BOOK - Architettura Siracusa

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RELAZIONE DI PROGETTO
La proposta progettuale interviene sul territorio di Siracusa, ponendosi come
cerniera tra la città antica, l’isola di Ortigia, e la città nuova, il cui sviluppo si è
diretto negli anni verso Nord, sulla cosidetta BALZA ACRADINA. In questa
parete rocciosa vi sono molti Ipogei di tipo sepolcrale di epoca sicula, greca, romana e bizantina, ma soprattutto le latomie ed i resti della mura che, sfruttando il salto
di quota naturale, cingevano l’antica città di Siracusa dispersa sulla terraferma per
un perimetro di 27 km.
L’intervento sceglie di focalizzarsi sull’area sud-ovest delle mura dionigiane, con
l’obiettivo di creare un continuum percorribile che ha come testate i due
baluardi storici che sintetizzano la natura militare della città di Siracusa: il
CASTELLO MANIACE, palatium di epoca sveva che sorge sulla punta estrema
dell’isola di Ortigia, a difesa del porto naturale, e il CASTELLO EURIALO,
simbolo del sistema difensivo della città greca, da cui si diparte il sistema murario
che abbraccia la balza rocciosa.
Questo collegamento predispone il visitatore alla riscoperta dell’evoluzione della
città, attraverso un percorso che va ad ancorarsi agli spazi verdi esistenti
dell’isola, così da rendere leggibile della vegetazione nel paesaggio di Siracusa,
che da un verde geometrizzato come il lungomare della Marina, attraversando il
foro siracusano e il ginnasio romano, giunge al punto di snodo del progetto, e primo
accesso all’area oggetto del concorso, il Parco della Neapolis, nel quale si
manifesta il leitmotiv dei successivi interventi all’interno del parco, e dove si percepisce un cambiamento del paesaggio sia architettonico che naturale: dalla città
compatta cinta dal mare, ad una dilatazione dello spazio, che sale lungo la balza
Acradina, di natura prevalentemente brulla.
Il Parco della Neapolis, luogo dove ancora natura storia e mito s’incontrano,
accoglie buona parte dei monumenti della Siracusa greca e romana, ma oltre a ciò
accoglie il luogo grazie al quale la città venne costruita: le LATOMIE, maestose
cave di pietre da cui i Greci estraevano la pietra calcarea tipica del territorio di
Siracusa, necessaria alla costruzione della città stessa; il sistema di estrazione in
queste enormi cave avveniva solitamente a cielo aperto, ma al fine di ricercare gli
strati di roccia più compatta ci si spingeva in profondità (spesso le pareti
superavano i 40 metri di altezza), scavando delle immense grotte al di sotto degli
strati rocciosi della crosta superficiale, che veniva sorretta da enormi pilastri
risparmiati nella roccia.
È dall’incontro con le latomie che prende ispirazione e inizio il progetto, ponendo
innanzitutto il visitatore in una posizione percettiva privilegiata nei confronti
dello spettacolo offerto dalle latomie, attraverso una terrazza raggiungibile con
una discesa dal piazzale sovrastante le cave, per abituare il visitatore all’idea base
dell’intervento, per poi superare il piazzale ed entrare nel parco archeologico
delle mura, volto a ripercorrere il tratto meridionale del sistema difensivo, una
passeggiata archeologica fino al castello Eurialo.
L’idea che guida l’intervento è di preservare l’aspetto ARIDO, rude e naturale del
luogo innestando a ridosso del sedime delle antiche mura una pista ciclo-pedonale
che si integri in maniera per lo più mimetica e vada ad incontrare puntualmente
alcuni interventi strutturati che si integrano e connettono col contesto urbano della
città. Temi quali le preesistenze archeologiche, l’espansione residenziale della città
nuova, l’odierno cimitero e l’incontro con le infrastrutture, offono occasioni che
permettono di valorizzare la passeggiata e offire una più stretta relazione con il
tessuto urbano limitrofo.
Il progetto va così a valorizzare il paesaggio proponendo in un contesto brullo e
arido quale quello della balza, una successione di GIARDINI che si basano sul
concept della latomia: un luogo ribassato e ombreggiato in cui l’esplosione e la
rigogliosità del verde generano un microclima inedito e spettacolare; delle OASI
RECINTE che concedono una pausa al procedere lungo il parco e che si
adeguano all’uso che il contesto necessita: una ipotetica espansione dell’odierno
cimitero con dei giardini silenziosi e riparati, e un parco permeabile cinto dagli orti
urbani ad uso del quartiere periferico residenziale del villaggio Miano, fino ad
arrivare nel punto più alto della cinta muraria, luogo archeologico in cui si sceglie
di andare a sintetizzare la storia di questo antichissimo sistema difensivo attraverso
un percorso espositivo attento e rispettoso della natura archeologica del luogo,
che accoglie i resti del Castello Eurialo, rivolto al paesaggio lontano dell’isola di
Ortigia, e quindi al punto di partenza del progetto, il Castello Maniace.
Restando aderente al sedime delle vecchie fortificazioni o ricalcandolo, nel caso in
cui esse non siano odiernamente più leggibili, il percorso assume nature differenti
lungo il suo procedere a ridosso della balza Acradina.
Semplice tracciato di terra battuta, immerso
nel contesto arido al limite del dislivello della
balza
Percorso alla quota della balza con percezione del verde ribassato
Percezione totalitaria del verde attraverso
l’immersione diretta nella latomia
Galleria ipogea e connessione con le
preesistenze archeologiche
La balza come confine tra verde e arido
Le fortificazioni e i due baluardi militari
Le aree di progetto lungo il percorso
PARCO DELLA NEAPOLIS
LA TERRAZZA SULLA LATOMIA
Il primo intervento progettuale si instaura al di sopra del Parco della Neapolis,
relazionandosi alla parete rocciosa della latomia del Paradiso.
Il luogo scelto è strategico dal punto di vista dell’accessibilità, l’obiettivo è infattii
quello di creare un punto di partenza della passeggiata nel parco in direzione del
Castello Eurialo, raggiungibile sia direttamente dal Parco, con il proposito di creare
una continuità tra i monumenti della Neapolis e la passeggiata lungo le mura, sia
accessibile direttamente anche dal Viale Giuseppe Agnello, strada che insieme a
Viale Epipoli, costituisce uno dei principali accessi alla città di Siracusa.
L’intervento è strettamente connesso alla presenza in loco delle latomie, diventate
nel tempo enormi recinti di pietra che hanno racchiuso la vegetazione autoctona,
che, grazie all’ombra data dallo scavo, è stata protetta dall’aridità del contesto
circostante e ha creato una vera e propria oasi in cui verde e refrigerio dialogano
con la durezza e maestosità del teatro greco adiacente.
In questo sito ricco di storia e meraviglia si è operato offrendo al visitatore la più
totate immersione nel luogo, andando a scavare nella roccia calcarea della latomia
una discesa ad una stretta galleria che va a collocare il visitatore in una posizione
privilegiata nei confronti del panorama che gli si mostra.
È da lì che il visitatore ha la possibilità di comprendere la magnificenza della latomia
ed ammirare il paesaggio circostante: il mare all’orizzonte con l’isola di Ortigia, il
quartiere novecentesco della città, il santuario della Madonna delle Lacrime, ed
infine la periferia più dilatata e frammentaria della città.
È attraverso questo punto di vista guidato, che il visitatore entra a conoscenza della
natura più profonda della città e della sua stratificazione nel corso delle epoche ed
è così pronto ad esperire il percorso lungo le antiche mura, anch’esse simbolo della
storia della città di Siracusa.
Caratterizzato da una pavimentazione in pietra uniforme e riconoscibile in tutti gli
interventi, il piazzale sovrastante le Latomie, in cui si è anche collocato un primo
deposito per le biciclette, oltrepassando Viale Agnello, è il punto di avvio del
percorso ciclopedonale in terra battuta che va ad integrarsi in maniera naturale e
non invasiva, addossandosi alla balza e quindi all’originario sedime delle antiche
mura.
CIMITERO
IL SILENZIO RECINTO NEL VERDE
La balza Acradina, piccolo promontorio ibleo di natura calcarea, fu estremamente
importante per la nascita della città greca di Siracusa, la Pèntapoli, che rimase al di
sopra della balza, cinta tutt’intorno dal sistema delle mura dionigiane.
Nonostante i resti delle mura non siano sempre visibili, il loro tracciato ha
mantenuto la funzione di divisore tra la campagna agricola e la città: infatti
l’attuale sviluppo urbano di Siracusa non ha mai varcato i confini delle antiche mura,
creando però un aggravarsi della frammentarietà del territorio siracusano, e
divenendo erroneamente una cesura, invece che un punto di forza.
Il progetto si ripropone quindi di andare a valorizzare questa cintura archeologica
adesso sconnessa alle diverse situazioni che si accostano ad essa, senza però
relazionarcisi: il proposito è dunque quello di far divenire il sedime delle vecchie
mura, una passeggiata che connetta l’antichità alla contemporaneità, la nostalgia
della storia con l’opportunità di risolvere problematiche attuali e contemporanee.
A questo proposito è risultato interessante poter dialogare e relazionarsi con il
cimitero della città, che, addossandosi al di sotto della balza Acradina, non ha
tutt’ora connessioni con la parte sovrastante.
È così che il percorso progettato si dilata in prossimità di quest’occasione,
concedendo una pausa all’avanzare del visitatore, e sviluppandosi in un progetto
dove paesaggio ed architettura si fondono, e dialogano con il tema della città dei
morti. Attraverso un allargamento del percorso, si ha subito un’immagine evocativa
del progetto: un verde rigoglioso recinto da muri di pietra, ribassato rispetto al
sedime delle mura: inizia così la discesa che permette l’accesso a dei giardini
segreti, rievocazione dell’ immagine delle latomie, piccoli recinti silenziosi vivificati
da una natura rigogliosa e confortevole.
Oltre i recinti, una serie di terrazzamenti prevalentemente minerali e di verde
basso, che si adeguano alle curve della balza e permettono il collegamento al
cimitero attraverso una discesa lenta intervallata da rivi d’acqua e rampe
ciclopedonali, con un accesso direttamente all’interno del cimitero, ed uno che
collega ed incorpora il piazzale d’ingresso, adiacente alla strada carrabile.
Il progetto con l’ideazione di questi terrazzamenti, ipotizza anche la possibilità di
accogliere in essi il possibile ampliamento del cimitero stesso, che andrebbe così a
saturare l’attuale vuoto nella parete della balza.
Lo scavo
I terrazzamenti
Il verde
VILLAGGIO MIANO
IL PARCO TRA ARIDO E URBANO
Nel proseguimento di questo percorso “archeologico” dalla Neapolis al Castello
Eurialo, lo sprawl della città contemporanea, costituita prevalentemente da
residenze e frammentata e diffusa all’interno dell’antica Neapolis, si palesa
all’interno al parco delle mura dionigiane con una lingua di edificato, il Villaggio
Miano.
Questo quartiere residenziale si affaccia su quello che è attualmente un “ deserto”,
una lunga fascia incolta e arida che lo separa dalla balza e dalla campagna al di
sotto di essa, mentre verso il centro del promontorio è separato dal resto della città
da viale Epipoli, asse di accesso alla città di Siracusa.
In questo caso l’intervento si confronta quindi con una problematica urbana, in cui
l’urgenza più evidente è la mancanza di una natura identitaria del luogo che risulta
privo di spazi di relazione di qualità.
In questa intersezione tra il sedime delle mura e la parte di città, il progetto prevede la creazione di un parco ribassato che, a differenza dei recinti del cimitero, sia
visivamente ed effettivamente più permeabile.
Il parco, che in prossimità del percorso ciclopedonale si trova a un livello di -5m,
consente il raggiungimento della quota dell’agglomerato urbano attraverso una
serie di rampe e terrazze in cui tra spazi pavimentati e corsi d’acqua il verde
assume il ruolo più importante e manifesto.
Tale vasca centrale è recinta da una serie di orti urbani lasciati al servizio della
comunità di abitanti del quartiere, attrezzati con spazi per il deposito delle
attrezzature e racchiusi da una trama di lame in pietra che garantiscono una
permeabilità visiva giungendo dalle vie circostanti.
In direzione della città l’intervento assume, invece, un altro carattere: prende la
forma di una grande piazza dura e pavimentata ombreggiata puntualmente da
una vegetazione geometrica, studiata in maniera tale che si affacci su viale epipoli
e quindi crei un collegamento visivo con l’altra parte di città, con la possibilità che
ospiti eventi o mercati.
In questo caso il progetto si inserisce oltre il limite del parco delle mura inserendosi
nel tessuto urbano, così da offire un ulteriore accesso al parco delle mura e alle
suggestive aree archeologich.
Lo scavo
Le connessioni e gli orti
Il verde
CASTELLO EURIALO
DISCESA ARCHEOLOGICA
Il tratto che, oltrepassato il Villaggio Miano, si dirige verso il Castello Eurialo,
rappresenta la parte più rilevante ed integra del sistema difensivo della città greca.
Nelle vicinanze i resti della cinta muraria sono più evidenti e ne resta traccia
maggiore sino alla porta dalla quale ancora oggi si accede da sud-ovest alla parte
alta della balza di Acradina.
In questo caso il percorso progettato si confronta direttamente con i resti, che
accompagna fino al castello in maniera sobria e mimetica, lasciando che il visitatore
possa ammirare questo spettacolo storico, oltre al quale si manifesta il panorama
del territorio siracusano, con l’incontro della Villa Tremilia, disposta su tre livelli, il
più alto dei quali si accosta al sedime delle mura, per poi scendere gradualmente
trovandosi in prossimità dell’antico acquedotto greco ancora in uso per l’irrigazione
dei campi.
Il sedime delle mura è stato negli anni separato dal passaggio di viale Epipoli, già
incontrato nel villaggio Miano, in corrispondenza della porta di Dionigi, nella quale
i resti del sistema difensivo sono ben riconoscibili e suggestivi; in questo caso la
pavimentazione del percorso si dilata nuovamente, andando ad abbracciare gli
interi , permettendo al visitatore l’attraversamento dell’asse stradale.
Il visitatore si trova ora nell’ultimo tratto della passeggiata archeologica intrapresa,
e vede all’orizzonte l’immagine del Castello Eurialo, al quale viene condotto
costeggiando il lungo muro, fino ad essere indirizzato attraverso una scalinata di
discesa, in una galleria espositiva, nella quale il visitatore può sintetizzare
attraverso l’esposizione la storia delle mura che ha appena ripercorso, l’evoluzione
della città di Siracusa e delle latomie; durante questa esperienza lo spazio si dilata
in alcune nicchie in cui dei tagli ad altezza viso, indirizzano lo sguardo del visitatore
sul percorso fatto, fino a rincontrare l’immagine del Castello Maniace, punta
dell’isola di Ortigia.
Questa galleria ipogea, che compositivamente dialoga con il primo intervento
delle latomie, permette scendendo di quota di sfruttare direttamente il sistema
ipogeo del Castello, tutt’ora percorribile, che alterna momenti di gallerie
compresse, a spazi ipogei a cielo aperto, nei quali nonostante l’aridità del luogo,
resistono alcune specie di vegetazione autoctona.
LA VEGETAZIONE
Per riprendere il tema della vegetazione, il progetto si è dovuto misurare con una
situazione ambientale abbastanza ostile: suoli instabili, calcarei, poveri e aridi; clima
con basse precipitazioni, influenzato dai venti salini del mare.
Basandosi però sull’esempio che si ha in loco, e cioè la latomia del Paradiso, si è
deciso di inserire all’interno dei giardini progettati, differenti specie già presenti
all’interno della cava a cielo aperto.
Molte specie sono di origine antichissima, in questo gruppo figurano il mirto
(Myrtus comunis), arbusto sempreverde con foglie lisce, con ghiandole aromatiche,
fiori profumati e bacche nere.
Il Capparis spinosa, arbusto rampicante le gemme dei cui fiori sono note con il
nome di capperi, Acanthus mellis, pianta a foglie larghe profondamente incise,
prese come modello per i capitelli delle colonne corinzie.
Altre specie presente nel luogo:
Phoenix dactylifera ( palma da datteri ), pianta della famiglia delle Arecaceae, nota
sin dall’antichità.
Pinus halipensis, albero con foglie aghiformi verde brillante e corteccia grigia
argentea.
Bouganvillea spectabilis, pianta brasiliana introdotta in Europa nel 1829.
Punica granatum, piccolo albero spinoso con fiori bianchi o rosa e frutto rubicondo
dalla grossezza di una mela. Fin dai tempi più antichi è stato simbolo di fertilità.
Ceratonia siliqua (carrubo) è una pianta delle regioni più aride del Mediterraneo;
Tamarix fallica, arbusto piumoso di colore grigio verde, provvisto di foglie minuscole
e di lunghe spine con fiori delicati rosei.
Forme spontanee come Hedera helix, specie ruderale dei luoghi ombrosi, assume
l’aspetto di un arbusto rampicante con fusto sottile, foglie alterne, fiori in piccoli
ombrelli.
Malva silvestris, erba ruderale con foglie palminervie e fiori rosei.
Campanula rupestris, pianta vistosa che predilige rocce e muri. I fusti recano belle
campanule di colore blu.
Thimus vulgaris, specie che con le sue foglie aromatiche e ghiandolose, appartiene
alla famiglia delle Labiate.
Rubus fruticosus, noto come “rovo” con frutti a drupeole. Hibiscus Triontun, specie
arbustiva con fiori campanulati effimeri, di vario colore.
Punica granatum
Pinus halipensis
Ceratonia siliqua
Phoenix dactylifera
Citrus Limonum
Myrtus Comunis
La vegetazione entra in perfetto accordo con il disegno complessivo dei giardini
e degli elementi di arredo, incorniciando all’interno dei muri in pietra degli specchi
d’acqua, che riportano alla memoria l’immagine dell’oasi o la suggestione dei
giardini arabi.
Nelle sezioni pavimentate e nella piazza più urbana dell’intervento in villaggio
Miano la vegetazione diventa più domestica mediante l’inserzione del carrubo,
l’ulivo, e gli agrumi, tipici del paesaggio siculo.
LE ARCHITETTURE E I MATERIALI
I materiali e gli interventi all’interno del parco sono interpretati come evocazione
e reinterpretazione in chiave contemporanea dell’ipogeo e della cava di pietra a
cielo aperto, memoria delle latomie.
Il progetto tenta di unire al tema del paesaggio quello più propriamente
architettonico: la cava di pietra può essere pensata come un grande scavo recinto
in pietra che accoglie al suo interno la vegetazione autoctona e che trova in esso
un riparo al clima del territorio siracusano.
Il tema è quindi quello del recinto, del muro, che omaggia la storia della città
attraverso l’utilizzo come materiale la pietra calcarea che costituisce e riveste
letteralmente tutta l’isola di Ortigia; questa tipologia di pietra, classificata come
calcare tenero, si tratta di una roccia facilmente lavorabile appena cavata, che
poi indurisce notevolmente; di colore bianco tendente al giallognolo, e grana fine.
Questo materiale caratterizza nell’intervento tutti i muri che recingono il verde, e la
pavimentazione che si stende sui vari interventi.
Il percorso ciclopedonale in terra battuta cerca, invece, una più stretta integrazione
con il paesaggio della piattaforma arida e instaura un dialogo formale con
l’esistente pista ciclabile presente sul versante orientale del parco delle mura, che
si è insediata sul sedime del vecchio tracciato ferroviario.
La porta di Dionigi
Il tempio di Apollo
Il Duomo di Siracusa
Il Castello Maniace
Ex mercato coperto di Ortigia - E. Fidone
Padiglione dell’Artemision - V. Latina