Annuncio della nascita di Gesù
Transcript
Annuncio della nascita di Gesù
Annuncio della nascita di Gesù Mt 1,18-25; (Lc.2,1-7) Il racconto è composto da quattro parti: presentazione della situazione della coppia, apparizione dell’angelo a Giuseppe, interpretazione della nascita di Gesù, esecuzione da parte di Giuseppe del comando dell’angelo. Attraverso l’espressione iniziale «origine di Gesù Cristo», che ha la funzione di titolo del racconto, l’autore crea un collegamento con la genealogia, al cui esordio troveremo appunto lo stesso termine greco Genesis. Viene immediatamente descritta la condizione di Maria che, promessa sposa di Giuseppe, si trova incinta per opera dello Spirito Santo. Quest’ultima notizia è così fondamentale per comprendere la vicenda che non soltanto è posta all’inizio del racconto, ma viene poi ripetuta nella rivelazione dell’angelo, costituendone l’annuncio principale. La personalità di Giuseppe, «uomo giusto», non costituisce soltanto la premessa alla decisione di rinviare Maria in segreto, ma sarà anche il motivo del suo cambiamento finale. Il proposito iniziale di Giuseppe è indizio della situazione conflittuale e problematica che viene a crearsi tra i due fidanzati a causa dello stato interessante di Maria. La seconda parte è incentrata sull’apparizione dell’angelo che in sogno si rivolge direttamente a Giuseppe chiamandolo «figlio di Davide», titolo determinante per il compito che egli avrà come padre di Gesù, per rassicurarlo. La figura celeste anzitutto ordina a Giuseppe di prendere Maria come sposa con la motivazione che il bambino è concepito per opera dello Spirito Santo e di imporgli il nome «Gesù». In secondo luogo spiega il carattere della missione futura del nascituro: egli libererà il popolo dai suoi peccati. Alla rivelazione dell’angelo segue la riflessione dell’evangelista incentrata su un testo isaiano che, introdotto da una formula di compimento, «affinché si adempisse», riporta l’annuncio di una nascita da una «vergine» (Is 7,14) e ciò allo scopo di mettere in evidenza come la vicenda di Gesù realizzi l’attesa del popolo di Israele codificata nelle Scritture. Tuttavia la situazione evangelica, in rapporto al testo antico – testamentario, fa emergere una novità: Maria diventa madre non in virtù di una unione umana, ma per opera dello Spirito santo. Il narratore, prendendosi cura di tradurre in greco il nome «Emmanuele, che significa Dio con noi», sottolinea particolarmente questo aspetto. Nella conclusione del testo, con l’esecuzione dell’ordine da parte di Giuseppe, viene meno la tensione creatasi all’interno della coppia. L’attuazione del comando dell’angelo viene messa anche letterariamente in rilievo dall’evangelista, che fa ricorso alla stessa espressione: «Non temere di prendere con te Maria tua sposa» «prese con sé la sua sposa». Pertanto il testo è il risultato della fusione di due generi letterari: l’annuncio di nascita, tradizionale nell’Antico Testamento per indicare come un bambino ha una missione che deriva da Dio stesso e lo schema ordine- esecuzione dell’ordine, che mette in rilievo non soltanto l’obbedienza di Giuseppe, ma anche come tutta la vicenda si iscriva nel progetto di Dio che si compie con la nascita del Messia. INTERPRETAZIONE DEL TESTO Mentre in Luca l’annuncio dell’angelo è rivolto a Maria, in Matteo è diretto a Giuseppe. Il primo evangelista nella genealogia mette in rilievo l’identità messianica di Gesù affermando la sua discendenza davidica, casato a cui Dio aveva promesso una stabilità eterna. Quindi, secondo la genealogia, Gesù è un discendente di Davide non in virtù di Maria ma di Giuseppe. E’ per questo motivo che Matteo fa di Giuseppe il destinatario dell’annuncio con il quale viene riferito l’ordine di sposare Maria e di dare il nome a Gesù. Pertanto Giuseppe, riconoscendo legalmente Gesù come figlio, lo rende a tutti gli effetti discendente di Davide. Questo racconto costituisce la spiegazione del sintetico annuncio della nascita di Gesù che si trova alla fine della genealogia. Maria e Giuseppe sono ancora fidanzati, la prassi matrimoniale al tempo di Gesù era costituita da due tappe. Con il fidanzamento la coppia si impegnava reciprocamente con uno scambio formale di consensi, ma soltanto con il matrimonio la sposa andava a vivere con il marito. Tuttavia, anche se prima di sposarsi ciascuno viveva nella casa paterna, il fidanzamento aveva lo stesso valore giuridico del matrimonio e, in caso di infedeltà da parte della donna, questa veniva considerata adultera a tutti gli effetti e punita secondo la legge. Maria si trova incinta; pur tuttavia l’autore si premura immediatamente di avvertire che la sua gravidanza non è frutto dell’iniziativa umana, ma corrisponde all’azione di Dio che si manifesta attraverso la forza dello Spirito. E’ inutile domandarsi se Giuseppe sia già venuto a conoscenza della verità dei fatti, se abbia o meno creduto a Maria e se Maria abbia veramente raccontato le cose come stavano. L’evangelista, pur indicando la tensione che si è creata tra i due fidanzati, tralascia questi particolari per descrivere invece il cambiamento di Giuseppe che inizialmente voleva ripudiare Maria in segreto, facendo a meno di sottoporla ad un vergognoso processo e prendendo su di sé la responsabilità di quest’atto, mentre poi decide di sposarla. Giuseppe viene presentato come uomo giusto. Questo termine nel giudaismo designa chi osserva in maniera integra la legge, oppure chi è misericordioso. Tuttavia questi due significati sono insufficienti per comprendere il mutamento di Giuseppe, il quale proprio in nome della giustizia, invece di rinviare Maria, la sposerà. Nella teologia del primo vangelo infatti la «giustizia» designa il comportamento di chi vive compiendo la volontà del Padre. Così Giuseppe in quanto giusto potrà adempiere il progetto di Dio, seppur apparentemente aggrovigliato, passando dall’attuazione di una giustizia basata sulla legge, quale rivelazione della volontà di Dio, al compimento di una giustizia superiore fondata sul piano di Dio, ma conosciuto direttamente mediante la rivelazione dell’angelo. All’interno del racconto i due elementi, l’angelo e il sogno, mettono in rilievo come il messaggio comunicato a Giuseppe corrisponda ad una rivelazione divina. Il sogno è infatti il momento in cui l’uomo inerme è pronto ad accogliere la manifestazione della volontà di Dio. L’angelo chiama Giuseppe «figlio di Davide», titolo che nel vangelo viene attribuito esclusivamente a Gesù. Qui l’appellativo mette in rilievo come Giuseppe abbia un ruolo di primo piano nella nascita di Gesù, inserendolo nella discendenza davidica. Se Maria dovrà generare il bambino, Giuseppe dovrà dargli un nome, compito specifico del padre. La sua paternità legale non è meno importante per la storia della salvezza della maternità di Maria. Il nome che Giuseppe dovrà imporre al figlio è GESÙ (ebr. Jeshua/Jehoshua’), che significa «il Signore è salvezza» e indica il carattere della sua missione messianica. Egli salverà il popolo dai suoi peccati, i quali costituiscono nella relazione con Dio un intralcio, eliminato per l’appunto da Gesù.1 Il significato e il valore di questa nascita vengono compresi e interpretati dall’evangelista alla luce di un testo dell’Antico Testamento. Si tratta della prima delle cosiddette citazioni di «compimento» che, introdotte da un’espressione finale, «affinché si adempisse», (gr.pleroo) compaiono nel vangelo e costituiscono un elemento specifico della teologia di Matteo, mettendo in rilievo come Gesù sia la realizzazione di tutte le attese e le speranze bibliche. La citazione matteana di Is 7,14, (guerra siro-efraemita contro Acaz re di Giuda) che non corrisponde esattamente né al testo ebraico (TM), né a quello greco (LXX), descrive per bocca del profeta l’annuncio della nascita di un bambino mediante una ragazza. (ebr. almah; gr. parthenos) Questo figlio verrà chiamato «EMMANUELE», espressione che il primo vangelo si preoccupa di tradurre in greco «il Dio con noi». Il testo isaiano non insiste tanto sul modo in cui il bambino sarà concepito, quanto sull’intervento efficace di Dio che si rende visibile mediante la nascita di un figlio. Per il primo vangelo quella profezia rivolta al re Acaz trova la sua vera realizzazione in Gesù: Egli, il Messia davidico nato per intervento di Dio attraverso l’azione dello Spirito Santo, è il «Dio con noi» in quanto condivide la vicenda umana. Soltanto il primo vangelo presenta in modo esplicito questo dato cristologico: dopo la sua risurrezione, infatti, Gesù non abbandona la sua comunità ascendendo in cielo come riferisce Luca,2 ma invita i discepoli alla missione universale garantendo la sua presenza costante in mezzo ai suoi:«Io sono con voi fino alla fine del mondo».3 D’ora in poi Dio si rende presente in mezzo al suo popolo attraverso Gesù, il Signore risorto.4 Alla conclusione Giuseppe esegue l’ordine dell’angelo sposando Maria. L’espressione «senza che egli la conoscesse» (dal verbo greco. ginosko: conoscere), viene usata nel rapporto uomo-donna e indica la relazione sessuale. Il primo vangelo mediante l’affermazione «fino a quando partorì un figlio che egli chiamò Gesù» vuole mettere in rilievo l’aspetto cristologico della sua verginità. Maria infatti, descritta nel suo stato verginale prima della nascita del bambino, è colei che dà alla luce il messia soltanto per opera dello Spirito Santo. 1 Mt 9,2.5-6; 26,28 Lc 24,50-53 3 Mt 28,20 4 Mt 18,20 2