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NEWS CASA E CITTA'
10 - 2011
a cura del Dipartimento Ambiente e Territorio
Area Politiche della casa e degli insediamenti urbani
e-mail: [email protected]
In questo numero: ■ Seminario politiche abitative, 12 aprile 2011 ■
Federalismo demaniale: il 24 marzo parere dei Comuni ■ Agenzia
del Territorio: compravendite anno 2010 ■ Housin sociale in
Europa ■ Bollettino Urbact
Seminario Nazionale
“I bisogni abitativi nelle
trasformazioni urbane”
12 aprile 2011
Il Seminario vuole essere un'occasione di riflessione rispetto ai
principali problemi di questo settore nel nostro Paese, sviluppando una discussione sugli
strumenti oggi presenti (fondi
immobiliari), su alcune dinamiche in corso (federalismo demaniale) nonché sulle possibili risposte ai bisogni abitativi quali il
social housing, indagando le
esperienze europee e la situazione in Italia.
In un difficile scenario, va rivendicato un rilancio delle politiche
abitative, urgente sia per rispondere ad alcune drammatiche
tensioni sociali, sia per individuare soluzioni legate alla limitata mobilità sociale e territoriale.
Il seminario vuole offrire spunti
per la nostra riflessione e per
l'iniziativa di contrattazione territoriale.
Oggi ci troviamo di fronte alla crisi di un sistema abitativo che non
riesce a dare risposte adeguate ad una domanda che, nel corso degli
anni, è divenuta sempre più complessa per composizione sociale, livelli
di reddito, esigenze di mobilità territoriali, qualità urbana ed edilizia.
All'aumentare e al diversificarsi di tale domanda hanno corrisposto negli
anni politiche volte quasi esclusivamente all'abitazione in proprietà, che
hanno innescato un processo di acquisizione, trasferendo risorse dal
lavoro alla rendita, finanziaria e da patrimonio, verso costruttori,
proprietari dei suoli, istituti di credito e contribuendo ad una crescita
urbana subordinata ad interessi immobiliari.
Questa si è sviluppata secondo processi spesso spontanei, non legati a
logiche di pianificazione urbanistica, con conseguenze sia sulle
caratteristiche del patrimonio, spesso costruito in modo inadeguato, sia
sulla qualità della vita, sul welfare locale, sulla funzionalità delle città.
Correggere le distorsioni di un mercato indirizzato solo alla vendita e
alla speculazione implica indirizzare gli investimenti verso l'incremento
dello stock in affitto, per affrontare sia situazioni di emergenza, sia
elementi strutturali che limitano la mobilità sociale e territoriale.
Il Piano Casa del Governo, non sembra attualmente una risposta per
costituire un consistente stock di edilizia a canone sostenibile, e il
sistema dei fondi immobiliari, individuato quale strumento attuativo,
rischia di rispondere solo ad una parte della domanda per il livello dei
canoni che propone, a causa di alcuni nodi che incidono sul sistema.
La forte crisi che colpisce il nostro Paese rende più difficoltosa la
condizione delle famiglie che vedono diminuire il potere di acquisto dei
propri salari: la diminuzione delle compravendite di abitazioni rilevata
anche nel secondo semestre 2010 è segnale di un cambiamento nelle
scelte delle famiglie e della loro propensione all'acquisto dell'abitazione,
elemento che rende sempre più urgente un rilancio del mercato
dell'affitto a canoni sostenibili
1
Federalismo demaniale
L'ANCI ha ottenuto un tavolo di confronto che consenta ai sindaci di riportare nella lista dei
beni attribuibili quei beni che sono stati inseriti per errore nella lista dei beni esclusi dal
trasferimento e che invece sono di interesse per i Comuni. Il parere dei Comuni ai primi
elenchi, attesi in conferenza unificata il 24 marzo, sarà condizionato alla definizione di quei
beni che pur essendo ora inseriti nella lista di quelli indisponibili possono essere spostati nella
disponibilità dei sindaci. In questo modo i comuni potranno avviare la seconda parte dell'attività
prevista dal decreto che e' quella, in 60 giorni, di valorizzare i beni di interesse comunale.
Il percorso di attuazione del federalismo
demaniale continua ad essere caratterizzato
da ritardi, dubbi sul valore dei beni, forti
sperequazioni territoriali: i sindaci segnalano
che molte amministrazioni statali hanno
dichiarato di usare immobili in realtà vuoti, per
la definizione di beni indispensabili.
Difficoltà si riscontrano nella modalità di
attuazione: le amministrazioni locali spesso
non hanno capacità e risorse per elaborare i
piani
di valorizzazione
(corredati
da
cronogramma e piano di fattibilità economica)
necessari per chiedere l'assegnazione del
bene, e c'è il rischio che i beni che l'Agenzia
del demanio indicherà come trasferibili,
rrimangano dove sono sempre stati.
I beni immobili (case e terreni) dello stato sono 31.300, di cui
solo 4.500 fanno parte del demanio storico-artistico vero e
proprio. Il resto, chiamato “patrimonio dello stato”, si distingue in
disponibile e indisponibile. Alla seconda categoria, in base ai
dati del Demanio, appartengono quasi i due terzi dei beni,
individuati interpellando le pubbliche amministrazioni che
avrebbero già dovuto rispondere sull'effettivo utilizzo dei beni in
loro uso. Circa la metà ha risposto dichiarando indispensabili
praticamente tutti i beni, metà non ha risposto del tutto: 5.000
beni sono ancora sotto esame e tra questi potrebbero esserci
altri da trasferire.
A maggio 2010 il direttore del Demanio presentò al Parlamento
19.005 beni potenzialmente trasferibili, quasi il doppio di
quelli oggi elencati. È chiaro che in questi mesi c'è stata una
corsa a definire molti beni come indispensabili alle pubbliche
amministrazioni.
Continua a destare preoccupazioni la possibile alienazione dei beni: il decreto stabilisce che gli enti
locali in stato di dissesto finanziario non possono alienare i beni ad essi attribuiti fino a quando perdura lo
stato di dissesto; ma prevede la possibilità per quegli enti locali che hanno comunque dei debiti, non così alti
da determinare il dissesto e che sono la maggioranza dei Comuni italiani, di alienare i beni trasferiti e di
destinare le risorse incamerate per il 75%, alla riduzione del debito dell'ente, e per la parte residua alla
riduzione del debito statale. L'80% degli enti pubblici potrebbe propendere per una vendita immediata per
incamerare liquidità. In generale i beni trasferiti entrano a far parte del patrimonio «disponibile»; sono inseriti
in procedure di valorizzazione oppure sono alienati, ma solo previa valorizzazione attraverso l’adozione di
una variante allo strumento urbanistico. Tale variazione consente di attribuire più alti valori di mercato ai beni
e di rendere più redditizia la loro vendita. Si può alienare, quindi, solo a patto di assicurarsi il massimo
profitto dalla vendita.. Una variante urbanistica fatta dal comune ricevente fa schizzare alle stelle il valore
indicato nel bilancio dello Stato riguardo a una caserma inutilizzata, magari localizzata nel centro di una
città. La paura è che dietro questa svendita di beni pubblici si possa nascondere la più grande
speculazione edilizia e immobiliare della storia della Repubblica italiana.
Compravendite 2010
L'Agenzia del Territorio ha diffuso la nota
trimestrale che fornisce una sintesi sui volumi
delle compravendite nel 2010. I dati mostrano
ancora un segnale negativo, dopo quello
rilevato nel III trimestre, disattendendo le
aspettative suscitate dagli aumenti delle
compravendite registrati nel I e nel II trimestre.
La forte crisi che ancora colpisce il nostro Paese
rende più difficoltosa la condizione delle famiglie che
vedono diminuire il potere di acquisto dei propri
salari: la diminuzione delle compravendite di
abitazioni rilevata anche nel secondo semestre 2010 è
segnale di un cambiamento nelle scelte delle famiglie
e della loro propensione all'acquisto dell'abitazione.
Il tasso tendenziale annuo del volume di compravendite nell’ultimo trimestre 2010 rispetto il IV trimestre
2009 per l’intero settore immobiliare risulta, pari al -3,4% (-2,3% del III trimestre): si registrano segni negativi
nel settore residenziale (-4,1%), nel mercato delle pertinenze (-0,4%) e nel terziario e commerciale (-3,5%
e -2,0%). Il settore produttivo segna, invece, un tasso positivo, con un +4,0%.
2
Nel IV trimestre 2010 il settore residenziale
(169.243 compravendite) presenta un tasso
negativo in tutte le macro aree; per le regioni del
Centro e del Nord, dopo una serie di trimestri
positivi, la variazione è negativa al Centro (5,1%), in lieve flessione al Nord (-1,7%).
I trim
2010
II trim
III trim
IV trim
2010
141.929 171.420 129.296 169.243
2009-2010
611.878
I trim
II trim
III trim
IV trim
2009-2010
4,30%
4,50%
-2,70%
-4,10%
0,40%
Nel IV trimestre del 2010 il trend negativo del mercato residenziale riguarda sia capoluoghi (-1,3% rispetto al
corrispondente trimestre dell'anno precedente), sia comuni non capoluoghi (-5,3%). Su base annua la
compravendita di abitazioni nei capoluoghi segna un +5,1%, che risente dell'influenza positiva dei primi tre
trimestri dell'anno e che trascina il dato nazionale annuo ad un risultato stazionario e pari a +0,4%.
Nelle otto più grandi città italiane per
popolazione, si osserva un'inversione di
tendenza rispetto alle variazioni positive dei
precedenti trimestri: le compravendite di
abitazioni registrano un tasso pari a -0,9%.
Crescono le compravendite solo a Genova
(+7,3%), diminuiscono leggermente a Milano,
Torino e Napoli, più drasticamente a Palermo,
Bologna e Firenze.. Su base annua, la
variazione del 2010 rispetto al 2009 risulta
sostanzialmente positiva tranne a Bologna dove
il saldo annuale è negativo.
Roma
Milano
Torino
Genova
Napoli
Palermo
Bologna
Firenze
Valori 2010
Valori % 2009/2010
III trim IV trim
Anno III trim IV trim III anno
7.359 8.598 33.168
14,0
0,0
12,7
3.966 5.144 18.849
19,8
-9,8
6,7
2.387 3.124 11.264
-2,3
-1,6
0,5
1.507 1.920
6.871
1,3
7,3
6,9
1.287 1.760
5.517
0,0
-1,3
4,8
999 1.449
5.356 -10,6
-5,4
1,2
1.057 1.263
4.704
7,0
-5,8
-0,6
861 1.154
4.351
-7,4
-6,3
3,4
Totale
19.432 24.312
Città
91.180
7,8
-0,9
6,9
Per quanto riguarda le quotazioni medie delle abitazioni, dopo due semestri di calo e un semestre di
stazionarietà, nel II semestre 2010, il valore medio nazionale delle unità immobiliari residenziali, per unità di
superficie commerciale, torna a mostrare lievi variazioni in aumento. A livello nazionale la quotazione media
risulta pari a 1.579 €/mq in crescita del +0,4%, in aumento sia nei capoluoghi (2.286 €/mq , +0,5% rispetto al
I semestre 2010), sia nei comuni non capoluogo (1.315 €/mq, +0,4% rispetto al I semestre 2010). Va rilevato
che nei capoluoghi la quotazione torna a crescere, dopo la sostanziale flessione degli ultimi quattro semestri.
Housing sociale
HOUSING
Il tema dell’edilizia sociale, la versione italiana del social housing, nata con il Piano Casa nazionale e la
creazione del Sistema integrato di Fondi, riferita a quanti non hanno i requisiti per un alloggio pubblico ma
non trovano compatibilità con i canoni del mercato privato, è stata affrontata nel Seminario organizzato dal
SUNIA su “Edilizia pubblica e riforma delle locazioni”, al quale abbiamo partecipato, e si conferma come
centrale nel dibattito sulle politiche abitative del Paese.
L'edilizia privata sociale, può essere una
valida risposta alle difficoltà del settore, ed è
ipotizzabile un programma in cui si integrino
interessi pubblici e privati, e in cui possano
trovarsi
opportunità
di
sviluppo
anche
dell’edilizia pubblica.
Il Piano Casa, tuttavia oltre a non configurarsi,
nelle proposte che si stanno confrontando, come
risposta al problema abitativi, relega nella
assoluta marginalità l’edilizia sovvenzionata.
Riteniamo che tutti i progetti, partendo dall'analisi
dei fabbisogni abitativi, si debbano porre come
prioritario il tema della sostenibilità: come capacità
di
soddisfare
un’esigenza
sociale,
come
compatibilità dell'investimento in termini economici
e finanziari, come sostenibilità ambientale.
Questa può essere raggiunta dando spazio anche
all’edilizia residenziale libera e terziaria, partendo dal
recupero di edifici e di aree dismesse e degradate,
senza tradire, però, la finalità sociale.
I punti di maggiore criticità (scarsità di risorse pubbliche che implicano necessariamente, per volumi
consistenti di edilizia sociale, apporti considerevoli di risorse perivate, centralizzazione delle risorse e delle
decisioni sul loro utilizzo che limita, se non esautora, il potere programmatorio delle regioni) fanno si che
dopo due anni due soli investimenti siano stati deliberati (“fondo Parma Social House”, fondo "Abitare
sociale 1" e fondo "Real Quercia housing sociale") anche se molti progetti sono nati in poco tempo per
agganciare quello che viene visto dagli operatori del mercato delle costruzioni e dell'immobiliare, in una fase
di crisi del settore, uno dei pochi business in questo momento.
3
In Italia il settore pubblico si caratterizza per
una quantità di alloggi che pone il nostro Paese
ai livelli più bassi d’Europa: esiguità dello stock,
problemi legati alla gestione e scarso controllo
hanno negli anni ingessato un comparto
indispensabile a fornire una risposta ad alcune
fasce di popolazione che non hanno altra
possibilità di inserimento nel mercato.
In Europa il social housing, seppure con forti differenze
tra i vari Paesi, eterogenei per situazioni abitative e per
politiche adottate, è fortemente sviluppato.
Alcune esperienze europee possono fornire
un’indicazione utilizzabile anche per comprendere
meglio la situazione italiana e per permetterci di
formulare proposte per la contrattazione territoriale.
■ Nell'Area
del Dipartimento Ambiente e Territorio del sito CGIL la sintesi dello Studio prodotto dal
dipartimento “Il social housing in Europa” che sarà sviluppato nell'ambito del seminario organizzato
per il 12 aprile.
L'Aquila: Abbracciamo la ricostruzione
La CGIL Nazionale ha partecipato all'iniziativa organizzata all'Aquila dalla coalizione “Abbracciamo la
Cultura” nella quale, all'interno dei più complessivi problemi legati alla ricostruzione, è stato sottolineato
come finora nulla sia stato fatto per il patrimonio culturale della città dopo il drammatico evento. Storici e
esponenti nel campo della cultura abruzzese hanno sottolineato il legame inscindibile tra cultura, storia di un
territorio, identità e senso di appartenenza della popolazione.
Il sisma del 6 aprile, infatti, oltre a provocare vittime e danni materiali, ha modificato il rapporto tra i singoli e il
territorio, una distruzione non solo dell’urbs, ma anche della civitas della città, che è stata disaggregata in
campi esterni ed in nuclei distanti tra loro. La volontà, nella fase di emergenza, di non creare una “L’Aquila 2”
che potesse, per motivi funzionali, opporsi alla ricostruzione dell’Aquila originaria, ha allentato i legami tra la
cittadinanza. Per non ledere definitivamente questi legami, a parere dei relatori, è necessario innanzitutto,
come unica possibilità di rinascita, il recupero del centro storico, che rappresenta la forza di questa città e
senza il quale gli aquilani avvertono una perdita di cittadinanza.
Nell’ambito dell’iniziativa è stato presentato il Libro Bianco
"Dio salvi L'Aquila. Una ricostruzione difficile" dell'Istituto
Nazionale di Urbanistica (Inu) e dell'Ancsa (Associazione
nazionale centri storici artistici) che ha l'obiettivo di
individuare la giusta dimensione dei problemi, all'interno di
una quadro di politiche di contenuto prevalentemente
territoriale, e di derivarne alcune strategie; pone domande,
ma rimanda le risposte alle istituzioni locali.
Il libro vuole essere un pacchetto di riflessioni strutturate per porre nella giusta dimensione i problemi e
non per formulare soluzioni. Non è né un’analisi critica di quanto è avvenuto dopo il sisma, né una
narrazione degli errori che ci sono stati, quanto piuttosto un telaio per le politiche pubbliche, un mezzo per
superare la situazione di stallo in cui versa il problema ricostruzione. Compito della politica e delle istituzioni
sarà valutare strategie condivise e selezionare competenze. Tra temi-problemi analizzati: la gestione delle
risorse energetiche, l’identità e l’armatura urbana, l’economia immobiliare, le pratiche da attuare per
tornare ad abitare il cuore della città.
La CGIL Nazionale condivide l'impossibilità di ricondurre la ricostruzione all'interno degli impianti
disciplinari tradizionali, l'urgenza di una “Legge per la Ricostruzione” che sostituisca la “Legge per
l'emergenza” impropriamente adattata alla ricostruzione da una serie di ordinanze, nonché la necessità di
riattribuzione di poteri ad una governance locale, superando il commissariamento.
Anche in visione della prossima discussione in Parlamento della Legge di iniziativa popolare promossa
dai cittadini dell'Aquila con una raccolta firme aperta fino al 31 marzo, nata come iniziativa nelle aree del
cratere dopo il terremoto ma, secondo i promotori, proponibile a qualsiasi situazione analoga, stiamo
lavorando per proporre un contributo che possa inserirsi in un quadro in cui scelte ed azioni risolvano le
attuali difficoltà e contraddizioni.
■ Nell'Area del Dipartimento Ambiente e Territorio del sito CGIL la sintesi, da noi elaborata, della riflessione
contenuta nel Libro Bianco presentato nell'iniziativa cui abbiamo partecipato.
4
Bollettino Urbact
Sintesi di un articolo di Nils Scheffler e
Frédérique Calvanus pubblicato nel
URBACT Tribune.
Le città storiche sono sempre state dei centri polifunzionali. Questa caratteristica costituiisce un valore
aggiunto per l’attrattività e la qualità della vita urbana. Dotati di strutture economiche, sociali e culturali per il
lavoro, il commercio, la vita sociale, i centri storici di una volta, ad esempio, erano in una parola tessuti ad
uso misto. La sfida dell’adattamento ad usi conflittuali Oggi i centri storici devono rispondere a richieste
contrastanti da parte chi abita e usa la città. Purtroppo, l’aspirazione ad un’alta qualità della vita urbana da
parte degli abitanti, l’aspettativa di una offerta di servizi efficienti da parte dei turisti e, infine, la richiesta per
ottenere le condizioni di redditività per l’espansione commerciale delle imprese, spesso sembrano essere
inconciliabili. La sfida è semplice: da un lato i centri storici devono preservare la loro identità urbana ereditata
dal passato, e dall’altro devono trasformarla in una risorsa primaria per soddisfare le esigenze contrastanti.
In questo contesto sembra essere fondamentale la capacità della pubblica amministrazione, e dei suoi
partners, avere la capacità di saper orientare un approccio locale integrato basato su un concetto di sviluppo
integrato per la città storica. Questa politica dovrebbe essere supportata da un sistema di gestione flessibile
capace di adattarsi continuamente alle nuove esigenze emergenti.
Il Progetto di URBACT HerO - Patrimonio come Opportunità, si propone di sviluppare strategie di
gestione per le città storiche in modo da raggiungere il giusto equilibrio tra la conservazione del patrimonio
culturale costruito, l’attrattività e la competitività. Uno dei problemi principali che le nove città partner devono
affrontare (Regensburg, Graz, Naples, Vilnius, Sighisoara, Liverpool, Lublin, Poitiers e La Valletta) è quello di
raggiungere l’equilibrio delle funzioni urbane per garantire la multifunzionalità e l’attrattività dei quartieri
storici urbani. Per raggiungere questo obiettivo, ogni città sviluppa un Piano di Gestione Integrato per il
Patrimonio Culturale (CHIMP): una visione integrata e orientata all’attuazione della tutela e dello sviluppo dei
centri storici. In questo piano si definiscono la visione, le linee guida, gli obiettivi, le azioni e il sistema di
gestione per la salvaguardia del patrimonio culturale e del carattere di multifunzionalità dell’area.
Sono stati individuati otto settori principali di azione: Il patrimonio fisico e culturale, la cultura e il turismo,
l’economia e gli alloggi, la mobilità e l’accessibilità, il design urbano, l’ambiente e il tempo libero,
sensibilizzazione e la ricerca.
Il Progetto di URBACT LINKS - città storiche europee come fulcro per la sostenibilità - si concentra
sulla costruzione di un ambiente di edilizia residenziale sostenibile e appetibile nei centri urbani,
combinando qualità culturale e ambientale. Nell’ambito di questo progetto, nove città (Anderlecht, Kilkenny,
Freiberg, Bayonne, Almeria, Veria, Delft, Budrio e Brasov) lavorano per contrastare il progressivo processo
di squilibrio tra le funzioni attrattive e residenziali all’interno dei centri storici.
Di fronte ai crescenti disagi legati alla frequentazione turistica,
URBACT è un programma europeo di
molti abitanti dei centri storici hanno scelto di trasferirsi in
promozione e scambio in materia di
periferia in cerca di una migliore qualità della vita. Questo
sviluppo urbano sostenibile.
flusso comporta un aumento della mobilità pendolare che crea
Permette alle città di lavorare insieme per
disfunzioni e danneggia l’ambiente. Il bisogno di riportare la
sviluppare soluzioni alle principali sfide
popolazione nei centri storici è diventato reale, e si manfesta la
urbane ribadendo il ruolo chiave che
necessità di migliorare l’offerta abitativa. Le città partner del
svolgono nell’affrontare le sfide sempre
progetto LINKS, partendo dalla ricerca di una risposta alla
più complesse della società.
semplice domanda “perché vivere in un centro storico”, hanno
sviluppato alcune pratiche intelligenti per creare le condizioni
Consente
di
sviluppare
soluzioni
per il ritorno degli abitanti all’interno del centro storico. Nello
pragmatiche nuove e sostenibili che
specifico, la regolamentazione dell’espansione commerciale
integrino le dimensioni economiche,
appare un fattore cruciale, perché lo sviluppo delle attività
sociali e ambientali. Consente alle città di
commerciali spesso porta al deprezzamento del mercato
condividere gli insegnamenti e le buone
abitativo. Per evitare questo fenomeno, molte città storiche
pratiche con tutte le professionalità
hanno istituito normative specifiche, vietandone ad esempio, la
coinvolte nella politica urbana in tutta
soppressione o richiedendo il ripristino di spazi dismessi. Nel
Europa.
corso del tempo, le città storiche sono riuscite a diventare dei
URBACT è una rete di 181 città, 29 paesi,
modelli sostenibili, e ora possono vincere la battaglia per
e 5.000 partecipanti attivi.
attirare di nuovo gli ex abitanti del centro urbano.
Dipartimento Ambiente e Territorio – Area Casa e Insediamenti urbani
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