Le mie tartarughe
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Le mie tartarughe
Le mie tartarughe Di Ornella Tessitore 2011 Da qualche anno sono molto interessata al mondo indiano ed in particolare alle antiche credenze di origine bangladese, così mi è capitato di leggere che alcuni indiani raccontarono all’antropologo Geertzì la reazione di un inglese quando essi gli dissero che il mondo poggiava su una piattaforma che si trova sulla schiena di quattro elefanti, i quali a loro volta erano sostenuti dal dorso di una tartaruga. L’inglese, da buon razionalista, chiese su che cosa poggiasse allora la tartaruga. “Su un’altra tartaruga”, gli risposero. “E questa allora su cosa poggia?” “Ah, Sahib, sotto ci sono tante tartarughe!”. Questa storia mi ha molto divertito pensando alla faccia dell’inglese che prefigurava un mondo in bilico traballante su un numero indefinito di tartarughe (foto 1). E venne il giorno in cui per una fortunata serie di coincidenze anche noi ci ritrovammo ad ospitare una colonia di tartarughe diverse per età e dimensioni. Fino ad allora gli unici animali con cui avevo condiviso una parte della mia vita erano stati uno splendido collie e un bellissimo gatto nero simile a un persiano, e devo confessare che avevo sempre ritenuto che solo cani e gatti potessero essere considerati animali domestici. Le tartarughe che avevo avuto fino a quel momento erano degli esemplari inanimati di vari materiali che avevo iniziato a collezionare dal tempo della mia permanenza universitaria a Siena con relativa frequentazione della contrada della Tartuca (foto 2). Mi sono affezionata immediatamente a quei piccoli carri armati che hanno iniziato a circolare sul nostro terrazzo, osservando i loro comportamenti per imparare a conoscerli e anche per assegnare dei nomi di battesimo a quelli che ancora non ne avevano. E già perché una delle prime cose che abbiamo fatto è stata di spiarle con discrezione per scoprirne i caratteri e quelle differenze che ci avrebbero permesso di trovare dei nomi adeguati. A dire il vero osservarle per ore è una cosa che continuiamo a fare anche adesso (a tre anni dal loro arrivo) e le nostre amiche ci ricambiano mostrando di riconoscerci e di avere fiducia. A differenza di tre anni fa non si ritirano nel carapace quando le accudiamo, si lasciano accarezzare sotto il collo, ci vengono incontro quando usciamo in terrazza ed hanno con me un rapporto diverso da quello che hanno con Luciano. Non sono disturbate dalla nostra presenza neppure nei momenti più intimi, ho potuto vedere Leopoldina scavare il nido e deporre le uova e lo stesso ho potuto fare anche con Rosina e Colomba (che abbiamo chiamato così perché ha sul carapace delle abrasioni che sembrano disegnare la coda di una colomba). Anche in quei momenti ho potuto osservare i diversi caratteri, Leopoldina è scrupolosa nella scelta del luogo e molto attenta nel cancellare le tracce del nido, passandoci e ripassandoci sopra. Rosina e Colomba sembrano più frettolose, forse dipende dal fatto che sono più giovani. Ho nominato per prima Leopoldina perché a lei è legata una scenetta a cui ho assistito durante una deposizione: mentre la nostra amica stava sforzandosi per far uscire e sistemare nel nido le sue uova (foto 3, 3a) ha incominciato a piovere violentemente, Luciano che la stava fotografando ha preso un ombrello ed è rimasto mezz’ora immobile a proteggere la “mamma” dall’acquazzone. La cosa mi è piaciuta e mi ha divertito, ho fotografato con il mio telefonino la scenetta che poi ho mostrato agli amici a spiegazione degli “acciacchi” lamentati da Luciano. Fino a due anni fa tra le nostre ospiti le femmine adulte erano solo tre, anche per questo abbiamo deciso di tenere le loro uova al calduccio in una incubatrice in modo da controllare il sesso dei nascituri e riequilibrare la quantità di femmine nella nostra piccola comunità. Mamma mia che emozione quando è nata la prima piccolina (foto 4)! Poco prima che si liberasse del tutto dal guscio dell’uovo che la conteneva l’ho presa in mano con estrema delicatezza, una piccola pallina da ping pong con gli occhietti ancora chiusi e dei pezzettini di guscio ancora incollati addosso. La prima piccolina che abbiamo chiamato Ada non era perfetta, aveva la testina piegata verso sinistra e un numero spropositato di placchette sul carapace. Sembrava anche un po’ in difficoltà con le gambine, a proposito, le gambette delle tartarughe esercitano un fascino particolare, con tutte quelle piegoline e un po’ grassocce mi fanno pensare alle gambe dei neonati: è una cosa irresistibile fare il solletico ai piedini delle mie bimbe. Quando ho tenuto in mano Ada, guardandola ho provato l’irresistibile desiderio di proteggerla, lei che per le sue imperfezioni aveva maggior bisogno di affetto. Non avrei mai creduto di poter pensare una cosa simile! Per i venditori di tartarughe i difetti che io riscontravo sono tutti pregi che impreziosiscono le bestiole rendendole dei pezzi unici, da vendere a caro prezzo, come se fossero delle rarità. Per me ognuna delle bimbe è un pezzo unico, ognuna ha il proprio carattere, la propria unicità, che le rendono individui vivi, parte integrante della famiglia. Gli amici si stupiscono perché le riconosco tutte. A proposito, abbiamo stabilito di assegnar loro i nomi in ordine alfabetico (rispettando il tempo di schiusa delle uova) e con un numero di lettere definito dall’anno di nascita: tre lettere per la prima covata (2009), quattro per la seconda e in seguito aumenteremo il numero delle lettere. Abbiamo usato solo nomi femminili, anche se avremo la certezza del loro sesso solo tra 5 o 6 anni, e tra quelli possibili abbiamo dato la preferenza ai nomi delle nostre amiche, cosa che continueremo a fare. La mia preferita fra le piccole è Flo (foto 5), è una furbacchiona che si accorge di essere la prediletta. Quando io metto la mano nello spazio dove vivono quasi tutte si avvicinano e dopo un po’ cercano di mordere le mie dita: Flo no, lei si avvicina, piano piano comincia a salire sulle mie dita e quando raggiunge il palmo della mano appoggia la testina nell’incavo fra le dita e si addormenta. Questo sempre ogni volta che le avvicino la mano. Flo è proprio speciale anche come aspetto: è l’unica del suo gruppo ad indossare un pullover a V, o meglio, io chiamo maglioncino il carapace delle piccoline e Flo è l’unica che ha sotto il collo una apertura che ricorda la scollatura di un maglione a V (foto 6). Ma non ci sono solo le piccole tra le mie preferite. Quando esco sul terrazzo per accudire le tartarughe più grandi comincio a chiamarle per nome e subito sento uno smuoversi di foglie e di qualcosa che si agita e come un carro armato vedo arrivare Elena di corsa: ma chi l’ha detto che le tartarughe camminano lentamente? Parte sparata magari dal gazebo in fondo al terrazzo solo perché sente la mia voce e arriva di corsa poi si piazza davanti a me e mi guarda, mi sale sulle scarpe e mi viene appresso appresso e quando io metto la lattuga nel posto dove mangiano, lei non si ferma e continua a seguirmi. Per coccolarle mi porto dietro qualche cibo che so che a loro piace a seconda delle diverse preferenze perché Pietro ama le mele, Elena i pomodori e un po’ tutte si contendono i fichi. Cerco di non dare troppo da mangiare, so bene che, come per noi, le cose che piacciono di più sono quelle che fanno più male. A volte le imbocco ed è uno spasso vedere quando strappano a morsi i pomodori senza sbagliare mira e schivando le mie dita. Mentre Elena mi segue, Paride si precipita seguito magari da Pietro o da Aurelio (foto 7) e a ruota da Colomba o Rosina che vengono di corsa a vedere cosa si stanno perdendo, in un attacco di gelosia. Le piccole dovrebbero essere tutte femmine e ne hanno le caratteristiche: quando le accarezzo come se niente fosse allungano il collo e cercano di mettere in bocca le pietre dei miei anelli, come se davvero fossero attratte dai gioielli e dai monili; devo aggiungere che il carattere delle piccole non è solo positivo, spesso siamo vittime dei loro dispetti. Quando a volte ci assentiamo dalla mattina, le svegliamo un po’ più presto del solito, beh ci guardano storto e non ci danno confidenza per un po’(foto 8). Quando poi rientriamo ci fanno trovare dei disastri, a volte hanno spostato la loro casetta o rovesciato il contenitore con l’acqua, come dei ragazzini capricciosi. Si dice che le femminucce siano più curiose, questo è vero anche per le nostre piccoline: una notte ho trovato Gea che era andata nella cassetta accanto alla sua per vedere cosa erano quelle palline piccoline con le zampe che da un po’ vivevano accanto, poi tranquilla si è addormentata nella cassetta delle sorelline. Flo invece ha scavalcato il bordo della sua cassetta e ha fatto il giro della cucina lungo tutto il perimetro, poi, quando è arrivata verso la metà della superficie che stava esplorando si è fermata, come se stesse pensando, e quindi di corsa senza indecisioni ha percorso la stanza in diagonale ed è rientrata nella sua casetta. Le differenze emergono in ogni momento, anche quando le prendo in mano: Gea si mette con le zampine di dietro dritte dritte come uno sciatore durante un salto, Flo invece si aggancia e si tiene stretta al palmo della mano come se al posto delle zampette avesse delle molle con cui stringe le mie dita. Ogni volta che passiamo davanti alle loro cassette tirano su la testa e allungano il collo, se parliamo si girano a guardarci e seguono i nostri discorsi, come se volessero interloquire. Di fatto le nostre tartarughe non sono mute e quindi non mi stupirei se tra qualche anno ci rispondessero, ho scoperto che le nostre piccoline squittiscono, non a volume altissimo ma si sentono. Chiedo scusa di questo tartarughilogio, capisco benissimo che posso sembrare un poco fissata, anch’io lo avrei pensato leggendo queste cose qualche anno fa, fidatevi, non è così! Le foto sono dell’autore DIDASCALIE Foto 01: Bronzo indiano con tartarughe sovrapposte. Foto 02: Una parte della mia collezione, poi ci sono le monete e i francobolli. Foto 03: Leopoldina scava la buca per deporre le uova. Foto 03a: Leopoldina depone le uova che sistema una ad una nel nido. Foto 04: Ada la nostra prima nascita. Foto 05: Flo (la sesta nata) al suo primo compleanno. Foto 06: Flo ha sul piastrone una scollatura a V. Foto 07: Aurelio, un maschio di circa un chilo e mezzo. Foto 08: Undici piccole a un mese dalla nascita.