cinque domande sui valdesi - Fondazione Centro Culturale Valdese
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cinque domande sui valdesi - Fondazione Centro Culturale Valdese
Il costume valdese La croce ugonotta Chiesa Evangelica Valdese Torre Pellice Centro Culturale Valdese Torre Pellice Incisione di Paolo Paschetto “Il costume valdese non si discosta molto dall’abbigliamento di tutti i giorni. Alcune fonti ritengono che in passato il costume valdese altro non era che quello della val Germanasca. Poi in seguito al suo abbandono da parte della popolazione cattolica, è diventato patrimonio esclusivo di quella valdese. Il costume ha così accompagnato le donne valdesi che lo indossavano con dignità e fierezza, nelle solenni festività religiose quali il 17 febbraio, nella vita culturale, durante le feste delle Corali e in occasione di battesimi, confermazioni e nozze. Non è dunque un abbigliamento popolare, un abito folkloristico retrospettivo, ma è il vestito delle donne di confessione valdese, oggi appartiene al popolo valdese, ha un posto importante nella vita ecclesiastica e ne è pertanto un segno distintivo”. E. De Amicis, Alle porte d’Italia, 1884 È stata il segno di riconoscimento degli Ugonotti, cioè dei protestanti francesi, a partire dal XVII secolo. Oggi è diffusa in tutto il mondo protestante. La croce ugonotta è costituita da una croce di Malta o di Provenza, le cui quattro braccia di lunghezza uguale sono collegate da una corona con i gigli di Francia; reca appesa una colomba con le ali spiegate. La colomba è ricordata nei Vangeli in riferimento al battesimo di Gesù (Matteo 3, 16), ed è intesa come segno dello Spirito Santo. In alcune versioni della croce la colomba è stata sostituita da un ciondolo a forma di lacrima. Secondo la leggenda, la lacrima sarebbe stata adottata dagli Ugonotti dopo la terribile notte di San Bartolomeo (1572), come simbolo di dolore. Ma in questa forma si poteva anche immaginare o riconoscere una piccola lingua di fuoco: la fiamma dello Spirito Santo della Pentecoste, scesa sul capo dei discepoli. Su ogni punta delle quattro braccia della croce campeggia un bocciolo a cui possiamo dare il significato di una perla di luce: verso i quattro punti cardinali si irradia la luce dell’Evangelo. CINQUE DOMANDE SUI VALDESI Per maggiori informazioni: Centro culturale valdese Via Beckwith 3 - Torre Pellice (To) tel. 0121 93 21 79 e-mail: [email protected] www.fondazionevaldese.org ll Sinodo Il 17 febbraio Lo stemma valdese I valdesi e i metodisti vivono una realtà di chiesa senza gerarchie, governata dall’unico capo che è Gesù Cristo. Le decisioni sulla vita della chiesa vengono prese nelle assemblee, a cui tutti i membri partecipano o sono rappresentati. Il Sinodo è l’assemblea generale; è composto dai deputati delle chiese e dai pastori (in totale 180 membri); nella chiesa è la massima autorità terrena, in materia dottrinale, legislativa e giurisdizionale. Le sue sedute si svolgono in agosto a Torre Pellice, nell’apposita aula. I lavori sinodali si aprono con un culto pubblico nel tempio la domenica pomeriggio e si concludono il venerdì successivo con le elezioni per il rinnovo delle cariche amministrative e con la celebrazione della Cena del Signore. Il Sinodo non è né un congresso di partito né un parlamento, anche se può avere caratteri comuni a queste o ad altre forme di democrazia. Lo scopo del dibattito non è la vittoria di una corrente, ma il consenso su come concretamente rispondere alla volontà di Dio; il criterio per prendere una decisione non è l’interesse di una parte, ma l’interesse del Vangelo. Nessuno è depositario della verità; le decisioni sono prese a maggioranza, rispettando la comunione fraterna: la maggioranza non esce trionfante e la minoranza non esce schiacciata. Le decisioni vanno eseguite, ma ciò non impedisce di continuare a cercare una sempre maggiore fedeltà al capo della chiesa, Gesù Cristo. Questa data ricorda il momento in cui, nel 1848, ai valdesi sono stati riconosciuti i diritti civili e politici. I falò, la sera del 16 febbraio, continuano oggi a essere un segno di gioia per la libertà ottenuta. Il 17 febbraio si svolge un culto pubblico di riconoscenza a Dio, cui segue un pranzo comunitario. Fino al 1848 i valdesi hanno dovuto subire una legislazione discriminante e repressiva. Non potevano, per esempio, frequentare scuole superiori o esercitare attività economiche. Vivevano delle scarse risorse delle loro montagne. Le Regie Patenti che Carlo Alberto concesse il 17 febbraio 1848 dicevano quanto segue: “I valdesi sono ammessi a godere di tutti i diritti civili e politici dei nostri sudditi, a frequentare le scuole dentro e fuori delle Università, ed a conseguire i gradi accademici”. Era naturalmente implicito che cadeva anche ogni restrizione in merito alla residenza, l’attività, la professione, la carriera. Restava invece il limite alla libertà di culto. La battaglia perché in Italia si instauri piena libertà religiosa sarà lunga e difficile. Solo nel 1984 lo Stato italiano, stipulando un’Intesa con la Tavola valdese, darà attuazione alla Costituzione che riconosce che tutti i cittadini “sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Le chiese valdesi hanno oggi come stemma una candeliere con una candela accesa, attorno alla cui fiamma stanno sette stelle e la scritta Lux lucet in tenebris. Apparso per la prima volta nel 1640 sul frontespizio di un libro di Valerio Grosso, allora pastore a Bobbio, una trentina di anni più tardi lo si trova nell’opera di Jean Léger, Histoire des Vaudois des Alpes. Il simbolo di una lampada e la menzione della luce nelle tenebre sono riferimenti espliciti alla parola dell’Evangelo che parla di Gesù come di una luce nel mondo (Giovanni 1,5). Le stelle sono con molta probabilità un riferimento alla visione dell’Apocalisse (cap. 1, 16) dove Gesù è presentato come un sacerdote nella cui mano destra stanno sette stelle che rappresentano le chiese dell’Asia allora perseguitate. Con questa immagine le chiese valdesi intendevano comunicare: siamo come una lampada che regge la luce dell’Evangelo e siamo come le chiese perseguitate dell’Apocalisse. Da dove hanno tratto quest’idea i valdesi del XVII secolo? Molto probabilmente dal blasone dei conti di Luserna, allora signori della val Pellice, che per questo si chiamava val Luserna fino al tempo della Rivoluzione francese (ed è tuttora stemma del Comune di Luserna San Giovanni). Si tratta di una lampada accesa, in latino appunto una “lucerna”, con una scritta anch’essa di origine biblica: “Verbum tuum lampada pedibus meis” (la tua parola è lampada ai miei piedi; Salmo 119, 105). Disegno di Gianluca Banchio. (Giorgio Tourn, I valdesi. Identità e storia di una minoranza, Società di Studi Valdesi, 1993).