Matematica e didattica della matematica

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Matematica e didattica della matematica
Matematica e didattica della matematica
Ana Millán Gasca
Matematica e didattica della matematica
Corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria
a.a. 2008-09
Docente: Ana Millán Gasca
LEZIONE 4
LA GEOMETRIA
«La matematica in generale e la geometria in particolare debbono la
loro esistenza al nostro bisogno di sapere qualcosa circa il
comportamento degli oggetti reali »
(Einstein, Geometria e realtà)
SOMMARIO: 4.1. Le origini della geometria. 4.2. Spazio geometrico e spazio rappresentativo. 4. 3.
La geometria nel primo libro degli Elementi di Euclide: costruzioni geometriche con riga e
compasso.
4.1 Le origini della geometria
La parola geometria, derivata dal greco, significa misura della terra. Un famoso passaggio
scritto da Erodoto, un autore greco del V secolo a.C. che è considerato il padre della storia come
disciplina, illustra le origini di questa branca delle matematiche. Nella sua opera Storie, Erodoto
afferma che la geometria fu scoperta in Egitto allo scopo di risolvere i problemi di agrimensura
legati alla levata delle tasse.
Le origini della geometria secondo il racconto di Erodoto
«Da quel tempo, infatti, il paese, pur essendo tutto pianeggiante, è divenuto impraticabile per cavalli e
carri, a causa dei canali che vi sono, numerosi e rivolti in tutte le direzioni.
Il re [Sesostri], d’altra parte, aveva questa ragione per farne scavare in tutto il paese: tutti gli Egiziani
che avevano le città non nei pressi del fiume, ma piuttosto all’interno, ogni volta che il Nilo si ritirava,
venendo a scarseggiare l’acqua, dovevano servirsi di acque salmastre, che attingevano dai pozzi: è per questo
che l’Egitto fu solcato da canali.
Raccontavano, poi, che questo re di Egitto] aveva distribuito la terra fra tutti gli Egiziani, assegnando a
ciascuno, in misura uguale, una porzione di terreno in forma quadrangolare; e si era procurato in questo
modo delle entrate, con lo stabilire un tributo che dovevano pagargli ogni anno.
Se il fiume asportava una parte qualsivoglia della porzione assegnata ad uno, questi andava di volta in
volta dal re a segnalargli l’accaduto; e il re mandava degli addetti a fare sopraluoghi e a misurare di quanto
risultasse ridotto l’appezzamento, affinché, per l’avvenire, il cittadino riducesse proporzionalmente il
contributo stabilito.
Di qui, secondo me, ha avuto origine la scoperta della geometria che, poi, fu introdotta in Grecia;
poiché l’orologio solare, la meridiana e la divisione del giorno in dodici parti i Greci la ricevettero dai
Babilonesi.»
Erodoto, Storie, libro I, 68-69
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Il frammento di Erodoto rinvia alla gestione dello spazio fisico nelle attività tecnico-pratiche:
misurazione di terreni, scavo di canali, costruzioni. Le testimonianze storiche confermano la
presenza di alcuni dei concetti fondamentali della geometria in Egitto e nel Vicino Oriente Antico,
delle misure e dei calcoli di grandezze nelle attività tecniche (agrimensura e edilizia).
Ma le attività tecnico-pratiche non sono le uniche in cui le testimonianze mostrano l’uso di
concetti geometrici. La storia dell’arte offre molti esempi in cui il triangolo rettangolo, i poligoni
regolari, il cerchio, le rette parallele, la simmetria e la proporzione geometrica servono allo scopo di
raffigurare o ricreare il mondo fisico nelle arti figurative (pittura, scultura) e nell’architettura, e
ancora oggi la geometria ha un ruolo importante in questo ambito. La ricerca di precisione nella
raffigurazione pittorica e nella scultura, così come la ricerca del senso, dell’equilibrio e
dell’armonia attraverso regole di composizione spiegano il ruolo della geometria nell’arte. Nella sua
Storia dell’arte, Ernst H. Gombrich spiega la tensione presente nella pittura e nella scultura egizia
fra il “senso dell’ordine” espresso anche attraverso “regolarità” geometriche, che porta anche a una
sensazione di rigidità, e l’osservazione e la riproduzione fedele della realtà. Nell’evoluzione
artistica greca, invece, la libertà creativa e la forza espressiva, ricorda Gombrich, furono conquistate
sulla base di questo senso dell’equilibrio.
Nel mondo greco la geometria offrì una “cassetta” di strumenti per tentare di descrivere e di
spiegare i fenomeni fisici, come quelli della visione (oggetto dell’ottica), dell’equilibrio e del moto
dei corpi (oggetto della meccanica) e del moto degli astri sulla volta celeste (oggetto
dell’astronomia). Gli oggetti geometrici (i punti, le rette, il cerchio), le costruzioni geometriche (le
intersezioni di rette e cerchi) e l’uguaglianza o i rapporti fra grandezze geometriche resero possibile
i primi passi della scienza.
Nel mondo antico la geometria appare quindi collegata sia all’esigenza di capire e descrivere
il mondo fisico (vale a dire, la realtà così come la percepiamo attraverso i nostri sensi) della
scienza, sia all’esigenza di rappresentare il mondo fisico dell’arte, sia all’esigenza di intervento
umano nel mondo fisico della tecnica e delle attività pratiche. Tuttavia, anche in questo caso, come
in quello dello studio dei numeri, i greci concepirono lo studio di queste figure da un punto di vista
teorico (ossia, indipendente delle finalità pratiche) e astratto, e svilupparono il metodo di
dimostrazione proprio allo scopo di condurre ragionamenti di validità generale sulla base di figure
concrete.
Geometria e visualizzazione
Le idee geometriche sono collegate alle informazioni sul mondo fisico che ricaviamo
soprattutto dal senso della vista, ma anche dal tatto e dalle nostre sensazioni muscolari. A questo
proposito è interessante ricordare le osservazioni della filosofa María Zambrano (1904-1991), che
mette in contrapposizione, da una parte, la percezione e la conoscenza derivate dall’udito, e quindi
anche il ritmo e la musica (che gli antichi pitagorici collegavano all’aritmetica), e, dall’altra, la
percezione e la conoscenza derivate dalla sfera visiva.
«[…] è molto radicato nel più intimo della tradizione occidentale il credere, o il dare per certo, che il senso
della vista sia il re dei sensi come il leone lo è degli animali della terra e l’aquila di quelli dell’aria. È
un’eredità lasciataci dalla Grecia classica: quella della filosofia, quella della scultura, dell’architettura e
persino della politica.
In tal modo, concetti tanto decisivi per il pensiero umano come quello di “idea”, vengono dal senso
che i primi filosofici greci attribuirono al contenuto della visione. Le idee anche in Platone sono morfé,
forma. Il termine “teoria” viene dal verbo theorein, arrivare alla forma suprema, contemplare1.
1
Contemplare, dal latino contemplari, propriamente “attrarre nel proprio orizzonte, osservare (il
volo degli uccelli) entro uno spazio circoscritto detto templum”.
“Tempio”, antico “templo”, incia un edificio sacro, un luogo consacrato al culto di una divinità e
concepito per lo più come una dimora, permanente o temporanea, della divinità stessa che vi può
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La disputa che Aristotele condusse a fondo contro i pitagorici ebbe il senso, o quantomeno la
conseguenza, di subordinare il campo acustico a quello visivo, di travolgere, in certo modo, l’udito e la
musica come espressione suprema del mondo uditivo.
E così la verità, la certezza degli occidentali sono legate a metafore o immagini proprie della visione.
L“evidenza”2 è il sommo della verità, la verità nella sua forma assoluta, e così impieghiamo questa parole
senza neppure renderci conto di impiegare un criterio visuale. Nel linguaggio restano alcune tracce
dell’antico valore del mondo acustico quando per esempio si dice che qualcosa suona vero o che qualcosa
suona come una moneta falsa.
Secondo alcuni ricercatori dei tempi aurorali dell’umanità, fu l’udito l’organo dominante della
percezione e della conoscenza. E il ritmo naturale il punto di partenza per la musica e la parola. L’uomo che
iniziò a tagliare la pietra lo faceva secondo un ritmo che aveva un preciso significato. I primi monumenti in
pietra sono un linguaggio, il primo. L’intellettualismo proprio dell’Occidente, secondo questi stessi
ricercatori, si origina dal predominio della visione, dal mondo del visibile.
María Zambrano 1964, in Per l’amore e per la libertà. Scritti sulla filosofia e sull’educazione. Marietti 1820,
2008, pp. 45-46.
Molti studiosi hanno condiviso l’idea che l’aritmetica e il concetto di numero siano insite a
priori nella mente umana. Kant considerava che anche le idee della geometria (figure piane e solide)
siano dello stesso genere, ma altri filosofi, come Albert Einstein e il matematico francese Henri
Poincaré, vedono un collegamento molto più stretto fra la geometria e la nostra esperienza del
mondo fisico.
L’idea di spazio
Nella cultura greca, ed in particolare nel pensiero di Aristotele, inizia anche la riflessione
sull’idea di posizione o luogo dei corpi, legata anche alle riflessioni sulla materia, poiché il luogo
era considerato da Aristotele una qualità della materia. Tuttavia, la geometria greca si occupa delle
figure piane e solide e non sviluppò esplicitamente un concetto di spazio geometrico. Le nostre
attuali concezioni sullo spazio come “scenario” dei corpi e del moto, come luogo indefinito e
illimitato in cui si pensano contenute tutte le cose materiali, sono il frutto di una lunga evoluzione
culturale. A quest’evoluzione hanno dato un contributo importante, oltre alla filosofia e alla
teologia,
–
la geografia e la cartografia, con lo studio della Terra,
– l’astronomia e la fisica, con lo studio del comportamento della materia e dell’Universo
–
l’arte, con l’esplorazione della visualizzazione e con la costruzione dei luoghi o spazi
nell’architettura (a partire dal tempio, che è il luogo della divinità)
– infine la matematica con l’idea di spazio geometrico, che emerse in età moderna.
essere rappresentata con una immagine. Questa parola deriva dal latino templum (da una radice
affine al greco τεµευοζ, “recinto sacro”, τεµυω , “tagliare”); in latino significava originariamente
“spazio circoscritto di cielo”, da lì l’espressione templa coeli per riferirsi alla volta del cielo, al
firmamento, ripreso anche in italiano: «oh quante belle Luci il tempio celeste in sé raguna» (Tasso).
2
Evidenza, dal latino evidentia, derivato di evidens –entis, da videre, “vedere”, col prefisso e-.
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Vi sono state due tappe fondamentali nello sviluppo storico della geometria:
–
la prima tappa, sviluppata nel mondo greco, riguarda la ricerca delle proprietà generali
delle figure piane e dei solidi, in collegamento a una visione della natura e del
movimento o cambiamento molto diverso da quello moderno.
–
la seconda tappa, sviluppata nell’Europa moderna, estende la ricerca di tali proprietà
delle figure, in collegamento a una visione rinnovata della natura tipica della scienza
moderna, che include la concezione dello spazio come “contenitore vuoto” omogeneo
e isotropo nel quale ogni punto può essere identificato da numeri, le sue coordinate.
Nell’Ottocento l’accento passa dallo studio delle figure allo studio dei diversi tipi di
trasformazioni dello spazio e delle proprietà delle figure invarianti per quelle
trasformazioni.
Nel prossimo paragrafo riflettiamo ancora sul rapporto fra mondo fisico e la nostra percezione di
esso e l’idea di spazio geometrico.
4.2 Spazio geometrico e spazio rappresentativo
Il terreno sul quale stiamo eretti, i corpi solidi che vediamo e tocchiamo – siano essi naturali o
fatti dalla mano dell’uomo – e il nostro movimento sono i dati di esperienza intimamente legati alla
geometria. Eppure, gli oggetti geometrici e le loro proprietà si discostano radicalmente delle
immagini degli oggetti fisici che vediamo, sentiamo o ci rappresentiamo: il quadro delle nostre
sensazioni e delle nostre rappresentazioni, che Henri Poincaré ha chiamato spazio rappresentativo,
non coincide con lo spazio geometrico:
“L’esperienza svolge un ruolo indispensabile nella genesi della geometria; sarebbe, però,
un errore concluderne che la geometria è una scienza sperimentale, sia pure in parte.
Se fosse sperimentale, non sarebbe che approssimativa e provvisoria. E che
approssimazione grossolana!
La geometria non sarebbe che lo studio dei movimenti dei solidi; in realtà, essa non si
occupa dei solidi naturali, ma ha per oggetto certi solidi ideali, assolutamente invariabili, i quali
non sono che un’immagine dei primi semplificata e molto lontana.
La nozione di questi corpi ideali è interamente frutto della nostra mente e l’esperienza non
costituisce che l’occasione che ci spinge a farla emergere.”
Ecco alcune delle caratteristiche dello spazio geometrico che lo differenziano da quello
rappresentativo. Lo spazio geometrico è:
– continuo
– infinito ossia illimitato
– omogeneo, ciòe tutti i suoi punti sono identici tra loro
– isotropo, cioè tutte le rette che passano per uno stesso punto sono identiche fra loro
Si pensi al rapporto fra geometria e geografia, che pure hanno avuto un’origine comune nella
cultura greca: nella geografia ogni punto ha un interesse individuale (e vi è un’entità assoluta di
riferimento, il pianeta Terra), mentre nella geometria tutti i punti dello spazio sono equivalenti.
Le nostre conoscenze storiche ci dimostrano che l’esperienza nello spazio rappresentativo ha
avuto un ruolo nella nascita delle idee geometriche. Come si può spiegare questo rapporto profondo
tra rappresentazioni e sensazioni e geometria? La spiegazione di Poincaré è la seguente: se non vi
fossero corpi solidi in natura, non vi sarebbe geometria. I corpi solidi sono gli oggetti, naturali o
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artificiali, che possono cambiare di posizione senza cambiare di forma, come un sasso sul letto di un
fiume o un vaso d’argilla, un monte o una capanna. Infatti, egli afferma che l’osservazione dei corpi
solidi ci insegna a distinguere questi cambiamenti di posizione senza deformazione, gli spostamenti
o movimenti rigidi, le cui leggi sono proprio le prime leggi studiate dalla geometria: ciò che
contraddistingue gli spostamenti nella nostra esperienza è il fatto che noi possiamo correggere la
sensazioni o rappresentazione relative al cambiamento del solido con un nostro moto volontario
correlato.
La prima legge che riguarda gli spostamenti è quella dell’omogeneità
“Supponiamo di passare, per un cambiamento esterno " , dall’insieme di impressioni A all’insieme
B; poi che questo cambiamento sia corretto da un movimento correlato volontario " , e ciò in modo da
essere ricondotti all’insieme A.
Supponiamo ora che un altro cambiamento # " ci faccia di nuovo passare dall’insieme A all’insieme
!
B.
! di " , suscettibile d’essere
L’esperienza ci insegna allora che questo cambiamento # " è, al pari
corretto da un movimento correlato volontario # " e che questo movimento # " corrisponde alle stesse
sensazioni muscolari del movimento !
" che correggeva " .
E questo fatto che usualmente viene enunciato quando si dice che lo spazio è omogeneo e isotropo.
! una volta può!ripetersi una seconda volta, e così
Si può pure dire che un movimento che si è prodotto
!
!
via, senza che variino le sue proprietà.
!
Nel primo capitolo, in!cui abbiamo studiato la natura del ragionamento matematico, abbiamo visto
l’importanza che va attribuita alla possibilità di ripetere indefinitamente una medesima operazione.
È da questa ripetizione che il ragionamento matematico trae la propria virtù; è dunque grazie alla
legge dell’omogeneità che esso ha presa sui fatti geometrici.
Per completezza occorrerebbe aggiungere alla legge di omogeneità un gran numero di altre leggi
analoghe nel cui merito non intendo entrare, ma che i matematici riassumono in una parola dicendo
che gli spostamenti formano “un gruppo”.
Lo spazio geometrico non è un quadro imposto a ognuna delle nostre rappresentazioni,
singolarmente considerata, afferma Poincaré; al contrario, secondo questo autore, la geometria è
l’insieme delle leggi secondo le quali si succedono queste immagini.
Esempi di questi spostamenti o movimenti rigidi sono le traslazioni, i giri o i ribaltamenti.
Essi si possono avere in successione, ad esempio prima una traslazione e poi un giro, e questa
combinazione o composizione di spostamenti è un’operazione geometrica analoga all’operazione
aritmetica dell’addizione. Le leggi di gruppo sono analoghe alle leggi dell’aritmetica che
caratterizzano l’addizione dei numeri interi: la composizione di movimenti è commutativa (l’ordine
non modifica il risultato), associativa, vi è un elemento neutro (l’assenza di movimento o identità) e
un elemento simmetrico (ad esempio, l’elemento simmetrico di una traslazione è un’altra
traslazione nel verso opposto).
Quindi il ragionamento geometrico è iniziato su dei solidi ideali (senza considerare il
materiale con il quale sono fatti e le imperfezioni) e sulle proprietà che rimangono invariabili nei
loro cambiamenti di posizione o spostamenti, quali ad esempio le distanze fra i punti, le aree o i
volumi. Ad esempio, un rettangolo può essere fatto di tessuto oppure essere un terreno; di una sfera
non ci interessa il colore o il materiale con il quale è fatta, ma le cosiddette proprietà metriche.
Questo è l’oggetto di studio della geometria euclidea, ossia, quella studiata negli Elementi di
Euclide.
L’idea di gruppo, conclude Poincaré, preesiste nella nostra mente perlomeno in potenza.
Infatti le ricerche moderne hanno portato a esaminare altri gruppi possibili di trasformazioni
geometriche, e quindi si è passato dal palare di geometria al singolare a parlare di possibili
geometrie. Quale è la vera geometria? Per Poincaré ciò non ha senso: l’esperienza ci ha portato a
riconoscere la geometria più adatta a rapportare i fenomeni naturali del nostro mondo fisico, e
quindi ritorna di nuovo il legame e la separazione fra geometria e realtà, tra geometria e esperienza.
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Ricordiamo, infine, che i concetti e le proprietà della geometria, sviluppate all’interno del
proprio contesto astratto, separato dalla realtà materiale, si sono poi rivelati utili nell’applicarli alla
fisica, alla geografia o alla pittura (ambiti dai quali aveva tratto ispirazione). Più in generale,
possiamo dire che il concetto di spazio geometrico, sviluppato nella cultura europea in un arco
prolungato di tempo, condiziona lo spazio rappresentativo dell’uomo moderno.
Spazio rappresentativo e spazio geometrico nel bambino
La psicologia del Novecento ha studiato lo sviluppo e la struttura dello spazio rappresentativo del
bambino. Citiamo in particolare le ricerche di Henri Wallon e della sua allieva Liliane Lurçat, autori
di un importante saggio intitolato “Spazio posturale e spazio ambiente: lo schema corporeo” (1962),
sviluppato poi da Lurçat nel libro Il bambino e lo spazio. Il ruolo del corpo (1976). Il bambino
piccolo accumula esperienze di tipo visivo, tattile e motorio, riguardanti gli oggetti che lo
circondano e il proprio corpo, che combina con parole e riferimenti (repères) che riguardano gli
oggetti e i luoghi, acquisite in relazione con gli adulti e i coetanei. I riferimenti dello spazio
rappresentativo del bambino, ricorda Lurçat, sono di due tipi:
–
oggettivi, ossia indipendenti dalla posizione del soggetto, siano esse fissi (la casa, la
finestra) oppure mobili (una macchina, un genitore che si sposta)
–
soggettivi, ossia relativi alla posizione del soggetto e legati quindi alla consapevolezza del
proprio corpo e allo “spazio posturale”, come quelli davanti-dietro, sinistra-destra.
Si tratta di un aspetto affascinante della crescita del bambino, che interviene nella sua
educazione, ed specificamente nella sua educazione matematica per quanto riguarda la geometria.
Tuttavia, bisogna ricordare che, anche nel bambino, lo spazio rappresentativo è diverso dallo
spazio geometrico. Le concezioni geometriche del bambino hanno un punto di appoggio nella sua
esperienza, ma l’apprendimento della geometria si allontana decisamente dall’esperienza,
introducendo concetti astratti come segmento, poligono regolare o intersezione; anzi, parafrasando
Poincaré, possiamo dire che, se non se ne allontanasse, la sua conoscenza della geometria sarebbe
approssimativa e provvisoria! Viceversa, le conoscenze geometriche acquisite dal bambino e dal
ragazzo condizionano il suo spazio rappresentativo, orientandolo verso la condivisione della
concezione dello spazio come contenitore vuoto che è tipica delle scienze, della tecnologia e in
generale della cultura moderna.
4. 3 La geometria nel libro I degli Elementi di Euclide: costruzioni geometriche con
riga e compasso
I greci ereditarono l’antica sapienza orientale sulle figure piane e solide, la loro suddivisione e
i rapporti di misura, che veniva applicata nell’agrimensura e nell’edilizia. Nel contempo, essi
ereditarono il senso dell’ordine della tradizione artistica (pittura, scultura e architettura) della
Mesopotamia e dell’Egitto, che si esprimeva anche attraverso le figure geometriche e la simmetria,
e la arricchirono anche sulla base dell’idea di proporzione fra misure.
A partire da questi concetti, ancora fortemente ancorati alla realtà concreta, nel mondo greco
si sviluppò una concezione astratta delle figure e dei rapporti che intercorrono fra di esse: «figure
rettilinee sono quelle comprese da rette – si legge negli Elementi di Euclide –, vale a dire, figure
trilatere quelle comprese da tre rette, quadrilatere quelle comprese da quattro, e multilatere quelle
comprese da più di quattro rette». Quindi un trapezio non è più il disegno schematico di un campo,
e nemmeno un triangolo un elemento architettonico, entrambi elementi reali con le loro precise
misure e poste in un preciso luogo; la geometria ragiona sulle figure in sé, un trapezio o un
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triangolo indipendentemente dalla loro realizzazione fisica. La geometria è diventata quindi la
scienza che studia le proprietà generali delle figure. Vediamo qui un’analogia con ciò che è
successo per l’aritmetica, che è nata dalla consuetudine con i calcoli con quantità concrete ed è stata
trasformata nella ricerca delle proprietà dei numeri in generale.
Emblematico di questo sviluppo è il teorema di Pitagora. Il triangolo rettangolo è un oggetto
geometrico legato all’idea di angolo retto. Nel mondo orientale si sapeva dell’esistenza di terne
pitagoriche, come 3,4,5, che permettono di costruire triangoli rettangoli. Nella geometria greca il
teorema di Pitagora diventa una proprietà generale del triangolo rettangolo, ossia non di un
triangolo rettangolo ma di tutti i triangoli rettangoli, di ogni grandezza e in ogni posizione.
Con ciò non si vuol dire che le misure e le realizzazioni concrete delle figure non avessero
interesse per i Greci: i Greci conoscevano l’agrimensura e applicarono la geometria all’astronomia,
così come anche all’ottica e alla teoria delle macchine le quali, a loro volte, erano utili alla
conduzione delle attività tecnico-pratiche a loro più consoni, come la navigazione e il teatro.
Tuttavia, la chiave di volta di quest’acquisizione di conoscenza risiedeva nell’atteggiamento
contemplativo, ossia nella considerazione di oggetti astratti quali il numero o le figure, che
conducono l’intelligenza (riprendendo le parole di Platone in riferimento all’aritmetica che abbiamo
ricordato nella Lezione 1) «dal generato alla verità e all’essere».
La dimostrazione geometrica e la struttura deduttiva delle teorie matematiche
I matematici greci, già nell’epoca arcaica, costruirono un tipo di argomentazione attorno alle
figure che sollevò grande interesse anche fra i filosofi. La cultura greca attribuiva molta importanza
alla libera discussione e all’argomentazione: la democrazia ateniese fu una democrazia diretta, nella
quale i cittadini (gli uomini liberi) discutevano personalmente nell’agorà e si difendevano nei
tribunali. Inoltre, vi erano dei maestri itineranti, i sofisti, che si guadagnavano da vivere con
l’oratoria, discutendo pubblicamente gli argomenti più vari, dalla medicina alla fisica alla
matematica stessa. La filosofia, ponendo al centro la ricerca della verità, rifletteva anche sulle
argomentazioni fallaci e ingannevoli. Il ragionamento matematico sulle figure spingeva
l’interlocutore all’esame di questioni paradossali, sorprendenti, offrendo nel contempo un modo di
argomentare che permetteva di conseguire conoscenze certe.
Ad esempio, un frammento di Ippocrate di Chio, risalente al V secolo, trattava la quadratura
delle lunule, ossia del problema di trovare un quadrato la cui area sia uguale a quella di una figura
qualsiasi a forma di luna. Nella matematica pratica orale antica vi erano delle procedure per
trasformare una figura rettilinea in un quadrato della stessa area. Tuttavia, Ippocrate considerava un
problema più generale: trasformare una figura curvilinea in una rettilinea; e per riuscire a
persuadere della correttezza della sua soluzione costruiva sulla figura un’argomentazione stringente,
che lasciava l’interlocutore convinto, ma nel contempo meravigliato e interdetto.
Il metodo della dimostrazione geometrica fu applicato dai greci anche all’aritmetica: infatti, i
numeri naturali possono essere associati a segmenti geometrici, e ciò stabilisce un forte vincolo fra
aritmetica e geometria.
Alla fine del IV secolo a. C. l’opera più importante scritta da Euclide, gli Elementi,
raccoglieva sistematicamente il corpus di conoscenze di aritmetica e geometria raccolto dai
matematici greci, sulla base di alcune premesse basilari e partendo dalle affermazioni più semplici
riguardanti i numeri e le figure. L’organizzazione di questo imponente lavoro, frutto anche di uno
sforzo collettivo, mostrava la struttura della disciplina e i modi del ragionamento matematico. Negli
Elementi si distinguono chiaramente, da una parte le premesse del ragionamento e dall’altra, le
proposizioni che sono dimostrate sulla base di tali premesse e delle proposizioni già dimostrate,
formando insieme la struttura deduttiva dell’opera:
–
le premesse sono costituite dalle definizioni (a partire da alcune apparentemente
evidenti e intuitive come quelle di punto o di unità, fino ad altre estremamente
sofisticate) e dai postulati o affermazioni accettate senza dimostrazione.
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le proposizioni sono asserzioni che devono essere dimostrate, formulate con
un’ipotesi (i dati o le condizioni) e una tesi che insieme formano l’enunciato. La
dimostrazione delle proposizioni consisteva in una catena di ragionamenti che,
facendo leva esclusivamente sulle definizioni, sui postulati e sulle proposizioni già
dimostrate, permetteva di convincersi del fatto che, ogniqualvolta si verificano le
condizioni, si verificherà anche quanto affermato dalla tesi. Le dimostrazioni
seguivano un canone ben fissato, e adoperavano un linguaggio tecnico
specializzato e alcune formule linguistiche normalizzate. Questo apparato
linguistico, che prediligeva la presentazione scritta, era congegnato per evitare gli
errori, ed evitava gli inganni dell’intuizione o del senso comune grazie a un
accurato rigore logico.
Gli oggetti della geometria
Le prime definizioni del Libro I degli Elementi, il primo dei sei che riguardano la geometria
piana, sono le seguenti:
–
–
–
–
–
gli enti geometrici basilari; punto, linea, retta, superficie, piano, cerchio
figure geometriche composte da questi elementi basilari, quali angoli e figure
rettilinee;
una classificazione di angoli e figure rettilinee
gli elementi del cerchio
la relazione di parallelismo fra rette
I.
II.
III.
IV.
Punto è ciò che non ha parti.
Linea è lunghezza senza larghezza
Estremi di una linea sono punti
Linea retta è quella che giace ugualmente rispetto ai punti su di essa (cioè, ai suoi
punti)
V.
Superficie è ciò che ha soltanto lunghezza e larghezza.
VI.
Estremi di una superficie sono linee.
VII. Superficie piana è quella che giace ugualmente rispetto alle rette su essa.
VIII. Angolo piano è l’inclinazione reciproca di due linee su un piano, le quali si incontrino
fra loro e non giacciano in linea retta.
IX.
Quando le linee che comprendono l’angolo sono rette, l’angolo si chiama rettilineo.
X.
Quando una retta innalzata su una [altra] retta forma gli angoli adiacenti uguali fra
loro, ciascuno dei due angoli uguali è retto, e la retta innalzata si chiama
perpendicolare a quella su cui è innalzata
XI.
Angolo ottuso è quello maggiore di un retto.
XII. Angolo acuto è quello minore di un retto.
XIII. Termine è ciò che è estremo di qualche cosa.
XIV. Figura è ciò che è compreso da uno o più termini.
XV. Cerchio è una figura piana compresa da un’unica linea [che si chiama circonferenza]
tale che utte le rette, le quali cadano sulla [stessa] linea [, cioè sulla circonferenza del
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cerchio,] a partire da un punto fra quelli che giacciono internamente alla figura, sono
uguali fra loro.
XVI. Quel punto si chiama centro del cerchio.
XVII. Diametro del cerchio è una retta condotta per il centro e terminata da ambedue le parti
dalla circonferenza del cerchio, la quale retta taglia anche il cerchio per metà.
XVIII. Semicerchio è la figura compresa dal diametro e dalla circonferenza da esso tagliata. E
centro del semicerchio è quello stesso che è anche centro del cerchio.
XIX. Figure rettilinee sono quelle comprese da rette, vale a dire, figure trilatere quelle
comprese da tre rette, quadrilatere quelle comprese da quattro, e multilatere quelle
comprese da più di quattro rette.
XX. Delle figure trilatere, è triangolo equilatero quello che ha i tre lati uguali, isoscele
quello che soltanto due lati uguali, e scaleno quello che ha i tre lati disuguali.
XXI. Infine, delle figure trilatere, è triangolo rettangolo quello che ha un angolo retto,
ottusangolo quello che ha un angolo ottuso, ed acutangolo quello che ha i tre angoli
acuti.
XXII. Delle figure quadrilatere, è quadrato quella che è insieme equilatera e h gli angoli retti,
rettangolo quella che ha gli angoli retti, ma non è equilatera, rombo quella che è
equilatera, ma non ha gli angoli retti, romboide quella che ha i lati e gli angoli opposti
uguali fra loro, ma non è equilatera né ha gli angoli retti. E le figure quadrilatere oltre
queste si chiamano trapezi.
XXIII. Parallele sono quelle rette che, essendo nello stesso piano e venendo prolungate
illimitatamente dall’una e dall’altra parte, non si incontrano fra loro da nessuna delle
due parti.
Si tratta quindi di oggetti astratti, anche se alle loro origine vi sono oggetti fisici naturali o
artificiali (un recinto, una corda, un raggio di luce, il sole e la luna, una stella o un pianeta). A
riprova della loro origine, la parola retta significa segmento di retta, quindi fa riferimento a qualcosa
di limitato ma prolungabile illimitatamente.
Si osservi il concetto di termine o estremo, che permette di vedere ad esempio i punti, oltre
che come astrazione di una stella nel firmamento, anche come ognuno dei due termini di un
segmento. Allo stesso modo le superficie sono termini di un corpo solido. Ricordiamo infatti le
definizioni che aprono il Libro XI, il primo dei tre che trattano la geometria solida:
I.
È un solido ciò che ha lunghezza, larghezza e profondità.
II.
Limite di un solido è la superficie.
III.
Una retta è perpendicolare ad un piano, quando forma angoli retti con tutte le rette che
la incontrino e che siano su quel piano.
I.
Sono paralleli i piani che non si incontrino.
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Matematica e didattica della matematica
Ana Millán Gasca
XIV. Sfera è la figura che viene compresa quando, restando immobile il diametro di un
semicerchio, si faccia ruotare il semicerchio intorno al diametro finché non ritorni
nuovamente nella stessa posizione da cui si cominciò a farlo muovere.
XXV.
Cubo è una figura solida compresa da sei quadrati uguali.
Costruzioni geometriche con riga e compasso
La geometria è quindi l’indagine su queste figure. In questa indagine si fa affidamento su
cinque postulati o affermazioni che sono accettate come vere senza alcun bisogno di giustificare la
loro validità. Sono i seguenti3:
I
Risulti postulato: che si possa condurre una linea retta da un qualsiasi punto ad ogni
altro punto.
II.
E che una retta terminata si possa prolungare continuamente in linea retta.
III.
E che si possa descrivere un cerchio con qualsiasi centro ed ogni distanza.
IV.
E che tutti gli angoli retti siano uguali fra loro.
V.
E che, se una retta venendo a cadere su due rette forma gli angoli interni e dalla stessa
parte minori di due rette, le due rette prolungate illimitatamente verranno ad
incontrarsi da quella parte in cui sono gli angoli minori di due retti.
Il postulato I si collega all’operazione manuale di adoperare un righello (non millimetrato) e il
postulato III all’operazione manuale di adoperare un compasso (oppure tracciare un cerchio
con un filo).
I risultati dell’indagine sulle figure sono espresse attraverso frasi assertive o proposizioni.
Queste sono di due tipi:
– problemi, ossia costruzioni geometriche, che quindi potrebbero essere ripetute come
operazioni manuali adoperando riga e compasso
ad esempio
Dividere in due parti una retta finita data (Libro I, prop. 10)
Costruire un quadrato uguale ad una figura rettilinea data (Libro II, prop. 14)
Iscrivere un esagono equilatero ed equiangolo in un cerchio dato” (Libro IV, prop. 15)
Per un punto tracciare una retta parallela a una retta data (Libro I, prop. 36)
3
Le cinque nozioni comuni sono le seguenti (in alcune versioni degli Elementi si trovano otto, ma
sembra accertato che tre di esse sono state aggiunte più tardi):
I.
Cose che sono uguali ad una stessa sono uguali anche fra loro.
II.
E se cose uguali sono addizionate a cose uguali, le totalità sono uguali.
III.
E se da cose uguali sono sottratte cose uguali, i resti sono uguali.
IV.
E cose che coincidono fra loro sono fra loro uguali.
V.
Ed il tutto è maggiore che le parti.
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Matematica e didattica della matematica
Ana Millán Gasca
– teoremi o proprietà caso una forma condizionale: “Se …, allora …”, oppure si enuncia un
proprietà, come il teorema di Pitagora, alla fine del Libro I (prop. 47).
.
Lettura 1
Caratteri dello spazio rappresentativo
Proponiamo ancora un brano delle riflessioni di Henri Poincaré su “Spazio e geometria” nel suo saggio La
scienza e l’ipotesi (la versione italiana è tratta dalla traduzione di Corrado Sinigaglia, Bompiani, Milano,
2006, p. 97)
Lo spazio rappresentativo, nella sua triplice forma visiva, tattile e motoria, è così
essenzialmente differente dallo spazio geometrico.
Non è né omogeneo né isotropo; non si può neppure affermare che esso abbia tre dimensioni.
Sovente si dice che “proiettiamo” nello spazio geometrico gli oggetti della nostra percezione
esterna, che li “localizziamo”.
Ma ciò ha un senso? E se sì, quale?
Si intende forse dire che ci rappresentiamo gli oggetti esterni nello spazio geometrico?
Le nostre rappresentazioni non sono che la riproduzione delle nostre sensazioni e pertanto non
possono che disporsi all’interno del medesimo quadro, ossia all’interno dello spazio
rappresentativo.
Ci è impossibile rappresentarci i corpi esterni nello spazio geometrico, proprio come è
impossibile per un pittore dipingere su una tela piana oggetti con le loro tre dimensioni.
Lo spazio rappresentativo non è che un’immagine dello spazio geometrico, un’immagine
deformata da una sorta di prospettiva, e non possiamo rappresentarci gli oggetti se non piegandoli
alle leggi di tale prospettiva.
Non ci rappresentiamo dunque i corpi esterni nello spazio geometrico, ma ragioniamo su
questi corpi come se fossero situati nello spazio geometrico.
Del resto, che cosa intendiamo dire quando diciamo che “localizziamo” un tal oggetto in un
tale punto dello spazio?
Intendiamo semplicemente dire che ci rappresentiamo i movimenti necessari per raggiungere
quell’oggetto. Ma non si dica che per rappresentarsi questi movimenti bisogna proiettarli nello
spazio e che di conseguenza la nozione di spazio dovrebbe preesistere.
Quando dico che ci rappresentiamo questi movimenti intendo dire soltanto che ci
rappresentiamo le sensazioni muscolari che li accompagnano, le quali non hanno alcun carattere
geometrico e, di conseguenza, non implicano in alcun modo la preesistenza della nozione di spazio.
Lettura 2
La geometria e l’esperienza
Questo brano è tratto da una conferenza tenuta da Einstein nel 1921 davanti all'Accademia delle Scienze
di Berlino e poi pubblicata in varie lingue col titolo “ La geometria e l'esperienza ” . Si veda ad esempio
la versione francese in: A. Einstein, Réflexions sur l'électrodynamique, l'éther, la géométrie et la
relativité, Gauthier-Villars, Paris, 1972.
Come accade che la matematica, che è un prodotto del pensiero umano ed è indipendente da
ogni esperienza, si adatti in modo così meraviglioso agli oggetti della realtà? La ragione umana
sarebbe dunque capace di scoprire, senza far ricorso all'esperienza, le proprietà degli oggetti reali
mediante la sua sola attività? A questa domanda bisogna rispondere, secondo me, al modo seguente:
nella misura in cui le proposizioni della matematica si riferiscono alla realtà non sono certe, nella
misura in cui sono certe non si riferiscono alla realtà. La chiarezza perfetta su questo tema è potuta
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Matematica e didattica della matematica
Ana Millán Gasca
divenire comune soltanto grazie a quella tendenza in matematica che è nota sotto il nome di
assiomatica. Il progresso realizzato da quest'ultima consiste nel fatto che la parte logica e formale è
accuratamente separata dal contenuto oggettivo o intuitivo. Secondo l'assiomatica, la parte logica e
formale costituisce essa sola l'oggetto della matematica, ma non il contenuto intuitivo o un altro ad
esso associato. […]. Questa concezione degli assiomi, rappresentata dall'assiomatica moderna,
sbarazza la matematica da tutti gli elementi che non gli appartengono e dissipa così l'oscurità
mistica che avviluppava un tempo i suoi fondamenti. Una siffatta esposizione epurata rende anche
evidente che la matematica come tale è incapace di enunciare alcunché, sia circa gli oggetti della
rappresentazione intuitiva, sia circa gli oggetti della realtà. […] Ma è d'altra parte certo che la
matematica in generale e la geometria in particolare debbono la loro esistenza al nostro bisogno di
sapere qualcosa circa il comportamento degli oggetti reali. Il termine di geometria che significa
misura del terreno lo prova già. […] E' chiaro che il sistema di concetti della geometria assiomatica
da solo non può servire a formulare alcun enunciato sul comportamento di quella specie di oggetti
della realtà che vogliamo chiamare corpi praticamente rigidi. Per poter fornire degli enunciati di
questo tipo, la geometria dovrebbe essere spogliata del suo carattere logico e formale, in modo che
possa coordinare ai concetti schematici vuoti della geometria assiomatica degli oggetti della realtà
accessibili all'esperienza. […] La geometria così completata è manifestamente una scienza derivata
dall'esperienza; noi possiamo anche considerarla come la branca più antica della fisica. I suoi
enunciati riposano essenzialmente sull'induzione dell'esperienza e non soltanto su delle deduzioni
logiche.»
Lettura 3
Le proprietà geometriche
Leggiamo alcune considerazioni di Richard Courant e Herbert Robbins nel saggio Che cos’è la matematica
(pp. 223-225) sulle proprietà geometriche. Nel mondo moderno è stata stabilita una relazione fra figure
geometriche e numeri grazie all’introduzione delle coordinate, che è alla base della geometria analitica che si
studia nella scuola superiore. L’uso delle coordinate porta a considerare lo spazio di due, tre (o più)
dimensioni composto da punti, e anche le trasformazioni dello spazio.
La geometria si occupa delle proprietà delle figure nel piano e nello spazio. Queste proprietà sono
così numerose e diverse che non si può far ordine in tutta questa ricchezza dell’umano sapere senza
un principio di classificazione. Si potrebbe, per esempio, introdurre una classificazione basata sul
metodo che si usa per dedurre i teoremi: da questo punto di vista, si fa di solito una distinzione tra il
procedimento “sintetico” e il procedimento “analitico”. Il primo è il classico metodo assiomatico di
Euclide, secondo cui la teoria si costruisce su fondamenti puramente geometrici, indipendentemente
dall’algebra e dal concetto di continuo numerico, e i teoremi si deducono con un ragionamento
logico partendo da un complesso iniziale di proposizioni dette assiomi o postulati. Il secondo
metodo è basato sull’introduzione di coordinate numeriche e usa le tecniche dell’algebra: è un
metodo che ha prodotto un profondo mutamento nella scienza matematica, approdando a
un’unificazione della geometria, dell’analisi e dell’algebra in un sistema organico. […]
Nella geometria piana elementare si distingue tra i teoremi che trattano della congruenza delle
figure, e usano i concetti di lunghezza e di angolo, e i teoremi che trattano della similitudine delle
figure, e usano soltanto il concetto di angolo. Non si tratta di una distinzione molto importante,
perché lunghezze e angoli sono così intimamente connessi che una separazione tra di essi è
piuttosto artificiosa. (Lo studio di questa connessione costituisce l’argomento principale della
trigonometria). Possiamo invece dire che i teoremi della geometria elementare riguardano le
grandezze: lunghezze, misure di angoli e aree. Da questo punto di vista, due figure nel piano sono
equivalenti se sono congruenti, cioè se da una di esse si può ottenere l’altra mediante un moto
rigido, in cui soltanto la posizione viene alterata ma non le grandezze. Viene ora spontanea la
domanda se il concetto di grandezza e i concetti ad esso connessi di congruenza e similitudine siano
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Matematica e didattica della matematica
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essenziali in geometria, o se possano esistere proprietà delle figure geometriche ancora più profonde
che non vengano distrutte da trasformazioni ancora più radicali dei moti rigidi. Vedremo che accade
proprio così.
Disegniamo un cerchio con una coppia di diametri perpendicolari su un blocco rettangolare di
legno tenero. Se mettiamo il blocco in una presa e lo comprimiamo fino a ridurlo alla metà del suo
spessore, il cerchio diverrà un’ellisse e gli angoli formati dai diametri dell’elisse non saranno più
retti. Mentre il cerchio gode della proprietà che i suoi punti sono equidistanti dal centro, questo non
è più vero per l’elisse. Potrebbe allora sembrare che tutte le proprietà geometriche della figura
originale vengono distrutte dalla compressione, ma questo non è affatto vero: per esempio, il fatto
che il centro biseca ognuno dei diametri vale sia nel cerchio che nell’elisse. Siamo qui in presenza
di una proprietà che persiste anche dopo un cambiamento piuttosto profondo nelle dimensioni della
figura originale. Questa osservazione ci suggerisce la possibilità di classificare i teoremi relativi a
una figura geometrica a seconda che la loro validità si mantenga o meno quando la figura è
sottoposta a una compressione uniforme. Più generalmente, data una classe di trasformazioni di una
figurea (per esempio la classe di tutti i moti rigidi, delle compressioni, delle inversioni rispetto a
cerchi, ecc.) ci si può chiedere quali proprietà della figura rimangono invariate rispetto a questa
classe di trasformazioni. Il complesso di teoremi che trattano di queste proprietà costituirà la
geometria associata a questa classe di trasformazioni. L’idea di classificare i diversi rami della
geometria secondo le classi di trasformazioni considerate fu proposta da Felix Klein (1849-1925) in
un famoso discorso (il “programma di Erlangen”) tenuto nel 1872. Da allora ha profondamente
influenzato il pensiero matematico.
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