovalutato o visto come
qualcosa di scontato.
Semplice e tranquilla partita di
campionato, 30-esimo della prima
frazione di gioco, Morosini cade,
si rialza, qualche metro e poi ricade. Purtroppo non si rialzerà più.
La sua vita finisce lì, stroncata da
un improvviso malore che non gli
dà scampo. Subito scattano i
soccorsi, ma per lui ormai non c'è
più nulla da fare. Il dolore del
mondo del calcio è immenso,
partite sospese a data da destinarsi,
solidarietà da tutta Europa per un
così tragico accaduto. Episodi del
genere sono sempre più frequenti
in tutto il panorama sportivo.
Piccolissimo passo indietro allo
scorso febbraio: Fabrice Muamba,
giocatore del Bolton, sviene in
campo colto da un improvviso
malore. Lotta per giorni tra la vita
e la morte; si risveglierà dal coma
qualche settimana dopo, segnato
però da lievi problemi di memoria.
Lui stesso si definisce “un miracolo vivente'', prendendo atto del
rischio corso. Si parla addirittura
di un suo probabile ritorno sui
campi di gioco. Malore improvviso, con un finale purtroppo diverso, anche per Ivan Bovolenta,
pallavolista trentasettenne, ex
stella della nazionale di volley
azzurra, che sul campo del Macerata cade improvvisamente al
suolo, senza più rialzarsi.
Gli specialisti attribuiscono
spesso la causa di tutte queste
improvvise morti ad un “corto
circuito” del cuore che, senza un
plausibile motivo, smette di battere. La certezza che tutto ciò possa
non accadere più non si potrà mai
avere, ma, come in tutte le cose,
l'unica arma che si ha per combattere è una maggiore e accurata
prevenzione.
Gabriele Di Marzo
Libero Antonio De Nicola
formula1
fantasticajuve
Dopo le presentazioni della nuove monoposto delle varie scuderie, dopo gli innumerevoli test invernali
che sono serviti, nel caso in cui ce ne fosse stato bisogno, ad apportare modifiche alle nuove macchine, è
iniziato il campionato di Formula 1 2012.
Chi si aspettava una Ferrari
competitiva ai massimi livelli,
pronta a lottare fin da subito per
vincere ogni gara, o quantomeno
ottenere un buon piazzamento con
le due monoposto, è stato fortemente deluso. La Ferrari 2012 è
apparsa subito sotto tono già dai
testi invernali: prestazioni mediocri, scarsa aerodinamicità, velocità di punta al di sotto dei 300km.
Tutti questi dati negativi si sono
poi riconfermati nelle prime gare
della stagione, infatti la Rossa non
è apparsa mai competitiva in
queste prime gare. Durante la
prima prova della stagione, in
Australia, nelle qualifiche la Mclaren di Hamilton ha conquistato la
prima fila; la gara, invece, ha visto
vincere l'altra Mclaren, quella di
Button. In Malesia, nelle qualifiche si è riconfermato Hamilton,
che in questa prima gara ha sfruttato al meglio le caratteristiche
aerodinamiche della sua monoposto. Ma nella gara, dopo un
acquazzone che ha costretto i
commissari a interrompere la
corsa, ha visto una vittoria
inaspettata la Ferrari di Fernando
Alonso, che ha sfruttato i vari
errori dei piloti per inserirsi nella
prima posizione e mantenere la
testa della gara per tutta la corsa.
Nella terza gara, in Cina, la
Mercedes di Nico Rosberg ha
conquistato la prima fila e in gara
con molta personalità è riuscito a
mantenere il primo posto (questa è
stata la prima vittoria in Formula 1
per Nico Rosberg). La quarta gara,
in Bahrain, che ha concluso il tour
Asiatico, ha visto come protagonista la Red-Bul del campione del
mondo in carica Sebastian Vettel,
che dopo aver vinto le qualifiche
si è riconfermato in gara.
In queste prime gare la Ferrari ha
ottenuto prestazioni mediocri e al
di sotto delle aspettative, ma nella
quinta gara, a Barcellona, la
Ferrari ha apportato nuove e
opportune modifiche alla monoposto, e dopo un'ottima qualifica
Fernando Alonso si è classificato
secondo. A Montecarlo, nelle
qualifiche le rosse di Alonso e
Massa si sono piazzate rispettivamente in sesta e settima posizione
(in questo gran premio Massa ha
ottenuto il miglior piazzamento in
griglia della stagione), mentre in
gara, con un ottima strategia,
Alonso è riuscito a conquistare il
terzo posto, che gli ha permesso di
raggiungere il primo posto in classifica nella categoria piloti.
Pasquale Gillo
Sei, sette anni fa la vittoria del campionato da parte della Juve non avrebbe fatto notizia più di tanto, visto
lo strapotere da sempre dimostrato dal club torinese.
E invece il 6 maggio 2012, vedere
la Juventus prima in classifica con
81 punti e zero sconfitte, a più 4
sul Milan, con una giornata dal
termine del torneo, conquistando
il ventottesimo scudetto fa notizia
eccome. Perché la Juve dopo “Calciopoli” ha faticato per ritornare la
squadra che era, in grado di dominare i vari campionati grazie ai
tanti campioni che negli anni si
sono succeduti nel suo organico.
Sembrava la solita stagione dai
tanti buoni propositi, che a fine
anno si trasformavano in amare
delusioni, e invece quest'anno
tutto è cambiato. Nuovi giocatori,
Pirlo su tutti, un nuovo allenatore
che ha cambiato il modo di giocare
e di affrontare le partite da parte
dei suoi giocatori e un nuovo
stadio, forse l'arma in più di questa
stagione. Tutto è andato per il
meglio, tutti i giocatori hanno dato
il massimo e hanno reso anche più
di quanto si poteva immaginare,
grazie a uno stadio sempre pieno,
che spingeva i propri giocatori a
dare sempre il 100%. È lo scudetto
che ripaga tutti coloro che hanno
sempre creduto nella Juve: dai
giocatori simbolo (Buffon, Del
Piero) che non l'hanno abbandonata neanche nella stagione della
serie B, ai tanti nuovi giocatori che
sono arrivati quest'anno e che
hanno creduto nel progetto. È lo
scudetto di quei tifosi che hanno
esultato allo stesso modo per il gol
di Vucinic col Cagliari e per quello
dei bianconeri contro il Rimini nel
lontano 2006. Eppure i motivi per
abbandonare la squadra c'erano,
dopo i sei anni senza trofei caratterizzati da tante sconfitte, che
hanno umiliato uno dei club più
titolati al mondo. Ma i veri tifosi
sono coloro che sono in grado di
soffrire e gioire allo stesso tempo
insieme alla propria squadra.
Questo è uno scudetto che chiude
un cerchio fatto di tante polemiche
per i due scudetti vinti sul campo e
revocati nell'era Calciopoli. La
Juventus è tornata, forse ancora
più forte di prima, e questa è una
notizia che dovrebbe fare piacere
non solo ai tifosi della Juve, ma a
tutti gli amanti del calcio, che
potranno assistere di nuovo a
campionati entusiasmanti e non
caratterizzati da un'unica squadra
più attrezzata che non ha rivali al
suo livello.
Bentornata Juve!
Angelo Mancini