Testo completo - comune di ranica
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Testo completo - comune di ranica
Dedica Mentre, con evidente diendio di tepo ed energie, aendevo aa iceca previa e aa redazione del presente “quaerno” mi si insinuò a più iprese – lo aeo – il dubio ce ao sforzo potese coispondere confacente utilità. Tuaia ho persistito… e ciò pe aie ragioni. Ne cito almeno due. Pimo, se dee “cose piccole” – quale può esere l’antico compleso dea Chignola – non se ne occupano i piccoli, nesun altro se ne intereserebe. (Le cose piccole però, pe i piccoli, esso non sono tali.) Secondo, se la presente publicazione aese isto la luce cinquant’anni fa probabilmente si sarebe potuto evitare l’aaro strazio di un luogo interesante dal punto di ista stoico e tualtro ce indifferente dal punto di ista progeuale e artistico. Agiungo ce l’eeienza insegna come alcune inquarature conoscitie (le quali pe loro natura coinvolgono sezioni e fraenti diersi dea cultura) ce al pimo momento posono sebrare non d’imediata aplicazione, a medio e lungo terine dientano fruuose. La mia fatica, moesta magai nel isultato ma non indifferente ne’impegno, intendeva esere ance, e soprauo, un gesto di simpatia erso i Ranicesi, ai quali dedico questo laoro. l’Autore Luigi Cortesi La Chignola di Ranica il monastero perduto Quaderni ranichesi di ricerca, studio e documentazione N. 1 Comune di Ranica INDICE Repertorio e regesto semplice pag. 7 Capitoli 1. La situazione prima del secolo XV pag. 19 2. Gli inizi e la definizione dei rapporti pag. 27 3. Gli edifici del complesso conventuale pag. 39 4. Chiesa convento e uomini del ‘500 pag. 49 5. Sconvolti dalla pestilenza nel 1630 pag. 63 6. La soppressione del convento e i sequestri pag. 73 7. La liquidazione della proprietà pag. 87 Integrazione: L’ordine della Chignola: Servi di S. Maria pag. 101 Documenti pag. 117 Excursus: Eredità morale dei Servi di S. Maria pag. 145 Immagini e vita alla Villa della Chignola pag. 153 Abreviazioni AC/BG AGOSM AS/BG AS/MI AS/VE ASV BC/BG Notar Archivio della Curia diocesana, Bergamo Archivio Generale dell’Ordine dei Servi di Maria, Roma Archivio di stato, Bergamo Archivio di stato, Milano Archivio di stato, Venezia Archivio Segreto Vaticano, Città del Vaticano Biblioteca civica Angelo Maj, Bergamo Fondo Notarile, in Archivio di stato - Bergamo 4 Presentazione La Chignola: ciò ce apaia un insignificante e frainteso fraento nea realtà ranicese è dientato, con questo Quaerno, uno straodinaio fascio di luce su Ranica. Anzi, non solo su Ranica! E’ con ia soddisfazione dunque ce la Ciica Aministrazione può presentare ai conciaini un sagio stoico ce iteniao eseplare: un luogo, ora straolto, e una stoia, impensabile e del tuo ignota, itornano a biare con questo Quaderno, straodinaia finestra aperta sul compleso monastico dea Chignola. Non è, il presente olumeo, la “Stoia di Ranica” bensì solo un pimo asagio monoteatico… La “Stoia” sisteatica è in itinere e presto edrà la luce; tuaia ciò ce ora presentiao si può considerare già un punto di aio tualtro ce secondaio. Preso ao ce, al di là di accenni aghi, ipetitii e geneici, Ranica non era in poseso di aeuate conoscenze dea propia stoia, il Comune aeva affidato a don Luigi Cortesi, noto icecatore e stoico dea bergaasca, l’incaico di icompoe la “Stoia di Ranica” e, a tal fine, di effeuare previe icece pe poterla realizzare. Questo suo paziente e lungo laoro ha pereso di raccogliere molto mateiale documentaio ce d’ora in poi ci isulterà asai utile, non solo pe lo scopo pimaio di inquarare in terini scientifici la stoia di Ranica, ma altresì pe realizzare altre monografie o esere punto di ifeimento pe ulteioi indagini e nuovi studi. E’ in quest’oica, di utilizzo ance seoiale del mateiale raccolto, ce si cooca la decisione de’Aministrazione e de’autore di dare ae stape il presente “Quaerno” - dal caraere sagistico ma ance diulgatio - sul Convento dea Chignola, esaaente in quest’anno in cui cae il 350° anniersaio dea sua sopresione (1656): una sopresione ce piò la popolazione di un eleento di sicuro ifeimento nea ita, tualtro ce facile, di quegli anni. Del resto, se tuo questo mateiale, estreaente interesante, fose stato costreo a entrare in olume dea “Stoia di Ranica” o sarebe stato necesaiaente sintetizzato e sacificato opure arebe finito, copioso qual è, con lo sbilanciare quel piano generale de’opera ce abiao in cantiere, il cui 1° tomo anzi è orai di iminente publicazione. Impresiona, già in questo pimo Quaerno, la precisione dei ifeimenti e la straodinaia iccezza dei contenuti: ci arebe mai imaginato di trovare, ne’abito di Ranica, tale patimonio di stoia e ita? Siao peciò grati a don Cortesi pe questo ce, pe la nostra comunità ciile, rapresenta indubiaente un dono prelibato. L’Assessore ala Cultura Lionelo Beni 5 Comune di Ranica “Da qualche anno ormai di questa graziosa chiesetta, dalla gloriosa storia, non resta che l’architettura esterna. Nell’interno essa è diventata un’officina rumorosa di telai. È un luogo storico e caratteristico di Ranica che purtroppo va scomparendo.” (Don Giuseppe Martello, “RANICA” - 1962) REPERTORIO Atti della Chignola di Ranica DATA REGESTO FONTE 1252,1021 In un documento del 21 ottobre 1252 viene menzionata una domus degli Umiliati di Torre Boldone, sfuggita a tutte le elencazioni, G. Tiraboschi compreso (Vetera H. M.). Potrebbe forse essere invece questa la “domus de Cuniolo de foris”? E perché mai gli Annali dei Servi di Maria, citando il loro convento della Chignola, nei primissimi tempi (sec. XV) lo denominano “de Coniolo”? CV/BG, Archivio Capitolare, perg. 1281 Cfr. Tor Boldone, 7.5 e p. 338 (foto) 1334,1030 Notizia errata prodotta dallo storico Giuseppe Ronchetti, ripresa poi da molti, per la quale in tale data a Ranica sarebbe esistito un convento dell’ordine di Cluny. Si tratta di un abbaglio del pur autorevole e meritevole storiografo bergamasco nella lettura di un atto notarile (BG/CV, Acta Anenis 103), che ha così divulgato una falsa certezza. RONCHETTI, M.I.,l. 21° (Ed. ASB, III, p. 60) Si veda in RANICA, 5.7. 1361,0617 AS/MI, F. Diplom., 20/ La priora del monastero s. Giorgio di Redona (in conflitto con A, 16 il convento S. Maria Assunta di Torre Boldone…) affitta a Guidotto Bonghi dei terreni, tra cui uno detto “ad S. Mariam de Chiniolla” – Finora risulterebbe la citazione più antica della chiesetta della Chignola. (Vedi: TOR BOLDONE, p. 145 ss e nota 27) 1384,1111 Citazione di Santa Maria della Chignola: “Terra aratoria et vidata jacente in territorio de Turre Boldonum ubi dicitur ad Sanctam Mariam de Chiniola…” AS/BG, Notar. 63/5, f. 289 ss 1392,0711 “… A meridie via qua itur ad Sanctam Mariam de Cuniola…” (definizione dei confini di Ranica con la Vicinia s. Lorenzo) RANICA, 8.6 1425,0322 Martino Zambelli detto Ferazio costituisce suo procuratore Bertolino Zambelli per dare al Comune di Ranica “nomine et vice ecclesie S. Marie de Chiniola” 5 pertiche di terra, dove si dice in Agro, del valore di 125 lire imper. AS/BG, Notar. 179 f. 401 1450 circa “Fu fondato ed eretto circa l’anno 1450…” Il priore p. Alciese Barlotti lo indicava come possibile inizio della presenza dei Servi di Maria a Ranica nella Chignola AGOSM, Negotia Rel. 167, f. 90 1460 circa Il parroco Cristoforo Calepio risulta abbia messo a disposizione “I monasteri soppressi” dei Servi di Santa Maria (OSM) la chiesetta di santa Maria alla I° 353 Chignola, pur restando essa della parrocchia, con facoltà loro di costruirvi il convento. 1471 Secondo il parroco e notaio Gerolamo Guarinoni (1566-1596) AC/BG, Visite Pastorali, sarebbe l’anno dell’assegnazione definitiva ai Servi di S. Maria: XXXIII, 129v (a. 1594) “La chiesa della Cugnola sotto l’invocatione di S. Maria, che è della religione dei Servi, et altre volte era unita alla mia chiesa, ma del 1471 fu smembrata per auttorità ordinaria, per quel che io ho visto.” 1472,0801 Esiste già anche il convento. Tomasino Assolari, nel testamento, Matris D. 3051/2, 173 benefica chiesa e convento: “Item, ecclesie et conventui domine sancte Marie della Chignola L. 3 imper” … 7 1483,0529 Lascito “ecclesie S. Marie de Laranicha” di lire 3 da Guelmina fq. Tonolo de Grigis de Selvino, abitante a Ranica. AS/BG, Not. 790 f. 378 1484,0810 Mentre c’è rischio epidemia pestilenziale, Zambono Morico (de Muricis de Serina habitator de Laranicha) con suo testamento lega lire 2 imp. alla fabbrica di S. Maria della Chignola. AS/BG, Notar., 367, f. 67v 1484,0810 AS/BG, Not. 790, f. 514 Caterina fu Zanino dei Paste di Sorisole abitante a Ranica con testamento lega lire 2 alla fabbrica di S. Maria della Chignola. (Fabbrica equivale a chiesa, edificio, struttura; non a edificazione) 1484,0815 Marchisana Bonati ved. di Cristoforo Piceni della Costa abitante a Torre Boldone lega 20 soldi alla fabbrica di Santa Maria. AS/BG, Notar., 367, f. 68v 1484,0823 Barbara Berlendis ved. di Donato Coressi da Ranica lega 10 soldi alla fabbrica di S. Maria. AS/BG, Not., 367, f. 70 1484,0906 Pietro Luati q. Bonomo da Ranica lega 10 lire imperiali alla fabbrica di S. Maria. AS/BG, Not., 367, f. 71 1484,1122 Bolla di Innocenzo VIII “Ex injuncto nobis” che sanciva l’unione dei due conventi della Chignola e di s. Gottardo dell’Ordine dei Servi di Santa Maria. ASV, Reg. Vat.683 ff 201 ss 1484,1204 Testamento di Giovannino Acerbis fu Zano da Olera, abitante a Nese. Legava alla chiesa della Chignola 3 pertiche di terra in Nese dove si dice in Strator, riscattabile dagli eredi dopo 10 anni a lire 50 la pertica. Nel frattempo essi paghino affitto di lire 6 ogni anno al convento. AS/BG, Notar 790, ff. 559-569 1486,0330 Giovanni q. Pietro Viani de Acerbis di Nese (per mandato di Giacomo de Razise vicario generale del vescovo Lorenzo Gabrieli e a istanza del parroco di Nese Barono Gritti) dichiara formalmente a fra’ Lorenzo priore di Santa Maria della Chignola che un suo parente (con testamento in vigore dal 18 febbraio) ha legato un terreno in Nese con l’onere della quarta parte a favore della chiesa di S. Maria della Chignola. AS/BG, Not. 790 f. 642 1486,0820 Vincenzo Acerbis di Nese con suo testamento lega 20 soldi alla AS/BG, Not. 790 f. 722 chiesa e convento S. Maria della Chignola affinché due frati celebrino altrettante Messe al suo funerale e al 7° giorno. 1486,1116 Testamento di Pietro Grigis, che benefica chiesa e confraternite di Ranica; tra l’altro: “legavit fabrice ecclesie S. Marie de Chiniola de Laranicha perticas duas terre ex et de una petia terre prative et aratorie ubi dicitur in fine Brusate” AS/BG, Not. 367 f. 147 v 1488,0102 Giovanni q. Pietro Viani de Acerbis da Nese paga fitto a fra’ Isidoro “priore dell’ordine dei Frati di santa Maria della Chignola di Ranica e vicario generale dell’Ordine dei Servi di Maria” per un terreno in Nese legato al monastero. AS/BG, Not. 790 f. 840 1489,0124 AS/BG, Not. 790 f. 923 “Ven. fr. Silvester ordinis Servorum et prior ecclesie S. Marie de Laranicha atque executor predicte ecclesie” dà ricevuta a Giovanni q. Pietro Viani de Acerbis, abitante a Nese, di L. 6 per fitto di terra in Nese, già lascito a detta chiesa, scaduto a san Martino. 8 1489,0526 AP/Ranica Sentenza arbitrata tra il parroco di Ranica don Giacomo Ceroni e i frati Sebastiano da Martinengo e Isidoro da Bergamo, dell’Ordine dei Servi: la chiesa S. Maria è diritto della parrocchia di Ranica e quindi viene stabilito un censo e l’obbligazione per i frati, che risiederanno nel convento, di andarvi a celebrare le messe di Natale e Pasqua; il parroco verrà alla Chignola a celebrare la messa in due feste della Madonna, 25 marzo e 8 settembre. 1489,0913 AS/BG, Not. 790, f. Riunione capitolare del convento della Chignola: i 5 frati 989-991 eleggono come loro rappresentanti tre uomini di Ranica: Giovanni Pasta, Tonolo Gavazzi e Pietro Grigis Doni. I frati erano: Lorenzo da Bergamo, priore, Rogiero da Laranica, Filippo da Bergamo, Basilio da Terzo e Giovanni Giacomo da Laranica 1493,1206 Il Consiglio del comune di Bergamo elegge per sorteggio il conte Marco Benaglio e Guglielmo Zonca con l’incarico di fare una verifica a proposito del muro costruito dai frati della Chignola per recingere il loro convento verso il canale Serio. CB/BG, Azioni del Consiglio, s. 4,6, f. 200v 1493,1220 Il Consiglio del comune di Bergamo, alla presenza dei rettori, approva delibera contro i frati della Chignola, stabilendo la demolizione del muro lungo il Canale Serio per la lunghezza di 54 braccia, abusivamente costruito dai frati sul suolo di pertinenza del Comune. CB/BG, Azioni del Consiglio, s. 4,6, f. 197v 1506,0510 Salvo q. Zanino Piceni da Torre Boldone con suo testamento “judicavit et legavit fabrice S. Marie de Chignola sol. 20 imper.” AS/BG Notar. 1060, c. 154 1509,0304 Bonomo Girardi (More) q Bartolomeo Gobbo del Fenile lega alla fabbrica di S. Maria della Chignola 40 soldi AS/BG, Not. 1060, c. 263bis 1509,0304 Donadina Zambelli q. Antoniolo, vedova di Martino Donato Noris, lascia alla Scuola di S. Maria della Chignola lire 10 imper. per suffragi Notar. 1060, c. 262 1509,0304 Testamento di Zanone Gardani q. Martino: lega soldi 20 alla Scuola di S. Maria della Chignola Notar. 1060, c. 263 1511,1019 Testamento di Filippina Licini q. Bartolomeo: 20 soldi alla chiesa della Chignola Notar. 1060, c. 328 1512,0626 AS/BG, Notar. 1060 c. Maria figlia di Giovanni Ronchella, vedova di Zanino Filippo Mora (Gherardi) del Fenile dispone per la fabbrica della chiesa 349 di S. M. della Chignola “un migliaio di mattoni remedio anime sue” 1512,0809 Testamento di Pietro Bonvicini che dispone: un ducato ai frati per officio annuale; libras quinque olei ecclesie S. M. de Chignola pro illuminando ad altare S. M. de Chignola pro anima sua; un censo di soldi 48 su terra di 6 pertiche “in Roncazio” per 10 messe all’anno per la defunta sua moglie Tonòla e per sè. 1512,0822 AS/BG, Not. 1060, f. Testamento di Elisone Nigroni del Brugale, membro del Terz’Ordine dei Servi di Maria della Chignola: dopo vari lasciti 353 s. + 1 c. numerata (anche per il campanile di Ranica), istituisce erede universale il monastero della Chignola. (Vuol essere sepolto nella chiesa della Chignola). È priore fra’ Leonardo da Terzo. 9 AS/BG, Notar. 1060 c. 352 1512,0912 Il parroco don Giacomo Ceroni, non adeguandosi all’arbitrato del 1489, non è andato alla Chignola a celebrare la Messa il giorno 8 sett., festa della Natività della BVM, e invece ha celebrato nella chiesa dei Santi Sette Fratelli di Ranica. Dichiarazione di Pietro q. Donato Gritti, raccolta su richiesta del priore fra’ Serafino Berlendis da Martinengo, verbalizzata dal notaio Alessandro Bozio Piceni. AS/BG, Notar. 1061, f. 91 1513,1018 Testamento di Antonio Manzini detto Valbona fu Jacobino che lega soldi 40 alla Scuola di S. M. per suffragi AS/BG, Notar. 1060 c. 374 1514,0831 Comino Fantoni q. Ambrogio Fantolo da Rosciano, nel chiostro AS/BG, Notar. 1060, c. 383 del convento S. Maria della Chignola si impegna con il priore Alberto Pesenti a dare soldi 45 per sessantasei anni a ogni san Martino per un terreno di 8 pertiche posto in territorio di Torre Boldone dove si dice “la Marzanghina”; trascorsi quegli anni la terra, libera, sarà sua e dei suoi eredi. Assistono i frati Andrea da Carenno, Tomaso da Travagliato e Giovanni Antonio di Valtulina. 1514,0909 AS/BG, Notar. 1060 f. CAPITOLO GENERALE. I frati sono: Alberto Pesenti, priore, Gerolamo Rota, Andrea da Carenno di Val San Martino, Sebastia- 386 no Betoschi di Alzano, Giovan Giacomo Gardati (da Torre B.), Tommaso da Travagliato e Giovanni A. da Valtulina. Eleggono loro sindaco e procuratore fra Pellegrino de Balantiis, priore del Monastero di S. Gottardo, con incarico di assumere le difese, anche in foro civile, delle Costituzioni dell’Ordine e del Maremagnum (il complesso dei privilegi riconosciuti all’Ordine dai pontefici) 1515,0709 Giovanni q Bonello Piceni della Ronchella, con suo testamento AS/MI, 3051/3 (ex Arch. lega una pezza di terra aratoria e vidata di pert. 1 dove si chiama Matris Domini) in Casgneto. È presente fra’ Antonio da Terzo (q. domini Leonardi de Tertio…) 1517,0107 Spartizione dei figli di Giovanni Piceni detto Ronchella: tra gli oneri, vi è il pagamento di un ducato alla Scuola di S. Maria della Chignola. 1521,0403 AS/BG, Notar. 1060 c. Bono, Alessandro, Antonio e Bartolomeo, figli di Giovanni 462 Piceni Ronchella continuano a mantenere le disposizioni testamentarie del padre e fanno celebrare 6 messe all’anno nella chiesa della Chignola 1524,0202 AS/BG, Notar. 1060 c. Testamento di ser Giovanni Noris detto Mozino, figlio del q. ser Martino Donato Noris abitante a Torre, che dispone: quattro 530 messe e un officio di suffragio ogni anno da celebrarsi un anno a Torre e l’altro anno, alternativamente, in S. M. della Chignola; lire 30 al convento dei frati dell’Ordine dei Servi di S.M. de Chignola de la Ranica. 1527,0316 Fra’ Serafino de la Ranica OSM viene ordinato suddiacono in cattedrale. Altri frati ricevono gli ordini minori: Luigi Antonio della Gatta (Ranica), Daniele da Torre Boldone e Bernardino Cornolti da Alzano. AC/BG, Registri delle ordinazioni 1527,0527 Riunione del Capitolo del monastero della Chignola per delegare due frati a rappresentare il convento davanti al padre generale “magistro” fra’ Girolamo da Lucca e davanti alla Sede Apostolica. Eleggono m.o fra’ Paolo da Montecchio parmense e fra’ Benedetto da Clusone. I frati del convento sono: Bonaventura da Clusone priore, Filippo da Bergamo, Tomaso da Clusone, G. Antonio da Clusone, G. Pietro da Bergamo e Albertino da Sorisole, tutti sacerdoti professi. AS/BG, Notar. 1061, 214 10 AS/BG, Notar. 1060 c. 461 1528,0923 AS/BG, Notar. 1062, c. 6 Gennaro Assolari q. Lorenzo (Tole) notaio, sano di corpo e d’intelletto ma in timore di grave pericolo per la peste imperante, con testamento lega lire 14 alla Scuola di S. M. della Chignola e inoltre “ordinavit quod dipingatur et dipingere debere imago sancti Antonij in capella Schole S. Marie de la Chignola, et hoc de hereditate ipsius testatoris infra sex menses”. 1529,0614 Testamento di Caterina Cortinovis vedova di Giacomo Galizzi della Botta di Ranica: “lega a fra’ Serafino suo fratello, del convento s. Maria della Chignola, lire 3 per celebrate le Messe di san Gregorio per il suo defunto marito.” 1529,1109 AS/BG, Notar. 2295, ff. Testamento di Giacomo Cortinovis q. Giovanni Betuzino che lega l. 25 a fra’ Serafino suo fratello, e il resto del suo avere agli 317-319 altri fratelli: m.o Girardo, Antonio e Zinino. 1530,0517 AS/BG, Notar. 1061, 323 Capitolo generale dei superiori dei conventi bergamaschi dei Servi, per decidere sull’eredità toccata al p. G. Giacomo Gardani da Torre Boldone, priore del convento del Lavello, e relative condizioni. Presenziano i padri: Pellegrino de Balantiis presidente dell’Ordine di tutta la Bergamasca, Gaudioso da Camisano visitatore, Angelo da Martinengo priore di San Gottardo, G. Angelo da Bergamo definitore, Alessandro Zanchi priore di Zogno, Giorgio da Gromo priore della Chignola, G. Giacomo Gardani priore del Lavello. 1530,1021 Il priore Giorgio da Gromo e fra’ Agostino Calepio sacerdote “in quibus consistit tota vis et facultas dicti capituli” (a motivo dell’epidemia di peste) rilasciano due volte procura al notaio Alessandro Piceni. AS/BG, Notar. 3138, c. 7 Idem al f. 12 1533,0626 Fra’ Camillo Alochetti da Muradella, sacerdote professo nel convento della Chignola, mette irrevocabilmente nelle mani del priore fra’ Taddeo da Sorisole tutti i suoi beni mobili e immobili. AS/BG, Notar. 2296, ff. 120v-122v 1533,0725 AS/BG, Notar. 2296, f. Professione religiosa di Filippo del q. Giovanni olim Michele 124 da Bondo, contrada di Albino, che sta e dimora nel convento della Chignola. Dichiara di avere più di 25 anni e, facendo voto di povertà, mette irrevocabilmente nelle mani del priore Taddeo da Sorisole tutti i suoi beni mobili e immobili. 1534,0330 Il priore Taddeo da Sorisole costituito arbitro, con Alessandro Piceni Ronchella, tra Venturino Moretti da Torre e la contrada di Torre Boldone (che gli contestava alcuni abusi durante il suo mandato di sindaco, riscontrate sul libro dei conti negli anni 1528, 1529, 1532) sentenzia che il Moretti è tenuto a pagare lire 19 a Manzino Manzoni di Ranica. 1534,0411 AS/BG, Notar. 1489, ff. Una vestizione nell’Ordine. Interessante documento per 82v-87 “l’abbandono del mondo” (dichiarazione di libera scelta e destinazione patrimoniale ai fratelli minorenni) e l’ingresso nell’Ordine dei Servi di Alessandro Pasta, un giovane di Ranica orfano di padre, al noviziato di San Gottardo. 1534,1012 AS/BG, Notar. 2296, f. Giovannina Caterina Zanchi ved. Giacomo Paste Baris de Suriselle abitante a Ranica lega 50 soldi alla chiesa di S. Maria, 204 remedio anime sue. 11 AS/BG, Notar. 2295, f. 186 AS/BG Not. 3138, f. 94 1535 Obiezione di frate Serafino da Ranica a Pietro e Antonio Valota, AS/BG, Notar. 3138 f. 139 coloni a Torre Boldone. 1535,0221 Gli uomini di Torre Boldone tengono alla chiesa della Chignola AS/BG, Notar. 1489, 170-172 una delicata riunione plenaria. Eleggono un commissario per districare l’annosa e vessata questione dell’eredità di Gasparino e Maria Licini destinata alla Misericordia di Torre e bloccata da vari anni. 1536,1126 Nel capitolo, il priore fra’ Abbondio da Mandello, Maffiolo da Sorisole e Zambono da (bianco) eleggono fra’ Serafino come loro procuratore. 1537 ESTIMI, 251, 60 Santino Gardani paga un censo al convento sulla terra presso casa sua e sulla Calvarola: “Et sopra dite doy peze de terra se paga ogni anno ali Frati dela Chignola lire 6 den. 10 imperiali per uno legato fato da suo padre Bertolaxio como par nel suo testamento rogato per q. d. Alexandro Bozo; qual fito se pol tor zosso pagando lire 160 imper.” 1537,0714 Giacoma Giovanelli da Gandino ved. di Cristoforo Piceni Ronchella da Torre B., nominato erede Andreolo Bassi da Peia suo figlio di primo letto, dispone al priore fra’ Raffaele da Clusone lire 50 per funerali e suffragi, e chiede di essere sepolta in S. Maria della Chignola. Notar. 2296, f. 352v-354 1538 Atto di procura del convento al notaio Giuseppe Muttoni Notar. 3138 f. 228 1540 Atto di procura a fra’ Serafino della Ranica Notar. 3138 f. 278 1540,0306 Giovanni Gritti Bline lega 20 soldi alla Scuola di S. Maria, remedio anime sue. Notar. 2296/2, f. 2 1541,0429 Capitolo generale del convento che delibera di assegnare la conduzione del fondo Brugale a G. Pietro q. G. Fachino da Mologno. Composizione del capitolo: “Ibi pater frat. Jovanes Jacobus q. d.ni Bertolaxi de Gardanis de Tureboldonum prior conventus sancte Marie de Chignolla ordinis Servorum de Observantia, pater frat. Serafinus q. m.ri Jouanis Betuzini de Curtenovis de la Ranica et pater frat. Jouanes Antonius q. ser Jouanis de Cochay districtus Brixie, omnes sacerdotes et commorantes in dicto conventu S. Marie de Chignolla”… AS/BG, Notar. 2296, f. 25 s. 1544 Il priore Giovan Giacomo Gardani affitta il “Prato di Bertolasio” a Pietro Licini detto Francia. AS/BG, Notar. 3138, f. 382 1550,1210 Alla dettatura di un testamento è presente “rev. Fr. Mariano de AS/BG, Notar.. 2427, f. 370 v. Fanzagis de Cluxione quondam domini Johannis, nunc priore conventus S. Mariae Virg. de Chignola” 1551,0331 AS/BG, Notar. 3139, c. 8 Anche dalla chiesa della Chignola si usa dare avviso ufficiale della convocazione di assemblea generale per la comunità di Torre Boldone, con esortazione a parteciparvi, che il notaio così registra: “prius facta admonitione in ecclesia S. Martini de Turre per sacerdotes heri, et in ecclesia S. Marie de la Chignola heri et in mane.” IDEM altre volte, come il 1° marzo 1556: “Facta prius admonitione in Missa hoc mane per rev.dum Vicecuratum de Turre (Venturino Fusinelli – NDR) et per reverendos Fratres de la Chignola.” (Ibidem, c. 64) 12 AS/BG, Notar. 2296, f. 311 1551,0405 Il priore Teodoro da Borgo di Terzo stipula un accordo con i sindaci della Misericordia di Ranica, per la celebrazione di 25 Messe ogni anno, dietro offerta di lire 4, tra la festa di Ognissanti e quella di Natale, con l’obbligo di segnalare i giorni delle celebrazioni, in modo da potervi presenziare. La convenzione era stata autorizzata dal vicario generale dell’Ordine, fra’ Filippo Castello, con bolla munita di sigillo del 5 maggio passato. AS/BG, Not. 1490, 1°, f.101 v 1561,0914 Nel chiostro del convento si riunisce il consiglio generale della comunità di Torre Boldone per eleggere i deputati alle cariche per la gestione della chiesa parrocchiale; assistono come testimoni “rev.do d.no fratre Amaleo de Credario priore conventus, d.no fratre Alexio de Villa ordinis Servorum S.M.” AS/BG, Notar. 3139, c. 154 1561,1210 Fra’ Alessio da Villa (fq Bernardo Bergamini), con l’assenso del AS/BG, Notar. 1490, ff. priore fra’ Amalio da Calepio, acquista per lire 100 un pezzo di 491-492v terra vicino al convento, detto “la Prestinera”, da Antonio Pasta q Pietro, vetraio di Ranica. 1564,0830 Canzenua Vincenzi, vedova del notaio Alessandro Bozio Piceni, AS/BG, Notar, 3140, c. 68 lega alla Scuola di S. Maria della Chignola soldi 20. 1566,0807 Visita pastorale del vescovo Federico Cornaro. Decreta che “si BG/CV, Visite P. vol 21 f. 215 ammonisca il priore ed i frati del monastero di S. Maria della Chignola a non celebrare la Messa – almeno alla domenica – se non dopo che il parroco di Torre ha finito la sua.” 1573,1118 AGOSM, Sezione Il notaio G. Francesco Asperti dichiara di avere commissione Annalistica A, Filza I, dal priore Aurelio de Casellis vallis Callepii di redigere strumento in cui si contiene quanto fu concordato tra parroco di Conventi, f. 477r-478r Ranica e convento dei Servi nel 1489. 1575,0922 Visita Apostolica del cardinale Carlo Borromeo. Priore è il p. Onorio Belotti. Emessi decreti relativi a sistemazioni della chiesa nello spirito del Concilio di Trento. Roncalli, II-II, 126 1581,0206 Fra’ Paolo, vicario del convento, assiste nella chiesa parrocchiale al matrimonio di Giovita da Spinone q. Antonio con Margherita Gritti Bartoletti q. Bernardino di Ranica. AP/Ra, Registro Matrim. p. 24 1598,0115 Il rev. priore fra’ Prospero della Chignola è teste a Ranica del matrimonio di Antonio Berlin da Villa di Serio e Antonia Pellizzoli della Ranica Registro 1607,0815 Al testamento di Giuseppe Noris alla Brusata sono testimoni p. AS/BG, Notar. 3745 f. Stefano Posterla priore del convento della Chignola e fra’ Pietro 60 v Bosis dello stesso Ordine dei Servi. 1612 Il rev. fra’ Tommaso Angelico (al secolo Marco fq d. Thome de AS/BG, Notar. 3746 Marianis de Martinengo) dispone dei suoi beni a favore di suo (o 3 dic. 1613) fratello rev. don Bartolomeo. È priore alla Chignola fra’ Angelo da Montecchio. 1612,1112 Tommaso Mola q Lorenzo abitante a Torre dispone un lascito di lire 20 “Schole Annuntiationis B.V. Marie erecte in ecclesia de la Chignola”. AS/BG, Notar. 3746 1626,0715 Priore della Chignola è il p. Gian Francesco da Vicenza; svolge anche ministero di assistenza spirituale agli infermi della parrocchia. AP/Ran, Liber Defunct. ab anno 1625, f. 1v 13 1630,0628 AP/Ranica, Notaio: Ant. Priore del convento della Chignola è p. Giovan Francesco da Agnelli Vitali Vicenza “et anco vicecurato di detta terra di Ranica”. Ventura Moretti fu Giovanni con suo testamento (dettato al notaio in un prato di Val Donata) lascia “alla Scola B.V. Maria del Spasimo eretta nella chiesa di S. Maria della Chignola” lire 20 e al p. Gian Francesco, a titolo di legato, scudi 20 da sette lire, “per sua mercede, in haver sepelito li cadaveri di sua moglie et di suo figlio…” 1630,0814 Bartolamina Rizzardi, appena deceduto di peste il marito Giacomo Nofrio Brancati, fa testamento e lega anche lire 25 “alla Madonna della Chignola”. AS/BG, Notar. 7903 1630,0825 Perina ved. di Pietro Gritti Bline “lascia alla Madonna del Spasimo de la Chignola” lire 25 AS/BG, Notar. 5966, c. 216v 1631,0107 P. Ambrogio da Brescia, priore ed anche vicecurato della parrocchia, celebra 2 matrimoni: uno in parrocchia e uno alla Chignola. Registro parrocchiale 1631,0228 Bartolamina Rizzardi, a causa del decesso di Gio. Maria Rizzardi, suo nipote ed erede già da lei costituito, detta nuovo testamento: “Ha lasciato e lascia alla Madonna del Spasimo della Chignola lire 10 da esser dati per la sua erede Nesina, sua figlia suscepta e moglie di Pietro Malgerolo”. AS/BG, Notar. 7903 1631,1129 Legato di un terreno di Giuseppe Roda alla chiesa S. Maria della Chignola sul quale graverà l’onere della celebrazione di due messe settimanali. (Atto del notaio G.B. Amigazzi) “Inventario” Ronchi 1633,0720 Fra’ Leonardo “existente in cenobio Chignole” assistenella chiesa parrocchiale al matrimonio di Michele Roberti da Arcene ma abitante a Ranica e Maria Tombini da Ranica, celebrato dal parroco Antonio Micheli. AP/Ran, Registro Matrimoni, p. 67 1636,0318 Priore è p. Francesco Caio (che presta capitale di L. 413 a Battista Muroni della Ranica) AS/BG, Notar. 2930 1645,0214 Priore è p. Stefano Marchesi (che ratifica la restituzione del capitale di lire 413 ch’era stato dato a Battista Muroni). Il padre Stefano (detto Quachione) va in seguito priore a Clusone (1650) e a S. Gottardo come definitore della provincia veneta (1656). AS/BG, Notar. 2930 1649,1217 Costituzione apostolica Inter coetera di Innocenzo X che prescrive ai superiori dei conventi di inviare una relazione sul loro stato. ASVA, A. Arm. I-XVIII, 5611 1651,0107 Relazione dettagliata del p. Alciese Barlotti sul convento e la chiesa della Chignola, compilata in ottemperanza al rescritto pontificio. AGOSM, Negotia relig. a saec. XVIII 167, 90 ss. 1652,1015 Bolla Instaurandae regularis disciplinae di Innocenzo X sulla soppressione dei piccoli conventi maschili in Italia e isole adiacenti. ASV, A. A, Arm. I-VIII, n. 5655 1656,0429 Breve di Alessandro VII Nos ex certis tunc expressis causis che richiama all’applicazione della bolla di Innocenzo X Instaurandae regularis disciplinae sulla soppressione dei conventini. ASV, Miscellanea, arm.VIII, n. 41 14 1656,0603 Il vicario generale della diocesi can. Giovanni Battista Lavezzari nomina economo temporaneo del convento don Giovanni Ronchi parroco di Ranica. AC/BG, Monasteri soppressi, busta 2, f. 57 1656,0603 Il vicario generale G. B. Lavezzari emette decreto di sequestro del convento, della chiesa e di tutti i beni mobili e immobili. Ibidem, f. 36r-v 1656,0606 Inventario dei beni della Chignola eseguito dall’economo costituito d. Giovanni Ronchi Ibidem ff. 58r-66r 1656,0610 I due ufficiali giudiziari Antonio Ghidinelli e Pietro Bagioni, costituiti, riferiscono dei sequestri effettuati presso i diversi massari o creditori del convento e chiesa della Chignola. AC/BG Rel. Crucifere modo supresse. f. 38r-v 1656,0927 Intimazione. Ai padri Pietro Baldelli, Stefano Romanelli e al converso Leonardo, alla presenza di frate Giacomo Novazzi, servita, e Arcangelo Finazzi, massaro del convento, l’officiale curiale Giacomo Chiesa consegna, alla Chignola, il decreto del vicario generale Lavezzari che intimava ai frati di lasciar libero il convento e allontanarsi per sempre. AC/BG, Monasteri soppressi, b. 2, (Religionis Cruciferae etc.) f. 102 1657 Il padre Stefano Romanelli, ultimo priore del convento della Chignola, viene sospettato di aver portato con sè il “Libro del maneggio dall’anno 1642 sin al tempo d’essa soppressione” AC/BG, Religionis Crucifere, f. 182 r-v 1657,0509 Domenico Gritti fu Ventura da Ranica viene nominato perito estimatore del valore del convento sequestrato e beni annessi. Tre giorni dopo riceve ufficialmente l’incarico dal vicario capitolare canonico G. B. Lavezzari e presta giuramento. AC/BG, Monasteri soppressi, busta 2, ff. 150r-151r 1657,0904 Risultando irreperibili certi documenti del convento, il vicario generale della diocesi G. B. Lavezzari emette decreto sanzionatorio che obbliga chiunque li possieda, nodaro o no, a consegnare a don Giovanni Ronchi ogni documento che sia appartenuto al soppresso convento della Chignola, pena scudi 500 e altre pene ad arbitrio. AC/BG, Rel. Cruciferae, f. 175v 1662,0214 Il parroco di Ranica d. Giovanni Ronchi, quale miglior offerente, acquisisce a Venezia per ducati 1300 il soppresso convento della Chignola e i beni ad esso pertinenti con relativi oneri. Doc. già in AP/RANICA 1663,1011 Il complesso della Chignola viene formalmente riconsegnato al parroco Ronchi dal cancelliere vescovile a ciò delegato. AP/Ranica, manoscritto AS/VE, notaio G. Negri 1666 Nella relazione per la Visita Pastorale indetta dal vescovo Gregorio Barbarigo, il parroco Giovanni Ronchi scrive che il monastero della Chignola è stato da poco acquistato dalla Società del SS.mo Sacramento di Ranica AC/BG, Visite P., vol. 57, p. 144 1685 Il parroco stesso di Ranica, durante la visita pastorale, viene delegato a visitare l’oratorio di s. Rocco e la chiesa della Chignola. Vi sono alcune osservazioni sui paramenti e il messale, che deve essere integrato con i formulari dei nuovi santi. AC/BG, Visite P., vol. 65, p. 15 1686,0912 La chiesa Santa Maria della Chignola è nel patrimonio della Scuola del SS. Sacramento ed è officiata dalla parrocchia. Il parroco Agostino Marchesi vi celebra il matrimonio di Fermo Angelini da Ranica e Maria Mosconi di Leffe. AP/RAN, reg. matrimoni 15 1704 Durante la Visita Pastorale viene fatto precetto di dipingere una croce sopra l’altare maggiore e di abolire gli altari dell’Annunciazione, di san Carlo e di sant’Antonio Abate. 1707 Atto del notaio Il complesso ex conventuale della Chignola viene consegnato dalla Scuola del SS. Sacramento di Ranica, a scopo di sostegno, Bartolomeo Pelliccioli Riga al Seminario di Bergamo in forma enfiteutica. 1717 Visita pastorale. Si riferisce dell’avvenuta cessione della Chignola al Seminario già dal 1707. 1739 Relazione del parroco: l’oratorio della Chignola è governato dai Visite P., 95, p.58 signori Licini, con l’obbligo di farvi celebrare due messe alla settimana. 1739,0422 Visita Pastorale. Descrizione della situazione: c’è la cappella esterna dell’Addolorata; nella chiesa vi sono sette cappelle, però sospese, ad eccezione della maggiore. Decreto vescovile: per le Rogazioni previe la festa dell’Ascensione, le parrocchie di Ranica e di Torre Boldone vadano alla Chignola in giorni diversi. Il 3° giorno comunque è per Torre B. Visite P., 95, p. 60v 1770,0405 La Chignola si trova in possesso dei Viani Gaiardelli. L’ESTIMO recitava: “Il ven. Seminario di Bergamo à casa acquistata al Convento della Chignola, acquistata dalla ven. Scola del SS. della Ranica con li sottoscritti beni et Convento e Chiesa”… - “ Si leva… et si pone al sig. heredi Viani Galiardelli come a carte n. 65.” Estimo 1780 Visita pastorale. Il proprietario del complesso conventuale sarebbe stato Maffio Zamboni. Visite P., 105, f. 225v 1794,0517 Giovanni Viani Gaiardelli vende complessivamente 160 pertiche alla Chignola (c’è incluso anche il convento?) a Bernardino Gritti Morlacchi, incassando L. 35.000, e subito le riprende in affitto a L 1.400 all’anno, in ragione del 4%. L’operazione sembra quasi un prestito ipotecario. AS/BG, Notar. 10605 (G. Ant. Cortinovis in Ranica), 66v s. 1816 Il parroco Gaetano Baldis e la Fabbriceria ricorrono in giudizio contro la famiglia Guerinoni che aveva venduto, con gli edifici del convento della Chignola e altri beni , anche la chiesa e il campanile. AS/BG, Delegazione Prov. c. 219, fasc. 192 1865 Visita pastorale. Il parroco Bartolomeo Gavazzeni descrive la situazione alla chiesetta di Chignola. AC/BG, Visite Past., 115. p. 14 1881,0710 Visita pastorale. Relazione del parroco don Alberto Bana: “La chiesa della B. V. della Chignola è di uso pubblico benché di proprietà del padrone della Chignola…. Il proprietario pro tempore di quel locale ha l’obbligo di far celebrare in questa chiesa.” AC/BG, Visite P., 133 p. 340 1882,1006 Il possesso è di Marietta Locatelli fu Maurizio ved. Campana, che vi ha praticato diversi restauri. Atto notarile 1898,0720 Andrea Bertett acquista dai Locatelli la Chignola e vi si trasferisce con la famiglia. Atto notarile 16 AC/BG, Visite P., vol. 79, p. 83v Visite Past., 88, 54 1923,0601 Raffaele Bertett la vende. Il p. Massimiliano Anselmi, religioso Atto del notaio Luigi passionista, segnala che dopo un preliminare d’acquisto dei Venanzi fu G. Battista Padri Passionisti (maggio 1922) per ricostituirvi un convento di di Alzano monache Passioniste, la Chignola venne poi venduta a Ernesta Casari in Scanzi. (“Una passionista alessandrina: Leonarda Boidi”, Ovada 2006) 1932 / 40 I nuovi proprietari avv. Giorgio Luzzana e signora (Spini) accudiscono regolarmente la chiesetta, che risultava officiata. Il complesso della Chignola, comunque, è chiaramente confermato nella sua distribuzione in tre settori: la “villa di campagna” fruita dai proprietari, la chiesa accessibile al pubblico, la parte rustica resa abitabile e abitata. 1950 / 60 La proprietà è trasmessa agli eredi. Il complesso viene Da testimonianze e frazionato e alienato, con opzione per gli inquilini. La chiesa è riscontri alla stregua di “contenitore” qualunque, chiusa al culto, viene spogliata e destinata ad uso profano. L’ing. De Beni dona altare e altra suppellettile alla chiesa di Fiumenero. L’altare viene là ricomposto in cappella laterale destra di quella parrocchiale (rimpiazzando un altare ligneo), ove una piccola lapide ora ne tramanda memoria del “donatore”. 17 Da testimonianze e riscontri 18 Capitolo I La situazione prima del secolo XV Colligite fragmenta… Raccogliete le briciole perché non vadano perse! E a Ranica, in altri tempi, c’era il detto che “san Martino è disceso dal cavallo per raccogliere una briciola”. Anche un solo boccone – in tempi di fame – sarebbe ritenuto prezioso. È esattamente quanto si sta cercando di fare per la conoscenza storica di Ranica. Visto che finora non siamo in possesso di un corpus soddisfacente e gli archivi locali piangono, cerchiamo di raccogliere frammenti e lacerti, i quali però si stanno fortunatamente rivelando tessere preziose nel tentativo di ricomporre l’intero mosaico. Questa volta tocca al convento già dell’ordine religioso dei Servi di Maria. Non si tratta esattamente d’un dettaglio né piccolo né insignificante, perché il convento della Chignola ha accompagnato la vita del borgo per duecento anni, tra i secoli XV e XVII, e l’edificio del complesso monastico - anche se molto “ritemprato” - tuttora sussiste e resiste “agli insulti degli uomini e dei tempi”. A Ranica non è documentato un monastero cluniacense Tutto ciò che si sapeva finora era pochissimo e suona pressappoco che “alla Chignola vi fu un convento della congregazione di Cluny, che nel 1489 divenne dei Frati Serviti; esso fu soppresso nel 1660.” (G. Maironi) È tutto da correggere e, ovviamente, da dispiegare. E il presente “quaderno” vorrebbe essere un primo tentativo di approccio documentato. Occorre, prima di tutto, sgomberare il campo da un falso storico, operazione sempre ardua e, di solito, con scarso esito nella cultura ufficiale. È entrato nella pubblicistica un luogo comune, purtroppo errato: la convinzione che a Ranica sia esistito un convento benedettino cluniacense. Ciò è accaduto in seguito alla notizia prodotta da Giuseppe Ronchetti (1818), subito accolta e diffusa – vista l‘autorevolezza della fonte storiografica – da Giovanni Maironi da Ponte (1820). Attingendo da loro, fino ai giorni nostri, la notizia è stata data per certa; persino il Roncalli (Giovanni XXIII) nella sua preziosa pubblicazione degli Atti della Visita apostolica di S. Carlo l’ha accolta (II-II, p. 126, nota 7). Il Roncalli, seriamente e onestamente, indica la sua fonte, appunto il Maironi (il benemerito “bigino” dei pubblicisti), in questo caso però – come subito vedremo – una fonte inquinata all’origine. Così infatti il Maironi, nel 1820, descrivendo le frazioni di Ranica: La Chignola ove fu anticamente un piccolo convento della congregazione di Clugnì e che nel 1489 divenne de’ Frati Serviti; esso fu soppresso nel 1660. (Dizionario Odeporico, III, 41) 19 Seguirono altri dizionari, assai consultati, dell’Ottocento. Massimo Fabi nel 1854: “In Chignola, un piccolo monastero di cluniacensi, che passò ai Serviti nel 1489 e venne soppresso nel 1660.” (Corografia d’Italia, III, 5). Perentorio anche Giovanni Strafforello (La Patria: Geografia d’Italia – Province di Bergamo e Brescia, Torino 1898), il quale - a p. 90 - condensa tutta la storia di Ranica in questo modo: “Ranica è luogo antico; fin dal 1334 possedeva un convento di monaci seguenti la regola cluniacense, sul quale aveva giurisdizione il vescovo di Bergamo. Nel principio del sec. XV fu devastato dagli avventurieri assoldati dai Ghibellini che tanto danno fecero alla val Seriana inferiore.” Tutto trasse origine da un abbaglio di Giuseppe Ronchetti, il noto e per molti versi benemerito storico bergamasco. Il Ronchetti, che aveva lavorato col canonico Mario Lupi per la redazione del suo famoso Codex Diplomaticus Civitatis et Ecclesiae Bergomatis (Vincenzo Antoine, Bergamo 1784) e ne aveva curato il volume II (uscito in edizione postuma) pubblicava, con impostazione annalistica tipicamente muratoriana, le sue Memorie istoriche della Città e Chiesa di Bergamo in sei volumi (Bergamo 1805-1818). Scrisse il Ronchetti: “Due pergamene di quest’anno (1334) esistono nel Capitolare Archivio. La prima contiene il testamento… (omissis) L’altra scritta li 30 Ottobre ci istruisce che nella terra appellata Ranica esisteva un Monastero, in cui convivevano sette Monaci dell’ordine di Clugnì soggetti e dipendenti dal vescovo”. (Memorie Istoriche, tomo V, 67) Egli forniva anche il preciso riferimento archivistico: Acta Alberti de Anenis, tom. I, p. 103. L’autorevolezza del Ronchetti, corroborata in questo caso dall’indicazione della fonte diplomatica, ha fatto sì che la notizia venisse accolta ed entrasse come sicura, arricchita dalla ipotetica identificazione del sito dove effettivamente ci fu (ma molto dopo) un convento: la Chignola, si affrettava a precisare il Maironi. Abbiamo reperito il documento indicato dal Ronchetti… Dice tutt’altro. Pietra d’inciampo per lo storico fu comunque, incolpevolmente, forse il nome di Corradino Lecchi, chierico beneficiato nella chiesa dei santi Sette Fratelli di Ranica, ricorrente come teste all’inizio del citato documento. Ecco, invece, di che si tratta. I frati e le suore del convento periferico cittadino di san Giorgio de Spino (che si trovava “fuori del fossato del comune di Bergamo, sulla via per Cologno” - in pratica in fondo all’attuale via Paleocapa, ove tuttora esiste la chiesa di san Giorgio officiata al presente dai padri Gesuiti), avendo eletto per loro priore a tempo determinato, ossia per un anno, il monaco cluniacense dom Martino dei Capitani di Villa d’Adda (15 ottobre, in atti Martino de Augustis) dopo l’avvenuta morte del loro priore fra’ Leonardo Bonghi de Osio, si rivolgono al vescovo per avere approvazione e ratifica dell’elezione. Il vescovo Cipriano Alessandri approva e delega la cerimonia di immissione al priore dell’ospedale di san Leonardo che esisteva nelle vicinanze. Dall’elencazione di frati e sorelle si desume che si tratta di un convento di una certa importanza, il quale, eleggendo un priore esterno (dom Martino viene quasi certamente da Pontida o Fontanella), intendeva attuare un programma di riforma. Il documento del 31 ottobre 1334 è appunto l’atto notarile di approvazione e ratifica vescovile della elezione a priore del benedettino cluniacense dom 20 Martino per frati, conversi e suore del monastero di san Giorgio de Spino: occorrendo testimoni per l’ufficialità dell’atto vescovile, vi è menzionato, primo dei tre testi, “Corradino de Leuco chierico della chiesa dei santi Sette Fratelli di Ranica.” Affinché si chiarisca ogni dubbio, proponiamo ampio regesto, ove si vede che nulla c’è che riguardi un monastero a Ranica, citata solamente a motivo anagrafico di uno dei testimoni presenti a Gorle. “L’ultimo di ottobre, nel castello episcopale di Gorle, diocesi di Bergamo, in presenza di me nodaro e di Corradino de Leuco chierico della Chiesa dei SS. Sette Fratelli di Ranica, di Manfredino detto Trapletto da Gavarno, di Manfredo e Zerino dei Cerete di Adrara, fratelli, testimoni rogati ecc. il venerabile padre signor Cipriano per grazia di Dio vescovo di Bergamo: visto il decreto di elezione del signor don Martino dei Capitani di Villa Riva d’Adda, monaco dell’ordine cluniacense, a priore loro e del loro monastero ad opera dei frati Bonomino da Cenate, presbitero, Pietro da Borgo Palazzo e Ventura del Grumello e delle suore Manfredina de Blanchaciis, ministra, Zoanina de Castione, Carina Caleppio, Dianimbra Bonelli, Bontadina de Lonore, Jacobina de Solario, Albertina di Bonacio Facchi, Ulisniola Roseris, Paxina Tarussi, tutti sorelle, frati e conversi del monastero di san Giorgio de Spino di Bergamo, vacante dopo la scadenza d’ufficio o morte di fra Leonardo Bonghi de Osio già priore del monastero; e vista la petizione da loro fatta dopo la elezione canonica di fra’ don Martino, quale consta dallo strumento rogato da Martino Bresciani notaio della curia episcopale di Bergamo e la petizione stessa rogata dal medesimo notaio Bresciani, il Vescovo ha confermato come canonica l’elezione fatta e investe con il proprio anello don Martino in ogni cosa, commettendo al religioso uomo frate … (puntini nel testo) priore dell’ospedale di san Leonardo di Bergamo a immetterlo in corporale possesso del priorato e dei diritti medesimi. (Archivio Curia di Bergamo, 7 Aneni, 103) Come si può vedere, non viene affatto attribuito a Ranica quel monastero, che invece era nei sobborghi di Bergamo1 e che poi non era benedettino cluniacense (lo era solo don Martino, il priore eletto ad tempus), bensì sotto la regola di sant’Agostino; e poiché questo documento, cui si riferiva il Ronchetti, sarebbe stato poi, in fin dei conti, l’unico atto a comprovare l’assunto, possiamo per certo ritenere che un monastero cluniacense a Ranica (alla Chignola?) non è suffragato da prova alcuna e quindi è destituito da fondamento storico. Quella del Ronchetti in questo caso è stata lettura superficiale ed errata.2 Sulla ubicazione del monastero di San Giorgio de Spino si veda anche AS/BG, Fondo notarile 28 (Giuseppe Vavassori da Redona) f. 103: 10 maggio 1350 “Extra fossatum Communis Pergami prope burgo sancti Stephani civitatis Pergami, in monasterio fratrum et sororum ecclesie seu canonice sancti Georgi de Spino sito extra muros dicti burgi…” frati e suore, dei quali si dà elencazione dei nomi, tengono capitolo, e l’atto notarile ne è il verbale. 2 Per via induttiva Giovanni Spinelli era giunto alla stessa conclusione, quantomeno sulla non attendibilità della notizia fornita dal Ronchetti. In occasione della mostra al Centro culturale S. Bartolomeo in città avente per tema “La presenza dei Benedettini a Bergamo e nella Bergamasca” (1982), la scheda n. 43 di pag. 42 veniva emendata nella postilla a pag 47 così: “Ranica (BG). È da escludere l’esistenza d’un monastero cluniacense in tale località, dal momento che tutti gli elenchi di case cluniacensi esistite in Lombardia ignorarono un insediamento in questa località (cfr. G. Spinelli, Repertorio cronologico delle fondazioni cluniacensi nell’attuale Lombardia, in “Cluny in Lombardia”, II, Cesena 1981, pp. 501-20).” 1 21 La Chignola e la chiesetta di santa Maria La Chignola è località tra Ranica e Torre Boldone. È attraversata dal tracciato di una strada antica (tuttora agibile e ampliata) che, staccandosi dalla principale proveniente da Bergamo, qui sovrappassa il Canale Serio sul ponte anticamente denominato “Ponte del Vacario” e proseguiva poi verso Ranica, distante quasi un chilometro. Strada e ponte segnano tuttora il confine tra i due paesi. Il convento di cui parleremo si trova sul versante orientale della via, quello di Ranica. Entro il territorio ranichese si segnala anche la località denominata Chignola Alta, ubicata verso la collina e non molto distante dalla Chignola Bassa: ciò sta ad indicare come anticamente la terra chiamata Chignola avesse un perimetro notevole. Il termine ante quem della denominazione può considerarsi l’anno 1194 (4 dicembre), quando viene segnalato come coerente da sera in una proprietà posta ad Pratum Buchatonum un certo Johannis Gazi de Cuniola. (CV/BG, Arch. Capitolare 1276). Nel secolo XIV la località è detta Chiniola. Vi possedevano beni i Preposulo, i Beati, i Prestinari, famiglie ragguardevoli di Bergamo, e il notaio Giorgio Barieni. Vi erano anche proprietà ecclesiastiche: san Michele dell’Arco, la cappella di san Giovanni Evangelista eretta nella chiesa di sant’Alessandro Maggiore di Bergamo e (nel 1394) anche la chiesa di Desenzano.3 La più antica citazione della chiesa di Santa Maria della Chignola che ho potuto reperire è del 17 giugno 1361. Si tratta della menzione in un contratto d’affitto di terra. Suor Giustina Ambrosioni, priora del convento San Giorgio di Redona, in un momento assai contrastato per la sopravvivenza del suo convento (quando il vescovo aveva decretato l’unione dello stesso al monastero S. Maria di Torre Boldone, governato dalla badessa e fondatrice Anexina Bucelleni vedova di Giorgio de Zoppo), affittava, peraltro in dubbio di legittimità, dei terreni del convento di Redona a Guidotto Bonghi fu Alessando; tra quei terreni ve n’era uno “situato in territorio di Torre Boldone o di Ranica”, dove di dice ad Sanctam Mariam de Chiniolla.4 Altra citazione della chiesa di Santa Maria della Chignola nel 1384. Il giorno di san Martino di quel anno Blanzina Zucchi vedova di Giovanni della Fara, in quanto usufruttuaria (per testamento del 3 marzo 1360) riscuote fitto da 1341: Ambrogio detto Bosio fu Bonafede da Albino abitante a Ranica paga fitto a Baniato fu Giovanni Baniati per terra sedumata con case coppate, corte aia, terra aratoria e vidata “ubi dicitur in Chiniola” (AS/BG, Notar. 28, 1°, f. 348). Si tratta della Chignola Alta dove passava una via detta ora Strada Bagnata, l’accezione attuale di via de Baniatis. 1381, 8 gennaio: Giovanni Preposulo affitta pert. 14 e p. 30 di terra “ubi dicitur ad Chiniolam” insieme ad altri terreni a Martino e Betino Gavazzi da Poscante abitanti a Ranica con la loro madre Maria. Vi sono confinanti Giovanni Prestinari e Simone Borsa da Albino. (Notar. 102, f. 193) 1394, 8 settembre: Doratina Prestinari affitta a Pellegrino Ceroni terra arativa e vidata “ubi dicitur in Chiniola”. A mattina passa la via comune, da sera una proprietà della chiesa di Desenzano. 4 “Et de quadam alia petia terrae aratoria iacente in territorio de Turre seu de Laranicha ibi ubi dicitur ad Sanctam Mariam de Chiniolla. Cui choeret a mane sive ab una parte domini Petri de Bonollis et in parte ecclesie sancti Pancracij, a meridie sive ab alia parte Pecini Molloni et Marchisi de Bellafinis et in parte ecclesie sancti Michaellis de Archu, a sero via, a montibus ecclesie sancti Michaellis de Archu et in parte suprascripti Marchisini.” Notai: Stefanino Contessi, Guglielmo de Menutis e Bertolamino de Solto. (AS/MI, Religione, Matris Domini. In archivio Matris Domini a Bergamo, in riproduzione foto n. 587). 3 22 Venturino e Pietro del fu Piro da Nese per terra arativa e vidata di 5 pertiche “jacentem in territorio de Ture Boldonum ubi dicitur ad Sanctam Mariam de Chiniola” (11 nov. 1384, in AS/BG, Notar. 63/5 f. 289 s.) Il terreno – secondo quanto dichiarato – si trovava nella contrada di Torre Boldone, ma la zona è indicata essere “presso Santa Maria della Chignola”: esisteva dunque la chiesa così dedicata. La chiesa della Chignola viene ancora ricordata otto anni dopo. Il 10 luglio 1392 per ordine di Gian Galeazzo Visconti vengono verificati e riconfermati i confini tra Ranica e Torre Boldone (allora contrada della vicinia di san Lorenzo della città di Bergamo). Nella ricognizione e descrizione del tracciato confinario, ricompare la chiesa della Chignola. In Biandazzo, i presenti Martino Gavazzi console di Ranica, Martino Zambelli e Algisotto Gavazzi sindaci con il notaio Pantaleone Donati …”essi posero un termine vicino alla riva della Seriola Guidana, presso il sedume dei 23 La imbreviatura del notaio Alberto Anenis, dal castello vescovile di Gorle, 31 ott. 1334, letta malamente dal Ronchetti. (AC/BG, 7, 103) (vedi traduzione alla p. 21). Canonici ossia della Chiesa maggiore di Bergamo, radente la via comune: a mattina la Guidana, a mezzodì la ripa della seriola, a sera la via e a monte il comune di Laranica e, oltre detto sedume, Giovanni Preposulo, indi la via. Da questo, filando diritto, a un altro termine che viene posto in una pezza di terra dei Santi Sette Fratelli di Laranica vicino a un castagno: a mattina c’è la seriola del Comune di Bergamo e la strada pubblica, a mezzodì e monte Giovanni Prestinari. Da questo termine si va filato fino ad un termine posto in un terreno di Giovanni Preposulo: questo termine confina con la Seriola del Comune di Bergamo, da mattina la via per la quale si va a santa Maria della Chigniola…”5 Nella seconda metà del sec. XIV esiste dunque una chiesa, dedicata a Santa Maria, in località Chignola. Sorgono necessariamente degli interrogativi. Quando venne edificata? Da chi e perché fu costruita? A chi apparteneva? E poi: come era…? Inoltre: perchè molto tempo prima, nel sec. XII, fra Torre Boldone, Ranica e Gorle v’era un ambito che si chiamava “Agro di Santa Maria”? Sarebbe ipotizzabile un rapporto del nome con la chiesetta della Chignola oppure tale denominazione si riferiva alla chiesa di Gorle?6 Sono interrogativi a cui, per ora, è impossibile dare risposta. Si potrebbe formulare qualche tenue ipotesi, senza peraltro presumere di risolvere la questione. Santa Maria della Chignola Incominciamo dalle notizie certe. 1 – La chiesa di Santa Maria della Chignola venne “unita” alla parrocchia dei Santi Sette Fratelli di Ranica: quindi prima dell’atto di unione non le apparteneva. Il documento relativo al procedimento unitivo venne rogato dal notaio vescovile Giovanni Francesco Salvetti, attivo sotto i vescovi Polidoro Foscari (1437-1448) e Giovanni Barozzi (1449-1465). Tale notizia è contenuta successivamente in quel documento che venne redatto per ridefinire, mediante soluzione arbitrale, i rapporti tra il convento dei Servi di Maria alla Chignola e il parroco di Ranica (atto del 1489, di cui diremo più avanti). Tra i due vescovi, l’attenzione va di preferenza al “riformatore” Barozzi e perciò, a mio avviso, sembra più logico ritenere che l’unione della chiesetta della Chignola alla parrocchia di Ranica sia avvenuta durante il suo episcopato. Giovanni Barozzi a Bergamo è il grande riformatore. La sua opera forse più ricordata è la costituzione degli “Ospedali Riuniti” di Bergamo, quando di tutti i piccoli ospedali disseminati per la città e risultati molto carenti si adoperò che ne venisse creato uno solo, l’ospedale grande di San Marco. Impartendo inoltre la disposizione a tutti i parroci di mettere ordine nella situazione reale, fece fare anche al parroco di Ranica don Barone Gritti l’inventario dei beni mobili e immobili della parrocchia, il suo primo inventario completo giunto sino a noi.7 Confini dei comuni del territorio di Bergamo (1392-1395) – Trascrizione del codice Patetta N. 1387 della Boblioteca Apostolica Vaticana a cura di Vincenzo Marchetti, Provincia di Bergamo, 1996. 6 AC/BG, Arch. Capitolare n. 1277 – Anno 1187. Cfr. Tor Boldone pp. 66-68. 7 L’inventario parrocchiale viene stilato l’11 dicembre 1451 con atto del notaio Venturino Cortinovis alla presenza del parroco Gritti e dei fabbriceri Bonazolo Carris, Pietro Bonvicini e Gerardo Zanchi. (Si veda in RANICA, 14.4/B). 5 24 Anche molto vicino a Ranica il vescovo adottò una iniziativa severa e impopolare quando, con l’intento della riforma, emise decreto di soppressione del monastero femminile Santa Maria di Torre Boldone per una sua incorporazione nel monastero Matris Domini di Bergamo (21 febbraio 1454; atto del notaio G. Francesco Salvetti, AS/MI Fondo diplomatico, 23. – Cfr. Tor Boldone p. 205 e 346). Le suore di Torre vi si opposero vivacemente e lottarono per venticinque anni, con vari ricorsi, anche ai papi, riuscendo alla fine a salvare il loro convento. Non si potrebbe escludere che sia stato effettuato qualcosa di simile anche con la chiesa della Chignola: ma da chi e perché veniva distaccata per aggregarla a Ranica? Escluso – come abbiamo detto – che fosse stato un convento di monaci cluniacesi (contrariamente a quanto scrisse il Ronchetti), poteva forse esssere stato quel convento degli Umiliati chiamata Domus Humiliatorum de Turre?8 2 – Probabilmente la chiesa della Chignola apparteneva già a Ranica, gestita dalla comunità, pur non risultando a quale titolo. Ciò si dedurrebbe anche dalle donazioni che venivano fatte alla chiesetta e che passavano attraverso la mediazione del comune. Uno per tutti… Il 22 marzo 1425, dettando il suo testamento, Martino Zambelli detto Ferazio, persona influente di Ranica, costituiva suo procuratore Bertolino Zambelli per mandare ad effetto una sua volontà legataria e dare al comune di Ranica “nomine et vice ecclesie domine sancte Marie de Chiniola comunis de Laranicha” una pezza di terra di cinque pertiche del valore di lire 125, posta “ubi Questa “domus” degli Umiliati non appare in nessun catalogo ufficiale o disponibile e neppure viene menzionata nello studio classico di Gerolamo Tiraboschi (Vetera Humiliatorum Monumenta). Eppure la sua esistenza è da ritenersi certa perché menzionata in atti notarili: AC/BG, Archivio Capitolare, perg. 1259, atto del notaio Azuello Azuelli del 20 ott. 1252. (Cfr. Tor Boldone, p. 98 ss e documento n. 10 a p. 337). 8 25 dicitur in Agro”. Confina a mattina la via, a mezzogiorno e da monte la chiesa dei Sette Fratelli… (AS/BG, Notar. 179 f. 401) Sembra che il rescritto dica espressamente che la chiesa è del comune di Ranica, traduzione questa più attendibile rispetto a “che è nel comune di Ranica”. Questa dovrebbe essere dunque la seconda notizia certa. 21 ott. 1252: citazione unica della Domus Humiliatorum de Turre. (Arch. Capitolare, n. 1281 in CV/BG). Sorge tuttavia un ulteriore questito: chi e quando costruì la chiesetta? Qui non vi sono risposte certe. Solo congetture o ipotesi. a) Era forse una chiesa devozionale legata a quel monastero della domus Humiliatorum de Turre scomparsa già molto tempo prima? b) Era forse la casa degli Umiliati designata come “domus Humiliatorum de Cuniolo de foris”? Il quale non era a Chignolo d’Isola, bensì in un sito esterno ma vicino alla città, come concordemente ormai su base documentaria dicono gli storici. E, magari, questa poteva essere proprio la stessa cosa che la domus Humiliatorum de Turre…? c) Venne fatta erigere da un privato cittadino? Forse i Prestinari, a cui apparteneva la terra limitrofa oppure i Preposulo? d) Venne eretta da un gruppo di abitanti ranichesi per qualche voto oppure, come si usava allora, per segnare un confine irrinunciabile con il comune verso Bergamo, visto che è posizionata esattamente sul confine della contrada di Torre Boldone, inglobato allora nella città? Vi sono tanti esempi consimili nella bergamasca di cappelle o chiesette erette al limite del territorio per renderne più ardua l’appropriazione da parte di vicini pretendenti. Tralasciando altre ipotesi, che potrebbero essere formulate, scartate o risolutive in caso di nuove scoperte archivistiche, possiamo finalmente – dopo le accennate premesse – avvicinarci al nostro convento di Ranica. 26 Capitolo II Gli inizi e la definizione dei rapporti L’invito dei frati alla Chignola ed erezione del convento La documentazione sugli “inizi” del convento dei Serviti alla Chignola rimane ancora lacunosa, almeno nei dettagli (quanto, al contrario, è da ritenersi esaustiva sulla soppressione…); ciò non ci impedisce tuttavia di enucleare almeno la sostanza. Sulla base delle linee che andremo tracciando è probabile che in futuro si possano ripescare altre tessere per integrare le conoscenze. Il quesito: la preesistente chiesa di Santa Maria della Chignola quando, esattamente, fu data in consegna ai religiosi dell’ordine dei Servi di Santa Maria, offrendo loro anche la possibilità di costruirvi il convento? Questo è il primo degli interrogativi di carattere storico a cui tuttavia, visto lo stato dei documenti, è arduo dare risposta. Tale situazione di non esatta conoscenza era del resto già problema nel secolo XVII, quando il padre Alciese Barlotti, priore di questo stesso convento, venne comandato di stendere una compiuta relazione. Egli indicava la data approssimando “1450 circa” e però sulle modalità della fondazione confessava incertezza e ne forniva anche la possibile spiegazione. “Il monastero di Santa Maria della Chignola dell’ordine dei Servi, posto nel comune della Ranica, fu fondato et eretto circa l’anno 1450, per quanto trovo da alcuni istromenti di detto convento; e la fondazione non l’ho potuta trovare, per quanta diligenza abbia potuto usare. Nota che nel tempo della peste del 1630 morirono tutti i frati e vi habitò per un mese quelli che seppellivano i morti, tanto che tornorno altri frati e quella volta può essere che abbruciassero li libri vecchi, perché non vi sono se non li moderni, che appunto mi vien detto che abbruciorno assai robba.” (Relazione ufficiale per il nunzio, datata 7 gennaio 1651)1 L’anno 1450 in effetti è quello dell’insediamento dei Servi nel convento di san Gottardo a Bergamo (cfr. l’Appendice I: L’ordine dei Servi…). Pare improbabile che in contemporanea o quasi, prima ancora di aver consolidato la nuova istituzione, i religiosi siano venuti anche a Ranica, sebbene sia certo che proprio il convento della Chignola fu il primo, dopo quello di Bergamo, ad essere abitato dai religiosi del medesimo ordine. Una data di riferimento certa è il 1472, quando Tomasino Assolari con suo testamento legò “alla chiesa e al convento della Chignola lire 3 imperiali”. In quella data quindi, come recita l’atto, il convento esisteva già.2 AGOSM, Negotia Religionis a saec. XVII, 167, f. 90. AS/MI, Fondo diplomatico (Matris Domini) 3051/2. Su Tomasino Assolari, il testamento e il suo mulino, si veda Tor Boldone, p. 286-288. 1 2 27 Emblemi di alcuni Ordini Religiosi. L’ultimo in basso a destra rappresenta i Servi di S. Maria 28 Elia Fornoni ha lasciato scritto che alla Chignola di Ranica “nel 1469 i cluniacensi vennero sostituiti dai Servi di Maria.” A parte l’errore sull’ipotesi di precedente appartenenza della Chignola ai cluniacensi (abbaglio del Ronchetti di cui già abbiamo detto), la datazione indicata dal Fornoni è tuttavia compatibile e anche possibile, ma non sicura, perchè l’autorevole ingegnere (del resto appassionato e valente ricercatore) purtroppo non cita la sua fonte da cui ha attinto (tuttavia sembra proprio dal Maironi) e, d’altra parte, la storiografia seria nulla può accogliere se non è dimostrato.3 Per definire la questione vanno innanzitutto tenuti presenti i parroci di Ranica e il ruolo rispettivo nelle vicende all’origine del convento. I parroci furono: • Barono Gritti, il quale è a Ranica ancora nel 1456 e successivamente otterrà la parrocchia di Nese: con probabilità sarebbe colui che ha stabilito inizialmente i rapporti con i Servi di Maria del convento di San Gottardo e, quindi, forse una assegnazione d’uso in via bonaria;4 • Cristoforo Calepio, che è a Ranica almeno fino al 1476: ha fatto la concessione della chiesa della Chignola con sue adiacenze ai frati Serviti stipulando formale convenzione, in atti del notaio Bonomo Reguzzi di Alzano Superiore; • Giacomo Ceroni, che sicuramente è già a Ranica almeno dal 1485: avviava un contenzioso mettendo in discussione la posizione dei frati nei confronti del complesso della Chignola e della parrocchia, arrivando alfine ad una soluzione arbitrale nel 1489, in atti del notaio Tomaso Filippi di Castione. Ci rimane dunque unicamente la possibilità di stabilire la data della vera fondazione solo per approssimazione, racchiudendola negli anni del parroco Cristoforo Calepio, ossia dopo il 1456 ma prima del 1472, sulla base delle indicazioni che emergono dai coevi documenti finora acquisiti. Essi ci consentono, coordinando le notizie fornite, di risalire gli anni e di collocare l’insediamento dei religiosi, avvenuto per gradi, in un ambito di tempo sufficientemente definito. E questi documenti sarebbero due: 1. il breve pontificio Ex injuncto nobis di Innocenzo VIII del 1484 2. il verbale dell’arbitrato fra parrocchia e convento del 1489 Ecco dunque i punti salienti relativi agli inizi del convento servita, desunti comparativamente dai citati due documenti. • La chiesa di Santa Maria della Chignola era soggetta alla parrocchia di Ranica E. FORNONI, “Ranica” in Dizionario odeporico, XIV, f. 2562 (manoscritto in CV/BG). Questo autore confonde, tra l’altro, la chiesa della Chignola con San Dionigi; ma mi parrebbe evidentemente un lapsus calami. Fornisce invece la notizia interessante che all’inizio del ‘900 nella chiesa della Chignola ci fosse una piccola ma bella pala d’altare che si attribuiva a Palma il Giovane. 4 Barono Gritti era nativo di Ranica e vi fu anche parroco. In ottemperanza alle direttive del vescovo Giovanni Barozzi, nel 1451 ha redatto inventario del beneficio e della casa parrocchiale di Ranica, il più antico che possediamo. (Vedasi in: Ranica, 13.4). Anche quando era parroco di Nese ebbe a manifestare la sua simpatia alla istituzione della Chignola, chiesa e monastero. Si adoperò per il superamento delle discrepanze tra i parrocchiani e il parroco Giacomo Ceroni (finite anche davanti al vicario di Valle Seriana Inferiore e risolte con l’arbitrato di don Barono: AS/BG, Notar. 790, f. 1043) e per far sì che le elargizioni alla chiesa di Santa Maria della Chignola andassero a buon fine (Ibidem, f. 642). 3 29 Bergamo, Convento San Gottardo dei Servi: il Chiostro grande. • Il parroco di Ranica assegnava in uso la chiesa della Chignola a fra Pacifico da Bergamo e fra Silvestro da Brescia dell’ordine dei Servi di Maria, “affinché potessero condurre vita comunitaria, celebrarvi i divini offici, predicare la parola di Dio” • L’intesa tra il parroco di Ranica e i due religiosi avveniva sulla base di uno speciale privilegio concesso dalla Sede Apostolica all’Ordine dei Servi, e come tale veniva riconosciuta e approvata anche dal vicario generale della diocesi e dal superiore maggiore del loro ordine • La convenzione prevedeva che i due religiosi, oltre a officiare la chiesa, potessero costruire una casa per loro stessi e per altri quattro religiosi • I frati, con il concorso delle elemosine dei fedeli, costruirono la casa, il campanile (sul quale collocarono una campana) e altri locali necessari per la loro permanenza e la vita comune. • Dopo quattro anni di personale ministero dei frati Pacifico e Silvestro, il priore generale dei frati dell’Osservanza, fra’ Antonio da Bitetto, introdusse ufficialmente alla Chignola quei due frati insieme con altri confratelli.5 Questa trafila di avvenimenti, desunti dal breve pontificio e apparentemente consequenti, vengono un po’ ingarbugliati dai “premissis” della sentenza arbitrata del 1489, senza peraltro esserne stravolti. Sorgono infatti, indotte dalla propositio della definizione, alcune domande e incertezze. Eccole: 1 – La chiesa della Chignola venne unita alla Parrocchia con deliberazione rogata dal notaio G. Francesco Salvetti (notaio della Curia). A chi apparteneva prima dell’unione? Abbiamo detto che, almeno in quel preciso frangente, non doveva essere di altri istituti religiosi bensì di privati o, più probabile, del comune. Allora, Circa l’anno del trasferimento, l’ottantenne parroco Gerolamo Guarinoni (1566-1596), relazionando per la Visita pastorale del 1594, dichiarava che ciò dovrebbe essere avvenuto nel 1471. (AC/BG, V.P., vol. 33, 129v). 5 30 l’invito ai frati e l’assegnazione ai medesimi avvennero prima o dopo oppure in concomitanza con l’unione della chiesa alla parrocchia? Il parroco Cristoforo Calepio, da parte sua, si limitò forse solo a riformulare una decisione precedente? 2 – Che cosa significa l’espressione “atto di rinuncia fatto da fra’ Onorio da Bergamo vicario generale di tutto l’ordine della Beata Vergine Maria, rogato dal notaio Stefano da Lallio” ? 3 – E l’atto “di inventario e consegna dei beni della chiesa di Santa Maria della Chignola rogato dal notaio Giovanni Filippo Zanchi” …da chi, quando e per chi fu fatto? Interrogativi in sospeso. In attesa e con la speranza di rinvenire altre “carte” passiamo agli avvenimenti successivi. Istituzione e proprietà da definire La popolazione di Ranica e delle vicinanza accoglie con simpatia i religiosi e manifesta concretamente con offerte il proprio sostegno.6 Il superiore generale dell’ordine tuttavia non è dell’avviso che i suoi confratelli abbiano a legarsi in esclusiva con il territorio e non intende dare al convento della Chignola autonoma istituzione canonica; per questa ragione esplicitamente e con atto formale lo dichiara unito, come parte integrante, al convento di San Gottardo in città. Insomma, la gente del luogo non dovrebbe né propriamente potrà asserire che questo è il convento di Ranica, bensì un convento a Ranica. La decisione del superiore maggiore non viene condivisa a Ranica. Il nuovo parroco don Giacomo Ceroni rifiuta la incorporazione “per sottrazione”; sostenendo che, essendo i religiosi legati alla chiesa della Chignola che è della comunità parrocchiale di Ranica, la loro presenza non potrebbe che essere in funzione della chiesa e che il loro ambito debba essere nella realtà locale, quantunque definito dal superiore. Inoltre la dotazione della chiesa (peraltro di non grande consistenza) e le contribuzioni o legati della gente (già più discreti) apparterrebbero – secondo il parroco – alla chiesa e non ai frati… I quali d’altronde sono lì, fanno servizio e hanno costruito loro stessi la casa conventuale, il campanile e altri settori del convento. La risoluzione del contenzioso insorto viene demandata alla Sede Apostolica, alla quale il superiore generale ricorre, sottoponendo altresì istanza al papa perché dichiari la Chignola (casa e chiesa) unita a San Gottardo, formando i due conventi una sola comunità religiosa sebbene insistenti su due sedi diverse. Il 22 novembre 1484 Innocenzo VIII, freschissimo di elezione, risponde alla impetrazione del superiore dei Servi con un breve; e sentenzia che: - in avvenire i due conventi dalla Chignola e di San Gottardo restino uniti “come se le due case fossero un solo corpo e siano rette e governate di conseguenza”; - inoltre ogni donazione – attuale o anche pregressa – fatta alla chiesa di S. Maria e alla nuova casa religiosa della Chignola debba considerarsi dei frati e a loro piena disponibilità. Diamo qui una libera traduzione del documento papale.7 Guglielmina del fu Tonòlo Grigis da Selvino abitante a Ranica – ad esempio – lascia con testamento del 29 maggio 1483 lire 3 alla chiesa di S. Maria della Chignola. (AS/BG, Notarile 790, f. 378) In regesto si vedano altre elargizioni. Anche dai paesi vicini si offre sostegno al convento: da Torre Boldone Tomaso Assolari; da Nese Vincenzo Acerbis… (Cfr. Capitolo III) 7 ASV, reg. Vat., 683 ff. 201-103. Cfr. Il testo originale in Doc. 1. 6 31 Medaglia di Innocenzo VIII. BREVE DI INNOCENZO VIII (Roma, 22 Novembre 1484) Innocenzo, Servo dei servi di Dio. A perpetua memoria. A motivo del compito di servizio apostolico a noi imposto dall’Alto, ben volentieri sempre ci proponiamo di attendere a ciò per cui si provvede alla salute delle anime e alla devozione dei fedeli e altresì a tutto ciò da cui il culto divino e l’osservanza regolare ricevano impulso. Pertanto, siccome da parte dei diletti figli il priore e i frati del convento della casa di Bergamo dei Servi della Beata Maria dell’ordine di sant’Agostino dell’Osservanza regolare recentemente a noi è stata presentata una petizione che conteneva qualmente un tempo un certo Pacifico da Bergamo e Silvestro da Brescia, professi di detto ordine, abbiano incominciato a vivere, a celebrare i divini uffici, a predicare la parola di Dio nella chiesa della Beata Maria della Chignola in diocesi di Bergamo, soggetta alla chiesa parrocchiale dei santi Sette Fratelli della Ranica, che a loro era stata concessa dall’allora rettore di detta chiesa parrocchiale in perpetuo affinché potessero edificare una casa per loro e anche per altri quattro frati conventuali dello stesso Ordine, come per speciale privilegio è stato concesso dalla Sede Apostolica ai professi di detto ordine, e come altresì venne approvato e confermato anche da parte del vicario generale del vescovo di Bergamo, avendo avuto per questa cosa, come ci viene detto, facoltà speciale dello stesso vescovo per iscritto, in vigore dell’autorità ordinaria concessa. Dopo che essi, Pacifico e Silvestro, ebbero abitato più o meno per un quadriennio in quella casa, il priore generale dei frati dell’Ordine dei Servi introdusse in detta chiesa della Beata Maria altri fratelli dell’Osservanza e questi frati, con le pie elemosine dei fedeli, costruirono colà una casa, un campanile con campana e altre cose necessarie per loro uso e abitazione, e così vi hanno abitato come al presente ci abitano. In seguito tuttavia il prefato generale aveva annesso e incorporato detta nuova casa alla casa di Bergamo, avendo per questo, come diceva, facoltà scritta dalla stessa Sede Apostolica e anche in forza del suo ufficio di generalato, Rapporti convento/parrocchia: una soluzione laboriosa Il sigillo (sopra) e lo stemma di Innocenzo VIII. Nonostante il pronunciamento pontificio, l’intesa tra il parroco Giacomo Ceroni e l’Ordine dei Servi di Maria per la chiesa della Chignola e annesso convento non ebbe a migliorare e, quantunque il breve papale volesse essere definitorio e perentorio, i motivi del contendere permanevano, anzi si radicalizzavano. La ragione del dissidio era di due ordini: - gli ambiti del ministero religioso dei frati nella chiesa e in parrocchia - la forma del possesso della chiesa della Chignola e i diritti del parroco su di essa, anche se officiata dai religiosi. Corsi e ricorsi, da ambo le parti, furono diversi. Persino la designazione di due “giudici apostolici” (il preposito degli Umiliati di San Bartolomeo, fra’ Antonio Rossi, e l’arciprete di Dossena don Antonio Alcaini) non sortì effetto. Solo dopo cinque anni di liti davanti a varie autorità si riuscì finalmente, 32 come si dichiara sia contenuto più compiutamente in alcune lettere autentiche del priore generale e del vicario. Siccome però – come soggiungeva la petizione – da parte di alcuni si esitava circa i diritti di unione, annessione e incorporazione da parte del priore e del convento i quali però asseriscono che la casa costruita di nuovo dai frati di detta casa di Bergamo è necessaria per loro uso e abitazione, ci fu umilmente supplicato che la nuova casa in futuro e per sempre sia retta e governata in maniera tale che i frati di una siano considerati come i frati dell’altra, e ci degnassimo di stabilire e ordinare che ambedue le case siano come un solo corpo, e che avessimo a provvedere in modo opportuno a tutte le altre cose scritte nelle premesse. Noi pertanto, che con estremo sentimento desideriamo l’accrescimento del culto divino, la propagazione della religione e il bene delle anime, assolti da ogni e qualunque scomunica sospensione o interdetto e da tutte le censure e pene ecclesiastiche il priore, il convento e ciascuno di loro, nel caso vi fossero incorsi limitatamente al caso presente, e inclini alle suppliche intese a far sì che detta casa alla Chignola costruita ex novo dalla Casa di Bergamo sia governata d’ora in avanti e in futuro perpetuamente in modo tale che i confini di una casa siano anche quelli dell’altra, e le due case abbiano a formare un corpo solo, a tenore delle presenti con autorità apostolica stabiliamo, decretiamo e ordiniamo che i beni mobili e immobili che sono stati legati da persone ecclesiastiche o secolari a detta casa nuova o siano di sua spettanza, anche già da prima che fosse costruita la casa del loro Ordine, abbiano ad essere del priore e del convento e che essi possano rivendicare, richiedere ed esigere e facoltà di usarli per le loro case liberamente e lecitamente, come per dono di speciale grazia che ora noi concediamo con la stessa nostra autorità, non ostanti costituzioni o decreti apostolici e consuetudini o regole della casa di Bergamo. Nessuno perciò ecc. osi infrangere alla nostra assoluzione, disposizione, costituzione ecc. Se però qualcuno, ecc. Dato in Roma presso San Pietro, anno della incarnazione del Signore 1484, decimo alle calende di dicembre, anno primo del nostro pontificato. con i buoni uffici di diverse persone (giudici apostolici compresi), a pervenire ad un tentativo di soluzione improntato a saggezza: un ricorso ad arbitrato di amici comuni. Furono necessari comunque diversi approcci per ottenere dalle parti in causa una volontà concorde intesa a decidere la controversia in via d’arbitrato, ma finalmente i due arbitri furono scelti ed accettati da ambo le parti; erano fra’ Antonio Rossi dell’ordine degli Umiliati, preposto della chiesa di San Bartolomeo al Rasolo (oggi “Sentierone” di Bergamo) e il rev. Alamanino da Fino, rettore della chiesa di San Martino in Alzano inferiore. Il 22 maggio 1489, nel salone refettorio del monastero di San Bartolomeo avvenne il pronunciamento arbitrale. Oltre ai testimoni e naturalmente agli arbitri, erano presenti di persona le parti in causa: il parroco di Ranica don Giacomo Ceroni e il priore del convento di San Gottardo fra’ Sebastiano da Martinengo con fra’ Isidoro suo confratello. Leggendo il testo risolutivo che ne scaturì si comprende benissimo che gli ar33 Il sigillo dell’Ordine dei Servi. Jacomo Ceroni, parroco di Ranica, in atto notarile. (AS/BG, Notar. 790). bitri deputati non erano volenterosi bonaccioni, bensì persone esperte, attente e versate in cognizioni giuridiche e canoniche. I punti salienti – precisati, definiti e accettati dalle parti – rimarranno in vigore sostanzialmente per tutto il periodo in cui ebbe ad esistere il convento (e infatti li si ritrova menzionati nelle visite canoniche). In succinto, sono questi: A - La chiesa di Santa Maria della Chignola appartiene alla parrocchia e i frati riconosceranno questa appartenenza con i prescritti “omaggi” (un censo annuale di lire 4 e mezza e l’offerta di un cero) B – Il ministero dei frati sarà svolto nella chiesa della Chignola ma a loro viene preclusa la possibilità di celebrare “funzioni parrocchiali” (battesimi, cre34 sime, matrimoni, funerali), ad eccezione delle confessioni e naturalmente delle messe. C – I buoni rapporti della fraternità religiosa tra convento e parrocchia saranno dati da un interscambio nel celebrare delle messe nei giorni di certe festività che vengono nominate: i frati andranno a celebrare in parrocchia a Natale e Pasqua; il parroco andrà a celebrare alla Chignola nelle feste mariane dell’Annunciazione (il 25 marzo) e della Natività di Maria (8 settembre) D – I frati non si recheranno a far visita a famiglie nelle rispettive case senza consenso espresso del parroco. Come si suol dire, patti chiari e… In effetti, dopo quella pur sofferta soluzione i rapporti tra il titolare della parrocchia di Ranica e i frati della Chignola non ebbero a segnare altri sobbalzi e arruffi. Pro bono animarum… Sentenza arbitrale del 1489 tra il parroco di Ranica e i frati del convento di San Gottardo8 Nel nome di Cristo. Amen. Il giorno 22 del mese di Maggio dell’anno 1489, indizione settima, nel monastero di San Bartolomeo del Rasolo a Bergamo, nel refettorio dello stesso, ivi presenti i venerabili signori frati Tomaso da Mariano in ducato di Milano, Filippo de Castris da Sorisole e Antonio Cazzulani da Crema, tutti dell’Ordine degli Umiliati, e il signor Francesco Zaferi da Nembro, tutti testimoni noti, a questo chiamati e rogati, e asserenti di conoscere gli infrascritti arbitratori singolarmente e me notaio. Ivi il venerabile signor fra’ Antonio Rossi dell’Ordine degli Umiliati, prevosto della chiesa e monastero di San Bartolomeo del Rasolo in Bergamo, e il signor prete Alamagino da Fino, rettore della chiesa di San Martino in Alzano inferiore, arbitri e arbitratori, compositori amichevoli e amici comuni, già eletti per e tra il venerabile signor Sebastiano da Martinengo priore del convento monastero di San Gottardo dell’Ordine dei Servi della beata Maria fuori il muro di Bergamo e il signor fra’ Isidoro di detto Ordine, sindaci con titolo procuratorio e sindacale a nome dei frati di detto convento e monastero di San Gottardo, per carta di sindacato e procura rogata da Guidone Carrara nodaro il sei Aprile scorso, da una parte, e il venerabile signor prete Giacomo Ceroni da Serina, rettore della chiesa dei Santi Sette Fratelli de la Ranica della diocesi di Bergamo, agente per l’altra parte, allo scopo di dichiarare, arbitrare, determinare e comporre quietamente e amichevolmente tra le due parti sopraddette, a nome proprio e a titolo di cui sopra, circa la lite e discrepanze intercorse e vertenti tra le parti, davanti al prefato signor Antonio Rossi e il signor prete Antonio Alcaini arciprete della pieve di San Giovanni di Dossena della diocesi di Bergamo, una volta giudici delegati apostolici tra dette parti, come più estesamente consta nello strumento di elezione e compromesso rogato da me infrascritto nodaro Tomaso da Castione il giorno 7 Aprile appena scorso, al quale per prima cosa si fa riferimento da parte dei prefati signori arbitratori e amici comuni. Vista la commissione a loro stessi fatta, e rogata come sopra; vista l’accettazione da loro fatta, come nelle premesse; 8 Si veda il testo nella redazione originale in latino in Documento 2, p. 119. 35 visto lo strumento di sindacato e procura fatto nei confronti dei signori frati Sebastiano e Isidoro; viste le lettere apostoliche del santissimo signore Sisto già Papa IV, date nella forma consueta da Roma presso San Pietro nell’anno 1480; visto lo strumento di unione fatto della chiesa di Santa Maria di Chignola con la chiesa dei Santi Sette Fratelli de La Ranica, rogato dal notaio Giovanni Francesco Salvetti; visto lo strumento di rinuncia altrimenti fatto dal signor fra’ Onorio da Bergamo, vicario generale di tutto l’Ordine della beata Maria Vergine, rogato dal notaio Stefano de Lallio; visto uno strumento di presa e inventario dei beni della stessa chiesa di Santa Maria di Chignola, come si contiene in detto strumento, rogato dal notaio Giovanni Filippo Zanchi; e visto un certo strumento di licenza e concessione fatto un tempo dal signor presbitero Cristoforo Calepio allora rettore della prefata chiesa dei Santi Sette Fratelli de La Ranica, rogato dal notaio Bonomo Reguzzi da Alzano Superiore; e vista quella affermazione un tempo fatta dal reverendo signor Giovan Pietro da Usolo, allora vicario del reverendissimo signore Monsignore Lodovico Donà, al tempo vescovo di Bergamo, rogata dal soprascritto notaio Stefano da Lallio; e ascoltate più e più volte in giudizio contraddittorio l’una e l’altra parte; e visti i termini dati alle due parti, secondo i loro rispettivi ruoli, per portare le prove e comprovare; e udite le testimoniali apportate dalle parti alla maniera che esse hanno voluto; e assunte le informazioni di tutte e ciascuna le cose dichiarate in premessa, sia da persone abitanti nel paese di Ranica come dai circonvicini; viste tutte le cose da vedere e sentite tutte le cose da sentire; volendo i prefati arbitri e arbitratori ricondurre a pace e concordia le parti in questione e assai più mettere d’accordo che giudicare, pro bono pacis e per la concordia e per porre fine alla lite e risparmiare dispendi, fatiche e spese, nei miglior modo e forma possibili, invocato il Nome di Cristo i prefati signori arbitri e arbitratori, componendo amichevolmente, dissero, pronunziarono, determinarono, composero, hanno arbitrato e arbitramentato e messo d’accordo amichevolmente in questo modo e forma, ossia: primo, dissero e sentenziarono che la chiesa di Santa Maria Della Chignola fu ed è membro della prefata chiesa dei Santi Sette Fratelli de La Ranica, diocesi di Bergamo, salvo sempre quanto segue; item, salvo quanto detto, i signori arbitri dissero e sentenziarono che i signori frati di San Gottardo fuori le mura di Bergamo dell’ordine della Beata Maria dei Servi debbano stare e rimanere in perpetuo nella prefata chiesa di Santa Maria della Chignola e nelle sue case, celebrare gli uffici divini e là poter costruire altri edifici come a loro sembrerà e piacerà, con questo però, che i frati non possano nè debbano amministrare alcun Sacramento o rito ecclesiastico, eccetto le confessioni, e neppure andare per le case senza licenza del rettore della chiesa dei Santi Sette Fratelli. E anche con questo, che detti frati siano tenuti e debbano, siano costretti e obbligati a dare e corrispondere al signor prete Giacomo Ceroni rettore come sopra e ai suoi successori canonicamente immessi lire quattro e mezza delle imperiali ogni anno nella solennità del36 la Natività di Santa Maria Vergine e un cero, di cera, del valore di soldi venti imperiali ogni anno nel giorno dei Santi Sette Fratelli. E questo come riconoscimento e per il bene della pace e della concordia. E anche con questo, che i predetti signori frati siano tenuti e debbano inviare e mandare due loro sacerdoti, o almeno uno, a celebrare la messa nella chiesa dei Santi Sette Fratelli a ogni Natale e ogni Risurrezione del Signore nostro Gesù Cristo, salvo sempre quanto segue. Item, salvo quanto infrascritto, i signori arbitri e arbitratori hanno detto e arbitrato che il prefato signor prete Giacomo rettore come sopra e i suoi successori siano tenuti e debbano andare ogni anno nei giorni dell’Annunciazione della gloriosa Vergine Maria e della sua Natività a cantare o dire la Messa in detta chiesa di Santa Maria della Chignola, ma anche in altri giorni se così piacerà al signor prete Giacomo e suoi successori, salvo quanto infrascritto. Item, salvo quanto detto, dissero e pronunciarono, hanno arbitrato e arbitramentato che nel caso i prefati signori frati e il loro convento non volessero stare all’arbitrato e pronunciamento di cui sopra, e non considerare ferma e decisa mantener fede e dar esecuzione a quanto detto sopra, allora e in tal caso la chiesa di Santa Maria della Chignola sia e debba essere e rimanga sotto il governo dello stesso signor prete Giacomo e suoi successori, salvo l’infrascritto. Item, salvo quanto detto, i signori arbitratori dissero, pronunciarono e hanno arbitrato che il signor prete Giacomo e suoi successori siano tenuti, obbligati e debbano mandare in esecuzione, considerare definita e accettata, e mantenere ogni cosa detta sopra. Nel caso in cui non volessero tener fede e dar esecuzione a quanto sopra detto, allora e se capitasse tal caso la detta chiesa di Santa Maria della Chignola rimanga e rimaner debba ai frati, libera da ogni cosa arbitrata e detta sopra. (omissis) 37 La chiesa della Chignola risistemata dai Servi di Maria nel ‘400 aveva copertura a capriata e dipinti sull’arcone del presbiterio. Io fra’ Sebastiano da Martinengo dell’ordine dei Servi, priore del convento di San Gottardo fuori le mura di Bergamo, confermo come sopra e sottoscrivo di mia mano Io fra’ Isidoro da Bergamo, sindaco dei predetti frati, confermo come sopra e sottoscrivo di mia mano Io prete Giacomo, rettore come detto sopra, confermo e approvo come sopra e mi sottoscrivo di mia mano Di tutte le cose sopra dette e di ciascuna di esse i prefati arbitri e arbitratori hanno pregato me notaio infrascritto di redigere pubblico strumento. (Segno di tabellionato) – Io Tomaso di Filippo da Castione notaio pubblico bergomense per autorità imperiale fui presente a tutte e singole cose predette mentre si facevano e dicevano, rogato verbalizzai e scrissi e a conferma della cosa mi sottoscrissi apponendo il mio segno consueto di tabellionato. Ugolino di Nerio (sec. XIV), Croce dipinta con ai piedi il beato Francesco da Siena in orazione (Siena, Basilica di S.M. dei Servi). 38 Capitolo III Gli edifici del complesso conventuale Gli archivi ci conservano solo accenni di descrizione del complesso della Chignola: chiesa e convento. La conoscenza che ne deriva è proporzionata ai contenuti delle “carte” cioè piuttosto sommaria. Per giungere a una migliore e forse esauriente conoscenza sarebbe indispensabile anche l’apporto integrativo del lavoro di un architetto che, previo cortese e necessario assenso collaborativo della proprietà, potesse studiare l’articolazione degli edificati, la loro consecuzione cronologica e ne redigesse infine compiuto rilievo prospettico. La situazione prima del 1450 Fissato l’arrivo alla Chignola dei Servi di Maria poco dopo il 1450, siamo in grado di arguire la situazione antecedente solo sulla base di scarse informazioni. Per ora non ci resta che accontentarci di una esplorazione induttiva. La chiesa di Santa Maria – come già dimostrato – esisteva almeno dal ‘300. Con l’avvento dei religiosi l’edificio non dovette subire variazioni nell’impianto planimetrico ma solamente restauri e adattamenti. Annesso alla chiesa vi doveva essere anche un piccola dipendenza abitativa. Di che tipo? Sembrerebbe proprio qualche cosa di simile a un minuscolo romitorio, “meschino” – come recita, senza giri di parole, l’accenno di un appunto non datato (ma seicentesco) dell’archivio generale dell’Ordine dei Servi di Maria. (Cfr. nota 4) Un’ipotesi plausibile sarebbe quella di vedervi forse l’abitazione del romito, il pio uomo che aveva in custodia la chiesa, una figura consueta in casi consimili (quando la chiesa veniva a trovarsi scostata dal paese). Siccome viene citato nel 1361, in zona, un “chioso di frate Pacino” collocato nei paraggi della Chignola, è lecito chiedersi se ciò, in qualche modo, potrebbe entrarci.1 O forse era ciò che restava del conventino degli Umiliati, non più citato dopo il 1350, detto di “Cuniolo de foris”?2 Il posizionamento del convento detto “Chignolo de foris” mi pare non risulti finora individuato. Certamente non poteva essere a Chignolo d’Isola (per analogia agli altri conventi, pur segnalati con nomi di paesi, che erano ubicati nei borghi di Bergamo); e, inoltre, esso non poteva esLa priora del convento di San Giorgio di Redona nel 1361 affittava sei terreni a Guidotto Bonghi nella zona di Torre Boldone: uno di questi – come abbiamo già ricordato – viene detto alla chiesa della Chignola e un altro, citato in conseguenza, è detto “ad Clausum fratris Paxini” ed è di 14 pertiche. Può sembrare strano, ma è esattamente la superficie di quel certo terreno che risulterà appartenere poi alla chiesa della Chignola. AS/MI, Fondo diplomatico, 20/A, 2 e 18; Fondo religione 3045. (Vedi: Tor Boldone, p. 147, nota 27). 2 G. TIRABOSCHI, Vetera Humiliatorum Monumenta, II, p. 70: “15. Domus de Cugnolo de foris (forte extra S. Andreae Suburbium, in quo erat domus alia de Cugnolo).” 1 39 sere – come qualcuno ha anche detto ma, mi pare, senza costrutto – che Chiniolo fosse in o per Piniolo (Pignolo).3 Comunque accanto alla chiesa della Chignola nel 1450 c’era già una possibilità abitativa, tant’ è vero che i due frati degli inizi vi alloggiarono. Qualunque fosse, il ricetto era però assai umile; e tuttavia i frati Serviti si erano dimostrati ugualmente interessati ad esso, perché – per loro stessa dichiarazione – si paventava che il loro convento di San Gottardo potesse essere demolito per dare spazio alla fortificazione di Bergamo, a cui il governo veneto aveva incominciato assai presto a pensare.4 La chiesa all’origine e negli atti di visita La chiesa di S. Maria della Chignola fu l’occasione per la venuta a Ranica dei frati dell’Ordine dei Servi. Preesisteva dunque ad essi – come abbiamo già avuto modo di vedere – almeno dal Trecento, e però non abbiamo fonti e notizie per inquadrare sotto l’aspetto strutturale ed architettonico questa vetusta chiesetta. Allo stesso modo, purtroppo, anche dopo l’arrivo dell’ordine religioso, se si eccettua la costruzione del campanile (circa il 1475) non possediamo notizie se non attraverso due sole fonti, già relativamente tardive, ossia la visita apostolica di san Carlo Borromeo (1575) e la inventariazione del complesso monastico (1651) in funzione della soppressione del convento. Attraverso queste due fonti, e anche da qualche altro riferimento, cerchiamo allora di acquisire le conoscenze. La prima presenza stabile nella chiesa della Chignola, documentata e attiva, fu quella dei frati Pacifico da Bergamo e Silvestro da Brescia. Venne loro consegnata la chiesa, da parte del parroco per la comunità di Ranica, e là essi facevano vita comune ed esercitavano il ministero della preghiera e della predicazione.5 Il sospetto invece di una parentela stretta tra il “Cuniolo” (de foris) degli Umiliati (non più nominato dopo il 1360) con la nostra Chignola potrebbe essere dato anche dal fatto che nell’Ordine dei Servi di Maria la fondazione del convento della Chignola veniva citata come effettuata a “Coniolo (Bergamo)”. Si veda in: Fonti storico-spirituali dei Servi di Santa Maria, II, dal 1349 al 1495, Vicenza 2002, p. 236. Ancora, a p. 608 delle citate Fonti, riferendosi alla fondazione della casa dei Servi di Maria della Chignola avvenuta – diceva – ante 1488, si ribadiva l’appellativo: “CONIOLO (diocesi di Bergamo), convento OSM”. Quel Coniolo (in italiano arcaico) è troppo simile a Cuniolo (in latino) dell’elenco degli Umiliati! 4 Parlando del convento della Chignola, la “nota” (un appunto seicentesco) diceva: “Prima il convento fu donato alla religione per essere detti padri della Beata Vergine senza altro hobligo, per essere luogo meschino; a quel tempo però la religione lo accettò et hanno fabricato li padri per tempo, essendo contiguo alla città, et havendo suspetto che li signori getasse a terra il convento della città per occasione della fortezza e per recoverarsi se tien conto di questo conventino, qual è membro del convento de Sancto Gotardo.” (AGOSM, Negotia Religionis a saec. XVII, 140 f. 357) Per cause contingenti, la costruzione delle monumentali mura venete venne dilazionata fino al 1561, quando anche la famosa Basilica Alessandrina (che sorgeva molto vicino al convento di San Gottardo) venne inesorabilmente demolita. Della stessa si conserva traccia accanto alla Porta sant’Alessandro in Colle Aperto. 5 Bolla di Innocenzo VIII (ASV, Reg. Vat.,683. ff. 201v-203r.). 3 Rovato: Lavabo di sagrestia con monogramma dei Servi e data (1560) incisi. 40 La bolla di Innocenzo VIII lascia quasi intendere che i due pionieri vivessero nella chiesa stessa; ma sarebbe strano, perché in essa celebravano e predicavano e, del resto, ci doveva essere almeno la stanzetta del romito. Dopo le traversie delle guerre veneto-viscontee che avevano toccato anche la Valle Seriana inferiore e quindi un possibile uso militare della chiesa, essa era stata “abilitata” dai frati al culto, nel senso che la disposizione di altare e tutto il resto era ormai stata fatta in modo congruo. Siamo verso il 1460. Trascorsi quattro anni di permanenza attiva dei primi due confratelli, il superiore vi introduceva la comunità; allora viene costruito anche il campanile e operati ulteriori interventi, necessari per la residenza della piccola comunità. In che cosa consistettero questi interventi? Lo possiamo supporre ma non abbiamo conferme dai documenti circa tempi e modi. Per saperne di più occorrerà arrivare, con un salto di oltre un secolo, fino al 1575: la “visita apostolica” di san Carlo Borromeo ci fornisce infatti dettagli significativi, pur avendo questi un taglio esclusivamente ecclesiastico, cioè liturgico e disciplinare. Incomincia in questo modo (tradotto) il verbale della visita: “La chiesa del monastero dei frati di Santa Maria dell’Ordine dei Servi, dove risiedono due frati sacerdoti e un frate converso, ha come priore il p. Onorio Belotti, bergamasco. La chiesa ci vien detto che è consacrata. Ha sei altari…”6 Accostando le notizie del resoconto definitivo di visita e dei decreti di riforma (pubblicazione in Roncalli) integrati con la “prima nota” del visitatore (manoscritto nella Curia di Milano7), si evince quanto segue. La chiesa ha una copertura a capriate. Non si accenna a dimensioni. Al visitatore viene dichiarato che è stata consacrata, come la parrocchiale. I sei altari: cinque sono nell’interno e il sesto si trova nella cappella esterna dedicata alla B. V. Addolorata (Santa Maria detta dello Spasimo). Entrando nella chiesa, di fronte si ha l’altare maggiore, posto nel mezzo del presbiterio. È dedicato alla Natività di Maria. Dietro l’altare c’è il coro, che funge anche da sagrestia. Sulla sinistra (in cornu evangelii), vicino all’altare maggiore, vi è l’altare dedicato all’Annunciazione di Maria. A questo altare vi è istituita la sua Scuola, che si incarica di far celebrare una messa di devozione ogni prima domenica del mese. (La minuta dice invece, fatta salva la celebrazione mensile, che è alla seconda domenica del mese). Sempre sulla sinistra è stata fabbricata una nuova cappella, dedicata a un mistero della Madonna. Sulla destra (in cornu epistolae) vi sono l’altare di san Filippo Benizi e quello di sant’Antonio. 6 7 RONCALLI, Atti della Visita Apostolica, II-II, p. 126 AC/MI, Archivio Spirituale, Sez. X – Visita pastorale, Ranica 1575, vol. 24 f. 38. 41 Rilievi in pianta originaria della chiesa (ric. Archelogica). Sezione di balaustra con una “M” ornata a richiamo per il santuario mariano. La prima nota della minuta di visita (citata in nota anche dalla pubblicazione del Roncalli) entra in qualche dettaglio relativo alla struttura e alle raffigurazioni sacre. Sull’altare maggiore vi è un altorilievo o una statua in pietra (iconam lapideam – n. 27). L’altare dell’Annunciata è conformato in un rientro a cappella, fatta a volta (sub fornice); “è bello e decorato” (n. 30). L’altro altare, nella “cappella nuova”, non è ancora decorato. L’altare di san Filippo è in una cappella a volta; ha pitture invece della icona. Vi sono dei sepolcri vicino a questo altare. Anche l’altare di sant’Antonio è “in capella sub fornice”. La pala dell’altare è dipinta su tela. All’esterno della chiesa, sul lato a destra dell’ingresso, vi è la cappella di “Santa Maria detta dello Spasimo”. È costruita a volta, tutta dipinta, e ha una icona molto antica. L’immagine della Madre Addolorata è assai venerata e si ha grande concorso di popolo (n. 31). I decreti emanati dopo la visita apostolica prescrivono, tra altre disposizioni, di rivedere tutte le immagini e “adattarle” (nel senso tridentino di abolire i nudi e le cose disdicevoli); di costruire la sagrestia (e perciò di non usare più il coro alla bisogna); di ornare la cappella nuova della Madonna ed eliminare la finestrella che permette di guardare dentro per assistere alla messa; di adattare alle norme conciliari l’altare di san Filippo; togliere il vicino sepolcro e colmarlo con terra; di sopralzare la cappella di Santa Maria dello Spasimo, che è all’esterno, e di portare più in alto la sua finestra.8 La chiesa in una descrizione del ‘600 Una relazione incrociata (inventario fatto dal priore del convento e ripreso dal parroco don Giovanni Ronchi, nominato garante nelle fasi della soppressione) serve a completare la situazione storica della chiesa un secolo più tardi. È la relazione Romanelli del 6 giugno 1656. (La riporteremo integralmente nei “documenti” dell’ultima parte del presente quaderno) Il sepolcro da rimuovere era probabilmente quello del terziario servita Elisone Negroni del Brugale che aveva costituito erede universale questa chiesa, con la clausola di esservi sepolto. Testamento del 22 Ag. 1512, in AS/BG, Notar. 1060, f. 353 ss. 8 42 “La chiesa ha la porta maggiore verso monte; ha cinque altari computato il maggiore, soffittata a travi. Dalla parte verso sera vi è una capelletta sotto l’invocatione della beata Vergine del Spasimo, con un altare nella di cui pala vi è dipinta la beata Vergine del Spasimo a guazzo con la invetriata. Sopra all’altare vi sono quattro candelieri di ottone piccoli con una croce di ottone, un palio di raso cremese et parte di ormisino celeste, un altro bianco di damasco vecchio, una lampadetta di ottone, due coscini vecchi et gialli, una cassetta per l’ellemosine et alcuni voti in tavolette apposte al detto altare. All’altare maggiore d’essa vi è la pala nella quale è dipinta la Natività della Beata Vergine, vi sono quattro candelieri d’ottone: due piccoli et due grandi, una croce di ottone, due cuscini di damasco bianchi. All’altare della Natività vi è la pala dipinta sulla tela a guazzo, quattro candelieri piccoli d’ottone et la croce di legno; segue l’altro altare con la figura scolpita in legno di S. Carlo, con la croce di legno et due candelieri di legno. Dall’altra parte vi è l’altare di S. Pietro et Giacomo con la pala dipinta a olio, due candelieri d’ottone et due di legno, la croce di legno. Segue poi l’altare di S. Antonio Abbate, il quale ha la pala dipinta a guazzo, due candelieri con la croce di legno. Dietro l’Altare Maggiore vi è il coro, nel quale si fa anco sacristia.(omissis) Vi è anco il campanile verso mezzogiorno con due campane piccole”. Il priore p. Alciese Barlotti si era espresso in una sua relazione, cinque anni prima, in questi termini: “La chiesa è sotto il titolo et invocatione di S. Maria del Spasimo, grande competentemente, con cinque altari forniti di tutta perfettione, a quali si celebra; e di più vi è ancora un altra giesiola della Madonna miracolosa, che rifferiva nella chiesa maggiore, nella quale gesiola vi è un altare, al quale si celebra”.9 9 AGOSM, Negotia Religionis a saec. XVII, 167, f. 90. 43 Frammenti di decorazione. S. Antonio abate, al quale fu dedicato un altare alla Chignola col dipinto ex voto del notaio Gennaro Assolari scampato da peste. Effige devozionale di Madonna Addolorata, della Scuola del Tiziano. Come si può vedere, la situazione tra il 1575 e il 1656 non sarebbe cambiata se non in alcuni particolari di poco conto: non è stata costruita la sagrestia prescritta nel decreto del 1575; è stato “sottratto” un altare alla Madonna (del resto già più che rappresentata) e dedicato a San Carlo Borromeo; anche l’altare di San Filippo Benizi (uno dei sette Santi Fondatori dell’ordine dei Servi) ha cambiato: è stato dedicato agli apostoli Pietro e Giacomo (ma può darsi si trattasse di Filippo e Giacomo…); continua la venerazione all’Addolorata “miracolosa” nella chiesetta estrinseca. A questo punto, farebbe conto rimettere all’indagine archeologica verifiche, aggiornamenti e complementi… Il convento Il colonnato del chiostro Servitano. (sec. XVI). Il convento della Chignola venne costruito negli anni a seguire il 1450, con l’arrivo dei primi padri. Ciò che vi poteva essere prima d’allora pare fosse poco significativo, se ha un valore la definizione di “cosa meschina”. Non abbiamo descrizioni, ma solo citazioni, fino alle relazioni stese in vista della soppressione. Il padre Barlotti nella citata relazione, si mantiene sulle generali: Il convento è cinto di muro con un chiostro assai grande, restaurato alla moderna, con stanze n° 11.10 Una relazione più esplicita è quella del 1656 di padre Romanelli. Il convento de reverendi frati Serviti di S. Maria della Chignola nel comune della Ranica consiste nelle sottoscritte stanze: • prima vi è un claustro con le sue colonne di pietra et cortile in mezzo, la di cui porta è verso sera; • dalla parte verso mattina vi è il reffettorio, la cantina, la cucina et un altro luogo, tutti a volto; • verso mezzogiorno vi è il brolo di pertiche due incirca con viti e piante frutifere; • verso monte vi è una stalla. Si ascende alle stanze superiori per una scala di pietra di tre rami, et sopra vi sono sette camere, tutte a travi con un solaro.11 10 11 Ibidem, 91 CV/BG, Religionis Crucifere modo suppresse, f. 58 ss. 44 Interessante volta a vele del convento della Chignola. Sapendo che questi erano gli ambienti, non è escluso che sia magari possibile verificarne tuttora la dislocazione e la superficie. Appare comunque evidente la monastica povertà, secondo lo spirito dell’Ordine dei Servi. Riassumendo, il complesso conventuale della Chignola aveva questa consistenza: • la chiesa, con accesso dalla pubblica via, • il convento, con gli ambienti sopra descritti, • due pertiche di brolo, il tutto recintato con il convento • e, adiacenti, circa 16 pertiche di terra, coltivata da un massaro. Il convento possedeva poi “il Brugale” con terra arativa, vidata e parte a castagneto, con casetta e portico, probabile lascito di fra’ Elisone Negroni, e inoltre dieci pertiche di bosco sopra Torre Boldone. Tale pur modestissimo patrimonio immobiliare era naturalmente anche gravato da oneri di culto ai quali ottemperare. Frati nel convento della Chignola La presenza per due secoli a Ranica dei Servi di Santa Maria nella regola dell’Osservanza ha offerto un contributo di servizio alla comunità e alla Valle Seriana inferiore che, a seconda dei punti di vista, può essere in primis rimarcato sul versante religioso, ma è tutt’altro che indifferente anche ciò che veniva operato sul versante sociale e civile, e aggiungerei anche culturale e di umanità. Si pensi – ad esempio – al fatto che i tre frati della Chignola pagarono tutti con la vita l’assistenza prestata agli appestati nel 1630. Ma chi erano? La domanda non è stravagante. Infatti, poiché la nostra è una ricerca mirata all’ambito locale, essa non può prescindere dalle persone, dai loro nomi, anzi l’interesse partecipato si orienta con prevalenza proprio su di loro, quelli che hanno scandito i giorni del divenire esattamente qui: la storia delle idee vola alto, vaga altrove, ma il vivere reale si radica sul territorio e si svolge nel concreto ambito delle persone localizzate e identificate. 45 Capitello con monogramma dei Servi. I nomi, dunque. Siamo però continuamente di fronte a quell’angustia che ci perseguita, cioè la documentazione dispersa. Libri, registri, cronache del convento della Chignola sono andati distrutti, soprattutto durante la peste del 1630 quando, morti tutti i frati di contagio, nel convento presero stanza i monatti.12 I frati che sopraggiunsero dopo l’epidemia non trovarono più nulla, stando alla fede giurata del superiore. Anche l’archivio del convento di San Gottardo strettamente legato alla Chignola venne, al momento della soppressione napoleonica, in parte disperso e in parte trasportato a Milano.13 Di conseguenza, per avere qualche notizia su i religiosi che si avvicendarono a Ranica non ci rimane altro che spigolare dove è possibile. Negli atti dei notai qualche nome è stato rinvenuto. Vediamo di incominciare ad osservare quello che c’è. Frate servita orante. Stipite marmoreo con data 1490. 1450-1460: fra’ Pacifico da Bergamo e Silvestro da Brescia furono i due umili iniziatori del convento della Chignola accanto alla chiesetta che la comunità di Ranica aveva offerto all’Ordine dei Servi di Maria. I due seppero accattivarsi stima e benevolenza della gente; loro stessi lavorarono anche manualmente per costruire il chiostro. Dopo quattro anni di impegno personale dei due fraticelli, alla Chignola venne introdotta una regolare comunità. Non sappiamo se allora vi fu una consegna solenne della chiesa, come avveniva normalmente in casi analoghi (vi era una cerimonia durante la quale si piantava una croce sul sito loro assegnato per significare la presa di possesso e poi un notaio redigeva l’atto formale: si veda, a questo proposito, il rito compiuto a Zogno nel 1488.14 Relazione del 1651 del p. Alciese Barlotti. AS/MI, Religione, 2879-2899. 14 A proposito della fondazione di Zogno estrapoliamo dalla relazione (8 genn. 1651) del priore fra’ Tomaso Maffei. “Nel 1488 fu dalla comunità della terra di Zogno, con istromento del primo novembre dello stesso anno, dato e consegnato la chiesa, il cimiterio di una pertica di terreno incirca, la sagrestia e campanile con due campane al rev.mo padre fra’ Sebastiano da Martinengo, priore del convento di San Gottardo in Bergamo dell’ordine nostro dei Servi, il quale faceva a nome di tutti li altri padri, et accettò detta chiesa etc. E sotto li 10 dicembre dell’istesso anno 1488 il sudetto priore con li padri di detto convento di San Gottardo di Bergamo, al numero di tredici, processionalmente con croce, pigliò il possesso di detta chiesa, facendovi piantare una croce davanti la chiesa e cimiterio alla presenza di grandissimo popolo concorso a tal solennità.” (Cfr. E. Camozzi II, p. 98). 12 13 46 Poiché nei primi tempi, da parte dell’Ordine, il convento della Chignola venne concepito come parte integrante del convento di Bergamo (si veda la Bolla di Innocenzo VIII), è possibile vi fosse un normale interscambio di frati. Alla Chignola troviamo come priore fra’ Vincenzo (da Vicenza?) e anche la presenza di fra’ Tomaso da Endenna, in seguito beatificato.15 Beneficenze. In quell’atmosfera di pacifico e fervoroso rinnovamento che si respirava con la sopraggiunta “pax veneta” la chiesa e il convento dei frati della Chignola incontravano il favore della gente e perciò venivano sostenuti. Abbiamo già ricordato (cap. 3) alcuni benefattori di Ranica, Torre Boldone, Nese (si veda anche il nostro regesto del Repertorio); persino nei momenti alquanto critici nei rapporti del parroco Ceroni con l’Ordine (tra l’altro in quel momento nella comunità di Ranica si era in procinto di partire con la costruzione della nuova chiesa, che verrà infatti edificata e ultimata nel sec. XVI, e anche consacrata il 1° Maggio 1524) i parrocchiani non dimenticavano la Chignola. Pietro Gritti proprio allora legava alla chiesa di Santa Maria due pertiche di terra situata nei pressi del convento, al limite della Brusata.16 Ciò che ancor più era segno di partecipazione e di consonanza, si dava il fatto che da Ranica e dai paesi vicini diversi giovani entravano nell’Ordine dei Servi, che poi troviamo assegnati anche alla Chignola. Inoltre, nel settembre 1489, cioè pochi mesi dopo quel non facile concordato arbitrato tra parrocchia e ordine religioso, si riscontra una fiorente situazione nel convento e una piena collaborazione con i maggiorenti di Ranica. La riprova veniva data anche dalNato a Endenna intorno al 1425, Tomaso Vitali entrò nel monastero di San Gottardo, appena avviato, nel 1450. Versato in filosofia e teologia, si dedicava all’insegnamento e alla predicazione. Spinto dal desiderio della vita solitaria e penitente, in seguito chiede e ottiene di potersi trasferire all’eremo di Montegranaro, presso Pesaro. Morì il 21 dicembre 1490. (Bibliografia: P.M. ERTHLER, Il Beato Tommaso Vitali, Servo di Maria, Pesaro 1991 – Bibliotheca Servorum Romandiolae 10). 16 “Hoc est testamentum factum (…) per Petrum fq Donati dicti Doni de Grigis de Selvino habitatorem de Laranicha, egrum corpore tamen sane mentis (…) Item judicavit et legavit in remedium anime sue fabrice Sanctorum Septem Fratrum de Laranicha libras decem imper. post mortem ipsius testatoris. Item judicavit et legavit fabrice ecclesie Sancte Marie de Chiniola de Laranicha perticas duas terre ex et de petia terre ipsius testatoris prative et aratorie iacente in territorio de Laranicha ubi dicitur in fine Brusate; cui toti petie terre choeret a mane Johannis Filippi Bertoli de Grigis, a meridie via publica, a sero illorum de Zambonellis de Olera, a montibus similiter et in parte Augustini Baroni de Grigis.” (AS/BG, Notar. 367, f. 148). 15 47 Il Crocefisso con Maria e Giovanni. Religioso scrivano nella sua cella (sec. XVI) la circostanza che il capitolo conventuale investiva tre persone di Ranica della procura a rappresentare la chiesa e il convento.17 I frati della Chignola riuniti in capitolo il 13 settembre 1489 erano: Lorenzo da Bergamo priore, Rogiero da Ranica, Filippo da Bergamo, Basilio da Terzo, Gian Giacomo da Ranica. Come si vede, sono cinque i frati del convento della Chignola con il loro priore, segno questo che, dopo l’intesa raggiunta tra il parroco e l’Ordine, la fusione con san Gottardo sancita nel 1484 era quantomeno sospesa perchè il convento della Chignola appare invece riformulato con una identità canonica propria.18 E tutto, quanto siamo andati dicendo sin qui, era accaduto… prima della scoperta delle Americhe. Tracce palesi d’uso improprio dei conventi, protratto lungo gli anni. I tre uomini, tutti abitanti a Ranica, costituiti procuratori della chiesa e convento erano “Johannes q. Betini Paste de Baris de Suriselle, Tonolus q. Sandrini de Gavazis, Petrus Doni de Grigis”. (AS/BG, Notar. 790, f. 990 ss.) 18 “Die tertiodecimo mensis septembris anni 1489 indictione septima in loco de Laranicha, Vallis Seriane Inferioris episcopatus Pergami, in domo infrascripta fratrum Servorum domine sancte Marie de Laranicha dicta de Chigniola, presentibus testibus Johanne q. Bonini de Caris, Pinardo q. Alberti Peterzoli de Licinis, etc… Ibi in publico et generali consilio fratrum de domo et monasterio Sancte Marie de Chigniola, in quibus etc.” (Ibidem, f. 989 ss.). 17 48 Capitolo IV Chiesa, convento e uomini nel Cinquecento Deliberazione del Consiglio di Bergamo del 20 dicembre 1493 che ingiungeva ai frati della Chignola di demolire 25 braccia del muro edificato impropriamente lungo il canale Serio proprietà del Comune di Bergamo. (CB/BG, Azioni, s. 4,6 f. 197v.) La chiesetta/santuario e la comunità religiosa della Chignola, dopo un trentennio di presenza, compaiono (negli atti ufficiali) come bene inserite nei contesti soprattutto – ma non esclusivamente – di Ranica e Torre Boldone: si presentava in questo modo l’inizio del secolo XVI. Allargare e approfondire, proseguendo: sarà quanto adesso cercheremo di fare. Abbordando il secolo XVI, si rende opportuna una premessa di carattere generale. Una strofa della supplica litanica delle “rogazioni” (quelle preghiere litaniche che il popolo processionalmente andava cantando tra i viottoli dei campi seminati all’aprirsi della stagione primaverile) fotografa gli inizi del secolo; diceva: A peste, fame et bello: libera nos, Domine! (Da peste, fame e guerra: liberaci, Signore!) Nel 1503 scoppiò la peste, cosicché l’anno seguente, vista la gravità, venne deliberata la costruzione a Bergamo del Lazzaretto nuovo (edificio tuttora esistente nelle vicinanze dello Stadio). Nel 1505 la carestia: una tal penuria di cibo che colpì quasi tutta l’Italia.1 E poi con la guerra, nel 1509, sopravvenne l’occupazione francese, durata quasi tre anni. “Nel 1505 fu quasi in tutta Italia sì gran penuria, che a ricordo d’huomo vivente non n’era stata un’altra simile: et in Bergomo, dove parea fosse il prezzo più vile, valse il formento sin venti lire la soma.” (Colleoni C., Historia, I, 408) Si veda: Tor B., p. 251 s. 1 49 Vi furono in realtà dei frangenti in cui la Chignola dovette sopportare, oltre a peste e fame, anche disagio per la presenza di soldati, proprio nei momenti in cui il convento si segnalava per il soccorso ad appestati e affamati. La prima volta fu durante il triennio dell’occupazione francese di Bergamo. Accadde infatti che la politica veneziana di espansione nel Polesine e verso le Romagne aveva avuto come reazione, nel 1508, la formazione della lega antiveneziana di Cambrai (Francia, Impero, marchese di Mantova, il papa). L’esercito veneto ad Agnadello (14.5.1509) subì una disfatta, in seguito alla quale la Serenissima dovette abbandonare Bergamo. Tre giorni dopo a Caravaggio il re di Francia accettava la dedizione di Bergamo. Sotto i francesi anche i ghibellini (che sembravano estinti) ringalluzzirono. Per quasi tre anni allora, sia pure saltuariamente, qualche plotone militare stanziò anche alla Chignola. Nel febbraio 1512 Bergamo tuttavia ridivenne veneta. La seconda volta fu nel 1521/22 durante la guerra del re di Francia (Francesco I) contro gli imperiali. In attesa (e col passaggio nel Bergamasco) dei lanzichenecchi, squadre venete stanziarono alla Chignola e anche in Biandazzo, in considerazione soprattutto delle rimostranze di Torre Boldone, Redona, Valtesse e Rosciano che, secondo patti e privilegi riconosciuti, non avrebbero dovuto ospitare accampamenti militari. In quei frangenti i frati ebbero comunque e sempre vicina la popolazione, anche per il fatto che la situazione della reggenza della parrocchia di Ranica si andava alquanto complicando. Dischiuso in questo modo il secolo XVI, vediamo di poter conoscere: • priori e frati residenti nel convento • i professi originari di Ranica • gli offerenti della chiesa e del convento Mancando cronache dirette e “relazioni” la nostra conoscenza si affida, ancora una volta, al discorso indiretto mutuato dagli “atti”. Nel nostro Repertorio (in allegati) rileviamo una serie (peraltro parziale) di donazioni, fatte generalmente “in articulo mortis” (disposizioni testamentarie). Senza ricercarne altre, ci sembra che quelle menzionate risultino già sufficienti a darcene idea corretta. Le elargizioni erano effettuate con lo scopo generico “remedio animae suae”, che sarebbe come dire “a proprio vantaggio spirituale”. Il donatore sceglieva fra tre opportunità: alla chiesa, alla scuola, al convento; a seconda della scelta si appalesa l’animus del disponente. La donazione alla chiesa di Santa Maria sottintende l’intenzione di trarre vantaggio spirituale dall’atto benefico in sé, considerato un omaggio alla Vergine attraverso il decoro del tempio a lei dedicato. La donazione al convento intende un sostegno ai religiosi, gesto di simpatia e di riconoscenza, ma anche di culto, nel senso di supporto a “persone del Signore”. La disposizione alla Scuola di Santa Maria esplicitava sostegno all’associazione con intendimento di suffragio (per sé e i propri famigliari): si tratta infatti di una forma di quasi contratto reso operante al momento dell’accettazione, dove l’offerta chiedeva un corrispettivo di preghiere e celebrazione di messe. La Scuola, in tal caso, diventava l’aggregazione operativa e, insieme, garanzia. Va tenuto presente che nell’ambito ecclesiale il termine scuola corrisponde ad “aggregazione con finalità spirituali”. Si colloca quindi tra le forme dell’associazionismo religioso. 50 Nella chiesa della Chignola era stata costituita la Scuola di Santa Maria dell’Annunciazione. All’interno della chiesa, la Scuola aveva un altare proprio: l’altare dell’Annunziata (il primo in cornu evengelii) che si diceva anche il più decorato fra tutti. Frati di Santa Maria della Chignola A – I PRIORI L’elencazione è lacunosa, poiché si basa non sull’archivio del convento (andato completamente perduto) ma solo su atti saltuariamente rintracciati altrove, soprattutto dell’archivio di stato di Bergamo. L’elencazione che segue – ad ogni modo – è abbastanza nutrita perché il priore, come rappresentate della comunità, viene citato quando occorrevano fatti giuridici o canonici che riguardavano la comunità da lui rappresentata. Essi vengono designati, a seconda dei casi, con il “nome di religione” oppure – più raramente – con il nome di famiglia.2 Lorenzo da Bergamo (1486) Isidoro da Bergamo (1488 ad interim) Silvestro da Brescia (1489 ad interim) Lorenzo da Bergamo (1489) Leonardo da Terzo (fino a sett. 1512) Serafino da Martinengo (da ott. 1512) Alberto Pesenti (1514) G. Giacomo da Torre (1522) Bonaventura da Clusone (1527) Giorgio da Gromo (1530) Taddeo da Sorisole (1533) Abbondio da Mandello (1536) Raffaele da Clusone (1537) Serafino da Ranica (1540) Giovan Giacomo Gardani da Torre (1541) Mariano da Clusone (1550) Teodoro da Borgo di Terzo (1551) Amalio da Calepio (1561) Aurelio Caselli (1573) Onorio Belotti (1575) Fra’ Paolo (1581) Prospero della Chignola (1598) Stefano della Posterla (1607) Angelo da Montecchio (1612) Gian Francesco da Vicenza (1630) Ambrogio da Brescia (1631) Fra’ Leonardo (1633) Francesco Caio (1636) Stefano Marchesi (1645) Alciese Barlotti (1651) Stefano Romanelli (1656) Per la fonte archivistica, sia dei priori come della comunità, si veda il Repertorio agli anni corrispondenti. 2 51 B – STATO DELLA COMUNITÀ Se l’elenco dei priori – come si vede – è soddisfacente quantunque ancora incompleto, quello che fu lo stato periodico dei componenti la comunità del convento di Santa Maria della Chignola è quasi ignoto, salvo le seguenti rare eccezioni. • I primi due frati della Chignola, Pacifico da Bergamo e Silvestro da Brescia considerati i fondatori, non costituivano (attorno al 1465) una comunità vera e propria. • 1489: Lorenzo da Bergamo, Rogero da Ranica, Filippo da Bergamo, Basilio da Terzo e Gian Giacomo da Ranica • 1514: Alberto Pesenti, Gerolamo Rota, Andrea da Carenno, Sebastiano Betoschi da Alzano, Giovan Giacomo Gardani da Torre Boldone, Tomaso da Travagliato, Giovanni di Valtellina. • 1527: Bonaventura da Clusone priore, Filippo da Bergamo, Tomaso da Clusone, Giovan Antonio da Clusone, Giovan Pietro da Bergamo, Albertino da Sorisole. • 1530: citati Giorgio da Gromo priore e Agostino Calepio, nei quali soltanto purtroppo “consiste tutta la comunità” (è appena passata la pestilenza) • 1541: Giovan Giacomo Gardani da Torre Boldone priore, Serafino della Ranica, Giovanni Antonio da Coccaglio • 1607: menzionati Stefano della Posterla e Pietro Bosis • 1612: citati Angelo da Montecchio e Tomaso Angelico Mariani da Martinengo • 1656: Stefano Romanelli, Pietro Baldelli e Leonardo (converso) C – Frati d’origine locale Fin dall’inizio del convento si poté constatare come da Ranica e dai luoghi circostanti non pochi giovani entravano nell’Ordine dei Servi di Santa Maria; infatti già nel 1489 vi sono in comunità i ranichesi fra’ Gian Giacomo e fra’ Rogero, professi.3 Nel 1527, in occasione dell’ordinazione suddiaconale di fra Serafino da Ranica, iniziano i primi gradi della consacrazione agli ordini minori anche i frati: Luigi Antonio della Gatta (la località di Ranica), Daniele da Torre Boldone e Bernardino Cornolti da Alzano.4 Serafino Cortinovis È figlio di “magistro” Giovanni Cortinovis detto Betuzino. Serafino è nome da religioso e, com’era la prassi, il suo nome di battesimo era quasi certamente altro. Nato verso il 1503, entra nell’Ordine, vi fa la professione religiosa e riceve il suddiaconato nel 1527; in seguito viene ordinato anche sacerdote: nel 1529 infatti è già prete. Risiedendo da religioso, dopo essere stato altrove (mi sembra al Lavello), nel convento Santa Maria alla Chignola e conoscendo già il paese natio, diventa popolare a Ranica, e tale risulta per le molte volte che lo si scorge presente in occasione di atti notarili, per i quali dà l’impressione che 3 4 AS/BG, Notarile, 790 ff. 989-991. AC/BG, Registro delle Ordinazioni (sub anno 1527). 52 venisse interpellato un po’ come consigliere della gente, e non solo nell’ambito della sua larga parentela. I rapporti tra convento e parrocchia erano assai buoni; tuttavia, nonostante la chiesa parrocchiale nuovamente costruita e consacrata sotto il titolo ancora dei Santi Sette Fratelli martiri (1° Maggio 1524), sembra di avvertire che talvolta incominciasse a risultare un pochino ingombrante la presenza quasi “ereditaria” di membri della famiglia Ceroni nella casa parrocchiale e quindi si percepisce una propensione di alcuni a riconoscersi di più nella chiesa della Chignola e a frequentarla. Per qualche anno poi fra’ Serafino, consigliere e confidente, non si vede e sembrerebbe trasferito altrove; in seguito vi ritorna come priore. Scaduto il termine del suo priorato non compare più in quel di Ranica. Fra’ Serafino è menzionato in diversi atti, in particolare quelli attinenti i suoi fratelli Giacomo, maestro Girardo, Antonio, Caterina e Zinino Cortinovis.5 Caterina Cortinovis ved. Galizzi, sorella di fra’ Serafino, con testamento dispone per fra’ Serafino lire 3 per la celebrazione di Messe gregoriane a favore del defunto marito (14 giu. 1529): “Domina Catharina fq. magistri Jovanis de Curtinovis et uxor q. Jacobi olim Petri Bote de Galicis… legavit frati Seraphino eius fratri professo in ordinis Servorum libras tres imper. cum tamen pacto quod ipse frater Seraphinus obligatus sit celebrare missas sancti Gregorij 5 53 1533: Verbale di assemblea con elencazione dei nomi dei capicasa di Ranica (notaio G. Muttoni di Ranica). 54 Giovanni Giacomo Gardani Il p. Giovanni Giacomo Gardani, da Torre Boldone (che non dovrebbe essere il fra’ Giovan Giacomo da Ranica del 1489), fece parte a più riprese della comunità del convento della Chignola (priore nel 1541); infatti la sua presenza era alternata alla incombenza di priore anche in altri monasteri dell’ordine, compresi San Gottardo a Bergamo e Santa Maria del Lavello in Valle san Martino (1530). È stato menzionato anche come “pittore”; tuttavia nulla si conosce del suo pennello, ove si eccettuasse un affresco (Cristo in croce tra Maria e san Giovanni) che compariva anni addietro a Torre Boldone in via Mirabella, con firma e data, sotto il porticato di quella che probabilmente fu la casa di famiglia. Suo fratello Martino era “maestro lapicida” attivo nel periodo in cui Bergamo vide fiorire nell’architettura l’uso della pietra lavorata e scolpita nello stile cosiddetto “isabelliano” (Pietro Isabello): Santo Spirito, San Bendetto e diversi palazzi, specialmente in Borgo Pignolo. Cresciuto in tale ambiente paterno non sarebbe difficile ipotizzare che anch’egli si fosse applicato fin da ragazzo allo studio del disegno, passato poi, nella vita conventuale, alla pittura “edificante”. Il suo priorato al convento del Lavello, inoltre, coincise con la ricostruzione del graziosissimo chiostro piccolo e quindi si può ragionevolmente ipotizzare che la scelta di lui come priore non dovette essere casuale, attesa l’esperienza della professione del “lapicida” esercitata in famiglia.6 La benestante famiglia Gardani si segnalava come dedita alla beneficenza privata e pubblica. Giovanni Gardani, zio paterno, fu il fondatore a Torre Boldone della Misericordia Gardani, istituzione a carattere famigliare benefica verso i poveri, sorta accanto alla “Misericordia” pubblica della contrada.7 Ser Bertolasio fu Zenone, suo padre, dispose un lascito cospicuo, oltre che per i poveri, anche a favore dello stesso convento della Chignola. Fra’ Giovan Giacomo medesimo, alla morte di suo fratello Martino (probabilmente di peste nel 1529), fu autorizzato, in un qualificato capitolo dei Servi tenuto nel convento di san Gottardo (17.05.1530), a disporre dei beni di famiglia a lui pervenuti dall’eredità paterna8 facendo pro anima Jacobi eius mariti defuncti…” Disponeva altresì varie beneficenze e legava lire 3 per Messe gregoriane a proprio favore anche al parroco Guarisco Ceroni. (Notar. 2295 f. 186) Le “Messe gregoriane” erano trenta messe, celebrate in giorni consecutivi senza interruzione, secondo una tradizione fatta risalire al papa Gregorio Magno. Giacomo Cortinovis, altro fratello di fra’ Serafino, lega a lui 25 lire e inoltre 20 soldi per la chiesa della Chignola. Il testamento (ibidem, ff. 317-319) è del 9 novembre 1529, giorno infausto per i Servi di Maria bergamaschi a motivo del saccheggio e devastazione del loro convento di San Gottardo, oltre che per la demolizione a Bergamo della chiesa di San Pietro da parte del detestato conte di Caiazzo. (Colleoni C., Historia, I, 453). 6 AS/BG, Notar. 1061, c. 323. 7 Il testamento di Giovanni Gardani q. Zenone venne raccolto il 28.10.1481 dal notaio Bertolino Gherardi (AS/BG, Notar. 605). Vedi anche Tor Boldone, p. 244-248, dove è ampiamente illustrata la famiglia e la Misericordia Gardani. 8 Il patrimonio immobiliare si evince dall’atto di divisione dei fratelli Santino e Martino Gardani, effettuato il 10 febbraio 1526 in vicinia di sant’Alessandro della Croce (AS/BG, Notar. 1060, c. 568). 55 anche donazione in favore dei suoi nipoti minori Gian Giacomo, Gian Andrea e Viatore orfani di Martino, e della loro madre e tutrice Margherita.9 Per le tavole di fondazione della Misericordia Gardani (che disponevano fosse amministrata congiuntamente da un Gardani e un Piceni), dovette talvolta occuparsi della medesima e anche della gestione dei beni disposti da suo padre Bertolasio (e da altri) a favore del convento.10 Dalle funzioni attribuitegli all’interno dell’Ordine e dal ministero svolto si coglie in fra’ Giovan Giacomo Gardani ottima preparazione culturale, vivo spirito religioso e capacità organizzative. Un ingresso nell’ordine: Alessandro Baris Quale percorso e con quali modalità gli aspiranti bergamaschi entravano nell’ordine dei Servi? La risposta ancora da un caso… nostro. La casa di accoglienza e formazione era il convento di San Gottardo a Bergamo. Prima di entrarvi, accertate le intenzioni e la predisposizione, il candidato doveva definire la propria situazione economica e disporre dei propri beni, qualora ne avesse, rinunciandovi o destinandoli secondo giustizia e carità. L’Ordine in cui entrava era di frati mendicanti, quindi si entrava da poveri, si viveva nella povertà e si moriva poveri. Entrato in convento aveva luogo la vestizione con l’abito precipuo dell’ordine religioso. Dopo un anno di formazione e di prova (noviziato) avveniva la scelta: o restare, emettendo i voti (povertà, castità, obbedienza) o ritornare “al secolo” cioè alla famiglia. Trascorsi sei anni, la scelta doveva essere definitiva con l’emissione dei voti solenni e perpetui. In Xristi Nomine. Amen. Die decimo septimo mensis maij 1530 inditione tertia. In ecclesia S. Gotardi civitatis Bergomi sita in vicinia S. Grate inter Vites externa burgi Canalis, presentibus testibus Hyeronimo filio magistri Matei de Roveta de Tureboldonum et habitatore, Angelo fq m.ri Xristofori de Finardis, Joanne Antonio dicto Gino q. Firmi de Carminatis habitatore de Orsanisga, Bartolomeo q. Joanini Duxij del Foresto et Mateo q. m.ri Antoni de Coleonibus, omnibus etc. Ibi rev.dus d. frater Jo. Jacobus de Gardanis professus in monasterio et conventu fratrum S. Gotardi Bergomi ordinis Servorum S. Marie habens queddam infrascripti dati et venditionis alias sibi factam per tutores et procuratores et eo nomine agentes Jo. Jacobi, Jo. Andree et Viatoris fratrum fq. m.ri Martini de Gardanis, nepotum ipsius d. fratris Jo. Jacobi, de duabus petiis terre sitis in territorio de Ture Boldonum vicinie S. Laurentij civitatis Bergomi de bonis dictorum fratrum minorum insolutum et persoluto certas pecunias quas ipse d. frater Jo. Jacobus habere debebat a dictis fratribus minoribus ut constat instrumento dicti dati rogato per me notario de libris ducentis quadraginta octo imper. (…) Constitutus in presentia consensu rev.di capituli dd. Fratrum S. Gotardi Bergomi ordinis fratrum Servorum S. Marie ibidem congregati et convocati in capitulo generali et congregatione speciali pro infrascriptis peragendis more solito ad sonum etiam campanelli, in quo aderant infrascripti, videlicet: Rev.dus d.nus frater Piligrinus de Balantiis presidens totius ordinis patrie bergomensis rev.dus d. frater Gaudiosus de Camisano visitator rev.dus d.nus frater Angelus de Martinengo, Dei gratia prior monasterij et conventus S. Gotardi Bergomi rev.dus d.nus Jo. Angelus de Bergomo diffinitor rev.dus d.nus frater Alexander de Zanchis prior monasterij de Zonio rev.dus d.nus frater Georgius de Gromo prior monasterij dela Chignola dela Ranicha suprascriptus d.nus frater Jo. Jacobus de Gardanis prior monasterij del Lavello d.nus frater Marcus de Gazanicha omnes fratres et professi in dicto Ordine d.ne S. Marie, in quibus consistit tota vis et facultas ac habilitas capituli dicte congregationis… (AS/BG, Notar. 1061, c. 323) 9 56 Possiamo intravedere e seguire tale percorso con un adolescente di Ranica. (Quello che segue è un trasunto; naturalmente il documento a cui ci riferiamo è molto più dettagliato.) 11 aprile 1534 – Alessandro Pasta Baris ha deciso di fare il passo secondo quella che sente essere la sua vocazione e deve compiere l’atto formale: si presenta dal notaio nella casa di Giovanni Carpinoni a Ranica. Sono presenti il notaio Giuseppe Muttoni, il secondo notaio Felice Zambelli, la madre Margherita Piceni, i tutori e i testimoni. Espressa la sua scelta di entrare tra i Servi di Santa Maria, dichiara al notaio di avere più di quindici anni, di scegliere in tutta libertà e senza veruna costrizione e, quindi, anche di voler rinunciare e fare donazione di tutti i beni mobili e immobili di sua pertinenza, mettendoli nelle mani di sua madre Margherita Piceni vedova di Pietro Pasta Baris, in quanto tutrice e curatrice di Battista e Gian Antonio suoi fratelli minori, e in mano dei con-tutori Giovanni Muroni e Antonio Pasta Baris, zio paterno.11 9 Aprile 1541, nel convento della Chignola… Ibi pater frater Jouanis Jacobus quondam domini Bertolaxi de Gardanis de Tureboldonum gratia summi Creatoris prior conventus sancte Marie de Chignolla ordinis Servorum domine sancte Marie ordinis Servorum de Observantia, frater Serafinus q. m.ri Jovanis Betuzini de Curtenovis dela Ranicha et pater frater Jouanis Antonius q. ser Jouanis de Cochay districtus Brixie omnes sacerdotes et commorantes in dicto conventu S. Marie de Chignolla ibi convenuti more solito (…) investono terra all’affittuario Gian Pietro Mologni. Interessanti, in seguito, le condizioni e i patti scritti nell’atto… Esempio: Item cum pacto quod si dictus Petro seminaverit trifolio in dictis pecis terre, quod primo feno idest mazengo debet dividere pro medietate, et alio agustano remaneret dicto Petro… Segno che anche il convento, che acquisiva fieno, per “la cerca” possedeva il suo bravo giumento! (AS/BG, Notar. 2296, f. 25). 11 “…In loco dela Ranicha vallis Seriane inferioris, episcopatus Bergomi, in domo infrascripti domini Joannis, presentibus testibus d.no Donato q.dam d.ni Petri Bonetti de Curtenovis, M.ro Joanne q.dam Stephani de Carpinonibus, Jacobo q. Antonij Turini de Girardis et Joanne eius filio ac Petro q. Joannis Bertola de Zanchis, omnibus habitatoribus dela Ranicha et omnibus Bergomensibus et asserentibus se cognoscere infrascriptos contrahentes et infrascriptum magistrum Felicem de Zambellis, secundum notarium, et quemlibet eorum et me infrascriptum notarium. Ibi Alexander f. q. ser Petri olim Sandrini Paste de Baris dela Ranicha, profitens et qui professus fuit se aetatem annorum quindecim excessisse prout etiam ex aspectu demonstrat et aparet, expressim sponte et solemniter et non per errorem aliquem sed animo quieto et deliberato proinde ex certa scientia et non in dolo metu nec aliqua alia machinatione circumventus, titulo donationis pure, mere et irrevocabilis inter vivos, cum et sub infrascriptis pactis, modis, formis et conditionibus (…) fecit et facit donationem irrevocabilem inter vivos (…) domine Margarite eius matri et uxori q. s.pti Petri olim Sandrini Paste de Baris ac filiae q. ser Xristofori de Picenis, uti et tamquam tutrici et curatrici Baptiste et Jo. Antoni fratrum suorum minorum ac filiorum ipsius domine Margarite, necnon d.no Joanni q. d.ni Antoni de Muronis et Antonio q. suprascripto Sandrini Paste et patruo suprascriptorum minorum… (AS/BG, Notar 1489, ff. 82 v 87). 10 57 Tabellionato e sottoscrizione autografa del notaio Giovanni di Giosi Pasta de Baris. Alessandro rimette loro ogni facoltà di disporre nel miglior modo e liberamente; a richiesta della madre Margherita e dei con-tutori, dichiara di essere sempre stato nutrito, vestito, governato e anche educato in contuberni e buone scuole nonostante i passati tempi difficili; inoltre di aver avuto ora, con altre molte cose, anche una tonaca, una pazienza con cappuccio di saia bruna, abito e vestito dei frati dell’Ordine di San Gottardo, un paio di sandali, un paio di sottotalari e altre cose confacenti all’abito. Per parte loro, la madre e i tutori si impegnano a consegnare periodicamente maglia o camicia di saglia per suo uso, secondo le bisogne e anche mezzo ducato all’anno, ma ciò soltanto per sei anni, e poi, al tempo dei voti, una cappa di saia simile alle cappe dei frati del suo Ordine; nel caso in cui Alessandro cadesse in infermità o malattia, possa venire a casa ed ivi restare, tenuto alla stregua degli altri suoi fratelli minori. Infine col patto che, se in capo a un anno Alessandro non volesse fare la professione religiosa oppure non venisse ritenuto adatto a quel Ordine, egli possa uscire: in questo caso, i beni ora oggetto della presente sua donazione debbano ritornare in suo diritto, come se la presente donazione non fosse mai stata effettuata.12 A conferma che tale fosse la prassi, potremmo citare altri casi analoghi, come quello di Giovan Bono Capitani di Scalve (che, da Torre Boldone, già si era aggregato a un convento di borgo Sant’Antonio) il quale, in luogo della donazione o cessione diretta fatta prima dell’ingresso nell’ordine religioso, usa la forma del testamento irrevocabile, in favore dei suoi famigliari (dato in Torre Boldone, 2 luglio 1572) al momento della emissione dei voti.13 Convento - popolazione: un rapporto vivo e sentito Aggiungiamo qualche nome anche di coloro che espressero in altra maniera la loro prossimità… Infatti, se da un lato la presenza del convento esercitava attrazione su dei giovani che poi decidevano di entrarvi abbracciando l’Ordine dei Servi di Santa Maria, per altri il sentimento religioso verso quella chiesetta dedicata alla Madonna dello Spasimo e la fiducia nei frati li sospingevano a un rapporto, che – se volessimo prendere atto di comuni convergenze – si espresse con tre modalità di donazioni: a) – le sovvenzioni animo generoso: il donatore o testatore disponeva l’erogazione benefica con intendimento di compiere un’azione a fin di bene, ritenuta meritoria in sé stessa, e dichiarava la propria intenzione usando la formula notarile: remedio animae suae; b) – erogazioni benefiche accompagnate da domanda di suffragio (generalmente sante messe), per sé e/o per alcune persone care, e talvolta anche dalla richiesta di essere sepolto nella chiesa; “In casu quo ipse Alexander tamquam qui crastinadie intrans intra predictam religionem Sancti Gothardi in capite sive in fine unius anni proxime futuri nollet professionem facere sive non faceret et a dicta religione exire, quod eo casu et eventu posset et valere valeat atque reverti ad corporalem tenutam vel possessionem omnium suorum bonorum…” (Ibidem, f. 86). 13 Hoc est testamentum factum per Joannem Bonum fq ser Romelini de Capitaneis de Scalve, habitator in presenti in burgo S. Antonii Bergomi, etatis uti dixit annorum decemocto et ultra, volens ex hac patria Bergomense discedere seu in aliquam religionem fratrum se conferre… Actum, factum et conditum hoc presens testamentum in contrata de Turre Boldonum die secunda Julii 1572…” (Notar. 3140, f. 63-64v). 12 58 c) – fondazione di legati onde poter conseguire benefici spirituali iterati, in perpetuo o a tempo definito. Affinché il suffragio venisse ripetuto e protratto nel tempo, l’offerente legava l’onere di culto a un pezzo di terra o anche a un certo capitale, il cui possessore (erede o acquirente che fosse) restava impegnato annualmente per una contribuzione alla chiesa o alla Scuola di Santa Maria; e, in corrispettivo, i frati o i membri della confraternita (che allora appunto si chiamava Scuola) provvedevano per gli anni successivi ad adempiere l’onere legatizio. Le carte originali attinenti donazioni e legati, ancora conservate, sono per la quasi totalità dei testamenti, espressione accorata di ultime volontà. Precisato che il referente del donatore poteva essere, di volta in volta, o la chiesa o la confraternita o il convento (ossia i frati stessi), alleghiamo alcuni brevi rimandi esemplificativi delle accennate modalità. Prima ancora che alla Chignola arrivassero i Servi di Maria la chiesetta ebbe donazioni. La più datata, tra esse, è quella effettuata da Martino Zambelli detto Ferazio, personaggio di spicco nella comunità di Ranica all’inizio del sec. XV.14 Nel 1425 il Ferazio, con speciale procura a un suo parente, legava “ai vicini del Comun di Laranica (sic) stipulanti in nome e vice della chiesa di S. Maria di Chignola del comune di Laranica l’infrascritta pezza di terra in territorio de la Ranica (sic) dove si dice in Agro che è di pertiche 5 per giusta misura e del valore di lire d’imperiali 125.”15 Mentre si andava costituendo il convento e la comunità religiosa (1484), Giovannino Acerbis da Olera abitante di Nese, legò ancora alla chiesa di S. Maria tre pertiche di terra in Nese. Poneva tuttavia alcune precise clausole: per dieci anni la terra sarà legata alla chiesa della Chignola e i possessori dovranno nel frattempo pagare un canone di sei lire al convento; quel terreno poi, trascorsi dieci anni, potrà essere riscattato dagli eredi, pagando alla fabbrica di Santa Maria 50 lire alla pertica.16 Zambono Murici quondam altro Zambono da Serina abitante a Ranica, mentre è in atto epidemia, con testamento dona due lire “alla fabbrica di Santa Maria di Chignola campestre di Laranica”. Lo stesso giorno anche Caterina Baris (detti Paste) lega due lire alla chiesa della Chignola. Martino Zambelli Ferazio fu a più riprese sindaco del comune e della chiesa dei Santi Sette Fratelli di Ranica ed ebbe a gestire la comunità negli anni non facili che, di volta in volta, videro cambiamenti di signoria: da Pandolfo Malatesta, a Giovanni Maria Visconti, a Venezia. (Si veda in Ranica, 11.2). 15 Notaio Simone Tiraboschi da Serina, in AS/BG, Notar. 179, f. 401. 16 AS/BG, Notar. 790, ff. 559-569. 14 59 Autografo di Elisone del Brugale (volontà testamentarie) con annotazioni attuali. Si potrebbe allungare l’elencazione di queste modeste donazioni, nelle quali si può notare come gli offerenti non pongano la condizione di una contropartita di suffragi, bensì sono fiduciosi nel merito implicito della “buona azione”; inoltre, è facile notare l’accentuarsi degli atti di beneficenza alla chiesa nel mentre sono in corso epidemie o crisi di vario genere, come nel 1484: Zambono Morici, Marchisana Piceni, Barbara Berlendis, Pietro Luati…17 Sintomatico, a proposito delle sollecitazioni indotte nei momenti angosciosi della peste incombente, il caso del notaio Gennaro Assolari. Nel 1529 redige il suo testamento: dopo aver raccomandato di saldare il debito di 14 lire verso la Scuola di S. Maria, dispone che a carico degli eredi venga fatta dipingere, entro sei mesi, nella chiesa della Chignola l’immagine di sant’Antonio Abate nella cappella della stessa confraternita.18 Quanto alla forma legatizia, ossia della consegna di un piccolo capitale (in moneta o in beni immobili), tra i molti si possono ricordare: • Giovanni Piceni q. Bonello della Ronchella che lega a una sua terra aratoria e vidata l’onere di far celebrare sei Messe ogni anno alla Chignola;19 • Bertolasio Gardani (il genitore di fra’ G. Giacomo) il quale, per un suffragio perpetuo, pose l’onere su un terreno al momento della destinazione agli eredi, il cui carico è verificabile nel tempo anche con la polizza dell’estimo catastale;20 Vedi in Repertorio della Chignola. Item, ordinat quod solvi debere totum debitum quod habet ipsum testator cum Scola S. Marie dela Chignola… Item, ordinat quod depingatur et depingi debere imago S. Antoni in capella Scole S. Marie dela Chignola ex partitione de hereditate infrascripta. Testamento del 23 settembre 1528 (AS/BG, Notar. 1062, c.6). 19 Testamento del 9 luglio 1515, in AS/MI, 3051/3 (ex Archivio Matris Domini, che ne possiede ora riproduzione fotografica, già esaminata attentamente da L. Chiodi per l’ottima monografia che produsse sul monastero). 20 CB/BG, Estimi, 251, 60. Testamento di Bertolasio Gardani in AS/BG, Notar 1060, rogato da Alessandro Bozio Piceni. 17 18 60 Redazione da notaio del testamento di Elisone del Brugale (22 ago. 1522). • Pietro Bonvicini che offre un ducato per la celebrazione del suffragio annuale e anche 5 libre d’olio per illuminare l’altare di Santa Maria;21 • Giovanni Noris Mozino che chiede quattro Messe e un Officio all’anniversario di sua morte, da celebrarsi, ad anni alterni, nella chiesa della Chignola e nella chiesa di Torre Boldone, e per tale onere dispone lire 30 anche al convento.22 Un collocamento a parte merita Eliso Nigroni (chiamato talvolta Elisone o semplicemente Isone). Il suo testamento (1512) getta uno spiraglio su quella forma di adesione all’Ordine religioso, chiamata il Terz’Ordine dei Servi di Santa Maria, istituito anche alla Chignola, che era stato reso ufficiale da Martino V nel 1424 con la bolla Apostolicae Sedis providentia. Elisone viveva al Brugale; sposato con figli, vedovo e risposato, aderiva tuttavia all’Ordine come laico “votato”, membro del Terz’Ordine e non semplicemente come associato alla Scuola di S. Maria (associazione). Possiamo ben pensare che il suo caso non sia stato unico. Con suo testamento, pur beneficando anche la parrocchia e i poveri di Ranica, Elisone istituiva suo erede universale il convento di S. Maria e chiedeva la sepoltura nella chiesa stessa. Del testamento ci rimangono la copia autografa e anche la redazione successiva “in forma” fatta dal notaio. (Vedi REPERTORIO sotto l’anno 1512 e nella pagina accanto la riproduzione anastatica dei due documenti.) Senz’altro curioso ci sembra anche il legato di Maria Piceni, vedova di Filippo Gherardi dei More del Fenile, che disponeva dono di “un migliaio di laterizi” per la fabbrica di Santa Maria della Chignola.23 AS/BG, Notar., 1060, c. 352. La famiglia Bonvicini d’Ardesio, dalla quale proviene anche il Moretto noto pittore, risiedeva a Ranica da oltre un secolo, molto presente e attiva; già nel 1412, 23 giugno, è citato come possidente Sermoro de Bonvecinis d’Ardexie (AS/MI, Fondo pergamene, B/21). 22 AS/BG, Notar. 1060, c. 530 (Testamento del 2 febbraio 1524). Sono tutti e quattro di Torre Boldone. 23 L. c., carta 349 (26 giugno 1512). 21 61 Segni di tabellionato e firma dei notai Alessandro di ser Antonio Bosi Piceni e Gennaro Assolari fu Lorenzo, operanti abitualmente a Torre Boldone e Ranica. Entriamo, tramite questo esempio, nei “generi in natura” offerti al convento o elemosinati dai frati: i Servi di Santa Maria infatti appartenevano a un ordine di “frati mendicanti” e perciò talvolta ricorrevano alla questua, anche mendicando nei paesi, allo scopo di provvedere al sostentamento proprio e dei bisognosi che incrociavano. Era una pratica ammessa ed esercitata fin dagli inizi dell’ordine, in quanto “poveri di Cristo al servizio dei poveri di Cristo”.24 In questo modo, l’atteggiamento della gente di Ranica e Torre Boldone verso la chiesetta e il convento della Chignola altro non era che la risposta a una presenza ritenuta confacente alle aspettative. In un contesto di fede religiosa sentita e praticata, celebrazioni, preghiera, predicazione erano dati costanti, con il carisma proprio dell’Ordine il quale evidenziava la presenza di Maria madre del Cristo nella redenzione e nell’intercessione di grazie e – ulteriore sottolineatura – la considerazione delle sofferenze di lei durante la passione e la morte in croce del figlio: era quella visione della “Madonna dello Spasimo” tanto prossima a tutti i sofferenti. In questo zelo nel ministero i frati furono anche “avvertiti” di non anteporsi in alcun modo alle parrocchie e neppure creare intralcio, regolando le loro funzioni religiose in modo tale da non sovrapporsi agli orari delle parrocchie stesse.25 Altro aspetto non secondario fu quella discreta consulenza offerta ai “deputati” delle comunità di Ranica, Torre Boldone e Gorle, con l’aiuto allo svolgimento pacifico delle assemblee nei momenti caldi. Soprattutto lasciava profonda traccia quella presenza dei frati accanto agli ammalati durante le epidemie, allora intermittenti e disastrose, presenza che i frati pagarono ogni volta a caro prezzo, ossia con la vita di non pochi tra di loro. Durante la pestilenza famosissima del 1630 i tre frati della Chignola perirono tutti: vorrei allora concludere questa nostra rivisitazione della vita del convento della Chignola con tal evento che, in ultima analisi, fu infatti concorrente, anche se non determinante, per la successiva soppressione del convento. Troviamo già nel 1355, ai primordi dell’Ordine in Germania, Gerlaco arcivescovo di Magonza e arcicancelliere dell’impero che raccomandava con lettera a prevosti, abati, pievani e rettori di chiese o monasteri “di accogliere favorevolmente i frati Servi di santa Maria dell’Ordine di sant’Agostino, onorando in loro Dio e la gloriosa vergine sua Madre, quando si presenteranno per chiedere elemosine dato che essi servono il Signore nell’ospitalità e nelle altre opere di carità e pietà e indicano al popolo cristiano la via della verità con le opere e la parola vivendo del lavoro delle proprie mani ma non disponendo di sufficienti facoltà…” (Fonti storico-spirituali, II, p. 26). 25 Dopo una visita pastorale (8 luglio 1566) viene decretato che “si ammonisca il priore ed i frati del monastero di S. Maria della Chignola a non celebrare la Messa, almeno alla domenica, se non dopo che il parroco di Torre Boldone ha terminato la sua.” (AC/BG, Visite P., XXI, f. 215). 24 62 Capitolo V Sconvolti dalla pestilenza del 1630 L’epidemia si diffondeva Definire “terrore” il sentimento comune e “apocalittico” il periodo che vide imperversare la peste del 1630 è dire qualcosa che non rispecchia minimamente quella realtà che sconvolse totalmente il vivere e, alla fine, contò le vittime nell’ordine delle centinaia di migliaia. Non si vuole qui ripercorrere la storia locale (come potrà essere fatto assai meglio con una “storia di Ranica”), ma solo cercare di rimettere alquanto in luce le vicende attorno al convento della Chignola e alla comunità di Ranica, con i suoi frati e le persone che vissero quella tragedia. Del resto, per conoscere la sua storia Bergamo ha la ventura (nella disgrazia…) di avere una delle relazioni più serie e documentate, scritta da quel Lorenzo Ghirardelli al quale attinse anche il Manzoni.1 Frontespizio della Historia del Ghirardelli (Ediz. 1681) Convento del Lavello: la chiesa. LORENZO GHIRARDELLI, Il memorando contagio seguito in Bergamo l’anno 1630 – Historia scritta d’ordine pubblico, Bergamo, fratelli Rossi 1681. Il Ghirardelli all’epoca della peste ricopriva la carica di cancelliere e dal suo ufficio passavano tutte le informazioni. La pubblicazione è lodata e “raccomandata” dal Manzoni, per il fatto che essa “contenga forse più roba che tutte insieme le descrizioni più celebri di pestilenze.” (I Promessi Sposi, cap. XXXIII). L’opera del Ghirardelli è stata ripubblicata dal compianto prof. Mario Testa con il titolo Storia della peste (in ASB, 1974) e a tale edizione saranno riferite le nostre citazioni, ritenendo di più facile accesso l’eventuale riscontro del lettore. (Ce l’avrei comunque, nella personale libreria, l’edizione originale del 1681). 1 63 Brevemente. La peste, nella Bergamasca, ebbe come punti di primo impatto proprio i conventi dei Servi di Maria: al Lavello, nel territorio, e a San Gottardo, nella città. Il morbo, diffusosi per tutto il 1629 nell’intero Ducato di Milano, premeva inizialmente lungo i confini. Allarmate, le autorità di Bergamo, onde evitare che persone contagiate entrassero nel Bergamasco, decidono di rafforzare i controlli, di elevare i “rastelli” e di “tagliare” le strade. Queste misure prudenziali per arginare il contagio sono complicate dalla necessità difensiva di inviare verso il confine nord (i valichi di montagna) e di far arrivare in città le milizie per fronteggiare la minaccia delle truppe lanzichenecche che si trovavano al di là, nei Grigioni e nella Valtellina. Si decide di istituire le fedi di sanità, specie di passaporti interni che garantiscono che il possessore non sia ammalato; la città e i borghi sono muniti di “rastelli” (cancelli di legno) presidiati da guardie per controllare che non penetrino persone senza fede di sanità. Nonostante questi provvedimenti l’epidemia riesce a penetrare nel territorio di Bergamo e il 24 novembre 1629 miete le prime vittime a Foppenico, in Val San Martino, toccando anche Somasca e Rossino. Il paese fu messo sotto controlli rigorosissimi e, quando all’inizio del 1630 parve allontanarsi il pericolo, varie persone di Foppenico vennero messe in quarantena nella foresteria del convento dei Servi di Maria del Lavello. (Ghirardelli, o.c., p. 98) Nonostante varie avvisaglie e sospetti, i primi mesi del 1630 passarono, pur fra controlli rigorosi, relativamente tranquilli. Il 13 aprile però morì una donna in città e, nello stesso giorno, anche un padre dei Servi di Maria del convento di San Gottardo. Fu immediatamente il panico anche a Bergamo. Si seppe che il frate aveva frequentato il Lavello nei giorni in cui c’era gente di Foppenico sospettata. Tutti i padri di San Gottardo furono isolati sotto sequestro rigoroso.2 Ancora dal Lavello: una donna di Colognola, detta la Schioppettara, che aveva un figlio frate in quel convento dei Servi, si mise a trafficare robe e vestiti, che per tassativo ordine avrebbero dovuto essere distrutti, trafugandoli in città e vendendoli (o. c., 124). A tale comportamento vennero poi collegate varie morti, compresa tutta la famiglia della Schioppettara, sicuramente da peste, che si diffondeva ormai in modo irrefrenabile (o.c., 135) Pur avvertita, Ranica dà tutta l’impressione che si abbia difficoltà ad ammettere la gravità del pericolo. Muore il 7 maggio Paola vedova di Cesare Gritti: la notizia corre, ma non si vedono provvedimenti immediati e la salma viene sepolta tranquillamente nella chiesa vecchia di santa Lucia. Due giorni dopo muore anche il di lei figlio Archileo, diciassettenne, e va ancora sepolto nella chiesa; e poi il 20 anche l’altra figlia, Lucia, di 18 anni… Ormai è certezza: la peste è arrivata a Ranica. La ragazza “supecta de peste” è la prima ad essere sepolta “secondo emergenza peste” – come era stato decretato – cioè in piena terra, nella fossa scavata sul sagrato della parrocchiale.3 “Il medesimo giorno che morì essa femmina, morì anco un Padre dell’ordine de Servi, doppo brevissima infermità et con grandissimo dubbio di contaggio, essendosi saputo che esso Padre haveva pratticato li giorni avanti nel convento che ha la sua Religione nella Valle S. Martino di S. Maria del Lavello, ove erano in quarantena gli habitanti di Foppenico: onde per pubblica sicurezza di ordine del Magistrato tutti li Padri di S. Gottardo furono arrestati sotto sequestro nel loro Convento, tenuto con più rigore in luogo separato a far la quarantena il Padre infermiere, che nell’infermità il Padre morto haveva servito.” (Ghirardelli, 106). 3 AP/Ran. Liber Defunctorum ab anno 1625, f. 10v. 2 64 Convento del Lavello con muraglia di protezione. Vittime della peste Il ritmo dei decessi, a quel punto, aumenta spaventosamente. A Ranica come a Torre Boldone vengono approntate delle tettoie per ricovero dei malati e dei gravemente sospetti. Non pochi tuttavia restano nelle case, difficilmente controllabili e senza assistenza. I testamenti si moltiplicano. A Ranica i notai appuntano su carta le dichiarazioni di ultime volontà tenendosi a debita distanza dalle case; a Torre Boldone (dove vige il sistema della città) il notaio non vuole andare in giro bensì ha un luogo fisso per strada (in località “Sotto Via”) e chi intende far testamento si reca da lui, ma senza avvicinarsi troppo. All’inizio di giugno, solo in città, muoiono cinquanta persone al giorno e in modo fulmineo, cioè solo dopo tre o quattro giorni da quando si scopriva l’essere contagiati. Pertanto si dispone che i parenti e i conviventi dei colpiti debbano restare sequestrati nell’abitazione propria per circa tre settimane. Le deliberazioni dell’Ufficio di Sanità (che svolge d’autorità il servizio di controllo e intervento nella città e sul territorio) sono affidate ad esecutori, definiti sindaci. Il loro compito è pericoloso e gravoso: infatti devono, tra l’altro, soprintendere ai necrofori, volgarmente detti nettezzini o pizzicamorti (a Milano, monatti), per evitare che non facciano discriminazioni e che non commettano estorsioni nel portar via dalle case i cadaveri destinati alla sepoltura nei fopponi comuni. Da giugno è strage anche a Ranica, come nei paesi limitrofi. Per citare qualche caso: l’11 muore il cappellano don Giuseppe Chiodelli (sepolto dal parroco, con licenza del vicario generale conte G.B. Benaglio, in campo benedetto vicino al sagrato); il 18 però è la volta dello stesso parroco don Andrea Pelliccioli, sepolto poi dal vice-parroco don Lorenzo Gritti Rogeri nel chiostro accanto alla chiesa.4 Don Andrea Pelliccioli, dottore in diritto canonico, era stato nominato parroco, dopo la resignazione di don Flaminio Calepio, con decreto di Urbano VIII il 19 ottobre1627, accettato dalla Curia di Bergamo il 10 gennaio 1628. L’annotazione del suo decesso nel “Libro dei Defunti” è redatto in questi termini: “Die 18 Junij 1630. Dominus reverendus D. Andreas de Pelizolis, huius Ecclesiae Parochus, et in canonica doctor, suspectus morbo pestilentiali decessit ex hac vita sepultusque fuit sub claustro extra ecclesiam, prope portam mulierum, confessione sacramentali ac Eucharestia munitus a me presbitero Laurentio capellano Ecclesiae Sanctorum 7 Fratrum.” (Liber Def., f.13v). 4 65 Nelle pag. seguenti: Ranica, Archivio Parrocchiale: Registro dei defunti del 1630. 66 67 Nei primi giorni di luglio del 1630 in tutta la Bergamasca muoiono centinaia di persone al giorno. Nel contado è il caos, nonostante la buona volontà, perché quasi tutti – prima o poi – vengono toccati dall’epidemia. Sul registro parrocchiale dei defunti a Ranica non si scrive più nulla, con la scusante espressa del viceparroco, contagiato lui pure.5 La città è avviluppata nella desolazione e nella paura: qui in pochi mesi periscono 9.000 persone. La descrizione che ne fa il capitano Zen in due lettere al Senato di Venezia è quantomai drammatica: “La città, vota d’habitanti, pare un deserto: le case già alberghi son fatte sepolcro” (29 giugno), e poi “Il male si va facendo maggiore e le provvisioni e i rimedi sempre più difficultandosi. De morti non vi è più chi tenghi conto; ma quattro carri che di continuo lavorano, oltre li netezini con le spalle, per il più non bastano a portar fuori opportunamente i cadaveri.” (4 luglio) Localmente, proseguendo con grande coraggio e abnegazione, il clero e i frati prestano le loro cure. Si ammala anche don Lorenzo Gritti e, in tale condizione, non ce la fa più neppure ad annotare i decessi. I frati in particolare fungono da cappellani, infermieri e anche seppellitori. Toccante il testamento di Ventura Moretti (28 giugno) che, persa moglie e figli, esprime da uomo distrutto e senza prospettive le sue ultime volontà, grato alla carità dimostratagli dal p. Gian Francesco da Vicenza, priore della Chignola.6 Il padre Gian Francesco, dopo la morte del parroco don Andrea Pelliccioli avvenuta in quello stesso giugno e con il cappellano don Gritti contagiato, viene nominato vice-parroco e ha sulle spalle per intiero l’onere della parrocchia. Poco prima era deceduto anche il parroco di Torre Boldone, don Andrea Piccinelli (lasciando tutto il suo avere alla parrocchia) e, quantunque a Torre vi Don Lorenzo Gritti giustifica in questo modo la propria negligenza coatta: “E perché io prete Lorenzo vicecurato sono caduto in malattia pestilenziale, non ho potuto scrivere il rendiconto dei morenti; e ritengo che al tempo della peste siano uscite da questa vita circa 350 anime, dal mese di giugno fino al mese di ottobre.” (Ibidem) 6 “28 Giugno 1630. In Xristi Nomine Amen. Considerando messer Ventura del q. messer Giovanni di Moretti di Torre Boldone et già molti anni habitante nella Ranica, che non vi è cosa più certa della morte né cosa più incerta dell’hora di quella, perciò… ( ) dispone delli suoi beni. Et perché il capo di qualunque vero et valido et perfetto testamento nell’instituzione dell’herede o vero heredi consiste, et perciò esso ms. Ventura testatore ha istituito et istituisce et con la sua propria bocca ha nominato et nomina in suo herede e successore universale di tutti e qualsivoglia suoi beni che lascia al tempo della sua morte la Chiesa di Santo Rocco posta nella suddetta chiesa della Ranica, con li carichi et oblighi infrascritti…” Dopo aver disposto un legato di messe in san Rocco, beneficienze alla Scuola di San Rocco nella chiesa di Ranica e alla Scuola di S. Maria dello Spasimo eretta alla Chignola, un lascito alla figlia Laura sposata a Domenico Gritti, prosegue: “Item, per raggione di legato lascia al rv. sig. P. Gioan Francesco da Vicenza, Priore del convento della Chignola et anco vicecurato di detta terra della Ranica, scudi venti de lire sette per scudo, et quelli per sua mercede in haver sepelito li cadaveri di sua moglie et di suo figlio in parte, et in parte per riconoscimento delle fatiche fatte per detto Padre in beneficio di detto testatore, qual legato detto testatore vuole che sia pagato delli frutti che si caveranno da suoi beni seguita la sua morte… (omissis) Le predette cose furono fatte il di’ 29 Giugno 1630, indizione 13.a, in un prato di raggione di detto testatore là sotto della porta delle case di sua raggione ove esso giaceva, posto nel teritorio della Ranica ove si dice Valdonada, presenti per testimoni il sig. Ambrosio Camozzi del q. Pietro, ecc… (Documento in fotocopia, già in AP/Ran, 2° notaio Antonio Agnelli Vitali). Ventura (Bonaventura) Moretti detto Pezone ha 66 anni. Nello “stato d’anime” di Ranica, compilato nel 1624, la sua famiglia risultava così composta: “Ventura Pezone a. 60; Lisabetta sua moglie a. 48; Ottavia sua figlia a. 18; Maria sua figlia a. 13; Girardo suo figlio a. 12. Tutti cresimati.” (AP/ Ran.) Per la storia della famiglia Moretti, vedasi: Tor Boldone, p. 270 ss. 5 Nella pag. seguente: AP/Ranica: la registrazione del decesso del parroco Pelliccioli il 18 Giugno 1630. 68 69 fosse una presenza attivissima e costante di don Guerino, parroco di Redona, i frati dovevano servire le due comunità.7 La presenza dei frati durerà però ancora per poco, nonostante la lunga “pratica” con gli infermi e una certa polvere odorifera usata come fanno i confratelli di San Gottardo, la quale, per sentire comune, veniva dichiarata salutare… (Ghirardelli, p. 204) L’epidemia imperversa anche in luglio: dopo pochi giorni, tra tanti morti, risulta deceduto anche padre Giovan Francesco insieme ai suoi due confratelli del convento della Chignola. La casa conventuale allora e la chiesa, che già davano ospitalità ai nettezzini che operavano a Ranica, Torre Boldone e Gorle, restano praticamente in loro totale balìa. Risulta che fecero man bassa di tutto, bruciando mobili, arredi e documenti…8 Dopo gli ultimi tragici giorni di luglio, nel mese di agosto la pestilenza si va allentando e tende a esaurirsi, anche se nei mesi successivi si verificano ancora alcuni casi. Tra essi, il notaio Giuseppe Muttoni, che fece testamento il 9 settembre, codicilli aggiuntivi l’11 e apertura (perciò a morte avvenuta) il 14 settembre.9 Don Lorenzo Gritti Rogeri, inaspettatamente risanato, da agosto è tornato a fare il viceparroco (vicecurato, come allora si diceva). Può assistere e benedire persino dei matrimoni già il 24 novembre… Eppure, dopo quella data, scoccava purtroppo anche la sua ora: vittima forse di uno degli ultimi colpi di coda della pestilenza…10 A Ranica i morti di peste saranno ufficialmente 290: 148 maschi e 142 femmine. (Il cappellano Gritti però scrisse “da giugno a ottobre, circa 350…”). I sopravvissuti 199: maschi 92, femmine 107… (Ghirardelli, p. 358) A conti fatti, dunque, la popolazione di Ranica venne ridotta da 489 a 199: come a dire che “ufficialmente” perì oltre il 60% degli abitanti. Una catastrofe spaventosa. In tutto il territorio bergamasco, alla fine si conteranno “ufficialmente” 56.855 deceduti accertati di peste; nella sola Città, 9.533 morti su 23.000 abitanti. Quanto ai Servi di Santa Maria, il Ghirardelli informa che, dopo quel decesso iniziale del mese di aprile nel convento di San Gottardo, non si ebbero a lamenNella chiesa dei Mortini a Torre Boldone (Ronchella) una tela rappresenta l’improvvisato lazzaretto, con i degenti e appunto i frati della Chignola che prestano la loro opera di assistenza. 8 Il padre Alciese Barlotti, una ventina d’anni dopo, relazionava: “Nota che al tempo della peste del 1630 morirono tutti i frati e vi habitò per un mese quelli che seppellivano i morti, tanto che tornorno altri frati; e quella volta può essere che abbruciassero li libri vecchi, perché ora non vi sono se non li moderni, che appunto mi vien detto che abruciorno assai robba.” (AGOSM, Neg. Relig. a saec. XVII, 167, f.90r) 9 Giuseppe Muttoni fu Giovanni aveva preparato il testamento olografo, senza data. Il 9 settembre lo dettava al notaio Cristoforo Carrara Benagli che lo raccolse “sopra il prato davanti alle case dell’infrascritto Giuseppe…” È presente anche il prete, don Lorenzo Gritti Rogeri vicecurato. A Pietro Camozzi, figlio di Ambrogio e di sua sorella Lucia, il Muttoni assegna pressantemente l’incombenza di impegnarsi per la progettata cappella dedicata a S. Giuseppe, da erigersi nella chiesa dei santi Sette Fratelli della Ranica. (AP/Ranica) 10 Registro Matrimoni in AP/Ranica. 7 70 tare altre vittime. Alla cessazione del contagio i Servi di Maria morti di peste – aggiunge il cancelliere – furono soltanto tre, ossia quelli della Chignola.11 Il p. Gian Francesco da Vicenza (defunto per quel suo generoso comportamento che lo colloca accanto alla figura manzoniana di padre Cristoforo), dopo i due mesi di servizio di don Lorenzo Gritti Rogeri e il breve intermezzo del canonico Berlendis, venne sollecitamente rimpiazzato con un altro padre, fra’ Ambrogio da Brescia. Questi, dopo l’immane disastro e la celebrazione di un Natale tristissimo (i Servi di Maria, fra l’altro, a Natale erano tenuti all’accordo di celebrare la Messa in parrocchia a Ranica), il martedì 7 gennaio poté gustare almeno un po’ di consolazione col benedire due matrimoni, uno nella chiesa parrocchiale e l’altro in Santa Maria alla Chignola.12 La vita, nonostante tutto, doveva continuare… “I Padri Serviti di S. Gottardo, che furono i primi a sentire l’infettione, come è stato narrato, in progresso della pestilenza rimasero quasi tutti feriti, però non morirono se non tre di loro, gl’altri tutti risanati.” (Ghirardelli, 246) 12 “Die 7 Januarij 1631, in Ecclesia SS.orum 7 Fratrum Ranicae, Andreas filius q. Christofori Maren de Zon duxit in suam coniugem Mariam filiam q. Mathei Lazzarini a Ranica, coram me fratre Ambrosio de Brixia vici curato et coram tribus testibus: d. Bertolameo Zaneti, coram Zambono Sponda et coram Dominico de Baronibus, habitis primum tribus denontiationibus in Ecclesia Parochiali Ranicae et nullo detecto impedimento, postea ego in missae celebratione benedixi” Nello stesso giorno, alla Chignola, veniva celebrato da p. Ambrogio anche il matrimonio di G. Battista Zanetti e Margherita Alberti. (AP/Ranica, Reg. Matrim., p. 62 e s.) 11 71 Ranica, la Cappella dei “Mortini” a memoria della pestilenza. Nel riquadro la vecchia ubicazione. La Cappella attuale ripete le forme di quella antica (nel riquadro). 72 Capitolo VI La soppressione del convento Il convento dei Servi di Santa Maria della Chignola non si spense… di morte naturale, bensì cessò il 27 settembre 1656, giorno in cui ai frati venne fatta l’intimazione del vicario generale dalle diocesi di Bergamo di lasciare il convento per sempre. Era l’applicazione, dopo tre mesi, del decreto di sequestro emesso dallo stesso vicario generale Giovanni Battista Lavezzari il 3 giugno precedente. La dura decisione messa in atto dal prelato bergamasco tuttavia era stata decisa molto più in alto, veniva comandata da lontano e, in questo nostro caso, stimata ben poca cosa nell’universo delle soppressioni: infatti d’altro non si trattò che della messa in liquidazione coatta di uno tra quei 1513 “conventini” e 805 grangie caduti tutti sotto le cesoie di quella iniziativa di riforma post-tridentina che è passata sotto il nome di “soppressione innocenziana dei piccoli conventi in Italia”. L’evento va dunque contestualizzato e chiarito.1 Prospetto dei conventi e dei religiosi nel 1650 ed effetti della soppressione innocenziana (1652). (DC E. Boaga). La riforma tridentina dei Religiosi La soppressione di quello straordinario numero di conventi – tra i quali ci fu appunto anche quello della Chignola – si colloca nell’ambito delle riforme che la Chiesa Cattolica attuava come applicazione del riassetto ecclesiale nella cosiddetta Controriforma, scaturito dalle decisioni e dallo spirito del Concilio di Trento (1545-1563), esattamente al capitolo “riforma dei Religiosi”. Tema di grande rilevanza e dalle molteplici implicazioni che in questa sede, allo scopo di spiegare, siamo costretti necessariamente a richiamare, naturalmente semplificando e focalizzando sul caso nostro. La riforma dei Religiosi (detti anche, in ambito ecclesiastico, i Regolari, perché conducono vita sotto la Regola adattata a ciascun “ordine” di monaci, frati e suore) partiva dal presupposto della distinzione tra azione e contemplazione, e della relativa puntualizzazione di regime di vita e di incombenze per il clero diocesano e per gli ordini religiosi: al clero compete l’azione pastorale per la cura dei fedeli nelle parrocchie (rimodellate secondo il Concilio tridentino); ai religiosi appartiene la vita contemplativa nelle comunità monastiche ed eventualmente, ma solo in subordine, il supporto al ministero pastorale. L’intera vicenda è stata approfondita modernamente da BOAGA EMANUELE, La soppressione innocenziana dei piccoli conventi in Italia, Roma 1971. 1 73 Innocenzo X (di Diego Velasquez). Per attuare la riforma dei Religiosi (e indirettamente anche l’accennata riforma “pastorale”), nel mese di marzo del 1649 venne istituita da papa Innocenzo X una commissione ad hoc, formata da cardinali e prelati di curia, denominata “Congregazione sullo stato dei Regolari”. Da marzo ad agosto ebbero luogo numerose riunioni alla presenza dello stesso Pontefice, condotte nel massimo segreto. Al termine delle discussioni i membri della Congregazione giunsero alla deliberazione che venisse osservato in tutti i conventi italiani quanto già era stato prescritto dal Concilio di Trento e dalle costituzioni apostoliche circa la situazione delle rendite economiche reputate necessarie per la vita di una comunità religiosa. Venne così deciso all’unanimità la proposta di un documento pontificio su tale materia. Il segretario della nuova Congregazione Prospero Fagnani, di provata perizia nelle discipline giuridiche, ebbe l’incarico di stenderne la minuta. Il documento pontificio, sotto forma di breve che apre con le parole Inter caetera, venne promulgato il 17 dicembre 1649. Il rescritto pontificio decretava una vasta opera di accertamento dello stato economico di tutti i conventi e loro dipendenze (grangie e ospizi), appartenenti ai Mendicanti e ad ogni altro Istituto religioso in Italia e nelle isole adiacenti. A questa stregua, veniva imposto a tutti superiori generali, provinciali e locali l’invio di una relazione descrivente lo stato patrimoniale di ciascheduno dei conventi loro soggetti, allo scopo di accertarne la consistenza e giudicare se questa fosse congrua per mantenere nel convento quel numero di religiosi necessario per il culto divino e la regolare osservanza delle pratiche prescritte in ciascun Istituto. Era dettagliatamente esposto anche il modo da seguire nello stendere la relazione richiesta, mediante la guida di una Formula, e fissata la scadenza per la consegna entro quattro mesi. Il priore del convento della Chignola padre Alciese Barlotti (alias fra’ Alciese da Bergamo), come tutti i responsabili di ciascun convento approntò la sua relazione e la consegnò al proprio superiore provinciale e questi, a sua volta, la recapitò al procuratore generale dell’Ordine dei Servi che la consegnò, insieme alle altre pervenute, alla pontificia Congregazione sullo stato dei Religiosi. In fasi successive, tutte le migliaia di relazioni (i conventi in Italia erano più di seimila) vennero esaminate secondo precisi criteri fissati da una Instruttione della Congregazione stessa da parte dei Collegi dei revisori, istituiti per ciascun Ordine (composto dal suo procuratore generale, due frati dell’ordine e due di un ordine affine). Le diverse fasi di questo lavoro avrebbero dovuto concludersi con la classificazione dei conventi in tre categorie: grandi, medi, piccoli, in base al numero dei religiosi e dei proventi. Questa vastissima opera di accertamento preludeva a delle decisioni che inevitabilmente sarebbero seguite, ma non senza altro lavoro, evidentemente preparatorio alle soppressioni, di cui ormai si aveva certezza. Nel frattempo era severamente interdetto agli Ordini, pena la scomunica, l’accettazione di novizi e l’ammissione alla professione religiosa. Il processo di lavoro prevedeva tre fasi: • l’esame diligente dello stato di ogni convento e la redazione del Sommario; • la verifica della fedeltà delle relazioni; • l’assegnazione a la redistribuzione dei religiosi nei conventi. A proposito di questo però veniva detto che “dove non stanno più di tre o quattro frati, non faranno assegnazione, ma lasciaranno luogo vacante”. 74 Il convento della Chignola nel suo “sommario” specificava di avere una disponibilità di scudi 74,10. In base agli orientamenti stabiliti, ciò veniva ad essere un grave handicap. La media annua pro-capite ritenuta necessaria per il sostentamento di ogni singolo religioso negli ordini mendicanti era indicata in scudi 45; avendo la Chignola tre religiosi, risultava dunque essere palesemente inadeguata a un congruo sostentamento dei suoi frati. Ma non basta. Accanto a questa carenza ve n’era un’altra considerata insormontabile: aveva solo tre religiosi. Ciò significava che il convento non era in grado di fare “regolare osservanza religiosa” o, almeno secondo i criteri riformatori fissati da Clemente VIII (1599), non poteva essere in grado di svolgere “osservanza regolare” degli esercizi conventuali e, quindi, canonicamente era da ritenersi irreformabile.2 I due criteri, situazione economica insufficiente e numero dei religiosi ridotto, assegnavano perciò la Chignola senza ombra di dubbio al novero dei conventini (monasteri piccoli e poveri), quelli cioè di cui ormai i “riformatori” posttridentini andavano chiedendo la soppressione. Poiché tali conventini erano – così si andava ventilando – “certamente più di mille fors’anco due milla”, tra i religiosi, come da parte di alcuni vescovi e laici, vi furono varie iniziative per parare il colpo: dalla rinuncia e soppressione volontaria per qualche conventino, alle perorazioni, alle “memorie”, persino a qualche libello pepato assai. (Del resto, anche i governi degli stati della Penisola, sia pure con prudente circospezione, accennavano di non gradire l’iniziativa). Molto circostanziati e argomentati i memoriali dei singoli procuratori dei vari Ordini, come notevolmente importante appare quello stilato a nome dei superiori maggiori dei Mendicanti.3 La bolla papale Instaurandae regularis disciplinae La Congregazione sullo Stato dei Regolari, nel periodo luglio-ottobre 1652, esaminò in verità sessanta “dubbi” prospettati da diverse parti e raccolti in un elenco distribuito dal segretario Fagnani; dopo di che ritenne si dovesse procedere comunque (et quidem, con atto papale) e perciò diede allo stesso Fagnani l’incombenza della stesura della minuta della bolla da pubblicarsi sul problema dei conventini. Portata dal papa, che la tenne alcuni giorni e vi fece qualche annotazione, la minuta venne riletta in Congregazione e, con il permesso del papa, passata alla Cancelleria per la normale prassi prevista nella formazione di una bolla papale. Il 15 ottobre 1652 la bolla di Innocenzo X venne promulgata. Come da consuetudine, i documenti pontifici vengono citati con le parola dell’incipit e questa perciò, dalle prime tre parole, è la Instaurandae regularis disciplinae.4 In compendio, ecco i punti essenziali del documento. • Arenga: necessità di completare l’opera di riforma dei religiosi, dichiarata – purtroppo in termini iperbolici e sostanzialmente ingiuriosi - improcrastinabile SICARD I., La reforma de los religiosos intendada par Clemente VIII, Bogotà, 1954, p. 48-67. 3 Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat., 7247, ff. 196r-200v 4 L’originale è in ASV, A. A, Arm. I-XVIII, n. 5655. Edita in Bullarium Romanum, XV, 696700. (Il testo della bolla è riportato anche dal Boaga, o. c. p. 172ss) 2 75 Medaglia di Innocenzo X. • decreto: soppressione dei piccoli conventi; ai superiori maggiori di ciascun Ordine ne verrà comunicato l’elenco • tempi: entro il limite massimo di sei mesi • pene: severissime ai superiori inadempienti e proibizione ai religiosi di ritornare ad esercitare nelle chiese lasciate libere, pena l’interdetto sulla chiesa • beni: dopo soddisfatti gli oneri su essi gravanti, destinazione ad usi pii localmente, secondo indicazione dell’Ordinario diocesano e con debita licenza da Roma. Pochi giorni dopo la pubblicazione della bolla i procuratori generali dei vari ordini ritirarono dal Fagnani l’elenco dei conventini dichiararti soppressi dalla Congregazione, impegnandosi a non differire l’applicazione che doveva essere pronta e senza riserve.5 Da quel momento il convento della Chignola era soppresso… C’era solo da eseguire gli ordini. La Congregazione inviava una circolare a tutti i vescovi, contenente il testo della bolla e l’elenco dei conventi da chiudersi nella rispettiva diocesi. Ciascuno di loro avrebbe dovuto relazionare a Roma sulle soppressioni andate in porto e la prevista destinazione del ricavato dai beni alienati, per ottenerne facoltà d’esecuzione. Risultò, alla fine dell’operazione, che quasi il 50% dei beni incamerati veniva destinato alla fondazione o al sostegno dei seminari diocesani.6 L’applicazione della bolla pontificia si dimostrò, se non proprio un tornado, comunque uno sconvolgimento di vaste proporzioni: basti pensare che col provvedimento venivano soppressi il 25% dei 6238 conventi censiti nei vari stati italiani. (vedi l’allegata TABELLA) Non fu pertanto senza difficoltà l’attuazione pratica delle soppressioni con relativo incameramento di beni: era prevedibile e logico che vi fossero resistenze. E ve ne furono, anche molto forti e ad ogni livello perchè i problemi effettivi dall’applicazione della bolla erano tuttaltro che immaginari e di poco conto: spaziavano infatti dalla cura pastorale dei fedeli in località disagiate e povere, alla sistemazione dei religiosi espulsi dai loro conventi e non sempre recepiti in altri, all’abbandono al caso di edifici storici, gloriosi, edificati con le oblazioni della popolazione che li amava e li sentiva come propri.7 Contrastata attuazione nello Stato Veneto Nelle terre dello Stato Veneto, in pratica, tutto rimase però in sospeso, fino alla morte di Innocenzo X (1655), e la situazione poté essere sbloccata e risolta solo dopo l’elezione del nuovo papa, Alessandro VII. Scrive Emanuele Boaga nella sua attenta ricerca: “L’opposizione della Serenissima si manifestò in modi diversi. In una prima fase, durata praticamente L’elenco dei conventi soppressi è datato 24 ottobre 1652 e la sottoscrizione di ricevuta dei procuratori degli Ordini è del giorni seguente. ASV, CSR, 49. 6 ASV, CSR, 109 e 110. Cfr. E. Boaga, o. c., p. 80. 7 Comunque, oltre alla ripercussione effettiva sull’apostolato e il verificarsi di casi pietosi tra i religiosi, è vero quanto scrisse un autore dell’epoca: “Per quel decreto molte migliaia di conventi rimasero derelitti e desolati in Italia, diventando quasi tutti rimesse di animali immondi, di fieni e paglia.” Roma, Archivio del convento di S. Francesco a Ripa, Ms. n. 68 (citato da E. Boaga, p. 72). 5 Stemma di Alessando VII (Fabio Chigi). 76 Alessandro VII (di Anonimo, in S. Carlo al Corso - Roma). fino alla morte di Innocenzo X, dopo un breve temporeggiare, l’atteggiamento ostile e di rifiuto della bolla fu completo. La seconda fase, che si svolge durante il pontificato di Alessandro VII, è caratterizzata invece dalla ricerca di un compromesso che risolva la questione dei conventini in modo soddisfacente per ambedue le parti.”8 Le ragioni dell’opposizione di Venezia andavano dalla ripugnanza per ogni novità sconvolgente, alla tutela gelosa dei beni ecclesiastici esistenti nel suo territorio. Si svolse così, per quasi quattro anni, un confronto a distanza o incrociato tra il senato veneto, decisamente contrario ma con prudenza, e la curia romana, risoluta ma con tatto, un confronto fatto di abili schermaglie giocate con diplomazia che si intrecciavano tra il nunzio apostolico a Venezia, Francesco Boccapaduli, e l’ambasciatore veneto a Roma, Nicolò Sagredo, portatori eccellenti delle rispettive istanze. Il governo veneto frattanto aveva inviato ai superiori dei conventi dei suoi territori uno scritto in cui manifestava la sua volontà contraria alle innovazioni e insinuava che tale “mente pubblica” doveva essere portata a conoscenza dei vescovi. Si lasciava chiaramente intendere ai religiosi riluttanti ad obbedire ai dettami della bolla che essi avrebbero avuto il necessario appoggio per resistere alle ingiunzioni dell’autorità religiosa. Così, scaduti i tempi fissati per l’applicazione della bolla, vari conventi potevano sopravvivere, compreso quello “soppresso” della Chignola, pur paventando sempre il peggio, sia dai frati come dalla gente. La svolta per superare lo statu quo Quella situazione di sostanziale paralisi venne superata dopo l’elezione al soglio pontificio di Alessandro VII: Roma e Venezia, dopo oltre un triennio di gioco al fioretto, riuscirono a trovare l’accordo. In qual modo? Da un decennio Venezia era impegnata contro il nuovo espansionismo dei Turchi che, rompendo la tregua successiva a Lepanto, avevano assalito improvvisamente gli ultimi resti del dominio veneziano nel Levante. Cadevano le for8 In E. Boaga, La controversia con Venezia,, o.c., p. 115. 77 Venezia: abito dogale. L’Arsenale di Venezia: la porta. tezze di Tenedo e Lemno, mentre Candia riusciva a resistere. Venezia si trovava militarmente impreparata e politicamente isolata, sebbene venisse percepito che il pericolo turco non riguardava solo il suo dominio. Nelle consultazioni consuete per l’elezione del successore di Innocenzo X (+ 7.1.1655) il doge aveva espresso al cardinal Barberini l’auspicio che venisse eletto un papa sensibile al problema e fosse disponibile ad assecondare Venezia nella guerra contro il Turco. Venne eletto il senese Fabio Chigi (7.4.1655), Alessandro VII, il quale, ringraziando il doge Francesco Molino per i rallegramenti inviatigli, prometteva sostegno e aiuti. E quando in occasione delle udienze alla ambasceria straordinaria di obbedienza si ritornò sull’argomento, il papa, dolendosi di non poter attingere dalla sinistrata finanza pontificia, proponeva di destinarvi l’incameramento di beni dei conventi religiosi già soppressi, qualora la soppressione andasse in porto, ai quali era disposto ad aggiungervi proventi ulteriori derivanti della soppressione degli ordini dei Canonici di Santo Spirito e dei Crociferi, ritenuti superati e inutili. Affidato l’incarico ai curiali di studiare gli aspetti giuridici e pratici per procedere nelle “riforme” desiderate, seguirono varie consultazioni, abboccamenti, riunioni e commissioni. L’adunanza decisiva della Commissione romana ebbe luogo il 14 marzo 1656 in casa del cardinal Spada.9 Portate le deliberazioni conclusive della Commissione a conoscenza del pontefice, con il suo beneplacito s’iniziò l’immediata preparazione della procedura per applicare le soppressioni. Il papa si mostrò assai deciso in quel proposito di aiutare Venezia, non ammettendo indugi o perplessità né sulle soppressioni né sulla destinazione alla guerra contro i Turchi del ricavato dai beni incamerati in seguito alla liquidazione dei conventini.10 Le bolle pontificie sulle soppressioni dei Canonici di Santo Spirito e dei Crociferi e sulla esecuzione applicativa dei precedenti decreti di Innocenzo X sui “conventini” vennero inviate al nunzio Carlo Caraffa a Venezia (successore del Boccapaduli), il quale li comunicava il 4 maggio 1656 al Senato appositamente riunito. Avuto poi in plico sigillato la lista dei conventi da chiudersi a norma dei brevi, il nunzio poteva iniziare a esplicare, con l’autorità straordinaria ad hoc conferitagli dalla nomina a “delegato apostolico”, le sue incombenze, impartendo disposizioni a tutti i vescovi risultanti interessati. La questione diplomatica dunque veniva così risolta con soddisfazione d’ambo le parti: Roma otteneva la non opposizione alla soppressione dei conventi nello stato veneto, con la soddisfazione di vedere finalmente perfezionata l’opera di riforma di Innocenzo X; Venezia conseguiva l’aiuto atteso mediante i proventi conseguenti le confische, finalizzati alla resistenza contro il Turco.11 A quel punto, perciò, nulla più ostava alle “esecuzioni”. I partecipanti erano i cardinali Ginetti, Franciotti, Corradi e Santacroce, oltre allo stesso Spada, e i prelati Ripi, Melzi, Farnese, Rospigliosi, Virgilio Spada (fratello del cardinale) e il “cieco oculatissimo” Prospero Fagnani in qualità di segretario. (ASV, Miscellanea, arm. VIII, n. 41, ff. 26r-32v) 10 Alessandro VII il 28 aprile 1656 pubblicò tre documenti: le bolle Vineam Domini che sopprimeva l’ordine dei Crociferi e Cum compertum sit che sopprimeva i Canonici di Santo Spirito; il breve Nos ex certis tunc expressis, datato del giorno seguente, che richiamava all’applicazione della bolla di Innocenzo X (Instaurandae regularis disciplinae) per i conventini, già da essa dichiarati soppressi ma tuttora in essere, come quello della Chignola. 11 I beni incamerati sarebbero stati venduti all’asta e il ricavato depositato in una cassetta di custodia presso la Zecca di Venezia. Al termine delle operazioni risulteranno incassati in tutto un milione di ducati, impiegati poi in allestimento di galee e reclutamento di soldati. Ciò contribuì non poco al successo delle imprese del 1656 e 1657 che videro per terra e per mare vittoriose sui turchi le armi venete. Si veda su quella guerra: A. VALIERO, Historia della guerra di Candia, Venetia, 1679. 9 78 Un dispaccio da Venezia a Bergamo per il vicario Lavezzari. Firma di Carlo Caraffa, vescovo di Aversa e nunzio papale a Venezia. Sequestro e l’incameramento di immobili e beni Il nunzio del Papa a Venezia Carlo Caraffa, in rispetto del suo nuovo ruolo, non poteva certo frapporre indugi: premevano sia l’attuazione delle soppressioni sia l’incameramento. Esattamente alla scadenza del mese dalla pubblicazione dei brevi papali egli comunicava in via ufficiale al vescovo di Bergamo Luigi Grimani la lista dei conventini dichiarati già soppressi nella diocesi e in attesa di urgente applicazione. Erano quattro: i conventi di Ranica, Clusone e Zogno dell’ordine dei Servi e San Pellegrino degli Agostiniani. C’erano inoltre le nuove soppressioni di Ordini religiosi decretate dal papa il 28 aprile: i Crociferi (san Leonardo, a Bergamo) e i canonici di Santo Spirito.12 La situazione nella Bergamsca è stata ben inquadrata e documentata da E. CAMOZZI, Le istituzioni monastiche e religiose a Bergamo nel Seicento – Contributo alla storia della Soppressione Innocenziana nella Repubblica Veneta, Bergomum (Bollettino della Civica Biblioteca), 2 voll., 1981 (I) e 1982 (II). 12 79 Si specificava nel dispaccio del nunzio lo scopo delle misure da adottarsi ossia di “doversi applicare il prezzo in difesa del regno di Candia” e anche la procedura da adottare: disporre il sollecito sequestro, da eseguire mediante intervento anche dei pubblici ufficiali, di ogni bene stabile, entrata, rendita e dei beni mobili. Di ciò doveva essere inviato al nunzio sollecita relazione, con nota specifica di quanto veniva posto sotto sequestro.13 Le azioni richieste furono assunte, per delega e competenza, dal vicario generale della diocesi, Giovanni Battista Lavezzari, tanto più che il vescovo Grimani era sofferente di podagra da anni e, anzi, da qualche tempo viveva praticamente a Venezia, dove verrà a morte in quello stesso anno (4.12.1656). Ad ogni buon conto, le lettere di maggior conto erano indirizzate al Vescovo e ogni passo veniva esperito in piena consonanza con i due rettori veneti di Bergamo, in grado di offrire il sostegno dell’autorità pubblica e della forza del braccio secolare, ma anche garanti della politica e delle condizioni poste dal governo di Venezia. Il 3 giugno il Lavezzari dall’episcopio, con la presenza comandata dei due rettori (il podestà Nicolò Venier e il capitano Piero Gradanigo) emanava una serie di decreti con i quali provvedeva a nominare un economo (amministratore straordinario) per ognuno dei quattro conventini soppressi. Economo del convento di S. Maria della Chignola era lo stesso parroco di Ranica, don Giovanni Ronchi, con funzione anche di custode giudiziario. Il Ronchi era meritatamente ritenuto persona di fiducia e non impari al delicato compito, essendo dottore “in ambe le leggi” (laureato in diritto canonico e civile).14 Il giorno stesso ai frati e al Ronchi, in convocazione nel refettorio del convento della Chignola, il cancelliere vescovile don Pietro Petrobelli leggeva ufficialmente il decreto di nomina dell’economo e custode giudiziario. Il parroco Ronchi dichiarava la propria accettazione, cosicché ipso facto gli venne assegnata formalmente la custodia di tutte le suppellettili del convento e della chiesa, secondo quanto era stato richiesto dal nunzio, delle quali per prima cosa verrà eseguito completo inventario. E infatti tre giorni dopo, il 6 giugno, avvalendosi di un registro del convento (datato 22.10.1631) e dell’estimo del comune di Ranica (al foglio 14° del Libro dell’Estimo nuovamente redatto nel 1634) integrati con le conoscenze proprie, il Ronchi compilava l’inventario dei beni, degli arredi, dei crediti e degli oneri della chiesa e del convento. Il cancelliere pretorio Carlo Paparotto e il pubblico scrivano Giovanni Ferabò assistevano e controllavano.15 Il 9 giugno due funzionari del tribunale, Antonio Ghidinelli e Piero Bagioni, si recavano al domicilio di affittuari e legatari del convento a porre sotto sequestro qualunque bene o diritto appartenesse in qualche modo al convento della Chignola.16 Si veda nei nostri Allegati il testo (Doc. 5) del dispaccio del nunzio Caraffa al vescovo Grimani del 27 maggio 1656: Havendo la Santità di Nostro Signore dato a me ordine speciale, con suo breve spedito sotto l’anello del pescatore e data 28 aprile prossimo passato ecc.. (Relig. Crucif., f. 92 r-v) Buona parte del carteggio tra Venezia e Bergamo è stato pubblicato o trasunto dal Camozzi. 14 Don Giovanni Ronchi nel decreto di nomina viene qualificato”come a questa carica habile, atto e d’integrità totale, et anco di piena sodisfattione d’essi eccellentissimi signori rettori.” Gli economi nominati per gli altri tre conventini erano: Alessandro Ghirardelli arciprete di Clusone per S. Maria del Paradiso, don Francesco Ambrosini parroco di Zogno per S. Maria della Annunciazione e don Antonio Blasi parroco di San Pellegrino per il convento di S. Nicolò. 15 Si veda l’inventario del Ronchi negli Allegati che pubblichiamo in appendice. 13 80 Bergamo, Curia vescovile: il volume degli atti della soppressione. Il vescovo Luigi Grimani. L’atto di nomina del parroco Ronchi a economo della Chignola. Atto di costituzione e accettazione del Ronchi Antonio Ghidinelli, funzionario del tribunale del Maleficio (penale), si recò da Antonio Rosca, massaro, da don Bernardo Facchinetti cappellano di Ranica, da Antonio Carrara e Domenico Gritti; il Biagioni andò dagli eredi di Domizio Piceni, da Giacomo Noris e fratelli, da Domenico Francesco Rota, da Pietro e Bernardo Assonica e dal priore dei padri di San Gottardo. I due officiali riferirono a verbale il giorno seguente, 10 giugno 1656, dei sequestri effettuati. Cfr. elencazione in REPERTORIO. (Rel. Crucif., f. 38r-v) 16 81 L’allontanamento dei frati e reazioni Ai padri Stefano Romanelli e Pietro Baldelli e a fra’ Leonardo, i tre frati che costituivano la comunità conventuale della Chignola, era stato ingiunto di lasciare quanto prima il loro convento. Non avrebbero comunque avuto possibilità, anche volendo, di restarvi in quelle condizioni: dichiarato soppresso il convento e sotto ingiunzione di allontanarsi cercando ospitalità in una casa dell’Ordine prossima (l’ordine dei Servi si mostrò particolarmente disponibile ad accogliere i confratelli “resi orfani e sbandati”; non sempre lo furono altri ordini che invece accampavano riserve di vario genere…); tagliati completamente i mezzi di sussistenza dopo il sequestro generale del piccolo patrimonio; interdetto severamente a loro la chiesa di Santa Maria che avevano officiato da due secoli… che cosa avrebbero potuto fare? Ciononostante risulta che essi rimasero nel loro convento ancora circa quattro mesi. È lecito chiedersi come e perché ciò possa essere accaduto. I religiosi colpiti erano posti nell’alternativa tra ubbidire o difendersi. Si sa che dopo gli sconcerti, le proteste, le reazioni e i libelli dei primi momenti, i religiosi optarono per la scelta più consona per loro, quantunque dolorosa: ubbidire. C’era tuttavia di mezzo la reazione della gente che, spontanea e non fomentata ad arte, non si poteva ignorare né biasimare: in fondo, oltre all’attaccamento tipico di persone semplici d’animo ai loro padri, non si poteva sottovalutare il fatto che i beni che costituivano il patrimonio dei conventi, peraltro spesso assai modesto, e la dotazione di ogni chiesa che si andavano a sequestrare, erano il frutto di devozione, omaggi e sacrifici degli umili.17 Non possediamo cronache dirette, ma da alcuni documentati indizi è verosimile supporre che anche a Ranica e a Torre Boldone siano avvenuti tentativi di trattenere i padri nella speranza di poter evitare la liquidazione della casa religiosa.18 Si constata che i sindaci della Misericordia di Ranica non collaborano, nonostante i solleciti, nel consegnare i documenti attestanti il loro rapporto con i padri, consistente nell’onere annuale di celebrazione di messe dietro una modesta offerta. Sapendo che i sindaci dei luoghi pii e i sindaci del comune spesso si alternavano nella rispettiva carica, pare evidente inferire che il mondo dei laici si trovasse in disaccordo con la soppressione e, in ultima analisi, anche L’atteggiamento di ubbidienza totale del religioso ma anche di rispetto per la libertà della gente è ben evidenziato dal padre generale dei Barnabiti, p. Falconi, nella sua lettera al parroco di Pozzaglio quando scriveva: “essere il senso nostro di ubbidire prontamente e però assolutamente. Vostra Reverenza né a nome nostro né suo faccia alcuna instanza né permetta che siamo da altri nominati in tale interesse. Se però i parochiani vogliono come essi e da sé ricorrere, non possiamo noi impedirlo, né esserne ripresi”. (Arch. Gen. Barnabiti, A.A.A., t. 53, f. 229) Cfr. Boaga, p. 90. 18 Clusone, in quel momento, faceva scuola perché sembrava potesse ottenere di sopravvivere. Infatti, sulla base di una intesa tra Roma e Venezia al momento degli accordi, si era convenuto di chiedere al papa la grazia per una ventina di conventi nel dominio veneto (cfr. Boaga, o. c. 125 ss). Tra i 22 che ottennero una sospensione del provvedimento in attesa della eventuale grazia vi era anche il convento di S. Maria del Paradiso a Clusone, per il quale il superiore generale dei Servi si impegnava a mandare altri padri allo scopo di realizzare una delle condizioni richieste: che la comunità del convento fosse composta da almeno dodici frati. La soppressione fu dunque rinviata e, anzi, fu comunicato al vicario generale che il convento “doveva restare in piedi” (23 nov. 1656). Tuttavia l’abilità del nunzio Carlo Caraffa riuscì nell’intento di ottenere la soppressione di tutti i 22 conventini della lista, Clusone compreso. (Cfr. CAMOZZI 1981, IV. 6: Il rinvio della soppressione del conventino di S. Maria del Paradiso) 17 82 con il parroco che invece stava collaborando (del tutto liberamente?) nelle operazioni della soppressione, esercitando il suo incarico delicato di economo. Del resto – si constata – erano un po’ tutte le carte della Chignola che si facevano latitanti e, tra queste, proprio le ultime a venir fuori saranno quelle della Misericordia; solo il 26 settembre 1657 (dopo oltre un anno dunque) il vicario Lavezzari poteva scrivere a Venezia al nunzio: “A forza di precetti penali s’è conseguita la copia dell’instrumento tra il conventino della Chignola e gli sindaci della Misericordia di Ranica, che invio annesso a vostra Signoria Illustrissima.”19 Chiusa la porta del convento. Altro indizio di resistenza popolare (visto anche il dramma dei religiosi sfrattati dalla loro casa) si palesa dall’intervento del nunzio il quale, informato dello zelo messo in atto a Bergamo per bandire i frati dai conventini, scrivendo al vescovo Grimani (ritornato a Bergamo da Venezia nei giorni caldi delle soppressioni) suggeriva moderazione e prudenza. Il nunzio era stato ragguagliato degli eccessi dei funzionari e delle sollevazioni popolari conseguenti, e perciò si sentiva in obbligo di prendere le distanze dagli esecutori bergamaschi; anzi, per calmare gli animi, diceva loro di far ritornare i frati allontanati e di consentire ad essi ancora vita e funzioni normalmente. “Non è mai stata mente né di questi Signori né mia che i regolari che attualmente si trovano nei conventini, siino per ora rimandati ai loro conventi principali; però V. S. illustrissima si contentarà di non farli partire, anzi di farli ritornare, essendo partiti, facendo loro godere per il vitto quotidiano tutto quello che ritrovassero di vino, farina et altro per loro sostentamento, e di non far loro ricevere impedimento circa il celebrar le Messe et ogn’altra funzione da farsi in chiesa, e sia loro lecito di poter far la cerca conforme al solito.” Il vescovo respingeva fermamente le accuse. “Nell’essequire i comandi di V. S. illustrissima et reverendissima non s’è in conto alcuno mancato, né in minima parte eccesso, né meno s’è mandato alcun frate fuori d’essi conventini, né a loro vietato il celebrare, questuare, et fare quanto gli competesse, come falsamente vedo esser statto a lei stessa rappresentato.”20 Trascorreva l’estate, con qualche contestazione per la destinazione dei frutti maturati. Sono per i frati o vanno posti all’incanto? La gente non partecipava agli incanti… Ormai però, pur se dilazionata, si doveva venire alla fine. Lo stesso nunzio Caraffa che prima aveva rimbrottato le durezze, inviava il 6 settembre al vescovo l’ordine perenRelig. Crucif., 182r. Che i rapporti tra la Misericordia di Ranica e il parroco Ronchi non fossero proprio idillici si può evincere anche dalle sue dichiarazioni in occasione dell visita pastorale Barbarigo del 1666. (AC/BG, Visite P., vol LVII, p. 144) 20 CAMOZZI, 1981, IV. 5: I religiosi dei conventini soppressi. Reazioni, 19 83 Venezia, Palazzo Grimani ove morì l’omonimo vescovo di Bergamo. torio. “Al ricevere della presente resterà servita la S.V. illustrissima di far ordine in mio nome che fra due giorni debbano i frati, che si trovano nelli conventini soppressi secondo l’annessa nota, ritirarsi a’ loro conventi principali senza potervi mai più ritornare. Al qual effetto congiunti si mandano le licenze per ciascheduno di loro degli eccellentissimi Signori sopra la Sanità, permettendoli di poter condur via li mobili profani, e nel resto procuri che si tenga esatta custodia delle supellettili della chiesa e che sia questa uffiziata da qualche prete da assignarsi per modo di provisione da V. S. ill.ma; et inoltre si contenti d’incaricare a gl’economi d’usar ogni diligenza per esigere le rendite, acciò ne possin dare, quando saranno chiamati, minutissimo conto.”21 Il vicario generale Lavezzari il 12 settembre emanò il decreto con cui intimava ai religiosi dei conventini soppressi di “ritirarsi a loro conventi principali, senza puoter mai più in essi conventini ritornare et habitarvi”.22 Quindici giorni dopo l’officiale curiale Giacomo Chiesa si presentò al convento della Chignola con in mano un plico. Convocati il padre Pietro Baldelli, il padre Stefano Romanelli e fra’ Leonardo, al cospetto di due testimoni lo svolse, ne lesse il contenuto a voce alta: “Monsignore reverendissimo ecc. con l’autorità ecc. ordina alle VV. SS. rev.me di lasciare il convento senza mai più farvi ritorno…” I tre religiosi chinarono il capo. Si sentirono distrutti e affranti. In un baleno si videro ripresentati sforzi e lavorio per ricostruire vita e speranza dopo la peste. S’erano illusi. Erano convinti di essere dei frati, con tutto ciò che questo comporta… s’accorgevano di essere dei numeri. Il Chiesa estrasse anche le licenze dei Procuratori sopra la Sanità, intestati personalmente a ciascuno dei tre religiosi con le quali si consentiva loro, andandosene, di portarsi appresso, per graziosa licenza e concessione, qualche effetto personale e anche mobili profani, e le consegnò a ognuno la sua. “Licenziati”… ma con benservito. Il convento “finalmente” era soppresso e chiuso.23 Fissarono per l’ultima volta quell’effige di Maria Addolorata, “la Madonna della Chignola” – come diceva la gente. In quello sguardo capirono tutto… Fu quello il giorno triste di Santa Maria dello Spasimo. Accadeva il 27 settembre 1656. Relig. Crucif., f. 98r-v. Ibidem, f. 101r. 23 Su questi provvedimenti anche un santo, S. Carlo da Sezze francescano, giunto a Civita Castellana e constatando un caso analogo (Chiesa e convento lasciato dai Carmelitani nel 1652) espresse giudizio severo. “Li pontefici alle volte sono mal’informati, donde rimediando un danno, ne risultano molti maggiori, come si vede in questo convento, ove, volendosi rimediare alla poca osservanza di pochi religiosi, che per il poco numero non possono ben osservare il loro Istituto e dagli invidiosi ogni poca osservanza è proclamata uno scandalo, si è incorsi in danni maggiori, come la destruttione della chiesa e del convento, del servitio delle Messe e degli offici che si cantavano e dell’amministratione dei sacramenti dell’Eucaristia e della penitenza, e del decoro del paese e di altri beni. Onde era meglio lasciarli; e si potevano anco li religiosi, non arrivando al numero di dodici, raccomandare alla cura del vescovo e suo vicario… L’intentione d’Innocenzo X fu bona, pure per i maggiori inconvenienti successi e da succedere, Idio gli abbreviò la vita. Perché le religioni e conventi si devono riformare e non distruggere.” (Cfr. E. Boaga, p. 84). 21 22 84 85 Venezia nel secolo XVI. Ordine di chiusura e liquidazione di conventi bergamaschi (dettaglio). 86 Capitolo VII Epilogo: la liquidazione Soppresso il convento, estromessi e allontanati i frati, il complesso della Chignola era diventata alla stregua di merce (sia pure con la limitazione oggettiva del rispetto per la chiesa); mancava dunque solo il passo conclusivo: la messa in vendita dei beni sequestrati, il cui ricavato andava depositato alla Zecca di Venezia. Per arrivarvi, in conformità alle direttive, già erano state inviate a Venezia al nunzio Carlo Caraffa le relazioni dei sequestri fatti e degli inventari dei tre conventini soppressi (Chignola, Zogno e San Pellegrino; Clusone era in attesa di essere graziato). Quando tutto il trambusto popolare sembrò quasi rientrato nell’ordine, il nunzio, con i pieni poteri di delegato apostolico, scrisse al vescovo di Bergamo chiedendo di procedere con tre iniziative: a) innanzitutto, fare delle verifiche perché “essendosi scoperti altrove molti disordini nel prendere in relattioni dei conventini, che sono riuscite difettive, oscure et anco alcune fraudolenti, con occultatione delle scritture et asporto sino de mobili sacri”, prescrive di “rivedere il tutto cautissimamente”; b) nel medesimo tempo, “insieme con l’illustrissimo rettore farà immediata elettione di un perito, conosciuto fedele e di perfetta esperienza, per stimar essi conventini, al quale darà giuramento di fedeltà e di segretezza, per far esse stime vere et pontuali a luoco per luoco, principiando dal convento e tutte sue adherenze (eccettuata però la chiesa col campanile, cemeterio et altri luochi sacri che vi fossero”; c) sondare la disponibilità di eventuali acquirenti a Bergamo e raccogliere le loro polizze con le dichiarazioni d’offerta. La sede vescovile di Bergamo era tuttora vacante dopo la morte del vescovo Grimani; Gregorio Barbarigo verrà nominato il 9 luglio1657 ed entrerà a Bergamo solo il 27 marzo dell’anno seguente, pertanto tutte le azioni e la responsabilità sono in mano del vicario capitolare G.B. Lavezzari, il quale verrà nominato vicario generale anche del giovane (32 anni!) vescovo Barbarigo; comunque, autorità religiosa (il vicario Lavezzari) e autorità civile (Pietro Gradanigo, capitano e vice podestà) agivano di pari passo e di totale concerto. A) Reperimento delle documentazioni e controlli Il nunzio informava di aver scritto al provinciale dei Servi di Maria per avere tutte le scritture della Chignola e di Zogno. A proposito della Chignola muoveva appunti su varie cose e in particolare circa l’onere derivante dal rapporto con la Misericordia di Ranica. “Dalla Chignola li livelli in diverse poste sono conforme all’estratto dell’economo, fra tutti lire 187. Ma dalla prima relatione si vedono due partite di più cioè una di l. 15,2 a debito d’Alessandro Quarengo, et l’altra di l. 4,2 che dice pagare la Misericordia della Ranica, con obligo alla Chignola per esser le messe 25 all’anno, per conventione de 87 Il nunzio ordina di proclamare nelle chiese la vendita dei conventi soppressi. 5 aprile 1551. Quest’è peso incompatibile e, non vedendosene alcuna nominatione dell’economo, è necessario sapersi come questo sia stato praticato… Queste osservationi chiedono riflessi particolari per maturar bene il tutto et ridur a perfettione di potersi capitare con fondamento alla vendita.” 1 Al nunzio Caraffa sembrava infatti cosa assurda che a fronte di una assai tenue offerta (l. 4,2) da parte della Misericordia corrispondesse da parte del convento l’impegno oneroso di tanto numero di messe; sollecitava perciò chiarificazioni. AC/BG, Religionis Cruciferae modo supressae, f. 167. Lettera del nunzio Carlo Caraffa dell’8 agosto 1657 “al vicario capitolare di Bergamo”. 1 88 Il vicario Lavezzari, di conseguenza, convocò per lettera gli economi e per prima cosa volle una precisa relazione, aggiornata e corredata da completa documentazione.2 Dopo gli abboccamenti, egli poté rispondere di aver commissionato le ricerche in ogni dettaglio per i tre conventi e di poterle inviare; ma rispetto alla Chignola non si era riusciti ad avere risposte esaustive e scrive che “ di breve inviarò anche quelle del convento della Chignola, non essendosi potuto di presente per esser l’economo gravemente ammalato”. (Lettera al nunzio del 18 ag. 1657) Il 31 agosto il Caraffa comunica da Venezia di aver “ricevuto la cassetta delle scritture de conventini di Zogno e S. Peregrino e, mentre s’attendessero anco quelle della Chignola, queste si rivederanno per dirle se altro occorra, intanto s’è osservato essere quelle di S. Peregrino molto scarse…” Attesa l’insistenza del nunzio sulla Chignola e la difficoltà di soddisfarlo, il vicario Lavezzari il 4 settembre emette un decreto ingiuntivo per chiunque sia in possesso di documenti di questo convento di doverli assolutamente consegnare a don Giovanni Ronchi, pena di scudi 500 ed altre pene, ad arbitrio, in caso d’inosservanza.3 L’8 settembre il Lavezzari informa il nunzio del decreto emesso, ma lo porta a conoscenza anche delle difficoltà nel portare avanti le pratiche della Chignola, a motivo della grave malattia in cui versa l’economo don Ronchi. “La gravissima infirmità dell’ecconomo del conventino della Chignola ha causato tanta dilatione in haversi le scritture tutte et libri del medesimo, quali hora trasmetto ben’aggiustati in una cassettina, come praticai con l’altre, quali mi significa haver ricevuto. Nella prima relatione che si mandò de livelli, si posero quello di lire 15 a debito di Alessandro Quarengo et l’altro di 1ire 4 a debito della MIA della Ranica, con obligo veramente improprio et incompatibile di messe 25 all’anno; hora l’ecconomo suggerisce che dell’estintione di tali livelli si vedono le note dal libro dell’entrata et uscita di detto conventino a foglio 22 et a foglio 29 tergo qual’invio; s’è subodorato che appresso un nodaro si trovi instrumento che faccia al proposito d’esso livello della Misericordia; ho rilassato mandato penale et dati ordini opportuni per averlo, nel qual caso si trasmetterà subito.” Il Caraffa, prende atto e riconosce la diligenza del Lavezzari; si aspetta La lettera del Lavezzari a don Giovanni Ronchi suonava: “Molto rev. Signore e fratello, per sciogliere alcuni dubbi, che osserva mons. ill.mo Nonzio nella relatione et note di vostra reverenza, è di necessità che venghi subito da noi, et nello stesso tempo gli ordiniamo che porti seco tutti gli libri et scritture di qualonque sorte di codesto convento, niuna eccettuata, et così essequirà con tutta la celerità. Nostro Signore lo guardi. Dal vescovado di Bergamo, li 11 agosto 1657.” (Ibidem, f. 168r) 3 Decreto ingiuntivo di G.B. Lavezzari: “Giovan Battista Lavezzari dottore dell’una e dell’altra legge canonico della cattedrale, et vicario generale della curia episcopale di Bergamo, spetialmente delegato da mons. ill.mo et rev.mo Nontio Apostolico ressidente in Venetia, assistendo anche l’ill.mo et ecc.mo signor Pietro Gradanigo capitanio et vice podestà di Bergamo. Comettemo a cadauno nodaro e a qualonque persona, a quale sarà intimato il presente, che in pena di scudi 500 et altre pene ad arbitrio, debba ad ogni richiesta del molto rev.do signor d. Giovanni Ronchi, curato della chiesa parochiale della Ranica, economo del suppresso conventino della Chignola de frati Serviti consignare qualonque instromenti et scritture appartenenti al detto suppresso conventino overo le loro copie autentiche col pagamento della dovuta mercede… In quorum etc. Bergamo li 4 settembre 1657.” (Ibidem, f. 175r) 2 89 L’abito da Nunzio a Venezia. tuttavia che venga estinto il rapporto impegnativo con la Misericordia di Ranica e ne venga redatto pubblico strumento.4 Il 26 settembre infatti il Lavezzari può comunicare di essere riuscito a recuperare anche il documento del legato della Misericordia: “A forza di precetti penali s’è conseguita la copia dell’instromento tra il conventino della Chignola e gli sindici della MIA di Ranica, che invio annesso a V. S. ill.ma e rev.ma.”5 B) La nomina dei periti estimatori Attenendosi scrupolosamente alle direttive e alla richiesta del nunzio, il Lavezzari provvedeva alla elezione dei periti estimatori dei conventi e beni sequestrati. La nomina si svolse in una riunione di Curia il 9 maggio, alla presenza del capitano e vice podestà Pietro Gradanigo. I nominati erano: Domenico Gritti da Ranica per i beni della Chignola, Lorenzo Mosca, Salvatore Ghisalberti e Pietro Oprandi per Zogno e San Pellegrino, ai quali tre vennero assegnate distintamente per competenza le stime dei due conventi, delle case e dei terreni.6 I quattro stimatori vennero separatamente e in giorni diversi convocati dal vicario, ricevettero da lui le consegne con le debite istruzioni e prestarono giuramento nelle sue mani. Il Lavezzari scriveva al nunzio di aver fatto la scelta “d’huomini riputati per peritia et fedeltà, habili et idonei”. 7 Tre giorni appresso Domenico Gritti, estimatore della Chignola, si recò in Curia dal vicario Lavezzari per investitura e giuramento. “Adì 12 Maggio 1657. Constituito avanti il sudetto reverendissimo monsignor Vicario, il predetto Domenico Baroni di Gritti del q. Ventura, stimatore come sopra eletto, ha giurato et giura, corporalmente toccate le Scritture, di giustamente et per sua conscentia et peritia operare et stimare nel merito, et anco nell’ordine di tenere tutto secreto in conformità delle commissioni del predetto monsignor illustrissimo Noncio.” 8 Nel giro di una settimana gli estimatori svolgono la loro incombenza. Frattanto continua fitta la corrispondenza tra Venezia e Bergamo su dettagli diversi e per trasmettere le valutazioni dei periti, che sono state consegnare in buste sigillate e così, senza essere visionate, vanno trasmesse a Venezia – secondo il nunzio – senza che il perito abbia a dire neppure al Lavezzari né al Gradanigo la cifra di stima da lui indicata. Tutto deve viaggiare nella segretezza assoluta che il diligentissimo Lavezzari conferma con la lettera accompagnatoria del 23 maggio. “Furono eletti gli periti per le stimme de con“Dalla continuata diligente applicazione di V. S. ricevo le scritture della Chignola, et attenderò quel istromento dell’estinzione del livello della Misericordia, mentre dal passo del libro accennatomi non se ne vede la chiarezza, ma ben sì di quello di Quarengo.” Lettera da Venezia del 20 settembre 1657. 5 Ibidem, f. 162r. 6 Ibidem, ff. 150r-151r. Vedi Doc. 11. 7 “Furono eletti gli periti per le stimme dei conventini de Servi della Chignola et di Zogno et di quello di S. Peregrino di Agostiniani, et delle loro adherenze et beni tutti, come dall’atto di tal’elettione ch’annesso viene, nel che, conformandomi alla somma prudenza d’esso ecc.mo Rettore ho fatto scielta d’huomini riputati per peritia et fedeltà, habili et idonei, a quali doppo haver fatto ogn’opportuna ammonitione et premura di adempire al proprio debito, ho datto giuramento di operare giustamente et fedelmente et di tenere il tutto segreto nella forma opportuna, che V. S. ill.ma ha comandato.” (Ibidem, f. 148v) 8 Ibidem, f. 150v. Domenico Gritti, stando all’inventario eseguito dall’economo Ronchi, pagava al convento 65 lire all’anno come livellario della proprietà detta “il Brugale”. (Cfr. Doc. 8) 4 90 Il nunzio Caraffa preme per ulteriori chiarificazioni sulla Chignola. ventini de Servi della Chignola et di Zogno… quali periti, doppo aver fatto gli necessarii riflessi alle scritture di cadauno de’ conventini et loro beni, ai siti loro et a quanto si deve poner in consideratione, hanno portato avanti l’ecc.mo Rettore et me medesimo, l’annesse loro stimme sigillate, et hanno nuovamente in man mia giurato d’haver fatto in ogni cosa il giusto, et di te91 ner il tutto celato, et in tutto et per tutto, come V. S. ill.ma et rev.ma ha in esse sue lettere prescritto.”9 C) Ricerca affannosa degli acquirenti Tutto quanto si stava facendo era funzionale alla realizzazione degli incassi preventivati e tuttavia solo ipotetici e potenziali fin tanto che non si fosse pervenuto alle vendite. Immaginando, giustamente, che interessati agli acquisti fossero specialmente persone dimoranti non lontano dai conventi stessi e dai terreni, il nunzio chiedeva al vicario capitolare di attivarsi con mezzi opportuni per trovarle e farsi dare, in busta chiusa, la loro offerta. E Lavezzari prontamente risponde: “Invigilarò con mezzi opportuni quali persone puossano applicar l’animo alle compre d’essi conventini et beni, et farò dare ogn’eccitamento proprio a quelle che scuoprirò inclinarsi, acciò accelerino et mandino costì, ovvero qui essibiscano polizze secrete, quali se saranno datte, haverò particolare cura di subitamente inviarle a V. S. ill.ma et rev.ma.”10 Questo punto tuttavia si rivelò assai meno facile del preventivato. Nessuno si faceva avanti. Non va dimenticato che la “grande peste” era passata (menando strage) da meno di un trentennio e perciò la popolazione diminuita si ritrovava disponibili più case e quanto ai terreni non pochi rimanevano incolti per mancanza di braccia e… di bocche. Ma non solo: in molti erano rimasti schifati dalla maniera in cui si era proceduto nei confronti dei conventi e dei religiosi, tanto che consideravano come “merce di mala provenientia et come rubbata” ciò che si intendeva porre sul mercato. Persino i frutti dell’estate furono venduti con notevole difficoltà dagli economi che, stando agli ordini ricevuti, avevano cura che non andassero ancora ai frati e li ponevano invece all’incanto. Visto che non si faceva avanti nessuno, il nunzio insisteva col vicario: “Sarà effetto della sua diligente applicazione veder se vi fossero compratori per quei conventini, et disponerli ad attendervi col venire, o mandar qui, ovvero anco porgere a lei et all’ill.mo Rettore le offerte, aperte o sigillate, per mandarle qui nella forma che saranno essibite, acciocché possiamo deliberare.” (8 agosto 1657) Lavezzari, a sua volta, ribadiva il proprio impegno, ma suggeriva che riteneva più facile riuscire a interessare e vendere se, anziché a Venezia, gli incanti venissero fatti a Bergamo.11 Per uscire dall’impasse, il nunzio aderì all’idea: fece preparare le polizze per l’incanto dei tre conventini in vendita e le trasmise al Lavezzari, rispondendo che si poteva fare l’incanto a Bergamo, in collaborazione tra vicario e rettore, e perciò “raccoglier le offerte che venissero fatte in voce et, con la nota di esse, mandarmi anco le polizze secrete che fossero presentate perché nel medesimo tempo qui (a Venezia) si andaranno parimente facendo gl’incanti, da prendersi poi gli opportuni espedienti per le deliberationi”. 12 Ibidem, f. 148v. Ibidem, f. 149r. 11 18 agosto 1657: “Non cesso di continuar pratiche per stimolare quelle persone, quali puossono comprendere, che s’applichino alle compre d’essi conventini et beni, in ordine a che aviso a V. S. ill.ma che se qui saranno fatti gl’incanti, riservata però costì la deliberatione, vi saranno (per quanto mi vien motivato) persone che offeriranno il ragionevole (et facendosi qui gl’incanti). Ibidem, f. 169v. 12 Ibidem, f. 184r. 9 10 92 Con l’impegno continuativo e capillare del vicario ci si imbattè, alla fine, all’accenno di una risposta: nella desolazione più assoluta di offerte d’acquisto ne spuntò tuttavia una, una sola, che riguardava proprio il conventino della Chignola. Lavezzari, evidentemente con poco entusiasmo per un risultato così striminzito, scriveva al Caraffa: “Coll’assistenza indefessa di quest’ill.mo et ecc.mo Signor capitanio vice podestà si sono fatti gl’incanti de conventini et beni della Chignola, et Zogno già de Servi, et di Sanpellegrino già de gl’Agostiniani; né s’è sentita altra offerta che la notata sotto la polizza del conventino della Chignola, né meno è statta datta polizza secreta veruna. S’alcuna 93 Lettera del nunzio C. Caraffa (copia d’archivio). Il ducato veneziano. ne darà, le trasmetterò cautamente a V. S. ill.ma e rev.ma, qual di nuovo assicuro, che mai cesso di far pratiche, acciò si assisti quel che rimane da vendersi di ragione già de Crociferi; et anco per il spacchio de beni de sudetti tre conventini andarò eccitando quelle persone che puotrò scorgere pendenti a tali acquisti, essendomi in questi affari stimolo acutissimo l’honore di Dio, il servitio del Prencipe Serenissimo, et l’obedientia de supremi comandi di V. S. ill.ma e rev.ma.” 13 Da Venezia il nunzio Caraffa “allarga” sulle possibilità di iniziative a Bergamo e autorizza a procedere con immediatezza: scrive di fare i proclami nelle parrocchie e nelle chiese dei conventini stessi e subito procedere a fare gli incanti per almeno quindici giorni.14 Dal Lavezzari però altra risposta scoraggiata: dopo che a Ranica, Zogno e San Pellegrino sono state esposte le polizze, fatte le proclamazioni dal “pubblico trombetta” davanti alle stesse chiese e altre insistiti annunci “non s’è sentita offerta che di ducati 300 per il convento et beni di Zogno” annotata sotto la polizza che il vicario spedisce al nunzio. Persino per il non disprezzabile e ben posizionato convento di San Leonardo di Bergamo, (la chiesa esiste tuttora in fondo alla Via XX Settembre) pur largheggiando da parte sua in profferte non s’è fatto avanti alcun compratore.15 Da Venezia mons. Caraffa, manifestando a sua volta tutta la buona volontà, comunica che “le polizze d’incanti sono state riformate”, vale a dire che si è ribassata la quotazione per San Leonardo; per conventini tuttavia non si può ribassare oltre il prezzo. “Con tal occasione, benché sia questa la terza volta che costà saranno rinnovati gl’incanti anco delli tre conventini di cotesta diocese, mi giova nondimeno mandar di novo le stesse polizze altre volte usate, perché sotto i felici auspici di V. S. ill.ma coll’assistenza dell’ill.mo Rettore si facciano gli ultimi esperimenti. Avvertendo nell’incanto della Chignola dar la voce sopra ducati 1300, che tal offerta habbiamo di qua. Attenderò notitia de successi.” 16 Qualcuno (ma chi?) aveva dunque inviato a Venezia il segno del suo interessamento per la Chignola, offrendo 1300 ducati. Ma perché il misterioso postulante non lo aveva fatto a Bergamo, nonostante le insistenze e gli spasimi del Lavezzari? Questi, comunque, per la Chignola, attesa quella offerta, ora sarebbe stato tenuto a indire nel bando una cifra superiore a1300 scudi, quanto già prospettato a Venezia. Da Bergamo, invece, all’8 giugno non c’è ancora nulla. Il vicario scrive che le stime di valore dei beni, sì, sarebbero eque, tuttavia a Bergamo i mezzi sono scarsi. In sostanza: né a Venezia né a Bergamo si procedeva alle assegnazioni per mancanza di richieste, né basse né alte, ove si eccettuasse quella segnalata per la Chignola. 17 Ibidem, f. 185r Il nunzio testualmente scrive che si possa “far i proclami ne le chiese di luochi stessi e loro parochie con la vista delle polize et specifica espressione delle predette clausole, et giuntamente farne costà l’incanti successivi nel corso almeno de quindeci giorni, perché ciascuno possa sodisfare alle sue incombenze, e mandarni poi le offerte che fossero fatte, per conferirle con quelle anco di qua, da potersi deliberare a più offerenti. Così attendo che sia prontamente essequito.” Ibidem, f. 186r (4 gennaio 1658) 15 Ibidem, f. 187r-v (16 febbraio 1658) 16 Ibidem, f. 205r (25 maggio 1658) 17 Il vescovo Grimani aveva insinuato di procedere alla soppressione di altri conventini nella sua diocesi; viste però le reazioni delle popolazioni e la difficoltà di vendere, la “zelante” proposta venne lasciata cadere. 13 14 94 Alla fine del 1658 mons. Carlo Caraffa lasciava la nunziatura di Venezia assai deluso per queste operazioni: nel suo rapporto del 19 gennaio 1659 informava che dei 68 conventini soppressi nello stato veneto solo 18 ne erano stati venduti. Nei rapporti tra lo Stato veneto e Roma cresceva il nervosismo: il senato chiedeva con insistenza al nunzio nuove somme per lo stato di guerra contro il Turco; Roma faceva rispondere che l’affetto del Papa non poteva essere messo in discussione, visto che comunque si era già ricavato quasi un milione nelle vendite; che era arrivata la contribuzione degli ecclesiastici consistente in 100.000 scudi d’oro; che erano state mantenute le soldatesche in Dalmazia e che aveva inviato la squadra delle galee pontificie nel Levante… Di più non si sarebbe potuto. Frattanto subentrava al Caraffa, come nunzio, mons. Giacomo Altoviti (a Venezia dal 1658 al 1666), il quale si rendeva subito conto delle ragioni oggettive per le quali i conventini e i loro beni erano poco appetibili; ma non solo: poteva far constatare che in tre anni quei beni e quegli immobili erano degradati e, inoltre, i costi di gestione con gli economi rendevano il tutto, non vendendolo sollecitamente, un debito e non un capitale vantaggioso. Occorreva dunque non prolungare oltre trattative e incanti, perciò Altoviti chiese e ottenne di formare una sola polizza con tutti i beni rimasti invenduti e tutto mettere all’asta in blocco. Così fu fatto. Il 12 aprile 1660, posta e battuta l’asta, tutti i conventini e i beni degli ordini soppressi vennero abboccati dalle Procuratie di San Marco de Supra. C’era, piccola goccia nel grande mare di quegli immobili e terreni, anche il conventino della Chignola, che diventava così patrimonio di San Marco, in mano ufficialmente e per la gestione alla Procuratia di Sopra. Francesco Morosini doge. Era stato comandante supremo dell’esercito veneziano nel Peloponneso, sostenuto con la vendita dei conventini. La Procuratia di Sopra pubblica bando di vendita Conventi e beni, ormai acquisiti dallo Stato Veneto dopo le sopraddette peripezie, dovevano essere realizzati, cioè tradotti in moneta. Tempi, modi condizioni, effetti, durata e quant’altro venne discusso a livelli competenti fino a quando l’argomento delle vendite fu portato alla deliberazione del governo. Venne sottoposta la parte al Senato, il quale adottò e approvò la materia con deliberazione del 24 maggio 1661. Subito ebbero inizio le operazioni pratiche per la vendita con la modalità del pubblico incanto. Il primo passo fu la pubblicazione del bando. Esso conteneva nominativamente i diversi conventini, per ognuno dei quali veniva evidenziata la localizzazione, la consistenza e gli eventuali oneri e le limitazioni. Il bando, nell’estratto che riguardava la Chignola era come segue. 95 Venezia: l’abito dei procuratori di San Marco. El se vende al pulico incanto per l’ilustrissimi et eccelentissimi Signori Procuratori di San Marco de Supra li sooscrii beni dele Religioni e conventini già supressi, giusto il tenor dela predea polizza d’incanto etc. Il Convento di Santa Maria dela Chignola che fu de Servi, diocesse di Bergomo, con tue sue stanze, chiostro, corte, horto con vite et arbori, cinto da muro, insieme con li beni, liveli, censi et olighi qui soo dichiarati, videlicet: Pezze sei di tera de diversa qualità, fra tua perteghe n° 42; Item liveli e censi che si riscuotono da diversi, giusto la nota di consegna, per la soma di lire 87 oantasee soldi 8 oo, essendo tenuto il compratore far celebrar in quela Chiesa da preti secolari purchè siano aprovati dal’Ordinario giusto il stabilito da monsignor ilustrissimo Noncio, in conformità anco del instrumento di acquisto circa la redutione dele messe da dirsi, cioè due messe ala seimana, che sono messe n° cento e quaro al’anno. Item altre messe tre per li doi liveli del convento di San Gotardo et signor Carara Bartoa de lire due soldi dieci l’uno: aplicando li Sacraficii secondo l’intentione dei fondatori o institutori dei legati predei; et più mandar a far celebrar nela Parochiale dela Ranica due messe da Natale et due da Pasqua annualmente. Con dichiaratione espressa che la Chiesa, sacrestia, campanilo, cimiterio et altri lochi sacri che vi fossero non si intendino compresi nela presente vendita. E alfine la Chignola… ritornò a Ranica Quando arrivò il giorno della battuta d’asta si poté finalmente scoprire chi fosse il misterioso aspirante della Chignola: si trattava del parroco di Ranica, don Giovanni Ronchi, il quale tempo addietro aveva già fatto recapitare la sua polizza (contenente quella profferta di 1300 scudi) e nel giorno stabilito venne rappresentato a Venezia da don Battista Valsecchi fu Antonio. L’asta fu battuta nella città lagunare, dalla Loggetta di San Marco, il 14 febbraio 1662 ab Incarnatione, cioè il 14 febbraio 1663.18 Presiedeva il provveditore-cassiere Alvise Duodo, mentre il banditore ufficiale era Carlo Foresti (uno dei tanti di origine bergamasca ormai stabiliti a Venezia). Venne data informazione dell’esistenza di polizze scritte, in busta chiusa, ma L’uso veneto (more veneto) di datazione faceva iniziare l’anno ab Incarnatione, ossia dal 25 marzo, festa dell’Annuciazione a Maria della sua divina maternità e quindi della “Incarnazione del Verbo di Dio nel grembo purissimo della Vergine Maria”. Pertanto, i giorni che corrono dal 1° gennaio al 24 marzo more veneto si conteggiano ora all’anno seguente a quello indicato allora. Noi si aggiorna la data. 18 96 Et con obligo al compratore di conservar et mantener la dea Chiesa et altro in conzo et colmo et provveduta di tue le cose necessarie al culto divino apresso le sacre supeleili che per inventario gli saranno consegnate. Et vendesi liberamente in perpetuo con l’oligatione dela Serenissima Signoria quanto ala deffensione et manutentione di questa vendita in forma. Restando anco li compratori liberi et essenti dal pagamento di messearia e grammatici conforme il già praticato. Dovendo il compratore, nel termine di giorni oo dapò la deliberatione, esborsar l’importar dela comprada in denari effeivi e moneta corente, giusto la parte del’Eccelentissimo Senato 1651 24 Magio, soo pena de soldi quaro per lira et d’esser reincantado a danno, ese et interesse del compratore, qual esborso doverà esser fao nela Procuratia nostra in tuo come sopra. Et perché nel corso degli incanti si acceeranno anco polize secrete, si dichiara che inanci la deliberatione pur al’incanto s’apriranno le dee polize, quali se conteniranno prezzo magiore di quelo che fosse stato esibito in voce resterà la vendita per la poliza; ma vice versa se l’offerta in voce sarà magiore resterà per conto suo. Dichiarandosi che l’offerte sopra gli incanti restaranno ferme per queli che haveranno posto il magior prezzo, et ciò sino ala deliberatione. Rimanendo espressamente dichiarato che siano et s’intendano riservate la ragione del pulico se in alcun tempo, caso et modo venissero altri beni effei in luce perché se vendono solamente queli che si vedono ut supra ecificamente dichiarati. la cifra era tenuta segreta. Vi furono anche offerte a voce, però allo scadere del botto risultò che la cifra maggiore che veniva offerta era tuttora quella che usciva dalla busta, disposta da don Giovanni Ronchi. In base a ciò, il banditore, resa pubblica la “polizza segreta”, dichiarò vincitore d’asta per la Chignola don Zuanne Ronchi, appunto il parroco di Ranica. Don Battista Valsecchi passò negli uffici della Procuratia, versò la somma convenuta, ritirò il titolo d’acquisto e ritornò a Ranica soddisfatto ad annunciare al parroco la positiva conclusione. L’acquirente reale e definitivo Trascorsi i sei mesi riservati ai possibili ricorsi e alle ratifiche di rito, i procuratori di San Marco inviarono il 1° ottobre 1663 “lettera commendatizia” – firmata dal cassier procuratore Leonardo Dolfin – ai Rettori di Bergamo circa i beni “laici” e al Vicario episcopale notizia per la chiesa, il campanile e il cimitero della Chignola, con la richiesta di dare esecuzione al decreto e di consegnare materialmente il convento, con dipendenze e connessi, la chiesa e i terreni a don Giovanni, il quale così si sarebbe assunti anche gli oneri di culto legati al possesso. 97 Venezia: la Zecca dove veniva depositato il realizzo dei conventini venduti. Le consegne avvennero con questa sequenza: • il 6 ottobre 1663 don Giovanni Ronchi presentava al Vicario generale del vescovo Gregorio Barbarigo e al capitano Marc’Antonio Mocenigo le lettere da Venezia, attestanti l’acquisto; • l’11 ottobre il Vicario generale mons. Antonio Sartori, con l’avallo anche del capitano (prefetto) Mocenigo, emetteva ordinanza di consegna al Ronchi di quanto gli spettava in ordine all’acquisto esperito, e delegava il cancelliere della Curia a effettuare la consegna; • il giorno stesso, 11 ottobre 1663, il cancelliere vescovile mons. Antonio Gallinoni si recava a Ranica, alla Chignola, e previa rassegna analitica di quel inventario redatto dallo stesso Ronchi col Gallinoni nel 1656 (quando venne nominato economo), consegnava al parroco il possesso effettivo del convento, della chiesa, dei beni e di tutto quanto aveva costituito e costituiva il complesso monastico della Chignola. Assistevano come testimoni Giacomo Quarzi da Vall’Alta abitante a Ranica e Fermo Vavassori di Torre Boldone (i due paesi interessati, a titolo diverso, e affezionati a Santa Maria della Chignola). Venezia: una riunione dell’ecc.mo Collegio. Compiuti tutti i passi di acquisizione, si doveva chiudere la pratica. L’incarto completo doveva ritornare a Venezia. Là il 1° marzo 1664 davanti a pubblico notaio si riesamina il tutto e viene raccolta la dichiarazione di don Ronchi con la quale dà atto che la trasmissione di quanto fu oggetto dell’incanto è stata completa. “Io prete Giovanni Ronchi a dì 11 Ottobre ho ricevuto da Monsignor don Giacomo Gallinoni nodaro e cancelliere episcopale la consegna della Chiesa et convento di Santa Maria della Chignola già de’ Servi, et di ciascun luoco etc. et anco delle suppelletili sacre, avendo riscontrato questo inventario et hauto in consegna quanto in quello è descritto.” Il notaio Giovanni Negri fu Vincenzo verbalizza davanti ai testimoni Gaspare Balbi e Angelo Plebani, dipendenti della Procuratia. Il saldo finale della “impositio Sancti Marci” viene effettuato sulla base del mandato n° 1134 agli atti della Procuratia di Sopra. Leonardo Dolfin cassiere collegiato dei Procuratori di S. Marco di Sopra sottoscrive, con la sua autorità, la quietanza. Fine. Non occorre sottolineare la soddisfazione delle popolazioni e il sollievo di don Giovanni… “La Chignola è ancora nostra, anche se purtroppo non abbiamo più i nostri frati nel convento.” 98 Chiusura, alienazione e trasformazione dei conventi. C’è tuttavia una sorpresa (…come, del resto, in ogni giallo che si rispetti). Dopo la parola “Fine” si apre per noi dalle carte uno spiraglio di conoscenza: si constata che il vero titolare del possesso non è il parroco Ronchi bensì la Confraternita o Scuola del SS. Sacramento di Ranica. Si pone perciò un quesito: il parroco non fu che attore in nome d’altri e il vero acquirente è stata la confraternita maggiore della parrocchia, ossia Scuola del SS. Sacramento, oppure il parroco comperò realmente ma subito rivendette alla Scuola? Può darsi si trattasse di un escamotage; comunque sia avvenuto, due anni dopo l’aggiudicazione e la consegna, cioè nel 1666 in occasione della preparazione alla Visita Pastorale dopo il vescovo Gregorio Barbarigo, don Giovanni Ronchi, ragguagliando sulle chiese sussidiarie di Ranica, scriveva: “Vi è ancora il monastero della Chignola, hora acquistato dalla Società del SS.mo Sacramento, con obligo di Messe due alla settimana, sin’hora sotisfatto dal s.r Curato”.19 Vi è ancora il monastero della Chignola…! Questo era quanto la gente, in quei frangenti, aveva auspicato. POST SCRIPTUM – E gli altri conventi bergamaschi – visto che li abbiamo ricordati come coinvolti nella medesima peripezia – che fine fecero? Eccoli: • Il grande convento di San Leonardo di Bergamo andò ai Padri Somaschi per 6.000 ducati; • S. Maria del Paradiso di Clusone, naufragato il tentativo di salvataggio, fu acquistato dalle monache di Santa Elisabetta; • Carlo e Pellegrino Sonzogni acquistarono nel 1673 il convento di S. Nicola a San Pellegrino; • Il convento di Santa Maria dell’Annunciazione di Zogno il 30 novembre 1681 fu acquistato, per istanza del comune, da Giuseppe Furietti; nel 1731, l’immobile venne poi acquisito dalle Terziarie Francescane le quali, in clausura, tuttora vi conducono vita comunitaria.20 AC/BG, Visite Pastorali, vol. LVII, p. 144. Per questo convento si veda GABANELLI G., La chiesa e il convento di Santa Maria in Zogno, Ferrari 2002 e anche CAMOZZI, 1981, 446s. Mons. Ermenegildo Camozzi nella sua eccellente esposizione, già più volte citata, scriveva a proposito delle aste di Venezia: “Allo stato delle ricerche sin qui giunte, non mi risulta a chi sia stato venduto il conventino di Santa Maria dello Spasimo (Chignola)”. Ebbene, al termine di questa nostra indagine abbiamo il modesto compiacimento di aver soddisfatto la dotta curiosità dell’esimio Monsignore. 19 20 99 Gregorio Barbarigo, vescovo di Bergamo (1657-1664) canonizzato. Frontespizio della “Regola” dei Servi di Santa Maria nella edizione del primo Cinquecento. 100 Integrazione I L’Ordine religioso della Chignola: i Servi di Santa Maria fino al secolo XV Il convento della Chignola – come abbiamo visto – venne fondato in seguito a convenzione tra il parroco di Ranica don Cristoforo Calepio e l’Ordine dei Servi di Maria negli anni tra il 1460 e il 1470: il parroco concedeva loro l’uso perpetuo della chiesa e la facoltà di costruirvi la casa per i religiosi a condizione della loro permanenza. L’obiettivo era quello di avere supporto religioso e caritativo qualificato, vantaggioso anche a tutta la zona; per questo sembrerebbe logico supporre un’intesa previa anche con il parroco di Torre Boldone, visti gli interscambi personali evidenziati dagli atti ufficiali. Il fatto si inseriva comunque, genericamente, nel riassetto apportato a Bergamo dall’appartenenza allo Stato Veneto, che andava a toccare non solamente l’aspetto politico e amministrativo bensì aveva ricadute nell’ambito religioso ed ecclesiastico. Con la dizione della Bergamasca a Venezia incominciava infatti, per un accordo con la Sede Apostolica, la serie dei vescovi appartenenti al patriziato veneziano; lo stato inoltre, da parte sua, incentivò anche un cambiamento della presenza degli ordini religiosi: furono indotti ad allontanarsi quelli che apparivano politicamente poco graditi e, al loro posto, fu assecondata la venuta di altri.1 Quanto all’Ordine dei Servi: quali erano le caratteristiche e le benemerenze loro che da Venezia consentivano di ottenere tanto favore? In primo luogo, come merito sociale ben accetto anche sul versante pubblico, la dedizione ai poveri e ai malati. Un’antica relazione, riferendosi all’alta Valle Seriana, scriveva: “Nel anno 1488 vennero al possesso del convento S. Maria del Paradiso in Clusone li reverendissimi padri Serviti, li quali di loro spontanea volontà assistevano con essemplare carità le anime dei poveri agonizzanti dello logo, in guisa che si guadagnarono tutto l’affetto del popolo di questa terra.”2 L’ordine dei Servi di Maria (OSM) L’Ordine dei Servi di Maria (OSM = Ordo Servorum Mariae), sorto nella prima metà del 1200, è il solo istituto religioso maschile della Chiesa Cattolica fondato non da uno o due fondatori, ma da un gruppo, i Sette Santi Fondatori. I Servi di Maria (sinteticamente designati come Serviti) sono uno dei sette OrA Bergamo, in breve volgere di anni, vennero sostituiti gli Eremitani di S. Agostino con gli Osservanti, i frati della Colombina in S. Gottardo con i Servi di Maria, i Domenicani Conventuali con gli Osservanti, i Carmelitani conventuali con gli Osservanti della Congregazione di Mantova, i Celestini a Santo Spirito con i Canonici Regolari Lateranensi; non andò invece in porto il tentativo di sostituire nel 1453 i Vallombrosani del convento di Astino ancora con i Canonici Lateranensi. (Camozzi, I - 1981, p. 97) 2 AGOSM, Monasteria, Origine delle Terziarie Mantellate in Clusone, diocesi di Bergamo, f. 1. 1 101 dini religiosi Mendicanti tuttora presenti nella Chiesa. Attualmente l’Ordine conta, nel ramo dei frati, circa mille membri, presenti in tutti e cinque i continenti e una trentina di nazioni. Una tradizione consolidata fa risalire all’anno 1233 la nascita dell’Ordine, da emendarsi tuttavia per farla coincidere con il riconoscimento ufficiale nel 1249. A dare evidenza a quell’altra data all’interno dell’Ordine contribuì il fatto che uno dei suoi massimi santi, Filippo Benizi, era nato a Firenze proprio nel 1233. Al momento dell’origine dell’Ordine la presenza di movimenti religiosi a Firenze (e in Europa) era intensa. La vita cittadina tuttavia, come in altre città, era contraddistinta da inquietudine sociale. Un gruppo di sette laici abbandona famiglia, attività mercantile e professione per ritirarsi a vita comune in penitenza, povertà e preghiera, ricerca di Dio e servizio ai malati e ai poveri, nel contesto di una accentuata devozione alla Madre del Signore. Nella città divisa da lotte fratricide, essi intendono dare una testimonianza visibile di comunione fraterna. Uniti da un comune ideale, i Sette si legarono da profonda amicizia e decisero di lasciare tutto per ritirarsi in una casetta all’esterno dalla città. Luogo del primo loro ritiro fu Cafaggio, dove attualmente sorge a Firenze la basilica della SS.ma Annunziata. Spinti dal desiderio di maggiore povertà e contemplazione si ritirarono in seguito sul Monte Senario, nel Mugello, a 800 metri s.l.m distante dalla città 18 chilometri, dove col tempo il gruppo fu riconosciuto come comunità religiosa dal vescovo di Firenze, Ardingo, ricevendo la regola di sant’Agostino e dando inizio all’ordine dei Servi di Santa Maria. Le cronache dell’Ordine hanno tramandato, pur tra alcune incertezze, i loro nomi: Bonfiglio Monaldi, Giovanni Buonaggiunta, Manetto dell’Antella, Amedeo degli Amedei, Ugo degli Ugoccioni, Sostegno dei Sostegni e Alessio Falconieri (canonizzati nel 1888 da Leone XIII). Dopo che il legato pontificio card. Raniero di Santa Maria in Cosmedin nel 1249 ne convalidò la configurazione giuridica di diritto diocesano, i Servi di Maria furono assunti sotto la protezione di Innocenzo IV (1251) e l’approvazione di Alessandro IV (bolla Deo grata del 1256). Da Firenze, in cerca di maggiore solitudine, già si erano ritirati nell’asperità del Monte Senario; ben presto, tuttavia, lasciano il Monte e, grazie al crescente numero di persone che si uniscono a loro, fondano nuove comunità. Sono infatti anteriori al 1256 i conventi di Siena, di Città di Castello e di Borgo Sansepolcro, oltre che di Firenze e di Monte Senario ancora antecedenti. Ricevettero la facoltà di nominare un ministro generale con pieni poteri giurisdizionali interni, e perciò una prima caratterizzazione come ordine regolare da Urbano IV (Inducunt nos), confermata da Clemente IV (Vestrae devotionis precibus). Per una disposizione già approvata dal Concilio Lateranense IV (1215), ma poi resa severamente operativa dal Concilio II di Lione (1274), l’Ordine rischiò, insieme ad altri nuovi Ordini religiosi mendicanti in odore di eresia pauperistica, la soppressione. Lo salvò Filippo Benizi, priore generale dal 1267 fino alla morte (1285), che pare distruggesse sagacemente carte in tal senso compromettenti per l’eccessivo pauperismo originario e che entrò nelle grazie del Papa anche per l’efficace azione di pace condotta nella città di Forlì, dove un giovane, che inizialmente lo aveva combattuto, decise poi di seguirlo e di farsi Servo di Maria: era Pellegrino Laziosi, il santo dell’Ordine oggi maggiormente conosciuto e venerato (tuttora anche a Bergamo, in Borgo Canale). Papa Benedetto XI, domenicano, l’11 febbraio 1304, con la bolla Dum levamus approvò definitivamente la Regola e le Costituzioni dei Servi di Santa Maria che li qualificavano per il sacro ministero in tutte le sue forme tra cattolici, acattolici ed infedeli e per la propagazione della devozione e della cono102 A. Franchi: Apparizione della B.V. Maria ai Sette Santi Fondatori (Siena, Basilica S.M. dei Servi). scenza della Madonna. A quella data, l’Ordine contava già non meno di 250 frati, distribuiti in ventisette conventi in Italia e quattro in Germania. Il Trecento, nella vita dell’Ordine, fu contrassegnato dalla presenza di figure grandi ed esemplari di frati, la cui vita è stata tramandata da importanti documenti storici: Gioacchino da Siena, Bonaventura da Pistoia, Iacopo da Città della Pieve, Andrea e Ubaldo da Sansepolcro, Francesco Patrizi, Tommaso da Orvieto, Pellegrino Laziosi e Giuliana Falconieri. Da ricordare sono inoltre fra’ Pietro da Todi che fu priore generale dal 1314 al 1344, figura controver103 sa all’interno dell’Ordine, e fra Andrea da Faenza, insigne architetto e priore generale per ventidue anni, al quale si deve la basilica di S. Maria dei Servi di Bologna. Questi religiosi valsero ad ottenere per l’Ordine dei Servi moltissima considerazione tra la gente e nella gerarchie ecclesiastiche. Il Quattrocento si apre nell’Ordine dei Servi di Maria con il capitolo generale di Ferrara (1404) che decide la ripresa morale e spirituale di Monte Senario. Alla rinascita di Monte Senario si lega il sorgere nell’Ordine, nel 1430, della cosidetta Congregazione dell’Osservanza che, senza separarsi giuridicamente dall’Ordine, ne rappresentò un movimento interno riformatore; fenomeno che si verificò anche in molti altri Ordini religiosi, nei quali tuttavia portò a divergenze interne e separazioni. L’esperienza della Congregazione dell’Osservanza (approvata nel 1440 da Eugenio IV) per i Servi di Maria si concluse nel 1570, quando Pio V ristabilì l’unità centralizzata dell’ordine, ridefinito mendicante nel 1571. Da ricordare, comunque, che nel 1493, i conventi cosiddetti dell’Osservanza erano 26 e, prima del 1570, erano una sessantina. All’Osservanza appartennero anche i conventi bergamaschi, compreso quello della Chignola. Nel 1424, con la bolla Apostolicae Sedis providentia, Martino V ratifica l’esistenza e l’organizzazione del Terz’Ordine, oggi chiamato Ordine secolare dei Servi di Maria. Nel Quattrocento assumono importanza nell’Ordine come centri di studio i conventi della SS.ma Annunziata di Firenze e di S. Maria dei Servi di Bologna. Figure insigni nel Quattrocento furono il priore generale Antonio Alabanti che, il 27 maggio 1487, ottenne da Innocenzo VIII il cosiddetto “Mare magnum” cioè la bolla Apostolicae Sedis intuitus che contiene tutti i privilegi pontifici concessi sino ad allora all’Ordine; Benincasa da Montepulciano, Giacomo Filippo Bertoni, Elisabetta Picenardi e il beato Bonaventura da Forlì. Alla fine del Quattrocento i conventi dei Servi erano circa 170 e i frati 1200. I loro conventi erano considerati centri di carità, di fede e di cultura. All’ordine dei Servi appartenne – è superfluo ricordarlo – anche fra’ Paolo Sarpi (Venezia 1552 – 1623). L’Ordine nel Veneto e in Lombardia Il convento della Chignola apparteneva alla “provincia” veneto-lombarda. La storia dell’Ordine dei Servi nella regione veneta inizia con la fondazione del convento di Venezia, concretizzata da fra’ Francesco da Siena († 1326), per incarico del priore generale fra’ Pietro da Todi, tra il 1314 ed il 1316. Come “provincia” religiosa autonoma (la quinta dell’Ordine) risulta costituita nel 1325. In quel anno i frati dovevano avere dei luoghi a Venezia, Verona, Ferrara, Isola d’Istria, Chioggia e Vicenza (degli ultimi quattro mancano ancora studi definitivi, e sembra non si siano convertiti in conventi stabili senza passare per altre vicende). Prima della grande peste del 1348 i frati si stabilirono in un secondo convento a Venezia (san Giacomo della Giudecca) e a Treviso, ove sorse uno dei maggiori centri servitani della regione (s. Caterina); e poco dopo a Mestre (s. Girolamo). Una ripresa di espansione si ebbe tra il cadere del Trecento ed il primo Quattrocento con le importanti fondazioni di Padova, Mantova, Castelfranco Veneto ed altre minori. Un fatto capitale, per i futuri sviluppi, è stato l’insediarsi di fra’ Antonio Beretta da Bitetto a Vicenza nel 1434-1435, che acquistò il recente convento di s. Maria di Monte Berico connesso con il santuario omonimo (eretto nel 1428). 104 F. Curradi: Visione di S. Filippo Banizi. (Siena, Basilica S.M. dei Servi). Con il 1440 il convento di Vicenza, assieme a quelli di Brescia (1430) e Cremona (1439) viene a costituire il nucleo di quella Congregazione dell’Osservanza dei Servi, (ai quali si aggiunge san Gottardo di Bergamo nel 1450), che avrà un suo ampio sviluppo ed un’ esistenza parzialmente autonoma sino alla riforma tridentina di PioV del 1570. A cominciare dal convento veneziano della Giudecca (1444), alcuni dei conventi della provincia passarono, con il consenso del priore generale, all’Os105 servanza: i principali furono quelli di Mantova (1448) e dei Servi di Venezia (1476). La Congregazione dell’Osservanza però fondò prevalentemente (nell’Italia settentrionale e centrale) dei luoghi nuovi. Nel Veneto vennero aperti in un secolo: Cologna Veneta (ss. Felice e Fortunato), Belluno (s. Stefano), Padova (s. Paolo), Udine (s. Maria delle Grazie), Verona (s. Maria del Paradiso), Gradisca (s. Salvatore), Valvasone (s. Maria delle Grazie), Bassano (s. Maria delle Grazie), Oderzo (s. Maria delle Grazie), Castel di Godevo (s. Maria della Crocetta) ed altri luoghi provvisori o di minor importanza. Con l’ingresso dell’Osservanza a Venezia, i conventi non aderenti a questa vengono correntemente denominati della Provincia della Marca trevisana. Le fondazioni dell’Istria per un breve periodo, sulla fine del Quattrocento, sembra costituissero una provincia autonoma. Vicenza: Portale della Basilica di Monte Berico dell’Ordine dei Servi. Serviti illustri di ieri e dei giorni nostri: Paolo Sarpi e David M. Turoldo. 106 L’ordine dei Servi a Bergamo e Bergamasca nel sec. XV L’Ordine dei Servi di Maria nella Bergamasca ebbe i conventi di: • Bergamo (San Gottardo), • Ranica (Santa Maria della Chignola), • Montecchio di Val Calepio a Credaro (Santa Maria delle Grazie), • Lavello di Calolzio (Santa Maria di Foppenico), • Clusone (Santa Maria del Paradiso) • Zogno (Santa Maria dell’Annunciazione). Durante i secoli questi conventi passarono tra varie e distruttive vicissitudini delle quali, in parte, abbiamo trattato (almeno per quanto si riferiva a Ranica). Attualmente nella nostra diocesi i padri Servi di Maria sono a Fontanella sulla collina di Sotto il Monte Giovanni XXIII, presso l’antica e nota abbazia benedettina, nella casa fondata alcuni anni orsono dal padre David M. Turoldo nel proposito di promuovere spiritualità aggiornata allo spirito del Concilio Vaticano II, all’ecumenismo e al dialogo interreligioso. Bergamo, il chiostro rinascimentale di San Gottardo. 1 – SAN GOTTARDO in Borgo Canale Sulla fondazione del primo convento bergamasco dei padri Serviti, quello di san Gottardo ai piedi del colle di San Vigilio (oltre l’attuale Porta sant’Alessandro a Colle Aperto), esistono cenni in una relazione nell’archivio generale dell’Ordine, dalla quale attingiamo le notizie. I Padri Serviti ottennero nel 1450 il convento e la chiesa di San Gottardo (ora in Via Sudorno 1) dopo l’abbandono dei Frati della Colombina, che lo avevano costruito circa un secolo avanti. La costruzione originaria del convento di San Gottardo andrebbe collegata all’opera del cardinale bergamasco Giovanni Longhi che poi nel suo testamento ricordava e sovveniva i Frati della Colombina. Chi erano questi religiosi? Erano forse dell’Ordine dei “Gesuati” del beato Giovanni Colombini (Siena 1305 107 Bergamo, Convento di San Gottardo: Il Cristo maestro benedicente della sala capitolare; Statua di San Pellegrino Laziosi ora nella parrocchiale di Santa Grata inter vites (Borgo Canale); Elvira Baronchelli benefattrice che ha donato il convento alle Ancelle della Carità (1889). Il convento: esterno e interno. 108 – Acquapendente 1367), come vorrebbe il Novati, oppure la loro denominazione derivava dal nome della porta di Bergamo che sorgeva nei pressi del loro convento (Roncalli)? Comunque, nel 1336 i padri Ambrogio da Bernareggio e Alberto da Pavia avevano fatto richiesta al vescovo Cipriano Alessandri di poter edificare nei pressi della porta cittadina una chiesa e un cimitero da dedicare a san Gottardo.3 Poco dopo (1342) anche Giorgio del Zoppo, ossia colui che dispose per testamento di rendere possibile la fondazione del convento di Torre Boldone a discrezione della moglie Anexina Bucelleni, che poi affettivamente lo fondò, nominava e beneficava con le ultime volontà i Frati della Colombina (cfr. il suo testamento in Tor Boldone, p. 340). La costruzione del complesso conventuale della Colombina fu favorito anche da una larga donazione del benefattore Pietro Bergonzi, cosicché la chiesa di San Gottardo poté essere consacrata dal vescovo Saliverti nel 1374. I frati della Colombina non durarono troppo a lungo, se alla metà del secolo successivo erano coinvolti nella crisi. Ritorniamo ai Serviti. Matrice del primo loro convento a Bergamo fu la casa di Brescia. Nel 1434 era stato fondato il convento dell’Ordine dei Servi a Brescia. Esso ebbe subito tale successo di vocazioni che, non essendovi là posto per tutti, venne avanzata una proposta di sistemazione dei frati a Bergamo. Qui, dopo una qualche tergiversazione, nel 1449 (9 luglio) il Consiglio cittadino deliberava di accogliere i “Servi dei poveri” e nel 1450, resosi disponibile il convento della Colombina, la Città lo offrì ai Serviti, con la clausola che essi, in proporzione dei beni e dei redditi conseguiti, contribuissero all’assistenza dei carcerati. Venezia approvò. “E l’anno 1450 alli 5 maggio ad istanza della città di Bergamo, con il consenso di mons.re rev.mo Barotio vescovo di quel tempo, il prete rev.mo Antonio Beretta de Bitetto vicario generale della Congregazione dell’Osservanza dell’ordine de’ Servi della B.V. Maria, mentre era generale di tutto l’ordine il rev.mo prete Nicolò di Perugia entrò al possesso di esso monasterio di Santo Gottardo, collocandovi dodici frati sotto l’obedienza del prete fra’ Benedetto da Bergamo, quale vi costituì priore.” 4 G. Barachetti, Appunti per la storia del monastero di S. Gottardo, “Bergomum” 1964, p. 39. AGOSM, Negotia Religionis a saec. XVII, 167, ff. 98r-101r. Anche Paolo III ratificò l’assegnazione nel 1455. 3 4 109 Maternità di Maria, Strappo d’affresco collocato nella parrocchiale di S. Grata inter vites. Credaro (BG): l’altura di Montecchio con l’ex convento trasformato in villa (sulla destra). 2 – MONTECCHIO (Credaro) – S. Maria delle Grazie La chiesa e il convento si trovavano – scriveva il Maironi - a Credaro sul “vago monticello chiamato Montecchio. Su di questo esisteva un cenobio dei frati Serviti di data antica il quale soppresso sotto il Governo Veneto, venne dal medesimo venduto al conte cavaliere Marco della nobile ed illustre famiglia Alessandri, che lo ridusse ad ameno luogo di sua villeggiatura.” 5 Il padre Bernardino da Montecchio, priore del convento (1651), descrisse in questi termini la fondazione: “L’anno 1470 sotto il pontificato di nostro signore Paolo II, col consenso di monsignor ill.mo e rev.mo Ludovico Donato vescovo di Bergamo fu da tutta la valle Caleppio, territorio bergamasco, dato alli padri Servi, allhora chiamati dell’Osservanza, un sito sopra un monticello anticamente chiamato Casal di Montecchio, dove dalla religione fu fabbricato una chiesa assai capace con sei altari, con la sua sagrestia, con un conventino con il suo chiostro, e questo fu dato alla religione al padre Giacomo Perciano vicario generale dell’Osservanza, dal quale furno posti di stanza in quel tempo sacerdoti n. 4, un chierico professo e due conversi. Il qual loco con il progresso fu agrandito sì di stanze, come d’altre fabbriche, come al presente si vede che sono camere per i padri n. 10 e fratelli, et altre stanza n. 3 quali servono per foresteria.” La profferta ai padri Servi di Maria sarebbe venuta in seguito a un voto fatto “per grazia ricevuta” dalle comunità di Sarnico, Villongo, Credaro, Calepio colpite e liberate da contagio, secondo l’annalista servitano Antonio Giani (Annalium, I pp. 530 s.), e i Padri il 14 aprile 1469, là dove c’era una semplice cappella, diedero inizio alla costruzione di una vera chiesa dedicata a S. Maria delle Grazie. Venne ultimata nel 1507. “Assai magnifica et grande – secondo il Calvi – fatta a croce et tre quadri distinti, longa dalla porta maggiore al muro del choro braccia 55 e mezzo et larga sopra 19, con cinque altari senza il maggiore.” Venne consacrata il 16 luglio 1514. (Effemeride, I, 354, 436) A questo convento dei Servi venne unita un’altra chiesa poco distante da qui, in bella posizione e tuttora ben tenuta: san Giovanni sul colle Conisio, detta popolarmente San Giovanni delle Formiche. Ciò avvenne in seguito alla rinuncia del prete Bartolomeo Bonini che l’aveva officiata: il vicario generale della diocesi l’assegnava al p. Cristoforo da Rovato priore del convento. Innocenzo VIII acconsentiva poi alla richiesta del priore di unire formalmente e non solo funzionalmente le due chiese, come fossero un’entità sola, e ne sanciva l’unione canonica con suo breve del 3 marzo 1485.6 5 6 MAIRONI da Ponte G., Dizionario Odeporico, II, 61. ASV, Reg. Vat. 683, ff. 379r-380v. Riportata in CAMOZZI, II - 1982, pp. 112-114 (doc. 32). 110 3 – CLUSONE: S. Maria del Paradiso Il 23 aprile 1486 gli abitanti di Clusone, riuniti in assemblea, evidenziavano le cattive condizioni dell’ospizio pubblico, inadeguato a svolgere il suo ruolo di accogliere bisognosi e viandanti, e concludevano con l’auspicio e il proposito di invitare dei religiosi in grado di ben gestirlo. I Servi di Maria, che da oltre trent’anni erano a Bergamo e avevano avuto come priore il p. Benedetto da Clusone, espressero la propria disponibilità. Infatti il vicario generale dell’Osservanza padre Bonaventura da Forlì con sua lettera credenziale inviava tre confratelli originari proprio da Clusone – Benedetto Fanzago, Mariano e Innocenzo – con il mandato precipuo “in virtute salutaris obedientiae” di esaudire i voti espressi dagli abitanti e di costruire a Clusone convento e chiesa.7 I tre frati si presentarono il 7 settembre 1488 ai deputati della comunità i quali offrirono loro, con atto notarile, il sito per insediarsi e la facoltà di costruire. Il padre Stefano Marchetti, priore del convento nel sec. XVII, così descriverà (1650) il luogo: “Era un povero hospitale senza chiesa e convento, ma semplicemente una casupola chiamata in quella lingua bergamasca un brigno.” I religiosi lo accettarono comunque di buon grado. Alvise Canal, allora vicario della Valle Seriana Superiore, diede il suo consenso alla donazione e il doge Agostino Bembo, con ducale del 19 febbraio 1488 la ratificò. Nel giro di sette anni il convento e la chiesa erano già costruiti. “I Servi di Maria da Clusone diffusero tra la gente un’intensa devozione alla Addolorata, la cui immagine ritenuta miracolosa è dipinta su affresco, che risale probabilmente alla seconda metà del sec. XV. È tradizione popolare che l’immagine, quando fu sfregiata nel 1495 da un giocatore infuriato per via delle perdite subite, abbia emesso miracolose gocce di sangue. Nella nuova chiesa sarebbe poi stato incorporato il muro della cappella che all’esterno aveva l’immagine.” 8 7 8 AGOSM, Sezione Annalistica A, I, Conventi, ff. 146r-153r. FORCONI U., S. Maria del Paradiso, citato da CAMOZZI, I - 1981, p. 358. Clusone (BG): Il chiostro dei Serviti, poi Collegio Angelo Mai. 111 4 – ZOGNO: S. Maria dell’Annunciazione Ai Servi di Maria, invitati a Zogno, venne offerta la chiesa di S. Maria, costruita probabilmente nel 1325, che per qualche tempo funse anche da parrocchiale, fino alla costruzione della nuova parrocchiale di S. Lorenzo.9 L’insediamento dei padri Serviti a Zogno è contemporaneo a quello di Clusone e si svolse praticamente con le stesse modalità: invitati, i padri accettarono previa formale convenzione. Interessante la relazione seicentesca del p. Tomaso Maffei, priore di questo convento, che nel fornire la notizia essenziale accenna a dettagli (come l’arrivo processionale e l’accoglienza…) che sicuramente furono comuni in analoghe situazioni. Ecco quanto ebbe a scrivere il padre Tomaso…10 Il monastero di S. Maria di Zogno, dell’ordine de Servi della Beata Vergine Maria, è situato nella contrada principale di essa terra, poco discosto dalla chiesa parochiale e dalla piazza. Ha la chiesa dedicata alla SS.ma Annuntiata, et è popolarmente chiamata S. Maria; è chiesa assai capace con cinque altari, compreso l’altare maggiore, ne’ quali tutti si celebra, di molta devotione, frequentata da questi popoli per esservi anco eretta la scola e confraternita del Santo Crocifisso di S. Marcello di Roma. Della sua primiera fondatione si trova che dal 1488 fu dalla comunità di essa terra di Zogno, con instromento sotto il dì primo novembre del’istesso anno, dato e consegnato la chiesa, il cimiterio di una pertica di terreno incirca, la sagrestia e campanile con due campane al reverendissimo padre fra’ Sebastiano da Martinengo, priore del convento di S. Gottardo di Bergamo dell’ordine nostro de Servi, quale faceva a nome di tutti li altri padri d’esso convento; et accettò detta chiesa, sacrestia, cimiterio con la conditione che quelli di essa terra di Zogno potessero in perpetuo fare seppellire li loro morti in esso ciGABANELLI G., L’antica chiesa di S. Lorenzo martire e la chiesa di S. Maria Annunciata delle Terziarie Francescane, Zogno Notizie, 4/1979. 10 AGOSM, Negotia religionis a saec. XVII, 167, ff. 95r-97v. 9 Zogno (BG): il chiostro del convento servita. 112 Zogno: il convento di clausura delle Terziarie Francescane, già convento dei Servi di S. Maria. miterio, senza spesa alcuna. E sotto li 10 decembre dell’istesso anno 1488 il sudetto priore con li padri di detto convento di S. Gottardo di Bergamo, al numero di tredici, processionalmente con croce, pigliò il possesso di essa chiesa, facendovi piantare una croce davanti la chiesa e cimiterio alla presenza di grandissimo popolo concorso a tal solennità. Dopo, li padri comprorno una casetta vicino alla chiesa con tre pertiche di terra incirca per fabricare il convento; e l’anno 1495 li 25 aprile a supplicatione del reverendissimo padre Girolamo da Venetia, all’ora vicario generale della congregatione dell’Osservanza dell’ordine de’ Servi, e di tutta la comunità di detta terra di Zogno, monsignore reverendissimo Lorenzo Gabrieli, all’ora vescovo di Bergamo, ratifìcò il possesso e concesse, con suo “breve” di detto giorno, assoluto dominio della sudetta chiesa di S. Maria, campanile, sagrestia e cimiterio alli padri dell’ordine de Servi, con obbligo, in segno di riverenza e ricognitione di superiorità, di dare e consegnare ogni anno in perpetuo ad esso monsignore Vescovo e successori suoi nella domenica delle Palme una liretta di cera et una liretta d’incenso, dandogli in esso “breve” parimenti ampia libertà e licenza di fabricare nella sudetta casetta il convento et habitatione per li padri, come hanno poi fatto a poco a poco, in diversi tempi interpolatamente. Dopo le falcidie della “grande peste” e la sopraggiunta miseria, nel convento di Zogno il padre Maffei si ritrovava lui solamente con un frate converso. Egli descriveva così le condizioni e la situazione del momento (8 gennaio 1651). Il monasterio è di struttura meno che mediocre e consiste in un mezzo chiostro, nel quale al piano si ritrova una camera, il refettorio, cucina e cantina e loggia, due camerette da tenervi legna e carbone, con un dormitorio di cinque camere in fila, quali erano prima sette e sono state riformate in cinque, di modo che al presente le stanze di questo convento fra le publiche e private sono in tutto numero undici. Con l’autorità de superiori vi sono state assegnate famiglia de religiosi hora più hora meno, conforme la varietà de tempi fino al numero de sei, cioè quattro sacerdoti e due conversi; ma per le calamità dei tempi essendo cessate l’elemosine da alcuni anni in qua, non vi risiedono altri che il priore et un converso, quali al presente sono il p. Tomaso Maffei priore e fra’ Michele da Zogno. 11 Sul convento di Zogno, si veda: CAMOZZI E., I, p. 360; GABANELLI G., La chiesa e il convento di Santa Maria in Zogno, Ferrari 2002. 11 113 I conventi “contermini” del Lavello e di Rovato I due conventi sono situati al di fuori della provincia di Bergamo (sono, rispettivamente, di Lecco e Brescia) e però vicinissimi al territorio Bergamasco e anzi il Lavello fu sempre in provincia di Bergamo fino alla istituzione della provincia di Lecco, cioè pochi anni or sono. Dai documenti risulta un interscambio notevole di religiosi tra quei due conventi e la Chignola. Posti in posizione antitetica rispetto a Bergamo, i due conventi sorsero contemporaneamente e anche simultaneamente furono soppressi nel 1772. LAVELLO – Al Lavello, località tipica sulla riva sinistra dell’Adda in Fop- penico di Calolziocorte, i Servi di Maria vennero nel 1486. Essi provvidero subito alla costruzione della chiesa, consacrata nel 1490, sul luogo di una più antica. Entro il 1497 era costituito un piccolo convento per sei frati, dotato però di terreni e in particolare della possessione di Bisone, già del Luogo Pio della Misericordia di Bergamo. La chiesa del Lavello, dedicata alla santa Madre del Cristo, divenne presto assai nota e frequentata. Negli anni dal 1490 al 1568 sono segnalati molti eventi prodigiosi, che interessarono pellegrini dalla Brianza, dalla Valle San Martino, dalla Valle Brembana, dalla Valtellina. Nel corso del Cinquecento il convento fu ingrandito e rinnovato. Vi fu priore, in quegli anni, anche Giovanni Giacomo Gardani da Torre Boldone, frate della Chignola, figlio di artista “lapicida” (come già abbiamo potuto apprendere). Dal 1582 si provvide all’ingrandimento della chiesa nella struttura attuale, seguendo la precedente partitura in tre campate rette da archi trasversali. L’esterno è mosso dalle lesene dei contrafforti e dal cornicione ornamentale in cotto, sull’uso delle chiese conventuali. I lanzichenecchi, che calarono dalla Valsassina e attraversarono il ducato di Milano diretti alla guerra di Mantova, portarono la grande peste del 1629-30. Nel territorio della Repubblica veneta l’epidemia si manifestò dapprima proprio a Foppenico, a metà novembre 1629, e poi si propagò fino a Bergamo. Il convento divenne anche lazzaretto e i frati non ebbero scampo. Dopo la grave prova, i Serviti riordinarono il convento, sistemarono il chiostro minore nel 1642, alzarono le mura nel chiostro maggiore sopra il porticato nord. Nella chiesa, guasta da fumi e imbiancature, nel 1638 ripristinarono gli affreschi delle cappelle, posero quadri, e nel 1673 dedicarono a San Filippo Benizi la cappella laterale. Dal 1703 ripresero i lavori di ammodernamento con i priori Francesco Palazzi e Gerolamo Ratti, che riformarono l’ala nord del chiostro maggiore, con aumento del porticato, la costruzione del nuovo grande refettorio e dell’appartamento del priore, la distribuzione dei locali superiori con lo scalone e il corriConvento del Lavello: chiostro e portale della chiesa di S. Maria, ora santuario della parrocchia di Foppenico. doio di collegamento fra i due nuclei. Dal 1725 si cercò di ravvivare lo spirito con gli esercizi spirituali e messe solenni in giorno di sabato (dedicato alla B. V. Maria), aggiungendovi una predicazione accurata per le Quaresime dettate dai padri dei conventi di Bergamo e Rovato. Nella chiesa, rimodernata con altari in marmi intarsiati, statue e numerosi quadri dei nuovi beati dell’Ordine, la liturgia era sorretta dalla possente voce del maestoso organo secentesco e le feste acquistavano le tipiche scenografie barocche. Nel 1772 la Repubblica di Venezia procedette alla soppressione del convento, come fece per altri sette della Provincia Veneta dell’Ordine, tra i quali anche quello dell’Annunziata di Rovato. Dopo peripezie varie si è giunti all’attuale situazione: il complesso conventuale, appartenente alla parrocchia di Foppenico, è posto sotto la tutela gestionale della Fondazione del Lavello, che procede a restauri diligenti e ne cura la valorizzazione, mentre la chiesa (Santuario del Lavello) è parte della parrocchia di Foppenico. ROVATO – “Morto e risorto” – si potrebbe dire – perché questo convento è tuttora vivo e appartiene di nuovo allo stesso Ordine dei Servi di Maria. La sua posizione è splendida. “Sul monte Orfano, nel cuore della Franciacorta, tra gli ultimi ulivi secolari e i rari boschi di querce, il Convento dell’Annunciata è, dal 1449, un luogo dello spirito, sorto dall’incontro tra architettura e natura, tra bellezza e silenzio. Il duplice polo verso cui si muove la vita di ogni comunità, cioè la contemplazione e il servizio, la ricerca di Dio e l’incontro con i fratelli si trova iscritto in modo esemplare nella posizione e nelle architetture stesse di questo convento.” 12 FAUSTINI MICHELA, Il convento dell’Annunciata sul Monte Orfano in Rovato-Brescia, GAM Editrice, 2000. 12 115 Rovato (BS): il convento dei Serviti sul Monte Orfano tuttora appartenente all’Ordine. Rovato (BS). Due fraticelli (come alla Chignola) ottennero dal comune di Rovato e dal vescovo il permesso di fabbricare chiesa e convento sul caratteristico Monte Orfano, sul luogo ove anticamente vi era una chiesetta dedicata a Maria Annunciata. Nel 1452 si costituisce la prima comunità, con undici frati. Con la fattiva collaborazione delle genti di Rovato e Coccaglio il convento si amplia e viene costruita la chiesa, consacrata nel 1507. Attesero alla decorazione artisti di chiara fama (Liberale da Verona, Antonio e Bartolomeo Vivarini, Girolamo Romanino…). Questo convento ebbe da subito un ruolo importante nell’Ordine, poiché vi si celebrarono spesso (a partire dal 1463) i Capitoli generali della Congregazione dell’Osservanza. Centro religioso molto frequentato, irradiatore di carità e di servizio agli umili, il convento è stato anche un esempio di attività agricola svolta dai frati con tenace lavoro dei campi, che coltivavano viti e ulivi e trasformavano con sapiente finezza i prodotti della terra. In occasione di pestilenze il convento veniva trasformato in lazzaretto. Così fu nel 1630, quando nell’assistenza agli appestati vi morirono cinque frati. Cessato il contagio, la chiesa e il convento vennero imbiancati e sparirono gli affreschi (ricomparsi solo, in parte, dopo i restauri del 1960); venne però costruito (1642) lo splendido doppio loggiato sul lato meridionale, inimitabile balconata verso la pianura bresciana. Una drastica soppressione da parte di Venezia venne perpetrata nel 1772 e l’anno seguente il convento venne venduto all’asta. Passò in mani diverse ma non subì danneggiamenti irreparabili. Nel 1960, dunque dopo due secoli, i Servi di Maria poterono riscattarlo e, restaurato, nel 1963 vi ritornarono al canto della Salve Regina. E – vera ricchezza spirituale – vi sono tuttora con quel inimitabile spirito mariano dei Sette Santi Fondatori. 116 DOCUMENTO ORIGINALE: bolla di Innocenzo VIII (1484). Archivio Segreto Vaticano Registro Vaticano n. 683, fogli dal 201 verso al 203 recto. Appendice I I Documenti Documento 1 1484: Il Papa conferma l’unitarietà dei conventi di Santa Maria della Chignola in Ranica e di San Gottardo in Bergamo. Breve di Innocenzo VIII (ASV, Reg. Vat., 683, ff. 201v-203r.) Innocentius etc. Ad perpetuam rei memoriam. Ex iniuncto nobis desuper apostolici servitutis officio ad ea libenter intendimus, per que devotioni fidelium animarumque saluti consuli possit ac divinus cultus et regularis observantia continuum suscipiat incrementum. Sane pro parte dilectorum filiorum prioris et conventus domus Pergamensis fratrum Servorum Beate Marie ordinis S. Augustini observantie regularis nobis nuper exhibita petitio continebat quod alias quondam Pacificus de Pergamo et Silvester de Brixia, dicti ordinis professores, in ecclesia eiusdem B. Marie de Chignola Pergamensis diocesis parochiali ecclesie Septem Fratrum de la Ranicha eidem diocesi subiecta, vitam ducere et inibi divina officia celebrare ac verbum Dei predicare, dictam ecclesiam S. Marie per tunc rectorem dicte parochialis ecclesie ipsi ad hoc ut in illa unam domum pro eorum ac quatuor aliorum dicti ordinis fratrum conventualium perpetuis usu et habitatione edificarent concessam prout per speciale privilegium dicti ordinis professoribus ab Apostolica Sede concessum poterant receperunt ac tunc vicarius tunc episcopi Pergamensis in spiritualibus generalis, habens ad hoc ut asserebat specialem ab eodem episcopo per eum litteras facultatem illius vigore concessionem predictam auctoritate ordinaria approbavit et confirmavit. Et deinde postquam ipsi Pacificus et Silvester in dicta domo per quadriennium vel circa habitaverant, tunc prior generalis fratrum Servorum ordinis huiusmodi fratres de observantia ordinis eiusdem in dicta ecclesia beate Marie introduxit ac ipsi fratres ex piis fidelium elemosinis unam domum inibi cum campanili humili campana et aliis necessaris officinis pro eorum usu et habitatione construi et inedificari fecerunt et aliquandiu illam inhabitarunt, prout inhabitant de presenti. Postmodum vero prefatus generalis, habens ad hoc ut asserebat ab eadem Sede specialem per eum litteras facultatem illius vigore et etiam ex sui generalatus officio dictam domum de novo constructam et edificatam domui Pergamensis huiusmodi perpetuo univit annexit et incorporavit, prout in quibusdam litteris autenticis ipsorum prioris generalis et vicarii desuper confectis dicitur plenius contineri. Cum autem, sicut eadem petitio subiungebat, ab aliquibus de iuribus unionis annexionis et incorporationis predicte hesitetur, pro parte eorundem prioris et 119 conventus asserentium quod domus de novo constructa seu edificata huiusmodi fratribus dicte domus Pergamensis pro tempore degentibus pro eorum usu et habitatione est admodum necessaria, nobis fuit humiliter supplicatum ut domus de novo constructa seu edificata huiusmodi per priorem dicte domus Pergamensis de cetero perpetuis futuris temporibus regatur et gubernetur, itaque fratres unius etiam fratres alterius existant, et ambe domus sicut unum corpus statuere et ordinare aliasque in premissis oportune providere de benignitate apostolica dignaremur. Nos igitur, qui divini cultus augmentum et religionis propagationem animarumque salutem supremis desideramus affectibus, prefatos priorem et conventum ac eorum singulos a quibuscumque excommunicationis suspensionis et interdicti etc. aliisque ecclesiasticis sententiis censuris et penis a iure vel ab homine quavis occasione vel causa latis, si quibus quomodolibet innodati existunt, ad effectum presentium dumtaxat consequendum, harum serie absolventes et absolutos fore censentes, huiusmodi supplicationibus inclinati, quod dicta domus de novo constructa ac edificata per priorem dicte domus Pergamensis pro tempore existentem de cetero perpetuis futuris temporibus regatur et gubernetur ac fines unius domus etiam fines alterius sint et esse censeantur, dicteque due domus unum corpus existant, auctoritate apostolica tenore presentium statuimus, decernimus et ordinamus ac eisdem priori et conventui quod bona mobilia et immobilia, que per ecclesiasticas personas sive seculares eidem domui de novo constructe, etiam antequam domus dicti ordinis construeretur, legata fuerunt et ad illam quomodolibet spectant, petere, exigere et vendicare ac in eorum et dictarum domorum usum utilitatemque convertere libere et licite possint et valeant, dicta auctoritate earundem tenore presentium de specialis dono gratie concedimus pariter et indulgemus. Non obstantibus constitutionibus et ordinationibus apostolicis, ac statutis et consuetudinibus domus Pergamensis et ordinum predictorum iuramento, confirmatione apostolica rei quavis firmitate alia roboratis ceterisque contrariis quibuscumque. Nulli ergo etc. nostre absolutionis statuti constitutionis, ordinationis, indulti et concessionis infringere etc. Si quis autem etc. Datum Rome, apud S. Petrum, anno Incarnationis Dominice millesimo quadringentesimo octuagesimo quarto, decimo kalendas decembris, pontificatus nostri anno primo. Bolla papale per l’Ordine dei Servi di S. Maria. 120 Documento 2 1489: I rapporti tra il convento della Chignola e il parroco di Ranica definiti mediante arbitrato (AP/Ranica – copia d’archivio) In Christi Nomine. Amen Die vigessimo secundo mensis Maij anni millesimi quadragentesimi octuagesimi noni indictione septima in Monasterio prepositure sancti Bartolomei de Rasulo Pergami, in refetorio eiusdem, presentibus ibidem venerabilibus dominis fratribus Thome quondam Xristofori de Mariano ducatu Mediolani, Philipo de Castrijs de Suriselle et Antonio de Casulanis de Crema omnibus ordinis Humiliatorum, et domino presbitero Francisco de Zaferiis de Nimbro, omnibus testibus notis, ad hec vocatis et rogatis et asserentibus se cognoscere infrascriptos dominos arbitratores et quemlibet eorum et me notatrium. Ibi venerabiles domini frater Antonius de Russis ordinis Humiliatorum, prepositus ecclesie et monasterij Sancti Bartholomei de Rasulo Pergami, et dominus presbiter Alamaginus de Fine, rector ecclesie sancti Martini de Alzano Inferiori episcopatus Pergami, arbitri, arbitratores, arbitramentatores, amicabiles compositores et amici communes, alias ellecti per et inter venerabilem dominum fratrem Sebastianum de Martinengo priorem conventus monasterij sancti Gotardi ordinis Servorum beate Marie extra muros Pergami et dominum fratrem Isidorum dicti ordinis sindicos et sindacario et procuatorio nomine fratrum dicti conventus et monasterij predicti sancti Gotardi per cartam ipsius sindicatus et procure rogatam per Guidonem de Cararia notarium die sexto Aprilis anni supradicti, ex una; et venerabilem dominum presbiterum Jacobum de Ceronibus de Serina rectorem ecclesie Sanctorum Septem Fratrum de la Ranicha pergamensis diocesis agentem ex alia parte, ad declarandum arbitrandum terminandum quietum et amicabilem componendum inter dictas partes suis et dictis nominibus et in et super eorum lite et diferentia versa et vertente inter et per dictas partes suis et dictis nominibus ut supra, coram prefato domino Antonio de Russis et domino presbitero Antonio de Alchaynis archipresbitero plebis sancti Johannis de Dosena pergamensis diocesis, olim iudicibus delegatis Apostolicis inter dictas partes, prout latius constat in ipso instrumento compromissi et ellectionis rogato per me infrascriptum notarium Tomaxium de Castione die septimo mensis Aprilis proxime decursi, ad quod relatio habeatur prius per prefatos dominos arbitratores et amicos comunes ut supra. Visa dicta comissione sibi facta et rogata ut supra; et visa acceptatione per eos facta in premissis; et visis prorogationibus ipsius compromissi rogatis per me notarium antedictum; et viso instrumento sindicatus et procure facto in dictos dominos fratres Sebastianum et Isidorum; et visis litteris Apostolicis in forma consueta datis per Sanctissimum dominum Sixtum olim Papam quartum, datis Rome apud Sanctum Petrum sub anno MCCCCLXXX; et viso instrumento unionis facto de dicta ecclesia Sancte Marie de Chignola cum dicta ecclesia Sanctorum Septem Fratrum dela Ranicha rogato per Johannem Franciscum de Salvetis notarium; 121 et viso instrumento renuntie alias facto per dominum fratrem Honorium de Pergamo vicarium generalem totius ordinis Beate Marie Virginis rogato per Stephanum de Lallio notarium; et viso quodam instrumento aprensionis et inventarij bonorum ipsius ecclesie Sancte Marie de Chignola ut in dicto instrumento continetur, rogato per Johannem Philippum de Zanchis notarium; et viso quodam instrumento licentie seu concessionis alias facto per dominum presbiterum Xristoforum de Calepio tunc rectorem prefate ecclesie Sanctorum Septem Fratrum de la Ranica, rogato per Bonomum Regucij de Alzano Superiori notarium; et visa quadam affirmatione alias facta per reverendum dominum Johannem Petrum de Usulo tunc vicarium reverendissimi Domini domini Ludovici Donato, olim episcopi Pergamensis, et rogata per suprascriptum Stephanum de Lallio notarium; et auditis ipsis partibus pluries et pluries in contradictorio judicio; et visis terminis datis utrique parti suis et dictis nominibus ut supra ad probandum et probatum habendum; et auditis alegationibus ipsarum partium quas fecerunt et fieri facere voluerunt in premissis et circa premissa ; et habitis informationibus de predictis omnibus et singulis tam ab hominibus habitantibus il loco de la Ranicha quam a cicumvicinis; et visis videndis et auditis audiendis in predictis et circa predicta: volentes prefati domini arbitri et arbitratores ut supra, dictas partes ad pacem et concordiam reducere et magis conponere quam iudicare, pro bono pacis et concordie, et finem dicte litis imponere et sumptibus, laboribus, expensis ipsarum partium parcere, omni meliori modo et forma quo fieri potest, Xristi Nomini invocato, prefati domini arbitri et arbitratores ut supra amicabiliter componendo dixerunt, pronuntiaverunt, terminaverunt, composuerunt, arbitrati et arbitramentati fuerunt et sunt et amicabiliter composuerunt in hunc modum et forma, videlicet: Primo, dixerunt et pronontiaverunt prefatam Ecclesiam Sancte Marie de Chignola fuisse et esse membrum prefate Ecclesie Sanctorun Septem Fratrum de la Ranicha, pergamensis diocesis, salvis semper infrascriptis; Item, salvis predictis, prefati domini arbitratores ut supra dixerunt et pronontiaverunt predictos dominos fratres Sancti Gotardi ordinis Beate Marie Servorum extra muros Pergami stare et permanere debeant perpetuo tempore in prefata Ecclesia Sante Marie de Chignola et domibus eiusdem, celebrare divina offitia et ibidem construere alia edifitia, prout ipsis fratribus videbitur et placuerit, cum hoc tamen quod predicti fratres non possint nec debeant aliqua sacramenta et ecclesiastia ministrare in dicta ecclesia preter confessiones, nec per domos dicte parochie sine licentia rectoris dicte ecclesie Sanctorum Septem Fratrum ire. Et cum hoc etiam, quod ipsi domini fratres teneantur et debeant et astricti et obligati sint dare et solvere predicto domino presbitero Jacobo de Ceronibus rectori ut supra et successoribus eius canonice intrantibus in omni solemnitate Nativitatis sancte Marie Virginis libras quatuor et mediam imperialium et singulo die Sanctorum Septem Fratrum cereum unum cere valoris soldorum viginti imperialium. Et hoc ex causa recognitionis et pro bono pacis et concordie. Et cum hoc etiam quod predicti domini fratres ut supra teneantur et debeant mittere et mandare duos sacerdotes ex eis vel ad minus unum ad celebrandum missam in dicta ecclesia Sanctorum Septem Fratrum de la Ranica singulis diebus Nativitatis ac Resurrectionis Domini Nostri Jesu Xristi, salvis semper infrascriptis. 122 Item, salvis semper infrascriptis, prefati domini arbitri et arbitratores ut supra dixerunt et arbitrati fuerunt et sunt quod predictus dominus presbiter Jacobus rector ut supra et eius successores teneantur et debeant ire singulis diebus Annuntiationis gloriose Virginis Marie et Nativitatis eiusdem ad cantandum sive in verbis dicendum Missam in dicta ecclesia Sancte Marie de Chignola, et etiam aliis diebus, si predicto domino presbitero Jacobo et eius successoribus prefatis placuerit, salvis semper infrascriptis. Item, salvis predictis, dixerunt pronontiaverunt et arbitrati et arbitramentati fuerunt et sunt quod casu quo prefati domini Fratres et conventus eorumdem nolent stare predicto arbitramento et pronuntiamento ut supra dictum est, et firma ratha et grata habere et tenere et executioni mandare prout supra, quod tunc et eo casu prefata ecclesia Sante Marie de Chignola sit et esse debeat ac remaneat in gubernatu ipsius domini presbiteri Jacobi et eius sucessorum predictorum, salvis infrascriptis. Item, salvis predictis, prefati domini arbitratores ut supra dixerunt et pronontiaverunt et arbitramentati fuerunt quod prefatus dominus presbiter Jacobus rector et eius sucessores teneantur et debeant et astricti et obligati sint executioni mandare et ratha et grata habere et tenere omnia predicta prout supra. Et casu quo nolent predicta omnia habere et tenere firma et ratha et executioni mandare, quod tunc et eo casu sic eveniente dicta ecclesia Sancte Marie de Chignola remaneat et remanere debeat predictis Fratribus, libera a predictis omnibus ut supra arbitratis, salvis infrascriptis. (omissis) Ego frater Sebastianus de Martinengo ordinis Fratrum Servorum, prior conventus sancti Gotardi extra muros Bergomi, confirmo ut supra et me subscripsi manu propria Ego frater Isidorus de Pergamo, sindicus predictorum fratrum, confirmo ut supra et me subscripsi manu propria Ego presbiter Jacobus, predictus rector ut supra, confirmo et aprobo ut supra et me manu propria subscripsi Et de predictis omnibus et quolibet eorum prefati domini arbitratores ut supra rogaverunt me notarium infrascriptum ut publicum confitiam instrumentum. (omissis) S.N. – Ego Tomaxius Philippi de Castione imperiali auctoritate notarius publicus pergamensis predictis omnibus et singulis, dum sic agerentur et fierent una cum prenominatis testibus interfui, rogatus tradidi et scripsi, et in signum rei me subscripsi meo signo tabelionatus consueto apposito. Notaio Tommaso di Filippo da Castione, Arch. di Stato, Bergamo, cartella 729. 123 Documento 3 1575: La visita apostolica di S. Carlo alla Chignola Monasterium S. Mariae fratrum Servorum VISITATIO Ecclesia monasterij fratrum S. Mariae ordinis Servorum, ubi resident duo fratres a missa et unus conversus: prior est pater Honorius de Bellotis ordinis Servorum, bergomensis. Ecclesia est consecrata. Altaria sex adsunt.* In ea ecclesia celebrantur due missae diebus festivis in aliis vero raro. Adest onus celebrandi viginti in anno, tempore quadragesimae, ex legato pd. d. de Burris et hoc ultra alias missas, quas celebrare facit Misericordia Ranicae, prout infra dicetur. In altare S. Mariae Annuntiate adest scola quae celebrare facit singula prima dominica mensis ex devotione. Altare aliud S. Mariae del Spasimo in capella extra ecclesiam. Canunt Vesperas diebus festis. (A.G. RONCALLI: La Visita Apostolica di San Carlo, Ranica, II-II, p.126) DECRETA Altare maius ornetur ad formam. Altari S. Mariae, adhibeatur, lapis sacer ad mensuram et icona aptetur. Altare, quod est prope suprascriptum S. Mariae in capella de novo fabricata, intra mensem ornetur ad formam, alioquin statim tollatur. Fenestra, quae est in fronte dicti altaris per quam missa introspicitur, muro obturetur. Altare, quod est a latere epistolae extra capellam maiorem, valde parvum et indecens, omnino intra triduum tollatur Altare S. Philippi, mensis spatio, ad formam aptetur et ornetur, alioquin mox tollatur. Sepulcrum, quod dicto altari adheret, mensis spatio humo oppleatur et pavimentum penitus adequetur, nec amplius usui sit. Altare S. Antonii concinnetur et ornetur ad formam et in primis lapis illi sacer inseratur: bradella ab omni latere accomodetur. Altare S. Mariae del Spasimo nuncupatae, in cappella extra ecclesiam, ad quod alias populus frequens adventabat ob miracula, altius extruatur et ad formam, ita ut in medio cappellae sit bradella omni ex latere circumdetur et aptetur: lapis sacer, qui ad mensuram sit, in altari sic inseratur ut nullo modo emineat. Fenestra, quae in dicta cappella sita est, per quam introspicitur, altius fabricetur, aut muro obstruatur, mensis unius spatio. Sacristia quamprimum aedificetur et in omnibus, ad formam instructionibus generalibus praescriptam, refecta sit. (Ibidem, II-II, 130) * L’altare maggiore “habet iconam lapideam”; l’altare dell’Annunziata; l’altare di S. Filippo “habet picturas loco icone”; l’altare di S. Antonio “habet iconam tele picte”; l’altare di S. Maria dello Spasimo “sub fornice picta, ad quod alias erat concursus populi propter miracula, sed nunc non valde frequentatur… habet icoman vetustam” (Ibid. Vol. XXIII, fasc. 38). 124 Documento 4 1651: Relazione del priore p. Alciese Barlotti In ottemperanza al breve pontificio “Inter caetera” (AGOSM, Negotia Religionis a saec. XVII, 167, ff. 90r-92r, 49r-v.) Il monastero di Santa Maria della Chignola dell’ordine de Servi, posto nel comune della Ranica, diocese di Bergamo, lontano dalla città due miglia e poco descosto dalla suddetta terra confina alla strada publica. Fu fondato et eretto circa l’anno 1450, per quanto trovo da alcuni istromenti di detto convento, e la fondatione non l’ho potuta trovare per quanta diligenza habbia potuto usare. Nota che nel tempo della peste del 1630 morirno tutti i frati e vi hahitò per un mese quelli che sepellivano i morti, tanto che tornorno altri frati, e quella volta può essere che abbruciassero li libri vecchi, perché non vi sono se non li moderni, che appunto mi vien detto che abruciorno assai robba. Per quanto si ricorda da molti anni in qua, s’osserva li patti infrascritti con il reverendo signore curato della Ranica: – prima è jus di venire a cantare messa le nostre solennità che sono due; – secondo se li paga un livello annualmente di scudi 8,10. La chiesa è sotto il titolo et invocatione di S. Maria del Spasimo, competentemente grande, con cinque altari forniti di tutta perfettione, a quali si celebra, e di più vi è ancora un altra giesiola della Madonna miracolosa, che rifferiva nella chiesa maggiore, nella quale gesicola vi è un altare, al quale si celebra. Il convento è cinto di muro con un chiostro assai grande, restaurato alla moderna, con stanze n° 11. Anticamente vi abitavan tre sacerdoti et un laico, di presente vi hahitano di famiglia due sacerdoti et un laico, cioè: il prete Alciese Barlotti da Bergamo, priore, et il molto reverendo pre’ Pietro Baldelli da Bergamo, et fra’ Carlo Bertos da Gradisca. Il sudetto convento ha un horto d’una pertica in circa, cinto di mura che rifferisce nel chiostro. Il detto convento ha sedici pertiche di terra arrativa et vidata, confinante al monasterio, dalla quale si cava in nostra parte stara quattordici formento un anno per l’altro, raguagliati alli sei anni precedenti, quali si valuta un anno per l’altro a ragione di some paoli 98 che sono di moneta romana sc. 9,80 più dalla cerca della biada un anno per l’altro si trova formento stara quattordici, vale paoli 98 cioè sc. 9,80 dalle sudette sedici pertiche di terra, che sono campi n. 4, si cava un anno per l’altro stara dodici melgotto che vale paoli 45 sc 4,50 ancora dalli sudetti campi si cava vino un anno per l’altro brente n. 11 raguagliati alli sei anni, che vale sc. 12,20 dalla cerca viene un anno per l’altro brente de vino che vale paoli 23 e sono sc. 2,30 il convento ha una pezza di terra di pertiche dieci, quale si fitta paoli 60 sc. 6 125 item il detto monasterio ha censi e livelli in più capi d’entrata annuale esigibili paoli n. 190, in tutto sono sc. 19 item ha un bosco dal quale si cava ogni nove anni paoli 50, che tocca per un anno sc. 0,60 item di messe che vengono un anno per l’altro paoli n. 150, che sono sc. 15 item ancora per la cerca della bussola paoli 50 sc. 5 item per la cerca della lana si cava un anno per l’altro paoli n. 40, vale sc. 4 item per elemosine che vengono in chiesa un anno per l’altro verrà circa paoli 30 sc. 3 vi è anco la cerca del pane che può venire circa il valore di paoli 80, vale sc. 8 di più vi sono le legna che si cavano dalli campi del sudetto convento che possono valere circa paoli n. 30, vale sc. 3 dall’horto ne cava una soma melgotto che vale sc. 3 Prima il convento ha di spesa per andare al capitolo; un anno per l’altro, quando non si va annualmente, tocca paoli 30 vale sc. 3 item per le tasse che si paga al preposto reverendissimo generale, preposto provinciale e socio, et ancho al regente del studio di provincia in tutto paoli 35 e 10 di questa nostra moneta, che sono sc. 3,50 item si vole per uso di convento some 4 di formento che vale paoli n. 224, che sono sc. 22,40 item in vino ghe ne vole ogni anno brente 18 che vale paoli numero 198 raguagliati alli sei precedenti, sono sc. 19,80 item in menestra paoli 25 vale item per il vestiario dei preti e fratelli, paoli 134, sc. 2,50 sc. 13,40 item in oglio per la chiesa e convento si spende annualmente paoli 70, che sono sc. 7 item in cera si spende 80 paoli, che sono sc. 8 item per la visita del superiore sc. 3 item per rimetter utensili si spende circa sc. 3 Noi infrascritti col mezzo del nostro giuramento attestiamo d’havere fatto diligente inquisitione e recognitione dello stato del monasterio sudetto, e che tutte le cose espresse di sopra e ciascuna di esse sono vere e reali, e che non habbiamo lasciato di esprimere alcuna entrata o uscita o peso del medesimo monasterio che sia pervenuto alla nostra notitia et in fede habbiamo sottoscritto la presente di nostra propria mano e segnata col solito sigillo questo dì 7 gennaio 1651. Io fra Alciese Barlotti da Bergamo, priore del sudetto convento. 126 Sommario Stato del convento di S. Maria dello Spasimo di Ranica, terra diocese di Bergamo. Trovasi questo convento havere l’entrata certa di terre, livelli, legati sc. 58,60 incerta d’elemosine e sagrestia sc. 47,10 tutta la detta entrata ascende a sc. 105,70 All’incontro ha spesa ordinaria di contribuzioni alla religione, medico barbiere, lavandaro sc. 8,60 la spesa incerta di medicine, foresterie, risarcimenti, utensili sc. 23 tutta la detta spesa è di sc. 31,60 Quale detratta resta l’entrata libera sc. 74,10 Con la quale si sono mantenuti frati in numero 3, assignateli dal concilio provinciale della Provincia. Documento 5 1656: Dispaccio del Nunzio apostolico Carlo Caraffa al vescovo Luigi Grimani per sequestrare il convento In Venetia li 27 Maggio 1656 “…Havendo la Santità di Nostro Signore dato a me ordine speciale, con un suo breve spedito sotto l’anello del pescatore e data 28 aprile prossimo passato, licentiato da quest’Eccellentissimo Senato, di dover vendere i beni d’un numero di conventini esistenti dentro questo Serenissimo Dominio, e già suppressi dalla felice memoria di p.p. Innocenzo X, per doversi applicare il prezzo in difesa del Regno di Candia, nella forma prescritta nel medesimo breve, supplico V. S. illustrissima degnarsi di fare dal suo Vicario generale o altro suo ministro sequestrar subito in mio nome coll’intervento de signori Publici rappresentanti tutti i beni stabili, entrate, rendite e qualvisiano ragioni e mobili, così sacri come profani, spettanti alli conventini qui sottonotati, che sono nella sua diocesi, deputando nel medesimo tempo economi fedeli e di tutta integrità, che siano di piena sodisfattione di codesti Signori eccellentissimi Rettori, con procurare di mandare a me quanto prima nota così de stabili, rendite et altre ragioni, come de mobili sacri e profani, delle qualità delle fabbriche, de gl’oblighi di Messe e d’altri pesi delle chiese di detti conventini, quello di più che stimerà la sua prudenza di suggerirmi, per dover prendere quelle risoluzioni che saranno necessarie e conformi all’ordine di Sua Beatitudine. Scrivendo la presente con la partecipazione dell’eccellentissimi signori Alvise Foscarini, signor Andrea Contarini cavagliere, e signor Andrea Pisani, procuratori di S. Marco. 127 Detti conventi sono: Tre de’ Servi: Santa Maria della Chignola nel comune di Ranica, Santa Maria del Paradiso di Clusone, Santa Maria dell’Annuciatione di Zogno; Convento di Agostiniani: San Nicolò di San Pellegrino.” Documento 6 Nomina di don Giovanni Ronchi a economo del conventino già soppresso di Santa Maria della Chignola Il molto illustre et reverendissimo monsignor Vicario Generale della Curia episcopale di Bergamo, sedendo etc., assistendo gl’illustrissimi et eccellentissimi signori rettori di questa città, per riverente essequtione di lettere di monsignor illustrissimo et reverendissimo Nonzio apostolico ressidente in Venetia de dì 27 maggio prossimamente scaduto, ha eletto et deputato, elegge et deputa in ecconomo generale di tutti gli beni di qualonque sorte del convento de reverendi frati Serviti del luoco detto la Chigniola, nel comune della Ranica, diocesi di Bergamo, et dell’entrate, rendite, livelli, affitti et ragioni tutte, com’anco dei mobili et supellettili, tanto sacre della chiesa di detto convento, quanto profane, niuna cosa ecettuata, il molto reverendo signor don Giovanni Ronchi curato di Ranica come a questa carica habile, atto et d’integrità totale, et anco di piena sodisfattione d’essi eccellentissimi signori rettori, dando al predetto signor ecconomo omnimoda libertà di operare quanto farà di mestieri. Actum presentibus dominis Aloysio de Aloysiis et Jacobo Antonio Gallinono sacerdotibus testibus rogatis. Ita est. Joannes Baptista Lavezzarius canonicus vicarius generalis. Adì detto nel refetorio del convento della Chignola. Constituito l’antedetto reverendo signore Giovanni Ronchi curato della Ranica spontaneamente et con ogni altro miglior modo ha accettato et accetta la carica di ecconomo de beni detti, rediti et entrate di detto convento di S. Maria della Chignola et ha ricevuto et riceve in custodia et consegna le supelettili tanto della chiesa quanto di esso convento, descritti nell’inventario hoggi formato, promettendo etc. obligandosi etc. Actum presentibus perillustribus dominis Carolo Paparotto cancelliere pretorio, Giovanni Ferabò. 128 Documento 7 Decreto di sequestro dei beni mobili e immobili dei conventini soppressi (AC/BG, Monasteri soppressi, busta 2: Religionis Cruciferae modo supresse, f. 36r-v) Giovan Battista Lavezzari, dottore dell’una e l’altra legge, canonico della cathedrale di Bergamo et Vicario generale di monsignor illustrissimo et reverendissimo Luigi Grimani vescovo di Bergamo et conte. Assistendo gl’illustrissimi et eccellentissimi signori Nicolo Venier podestà et Piero Gradanigo capitano, rettori di Bergamo et suo distretto. Essequendo le lettere di monsignore illustrissimo et reverendissimo Nontio Apostolico ressidente in Venetia date sotto li 27 maggio prossimamente spirato, ordiniamo et comettiamo a qualunque publico officiale et ministro, che in virtù delle presenti, debba apprendere et pigliar possesso di qualonque stabili di raggione delli conventi di S. Maria della Chignola, nel comune della Ranica, di Clusone et di Zogno della religione de frati Serviti, et di S. Pellegrino in Valle Brembana della religione de frati Agostiniani di già supressi dalla pia memoria della Santità di papa Innocentio X come in esse lettere si fa mentione etc., et anco di sequestrare, arrestare, interdire et depositare in mano di qualsivoglia persona qualonque entrate, frutti, crediti, dinari, ragioni, mobili et supellettili, tanto sacre, quanto profane, et qualonque altra cosa aspettante et appartenente alli medesimi conventi et lor chiese, et perciò di far comandamento a qualonque sequestratario over depositario, che in pena di scudi 2.000 di pagar due volte del proprio e altre pene, debba il tutto tener in sequestro et fido deposito ad mandata iustitiae, aliter etc. Cometemo inoltre a qualsisia persona di qualonque stato, grado et conditione, che non ardisca sotto verun pretesto impedire o retardare all’infrascritto signor nostro cancelliere il fare qualonque inventario di mobili et supellettili sacre et profane di essi conventi et loro chiese, et qualsisia descrittione di stabili, fabriche et beni di qualonque sorte sotto l’antedetta pena et maggiori, et anco sotto quelle censure, che in ciò saranno convenienti in caso d’inobedienza. In quorum etc. Dal vescovado di Bergamo, lì 3 giugno 1656. Ioannes Baptista Lavezzarius canonicus vicarius generalis. D. Petrus Petrobellus cancellarius episcopalis. 129 Loco + del sigillo Documento 8 Inventario d’ogni cosa del convento e della chiesa di Santa Maria dello Spasimo con tutti i beni annessi redatto dall’economo don Giovanni Ronchi* (AC/BG, Religionis Cruciferae, ff.58r-66r) A Adì 6 giugno 1656. Il convento de reverendi frati Serviti di S. Maria della Chignola nel comune della Ranica consiste nelle sottoscritte stanze: prima vi è un claustro con le sue colonne di pietra et cortile in mezzo, la di cui porta è verso sera; dalla parte verso mattina vi è il reffettorio, la cantina, la cucina et un altro luogo, tutti a volto; verso mezzogiorno vi è il brolo di pertiche due incirca con viti e piante frutifere; verso monte vi è una stalla. Si ascende alle stanze superiori per una scala di pietra di tre rami, et sopra vi sono sette camere, tutte a travi con un solaro. La chiesa ha la porta maggiore verso monte; ha cinque altari computato il maggiore, sofittata a travi. Dalla parte verso sera vi è una capelletta sotto l’invocatione della beata Vergine dal Spasimo, con un altare nella di cui pala vi è dipinta la beata Vergine del Spasimo a guazzo con la invetriata. Sopra all’altare vi sono quattro candelieri di ottone piccoli con una croce di ottone, un palio di raso cremese et parte di ormisino celeste, un altro bianco di damasco vecchio, una lampadetta di ottone, due coscini vecchi et gialli, una cassetta per l’ellemosine et alcuni voti in tavolette apposte al detto altare. All’altare maggiore d’essa vi è la pala nella quale è dipinta la Natività della Beata Vergine, vi sono quattro candelieri d’ottone: due piccoli et due grandi, una croce di ottone, due cuscini di damasco bianchi. All’altare della Natività vi è la pala dipinta sulla tela a guazzo, quattro candelieri piccoli d’ottone et la croce di legno; segue l’altro altare con la figura scolpita in legno di S. Carlo, con la croce di legno et due candelieri di legno. Dall’altra parte vi è l’altare di S. Pietro et Giacomo con la pala dipinta a olio, due candelieri d’ottone et due di legno, la croce di legno. Segue poi l’altare di S. Antonio Abbate, quale ha la pala dipinta a guazzo, due candelieri con la croce di legno. A ciascheduno altare vi sono le lampadette di ottone et le tavolette per le secrete. Dietro l’Altare Maggiore vi è il coro, nel quale si fa anco sacristia. In essa sacristia vi è un calice d’argento solo con il piede di rame adorato, due patene di rame adorato, un camise solo di tela, un cordone, due amiti, anime sei, purificatori vinticinque, borse quattro vecchie per li calici, un turibolo et navicella d’ottone, pianete cinque, una bianca di ferandina con le liste di seta bianca e rossa, una rossa et gialla di rasetti, un altra bianca pure di ferandina, una verde di damasco con la croce di ferandina bianca et rossa a fiori, una pavonazza di grograno con le stole et manipoli compagne. 130 Vi sono cinque palii: due di coridoro di varii colori, uno di raso chremise, un altro pure di raso chremise et parte di ormesino celeste, et l’altro di ferandina bianca et rossa, tovaglie d’altari n° sette, un tabernacoletto vecchio, un credenzone per mettere le pianete et attorno al coro alcuni banchi vecchi, vi è anco il campanile verso mezzogiorno con due campane piccole. B Inventario delli mobili che si trovano nel convento di S. Maria della Chignola in custodia del rev. Padre Stefano Romanelli priore. Nella camera di esso padre priore: scagni quattro di noce, un tavolino di noce, una lettiera di noce, un oratorio di paghera, un stramazzo di lana, un paiarizzo, due coperte di lana, una cassa di paghera. Nella camera del padre converso: una lettiera di noce, un letto di piumina rotto, una cassa di paghera. Nell’altra camera, appresso quella del padre priore: una lettiera di noce, una coperta di lana rotta, un stramazzo di lana. Nelle altre camere non vi è cosa alcuna. In refettorio: quattro sedie di noce, scagni di noce n° tre, una maiolera di noce rotta, un tavoletto di noce puoco buono. Nella cucina: due lavelli, un mastello di rame, una secchia di legno cerchiata di ferro, una ramina di rame, una leccarda di rame, una padella da frigere, piatti di maiolica quattro, tondi n° 6. In cantina: due vaselli di tenuta di brente sei, altri quattro da due brente et un tinello piccolo, n° quattro guazzoli, tovaglie n° due, tovaglioli n° quattro rotti, un candeliere di ottone, due cavedoni piccoli di ferro ed altri instrumenti di ferro per il fuoco. 131 C Beni stabili del convento sudetto sono li infrascritti: • pertiche diecisette di terra aradora circa, vidata, appresso al convento, lavorata di presente a massaro da messer Antonio della Rosca; • un altro pezzo di terra aradora et vidata et parte castigniva con una casetta ai due fondi con un portego avanti chiamata il Brugale; • un’altra parte boschiva di pertiche dieci essistente sopra contrada di Torre Boldone. Livelli: • Domitio Piceni detto della Folognia paga ogni anno a S. Martino • li signori Noris, cioè Giacomo e fratelli, pagano al tempo sudetto • Francesco Rota da Bergomo detto Palazago paga al detto tempo • il rev. Bernardo Fachinetti sacerdote capelano alla Ranica paga ogni anno al mese di aprile • il reverendo P. Girolamo et Pietro fratelli Assonica pagano alli cinque di agosto • li reverendi padri di S. Gottardo di Bergamo pagano ogni anno a ultimo marzo • li heredi del q.m. Giacomo Carara pagano a S. Martino • Domenico Gritti paga lire 24,8 lire 1 lire 12 lire 8 lire 48 lire 20,20 lire 2,20 lire 65 Notta delli beni stabili appartinenti al convento della Chignola estratta dal Libro dell’Estimo del Comune della Ranica, per me d. Giovanni Ronchi, curato alla Ranica, per commissione del molto illustre Pietrobelli, cancelliere episcopale, adì 6 zugno 1656. • Una pezza di terra aradora et vidata et parte castegniva, confina da mezzodì strada, da sera incesso, posta in detto luogo del Brugal appresso alle case del Brugal, pertiche n° 15 in doi pezzi di bagatini 5 minuti 2 7/2 • una pezza di terra aradora et vidata giace al convento predetto confina da mattina heredi di Antonio Savoldo, a mezzodì la seriola di Bergamo di pertiche n° 7 bagatini 4 minuti 5 • una pezza di terra aradora et vidata giace in detto luogo confina da mattina strada comune, a mezzodì heredi di messer Gioseppo della Brusada di pertiche n° 7 bagatini 4 minuti 5 • una pezza di terra aradora et vidata giace ut supra, confina da mezzodì detto messer Gioseppe Noris della Brusada et a monte strada di pertiche n° 3 bagatini 1 minuti 9 Io sudetto ho copiato, come giace de verbo ad verbum, dal sudetto Libro fatto 1634, al folio n° 14. 132 Notta delli livelli, censi et legati aspettanti al convento della Chignola, estratti da me d. Giovanni Ronchi curato alla Ranica da un libro di detto convento, qual incomincia Videlicet “Adì 22 ottobre 1631- Havendo il monasterio di S. Maria” consignatomi dal molto illustre Pietrobelli cancelliere episcopale per detta causa. • Il sig. Domenico della Pastura paga ogn’anno a S. Martino a questo monastero lire 41,8 per dinari hauti a censo, quali eran nelle mani di messer Gioseppe Noris da Torre Boldone, il tutto diffusamente appare per instromento rogato per mano del sig. Girolamo Carara li 19 settembre 1620 fol. 10 L. 4 s. 8 • li signori Noris sono tenuti pagar ogni anno a S. Martino lire 1 in perpetuo, per haver essi comperato una pezza di terra da Gregorio dal Borghetto sopra la quale era fondato detto obligo lasciato dal q. Giovanni Giacomo da Torre L. 1 s. • Madonna Maria fu moglie del q. messer Josef Roda, farinara in Bergamo appresso li Carmini, paga lire 72 come per instromento dal sig. Giovanni Battista Amigazzi 29 novembre 1631 f. 25 L. 72 s. Notisi che questi danari erano del pretio di una pezza di terra, sopra la quale vi è obligo di celebrarsi messe doi alla setimana in perpetuo nella detta chiesa della Chignola per li detti reverendi padri, come appare alla partita del sig. Alessandro Quarengo di Bergamo, registrata in quel libro f. 22. • Il sudetto sig. Alessandro paga lire 15, soldi 2 per haver nelle mani lire 3.763 di resto, f. 22 L. 15 s. 2 • Misericordia della Ranga paga lire 4, folio 30 L. 4 s. Notisi che per dette lire 4 sono obbligati li reverendi padri della Chignola celebrare messe n° 25 all’anno in perpetuo come appare per conventione seguita tra essi padri et detta veneranda Misericordia, instromento rogato per il sig. Gioseppe Muttoni nodaro li 5 aprile 1551. • Il molto illustrissimo et eccellentissimo signor Giacomo Carara paga, f. 32 L. 2 s. 10 • Li signori Girolamo et Pietro Assonicha pagano, f. 34 L. 52 s. • Monsignor Bernardo Fachinetti, f. 36 L. 8 s. • messer Domenico Gritti affittuale del luogo detto il Brugale paga lire settanta, f. 37 L. 70 s. • il convento di S. Gottardo di Bergamo paga lire 18 per un censo di lire 300 haute dal convento della Chignola, a foglio 38 L. 18 8. • il sudetto paga ancor lire 2, s. 10 per heredità hauta di Bertolaccio da Torre Boldone L. 2 s. 10 Io p. Giovanni Ronchi curato alla Ranica ho estratto come giace. Notisi che li reverendi Padri di detto convento della Chignola sono obligati annualmente pagare lire 5 soldi 10 al reverendo curato della Ranica. Et sono ancora tenuti nelle festività del S. Natale et di Pasqua di Ressuretione andar a celebrare nella chiesa parochiale della Ranica, essendo la chiesa del convento della Chignola membro della sudetta parochiale, come per instromento rogato dal s.r Gioseppe Muttoni nodaro li X maggio 1489.* * Il Ronchi qui si riferisce all’arbitrato del 1489, rifacendosi però a una copia autentica del notaio Giuseppe Muttoni. L’originale invece è del notaio Tommaso da Castione ed è il “Documento n. 2” della p. 119. 133 Documento 9 Notifica del sequestro dei beni del convento di Santa Maria dello Spasimo della Chignola (AC/BG, Religionis Cruciferae modo supresse, f. 38r-v) Adì 10 giugno 1656 Ha rifferto il sudetto Antonio Ghidinello fante haver hieri in virtù dell’antescritto mandamento sequestrato nelle mani de gli infrascritti nel modo infrascritto et nelli luoghi infrascritti tutto ciò che devono et doveranno in avvenire al convento de reverendi frati di S. Maria della Chignola nel comune della Ranica, et a cadauno haver fatto precetto in forma: • Ad Antonio della Rossa massaro et lavoratore de beni di detto convento alla casa presente la moglie; • al reverendo Bernardo Fachinetti capellano della Ranica al quale presente la serva; • al Signor Antonio Carara figlio del q. eccellentissimo signor Giacomo personalmente; • a Domenico Gritti personalmente. Adì 10 detto Ha rifferto Pietro Bagioni fante haver hoggi in virtù del sudetto mandato sequestrato in mano delli infrascritti nel modo infrascritto tutto ciò che devono et doveranno et hanno appresso di se di raggione del detto convento della Chignola, et a cadauno haver fatto precetto in forma : • alli figli et heredi di Domitio Piceni personalmente ritrovati alla loro bottega in Bergamo, • alli signori Giacomo et fratelli Noris alla casa in Bergamo presente Giovanni Battista Mutio, • a Domenico Francesco Rota detto il Balalago in Bergamo personalmente, • al signor Pietro q. signor Bernardo Assonica personalmente, • al signor Girolamo Assonica suo fratello alla casa presente la madre, • alli reverendi padri del convento di S. Gottardo di Bergamo personalmente ritrovato il molto reverendo padre priore di esso convento. Documento 10 1657: Direttive dal nunzio a Venezia Carlo Caraffa al vicario capitolare can. G.B. Lavezzari (AC/BG, Religionis Cruciferae modo suppressae, ff 147r-v e153r) Molto Illustre et molto Rev.do Signore, Hebbi già le relazioni de tre conventini soppressi di cotesta Diocesi, che sono cioè due de Servi, della Chignola et di Zogno, et uno Agostiniano di S. Pellegrino. Hora che si vuol capitar alla vendita, havendo bisogno oltre le stime che se ne devono fare, anco d’altre maggiori diligenze, per ben assicurare col 134 servitio del Signore Dio anco i publici interessi, m’accorre dire a V.S. in primo luoco, ch’essendosi scoperti altrove molti disordini nel prendere le relationi de conventini, che sono riuscite difettive, oscure et anco d’alcuni fraudolenti con occultatione di scritture et asporto sino de mobili sacri, con grande scandolo, che merita correttioni e dà motivo d’invigilare per tutto. Perciò, V.S. farà trovar immediate le operationi, che in virtù de miei primi ordini, come delegato apostolico furono fatte, et conferendo il tutto con l’ill.mo Rettore, al quale quest’Eccellenze scrivono in conformità, rivedere il tutto cautissimamente, osservare se con la necessaria pontualità siano stati adempiti tutti li numeri et aggiunger quello che di vantaggio occorresse per una sicura, cauta, chiara, distinta e ben fondata istruttione a luoco per luoco. Nel medesimo tempo, che s’attendi a questa funtione, V.S. insieme con l’ill.mo Rettore farà immediate elettione d’un perito, conosciuto fedele e di perfetta esperienza, per stimar essi conventini, al quale darà giuramento di fedeltà e di secretezza, per far esse stime vere et pontuali, a luoco per luoco, principiando dal convento e tutte sue adherenze (eccettuata però la chiesa col campanile, cemeterio et altri luochi sacri che vi fossero) et successivamente seguitare a tutti li beni, con far espressa nominatione della quantità, qualità, confini, rendite affittuali, et ogn’altro particolare, che possa ben servire ad una piena informatione. Avvertendo al perito che dopo aver spiegata la stima a parte d’ogni corpo de beni, e per ciascuno posto fuori il prezzo, debba poner in fine la summa di tutto l’ammontare, perché si possa veder subito quanto importa l’intiero, et lo stesso dovrà osservare per ogni conventino distintamente. Sarà necessario commettere agl’economi che debbano far veder in fonte al perito tanto i libri, scritture, locationi et altri lumi, che possano verificare fondatamente tutte le cose, quanto anco tutto quello che in questo corso di tempo ciascun economo ha operato, accioché d’ogni parte scaturiscano le migliori istruttioni. Inoltre V.S. si contentarà commettere a cadauno economo che, mentre il perito attende alla sua funtione, egli allestisca un estratto pontuale del suo maneggio, dal giorno ch’entrò economo fino all’hora, mettendo da una parte l’entrate del luoco, et massime li livelli, censi et altro che non cade sotto la stima, et dall’altra tutti gl’oblighi e pesi della chiesa, convento e beni, con espressione particolare di quelli che havessero spetial ipoteca e fossero individualmente obligati o aggravati per qualche precisa applicatione, da sapersi ben reggere nelle risolutioni. Et così anco faccia cavar un conto chiaro e distinto di quanto haverà scosso e speso durante la sua economia, perché vorrei che’l medesimo perito raccogliesse tutti questi recapiti a luoco per luoco da consignarli a V.S. e mandarli di qua per potersi finire sicura e brevemente il tutto. Il perito sarà obligato sotto giuramento far esse stime in sua conscientia e per sua peritia, e sigillate presentarle a V.S. et ill.mo Rettore senza comunicarle e senza tenersene copia da lui né meno costà, ma trasmetterle qui così serrate cautamente, insieme con le sopradette note e conti degl’economi. Raccomando l’affare per la sua importanza alla singola virtù di V.S., dal cui zelo pontuale verso il publico servitio mi prometto gl’effetti conformi, accioché presto e bene sia supplito al servitio, che sarà maggiormente avantaggiato anco dall’invigilare se vi fossero soggetti ch’attendessero all’acquisto d’essi conventini, incaricando anco il perito, secondo andarà operando, d’os135 servar il medesimo et essortar quelli che s’applicassero a mandar qui, o dar ordine, overo porgere a V.S., o pure all’illmo Rettore polizze secrete, che potranno poi rimetterle qui. Intanto sarà opportuno commetter agl’economi la vigilante cura, et in particolare l’offitiatura delle chiese, essendovi qualche indolenze di trascuraggini, che se fossero vere meriterebbero correttione. Essequite tutte le cose predette V.S. si compiacerà a farmi capitare il tutto con ogni diligenza e distintione a luoco per luoco, per mia piena e sicura instruttione. Passando in tutte le cose d’ottimo concerto con l’ill.mo Rettore, sì ch’il tutto venga operato coll’efficacia propria del bisogno, che viamente preme, e se n’attendono gl’effetti corrispondenti dalla sua virtù. Intanto l’aggiungo che V.S. con detto ill.m Rettore potranno aggiustar anco le discrete mercedi del perito a segno modesto e ragionevole, e farlo sodisfare dagl’economi, non darsene credito ne i loro conti che saranno bonificati. Quest’Ecc.nze scrivono all’Ill.mo Rettore per cooperare a tutte le occorrenze, ella può passare di buon concerto in ogni cosa, ch’io resto Aff.mo per servirla sempre Carlo Vescovo d’Aversa Venetia 5 Maggio 1657 Documento 11 1657: Decreto di nomina dei periti estimatori dei beni requisiti ai conventini soppressi (AC/BG, Religionis Cruciferae modo supressae, ff. 150r-151r ) Adì 9 Maggio 1657. Il molto illustre et reverendissimo monsignor Giovanni Battista Lavezzari, dottor dell’una e l’altra legge, canonico della catedrale et vicario generale capitolare della curia episcopale di Bergamo, per riverente essequtione de comandi di monsignor illustrissimo et reverendissimo noncio apostolico ressidente in Venetia, espressi in lettere de dì 5 del corrente; assistendo l’illustrissimo et eccellentissimo Rettore signor Pietro Gradanigo, capitanio et vice podestà di Bergomo, et con il di lui assenso et parere, ha eletto li qui sotto notati periti et stimatori, quali per bontà, peritia et fedeltà sono statti da sua signoria reverendissima et eccellentissima signor capitanio et vice podestà riputati et tenuti per habili et sofficienti a stimar li conventini de Servi della Chignola et Zogno, et quello di S. Peregrino della religione Agostiniana di questa diocesi, et loro beni tutti, cioè: • Domenico Baroni di Gritti q. Ventura per il conventino et beni della Chignola; • Lorenzo q. Marco Mosca da Zogno eletto per il conventino et terreni di esso luoco di Zogno; • Salvatore figlio di Bonino Gisalberti da Zogno muratore eletto per la stima del convento di Zogno et case, et anco per il convento di S. Peregrino et case; 136 • Pietro Oprandi q. Bernardo da S. Peregrino perito elletto per la stima de terreni. Adì 12 maggio detto. Constituito avanti il sudetto reverendissimo monsignor vicario, il predetto Domenico Baroni di Gritti del q. Ventura stimatore come sopra eletto, ha giurato et giura, corporalmente toccate le Scritture, di giustamente et per sua conscienza et peritia operare et stimare nel merito, et anco nell’ordine di tenere tutto secreto in conformità delle comissioni del predetto monsignor illustrissimo noncio. Adì 14 detto. Constituito avanti il predetto reverendissimo monsignor vicario generale capitolare, Lorenzo q. Marco Mosca da Zogno stimatore come sopra eletto, ha giurato et giura, corporalmente toccate le Scritture, di giustamente e per sua conscienza et peritia operare et stimare nel merito, et anco nell’ordine di tenere tutto secreto in conformità delle comissioni del predetto monsignor illustrissimo noncio. Adì detto. Constitutito avanti ut supra, Pietro Oprando q. Bernardo da S. Peregrino perito come sopra eletto, ha giurato et giura, corporalmente toccate le Scritture, di giustamente et per sua conscienza et peritia operare et stimare nel merito, et anco nell’ordine di tenere tutto secreto, in conformità delle comissioni del predetto monsignor illustrissimo noncio. Adì 15 detto. Costituito avanti ut supra, Salvatore figlio di Bonino Gisalberti, muratore da Zogno eletto come sopra, ha giurato et giura, corporalmente toccate le Scritture, di giustamente et per sua conscienza et peritia operare et stimare nel merito, et anco nell’ordine di tenere tutto secreto in conformità delle comissioni del predetto monsignore illustrissimo noncio. Antica visione di San Pellegrino con il convento degli Agostiniani soppresso. Documento 12 1663: Don Giovanni Ronchi acquista a Venezia al pubblico incanto il convento della Chignola (AS/VE, In Actis notarii Johannis Negri quondam d.ni Vincentii) Il convento della Chignola, soppresso e incamerato con il suo stato patrimoniale dal governo veneto, venne messo in vendita mediante pubblico incanto a Venezia. L’asta venne battuta alla Loggetta di San Marco il 14 febbraio 1662. Vi concorse anche il parroco di Ranica don Giovanni Ronchi, mediante un procuratore, e riuscì ad riacquisirlo sull’offerta di 1300 ducati. Il documento che ora proponiamo (che si trovava nell’Archivio parrochiale di Ranica) è copia pressoché completa di tutto l’iter di acquisizione e della presa di possesso. Nota: datazione “ab Incarnatione” In Dei Eterni Nomine Amen. Anno ab incarnatione Domini Nostri Jesu Christi millesimo sexcentesimo sexagesimo tertio indictione prima die vero decima mensis Februarij, Rivoalti etc. Essendo per l’illustrissimi et eccelentissimi Signori Procuratori de San Marco de Supra subintrati nelle raggioni de beni delle relligioni e conventini suppressi, giusto l’instromento d’acquisto fatto monsignor illustrissimo Noncio Apostolico et eccellentissimi Signori Procuratori Assistenti di 12 Aprile 1660 in ordine al quale et per autorità nel medesmo impartitole col mezzo dell’illustrissimo et eccellentissimo signor Alvise Duodo procuratore cassier della stessa Procuratia stato delliberato al pubblico incanto sotto li 14 Febraro 1662 a Pre’ Zuanne Ronchi per ducati mille e trecento correnti come più offerente il Convento di santa Maria della Chignola, già de Padri Serviti, con li beni, livelli censi et oblighi conforme la polizza d’incanto qui sotto representata etc. El se vende al publico incanto per l’illustrissimi et eccellentissimi Signori Procuratori di San Marco de Supra li sottoscritti beni delle Relligioni e conventini già suppressi, giusto il tenor della predetta polizza d’incanto etc. Il Convento di Santa Maria della Chignola che fu de Servi, diocesse di Bergomo, con tutte sue stanze, chiostro, corte, horto con vite et arbori, cinto da muro, insieme con li beni, livelli, censi et oblighi qui sotto dichiarati, videlicet: Pezze sei di terra de diversa qualità, fra tutta perteghe n° quarantadue; Item livelli e censi che si riscuotono da diversi giusto la nota si consegnava per la soma di lire ottantasette soldi otto, essendo tenuto il compratore far cellebrar in quella Chiesa da preti secolari purchè siano approvati dall’Ordinario giusto il stabilito da monsignor illustrissimo Noncio in conformità anco del instrumento di acquisto circa la reddutione delle messe da dirsi, cioè due messe alla settimana, che sono messe n° cento e quattro all’anno; Item altre messe tre per li doi livelli del convento di San Gotardo et signor Carara Bartoa de lire due soldi dieci l’uno: applicando li Sacraficii secondo l’intentione dei fondatori o institutori dei legati predetti; et più mandar a far cellebrar nella Parochiale della Ranica due messe da Natale et due da Pasqua annualmente. Con dichiaratione espressa che la Chiesa, sacrestia, campanilo, cimiterio et altri lochi sacri che vi fossero non si intendino compresi nella presente vendita. 138 Et con abbligo al compratore di conservar et mantener la detta Chiesa et altro in conzo et colmo et provveduta di tutte le cose necessarie al culto divino appresso le sacre suppelletili che per inventario gli saranno consegnate. Et vendesi liberamente in perpetuo con l’obligatione della Serenissima Signoria quanto alla deffensione et manutentione di questa vendita in forma. Restando anco li compratori liberi et essenti dal pagamento di messettaria e grammatici conforme il già praticato. Dovendo il compratore nel termine di giorni otto dappo la delliberatione esborsar l’importar della comprada in denari effettivi e moneta corrente, giusto la parte dell’Eccellentissimo Senato 1651 24 Maggio, sotto pena de soldi quattro per lira et d’esser reincantado a danno, spese et interesse del compratore, qual esborso doverà esser fatto nella Procuratia nostra in tutto come sopra. Et perché nel corso degli incanti si accetteranno anco polize secrete, si dichiara che inanci la delliberatione pur all’incanto s’appriranno le dette polize, quali se conteniranno prezzo maggiore di quello che fosse stato esibito in voce resterà la vendita per la poliza; ma vice versa se l’offerta in voce sarà maggiore resterà per conto suo. Dichiarandosi che l’offerte sopra gli incanti restaranno ferme per quelli che haveranno posto il maggior prezzo, et ciò sino alla delliberatione. Rimanendo espressamente dichiarato che siano et s’intendano riservate la raggione del publico se in alcun tempo, caso et modo venissero altri beni effetti in luce perché se vendono solamente quelli che si vedono ut supra specificamente dichiarati. 1662, 14 Febraro, nella Lozzetta publica di San Marco. Assistendo l’illustrissimo et eccellentissimo signor Alvise Duodo proveditore cassier per nome suo et colleghi, doppo date molte voci et incanti per Carlo Foresti commissario, fu delliberato il sopra Convento in tutto et per tutto come nella presente poliza d’incanto, e dichiarato a D. Battista Viscardi quondam Antonio per ducati mille trecento correnti come più offerente che per nome de Pre Zuanne Ronchi disse allevarlo da esser fatto il suo voler, toccò la mazza medema giusto il solito, et per tanto gli illustrissimi et eccelentissimi signori Procuratori sopra nominati in vigor dell’autorità nel sudetto instrumento d’acquisto espressa hanno dato, venduto et alienato, si come per virtù del presente publico instrumento danno, vendono et in perpetuo liberamente alienano a detto Pre Zuanne Ronchi che per se, heredi et successori, compra et acquista il soprascritto convento con li beni, livelli censi et oblighi ad et al publico incanto come più offrente deliberato giusto il tenor e continentia dell’antedetta polizza d’incanto ad haver per detto Ronchi compratore, heredi e successori detto Convento, beni, livelli et censi ut supra acquistati, tener goder posseder alienar obligar lasciar donar permutar far et disponer ad ogni suo beneplacito senza contraditione di sorte alcuna insieme con tutte sue raggioni et attioni haventie et pertinentie additi transiti ingressi et egressi a detto convento e beni quovismodo spettanti e pertinenti posti fra li confini che saranno dichiariti nel possesso che sarà dato al predetto Ronchi compratore, salvi sempre di più veri che vi fossero et in qualonque tempo si trovassero, dovendo in oltre il compratore far il traslato conforme alle publiche delliberationi etc. Et questo hanno fatto et fanno detti illustrissimi et eccellentissimi Signori Procuratori ut supra, stante l’effettivo esborso et pagamento intiero delli sopra detti ducati mille trecento, prezzo finale del presente acquisto esseguito dal sudetto Ronchi, conforme la delliberatione fattale al pubblico incanto, come appar dalla partita girata ne libri della medesima Procuratia, che perciò detto Pre Zuanne Ronchi heredi e successori restino cauti taciti et quieti in perpetuo. 139 Il possesso delli quali Convento, beni, livelli et censi le stato dato col mezzo di nostre lettere scritte al illustrissimo Signor Capitano di Bergomo e responsive d’essecutione, come pure della consegna della Chiesa, luochi e suppellettili sacre, con altre scritte al Vicario Episcopale di detta Città e responsive del medesmo nel fine del presente registrate del dì e tenor come in quelle a quali etc. Per osservanza delle quali tutte cose, detti illustrissimi et eccellentissimi Signori Procutatori hanno ordinato che sii rogato compito e roborato il presente publico instromento per me sottoscritto Nodaro, che sarà firmato con sottoscrittione dell’illustrissimo et eccellentissimo Signor Procuratore cassier attuale per nome suo et Colleghi etc. Fu a 24 febraro 1662 confirmata la presente vendita nell’eccellentissimo Senato etc. Inde sequitur tenor litterarum de quibus supra fit mentio (Comunicazione al Capitano di Bergamo) Illustrissimo Signor, Signor osservantissimo Stante l’acquisto fatto al publico incanto dalla Procuratia nostra sotto li 14 Febraro prossimo decorso da Pre’ Zuanne Ronchi del convento di santa Maria della Chignola già de Servi con tutte sue stanze, chiostro, corte, horto, era, vite et arbori, cinto di muro; item pezze sei di terra di diverse qualità di pertiche fra tutte c. 42, livelli et censi a denari soliti scodersi ogni anno da diversi per lire cento ottantasette soldi 8, in conformità dell’ingionta nota, insieme con tutti li oblighi espressi nella poliza d’incanto alla qual etc., V.S. Illustrissima si compiacerà perciò far indur al attual e corporal possesso del detto convento, stanze, chiostro, corte, horto, pezze di terra, livelli et censi il detto Ronchi o suoi legittimi interagenti, facendo imponer pena di ducati cento per cadauno affittuali e massari de beni soprascritti et livellari descritti nella predetta nota, che de cetero non debbeno cadaun di loro riconoscer per patron d’essi altri che il detto Pre’ Zuanne Ronchi et a quello corrisponder tutti li frutti, affitti et pro da medesimi beni per esso come sopra acquistati e nel mentre dell’essecutione si porterà con suo aviso a vostra V. S. Illustrissima Venetia li primo ottobre 1663 Sottoscritto: Leonardo Dolfin cassier et Colleghi Procuratori de San Marco de Supra. Notta de livelli et censi a denari de raggion del soppresso Convento di Santa Maria della Chignola, già de Servi, soliti scodersi ogni anno dalli sottoscritti Et primo dal convento di San Gottardo di Bergamo per censo L 18 Dal sudetto per diverso L 2:10 Da Don Bernardo Fachinetti per censo lire 16 Da Signori Carrara Bertoa o chi per essi L 2:10 Da Signori Assonica per censo Lire 42 Dal signor Francesco Rotta per censo L 72 Da Signori Noris per livello L 2 Da Dominico Pastura per censo L 41:8 A tergo: Al illustrissimo Signor Signore ossequentissimo il signor Capitanio di Bergamo (Comunicazione al Vicario episcopale di Bergamo) Molto Illustre et Reverendo Signore Sin a 14 Febraro prossimo passato fu dalla Procuratia nostra, subintrata nelle raggioni de beni delle relligioni e Conventini suppressi, delliberato al pubbli- 140 co incanto a Pre Zuanne Ronchi il convento, beni et livelli di Santa Maria della Chignola che fu de Servi. Per tanto si compiacerà V. S. ordinare che a detto Ronchi o suoi legittimi intervenienti siano consignati per inventario la chiesa, cadaun luoco e suppellettili sacre, acciò il sudetto in conformità dell’acquisto debba officiare detta chiesa da prete secolare da lui elletto, approvato giusto l’ordinario, et adempire tutti gli altri obblighi come in detto suo acquisto. Il che esseguito resterà poi servita V. S. farci capitare lo stesso inventario. Et se le raccomandiamo etc. Venetia, il primo Ottobre 1663 Sottoscritto: Leonardo Dolfin cassier et Colleghi Procuratori de San Marco de Supra A tergo: Al molto illustre Rev.do oss.mo Monsignor Vicario Episcopale di Bergomo (Risposta del Capitano di Bergamo ai Procuratori di S. Marco) Illustrissimi et Eccellentissimi Signori colendissimi Il reverendo Pre Zuanne Ronchi in obbedienza de commandi di vostra Eccellenza espressi in lettere di primo ottobre cadente ha avuto il possesso delle pezze sei di terra di pertiche quarantadue con li livelli e censi per lire 184 s. 8 annessi al convento di Santa Maria della Chignola già dei Servi da lui acquistato al publico incanto da cotesta Ecc.ma Procuratia ed io ne porto la notizia all’Eccellenza vostra per compimento di quanto mi resta incaricato nelle lettere stesse, et le bacio reverente le mani Bergamo l’ultimo Ottobre 1663 Sottoscritto: M. Antonio Mocenigo Capitanio A tergo: Agli illustri et eccellentissimi Signori Signori colendissimi li Signori Leonardo Dolfin cassier et Colleghi Procuratori di San Marco di Supra – Venetia (Risposta del Vicario Episcopale ai Procuratori di S. Marco) Ill.mi et Ecc.mi Signori Procuratori colendissimi Si è fatta al reverendo Pre Giovanni Ronchi la consegna della Chiesa del convento di Santa Maria della Chignola già de Padri Serviti et poi suppresso con anco di tutte le suppelletili sacre, ed ingionto riceveranno l’EE. VV. l’inventario distinto et instrumento in autentica forma. Tanto ho operato in ordine alle lettere loro del giorno primo corrente. Et facendole humilissima riverenza, rimango dell’Eccellenza Vostra etc. Bergamo li 11 Ottobre 1663 Sottoscritto: dev.mo Servitore Antonio Sartorio Vicario generale etc Adì 6 Ottobre 1663 furono presentate le presenti lettere in mano di Monsignor reverendissimo Vicario Generale della Curia Episcopale di Bergomo per il molto rev.do signor Don Giovanni Ronchi, curato titolato della Chiesa parochiale della Ranica, instando etc. Le quali viste et lette da sua Signoria Reverendissima ha ordinato che dal signor Pietro Petrobelli Cancelliere episcopale o dal suo coadiutore al detto signor Don Giovanni fatta fosse consegna della Chiesa et convento della Chignola in esse lettere espressa et anco delle suppelletili sacre per inventario distinto in tutto e per tutto, giusta il tenore di esse lettere… 141 Adì 11 Ottobre 1663… Io Pre Giacomo Antonio Gallinone, nodaro Coadiutore Episcopale, in essecution dell’ordine mi son conferito al luoco della Chignola et ivi ho fatto al molto reverendo signor Don Giovanni Ronchi Rettore titolato della Chiesa parochiale della Ranica diocese di Bergamo, patente et ricevuta la consegna della Chiesa e di ciascun luoco del Convento di Santa Maria della Chignola predetta, già de Servi, et anco di tutte le suppelletili sacre come nell’inventario che al tempo della soppressione di detto convento fu formato copia, del quale restava qui annessa, qual inventario ho riscontrato con esso signor Don Giovanni Ronchi minutamente, a luogo per luogo et cosa per cosa, in presenza anco delli infrascritti testimonij, et sic etc. de quibus omnibus etc. Actis presenti per testimonij Giacomo Quazij condam Giovanni di Vall’Alta habitante alla Ranica et Antonio figliolo di Fermo Vavassore di Torre Boldone, teritorio bergamasco, specialmente chiamati et pregati etc. Ego Presbiter Jacobus Antonius Gallinonus, Curiae Episcopalis Bergomi notarius cancellarius, de premissis rogatus fui et subscripsi. Copia annessa del “Inventario…” Adì 6 Giugno 1656. Il Convento de RR. Frati Serviti di Santa Maria della Chignola nel Comune della Ranica consiste nelle sottoscritte stanze… Prima vi è un claustro terraneo et le sue colonne di pietra et cortile in mezzo, la di cui porta verso la sera. Dalla parte verso mattina vi è il refettorio, la cantina, la cucina et un altro luogo, tutti a volto. Ecc. ecc… (omissis) Segue a questo punto del documento la copia esatta dell’inventario relativo al convento e alla chiesa con sua suppellettile, quale venne redatto il 6 giugno 1656 dallo stesso don Giovanni Ronchi quando era stato nominato economo e custode giudiziario del convento. VEDI perciò il Documento n. 8 a pag 128 Io Pre’ Giovanni Ronchi, a dì 11 Ottobre 1663, ho ricevuto da Monsignor don Giacomo Antonio Gallinoni nodaro et Cancelliere Episcopale la consegna della Chiesa et convento di Santa Maria della Chignola, già de Servi, e di ciascun luoco etc. et anco delle suppelletili sacre, avendo riscontrato questo inventario et hauto in consegna quanto in quello è descritto. A tergo: All’illustrissimo et eccellentissimo Signore, Signor Procuratore colendissimo, il Signor Leonardo Dolfin cassier et Collegio Procuratori di San Marco de Supra – Venetia Actum Venetiis in Procuratia Sancti Marci de Supra, presentibus ad predicta DD. Gaspare Balbi et Angelo Plebano, ambobus famulis eiusdem Procuratiae. Ego Johannes Negri qondam eccellentis domini Vincentij, notarius publicus suprascripte Procuratie, pro fide subscripsi et sigillo ipsius munivi. Soluta fuit impositio Sanci Marci sub die prima Martij 1664, ut ex mandato de n° 1134. Leonardo Dolfin cassier et collegiato Procuratori de San Marco de Supra. 142 Documento 13 VISITE PASTORALI A RANICA: A - Visita pastorale del vescovo Luigi Ruzzini nel 1704 (ACBG, Visite Pastorali, vol. 79, p. 28) VISITATIO: Multa sunt in huius Parochiae districtu Oratoria, visitata a R.mis DD. Canonicis de mandato. (omissis) Oratorium B. Mariae Virginis in Contrata Chignolae. Erat antiquitus hoc oratorium Patrum Servitarum ecclesia; quinque ideo habet Altaria, tria quorum fuerant suspensa, scilicet: altaria Annuntiationis B.M. Virginis, sancti Caroli et sancti Antonij Abbatis. Visitatisque altare majori et altare B.M. Virginis Dolorosae, decretum fuit Pavimento lateritio et tecto tabulis lateribusque composito, oratorium est extructum sine sacristia, suppellectiliaque a tergo altaris majoris in choro asservantur. Adsunt etiam in hoc oratorio quatuor sepulchra, in quibus tamen cadavera non humantur. B - Visita pastorale del vescovo Pietro Priuli nel 1717 (AC/BG, Visite Pastorali, vol. 88, pp. 53v-54) VISITATIO: Insuper haec Schola tenetur omni hebdomada in perpetuum celebrari facere in Ecclesia Sancte Marie de Chignola olim Servorum duas missas de redditibus bonorum eiusdem Chignole iuxta instrumentum aquisitionis facte de conventu, ecclesia et bonis Chignole a Serenissimo Principe nostro Venetiarum sub die 10 Februarij 1662, nec non et alias paucas missas in eadem ecclesia ex redditibus quorumdam livellorum sibi RR Patribus Servitis S. Gotardi Bergomi et taliqualiter a familia Carrara quotannis solutis et solvendis ut in codice acquisitionis supra dicte stat… Conventus vero Chignole, ecclesia et aliquae petiae terrae aquisitae, ut supra, a Principe nostro in Procuratiam desupra sacti Marci, octo circiter ab hinc annis in gratiam ill.mi et rev.mi Ruzini Episcopi antecessoris datae sunt et locatae in emphiteusim reverendi Seminari Bergomi cum obligatione retrodati, quotiescumque eidem reverendo Seminario mutatis accidentaliter ex rebus non expedierit eas feliciter tenere et recollidare. Instrumentum rogatum fuit a domino Bartolomeo Pelizziolo Riga notario Alzani Maioris, cum certis capitulis et conditionibus, anno 1707. DECRETA: Provideat de lavacro pro abluendis manibus sacerdotum in oratorio B. M. V. Assumptionis de Contrata de Chignola. (Ibidem, p 15v) 143 C - Visita pastorale del vescovo Pierluigi Speranza nel 1865 La chiesa della Chignola dedicata alla Beata Vergine Addolorata, chiesa un tempo dei frati Serviti, e però di antichissima data. Questa ha un solo altare dedicato come sopra alla B.V. Maria dei Sette Dolori. Questa chiesa è di uso pubblico, benchè di proprietà del padrone della Chignola. Questa chiesa è piccolissima, ha sei banchi, una sola porta pubblica ed una privata, ha una cantoria, una sacristia con banco pei parandi, ha sufficienti arredi e suppellettili per la Messa. Il venerdì avanti la Domenica delle Palme vi si canta la Messa Solenne a spese dell’elemosina dei fedeli, e per sette sere antecedenti vi si recita il Rosario, e vi si canta lo Stabat Mater. Il proprietario pro tempore di quel locale ha l’obbligo di far celebrare in questa chiesa Messe n. 2 ogni settimana e di tener sempre provvista la chiesa come pure la sagristia di quanto può abbisognare per la celebrazione tanto delle Messe che sono di suo obbligo, come per quelle che volessero farvi celebrare i divoti. Veggansi a questo proposito i relativi documenti esistenti nell’archivio della chiesa parrocchiale di Ranica. Le tre descritte chiese di S. Rocco, di S. Dionigi e della B. Vergine della Chignola non sono consacrate. (AC/BG, Visite Pastorali, I865, vol. 115, p. 14) Il convento servita di San Gottardo in Sudorno all’inizio del Cinquecento. Dettaglio della Carta panoramica di Bergamo di Alvise Cima, 1697 (CB/BG). 144 Appendice II L’eredità devozionale dei Servi di S. Maria * Nei paesi di Ranica e Torre Boldone – che moralmente condividevano il santuario della Chignola – il culto della Madre del Signore, Maria di Nazareth, tradizionalmente ha voluto contemplare e venerare anche un frangente particolare della sua vita di madre di Gesù, il Cristo: il momento della sofferenza. Non è una esclusiva di queste due comunità, evidentemente, perché tale aspetto della spiritualità cristiana e mariana si diffuse in tutta la Chiesa cattolica nei secoli XIV-XV; tuttavia vi sono almeno due aspetti interessanti nel nostro ambito locale. Il primo è l’origine del radicamento, che senza dubbio va fatto risalire ai Servi di Maria, i quali vissero per due secoli nel convento della Chignola: il culto alla B. V. Addolorata era uno specifico dell’Ordine e i frati lo portavano con sé e lo diffondevano. Accanto alla chiesa della Chignola c’era una cappella dedicata alla Addolorata con una effige che la fede riteneva prodigiosa e, dunque, assai venerata; si tratta della medesima rappresentazione sacra che troviamo tuttora diffusa dal Borgo S. Caterina risalendo per tutta la Valle Seriana, con noti santuari a Nembro… e fino a Clusone. Il secondo aspetto è il fatto interessante che il culto dell’Addolorata è tuttora in primo piano a Torre Boldone, dove viene celebrato con la “Festa della Madonna di Settembre” – la più solenne in suo onore e sempre molto partecipata; ma il culto non è disatteso neppure a Ranica. Una breve focalizzazione merita perciò il contenuto di questa che par giusto considerare come “eredità dei Servi di Santa Maria” legata all’antica loro presenza alla Chignola. L’Addolorata Maria di Nazareth, madre di Gesù, è venerata nel mondo cristiano con un culto speciale (una tradizionale scuola teologica lo definì iperdulia), che si estrinseca in vari titoli di onore dati alla Madonna, quanti le sono stati attribuiti nei millenni per le sue virtù, il suo patrocinio, la sua posizione di creatura prediletta da Dio, per il posto primario occupato nel piano della Redenzione, per la sua continua presenza accanto all’uomo evidenziata anche dalle tante apparizioni. Nel calendario delle celebrazioni mariane vi sono: 1° gennaio la B.V.M. Madre di Dio; 23 gennaio lo Sposalizio della B.V.M.; 2 febbraio la Presentazione al Tempio di Gesù e la Purificazione di Maria; 11 febbraio Beata Vergine di Lourdes; 25 marzo l’Annunciazione; 26 aprile B.V.M. del Buon Consiglio; 13 maggio Beata Vergine di Fatima; 24 maggio Madonna Ausiliatrice; 31 maggio Visitazione di M.V.; a giugno Cuore Immacolato di Maria; 2 luglio Madonna delle Grazie; 16 luglio B.V. del Carmelo; 5 agosto Madonna della Neve; 15 145 La Valle Seriana è contrassegnata dai molti santuari dedicati all’Addolorata, da Borgo S. Caterina a Clusone. Torre Boldone ha mantenuto pienamente l’eredità della devozione servitana. agosto Assunzione della Vergine; 22 agosto B.V.M. Regina; 8 settembre Natività di Maria; 12 settembre SS Nome di Maria; 15 settembre B. V. Addolorata; 19 settembre B. V. de La Salette; 24 settembre B.V. della Mercede; 7 ottobre B.V. del Rosario, 21 novembre Presentazione della B.V.M.; 8 dicembre Immacolata Concezione, 10 dicembre B. V. M. di Loreto. Come si vede, la Vergine ha un culto così diffuso, che non c’è mese dell’anno in cui non la si ricordi e veneri; inoltre l’intero mese di Maggio è dedicato alla Madonna, senza dimenticare la suggestiva e devota Novena dell’Immacolata. Poi vi sono le celebrazioni locali per i tantissimi Santuari Mariani esistenti… A mio parere però, fra tanti titoli e celebrazioni il più sentito, perché più vicino alla realtà umana, è quello di Beata Vergine Maria Addolorata. I dolore è presente nella nostra vita sin dalla nascita, con il primo angosciato grido del neonato, che lascia il sicuro del grembo materno per proiettarsi in un mondo imprevisto e sconosciuto; poi il dolore ci segue, più o meno intenso, più o meno costante, nei suoi vari aspetti, fisici, morali, spirituali, lungo il corso della vita, per ritrovarlo comunque al termine del nostro cammino, con l’ultimo e definitivo distacco da questo mondo. Il dolore di Maria quindi, creatura privilegiata sì ma pur sempre creatura come noi, è più facile comprenderlo, perché lo subiamo anche noi, seppure in condizioni e gradi diversi. Il culmine del dolore di Maria venne identificato nell’atto di accogliere tra le sue braccia il corpo piagato del figlio, ucciso con barbara crocefissione. E lei aveva visto tutto. Assistere alla morte di un proprio figlio è per una madre il dolore più crudele che vi sia: non vi sono parole che possano consolare. I mi- 146 lioni di madri che nel tempo hanno subito questo strazio, a lei si sono rivolte per trovare sostegno e consolazione, perché Maria ha visto morire il Figlio in modo atroce, consapevole della sua innocenza, soffrendo per tutta quella cattiveria, incomprensione, malvagità, scatenate contro di lui, la personificazione della Bontà infinita. Non fu tuttavia solo per quella repentina condanna a morte, perché quel dolore provato da Maria fu l’epilogo di un lungo soffrire, in silenzio e senza sfoghi, conservato nel suo cuore, fin da quella profezia del venerando Simeone pronunziata durante la presentazione di Gesù al tempio: “E anche a te una spada trafiggerà l’anima”. Quindi anche tutti coloro che soffrono nella propria carne e nel proprio animo, le pene derivanti da malattie, disabilità, ingiustizia, povertà, persecuzione, violenza fisica e mentale, perdita di persone care, tradimenti, mancanza di sicurezza, solitudine, ecc. guardano a Maria, consolatrice di tutti gli afflitti. La Madonna però è anche corredentrice per Grazia del genere umano, perché partecipe dell’umanità sofferente ed offerta del Cristo, per questo lei non si è ribellata come madre alla sorte tragica del Figlio, l’ha sofferta indicibilmente ma l’ha anche offerta a Dio in espiazione e per la redenzione dell’umanità. E come dalla passione, morte e sepoltura di Gesù, si è passato alla salvifica Resurrezione, anche Maria, cooperatrice nella redenzione, ha gioito di questa immensa consolazione e quindi è la più adatta ad indicarci la via della salvezza e della gioia, attraversando il crogiolo della sofferenza che ci può toccare in tutte le sue espressioni, dalla quale comunque non potremo mai liberarci completamente perché retaggio della condizione originale. Tra le più antiche raffigurazioni di Maria Addolorata in territorio bergamasco, vi è questa di Fuipiano al Brembo, di Giovanni da Averara (1486): “Maria Addolorata con Giovanni depone il figlio nel sepolcro”. 147 Il culto La devozione alla Madonna Addolorata, che si sipira ai passi del Vangelo specialmente dove si parla della presenza di Maria Vergine sul Calvario, prese particolare consistenza a partire dalla fine dell’XI secolo e fu anticipatrice della celebrazione liturgica, istituita più tardi. Il “Liber de passione Christi et dolore et planctu Matris eius” di ignoto (erroneamente attribuito a san Bernardo) è considerato l’inizio di una letteratura che portò alla composizione in varie lingue del “Pianto della Vergine”. Testimonianza di questa devozione è il popolarissimo ‘Stabat Mater’ in latino, attribuito a Jacopone da Todi, il quale compose in lingua volgare anche famose ‘Laudi’. Dalla devozione popolare ebbe origine la festa dei “Sette Dolori di Maria SS.” Nel secolo XV si ebbero le prime celebrazioni liturgiche sulla “con-passione di Maria” ai piedi della Croce, collocate nel tempo liturgico di Passione che precede la Pasqua. A metà del secolo XIII sorse a Firenze l’Ordine dei “Servi di Maria”, fondato dai santi Sette Fondatori e ispirato dalla Vergine. L’Ordine, che già nel nome si qualificava per la devozione alla Madre di Dio, si distinse nei secoli per l’intensa venerazione e la diffusione del culto dell’Addolorata; il 9 giugno del 1668 la S. Congregazione dei Riti permetteva all’Ordine di celebrare la Messa votiva dei sette Dolori della Beata Vergine, facendo menzione nel decreto che i Frati dei Servi portavano l’abito nero in memoria della vedovanza di Maria e dei dolori che essa sostenne nella passione del Figlio. Successivamente il papa Innocenzo XII, il 9 agosto 1692, autorizzò la celebrazione commemorativa dei Sette Dolori della Beata Vergine, fissandola alla terza domenica di settembre. Ma la rievocazione del dolore di Maria conobbe altre tappe, man mano che il culto si diffondeva; il 18 agosto 1714 la Sacra Congregazione approvò una celebrazione dei Sette Dolori di Maria, il venerdì precedente la Domenica delle Palme, e papa Pio VII il 18 settembre 1814 estese la festa liturgica della terza domenica di settembre a tutta la Chiesa, con inserimento nel calendario romano. Infine papa Pio X (1904-1914), fissò la data definitiva del 15 settembre, subito dopo la celebrazione dell’Esaltazione della Croce (14 settembre), con memoria non più dei “Sette Dolori”, ma più opportunamente come “Beata Vergine Maria Addolorata”. Le devozioni I Sette Dolori di Maria corrispondono ad altrettanti episodi narrati nel Vangelo: 1) La profezia dell’anziano Simeone, quando Gesù fu portato al Tempio: “E anche a te una spada trafiggerà l’anima”. – 2) La Sacra Famiglia è costretta a fuggire in Egitto: “Giuseppe destatosi, prese con sé il Bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto”. – 3) Il ritrovamento di Gesù dodicenne nel Tempio a Gerusalemme: “Tuo padre ed io angosciati ti cercavamo”. – 4) Maria addolorata, incontra Gesù che porta la croce sulla via del Calvario. – 5) La Madre ai piedi della Croce, in piena adesione alla volontà di Dio, partecipa alle sofferenze del Figlio crocifisso e morente. – 6) Maria accoglie tra le sue braccia il Figlio morto, deposto dalla Croce. – 7) Maria affida al sepolcro il corpo di Gesù, in attesa della risurrezione. La liturgia e la devozione hanno compilato anche le Litanie dell’Addolorata, 148 ove la Vergine è implorata in tutte le necessità, riconoscendole tutti i titoli e meriti della sua personale sofferenza. La tradizione popolare ha identificato la meditazione dei Sette Dolori, nella pia pratica della ‘Via Matris’, che al pari della Via Crucis, ripercorre le tappe storiche delle sofferenze di Maria e sempre più numerosi sorgono questi itinerari penitenziali, specie in prossimità di Santuari Mariani, rappresentati con sculture, ceramiche, gruppi lignei, affreschi. Le processioni penitenziali, tipiche del periodo della Passione di Cristo, comprendono anche la figura della Madre dolorosa che segue il Figlio, l’incontro sulla salita del Calvario, Maria posta ai piedi del Crocifisso; in certi Comuni le processioni devozionali, assumono l’aspetto di vere e proprie rappresentazioni altamente suggestive, specie quelle dell’incontro tra il simulacro di Maria vestita a lutto e addolorata e quello di Gesù che trasporta la Croce, insanguinato e sofferente. In certe località queste processioni, che nel Medioevo diedero luogo anche a rappresentazioni sacre dette “Misteri”, assumono un’imponenza di partecipazione popolare, da costituire oggi un’attrattiva, oltre che devozionale e penitenziale, anche turistica e folkloristica: cito per tutte la grande processione barocca di Siviglia. Le espressioni artistiche Al testo del celebre “Stabat Mater” si sono ispirati musicisti di ogni epoca; tra i più illustri figurano Palestrina, Pergolesi, Rossini, Verdi, Dvorak. La Vergine Addolorata è stata raffigurata lungo i secoli in tante espressioni dell’arte, specie pittura e scultura, frutto dell’opera dei più grandi artisti che secondo il proprio estro hanno voluto esprimere in primo luogo la grande sofferenza di Maria. La vergine Addolorata è di solito vestita di nero per la perdita del Figlio, con una oppure sette spade che trafiggono il suo cuore. Altro soggetto molto rappresentato è la Pietà, penultimo atto della Passione, che sta fra la deposizione dalla croce e la sepoltura di Gesù. Il termine ‘Pietà’ sta ad indicare, nell’Arte, la raffigurazione dei due personaggi principali, Maria e Gesù, la madre e il figlio riuniti; Maria lo sorregge, adagiato sulle proprie ginocchia, oppure sul bordo del sepolcro insieme a Giovanni apostolo (Michelangelo e Giovanni Bellini). Capolavoro dell’intensità del dolore dei presenti al fatto è il famosissimo “Compianto sul Cristo morto” di Giotto. Singolare nel Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso (Isernia) dove, secondo una apparizione del 1888, Gesù è adagiato a terra e Maria sta in ginocchio accanto a lui e, con le braccia aperte, lo piange e lo offre nello stesso tempo. In virtù del culto così diffuso all’Addolorata, ogni città e ogni paese ha una chiesa o cappella a lei dedicata; varie Confraternite assistenziali e penitenziali, come pure numerose Congregazioni religiose femminili e anche maschili, sono poste sotto il nome dell’Addolorata, specie se collegate all’Ordine dei Servi di Maria, come alla Chignola. L’amore e la venerazione per la Consolatrice degli afflitti e per la sua ‘compassione’, ha prodotto, specie nell’Ordine dei Servi, splendide figure di santi; ne cito alcuni: i Santi Sette Fondatori, Giuliana Falconieri, Filippo Benizi, Pellegrino Laziosi, Antonio Maria Pucci, Gabriele dell’Addolorata (passionista), senza dimenticare, primo fra tutti, san Giovanni apostolo ed evangelista, sempre accanto a lei per confortarla e condividerne l’indicibile dolore, accompagnandola fino al termine della sua vita. 149 150 Conclusione Le vicende spiacevoli che hanno coinvolto negli ultimi secoli il Convento della Chignola, distruggendolo praticamente dopo che i Servi di Maria si trasferirono altrove in seguito alla soppressione del convento, ha influito anche sul culto dello Spasimo di Maria presso la nostra Comunità parrocchiale di Ranica, nel senso che è andato scemando uno specifico e partecipato culto pubblico di Maria Addolorata. Tuttavia nella nostra elegante Chiesa Parrocchiale, e precisamente nella Cappella laterale di destra per chi guarda verso il presbiterio, è conservata una pregevole tela di Gian Paolo Cavagna (m.1627 ) che ritrae la Deposizione di Cristo con colori assai intensi. La Cappella da sempre è dedicata a Maria, con riguardo però alla Addolorata. E’ a questo altare che preferibilmente i Ranichesi amano ritornare per rivolgere preghiere, per confidare qualche preoccupazione, per accendere un lume, per ringraziare Maria e onorarla con omaggi floreali . La Madonna tocca sempre e più spontaneamente il cuore dei figli. È probabile che questo richiamo insistente della Madre e il generoso affetto dei figli affondi le sue radici in quella devozione che i Servi di Maria hanno seminato proprio qui nel nostro paese in tempi lontani. Anche alla Chignola però rimane un caro ricordo della Addolorata nella “santella” da pochi anni restaurata dagli Alpini di Ranica con il concorso della Parrocchia. Quella effige della Addolorata è stata affrescata dal pittore Angelo Bonfanti nel marzo 1988 e benedetta nel successivo Maggio. I Ranichesi questo patrimonio di fede e di amore verso la Madonna continuano a coltivarlo ed è di incoraggiamento il poterlo constatare. * Don Giuseppe Cattaneo parroco 151 G.P. Cavagna: Deposizione di Cristo (Ranica, Chiesa Parrocchiale) Il particolare del dolore della madre Maria è rappresentato con linguaggio eccessivo e barocco, antitetico all’atteggiamento composto e regale dell’Addolorata di Fuipiano. Ranica, la torretta della Chignola restaurata dal Gruppo Alpini, con l’effige di Maria Addolorata dipinta da Angelo Bonfanti. Viaggio tra gli antichi possessori della Chignola Coppia di personaggi della Chignola non ancora individuati ma chiaramente del primo Ottocento. Le fotografie d’epoca che seguiranno sono cortesia della signora Maria Caccia Bertett, alla quale va sentito ringraziamento. Immagini di vita alla Villa della Chignola Le vicende della Chignola, successive alla soppressione del convento e alle vendite effettuate dipoi, sono affidate anche alle immagini, le quali hanno sempre una loro chiarezza rappresentativa, giocata sull’evidenza ulteriore che recano alle parole e alle carte d’archivio. La presentazione che fortunatamente qui possiamo fare ci aiuta a decifrare meglio le vicissitudini e le trasformazioni. Il complesso conventuale, ormai dismesso, fu sottoposto a diversi e necessari interventi per renderlo abitazione civile. Il traguardo più prestigioso fu toccaGruppo di famiglia davanti alla chiesetta della Chignola (1902): Andrea Bertett, proprietario della Chignola (seduto), la moglie Antonietta Asperti e don Giuseppe Luciani. Si noti sull’architrave del protiro l’iscrizione che segnala i restauri effettuati da Antonietta Locatelli Campana. 153 to quando si riuscì a trasformarlo in villa borghese, dall’intonazione moderatamente aulica e seicentesca. Non è facile determinare chi furono coloro che maggiormente contribuirono alla trasformazione, ma si sa per certo chi iniziò con i riadattamenti: furono i Viani Gaiardelli che avevano acquistato terra, convento e chiesa dal Seminario di Bergamo.1 Viani altri non erano che un ramo degli Acerbis di Nese, che già nel 1486 beneficavano S. Maria della Chignola e possedevano terreni nella zona circostante fin dal sec XV: con l’acquisto ante 1770 del convento e sue pertinenze davano struttura più omogenea anche ai loro beni in loco. Giovanni Gaiardelli, erede di Giuseppe Viani, associa i due cognomi e viene ad abitare alla Chignola, portandovi anche dei quadri che possedeva nella casa di Ghisalba. In seguito daranno preferenza alla Chignola Alta, dove costruiranno un palazzo con cappella privata, dedicata alla Purificazione di Maria.2 Il complesso, con contratti diversi, è passato successivamente da varie mani: Gritti Morlacchi, Tiraboschi, ancora Viani Gaiardelli, Donadoni… Nel 1882 era di Marietta Locatelli fu Maurizio vedova Campana che vi praticò diversi restauri, riservando particolare cura anche alla chiesetta (infatti sull’architrave del protiro era menzionata); la Locatelli in seguito lo vendette, il 29 luglio 1898, ad Andrea Bertett3. Il Bertett elesse la Chignola ad abitazione della propria famiglia, che aveva formato sposando Antonietta Asperti, quindi si profuse per completare il restauro e l’arredo. Il risultato ottenuto fu tale che si trattava ormai di una piacevole e Il “Libro dell’Estimo del Comune della Ranica” riformulato il 6 giugno 1713 recitava (f. 29): Il Venerando Seminario di Bergomo à casa acquistata al Convento della Chigniola, acquistata dalla Veneranda Scola del SS.mo della Ranica, con li sotto scritti beni et convento et Chiesa: Una pezza di terra aradora et vidata giace al Convento medemo. Confina da matina li heredi di Antonio Savoldi, a mezzodì la sariola di Bergomo, pert. N. 7. Un’altra pezza di terra aradora et vidata, giace in detto loco, confina da matina strada, a mezzodì li heredi di Gioseppe della Brusada, pert. N. 7. Una pezza di terra aradora et vidata, giace ut supra, confina a mezzodì il detto Gioseppe della Brusada cioè Noris, a monte strada, pert. N. 3. Sullo stesso foglio (29) viene annotato, nel 1770, un aggiornamento per ascrivere il conseguito possesso di quelle terre e convento da parte dei Viani Gaiardelli: “A dì 5 Aprille 1770 – Si leva le sopra scritte partite che sono n° 3 di ragione del venerando Seminario di Bergomo e se le pone alli Signori Viani Galiardelli come posesori de sopra scritti beni in questo a carte n° 65 per ordine del signor Alesandro Zanchi di Alzano suo Agiente.” Infatti al f. 65 dello stesso Libro dell’Estimo viene descritta la partita. 2 Le idee sui due luoghi di culto della Chignola (bassa) e della Chignola Alta si dimostrano spesso confuse: l’uno era dedicato a Maria Addolorata, l’altro alla Purificazione di Maria (festa del 2 febbraio, popolarmente detta della “Madonna candelora”). Circa la Chignola Alta, il parroco Bartolomeo Gavazzeni nella sua “relazione” per la Visita pastorale del 1865 scriveva: “L’altro oratorio esiste nella Contrada di Chignola (Alta) di ragione degli eredi del fu Giovanni Viani Gagliardelli, ed ora del signor Antonio Beretta di Milano. Questo ha un solo altare dedicato alla Beata Vergine. Questo oratorio è fornito a sufficienza e in modo decente di tutto il 1 Pianta catastale vecchia del complesso della Chignola (anni Venti). ampia villa, con parco e giardino, che ben si poteva intravedere anche dal tram che percorreva la strada di Valseriana, sbirciando attraverso la balconata fiorita protesa sulle acque fluenti e limpide del canale Serio. Anche alla chiesetta il Bertett riservò confacente attenzione e in essa – sempre aperta anche al pubblico per la prescritta celebrazione bisettimanale della messa – vi venivano celebrati gli eventi importanti della famiglia, come di famiglie amiche.4 Alla morte del padre la villa della Chignola con terre annesse nel 1912 (20 luglio) passò in eredità a Raffaele, figlio unico di Andrea. Sposato con Giovannina Milesi (figlia di Domno e Carolina Beretta) vide nascere in quella villa i figli Marcello (10.10.1914) e Luigi (4.12.1916 … e converrà qui richiamare come Luigi sarà medaglia d’oro al valor militare!5) che vennero battezzati nella stessa chiesetta della Chignola. La villa si prestava anche ai ricevimenti, ricordati con alcune fotografie. Raffaele Bertett si dimostrò tuttavia – a giudizio della famiglia e dei fatti – eccessivamente prodigo e imprevidente cosicché, venutosi a trovare in grave difficoltà economica, fu costretto a vendere. Dopo un preliminare d’acquisto stipulato con i Padri Passionisti, poi rientrato e stornato, la villa venne venduta a Ernesta Casari Scanzi, Angela Scanzi e Pietro Donadoni il 12 settembre 1923. Raffaele Bertett con la famiglia allora lasciò Ranica e andò ad abitare a Bergamo, ove nacque l’ultimo figlio, Andrea, il 4.3.1925. Dopo l’accennata famiglia Scanzi che la tenne per un decennio, nel 1932 la villa venne acquistata dall’avvocato Giorgio Lussana il quale, anche per il gusto fine della sua signora (Spini), ebbe a gestire la villa in modo appropriato, nonostante le difficoltà del periodo bellico; ma con questo, siamo praticamente arrivati alla cronaca, poiché a Ranica vi sono tuttora persone che ricordano. Dopo la scomparsa dei Lussana il complesso andò in possesso d’altri e, allora, si venne allo smembramento dell’immobile… e alla sconsacrazione della chiesetta, tra una strana indifferenza e un indecifrato silenzio.6 bisognevole giusta le ecclesiastiche prescrizioni”. (AC/BG, Visite P., vol. 115, Ranica) Si veda anche per il 1881 il vol. 133, f. 348v. 3 Il quadro biografico di Andrea Bertett è ancora tutto da scrivere. Da famiglia di origine veneta (almeno così propende a pensare la signora Maria Caccia Bertett – moglie dell’omonimo nipote – a motivo di un omaggio dell’Unione Industriali Veneta di Treviso per la nomina a “Cavaliere della Corona d’Italia” da parte di Umberto I), sarebbe nato attorno al 1845 e morto nel 1912. Fu uno dei soci fondatori della “Banca Mutua Popolare della Città e Provincia di Bergamo” (1869), denominata in seguito Banca Popolare di Bergamo. Era ben inserito nella borghesia di Bergamo e nella città rivestì diverse cariche di carattere associativo. Uno sguardo sommario all’almanacco Notizie Patrie, stampato annualmente in Bergamo da Vittore Pagnoncelli, ci informa che nel 1874 era “direttore aggiunto” (direttore ne era il prof. Antonio Tiraboschi) della Società di Mutuo Soccorso degli Artisti, Operai e Professionisti in Bergamo con sede in Via di Prato 1003 (annessa a casa sua); era consigliere effettivo, insieme ad Angelo Mazzi, della Biblioteca Popolare Circolante in Bergamo, ch’era nella medesima sede. Nel 1877 è presidente del Casino di Società degli Artisti, Operai e Professionisti in Bergamo con sede in Piazza Pontida n. 28. Nel 1889 figura come: presidente del Consorzio fra Artisti, Operai e Professionisti” (Piazza Pontida 45); presidente della Società d’Incoraggiamento per le Belle Arti (Piazza Pontida 28); vicepresidente della Società di Patronato per i liberati dal carcere (P. Pontida, n. 28), Direttore del Corpo musicale Donizetti (sede presso il Casino Operai, P. Pontida 28); consigliere della Scuola-Asilo Rachitici. Nel 1892 rivestiva ancora le medesime cariche, e inoltre era consigliere del Circolo degli Esercenti, Commercianti e Industriali della Città e Provincia di Bergamo. Ma non è tutto… 4 Tra i matrimoni celebrati alla Chignola, si può ricordare quello del dott. Mario Breda di Alzano, l’intimo amico di famiglia che appare in diverse foto, il quale fu medico condotto anche per Ranica dove non vi è ancora del tutto dimenticato. 5 Su Luigi Bertett (Ranica 4.12.1916 – Milano 12.12.2001), oltre a ciò che in seguito diremo, si possono cercare notizie anche in internet relative alla sua attività civile. 6 Il vigente diritto canonico ascriveva la chiesetta alla categoria degli “oratori pubblici di proprietà privata”, una classificazione non priva di ambiguità. 155 156 157 Il versante della villa in prospetto al Canale Serio, con balconata balaustrata e l’accesso all’acqua corrente. Per questo sito il Consiglio del Comune di Bergamo nel 1493 aveva deliberato ingiunzione ai frati di abbattere il muro di recinzione al convento costruito lungo l’argine su suolo pubblico. 158 Lo stesso sito in sequenza d’immagini: come si presentava a fine ‘800, com’era nel 1989 e come si configura nel 2006, una progressione che scandisce quel certo tipo di “evoluzione urbanistica” che ha permeato i nostri paesi. 159 L’altare della Chignola Fiumenero (BG) Chiesa parrocchiale: l’altare già della chiesetta della Chignola ricomposto qui in una cappella laterale nel 1958. Le due sculture marmoree dei putti sono disposte in evidente posizione precaria. In angolo del campanile della stessa chiesa vi sono depositate due mensole in marmo, probabile richiamo alle due statue. 160 La parrocchiale di Fiumenero, la targa ricorda il dono dell’ing. De Beni; ancóna con Pietà e i due putti provenienti da Ranica. L’altare della chiesa della Chignola, rimosso e trasferito nel 1958, è stato rintracciato nella chiesa parrocchiale di Fiumenero, nell’alta Valle del Serio. La preziosa segnalazione ci è arrivata da Anna e Giancarlo Beretta e, verificata, l’amministrazione civica ha inviato il fotografo Foto-In per documentare. Come attesta una lapide ivi collocata, “donatore” fu l’ing. De Beni e la spesa di riallestimento venne sostenuta dalla Società Anonima Orobia, presso la quale De Beni lavorava nella centrale elettrica di Fiumenero/Valbondione. L’altare, così com’è, pone interrogativi sulla sua epoca e fattura, atteso che non si configura come appartenente al secolo XV. Il quesito (come del resto altri ancora) resta aperto all’indagine. 161 Questo dipinto, con un volto dolcemente espressivo di composto dolore della Madonna Addolorata, è tutto ciò che è sopravissuto della pala d’altare coinvolta nell’incendio causato da un fulmine. Il vecchio cartiglio, applicato dietro il quadretto, ricorda il devastante evento del 1763. Madonna della Chignola Non ci è dato di molto sapere intorno ai dipinti che pur esistevano nella chiesetta della Chignola: gli accenni che si ritrovano nei verbali delle visite pastorali sono generici e non contengono descrizioni né consentono attribuzioni. A parte alcune figure di santi (Antonio abate, Filippo Benizi) e un’Annunciazione a Maria, il quadro più ricordato aveva come soggetto Santa Maria dello Spasimo o Addolorata. Nel 1575 – durante la cosidetta visita di San Carlo – si di162 chiara che vi è una cappella della Madonna dello Spasimo che “habet iconam vetustam” per la quale vi era “concorso di popolo a motivo dei miracoli” sed nunc non valde frequentatur. Di questa immagine “assai vetusta” oggetto di viva devozione si è persa traccia. All’inizio del secolo scorso Elia Fornoni annotò che nella chiesetta della Chignola “vi si vede una bella paletta che si attribuisce a Palma Giovane”. (Manoscritto in AC/BG) Ora, la scoperta più interessante durante le nostre ricerche presso privati è risultata essere un quadro (tela rifoderata su telaio di cm 40,5x33 in cornice attuale d’asta) in cui si rappresenta il solo volto di Maria (in lacrime) che accenna un gesto della mano. È indubbiamente opera di buona fattura, nonostante le manomissioni e il non del tutto felice stato di conservazione. E’ un particolare, il viso di Maria, palesemente ritagliato da un dipinto più esteso: si tratta forse di un dettaglio della graziosa pala (“bella paletta”) vista dal Fornoni? Solo uno studio attento, condotto anche con criteri filologici in fase di restauro, potrebbe dirci qualcosa di più. Giova tuttavia ricordare che dietro la tela vi è incollato un cartiglio di vecchia mano (ottocentesca) che recita: “Parte del quadro miracoloso di S. Maria della Chignola preservata dall’incendio del fulmine il dì 18 Giugno 1763: mentre erano possessori i Sig.i Tiraboschi”. (vedi foto alla pagina precedente) È confermato dunque il ritaglio (“parte del quadro…” attesta il cartiglio) e una fondata prospettiva farebbe supporre trattarsi proprio di quella famosa e venerata immagine della “Madonna dello Spasimo” della Chignola, ridotta – dopo il danno, ritenuto irreparabile, del fulmine – forse a devoto e grazioso capoletto. “Registro delle SS. Messe” celebrate nella chiesa della Chignola: il dettaglio del giorno 15 Settembre 1914, la solennità dei “Sette Dolori” della B.V. Maria cui era dedicata la chiesa. In tale occasione si celebrarono cinque messe, incominciando con quella officiata da don Giuseppe Luciani. (Il registro è ora custodito in casa Bertett) 163 La Chignola così come si prospettava da occidente nel primo ‘900. Gente in posa sul portale dell’antico chiostro, trasformato in una villa. 164 I Bertett Andrea Bertett venne in possesso del complesso della Chignola nel 1898. La famiglia vi abitò per 25 anni, da tale data fino al 1923, quando il figlio Raffaele alienò inopinatamente la proprietà. Le immagini di questa sezione del nostro “quaderno” documentano quella loro presenza e le persone che li frequentavano. Andrea Bertett. Raffaele Bertett con la moglie Giovannina Milesi, i figli Marcello e Luigi e una famigliare. 165 Il vescovo di Bergamo Gaetano Camillo Guindani ospite nella villa. Tra i maggiorenti si nota anche il sen conte G.B. Camozzi-Vertova (il primo seduto da destra). 166 Qui sopra e i basso, Gruppi di persone diverse alla Chignola: un sodalizio non identificato e un incontro della parentela. Sotto il colonnato dell’antico chiostro, diventato grazioso portico della villa, siede la famiglia di Andrea Bertett. 167 Amici di famiglia (dall’alto a sinistra e in senso orario): il conte G.B. Camozzi-Vertova; il medico dott. Mario Breda; Raffaele Bertett; don Luciani. Don Francesco Giuseppe Luciani (1876-1961), considerato uno della famiglia, era sempre presente nei momenti salienti. Orfano e con affezioni polmonari, venne curato, mantenuto agli studi e quasi cresciuto in famiglia da Andrea Bertett. Esercitò il ministero a Sabbio e per quarant’anni a Mornico al Serio, dove morì il 16 settembre 1961. 168 Luigi Bertett1 Medaglia d’oro per la Libertà (Ranica/Chignola 1916 - Milano 2001) Lettera alla madre dalla clandestinità2 “Carissima, eccomi a te con un po’ di tempo, così ti potrò scrivere qualcosa di più delle poche righe che ti ho inviate tramite amici. Ti dico subito che sto bene e che le mie condizioni di salute migliorano a vista d’occhio, superando ogni ottimistica aspettativa: indubbiamente la tranquillità mi giova assai, vorrei dire di più delle amorevoli cure di cui sono circondato dai miei cari e gentili ospiti. Riguardo alla mia partenza stai sicura che entro il mese, ed al massimo ai primi dell’entrante, andrò dalla Ester: vedi tu se hai la possibilità di venire a Milano. Io però te lo sconsiglio anzi ti pregherei di non venire per non affrontare pericoli e disagi. Stai sempre all’erta lì a casa, non bisogna mai abbandonarsi a degli eccessivi ottimismi. Sei stata da Airoldi per quello che ti ho detto? Se puoi, fammi avere una valigetta, che mi sarebbe assai utile. Concludendo, nessuna apprensione di nessun genere per me. Ti scriverò ancora prima della mia partenza, in ogni modo sin da ora ti raccomando vivamente la tua salute: non avere preoccupazioni di indole economica: tutto quello che ti occorre non devi lasciartelo mancare. Anche se finiremo tutto, ma rimarremo noi, e in qualche modo tireremo avanti. A proposito della Chignola, in questa nostra ricerca storica ci sembra giusto ricordare espressamente – sia pure con soli due flash – questo eccezionale e schivo combattente per la libertà, decorato di medaglia d’oro al valor militare: LUIGI BERTETT. Figlio di Raffaele e Giovanna Milesi, nacque a Ranica nella Villa della Chignola il 4.12.1916 (fu battezzato nella stessa chiesetta della Chignola) e morì a Milano il 12.11.2001. La motivazione del conferimento della massima decorazione suona testuale: “BERTETT LUIGI - Intendente generale – Volontari della Libertà.. Luogo di nascita: Ranica (Bergamo). Educato ai più alti ideali di libertà e di amore di Patria, fu tra i primi ad iniziare la lotta contro il fascismo. Denunciato, riparò all’estero, incurante della famiglia costretta a disperdersi. Rientrato in Patria organizzava e dirigeva con illimitata audacia vari rami dell’attività partigiana in Alta Italia. Faceva evadere otto suoi collaboratori arrestati dalla polizia; arrestato egli stesso due volte, sottoposto a torture e sevizie che gli causarono gravi lesioni, manteneva il più assoluto silenzio sull’organizzazione e con audacissima gesta riusciva ad evadere. Arrestato ancora tentava una disperata fuga, ma colpito dal fuoco dei suoi inseguitori veniva catturato. Trasportato in ospedale, con l’aiuto di un gruppo di partigiani evadeva ancora e riprendeva impavido la sua attività fino alla liberazione dell’Alta Italia. Fulgido esempio di costanza, spirito di sacrificio e di dedizione alla Patria. Alta Italia, settembre 1943 - giugno 1945”. Non volle mai vantare il proprio antifascismo né cavalcarlo, perché ritenne quanto fece un dovere puro e semplice. Si scrisse (L’Eco di Bergamo, 14.06.1999, ripetuto nel “coccodrillo” del 14.11.2001) che non volle più ritornare a Ranica per evitare di vedere lo scempio perpetrato alla Chignola e poter conservare invece nel cuore l’immagine originaria del luogo in cui visse la propria infanzia. 2 La lettera autografa, datata solo con giorno e mese ma sicuramente del 1944, è scritta in clandestinità a lapis e ci è stata mostrata dalla cognata, signora Maria Caccia Bertett, che ringraziamo. 1 169 Luigino Bertett in braccio alla madre nel parco della villa alla Chignola. Luigi Bertett. Andrea segua i miei consigli: per quanto riguarda una sua partenza gli sarò preciso, per ora si fermi ancora a casa, naturalmente con le dovute precauzioni. Mi è stato detto che tu interpreti il mio persistere nell’attuale attività come una manifestazione di debolezza dei rapporti affettivi che ci legano: questa affermazione è senza alcun fondamento, è fuori luogo e mi è assai dispiaciuta. Sono di avviso che un uomo deve compiere interamente tutti i doveri del suo stato e non solo una parte di essi e che in circostanze eccezionali (tali credo di poter definire quelle che noi stiamo attraversando) taluni di essi diventano tanto di capitale importanza che il non compierli interamente, come la coscienza dell’individuo richiede, lederebbe, particolarmente per i giovani, le fondamenta sulle quali si edifica la propria vita. Se ciò può definirsi, senza usare delle parole esagerate, salute spirituale, non posso dimenticare da chi mi è stata generata. In ogni atto, che ritengo buono, della mia giornata penso a te con un senso di gratitudine e mi piacerebbe averti vicina perché tu lo sapessi e lo potessi così giudicare. Cara mamma, il reciproco affetto, particolarmente fra i famigliari, non può essere disgiunto dalla stima; contrariamente è solo un legame di consanguineità e non dello spirito che è quello che più vale. Ecco perché innanzi a tutto e a tutti tengo che la tua stima verso di me sia pari a quella che, ben fondatamente io nutro nei tuoi confronti. Sappi che qualunque cosa mi accada, anche se ciò fosse irreparabile, quanto avrò fatto non lo avrò compiuto dimentico dei legami che uniscono, ma nella certezza che questi non potranno che rinvigorirsi, anche se solo nello spirito. Sono certo che da te non potrò mai avere un biasimo per avere compiuto quanto dovevo e non di più. Se il legame affettivo verso una persona dovesse invigliacchire credo che ognuno, anche se impotente a reagire, finirebbe col detestare quel sentimento che lo sminuisse nel consorzio degli uomini. Mamma, da te attendo uno sprone a compiere tutto il mio dovere perché conosco i tuoi sentimenti e so che tu sai i tuoi doveri e li compi, anche se questo ti costa sacrificio. Attendiamo strettamente uniti l’alba che sta sorgendo e che ci permetterà, finalmente, di ricominciare la nostra vita serena e tranquilla. Molto affettuosamente Luigino 14/4 (scritto a margine: è la data incompleta) Autografo della lettera, circospetta ma affettuosa e nobile, scritta alla madre durante una degenza per delle ferite rimediate nella lotta armata contro l’autocrazia nazi-fascista. 170 La medaglia d’oro al valore Lunedì 24 giugno 1946 “Il Giornale del Popolo” informava della medaglia d’oro conferita a Edgardo Sogno e Luigi Bertett. Data la notizia, brevemente il giornale la commentava. Ecco i testi. “Milano, 24 Giugno Nella giornata di sabato il generale Marras, comandante della Difesa territoriale ha insignito della medaglia d’oro al valore i due partigiani Edgardo Sogno (Franzi) e Gigi Bertett (Gigi). L’alta onorificenza concessa per i grandi atti di valore e di abnegazione, compiuti durante la lotta partigiana, oggi adorna il petto di due valorosi. Particolarmente grata a Bergamo la notizia per quanto riguarda il nostro “Gigi”, uno tra i migliori che con Bepi Signorelli, con Bruno Quarti, con tutto il valoroso gruppo bergamasco operante a Milano durante l’occupazione dei ”nazi”, rinnovò gesta memorande di audacia e di dedizione alla Patria. Ricordare tali gesta oggi non ci è possibile, poiché questi ragazzi così prodighi di opere, non sanno parlare di sé. Per “Gigi” Bertett parlano le ferite ricevute, la prigione patita, la condanna a morte che lo ha colpito e che sarebbe stata eseguita, se non fosse venuta in tempo la liberazione, che però lo trovò gravissimo all’ospedale. Bravo e buon ragazzo, “Gigi” compiuta la sua opera, ritornò al lavoro, così come usò fare un altro bergamasco – Nullo – pago soltanto della gioia di aver saputo dare. Per suo valore e per la sua modestia, però, i suoi concittadini lo compensano di grande amore che noi- amici – oggi gli tributiamo.” Una delle decorazioni al valor militare conferita a Luigi Bertett. (Da: Il Giornale del Popolo - Organo del C.L.N. – Anno 2 - N. 147. BERGAMO, Lunedì 24 Giugno 1946) Raffaele e Giovannina Milesi (Nina), genitori di Luigi, all’epoca del loro fidanzamento ufficiale. 171 E al termine… Al termine di questa nostra rivisitazione storica potrebbe insinuarsi il desiderio di una riflessione pacata sulla subìta sorte dei conventi soppressi d’autorità, come quello della Chignola, e sui grandi monasteri e abbazie confiscati d’imperio.1 Tale tema è stato in diversi modi ampiamente dibattuto e, per lo più, giustificato nell’ambito delle riforme sia ecclesiastiche che civili; d’altra parte, non è proprio il caso di aggiungere ora qualche goccia là dove sono corsi fiumi d’inchiostro. Vorrei solamente rendere esplicita una piccola sottolineatura sull’ingordigia con cui si sono messe le mani sui complessi monastici e soprattutto sui terreni circostanti, entrati furbescamente nei piani di lottizzazione, con scarsa o nulla considerazione circa il de cuius. Il Novecento ha supportato una distinzione abbastanza definita e chiara: nella prima metà del secolo la tendenza fu quella di apporre orgogliosamente la propria etichetta sul bene conquistato (vedi – piccolo segno – la cartolina “viaggiata” della Chignola nella seguente pagina); nella seconda metà del secolo, con moto di spinta in accelerazione costante, di far fruttare esponenzialmente il diritto di superficie e le (sollecitate) concessioni edilizie.2 Dunque… se la nostra passeggiata nella storia della Chignola (e assimilati) valesse a insinuare il dubbio sull’opportunità d’un minuzzolo di “autocritica”, magari per rimediare il rimediabile, ci parrebbe, alla fine, di non aver faticato invano. In caso diverso, non potrà negarsi almeno la soddisfazione per la conquista di conoscenze. Gli studi principali vertono principalmente su temi di economia politica ossia sui beni cosiddetti ecclesiastici rimessi in circolazione economica e sul modo di successiva appropriazione da parte del ceto borghese e sulla capacità o incapacità di tutelare, dopo le svolte ritenute innovative, i monumenti storici e il patrimonio della cultura. 2 Per restare tra i conventi dei Servi di Maria precedentemente ricordati, si osservi la sottostante immagine paesistica di Montecchio nel 1970 per confrontarla, dopo una passeggiata in situ, con la condizione attuale di residence (esclusivo, anche nei costi.) 1 Veduta panoramica sul colle di Montecchio (alla cui sommità c’è la villa ricavata dall’antico convento dei Serviti) e sul lago d’Iseo oltre Sarnico. 172 Cartolina “viaggiata” nel 1926. Alla villa della Chignola vien attribuito il nome Scanzi, relativo ai nuovi possessori subentrati ai Bertett. La firma è nell’ambito della stessa parentela dei proprietari della villa. Cartolina del collezionista Oscar Zanchi 173 Luoghi citati (AVVERTENZA: Dall’elenco sono stati esclusi RANICA e BERGAMO) Adrara 21 Agnadello 50 Agro 59 Albino 22, Alzano 10, 17, 51, 52 Alzano Inferiore 33, 35, 121 Alzano Maggiore 141 Alzano Superiore 29, 36, 122 Antella (Fi) 102 Arcene 14 Ardesio 61 Astino 101 Aversa 79 Bassano 106 Belluno 106 Biandazzo 23, 50 Bisone 114 Bitetto 104 Bologna 104 Bondo di Albino 11 Borgo Canale 102 Borgo di Terzo, 13, 51 Borgo Palazzo 21 Borgo San Sepolcro 102 Botta (Ranica) 11 Brescia 14, 30, 32, 40, 46, 51, 52, 71, 105, 109, 114 Brianza 114 Brugale 61 Brusata 13, 47 Cafaggio (Fi) 102 Caiazzo 55 Calepio 13, 51, 122 Calolziocorte 114 Cambrai 50 Camisano 11, 56, Candia 78, 80, 127 Caravaggio 50 Carenno 51 Castel di Godevo 106 Castelfranco V. 104 Castione 29, 35, 38, 121, 123 Cenate 21 Cesena 21 Chignola Alta 22, 154 Chignolo d’Isola 26, 39 Chioggia 104 Città della Pieve 103 Citta di Castello 102 Civita Castellana 85 Cluny 7, 19, 20 Clusone 10, 12, 14, 51, 52, 79, 82, 87, 99, 101, 107, 111 (passim), 112, 128, 129 Coccaglio 12, 52, 115 Colle Aperto (BG) 107 Colle Aperto 40 Cologna Veneta 106 Colognola 64 Costa (Serina) 8 Credaro 13, 107, 110, 174 Crema 35, 119 Cremona 105, Cugnolo de foris 39, 40 Desenzano 22, Dossena 35, 119 Endenna 47, Faenza 104 Fara 22 Ferrara 104 Fino del Monte 33, 35 Firenze 102 Fiumenero 17 Fontanella 20, 107 Foppenico 64, 114 Foresto (S. Giovanni) 110 Forlì 102, 110 Gatta (Ranica) 10, 52 Gavarno 21 Gazzaniga 56 Ghisalba 154 Germania 103 Gorle 21, 24, 62, 70 Gradisca 106 Gromo 51, 52, 56 Guidana -seriola 23 Isola d’Istria 104 Lallio 31, 36, 122 Lavello 11, 55, 56, 63, 64, 107, 114 (passim) Lecco 114 Leffe 15 Lemno 78 Lione (concilio) 102 174 Lucca 10, Magonza 62 Mandello 12, 51 Mantova 50, 101, 104, 114 Martinengo 10, 13, 33, 35, 38, 46, 51, 52, 56, 112, 121, 121 Mestre 104 Milano 35, 41, 46, 64, 114 Mologno 12 Monte Berico 104 Monte Orfano 115 Monte Senario 102, 104 Montecchio (Credaro) 10, 13, 51, 52, 107, 110, 174 Montegranaro (PS) 47 Montepulciano 104 Mornico 168 Mugello 102 Muratella 11 Nembro 35, 121 Nese 8, 23, 29, 31, 47, 59, Oderzo 106 Olera 8, 47, 59 Orvieto 103 Padova 104, 106 Palazzago 130 Pavia 109 Peia 12, Perugia 109 Pesaro 47, Pignolo - borgo 40, 55 Pistoia 103 Polesine 50 Pontida 20 Poscante 22 Pozzaglio 82 Redona 7, 22, 39, 50, 70 Roma 33, 36, 76, 78, 112, 121 Romagna 50 Ronchella 10 Rosciano 50 Rossino 64 Rovato 110, 115 (passim) Sabbio 168 San Pellegrino 79, 80, 87, 89, 90, 93, 94, 99, 108, 126, 129, 134, 136, 137 San Rocco 15, 68 San Vigilio (BG) 107 Sansepolcro 103 Sant’Antonio – borgo 58 Sarnico 110, 174 Saronno 10 Scalve 58 Selvino 8, 31 Serina 8, 35, 59 Serio – canale 16, 22 Sezze 85 Siena 102, 103, 104, 105, 107 Somasca 64 Sorisole 8, 10, 11, 12, 35, 48, 51, 52, 119 Sotto il Monte 107 Spinone 13 Tenedo (isola) 78 Terzo 9, 48, 51, 52 Todi 103 Torre Boldone 7, 9, 11, 13, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 39, 45, 47, 49, 50, 51, 52, 55, 58, 61, 62, 68, 70, 82, 98, 101, 109, 114, 133, 142 Travagliato 10, 52 Trento 13 Treviso 104 Udine 106 Usolo 36, 120 Val Calepio 107, 110 Val Donata 14, 68 Valle Brembana 114, 129 Valle San Martino 10, 55, 64, 114 Valle Seriana 101 Valle Seriana Inf. 20, 29, 41, 45, 48 Valle Seriana Superiore 110 175 Valsassina 114 Valtellina 10, 52, 64, 114 Valtesse 50 Valvasone 106 Venezia 15, 59, 68, 78 (passim), 104, 106, 109, 115, 136, 137, 141, 142 Verona 104, 106, 115 Vicenza 13, 14, 47, 51, 68, 71, 104, 105 Villa 13 Villa d’Adda 20, 21 Villa di Serio 13 Villongo 110 Zogno 11, 46, 71, 79, 80, 87, 89, 90, 93, 94, 99, 107, 112 (passim), 128, 129, 134, 136, 137 Finito di stampare nel mese di Ottobre 2006 da Maggioni Lino srl - Ranica (Bg)