Ai piedi del Tabernacolo

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Ai piedi del Tabernacolo
Lettere da Laodicea
- Dipingi la pace 25. 10 . 05
Ai piedi del Tabernacolo
Carissimi in Gesù Cristo,
Carissimi che leggete le lettere da Laodicea, stanotte ho dormito ai piedi del
tabernacolo. Sognavo il ciborio del Borgo della Pace, per ora vuoto, poi si apriva
quello di santa Lucia. Ho dormito qui ai piedi della Consolata. La porta del ciborio è
un pellicano che nutre i suoi piccoli con il sangue del suo petto. Mi sono rannicchiato
tutto nel letto e mi sono svegliato con il profumo degli angeli. Ai piedi dell’eucaristia
si sta bene. Mi trovo bene. Lì dentro ho sognato che eravamo in tanti nella sua santa
missione, nella missione del suo amore e del suo perdono. Lì dentro ho scoperto la
mia vocazione: vivere con gli ultimi, vivere con i peccatori, colpiti dalla grazia del
Signore. Lì dentro ho letto la mia vocazione: essere contemplativo dell’eucaristia e
della croce. Lì dentro ho incontrato tanti giovani, i giovani della nostra comunità.
Qualcuno adorava, qualcuno si consacrava. Lì ogni mattina, prima che l’aurora
m'illumina gli occhi, sono circondato dalle catechiste e dalle suore di santa Lucia. Lì
incontro le suore d'Ostiglia, in Cruce Salus. Lì dentro incontro i piccoli del Borgo
della Pace assieme ai loro animatori. Lì dentro tutte le persone che con sacrificio
continuano l’impegno di Dipingi la pace. Lì dentro don Alberto Conti di Trivento,
tanti sacerdoti, vescovi che pregano per me. Lì dentro le suore del convento di
Lisieux, tante comunità religiose che adorano l’eucaristia, perché il mio dolore si
plachi. Lì dentro il cardinale Salvatore Pappalardo, lì dentro il mio vescovo. Lì dentro
tanti santi: S. Teresa d’Avila, san Giovanni della croce, san Paolo della croce che
invita Francesco Antonio Appiani a farsi sacerdote e a unirsi nel ritiro dei passionisti.
Con me, Signore, chi si unirà? Sarò solo nell’eremo del Borgo della pace. Solo a
contemplarti. Solo a sentire i tuoi palpiti. Solo ad ascoltare i tuoi canti, come in
questa chiara notte. Solo a riflettere sulla tua presenza reale nell’eucaristia. Con me,
Signore, chi si unirà? Mi vuoi contemplativo della solitudine e della tua eucaristia
nascosta, assieme agli ultimi, ai peccatori che saliti al Borgo della pace, sono colpiti
dalla tua grazia. Eccomi. Le notti non saranno buie ma luminose di stelle. Le notti
non saranno sole ma piene di angeli e di santi. Mandami, Signore, a questa mia età, la
compagnia di una santa persona che mi guidi a contemplarti, che m'insegni a soffrire,
che mi esorti ad amarti, che mi sproni al servizio del silenzio e della mitezza, che
preghi con slanci di amore. Fammi stare ai tuoi piedi. Fammi stare dinanzi al tuo
pane. Fammi stare al mio posto dimenticato. Fammi stare alla mensa del tuo perdono.
Che io abbia fame di questo tuo pane. Che io abbia sete, sete, sete della tua sete
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d’amore. Fammi stare ai piedi del tuo ciborio per apprendere che ogni uomo è il tuo
tabernacolo, che ogni volta che si maltratta una persona, si offende te. Fammi stare
qui, per apprendere che, solo tu, sei il Signore dell’uomo, il Signore del tuo
tabernacolo. E al tramonto dei miei giorni, quando vedrò salire sul monte del Borgo
della pace un giovane che vuole stare al mio posto, ai piedi del tabernacolo, chiuderò
gli occhi, arrotolerò la coperta dietro le mie spalle, getterò la cintura della terra,
cederò con gioia grande il posto, mi alzerò ed entrerò, finalmente per tua
misericordia, nel tuo ciborio divino, lassù in alto. Mi accoglierà Tuo Padre con il Tuo
Santo Spirito. La Vergine Santa, gli angeli e i santi, a me cari, mi abbracceranno.
Paolo Turturro
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Appuntamento sotto la croce n. 3
Non abbiamo più appetito del divino. Ci manca l’appetito dell’infinito. Ci crediamo
noi l’infinito. Siamo sazi di terra. Non abbiamo più occhi per vedere il cielo. Il tempo
ci sazia. Non bastano i giorni a gustare le mode della nostra società. Ogni giorno ci
prendono le invenzioni della mente e degli artisti vestiti di denaro. Gli istanti reali dei
computer ci navigano velocemente in una realtà che non è più temporale. Tutto ciò ci
appaga e l’invito alle nozze di Dio ci fa ridere. Ci sembra puerile. Oggi
commiseriamo i santi che si mortificavano per l’ascesi divina. Noi siamo ascesi alle
vette dell’universo, senza cilicio. Le loro scelte ci appaiono fuori tempo. Forse siamo
noi fuori dell’eternità. Santi da nicchie, per niente abili alla vita. Santi da monastero,
per niente idonei a gestire i nostri affari, tanto meno le nostre relazioni economiche.
Nel nostro tempo piove solo la stagione dell’autunno. Viviamo di fretta, senza
assaporare i frutti di questa stagione. Tutto è grigio nel cuore, anche se fuori ci sono
luci e splendori a non finire, specie di notte. Sono le luci delle tendenze. Nel tormento
di questa nostra babele, mi affido alla verginità della luce. Il rottame del mio corpo
piomba nell’abisso. Sento tuttavia che dalla sconfitta nascerà l’aurora della vittoria.
Non siamo vivi, solo quando soffriamo, ma siamo forti solo nel dolore. Mi carico
della luce prima che le tenebre annottano il cammino dell’anima. La malattia ha la
radice della salvezza. Le sofferenze mi lasciano la sete dell’azzurro. Nel salire il
dolore mi accorgo che ho pochi millimetri di pazienza. So ricavare però profitto dalla
perdita. Nei fulmini delle tempeste, senza accorgermene, fotografo gli stati d’animo.
Nelle acrobazie delle angosce faccio a pugilato con il guanciale. Dentro lo spirito mi
registro il CD della speranza. Assicuro sulle ali degli angeli i miei segreti. Il cielo non
li smarrisce. Il dolore ha sempre un libro da leggere e un giorno da vincere. Le mie
gambe sono trafitte da chiodi d’acciaio. Il calmante dello spirito è l’eucaristia. Quel
pane inchiodato sul legno. Non posso ancora cantare il magnificat del mio De
profundis. Dio ha sete di amare. Io non ho sete di soffrire. Chi martella più forte? Il
cuore o il martello pneumatico? In questo mio esilio, il cielo, la terra e il mare
tumultuano assieme dentro di me. Vorrei leggere la busta chiusa che Dio mi ha
spedito. Appena l’aprirò, canterò di Gloria. Sulla croce, Dio ha dieci e lode in amore.
Paolo Turturro
Rinascere nella fede
Meditando sulla “lettera ai cristiani di Tralle” di Sant’Ignazio di Antiochia,
vescovo e martire, morto a Roma sotto l’imperatore Traiano. Nelle sue sette lettere ad
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alcune comunità cristiane ricorre per la prima volta l’espressione “chiesa cattolica,
cioè universale”. Ricordiamo nel ricevere l’Eucaristia chi stiamo accogliendo e come
fare per dimorare in lui permanentemente, rinascendo e rinnovandoci ogni giorno,
elevando a Dio il cuore appesantito per ricevere la grazia del suo perdono e la dignità
dei figli liberi.
“Rinascete nella fede che è la carne del Signore; rinnovatevi nella carità
che è il sangue di Gesù Cristo”.
Ce ne sono ancora tanti che non entrano nelle chiese per timore di essere guardati,
giudicati. Comportarsi bene, cioè da giusti, veri fedeli, servo fidato e prudente, serve
anche per vivere da buoni cittadini. Per un cattivo comportamento di un siciliano, o
un gruppo di stolti, viene giudicato male l’intero popolo, di cinque milioni, se non
addirittura tutti gli italiani.
“Non date pretesto ai pagani di disprezzare la moltitudine che vive in Dio,
a causa di pochi stolti. Guai all’uomo per colpa del quale il mio nome è
disprezzato, dice il Signore (cfr Is 52,5)”.
Tanti si danno da fare nel passare di casa in casa a diffondere, badate, nel nome di
Cristo, eresie e zizzanie, accusando quel fratello di stoltezza, di cecità, di ipocrisia, di
ignoranza. E si va sempre a cacciare nel gregge cattolico. Chiediamoci umilmente
PERCHE’? PERCHE’ siamo veramente ignoranti e digiuni della Parola?
PERCHE’ siamo poco…fedeli, del tipo cristiani senza chiesa, o senza preti?
PERCHE’ siamo fedeli osservanti di riti, precetti, feste, fedeli di nome soltanto?
PERCHE’dentro di noi, ben nascosto, c’è la bestia dell’anticlericalismo per cui siamo
portati a simpatizzare subito con chi sparla del papa e dei ministri ordinati, dei
cristiani ipocriti che continuano a sfondarsi il petto a furia di batterselo, ma che poi
battono strade scandalose e noi che siamo ad ascoltare, in quel momento ci sentiamo
fuori da tutto ciò, sentiamo spuntare sul nostro capo una luminosa aureola di santità e
addirittura pensiamo “però l’avevo sempre detto io che…e non parliamo poi se quelli,
che intanto sono entrati a casa nostra e si sono pure seduti, ci accusano perché diamo
culto alla Madonna, ai santi, allora la vergogna per averlo fatto ci prende dalla testa ai
piedi, specie se quei fratelli, ben istruiti, ci forniscono le PROVE BIBLICHE di
quanto stanno asserendo, mentre noi…in quel momento non ci ricordiamo neanche
una parola della Parola, e non diciamo una parola…mentre quelli parlano e parlano
senza stancarsi, dando grande testimonianza della loro fede….Fratelli, se c’è nel
vostro cuore qualche dubbio, qualche titubanza in proposito al CREDO che
professiamo, NON E’ PECCATO! Peccato è inghiottire il dubbio e vivere da
FEDELI SOSPETTOSI, perennemente dubbiosi, questa è l’anticamera dei
trasferimenti che avvengono quando si passa da una chiesa cristiana all’altra, o
peggio dalla chiesa cristiana cattolica ad un’altra che le si oppone decisamente
PERCHE’? E’ incredibile, stiamo tradendo il nostro battesimo, la nostra fede in
Cristo Gesù, in una comunità dove finalmente non c’è il culto dei santi, della
Madonna, non ci sono preti e tutti sono…santi! Si va così alla ricerca dei santi in
terra e della VERITA’! Siamo perfetti nell’unità (Gv 17,23). Non possiamo essere
santi se tendiamo alla separazione. NON DOBBIAMO SEPARARE CIO’ CHE
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CRISTO HA VOLUTO DA SEMPRE UNA, SANTA, CATTOLICA E
APOSTOLICA. Fratelli e sorelle, tendiamo invece all’UNITA’ dei cristiani, perché
è questo che Cristo ci chiederà: quanto abbiamo operato per l’unità della sua
Chiesa, del SUO ovile, non quanti ne abbiamo portati nel NOSTRO ovile. State
certi che noi eviteremo la tentazione di sparlare degli altri fratelli per mettere in luce
la nostra perfezione e infallibilità, ma umilmente, in ginocchio davanti al Signore,
allungheremo la mano, per allungare il cuore verso di lui e dirgli, come Pietro
sconvolto in mezzo alle acque minacciose, “salvaci, Signore!”
“Chiudete le orecchie, quando qualcuno vi parla d’altro che di Gesù
Cristo, della stirpe di David, figlio di Maria, che realmente nacque,
mangiava e beveva, che fu veramente perseguitato sotto Ponzio Pilato, che
fu veramente crocifisso e morì al cospetto del cielo, della terra e degli
inferi e che poi realmente è risorto dai morti. Lo stesso Padre suo lo fece
risorgere dai morti e farà risorgere nella stessa maniera in Gesù Cristo
anche noi, che crediamo in lui, al di fuori del quale non possiamo avere la
vera vita. Fuggite, dunque, queste male piante. Esse portano frutti di morte
e se qualcuno ne gusta, subito muore. Queste non sono piante del Padre. Se
lo fossero, apparirebbero come rami della croce e il loro frutto sarebbe
incorruttibile”.
I santi in cielo continuano l’offerta. Il culto consiste nell’imitarli nel loro amore pieno
verso Dio e il prossimo. Santo infatti è perfetto nell’amore. E noi, a nostra volta,
corriamo per raggiungere la mèta dei santi.
“La mia vita è offerta in sacrificio per voi, non soltanto ora, ma anche
quando avrò raggiunto Dio”.
E’ da stolti aspettarsi che dalla politica, o dai mass media, da certi politici schierati, o
da alcuni giornalisti che si professano atei-devoti, arrivi la difesa della nostra identità
religiosa. Purtroppo nella chiesa c’è chi è tentato nei secoli ad appoggiarsi al potere
politico per sentirsi salvaguardato sulla terra. I re ebraici che hanno commesso questo
hanno pagato cara tale sfiducia in Dio. L’A.T. i libri profetici e sapienziali sono pieni
di prove a riguardo. Vogliamo continuare ad esporci a questo pericolo, a comprarci la
protezione di altri per proteggerci dall’Islam, per esempio ed essere beffeggiati per la
nostra pigrizia e la nostra tendenza alla delega? Il cristiano non può continuare a dire:
“Che siano altri a cavar le castagne dal fuoco, a me datele sbucciate e tiepide che a
mangiarle ci penso io. Ed è così che ci si vende l’anima per delle castagne vuote o
marce.
Me, 5 ottobre 2005
Salvatore Ruggiano
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Il luogo del divertimento 7
( storia e origine del Borgo della Pace)
(il campo di calcetto )
Tutto ciò che penso è solo una molecola del pensiero pensante. No, non è un campo
di calcio da ricordare ai ragazzi il business o le violenze negli stadi. E‘ un semplice
spazio per giocare a pallavolo e a calcetto. Iniziamo. Non metto a mollo, il cervello
per tale impresa. Qualcuno ipoteca la mente con la paura che presto si svuoti o
invecchi. Sono bravo a non scordarmi nulla, nessun nome, nessun giorno, nessuna
pietra. Con una consumata lenza misuriamo lo spazio, ovvio rettangolare. E’ facile
ricordare la sua aria. Base per altezza. Potessimo condividere tutto base per altezza. I
poveri per i ricchi. I ricchi per i poveri. Del resto con me c’erano ragazzi della
vecchia scuola media statale. Giuseppe il grande, Oscar, Giuseppe il minore, Giosuè,
Giovanni, Michele… Tutti guidati da Mastro Nino, da Giovanni e non poteva
mancare Archimede per le misure esatte, per i calcoli giusti, per il cemento calibrato
per il peso dei pilastri, per le gabbie di ferro, per le gettate precise delle carriole,
piene di malta al cotto giusto, e al tempo opportuno strofinare con spazzole d’acciaio
quella fresca, per evidenziare a bello aspetto le pietre carnose e spigolose. Sto
imparando che non c’è differenza tra gli idioti e le persone normali apparentemente.
Solo chi rischia è anormale. Si costruisce con l’imprevedibile. Così iniziamo. Già nel
campetto sentiamo le urla, i goal, le voci dei tifosi, gli sgambetti, i pugni, i calci.
Tutto normale in un campo di tifoseria popolare. Senza violenze s' intende. A chi odia
manca sempre l’ardire di iniziare, soprattutto un po’ di cervello. Noi eravamo ingenui
e spensierati. Il campo veniva su, preciso e bello. A vista d’occhio. Pietra su pietra.
Sono i giovani di Castegnato a sostenerci con le spese. Tutto a carico di un comune.
Della gente del comune. Tutto a carico di uno spiedo. Poveri uccellini. Canteranno in
cielo, per questa opera buona. Tutti canteremo, lassù per le buone azioni. Poveri
passerotti affogati nella polenta. Quanto sudore a girare l’arrosto. Scolatura di grasso
e d'olio. Girano le quaglie. Girano i passerotti. La sala si riempie di commensali. Il
parroco ci onora a capotavola. Gli invitati prendano posto. Cinquanta. Settanta,
ottanta, cento, centocinquanta. Che solidarietà per la città. Che ardore di coraggio nel
sostenere Dipingi la pace. Il campo è finito. S'inaugura. La partita d’inizio: genitori e
animatori contro i ragazzi. Non getto i dadi per la fortuna. Solo una moneta batte la
scelta della porta o del pallone. I piccoli ci rimettono sempre. I grandi se ne vanno,
quando i piccoli parlano. La partita è calorosa, però impari. Le mamme incoraggiano
i figli. Non moriamo di goal. Troppi a favore dei padri. Troppi a vantaggio degli
animatori. Il campo però non è ancora terminato. Manca, non le porte, non la rete,
non i palloni, non i segnalinee. Manca il prato all’inglese o l‘erba sintetica. C’è già
nella mente della Divina Provvidenza il donatore. Sarà forse d'Ospitaletto. Sarà forse
d'Ostiglia. Forse di Bancole. Forse di Savigliano. Forse del terremoto di Sergio Bovi.
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Attendiamo. Per ora i ragazzi giocano e si sdruciono le ginocchia, i gomiti, tuttavia
sono felici e orgogliosi di averlo, proprio loro, costruito questo campo di calcetto o il
luogo del divertimento, dove centinaia di giovani provenienti da diverse parte d’Italia
hanno giocato partite di fratellanza, di pace e di amicizia. Sogno che Renzo Zecchini,
fotografo di Totti e di Cassano, possa trascinare in campo atleti e giocatori che amino
la solidarietà di progetti per il sud del mondo. Vi preannuncio. E’ già prevista e
fissata la prossima partita della pace tra i ragazzi del Borgo Vecchio e i giocatori
della Nazionale. Prepariamoci, alleniamoci. Non ci sono dubbi, vincerà la solidarietà.
Dipax
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La solidarietà sfida le istituzioni - Le quote della solidarietà
Musarra Giacomino di Messina, Romeo Caterina di Messina, Cabibbo Angela di
Messina, Miceli Russo Letteria di Messina, Marcella Gandolfo di Messina, Comunità
di san Nicola di Ganzirri di Messina, comunità di Maria, regina degli apostoli di
Messina, Cooperativa Faro ’85 di Messina, Camilla Santoro di Palermo.
Un forte appello per il pranzo e doposcuola per i
ragazzi/e del Borgo Vecchio di Palermo.
Il 4 ottobre i volontari e gli animatori seguiti da Aurelio Cardella e
guidati da Agata Aalai, hanno iniziato il doposcuola. Il pranzo è
preparato dalle mamme dei ragazzi/e che frequentano il centro
Dipingi la pace.
Non lasciamoli soli. Se c’è qualche giovane che vuole venire a
Palermo per aiutarli, c’è posto per tutti. Il vitto e alloggio è dono
dell’associazione stessa. Non dimenticarti di aiutarci, specie con la
preghiera. L’associazione Dipingi la pace non ha contributi statali.
La Divina Provvidenza ci verrà in aiuto per l’economia. Tu stesso
puoi pensarci. Inviando anche alimenti e quant’altro.
Senti gli animatori. Scrivici. Sostienici. Non molliamo dinanzi ad
un impegno così grave per il nostro quartiere.
Il 20 novembre saranno consegnate in una maniera semplice, con
un concerto Gospel, preparato dal gruppo teatro Dipingi la pace,
sotto la guida di Anna Turdo e Giusi Marino, le Borse di Studio “
Dipingi la pace 2005”. Chiedi informazioni al 339.2187764, a
riguardo delle Borse di Studio Dipingi la pace. Inviaci una e.mail
per aggiornarti sul doposcuola.
Dipax
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La povera gente ricca
Il vento soffia
e la rugiada cade.
Guardi dal balcone
e vedi della semplice neve.
C’è lì una bambina
che non vede.
Tu dici: “ Poverina”.
Dopo un po’ capisci
che quella bambina
sei tu:
una povera che perde la testa
per i soldi
e i poveri pastori
sono ricchi di libertà.
Fabiola La Rocca
Classe V sez. A
Scuola elementare G. Mazzini – Messina
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Ama Dio e il prossimo tuo come te stesso
L’amore non è un oggetto da dominare, né un oggetto di soddisfazione. Amore non è
una funzione da esplicare. Amore è una persona da amare. Se tu ami, sei amato. Non
attendere d’essere amato, per amare. Il primo matrimonio d’amore è quello della SS.
Trinità. L’amore è trinitario. Dall’amore della SS. Trinità nasciamo tutti noi. Il nostro
amore non ha senso, resta paralizzato alla materia, se non s’immerge nell’amore
trinitario. Amare è un’arte. E’ l’arte della maturità. E’ l’arte della santità. L’amore
non fa cose superflue. L’amore non fa cose sbagliate. Chi non ama è perduto. Cade in
profondi precipizi. L’importante è amare, tuttavia non essere amato è una sciagura.
Amare è la via maestra per acquisire virtù. Il valore nasce nel donarsi all’altro. Nel
donarti senza risparmio, senza calcoli, con sacrificio cominci ad essere discepolo
dell’amore. Nunc incipit esse discipulus Christi. L’amore non ha scrupoli. Il timore
filiale verso Dio o verso l’altro è ottimo, porta con sé umiltà di cure, confidenza in
Dio, serenità, pace e gran coraggio di più servire l’amore, di servire Dio. L’amante
parla poco. Dona tutto se stesso. Non si riserva nulla. La lingua dell’amore è il cuore
che brucia e s’incenerisce in olocausto. E’ un olocausto sereno, splendente di doni.
L’amore diventa il corpo dell’altro. Godo molto di Dio, mio amore, che mi esercita a
soffrire calunnie. Non mi chiedere qual è il primo dei comandamenti. L’amore non
chiede con malizia, come i farisei che udito che Gesù aveva chiuso, questa volta, la
bocca ai sadducei si riunirono per metterlo alla prova con domande maliziose.
L’amore non tende malizie. Non tende domande per sapere d’essere amato. Uno di
loro disse: “ Maestro, qual è il più grande dei comandamenti della legge?”. E Gesù:”
Amerai il Signore, Dio tuo, con tutto il cuore, con tutta le mente, con tutta la tua
anima. Questo è il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il
prossimo tuo come te stesso”. Sei meraviglioso, o Cristo Gesù! Non ti fermi solo ad
una risposta scontata, sterile, consueta. Vai oltre. Ci fai capire il grande amore di Dio
per ciascuno di noi. Noi amati come lui. Amore non è il cuore, anche se da lui parte
tutto. Amore non è la mente, anche se da lei fluisce ogni pensiero, ogni azione, ogni
desiderio. Amore è l’anima, si riconosce quando si dona nel sacrificio e
nell’incomprensione. L’amore che tu hai per Dio, se non diviene prossimo è sterile.
L’amore gode nell’esercizio del patire. Se non soffri per il tuo amore, che amore è?
Non vale proprio niente. L’amore che non ha pazienza, l’amore che non ha perdono,
l’amore che non ha compassione, non ama? Tale amore è roba che cagiona il tempo,
a volte il demone, bisogna cacciarlo. Non ti puoi immergere nell’eucaristia, il puro
amore, senza passare dal dolore, dalla tribolazione; senza essere barbone, vagabondo
dell’amore. L’amore (Dio) è l’acqua, il prossimo è il canale, senza di lui Dio non può
scorrere dentro di te. L’amore non ha fremiti dell’orgoglio e dell’ira. E‘ ardente di
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soffrire per l’amato. L’amore è un giardino da zappare, da arare, da irrigare.
Altrimenti secca. Il sacrificio di se stessi per l’amato è la sorgente del profumo e
dello splendore del giardino di un’anima. Nell’amore anche il dolore si sazia di
delizie. Ama il prossimo tuo, come te stesso è il segreto della propria felicità. Senza il
prossimo, senza l’altro non c’è la possibilità che l’amore esiste, che Dio stesso esista.
Cristo Gesù diventa vittima per amore, perché il nostro amore esista, perchè noi
potessimo amare il Padre, la fonte dell’amore. Vittima per togliere in noi ogni difetto,
ogni limite, ogni peccato, persino la morte. Mi sono asciugato tante volte le lacrime
con le mie mani. Mi sono lavato tante volte il viso con le mie dita. Stamani, Cristo
Gesù, il mio unico amore, me le ha asciugate con il suo bacio. L’amore di Cristo
Gesù è capace di trasfigurare l’immondo in una bellezza di santità. Il tuo amore,
l’amore per tua moglie, per i tuoi figli, per gli altri, a volte antipatici, ostili, fermenta
dentro di te la vera serenità. Tu sei in quanto ami. Senza l’amore non sei neanche
cenere del tempo. Amare è l’arte di essere. E’ l’arte della maturità. E’ l’arte della
santità.
Paolo Turturro
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IN PRINCIPIO
In questo tunnel del dolore sono facili gli esercizi alla memoria e alla preghiera. Ho
buttato dalla finestra un fiore, il vento ha divorato i suoi petali. Mi spinerò di via
crucis, di cadute, di flagellazioni, di sputi, di grasse risate, di chiodi, di corone di
spine. Tu profeta di voci celesti, ora ti crolla il cielo. Abiti l’ignoto. Noi, onde
dell’immenso, non siamo nati ancora per sposare l’infinito. E Dio, la nostra
lontananza che incombe su di noi. Un Dio - vuoto, dove noi franiamo. Meglio non
essere, che sopportare l’ansia del non essere. Quanto è dolce naufragare nell’infinito
del tuo respiro. Ora abito il trascendente. Nelle vene sono i sensi della trascendenza.
Non sono nella genesi. Sono appena una molecola. Ho faticato anch’io sei giorni. Vi
sarà un settimo giorno? Di lavoro, di riposo o di creazione? Il settimo giorno, un Dio
solo, in solitudine. Il settimo giorno, un Dio senza fatiche. Il settimo giorno, un Dio
senza alito. Il settimo giorno, un sonno che ha reso le cose insonni. A noi non è dato
di transitare il settimo giorno. A noi non è dato di transitare l’abisso. Che cosa è il
settimo giorno? Il settimo giorno è il banchetto nuziale. E’ il pane. E’ il vino. E’ il
convito, dove tutti invitati a nozze spartiamo il pane e il vino. E’ il pane del fuoco. E
il pane dell’ardore. E’ un convito pneumatico. Il settimo giorno ha incatenato il nulla.
Tu non puoi stare al settimo giorno. Tu ancora crei nell’universo. E sei primo giorno,
e sei sesto giorno. Noi, al settimo giorno, giorno del banchetto nuziale, siamo il
delirio di essere Dio. Saliamo al settimo giorno, anche se l’abisso ci risucchia nel
vuoto. E’ un diritto, dovere, osare il settimo giorno. E’ una festa all’interno del
creato. Ma io non ci posso andare. Non sono felice. Posso conoscere i giorni del
creato, quando sono infelice? Posso conoscere le sue gioie? Posso i segreti? Ma come
conoscere il settimo giorno? La morte conosce solo la porta. Allora io voglio salire
lassù. Io guerriero della luce. Non basta. Se qualcuno è andato lassù scenda a dirmi
tutto quello che è lassù. Eppure voglio salire. Voglio sfidare il settimo giorno. Io che
sono neanche al primo giorno. Io di pietra. Io di sasso lunare. Io del “primigenio”.
Quanto cammino ancora. Quante metamorfosi. Le ali della terra non mi bastano. La
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terra ha le ali? Come transitare il settimo giorno? Io che sono all’aurora delle tenebre.
Io sono il duello dell’essere e del nulla. Mi quieta il nulla. Mi angoscia il divenire.
Dio è impazzito da uscire. Da se stesso. E questo banchetto ha impazzito tutti noi. I
poeti, gli artisti, i santi, i preti, i derelitti. E decide :” In principio…” Il principio del
suo spirito in noi. Il principio della forma. Il principio del divenire. Il principio degli
esseri. Il principio che presiede al divenire. Dio è il divenire. Dio è l’esistente che
diviene. Dio è la pazzia del divenire. Dio è lo scandalo del divenire. Dio, per noi una
sorgente inesauribile, fresca, amabile. Dio non può che divenire. Non può che creare.
E’ oltre il settimo giorno. In principio è la porta d’entrata della creazione. Siamo tutti
dentro. Tutti creiamo. Tutti abbiamo varcato quella porta. Esistiamo. Siamo. Ci
attende di varcare il settimo sigillo. Già siamo. Siamo solo una meraviglia. E chi può
tornare indietro? Fuori dal ”principio “? Neanche Dio che ci ha plasmati, può ridurci
al nulla. Noi siamo e il nulla non può nulla. E’ un principio sempre nunc fluens.
Scorre. Scorriamo. Siamo. Andiamo. Siamo il divenire di Dio. La mia cellula è un
universo in perenne espansione. In questo perenne divenire non c’è il tempo, non c’è
lo spazio. Altrimenti il divenire è finito. Quante illusioni nella vita. Ne è un esempio
il tempo e lo spazio che non ci sono. Il nulla uccide il panteismo. In esso frana il
determinato, il fermo, l’immobile. In quel ”principio” c’è tutta la nostra essenza. E’
l’intus-ire. E’ andare oltre, dentro. Ieri non c’è. E’ andato avanti. Oggi non c’è. E’
oltre. E’ intus - legere. Noi leggiamo la nostra storia, la nostra esistenza. Noi
costruiamo il nostro cammino d’essere. Dentro è il principio. E’ la coscienza, cioè la
cum-scientia. Cioè è un rapporto spirito con lo Spirito, luce da Luce. Il mio spirito è,
se si rapporta con la Scienza, cioè la Sapienza infinita che è Dio stesso. La coscienza
è un rapporto perenne con Dio stesso. Noi siamo il Suo Spirito e senza di Lui siamo
un fiato vuoto. E’ un verbo d’insieme. E’ un verbo collettivo. Noi, nella coscienza,
cum-scientia, non siamo soli. Dio ci lega a tutti. A tutti i creati. A tutta la scienza.
Alla sapienza che è Dio stesso. Nella creazione non c’è il tempo, non ci sono i
giorni. E’ oggi. E’ oggi. E’ sempre oggi. E’ il Dio creante con noi. E’ il Dio fluens.
E’ il Dio - già. E’ il Dio - ancora. E’ il Dio qui. E’ il Dio presente, per quem semper
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bonas creas. E’ il dentro di Dio. E’ il sempre presente. E’ il vivente in me, in te. E’il
Principio che non si chiude mai. E’ l’intus-ire sempre. E’ il rexurrexit quotidiano.
Paolo Turturro
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ME NE SONO ANDATO
Quel monastero era la nostra meta pomeridiana. Quanti dibattiti accesi. Quanti
confronti di intuizioni. Mi chiusi per tutto il tempo di neve a svernare di gelo nella
mia cella. E in primavera salii di nuovo in terrazza a camminare la mia ombra al sole
e ad accarezzare con i miei pensieri il cane nero e quello biondo. Due gemelli di
timidezza e di affetto. Strofinando il pelo del collo al nero confidavo:” Qui hai sentito
i sensi miei, i passi miei, i pianti miei, le mie disperazioni. Tu, sei stato il primo ad
accettare il vomito della mia distruzione. Mi abbaiavi, affinché potessi vomitare
tutto. Tutto per sempre. Ero un clown. Uno spettro ambulante. E tu abbaiavi a tutte le
bestie che conservavo dentro. Via, via fuori tutte. Abbaiavi, leccando i lacci e i piedi.
Via, via fuori la cenere. Via, via fuori le ferite del cuore. Via, via fuori le ansie e i
turbamenti. E scappavi al mio tossire rauco, tisico, fetente. E non ti sbalordivano le
bestie che nere intorno mi volevano ancora azzannare. E tu le abbaiavi e le cacciavi
giù dal tetto. E mi abbaiavi annusando la morte. Anche quella la cacciavi via. Via, via
fuori anche lei. Giù dal tetto. Quante mattine presto insieme a dipingere lo stretto, a
soffiare lontano il vento, a colorare di nuovo la vita. E abbaiavi persino il cielo che
plumbeo incombeva sulla mia anima turbata. E nei canali raccoglievo sterpi, quali
lacrime amare. Salati giorni seppellivo nella mente. E sui rami restavano foglie
annoiate e morte al vento. Volevo scappare dal tempo. Scappare per sempre. Ma dove
andare nell’aria? Scappare dove, quando la tormenta è piena e ti trascina dentro
amici, città e paesi? Scappare nelle ginestre da nauseare i cenacoli della prima
comunione? Vogliono scavare il cervello, come un pozzo. Non possono arrivare alle
sorgente delle idee. Non si può scavare il cielo, né tanto meno il pensiero. Non sono
uno sguattero dei tuoi progetti. Anche se per anni ho mangiato emarginazioni. Ho
asciugato sangue sulle strade delle ribellioni. Dall’odio esplodono urli a incenerire
scheletri. Basta una goccia di cielo per risuscitare i morti. Ecco, me ne sono andato a
trascinare il mondo nel frutteto. Ecco me ne sono andato a baciare una regina dalla
bocca di miele. Ecco me ne sono andato a inchiodare l’anima al costato di Cristo.
Ecco me ne sono andato a raccogliere gocce di lacrime in una sorgente da dissetare.
Ecco me ne sono andato a cogliere nei campi rose nere, sparate nelle guerre
domenicali. La guerra è una domenica di affari ormai. Ecco me ne sono andato a
strappare la stoltezza che gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere. Che
amore di armi. Che amore di pietre. Ecco me ne sono andato a comporre poemi su
una scrivania di fuoco e con una penna di cielo. Ecco me ne sono andato a camminare
in una fornace ardente, anziché inginocchiarmi a una ingiustizia. Ecco me ne sono
andato a fotografare il cielo, gli orizzonti, l’amore. Ecco me ne sono andato a
musicare le onde, il silenzio, il vuoto. Ecco me ne sono andato a sognare Londra,
Parigi, Roma, Firenze, i fiordi della Norvegia, l’Alaska, il Perù, il Brasile e la Terra
del Fuoco. Ecco me ne sono andato a riempire i sogni di benedizioni. Domani ve li
racconterò. Ecco me ne sono andato a mendicare lo spirito alle ossa. Ecco me ne sono
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andato sugli scogli ad arginare il mare e ad avvistare lontano la vela, quella vela del
bastimento che mai ritorna. Tornerà? O non tornerà mai ? Ecco me ne sono andato a
spezzare e a bruciare le pistole a Palermo. Ecco me ne sono andato a spaccare le
pietre e a costruire chiese. Ecco me ne sono andato a viaggiare treni, vagoni pieni di
libri e di bandiere di pace e di nonviolenza. Ecco me ne sono andato a sanare le acque
a Lampedusa, squarciate da missili di morte. Ecco me ne sono andato a Roma, in
piazza san Pietro, a dipingere il colonnato di colombe e di arcobaleni. Ecco me ne
sono andato a spalancare le carceri e a donare ai detenuti la mappa dell’onestà. Mi
vogliono appallottolare non solo le gambe, ma i miei pensieri. Allora me ne sono
andato a navigare non solo il tempo, ma l’eterno, per conservare sicuro il seme della
libertà. Questa è la stanza dove voglio respirare. Questa è la stanza dove voglio
rimanere a svernare. Me ne sono andato a spalare i ghiacciai per affondare negli occhi
la trasparenza. Me ne sono andato in Russia, in Polonia, in Germania a frantumare
muri e a incollare le terre divise dalle guerre. Arriva il freddo. E’ il requiem della
terra. E’ l’eterno riposo delle stagioni. Me ne sono andato a profetizzare nel deserto.
L’uragano delle dune ingiallirà di sabbia tetti, macchine e città. Me ne sono andato,
ma non è una fuga. Me ne sono andato a fortificarmi, quale guerriero della luce. E già
ritorno.
Paolo Turturro
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Cari amici, care amiche,
la sfida sottile che agita il mondo è che da una parte ci sono tutti coloro che ritengono
che è decisivo stare dalla parte dell’uomo, operando per il suo riscatto, la sua
promozione, la giustizia, insinuando che infondo Dio non serve a niente e non da
alcuna soluzione; dall’altra ci sono quelli che stanno dalla parte di Dio, tutto
preghiera e chiesa, accusati spesso di evadere i problemi concreti della storia degli
uomini. A ben vedere proprio questa dicotomia tra Dio e l’uomo è c iò che genera nel
mondo le contrapposizione ideologiche più violente che, sul fronte propriamente
religioso, finiscono per scadere in fondamentalismi e spiritualismi. Per Gesù, il Figlio
di Dio fatto uomo per amore, questa frattura non si giustifica più. A partire da Lui
non è più possibile amare Dio senza amare l’uomo e amare l’uomo senza amare Dio,
nella sua verità più profonda.
Proprio questo amore è ciò che attraversa intimamente la vita di ogni uomo, anche la
tua, senza dimenticare, come afferma Madre Teresa, che "di sicuro, l'amore si
esprime in primo luogo nello stare con qualcuno, piuttosto che nel fare qualcosa per
qualcuno". E questo, prima di impegnarsi facendo comunque qualcosa, vale sia nello
stare volentieri con Dio,amandolo, come nello stare con ogni uomo, servendolo.
Buona giornata a tutti e buona domenica.
don Walter Magni Rettoria S. Ferdinando Bocconi Milano
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Padre ,
Oggi voglio solo condividere con Lei due cose che ho vissute poco tempo fa ; Giovanni
Paolo II parlava spesso di "cultura di morte" nella nostra società . Al inizio , questa
espressione mi sembrava giusta ma solo intellettuale , cos'era in realtà?. Oggi comincio a
capire .
In Francia , in questo momento c'è una pubblicità alla televisione terribile secondo me :si
parla d'un gioco video per i Giovanni , gioco di guerra in cui di deve uccidere il cosi detto
"nemico " e alla fine una voce dice : "avere pietà è fatto per i perdenti ( the looser)".......
In Francia , in certe stazione , adesso la compagnia dei treni ha fatto scrivere in grande
che si scusa per il dispiacere causato dai poveri che dormano nella stazione, che bevono
, che hanno cani , e dice che fara tutto per rimediare a questo problema ....e lo fa colla
polizia ! e
non parlo di tanti cretini che si fermano davanti a un povero che chiede soldi , solo per fare
lezione di morale , solo per chiedere al più fragile , una virtù che non hanno ....sono i
peggiori per me !! mi rimane sempre e sempre queste parole di Jesus quando nel tempio
ha detti ai farisei " voi fatte sopportare agli altri , un peso che voi non portate nemmeno
con un dito"
Tutto è come se fosse in una parte il discorso delle lettere da Laodicea , il discorso del
AbbéPierre e di tanti e in un altra parte un discorso allucinante di disprezzo , di cosi detta
liberta di fare e dire tutto , discorso senza pudore , senza vergogna . Lei non crede che
tante volte parliamo nel deserto ???? e le sue lettere sono un pò d'acqua !!
CLAIRE
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Regalare tempo libero alle donne
Cosi' si potrebbe riassumere la missione dell'Associazione Eva, nata una decina di
anni fa a Concesio, un paese di dodicimila anime alle porte di Brescia.
L'associazione e' formata da donne di tutte le eta' (la piu' piccola ha 3 anni, la piu'
anziana 83) che si scambiano regali di tempo libero.
Una mamma vuole concedersi una mattina di riposo? Ad accompagnare i figli a
scuola ci pensa una signora dell'Associazione. Lo scopo non e' scambiarsi gli impegni
e nulla viene chiesto in cambio dei servizi prestati (come invece avviene ad esempio
nelle banche del tempo). L'obiettivo e' ritagliare un po' di tempo libero per quelle
donne che, a volte, sono letteralmente schiacciate tra impegni di lavoro, di famiglia,
domestici.
I dati parlano chiaro: per il 56,5% delle persone la mancanza di tempo libero e' fra le
cause principali di stress.
Oltre a questo l'Associazione organizza anche corsi di teatro, visite a musei e mostre,
serate di cineforum e un corso di canto.
Uno straordinario esempio di mutua collaborazione e comunione sociale.
(Fonte: Il Venerdi' di Repubblica)
Come passi la tua vita?
Un sondaggio della rivista tedesca Geo Sapere, anticipata dal quotidiano Bild
Zeitung, rivelerebbe che in media i tedeschi passano 2 settimane in preghiera, 6 mesi
nel traffico, 5 anni a mangiare e bere, 24 anni e nove mesi a dormire. I dati sono
riferiti a una vita di 78 anni.
Solo 16 ore sono invece dedicate all'orgasmo sessuale, poca cosa a confronto dei 9
mesi che si passano a lavare e stirare i vestiti.
A meno che, ovviamente, non si abbia un orgasmo lungo 16 ore. In quel caso vale
una vita. Massimo Magrini, Bari
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