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Allarme suicidi Telesi@ addio SF e l’acid jazz La crisi strozza più dell’usura e gli italiani sembrano volersi arrendere. Aumentano i casi di suicidio. L’intervista al sindaco di Guardia Sanframondi che motiva il provvedimento di distacco del liceo di Guardia dal Telesi@ Un incontro davvero inaspettato quello con Simon Bartholomew, il chitarrista dei Brand New heavies. A pagina 5 A pagina 9 A pagina 11 Anno IV - N° 13 / giugno 2012 macerieitaliane competenzeacquisite Il terremoto in Emilia L a forza distruttrice della natura non smette mai di sorprenderci. In Emilia le case e le industrie sono ridotte in cumuli di macerie, la gente ha paura di mettere piede dentro casa. Da giorni la terra continua a tremare, impedendo di ripristinare la normalità. Dal giorno del primo terremoto, nella notte fra sabato 19 maggio e domenica 20 maggio, a quello di martedì 29 sono morte più di venti persone; nell'ultima scossa violenta il bilancio si è ulteriormente aggravato, visto che gli ultimi dati parlano di altre diciassette vittime, tra cui numerosi operai morti nel crollo dei capannoni delle aziende in cui prestavano servizio. Questi fabbricati, tutti in acciaio, sono venuti giù come torri di carta, senza opporre alcuna resistenza alla forza del terremoto. La faccenda fa già discutere, e a breve non sarà facile trovare una spiegazione. La parte colpita dell'Emilia già nel 2005 era stata dichiarata “zona a rischio sismico”, ed erano stati erogati fondi per la messa in sicurezza delle strutture, tanto di quelle moderne quanto di quelle appartenenti al patrimonio artistico, che in Emilia testimonia l'antico splendore della società rinascimentale italiana. A quanto pare, però, non è servito a molto e forse in tanti si staranno chiedendo come siano stati spesi quei soldi. La domanda, con molta probabilità, non troverà mai una risposta, forse perché in Italia siamo abituati a situazioni del genere, in cui tutto scorre e noi rimaniamo a tacere. Se il primo terremoto aveva destato segnali di allarme, perché non si è disposta una verifica strutturale di tutti gli edifici industriali della zona? È vero che a causa della crisi le piccole aziende non possono permettersi momenti di pausa, ma ce ne corre dall'anteporre gli interessi economici alla sicurezza sul posto di lavoro. Inoltre i danni economici all'intera zona sono costati oltre due miliardi di Euro e per anni, forse decenni, sarà difficile ripristinare la situazione esistente prima del terremoto. inquestonumero In attesa di Rebetiko Gymnastas, il nuovo album che dovrebbe uscire a giugno, il cantautore incontra il Sannio per la Giornata Mondiale dell’Acqua. Coinvolgente la sua lectio magistralis sul valore dell’acqua. Non capita spesso di trovarsi faccia a faccia con uno degli artisti più rappresentativi della musica d’Autore contemporanea. Vinicio Capossela è uno di quei creativi che, ad ogni lavoro pubblicato, hanno ricevuto riconoscimenti di ogni sorta. La Targa Tenco, ad esempio, è toccata quasi ad ogni suo disco, il che non è cosa da poco. Avvicinarlo per una intervista, dunque, oltre che per la sua breve ma profonda conferenza, è stato molto più che emozionante. Simpatico quanto mai, imprevedibile, surreale, ma anche drammaticamente vero, Capossela si concede volentieri alle domande di Senza Filtro, partecipe all’importante iniziativa promossa dalla Provincia di Benevento, conclusasi con la cerimonia di premiazione dei lavori per il concorso Dimmi Tiresia, togli la sete,il 22 marzo a Benevento, in presenza degli assessori Annachiara Palmieri e Gialuca Aceto. A pagina 3 inquestonumero Le elezioni in Europa È forte e deciso il desiderio di cambiamento avvertito dagli elettori francesi, tedeschi e greci. Ma basterà per assicurare all’Europa un assetto più stabile? A pagina 4 Il trionfo dell’antipolitica In calo il PdL, in declino la Lega, in crisi costante di identità la sinistra ed i suoi variegati colori. Si afferma non un partito, ma un movimento. A pagina 2 Cosa avevo da dire di tanto importante? Vediamo un po', niente di nuovo. Che la vita è difficile lo sapevano già tutti, che il mondo fa schifo, anche; che siamo noi gli artefici del nostro destino e che non dobbiamo mai arrenderci… Sì sì, cose vere senz'altro ma già dette. Trite e ritrite. Insomma, niente di interessante! E allora? E allora ribadiamo alcuni concetti, così, tanto per non dimenticarli... Punto primo: le cose vanno sempre dette quando le si pensa, senza rimuginare troppo. Perché poi il tempo per dirle non lo trovi più, oppure non le puoi proprio dire più. E a quel punto che cosa te ne fai? E come convivi con il peso che, se le avessi dette, qualcosa sarebbe andata diversamente? Il momento perfetto per farle non c'è mai. Può essere più o meno opportuno, ma mai quello perfetto. Le cose vanno dette e vanno fatte perché noi possiamo cambiare, stravolgere e risollevare la vita ad una persona quando meno ce lo aspettiamo. E poi non c'è niente di peggio del rimpianto, niente di peggio del dubbio che si poteva cambiare, che si poteva aiutare. Punto secondo: quello che gli altri dicono va ascoltato. Ognuno può insegnarci qualcosa, può aprirci gli occhi così da poterli rivolgere al mondo in un modo differente. Anche colui che a noi appare il più vile tra gli uomini può aprirci gli occhi su quello che noi non vorremo mai essere. Perché l'altro va ascoltato, va supportato, va aiutato. Cosa saremmo noi senza l'altro? Non siamo autosufficienti. [E qui ve ne prego, concedetemi una divagazione tra parentesi quadre per spiegare che AUTARCHIA non è sinonimo di AUTOCRAZIA. La prima è l'indipendenza di un sistema economico dall'esterno, mentre la seconda è una forma di governo in cui un singolo individuo detiene un potere illimitato]. Punto terzo: la fiducia. Non c'è niente di più doloroso di una fiducia tradita, ma non c'è niente di più meraviglioso di una fiducia riposta nel modo migliore. Punto quarto: l'amore è l'unica cosa che resta. Perché non c'è niente di più importante del donare amore, niente di più bello di un abbraccio pieno d'amore. Perché oltre il tempo e le stagioni ci rimane solo l'amore. Punto quinto: l'amore è libertà. Perché amare noi e gli altri ci dà il brivido più bello, quello della libertà. Perché amare significa lasciar la libertà di scegliere. Perché amare vuol dire anche lasciare andare via. Andare altrove. Perché l'amore lascia la libertà all'altro di essere nonostante noi, nonostante quello che noi vorremmo. Punto sesto: il perdono è il più grande atto di coraggio. Un ritrovato amore dopo un perdono è qualcosa che va oltre. Punto settimo: l'odio uccide. Come la rabbia ci cresce dentro come un tumore. Ci brucia e ci consuma. Non ci fa più vivere (e se sono convinta di questo devo ringraziare qualcuno). Punto ottavo: si incontrano tante persone che non ci capiscono, che ci sottovalutano, che ci fanno a pezzi l'autostima o che, al contrario, ce la gonfiano troppo; ma non importa. Quello che conta è che noi ci capiamo, che a non sottovalutarci o sovrastimarci siamo noi. Perché dobbiamo scucirci di dosso le etichette che gli altri ci impongono. Perché noi siamo meravigliosi anche se qualche volta falliamo, anche se qualche volta riusciamo contro ogni aspettativa (anzi, lo siamo di più). Punto nono: uccidere o ucciderci è semplice. Non c'è niente di più bello che amare gli altri, ma bisogna conservare la consapevolezza che gli altri a piccole dosi possono ucciderci, se non siamo noi i primi ad amare noi stessi. Senza escludere, in ogni caso, che noi a piccole dosi potremmo star uccidendo qualcuno. Punto decimo: le scelte, per quanto oculate possano essere, non devono mai essere irreversibili. Una decisione irreversibile altera sempre l'entropia dell'universo, e uno il margine di errore, di ripensamento, deve sempre concederselo. Punto undicesimo: vivere schiavi dei desideri non rende mai felici. Perché “per essere pienamente umani bisogna cercare di vivere secondo le nostre idee ed i nostri ideali, non certo misurando la vita in base a quanto avete raggiunto di quello che desideravate, ma in base ai piccoli momenti di integrità, compassione, razionalità, a volte anche di sacrificio. Perché alla fine, se vogliamo davvero misurare il significato della nostra vita, dobbiamo dare valore alla vita degli altri.” (The life of David Gale – Alan Parker) Enza Iadarola GIUGNO 2012 2 Melania Simone sorpreselettorali morireascuola Sale il consenso a sinistra, ma non si comprende ancora se per idee condivise, o per la perdita di certezze a destra. In crisi il PdL, in caduta libera la Lega, più distante da Roma per l’eleganza comunicativa, più vicina alla ladrona da sempre condannata. Sorprende il Movimento 5 stelle, con la proclamazione del sindaco di Parma. Le elezioni amministrative del 6 e 7 maggio, e i relativi ballottaggi del 20 e 21, hanno clamorosam e n t e segnato u n a svolta nelle preferenze dei 9 milioni di italiani residenti nei 26 capoluoghi, tra cui Como, Monza, Verona, Genova, Parma, Frosinone, L'Aquila, Lecce, Agrigento, Palermo, e nei 941 comuni chiamati al voto. Il primo dato a suscitare amarezza è stato purtroppo la conferma della sempre minore affluenza di elettori (poco più della metà degli aventi diritto), tendenza costante negli ultimi anni. I risultati, invece, sono stati inaspettati. Ecco come ne sono usciti i partiti protagonisti: - PdL: in seguito alla caduta del Governo Berlusconi, quello che pareva essere ancora il maggior partito in Italia dà forti segni di crisi. Appesantito dal fardello di essere la causa dell'ascesa del Governo Monti, con i conseguenti provvedimenti economici in stile "lacrime e sangue", è stato opportunamente penalizzato dagli elettori. Le elezioni sono state una debacle: gli unici capoluoghi conquistati al primo turno sono stati Gorizia, Lecce e Catanzaro e solo 3 su 11 ai ballottaggi, Trapani, Trani e Frosinone. Attorno al partito si avverte l'urgente bisogno di aria di rinnovamento, poiché in molti pensano che con queste amministrative termini un'era, sebbene i soliti tentino comunque di sminuire e mistificare l'evidenza. «I risultati sono al di sopra delle mie aspettative. Ora che c'è il festival dell'antipolitica, pensavo ci fosse un'affluenza più bassa e più penalizzante per noi» (cit. Silvio Berlusconi). - PD: il partito di centrosinistra è quello che ha ottenuto maggiori profitti, vincendo a mani basse in 15 capoluoghi tra primo turno e ballottaggi, anche grazie ad opportune alleanze con l'UdC. Simili successi fanno gioire, «Senza se e senza ma abbiamo vinto le elezioni amministrative 2012» (cit. Pier Luigi Bersani), e sperare in una ritrovata fiducia dei cittadini in un partito che non ha mai trovato coesione e che continua, però, a non averla. I dissidi interni sono parecchi, a cominciare dalla messa in dubbio della validità del Segretario di partito. Insomma, nonostante un minimo di coesione in fondo vi sia, seppur più ideologica che effettiva, in molti paventano un successo giunto non per merito, ma per mancanza di alternative. - Lega Nord: il partito di Umberto Bossi ha subito un completo tracollo, peggiore persino della sconfitta del PdL. Non poteva essere altrimenti: dopo aver rifiutato più volte di ripristinare l'alleanza con Berlusconi, Bossi e gran parte dei membri più illustri (Renzo Bossi, Rosi Mauro, Francesco Belsito) hanno subito ciò che a loro detta non è che un "complotto", ovvero l'inchiesta sul furto dei fondi pubblici del partito. La perdita di influenza del motto "Roma ladrona" ha fatto sì che la Lega vincesse al primo turno solo nella roccaforte Verona, dove la perdita di consensi è stata arginata dall'oculata amministrazione Tosi, e perdesse 7 comuni su 7 al ballottaggio. - M5 Stelle: fondato nel 2009 dal comico Beppe Grillo, è stato per un po' l'oggetto non-identificato della politica italiana, rifiutando l'etichetta di partito politico e preferendo quella di "movimento di liberi cittadini per un'Italia a 5 Stelle", fino ad ottenere la prima clamorosa affermazione in queste elezioni. Il "non-partito" è riuscito ad imporre nel capoluogo di Parma il proprio candidato Federico Pizzarotti al secondo turno, superando l'antagonista del PD. Il successo del movimento ha scatenato il panico tra i politici "vecchio stampo", che non avevano mai preso in considerazione la possibilità di un tale exploit, ora temuto anche in vista delle future elezioni politiche. Sono piovute critiche su Grillo, accusato di non fare politica, ma demagogia, oltre ad essere solo un "urlatore" e non avere le giuste credenziali per amministrare un partito (dimenticandosi che nel Parlamento italiano hanno figurato personaggi ben più "controversi" di un comico...). Tuttavia i dubbi sulla gestione della città di Parma sono molti, derivati dal fatto che Grillo si è mosso sempre e solo in opposizione ai partiti canonici, non proponendo un programma alternativo concreto, e amplificati dai primi attriti nel movimento. In una delle prime interviste da sindaco, Pizzarotti ha voluto precisare «Ho vinto io, non Grillo», affermazione in cui i cosiddetti "grillini" hanno intravisto il tradimento. La risposta di Grillo «A Parma non ha vinto Pizzarotti, ma i cittadini» ha placato temporaneamente le ostilità. In ogni caso non si può certo considerare un buon inizio di amministrazione. Quello che si è potuto evincere è, dunque, che in fondo la politica italiana continua a ristagnare e a peggiorare a causa di vecchi dinosauri, che non vogliono estinguersi malgrado apparenti nuovi figuri, che hanno troppo in comune con i vecchi. Ciò a scapito dell'apparente fervore che sta assalendo i partiti tra disgregazioni, nuove coalizioni e false rifondazioni. Così, in fin dei conti ci accorgiamo che sebbene tutto scorra, ben poco cambia in quel sistema chiuso rappresentato dalla casta dei politici, senza idee, ma fossilizzata sui proprio interessi. Gianluca Morone Umberto Bossi fondò la Lega Nord in nome di quegli stessi principi che sventolava dall'alto della sua onestà politica e che oggi si rivelano per quello che sono: nient'altro che promesse da propaganda accompagnate da pernacchie e parolacce, sostenendo che la Lega voleva somigliare al popolo, quasi a voler dire che il popolo fosse indecenza e volgarità. B ossi e i suoi scagnozzi approfittarono della "crisi delle ideologie" e dell'abdicazione della sinistra a svolgere il proprio ruolo storico di rappresentanza dei ceti popolari, candidandosi come portavoce della piccola imprenditoria e di tutti coloro che si sentivano schiacciati (oggi come allora) dal peso di un fisco iniquo. Puntando sul risentimento del Nord, sulla storica spaccatura del nostro Paese, su un feroce razzismo antiimmigrati, sulla nausea di un popolo stanco di fronte all'ennesimo caso di corruzione e incapacità dei partiti, Umberto diede vita ad un partito che oggi si dimostra corrotto al pari e, per certi aspetti, anche più degli altri, provocando lacerazioni profonde sul piano culturale e materiale di un'intera nazione. A 23 anni dalla nascita della Lega Nord, il senatore Umberto Bossi è indagato per truffa ai danni dello Stato in concorso con l'ex tesoriere Francesco Belsito. L'iscrizione per l'ex segretario del Carroccio e ora presidente è relativa ai rimborsi elettorali incassati dalla Lega nel 2010 con i relativi rendiconti del 2011, per una modica cifra di 18 milioni di euro. Nel registro degli indagati sono stati iscritti anche i figli del Senatur Renzo e Riccardo per appropriazione indebita, reato relativo alle spese personali, che sono state sostenute per i due ragazzi con i soldi del partito. Secondo gli inquirenti i due ricevevano una paghetta da 5 mila euro al mese. Già, una "paghetta". Dalle fantomatiche lauree al prezzo di 120 mila euro pagabili in comode rate, passando per le visite cardiologiche e le svariate cure mediche, per finire con un'elegante Audi A6: sono questi alcuni fra i tanti investimenti che il partito ha supportato con i finanziamenti pubblici. Morale della favola: c'è una famigliola con il figlio-caso umano che non riesce nemmeno a prendere il diploma; la moglie spinge il figlio nell'azienda di famiglia, perché il padre non scoppia di salute e dunque meglio è prevenire mettendo quattro ormoni giovani ad occupare la postazione. Peccato che un partito non sia un'azienda e non produca denaro. I soldi sono gentilmente concessi dallo Stato ed è risaputo che lo Stato siamo noi. E ancora, non c'è due senza tre, perché oltre alle accuse di truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita esiste una terza accusa legata al riciclaggio, secondo la quale ci sarebbero stati dei trasferimenti anomali di denaro da Cipro alla Tanzania, con il coinvolgimento di un faccendiere sospettato di essere immischiato nei loschi affari della 'ndrangheta. A tal proposito ricordiamo come prima delle inchieste e delle conseguenti accuse, già Roberto Saviano dichiarava l'anno scorso nel celebre programma Vieni via con me che la mafia stabilitasi al Nord aveva cercato di “interloquire con la Lega”. Dopo tali dichiarazioni, il Carroccio sollevò una bufera, sentendosi pubblicamente offeso e vantandosi della propria indubitabile incorruttibilità. Altro che "Roma ladrona", verrebbe da pensare. Ma una possibilità di riscatto per quest'Italia dannata può esserci soltanto se smettiamo di sperare in modo sterile, se cominciamo ad usare il nostro diritto al voto per fare in modo che una storia così triste non si ripeta. Lotta alla corruzione, affermazione in concreto del principio dell'unità e della coesione nazionale, lotta al razzismo in tutte le sue forme, affermazione della democrazia dei territori costituiscono le migliori garanzie che, dopo la triste parabola di Umberto Bossi, non ci sia più alcuno spazio in futuro per formazioni analoghe a quella che egli stesso costituì poco più di venti anni fa, di cui è oramai dimostrata non solo la nocività, ma anche la profonda omogeneità alla partitocrazia nelle sue forme più deteriori. Melania Simone Aveva solo sedici anni Melissa Bassi, la studentessa uccisa davanti alla scuola dallo scoppio di bombole, la stessa età delle altre sei ragazze ferite gravemente dal medesimo ordigno. Questo è l'orribile bilancio dell'attentato alla scuola Morvillo-Falcone di Brindisi di sabato 19 maggio. Sembra che non si tratti di un attentato ordinato dalla mafia, poiché a poche ore dall'accaduto sono state prese in esame delle immagini di una telecamera di sicurezza nei pressi della scuola: l'uomo ritratto avrebbe agito da solo. A quasi una settimana dall'attentato gli investigatori ancora non sono riusciti ad individuare l'attentatore, le cui immagini, dicono, potrebbero risultare così sgranate per l'impiego di un distorsore, cioè di uno strumento che serve a creare disturbi ai dispositivi elettronici presenti nella zona. Eppure continua ad essere forte il pensiero che il criminale sia stato mandato in quel luogo su commissione, anche se nessuno crede sia possibile. Nonostante queste notizie siano state riportate dalla maggior parte dei giornali italiani, il neosindaco Mimmo Consales ritiene che sono troppe le coincidenze venutesi a creare: è stata colpita proprio la scuola intitolata alla moglie di Falcone a quasi vent' anni dalla scomparsa del magistrato, “è stata colpita la scuola, gli studenti, i giovani, proprio i giovani che dalla Sicilia alla Calabria alla Puglia hanno costituito l'elemento più forte di rifiuto della cultura mafiosa di guerra e di morte”. L'indagine incessante degli investigatori al momento non porta a nulla di concreto, a nessun dato incontrovertibile. Bisognerebbe spostare il raggio d'azione su altre zone! Sarebbe sicuramente più opportuno, almeno per ora, tralasciare la mafia e indagare su tutti gli uomini di quell'età e con quelle descrizioni fisiche, presenti nella regione Puglia, che più o meno corrispondono al “protagonista” del video. Questa sarebbe già un'ottima base di partenza per avvicinarsi alla verità. Intanto il 21 maggio è stata portata una persona in procura per i controlli che si stanno svolgendo e in poco tempo sui siti Internet è rimbalzata la notizia che quell'uomo fosse l'attentatore. L'uomo ha detto di essere stato sempre tranquillo, poiché aveva la coscienza in pace. Tuttavia tali accuse, mosse su basi alquanto incerte, risultano svianti, o addirittura controproducenti. In tal modo non si cerca oggettivamente la verità, quanto, piuttosto, si rischia di intralciare le indagini stesse. Noi studenti chiediamo giustizia per quel povero angelo inconsapevole, che aveva il torto di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Tale essere, a cui non si può attribuire la qualifica di “umano”, ha spezzato il cuore non solo alla famiglia della giovane ragazza, ma ha anche trafitto il cuore a tutta la nostra società. Non si può morire così! Mario Garofano GIUGNO 2012 Alessandra Panza caccialladro accordifelici A Guardia Sanframondi la Finanza dà la caccia ai grandi evasori cominciando dalle galline! John Maynard Keynes, il grande economista americano, durante il periodo della grande crisi del '29 affermava che lo Stato, al fine di combattere la recessione, sarebbe dovuto intervenire sul piano economico. Attraverso una attenta pianificazione politica, la nazione sarebbe divenuta garante dello sviluppo economico sociale, favorendo l'aumento dei salari delle classi meno agiate. In tal modo queste ultime sarebbero state in grado di consumare i prodotti immessi sul mercato dalle industrie in sovrapproduzione, riuscendo così a rigenerare il ciclo produttivo ormai in fase di stallo. Oggi, il debito pubblico dell'Italia non fa che aumentare di giorno in giorno e il governo, com'è giusto che faccia, procede nella realizzazione di provvedimenti, forse senza tener conto di ciò che ha detto il vecchio economista. Sembra, piuttosto, che alcune scelte prese da questo esecutivo abbiano come effetto collaterale quello di distruggere quei pochi consumatori ancora esistenti, facendo gravare, ancora una volta, le problematiche solo sul popolo. Tralasciando per un attimo la situazione generale dell'Italia, e soffermandoci ad analizzare quanto questi provvedimenti stiano gravando sulla nostra Guardia, possiamo notare che il nostro paese, da qualche mese a questa parte, “convive” con il terrore dei finanzieri in borghese. Inviati, giustamente, per svolgere il loro lavoro, essi hanno portato un po' di scompiglio tra gli esercizi commerciali del paese. Dai vari eventi che si sono verificati, sembra quasi che questi signori in divisa criptata siano giunti qui non tanto per smascherare quelli che frodano lo Stato, ma piuttosto per sanzionare anche i commercianti più corretti. Insomma, il motto generale sembra essere “Da qualche parte devono pur uscire questi soldi!” Pur riconoscendo che non emettere uno scontrino è sicuramente un furto ai danni dello Stato, così come vendere in nero prodotti propri, si può parlare, anche nel loro caso, di un lavoro veramente corretto? La caccia ai grandi evasori può mai cominciare dall'individuazione di chi vende galline senza emettere regolare scontrino? Di cosa parlare, se non di meschinità, di fronte a chi è capace di recarsi da un'anziana del posto per comprare una gallina e rilasciarle poi una multa?! Al di là di conseguenze morali e non, può veramente la multa di un'anziana risolvere la situazione?! Ma siamo davvero sicuri che la recessione si affronta con qualche multa a due o tre sprovveduti…? E mentre ci si diverte a tendere tranelli fiscali audaci come quello appena descritto, probabilmente nessuno ha pensato sul serio a come risolvere la situazione, perché ogni giorno le difficoltà crescono e sempre con maggiore facilità varie attività devono chiudere. Da guardiese, credo che ci sia bisogno di trovare una concreta soluzione, perché oggi un cittadino qualsiasi si vede davvero “cadere le braccia” di fronte alla catastrofica situazione. Del resto, siccome la storia dovrebbe insegnarci qualcosa, confrontando i provvedimenti dei nostri agenti della finanza con i suggerimenti di Keynes, questa sembra essere proprio la peggiore soluzione alla crisi. Dunque, poiché solo quando c'è produttività c'è consumo, piuttosto che imporre tassazioni insostenibili, sarebbe più opportuno cercare un modo per rilanciare l'economia, soprattutto in un paese come il nostro che, essendo prevalentemente agricolo, non è in grado di offrire altre opportunità di lavoro! Così, nella speranza che ciò accada, credo che noi tutti abbiamo un dovere da adempiere: impegnarci a non mollare perché in fondo chi molla ha già perso! Giada Nedia Il nostro paese, insieme ai comuni di San Lorenzo Maggiore, Cerreto Sannita, Cusano Mutri, Pietraroja, San Lorenzello e San Lupo, ha avviato un progetto di aggregazione e cooperazione con lo scopo di migliorare e favorire l'assetto locale, in un momento non molto positivo sia dal punto di vista nazionale, che regionale. In particolare, Guardia ha stipulato con San Lorenzo un accordo riguardante la gestione in comune dei Servizi Tecnici e della Polizia Locale. Gli uffici tecnici saranno guidati dal Responsabile del servizio tecnico di San Lorenzo Maggiore. Il Servizio di vigilanza, invece, sarà gestito dal nostro Comune e sarà composto dal Comandante e dagli agenti di polizia locale. Sembra che questo accordo consentirà al nostro paese di risparmiare circa 15.000 euro all'anno, una cifra considerevole, se si pensa alle gravi difficoltà economiche di oggi, alle quali si aggiunge anche la nuova tassa sugli immobili, che ha sostituito la vecchia ICI con un peso pressoché analogo. In effetti l'IMU non rappresenta un beneficio per le casse comunali, poiché la metà del gettito “a disciplina base” è riservata allo Stato, mentre la resa per l'abitazione principale e gli immobili rurali strumentali va ai comuni. Ci auguriamo, quindi, che da questa unione la situazione di noi guardiesi possa solo migliorare, soprattutto economicamente, pesando meno sulle nostre tasche e sapendo, magari, di poter contare anche su servizi migliori pronti a rispondere a buona parte delle nostre esigenze. In accordo con questi propositi tesi ad ottimizzare la gestione dei servizi, a Guardia sarà istituita anche una nuova farmacia, che terrà conto anche delle esigenze di quei cittadini che abitano in zone periferiche. Essa sarà ubicata in un'area comprendente Via Fontanella, Via Napoli, Via Cesco Martone e Via Sorgenza, zone sicuramente più vicine agli abitanti residenti in contrade come Santa Lucia, Cervillo e Sapenzie. L'apertura è stata possibile grazie soprattutto ad un decreto emanato dalla Regione Campania, per cui in un paese come Guardia, che conta più di cinquemila abitanti, è consentita l'istituzione di una nuova farmacia. Questi progetti e proposte non possono che renderci felici ed entusiasti, come ogni cosa nuova d'altronde. Credere in nuovi orizzonti per il nostro paese è diventato quasi un'utopia ed è brutto ammetterlo, però è anche giusto che qualcuno alzi di più la voce per far sentire le proprie idee, magari anche di poca importanza, che possano servire a far tornare in noi tutti quell'atteggiamento propositivo che stiamo perdendo. Alessandra Panza caposselael’acqua Dal 1993 le Nazioni Unite hanno stabilito di dedicare un giorno alla celebrazione dell'acqua, l'oro blu che sta alla base della vita di ogni essere umano. A tal proposito si sono tenute in tutte le parti del mondo manifestazioni di celebrazione della Giornata mondiale dell'Acqua. «Il mondo ha sete. E la causa di questa sente è il nostro fabbisogno di cibo: 7 miliardi di persone da sfamare oggi, destinate a diventare 9 miliardi nel 2050», questo è quanto ha affermato la Fao, l'agenzia Onu dell'alimentazione. Questo il messaggio che ha voluto diffondere la Provincia di Benevento con la sua campagna di sensibilizzazione, che ha visto avvicendarsi una serie di eventi sull'intero territorio. La kermesse a favore della salvaguardia dell'acqua è confluita nella Giornata mondiale dell'Acqua di giovedì 22 marzo, tenutasi a Benevento nel convento di Sant'Agostino. La Provincia, nelle figure degli assessori Annachiara Palmieri (politiche formative) e Gianluca Aceto (ambiente), nel tentativo di accrescere e sollecitare l'attenzione dei giovani verso tematiche di grande importanza, si è fatta promotrice del concorso Dimmi Tiresia, togli la sete. Tale concorso, rivolto agli studenti delle scuole Secondarie di Secondo Grado e agli studenti dell'Università del Sannio, ha visto i ragazzi impegnarsi nella produzione di un'opera che riesca a «comunicare il valore della risorsa acqua come fonte di vita e bene comune; valorizzare la civiltà e la cultura che i luoghi dell'acqua rappresentano; suscitare una riflessione critica ed ecologica nei cittadini per promuovere comportamenti responsabili» (come si legge nel bando). L'iniziativa Acqua 3.0 ha visto l'importante presenza del musicista Vinicio Capossela. Da sempre vicino a tematiche quali la tutela ambientale e del territorio locale, dopo una divertente “lezione magistrale” sul valore dell'acqua, Capossela ha eseguito alcuni brani inerenti il tema della manifestazione e, di seguito, ha premiato i vincitori del concorso. Il primo premio è andato a Raffaella D'Auria e alla sua foto su tela “Memoria… acqua… coscienza”, al secondo posto il brano musicale “Whale's last chant” composto, eseguito e arrangiato da Daniele Pescatore, e al terzo posto Fabrizio Martini con il video “Aqua”. Avvicinato dalla nostra redazione, Capossela ha accettato di rispondere ad alcune domande. Senza Filtro: Parliamo delle tue origini. Irpino, ma nato in Germania. Le premesse ci sono tutte per un crogiolo etnografico musicale. Quali sono i tuoi rapporti con la musica popolare tedesca e con la musica popolare campana? Vinicio Capossela: Non ho nessun rapporto con la musica popolare tedesca, ma ho un progetto per il futuro che si chiamerà Schützen Festen, dove si tira al bersaglio, si ascolta cattiva musica e si beve tanto. Per quanto riguarda la musica campana mi piacciono molto i sonetti di Calitri. SF: Marinai, Profeti, Balene: un album monumentale, totem della musica moderna come quella stessa balena di cui canti le gesta. Com'è stata l'esperienza della registrazione di quest'album? Ci sono state delle differenze rispetto agli altri album? VC: È inevitabile che ci siano delle differenze. Ogni album ha una sua storia e viene registrato in posti diversi. Marinai, Profeti e Balene è colossale proprio come la materia di cui tratta. SF: Se dovessi adottare un personaggio del tuo ultimo lavoro, quale sceglieresti? VC: Mi rispecchio nei pezzi riguardanti le sirene, anzi mi sento proprio come un uomo ammaliato dal canto delle sirene. SF: Sono stato avvertito sul non farti una domanda, ovvero “Che coss'è l'amor?”. Proviamo allora con “Chimay, Bacardi, White Lady, Beck's Bier, Tequila bum bum, Dry Gin, Charrington o Four Roses”? VC: “All'una e trentacinque circa” voleva essere un pezzo swing, quindi essendo solitamente in inglese ho pensato di creare la musicalità usando questi nomi di alcolici… Ma non li ho mai bevuti tutti insieme! SF: Ci racconti come è stata la tua esperienza nel mondo della scuola? Eri già allora un cultore della letteratura, o la passione è nata con l'età e la consapevolezza? VC: No, solo con l'età e la consapevolezza. Sono stato uno studente estremamente distratto, non riuscivo a concentrarmi e a seguire le lezioni, purtroppo. Poi ho studiato chimica, tutte cose che non servivano in realtà e mi sono abituato a pensare a qualcos'altro mentre ascolto qualcuno. È un difetto, ma a volte può essere utile per non essere troppo coinvolto nelle cose che non ti interessano. SF: Con il senno di poi, quali sono le tue letture preferite e quali consiglieresti a noi studenti per formarci e per formare anche una nostra consapevolezza in merito al problema del dissesto idrogeologico? VC: Ci sono dei buoni autori. Petrella ha fatto dei buoni saggi sull'acqua come bene comune. Io suggerisco di leggere anche i classici: il mito, la Bibbia, Moby Dick. Sono sempre dei libri che sono pozzi di umanità ancor più che di scienza. SF: Progetti extra musicali per il futuro ne abbiamo? VC: Extra musicali? Voglio andare a zappare! La redazione giovaniguardiesi L'estate è alle porte! Le scuole si chiudono e finalmente si respira un po'! Eppure qualcuno di questa triste scuola mi mancherà. I bidelli, che hanno allietato le lunghe giornate di questo inverno, con il loro nettare degli dei (il caffè). Chiuso l'anno scolastico, viene spontaneo chiedersi come trascorrere la stagione calda. I più fortunati la passeranno nei loro “villoni” sul lungomare, mentre altri, chi per scelta, chi per ovvi motivi, abbandonate ormai le strazianti vacanze con i genitori, si diletteranno nelle numerose opportunità di intrattenimento e svago che i nostri paesi ci offrono. “Una” di queste sono decisamente i bar: chi non vorrebbe trascorrere la sua vacanza seduto su un muretto a divorare un ghiacciolo di 50 centesimi…? (l'unico genere alimentare che da quando c'è l'euro non ha mai variato il prezzo!) Poi si può… E poi boh… Non c'è più niente. Scusatemi, dimenticavo Vinalia, l'unica manifestazione che ancora non è scomparsa (e mi si perdoni l'equazione scontata Guardia = vino), insieme al consueto calcetto. È l'unica settimana durante la quale il paese ritorna a vivere: ottima musica, ottimo vino e ottima compagnia. Qualche anno fa avevamo anche i giochi estivi, scomparsi ovviamente anche quelli. Due anni fa, invece, il Comune ha deciso di fare il salto di qualità con “Guardia in festa”… Un vero buco nell'acqua. Chiudere una via per poi metterci i tavolini dei bar non è il massimo. Posso capire gli anziani, che sono felici perché non devono attraversare la strada ed hanno un posto dove sedersi, ma loro hanno già i loro campi di bocce, mentre noi…? Non dobbiamo limitarci a dire che non c'è niente fare, se non cerchiamo di cambiare le cose sarà sempre così. Ad esempio ho trovato intelligente, oltre che interessante, le proposte della Doxa, l'associazione culturale che da qualche mese opera con successo a Guardia, prendendo numerose iniziative con le quali riesce ad aggregare i giovani ed a coinvolgerli, evitando loro di spendere male il tempo. Questo articolo non è una critica al paese, ma è un invito a tutti i giovani come me ad aprire gli occhi. Riportiamo questo rudere allo splendore di un tempo: avevamo un cinema, una radio. Non c'è motivo di spendere soldi in cocktail sul viale di Telese quando possiamo trascorrere delle bellissime serate sul nostro territorio con i nostri prodotti. Non dimentichiamoci mai come è chiamato il nostro paese: “la Wardia bélla”… Deve pur esserci un motivo! Marco Mancini GIUGNO 2012 4 Guido Plensich elezioniineuropa Svolta per la politica dei governi attualmente in carica dopo le recenti elezioni in Europa. Sorprendenti la vittoria in Francia del socialista Hollande, e la pesante sconfitta del CDU, il partito della Merkel. Grave la situazione di instabilità in Grecia: forti tensioni sociali impediscono ai partiti di formare una grande coalizione in grado di dirigere il Paese. Maggio 2012, elezioni di primavera. Se questa è la stagione della rinascita, dopo il freddo dell'inverno, forse anche la politica sta vivendo la sua primavera. Ogni volta che ci sono le elezioni e si verifica un cambio al vertice, è necessario aspettarsi mutamenti più o meno importanti. È il segnale che si intende seguire una direzione differente. Tuttavia i cambiamenti così radicali che si sono registrati nelle ultime settimane lasciano presagire qualcosa di molto diverso. La causa principale risiede soprattutto nella crisi economica che ancora sta investendo il Vecchio Continente e che tarda ad essere superata. I governi in carica vengono ritenuti i principali responsabili dell'attuale stato di malessere generale, incapaci di aver preso misure di precauzione più adeguate e colpevoli di non far nulla di importante per rilanciare lo sviluppo economico. È pur vero, però, che la crisi attuale è la causa di un sistema economico ormai non più collaudato, che nell'ultimo decennio ha raggiunto il suo apogeo. Per questo le colpe sono da imputare anche a chi ha gover- nato prima di adesso. Inevitabilmente il crack finanziario ha travolto il mondo intero, dato che un'economia globalizzata come la nostra vede una fitta rete di collegamenti tra tutti i maggiori Paesi industrializzati. Di conseguenza, quegli Stati con un forte tasso di crescita, i cosiddetti Paesi in via di sviluppo, soprattutto quelli del BRICS, cioè Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, hanno superato l'ostacolo della crisi senza molti problemi; però quegli altri con un'economia già solida, ma ristagnante da tempo, sono entrati in fase di recessione. Si devono, però, evidenziare alcune eccezioni. Nonostante le note disgrazie occorse all'Euro di recente, la Germania è riuscita a non vedere l'inversione del tasso di crescita annuo, merito soprattutto delle rinomate industrie automobilistiche e metalmeccaniche simbolo di qualità ed efficienza. Perché, allora, la Merkel ha subito la pesante sconfitta elettorale? Non è affatto facile rispondere, ma si possono azzardare alcune ipotesi. Quella più lampante è la questione in merito al severo sione dei poteri presidenziali e del governo, che avverrà in una fase post-elettorale. Questo perché con la transizione di potere avvenuta tra Forze Armate e nuove autorità civili è stata redatta anche una nuova Costituzione. il termine ultimo delle elezioni è il 27 maggio. Nel caso in cui nessuno dei candidati abbia raggiunto la maggioranza assoluta dei voti, le elezioni termineranno con un ballottaggio che avverrà tra il 16 e il 17 giugno. Il nuovo governo del Cairo, volto al raggiungimento di uno Stato Democratico, che non trovi le fondamenta nella violenza e nella repressione e che non leda la libertà e i principali diritti dell' uomo, è pienamente appoggiato dalle Potenze Occidentali, in particolare gli Stati Uniti. Andrea Ferrigno Cambia nazionalità la DUCATI CORSE, una delle case motociclistiche più importanti del mondo. Dopo ben sei anni di attesa, il grande colosso automobilistico tedesco, il gruppo Volkswagen, è riuscito nell'impresa. L'azienda italiana Ducati finirà presto nelle mani di Ferdinand Piech, grande capo del gruppo tedesco, che con la folle cifra di 860 milioni di euro è riuscito a realizzare il suo sogno. Appassionato di moto, Piech negli anni '80 ha tentato di comprare la Ducati quando l'azienda si è trovata in guai economici a causa di un preoccupante ribasso dei titoli azionari. Rimandato il sogno di qualche anno, il desiderio di Ferdinand non è stato affatto facile da realizzare, poiché la Mercedes aveva iniziato un rapporto di collaborazione con la Ducati. I tedeschi di Wolfsburg, oltre ad aver comprato il 100% dell'azienda, è stata imputata soprattutto la passività nel reagire durante i momenti di difficoltà. Ma i francesi si sono sentiti feriti soprattutto nell'orgoglio nazionale, sentimento alquanto diffuso in Francia, nel vedere Sarko essere succube della Merkel e incapace di opporsi a lei, che ha disposto diversi provvedimenti affidati passivamente al Parlamento francese. La rivalità tra Francia e Germania è sempre stata molto accesa, e non si era mai visto un rapporto di totale subalternità tra Parigi e Berlino, come quello sviluppatosi recentemente. Hollande, quindi, ha vinto più per demeriti del governo uscente, tuttavia la comunità internazionale ha dovuto prendere atto di questo cambiamento, e intanto i risvolti economici non hanno tardato ad arrivare. Pochi giorni dopo il responso elettorale, la Francia ha rischiato il declassamento da parte di varie agenzie di rating, prevedendo che il nuovo governo non riuscirà a svolgere una ruolo più incisivo di quello passato. Ma il nuovo premier sembra già essere entrato a pieno regime, impegnandosi in prima fila nel recente incontro del G8 tenutosi a Chichago. Dunque, se in Francia e Germania sono avvenuti così tanti stravolgimenti, considerando che dopotutto sono Paesi con una situazione socio-economica migliore della nostra, cosa è lecito attendersi dall'talia? Le elezioni che hanno interessato la penisola erano le amministrative, generalmente ritenute di minor peso politico, ma hanno dimostrato comunque che la politica sta cambiando anche da noi, per quanto non sia ancora chiaro se in positivo o in negativo. L'eccessiva frammentazione dei consensi indebolisce il potere dei partiti, costretti a cercare alleanze talora incompatibili dal punto di vista degli ideali politici, purché questi non rischino di perdere la maggioranza necessaria per governare. Il rischio che si corre è quello che sta interessando la Grecia. Qui la cattiva amministrazione ha causato dei presupposti che, uniti alla recessione, ha fatto sprofondare il Paese sull'orlo del precipizio. Da più di due anni essa registra pesanti perdite di denaro pubblico, tanto che un anno fa ha già rischiato il default. Questa espressione inglese, utile in un dispositivo elettronico perché permette di ristabilirne le impostazioni iniziali in seguito ad un errato utilizzo da parte nostra, in economia rappresenta un situazione catastrofica: decreta la contemporanea morte e rinascita di uno Stato, implicando anche l'azzeramento dei conti pubblici. Per questo, se non ci sono più i soldi da restituire ai creditori, coloro che possiedono i titoli di Stato, questi ultimi incappano anch'essi in una situazione di grave crisi. Dato che le banche, europee e non, rappresentano la maggior parte dei creditori, quella del default sarebbe una prospettiva da evitare. In Grecia, nonostante ciò, i partiti non hanno trovato l'accordo e a giugno si svolgeranno nuove elezioni. L'unico auspicio è che si possa giungere ad una soluzione. Altrimenti dopo la Grecia, che uscirebbe così dall'Euro, la bufera potrebbe investire l'Italia. Guido Giovanni Plensich giudizifanatici brevidalmondo Dopo la caduta dal potere del presidente Hosni Mubarak il popolo Egiziano è stato nuovamente chiamato alle elezioni. Accusato di aver dato l'ordine di sparare sulla folla per reprimere le proteste popolari, provvedimento al quale hanno fatto ricorso anche stati come la Libia e la Siria, Mubarak è stato costretto ad allontanarsi dal potere. Inoltre è stato sottoposto a processo e rischia di essere condannato a morte con l' accusa di crimini contro l'umanità. Giovedì 21 la chiusura delle fasi preelettorali. Dopo il primo spoglio elettorale, secondo alcuni risultati, in testa ci sarebbe Mohammed Morsi. Tra i nuovi candidati al potere anche l'ex segretario della Lega Araba, Amr Moussa, e ancora Ahmed Shafiq, l'ultimo premier dell'era Mubarak, Abdel Moneim, Abul Futuh, liberale indipendente. Resta da decidere, però, la divi- processo di risanamento dei conti pubblici. Tale direttiva prevede il pareggio di bilancio, ossia le spese devono essere inferiori alle entrate, il che ricorda molto la dottrina allora attuata dal ministro economico del neonato Regno d'Italia Quintino Sella, del quale è famosa l'espressione “Imposte, imposte e null'altro che imposte”. Se da un lato appare giusto porre una pietra miliare allo sperpero di denaro pubblico, che in fondo è anche il nostro, dall'altro una tassazione pesante ed improvvisa è fonte di malessere tra i cittadini, i quali si vedono costretti a pagare un numero sempre più elevato di tasse in un momento così difficile. Evidentemente anche i tedeschi sono stanchi di questa situazione. I francesi, però, sono stati i primi a segnare un importante punto di svolta. Da dieci anni la sinistra non vinceva le elezioni, e il Partito Socialista, da sempre interprete di un modello economico basato sullo sviluppo piuttosto che sul far quadrare i conti pubblici, ha vinto le presidenziali di maggio ai ballottaggi contro il premier uscente Nicolas Sarkozy. A questi pagheranno anche i debiti, che ammontano a circa 200 milioni di euro. Ciò che suscita scalpore e rabbia agli appassionati delle due ruote è il fatto che l'Italia è restata a guardare. Questa manovra, da alcuni analisti, è stata definita come uno scippo al Belpaese, che, dopo aver perso i marchi Lamborghini e Bugatti, e essendo ormai la FIAT più americana che italiana, si ritrova con ben poco tra le mani. Chi salirà su una Ducati, da adesso in poi, si vanterà sicuramente di aver guidato una bella moto, ma chi ci è salito negli anni passati, si è vantato, al di là della bellezza e della potenza, di aver guidato la storia italiana. Salvatore Sellaroli Sentenza ancora più shockante del massacro perpetrato dal giovane xenofobo, nel Paese in cui l'ultimo attentato terroristico risale al 9 aprile 1940. 21 anni ad Anders Breivink. Anders Breivink, un uomo di 32 anni, dopo anni di studi e ricerche su come organizzare un attacco terroristico, decide di uccidere senza sosta, traumatizzando letteralmente la Norvegia. Durante le prime ore del giorno fa esplodere una bomba nella piazza centrale di Oslo, provocando 7 vittime e molti feriti. Intanto, mentre le autorità civili accorrono sul posto per prestare aiuto ai feriti, la centrale della polizia riceve telefonate di giovani che chiedono aiuto dall'isola di Utoya, dove il killer, armato, si era spostato per seminare morte tra giovani di età compresa trai i 14 e i 20 anni, che si trovavano lì per il tradizionale raduno di laburisti. La popolazione è sconvolta, ma la strage non è finita. Nel pomeriggio fa scoppiare una bomba vicino alla sede del parlamento e l'ufficio del primo ministro norvegese, provocando altri feriti e la distruzione di molti edifici. Breivink viene arrestato con l'accusa di omicidio premeditato: lui stesso dichiara che voleva uccidere più persone possibile. Ma nonostante la sua dichiarazione e le 69 vittime, la corte norvegese l'ha condannato a soli 21 anni di carcere, facendo scoppiare polemiche in tutto il mondo. Sin da subito il killer ha dichiarato di essere cattolico ed estremista xenofobo, giustificazioni che fanno pensare ad infermità mentale, o ad un'organizzazione terroristica. Smentita quest'ultima ipotesi, viene convocato per il processo. Nel corso delle udienze, tenutesi nell'aprile scorso, il killer ha affermato di non riconoscere l'autorità della corte e di non essere colpevole, poiché la sua azione è stata crudele ma necessaria contro i traditori dello Stato, che hanno permesso “l'invasione musulmana”. Nelle stesse ore l'avvocato di Anders dichiara che il suo assistito, nella giornata dedicata alla sua deposizione, potrà affermare di essersi rimproverato di non aver fatto più vittime. Di fronte a tale asserzione il tribunale afferma che potrà essere internato in un istituto psichiatrico, o che potrà avere una “condanna di detenzione preventiva” oltre il massimo di 21 anni. Durante le giornate della deposizione di Anders la Norvegia rimane atterrita dinanzi alle sue dichiarazioni. Il killer racconta la morte di oltre 60 giovani con descrizioni raccapriccianti: “erano immobili, si fingevano morti, allora ho alzato l'arma e gli ho sparato in testa”, afferma. E poi con aria orgogliosa dice: “lo rifarei ancora”. Il tribunale norvegese perora la sua condanna a vita, mentre il suo stesso avvocato propone la condanna a morte, ma essendo quest'ultima vietata in Norvegia, il killer è destinato a stare dietro le sbarre a vita, pur avendo dichiarato ai giudici che sarebbe orgoglioso di morire per la patria, sostenendo la sua tesi di non essere colpevole, ma di aver fatto anzi un'azione giusta per difendere la patria. Martina Di Staso GIUGNO 2012 Cindy Adamo allarmesuicidi Ben 450 mila euro per la Zelkova! Un istituto di ricerca? Un progetto contro il cancro? Una sonda aerospaziale? L'ultimo radar inviato su Marte? Niente affatto: una pianta! Nell'era delle tasse, dell'Imu, della disoccupazione, del blocco sugli stipendi, nel tempo degli appelli al risparmio, della lotta per la sopravvivenza, la Regione Sicilia ha investito 450mila euro per proteggere la Zelkova sicula. Di tale somma 150mila euro sono destinati ad un esperto esterno all'amministrazione regionale che sarà reclutato attraverso un bando. Ironia della sorte o scherzo del destino? Che i siciliani siano ormai al colmo dell'indignazione per quello che avviene nelle stanze del potere è ormai noto, ma il caso della Zelkova è davvero troppo. Mentre il palazzo dei Normanni è assediato da dipendenti che rivendicano un salario più dignitoso, da netturbini che hanno gettato Palermo nel caos, da cooperative con l'acqua alla gola, c'è qualcuno che ritiene necessario spendere 450mila euro per proteggere una pianta in via d'estinzione. Gli unici 250 esemplari sono ubicati in una remota querceta del Bosco Pisano sui Monti Iblei; produce solo frutti sterili e richiede condizioni umide per sopravvivere, dunque la siccità e le scarse precipitazioni rendono la sua estinzione inevitabile. Se tutto ciò può giustificare il codice CR (rischio critico di estinzione) stabilito dalla IUNC (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) non può riuscire a frenare l'indignazione dei siciliani e degli italiani in generale di fronte alle cifre stanziate a favore della tutela della biodiversità (stiamo parlando di 454.720 euro, per l'esattezza 180.313 a carico dell'UE e 274.407 di quota regionale). Gli sprechi della Sicilia non si fermano alla botanica: la regione ha da poco salvato Zorro, un vecchio cavallo donato ad un centro di ippoterapia con una pensione di 2.335 euro al mese, ma non aiuta realmente i malati. La “mania” dello spreco non si esaurisce tutta in Sicilia: oltrepassando lo Stretto di Messina si scopre che non va meglio in Calabria, dove il consigliere regionale Pietro Giamborino è andato in pensione ad appena 55 anni, rinunciando solo al 5 % del suo vitalizio, mentre per i comuni cittadini italiani la pensione appare un traguardo sempre più utopico. Non si esime neanche la Lombardia, che per la nuova sede della Regione ha speso 570 milioni di euro, di cui solo 127mila in arredamenti. Per non parlare del Lazio, che continua a spendere milioni di euro l'anno in affitti, nonostante possegga, oltre alle sedi istituzionali, 13 fabbricati e 367 appartamenti; senza contare gli sprechi di chi dovrebbe, almeno in teoria, guidare il Paese ed essere un esempio per tutti i cittadini. Questo breve excursus ci presenta alcune di quelle cause che hanno fatto sì che fra il 2000 e il 2009 mentre il Pil pro capite restava invariato se non in ribasso, le uscite delle regioni aumentavano da 119 a 209 miliardi di euro, raggiungendo vette tali da creare una situazione quale quella attuale davvero critica e senza via d'uscita. Il caso della Zelkova è testimonianza di come talvolta le Regioni si mostrino sorde alle esigenze concrete dei cittadini e agli appelli al risparmio. La biodiversità va tutelata, ma davvero vale molto più la vita di una pianta di quella dell'uomo, che dimentica che il bene più prezioso della vita è la sua vita stessa? E intanto l'uomo, sopraffatto dai debiti, preferisce darsi fuoco piuttosto che accettare il suo fallimento; temendo di leggere delusione e sconforto negli occhi dei propri figli preferisce privarsene… Siamo davvero arrivati al punto che il pesce piccolo non ha nel suo destino nient'altro che la certezza di dover esser mangiato dal pesce grande? Luisiana Gambuti A cosa può spingere la disperazione di un uomo che si vede privato di tutto, anche della dignità di uomo? Sono in tanti che ripercorrono le orme già tracciate da Catone l'Uticense, che per fuggire l'assenza di libertà, conseguenza della presa di potere da parte di Giulio Cesare, decise di protestare togliendosi la vita. Duemila anni dopo, la storia appare diversa ai nostri occhi di uomini moderni, eppure troppe sono le analogie con quei tempi remoti: molte persone sono arrivate a credere che non ci siano più alternative, convinte che l'unica soluzione possibile sia proprio il suicidio. La causa? La difficile realtà nella quale viviamo e, sicuramente, la crisi economica che ha colpito il nostro Paese. Dal secondo rapporto dell'Eures intitolato “Il suicidio in Italia al tempo della crisi”, basato non sulla semplice raccolta dei fatti di cronaca, ma sull'elaborazione scientifica dei dati giudiziari, emerge che in Italia di crisi si muore sempre di più. Tale fenomeno è riconducibile soprattutto alla figura maschile: nel 2010 sono stati circa 362 i disoccupati che hanno compiuto il gesto estremo, superando i 357 del 2009. Cifre, purtroppo, destinate ad aumentare. La scelta del suicidio per cause lavorative non è compiuta solo da chi viene licenziato: i fatti di cronaca mostrano che i più colpiti in Italia sono proprio gli artigiani e i commercianti che vedono sfiorire le proprie attività dopo anni ed anni di fatiche e sacrifici. La crisi economica genera ansia ed angoscia nelle persone. La paura del futuro è grande, per sé ma ancor di più per la propria famiglia. Chi design decide, per scelta o per mancanza di alternative, di lavorare in proprio lo fa senza pensare ai rischi che potrebbe correre, sperando che tutto possa andare per il verso giusto. Quando, tuttavia, le commesse calano, quando le banche dicono di no, quando si fa fatica ad arrivare persino a fine giornata, non sono soltanto i bilanci ad entrare in crisi. Entra in crisi anche la persona che vede messo a rischio quanto costruito fino a quel momento. Sembra impensabile che le persone decidano di togliersi la vita in una società come la nostra, la società delle tecnologie e del benessere. Eppure è questo quello che accade ormai da tempo. E non si può certo parlare di suicidio sociale, come nel caso di Catone: qui si muore perché si ha la consapevolezza di non farcela. Bisogna constatare che dietro la maschera di una realtà apparentemente felice si nascondono problemi gravissimi che emergono con tutta la loro forza. Come comportarsi? È chiaro che il governo sta facendo quanto possibile per arginare la crisi, ma è anche evidente che le manovre realizzate finora non hanno fatto che colpire gli strati più bassi della società, andando a complicare situazioni che già di per sé erano complicate. Al di là dei giudizi sul governo e sulle sue azioni, è indispensabile cercare di trasmettere fiducia nelle persone, facendo loro capire che è possibile superare questo difficile periodo impegnandosi tutti insieme per il bene della nostra società. Se gli italiani non si sentiranno abbandonati, probabilmente non arriveranno a perdere tutte le speranze e, magari, decideranno di non imboccare più la strada del suicidio. Cindy Adamo danzaesacrifici Quando si assiste ad un balletto si ammirano le ballerine sorridenti, la loro perfezione nei bellissimi tutù, i loro voli sulle punte... Ma si vede soltanto questo... purtroppo! Jean-Michel Frank: una vita tormentata e infelice produce uno stile ascetico e ricercato che oggi torna attuale. Semplicemente uno dei più grandi arredatori e decoratori di interni del '900. Jean- Michel Frank ha essenzialmente “inventato” il concetto di semplicità come lo si intende oggi. Terzo figlio del banchiere Léon Frank, la sua vita è avvolta in un alone noir, in bilico tra caos e forma, futilità e mistero, solitudine e feste mondane. Ebreo, vissuto tra le due guerre mondiali, cugino di Anna Frank, vittima delle persecuzioni antisemite, si getta da un grattacielo di Manhattan a soli 46 anni. Dalla tragica morte, datata 8 marzo 1941, su un marciapiede tra la Terza Avenue e la 63ª Strada, il suo nome venne consegnato, per quasi un secolo, all'oblio. Ma analizziamo la carriera di questo incredibile genio del design! «Credo che gli artisti, sempre di più, dovrebbero partecipare alla creazione delle cose e del loro design. Il risultato sarebbe qualcosa di nuovo, profondamente legato ai nostri tempi». Corre l'anno 1914 quando con queste parole il giovane Frank allude soprattutto ai set teatrali, nonché alla sintesi delle arti postulata da Sergej Diaghileu e dai suoi “Balletti Russi”, capolavori a cui avevano partecipato geni come Picasso, Braque, Matisse, Stravinsky. Gli anni 1926-27 sono quelli della svolta decisiva di Frank, chiamato a progettare i Salons di MarieLaure e Charles de Noailles a Parigi, veri arbitri dell'eleganza ricercata dell'epoca. Quegli stessi interni diventeranno il suo personalissimo biglietto da visita, ciò che farà conoscere al resto del mondo lo “stile Frank”. Iniziano a chiamarlo tutti. Marcel Rochas, Guerlain, Elsa Schiaparelli, quest'ultima chiedendo di inventare lo stile dell'atelier in rue du Berry. Tutti rapiti dall'audacia dei suoi divani porpora, dalle librerie bianche dai pannocchi dorati, dalle stravaganti lampade in paglia e gesso. Ma quale fu la rivoluzione artistica di Frank? Quali i suoi punti vincenti? Frank, contrariamente alle opinioni del tempo, non era un minimalista. La sua “estetica della rinuncia”, il suo “lusso ascetico”, la passione per le linee pure, il gusto per il bello e il confort, la sua lussuosa semplicità non ne fanno di certo un esponente dell'estetica minimal. Parola d'ordine: OSARE. Osare nella vita, come nel design. Osare con l'immaginazione e con i materiali: nuovissimi, mai usati prima di allora. Travertino, galuchat, gomma, paglia intrecciata e poi pergamena, gesso, lacca, avorio, mica, grafite, zigrino, terracotta, la pelle delle poltrone trattata da un artigiano sconosciuto che allora si chiamava Hermès. Ed oggi è proprio la nota Maison Hermès a voler ripercorrere l'avventura estetica di uno dei più grandi maestri dell'interior design tramite la riedizione dei suoi pezzi storici, coadiuvata dalle collezioni casa e home-design di Trussardi, Armani e Yv e s S a i n t Laurent, tutte ispirate, ciascuna a suo modo, a quello che fu lo stile di Frank, l'interior decorator forse più ammirato e copiato al mondo. Perché, di fatto, quello che CocoChanel rappresentò in termini di sovvertimento dei linguaggi della moda e del look delle donne, Frank lo è stato per le case: la sua fu una concezione che riuscì a coniugare l'arte dell'abitare ad una lussuosa semplicità, a puntare l'enfasi sul non–colore: “esistono seimila tonalità di beige!” diceva. Indispensabili dunque sono gli insegnamenti e l'eredità di grandi pensatori e artisti, ma ancora più spettacolare è l'attualità del loro lavoro in ogni epoca! Rosa Marcuccio Non si pensa mai che dietro quei sorrisi si nasconde la fatica e il sacrificio di dure ore di lavoro. Perché in quel fatidico giorno tutti i passi devono essere perfetti e non è concesso neanche il minimo errore. La vita delle ballerine non è facile. Sin dalle origini, quando nel 1661 Luigi XIV fondò la Académie Royale de Danse, sul palcoscenico non si è mai vista esibire una ballerina che pesasse un po' di più della norma. Sin da allora l'ideale della ballerina è, purtroppo, quello della ragazza dal fisico perfetto e spesso fin troppo esile. Questo problema è stato portato alla luce da Mariafrancesca Garritano, étoile della Scala di Milano, licenziata per le dichiarazioni che ha rilasciato all'Observer, l'inserto domenicale del Guardian. Le rivelazioni della Garritano hanno aperto gli occhi sulla vita disumana delle danzatrici: una ballerina su cinque della Scala di Milano è anoressica! Questa affermazione, di per sé agghiacciante, ha sollevato non poche polemiche. Tuttavia le istituzioni del mondo della danza si ostinano a sostenere che negli ultimi venti anni non si è mai verificato alcun caso di anoressia. Ma le testimonianze di numerose ballerine intervistate da Paolo Calabresi in un servizio delle Iene andato in onda qualche mese fa smentiscono. La Garritano racconta la sua esperienza personale alla Scala, iniziata ad appena 16 anni, quando era già tormentata dal difficile rapporto con il cibo. Nono- stante la sua corporatura magra e atletica, ha confessato di essere stata spesso rimproverata a causa del peso. Così ha iniziato a nutrirsi, come tutte le altre sue compagne, di un solo frutto ed uno yogurt al giorno: quest'alimentazione le ha portato problemi sia psicologici che fisici. La frequenza di infortuni, distorsioni, tendiniti e coliche renali, è così aumentata ogni giorno di più. «Una ballerina giapponese, pur di bruciare quante più calorie possibili - racconta l'étoile - stringeva gli addominali nel letto dell'ospedale dove era ricoverata per anoressia». Ciò è assolutamente assurdo ed impensabile per noi, ma fin troppo normale per quasi tutto il mondo della danza, nel quale pesare soltanto 38 chili è la regola. Altre ballerine della Scala intervistate svelano, infatti, di come le assistenti, invece di controllare l'alimentazione delle atlete, mettano loro pressione: mangiare anche un solo grissino potrebbe compromettere la loro forma fisica! Le danzatrici, allora, vengono insultate per il loro aspetto, descritte come alieni, con la testa ed il bacino grande, come sacchi di patate, streghe e galline: tutto ciò porta in loro la convinzione che più si è magri e più si è belli. Ma non è così! E non bisogna dimenticare che una scarsa alimentazione può portare anche all'amenorrea. I sondaggi, infatti, mostrano che 6 ballerine della Scala su 8 non hanno il ciclo mestruale per molti anni. Bisogna, però, comprendere che si può essere ballerine meravigliose anche con qualche chilo in più! Lucia Guarino GIUGNO 2012 6 Raffaele Pelosi penitentiagite superstizionisannite Nel romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco ci si imbatte a volte nella parola “Penitentiagite” (fate penitenza), abbreviazione di una frase tratta dal Vangelo di San Matteo, che invitava alla penitenza in vista del regno dei cieli. di bolt94 (da [email protected]) Ancora oggi può capitare che quando si va dalla nonna e le si dice di avere il mal di testa, lei inizi tutta una serie di domande, un po' come fa il medico quando abbiamo un malore. Mentre, però, il medico pone domande in relazione al nostro stato fisico, la nonna chiede innanzitutto: “qualcuno ti ha guardato?” Se si risponde di sì, lei, pronta, trova il problema e dice: “t'a accot' d'occhj (ti ha fatto il malocchio)”. Avuta questa certezza, la nonna va subito a prepararsi e avvia dei riti molto particolari. Fa il segno della croce, mette la mano sulla fronte del “paziente” e accennando più di un movimento con le dita, come a voler rappresentare una croce, recita tutta una serie di preghiere, farfugliando. Terminato il rito, veniamo assolti, oppure la nonna più scaramantica fa cadere una goccia di olio in un recipiente (in genere un piatto fondo) pieno di acqua. Se la goccia cade uniformemente nel recipiente, il malocchio è stato allontanato, altrimenti il malocchio c'è ancora ed è il caso di dire che ci vuole proprio una bella benedizione. Ma da dove vengono tali riti? La nostra zona dopo il dominio romano è stata oggetto dell'invasione longobarda. Prima della loro conversione al cristianesimo, i Longobardi erano un popolo oltre che molto Raffaele Pelosi Grande successo deve aver riscosso tra i nostri antenati l'invito dell'evangelista Matteo. Tante sono, infatti, le manifestazioni penitenziali che si svolgono ancora oggi dalle nostre parti. La più celebre è di certo quella legata ai Riti settennali di Guardia Sanframondi, ai quali partecipano centinaia di persone, chi in veste di figurante all'interno dei quadri viventi (Misteri) e chi come flagellante o battente (penitenti che si percuotono il petto con dischi di sughero irti di spilli). Altro esempio di manifestazione penitenziale che si tiene nella nostra zona è la processione del venerdì Santo a San Lorenzo Maggiore. Essa si inserisce a pieno titolo tra le numerosissime processioni penitenziali che si svolgono durante la settimana Santa in Italia, e in particolar modo nel Meridione. A questa processione, infatti, prendono parte numerosi flagellanti (più comunemente detti “Battenti”). La processione si svolge da secoli, senza aver subito modifiche nel corso del tempo. Ogni venerdì santo, all'imbrunire (fino agli anni '60 a metà mattinata), dalla chiesa del SS Nome di Dio si snoda la processione dei numerosi flagellanti, preceduti dal Cristo morto e seguiti dalla settecentesca statua dell'Addolorata e dai numerosissimi fedeli. I flagellanti sono penitenti che, vestiti di saio e cappuccio bianco, a piedi nudi, con in capo una corona irta di spine (detta “La spina”) e in mano la disciplina (placca metallica dalla quale si dipartono numerose piastre in metallo concatenate) si percuotono la schiena fino a sanguinare. Con il buio la processione termina e i battenti, dopo aver raggiunto in ginocchio l'altare maggiore per baciare la statua del Cristo morto, vestono di nuovo gli abiti civili e si dileguano. Questa manifestazione sembra catapultare lo spettatore in un'epoca molto lontana da noi, forse vicina al periodo successivo allo scioglimento nel 1261, ad opera di papa Alessandro IV, della “Compagnia dei flagellanti di Cristo”. Questa compagnia di penitenti nacque intorno al 1250 a Perugia e attraversava le città italiane praticando l'autoflagellazione anche in gruppi di molte migliaia di persone. Dopo il divieto papale di praticare questa penitenza, i flagellanti si divisero instaurandosi in varie zone dell'Italia centrale e meridionale. Ancora oggi, in varie località del meridione italiano, si svolgono riti penitenziali pubblici caratterizzati dalla presenza dei flagellanti. Tuttavia spesso queste pratiche sono considerate barbare o sono ritenute la prova dell'arretratezza culturale delle popolazioni del Sud della nostra Penisola. Bisognerebbe, però, ricordarsi che ogni popolo ha le sue tradizioni, che non dovrebbero essere abbandonate per far posto al nuovo, ma più semplicemente capite attraverso i nuovi mezzi che la modernità ci offre. Urge, altresì, far notare che negli ultimi anni sempre più persone sembrano accogliere il già citato invito di San Matteo. Forse, perché ancora oggi si sente il bisogno di aggrapparsi a qualcosa che trascenda il mondo materiale e che non possiamo sottomettere neanche con la più recente invenzione tecnologica. Originario di Bristol, Banksy è uno street artist famoso per aver lasciato la sua firma sui muri delle più grandi città europee. La sua carriera inizia negli anni Ottanta nella crew “Bristol's DryBreadZ”. Nel 1998, organizza un raduno di graffitari in cui mostra il suo talento ad artisti di tutt'Europa. Non si conosce il suo vero nome; si sa, invece, molto riguardo le sue performance. La tecnica che preferisce è quella degli stencil, con la quale riesce a creare graffiti immediati e leggibili, come se fossero manifesti pubblicitari. Tra i graffiti più famosi di quest' artista ci sono gli squarci surreali sul muro di separazione israeliano, il famoso murales che ritrae gli attori di Pulp fiction che impugnano banane anziché pistole e lo stencil in Via Benedetto Croce, a Napoli, che raffigura Santa Teresa del Bernini con un panino, una coca cola e delle patatine del Mc Donald, simbolo di una critica accesa al consumismo. La particolarità di Banksy è quella di dipingere graffiti a sfondo satirico, che rappresentano una protesta contro il capitalismo, la guerra, il consumismo ed altri aspetti deprecabili della società odierna. La scelta di rappresentare il suo pensiero sui muri deriva dal suo credere che se si vuole dire qualcosa, si deve apporre il proprio messaggio dove la gente lo possa leggere, e che solo stando in prima linea e dando forza alle proprie idee si può creare qualcosa. Banksy sostiene che: «Le persone che davvero deturpano i nostri luoghi sono le compagnie che scarabocchiano con slogan giganti i palazzi e gli autobus, cercando di farci sentire inadeguati se non compriamo le loro cose. Si credono capaci di strillare i loro messaggi sulle nostre facce da ogni superficie disponibile, ma a noi non è permesso dare delle risposte. Hanno intrapreso la sfida e il muro è l'arma che abbiamo scelto per difenderci». Ed è proprio per questi motivi che la guerrilla art di questo sconosciuto artista, che può sembrare un semplice atto di vandalismo, è apprezzata in tutto il mondo. Rino “Michele” Gillo artemetropolitana leggerelamafia «La mafia altro non è che una borghesia parassitaria, una borghesia che non imprende ma soltanto sfrutta»: così diceva Leonardo Sciascia per descrivere il suo breve romanzo, Il giorno della civetta, che si presenta come un piccolo saggio sulla mafia. L'autore scrive il libro nel 1961 e dichiara di aver dedicato ad esso buona parte del suo tempo, non tanto per il racconto in sé, quanto per “cavare” intere sequenze che avrebbero potuto intaccare la suscettibilità di taluni... «perché in Italia, si sa, non si può scherzare né coi santi né coi fanti: e figuriamoci se, invece che scherzare, si vuol fare sul serio». Nell'affrontare le problematiche di una terra a lui molto cara, la Sicilia, Sciascia fonde due elementi fondamentali: la mafia e il giallo (un genere che ama molto). La mafia, come si può intendere dal libro, in quel periodo in Sicilia non costituiva mai argomento di conversazione, spesso era negata dalla povera gente, che assisteva inerme ad ogni sorta di crimine. L'omertà appariva l'unica forma di difesa. Siamo nella piazza di S. un paesino della Sicilia. Salvatore Colasberna viene ucciso davanti alla fermata dell'autobus da un colpo di lupara sparato da lontano. L'assassino procede in fuga lungo via Cavour e uccide un contadino, che uscendo per andare ai campi, lo ha riconosciuto. I passeggeri si allontanano e anche il venditore di panelle che ha assistito alla scena va via senza prestare attenzione; restano il conducente e il controllore, che chiamano la polizia. Il capitano Bellodi, ex partigiano giunto da Parma, decide di occuparsi delle indagini e, tramite un confidente, bellicoso anche e soprattutto superstizioso, come testimonia la storia del noce di Benevento e delle streghe. A queste credenze, sedimentatesi negli strati di popoli meno colti, si sono aggiunti i modi di pensare strettamente finalistici e religiosi del Medioevo, che hanno favorito il propagarsi di queste credenze nel tempo. Oggi con la scienza tutti questi riti hanno perso le loro radici mistiche e continuano ad essere trasmesse, ma soltanto dal punto di vista folkloristico, nelle loro numerose varianti che cambiano da paese a paese! riesce a costruire due piste, una delle quali si rivela promettente. Intanto un uomo ricco chiede a un onorevole che il capitano Bellodi sia ritrasferito a Parma. Il confidente viene ucciso, ma prima che muoia rivela a Bellodi un altro nome, che si aggiunge a quello che la vedova del contadino gli ha confidato in precedenza. Le indagini suscitano molto clamore, ma il capitano è costretto ad abbandonarle e a ritornare a Parma per un periodo. Viene attribuito al caso un movente passionale, che eclissa tutte le supposizioni e le indagini svolte sulla mafia dal capitano. Intanto Bellodi a Parma riflette sull'eventualità di ritornare in Sicilia, dando modo all'Autore di chiudere il racconto. Sciascia nella narrazione si ispira all'assassinio di Accursio Miraglia, una vicenda realmente accaduta anni addietro a Sciacca ad opera della mafia. Il pubblico a cui l'autore si rivolge è ampio, grazie ad una scelta lessicale piuttosto semplice, che rappresenta la vera e propria particolarità del romanzo ed il suo punto di forza. Questo libro è da interpretare come un vero e proprio appello alle masse, come un grido, un'eco che risuona in lontananza: «La mafia esiste e non solo nei libri o nei racconti per spaventare i bambini. La mafia è una realtà che affligge i nostri giorni e non va negata, né quantomeno ignorata. In Italia, spesso, si pecca di superbia o di ipocrisia, ma come popolo, il primo passo per estinguere la mafia è riconoscerla!» Da leggere. Agnese Lombardi «Mi chiamo Andrea Michele Vincenzo Ciro Pazienza, ho ventiquattro anni, sono alto un metro e ottantasei centimetri e peso settantacinque chili. Sono nato a San Benedetto del Tronto, mio padre è pugliese, ho un fratello e una sorella di ventidue e quindici anni. Disegno da quando avevo diciotto mesi, so disegnare qualsiasi cosa in qualunque modo. Da undici anni vivo solo. Ho fatto il liceo artistico, una decina di personali e nel '74 sono divenuto socio di una galleria d'arte a Pescara: "Convergenze", centro di incontro e di formazione, laboratorio comune d'arte. Sempre nel '74 sono sul Bolaffi. Dal '75 vivo a Bologna. Sono stato tesserato dal '71 al '73 ai marxistileninisti. Sono miope, ho un leggero strabismo, qualche molare cariato e mal curato. Fumo pochissimo. Mi rado ogni tre giorni, mi lavo spessissimo i capelli e d'inverno porto sempre i guanti. Ho la patente da sei anni, ma non ho la macchina. Quando mi serve, uso quella di mia madre, una Rena- ult 5 verde. Dal '76 pubblico su alcune riviste. Disegno poco e controvoglia. Sono comproprietario del mensile "Frigidaire". Mio padre, anche lui svogliatissimo, è il più notevole acquerellista ch'io conosca. Io sono il più bravo disegnatore vivente. Amo gli animali ma non sopporto di accudirli.» È così che il fumettista italiano Andrea Pazienza descrive la sua vita, sbagliandosi solo di qualche anno sulla morte, avvenuta nel 1988. Anche se disegna da quando aveva solo diciotto mesi, la sua vera carriera artistica inizia nel 1974, quando si trasferisce a Bologna per iscriversi al DAMS. Ed è proprio la città di Bologna, con le sue contestazioni studentesche e agitazioni politiche, a fare da sfondo alle sue creazioni: la sua prima storia a fumetti, Le straordinarie avventure di Pentothal, è ambientata proprio in quello che noi chiamiamo il '77 Bolognese. Collabora con alcune riviste come “Cannibale”, “Il Male” e successivamente con “Frigidaire”, ed è proprio su quest'ultima che compare uno dei suoi personaggi più conosciuti, Zanardi, che non è altro che Pentothal trasformato, diventato cinico e violento. Con i suoi fumetti Paz ci fa viaggiare tra pensieri, speranze e difficoltà di una generazione ormai afflitta da troppi problemi, tra i quali non può mancare quello della droga, che coinvolgerà lo stesso fumettista portandolo alla morte. Ora non starò qui ad annoiarvi elencandovi tutti gli altri suoi capolavori, perché sono solo da guardare, leggere ed amare, per rendersi poi conto, come lo stesso Paz affermava, del fatto che “la pazienza ha un limite… Pazienza no!” Pasqualina Ciarleglio Nicole Falato GIUGNO 2012 Gianluca Morone nientepaura Una tempesta solare è un fenomeno astronomico la cui causa che più interessa la Terra è la perturbazione del campo magnetico terrestre. Essa può generarsi dall'emissione, nel vento solare, di quantità molto elevate di particelle ad alta energia. Nel caso esse raggiungano la Terra, provocano una tempesta. Le tempeste possono costituire un problema per i sistemi di comunicazione, perché possono interferire con essi causando danni irreparabili. Queste particelle producono anche le aurore polari, che sono raggi e cortine cangianti di luce colorata nei cieli a nord e a sud della Terra. Tali eventi accadono frequentemente quando si ha il culmine del ciclo solare. Grazie all'utilizzo di navicelle spaziali, come la sonda solare SOH, lanciata nel 1996, si può prevedere approssimativamente l'arrivo delle tempeste solari. Da giovedì 8 a venerdì 9 marzo, era stata prevista una nuova tempesta solare che avrebbe dovuto investire la Terra. La temutissima tempesta, però, non ha causato alcun danno. Anche le tempeste, come altri fenomeni fisici, hanno una classificazione. fagocitosiastrale Quella prevista doveva essere una G3, abbastanza forte, dato che la classificazione va da G1 a G5. Tuttavia le apparecchiature elettroniche, i GPS, le telecomunicazioni, sembrano aver superato indenni quella che era stata preannunciata come la più intensa tempesta solare degli ultimi 5 anni. Erano previste anche aurore boreali, in quanto le radiazioni sprigionate dalla nostra stella, che investono il campo magnetico terrestre nelle zone polari, avrebbero dovuto rendere manifesti i fenomeni ottici caratteristici; ma la delusione per il mancato evento è stata forte. Secondo gli scienziati, la tempesta ha raggiunto il suo livello massimo intorno alla mezzanotte del giorno 8 sulla costa est americana, le ore 6 di mattina del giorno 9 in Italia, non causando effetti significativi, ma provocando un black-out delle comunicazioni radio ad alta frequenza dall'est dell'Africa all'Australia orientale, durato 2 ore. Gli scienziati hanno annunciato il protrarsi di tali attività solari anche nei prossimi mesi. Giuseppina di Paola Maggio 2012, drammatiche notizie giungono dall'Università John Hopkins, Baltimora, USA. Un gruppo di astronomi coordinato da Suvi Gezari assiste impotente ad uno spettacolare quanto scientificamente rilevante atto di "fagocitosi astrale": una gigante rossa, stella tra le 0.5 e 10 masse solari, in una tardiva fase di evoluzione è attratta e lentamente assorbita da un buco nero supermassiccio, 2 milioni di volte più grande del Sole, mai individuato prima. L'evento è stato notato già dal maggio 2010, grazie ad un'anomala diffusione di radiazioni provenienti dalla stella morente. Dall'osservazione del fenomeno è stato possibile ricavare importanti informazioni riguardanti la natura e l'azione dei buchi neri, che tutt'ora rappresentano uno dei più misteriosi oggetti dello spazio. Immediatamente, illustri ricercatori da varie parti del mondo si sono dichiarati affascinati e fortunati per l'accaduto: Edo Berger del Centro di astrofisica Harvard-Smithsonian in Massachusetts ha dichiarato che un evento simile è osservabile con una frequenza di una volta ogni 10 mila anni. Tale rarità, tuttavia, rende i dati raccolti non facilmente verificabili e ne rallenta lo studio. Per ora è abbastanza certo che i buchi neri sono oggetti spaziali formatisi dall'esplosione di una stella con una massa almeno 10 volte maggiore di quella solare, a cui segue un'implosione che porta tale massa a collassare su se stessa e a condensarsi in poche decine di kilometri. Ciò rende i buchi neri i corpi più densi dell'universo e, conseguentemente, quelli con la maggiore attrazione gravitazionale, tanto che la velocità di fuga necessaria per sfuggire al loro cosiddetto "orizzonte degli eventi" (ovvero la parte più esterna del buco che ne rappresenta l'entrata) è nettamente superiore anche a quella della luce; il che giustifica l'attributo "neri" e la loro invisibilità ai telescopi. Essi sono osservabili solo in particolari condizioni, grazie, ad esempio, a effetti di rifrazione della luce o alla vicinanza di altri corpi che entrano nella loro orbita e ne sono poi assorbiti, come in questo caso. Ne inventori attualmente note non sono valide nei buchi neri e non sono ancora sufficienti a spiegare le forze dell'universo. Tuttavia le immagini della morte della stella hanno fatto presto il giro del mondo e costituiranno di certo un elemento rilevante per gli studi futuri, nonostante l'evento sia alquanto datato: è accaduto a 3 miliardi di anni-luce di distanza, quindi circa 3 miliardi di anni fa, ma è stato percepito solo da poco a causa del tempo necessario alla luce per giungere dal "luogo del delitto" alla Terra ed è dunque, paradossalmente, una notizia giornalistica incredibilmente "vecchia". Gianluca Morone domandeinsistenti È possibile trasformare una realtà inquinante e fastidiosa in risorsa energetica a basso impatto ambientale? Sembrerebbe di sì, o almeno così la pensano alcuni tra i pochi cervelli italiani non ancora in fuga all'estero. Un ingegnere elettrico, Andrea Pirisi, uno specialista di sistemi di software e di automazione industriale, Massimiliano Nosenzo, un esperto di mercati finanziari, Andrea Cornero, e il professor Riccardo Enrico Zich, ordinario presso il Politecnico di Milano, hanno vinto il “Premio Impresa Innovazione D2T Start Cup” di Trentino Sviluppo nell'edizione 2010 con il progetto Lybra. Dopo aver costituito una società, tutta italiana, denominata UP (Underground Power), i quattro di Monza lavorano assiduamente per completare Lybra, un dosso stradale attraverso il quale si può ricavare energia elettrica. Il dosso artificiale produce corrente elettrica dal moto del traffico automobilistico: esso non solo rallenta la velocità del veicolo, ma per giunta ne sfrutta la forza cinetica dispersa in frenata, trasformandola in energia elettrica immessa direttamente nella rete nazionale, nell'illuminazione pubblica o in una stazione di ricarica per auto elettriche. Un'auto di una tonnellata che rallenta da 40 a 20 km/h spreca 46.296 joule, ossia quasi 13 W/h. Quindi, in media calcoliamo 10 W/h per ogni vettura per un totale di 40.000 kW/h l'anno, e tutto ciò con un solo dissuasore di velocità. Stiamo parlando di energia che ciascuno di noi butta via ad ogni stop tutti i giorni. Lybra può essere posizionato in modo particolare in alcune zone di rallentamento, come caselli autostradali, stazioni di sosta e simili, è stata addirittura ipotizzata, e nella maggioranza dei casi dimostrata, la presenza al centro delle galassie conosciute, spiegando così vari effetti, come nuove stelle che fuoriescono dalle galassie a causa della forza repulsiva generata dall'attrito con altra materia attratta nei pressi dei buchi. Ma il mistero più grande resta cosa avviene al loro interno: si è supposto che siano pozzi senza fondo, o canali spazio-temporali che possano condurre a zone differenti del tempo e dell'universo tramite i "buchi bianchi", oggetti teoricamente contrari ai neri secondo la legge della relatività generale di Einstein, e dotati di una forza antigravitazionale ma mai effettivamente osservati. A raffreddare gli animi delle menti più fervide sono recentemente giunte, però, le dichiarazioni di Charles Liu, astrofisico del Museo di Storia Naturale di New York, che si è così espresso sulla possibilità di attraversare un buco nero: «Se cadessimo in un buco nero, come prima reazione il nostro corpo diventerebbe simile ad un dentifricio gettato fuori rapidamente dal suo tubo. Subiremmo il processo di spaghettificazione, descritto dal fisico britannico Martin Rees, per trasformarci in un flusso di particelle subatomiche che spiraleggiano verso il buco nero. Purtroppo il nostro cervello si dissocerebbe nei suoi atomi costituenti quasi istantaneamente, si avrebbero quindi poche possibilità di immergersi nell'incredibile scenario». Liu conclude sostenendo che se non giungesse subito la morte, l'esperienza «ci permetterebbe di visualizzare tutta la storia del buco nero contemporaneamente, dal Big Bang al futuro lontano». Insomma le leggi fisiche in modo da tramutare un grande problema come quello del traffico in una risorsa. I test di laboratorio confermano che 100 passaggi sul dosso equivalgono ad una quantità energetica pari ad 1 kW/h; facendo un po' di calcoli, con il passaggio di circa 5000 auto all'ora si produce un quantitativo energetico in grado di fornire elettricità per un anno a 20 appartamenti (in una sola ora!). Sembra che semplicità sia il sinonimo di Lybra, poiché tutto è contenuto all'interno di una pedana di soli 10 cm di altezza. Di veloce installazione, occorrono poche ore di lavoro per fissarla al manto stradale. Anche la manutenzione è semplice, poiché il dosso è costituito da moduli indipendenti, rapidi da sostituire. All'interno non vi sono gas, parti rotanti o trasmissioni meccaniche e la parte superiore è rivestita dalla gomma tradizionale, riciclata da vecchi pneu- matici consumati. Inoltre, ove non sia consigliabile l'installazione di dossi, Lybra può essere anche interrato a livello della strada. Uno svantaggio? Probabilmente il costo, poiché non se ne conosce l'entità, anzi non ve n'è alcun accenno in nessuna delle interviste concesse da Pirisi. Fortunatamente la società UP è già stata finanziata dalla provincia di Trento (sede della società), dalla città natale del Pirisi, Monza, e dal gruppo bancario Intesa San Paolo, raccogliendo in tutto circa 60.000 €, che bastano a far partire la produzione dell'attuale prototipo prevista entro la fine dell'anno. Speriamo che l'Italia, anche in un momento di crisi economica, investa in un progetto comunque remunerativo, soprattutto perché la crisi che stiamo vivendo è anche energetica. Giuseppe Petrillo Marte è il quarto pianeta del sistema solare e può essere facilmente osservato dalla Terra. Nel 1965 fu avvicinato per la prima volta da una sonda. Nel 1976, dopo ben undici anni, fu raggiunto dalle sonde Viking e Viking II, che atterrarono su Marte con la missione di scoprire nuove forme di vita. Successivamente sono state numerose le sonde, sia europee che statunitensi, che hanno permesso di conoscere meglio il pianeta. Si è giunti negli ultimi giorni ad eseguire un'analisi di tipo matematico sulle informazioni raccolte nel corso degli anni, arrivando alla sensazionale scoperta della presenza di alcuni microrganismi sul pianeta rosso. Sono stati, infatti, analizzati di nuovo i risultati dei test eseguiti dai due lander (navicella spaziale che discende e sosta su un corpo celeste) atterrati su Marte dopo l'invio delle sonde Viking e programmati per eseguire esperimenti di biologia. Dei tre test effettuati solo uno ha avuto successo e, dunque, data la scarsa chiarezza dei risultati, essi non sono stati tenuti in considerazione. Oggi, dopo più di trent'anni, alcuni ricercatori, tra cui Giovanni Biancardi, chimico e biologo docente di Astrobiologia all'Università di Siena, Gilbert Levin, autore del test positivo 36 anni fa, Joseph Miller, neurobiologo dell'Università della California, si sono fatti promotori delle operazioni di rianalisi, che hanno portato alla straordinaria scoperta. Ma frenate gli entusiasmi: gli stessi ricercatori hanno affermato che quanto scoperto non è sufficiente per dimostrare l'esistenza di vita su Marte quanto, piuttosto, servirà ad incoraggiare le prossime missioni sul pianeta. Floriano Prete Anno V - Numero 13 - giugno 2012 COMITATO DI REDAZIONE DIRETTORE: Armando Di Leone VICE-DIRETTORE: Pellegrino Gillo SF Politica interna - Melania Simone SF Cronaca locale - Alessandra Panza SF Nel mondo - Guido Plensich SF Società - Cindy Adamo SF Scienze - Gianluca Morone SF Cultura - Raffaele Pelosi SF Scuola - Maria Di Paola - Raffaella Foschini SF Spettacolo - Marco Mancini SF Musica - Adolfo Di Crosta SF Sport - Antonio De Nicola Coordinatore: prof. Gaetano Panella Istituto di Istruzione Superiore Telesi@ Redazione presso Liceo Scientifico Via Municipio - Guardia Sanframondi per contatti: [email protected] GIUGNO 2012 8 Maria Di Paola commiatidirito C'erano una volta trenta fanciulli che un bel giorno, impauriti ed emozionati, varcarono per la prima volta la soglia del Liceo. Guardiesi, cerretesi, laurentini, piccole ma grandi rappresentanze di San Lupo e Castelvenere: «è qui la festa!» Tra prime conoscenze e primi pettegolezzi sul pullman, tra espatri extracomunali ed extralarge, pian piano iniziarono a conoscersi. Alcuni solo per poco, ma per altri nacquero simpatiche amicizie. Primi scambi culturali, prime feste paesane, prime passeggiate nel “paese dei pali e dei cani”. Al termine del primo anno qualche fanciullo smarrì la strada, ma il suo posto fu subito colmato con l'arrivo di altri: una telesina molto desiderosa di entrare nella numerosa II A e un laurentino costretto ad entrarci. Strani compagni di banco, alcuni “liberi” da ogni costrizione, altri imprigionati al primo banco, pronti a rispondere ad ogni domanda. «Qui saurait me le dire» chi erano? Fu così che verso la fine di aprile l'allegra comitiva si avventurò nel paese del gelato più buono del mondo e in quello in cui ambientarono “New Moon”. Ecco i protagonisti: un libero piastrato, un simpatico Brigidino, due donne sempre attive a tutte le ore, in tutti i luoghi, un cristiano che per nascondere gli amici un po' brilli divenne molto lusinghiero “Professoressa, che bel pigiama!”, un uomo-gita celebrato da una canzone! Dopo un'estate ricca di scampagnate e varie “smacchiettate”, piccoli militari crebbero, una donzella e due laurentini invertirono la rotta, il resto si preparò per un nuovo ciclo: il triennio. Nuovi professori, nuove materie, nuovi legami, primi litigi. Una giovane prof. di italiano che si ambientò benissimo tra gli adolescenti che crescevano, tra le “oche del Campidoglio”. Anche se sconvolti dalle prime lezioni di filosofia, poi iniziarono pian piano ad apprezzarla. Non fu così, invece, per altre materie. I fanciulli iniziarono a conoscere i pro e i contro della scuola, assumendo un atteggiamento critico quando le cose non filavano per il verso giusto. Si accentuarono anche le divisioni all'interno del gruppo classe, come si poté benissimo notare durante la gita a Firenze. Fu proprio lungo le rive dell'Arno che alcune amicizie diventarono speciali ed altre vennero messe a dura prova. Nelle passeggiate notturne, sotto lo sguardo di un Dante austero, si svolsero incontri particolari. Si ripeté il '15-'18 per conquistare le proprie cabine sul treno ed affrontare uno stancante viaggio sino a Santa Maria Novella. Tra i “Gianna, Gianna” intonati sulla cupola del Brunelleschi, le cantate vagone per vagone, le chitarre immancabili, le delusioni per i crediti non raggiunti, giunse così il IV anno. Il gruppo diminuì ancora e i legami si frammentavano sempre più. Ad unire i pezzi di questo puzzle furono i 18 anni… Ebbene sì, i fanciulli del '93 divennero maggiorenni. Scherzi da preparare, regali da comprare, video da registrare. Prime uscite in macchina, guide un po' spericolate, ma anche cambiamenti continui di docenti. «È vero?!» Ancora diverbi con particolari insegnanti, ma non mancarono le intese con altri. Progetti pomeridiani, viaggi invernali e internazionali. Non si accontentarono del pullman, né tantomeno del treno: questa volta preferirono volare. Tra timori, palle di neve e trdlo, tra corone, disco e vin brulè, Praha li accolse con la sua magica atmosfera prenatalizia. Tra debolezze alla ricerca di “bionde” e “bambine” e il coraggio nell'affronto con i russi particolarmente violenti, anche quest'anno volse al termine. Ed eccoli lì ad affrontare l'ultimo anno, quello che solitamente è considerato il più bello, il più emozionante, il più intenso, insomma, semplicemente l'ultimo, quello che dovrebbe rendere uno schizzo un'opera d'arte. Ma, come tutti sanno, ogni regola ha la sua eccezione ed “il mondo è bello perché è vario”. Nella V A l'imperativo diventa “mors tua, vita mea”, finalmente cadono le maschere, i fanciulli diventano un po' più egoisti, ma in fondo sinceri. Si pensa all'università, al dopo, distruggendo il presente. Si sogna una svolta di vita attraverso gli orientamenti, si sente odore di libertà. Allo stesso tempo, però, c'è l'ansia e la paura di lasciare la politicascolastica strada vecchia per una nuova, perché si sa quello che si lascia, ma non quello che si trova. I mesi vanno avanti velocemente, ma non i programmi. L'esame è alle porte, ma per il momento preferiscono continuare ad assaporare questi ultimi giorni, queste ultime ore. Si cullano nel ricordo della Rambla, del profumo della paella, delle notti sulla nave, del caldo spagnolo credendo di trovarsi ancora lì. Si aggrappano con forza alle ultime spiegazioni di matematica, di storia, di italiano… Hanno la consapevolezza di aver dato, chi più chi meno, e di aver ricevuto il meglio, da tutti, e per questo sono sicuramente riconoscenti alle loro guide. Nonostante tutto, questa non è una favola, non vissero proprio tutti felici e contenti, ma l'importante non è quello che si trova alla fine di una corsa, ma quello che si prova mentre si corre. E quando l'ultimo giorno di scuola dell'ultimo anno di liceo suonerà la campanella dell'ultima ora, i nostri fanciulli saranno convinti che quello sarà l'ultimo secondo della loro adolescenza. Sentiranno il bisogno di sottolineare l'evento con una frase storica come: «Che la forza sia con noi!» oppure «Campioni del mondo, Campioni del mondo, Campioni del mondo!». Un grazie sincero a tutti! Maria Di Paola Raffaella Foschini laparolaallapreside Senza Filtro sottopone la questione del liceo di Guardia Sanframondi anche alla Preside dell’IIS Telesi@, prof.ssa Di Sorbo. «Abbiamo saputo del provvedimento solo a cose fatte. Non abbiamo avuto il tempo di essere né favorevoli, né contrari». Senza filtro intervista il sindaco di Guardia Sanframondi, Floriano Panza, per ottenere delucidazioni sulla questione della separazione del liceo scientifico di Guardia dall'I.I.S. Telesi@ e del conseguente accorpamento con l'I.I.S. Galilei-Vetrone di Benevento. S.F.: Da cosa è scaturita la proposta di staccare il liceo scientifico di Guardia Sanframondi dall'I.I.S. Telesi@? F.P.: La richiesta che ha fatto il Comune è stata quella di unificare la presidenza delle due scuole superiori di Guardia Sanframondi, ossia l'Istituto Agrario e il Liceo Scientifico. Da quest'anno, quindi, avremo un solo preside e avremo la possibilità di un colloquio più diretto con un solo soggetto, che si farà carico di promuovere gli istituti di Guardia. Da quest'anno sarà inoltre possibile che il liceo scientifico di Guardia si presenti anche presso le scuole medie del territorio per dimostrare il suo valore e riuscire ad avere più iscritti rispetto agli anni precedenti. S.F.: Questo collegamento non poteva essere effettuato mantenendo la dipendenza dall'I.I.S. Telesi@? F.P.: Sinora nella storia del collegamento del liceo scientifico di Guardia con il liceo di Telese, i ragazzi sanno benissimo che il liceo di Guardia è stato sempre escluso dall'orientamento presso le scuole medie, che poi sono tributarie dei ragazzi che andranno al liceo. La potenzialità di Guardia è notevole, basti vedere l'aumento di iscritti che c'è stato quest'anno. Quindi abbiamo voluto fare una scommessa: dall'anno prossimo, con una maggiore conoscenza delle qualità della didattica della scuola di Guardia, riuscire ad avere più iscritti degli anni scorsi. S.F.: Perché la scelta di accorpare il suddetto liceo con l'Istituto Gali- lei-Vetrone di Benevento? F.P.: L'Istituto Galilei-Vetrone di Benevento ha due caratteristiche: primo, gestisce già la scuola agraria di Guardia, secondo, ha già un liceo scientifico. S.F.: Secondo la sua opinione, questo cambiamento gioverà al liceo, innalzando il suo livello già discretamente alto, o segnerà un punto di svolta in senso negativo, a causa dell'accorpamento con istituti tecnici del Galilei-Vetrone, quali l'I.T. Geometri e l'I.T. Agrario? F.P.: Adesso la scommessa riguarda i ragazzi e i professori, e riguarda anche l'amministrazione comunale. Abbiamo, come si suole dire, una bicicletta e dobbiamo pedalare. Noi come paese abbiamo un liceo scientifico che presuppone l'iscrizione successiva all'università, e più quest'istituto si qualifica per serietà e per scrupolosità della didattica e più gli alunni si iscriveranno. Poi abbiamo la possibilità di una scuola tecnica, non un istituto professionale, molto legata al territorio e quindi ci dovranno essere insegnanti che credono in quello che fanno e che saranno in grado di garantire un'alta qualità. Adesso Guardia è nella piena consapevolezza che se riesce a garantire delle scuole di qualità, i ragazzi vorranno venire. S.F.: È prevista la creazione di una segreteria scolastica nel liceo di Guardia? Oppure sarà obbligatorio per i genitori degli alunni recarsi a Benevento? F.P.: Dagli accordi che noi abbiamo preso con la preside diventerà tutto più semplice, sia per quanto riguarda la segreteria, che sarà distaccata a Guardia tramite la presenza di una persona, sia per quanto riguarda il colloquio con i genitori, che avverrà qui a Guardia. Inoltre, voi ragazzi non vi dovrete più recare per una qualsiasi cosa sempre a Telese, ma riuscirete a vivere in una scuola che ha una sua autonomia. S.F.: Speriamo… La decisione sembra essere stata presa con molta discrezione. Perché non sono stati informati e consultati i docenti e gli alunni del liceo di Guardia? F.P.: Abbiamo presso il Comune un gruppo di persone, tra cui anche professori, con i quali l'Amministrazione comunale si confronta sempre prima di prendere decisioni nell'ambito scolastico. Quindi un contatto con le scuole di Guardia c'è stato. Ovviamente nella mobilità della politica e dei rischi che la politica ha in sé, se noi avessimo divulgato in maniera trionfalistica queste nostre decisioni probabilmente ci sarebbero state delle contromisure. Come ci sono state, del resto, da quanto abbiamo potuto verificare, poiché l'Istituto Telesi@ ha fatto una resistenza estrema alla nostra volontà. Quindi ci si è mossi con sufficiente democrazia, con la discrezione necessaria per evitare che poi non andassimo in porto con il progetto. Maria Di Paola Comunicazione del responsabile di progetto Senza Filtro Nell'intervista rilasciata alla nostra redattrice, il sindaco di Guardia Sanframondi dichiara che la proposta di accorpare il liceo al Galilei di Benevento è stata resa nota a “professori con i quali l'Amministrazione comunale si confronta sempre prima di prendere decisioni nell'ambito scolastico”. Il sottoscritto, in servizio presso il liceo di Guardia dal 2007, fa presente che all'interno della scuola nessun insegnante era al corrente di quanto si stava discutendo, fino a comunicazione della dirigente Di Sorbo, avvenuta in seno ad uno straordinario Collegio dei docenti. Il Comune di Guardia, pertanto, contrariamente a quanto riferisce, non ha mai realizzato alcuna consultazione ufficiale con i docenti del liceo, non ha stabilito alcun “contatto con le scuole di Guardia”. Se qualche parere è stato chiesto a qualcuno che opera nel liceo, e se qualche parere è stato espresso, esso va considerato come opinione pronunciata a titolo personale, e non certo rappresentativa del corpo docente del liceo di Guardia. prof. Gaetano Panella L'istituto Telesi@ ha potuto avere solo il ruolo di osservatore, visto che io sono stata messa al corrente della notizia solo a fatti ormai deci- si, anche se non ancora avvenuti, ma impossibili da modificare. Con queste premesse, quindi, non ha alcuna importanza il mio essere favorevole o contraria, visto che nulla si poteva modificare. Avviare un istituto verso l'autonomia in un momento come questo in cui ci sono contrazioni di scuole mi sembra una previsione un po' azzardata, ma ognuno può dire quello che vuole. In ogni caso, io auguro al liceo di Guardia il meglio che si possa augurare ad una istituzione scolastica: funzionare nel migliore dei modi possibili. Non so se i professori di Guardia fossero al corrente del distacco dal Telesi@, quello che mi è apparso nel Collegio dei docenti in cui io stessa ho annunciato la notizia è che loro non erano al corrente di nulla! Certamente, per quale motivo il progetto di un Polo scolastico dovrebbe non essere ancora valido? Credo sia sempre più importante pensare alla costruzione di un Polo scolastico, visto l'aumento di iscritti e l'esigenza di fare scuola in modo diverso e non solo tra aule a forma di scatole! La Dirigente d’Istitituto prof.ssa Domenica Di Sorbo “La scienza deve essere compresa nel suo significato più ampio, come un metodo per capire tutta la realtà osservabile, e non semplicemente come uno strumento per acquisire conoscenze specialistiche” (A.Carrell). Oggi studiamo su libri, sottolineiamo, appuntiamo, cancelliamo… ma domani? La realtà sta cambiando e per stare al suo passo anche la scuola. Ai vecchi metodi d'insegnamento si sono sostituiti alcuni più nuovi e “accattivanti”: slide, tablet, LIM, e tutto ciò che può aiutare l'alunno ad apprendere in maniera più rapida. I ragazzi oggi sono abituati a trascorrere pomeriggi davanti uno schermo, che sia la televisione o il computer, a scrivere su una tastiera, a stare completamente immersi nell'era tecnologica. E allora perché non farli sentire a proprio agio anche a scuola? È così che la Direzione Generale per gli Studi, la Statistica e i Sistemi Informativi hanno promosso il “Piano Scuola Digitale” per modificare gli ambienti di apprendimento attraverso l'integrazione delle tecnologie nella didattica. Già in diverse scuole d'Italia si è assistito a questa “rivoluzione” con l'avvento, anche nelle scuole più piccole, della lavagna interattiva: è un dispositivo elettronico che ha le dimensioni di una tradizionale lavagna d'ardesia, sulla cui superficie è possibile scri- vere, gestire immagini, riprodurre file video, consultare risorse web. È evidente che tale novità facilita enormemente il compito degli insegnanti e velocizza le lezioni: è possibile fare approfondimenti in tempo reale grazie alla sua possibile connessione a Internet, si può costruire una figura geometrica senza perdere tempo nel cancellare e ridisegnare, e tutto ciò è accompagnato dalla maggiore attenzione che gli alunni prestano alla materia affrontata. Si possono salvare percorsi didattici, così da poterli riutilizzare o facilitarne l'accesso ad altri studenti, in particolare agli assenti. Le generazioni future nasceranno già in quest'era. Per loro utilizzare dispositivi di così avanzata tecnologia anche a scuola sarà la normalità, così come per noi è lo studio su materiale cartaceo. La loro preparazione non sarà inferiore alle precedenti. È a noi che il passaggio risulta brusco, quasi inconcepibile, ma solo perché non abituati a leggere su uno schermo piatto che non si può sfogliare, scriverci sopra o inserire un segnalibro. Rientra in tale innovazione anche l'istituzione on-line dei libri di testo. Milioni di italiani ogni anno sono costretti a fare i conti con l'acquisto di nuovi libri scolastici sempre più costosi e sempre più numerosi. La maggior parte degli editori «sfrutterà gli strumenti informatici per trasferire su supporto digitale una parte dei contenuti oggi diffusi solamente su carta, così da ridurre la foliazione dei testi stampati e, conseguentemente, una riduzione dei costi di produzione. I risparmi così ottenuti potranno tradursi in un contenimento dei prezzi di copertina, a beneficio dei consumatori», spiega l'Antitrust. Inoltre, si avrà come vantaggio la possibilità di utilizzare un singolo testo per più anni, favorendo anche la rivendita di volumi usati. Tutto sarà diverso: le lezioni, lo studio, e anche l'Esame di Maturità. Si faranno esercizi e compiti in classe strutturati secondo domande a risposta chiusa… Nel futuro si scriverà ancora? O meglio, si saprà ancora scrivere? “Ai posteri l'ardua sentenza!” Raffaella Foschini GIUGNO 2012 Raffaella Foschini governoescuola gridareallupo Sono i “bamboccioni”, i mammoni, gli sfigati e poco desiderosi di mettersi in gioco. Chi? I giovani italiani di oggi! Coloro che saranno il domani! Coloro che crescono, secondo i nostri “tecnici”, con l'idea del “posto fisso” “nella stessa città vicino a mamma e papà”! Ma… di quali giovani parlano? Non si parla certo di quelli che, conseguito il diploma, carichi di speranze e volontà, dopo anni di sacrifici, ne affrontano altri con la speranza di laurearsi, credendo che tutte quelle ore sulle “sudate carte” porteranno ad ottenere, magari un domani non molto lontano, un riscontro nella società. È vero! Una cosa la ottengono! Dopo anni di studio ottengono il loro bel pezzo di carta, che resta pezzo di carta, un passaporto per un'isola che non c'è! Si affannano per seguire stage all'estero, corsi per l'apprendimento di lingue straniere, dottorati e una serie di qualifiche che non solo ampliano la propria formazione professionale, ma che dimostrano anche il desiderio di gridare alla società del lavoro: “Guarda, sono pronto! Ho tutte le carte in regola per rivestire le cariche per le quali ho faticato!” Invece no! E questo capita in un Paese in cui l'immobilità più che addossarla ai giovani bisognerebbe attribuirla al sistema, schiavo ancora del favoritismo, del clientelismo, del partitismo, del nepotismo, in barba alla meritocrazia. E così restano iperqualificati e costretti, a malincuore, a svolgere (come dimostrano le inda- gini dell'AlmeLaurea) impieghi sottopagati e lontani da quello per cui sono preparati. I colleghi dei Paesi vicini, invece, rivestono le cariche per cui si sono impegnati con i loro studi. Il nostro Paese, intanto, vanta il minor numero di giovani laureati che lavora. Quindi, se molti di loro, stanchi di non essere valorizzati come meriterebbero, una mattina partono, superano i confini, e si stabiliscono all'estero, dove le opportunità per le loro qualifiche ci sono, non sono certo da biasimare! E se lo fanno non è di certo per dar valore a quell'idea comune che i giovani vogliono per forza fuggire dall'Italia, ma semplicemente la loro scelta è frutto di una constata- zione di fatto: è qui che non si ha fiducia in loro e nelle loro capacità, che dopo cinque anni dalla specializzazione ancora restano inespresse. Qui è sicuro che rimarrai precario per un bel po'! Perché non ci sono finanziamenti per promuovere i nuovi progetti, perché non accetti il fatto che quello per cui hai lavorato tanto non puoi farlo, e rimani per il resto della vita “a piedi”, con la speranza di affermarti in ciò in cui credi. Questa cattiva gestione del mondo del lavoro nel nostro Paese ha generato due diverse condizioni: da una parte chi non crede più nella cultura del “pezzo di carta” e si dedica da subito alla ricerca di un lavoro, e finisce a svolgere lavori “part-time” (altro che posto fisso! Quello resta sempre per pochi eletti!) che non permettono di sopravvivere, con quello che si guadagna, se non restando in famiglia. Dall'altra c'è, invece, chi continua a studiare e a sperare, ma poiché non ha un guadagno, non può allontanarsi dalla famiglia (i bamboccioni vicino a mamma e papà ci restano perché costretti dalle circostanze!) e alla fine va ad alimentare il fenomeno del “brain waste”(lo spreco dei cervelli), ossia lo svolgimento di un lavoro nettamente inferiore alla propria formazione, o del “brain drain”(la fuga dei cervelli), la ricerca del lavoro al di fuori dei confini nazionali. Bene! Allora dove sono questi giovani fannulloni? Prima di trarre conclusioni e parlare di “bamboccioni” probabilmente c'è da fare un'attenta analisi di quanto accade in Italia nel mondo del lavoro negli ultimi anni (soprattutto per quanto riguarda i giovani e la meritocrazia!), fare una profonda autocritica e cercare di porre i rimedi più idonei! Carmen Pigna eluderelacrisi Nella manovra Monti, di cui si sente tanto parlare da un bel po', sono stati affrontati numerosi problemi economici e, allo stesso tempo, sono stati proposti alcuni decreti per permettere all'Italia di migliorare. Degni di nota sono stati i tagli alla politica, l'aumento del 2% sia sull'IVA del 21% che su quella del 10%, la super-tassa su imbarcazioni, elicotteri, aerei privati ed auto di lusso e, come ciliegina sulla torta, l'ennesimo aumento di altri 5 centesimi sulla benzina. E non sono stati trascurati il canone RAI, la riduzione del debito pubblico, la prescrizione delle Lire, l'Antitrust… Sembrerebbe quasi che si sia discusso di tutto ciò di cui fosse possibile discutere, ma non è proprio così. Sembra si siano dimenticati di “noi”, e per noi intendo la scuola. Monti nel suo primo discorso da premier ha parlato di scuola, ma è stata una delle pochissime volte che l'ha nominata! Infatti nella sua “manovra” non c'è neanche l'ombra di proposte che la riguardano. A questo punto qualcuno, leggendo il testo della sua manovra, potrebbe pensare che tale “tattica” (se così la si può definire) sia stata positiva, perché non sono stati apportati ulteriori tagli in questo settore. Tuttavia dobbiamo ricordare che il governo precedente ha tagliato i contributi economici destinati alla scuola; di conseguenza, la manovra Monti, mancante in riforme riguardanti l'istruzione, ha lasciato la situazione della scuola nelle sue pessime condizioni, anzi, pensandoci bene, le ha peggiorate. A ben osservare, infatti, aumentando l'età pensionabile non si assisterà ad un ricambio di docenti, e quindi nelle aule saranno presenti insegnanti sempre più anziani. In tal modo la qualità dell'insegnamento scenderà progressivamente, perché i professori più “vissuti” potrebbero dimostrarsi restii alle novità. La loro educazione potrebbe rischiare di non essere al passo con i tempi. Tutti chiedono una riforma: studenti, genitori, docenti di ruolo e precari Protestano e scioperano nelle piazze di tutta Italia. Vogliono una riforma che modifichi tale situazione al fine di rendere l'istituzione scolastica un ambiente vivibile e moderno. A preoccupare maggiormente sono le parole del Ministro dell'Istruzione Profumo, il quale ha affermato di essere pronto a dialogare con tutti, partendo dal presupposto che la Riforma Gelmini non si cambia. Ma per sentirsi dire queste cose non bastava già il Ministro Gelmini? Giuseppe De Vincentis tiriticcotiamerò Maurizio Tiriticco, ex ispettore tecnico e docente all'Università Roma Tre, commenta il libro di Marcello Dei “Ragazzi si copia. A lezione di imbroglio nelle scuole italiane” in una lettera che, su iniziativa della preside Di Sorbo, è letta nelle classi del Telesi@, provocando le reazioni degli studenti, alcuni dei quali sentono il dovere di intervenire. Avere il proprio genitore come maestro? Succede a Pejo, in Trentino, dov'è stata istituita la prima scuola parentale d'Italia. Scelta inconsapevole? No, una risposta ai tagli all'istruzione. Ore 8:30 di mattina: a Pejo, sui monti del Trentino a 1400 metri d'altezza, suona un campanaccio. Sì, proprio un campanaccio. Si trova all'entrata di una casa circondata da un prato: ha ormai sostituito la campanella della scuola pubblica locale, che non c'è più. È stata chiusa a causa dei tagli dell'istruzione, con l'obbligo per tutti gli scolari di Pejo di salire su un pullmino alle 7 del mattino. Destinazione? Il nuovissimo e scintillante istituto di Celledizzo, paesino a mezz'ora di distanza. Peccato che d'inverno, con la neve, la fatidica mezz'ora si trasformi in un'eternità. Ma come comportarsi allora? I genitori di Pejo non si sono persi d'animo. Anzi, hanno deciso di auto dirigersi e con l'aiuto di alcuni maestri volontari e di una guida turistica hanno creato il primo esempio di scuola parentale d'Italia. Il suo nome? “Scuola Pejo Viva”! Ma analizziamo più approfonditamente questo inusuale tipo di scuola. Al posto delle comuni e spesso noiose maestre, le lezioni sono tenute dai genitori. Ogni mattina, infatti, a Pejo troviamo 2-3 genitori e un docente volontario. Ad esempio il lunedì e il giovedì arriva Alberto, il maestro di italiano, che avendo perso la cattedra di lettere ha deciso di aiutare i bambini del paesino. Il venerdì è la volta di Fulvio, maestro di matematica, che ha messo a disposizione della simpatica scuola il suo giorno libero. Il mercoledì arriva, invece, Felica Longhi, guida turistica e insegnante d'inglese. “What colour is this?” chiede indicando il verde più vicino dei pini oltre la finestra. “Green!” urlano i bambini. Ma non mancano i maestri improvvisati! Primo fra tutti Guido Mareschini, guardia forestale e papà di Davide, 6 anni. Con lui imparare a riconoscere piante e fiori o capire come gli scoiattoli si preparino in vista del lungo inverno è un vero spasso. E che dire di papà Mario, maestro di sci e guida alpina? “La nostra palestra sono le piste, le arrampicate e le passeggiate nei boschi qui intorno”, raccontano i piccoli. Ebbene sembrerebbe proprio una pacchia… Ma non è proprio così! “Qui seguiamo i programmi ministeriali” spiega mamma Anna. E benché non ci siano pagelle, comunque ogni bambino al termine di ogni anno scolastico viene sottoposto ad un esame, proprio come vuole la legge. Secondo la Costituzione italiana, infatti, la famiglia non ha l'obbligo di seguire programmi ministeriali o di mandare necessariamente i propri figli a scuola ma di “dare un'istruzione adeguata all'età, alle attitudini e ai bisogni educativi del bambino”. E quali sono i pro e i contro di questa didattica? Tale tipo di scuola favorisce l'insegnamento collettivo, focalizzato e divertente. E anche gli stessi genitori acquistano conoscenze eccezionali. D'altra parte, però, le mamme e i papà devono distinguere bene i loro ruoli a casa e a scuola, senza fare preferenze tra i vari alunni. È anche vero che la maestra ha un'autorevolezza che un genitore non sempre riesce ad acquisire, e per quanto i voti possano creare tensioni ai bambini, essi sono comunque “necessari per capire se i loro sforzi sono premiati o se devo correggere il tiro”, afferma il docente di filosofia dell'Educazione Duccio Demetrio. A volte bisogna saper andare oltre i classici modelli della società e saperne creare nuovi. Infatti, come affermava John Stuart Mill, “la natura umana non è una macchina da costruire secondo un modello e da regolare perché compia esattamente il lavoro assegnato, ma un albero, che ha bisogno di crescere e di svilupparsi in ogni direzione, secondo le tendenze delle forze interiori che lo rendono una persona vivente”. Rosa Marcuccio “Luca Cordero di Montezemolo un giorno ebbe a dire a degli studenti: «A scuola ero campione mondiale di copiatura: credo di non avere rivali per tecniche e sofisticatezza. Dunque anche chi copia ha speranza... Qualcosa si impara»” Copiare: che sensazione provoca? Negli studenti più diligenti può generare sdegno o rabbia. Ma chi commette l'infrazione come si sente? A seconda dello studente che copia possono sorgere diverse reazioni; due in particolare sono le più frequenti: lo studente “copio sempre perché non voglio studiare” è tra quelli più diffusi ed è molto esperto nell'arte del copiare. Egli spera di farla sempre franca, ma al contempo è conscio del fatto che la valutazione che gli viene attribuita non corrisponde affatto alle sue reali potenzialità; dunque si tratta sicuramente di un comportamento da evitare e contro il quale prendere provvedimenti. Lo studente “copio ma lo faccio perché la mia preparazione non è così approfondita” deve il suo atteggiamento, in sede di compito, principalmente alla sua non elevata voglia di impegnarsi fino in fondo. Capisce, anche in questo caso, che il risultato non rispecchia le sue potenzialità, ma interpreta il copiare come se fosse un modo per compensare la sua preparazione; in fondo il voto del compito comprende anche la valutazione della sua bravura a copiare. Si tratta più di una sfida con se stessi, il piacere di infrangere le regole, pur sapendo di poter conseguire lo stesso voto con un po' più di impegno. Talora, anche se ben più raro, è possibile la reazione “mi sento male perché ho copiato e la società mi vede come un ladro”. In fondo, un voto ad un compito delle scuole superiori, medie o elementari che siano, non pregiudica la fedina penale dell'alunno. Non è affatto dimostrato che copiare implichi diventare un ladro, ergo un trasgressore della legge. È certamente un'azione eticamente sbagliata, ma nei risvolti pratici non provoca grandi stravolgimenti. La situazione è diversa, ad esempio, se vengono commesse infrazioni durante concorsi pubblici o privati, per i quali i candidati si sfidano al fine di poter accedere al posto messo a disposizione da chi indice il bando. In quel caso vengono realmente testate le conoscenze individuali e allora è giusto che passi colui che ha un livello di preparazione maggiore. Guido Plensich “Questi ragazzini che vengono addestrati, nei comportamenti quotidiani, a sviluppare una mentalità mafiosa, fatta di complicità contro le istituzioni, una solidarietà omertosa, il cui obiettivo è ingannare chi è in cattedra.” Il signor Maurizio Tiriticco, sussumendo l'atto della copia a scuola al concetto più generico di inganno dell'autorità, pare sia giunto ad accomunarlo pretestuosamente al collaborazionismo criminale. Ormai, però, è ben nota la fallacia di tale tipo di sillogismo, risiedente non nell'ineccepibile consequenzialità delle argomentazioni, bensì nelle premesse: analogamente, ad esempio, si potrebbe accomunare la copia anche al collaborazionismo tra uomini contro qualcosa di più grande, la natura. In questo caso, nessun uomo penserebbe mai di condannare il "lavoro di squadra" contro la natura, di per sé inospitale e tendente ad isolare gli individui, come la scuola attuale. In base a cosa si decide quale sia eticamente sbagliato tra collaborazionismo scolastico, criminale e umano? Non si può far di tutta l'erba un fascio. Ovviamente l'uomo, essendo tale, non condannerebbe mai l'umanismo così come uno studente l'aiutino e il mafioso il crimine. Non è quindi biasimabile l'indignazione dello studente e del docente nel sentirsi paragonare a elementi criminali, pari a quella di un ladro paragonato ad un assassino. Il problema, giustamente individuato in seconda istanza invece, non dovrebbe essere ricercato negli alunni (in quanto l'altruismo è una delle caratteristiche tipiche della "specie") ma nell'odierna organizzazione scolastica, poco incline a motivarli e stimolarli, ma terribilmente efficiente a selezionarli artificialmente tramite un complesso sistema di classificazione, che focalizza l'importanza sul risultato e non sull'apprendimento. Tale processo tende logicamente ad alienare gli utenti dai propri interessi e ad automatizzarli. Lo studente perfetto secondo la società moderna: automa vacuo in grado di svolgere qualsiasi compito seguendo gli input impartitigli, senza scorciatoie e privo di coscienza di ciò che fa. Umano, poco umano… Gianluca Morone “In effetti, non è forse il modello stesso di scuola che sapientemente abbiamo costruito nel corso dei nostri 150 anni di storia nazionale a creare le condizioni del copiare? Che altro aiuto trovano i nostri alunni quando sono chiamati a prestazioni individuali?” Il mondo in cui ogni nuovo individuo italiano nasce, cresce e si forma è un luogo ove la morale trae le sue fondamenta dal modello economico capitalista. Così come ci insegna Marx, la sovrastruttura, ovvero l'insieme di quelle attività umane che concorrono a formare una società senza invadere il campo economico, dipendono totalmente dalla struttura, ossia l'insieme dei rapporti che si creano allorché l'uomo produce. La logica capitalista è ciò che di più semplice si possa immaginare: essa non ha bisogno di sforzi razionali individuali e sociali pratici per essere messa in atto. Così come nello stato di natura hobbesiano, il capitalismo rappresenta l'istinto umano di sopravvivenza, che tende a sottomettere l'altro al fine di primeggiare e, in tal modo, garantirsi un'adeguata distanza dalla lotta per la vita. In tale ottica si sviluppa la morale di ogni individuo vivente sul suolo di un paese Occidentale: ciò che veramente spinge l'essere umano ad alzarsi presto la mattina, lavorare ed impegnarsi è l'interesse personale. Anche la scuola, dunque, non può esimersi dall'influenza del capitalismo. Anzi, essa è la vera e propria fucina del futuro uomo capitalista, ove si forgiano esseri individualisti, senza scrupoli ed arroganti. Dunque, se analizziamo con tali premesse il fenomeno del copiare durante i test scolastici, non dobbiamo scandalizzarci quando ci accorgiamo che esso è fortemente radicato nel savoirfaire degli studenti. Il disinteresse per la cultura, la rabbia per il mezzo voto mancante, i metodi fantascientifici inventati per eludere il controllo dell'insegnante non sono che conseguenze di quella logica del profitto a tutti i costi che pervade la civiltà italiana. Del resto i metodi di verifica degli insegnanti non riescono a dare un quadro reale della situazione culturale in cui versano gli alunni: tra asettiche nozioni impartite a memoria e compiti scritti in cui fotocopie miniaturizzate e fogli protocollo si confondono, l'unico metro di giudizio dell'alunno non resta che la propria coscienza. Armando Di Leone GIUGNO 2012 10 Marco Mancini teatroinstrada televisioneintelligente Avignone, città della Provenza, ricca di storia e di monumenti architettonici, consacrata alla celebrità dalla Cattività Avignonese, ospita dal 1947 la più importante manifestazione teatrale della Francia e di tutto il mondo. La prima edizione di questa manifestazione ebbe luogo dal 4 al 10 settembre e fu organizzata dal regista e attore Jean Vilar. Oggi il festival si tiene per tre settimane nel mese di luglio. Si terrà dal 7 al 28 luglio la 66° edizione del Festival del Teatro più prestigioso del mondo. In questi giorni si potrà ammirare una trasformazione netta del centro storico della città: i muri degli antichi palazzi saranno invasi dalle migliaia di locandine create dalle varie compagnie teatrali. Tutte le ore del giorno vedranno le vie del borgo animate da artisti di strada impegnati a catturare l'attenzione dei passanti anche solo per pochi minuti. C'è chi allieta gli spettatori con monologhi, chi dà vita a veri e propri spettacoli di strada e chi anima i burattini. Non mancano gruppi musicali di tutti i generi, che si esibiscono soprattutto nelle ore serali. La kermesse di spettacoli che si tiene in strada è una delle due parti dell'evento: il 'festival off', la parte libera del festival, accessibile a tutti. Il ‘festival inn’, al contrario, comprende le rappresentazioni teatrali di cartellone, che si tengono nei teatri o in luoghi appositamente allestiti, per accedere ai quali c'è bis ogno dell'acquisto di un biglietto. Ad alcune compagnie, la cui scelta segue una scala di importanza, è riservato l'onore di esibirsi in uno dei luoghi più suggestivi della città: la Corte d'onore del Palazzo dei Papi, sala in cui possono essere accolte oltre duemila persone. Sono molti ed arrivano da tutto il mondo gli artisti che ogni anno scelgono di recarsi ad Avignone! Cercano di guadagnare qualcosa o soltanto vogliono divertirsi e vivere la magia di un festival che non conosce la notte, che trasforma una città intera in un teatro. Non c'è nessuna gara, nessun vincitore, nessun premio: c'è solo da portarsi nel cuore la gioia di aver partecipato. E se c'è chi lo definisce una Babilonia, dove l'arte può esprimersi in modi diversi e in lingue differenti, è di certo sopraffatto da coloro ai quali lo spettacolo appare mozzafiato, perché la città diventa un palcoscenico a cielo aperto. Per me resta la cosa più bella e originale che abbia mai visto. Gioia Di Staso “Che ne pensate?” Con questa domanda posta sui social network lo scrittore Roberto Saviano ha annunciato il debutto del programma Quello che (non) ho con il conduttore Fabio Fazio su La7. Lo show, che inizialmente era intitolato Ma l'amore no, è stato mandato in onda 14, 15 e 16 maggio alle ore 21:10 in diretta dalle “Officine Grandi Ripartizioni di Torino”, a testimonianza del passato industriale della città. Come già abbiamo visto in Vieni via con me, la coppia ci ha offerto un programma di grande attualità, che non ha avuto paura di raccontare la verità senza censure e senza sconti per nessuno. Si sa, però, che questo tipo di programma è accompagnato sistematicamente da critiche di ogni tipo. C'è chi dice, come Dagospia, che i due abbiano preso spunto da un programma radiofonico su Radio 2 condotto da Pacifico. I più stentano a credere ad una vera e propria copia, dato che Saviano e Fazio forse hanno qualcosa da insegnare più che da copiare! In realtà il format nasce da un progetto nato nel 2010 e promosso dalle associazioni di Reggio Calabria sulla legalità e sui diritti e che ha coinvolto le scuole sullo Stretto di Messina. Proprio come il precedente e fortunato Vieni via con me, il nuovo programma è stato appoggiato da Paolo Ruffini, direttore di Telecom Italia. Lo show ha riscosso molto successo anche tra i giovani; sarà perché ha raccontato la realtà in modo semplice e diretto, sarà per la comunicazione accattivante, o semplicemente sarà che noi giovani riusciamo a percepire che quella che si racconta in questi programmi è proprio la verità. Non una di quelle verità comode a cui ci hanno abituati, ma quella nuda e cruda narrata da persone che quella realtà la vivono! E forse, proprio per questo, se ne vedono pochi. Molti inizialmente si chiedevano se una rete come La7, a differenza di Rai 3, avesse potuto sostenere programmi di questo tipo. Tuttavia, ad oggi, guardando i risultati che ha raggiunto lo show con il 13% di share di media e arrivando a risultare, durante l'ultima puntata, il programma più visto in assoluto per un'intera ora, la domanda sembrerebbe quasi ironica! Parte fondamentale dello show è stata la “parola” con i suoi signifi- cati. Ogni ospite ne ha portata una, spiegando l'importanza che aveva per lui. Molto attuale la parola “treno” di Marco Paolini, che ha voluto rifarsi ai numerosi lavoratori licenziati da Trenitalia mesi fa, oppure la “paghetta” di Massimo Gramellini, che si riferiva allo scandalo che sta travolgendo la Lega Nord e in particolare Umberto Bossi e i suoi figli. Sul palco abbiamo visto Massimo Bubola, autore insieme a De Andrè della canzone Quello che non ho, abbiamo assistito alle esibizioni di Elisa nell'arco delle tre puntate e, nonostante la serietà del programma, non sono mancate le irruzioni divertenti di Luciana Litizzetto, che è riuscita, come sempre, ad affrontare attraverso la risata temi molto delicati come quello della violenza sulle donne. Il programma, insomma, è stato un successone, ed ora la Rai sta pensando ad un ritorno di Saviano nella TV di Stato il prossimo autunno in prima serata. Loris Mazzetti, capostruttura di Rai3, ha esortato la sua rete affinché ciò avvenga. Attualmente Saviano rimane legato ad un contratto con La7, ma… chissà se una deroga potrebbe spostarlo per un po' in Rai! Marenza Lombardi giffonifilmfestival emotigames La serie The Elder Scrolls torna alle luci della ribalta sei anni dopo l' uscita del best seller Oblivion e si presenta nei negozi con il nuovo capitolo dell'ormai epica saga. “Di tutti i festival quello di Giffoni è il più necessario” (François Truffaut), questa è la frase che meglio descrive il Giffoni Film Festival, la rassegna italiana del cinema per ragazzi più importante a livello mondiale. È ambientata nel freddo territorio di Skyrim la nuova puntata, nella patria del popolo dei Nord, terra selvaggia, ricca di insidie, che sa regalare al giocatore un'esperienza di gioco straordinaria. La nuova mappa si estende su una superficie di circa 41 km quadrati divisa in 9 feudi con le rispettive capitali. Il protagonista delle prodigiose avventure è una sorta di eletto, l' unico uomo in grado di assorbire poteri dai principali nemici del gioco: i draghi. Esatto, in The Elder Scrolls V dovremo scontrarci non solo con troll, soldati, demoni, morti viventi ma anche con draghi assetati di sangue e bramosi di tornare a dominare il mondo. Così come in Oblivion abbiamo fatto con i demoni Daedra, in Skyrim dovremo lottare contro enormi draghi ed impedire al loro capo, Alduin, di portare a termine l'invasione di Skyrim. Il gioco presenta caratteristiche tecniche straordinarie, una mappa immensa e dettagliatissima, piena di grotte e rovine completamente esplorabili, longevità totale, varietà di armi, armature sbalorditive e libertà di gioco assoluta. La magia merita un capitolo a parte, infatti durante le nostre avventure useremo incantesimi di distruzione, illusione e cura per sopraffare i nostri antagonisti e potremo incantare le armi in modo da renderle ancora più devastanti. In più gli sviluppatori di Bethesda Game ci hanno messo a disposizione un tipo di magia mai visto prima: avremo a disposizione poteri speciali, gli urli che il protagonista Sangue di Drago potrà usare a suo piacimento. Egli, infatti, nel corso delle sue innumerevoli battaglie potrà letteralmente "urlare in faccia" al nostro nemico e scaraventarlo a decine di metri di distanza, bruciandolo e facendolo scappare in preda alla paura. Rispetto al passato cambia l'avanzamento di livello del personaggio: non basterà solo fare delle vere e proprie carneficine per diventare imbattibili, ma dovremo migliorare varie nostre abilità come la forgiatura, la furtività e la dimestichezza con i vari tipi di armi e magie. È stato migliorato anche il sistema delle malattie, già ottimo in Oblivion, con l'aggiunta di nuovi malanni, tra i quali, spicca la licantropia, che ci darà la facoltà di trasformarci e fare strage di innocenti, per poi banchettare coi loro resti. Bethesda Game sta già lavorando ad alcune espansioni per il suo capolavoro. La più corposa dovrebbe essere il pieno implemento dei comandi vocali supportati da Kinect. Grazie a questo aggiornamento, che i possessori di Xbox 360 potranno scaricare gratuitamente da xboxlive, sarà possibile gestire i menù, i dialoghi con altri personaggi e gli urli, che potranno essere appresi e pronunciati dal giocatore che li vedrà "uscire dalla sua bocca". Insomma: sarà tutto più facile e immediato, per rendere l'esperienza di gioco che questo capolavoro ci offre quasi perfetta. Elvio Falato Nato nel 1971 da un'idea di Claudio Gubitosi con l'intento di promuovere e far conoscere il cinema per ragazzi, si riscatta dalla posizione marginale che in passato occupava nel territorio. Abbandonata la veste di una manifestazione regionale, il GFF è diventato un evento internazionale, che vanta ospiti tra i più importanti nel mondo del cinema, da Robert De Niro a Meryl Streep, da John Travolta a Meg Ryan a Roman Polanski. Ma i protagonisti indiscussi del Giffoni Film Festival rimangono i giovani di età compresa tra i 3 e i 18 anni, provenienti da ogni parte del mondo. Essi, oltre ad essere componenti della giuria, hanno anche la possibilità di presentare, in collaborazione con istituti scolastici o associazioni, dei prodotti audiovisivi che hanno l'opportunità di concorrere nella sezione del MyGiffoni, che si svolgerà durante la 42ma edizione della rassegna. La selezione dei film che concorreranno al festival si basa sul “criterio dell'omogeneità”: i curatori dell'evento scelgono le opere tenendo in considerazione il parere del pubblico che dovrà visionare i diversi film ed esprimere, successivamente, un giudizio su di essi. Nella scelta dei film, realizzati da grandi registi o da autori emergenti, inoltre, è lasciato largo spazio a temi importanti come drammi familiari, eutanasia, aborto, scoperta della sessualità, argomenti che sono prediletti rispetto ai tanti film “compiacenti”. Nel corso del Festival saranno poi assegnati il premio al Miglior Film (Grifone D'Oro), al Miglior Cortometraggio (Grifone D'Argento), il Gran Premio della Giuria (Grifone di Bronzo) e il premio Amnesty International. Ogni edizione del GFF è contraddistinta da un tema al quale gli Autori devono rifarsi nella creazione della propria opera: la 42ma edizione, che si svolgerà come ogni anno nel mese di luglio (dal 14 al 24) a Giffoni Valle Piana, avrà come tema la felicità. Tale scelta, come gli organizzatori stessi affermano «ha il sapore di una provocazione, è la forma indefinita di un concetto che è difficile afferrare, che cambia da persona a persona, che si perde nella notte del pensiero umano». Nel tempo il Festival si è evoluto consentendo anche ad altre forme artistiche, dal teatro alle arti figurative, di entrare a farne parte. Dal 2000 anche la musica ha fatto il suo ingresso con il Giffoni Music Concept, una rassegna musicale che come quella cinematografica, vanta una giuria interamente composta da ragazzi. Quest'anno il festival offrirà, nel Giffoni Masterclass, la sezione speciale della rassegna che dà ad una “classe scelta” di giovani l'opportunità di dialogare con un personaggio noto del mondo del cinema, della musica, dell'editoria, l'occasione di colloquiare con la sacerdotessa del rock Patti Smith. La cantante interverrà anche per festeggiare la sinergia tra il GFF e il Neapolis, il Festival Rock più importante del Sud Italia, che darà una nuova impronta all'evento rendendolo in questo modo sempre più originale e all'avanguardia. Il Giffoni Film Festival non è, dunque, solamente un evento che ha lo scopo di premiare i film migliori, ma è soprattutto un mezzo che il Sud, e del resto tutta l'Italia, ha per dimostrare al mondo intero la sua capacità di iniziativa, la valenza culturale del suo popolo, l'abilità e lo spirito critico dei suoi giovani, nel tentativo di sfatare tutti quei luoghi comuni associati al nostro Paese. Marica Melotta GIUGNO 2012 Adolfo Di Crosta allabouthefunk L'acid jazz nasce alla fine degli anni '80 grazie alla commistione di soul, funk, elettronica e fusion. Dapprima si sviluppa come movimento di nicchia suonato nei club dei sobborghi di Londra. Grazie ad un interesse crescente delle etichette discografiche, l'acid jazz oltrepassa la Manica ed invade dapprima l'Europa, per poi spopolare negli Stati Uniti, soprattutto per merito dell'album Brother Sister dei The Brand New Heavies (TBNH). Simon Bartholomew, chitarrista dei TBNH, da poco riunitisi con N'Dea Davenport alla voce, è stato contattato dalla redazione di Senza Filtro per un'intervista a cui si è lietamente concesso. Senza Filtro: Inutile chiedervi perché avete scelto questo nome. The Brand New Heavies lo hanno scelto in omaggio a James Brown, il padrino del funk. Cosa c'è di lui nella vostra musica, nei vostri testi e nei vostri concerti? The Brand New Heavies: Nessuno dovrebbe mai sottovalutare cosa James Brown ha fatto per la musica. Lui non è solo I feel good o It's a man's world. Ha trasformato il groove e ha reso popolare la danza in un modo completamente differente. James Brown Live at The Boston Garden è semplicemente uno show musicale tra- smesso dal vivo in televisione per coinvolgere la gente e fermare le rivolte dopo le famose Watts Riots. Ed ha funzionato! Davvero pochi hanno avuto quella fermezza e quel rispetto. La musica suonata in quel concerto viene da un altro pianeta. Semplicemente incredibile! Come tutta la sua band! Clyde Stubblefield è il batterista più imitato (lui è il Funky Drummer). Amo James Brown. Siamo anche stati la sua spalla un po' di tempo fa. Sono orgoglioso di dirlo. SF: The Brand New Heavies hanno iniziato la loro carriera dando più importanza alla linea musicale piuttosto che a quella vocale. Dopo alcuni anni di attività avete iniziato ad incidere album con molti cantanti in aggiunta di N'Dea. Come questo modo di registrare ha cambiato la vostra relazione tra voce e strumenti? TBNH: Essenzialmente noi siamo una band strumentale, ma amiamo anche la voce. Dal vivo suoniamo ancora brani esclusivamente musicali e intendiamo pubblicarne alcuni sul nostro prossimo album. Creiamo groove che sono - si spera - belli da ascoltare e che suonino bene anche con una voce sovraincisa. SF: L'arrivo di N'Dea e la sua uscita dalla band hanno cambiato il vostro modo di essere The Brand New Heavies? TBNH: Beh, lei ha fatto crescere la band e la ha aiutata a raggiungere più persone. Tuttavia abbiamo continuato a provare delle jam session prima e dopo il suo arrivo e avevamo già lavorato con altri cantanti, così siamo rimasti gli stessi! Peter Gabriel ha lasciato i Genesis, ma i membri rimanenti della band si sono riorganizzati per continuare il loro lavoro. Ma non è un grande esempio, anche se li amo! SF: Nel vostro percorso musicale da sempre date molta importanza alle jam session. Come iniziano? Qual è il prodotto che avete tra le mani quando uscite dallo studio? Cos'è più importante quando registrate: la session perfetta o l'editing? TBNH: Per me la session perfetta è da incidere o registrare assolutamente dal vivo, con poche sovraincisioni. In questo modo credo che si possa catturare l'energia, che forse è ciò che la gente cerca nella nostra musica. The Heavies sono in grado di suonare, allora perché editare? Ci sono molte persone che sanno far ciò e davvero bene. Con un'altra band, gli Akimbo, registriamo solo ciò che è suonato dal vivo, anche i brani che poi saranno pubblicati sull'album. Semplice divertimento, senza pensare a ciò che concerne le vendite. SF: Quale album amate di più? TBNH: Ci sono diverse parti di ogni album che conserviamo in un piccolo cassetto della memoria. Improvvisare su Brother Sister e cantare con N'Dea per tanto tempo. Incidere qualche pazzo assolo di tastiera sul primo album… ci sono tante cose che ricordo con piacere che abbiamo fatto insieme durante le registrazioni degli album: suonare nei club prima dell'avvento della musica house, ballare, uscire spesso insieme. Una volta indossavo un basso e una chitarra appesi al mio collo e suonavo dei “boom” sul basso e dei “na na na” sulla chitarra… I ragazzi corsero nella stanza e quella jam divenne una canzone chiamata Fake. Siedah Garrett era così divertente in sala di registrazione così come nella vita. SF: Com'è la relazione tra gli Heavies e l'Italia? TBNH: Non dite al contadino quant'è buono il cacio con le pere. Il cibo è spettacolare! Avevo una ragazza a Milano e venni per la prima volta a Novembre pensando stupidamente che l'Italia fosse un paese caldo. Indossai una camicia a fiori e dei pantaloni porpora a zampa d'elefante tenuti su da una cintura. Ragazzi, che freddo! Ero solito andare alla Conchetta e in tutti i negozi di usato - era davvero carino. Non siamo stati abbastanza in Italia, abbiamo suonato qui dal vivo prima che N'Dea entrasse nella band. Ho scoperto perché l'insalata è così buona! Penso che fu Nicola Conte a portarci in giro e ancora lo ringraziamo. Mi piace Mario Biondi. Mi sto organizzando per ritornare qui. SF: Quali ascolti raccomandate ai giovani? Quali sono gli album che hanno influenzato la vostra musica o che vi hanno dato una diversa visione del mondo quando eravate ragazzi? TBNH: Ai musicisti raccomando pienamente di suonare con altri musicisti senza computer in sala. Si impara l'interazione, la sincronia e il rispetto del tempo d'esecuzione. Un buon fondamento per capire cose più difficili e iniziare poi a usare i computer. Io preferisco ascoltare musica suonata da band piuttosto che creata da uno e due persone di fronte ad uno schermo. Mi piacciono le sfide - una band è qualcosa di duro con cui vivere, così come è divertente ed espande la mente. Oggi tutta la musica è disponibile su You- Tube, allora si può ascoltare tutto ciò che ci passa per la testa. Quando ero giovane avevo meno accesso alla musica, ma ora si può ascoltare di tutto. Tuttavia mi sento di consigliare Angels Egg dei Gong, le discografie di Led Zeppelin e di James Brown, Early and Later degli Earth, Wind & Fire, i Genesis con Peter Gabriel alla voce, Banging House, Lesbian Swingbeat, Skrillex, Madeon e l'antologia Hip Hop History - The Good Bits. E molta altra musica interessante che potrei citare. SF: Quali sono i vostri progetti per il futuro? Pensate di cambiare il vostro stile musicale? O preferite continuare sulla strada che avete già tracciato? TBNH: Sto per terminare il mio album da solista iniziato vent'anni fa - musica funk rock con 3 pezzi à la Jimi Hendrix/Cream, ma non la stessa musica. Akimbo pubblicherà un nuovo LP molto presto a seguito di On Top, album pubblicato poco tempo fa per l'etichetta Acid Jazz. The Brand New Heavies stanno per rinascere: abbiamo già un po' di cose pianificate per il futuro e del materiale per ricominciare da capo. Armando Di Leone andreabraido Viviamo in un'epoca musicale in cui si tende sempre più ad esaltare il prodotto commerciale, soprattutto quando questo ha la capacità di manipolare i nostri cervelli facendoci pensare che un paio di accordi e qualche parola ad effetto rappresentino la svolta musicale degli ultimi anni. denunciapartenopea Zulù ha detto basta alla droga, e si spera non siano solo voci di corridoio. I 99 Posse ritornano. Era ora! Cattivi Guagliuni è il titolo del nuovo album che, pubblicato nel 2011, ha riscosso già tanto successo. La band napoletana ha chiesto la collaborazione di numerosi musicisti e gruppi italiani, tra cui la Nuova Compagnia di Canto Popolare, il celeberrimo Caparezza, Speaker Cenzou, Daniele Sepe e Valerio Jovine, che si è esibito anche a Guardia nella scorsa edizione di Vinalia. L'album è composto da 15 canzoni che non hanno tutte un genere ben definito, ma che spaziano dal raggae di Jovine, all'hip pop di Clementino e al rap di Caparezza. Il singolo che fino ad ora ha raggiunto più popolarità è l'omonima canzone, dal ritornello orecchiabile e che descrive la tipica famiglia napoletana nel rapporto genitori-figli. Per quanto riguarda i temi, i 99 Posse raccontano con i loro pezzi l'Italia di oggi, oppressa dalla crisi e dalla mafia, costretta a fare salti mortali per sopravvivere (espressone traducibile in napoletano con Tarantelle pe campa', titolo di una canzone dell'album). In una loro intervista hanno dichiarato: «La nostra ambizione con Cattivi guagliuni è quella di fotografare il momento che stiamo vivendo, raccontare le storie di un'Italia che perde terreno, lavoro e salario, ma che prova anche a resistere e a rilanciare la battaglia per i diritti e i beni comuni, senza dimenticare le guerre e le lotte contro la miseria e i tagli imposti dal neoliberismo in tutto il mondo». La critica ha espresso il suo giudizio considerandolo come un album alternativo, ricco di generi musicali, che ha saputo così accogliere un grande numero di ascoltatori. Numerosi sono già stati i concerti che hanno tenuto quest'anno, tra cui l'ultimo a Napoli il 18 maggio, all'evento Da terrazzo a terrazzo, con la collaborazione della Redbull, in cui si sono esibiti con i Motel Connection su due balconi della piazza con la grande presenza degli universitari della Federico II. Cristina De Nicola Siamo in errore quando ci rassegniamo a credere che in Italia gli artisti talentuosi siano morti negli anni d'oro della musica per non tornare mai più. Andrea Braido è la testimonianza effettiva che anche dietro l'ennesima lagna proposta da Laura Pausini ci siano musicisti di talento. Braido ha collaborato con i più considerevoli artisti italiani in circolazione e tra questi non passa inosservato il nome di Vasco Rossi, ma può vantare anche numerose collaborazioni con i maggiori esponenti del panorama musicale internazionale, come Marcus Miller e Frank Gambale. È considerato uno dei migliori chitarristi italiani degli ultimi anni ed ha sviluppato un suono ed uno stile così personali da far riconoscere il suo vibrato anche nei dischi più impensabili. I redattori di Senza Filtro hanno avuto la possibilità di intervistarlo presso il MAMA'S MUSIC STORE di Telese Terme, dove ha tenuto una clinic in un'atmosfera distesa e confidenziale, rispondendo con particolare entusiasmo a tutte le domande in merito all'arte di suonare la chitarra e fornendo preziosi suggerimenti sulla sei corde. Ringraziamo calorosamente i responsabili del MAMA'S MUSIC STORE per averci permesso ancora una volta di avvicinare un artista nel loro locale. Senza Filtro: Lei ha iniziato come batterista ed è anche pianista e bassista. Che cosa l'ha spinta a consacrare la chitarra come il suo strumento prediletto? Braido: Sicuramente per le sue possibilità sonore rispetto agli altri strumenti. E poi sicuramente per il ruolo della chitarra stessa. Quando ero batterista un po' mi dava fastidio quel posto nascosto che spetta a chi suona la batteria, piuttosto volevo stabilire un contatto più diretto con il pubblico e la chitarra mi ha dato questa possibilità. SF: Lei suona la chitarra esclusivamente con le dita, riuscendo comunque a ricreare le sonorità del plettro. I grandi chitarristi che hanno scritto la storia della musica hanno in qualche modo influenzato il suo modo così personale di suonare? Se sì, quali sono stati? B: Partirei da Hendrix per quanto riguarda la chitarra elettrica, Ritchie Blackmore, poi Jeff Beck, amico di Nico Di Palo dei New Trolls, che collaborò con loro allo storico album Concerto Grosso. Si tratta di un disco molto bello, dove c'è un'atmosfera molto hendrixiana, ma anche molta classe. Poi per quanto riguarda i chitarristi più fusioneggianti ho ascoltato anche John McLaughlin, Wes Montgomery. In pratica posso dire di averli ascoltati quasi tutti. SF: Quando e come ha capito che sarebbe diventato “Big Boy”, uno dei più virtuosi chitarristi degli ultimi anni? B: Penso che l'ambizione sia molto importante, perché muove le persone a raggiungere degli obiettivi; però il mio obiettivo primario è sempre stato quello di riuscire a suonare bene la musica, cercando di migliorare sempre di più. Poi se questo porta anche dei risultati, così come il destino ha voluto per me, che mi trovassi nel posto giusto nell'occasione dove c'era bisogno, allora è stato doppiamente bello. Non mi sono mai posto il problema di diventare famoso, anche se quando avevo 16 anni facevo la star davanti allo specchio. Il mio obiettivo è ancora quello di riuscire a domare la musica, visto che mi sento un eterno allievo e nel campo della musica non puoi mai sentirti arrivato. Ci sono giorni che suoni da dio e giorni che suoni abbastanza bene, e per questo non si può mai dormire tranquilli: bisogna sempre sentire lo stimolo di crescere. Basta che un giorno metti su un disco di Stravinskij per sentirti ancora dilettante. SF: Tra le sue maggiori collaborazioni nel panorama pop italiano può vantare quelle con Vasco Rossi, Zucchero, Eros Ramazzotti, Mina, Adriano Celentano. Quali tra queste ritiene maggiormente importanti per la sua crescita artistica? B: Devo dire che lo sono state tutte. In ogni esperienza sono stato chiamato a essere me stesso in prima persona. Per esempio, la prima volta che suonai in studio con Mina, perché lei ormai dal vivo non cantava più, è stata un'emozione fortissima, perché mi ricordo che da bambino, quando avevo solo 8 anni, sentivo cantare Parole, parole, parole… e averla in studio di fianco a me è stato fantastico. Tutti sono stati importanti per me, anche perché credo di aver lasciato in tutti loro il mio segno, la mia impronta, e questo per me è fondamentale. SF: Cosa pensa della musica italiana in circolazione e quali sono gli artisti italiani che rientrano tra le sue preferenze musicali? B: Penso che siamo fortunati ad avere grandi artisti pop. Per esempio di recente sono stato al concerto di Laura Pausini, con la quale ho fatto 3 dischi, e l'ho trovata bravissima, un'artista che non ha nulla da invidiare alle cantanti americane di quel genere. La ammiro molto anche per la sua semplicità, e purtroppo non è da tutti. Non mi piace quando la musica diventa uno scimmiottamento, per esempio non mi piace il rap, che è tanto in voga ultimamente e che esagera nell'uso di ritmi e parole: c'è una totale assenza di armonia. Forse sono io che sono vecchio, però a capire le cose che succedono ci si mette del tempo. SF: Lei ha anche partecipato alla realizzazione del brano Blust contenuto nell'album Free del bassista Marcus Miller. Ci racconti di quest'esperienza e di com'è nata. B: Non sono uno che di solito scrive ai musicisti per farsi pubblicità, ma in questo caso ho voluto fare un'eccezione. Gli ho scritto in maniera rispettosa e anche un po' distaccata e lui mi ha risposto subito dicendomi che gli sarebbe piaciuto ascoltare altri pezzi suonati da me. Così gli ho inviato altro materiale, dopodiché mi ha chiesto se volevo suonare un assolo nel suo nuovo album e a quel punto è stata una soddisfazione enorme. Poi ho suonato con lui in jam session a Milano e mi sono accorto che è un'artista che ha conservato la sua semplicità e umiltà, nonostante possa essere considerato il bassista per eccellenza. Mi ha anche ringraziato con una telefonata per il mio contributo al suo lavoro ed è da apprezzare, perché spesso gli artisti pensano di essere al centro dell'universo. SF: Lei ha imparato a suonare la chitarra da autodidatta. Che cosa consiglia a chi si sta avvicinando al mondo della chitarra e vuole imparare a suonare? B: Di amare la musica in primis con una buona dose di ambizione, se no non si va da nessuna parte, ma allo stesso tempo di non pensare esclusivamente al successo, perché alla fine chi rimane celebre nel corso degli anni è sempre chi, innanzitutto, ha amato la musica. Quelli che hanno cantato “La Macarena” non li ricorda più nessuno, perché era tutto finalizzato alla fama, ma un disco di Joan Baez o di Jimi Hendrix è immortale. Melania Simone GIUGNO 2012 Antonio De Nicola tifoepidemico calcioscommesse «… Lì, sempre lì, lì nel mezzo, fin che ce n'hai stai lì ,stai lì…», recita così una celebre canzone di Luciano Ligabue, che con questa frase centra in pieno l'esempio del vero calciatore e sportivo, che si impegna fino allo stremo delle sue forze per raggiungere i massimi risultati. Il calcio è lo sport più seguito nel nostro paese. È uno sport dalle possibilità economiche enormi, in cui sono coinvolte persone e lavoratori di tutti i tipi. Col calcio guadagnano un po' tutti: giocatori, allenatori, presidenti, sindaci, fotografi, giornalisti, giardinieri, magazzinieri, autisti, albergatori, cuochi, camerieri, cameraman… e chi più ne ha più ne metta. Ma questi soldi da dove vengono, se non da contributi che i tifosi elargiscono solo per il piacere di vedere le prodezze della propria squadra del cuore…? Alla base di tutto ci sono milioni e milioni di persone normali che per soddisfare l'amore e l'interesse per le proprie rispettive squadre spendono, acquistando biglietti, abbonamenti, maglie originali, tute e poi quotidiani, libri, televisioni, abbonamenti televisivi ecc. ecc. Persone di questo tipo vengo chiamate da moltissimi anni a questa parte “tifosi”. Il tifoso è in grado persino di indebitarsi, pur di seguire la propria squadra ovunque, in casa e in trasferta, proprio perché prova nei confronti di quella determinata maglia e di quei determinati colori un sentimento paragonabile all'amore, e ovviamente si “affeziona” a coloro che la indossano e la onorano nel miglior modo. Ci sono dei tifosi un po' particolari, però, diversi dagli altri, perché più sanguigni, più viscerali e spesso violenti; sono quelli che spesso occupano le curve e che intonano i cosiddetti cori. Tutti noi li conosciamo come Ultras e ne parliamo a volte anche a sproposito, accusandoli sempre senza sapere chi in realtà siano e quali ideali li rappresentino. I fatti di Genova del 22 aprile 2012 hanno scatenato un polverone mediatico rivolto contro questa categoria. Quel giorno, durante la partita tra Genoa e Siena disputatasi al Marassi, quando il punteggio era 0-4 a favore dei toscani, gli Ultras del Genoa hanno bloccato la partita, costringendo i giocatori della loro squadra a togliersi la maglia perché non degni di indossarla. Dopo che il capitano rossoblù Marco Rossi e Giuseppe Sculli, altro giocatore del Genoa, hanno discusso con i tifosi, si è ripreso a giocare e la partita, per la cronaca, è terminata col risultato di 1-4. Ciò che si è potuto dire su quelle persone in quei giorni non ha conosciuto limiti e solo chi è simile a loro, almeno nel modo di amare una squadra, ha potuto comprenderli. Il meccanismo scattato nella testa di queste persone non è difficile da capire: probabilmente hanno visto dei ragazzi che, grazie a loro, in un mese guadagnano cifre che persone normali non guadagnano nemmeno in un anno intero, e che in campo non mettevano l'anima, il cuore, che è l' unica cosa che un Ultras chiede. Non era il risultato in sé per sé a farli urtare, ma l'atteggiamento dei giocatori, che era di quel tipo da diverse partite a questa parte. Per quei tifosi, vedere la maglia da loro tanto amata indossata da persone che non ne capivano l'importanza è stata una sofferenza e per questo hanno compiuto quell'atto, che resta brutto e violento, se non fisicamente almeno moralmente, ma non del tutto ingiustificabile. Con ciò non voglio certo alleviare l'entità di quanto gli Ultras hanno fatto in passato, perché le tragedie che li vedono coinvolti sono numerose: nell'89 un tifoso di nome Antonio De Falchi viene ucciso da un gruppo di Ultras milanisti solo perché romanista; nel 95 il 24enne tifoso genoano Claudio Vincenzo Spagnolo, detto “Spagna”, perde la vita in seguito a una coltellata al cuore rifilatagli da un 18enne ultras rossonero. Nel 2003 Sergio Ercolano, tifoso del Napoli, cade dal secondo anello dello stadio Partenio di Avellino dopo una carica della polizia, qualche ora dopo muore nonostante i tentativi di rianimarlo. Il 2 febbraio 2007 Filippo Raciti, ispettore di Polizia, viene ucciso nei dintorni dello stadio Massimino di Catania da una bomba carta lanciata da un tifoso; l'11 novembre di quello stesso anno Gabriele Sandri, tifoso laziale, viene ucciso nei pressi di un autogrill da un poliziotto in seguito a degli scontri. Infine, il 30 marzo 2008, Matteo Bagnaresi, tifoso del Parma, muore dopo essere stato investito da un pullman di tifosi juventini… Lo sport non può essere questo, non può essere violenza e morti, ma se si riuscisse a porre fine a questi atti, in un calcio macchiato da scommesse, partite truccate, doping, giocatori strapagati che spesso si rivelano come mercenari e che è diventato ormai uno sport consumista e schiavo del prepotente ingresso della televisione, gli Ultras ne sarebbero l'unica parte pura. A volte, però, il destino non è dalla loro parte, l'impegno e i sacrifici fatti fino a quel momento possono vanificarsi in un solo attimo, che potrebbe essere anche l'ultimo della loro esistenza. Quanto accaduto qualche settimana fa a Piermario Morosini, il venticinquenne giocatore del Livorno Calcio, fa pensare al vero valore della vita, spesso sottovalutato o visto come qualcosa di scontato. Semplice e tranquilla partita di campionato, 30-esimo della prima frazione di gioco, Morosini cade, si rialza, qualche metro e poi ricade. Purtroppo non si rialzerà più. La sua vita finisce lì, stroncata da un improvviso malore che non gli dà scampo. Subito scattano i soccorsi, ma per lui ormai non c'è più nulla da fare. Il dolore del mondo del calcio è immenso, partite sospese a data da destinarsi, solidarietà da tutta Europa per un così tragico accaduto. Episodi del genere sono sempre più frequenti in tutto il panorama sportivo. Piccolissimo passo indietro allo scorso febbraio: Fabrice Muamba, giocatore del Bolton, sviene in campo colto da un improvviso malore. Lotta per giorni tra la vita e la morte; si risveglierà dal coma qualche settimana dopo, segnato però da lievi problemi di memoria. Lui stesso si definisce “un miracolo vivente'', prendendo atto del rischio corso. Si parla addirittura di un suo probabile ritorno sui campi di gioco. Malore improvviso, con un finale purtroppo diverso, anche per Ivan Bovolenta, pallavolista trentasettenne, ex stella della nazionale di volley azzurra, che sul campo del Macerata cade improvvisamente al suolo, senza più rialzarsi. Gli specialisti attribuiscono spesso la causa di tutte queste improvvise morti ad un “corto circuito” del cuore che, senza un plausibile motivo, smette di battere. La certezza che tutto ciò possa non accadere più non si potrà mai avere, ma, come in tutte le cose, l'unica arma che si ha per combattere è una maggiore e accurata prevenzione. Gabriele Di Marzo Libero Antonio De Nicola formula1 fantasticajuve Dopo le presentazioni della nuove monoposto delle varie scuderie, dopo gli innumerevoli test invernali che sono serviti, nel caso in cui ce ne fosse stato bisogno, ad apportare modifiche alle nuove macchine, è iniziato il campionato di Formula 1 2012. Chi si aspettava una Ferrari competitiva ai massimi livelli, pronta a lottare fin da subito per vincere ogni gara, o quantomeno ottenere un buon piazzamento con le due monoposto, è stato fortemente deluso. La Ferrari 2012 è apparsa subito sotto tono già dai testi invernali: prestazioni mediocri, scarsa aerodinamicità, velocità di punta al di sotto dei 300km. Tutti questi dati negativi si sono poi riconfermati nelle prime gare della stagione, infatti la Rossa non è apparsa mai competitiva in queste prime gare. Durante la prima prova della stagione, in Australia, nelle qualifiche la Mclaren di Hamilton ha conquistato la prima fila; la gara, invece, ha visto vincere l'altra Mclaren, quella di Button. In Malesia, nelle qualifiche si è riconfermato Hamilton, che in questa prima gara ha sfruttato al meglio le caratteristiche aerodinamiche della sua monoposto. Ma nella gara, dopo un acquazzone che ha costretto i commissari a interrompere la corsa, ha visto una vittoria inaspettata la Ferrari di Fernando Alonso, che ha sfruttato i vari errori dei piloti per inserirsi nella prima posizione e mantenere la testa della gara per tutta la corsa. Nella terza gara, in Cina, la Mercedes di Nico Rosberg ha conquistato la prima fila e in gara con molta personalità è riuscito a mantenere il primo posto (questa è stata la prima vittoria in Formula 1 per Nico Rosberg). La quarta gara, in Bahrain, che ha concluso il tour Asiatico, ha visto come protagonista la Red-Bul del campione del mondo in carica Sebastian Vettel, che dopo aver vinto le qualifiche si è riconfermato in gara. In queste prime gare la Ferrari ha ottenuto prestazioni mediocri e al di sotto delle aspettative, ma nella quinta gara, a Barcellona, la Ferrari ha apportato nuove e opportune modifiche alla monoposto, e dopo un'ottima qualifica Fernando Alonso si è classificato secondo. A Montecarlo, nelle qualifiche le rosse di Alonso e Massa si sono piazzate rispettivamente in sesta e settima posizione (in questo gran premio Massa ha ottenuto il miglior piazzamento in griglia della stagione), mentre in gara, con un ottima strategia, Alonso è riuscito a conquistare il terzo posto, che gli ha permesso di raggiungere il primo posto in classifica nella categoria piloti. Pasquale Gillo Sei, sette anni fa la vittoria del campionato da parte della Juve non avrebbe fatto notizia più di tanto, visto lo strapotere da sempre dimostrato dal club torinese. E invece il 6 maggio 2012, vedere la Juventus prima in classifica con 81 punti e zero sconfitte, a più 4 sul Milan, con una giornata dal termine del torneo, conquistando il ventottesimo scudetto fa notizia eccome. Perché la Juve dopo “Calciopoli” ha faticato per ritornare la squadra che era, in grado di dominare i vari campionati grazie ai tanti campioni che negli anni si sono succeduti nel suo organico. Sembrava la solita stagione dai tanti buoni propositi, che a fine anno si trasformavano in amare delusioni, e invece quest'anno tutto è cambiato. Nuovi giocatori, Pirlo su tutti, un nuovo allenatore che ha cambiato il modo di giocare e di affrontare le partite da parte dei suoi giocatori e un nuovo stadio, forse l'arma in più di questa stagione. Tutto è andato per il meglio, tutti i giocatori hanno dato il massimo e hanno reso anche più di quanto si poteva immaginare, grazie a uno stadio sempre pieno, che spingeva i propri giocatori a dare sempre il 100%. È lo scudetto che ripaga tutti coloro che hanno sempre creduto nella Juve: dai giocatori simbolo (Buffon, Del Piero) che non l'hanno abbandonata neanche nella stagione della serie B, ai tanti nuovi giocatori che sono arrivati quest'anno e che hanno creduto nel progetto. È lo scudetto di quei tifosi che hanno esultato allo stesso modo per il gol di Vucinic col Cagliari e per quello dei bianconeri contro il Rimini nel lontano 2006. Eppure i motivi per abbandonare la squadra c'erano, dopo i sei anni senza trofei caratterizzati da tante sconfitte, che hanno umiliato uno dei club più titolati al mondo. Ma i veri tifosi sono coloro che sono in grado di soffrire e gioire allo stesso tempo insieme alla propria squadra. Questo è uno scudetto che chiude un cerchio fatto di tante polemiche per i due scudetti vinti sul campo e revocati nell'era Calciopoli. La Juventus è tornata, forse ancora più forte di prima, e questa è una notizia che dovrebbe fare piacere non solo ai tifosi della Juve, ma a tutti gli amanti del calcio, che potranno assistere di nuovo a campionati entusiasmanti e non caratterizzati da un'unica squadra più attrezzata che non ha rivali al suo livello. Bentornata Juve! Angelo Mancini