QUI - Camera di Commercio di Parma

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QUI - Camera di Commercio di Parma
2013
1
economica
PARMA
€ 5,00
Poste Italiane - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 DCB Parma - Rivista quadrimestrale, n° 1-2013
QUADRIMESTRALE della camera di commercio industria artigianato agricoltura di Parma Fondato nel 1869
Agricoltura: scenari futuri
Con la riforma della PAC, entrano in campo
il mercato e la sfida del
rinnovamento
aziendale. Le imprese parmensi sono pronte?
SCOPRIRE LA SPAGNA
Con lo sguardo oltre il Tirreno
prima e dopo la crisi
MADE IN ITALY VINCENTE
Case history del Marsala, noto
all'estero già nell'800
A REGOLA D'ARTE
Storie di artisti che danno
lustro all'artigianato di Parma
Borsa Merci Parma
La Borsa Merci di Parma è stata istituita dalla Camera di Commercio nel 1967. Prima di spostarsi nell’attuale sede presso Fiere di Parma,
dove sono ospitate anche le CUN, ha operato all’interno della stessa
Camera di Commercio.
È aperta il venerdì, dalle 9 alle 15. Nel corso delle contrattazioni sono
rilevati i prezzi di undici tipologie di prodotti agroalimentari: salumi,
carni fresche suine, suini, carni grassine, derivati del pomodoro, foraggi, granaglie farine e sottoprodotti, zangolato, siero di latte, formaggio
e uve. Numero e qualità dei prodotti rilevati ben rappresentano l’importanza della piazza di Parma legata alla straordinaria vocazione agroalimentare del suo territorio.
I listini settimanali dei prezzi rilevati sono pubblicati sul sito Internet
www.borsamerci.pr.it.
Presidente delle Commissioni Prezzi della Borsa Merci è il Segretario
Generale della Camera di Commercio o un suo delegato.
L’Ufficio Borsa Merci si trova nella sede della Camera di Commercio di
Via Verdi, nel centro storico di Parma.
Modalità di ingresso alla nuova
Borsa Merci di Parma
Da venerdì 15 aprile 2011, in concomitanza con l’istituzione delle Cun ”Tagli di suino” e “Grasso e Strutto”, la Borsa Merci della Camera di Commercio si è
trasferita presso Fiere di Parma, all’interno del padiglione 8 del complesso fieristico.
Nella nuova localizzazione, di 1.200 mq, sono disponibili:
• n. 400 posti auto
• oltre 80 box
• area ristoro
• sportello bancario (di prossima attivazione)
Le condizioni di accesso sono le seguenti:
Le condizioni di accesso sono le seguenti:
• biglietto di ingresso singolo: € 10,00
•• biglietto di ingresso singolo: € 11,00
• abbonamento dal 15/4/2011 al 31/12/2011:
•• abbonamento anno 2013: € 450,00
€ 300,00 (250,00 + Iva)
Sede contrattazioni:
Borsa Merci della CCIAA di Parma
presso ENTE FIERE - Padiglione n° 8
Via Fortunato Rizzi 67/a
43126 Parma
Le Commissioni Uniche Nazionali
Il 15 aprile 2011 si sono insediate a Parma la “Commissione Unica Nazionale dei tagli di carne suina” e la “Commissione Unica Nazionale grasso e strutto”.
Le Commissioni Uniche Nazionali (CUN) nascono in attuazione del Protocollo d’intesa sottoscritto il 5 dicembre 2007 dal tavolo tecnico della filiera suinicola. Le due
CUN operano il venerdì mattina parallelamente alle attività della Borsa Merci; il loro compito è di prendere atto
di una panoramica del mercato dei tagli di carne suina
e di grasso e strutto, fissandone i relativi prezzi per la
settimana successiva.
L’attività di segreteria è svolta da Borsa Merci Telematica
Italiana, su incarico del Ministero delle Politiche Agricole
Alimentari e forestali.
http://www.borsamerci.pr.it/
sommario
Associata all'Unione
Stampa
Periodica Italiana (U.S.P.I.)
PARMA ECONOMICA N° 1/2013
Chiuso in redazione il giorno 21/06/2013
FOCUS
2
8
16
24
27
Gabriele Canali
L’agricoltura parmense verso il 2020
Isabella Casella
Giovani, il campo è vostro
Roberto Gigante
L'Europa ripensa al settore agricolo
A cura di Coldiretti Parma
Qualità e innovazione, le scommesse dei giovani
A cura di Confagricoltura
Parma
Bisogna favorire il ricambio generazionale
economia e territorio
31
35
Rosaria Frisina
I primi 30 anni dei Vini dei Colli di Parma
Giovanni Ceccarelli,
Alberto Grandi
Il Marsala, made in Italy di successo
economia e società
43
55
Renato Del Chicca
La nuova legge sulla disciplina del condominio
Giorgio Marbach
La ricerca scientifica in Italia: spunti di riflessione
mercati esteri
62
72
Francesca Caggiati
Cina, un’opportunità per il nostro agroalimentare?
A cura di Andrea
Della Valentina
«Un mercato potenzialmente infinito»
75
Elena Olloqui Palacio
Le sorelle d’Europa: Italia e Spagna camminano verso
uno stesso orizzonte?
cultura e territorio
87
94
Mariagrazia Villa
A regola d’arte
Giulia Sorgente
Poeta nell’arte, poeta nella vita
NOTIZIE
104
Elena Olloqui Palacio
Direttore responsabile
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Lorenzo Bonazzi
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focus economia
L’agricoltura parmense
verso il 2020
Crescita dimensionale. Ringiovanimento dei conduttori. Fine delle “rendite”.
L’imminente riforma della Pac comporterà, più che una trasformazione,
una vera rivoluzione
Gabriele Canali
È ormai evidente ai più che anche l’agricoltura, come il resto del sistema economico, sia entrata in una fase di profonda
trasformazione che avrà effetti visibili e
profondi già nel corso della parte restante
del decennio. L’indicazione dell’orizzonte
temporale 2020 è in parte simbolica, ma
è coerente con le considerazioni che si
intende svolgere in questo articolo, e che
potranno trovare un riferimento statistico
anche nei dati del prossimo censimento
dell’agricoltura: quello del 2020, appunto.
La prima considerazione da svolgere riguarda la natura di questa trasformazione: essa, infatti, non sarà una semplice e
“naturale evoluzione” dell’agricoltura che
conosciamo; si tratterà piuttosto, di una
vera e propria “rivoluzione”, peraltro già
iniziata.
2 PARMA economica
Il termine “rivoluzione” potrebbe richiamare un fenomeno chiassoso e magari inconcludente, ma non è questo il caso. È e
sarà un fenomeno di cambiamento molto
profondo e radicale, destinato a modificare in modo significativo sia il sistema
produttivo del settore primario che quello
dell’intero sistema agroalimentare ad esso
correlato e, di conseguenza, sia le relazioni
tra le diverse fasi delle varie filiere che le
relazioni tra agricoltura e territorio.
Le ragioni della “rivoluzione”
La prima motivazione alla base di questo
profondo cambiamento risiede nell’evoluzione recente della Politica agricola comunitaria (Pac). Questa, infatti, a partire dalla prima importante riforma del 1992 (la
cosiddetta “riforma Mac Sharry”), ma con
focus ECONOMIA
una forte accelerazione a seguito dell’ultima importante riforma (quella della “riforma Fischler”, 2003-2007), ha profondamente modificato la sua impostazione
di fondo. Si è passati, cioè, da una Pac che
aveva isolato l’agricoltura dai mercati, soprattutto quelli internazionali, a una politica che ha progressivamente eliminato
i diversi strumenti di protezione rispetto
al mercato internazionale, e che ha quasi
del tutto eliminato il sostegno diretto, riconosciuto alle aziende, connesso alle loro
specifiche attività produttive: il cosiddetto
“sostegno accoppiato”.
Anche se è ormai chiaro che resteranno
importanti risorse per il sostegno degli
agricoltori nella nuova Pac in corso di approvazione per il periodo 2014-2020, è altrettanto evidente che il mercato ha ormai
recuperato gran parte del suo ruolo anche
per l’agricoltura.
Il “vecchio” patto tra società e agricoltura, infatti, aveva offerto una forte
protezione in cambio di un alDa qui al 2020 trettanto forte impegno all’aul’agricoltura non mento della produzione agricola,
vivrà una semplice necessità evidente per il contesto
trasformazione ma sociale del tempo. Dalla seconda
degli anni Ottanta, grazie
una vera rivoluzione metà
a uno spettacolare miglioramento della produttività dovuta a un
ampio ricorso a numerose nuove tecnologie produttive, il settore agricolo europeo
aveva raggiunto e superato l’autosufficienza alimentare. Anzi, da allora il problema
maggiore iniziò a diventare quello degli
eccessi di produzione. È stato solo a seguito dei primi importanti effetti della riforma del 1992 che la produzione agricola ha
recuperato un migliore equilibrio rispetto
alla domanda aggregata, anche se ancora
non per tutti i comparti produttivi.
Con l’accordo General Agreement on Tariffs
and Trade (Gatt) del 1994, inoltre, lo stesso che ha fatto nascere l’Organizzazione
mondiale del commercio (Omc), il sistema di protezione doganale per il settore
agricolo veniva profondamente rivisto nei
suoi meccanismi, contribuendo non poco
1 Nella discussione in corso sulla
riforma della Pac, diversi Paesi, e
a rendere il mercato interno europeo astra questi l’Italia, stanno cercando
sai più connesso con il mercato mondiale,
di mantenere i diritti di impianto
per la vite da vino oltre la scadenza
nonostante il mantenimento di un buon
prevista del 2015 (con possibilità di
prolungamento al 2018). L’impreslivello di protezione.
sione è che si tratti di un tentativo
Restavano, inoltre, ancora diversi aiuti acdi difesa dei produttori tradizionali
dalla competizione potenziale intra
coppiati, cioè connessi con specifiche proUe, che tuttavia nulla potrà contro
duzioni, che hanno continuato ad avere un
le produzioni di altri paesi extra Ue,
per tanti aspetti anche assai più perieffetto distorsivo sui diversi comparti procolosi sul fronte commerciale.
duttivi: si pensi agli aiuti accoppiati per il
pomodoro da industria, per il tabacco, per
la frutta trasformata, le quote per il latte e
per lo zucchero, i diritti di impianto per la
vite da vino (e gli aiuti alla distillazione),
e così via.
Ma con l’ultima riforma, quella avviata nel
2003 e conclusasi con la riforma dell’organizzazione comune del vino approvata nel
dicembre 2007, nonché con la successiva
“health check” del 2009, anche gran parte
di questi aiuti accoppiati, come pure gran
parte dei vincoli quantitativi alla produzione1, è stata eliminata.
Questi cambiamenti nelle politiche hanno
rimesso l’agricoltura, almeno in buona misura, a stretto contatto non solo con un più
dinamico mercato interno, ma soprattutto
con il mercato internazionale, assai mutevole e spesso volatile.
Gli effetti per gli agricoltori
Non sempre gli agricoltori si sono resi
conto subito della portata di questi cambiamenti, ma ormai tutti ne condividono,
più o meno intensamente, gli effetti. E il
primo di questi consiste nella nuova centralità del mercato per la determinazione
della redditività delle aziende agricole.
Gli aiuti disaccoppiati, cioè quelli relativi
al cosiddetto pagamento unico aziendale,
sono comunque un’importante “assicurazione” per il bilancio degli agricoltori.
Questi contributi, che ora sono calcolati su
base individuale e storica, con la nuova Pac
saranno forse regionalizzati, cioè calcolati in modo più omogeneo, e applicati su
tutti gli ettari coltivati a qualsiasi coltura,
indipendentemente dalla “storia” produttiva dei singoli individui richiedenti. Ma
in ogni caso, gli aventi titolo a tale forma
di sostegno non saranno “costretti” a realizzare nessuna produzione in particolare,
data la natura disaccoppiata del sostegno.
Ciò rende i produttori agricoli inevitabilmente più sensibili alla effettiva redditività
delle diverse produzioni possibili, al di là
dell’effetto di integrazione dei redditi (o
semplice riduzione dei rischi) del sostegno
pubblico.
La ritrovata centralità del mercato porta
con sé la necessità di evoluzione (ma si potrebbe parlare di rivoluzione) della figura
dell’agricoltore: da produttore a imprenditore. Fino a pochi anni fa, infatti, anche
a causa del contesto creato dalla Pac, gli
agricoltori dovevano preoccuparsi (quasi)
PARMA economica
3
focus economia
esclusivamente di produrre; produrre tanto, spesso in modo intensivo, possibilmente in modo efficiente. Poi i meccanismi
previsti dalle politiche avrebbero consentito comunque l’ottenimento di un prezzo
adeguato e ragionevolmente stabile.
Ora l’imprenditorialità non è più un “optional” nemmeno per gli agricoltori: prima
di produrre, bisogna chiedersi attentamente cosa produrre, con quali tecnologie, con quale intensità produttiva. Ma
soprattutto, prima di produrre, bisogna
anche rispondere alle domande: per quali mercati produrre? Per quali acquirenti? Quali livelli di qualità sono richiesti?
Quali punti di forza hanno i miei prodotti rispetto alla concorrenza? E così via. E
gli agricoltori-imprenditori non possono
più semplicemente delegare queste scelte
ad altri: le fasi dello scambio sui mercati,
della valorizzazione lungo la filiera sono
ormai anche più importanti della semplice
fase di produzione. E questa è una vera “rivoluzione”, peraltro necessaria: da (bravi)
produttori a (bravi) imprenditori.
Da ciò consegue anche la necessità di una
trasformazione strutturale: una moderna
ed efficiente agricoltura dovrà essere basata su aziende ben strutturate come unità
produttive, ma non solo; queste imprese
dovranno soprattutto essere in grado di
connettersi efficacemente con il mercato,
in modo singolo o associato.
Il problema strutturale, quindi, è destinato a diventare un vero e proprio vincolo
per l’agricoltura. Un sistema di forte protezione come quello degli anni passati ha
infatti consentito di assicurare una sufficiente redditività anche ad aziende piccole
e piccolissime, anche quando i loro titolari
non erano né agricoltori né, tantomeno,
imprenditori agricoli. Anche gli aiuti (sia
pure modesti) disaccoppiati degli ultimi
anni hanno di fatto, per molti proprietari di appezzamenti fondiari, consentito e
anzi suggerito il mantenimento di questi
terreni al di fuori dalle dinamiche di vere e
proprie aziende, o meglio imprese. In altri
termini, gli aiuti della Pac si sono trasformati, in larga parte, anche se in misura variabile, in una forma di rendita fondiaria,
facendo diventare meno fluido il mercato
fondiario, non solo in termini di compravendite, ma anche di contratti di affitto.
Questo aspetto della Pac è stato a lungo
sottovalutato, più o meno consapevolmente, ma le implicazioni in un Paese come il
4 PARMA economica
nostro sono state assolutamente negative,
se non deleterie.
In un recente lavoro (Sotte e Arzeni,
2013) sulla base di un’analisi attenta dei
dati dell’ultimo censimento, si evidenzia
come le aziende rilevate siano 1.620.884
(nel 2010). Ma il numero di quelle che
vengono identificate come imprese (sia
piccole che grandi) o “aziende intermedie-potenziali imprese” scenda a 413mila.
Questo quarto di aziende, tuttavia, usa
poco meno del 70% della superficie agricola utilizzabile e il 66% delle giornate di
lavoro. D’altro canto emerge anche come
il 67% delle aziende censite non
raggiunga i 10.000 euro di dimensione economica.
Nel nuovo sistema
Inoltre, nonostante tutto, si evin- di aiuti l'agricoltore
ce che la dimensione media delle dovrà agire come
aziende censite nel nostro Paese
nel 2010 avesse una dimensione imprenditore
media di soli 7,9 ettari; se si considerano invece le 413mila imprese di cui
sopra, che comprendono sia quelle definite
imprese che le imprese potenziali, la dimensione media sale a 21,4 ettari. Se poi
si passa alle sole 310mila aziende definite
come “imprese” (sia piccole che grandi), la
dimensione media sale ancora a 26,4 ettari.
Vale la pena di notare anche come l’età
media del conduttore sia strettamente correlata, ma in modo inverso, a questa dinamica dimensionale: rispetto all’età media
di 58,5 anni del totale dei “conduttori”,
le imprese piccole presentano un’età media dei conduttori di 54,1 anni, le imprese
grandi di “soli” 50,1 anni.
Da questi dati si deve quindi concludere
che il passaggio “rivoluzionario” della nostra agricoltura dovrà comportare da un
lato un aumento delle dimensioni medie
delle imprese, e dall’altro un ringiovanimento dei conduttori, fattori evidentemente correlati tra loro.
Ma perché ciò avvenga sarà necessario anche avere una nuova Pac che permetta di
concentrare le minori risorse economiche
non tanto su fenomeni di rendita a favore di numerosissime piccole aziende (non
imprese), con conduttori anziani e poco
inclini all’innovazione e agli investimenti, quanto piuttosto sui veri imprenditori,
e quindi a sostegno delle imprese vere e
proprie (o almeno di quelle che possono
evolversi ragionevolmente in questa direzione).
focus ECONOMIA
In questo senso, le proposte attuali per
la nuova Pac potrebbero consentire sia di
innalzare il livello minimo dei pagamenti, escludendo così dal sostegno
Si vince facendo numerose piccolissime aziende,
sistema: per questo sia di selezionare i beneficiari di
aiuti, i cosiddetti “agricoltori
occorre un forte tali
attivi”.
coordinamento Inoltre, le politiche specifiche a
della filiera sostegno del ricambio generazionale in agricoltura, pure presenti
sia nella Pac attuale sia in quella futura, da
un lato sono particolarmente importanti,
ma dall’altro risultano spesso troppo poco
efficaci.
Il non aver ancora compiuto scelte chiare
ed efficaci sia a favore dei giovani agricoltori che dell’aumento delle dimensioni
aziendali sta rallentando, di fatto, l’evoluzione strutturale e imprenditoriale della
nostra agricoltura.
Le implicazioni per le filiere…
Ma la rivoluzione in corso a livello di imprese agricole ha evidenti implicazioni anche a livello di filiere, e viceversa. Non v’è
dubbio, infatti, che nelle attuali condizioni
di mercato uno degli elementi più rilevanti per creare e rafforzare la competitività
delle imprese risieda nella capacità delle
filiere di darsi forme di coordinamento efficaci, sia in senso orizzontale (tra imprese
della stessa fase della filiera) che verticale
(tra imprese o forme organizzate di fasi
diverse e tra loro successive). Ed è sempre
più evidente anche il fatto che la competitività di una filiera è determinata dalla forza della fase più debole, come la forza di
una catena è limitata dalla forza dell’anello
più debole. Perciò le filiere sono necessariamente portate a considerare, sempre più
attentamente, la necessità che si rafforzino
tutte le fasi in misura adeguata, e che lo
facciano soprattutto le fasi più deboli. Un
approccio in qualche modo collaborativo
dentro le filiere sarà sempre più premiante
rispetto a una persistente e talvolta violenta tensione tra le diverse fasi. La percezione di un destino comune da parte dei
soggetti delle filiere è il collante che spinge
sempre più a collaborare per competere.
In questo senso acquistano importanza
crescente - e la nuova Pac lo sta proponendo con maggiore enfasi che in passato - il
ruolo delle Organizzazioni dei produttori
(Op) e delle Organizzazioni interprofessionali (Oi).
E non c’è motivo più rilevante che giustifichi - e anzi richieda - un forte coordinamento verticale di una strategia di
PARMA economica
5
focus economia
valorizzazione di prodotti agroalimentari di qualità. La qualità, come è noto, ha
più dimensioni e interessa diversi aspetti,
di peso diverso da filiera a filiera. E non
è certo facile trovare modi efficienti per
garantire l’acquirente circa la disponibilità di materia prima agricola in quantità
e soprattutto qualità adeguata, se non attraverso forme avanzate di contrattazione
che mentre richiedono un “determinato”
prodotto, ne garantiscono anche una remunerazione ritenuta adeguata dalle controparti. E ciò vale anche nelle fasi più a
valle: in molti casi anche la grande distribuzione organizzata (Gdo) può ottenere
determinate qualità di taluni prodotti solo
realizzando forme di “collaborazione”, almeno contrattuale, con i fornitori.
In un clima sempre più competitivo anche
per le catene della Gdo, infatti, è relativamente più importante potersi caratterizzare rispetto agli altri in termini efficaci e
reali, piuttosto che fittizi o basati solo su
strategie di comunicazione.
… e per i territori
I territori, specie in presenza di importantissimi prodotti agroalimentari a indicazione geografica, saranno sempre
più condizionati, nella loro evoluzione,
dal successo (o meno) di questi prodotti.
Come in passato, anche nel prossimo fu-
6 PARMA economica
turo il territorio rurale della nostra provincia sarà condizionato dal successo di
prodotti come il Parmigiano-Reggiano, a
forte impatto territoriale, ma anche dalla
vite (specie in collina) e dal pomodoro.
Riconoscere il ruolo trainante di queste
produzioni, almeno in termini potenziali,
non significa disconoscere la funzione che
anche altre produzioni potranno avere, ma
semplicemente riconoscere che su queste
filiere il nostro sistema agricolo avrà, anche in futuro, le maggiori carte da giocare.
Ma nei territori si stanno evolvendo anche nuove forme di agricoltura, in un certo senso ugualmente “rivoluzionarie” ma
coerenti con un nuovo contesto
produttivo ed economico. Da un
lato, infatti, anche sulla base di Promuovere le
motivazioni di natura diversa, si buone relazioni
vanno riscoprendo delle oppor- tra agricoltura e
tunità di produzione e vendita ambiente è la sfida
diretta sui mercati locali, specie
che attende le
con riferimento a prodotti la cui
qualità può essere effettivamen- istituzioni
te più elevata rispetto a prodotti
“convenzionali” (per diverse ragioni, e tra
queste la riduzione dei giorni che trascorrono tra la raccolta e il consumo: si pensi a
tanti prodotti ortofrutticoli).
Questa ovviamente non è l’unica motivazione; altri elementi “qualitativi” possono
rappresentare altrettante opportunità per
focus ECONOMIA
piccole produzioni locali, variabili da caso
a caso: il minore impatto ambientale per
i minori costi della logistica, il contatto
diretto tra consumatore e produttore che
rafforza gli elementi di reputazione che
influenzano il prodotto, il contenuto “sociale” di diverse attività produttive, ecc.
Anche queste forme di agricoltura, per
quanto di dimensioni necessariamente
meno rilevanti, sono destinate a modificare ulteriormente l’agricoltura del nostro
Paese, ma anche della nostra provincia.
Ma l’aspetto territoriale più rilevante di
questa “rivoluzione” è forse quello più
trascurato nei fatti. Nel corso degli ultimi anni, si sono riscoperte sempre più
le relazioni, sia positive che negative, tra
agricoltura e ambiente. Tuttavia, mentre
moltissimi passi sono stati fatti dal lato
del contenimento dei possibili danni determinati da talune modalità produttive
sull’ambiente, ancora troppo poco si è fatto per favorire efficacemente la produzione di beni e servizi di natura pubblica da
parte degli agricoltori a favore dell’intera
collettività.
Nella provincia di Parma taluni temi sono
stati posti all’attenzione degli operatori
e dell’opinione pubblica da tempo, ma è
evidente che quanto è stato fatto è ancora
troppo poco. Si pensi al lavoro importante per la protezione e la promozione della
biodiversità (agricoltori custodi), e anche
agli accordi per promuovere la cura del
territorio da parte degli agricoltori che su
questo territorio sono presenti e operano.
Tuttavia sia le risorse impiegate sia gli
strumenti adottati in molti casi sono ancora insufficienti per impedire gravi fenomeni di degrado territoriale e ambientale.
Anche perché per conseguire queste finalità sono necessari degli approcci integrati
e su base territoriale, non solo su base volontaria e su parti limitate e spesso discontinue di territorio. Anche in questo senso,
quindi, quanto è iniziato a emergere come
volto “nuovo” dell’agricoltura dovrà trovare - almeno nella sua urgenza, nelle modalità e nelle forme organizzative che potrà
assumere - un forte sviluppo nei prossimi
anni, con una profondità e un’efficacia tali
da poter giustificare l’uso di un termine
come quello proposto: “rivoluzione”.
Politiche e scelte
Rispetto alle politiche, alcuni spunti sono
già stati anticipati. La nuova Pac, che gio-
cherà ancora un ruolo molto importante
per l’agricoltura europea (e quindi anche
parmense), con ogni probabilità metterà
a disposizione risorse e strumenti ragionevolmente utili. Allo stato attuale della
discussione, non è molto verosimile che si
possano modificare sostanzialmente i termini delle proposte.
È invece fondamentale ricordare che gran
parte dell’efficacia delle nuove politiche
dipenderà dalle scelte che il nostro Paese
e la nostra Regione faranno in sede di applicazione.
Si pensi a come verranno concentrate le
risorse rispetto ai beneficiari (destinandole
solo agli agricoltori attivi e innalzando il
pagamento minimo), a come si favoriranno elementi di rendita fondiaria, o a come
si deciderà di sostenere le “vere imprese”
agricole. Ma molto importante sarà anche
il ruolo che verrà attribuito alle diverse
forme di efficace coordinamento orizzontale e verticale nelle filiere, sia dalle norme
sia, soprattutto, dai comportamenti degli
operatori, siano essi agricoli o i diversi
operatori delle filiere (nel caso di Oi).
L’agricoltura, quindi, ormai posta ineluttabilmente di fronte ai mercati, dovrà saper
fare emergere e rafforzare gli imprenditori
e le imprese, con un’attenzione particolare
al fattore critico che spesso si tende a sottovalutare anche in questo settore: il capitale umano.
Per avere imprese sono necessari imprenditori, e soprattutto giovani imprenditori;
tutti, ma soprattutto questi ultimi, dovranno non solo essere sempre più preparati a
svolgere le pur importanti attività produttive in senso stretto, ma soprattutto essere
in grado di affrontare la sfida dei mercati,
sapendo che questa sfida, con pochissime
eccezioni, non si vince da soli, in modo
individualistico, specie in agricoltura, ma
associandosi e lavorando per filiere sempre
meglio organizzate ed equilibrate.
Bibliografia
G. Canali, Collaborare per competere, in «L’informatore agrario», XXIX (2010)
G. Canali, Imprese e forme di coordinamento in
agricoltura: la via maestra per la competitività,
in «Agriregionieruopa», V
F. Sotte, A. Arzeni, Imprese e non-imprese
nell’agricoltura italiana, «Agriregionieruopa»,
XXXII
PARMA economica
7
focus economia
Giovani, il campo è vostro
La necessità di un ricambio generazionale in agricoltura è confermata
dall'analisi dell'ultimo Censimento, reso recentemente disponibile dall'Istat
Isabella Casella
Le politiche per i giovani nella nuova
Pac
Il tema dei giovani in agricoltura ha assunto negli ultimi anni un ruolo di grande
rilievo all’interno della Politica Agricola
Comune (Pac) dell’Unione Europea; il ricambio generazionale nel settore agricolo
europeo, infatti, è all’ordine del giorno da
tempo. Anche le proposte di riforma della
nuova Pac 2014-2019 presentate lo scorso
12 ottobre dalla Commissione Europea
hanno ribadito questa necessità, visto che
attualmente la distribuzione degli imprenditori agricoli dell’Unione (come in Italia)
è nettamente a favore di quelli aventi un'età superiore a 40 anni.
Le proposte per la nuova Pac prevedono due
modalità di sostegno ai giovani agricoltori:
la prima è inserita all’interno del primo pilastro, quello relativo ai pagamenti diretti per
il settore agricolo, la seconda, come già in
passato, nelle politiche per lo sviluppo rurale.
8 PARMA economica
Nel primo caso l’introduzione di un nuovo meccanismo per il pagamento unico
aziendale, che comporterà un suo “spacchettamento” in sei componenti, rappresenta certamente una significativa novità. In particolare, una di queste
componenti sarà proprio legata La nuova Pac
ai giovani imprenditori agricoli sosterrà il ricambio
al primo insediamento, per i quagenerazionale;
li si prevede un aiuto integrativo,
per una durata massima di 5 anni in Italia circa
dall’insediamento, e purché il be- 460 milioni di
neficiario abbia fatto domanda euro saranno a
in occasione del primo insedia- disposizione dei
mento e la sua età sia inferiore a giovani nuovi
40 anni. Nel complesso, secondo
agricoltori nel
le attuali proposte, ancora in discussione, le risorse disponibili periodo 2014-2019
per questa misura non potranno
superare il 2% del massimale nazionale: in Italia, perciò, tale misura avrà
a disposizione, indicativamente1, un totale
focus ECONOMIA
di 468,3 milioni di euro per l’intero periodo 2014-2019.
Questa novità conferma la volontà della
Commissione di favorire il ricambio generazionale in agricoltura, ma dalle prime simulazioni effettuate (Canali, Gjika,
2012), pare che il contributo massimo per
i giovani agricoltori italiani sarà relativamente modesto, se non quasi trascurabile,
e quindi sono emersi forti dubbi sull’efficacia anche di questa misura.
Resterà invece fondamentale il sostegno ai
giovani imprenditori agricoli fornito dallo sviluppo rurale, il cosiddetto “secondo
pilastro” della Pac, nel quale è previsto un
vero e proprio “pacchetto giovani”. In esso
1 Tale cifra non è ancora definitiva
in quanto è attualmente in corso il
cosiddetto “trilogo”, cioè la fase finale
della discussione sulla nuova Pac, che
vede coinvolti tre istituzioni, appunto:
la Commissione, il Consiglio europeo,
il Parlamento Europeo. La proposta
finale dovrebbe essere decisa entro
giugno-luglio 2013.
sono contenute diverse misure - prima
fra tutte il premio di primo insediamento - che costituiranno ancora la modalità
principale per il supporto finanziario ai
giovani agricoltori che decidono di avviare
una propria attività in agricoltura.
I giovani in agricoltura secondo il Censimento
La necessità di un ricambio generazionale in agricoltura è confermata dall’analisi
dei dati definitivi dell’ultimo Censimento
dell’agricoltura italiana, resi recentemente
disponibili dall’Istat. In base a questi dati,
nel 2010 il numero di imprenditori agricoli in Italia aventi un’età inferiore o uguale
Tabella 1 - numero di giovani imprenditori agricoli per classi di età
N. imprenditori
provincia di Parma
N. imprenditori
Emilia-Romagna
N. imprenditori
Italia
Età conduttori
2010
Var. %
Quota % 2010/2000
2010
Var. %
Quota % 2010/2000
2010
Quota %
Var. %
2010/2000
Meno di 20
2
0,0
-85,7
8
0,0
-91,4
767
0,0
-78,7
20 - 24
316
0,4
-32,3
10.004
0,6
-6,0
29
0,4
-46,3
25 - 29
95
1,3
-32,1
769
1,0
-49,0
24.716
1,5
-28,4
30 - 34
175
2,5
-42,4
1.646
2,2
-49,2
46.624
2,9
-38,4
35 - 39
300
4,2
-36,4
3.105
4,2
-39,1
79.605
4,9
-38,3
Fino a 39 anni
601
8,4
-38,9
5.844
8,0
-43,9
161.716
10,0
-36,2
40 e oltre
6.540
91,6
-30,9
67.622
92,0
-27,2
1.459.168
90,0
-34,2
Totale
7.141
-
-31,7
73.466
-
-28,9
1.620.884
-
-34,4
Fonte: dati Istat - V e VI Censimento agricoltura
PARMA economica
9
focus economia
Tabella 2 - numero di giovani imprenditrici agricole per classi di età
Età conduttori
Meno di 20
N. imprenditrici
provincia di Parma
N. imprenditrici
Emilia-Romagna
N. imprenditrici Italia
2010
Var. %
2010/2000
2010
Var. %
2010/2000
2010
Var. %
2010/2000
1
-50,0
2
-80,0
170
-82,9
20 - 24
9
12,5
71
7,6
2469
-0,5
25 - 29
13
-50,0
122
-44,8
5943
-31,9
30 - 34
32
-58,4
309
-48,3
12.124
-43,9
35 - 39
67
-33,7
557
-44,0
23.422
-40,4
Fino a 39 anni
122
-43,0
1.061
-43,8
44.128
-39,7
40 e oltre
1.538
-28,9
14.577
-27,2
453.719
-30,1
Totale
1.660
-30,2
15.638
-28,7
497.847
-31,1
Fonte: dati Istat - V e VI Censimento agricoltura
a 39 anni era di poco superiore a 160mila
(tab. 1), corrispondenti ad appena il 10%
del numero totale di imprenditori presenti
nel settore agricolo nazionale.
Nel caso della provincia di Parma, i giovani agricoltori erano 601 e la loro quota
risultava pari all’8,4% del totale provinciale, incidenza perciò lievemente inferiore a
quella nazionale e sostanzialmente in linea
con quella dell’Emilia-Romagna (8%).
A tutti e tre i livelli di analisi (provincia,
regione, Italia), il numero di giovani imprenditori agricoli è risultato in netta contrazione rispetto al precedente censimento
del 2000, con un calo a livello provinciale
che è stato del 38,9%; esso è inoltre stato
inferiore rispetto a quello avvenuto per la
stessa categoria di agricoltori a livello regionale (-43,9% rispetto al 2000) ma superiore alla contrazione avvenuta in Italia
(-36,2%).
Complessivamente, tra il 2000 e il 2010,
si è riscontrato un decremento abbastanza accentuato per tutte le categorie di età
considerate, con il numero complessivo
di imprenditori agricoli provinciali che è
passato da 10.449 a 7.141 nel periodo di
osservazione. Escludendo gli aventi un’età inferiore a 20 anni (vista l’esiguità del
numero di imprenditori per questa classe
di età), la contrazione maggiore nella provincia di Parma si è avuta per chi possedeva un’età compresa tra 20 e 24 anni, con
una variazione pari al -46,3% tra il 2000
e il 2010; a livello regionale e nazionale il
calo più alto si è avuto invece per la fascia
d’età compresa tra 30 e 34 anni (-49,2% e
-38,4%, rispettivamente).
Continuando la descrizione del settore
agricolo della provincia di Parma, tra gli
imprenditori agricoli di età inferiore o uguale a 39 anni le donne, Nel periodo
nel 2010, hanno rappresentato
2000-2010, i giovani
il 20,3% del totale (tab. 2), quota lievemente superiore a quella imprenditori agricoli
registrata per l’Emilia-Romagna provinciali
(18,2%) ma inferiore a quella ita- sono diminuiti
liana (27,3%). In base all’ultimo di quasi il 40%
Censimento dell’agricoltura, nel
2010 le giovani imprenditrici
Tabella 3 - numero di giovani imprenditori agricoli per titolo di studio
Titolo di studio
Capi azienda privi di titolo di studio
Licenza di scuola elementare
N. imprenditori provincia
di Parma
N. imprenditori
Emilia-Romagna
N. imprenditori Italia
2010
Quota %
2010
Quota %
2010
Quota %
0
0,0
3
0,1
392
0,2
7
1,2
44
0,8
4.671
2,9
Licenza di scuola media inferiore
222
36,9
1.853
31,7
63.746
39,4
Diploma di scuola media superiore o
professionale
3.215
55,0
75.423
46,6
302
50,2
Laurea o diploma universitario
70
11,6
729
12,5
17.484
10,8
Totale
601
-
5.844
-
161.716
-
Fonte: dati Istat - VI Censimento agricoltura
10 PARMA economica
focus ECONOMIA
l’aumento nel numero di imprenditrici
agricole per la classe di età 20-24 anni
(+12,5% e +7,6%, rispettivamente), categoria che è stata l’unica a crescere tra tutte
quelle considerate, sia per l’imprenditoria
maschile che per quella femminile, nel periodo 2000-2010.
agricole erano infatti appena 122 nell’intera provincia di Parma, con un calo del
43% rispetto al 2000. Anche a livello regionale e nazionale si è registrata una netta
contrazione nell’imprenditoria giovanile
femminile, pari rispettivamente al 43,8%
e al 39,7%. Per la provincia di Parma e
per l’Emilia-Romagna si segnala, inoltre,
La formazione dei giovani imprenditori
Per quanto riguarda la formazione dei giovani imprenditori agricoli della provincia
di Parma (tab. 3), nel 2010 la metà di essi
(50,2%) possedeva un diploma professionale o di scuola media superiore (maturità), così come nell’intera Emilia-Romagna
(55%) e in Italia (46,6%). Considerando
l’insieme di tutti gli imprenditori agricoli
(tab. 4), la maggioranza degli imprenditori
agricoli possiede la sola licenza di scuola
elementare sia nel caso della provincia di
Parma (quota pari al 36%), sia a livello
di regione Emilia-Romagna (37%), sia a
livello nazionale (34,5%). Questi risultati confermano, perciò, come al diminuire
dell’età degli imprenditori agricoli aumenti il loro livello di istruzione.
In termini relativi, il dato provinciale che
ha realizzato l’incremento maggiore tra il
2000 e il 2010 è stato quello degli agricoltori aventi una licenza di scuola media inferiore (+47,3%), seguiti da chi aveva conseguito una laurea o un diploma universitario (+32%); la diminuzione maggiore si è
invece avuta per chi non aveva alcun titolo
di studio (-87,4%). Tali dati differiscono
dal trend regionale e nazionale, per i quali
l’aumento più alto nel periodo considerato si è avuto per chi possedeva una laurea
(+15,8% e +22,3% rispettivamente).
Tabella 4 - numero di imprenditori agricoli per titolo di studio
Titolo di studio
Capi azienda privi
di titolo di studio
Licenza di scuola
elementare
Licenza di scuola
media inferiore
Diploma di scuola
media superiore
Laurea o diploma
universitario
Totale
N. imprenditori provincia di
Parma
N. imprenditori EmiliaRomagna
N. imprenditori Italia
2010
Quota
%
Var. %
2010/2000
2010
Quota
%
Var. %
2010/2000
2010
Quota
Var. %
%
2010/2000
97
1,4
-87,4
1.727
2,4
-72,1
80.511
5,0
-68,9
2.572
36,0
-18,8
27.161
37,0
-47,4
558.899
34,5
-51,9
2.087
29,2
47,3
20.705
28,2
-7,0
519.084
32,0
-11,3
1.919
26,9
-59,5
19.203
26,1
0,4
361.409
22,3
-6,2
466
6,5
32,0
4.670
6,4
15,8
100.981
6,2
22,3
7.141
-
-31,7
73.466
-
-28,9
1.620.884
-
-34,4
Fonte: dati Istat - V e VI Censimento agricoltura
PARMA economica
11
focus economia
La quota dei laureati sul totale dei giovani
imprenditori in provincia di Parma ha raggiunto l’11,6%, poco al di sotto di quella
media regionale (12,5%) ma al di sopra del
dato medio nazionale (10,8%). Da notare
che, se si considera l’insieme degli imprenditori agricoli, la quota dei laureati scende
di circa cinque punti percentuali, fermandosi al 6,5% in provincia, e al 6,2% a livello nazionale.
Questo dato, quindi, sembra confermare
ulteriormente un leggero miglioramento
del livello di formazione medio dei giovani
imprenditori agricoli rispetto alle generazioni precedenti.
rificare come si stia evolvendo anche la
presenza di stranieri tra gli imprenditori
agricoli. I numeri che emergono da questi
dati, tuttavia, sono ancora veramente molto esigui. Relativamente ai giovani imprenditori agricoli stranieri La centralità del
(tab. 5), nel 2010 ne risultavano in mercato richiederà
provincia di Parma solo 7, la magsempre più che
gior parte dei quali aveva un’età
compresa tra 30 e 39 anni (quota i giovani che
del 28,6% rispetto al totale degli si insediano in
imprenditori stranieri sul territo- agricoltura siano
rio provinciale). Nel complesso, in grado di operare
in provincia di Parma il numero come veri e propri
totale di imprenditori stranieri si
imprenditori
è fermato a 21, nell’anno del censimento, contro i 211 dell’EmiliaRomagna e i 3.800 circa presenti
nell’intero Paese.
È del tutto evidente, quindi, come la presenza di stranieri in agricoltura sia ancora
Gli imprenditori agricoli stranieri
Come è noto, anche in agricoltura negli
ultimi anni sono aumentati in modo importante i lavoratori dipendenti stranieri.
I dati del censimento consentono di ve-
Tabella 5 - imprenditori agricoli stranieri per classi di età
N. imprenditori
provincia di Parma
Età conduttori
N. imprenditori
Emilia-Romagna
N. imprenditori Italia
Stranieri
Quota %
Stranieri
Quota %
Stranieri
Quota %
Meno di 20
0
0,0
0
0,0
2
0,1
20 - 24
1
4,8
4
1,9
37
1,0
25 - 29
0
0,0
6
2,8
99
2,6
30 - 34
3
14,3
19
9,0
213
5,6
35 - 39
3
14,3
16
7,6
343
9,1
Fino a 39 anni
7
33,3
45
21,3
694
18,3
40 e oltre
14
66,7
166
78,7
3.090
81,7
Totale
21
-
211
-
3.784
-
Fonte: dati Istat - VI Censimento agricoltura
12 PARMA economica
focus ECONOMIA
sostanzialmente limitata alla dimensione
del lavoro dipendente, specie stagionale.
D’altro canto, se sono molte le difficoltà
che incontra un giovane a insediarsi in
questo settore produttivo, è ovvio che non
possono risultare minori per uno straniero.
In primo luogo, gli elevati costi dei terreni,
uniti alle necessità spesso ingenti di risorse
finanziarie anche per costituire il necessario capitale di esercizio, rappresentano una
barriera all’ingresso non trascurabile, che i
giovani imprenditori spesso superano solo
grazie alla presenza di risorse famigliari.
In questo senso, il settore agricolo presenta
difficoltà maggiori per chiunque voglia iniziare una nuova attività, sia egli giovane o
straniero (per restare a questi due esempi).
Le azioni possibili
I dati Istat evidenziano chiaramente quanto affermato inizialmente, e cioè il netto
sbilanciamento nel settore agricolo verso
gli imprenditori più anziani. Ciò risulta
vero a tutti i livelli di analisi, dalla provincia di Parma alla regione Emilia-Romagna
all’intero Paese; peraltro questa caratteristica strutturale accomuna anche i settori agricoli della maggior parte degli Stati
membri dell’Unione Europea.
La situazione richiede certamente un’azione decisa anche a livello di politiche,
per quanto queste possano effettivamente
essere efficaci su un tema così complesso.
Viste le proposte della Commissione e la
struttura proposta per la nuova Pac, appare più che mai fondamentale una grande
attenzione per assicurare una redazione
dei prossimi Piani di Sviluppo Rurale regionali (i Psr) che possa rivelarsi efficiente ma soprattutto efficace nel favorire un
adeguato ricambio generazionale tra gli
imprenditori agricoli e una loro adeguata
preparazione in termini formativi e professionali.
Ma la centralità del mercato, anche nelle
misure della nuova Pac, richiederà sempre
più che i giovani che si insedieranno in
agricoltura siano in grado di operare non
soltanto come semplici produttori, quanto
piuttosto come veri e propri imprenditori,
soggetti in grado, cioè, di operare scelte
rischiose in un contesto in continuo mutamento, con capacità di collaborazione, sia
in senso orizzontale (tra agricoltori) che
verticale (nelle filiere), e di innovazione.
Il tema dei giovani imprenditori e del ricambio generazionale, a ben guardare, è un
altro aspetto della sostenibilità del nostro
modello di agricoltura, che deve certamente interessare le dimensioni ambientale ed
economica, ma anche quella sociale.
Bibliografia e webgrafia
G. Canali, I. Gjika, I giovani nelle proposte
per la Pac post 2013, in «Agriregionieuropa»,
XXIX (2012)
G. Canali, Aiuti ai giovani ok, ma che siano efficaci, in «L’Informatore Agrario», V (2012), p. 7
www.istat.it
http://dati-censimentoagricoltura.istat.it
www.census.istat.it/index_agricoltura.htm
www.ermesagricoltura.it
PARMA economica
13
focus economia
Un settore da mezzo miliardo di euro
Un'istantanea della situazione a Parma e provincia nel 2012
Il quadro di sintesi dell’agricoltura della
provincia nel 2012: una produzione lorda vendibile di quasi 512 milioni di euro,
6.662 imprese attive, pari al 15,5% del
sistema imprenditoriale parmense, circa
7.000 addetti, pari al 3,4% della forza
lavoro provinciale, una quota del valore
aggiunto stimata pari al 2,2% del reddito provinciale, quota che a livello regionale risulta pari al 2,4% e oltre 62
milioni di euro di esportazioni, pari però
a solo l’1,1% del totale.
Secondo i dati dell’assessorato regionale, nel 2012 la produzione lorda vendibile (Plv) è diminuita del 6,3% rispetto
all’anno precedente, attestandosi a quasi 512 milioni di euro. Il risultato deriva
da andamenti opposti per il valore della
produzione originato dalle coltivazioni,
salito del 2,6% e risultato pari a poco
più di 103 milioni di euro, e per quello
derivante dalla zootecnia, ridottosi sensibilmente (-8,3%) e sceso a poco più
di 408 milioni di euro. Inoltre sulla redditività della zootecnia ha inciso l’aumento
dei costi di alimentazione derivante dai
forti rincari dei listini di mais e soia.
L’eccezionale siccità estiva ha costituito sicuramente l’aspetto caratterizzante
dell’annata 2012. Da un punto di vista
strutturale, è la zootecnia che ha un ruolo dominante per l’agricoltura parmense, molto maggiore di quello detenuto
nell’agricoltura emiliano-romagnola. Lo
scorso anno, le produzioni zootecniche hanno generato quasi l’80% della
Plv provinciale, rispetto a quasi il 48%
di quella regionale. La filiera dominante
della zootecnia parmense è quella degli allevamenti bovini da latte, che hanno generato quasi il 63% della Plv. Tra
14 PARMA economica
le coltivazioni, quelle arboree sono del
tutto marginali, mentre quelle erbacee
risultano avere una certa importanza,
seppure molto inferiore a quella detenuta nell’agricoltura regionale.
I dati dell’assessorato regionale indicano che nel 2012 si è registrato un forte
calo del valore della produzione di carni bovine (-21,7%), determinato da una
sensibile diminuzione della quantità di
prodotto. L’indebolimento ha una duplice origine: la stagnazione dei consumi e
il calo dei ristalli.
Conformemente all’andamento della
produzione e delle vendite, positivo
per la prima e negativo per le seconde, le scorte di formaggio di oltre 18
mesi, quindi pronto al consumo, sono
aumentate del 22,3%, giungendo a
quota 531.864 forme. Nonostante la
ripresa delle quotazioni, l’andamento
recente delle partite vendute e delle
scorte di formaggio sono alla base
di previsioni negative. La difesa delle
quotazioni del prodotto potrebbe risultare difficile a fronte di una caduta
dei consumi apparentemente destinata a durare a lungo.
Alla zootecnia suina è attribuibile una
quota del 10,4% della Plv complessiva
dell’agricoltura provinciale: secondo i
dati dell’assessorato regionale, il valore
della produzione lorda vendibile di carni
suine è aumentato sensibilmente anche
nel 2012 (+15,8%), come già l’anno
precedente, grazie al positivo andamento delle quantità prodotte e delle quotazioni. L’andamento delle quotazioni ha
consentito di attenuare almeno parzialmente l’impatto dei forti rincari di mais e
soia sui bilanci degli allevamenti.
focus ECONOMIA
Le coltivazioni
Le coltivazioni principali della provincia
risultano strettamente connesse all’attività dell’industria di trasformazione
alimentare e della zootecnia, entrambe fortemente presenti sul territorio.
Nell’insieme, però, le produzioni vegetali hanno originato solo il 20,2% della
Plv dello scorso anno. Tra le coltivazioni
erbacee, il ruolo dominante nell’agricoltura parmense compete alle produzioni
di cereali, da cui è derivata una quota
pari al 10,4% della Plv. Le altre coltivazioni erbacee principali sono quelle dei
pomodori e dei foraggi.
In positivo, quindi, la produzione di frumento tenero è aumentata di quasi il
50%, risultando pari a quasi 90mila
tonnellate, a seguito di un aumento sia
della superficie investita, sia delle rese.
Grazie poi alla positiva tendenza della
quotazioni, il valore della produzione lorda vendibile è aumentato del 70,2%.
Tra le colture industriali il pomodoro
mantiene una forte posizione, mentre
si conferma che la coltura della barbabietola non ha ritrovato una sua collocazione nella struttura produttiva agricola
se non notevolmente più ridotta, quasi
irrilevante rispetto al passato, e rappresenta solo l’1,1% della Plv.
La superficie investita a pomodoro da
industria è stata leggermente ampliata rispetto allo scorso anno e anche le
rese sono salite (+8,5%).
Il lavoro
Secondo l’Istat, nel 2012 l’agricoltura
ha impiegato circa 7.000 addetti, pari
al 3,4% della forza lavoro provinciale.
L’annata ha fatto registrare un fortissimo incremento degli addetti, +26%,
pari a quasi 1.500 unità in più rispetto
all’anno precedente.
I dipendenti sono giunti oltre quota
2.500, con un aumento del 4,6%, mentre gli indipendenti sono risultati quasi
4.400, con un crescita improvvisa del
43%. Ammessa la validità dei dati, non
resta che pensare a un notevole incremento dei coadiuvanti a fronte degli effetti della crisi economica. Tali andamenti
non trovano riscontro a livello regionale:
gli addetti agricoli emiliano-romagnoli
sono rimasti sostanzialmente invariati.
La base imprenditoriale
A fine 2012, le imprese attive nei settori dell’agricoltura, caccia e silvicoltura risultavano 6.662, pari al 15,5% del
sistema imprenditoriale parmense. La
crisi non ha accentuato la pluriennale tendenza alla diminuzione delle imprese (-111 unità), con una flessione
dell’1,6%, rispetto alla fine del 2011.
La tendenza alla riduzione va di pari
passo con la lenta ristrutturazione del
sistema imprenditoriale dell’agricoltura
provinciale, che vede l’adozione progressiva di forme di impresa più strutturate.
È aumentata nuovamente la consistenza
delle società di capitale, giunte a 117
con un incremento del 7,3%, nonostante
rappresentino ancora una quota minima
delle imprese attive del settore (l’1,9%).
Le società di persone, pari al 16,3% delle imprese agricole, sono leggermente
aumentate (+1,2%), mentre si è rapidamente rafforzato il gruppo delle imprese organizzate in altre forme societarie
(+5,2%). Al contrario sono diminuite le
ditte individuali, scese a quota 5.349,
pari all’81%.
Fonte: Rapporto sull’economia provinciale, elaborato da Unioncamere Emilia-Romagna in collaborazione con l’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Parma.
PARMA economica
15
focus economia
L'Europa ripensa
al settore agricolo
La riforma della Pac 2014-2020 sta arrivando: ecco, da una prima valutazione
d’impatto1, alcuni spunti di riflessione sul futuro della nostra agricoltura
Roberto Gigante
Riforma Pac, il contesto normativo
Il dibattito sulla futura Politica Agricola Comune (Pac) 2014-2020 avviato nel
2011 sta giungendo alle battute finali: la
riforma della Pac, dopo essere stata approvata dall’Europarlamento nell’ultima
sessione plenaria del 13 marzo scorso (25
ministri dell’Agricoltura su 27 hanno trovato una posizione in comune), si avvia
a una fase di negoziazione che coinvolge
nelle trattativa il Consiglio e la Commissione. La speranza è quella di giungere a
un accordo politico entro fine giugno così
da poter emanare il nuovo testo normativo
definitivo.
Sul fronte del bilancio europeo (che include i fondi da destinare all’agricoltura) la
situazione invece appare ancora
particolarmente incerta dato che La riforma della Pac
l’accordo settennale, nella sua ul- è stata approvata
tima proposta, è stato nuovamen- dal Parlamento
te bocciato, riaprendo le trattative
europeo e sarà ora
con il Consiglio. In questo contesto particolarmente fluido, non vagliata da Consiglio
essendo disponibili nuovi docu- e Commissione
menti ufficiali, il presente lavoro
intende fornire una prima valutazione dei
possibili impatti che la Pac 2014-2020 potrebbe generare nei territori della provincia
di Parma. L’analisi effettuata si basa sulla
proposta di regolamento COM(2011) 625
della Commissione Europea (cfr. riquadro), che seppur datata, consente di avere
un primo quadro d’insieme delle proposte
1 Per la valutazione d’impatto a
livello regionale è possibile consultare
il report completo realizzato da R.
Gigante in collaborazione con il
dipartimento di economia dell’Università degli Studi di Parma (febbraio
2013) presente sul sito della Rete
Rurale Nazionale all’indirizzo www.
reterurale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.
php/L/IT/IDPagina/10695.
16 PARMA economica
focus ECONOMIA
2 F. Arfini, M. Donati, M. Zuppiroli
(2005), Agrisp: un modello di simulazione regionale per valutare gli effetti
per l’Italia delle modifiche delle politiche
agricole, in G. Anania, La riforma delle
politiche agricole dell’UE ed il negoziato
WTO, Milano, Franco Angeli.
di riforma attualmente in discussione: valutazioni presentate, pertanto, quindi, non
possono essere considerate definitive ed
esaustive, ma semplicemente uno spunto di
riflessione in grado di evidenziare le dinamiche strutturali, territoriali e settoriali che
potrebbero generarsi a seguito dell’introduzione dei nuovi meccanismi di politica
agricola nel sistema agricolo di Parma.
Il modello e le componenti analizzate
Per valutare gli impatti della futura Pac è
stato utilizzato il modello di programmazione matematica denominato Agrisp2
(un modello di simulazione di impatto definito a livello regionale e
provinciale) perché in un unico
Tra le principali ambiente di risoluzione simula
novità della riforma gli effetti delle politiche agricole
si trova il greening, sulle differenti zone omogenee
un aiuto che sarà costituenti le singole regioni
descrivendo le
erogato a fini amministrative,
caratteristiche produttive, strutambientalistici turali ed economiche di ogni
singola regione agraria. La par-
ticolare struttura del modello, affiancata
da un elevato dettaglio dei dati disaggregati consente di ottenere diverse chiavi di
lettura dei risultati:
1) a livello di regione agraria (macro-aree
territoriali);
2) in base alle caratteristiche strutturali
(le aziende agricole sono suddivise in
7 classi di dimensione per ogni macroarea territoriale);
3) per specializzazione produttiva (orticole, seminativi, zootecnia).
Il modello si caratterizza per l’utilizzo congiunto della banca dati europea Rica (Rete
di Informazione Contabile Agricola), dalla
quale vengono reperite le principali informazioni economiche, e della banca dati dei
pagamenti in agricoltura Agrea, dalla quale
sono state estratte le informazioni relative
all’uso del suolo e gli aiuti erogati. La combinazione delle due banche dati permette di
ottenere una perfetta rappresentatività del
territorio oggetto di analisi, che nel caso in
esame noi è la provincia di Parma.
Fig. 1 – Variazioni delle superfici, provincia di Parma
Fonte: elaborazioni dell’autore utilizzando il modello Agrisp
PARMA economica
17
focus economia
Come anticipato, le componenti della futura Pac utilizzate nell’analisi si basano sul
testo del Regolamento COM(2011) 625
della Commissione Europea, e includono
le tre principali novità che saranno introdotte dalla riforma.
1) Il greening, che costituisce la quota di
aiuti che verranno erogati a fini ambientali, presenta i seguenti vincoli:
l’implementazione di tre differenti colture sulle superfici a seminativo superiori a 3 ettari, ove nessuna di queste
può coprire meno del 5% e più del 70%
della superficie; l’obbligo di destinazione ad aree ecologiche, cioè per scopi di
natura ambientale e paesaggistica, del
7% della superficie ammissibile agli
aiuti; il mantenimento dei prati permanenti presenti in azienda. La quota dei
pagamenti per il greening costituirà il
30% degli aiuti diretti al reddito e, nel
caso in cui non vengano adempiuti i
relativi obblighi, sono previste sanzioni che possono portare fino alla revoca
totale di tutti gli aiuti. Tale condizione
rende il greening un adempimento obbligatorio al fine di ottenere l’erogazione del premio di base, vale a dire quella
parte degli aiuti diretti legata a ciascun
ettaro di superficie agricola utilizzata
(Sau) posseduta.
2) I pagamenti regionalizzati che saranno
introdotti con la nuova programmazione prevedono il passaggio a un nuovo
criterio di assegnazione degli aiuti che
non è più in funzione di quanto storicamente maturato (l’attuale regime di
pagamento unico) ma si basa sull’erogazione di un importo uguale a livello
regionale (o di zone agrarie3) concesso in modo forfetario a tutti gli agricoltori in base agli ettari di superficie
agricola posseduta. Il valore degli aiuti
per ettaro applicati nel modello è quello elaborato dall’Istituto Nazionale di
Economia Agraria che ha quantificato4 per la regione Emilia-Romagna un
pagamento di base regionalizzato pari
a 148,4 euro/Ha, mentre per la componente greening il valore stimato è di
89,4 euro/Ha.
3) Il meccanismo di degressività. Il totale degli aiuti viene ridotto in base al
meccanismo di degressività, che prevede riduzioni progressive dei pagamenti alle aziende secondo specifici
18 PARMA economica
scaglioni: -20% per gli aiuti compresi tra 150.000 e 200.000 euro, -40%
per quelli tra 200.000 e 250.000
euro, -70% la parte di aiuti compresa tra 250.000 e 300.000 euro e, infine, -100% per la le somme eccedenti
300.000 euro.
3 Attualmente non è ancora stato
deciso quale criterio verrà adottato in
via definitiva per l’applicazione della
regionalizzazione
4 Dati reperibili sul sito www.rica.
inea.it/PAC_2014_2020
Per la lettura dei risultati si fa riferimento
a due scenari: il baseline, che rappresenta lo
scenario di riferimento, e cioè quello che
rispecchia la situazione produttiva osservata e che servirà da raffronto per valutare
gli scostamenti in seguito alla stima degli
effetti della nuova politica agricola; lo scenario green, che invece considera i nuovi
meccanismi della Pac precedentemente
esposti.
I risultati dell’analisi
1)
Come cambieranno le superifici
coltivate. Il confronto tra gli scenari baseline e green evidenzia come le prescrizioni
imposte dalle pratiche di “inverdimento”
comportino nella provincia di Parma una
riduzione delle superfici investite pari a
circa 3.200 ettari per la pianura, 2.100 per
la collina e 1.200 per la montagna, per un
totale a livello provinciale di 6.621 ettari
complessivi. L’incidenza delle riduzioni per
le singole colture appare differenziata in quanto l’imprenditore,
davanti al vincolo di introdurre Gli impegni “verdi”
la superficie a greening, cerca di a Parma potrebbero
scegliere le colture più profittevoli comportare la
tenuto conto dei costi e dei prez- riduzione delle
zi dati (fig. 1), sacrificando quelle superfici foraggere di
meno redditizie.
Da un’analisi dettagliata dei circa 100.000 ettari
valori elaborati dal modello si
registrano (in termini di variazioni assolute) delle contrazioni abbastanza contenute per quasi tutte le colture: solo in
alcuni casi specifici (frumento, mais e
altri cereali) nelle aree collinari e montane si registra un effettivo incremento.
Sostanzialmente, a catalizzare gran parte della riduzione in tutte le fasce altimetriche sono le superfici destinate alle
foraggere: in pianura passano da 27.707
ettari a 25.281 ettari (-8,76%); in collina
30.654 ettari a 26.395 ettari (-13,9%); e
in montagna da 10.889 a circa 7.900 ettari (-27,42%). Complessivamente la riduzione delle superfici a foraggere nella sola
provincia di Parma risulta particolarmente consistente, circa 10.000 ettari, valore
focus ECONOMIA
Fig. 2 – Variazioni del livello di aiuti, provincia di Parma e raffronto media Emilia-Romagna
Fonte: elaborazioni dell’autore utilizzando il modello Agrisp
2)
L’incidenza della nuova Pac sulla produzione lattiero/casearia. È facile intuire che le dinamiche sopra esposte
risultano direttamente connesse al settore
zootecnico che appare quello maggiormente colpito dalle nuove misure della Pac
a livello regionale, ma soprattutto a livello provinciale: per la provincia di Parma
la consistenza dei capi bovini passerebbe
da 76.376 unità a 64.434 unità, generando una riduzione pari a 11.942 capi,
(-15,64%). A livello di fasce altimetriche
la situazione appare però particolarmente eterogenea: in pianura la contrazione
si aggira attorno al 9%, in collina al 21%
e in montagna quasi raggiunge il 31%.
A soffrire del processo di riforma saranno soprattutto le piccole e medie aziende
agricole collocate nelle aree montane che,
seppur avvantaggiate dalla nuova distribuzione degli aiuti diretti, sono quelle su cui
grava maggiormente la scarsa competitività dell’allevamento da latte, affiancata da
una scarsa possibilità di attivare altri processi produttivi.
3)
I risultati economici. Nella tabella 1 sono riportate le variazioni delle componenti economiche dell’attività
agricola per ettaro a livello provinciale
particolarmente significativo, un terzo
della contrazione complessiva stimata a
livello regionale pari a 30.000 Ha.
La diminuzione delle superfici a foraggere
a fronte di un incremento delle superfici
cerealicole è dovuta a un duplice fattore:
il costante aumento (soprattutto in questi
ultimi anni) della convenienza economica
dei cereali, mentre per le foraggere si registra una scarsa redditività per la
quota di produzione destinata al
Il comparto più mercato. Le foraggere, infatti, se
colpito dalla non legate all’attività zootecnica
nuova Pac sarà rappresentano un processo che,
quello zootecnico, soprattutto nelle aree montane,
soprattutto nelle precede l’abbandono, rendendole
contempo la coltura principale
zone di collina e al
da destinare al raggiungimento
montagna del 7% di superficie che il greening richiede venga riservato a
pratiche ambientali. Nel caso in cui invece tali superfici siano destinate all’allevamento bisogna considerare che proprio nelle aree montane i maggiori costi
di questa attività la rendono scarsamente competitiva, pertanto anche in questo
caso è giustificabile la scelta di destinare
queste superfici all’adempimento del vincolo di greening del 7%.
Tab. 1 – Variazioni degli indicatori economici, provincia di Parma
Pianura
Collina
Montagna
Valori in €/Ha
Baseline
Green
Var %
Baseline
Green
Var %
Baseline
Plv
4.086
3.821
-6,5%
3.692
3.121
-15,5%
2.809
2.051 -27,0%
Costi var. tot.
2.981
2.771
-7,0%
2.664
2.205
-17,2%
1.785
1.559 -12,6%
Ml 1° livello
1.105
1.050
-5,0%
1.028
916
-11,0%
1.024
492 -52,0%
351
238
-32,2%
256
238
-7,3%
163
238
46,1%
1.456
1.288
-11,6%
1.285
1.153
-10,2%
1.187
729
-38,6%
Pagamenti
Ml 2° livello
Green
Var %
Fonte: elaborazioni dell’autore utilizzando il modello Agrisp. Legenda: Plv = produzione lorda vendibile; Ml 1°livello = margine lordo di 1° livello; Ml 2° livello = margine lordo di 2° livello.
PARMA economica
19
focus economia
Fig. 4 A/B - Raffronto delle variazioni di produzione lorda vendibile e costi totali variabili in provincia di
Parma e in altre province regionali
Fig. 4-A
Fig. 4-B
Nota: il valore della media regionale è rappresentato dalla linea rossa.
per fascia altimetrica. La produzione lorda vendibile (Plv), che si riduce a causa
delle dismissioni di parte delle superfici e
delle altre pratiche imposte dal greening,
presenta dei valori molto differenziati per
fasce altimetriche: pianura -6,5%; collina
-15,5%; montagna -27%. Rispetto alle riduzioni stimate a livello regionale (pianura
–5,2%; collina –10,8%; montagna –20,5%)
l’area della provincia di Parma appare
quella maggiormente colpita nelle fasce
altimetriche collinari e montane.
La riduzione dei costi variabili operata
dalle aziende per far fronte agli aggiustamenti delle pratiche di greening appare più
che proporzionale rispetto alla contrazione
della Plv per le fasce altimetriche di pianura e collina (-7% pianura; -17,2% collina),
mentre in montagna la rigidità strutturale
e la ridotta possibilità di diversificazione
delle attività economiche non consentono
alle aziende di effettuare una congrua riduzione dei costi in grado di compensare
le perdite in Plv: si registra, infatti, una
riduzione dei costi variabili di appena il
12,6%. Una chiara indicazione del grado
di efficienza aziendale è rappresentata dal
valore del margine lordo di primo livello
(calcolato sottraendo i costi variabili dalla
Plv) che presenta valori molto preoccupanti per le aziende presenti nella fascia
montana, dove a livello provinciale sono
presenti gran parte delle aziende zootecniche di dimensioni medio-piccole. Se si
considera, poi, la variazione legata ai pagamenti totali in base alla regionalizzazione
(fig. 3), che prevedono un importo unico
a livello regionale, la nuova ripartizione
degli aiuti in pianura e collina comporta
una contrazione degli stessi, che incide
negativamente su quello che potremmo
chiamare margine lordo di secondo livello (comprensivo degli aiuti). Nelle aree di
montagna, invece, la nuova distribuzione
dei pagamenti rappresenta un vantaggio
(+46,1%), dato che in queste aree, oggi,
gli aiuti medi per ettaro sono di gran lunga inferiori (in media 163 euro/ha). La
Tab. 2 – Variazioni degli indicatori economici, provincia di Parma
Orticole
Seminativi
Zootecnia
P
C
M
P
C
M
P
C
M
Plv
-5,1%
-8,6%
0,1%
-3,6%
-5,0%
-15,2%
-6,9%
-16,9%
-24,4%
Costi var. tot
-5,0%
-10,6%
0,1%
-3,5%
-5,3%
16,9%
-7,6%
-18,4%
-14,1%
Ml 1° livello
-5,4%
-5,2%
0,1%
-3,7%
-4,6%
-33,5%
-4,9%
-12,2%
-47,4%
Pagamenti
-59,3%
-60,9%
62,8%
-15,2%
37,1%
121,8%
-44,0%
-28,4%
12,8%
Ml 2° livello
-23,3%
-23,5%
Legenda: P = pianura; C = collina; M = montagna.
20 PARMA economica
10,2%
-6,8%
5,1%
-11,4%
-13,4%
-15,2%
-39,3%
focus ECONOMIA
Fig. 4 C/D - Raffronto delle variazioni del margine lordo di I e II livello in Provincia di Parma e in altre
province regionali
Fig. 4-C
Fig. 4-D
Nota: il valore della media regionale è rappresentato dalla linea rossa.
variazione del margine lordo di secondo livello in pianura e collina è prossima
l'11%, mentre nel caso della montagna il
valore subisce una contrazione nettamente superiore, che giunge alla preoccupante
percentuale del 38,9%. In complesso il riassetto imposto dalla normativa potrebbe
incidere in modo negativo sull’intero comparto agricolo provinciale.
4)
Le variazioni degli indicatori
economici per fasce produttive. Nella
tab. 2 sono riportati i dati riclassificati per
specializzazione produttiva e fasce altimetriche. Variazioni negative della produzione lorda vendibile si registrano in tutti i
settori, e in particolar modo nel comparto
zootecnico per tutte le fasce altimetriche.
Per quanto concerne i costi variabili si osserva come questi tendano ad adattarsi ai
nuovi livelli produttivi assecondando le
contrazioni della Plv, ad esclusione però
del settore zootecnico della fascia altimetrica montana che appare in forti difficoltà
e per il quale si rileva una differenza tra
Plv e costi variabili che supera il 10% (Plv
-24,4% e Ctv -14,1%). Le differenze tra
le variazioni di Plv e Ctv si riflettono nei
valori del margine lordo di primo livello
che appare restringersi per tutti i casi in
esame. Per quanto concerne gli aiuti diretti si osserva come la nuova distribuzione
incida in modo differente nei vari settori e
nelle fasce altimetriche, portando i valori
del Margine Lordo di 2° livello (calcolati
considerando la somma del ML di 1° Livello ed i pagamenti a condizioni di cri-
ticità più o meno elevata) a condizioni di
criticità più o meno elevata.
5)
La provincia di Parma nel contesto regionale. Uno spunto di riflessione
particolarmente interessante fornito dallo
studio consiste nell’analisi delle variazioni
delle componenti economiche in ogni singola provincia della regione Emilia-Romagna, con dettaglio di disaggregazione
per fasce altimetriche. Nelle aree montane
di Parma, Reggio-Emilia, Modena e Bologna la produzione lorda vendibile (fig.
4A) si riduce in modo molto consistente, con variazioni che oscillano su valori
del -15% e -25%. In particolare il valore
evidenziato da Parma montagna è di ben
-22,88%. Anche nelle rispettive aree collinari provinciali (a esclusione di Bologna)
le contrazioni sono particolarmente marcate con valori tra il -15% ed il -20% circa,
mentre il valore specifico per Parma è del
-14,59%.
Nella seconda parte del grafico (fig. 4B)
sono riportate le variazioni dei costi totali variabili che rappresentano la seconda
“faccia della medaglia”: difatti se queste
contrazioni seguissero in maniera proporzionale (o più che proporzionale) la riduzione della Plv, l’azienda sarebbe in grado
di attuare strategie adattive in grado di assecondare le dinamiche di mercato, bilanciando perfettamente livelli di produzione
e costi sostenuti.
Una rigidità strutturale maggiore, che
tipicamente caratterizza le aziende altamente specializzate, e una collocazione
PARMA economica
21
focus economia
territoriale in cui è difficile effettuare una
vera diversificazione economica degli investimenti, causano alle aziende collocate
nelle aree territoriali di montagna e collina
una forte difficoltà nel riallineamento dei
costi variabili.
Questo fenomeno si osserva in particolar
modo per le aziende di Parma e Modena
montagna, che riescono a contenere i costi totali variabili solo dell’11,16% e del
12,93% rispettivamente. Il differenziale tra
produzione lorda vendibile e costi totali
variabili si riassume nelle dinamiche evidenziate dal margine lordo di primo livello
(fig. 4C) che viene a ridimensionarsi mag-
giormente proprio nelle aree montane precedentemente menzionate: Parma -45%;
Reggio-Emilia -25%; Modena -30%. Infine, le variazioni del margine lordo di secondo livello, tenendo conto della componente
degli aiuti diretti, appaiono “ammorbidite”:
pur presentando diminuzioni più contenute nelle aree montane e collinari (in considerazione dell’effetto redistributivo degli
aiuti sul territorio) si conferma una penalizzazione maggiore per le aree montane di
Parma (-33,4%), Reggio-Emilia (-21,1%) e
Modena (-23,4%), con valori che appaiono
nettamente superiori alla media regionale
(-11,9%).
Il “primo pilastro” e i regimi di aiuto
La nuova struttura del “primo pilastro” della l’assegnazione del 2% delle risorse a giovaPac prevede l’attivazione obbligatoria di al- ni agricoltori che hanno un’età inferiore a 40
cuni regimi di aiuto, mentre altri sono attiva- anni con lo scopo di incentivare il ricambio
bili a discrezione dello Stato membro. Nello generazionale in agricoltura.
studio in esame, gli importi utilizzati sono cal- Le componenti facoltative riguardano invece
colati considerando attivi tutti i regimi, obbli- la possibilità di erogare degli aiuti specifici
gatori e non.
per le aree svantaggiate, e la possibilità di
Il primo pilastro si compone quindi di una erogare degli aiuti accoppiati a produzioni
quota definita “pagamento di base” (con va- che presentino una particolare rilevanza a lilore stimato al 48% delle risorse disponibili) vello locale e per le quali sarà effettivamente
che andrà a sostituire l’attuale premio unico necessario agire con un supporto accoppiaaziendale. La seconda componente inve- to. Infine per i piccoli agricoltori (coloro che
ce è quella relative alle misure di greening possono ricevere un ammontare che corri(o inverdimento) che intendono sostenere e sponda al pagamento di base medio per etincentivare un’agricoltura più sostenibile ero- taro moltiplicato per un numero massimo di
gando un pagamento (30%) per le pratiche 3 Ha o pari al 15% del pagamento di base
agricole benefiche per il clima e l’ambiente. medio per beneficiario) è previsto un regime
La terza componente obbligatoria riguarda forfetario semplificato.
Fonte: proposta di regolamento dei pagamenti diretti COM UE, Reg. 625 (COM 2011). Ipotesi con
incidenza percentuale degli aiuti su studio Inea.
22 PARMA economica
focus ECONOMIA
Conclusioni e implicazioni territoriali
I risultati elaborati dal modello, nell’ipotesi di mantenere i prezzi costanti, evidenziano come l’introduzione delle pratiche
di greening abbinate alla nuova distribuzione dei pagamenti di base porterà a
consistenti riduzioni in termini di Plv e
di reddito aziendale. La componente di
greening genererà non solo una contrazione delle superfici a coltura, ma anche una
vera e propria riallocazione di superfici e
risorse verso processi più efficienti (tra cui
il pomodoro). Allo stesso tempo la regionalizzazione, estendendo le superfici ammissibili a quasi tutta la Sau, e prevedendo
un importo di pagamento unico a livello
regionale, porterà, assieme alla riduzione
degli stanziamenti complessivi, alla diminuzione degli aiuti medi per ettaro per
le aree storicamente destinatarie di aiuti
maggiori (pianura in primis) favorendo invece le aree montane.
In ogni caso, il bilancio complessivo a livello provinciale appare particolarmente
preoccupante proprio per le aree montane, dato che l’impatto stimato ipotizza
che sarà l’allevamento da latte il processo maggiormente colpito. È importante sottolineare però che in questa fase di
analisi l’attenzione dovrà essere
focalizzata maggiormente sulle
Le superfici e le debolezze strutturali-territoriali,
risorse saranno e non tanto sulla misurazione
riallocate verso meramente numerica, in ragione
produzioni più del fatto che, come precedenteesposto, il presente lavoro
remunerative, come mente
si basa su quanto indicato nella
il pomodoro bozza di regolamento, e non sul
testo definitivo. Ad oggi, difatti,
non è ancora chiaro quali saranno i vincoli che la futura normativa andrà
a implementare sul fronte del greening:
la Commissione europea ha formulato la
proposta di un greening più rigido e vincolistico, mentre il Parlamento Europeo ha
rivoluzionato la proposta della Commissione proponendo un greening molto più
leggero e ammorbidito, sia in termini di
vincoli che di accesso al diritto all’aiuto.
Infine, il Consiglio ha assunto una posizione intermedia.
In conclusione l’attuale dibattito per ora
converge solo sulla quota finanziaria (pari
al 30%) degli aiuti che saranno erogati in
base a questo regime. Alla luce di questa
“incertezza normativa” appare perciò importante porre l’accento sui possibili impatti che potrebbero generarsi a livello
provinciale (e regionale) a seguito dell’introduzione della nuova Pac, che nella nuova formulazione risulta certamente meno
garantista nei confronti di agricoltori presenti in specifiche realtà territoriali come
quelle montane: osservando la struttura
del “primo pilastro”, i regimi di pagamento
che dovranno essere obbligatoriamente attivati (pagamento di base, greening e giovani agricoltori – cfr. fig. 1) non prevedono
un aiuto mirato per specifiche aree o per
specifiche produzioni, rimandando al policy maker dello Stato membro la facoltà di
scelta nell’attivare degli aiuti mirati (aree
svantaggiate, aiuti accoppiati per alcune
produzioni di rilevanza locale).
Se quindi la logica adottata dalla nuova
Pac risulta innegabilmente in grado di
adattarsi alle molteplici realtà territoriali europee, sarà compito del nostro Paese
prevedere l’attivazione degli appositi strumenti “facoltativi” ai quali destinare una
adeguata quota di risorse. L’analisi svolta
ha evidenziato come “il mercato” rappresenterà il nuovo driver delle scelte produttive delle imprese, che non potranno più
puntare alla massimizzazione dei sussidi,
ma al risultato di gestione.
La scelta strategica della nuova Pac non
dovrà però prescindere dalla necessità di
tutelare e garantire la sopravvivenza delle
aziende agricole e di interi comparti produttivi che operano in aree svantaggiate, e
per le quali sarà necessario intervenire con
logiche di sostegno differenti. La scarsa
competitività delle aziende presenti nelle aree montane provinciali e regionali è
difatti imputabile in buona parte a fattori
che esulano dall’economicità interna all’azienda stessa, ed è da ricondurre invece a
caratteristiche territoriali di forte svantaggio competitivo in cui le aziende si trovano
a operare. Sarà pertanto essenziale che anche nel nuovo periodo di programmazione 2014-2020 vengano attivati e garantiti
aiuti mirati al sostegno delle aree montane
e, nel caso della provincia di Parma, che
si consideri con particolare attenzione un
sostegno alle produzioni lattiero-casearie
presenti in queste aree.
PARMA economica
23
focus economia
Qualità e innovazione,
le scommesse dei giovani
Interessante e attrattivo si sta rivelando il progetto di Campagna Amica,
con la sua rete di punti vendita aziendali, farmer’s market e botteghe
A cura di Coldiretti Parma
In controtendenza rispetto all’andamento record della disoccupazione giovanile,
aumentano del 4% le imprese individuali
condotte da under 30 nei diversi settori
economici in Italia. È questa la fotografia
che emerge da una analisi della Coldiretti
sulla base dei dati Infocamere-Movimprese relativi al terzo trimestre 2012 (e confrontati con quello precedente), in occasione della divulgazione dei dati Istat sulla
salita del tasso di disoccupazione giovanile
(15-24 anni), a novembre al 37,1%.
In un contesto di crescenti difficoltà economiche e occupazionali è sicuramente un
dato incoraggiante l’aumento dei giovani
che decidono di scommettere in proprio
sul futuro dando avvio ad attività imprenditoriali.
Secondo i dati, le imprese italiane condotte da giovani con età inferiore a 30 anni
nelle diverse attività produttive sono oltre
220mila e puntano spesso su innovazione
e creatività nonostante le difficoltà nella
24 PARMA economica
realizzazione degli investimenti per i maggiori ostacoli nell’accesso al credito.
Questa tendenza all’aumento della presenza di giovani alla guida delle imprese
riguarda anche il settore agricolo con una
crescita del 2% del numero di aziende under 30 nel terzo trimestre 2012 rispetto al
trimestre precedente.
Una tendenza favorita in particolare dalla
legge di orientamento, fortemente voluta
da Coldiretti, che ha rivoluzionato l’attività d’impresa nelle campagne offrendo
nuove opportunità agli imprenditori agricoli, consentendo loro di allargare i confini della tradizionale attività agricola. Si è
aperta così la strada alla moderna impresa
agricola orientata alla multifuzionalità,
elemento attrattivo soprattutto per i più
giovani che, oggi, si possono occupare di
attività che vanno dalla trasformazione
aziendale dei prodotti alla loro vendita in
azienda o nei farmer’s market, ma anche
alla fornitura di servizi alla pubblica am-
focus ECONOMIA
ministrazione, come la cura del verde o il
mantenimento del territorio, alle attività
agrituristiche e didattiche per le scuole
fino ad arrivare agli agriasilo.
Questo ha portato all’affermazione di una
nuova figura di imprenditore agricolo, che
sa coniugare innovazione e tradizione, che
produce e vende i suoi prodotti e li promuove, che sa offrire servizi alla collettività andando incontro ai bisogni espressi dai
cittadini di sicurezza alimentare, trasparenza e salubrità territoriale e ambientale.
Nella provincia di Parma, food valley per
antonomasia con l’eccellenza delle sue
produzioni agroalimentari, ci sono tutti i
presupposti per poter affermare e consolidare queste nuove forme di agricoltura e
dare spazio a idee e progetti inIn un quadro novativi tesi alla valorizzazione
del patrimonio alimentare, amoccupazionale bientale e culturale esistente.
problematico, Anche su Parma si sta concremolti under 30 tizzando, tramite l’apporto e la
si avvicinano dinamicità di giovani imprese,
alle attività il progetto di Campagna Amica
la sua rete di punti vendita
imprenditoriali del con
aziendali e mercati a cui si afsettore agricolo fiancano le botteghe e i ristoranti
“Campagna Amica nel piatto”,
attraverso cui si stanno portando ai consumatori le eccellenze alimentari dell’agricoltura locale e italiana. Una rete che
in Italia vede, secondo gli ultimi dati, la
presenza di quasi 7.000 punti vendita di
Campagna Amica gestiti direttamente dagli agricoltori, dei quali 1.105 mercati degli agricoltori, 4.739 aziende agricole, 877
agriturismi, 178 botteghe. Una rete che
sa dare voce e gambe al progetto economico per il Paese, promosso da Coldiretti
per una filiera agricola tutta italiana, con
l’obiettivo di realizzare un grande sistema
agroalimentare che premi i produttori e
offra ai consumatori prodotti di qualità in
un rapporto diretto tra chi produce e chi
acquista. Un progetto capace di coinvolgere anche e soprattutto i giovani, che non
si vogliono chiudere e confinare nella passività o nello scoraggiamento, come spesso
avviene nei momenti di difficoltà, ma che
si impegnano con coraggio per mettere a
frutto idee, spirito di iniziativa e creatività.
Come ha affermato il delegato nazionale
dei giovani della Coldiretti, Vittorio Sangiorgio, le giovani imprese si impegnano
nel portare avanti questo nuovo modello
di sviluppo per il Paese, che si concretizza
nella filiera agricola tutta italiana, in cui
valorizzare sul mercato nazionale ed estero
la distintività del vero made in Italy.
Anche molti giovani imprenditori agricoli
di Parma hanno creduto in questo progetto e si sono attivati nella rete di Campagna Amica, il marchio che garantisce un
prodotto italiano fatto dagli agricoltori e
che rappresenta una vera rivoluzione culturale nel cambiare il modo di fare la spesa e di rapportarsi con il cibo di tutti quei
cittadini consumatori che hanno scelto di
acquistare regolarmente dagli agricoltori, privilegiando i concetti di stagionalità,
qualità, legame col territorio, riscoprendo
anche valori forti quali la fiducia, le relazioni umane e il contatto diretto con i
produttori.
Un esempio emblematico, tra i giovani che
non si sono accontentati delle esperienze
più tradizionali e che si sono voluti mettere in gioco nel progetto per una filiera
agricola tutta italiana, è quello di Simone
Bernardi di Parma Vivai, a Lemignano di
Collecchio, che ha aperto la prima bottega
di Campagna Amica su Parma.
«Ho creduto nelle opportunità che ci offre il progetto Campagna Amica», afferma Simone Bernardi, «e insieme alla mia
famiglia ho deciso di abbinare al nostro
garden la bottega di Campagna Amica, un
negozio a filiera corta dove i consumatori
possono trovare specialità alimentari caratterizzate da un elemento fondamentale:
la provenienza diretta da imprese agricole attentamente selezionate e verificate a
tutela e garanzia dei consumatori. Nella
bottega abbiamo voluto dare risalto, in
particolare, alle produzioni alimentari tipiche del nostro territorio, alle quali se ne
aggiungono anche altre del circuito nazionale di Campagna Amica, prelibate e tutte rigorosamente made in Italy, per offrire
al consumatore un vasto assortimento e
un’ampia scelta».
Questa esperienza, come altre già presenti
sul territorio, rappresenta un nuovo modo
di fare impresa che mette in rete gli agricoltori, accorcia la filiera, dà sicurezza di
ciò che si mangia e contribuisce allo sviluppo dell’economia locale.
Tra le esperienze di giovani imprenditori
agricoli che si sono distinti per progetti
esemplari e idee innovative, vincitori nel
2011 a livello regionale del concorso nazionale Oscar Green indetto da Giovani
Impresa Coldiretti per l’innovazione in
PARMA economica
25
focus economia
agricoltura, figurano due aziende agricole
di Parma. Si tratta della società Brugnoli
F.lli di Bardi e dell’azienda agricola An.Fo.
Ra di Fontanellato.
La società Brugnoli F.lli in questi anni ha
raggiunto una posizione di prestigio nella produzione e commercializzazione di
Parmigiano-Reggiano biologico, a livello
sia locale sia nazionale ed estero. Ne è testimonianza il primo posto ottenuto nella
competizione Cheese of the year a livello
mondiale nel 2006 e a livello nazionale
nell’edizione del 2007. Da anni la società
Brugnoli con i giovani Thomas Brugnoli
e Mirco Malpeli promuove il prodotto e
il territorio partecipando a tutti i villages
italiens e alle fiere internazionali di Marsiglia e Montpellier, riscuotendo grande
successo, come è avvenuto recentemente
anche a Cibi d’Italia, il festival nazionale di Campagna Amica svoltosi al Circo
Massimo a Roma.
Parallelamente ha sviluppato in azienda
un allevamento di suini neri, con vendita
di capi vivi e salumi quali prosciutto, spalla, salame, coppa e pancetta.
L’azienda agricola An.Fo.Ra. svolge un’attività articolata in diversi comparti dove si
producono e commercializzano carni fresche e salumi di prima scelta attraverso il
marchio Sapoeri, portando alto il nome di
Campagna Amica nel campo della vendita
diretta, fondando l’attività su alcuni principi basilari: attenta e accurata selezione
26 PARMA economica
dei capi di bestiame bovino e suino sotto
il profilo genetico, morfologico e sanitario;
controllo e selezione accurata dei fornitori; una dieta per gli animali che garantisce
una sana nutrizione, completamente vegetale, minerale e vitaminica; identificazione
e rintracciabilità degli animali attraverso
un documento di identificazione che ne
rappresenta una sorta di carta di identità.
An.Fo.Ra. partecipa ai mercati di Campagna Amica sul territorio provinciale parmense, ma fornisce anche un’ampia rete di macellerie e gruppi di
acquisto solidale, oltre a numero- Campagna Amica
mette in rete gli
si Cral aziendali.
Modelli di eccellenza di questa agricoltori, accorcia
portata, così come tante altre la filiera, fornisce
attività innovative che si affac- cibi sicuri e favorisce
ciano nel panorama agricolo,
l’economia locale
vanno sostenute e incentivate.
Sono necessarie politiche mirate
a sostegno - in particolare - dell’imprenditorialità giovanile e un accesso al credito
con misure ad hoc a supporto dell’avvio e
dell’espansione aziendale. Occorre investire – affermano i giovani imprenditori
agricoli di Coldiretti – in intelligenti attività di accompagnamento alla progettazione, adeguati meccanismi di assistenza
alla fase di start-up, filiere corte di accesso
al credito gestiti dai confidi come CreditAgri Italia, vista la grande propensione
agli investimenti da parte dei giovani imprenditori.
focus ECONOMIA
«Bisogna favorire
il ricambio generazionale»
Una priorità in cui crede la presidente di Confagricoltura Parma,
Monica Venturini. Un'esigenza non solo del Parmense, ma in generale
dell’Italia e dell’Europa
A cura di Confagricoltura Parma
«Bisogna favorire il ricambio generazionale». È questa la priorità per la presidente
di Confagricoltura Parma, Monica Venturini, in merito al ruolo dei giovani nel settore agricolo. «è un problema», specifica
Venturini, «non solo locale del Parmense,
ma in generale dell’Italia e dell’Europa».
Nell’Unione Europea solo il 6% degli imprenditori agricoli ha meno di 35 anni, in
Italia la percentuale scende al 3%, in Emilia-Romagna gli under 40 sono il 7,6%: un
dato però non confortante, perché in calo
del 47% negli ultimi dieci anni.
«Sono dati che non ci sorprendono più di
tanto», continua Venturini, «perché il settore agricolo presenta peculiarità e criticità
non affrontate che scoraggiano i giovani e
li tengono lontani dalle campagne. Penso
alla fatica del lavoro in agricoltura che richiede un impegno quotidiano, alla difficoltà di gestire il tempo e ritagliarsi spiragli di vita privata, agli investimenti ingenti
necessari per impiantare una nuova azienda, al difficile rapporto con le precedenti
generazioni, alla difficoltà nel rapportarsi
con le amministrazioni pubbliche, alla burocrazia che strangola le nostre imprese e
sottrae tempo e risorse preziose al lavoro
quotidiano. Le nostre aziende, anche se
gestite con passione e competenza, non
riescono oggi a garantirci un reddito sufficiente per assicurarne la sopravvivenza e
continuare a investire.
I diversi comparti dell’agricoltura parmense sono infatti tutti accomunati da
una profonda crisi. Il Parmigiano-Reggiano è forse l’unico che ha conosciuto negli
ultimi anni quotazioni in crescita e con
qualche soddisfazione per i produttori. I
recenti andamenti di mercato, segnati da
un deciso incremento produttivo e dalla
crisi dei consumi, mostrano però purtroppo una pesante flessione del prezzo che ci
preoccupa.
Monica Venturini con vicepresidenti e consiglieri di
Confagricoltura Parma.
PARMA economica
27
focus economia
E-commerce, che passione
La società agricola Salvini ha sperimentato con successo la vendita online
del Parmigiano
Con le sue vendite sul web ha
“piazzato” il Parmigiano anche ai
Caraibi. Con una battuta si definisce «formaggiaio con il banchetto
online». Francesco Salvini, colornese classe 1979, veste al meglio
i panni del giovane imprenditore
agricolo “moderno” in grado di coniugare l’impegno in azienda con il
giusto tocco di innovazione. Che,
nel suo caso, è rappresentato dalla
vendita online del Parmigiano-Reggiano tramite il sito del Caseificio
sociale San Salvatore di Sanguigna
di Colorno (www.caseificiosansalvatore.it) che registra in media 200
visite al giorno.
Diplomatosi perito agrario nel 1998,
ha subito iniziato a lavorare nell’azienda di famiglia: la società agricola Salvini di Sanguigna di Colorno,
dove tuttora cura, insieme al padre,
100 ettari di terreno e 300 capi per
una produzione di 13mila quintali di
latte all’anno. Salvini è anche uno
dei soci del caseificio San Salvatore
di Sanguigna dove si realizzano, nel
pieno rispetto dell’incontro tra tradizione e innovazione, tra otto e nove
forme di Parmigiano al giorno, con la
vendita di circa il 70% del prodotto
direttamente ai privati e del restante
30% all’ingrosso. Ma è proprio nella vendita del re dei formaggi che
Salvini sta sfruttando tutte le poten-
zialità dell’e-commerce. «Dal 2006»,
spiega, «è attivo il sito del caseificio
tramite il quale è possibile acquistare online il Parmigiano. Come caseificio abbiamo sempre lavorato molto
con il traffico di passaggio e l’idea
dell’e-commerce era stata sviluppata proprio con l’intento di continuare
a far avere il formaggio a chi l’aveva acquistato da noi di passaggio.
Ora questa fetta di mercato è in forte crescita. Stiamo puntando molto
non solo sull’Italia, ma più in generale su tutta l’Europa, dove vanno forte
i gruppi d’acquisto». Da Sanguigna
di Colorno il Parmigiano ha così iniziato a essere recapitato lungo tutto
lo Stivale, ma anche oltre confine,
specie in Germania, Francia e Spagna (i tre mercati principali) oltre che
in Inghilterra, Danimarca, Norvegia,
con qualche vendita piazzata anche
ai Caraibi. Da pochi mesi Salvini è
stato eletto presidente dell’Anga,
l’associazione dei giovani imprenditori agricoli di Confagricoltura. «Il
primo obiettivo», conclude Salvini,
«è quello di far capire all’opinione
pubblica che ci sono ancora tanti
giovani che credono nell’agricoltura
e che hanno bisogno dei giusti spazi
e incentivi, partendo magari da una
riduzione e semplificazione dell’attività burocratica e un maggior impegno nella formazione dei giovani».
Francesco Salvini nel caseificio San Salvatore di
Sanguigna di Colorno.
28 PARMA economica
focus ECONOMIA
Con l’approvazione del “pacchetto latte” i
consorzi delle Dop avranno uno strumento in più per affrontare questo problema
perché potranno programmare le quantità
per tentare di stabilizzare i prezzi, evitando crisi di sovrapproduzione e scongiurando il pericolo che prodotti similari sottraggano quote di mercato al Parmigiano.
In questo modo però viene attribuita una grande responsabilità
«L’impegno dei ai consorzi e ai rappresentanti
giovani negli dei produttori in seno agli organi
organi elettivi è amministrativi.
fondamentale per Diventano quindi fondamentale
formare la futura l’impegno e la partecipazione,
soprattutto dei giovani, negli orclasse dirigente» gani elettivi e per la formazione
di una futura classe dirigente capace e competente. Diventa fondamentale
un dialogo costruttivo con le istituzioni
nazionali ed europee. Penso alla riforma della Pac (Politica Agricola Comune,
ndr) post 2013, che non tiene nella dovuta
considerazione le peculiarità dei singoli
Stati membri, distribuisce a pioggia risorse scarse senza fare precise scelte, impone vincoli ambientali quali condizionalità
e greening difficilmente applicabili nella
realtà italiana e che per questi motivi va
profondamente rivista. Ma penso anche
all’Imu, imposta che colpisce le nostre imprese, che costituisce un ulteriore aggravio
di costi. Il territorio parmense produce
eccellenze agroalimentari note in tutto il
mondo, le cui quotazioni, però, difficilmente riescono a remunerare il lavoro dei
produttori, ciò a causa della concorrenza
mondiale di similari e imitazioni a basso
costo. Per questo motivo, diventa fondamentale contenere i costi di produzione
per non perdere quote di mercato.
L’agricoltura non si può permettere ulteriori imposte, come l’Imu appunto, che
colpiscono direttamente i suoi fattori produttivi: terra e fabbricati strumentali.
L’agricoltura ha bisogno di poche norme,
chiare, di semplice applicazione, ha bisogno di un contesto normativo stabile che
consenta di programmare gli investimenti nel medio periodo. L’incertezza legislativa - penso alle agroenergie, tema caro
ai giovani - e l’approssimazione con cui
vengono compiute scelte importanti uccidono il settore. I giovani fuggono dalle campagne perché vedono come unica
prospettiva duro lavoro, poco reddito e
poca considerazione, troppo spesso anche da parte della classe politica. I giovani agricoltori chiedono quindi maggior
rispetto e considerazione. Chiedono innanzi tutto di essere ascoltati dalla politica che deve farsi carico delle loro istanze. Chiedono meno burocrazia, meno
adempimenti normativi spesso ripetitivi
e sostanzialmente inutili, politiche lungimiranti e specifiche per un settore che è
e sarà fondamentale nella futura ripresa
economica del Paese».
PARMA economica
29
focus economia
«Attenzione a questo gioco al ribasso»
«Gli agricoltori restano l’anello più debole della filiera produttiva», denuncia
Giulia Alessandri della Società agricola Vital
La passione per l’agricoltura è innata. «Sono nei campi da quando
ero bambina, si può dire che mi ci
portavano quando ancora stavo
nella carrozzina», racconta con una
battuta Giulia Alessandri, 23 anni e
contitolare con il nonno Fausto Vitali
della Società agricola Vitali, 90 ettari coltivati a pomodoro, frumento e
foraggi nella zona di Panocchia. Ha
le idee ben precise e la giusta determinazione di chi ha scelto di impegnarsi nel mondo dell’agricoltura
pur essendo ancora giovanissima.
Una scelta maturata tre anni fa, subito dopo il diploma all’Itas Bocchialini di Parma.
«è nel 2009 che sono entrata in
azienda e ho iniziato a occuparmi un
po’ di tutto», racconta, «ma specialmente della coltivazione e raccolta
del pomodoro. In questo mondo serve tanta passione che a me è stata
trasmessa negli anni dai famigliari.
Senza passione è difficile resistere
in questo settore». I motivi, del resto,
sono noti a tanti. «Purtroppo a noi
agricoltori non è riconosciuto quello
che realmente facciamo», continua
Giulia, «siamo vittime di un continuo
gioco al ribasso in cui quello degli
agricoltori resta sempre l’anello più
debole della filiera produttiva. È un
mestiere in cui finisci per non staccare mai perché hai sempre un pensiero rivolto all’azienda. Non si può
certo pensare di uscire tutte le sere,
perché gli impegni aziendali, specialmente nel periodo estivo, non lo
consentono. Ma di contro c’è la contentezza di svolgere un lavoro che ti
piace e che ti fa sentire realizzata,
un lavoro che richiede tanti sacrifici
ma che alla lunga speri sempre possano essere ripagati al meglio».
All’impegno in azienda Giulia ha
affiancato anche quello in ambito politico-sindacale, visto che da
alcuni mesi ricopre il ruolo di vicepresidente dell’Anga, l’associazione
dei giovani imprenditori agricoli di
Confagricoltura. «Il nostro consiglio
si è costituito di recente», informa,
«e stiamo ancora muovendo i primi
passi, convinti però della necessità
di organizzare iniziative che mettano
in luce l’importanza dei giovani in
agricoltura».
Giulia Alessandri sul
proprio trattore.
30 PARMA economica
ECONOMIA E TERRITORIO
I primi 30 anni dei
Vini dei Colli di Parma
Risale al 1983 la “conquista” della DOC. La sfida di oggi? «Promuovere le
nostre eccellenze e farci conoscere, anche all’estero», spiega il presidente
del Consorzio di tutela
Rosaria Frisina
Alla scoperta della Doc Colli di Parma
Riconosciuta nel 1983, la Doc Colli di
Parma annovera vini rossi e bianchi prodotti nei territori collinari.
La zona di produzione è quella della provincia di Parma compresa fra i fiumi Enza
a Est e Stirone a Ovest, ovvero la culla della viticoltura più tipica e anticamente nota
del parmense. L’altitudine varia fra 200 e
800 metri sul livello del mare e comprende
tutti i comuni che hanno terreni in questa fascia. I territori con la più alta densità
di vigneti sono quelli delle valli dei fiumi
Parma e Baganza con i comuni di Langhirano (zona di Torrechiara e Casatico),
Felino (zona di Barbiano), Sala Baganza
(zona di Maiatico e Boschi di Carrega).
La produzione principale riguarda la malvasia, chiamata come l’omonimo vitigno
malvasia di Candia aromatica, in purezza
o con aggiunta di moscato bianco (max
15%). È prodotto anche nella tipologia
spumante secco e amabile.
Altro bianco Doc è il sauvignon, ottenuto
anche con metodo champenoise nella versione spumante. Il rosso Colli di Parma –
Barbera (60-75%) e Bonarda (25-40%) – è
un vino fresco e profumato. Oggi la Doc,
ampliata, comprende chardonnay, pinot
bianco, pinot grigio, pinot nero, merlot,
cabernet franc, cabernet sauvignon, barbera, bonarda, spumante e lambrusco.
Il Consorzio, tra storia e numeri
Nel 1977 alcuni viticoltori della collina
parmense, consapevoli della riconosciuta
qualità dei loro vini e ormai fermamente
decisi a tutelarla e promuoverla, si costituiscono in associazione. Siamo agli albori, è
il primo passo verso l’istituzione del Consorzio Volontario per la Tutela dei vini dei
Colli di Parma. Ma la volontà non basta,
occorre il sostegno di alcuni enti, in particolare del Servizio Provinciale Agricoltura
e Alimentazione, dell’Assessorato Provinciale Agricoltura e Foreste, della Camera
di Commercio di Parma. Quest’ultima
mette a disposizione il personale e i locali
dove attualmente si trova la sede del Consorzio. La realtà, consolidatasi nel tempo,
oggi ha superato i 30 anni di lavoro svolto
nell’interesse di viticoltori e consumatori.
Il Consorzio Volontario per la Tutela dei
Vini Colli di Parma è oggi costituito fra
PARMA economica
31
ECONOMIA E TERRITORIO
produttori, viticoltori singoli o associati e
vinificatori della collina parmense.
Attualmente le aziende vitivinicole associate sono 49, produttrici di uve, di cui 19 sono
anche imbottigliatrici del vino da loro prodotto. Tutti gli utilizzatori della denominazione della Doc Colli di Parma hanno l’obbligo, per i vini approvati dalla commissione di degustazione, di applicare la fascetta
ministeriale numerata sulle bottiglie prima
della loro commercializzazione. In totale,
per fare un quadro generale del territorio,
fra associate e non, sono 76 le aziende che
si avvalgono di questa possibilità, per un
totale medio negli anni di circa 1.600.000
kg di uve lavorate per ottenere mediamente
10.000 hl di vino, per la maggior parte destinato a divenire Doc.
È il 1983, quando il vino dei Colli di
Parma riceve il riconoscimento della
Denominazione di Origine Controllata.
Trenta anni di Doc, un anniversario im-
portante per il Consorzio Volontario per
la Tutela dei Vini dei Colli di Parma, che
si trova oggi ad affrontare nuove importanti sfide. A guidare le aziende associate è, dal 2011, l’imprenditore Maurizio
Dodi, che succede al viticoltore Sergio
Calzetti.
Presidente Dodi, quali i traguardi raggiunti in questi anni?
Il Consorzio nasce per valorizzare il territorio, tutelare i produttori e migliorare la
qualità dei nostri vini. Attraverso attività di
supporto agli associati, di controllo delle vigne e delle cantine, di promozione dei prodotti. E di tutela del marchio, legato a una
precisa indicazione geografica, i Colli di
Parma, zone ideali e climaticamente idonee
alla crescita dei vitigni, dall’Enza allo Stirone. Il riconoscimento della Doc e questi
30 anni di attività, coerente con gli obiettivi
prefissati, ci hanno portato oggi ad avere la
Vino e giovani, una ricerca rivela i loro gusti
Più semplicità e meno fronzoli. Meno mediazioni
di esperti e più divertimento. È quello che cercano i giovani tra 18 e 35 anni nel loro rapporto
con il vino. Lo rivela un’indagine (diffusa a fine
2012 su Twitter) del professor Gabriele Micozzi,
docente di marketing all’Università Politecnica
delle Marche.
Il vino che vorrebbero i giovani
Le caratteristiche indicate dal 54% dei giovani
sono “semplice, spiritoso, socializzante, senza
legno, memorizzabile, versatile e fresco”. E le tipologie che rispecchiano meglio queste caratteristiche, ovvero i loro vini o vitigni preferiti, sono,
nell’ordine: lambrusco, prosecco, sangiovese,
chianti, chardonnay, montepulciano d’Abruzzo,
moscato.
Come si informano e come acquistano
Pochi, solo 1 su 5 (il 22%), sono interessati a corsi di avvicinamento al vino, anche se il 38% di chi
si dichiara inesperto vorrebbe comunque saperne di più. Ma in maniera meno mediata di quanto
accade oggi: il 48% degli under 35 vorrebbe
che parlassero di vino più agricoltori e vignaioli
e meno “finti sommelier ed esperti del gusto”, il
42% non ama le attuali trasmissioni e promozioni sul vino, dalle quali vorrebbero “meno scena e
più semplicità”.
Una diffidenza, insomma, verso i
canali “istituzionalizzati” di divulgazione del vino,
che si riflette anche nei criteri di acquisto: per il
32 PARMA economica
66% le guide non sono imparziali, al punto che il
78% dei giovani si affida al passaparola di amici e ristoratori di fiducia o ai social network. E
anche se 1 giovane su 6 compra vino in grande
distribuzione, la stragrande maggioranza, se potesse, lo acquisterebbe direttamente in cantina,
o anche dai farmers market che vorrebbe ancora
più presenti nelle grandi città.
Etichette più attrattive
Da rivedere, poi, secondo gli under 35, anche
le etichette, che per 3 su 4 sono “anonime, non
comunicative, senza stile e inadeguate”, e che il
32% vorrebbe riportassero anche calorie, quantità consigliate, proprietà benefiche e pericoli del
bere vino.
Enoturismo: meglio all’estero?
Se i giovani italiani riconoscono al vino un valore
del 39% più alto sul resto del made in Italy, ma
anche sul prodotto straniero (e il 48% in più alle
bottiglie di piccoli produttori), sull’enoturismo
prevalgono gli esterofili: il 37% vorrebbe farlo
oltreconfine (soprattutto in Francia, California e
Australia), rispetto al 32% che preferirebbe l’Italia (Toscana, Sicilia e Piemonte in testa).
L’universo "bio"
Tornando al vino, ancora praticamente sconosciuto l’universo “bio”, citato solo dal 12% del
campione, per il quale, però, si sarebbe disposti
a spendere il 28% in più.
ECONOMIA E TERRITORIO
forza di affrontare il mercato, sia nazionale
sia internazionale. Siamo fieri di poter essere tra i 25 Consorzi italiani, su 103, ad aver
ottenuto tutte le certificazioni previste dal
Ministero dell’Agricoltura. Un traguardo,
ma anche un punto di partenza.
Nonostante la crisi economica, il marketing enogastronomico sta producendo
risultati positivi: quali strategie per i nostri vini?
La crisi si sente anche in questo settore,
il Consorzio lavora sulla base di entrate
legate alla quota degli associati e su finanziamenti che, nel corso degli anni, si sono
sempre più ridotti. Ma stiamo puntando a
strategie basate sulla rete e sul territorio,
di cui rappresentiamo un’eccellenza, una
tradizione, insieme ad altri grandi prodotti di qualità. Da qui la collaborazione, e la
sinergia, siglata con gli altri tre Consorzi
di Parma: del prosciutto, del parmigiano
e del fungo. L’idea è muoversi con un pacchetto unico, affiancando i prodotti dell’enogastronomia parmense, in modo che si
valorizzino reciprocamente.
Quali iniziative avete messo in campo
con gli altri tre Consorzi?
Lo scorso anno a Cibus 2012 abbiamo presentato la nostra “unione” e i progetti in
programma. Abbiamo già lavorato insieme
su diverse iniziative di promozione dell’enogastronomia, dal Festival della Malvasia
di Sala Baganza, che vogliamo sviluppare,
fino al recente Senseofwine che ha portato
a Parma, per la prima volta, 60 espositori
da tutta la regione Emilia-Romagna, ospitati al Palazzo del Governatore. Un evento
sostenuto dalle istituzioni, nato dall’idea
del noto critico ed enologo Luca Maroni.
È un esempio di sinergia del territorio, i
vini e i prodotti tipici diventano protagonisti del turismo enogastronomico.
Quali i progetti futuri a cui siete orientati?
Fra i progetti futuri, stiamo portando
avanti l’idea di creare una “vetrina” dei
prodotti di Parma, un luogo in città dove
i turisti possano trovare la “qualità”, dove
i prodotti esposti, in assaggio e vendita,
siano quelli garantiti dai Consorzi. Credo
che Parma abbia bisogno di questo, e credo che i Consorzi debbano riuscire a raggiungere l’obiettivo.
Inoltre, prosegue la collaborazione con
Fiere di Parma, dopo Cibus 2012 saremo
a Cibus 2014 per presentare Cibus Bollicine, un padiglione tutto dedicato ai produttori di vini frizzanti.
Facciamo un’analisi delle aziende associate al Consorzio… qual è l’atmosfera
che si respira, c’è voglia di crescere?
Sì, quella c’è e va sostenuta. Siamo al momento 47 associati , di cui 19 imbottigliatori, il lavoro che ora il Consorzio deve
fare è promuovere al meglio i traguardi
raggiunti nella qualità. Bisogna lavorare
per diffondere la cultura dei nostri vini,
presidiare il territorio, essere presenti nei
punti vendita, nei ristoranti, nelle manifestazioni, partendo dal territorio, dialogando con il territorio. Da un lato, partecipare
alle iniziative enogastronomiche, dall’altro, anche portare la gente nelle cantine,
far conoscere i processi produttivi, con
inviti a degustazioni e aperitivi aperti al
pubblico.
E guardando fuori dal mercato locale e
nazionale, quali spazi all’estero?
Abbiamo già testato che i nostri vini hanno appeal. Guardiamo a Inghilterra, Germania, Stati Uniti, Giappone e Russia.
Da un recente studio risulta che le aziende che hanno investito sul web hanno
aumentato le vendite e l’export. Quanto
sono moderne le cantine, credono nello
sviluppo del social media marketing?
Forse è retaggio della cultura “agricola”,
ma siamo un po’ indietro come diffusione
uniforme di questi canali tra gli associati,
per quanto come Consorzio abbiamo un
sito internet, rinnovato di recente, e una
pagina Facebook. Tra le cantine, alcune
sono molto attive sul web e sui social network, altre no, ma crediamo che il futuro
PARMA economica
33
ECONOMIA E TERRITORIO
passi anche da qui, sono strumenti utili per
“farsi trovare” e conoscere, oltre a rappresentare la forma di comunicazione delle
nuove generazioni.
I giovani come target. Come si fa ad educarli al “gusto locale”, inteso come cultura dei prodotti del territorio?
È un’altra grande sfida per il Consorzio.
Prendiamo come esempio la malvasia,
è un vino particolare, molto profumato.
Non è un caso che la tipologia più di moda
negli aperitivi dei giovani sia il prosecco.
Credo che la malvasia, pur rispettando la
tradizione e conservando la propria storia,
debba fare uno sforzo per diventare più
moderna, andare incontro, ma senza penalizzare la qualità, ai gusti del mercato.
Bibliografia e webgrafia
Wine News - www.winenews.it
www.slideshare.net/gmicozzi/il-vino-analisi-segmento-18-35-anni
www.vinidiparma.it
www.festivaldellamalvasia.it
Il Festival della Malvasia compie 18 anni
Due giorni di festa, un weekend pensato per celebrare i vini dei Colli di Parma. È quanto avviene
a Sala Baganza ogni anno nel mese di maggio,
quando si tengono il Festival della Malvasia e la
consegna del premio Cosèta d’or (l’antica ciotola con la quale si beveva il vino nelle osterie di
un tempo).
Il Festival della Malvasia di Sala Baganza nasce
nel 1996, da un’idea della Pro Loco con il supporto dell’amministrazione comunale e la collaborazione del Consorzio Volontario per la Tutela
dei Vini dei Colli di Parma.
La manifestazione,
voluta per promuovere l’enogastronomia del
parmense e la tipicità dei vini dei Colli di Parma, si è sviluppata negli anni fino a essere oggi
un appuntamento annuale molto atteso. Dalla
prima edizione, il Festival della Malvasia ha consolidato la sua crescita registrando un’alta adesione alla sua mission, sia a livello di consenso
istituzionale sia in termini di affluenza. La XVIII
edizione è in programma sabato 18 e domenica
19 maggio 2013. Turisti e appassionati del vino
hanno come sempre l’occasione per degustare
i vini delle cantine, abbinati a prodotti tipici. Ma
la novità di quest’anno è che per la prima volta
il Giardino farnesiano della Rocca Sanvitale diventa protagonista della festa, trasformandosi in
una vera e propria cittadella del vino e ospitando malvasie da tutta Italia. Due giorni di iniziative enogastronomiche, degustazioni, spettacoli,
all’insegna del cibo e del vino. Si va dai laboratori enogastronomici, in collaborazione con Alma
(la Scuola Internazionale di Cucina Italiana), alle
34 PARMA economica
mostre tematiche, fra queste anche quella sulle
etichette del vino in Italia e nel mondo, realizzata
dall’Associazione Italiana Collezionisti Etichette
Vino, e quella sul futuro Museo del Vino che avrà
sede proprio a Sala Baganza. In programma anche iniziative attrattive sia per i giovani sia per
le famiglie, come la MagnaRocca, la cena con
il bicchiere al collo che si tiene il sabato sera,
una degustazione itinerante per le vie del paese,
passando e concludendosi in giardino.
Il Festival della Malvasia prevede ogni anno la
consegna del premio Cosèta d’or alla migliore
malvasia dell’anno. Come eccezione, per festeggiare la XVIII edizione, domenica 19 maggio 2013
si assegna non a una cantina ma a un personaggio che ha contribuito a promuovere in questi anni
la Malvasia dei Colli ed il Festival. Il Festival della Malvasia dei Colli di Parma è oggi promosso
dal Comune e dalla Pro Loco di Sala Baganza
insieme al Consorzio per la tutela dei Vini dei Colli
di Parma in collaborazione con Ascom e Confesercenti, il Consorzio del Parmigiano-Reggiano, il
Consorzio Prosciutto di Parma, il Consorzio del
Fungo Porcino di Borgotaro, con il patrocinio di
Regione Emilia-Romagna, Provincia di Parma,
Camera di Commercio di Parma, Strada del Prosciutto e dei Vini dei Colli, con la partecipazione
delle associazioni di volontariato del territorio, del
centro commerciale naturale Sala Shopping, dei
ristoranti e alberghi “Amici del Festival”.
Il Festival ha un sito dedicato: www.festivaldellamalvasia.it. Ed è anche su Facebook, basta cliccare “mi piace” per restare aggiornati.
ECONOMIA E TERRITORIO
Il Marsala, made in Italy
di successo
La storia (a)tipica di un prodotto tipico italiano, il nostro vino ancora
attuale che già dal XIX secolo godeva di una reputazione di livello
internazionale
Giovanni Ceccarelli, Alberto Grandi
All’approssimarsi del cinquantesimo anniversario del conferimento della Denominazione d’Origine Controllata (DOC) al
Marsala, primo vino insieme al Chianti a
ottenere tale riconoscimento, i tempi paiono maturi per ripercorrere le vicende che
ne hanno decretato il successo. Unico vino
italiano a godere già da metà XIX secolo
di una reputazione di livello internazionale, la sua storia mostra come la strada
che porta all’affermazione della tipicità
agro-alimentare possa seguire traiettorie
alquanto inaspettate.
La nascita del prodotto
L’uomo universalmente indicato come
lo “scopritore” del Marsala è John Woodhouse, un commerciante di Liverpool,
giunto nel 1770 in Sicilia per acquistare
un semilavorato necessario alla produzio-
ne del sapone: la “barrilla”. La storia ufficiale vuole che, dopo aver assaggiato i vini
prodotti nel trapanese, il mercante inglese
si convinse della loro bontà spedendone un carico verso la madre patria. Era il
1773 e si racconta che il vino che bevvero
gli inglesi fosse ben diverso da quello che
i siciliani misero nelle prime 30 botticelle
caricate su un brigantino chiamato Elizabeth. Dopo l’imbarco, Woodhouse aggiunse infatti due galloni di alcool per botte,
allo scopo di garantire una migliore conservazione del prodotto durante il viaggio,
dando involontariamente vita a un vino
liquoroso che subito incontrò il favore dei
consumatori inglesi e aprendo la via a un
fruttuoso commercio tra l’isola e il mondo
anglosassone.
Pur basandosi su elementi sostanzialmente reali e storicamente dimostrabili, questa
PARMA economica
35
ECONOMIA E TERRITORIO
narrazione ha in sé molto di leggendario.
Appare soprattutto poco verosimile il ruolo del caso nella costruzione del gusto del
vino spedito da Woodhouse. Da oltre 100
anni sui mercati dell’Inghilterra e delle
sue colonie si erano imposti vini come il
Porto, lo Jerez (Sherry, per gli inglesi) e il
Madera, il cui tratto comune era la “fortificazione”, ossia l’aggiunta di superalcoolici.
Tale tecnica rappresentò il passo decisivo
per decretare il loro successo, modificando
colore e gusto del vino con cui erano prodotti, migliorandone sensibilmente la conservabilità e favorendone l’identificazione
con l’area di origine.
La scelta di “tagliare” il vino siciliano con
dell’alcool pare perciò il frutto di una precisa e consapevole strategia volta a ottenere un prodotto simile ai “fortificati” che
andavano per la maggiore. Woodhouse,
avendo svolto gran parte della propria
attività imprenditoriale nella Spagna meridionale, aveva del resto avuto modo di
entrare in contatto con le tecniche di vinificazione usate per produrre lo Jerez.
E non appare casuale nemmeno che il
mercante di Liverpool avesse evitato di indicare con precisione nome e provenienza
della prima spedizione. Se tale vaghezza
era soprattutto dovuta alla necessità di aggirare l’elevata tassazione cui erano sottoposte le merci provenienti dal regno di Napoli, certo contribuiva anche l’anonimato
in cui il vino siciliano, dopo essere stato
tra i più rinomati in età antica, era ormai
caduto. C’era poi il vantaggio di offrire
un’opzione in più ai grossisti inglesi: spacciare il vino di Marsala per qualcosa d’altro. Del resto si trattava di comportamenti
ritenuti del tutto normali in un’epoca in
cui imprenditori, intermediari e rivenditori inglesi s’impegnavano incessantemente
nella ricerca e nella produzione di vini in
grado di adattarsi ai gusti delle differenti
fasce di consumatori d’Oltremanica. Non
si cercavano solo le aree di produzione più
adatte, ma si provavano nuovi blend e si
sperimentavano tecniche di vinificazione e
invecchiamento, in un quadro complessivo
in cui i confini tra imitazione, adulterazione e falsificazione erano piuttosto labili.
Indipendentemente dalle scelte produttive e commerciali di Woodhouse (fossero
esse volute o casuali), un dato è certo: fino
alla fine del XVIII secolo e forse anche un
po’ oltre, il Marsala non venne commercializzato con questo nome. Al contrario,
36 PARMA economica
molti indizi fanno sospettare che il vino
fortificato spedito dal Trapanese riapparisse sulle banchine del porto di Londra in
forma anonima, per essere rivenduto come
qualcosa di diverso. La “riapparizione” sul
mercato inglese poteva avvenire in varie
forme: si poteva trattare di vera e propria
contraffazione, chiamata all’epoca forging,
ossia della vendita del prodotto sotto falso nome (Madera, ad esempio);
oppure, poteva trattarsi del più
elaborato blending, ossia del suo È probabile che il
utilizzo per “tagliare” vini più Marsala sia nato con
pregiati, che tuttavia erano poi la stessa tecnica già
venduti a prezzo pieno.
in uso per il Porto o
Una varietà di fonti tende ad lo Jerez: l’aggiunta
avvalorare questa prima fase del
di alcool al vino
commercio del Marsala (poi accuratamente rimossa dalle narrazioni “ufficiali” sulla sua storia), in cui con
buona probabilità s’inserivano il contrabbando dalla Sicilia alla piazzaforte inglese
di Malta e uno scalo nell’isola di Guernsey, vero e proprio centro di adulterazione
dei vini venduti in Inghilterra.
La conquista del mercato globale
A partire dai primissimi anni del XIX
secolo, anche se sui mercati di sbocco il
termine Marsala non è praticamente mai
menzionato, il vino prodotto nel Trapanese dalla casa Woodhouse inizia ad assu-
ECONOMIA E TERRITORIO
mere una identità propria, adottando delle
denominazioni che lo accostano al Madera. In Inghilterra è venduto come Bronte
Madeira (e dell’origine di questo appellativo si parlerà fra poco), mentre negli Stati
Uniti si fa strada un nome non meno ambivalente, quello di Sicily Madeira. Della
prima denominazione si hanno prove tanto negli annunci pubblicitari dei venditori
al dettaglio, quanto nelle testimonianze dei
principali importatori che operavano sulla
piazza; della seconda sono rimaste tracce
molto precoci sui quotidiani statunitensi
nei quali il Sicily Madeira compare fin dal
1807. In questa fase, la storia del Marsala è quella di una produzione interamente
orientata a inserirsi nell’enorme mercato
cui la costruzione dell’impero britannico
aveva dato vita nel corso del secolo XVIII.
In questo processo, tuttavia, l’identificazione con il luogo d’origine (e la reputazione che se poteva trarre) ha iniziato ad
avere un certo ruolo in modo molto lento
e attraverso un percorso per nulla lineare.
Se, da un lato, il vino siciliano sembra in
grado d’inserirsi velocemente in una rete
commerciale “globale” che andava dall’Inghilterra al Canada, dai Caraibi all’Australia, dall’altro ciò fu possibile facendo leva
su dei “marchi” che giocavano sull’ambi-
guità della sua provenienza.
Non erano solo i consumatori finali a essere le vittime delle asimmetrie informative
che questa globalizzazione ante litteram
determinava, ma perfino chi aveva l’opportunità di visitare i luoghi di produzione
finiva per accrescere l’incertezza. Louis Simond, autore di noti libri di viaggio, svelava sì che le viti con cui era fatto il Sicily
Madeira si trovavano a Marsala, aggiungendo però poi che si trattava di varietà
originarie dell’isola di Madera.
Nella storia del Marsala - sia come prodotto, sia come denominazione - giocano
però un ruolo non secondario altri fattori, sia esogeni, sia, per così dire, endogeni.
Tra i primi, va sicuramente considerata la
situazione politica e militare europea. Ne
è un chiaro esempio la famosa fornitura
voluta dall’ammiraglio Nelson nel 1800
per rifornire la flotta britannica nel Mediterraneo e che segnò un momento decisivo per i vini Woodhouse. Furono infatti le difficoltà di approvvigionamento
dei consueti vini usati dalla marina inglese
(Porto e Madera, in particolare), dovute
agli sbarramenti navali imposti da Napoleone, a far cadere la scelta sul Marsala. Da
questo momento il vino Woodhouse pre-
PARMA economica
37
ECONOMIA E TERRITORIO
se il nome di “Bronte Madera” proprio in
onore dell’ammiraglio che giusto qualche
mese prima era diventato duca di Bronte.
Questa denominazione e questo forte legame con un “testimonial”, che godeva di
una fama internazionale quasi leggendaria,
furono fattori non secondari nel favorire
il crescente successo del vino siciliano nel
mercato inglese. Rimane il fatto che fino
al 1799 il nome Bronte Madera non poteva esistere, il che avvalora il sospetto che
per un periodo di quasi 30 anni il vino di
Woodhouse venisse venduto “senza nome”
o, più probabilmente, con un nome falso.
Altro elemento decisivo fu lo sforzo per
modernizzare la viticultura siciliana, che
era arretrata e poco specializzata, al fine
di renderla funzionale alla produzione di
un vino adatto all’esigente mercato anglosassone. Anche in questo caso la storia
del Marsala è indissolubilmente legata a
un mercante inglese, Benjamin Ingham,
che nel 1812 acquistò una tenuta poco
distante da quella in cui i Woodhouse
avevano sviluppato la loro attività. Ingham voleva, da un lato, standardizzare
il più possibile il gusto del vino, dall’altro comprimere il più possibile i costi di
produzione, massimizzando i profitti. Su
quest’ultimo versante Ingham (come pure
i Woodhouse) non esiterà ad avvalersi
della leva creditizia, prestando denaro ai
contadini o comprando in anticipo il loro
raccolto, per porli in un’oggettiva condizione di dipendenza economica. Anche la
standardizzazione del prodotto era però
una necessità di primaria importanza. Le
tecniche di coltivazione e raccolta, unite
38 PARMA economica
a un certo empirismo nel processo di vinificazione, avevano fatto del Marsala un
vino dalle caratteristiche troppo variabili,
il che lo rendeva adatto soprattutto a fasce
di consumatori meno esigenti o come vino
da taglio. Emblematica la testimonianza
di John Pater, un osservatore inglese che
all’inizio del XIX secolo, pur apprezzando
questo vino, ne metteva in evidenza i limiti sostenendo che fosse «difficile trovare
due botti che avessero il medesimo gusto».
Per questo Ingham decise d’imporre precise regole per la coltivazione, la raccolta,
le prime lavorazioni dell’uva e la produzione del mosto, avendo cura di metterle
in forma scritta in un breve testo dal titolo
Brevi istruzioni per la vendemmia all’oggetto di migliorare la qualità dei vini.
Ma il contributo fondamentale di Ingham
alla storia del Marsala fu l’introduzione
del metodo “soleras”. Si trattava di un procedimento, già in uso da tempo in Spagna,
in Portogallo (per lo Jerez e il Porto), ma
anche nel Sud della Francia, che consentiva l’invecchiamento “controllato” del
prodotto, attraverso il continuo ricambio
del vino contenuto in botti poste a contatto col suolo (da cui il nome “solera”),
con un’uguale quantità di vino più giovane
contenuto in botti poste immediatamente
più in alto (dette criaderas). Tecnicamente
parlando, con l’introduzione del metodo
soleras, Ingham (ben presto imitato dagli
altri produttori, Woodhouse compresi)
può essere considerato il vero “inventore”
del Marsala.
Inventarsi un prodotto, soprattutto nel
settore agroalimentare, non significa però
ECONOMIA E TERRITORIO
stard Madeira e altri ancora. Questi vini
probabilmente non avevano molto da invidiare al “fortificato” siciliano, eppure non
uscirono mai dallo stato di “clone”.
Come ricorda nel 1852 l’ex-presidente
della London Association of Merchants
in the wine and spirit trade, il destino del
Marsala fu invece ben diverso. Non solo
riuscì ad affrancarsi da questa condizione,
venendo accettato dai consumatori inglesi,
ma riuscì a imporsi come prodotto dotato
di una denominazione e di una reputazione proprie.
automaticamente dargli un nome o tentare di venderlo in quanto tale sul mercato.
Da questo punto di vista, Ingham seguì la
strada abilmente tracciata da Woodhouse,
puntando a costruire un “clone” di altri
vini. L’allusione a un nome già noto e affermato (il Madera) non venne affatto abbandonata, ma fu resa più efficace utilizzando un know-how ormai consolidato e affidabile dal punto di
L’introduzione da vista del risultato finale. Rimane
parte di Ingham il fatto che il Marsala fu solo uno
del metodo soleras degli innumerevoli “cloni” che
fu il contributo tentarono d’imporsi sui mercati
essenziale alla storia internazionali. Il Bronte Madeira
del Marsala e il Sicily Madeira di Woodhouse
(e poi di Ingham) dovevano infatti confrontarsi con i francesi
Burgundy Madeira e Cette Madeira, il sudafricano Cape Madeira, lo spagnolo Ba-
L’origine svelata
L’affrancamento fu però un processo lento e per nulla coerente. Come si vedrà, le
testimonianze della prima metà del XIX
secolo sono spesso contraddittorie e le denominazioni Bronte Madeira o Sicily Madeira sembrano sopravvivere anche molto
tempo dopo l’introduzione e l’affermazione del nome Marsala. Occorre però anche
chiedersi quali furono i motivi che spinsero i produttori, che erano ancora per lo
più inglesi, a intraprendere la complicata
e rischiosa iniziativa di provare a vendere
il Marsala con una sua propria denominazione. In fondo, il vino fortificato siciliano,
usato per il taglio o le sofisticazioni di altri vini oppure venduto direttamente come
Bronte Madeira, si poteva già considerare
un prodotto di successo, di facile smercio
PARMA economica
39
ECONOMIA E TERRITORIO
sia in Inghilterra, sia in America. La risposta più semplice, ma non del tutto soddisfacente, sta nella sempre più serrata guerra
alle sofisticazioni e alle frodi condotta dalle
autorità inglesi a partire dai primi decenni del XIX secolo. Ma il motivo principale
stava forse nel fatto che la denominazione,
una volta affermatasi sul mercato, garantiva
maggiori profitti e, soprattutto, una definitiva emancipazione dall’oggettiva supremazia degli intermediari, degli importatori e
dei venditori finali.
Non sembrano, invece, aver avuto un ruolo determinante, da questo punto di vista, i
primi produttori locali: la sproporzione tra
imprenditori inglesi e siciliani era nettissi-
40 PARMA economica
ma ancora all’inizio degli anni ’30. Solo nel
1834 i fratelli Florio, in società con il palermitano Raffaele Barbato, acquistarono
una tenuta a Marsala e fondarono una società per produrre - come si legge nell’atto
fondativo - «vini all’uso di Madera». Dieci
anni dopo, la ditta Florio, che era già ben
avviata e vendeva i suoi vini soprattutto
in Inghilterra, non poteva in alcun modo
rivaleggiare con i principali imprenditori
inglesi per quanto riguarda i volumi prodotti e il giro d’affari. Ancora nel 1855 la
produzione di Florio ammontava, come
valore, a circa un terzo di quella della casa
Ingham ed era nettamente inferiore anche
a quella dei Woodhouse. Del resto, che lo
sviluppo del Trapanese fosse da ascriversi alla comunità inglese, appariva chiaro a
chiunque si recasse in visita in quelle zone.
Con accenti diversi, tanto gli intellettuali
siciliani quanto gli osservatori provenienti
dalla Gran Bretagna descrivono
con ammirato stupore i cam- Curiosamente
biamenti sul tessuto produttivo
furono gli inglesi
che l’attività coagulatasi attorno
al commercio internazionale del a promuovere
vino fortificato aveva determina- l’affermazione
to. I vari Woodhouse e Ingham del Marsala come
erano indicati come battistra- denominazione
da di una modernizzazione che
un’imprenditoria locale ancora
“sonnacchiosa” doveva affrettarsi
a emulare. Per usare le parole dell’economista Francesco Ferrara, che visitò Marsala nel 1845, il Trapanese era all’epoca
come «un paese dentro il paese, un brano
di Gran Bretagna trasportato in Sicilia».
Il processo di distinzione e di affranca-
ECONOMIA E TERRITORIO
mento, come l’abbiamo chiamato, fu quindi opera quasi esclusiva degli inglesi, dato
che tra il 1850 e il 1860 il nome Marsala si
era quasi definitivamente affermato su tutte le altre denominazioni che facevano in
qualche modo riferimento al Madera. Tale
processo andò di pari passo con un utilizzo
sempre più diffuso del vapore nelle fasi di
lavorazione dell’uva e del mosto, oltre che
nella fase di mescolamento del vino. Questa progressiva meccanizzazione
portò alla standardizzazione del
La bottiglia di prodotto e a una sempre magvetro rese difficili giore segmentazione qualitativa
le falsificazioni, dei vari tipi di Marsala. Fino agli
permettendo anni ’20 e ’30, le tipologie di vino
prodotte dalle case Woodhouse e
ai produttori di Ingham erano infatti sostanzialvaiorizzare il proprio mente due: secco (Superior Old
marchio Marsala) e dolce, che assunse più
avanti la denominazione italiana di Garibaldi Dolce (GD). A queste si
aggiungeva la variante denominata L.P.
(London Particular) che, essendo destinata esclusivamente al mercato inglese, era
più alcolica. A queste tipologie tradizionali, si aggiunsero, tra il 1840 e il 1870, una
dozzina di altre “marche” (così venivano e
sono ancora chiamate le varie qualità), alcune ancora in uso, altre sparite nel giro di
pochi anni.
Questa segmentazione e definizione delle
varie tipologie era senz’altro funzionale a
una ben precisa politica di marketing che,
consapevolmente o meno, favorì la crescita
della reputazione del prodotto sui mercati internazionali. In sostanza, esisteva un
Marsala per ogni categoria di consumatori. La progressiva specializzazione e la
segmentazione dell’offerta sembrano aver
accompagnato di pari passo il processo di
affrancamento del nome Marsala, rispetto
alle altre denominazioni che tendevano a
fare del vino siciliano un “clone” del Madera. Come anticipato, le fonti inglesi di
tipo commerciale, pubblicitario o normativo, sono da questo punto di vista spesso incoerenti. Le diverse denominazioni
convivono a lungo, si sovrappongono e si
confondono.
Già nel 1804 c’è un primo accenno al nome
Marsala in un manuale di commercio, anche se da un’indagine parlamentare sulle
tariffe doganali dei vini del 1852 emerge
chiaramente che, sul mercato londinese, il
vino fortificato siciliano era stato venduto per decenni come Bronte Madeira. Da
queste ultime fonti si intuisce però che,
almeno dagli anni ’30 del XIX secolo, tra
gli operatori del settore (importatori, mercanti all’ingrosso, addetti alle dogane, ecc.)
il nome Marsala era già ampiamente in uso
e probabilmente era quello prevalente. La
conferma viene da Cyrus Redding, uno dei
primi esperti inglesi di enologia, che in un
suo libro del 1839 intitolato Every Man
His Own Butler dedica un breve paragrafo al Marsala. Eppure non va dimenticato
che ancora nel 1869 sulla stampa inglese si
potevano leggere inserzioni che reclamizzavano il Bronte Madeira.
Le complesse vicende delle diverse denominazioni diventano ancor più intricate se
si allarga lo sguardo al di fuori del mercato inglese, che rimaneva comunque quello più importante. Sappiamo ad esempio
che, almeno fino agli anni ’40 del XIX
secolo, la Ingham continuava a vendere il
suo vino in America come Sicily Madeira.
La reale provenienza di questo prodotto
era tuttavia nota già negli anni ’20, tanto
che le tariffe doganali statunitensi facevano esplicito riferimento ai dazi da praticare sul «Marsala or Sicily Madeira». Come
in Inghilterra però, la transizione fu lenta
PARMA economica
41
ECONOMIA E TERRITORIO
e l’allusione al Madera faticherà a scomparire per lasciare definitivamente spazio alla
denominazione legata all’origine del prodotto, tanto che ancora ben oltre la metà
del XIX secolo si hanno testimonianze del
suo utilizzo.
È verosimile che il cambiamento fosse il
frutto di una precisa strategia delle case
anglo-siciliane, messa in atto nel momento in cui riuscirono a controllare le
fasi della filiera che in precedenza erano
di competenza di intermediari e dettaglianti. Anche in questo caso sembra che
il modello di riferimento possa essere stato il Madera. All’inizio del XIX secolo,
infatti, due momenti essenziali della produzione di questo “fortificato” (il riscaldamento e lo scuotimento) iniziarono a
essere svolti direttamente dai produttori
dell’isola, mentre in precedenza tali passaggi erano il risultato di processi che si
verificavano durante il trasporto verso i
mercati di sbocco. Queste trasformazioni
non impedivano però agli importatori e
ai venditori finali di effettuare ulteriori
adulterazioni e tagli.
Da questo punto di vista, il passaggio decisivo fu forse la possibilità di utilizzare le
bottiglie di vetro già nella fase del traspor-
to e non, come di norma accadeva, nella
sola vendita al dettaglio. La bottiglia e,
di conseguenza, l’etichettatura, rendendo
molto complessa la sofisticazione da parte
di intermediari e dettaglianti, permisero ai
produttori non solo di imporre il proprio
marchio, ma anche di affermare il nome e
la provenienza del vino. Per il Marsala la
svolta iniziò a manifestarsi solo nell’ultimo quarto del secolo, dopo che già Madera, Porto e Jerez (avendola sperimentata
con fortuna) avevano aperto la strada in
questa direzione.
Fino alla fine degli anni ’80, le case del
Trapanese conobbero un’ininterrotta fase
di espansione: non solo crebbero i volumi
delle esportazioni, ma anche la geografia
dei mercati finali subì un ampliamento significativo. Emerso vittorioso da una durissima lotta per ottenere un posto al fianco dei vini già affermati a livello internazionale, il Marsala ottenne anche il giusto
riconoscimento in patria venendo portato
a modello da seguire per l’industria enologica italiana. La sua storia ci insegna come
la tipicità non sia qualcosa di statico, ma
discenda dalla capacità di adattarsi e rinnovarsi senza tradire il proprio territorio e
le proprie origini.
E la città è capitale europea del vino 2013
Il 2013 fa parte ormai della storia
del Marsala e sarà da ricordare in
futuro. Si tratta infatti dell’anno in
cui la località è diventata Città europea del Vino. L’enoturismo ha
ormai un punto di riferimento nella
città siciliana che porta in Europa la
bandiera della qualità vitivinicola di
eccellenza.
A riconoscere il prestigio del Marsala è stato Recevin, la rete europea
delle città del vino, con un concorso
giunto alla seconda edizione (l’anno
scorso il merito è stato riconosciuto
a Palamela, Portogallo). Marsala si
impegna così a compiere un importante incarico: diffondere la cultura
legata al vino e ai prodotti tipici locali. Il vino viene valorizzato portando
ai cittadini siciliani, italiani ed euro-
42 PARMA economica
pei le sue caratteristiche distintive
dal punto di vista della storia, del
sapere e della tradizione.
E il vino - bianco, rosso, liquoroso,
con il marsala Doc in testa - è anche il filo conduttore dei numerosi
eventi in programma che si svolgeranno nella città lungo il 2013. Arte,
cultura, tradizioni e spettacoli che
coinvolgono i visitatori, invitandoli
ad apprezzare l’identità del versante
occidentale della Sicilia.
ECONOMIA E società
La nuova legge sulla
disciplina del condominio
Entrata in vigore lo scorso 18 giugno, la riforma prevede vari cambiamenti.
Analizziamo gli articoli più controversi e le proposte più innovative
Renato Del Chicca
Sul numero 3/4 del 2007 di questa rivista
è apparso un mio scritto sulla riforma della
disciplina legislativa del condominio.
Nello stesso ricordavo che nel corso della
precedente legislatura, la XIV, sembrava
che fosse vicina l’approvazione
Il legislatore non da parte delle commissioni parlaha riconosciuto mentari in sede deliberante della
delle norme del codice
al condominio riforma
civile riguardanti il condomino.
l’autonoma titolarità Terminata quella legislatura, neldei diritti reali sulla la presente per un certo periodo
cosa comune di tempo non si è più sentito parlare della auspicata riforma che,
invece, ha finalmente completato il suo
iter parlamentare.
La relativa proposta di legge è stata infatti
approvata, in un testo unificato, dal Senato
della Repubblica il 26 gennaio 2011 e trasmessa alla Camera dei Deputati.
Da parte sua questo ramo del Parlamento
ha approvato la propria proposta di legge, contenente diverse modifiche da quella
approvata dal Senato, avendone compiuto
una complessiva revisione in data 27 settembre 2012.
Finalmente il 20 novembre 2012 la commissione Giustizia del Senato, in sede deliberante, ha approvato definitivamente il
progetto di legge di riforma del condominio già approvato dalla Camera trasformandolo in legge; la pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale è avvenuta il 17 dicembre 2012 e pertanto la legge entrerà in vigore il 18 giugno 2013.
Prima di esaminare le novità introdotte
dalla nuova legge voglio fare una premessa che consiste nella constatazione che il
fenomeno del condominio negli edifici è
assai complesso in quanto «si caratterizza
principalmente per la coesistenza accanto
alle proprietà individuali di singoli piani
o parti dell’edificio di una comunione cosiddetta forzosa, e cioè non suscettibile di
scioglimento (art. 1119 cod. civ.), di tutti i condomini sugli elementi dell’edificio
PARMA economica
43
ECONOMIA E società
la cui utilizzazione è necessaria ai fini del
godimento di tutte le singole parti di proprietà individuale».1
La prima impressione che ho ricavato
dall’esame della nuova legge è che i legislatori nell’affrontare la materia abbiano avuto una certa timidezza non riconoscendo
al condominio una capacità giuridica ma
neppure una soggettività quale autonoma
titolarità di diritti reali sulla cosa comune. Il condominio è perciò rimasto solo un
mero ente di gestione.2
Ricordo invece che in diversi progetti di
legge di iniziativa dei senatori era previsto,
alla stregua di quanto sostenuto strenuamente della Confedilizia, che il condominio, chiamato a nuovi e molteplici compiti, funzioni e adempimenti anche imposti
da normative pubblicistiche e comunitarie
e da regolamentazioni fiscali e tributarie,
avesse capacità giuridica in relazione alla
conservazione, al risanamento, all’amministrazione e alla gestione dei beni comuni
(es. disegno di legge d’iniziativa del Senato - Pastore e altri - comunicato alla presidenza il 28 aprile 2006).3
Altra impressione è che i legislatori sembrano non avere tenuto presente la numerosa giurisprudenza, sia di merito che di
legittimità, che nel corso di questi 70 anni
dall’entrata in vigore delle norme sul condominio si è accumulata, cosicché diverse
criticità rilevate nella stessa nel tempo non
sono state eliminate.
Dei 23 articoli costituenti la disciplina del
condominio ne sono rimasti inalterati nove,
gli altri sono stati modificati parzialmente o
sostituiti e ne sono stati aggiunti sei nuovi.
44 PARMA economica
Delle 14 disposizioni per l’attuazione del
codice civile sono stati lasciati invariati
cinque articoli, modificati e sostituiti i restanti e aggiunti quattro.
Ecco quali sono le più significative novità
introdotte dalla nuova legge.
Nell’articolo 1117 c.c., relativo alle parti
comuni dell’edificio, vi è l’aggiunta degli
impianti per il condizionamento dell’aria,
per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso
informativo, anche da satellite o via cavo,
e i relativi collegamenti fino al punto di
diramazione ai locali di proprietà dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti
unitari, fino al punto di utenza.
L’art. 1117 c.c. bis delinea l’ambito di applicazione delle disposizioni con estensione ai cosiddetti supercondomini.
L’art. 1117 c.c. ter prevede la possibilità di
modificare la destinazione d’uso delle parti comuni per soddisfare esigenze d’interesse condominiale, con una deliberazione
dell’assemblea con un numero di voti che
rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del
valore dell’edificio e disciplina le modalità
di convocazione di questa speciale assemblea.
L’art. 1117 c.c. quater disciplina la tutela
delle destinazioni d’uso delle parti comuni
nel caso di attività che incidano negativamente e in modo sostanziale sulle medesime; l’amministratore o i condomini,
anche singolarmente, possono diffidare
l’esecutore e chiedere la convocazione
dell’assemblea che delibera in merito con
la maggioranza degli intervenuti e almeno
1 Commentario breve del codice
civile a cura di Giorgio e Alberto
Trabucchi, Cedam, 1988, p. 760
2 Cfr. per esempio Cass. civ., Sez. II,
2 aprile 2006, n. 16141
3 Art. 1 del disegno di legge citato
ECONOMIA E società
L’articolo
1118 sarà
probabilmente
causa di
numerosi
contrasti tra i
condomini
la metà del valore dell’edificio.
L’art. 1118 c.c., dopo avere ribadito che il
condomino non può sottrarsi al contributo
alle spese per la conservazione delle parti comuni neanche rinunziando al diritto
sulle stesse, prevede la facoltà del condomino, senza necessità di autorizzazione da
parte dell’assemblea, di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo
distacco non derivano notevoli squilibri di
funzionamento o aggravi di spesa per gli
altri condomini. In tal caso il rinunziante,
naturalmente, resta tenuto a concorrere al
pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per
la sua conservazione e messa a norma.
Temo che questa norma sarà causa di
numerosi contrasti tra i condomini e che
provocherà un notevole contenzioso giudiziario volto ad accertare l’eventuale
pregiudizio arrecato agli altri condomini
soprattutto nel caso di successivi distacchi
dall’impianto centralizzato.
L’art. 1120 c.c., nella sua nuova formulazione, conserva la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del
valore dell’edificio per approvare tutte le
innovazioni dirette al miglioramento o
all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni, nonché il divieto
per quelle innovazioni che possano recare
pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza
del fabbricato, che ne alterino il decoro
architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o
al godimento di un solo condomino. La
norma prevede invece la maggioranza degli intervenuti all’assemblea e almeno la
metà del valore dell’edificio per una serie
di opere: quelle volte a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli
impianti, a eliminare le barriere architettoniche, a contenere il consumo energetico, a realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari dell’edificio,
a produrre energia mediante l’utilizzo di
impianti di cogenerazione, fonti eoliche,
solari o comunque rinnovabili da parte del
condominio o di terzi che conseguano a
titolo oneroso un diritto reale o personale
di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune, a installare
impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque
altro genere di flusso informativo, anche
da satellite o via cavo. L’amministrato-
PARMA economica
45
ECONOMIA E società
re è tenuto a convocare l’assemblea entro
30 giorni dalla richiesta anche di un solo
condomino interessato all’adozione di tali
deliberazioni.
Assolutamente invariato è rimasto l’art.
1121 c.c. relativo alle innovazioni gravose
e voluttuarie.
L’art. 1122 bis c.c. riguarda l’installazione
di impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo,
impianti che devono essere realizzati in
modo da recare il minor pregiudizio alle
parti comuni e alle unità immobiliari di
proprietà individuale, preservando in ogni
caso il decoro architettonico dell’edificio.
È consentita - vera novità, questa - l’installazione di impianti per la produzione
di energia da fonti rinnovabili destinati al
servizio di singole unità del condominio
sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà
individuale dell’interessato.
L’assemblea, a richiesta degli interessati,
provvede, con la maggioranza dei partecipanti al condominio e almeno due terzi
del valore dell’edificio, a ripartire l’uso del
lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di
utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto.
È previsto che l’accesso alle unità immobiliari di proprietà individuale debba essere
consentito ove necessario per la progettazione e per l’esecuzione delle opere e che
non siano soggetti ad autorizzazione gli
impianti destinati alle singole unità abitative.
L’art. 1122 c.c. ter prescrive che le deliberazioni concernenti l’installazione sulle
parti comuni dell’edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di
esse siano approvate dall’assemblea con la
maggioranza degli intervenuti e almeno la
metà del valore dell’edificio rappresentato.
Gli articoli della vigente disciplina sulla
ripartizione delle spese, sulla manutenzione dei soffitti e dei solai, sui lastrici di uso
esclusivo, sulla costruzione sopra l’ultimo
piano dell’edificio e sul perimento dello
stesso sono rimasti del tutto inalterati a
eccezione dell’art. 1124 c.c. che equipara
gli ascensori alle scale per la loro manutenzione, sostituzione e ripartizione delle
relative spese.
La nuova legge presta particolare attenzione alla figura dell’amministratore. Infatti i
46 PARMA economica
due articoli che riguardano la nomina, gli
obblighi e le attribuzioni dell’amministratore sono lunghi ed articolati.
L’art. 1129 c.c. prevede che quando i
condomini sono più di otto la nomina di
un amministratore, se l’assemblea non vi
provvede, è fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o
dell’amministratore dimissionario.
Contestualmente all’accettazione della nomina e a ogni rinnovo dell’incarico,
l’amministratore deve comunicare i propri
dati anagrafici e professionali, il codice fiscale o, se si tratta di società, anche la sede
legale e la denominazione, il locale ove si
trovano i registri relativi al condominio,
nonché i giorni e le ore in cui, previa richiesta, ogni interessato può prenderne
gratuitamente visione e averne copia, previo rimborso della spesa.
L’assemblea può subordinare la nomina
dell’amministratore alla presentazione di
una polizza individuale di assicurazione
per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato, polizza i
cui massimali devono essere adeguati, in
caso di lavori straordinari, contestualmente all’inizio dei lavori, di L’amministratore
un importo non inferiore a quello
condominiale
della spesa deliberata.
Osservo, a questo proposito, che ricopre un ruolo
sembra trattarsi di una sorta di particolarmente
duplicazione in quanto è previsto importante nella
dall’art. 1135, n. 4, che l’assem- nuova legge
blea provveda a deliberare le opere di manutenzione straordinaria
e le innovazioni costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari
all’ammontare dei lavori.
Nel luogo di accesso al condominio o di
maggiore uso comune, accessibile anche ai
terzi, è affissa l’indicazione delle generalità
e dei recapiti anche telefonici dell’amministratore o della persona che svolge funzioni analoghe a quelle dell’amministratore qualora questi manchi.
L’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo
dai condomini o da terzi, nonché quelle
erogate per conto del condominio, su uno
specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio, del quale ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può prendere visione ed estrarre
copie a proprie spese.
Salva un’espressa dispensa dell’assemblea
l’amministratore deve agire per la riscos-
ECONOMIA E società
sione forzosa delle somme dovute dagli
obbligati entro sei mesi dalla chiusura
dell’esercizio nel quale il credito è compreso.
L’incarico di amministratore ha durata di
un anno e si intende rinnovato per eguale
durata e giustamente è previsto che l’assemblea convocata per la revoca o le dimissioni debba deliberare in ordine alla
nomina del nuovo amministratore e che
nel caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria non possa essere nominato
nuovamente l’amministratore revocato.
L’amministratore può essere revocato con
deliberazione dell’assemblea in ogni tempo con la maggioranza prevista per la sua
nomina, cioè con la maggioranza degli
intervenuti e almeno la metà del valore
dell’edificio.
La revoca può essere disposta dall’autorità
giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso in cui l’amministratore non
dia senza indugio notizia all’assemblea dei
condomini quando abbia ricevuto una citazione o un provvedimento amministrativo che esorbitino dalle sue attribuzioni, se
non renda il conto della gestione, ovvero
in caso di gravi irregolarità.
L’art. 1129 c.c. enumera otto casi di gravi
irregolarità. Nel caso di gravi irregolarità fiscali o di non apertura e utilizzo del
conto corrente intestato al condominio, i
condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore. Nel
caso di mancata revoca da parte dell’assemblea, ciascun condomino può rivolgersi all’autorità giudiziaria e, in caso di
accoglimento della domanda, il ricorrente
ha titolo di rivalsa per le spese legali nei
confronti del condominio, che, a sua volta
può rivalersi nei confronti dell’amministratore revocato.
L’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve
specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a
titolo di compenso per la sua attività.
Il successivo art. 1130 c.c. disciplina in maniera dettagliata quali siano le attribuzioni dell’amministratore, ulteriori rispetto a
quanto previsto dall’articolo precedente.
La prima è quella di eseguire le deliberazioni dell’assemblea, la seconda è quella di
disciplinare l’uso delle cose comuni e curare l’osservanza del regolamento di condominio mentre, tra le altre, segnalo l’obbligo di curare la tenuta di quattro registri.
Il registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e personali
di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati
catastali di ciascuna unità immobiliare,
nonché ogni dato relativo alle condizioni
di sicurezza; il registro dei verbali delle assemblee al quale è allegato il regolamento
di condominio, ove adottato; il registro
di nomina e revoca dell’amministratore,
con annotazione, in ordine cronologico,
delle date di nomina e revoca di ciascun
PARMA economica
47
ECONOMIA E società
amministratore nonché gli estremi dell’eventuale decreto in caso di provvedimento
giudiziale; il registro della contabilità nel
quale sono annotati, sempre in ordine cronologico entro 30 giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata
e in uscita; tale registro può tenersi anche
con modalità informatizzate.
Il rendiconto condominiale contiene
le voci di entrata e di uscita e ogni altro
dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili e
alle eventuali riserve, che devono essere
espressi in modo da consentirne l’immediata verifica.
Si compone di un registro di contabilità,
di un riepilogo finanziario, nonché di una
nota sintetica esplicativa della gestione
con l’indicazione anche dei rapporti in
corso e delle questioni pendenti.
L’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore
che verifichi la contabilità del condominio
con la maggioranza prevista per la nomina
dell’amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei
millesimi di proprietà.
Può essere presa visione dei documenti
giustificativi di spesa in ogni tempo e si
possono estrarre copie a proprie spese.
Le scritture e i documenti giustificativi
devono essere conservati per 10 anni dalla
data della relativa registrazione e l’assemblea può anche nominare un consiglio di
condominio con funzioni consultive e di
controllo composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno 12 unità immobiliari.
Inalterato è rimasto l’articolo relativo alla
rappresentanza del condominio in capo
all’amministratore anche se forse sarebbe
stata opportuna una sua rivisitazione; infatti già il Peretti-Griva aveva osservato
che «certo il legislatore avrebbe potuto es-
La nuova legge in pillole
La nuova legge sul condominio,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il
17 dicembre 2012, entra in vigore
il 18 giugno 2013. Rispetto alla vigente disciplina si segnalano in particolare i seguenti punti:
•• non è stata attribuita al condominio né la capacità giuridica né
una soggettività autonoma di diritti
reali sulle cose comuni restando
quindi il condominio un mero ente
di gestione;
48 PARMA economica
•• la figura dell’amministratore è stata completamente ridisegnata,
con dettagliata specificazione di
obblighi e attribuzioni;
•• nell’assemblea dei condomini è stato regolamentato il conferimento
delle deleghe che non possono essere assegnate all’amministratore;
•• è rimasta assolutamente inalterata
la ripartizione delle spese necessarie per la conservazione delle
parti comuni dell’edificio.
ECONOMIA E società
sere nella formulazione dell’art. 1131 più
chiaro, più organico e più completo».4
La legge ha lasciato assolutamente invariati gli articoli riguardanti il dissenso dei
condomini rispetto alle liti e ai provvedimenti presi dall’amministratore e sostanzialmente quello sulla gestione di iniziativa individuale del condomino sulle parti
comuni per quanto riguarda le spese che
non sono rimborsabili (salvo che si tratti
di spesa urgente).
Le attribuzioni dell’assemblea dei condomini sono le medesime della vigente
disciplina con l’unica differenza, come
già rilevato, che la facoltà ora prevista di
costituzione di un fondo per le opere di
manutenzione straordinaria all’occorrenza
viene tramutata in obbligo.
Alla fine dell’articolo viene aggiunto il
comma che riporto e che peraltro non mi
pare di facile lettura: «L’assemblea può autorizzare l’amministratore a partecipare e
collaborare a progetti, programmi e iniziative territoriali promossi dalle istituzioni locali o da soggetti
L’assemblea privati qualificati, anche mediancondominiale in te opere di risanamento di parti
ogni momento comuni degli immobili nonché
può consultare il di demolizione, ricostruzione e
proprio rendiconto messa in sicurezza statica, al fine
favorire il recupero del patrie i documenti di
monio edilizio esistente, la vivigiustificativi di bilità urbana, la sicurezza e la sospesa comune stenibilità ambientale della zona
in cui il condominio è ubicato».
L’articolo che disciplina la costituzione
dell’assemblea e la validità delle deliberazioni non presenta significative differenze
da quello in vigore mentre quello relativo all’impugnazione delle deliberazioni
dell’assemblea contrarie alla legge o al regolamento assegna tale facoltà a ogni condomino assente, dissenziente o astenuto,
mantiene il termine perentorio di 30 giorni e parla non di ricorso ma genericamente
di azione di annullamento.
Così operando il legislatore pare abbia in
un certo senso recepito il dettato di una
nota e recente sentenza della suprema
Corte di Cassazione a sezioni unite civili5
secondo la quale il vigente art. 1117 c.c.,
che per tre volte usa l’espressione “ricorso”,
non disciplina in realtà la forma che deve
assumere l’atto introduttivo del giudizio di
4 Il condominio delle case divise in
cui si tratta. La sentenza ha infatti enunparti, Utet, 1960, p. 545.
ciato il principio di diritto secondo cui
5 Sentenza 8491 del 14 aprile 2011
l’art. 1137 c.c. non disciplina la forma del6 9148 dell’8 aprile 2008
le impugnazioni delle deliberazioni condominiali, che vanno pertanto proposte
con citazione, in applicazione della regola
dettata dall’art. 163 del codice di procedura civile ma ha anche precisato la validità
dell’impugnazione proposta con ricorso.
Il regolamento di condominio, obbligatorio quando i condomini sono più di 10,
deve essere approvato dall’assemblea con
la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio rappresentato, non può vietare di possedere o
detenere animali domestici, è allegato al
registro dei verbali delle assemblee e può
essere impugnato a norma dell’art. 1107
dettato per la comunione entro 30 giorni
dalla deliberazione che lo ha approvato.
Passando all’esame delle disposizioni di
attuazione del codice civil,e e disposizioni
transitorie, ricordo che l’art. 63, oltre che
prevedere che per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione
approvato dall’assemblea l’amministratore
possa ottenere, senza bisogno di autorizzazione di questa, un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante
opposizione, contiene le seguenti modifiche rispetto a quello vigente: l’amministratore è tenuto a comunicare ai creditori
non ancora soddisfatti che lo interpellino i
dati dei condomini morosi; i creditori non
possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo
l’escussione degli altri condomini; chi cede
diritti su un’unità immobiliare resta obbligato solidalmente con l’avente causa per
i contributi maturati fino al momento in
cui è trasmessa all’amministratore copia
autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.
L’obbligo così imposto ai creditori non
solo non è di facile adempimento, trattandosi di ottenere dei pagamenti da condomini già morosi nel pagamento delle
spese condominiali, ma non è neppure in
perfetta sintonia con il criterio della parziarietà che governa le obbligazioni e la
conseguente responsabilità dei condomini
secondo un’altra recente sentenza delle sezioni unite della Cassazione6.
Infatti, secondo il ricordato principio,
proclamato in questa pronuncia, ai singoli
condomini si imputano solo in proporzione alle rispettive quote le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio.
Secondo la nuova formulazione dell’art.
64 (disposizioni attuative sulla revoca
PARMA economica
49
ECONOMIA E società
dell’amministratore), nei casi previsti dal
codice, il tribunale deve provvedere in camera di consiglio, con decreto motivato,
sentito l’amministratore in contradditorio
con il ricorrente.
L’art. 66 (disposizioni attuative) prevede
che l’avviso di convocazione, contenete
specifica indicazione dell’ordine del giorno, debba essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo
di posta raccomandata, posta elettronica
certificata, fax o tramite consegna a mano
e debba contenere l’indicazione del luogo
e dell’ora della riunione.
In caso di omessa, tardiva o incompleta
convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai
sensi dell’art. 1137 del codice civile su
istanza dei dissenzienti o assenti perché
non ritualmente convocati.
L’ultimo comma dell’articolo contiene
l’opportuna previsione che l’amministratore ha facoltà di fissare più riunioni
consecutive in modo da assicurare lo svolgimento dell’assemblea in termini brevi,
convocando gli aventi diritto con un unico
avviso nel quale sono indicate le ulteriori date e ore di eventuale prosecuzione
dell’assemblea validamente costituitasi.
L’art. 67 (disposizioni attuative) prevede,
giustamente, che all’amministratore non
possono essere conferite deleghe, che devono essere scritte, ma - assai meno giustamente, secondo me - limita solo al caso
in cui i condomini siano più di 20 che il
delegato non possa rappresentare più di un
quinto dei condomini e del valore proporzionale.
Nei casi di supercondominio, quando i
partecipanti siano complessivamente più
di 60, non comprendo la ragione di questo numero: ciascun condominio deve
designare con la maggioranza indicata
dal quinto comma dell’art. 1136 c.c. (la
maggioranza degli intervenuti e almeno i
due terzi del valore dell’edificio) il proprio
rappresentante all’assemblea per la gestione delle parti comuni a più condominii e
per la nomina dell’amministratore.
In mancanza, ciascun partecipante può
chiedere che l’autorità giudiziaria nomini
il rappresentante del proprio condominio.
Qualora alcuni dei condominii interessati
non abbiano nominato il proprio rappresentante, l’autorità giudiziaria provvede alla
nomina su ricorso anche di uno solo dei
50 PARMA economica
rappresentanti già nominati, previa diffida
a provvedervi entro un congruo termine.
La diffida e il ricorso all’autorità giudiziaria
sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell’amministratore o, in
mancanza, a tutti i condomini.
Il rappresentante risponde con le regole
del mandato e comunica tempestivamente
al proprio condominio le decisioni assunte dall’assemblea dei rappresentanti dei
condominii e l’amministratore riferisce in
assemblea.
Poiché la maggioranza richiesta per la nomina dei rappresentanti è assai difficile
da raggiungere mi domando, di fronte ai
prevedibili numerosissimi ricorsi
all’autorità giudiziaria, come mai
non si sia evitato questo pericolo Il possesso
con la previsione della minima personale di
maggioranza legale e cioè la mag- animali domestici
gioranza degli intervenuti con un non può essere
numero di voti che rappresenti vietato tramite
almeno un terzo del valore dell’eil regolamento
dificio.
L’articolo in esame termina con condominiale
la prescrizione che il nudo proprietario e l’usufruttuario rispondono solidalmente per il pagamento dei contributi
dovuti all’amministrazione condominiale.
L’art. 68 (disposizioni attuative) conferma
la necessità della espressione in millesimi
in apposita tabella allegata al regolamento
di condominio del valore proporzionale di
ciascuna unità immobiliare mentre l’articolo successivo contiene, a mio parere, una
pericolosa novità.
Infatti, dopo avere previsto che i valori proporzionali delle unità immobiliari
espressi nella tabella millesimale possano
essere rettificati o modificati all’unanimità, prevede anche che tali valori possano
essere modificati anche nell’interesse di un
solo condomino con la maggioranza degli
intervenuti e almeno la metà del valore
dell’edificio, quindi dall’assemblea condominiale, nei due casi già previsti dalla vigente disciplina: quando risulta che sono
conseguenza di un errore, o quando per le
mutate condizioni di una parte dell’edificio è alterato per più di un quinto il valore
proporzionale anche di una sola unità immobiliare.
Ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio,
può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’am-
ECONOMIA E società
7 La 18477 del 6 luglio 2010.
ministratore il quale è tenuto a darne
senza indugio notizia all’assemblea dei
condomini, e se non adempie a quest’obbligo può essere revocato dal suo incarico
ed è tenuto al risarcimento degli eventuali
danni.
Nell’ultimo comma dell’articolo si prevede che le norme sopra ricordate si applicano anche per la rettifica o la revisione
delle tabelle per la ripartizione delle spese
redatte in applicazione dei criteri legali o
convenzionali.
La prima osservazione che esprimo in
proposito e che il legislatore si è indubbiamente riferito a un’altra sentenza delle
sezioni riunite della Cassazione7, secondo
la quale le tabelle millesimali non devono
essere approvate con il consenso unanime
dei condomini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata del secondo comma
dell’art. 1136 c.c., questo disattendendo il
consolidato indirizzo della giurisprudenza
di legittimità che richiedeva invece l’unanimità dei consensi.
Questa criticabilissima sentenza prende
spunto dalla circostanza che la tabella millesimale esprimente il valore proporziona-
le di ciascuna unità immobiliare deve essere allegata al regolamento di condominio,
che questo deve essere approvato con una
certa maggioranza, e che l’art. 68 (disposizioni di attuazione) prescrive che la tabella
serva agli effetti di ripartizione delle spese.
Ma questa tabella millesimale non esaurisce così la sua funzione, perché rappresenta la traduzione in numeri del valore delle
quote di proprietà di ciascun condomino e
viene considerata in tutti i condominii, anche in quelli non muniti del regolamento,
per indicare il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni ex art. 1118 c.c. e il
corrispondente obbligo, per la costituzione delle assemblee, per tutte le deliberazioni della stessa, per l’indennizzo dovuto
ai condomini per la eventuale sopraelevazione effettuata dal proprietario dell’ultimo piano, per il caso del perimento totale
o parziale dell’edificio.
Questo perché nelle norme relative alle
fattispecie sopraindicate si parla del valore dell’edificio e quindi delle sue porzioni,
valore che non può che essere espresso in
millesimi.
Non si può poi dimenticare che nella vi-
PARMA economica
51
ECONOMIA E società
gente disciplina il giudizio sulla revisione
o modifica dei valori proporzionali dei vari
piani o porzioni di piano nei due casi previsti era riservato all’autorità giudiziaria e
non all’assemblea dei condomini.
Un accenno al giudizio devoluto all’autorità giudiziaria si rinviene anche nell’articolo in esame quando, come già ricordato,
si scrive che ai soli fini della revisione dei
valori proporzionali espressi nella tabella
millesimale può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’amministratore.
Inoltre la duplice possibilità di rettifica
delle tabelle millesimali è espressamente
contemplata da una recentissima sentenza
della Corte di Cassazione8 nella quale si
può leggere: «Pur essendo possibile una richiesta di revisione di tabelle, in sede giudiziaria, in mancanza di apposita delibera
dell’assemblea dei condomini... ».
Rimane, a mio parere, il problema che una
deliberazione assembleare possa modificare le tabelle millesimali contenute in un
regolamento contrattuale e, in ogni caso,
modificare i millesimi di proprietà che appaiono precisati nei rogiti di acquisto.
È anche da interpretare la possibilità di
modifica, sempre a maggioranza
da parte dell’assemblea dei con- Le deleghe
domini, dei criteri legali di riparall’amministratore
tizione delle spese, mentre fino a
oggi era necessaria, per fare que- devono essere
scritte
sto, l’unanimità dei consensi.
Ricordo a questo proposito
un’altra sentenza della suprema Corte
di Cassazione9 nella quale si legge che il
consenso unanime di tutti i condomini «è
richiesto soltanto per la modifica delle tabelle millesimali allegate al regolamento di
condominio, qualora abbiano natura con8 Sentenza 5690 Cass. Civ., sez. III
venzionale in quanto predisposti dall’udel 10 marzo 2011
nico originario proprietario ed accettate
9 Sentenza 4219 Cass. Civ., sez. II
del 23 luglio 2007
dagli iniziali acquirenti delle singole unità
«Serviva più coraggio»
Il punto di vista di Franco Folli, presidente per l’Emilia-Romagna dell’Associazione Nazionale Amministratori Condominiali e Immobiliari
Quali sono, a suo avviso, gli aspetti più innovativi della nuova disciplina del condominio?
Uno degli aspetti più innovativi, se non il principale, è l’aver ridisegnato la figura dell’amministratore. Anche se non ha voluto riconoscerlo
professionista iscritto a un suo albo professionale, il Legislatore ne ha tratteggiato le caratteristiche principali, gli obblighi e i limiti, e per la prima
volta lo definisce quale egli è, e cioè un professionista della casa. Si ritiene che il 70-80% degli
italiani risieda o abbia proprietà o rapporti con
il condominio, ed era quindi corretto che chi è
chiamato a gestirlo sia persona capace, esperta, onesta e preparata. Con la corposa modifica
degli articoli 1129 e 1130 del codice civile, il
Legislatore ha inteso indicare con una ragionevole esattezza chi possa gestire delle proprietà
immobiliari – quando esse sono superiori a otto
– e cautelare, quindi, coloro i quali debbano affidare la gestione della loro proprietà a un terzo.
È vero che l’amministratore era e resta un semplice mandatario, che deve adempiere a obblighi di
legge e rispettare, con scrupolo, le deliberazioni
assembleari, ma d’ora innanzi egli dovrà avere
qualità ben definite, e ciò a garanzia, sicurezza e
fiducia degli amministrati. Il vecchio codice era
52 PARMA economica
del 1942, e da allora il modo di vivere in condominio, e non solo, ha subito modifiche e miglioramenti che sono sotto gli occhi di tutti. Aria condizionata, ascensori, centraline per la gestione del
riscaldamento, centraline televisive, la sicurezza,
la privacy, il contenimento energetico, le problematiche fiscali e altro ancora, sono “novità” che
impongono conoscenze, e queste impongono
professionalità. Questo è quanto la modifica del
codice ha cercato di dare, di imporre, all’amministratore, per maggiore tranquillità per chi vive
il condominio e in condominio. Altri articoli sono
stati modificati e ampliati, ma non nel modo sostanziale come gli articoli 1129 e 1130 e non andranno a incidere particolarmente. Nell’articolo
1136 sono stati modificati i quorum, costitutivi e
deliberativi, ma è solo una questione di applicazione delle nuove disposizioni. Forse serviva, in
esso, cancellare la doppia convocazione in due
diverse giornate, in quanto serve a ben poco.
Su quali punti invece ritiene che la riforma
sia lacunosa? Ci sono nodi ancora aperti?
Come tutte le cose nuove, la riforma non è perfetta, e speriamo sia perfettibile. Dopo 70 anni
di attesa il Legislatore avrebbe dovuto avere più
coraggio, incidere maggiormente, apportare più
ECONOMIA E società
modifiche sostanziali, senza lasciare articoli e disposizioni nel limbo del non chiaro, con la conseguenza che i vari tribunali e la cassazione dovranno correggere tante cose incompiute. Sono
rimasti fuori da ogni codificazione problemi che
erano già emersi in tutta la loro rilevanza, quali la tutela del cittadino/condomino rispetto alla
immissione di fumi, odori, scuotimenti, rumori,
parcheggio di autoveicoli, il distacco delle unità
dei condomini morosi dai servizi comuni. Si è da
più parti strombazzato sulla novità, consentita, di
detenere animali domestici in condominio. Ma
siamo sicuri che questa sia una novità così eclatante da essere foriera di enunciazioni entusiastiche? D’ora innanzi i regolamenti di condominio
non potranno più contenere tali divieti che generalmente non erano contro quelle povere bestiole ma i conseguenti odori, rumori, soste inopportune nelle aree condominiali. A questo proposito
nulla è stato disposto e, quindi, di fatto ben poco
è cambiato. Altro punto sul quale si dovranno, o
dovrebbero, essere presi provvedimenti è in merito alla limitazione quantitativa della delega. Non
si è potuto, correttamente, limitare l’istituto della
delega, ma il Legislatore ha ritenuto di porre dei
paletti, e ha stabilito che, quando i condomini
sono più di 20, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore
proporzionale. Questo articolo 67, inderogabile,
parla di “condomini” e non di “unità immobiliari” che, pertanto, potrebbero essere varie deci-
ne o centinaia, e stabilisce che anche un solo
proprietario – possessore di 205 millesimi – non
potrà mai delegare. Assurdo, ma è disposizione
inderogabile. Ulteriore grossa anomalia, sempre
nell’articolo 67, riguarda i supercondomini. Il Legislatore, quando i partecipanti sono più di 60,
ha disposto un meccanismo assurdo e non più
rispettoso di quella forma assolutamente democratica che ha sempre contraddistinto le deliberazioni assembleari, e cioè che alla maggioranza
di millesimi debba sempre corrispondere anche
una maggioranza di teste. Viene quasi da pensare che nella fretta di agire – ma perché fretta,
considerando che hanno impiegato alcuni anni
fra Camera e Senato? – gran parte di coloro i
quali hanno legiferato neppure abbia letto tutti gli articoli. Un esempio? Il nuovo articolo 71
delle disposizioni di attuazione ricalca pari pari il
vecchio articolo 71, e dispone che sia tenuto un
registro “presso l’associazione professionale dei
proprietari di fabbricato”. Però questo registro
non è mai stato istituito, né lo sarà in avvenire,
in seguito alla soppressione dell’ordinamento sindacale fascista, per il decreto legge 369
del 23 novembre 1944, per cui sono rimaste, e
sono, lettera morta la dizione degli articoli 1129
e 1138 del codice civile richiamati dall’articolo
71. Che questo articolo esistesse nel codice del
1942 è comprensibile, ma oggi non è neppure
scusabile. L’avranno letto? Dubito fortemente, o
che lo abbiano compreso.
PARMA economica
53
ECONOMIA E società
ovvero abbiano formato oggetto di accordo da parte di tutti i condomini (Cass.
28.6.2004 n. 11960; Cass. 25.8.2005 n.
17276)». Nel caso invece «che abbiano
natura non convenzionale ma deliberativa perché approvate con deliberazione
dell’assemblea le tabelle millesimali che
devono necessariamente contenere criteri di ripartizione delle spese conformi a
quelli legali ed a tali criteri devono uniformarsi nei casi di revisione, possono essere
modificate dall’assemblea con la maggioranza stabilita dall’art. 1136 c.c., comma
2, ovvero con atto dell’autorità giudiziaria
ex art. 69 disp. att. c.c. (Cass. 28.6.2004
n.11960)».
L’art. 71 bis elenca i requisiti necessari per
lo svolgimento dell’incarico di amministratore di condominio, tra i quali annoto
l’obbligo di frequenza di un corso di formazione iniziale e quello di formazione
periodica.
A questo proposito osservo che non figurando nella legge alcun registro pubblico
54 PARMA economica
degli amministratori condominiali non è
dato di sapere dove si debba annotare l’avvenuto adempimento di tale obbligo di
formazione periodica.
L’art. 71 ter prevede che, su richiesta
dell’assemblea con la maggioranza di cui
al secondo comma dell’art. 1136 c.c., l’amministratore è tenuto ad attivare un sito
internet del condominio di cui le spese per
la attivazione e la gestione sono poste a carico dei condomini.
L’art. 71 quater disciplina la materia del
procedimento di mediazione nelle controversie in materia di condominio, l’obbligatorietà del quale è stata però recentemente
eliminata da una sentenza della Corte costituzionale.
Concludo questo mio scritto affermando
che solo la futura applicazione della legge
potrà sciogliere il dubbio, ora presente, se
la stessa contenga più luci o ombre.
ECONOMIA E società
La ricerca scientifica in
Italia: spunti di riflessione1
Il nostro Paese sconta un grave ritardo in tema di investimenti nella
formazione, nella ricerca e nella cultura. Una rotta da invertire al più presto.
Giorgio Marbach
Il sapere è potere, ma coloro che sviluppano il
sapere non gestiscono il potere
Scopo della scienza è seminare sapere ed opere;
ma bisogna non tralasciare la semina né mietere anzitempo
La ricerca su basi scientifiche è parte costitutiva dell’essere umano, sospinta dall’inesausta molla interna per cercare, capire,
ricercare l’infinitamente piccolo e
l’infinitamente grande. La scienPuntare solo alla za, nella sua più ampia e nobile
ricerca applicata è accezione, è «a great experience of
un grave errore freedom for truth»2 (una grande
esperienza di libertà per la verità). Quella di base è, in particolare, espressione autentica di libertà; essa
si presta solo parzialmente a riferimenti di
costo, che ne possono costituire il quadro
indiretto. La sua produttività può limitarsi alla mera soddisfazione intellettuale
oppure avere valenza di primo stadio per
successive applicazioni, che ne possono
scaturire con un lag temporale talora assai esteso. La mente non cessa di esplorare, con slancio, spesso senza chiedersi
se e dove risiede l’utilità di un eventuale
risultato.
Già nel Settecento Giambattista Vico era
consapevole che una repubblica priva di un
ordine di sapienti è destinata alla rovina e
a uscire dalla storia. Oggi occorre ribadire
che «uno Stato privo di una comunità di
cultura e di ricerca pura è destinato a perdere sovranità e prestigio per diventare la
periferia del mondo3».
Carlo Rubbia, nel 2003, ricordava che non
avremmo l’ingegneria genetica se Watson e
Crick non avessero scoperto cinquant’anni
fa la struttura del Dna. Puntare solamente alla ricerca applicata è una inaccettabile
limitazione.
Martha C. Nussbaum, rettore di Harvard4,
si chiede: «Le università stanno diventando prigioniere degli obiettivi immediati e
Un'immagine delle strutture
del Consiglio europeo per
la ricerca nucleare (Cern).
1 Sintesi. Il testo completo, con ampia
appendice statistica, è disponibile sul
sito www.unimercatorum.it ed è pubblicato a cura dell’editore Domograf
(Roma), maggio 2013.
2 Allocuzione del pontefice Giovanni
Paolo II in occasione della sessione
plenaria dell’Accademia delle Scienze del Vaticano. Science and the Future of Mankind, Pontificiae Academiae Scientiarum Scripta Varia, Jubilee
Plenary Session, Città del Vaticano,
2001, p. 19.
3 M. Cuccurullo, Le ali spezzate della
ricerca, Napoli, La Scuola di Pitagora
ed., 2012.
4 M.C. Nussbaum, Non per profitto.
Perché le democrazie hanno bisogno
della cultura umanistica, Bologna, Il
Mulino, 2011, p. 137.
PARMA economica
55
ECONOMIA E società
materiali che perseguono? Il modello del
mercato è ormai divenuto il parametro
fondamentale che definisce l’istruzione
superiore?».
Circa l’insufficiente sostegno offerto in
Italia alla ricerca richiamo la recente lettera-appello dei rettori ai partiti politici (17
febbraio 2013) il cui incipit recita: «Se vi
fosse una Maastricht delle università noi
saremmo ormai fuori dall’Europa».
Scoraggianti sono anche le parole pronunciate dal presidente della Repubblica,
Giorgio Napolitano, il 20 febbraio 2013
nel corso di un incontro al Quirinale con
l’associazione Gruppo 2003 per la Ricerca Scientifica: «Quello della ricerca è uno
dei temi su cui mi sono personalmente più
impegnato in questi sette anni… ce l’ho
messa tutta discutendo con ministri anche
in modo pungente… ma hanno vinto le
resistenze».
I dati relativi al ruolo della R&S (ricerca
e sviluppo, ndr) sono espressi in termini
finanziari e ragguagliati al Pil. Il quadro
che ne emerge è necessariamente limitato e parziale, come già indicato, giacché
molte attività di ricerca scientifica in senso
lato non sono riferite in modo precipuo al
sostegno economico.
Le spese per R&S, che nel seguito indicherò come investimenti, sono pari al 3,4% del
Pil in Giappone e al 2,9% negli Stati Uniti5. In Europa cinque Paesi svettano sugli
altri: Finlandia (3,8%), Svezia (3,4%), Danimarca (3,1%), Germania (2,8%), Austria
(2,8%). L’Italia si colloca mestamente al
17° posto, con un modesto 1,1%,
sintomo di malessere e segnale di
improprie priorità. La media dei Se vi fosse una
27 paesi dell’Unione Europea è Maastricht delle
pari al 2,2% del Pil, assai supe- università noi
riore a quella dell’Italia.
saremmo ormai fuori
Negli anni più recenti Cina, Co- dall’Europa
rea e India hanno provveduto
con vigore alla crescita delle proprie strutture scientifiche. In particolare
gli investimenti cinesi in R&S aumentano
stabilmente in misura ben superiore al Pil.
Nel Sud-Est asiatico sorgono città della
scienza. Alcuni ritengono che «tra qualche
anno il 90% degli scienziati e dei tecnici di
tutto il mondo vivrà sulle sponde asiatiche
dell’Indopacifico»6.
Le scelte politiche in Europa sono frammentate. Progetti unitari faticano a realizzarsi. Di contro a un taglio di 80 miliardi
nel bilancio federale effettuato due anni or
sono, il paese guidato dalla signora Angela
Merkel ha aumentato gli investimenti in
ricerca. La Germania ha poi programmato
fino al 2015 un aumento annuo del 5%
dei finanziamenti ai due grandi centri di
ricerca statali, la Max Planck Gesellschaft
e la Deutsche Forschungsgemeinschaft.
Inoltre, ha stanziato 12,7 miliardi di euro
per le università nel periodo 2011-2015 e
14,6 miliardi per l’alta tecnologia.
Laboratorio della Chiesi
Farmaceutici a Parma
5 I dati sono in genere riferiti al
2010-2011. Ne consegue che, con
l’aggravarsi della crisi economica, la
situazione potrebbe essersi modificata
in senso peggiorativo, soprattutto in
alcuni Paesi europei.
6 P. Greco, V. Silvestrini, La risorsa
infinita, Roma, Editori Riuniti, 2009,
p. 27.
56 PARMA economica
ECONOMIA E società
In Italia l’intero sistema della ricerca è
fortemente sottodimensionato. Sulla base
degli elementi attualmente disponibili gli
investimenti nel settore potrebbero tornare, a fine 2013, ai livelli del 19967.
Il settore privato è ben avvertito della
necessità di R&S per sostenere il ruolo
competitivo del nostro Paese nel contesto
mondiale, anche se è assai contenuta la capacità di attrarre finanziamenti
nazionali e dall’estero. OccorreLe scelte politiche rebbe saper richiamare capitali
in Europa sono esteri in misura ben superiore
frammentate. all’attuale 10%.
Progetti unitari Le imprese sostengono circa il
faticano a realizzarsi 54% degli investimenti complessivi; un ulteriore 3,6% è accreditato alle istituzioni private
non profit. Ma due multinazionali svizzere,
Roche e Novartis, da sole investono più
dell’intero settore privato della ricerca in
Italia.
L’università riesce ad assicurarsi poco più
del 28% degli investimenti. Le istituzioni
pubbliche ne ottengono appena il 14%.
Nel periodo 2008-2012 gli investimenti in
R&S sono aumentati a una media annua
pari ad appena lo 0,6% in termini nominali; quindi sono in contrazione a capacità
7 M. Cuccurullo, op. cit., p. 74.
Laboratorio della Stazione
Sperimentale per l'Industria
delle Conserve Alimentari
a Parma
d’acquisto costante.
Un indicatore che si può tener presente
è quello costituito dal numero di brevetti
registrati ogni miliardo di investimenti in
R&S. Qui, finalmente, non sfiguriamo. Di
contro a valori pari o lievemente superiori a 300 relativi a Germania e Svizzera il
nostro 226 è comunque prossimo alla media dell’Eurozona a 27 paesi, pari a 230.
Peraltro siamo superiori alla Francia e al
Regno Unito.
La ricerca di base si ritaglia un’aliquota
nell’ordine del 26%, in lieve crescita nel
triennio 2007-2009 e in diminuzione nel
2010.
Lo sviluppo sperimentale segnala una contrazione (2007-2010), passando dal 31% al
26% del totale. Cresce l’aliquota destinata
alla ricerca applicata, dal 43% al 49%.
Le imprese di ridotte dimensioni segnalano ovviamente un apporto assai contenuto di R&S, ciò che ne limita il tasso di
innovazione, con negative conseguenze in
termini di competitività sui mercati.
Le industrie alimentari e delle bevande
si assicurano appena l’1,6% di R&S. Alla
filiera agroalimentare, inclusi piscicolturapesca-caccia-tabacco, compete il 3% del
totale.
PARMA economica
57
ECONOMIA E società
Borexino, uno studio sui
neutrini condotto ai Laboratori Nazionali del Gran
Sasso
Gli investimenti in R&S si concentrano in
Lombardia e nelle altre regioni del NordOvest, soprattutto Piemonte ed EmiliaRomagna. Il Lazio si assicura il 15% e la
Campania il 6%. Nelle altre regioni del
Mezzogiorno, pur contraddistinte da non
trascurabili potenzialità, il finanziamento
di R&S è quasi assente. I cluster di imprese
maggiormente orientate all’investimento
in R&S si trovano in Emilia-Romagna.
A parità di fatturato un’impresa italiana
investe in R&S di tasca propria un quinto
di quanto non avvenga negli Stati Uniti o
in Giappone8.
Nelle attività di ricerca sono impegnati
225.600 addetti espressi in unità equivalenti a tempo pieno. Di questi il 50% è
ascritto alle imprese private, con 54mila
tecnici e oltre 38mila ricercatori. Gli addetti alla ricerca sono in definitiva 3,6
ogni 1.000 occupati, contro una media di
6 nella Ue. Peraltro la bibliometria segnala
un’elevata produttività di citazioni per ricercatore.
Il programma per giovani ricercatori o
«rientro dei cervelli» non è un successo.
Soltanto il bando 2009 è giunto a conclusione, per un contratto triennale. I vincitori provengono da New York, Chicago,
Baltimora, Montreal, Oxford, Cambridge,
Londra, Zurigo, Berlino. Si è diffuso l’allarme per il rischio di un imminente cul de
sac accademico. I ricercatori, quindi, si apprestano a emigrare di nuovo, questa volta
senza più guardarsi indietro.
I ricercatori italiani all’estero sono poco
58 PARMA economica
meno di 2.600. I costi di formazione di
questi studiosi sono stati sostenuti dal nostro Paese; i benefici della loro attività saranno ora goduti da altri.
Ma se il valore della ricerca non è più in
primo piano nella nostra società viene inesorabilmente a mancare il sostentamento
alla creatività.
Vorrei riservare un’attenzione particolare alla ricerca di base, che si origina nella
curiosità personale, nel desiderio di accogliere sfide intellettuali, nella capacità di
spezzare schemi e modelli, per una utopia.
La ricerca spontanea e libera può produrre
risultati privi di riscontri pratici o avere sul
piano empirico produttività differita. Ma è un caposaldo per lo
Il programma per
sviluppo della conoscenza.
Un esempio illuminante. Agli giovani ricercatori o
inizi del 1200 il matematico pi- «rientro dei cervelli»
sano Leonardo Fibonacci pro- non è stato un
pose la serie che da lui prese il successo
nome. Trattasi della successione di numeri interi ciascuno dei
quali è somma dei due precedenti; quindi:
1, 2, 3, 5, 8, 13, 21…
Ne esistono attualmente applicazioni in
svariati settori. Ad esempio: in musica, nei
rapporti tra le «misure» di brani musicali di Debussy, Bartòk, Stravinsky e altri;
in botanica, nel calcolo del numero delle
foglie lungo lo stesso ramo. I numeri di
Fibonacci sono utilizzati per le previsioni
sull’andamento dei titoli di borsa seguendo la teoria di Elliott; nell’informatica,
8 P. Greco, S. Termini, Contro il deper particolari algoritmi; nei frattali di
clino, Torino, Codice, 2007, p. 64.
ECONOMIA E società
9 E. Gagliasso, R. Memoli, M.E.
Pontecorvo (a cura di), Scienza e
scienziati: colloqui interdisciplinari,
Milano, Franco Angeli, 2011.
10 G. Losito, Postfazione: qualità e
quantità, in R. Cipriani, G. Losito (a
cura di), Dai dati alla teoria sociale,
Roma, Anicia, 2008, pp. 199-206.
Laboratorio nazionale del
Gran Sasso
Mandelbrot, in procedure che ricercano
soluzioni di problemi concreti ripetendo
migliaia di volte una stessa sequenza di
istruzioni.
L’Italia deve tutelare il proprio sigillo di
creatività, fantasia, capacità di creare bellezza anche intellettuale. Occorre quindi
dare supporto alla libertà di pensare a ciò
che non esiste, forse soltanto per ora, in
una prospettiva creativa. Senza ricerca a
tutto raggio la creatività avvizzisce.
Si è rafforzata la consapevolezza che in
una realtà sempre più interconnessa esiste
un ampio insieme di conoscenze alle quali
alcune specifiche discipline contribuiscono soltanto per una parte9.
In Italia, però, non ci si è liberati di un antico pregiudizio tra scienze «quantitative»
percepite come «esatte» e scienze sociali.
Le prime presumono di possedere una
sorta di superiorità intellettuale sulle seconde. Ma anche in queste ultime sussiste
un ancestrale atteggiamento di chiusura
nei confronti della matematica e aspetti
correlati, in quanto incapaci di pervenire
a interpretazioni, approfondimenti, in sintesi alla conoscenza.
Peraltro sia la ricerca qualitativa che quella quantitativa esigono un riferimento alla
realtà empirica. Le due impostazioni sono
opportunamente integrabili su basi pragmatiche, consentendo la realizzazione di
ricerche quali-quantitative10.
Federico Enriquez, notevolissimo matematico che ha operato nella prima metà del
Novecento, riteneva che una cultura classica potesse essere utile per l’apprendimento
delle matematiche. Ma occorre aver ben
presente che il mito dell’uomo rinascimentale è finito. In Italia persiste tuttavia una
retorica dell’umanesimo, in presenza di una
dicotomia con la cultura scientifica in cui la
seconda talora esclude la prima.
L’attuale crisi economica, iniziata come
crisi finanziaria, si è trasformata in esigenza di modifica profonda del modello
di sviluppo occidentale. Questo implica
un incessante aumento dei consumi senza
mai pervenire a saturazione, in presenza di
una sensibile e costante concentrazione di
ricchezza.
Occorre tener conto della crisi sociale con
un’attenzione specifica alle disuguaglianze
in quanto fonte di conflittualità e disgre-
PARMA economica
59
ECONOMIA E società
gazione. Il tutto senza più appoggiarsi
all’illusione di cambiamenti graduali.
Oggi disponiamo di una nuova versione
della teoria dell’evoluzione11 denominata
teoria degli equilibri punteggiati (punctuated equilibria), che rifiuta il determinismo
gradualistico della concezione darwiniana,
per sostituirlo con un processo «a salti».
Sussisterebbero dunque periodi di stasi nel
panorama delle specie, separati da rapidi
mutamenti dovuti all’estinzione di specie
vecchie e alla nascita di specie nuove. Nei
processi evolutivi gioca inoltre un ruolo
essenziale il caso. A questo modello ci si
potrebbe ispirare per analisi di carattere
sociale ed economico, come avviene per gli
algoritmi genetici e le reti neurali.
Occorre augurarsi che il tema della ricerca,
così come quello dell’istruzione universitaria, salga di qualche gradino nella scala di priorità del governo che è in fase di
avvio. In effetti nella campagna elettorale
non ve n’era traccia.
Peraltro, i dati suffragano una ovvia relazione tra risultati delle economie e ruolo
di ricerca-formazione-innovazione.
Solo un ampio serbatoio di potenziali addetti alla ricerca può assicurare alla stessa
risultati non occasionali. Non si può far
leva su eroi solitari, quali Marconi, Edi-
60 PARMA economica
11 N. Eldrege, S.J. Gould, Strutture
son, Pasteur, Jacobs.
del tempo, Torino, Hopefulmonster,
1991.
Le nazioni più acculturate saranno avvantaggiate da tutti i punti di vista, non soltanto nell’ambito del sistema economico.
L’Italia non è inserita in questo mainstream. Dobbiamo affermare a gran voce che
se è vero che l’istruzione ha un costo, è assai più elevato quello dell’ignoranza.
Dalla fonte OECD (Organizzazione
per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) si ottengono i dati sul
numero di laureati in età 25-64
anni standardizzati all’ammonta- Dobbiamo affermare
re della popolazione di pari età. a gran voce che se è
Su 22 Paesi l’Italia è melanco- vero che l’istruzione
nicamente ultima assieme alla ha un costo, è assai
Romania. Il rapporto tra il dato
più elevato quello
tedesco e quello italiano è per noi
assai deludente. La situazione dell’ignoranza
risulta ancora peggiore qualora si prendano in esame Canada, Giappone e Stati Uniti, tutti con un
rapporto superiore a 3:1 rispetto al nostro
Paese. Occorre però tener presente che i
confronti sono in parte fallaci, perché, ad
esempio, negli Stati Uniti si esce dal college
già a 15 anni, mentre in Italia un laureato
studia vari anni in più.
La ricerca è necessaria. Anche per fabbricare belle scarpe: intuizione, buon gusto,
Laboratorio Nazionale del
Gran Sasso
esperienza su basi artigianali non sono
ECONOMIA E società
sufficienti. Anche nell’agro-alimentare
l’innovazione apporta una marcia in più.
Persino la gestione del nostro Bel Paese
in funzione dell’accoglienza richiede professionalità a tutto raggio e puntelli per
suggellarne l’attrattività. Universitas Mercatorum (l’università telematica
delle Camere di Commercio itaUniversitas liane) si è fatta interprete di queMercatorum si è sta esigenza. Primi fra tutti gli
fatta interprete atenei telematici italiani stiamo
di una specifica avviando la laurea in management
esigenza di del turismo, con le immatricolazioni subito dopo l’estate.
innovazione La nostra cara Italia deve assolutamente ritagliarsi un posto adeguato tra i protagonisti della società della
conoscenza, per non pagar pegno nell’economia reale12.
Occorre peraltro tener presente che non
esistono credibili iniziative supernazionali
volte a creare le condizioni per affrontare i
grandi rischi che incombono sull’umanità:
tra i principali, la futura carenza di acqua
Ricercatore dei Laboratori
Nazionali del Gran Sasso
al lavoro.
dolce, l’inquinamento dell’aria, la riduzione della biodiversità. Il suolo coltivabile e
l’acqua sono gli elementi più importanti
per la sopravvivenza.
In definitiva, un sistema economico-sociale che si basi sulla necessità di consumi
crescenti senza posa appare chiaramente
insensato. Ma un nuovo modello fatica ad
affermarsi e appare ancora utopia. Peraltro «utopias are emigrated wishes: science is a
way to recover them»13 (le utopie sono desideri emigrati: la scienza è un modo per recuperarli). Ma sarà la forza della realtà ad
avviarlo, come principale – se non unico –
portato positivo della fine dell’attuale crisi.
La scienza non è una sorta di scatola nera
o di stabilimento industriale chiuso che
sforna «prodotti», bensì è un processo
cognitivo e sociale. La biodiversità della
scienza è la vita del sapere libero.
Ludwig von Mises14 aveva già segnalato che l’essere umano è necessariamente
homo agens, che opera per rimuovere una
«insoddisfazione» e quindi per risolvere un
problema nel quale si sia imbattuto. L’azione è problem oriented.
Resta intatta l’attrazione verso il non conosciuto. Il fascino dell’ignoto è il richiamo a una sfida che l’umanità non si stanca
mai di affrontare. Quella stessa che impone di conquistare le cime delle montagne
più alte, con o senza bombole di ossigeno.
Siamo ancora e sempre con Newton, con
in mano le poche conchiglie della limitata conoscenza acquisita, di fronte al mare
sterminato della conoscenza che non possediamo.
Il nostro eroe è Odisseo, con la sua politropia. «L’uomo dai mille percorsi15» dopo
innumerevoli avventure, quasi al termine
della vita, riprende a navigare. Per l’inesausta necessità del nuovo non ancora scoperto da alcuno.
12 M. Cuccurullo, op. cit.
13 J. Mittelstrass, Science as Utopia
14 L. Von Mises, L’azione umana,
Torino, UTET, 1949.
15 Omero, Odissea, a cura di F. Ferrari, Torino, UTET, 2001, p. 77.
PARMA economica
61
mercati esteri
Cina, un’opportunità per il
nostro agroalimentare?
Sono sempre più numerose le aziende che guardano all'export per
compensare il calo dei consumi interni: e il colosso asiatico è ormai un
mercato di sbocco decisivo
Francesca Caggiati
Pensare alla Cina come un lontano miraggio è quanto mai sbagliato, considerate
le possibilità di esportazione che esistono oggi per le imprese anche di piccole e
medie dimensioni. Altrettanto sbagliato,
però, è pensare che il mercato cinese sia
privo di insidie e ricettivo di tutti i prodotti in commercio. Non solo normative
e burocrazia possono essere scogli difficili
da sormontare, ma anche i gusti della popolazione media cinese in termini di palato e attrazione al packaging sono molto
diversi da quelli occidentali. I fattori chiave della ricettività di prodotti alimentari
esteri da parte del mercato cinese sono essenzialmente quattro: il costante aumento
della popolazione, l’urbanizzazione, l’incremento del reddito pro capite, la propensione agli acquisti e, infine, i cambiamenti
62 PARMA economica
nello stile alimentare, sempre più incline
ai nuovi prodotti.
Se nel 2010 la Cina rappresentava il 35%
del prodotto interno lordo statunitense,
entro il 2020 (gli ultimi dati Ocse stimano già dal 2016) sorpasserà gli Stati Uniti
diventando la prima potenza economica
mondiale.
Nel 2012 il Pil della Cina è cresciuto del
7,8% secondo i dati diffusi recentemente
dall'Ufficio centrale di statistica di Pechino. Il ritmo di crescita rimane sostenuto, ma nettamente inferiore a quello degli
anni precedenti, a causa dell’incapacità di
colmare appieno il calo delle esportazioni
attraverso la domanda interna.
La crescita a due cifre dell’ultimo decennio
ha incrementato notevolmente i rapporti
commerciali tra Italia e Cina, ed ha evi-
mercati esteri
Figura 2 - Mercati e classi di reddito
denziato la necessità delle imprese di prepararsi prima di entrare in questo mercato,
non solo con servizi di consulenza appropriati, ma anche attraverso una formazione specifica del management, con nozioni
di business etiquette e background culturale,
indispensabili se non si vogliono commettere gaffe che possono anche vanificare una
trattativa commerciale.
Con una popolazione di oltre 1,3 miliardi di abitanti e un’area coltivabile di 122
milioni di ettari, la Cina è il secondo importatore al mondo ed è importatore netto
di prodotti agricoli dal 2003. Questo trend
continuerà, con una crescita della domanda di generi alimentari più elevata della
produzione interna, in quanto la già numerosa popolazione, in continuo
aumento e con redditi crescenti,
Secondo le ultime richiederà una sempre maggiore
stime Ocse, il Pil quantità di prodotti. Alimencinese supererà ti tradizionali della dieta cinese
quello Usa come i cereali e i tuberi stanno
già nel 2016 lasciando spazio a cibi non tradizionali come la carne e la frutta. I
cinesi che vivono nelle città hanno redditi più elevati degli abitanti delle
aree rurali e consumano di più, in particolare prodotti freschi, oli e grassi. Acquistano anche beni congelati o surgelati e prodotti deperibili, in quanto dispongono di
frigoriferi e congelatori. I lavoratori rurali
che migrano verso le città, invece, entrano
in contatto con alcuni prodotti specifici
delle aree urbane, quali snack confezionati
e alimenti processati, che inducono a nuove tipologie di consumo.
Il paniere di riferimento si sta modificando velocemente ed è sempre più ricettivo
di nuovi prodotti di importazione.
I generi alimentari maggiormente rilevanti oggi in Cina sono i seguenti da:
• bevande. La categoria è cresciuta rapidamente negli ultimi 30 anni, con
un’offerta sempre più ampia che include bevande gassate, tè, acque minerali e, più di recente, bevande a base di
frutta. È una tipologia che progressivamente si sta spostando verso prodotti
sempre più salutari e nutrienti, con il
risultato che la vendita dei succhi al
100% di frutta, i drink a base di frutta, il tè e le acque in bottiglia stanno
progressivamente erodendo la quota di
mercato delle bevande gassate. Il leader
di mercato dei nettari e succhi al 100%
di frutta è Huiyuan, ma essendo meno
costose sono più diffuse le bevande a
base di frutta dei marchi Minute Maid,
President e Kanshifu;
• carni lavorate. La Cina è il più grande produttore di carne e produce quasi il 30% del fabbisogno mondiale. La
produzione è destinata a crescere per il
PARMA economica
63
mercati esteri
sempre maggiore consumo interno di
chi vive nei centri urbani, ma anche per
la forte richiesta proveniente dai mercati asiatici, in particolare l’area ASEAN1;
• prodotti lattiero-caseari. Il comparto
ha avuto un tracollo nel 2008 in seguito allo scandalo del latte confezionato
che abbassò la fiducia dei consumatori e pose seriamente il problema della
sicurezza alimentare. Ora il settore si
sta riprendendo anche grazie all’introduzione di nuovi prodotti sul mercato,
come diverse varietà di yogurt che puntano sulla sicurezza e la genuinità del
prodotto;
• olio da cucina. La richiesta di cibi salubri ha portato significativi cambiamenti nel settore degli oli da cucina,
in particolare nella produzione di oli
meno grassi e con confezioni più piccole. I marchi Jinlongyu, Fulinmen e
Luhua detengono l’80% del mercato e
il leader Jinlongyu ha lanciato nel 2010
il suo olio di pesce con proprietà che
favoriscono il sistema cardiovascolare;
• birra. Il consumo di birra negli ultimi
20 anni è cresciuto rapidamente e la
modernizzazione degli impianti cinesi
ha portato all’espansione del comparto
e a un’accesa competizione. Sebbene il
mercato cinese sia per consumo complessivo il primo al mondo, la quota pro
capite è stata finora relativamente contenuta a causa dei bassi livelli di reddito. Con il recente aumento dei salari e
della disponibilità di spesa il settore è
in forte crescita e la qualità del prodotto in termini organolettici sta diventando sempre più una discriminante
negli acquisti. I maggiori brand nazionali sono Tsingtao, presente anche in
64 PARMA economica
Italia, Yanjing Beer e Snow;
• vino Il mercato enologico cinese continua a crescere molto velocemente e il
consumo di vino pregiato rientra negli
status symbol delle classi più abbienti.
Forte l’importazione di vini francesi e
italiani di alta gamma, ma anche i due
leader di mercato ChangYu e Great
Wall hanno creato una loro linea di
vini di lusso che stanno iniziando ad
esportare. Entro il 2014 la Cina diventerà il sesto paese al mondo per consumo di vino.
La Cina è un paese politicamente stabile che si estende su un Il governo cinese
territorio molto vasto con climi sta incoraggiando i
e abitudini alimentari assai di- consumi interni, per
verse tra loro. Basti pensare che bilanciare il minore
a Nord confina con la Siberia e export dovuto alla
a Sud con paesi come Vietnam
crisi economica
e Laos. Inoltre esiste una grande
disparità di reddito tra le province, e le aree con introiti più elevati sono
le più propense ad acquistare prodotti di
importazione.
Il numero di cinesi milionari poi è passato da poche decine all’inizio degli anni
Duemila a oltre un migliaio di oggi, di cui
quasi il 10% sono trentenni che hanno costruito la propria fortuna in pochi anni.
Anche grazie al fatto che il governo cinese sta incoraggiando i consumi interni, per bilanciare il minore export dovuto
alla crisi economica in atto soprattutto
in Europa, le vendite al dettaglio sono
in crescita del 10-12% e rappresentano
complessivamente il 36% del prodotto
interno lordo.
Con questo incremento di domanda inter1 L’area Asean è composta da
na per le nostre imprese l’ingresso in Cina
Myanmar (ex Birmania), Thailandia,
Laos, Vietnam, Cambogia, Indoneè diventato un obiettivo assai allettante, in
sia, Malaysia, Brunei, Singapore e
Filippine.
particolare su alcuni segmenti della popo-
mercati esteri
Pechino.
lazione.
La società Ogilvy & Mather Advertising
ha delineato i profili dei nuovi consumatori individuando i tre segmenti più interessanti: i giovani, la classe media e le donne,
a cui si aggiungono i “prosumers”,
giovani molto attivi sul web che
Le aziende italiane riescono a influenzare le scelte
devono avere un di acquisto della loro cerchia di
prodotto idoneo o amicizie. Con una comunicazioadattato ne mirata si riescono a ottenere
al mercato cinese ottimi risultati in termini di fidelizzazione del cliente, notorietà
del marchio e qualità percepita.
Non bisogna però tralasciare, né sottovalutare, i rischi e le difficoltà che si incontrano in questo Paese (si veda in particolare
il riquadro Le difficoltà dell’export italiano).
In primis le aziende che vogliono operare
in Cina devono avere un prodotto idoneo
o adattato al mercato cinese. Ad esempio,
un’azienda italiana di prodotti da forno
come i biscotti può pensare di produrre
una variante allo zenzero o al ginseng studiata appositamente per i mercati asiatici,
con un packaging ad hoc, quest’ultimo fattore potenzialmente in grado di incidere
sulle vendite per un buon 50%.
Per testare sul campo i prodotti italiani
che si vogliono esportare non è necessario
andare in Cina. Le comunità cinesi a Milano o nel distretto di Prato possono essere
il set di un market test per capire se un prodotto made in Italy incontra il gusto cinese,
prima di cimentarsi in costosi progetti di
export che possono non portare ai risultati sperati. Predisporre un sito in cinese
diventa poi un veicolo di comunicazione
privilegiato e avere un dipendente cinese
in Italia facilita i rapporti con buyer e distributori in Cina.
Uno strumento utile e poco oneroso è rap-
presentato anche dai progetti di cooperazione, vere e proprie partnership di lungo
termine - di cui la Fondazione Italia Cina
è promotrice - per lo scambio di personale e periodi di apprendimento tra aziende
italiane gemellate con altrettante aziende
cinesi. Sono interessanti anche i progetti
di incoming per studenti e turisti in quanto
potenziali “ambasciatori” dei nostri prodotti in Cina.
Disporre già dal primo incontro di biglietti da visita in italiano o inglese da un lato
e in cinese sul retro viene molto apprezzato e ben dispone l’interlocutore. Inoltre è
opportuno invitare l’importatore/distributore con cui si vuole iniziare un rapporto
commerciale a visitare la propria azienda
in Italia.
Avvalersi di consulenti esperti è comunque fondamentale: in Cina non esiste un
sistema camerale, non c’è l’obbligo di presentazione dei bilanci o di fatturazione,
quindi è necessario affidarsi a un istituto
di credito presente e radicato sul territorio
per avere un report finanziario sul potenziale buyer.
Inoltre un recente accordo tra l’ICE e
China Merchant Bank facilita le imprese
italiane nell’accesso al credito da utilizzare
per investimenti in Cina, ad esempio per
aprire un ufficio, che mediamente costa
150mila dollari all’anno.
Una leva di marketing strategico indispensabile rimane la distribuzione, senza
la quale un prodotto non viene commercializzato e a cui devono necessariamente
affiancarsi strategie di ingresso e promozione mirate a far conoscere le nuove referenze nei punti vendita, incentivandone
l’acquisto finale. Perché ciò che conta non
è il sell in, ossia la presenza del prodotto
nei punti vendita, ma il sell out, cioè l’ac-
PARMA economica
65
mercati esteri
Figura 3 - Rete distributiva Goodwell China
quisizione finale da parte del consumatore.
Se nel 2005 per raggiungere l’80% della
classe media era sufficiente essere presenti
nelle 60 città più importanti, oggi bisogna
essere supportati da una rete distributiva
in oltre 150 città, che nel 2020 supereranno quota 200.
Sinodis2 è uno dei principali distributori
nel settore retail e e-commerce di prodotti
alimentari, presente in oltre 100 città e con
una penetrazione di mercato del 90%. In
media approva due nuove referenze ogni
300 richieste di acquisto e non accetta
quantità minime. La shelf life dei prodotti,
che deve essere di almeno 9-12 mesi, e la
supply chain sono i principali punti critici.
Negli ultimi anni il numero di container
dalla Cina verso l’Italia è diminuito con il
conseguente aumento dei costi e dei tempi
di consegna. Per ovviare a questi problemi il prodotto è importato per via aerea,
come nel caso del mascarpone, oppure
congelato, soluzione utilizzata ad esempio
da Ferrero. Inoltre anche packaging e labelling rappresentano una questione da non
sottovalutare: Hong Kong e Taiwan hanno
una legislazione differente da quella cinese e quindi sono necessarie due confezioni
diverse per essere presenti su entrambi i
mercati. Per registrare poi un marchio in
Cina, una volta tradotta e presentata la relativa domanda, sono necessari dai due ai
66 PARMA economica
tre anni. In aggiunta è indispensabile poter contare su una persona di fiducia in loco, che controlla l’operato dell’importatore e
dei punti vendita, e verificare la
corretta esecuzione dell’accordo
commerciale, che dovrebbe contenere fin da subito gli aspetti
relativi al marketing e alla comunicazione da attuare sul posto.
Bisogna considerare
che per registrare
un marchio in Cina
passano dai due ai
tre anni
Un corner promozionale di
Lotus in un punto vendita
della catena Goodwell
China.
2 www.sinodis.com.cn/en
mercati esteri
Figura 8 - Export area ASEAN e Cina 2010 e 2011
3 www.goodwellchina.com
4 www.ecoglobalgroup.asia
Goodwell China3, società attiva dal 1993 e
presente in sei settori per un totale di 100
marche trattate di cui segue l’intera supply
chain, serve 3.950 outlet e dispone di 350
concessionari nelle città secondarie (fig. 3).
Fanno parte del suo network di vendita realtà come Carrefour, Auchan, Tesco e Metro nella categoria supermercati e ipermercati, i punti vendita City Super, Olè, Sogo e
Jusco e i convenience store Eleven, Lawson e
Family Mart, solo per citarne alcuni. Inoltre rifornisce catene alberghiere come Hilton, Marriot e Shangri–La. Attenta a tutti i
fattori di marketing con un approccio integrato, si occupa anche della partecipazione
a fiere, promozioni nel punto vendita (fig.
4), distribuzione di campioni omaggio, social media e sponsorizzazioni. Tra le marche
italiane trattate: Bauli, Citterio, De Cecco e
San Benedetto.
CWS, sussidiaria di un gruppo francese4
presente in Cina dal 2006 con propri uf-
fici a Shanghai e Beijing, importa vini e
liquori occupandosi della rietichettatura
delle bottiglie in loco e della vendita nel
canale Ho.Re.Ca. (hotel, ristoranti e bar),
anche attraverso concessionari. L’Italia
è al quarto posto per venduto nel settore wine&spirit dopo Francia, Australia e
Spagna, con oltre 2 milioni di dollari di
fatturato e previsioni di vendita in aumento, tanto che la CWS è alla ricerca di nuove referenze da inserire nel suo portfolio
prodotti (fig. 5).
Metro Cash & Carry China importa direttamente i prodotti alimentari destinati ai
canali Ho.Re.Ca., trade (piccoli rivenditori e dettaglianti) e SCO (aziende e uffici).
Metro è leader internazionale nella vendita
all’ingrosso self service B2B ed è presente
in Cina da oltre 10 anni con 54 punti vendita dislocati in 39 città. Ha un assortimento composto da 25mila referenze con
differenti formati e adotta un sistema di
La sezione degli oli in un
punto vendita Carrefour in
Cina.
PARMA economica
67
mercati esteri
Figura 6 - Importazione di generi alimentari da parte di Metro China
Fonte Metro Group
tracciabilità dei prodotti completo, dalla
produzione al punto vendita. Per la filiale
cinese l’Italia è il terzo fornitore di generi
alimentari e i prodotti maggiormente importati sono vino, olio, caffè, cioccolato e
pasta. Tra i marchi trattati: Berio, Lavazza,
Mutti, Paluani e Saclà (fig. 6).
Per promuovere e incentivare la vendita
dei prodotti italiani Metro organizza insieme alle aziende fornitrici training per
i propri dipendenti, degustazioni e dimostrazioni per i clienti su come utilizzare e
cucinare gli alimenti, e riserva una settimana all’Italia durante il Food Festival dei
prodotti importati che organizza nei punti
vendita5.
Un’indagine sul mercato asiatico6 corredata da un focus sull’export italiano condotta
da Fiere di Parma evidenzia un vero boom
dei prodotti da forno e farinacei, con un
5 www.metro.com.cn
6 Fiere di Parma è stata presente al
Thaifex, la fiera alimentare di riferimento per il bacino asiatico, a Bangkok dal 22 al 26 maggio 2013, in cui
CIBUS e Anuga hanno organizzato
una collettiva di aziende italiane.
Figura 7 - Export prodotti alimentari italiani verso la Cina I semestre 2012 su 2011
68 PARMA economica
mercati esteri
Figura 8 - Export area ASEAN e Cina 2010 e 2011
incremento nel primo trimestre del 2012
di oltre l’82% rispetto al primo trimestre
del 2011 e un considerevole incremento anche per frutta e ortaggi lavorati e
conservati, solo i prodotti delle industrie
lattiero-casearie sembrano segnare il passo
con un decremento di mezzo punto (fig.7).
L’export italiano di alimenti è un settore
in continua crescita, anticiclico, che ha
raggiunto e superato il settore della meccanica, ma ancora molto si può
fare considerato che in Italia susDi cruciale sistono alcune malattie che penaimportanza è la lizzano l’esportazione di prodotti
possibilità, ad oggi animali e che i rapporti con le
remota, di ottenere i istituzioni cinesi non sono fluitesti delle norme in di come auspicherebbe7 il nostro
Ministero della Salute .
lingua inglese Esistono regole sanitarie mondiali
nel commercio degli alimenti; e
con l’adesione all’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto)8, gli Stati membri9 accettano il principio generale di non
frapporre barriere alla libera circolazione
delle merci, fatte salve misure di ordine
7 www.salute.gov.it
sanitario e fitosanitario. Le limitazioni del
8 World Trade Organization (WTO),
www.wto.org
commercio devono essere adeguatamente
9 La Cina è membro del WTO dall’11
legittimate, non discriminatorie, e comunidicembre 2001.
10 Tutti gli accordi/certificati sanitari
cate agli altri Paesi aderenti al Wto.
tra l’Italia e un Paese terzo sono diPur essendoci la possibilità di instaurare
sponibili sul sito del Ministero della
Salute nell’area tematica veterinaria
rapporti di esportazione con un Paese terinternazionale.
zo sulla base di soli accordi commerciali
tra imprese - almeno con quei Paesi che
non chiedono espressamente un coinvolgimento della nostra autorità centrale e
di quelle territoriali - la definizione di un
accordo ufficiale tra autorità competenti è
sempre auspicabile10.
Esiste una differenza sostanziale nel commercio mondiale tra prodotti di origine
animale o composti e prodotti di origine
vegetale, considerati a minor rischio dal
Paese importatore e quindi spesso non
soggetti ad accordi o certificati sanitari. Le
autorità cinesi autorizzano gli stabilimenti
di prodotti a base di carne, seme bovino,
ecc., solo previa visita ispettiva da parte
degli esperti cinesi.
Unica eccezione, per ora, i prodotti lattiero caseari, settore dove sono autorizzati
tutti gli stabilimenti riconosciuti idonei
agli scambi intracomunitari.
La visita ispettiva preventiva comporta
difficoltà organizzative rese più acute, oltre che dalla distanza fra i due Paesi, da
una “riferita” carenza di personale cinese
coinvolto in questa peculiare attività. L’Italia sta aspettando da ormai sei anni una
seconda visita ispettiva da parte delle autorità cinesi al fine di aumentare l’attuale limitato numero di impianti abilitati
all’export di prodotti a base di carne suina
PARMA economica
69
mercati esteri
sottoposta a trattamento termico.
La negoziazione procede con estrema lentezza e per ogni protocollo e/o certificato
concordato le autorità cinesi richiedono
la compilazione di corposi questionari finalizzati ad avere informazioni estremamente dettagliate sul nostro sistema: organizzazione, situazione epidemiologica,
controllo ed eradicazione delle malattie
animali, piano residui, alimentazione animale, utilizzo di farmaci veterinari, igiene durante le fasi della macellazione degli
animali e successive lavorazioni delle carni
da essi ottenute.
La facoltà di richiedere informazioni (i
cosiddetti questionari) è legittima, ma una
volta abilitato il sistema le successive trattative per altri prodotti dovrebbero essere
in qualche modo semplificate.
Un ostacolo oggettivo è l’estrema difficoltà a reperire, anche attraverso le vie ufficiali, il testo dei provvedimenti cinesi in
lingua inglese e questo è un punto di cruciale importanza. La confusione su alcune
specifiche questioni, ad esempio i prodotti
composti, potrebbe essere superata con la
sola conoscenza dei requisiti.
La maggior parte dei certificati concordati prevede attestazioni che garantiscano la conformità dei prodotti a normativa
cinese: ad esempio, per i prodotti a base
di carne suina stagionati bisogna attestare
il mancato superamento dei livelli di farmaci, metalli pesanti fissati fra l’Unione
Europea e la Cina o l’assenza di contaminazione come da norme italiane e cinesi.
L’Italia rispetta quanto previsto dalla legislazione comunitaria in materia di residui
e criteri microbiologici e in base al pacchetto igiene assicura che i prodotti esportati siano sottoposti agli stessi controlli
70 PARMA economica
Punto vendita Olä sezione
previsti in area UE, ma non è in possesso
Salumi a libero servizio e
di informazioni ufficiali su quanto previsto
servito - La sezione salumi,
a libero servizio e servito,
dalla Cina. Ad esempio, l’Italia non può
in un punto vendita Ola
esportare prodotti avicoli in quanto concinese.
siderata infetta da influenza aviaria ad alta
patogenicità, nonostante dal 2006 non si
siano più verificati focolai nel nostro Paese. Risulta esclusa la possibilità addirittura
di esportare prodotti avicoli sottoposti a
trattamenti termici in grado di distruggere
il virus eventualmente presente.
Un esempio per tutti, il divieto di utilizzare il lisozoma come conservante e quindi
l’impossibilità di esportare prodotti come
il Grana Padano.
Risulta inoltre impossibile esportare in
Cina prodotti suini diversi da quelli sottoposti a trattamenti quali la stagionatura
di almeno 313 giorni (solo quattro macelli
e 36 prosciuttifici, tutti a filiera completa,
sono accreditati) o la cottura a 70 °C per
mezz’ora. Sono escluse sia le carni suine
fresche, sia altri prodotti a base di carne
suina diversi da quelli menzionati.
Quanto sopra per la presenza della peste
suina africana in Sardegna e della
malattia vescicolare del suino in
Calabria e Campania: anche in Molto restrittiva la
tal caso l’orientamento cinese non normativa cinese
tiene conto delle indicazioni della sugli alimenti:
World Organization for Animal è prevista una
Health (Oie) in tema di regiona- serie complessa
lizzazione. Inoltre risulta imposdi attestazioni di
sibile esportare riso prodotto in
conformità
Italia per ragioni non chiare.
Un ulteriore ostacolo all’esportazione in Cina è dato da eccessivi oneri burocratici delle procedure attuate da
AQSIQ/CNCA, la General Administration of Quality Supervision, Inspection
and Quarantine e la Certification and Accreditation Administration.
Nonostante l’importanza del mercato cinese per il nostro export alimentare, è imprescindibile un maggiore coordinamento
tra iniziative pubbliche e private, affinché
venga recepito a tutti i livelli il concetto
che gli alimenti italiani sono al massimo
livello di sicurezza sanitaria.
Allo stesso modo è necessario spingere
le autorità cinesi verso un adeguamento
agli standard sanitari internazionalmente
riconosciuti per stilare un accordo di cooperazione economica Italia-Cina con una
commissione mista che si riunisce annualmente per affrontare le questioni economiche bilaterali11.
mercati esteri
Shanghai.
La Cina è un mercato di sbocco di sicuro interesse per le imprese agroalimentari
italiane, ma non è privo di “pericoli” per le
aziende che intendono operare in un Paese
così lontano, non solo dal punto di vista
geografico, e in cui prima di conseguire un
ritorno economico è necessario sostenere
costi iniziali anche ingenti. Per fortuna
non esiste una sola formula per entrare nel
mercato cinese, ma tante possibilità di inserimento che passano dalle joint venture,
ai piccoli corner nei punti vendita. Ogni
azienda deve studiare la soluzione migliore in base alle proprie risorse economiche,
umane, merceologiche e produttive, tenendo conto che ci possono volere anche
anni prima che il proprio prodotto possa
essere commercializzato.
Per chi oggi deve iniziare da zero a trovarsi uno spazio nel Paese più popoloso
del mondo la scelta deve essere ancora più
ponderata. Esistono mercati emergenti e
altamente appetibili dal punto di vista dello sviluppo e della capacità di acquisto dei
nostri prodotti per chi vuole cominciare a
esportare in nuovi mercati esteri (fig. 8). I
dati parlano chiaro: Thailandia, Indonesia,
ex Birmania, Brunei, Malaysia, Singapo-
re e Filippine, la cosiddetta area ASEAN,
rappresentano oggi il futuro del nostro export.
Webgrafia
www.ice.it
www.wto.org
www.oecd.org
www.salute.gov.it
www.italychina.org
www.agichina24.it
www.cameraitachina.com
www.sviluppoeconomico.gov.it
Le difficoltà dell’export italiano
11 Fonte: intervento di Piergiuseppe
Facelli, direttore ufficio rapporti internazionali del Ministero della Salute
durante il China Business Incubator
presso Fiere di Parma, 11 e 12 luglio
2012.
• Difficoltà nell’individuare partner appropriati e affidabili
• Insufficienza dei canali distributivi
• Burocrazia e ottenimento licenze: procedure amministrative onerose e
incerte, certificazioni complesse
• Regolamentazione poco chiara: sistema di autorizzazioni frammentario
e stratificato
• Violazione dei diritti di proprietà intellettuale
• Differenze linguistiche e culturali
• Scarsa conoscenza del sistema cinese da parte delle imprese italiane
• Protezionismo: barriere tariffarie e non-tariffarie, restrizioni sanitarie, divieti assoluti
• Distanza geografica: problemi legati al trasporto e alla consegna
• Corruzione
• Vincoli/limiti nella gestione delle risorse umane e manageriali
• Legame della popolazione con le proprie tradizioni gastronomiche
Fonte: Fondazione Italia Cina - CeSIF
PARMA economica
71
mercati esteri
«Un mercato potenzialmente
infinito»
Intervista all’export manager di Agugiaro&Figna, una delle imprese
parmensi che da alcuni anni ha cominciato a investire nell’export verso il
gigante asiatico
A cura di Andrea Della Valentina
Il gruppo Agugiaro&Figna è una delle
aziende storiche della provincia di Parma.
Attivo nel settore molitorio dal lontano
1860, rappresenta oggi un punto di riferimento nel panorama italiano ed europeo
per farine e semilavorati per la panificazione, la pasticceria, la pizzeria e la pasta
fresca. Difficilmente lo sviluppo impetuoso del mercato cinese avrebbe potuto passare inosservato agli occhi una società ormai diversificata e attenta all’export. Negli
ultimi anni, infatti, la Agugiaro&Figna ha
potenziato la propria presenza in Cina. I
numeri sono «ancora piccoli ma incoraggianti» e la prospettiva è quella di un investimento di lungo periodo. Ne abbiamo
parlato con l’export manager, Riccardo
Agugiaro.
Quando avete deciso di guardare al mercato cinese e perché?
Siamo stati per la prima volta in Cina nel
2005 partecipando a una fiera di settore
come semplici visitatori. Volevamo capire
quali erano le aziende che esportavano lì
e in particolare quali le europee, scoprendo che c’erano soprattutto multinazionali.
Abbiamo quindi deciso che poteva essere
interessante partecipare a fiere di settore
e nel 2008 abbiamo iniziato, questa volta
come espositori, continuando per tre anni,
finché abbiamo trovato un importatore in
loco. È un mercato immenso e in grande
crescita, e anche una sua minima quota sarebbe per noi interessante. Inoltre, pur essendo il settore alimentare molto orientato
alla produzione interna - i cinesi mangiano
riso, fondamentalmente - abbiamo notato
dei cambiamenti negli usi. Molte catene
occidentali stavano cominciando a investire non solo nella moda ma anche in ristoranti di lusso e in catene commerciali. E la
pizza iniziava ad avere un certo sviluppo,
in modo diverso dall’Italia perché si tratLo stabilimento dei Molini
Figna.
72 PARMA economica
mercati esteri
tori cinesi. Inoltre la taglia che vendiamo
là è il pacco di farina da 1 kg, contro il sacco da 25 kg usato nelle pizzerie europee,
perché in Cina resta l’abitudine di andare
al supermercato e comprare la farina europea al pacchetto.
Qual è il vostro target?
All’inizio l’obiettivo era vendere agli europei espatriati che vivevano in Cina, abituati a mangiare in alberghi o ristoranti
occidentali. Ma a rimorchio sta nascendo
un mercato prettamente cinese, di persone
che copiano le nostre abitudini. È a loro
che guardiamo come consumatori finali.
Per ora, comunque, vendiamo a pizzerie
e supermercati. Lavoriamo principalmente a Pechino e Shanghai, perché qui c’è la
maggiore concentrazione di ristoranti e
alberghi.
Come avete organizzato la distribuzione?
Abbiamo appunto trovato un partner locale che lavora come main importer. È una
persona di origini italiane, sposato con
una cittadina cinese, che ha fatto da trait
d’union tra noi e il mercato locale. Per noi
distribuisce in esclusiva. Inoltre si occupa
di alcune iniziative di marketing.
Riccardo Agugiaro.
tava soprattutto di catene internazionali
come Pizza Hut o Domino, ma per nostra
esperienza quando queste catene partono
nel giro di una decina d’anni prende piede,
a ruota, anche il settore artigianale. Ecco
perché abbiamo ritenuto che essere i primi
in questo campo avrebbe potuto darci un
certo vantaggio competitivo.
Con che prodotti o marchi siete sbarcati?
Li avete mantenuti uguali al mercato italiano o avete introdotto delle modifiche?
Siamo in Cina col marchio 5 Stagioni, il
nostro brand specifico di prodotti per la
pizza. Ad essi abbiamo affiancato dei prodotti per panificazione e pasta fresca a uso
casalingo: originariamente non avevano il
marchio 5 Stagioni, ma ci serviva uscire
con un brand unico, pensavamo che sarebbe stato più efficace.
I prodotti sono uguali a quelli italiani ma
abbiamo dovuto fare delle modifiche di
packaging. Il primo anno solo l’etichetta
era diversa, poi abbiamo creato un packaging apposito, che andasse incontro alle
esigenze, anche linguistiche, dei consuma-
Di quali iniziative si tratta?
Nella fiera di settore che quest’anno abbiamo fatto insieme a Shanghai, abbiamo
ideato un concorso sulla pizza: le pizzerie locali mandavano i loro pizzaioli a gareggiare e il primo classificato vinceva un
viaggio in Italia, pagato da noi, per partecipare ai campionati mondiali di Parma
(15-17 aprile 2013, ndr). Ma soprattutto
con lui stiamo avviando una scuola per
formare pizzaioli, che sarà pronta a giugno
2013 in una struttura molto bella. Faremo
anche un piccolo evento inaugurale con
l’istituto di cultura all’ambasciata d’Italia
a Pechino. L’obiettivo è fare in modo che
i pizzaioli mandati dalle catene di pizzerie
a formarsi da noi tornino in azienda continuando a utilizzare la nostra farina che,
essendo un prodotto italiano, è di qualità
superiore a quello della concorrenza. Per
fare questo non abbiamo delocalizzato: dal
punto di vista organizzativo abbiamo solo
dei tecnici che periodicamente partono
dall’Italia e vanno là per dare assistenza al
nostro main importer, soprattutto in vista
della nascita della scuola, che una volta a
PARMA economica
73
mercati esteri
regime formerà persone in loco capaci di
tenere regolarmente questi corsi. È chiaramente un investimento di lungo periodo,
sia perché pensiamo che i margini di crescita nel mercato cinese siano potenzialmente infiniti, sia perché si tratta di uno
sforzo culturale: ecco il motivo per cui
puntiamo sulle scuole.
Quali sono le principali difficoltà che
avete incontrato?
Inizialmente, quando partecipavamo solo
alle fiere, tornavo in Italia con un elenco di
centinaia di potenziali contatti, ci lavoravo
sopra per mesi, ma sostanzialmente non
vedevo risultati. Operare a distanza sembrava impossibile.
Inoltre i cinesi restano molto legati alle
loro abitudini alimentari, in qualsiasi parte
del mondo, e avere successo coi nostri cibi
non è facile.
Ovviamente abbiamo avuto anche difficoltà culturali e linguistiche. Ma soprattutto c’è stato un problema con la registrazione del nostro marchio: abbiamo avviato
la trafila solo al terzo anno di presenza alle
74 PARMA economica
fiere, però nel frattempo qualcuno che lo
aveva notato ci aveva già anticipato, registrandolo al nostro posto. Per fortuna ora,
spendendo una piccola cifra, siamo riusciti
a riottenerne la paternità.
Anche lo sdoganamento dei prodotti è
stato complesso. Si può rimanere fermi in
dogana fino a tre mesi, se non si conoscono
le procedure giuste - come la compilazione
delle schede tecniche - che infine grazie al
nostro partner siamo riusciti a sbloccare.
Potete fare un bilancio costi/benefici o è
troppo presto?
Per il momento ci limitiamo a dire che i ricavi stanno ripagando gli investimenti fatti.
Quali sono le prospettive future?
Una crescita lenta ma possibilmente infinita. I volumi sono piccoli ma soddisfacenti e il successo delle catene alberghiere
e di ristoranti occidentali fanno pensare, a
cascata, anche a nostri importanti progressi. Per ora restiamo con questi prodotti,
ma non escludiamo in futuro di estendere
la gamma.
mercati esteri
Le sorelle d’Europa: Italia e
Spagna camminano verso
uno stesso orizzonte?
Molti aspetti ci fanno sentire simili alla Spagna. Da un passato difficile a un
presente segnato dalla sfiducia dei mercati. Ma quanto conosciamo i nostri
"vicini"?
Elena Olloqui Palacio
Sviluppo storico della Spagna: facendo
passi da gigante dal 1978 e come si è arrivati fin qui
Quando si tratta della Spagna è consigliabile fare previamente un breve riferimento
alla sua storia più recente. Mentre i paesi
europei si sono rialzati economicamente dopo i disastri provocati dalla seconda
guerra mondiale, in Spagna si è verificato un ritardo, date le politiche autocratiche del regime dittatoriale franchista. Nel
1975, anno in cui morì Francisco Franco,
si avviò il processo di transizione verso la
democrazia che è stato lodato come un
esempio di cambiamento in pace, con la
collaborazione di tutti e attraverso dei
meccanismi popolari di consenso, culminato nel 1978 con la ratifica della Costituzione spagnola attuale.
Da questo momento non tutto è stato
semplice per il nuovo sistema politico spagnolo, guidato da Adolfo Suàrez e dal suo
partito Unione di Centro Democratico
(UCD). L’ostacolo più grande alla democrazia spagnola si è verificato già nel 1981,
quando il 23 febbraio al Congresso dei deputati non si sono presentati soltanto i politici del Congresso e del Senato (si votava
l’investitura del successore di Suàrez, Leopoldo Calvo-Sotelo) ma anche Fernando
Tejero, tenente colonnello della Guardia
Civil (un corpo di polizia militare spagno-
Basilica Pilar, Saragozza.
PARMA economica
75
mercati esteri
la) e diversi membri delle Forze Armate,
che presero il Congresso con le armi. Si
trattò di un assalto che durò 17 ore, le più
lunghe della democrazia spagnola1. Un
tentativo di colpo di Stato che vari componenti delle forze militari attuarono per
riconquistare un potere e una centralità
nel sistema statale che avevano prima con
Franco, e che in seguito si era ridotto.
Una volta sconfitto definitivamente il fantasma della dittatura, in Spagna si è sviluppato un tacito bipartitismo: la torta si divide tra Partito Socialista (PSOE) e Partito
Popolare (PP). Dal 1982 al 1996 Felipe
Gonzàlez, leader del PSOE, ha governato
la Spagna, il periodo più lungo di governo
nella neo-consacrata democrazia spagnola.
Poi la situazione politica si è ribaltata, lasciando il governo a Josè Marìa Aznar, leader del PP, che dal ‘96 al 2004, ha occupato
la carica di capo dell’esecutivo.
Sono stati diversi e trasversali gli scandali e i casi di corruzione che hanno coinvolto entrambi i partiti, dal PSOE (caso
GAL2, caso Juan Guerra3 e caso Filesa4)
al PP (azione Prestige5, guerra di Iraq6, e
11-M7). Tuttavia, la Spagna ha fatto registrare nel corso degli ultimi anni del '900
una crescita economica molto spinta, nel
tentativo di raggiungere il livello delle potenze economiche europee. Anche l’entrata nell’Unione Europea ha fatto sì che
la Spagna sviluppasse il proprio sistema
agro-alimentare, grazie in parte agli aiuti beneficiasi della PAC (Politica Agraria
Comunitaria)8. Per scoprire le origini della
crisi economica in Spagna bisogna parlare
della liberalizzazione economica portata
avanti dall’allora presidente Aznar, soprattutto con sua legge urbanistica del ‘98,
insieme alla riforma del lavoro del 20029.
La rivalutazione del territorio edificabile
da parte delle amministrazioni locali diede
luogo non solo a casi di corruzione e arricchimento personale con mezzi pubblici,
ma anche a un aumento delle abitazioni
costruite e a un’economia nazionale basata in grande percentuale sull’edilizia - nel
2007 arriva fino al 17,9% del Pil, secondo dati dell’Istituto Spagnolo di Statistica
(Ine).
Dal 2004 al 2011 il governo Zapatero ha
varato diverse leggi per la tutela dei diritti
sociali e civili: tra le più note, il matrimonio omosessuale. In campo economico, il
presidente dell’esecutivo esaltava nelle varie conferenze stampa la “grande crescita
del paese negli ultimi anni”, vantando in
aggiunta “il sistema finanziario nazionale
più solido al mondo”10, successi che poi
risulteranno effimeri. L’aumento del Pil è
stato in gran parte conseguente all’attività edile (che nel 2010 arrivava a rappresentare il 10,9% del Pil11), raggiungendo
nel 2006-08 traguardi impensabili come
la costruzione di un numero di abitazioni maggiore di quello edificato nello stesso periodo in Italia, Germania, Francia e
Regno Unito messi insieme. Questi dati
indicavano la crescita di una grossa bolla
immobiliare, che comportava anche un
aumento costante dei prezzi delle abitazioni (che nel 2007 arriva a una media di
2.905 euro a metro quadro, un aumento di
più del doppio nel giro di 10 anni12).
Gli aumenti nel prezzo della casa non si
accompagnavano, però, a un aumento nel
potere di acquisto dei cittadini. Questi
ultimi, davanti alla necessità di trovare
un’abitazione, si indirizzarono presso gli
istituti di credito e i mutui si fecero sempre più diffusi. La logica finanziaria vole-
Tab. 1 - Prezzo medio delle abitazioni (anno 2007, valori in euro/mq)
1 www.elpais.com/especial/23-f/30aniversario
2 GAL: Gruppo Antiterrorista di Liberazione, organizzazione terroristica di
Stato creata per combattere il terroristi
di ETA. Tra il 1983 e il 1987 i GAL
sono responsabili di 23 assassinii, compresi anche vittime della società civile.
Nel 1987 la notizia delle implicazioni
politiche nei GAL arriva ai giornali,
e testate come El Mundo indagano sui
legami tra il governo socialista e i GAL.
3 Felipe Gonzàlez nomina come vicepresidente del Governo Alfonso Guerra,
accusato di favorire direttamente il fratello, Juan Guerra, allora disoccupato. In
concreto, Juan viene scelto per lavorare
in un ufficio della delegazione del governo dell’Andalusia come assistente di
suo fratello. Lo scandalo arriva ai media
quando l’ex moglie di Juan, dopo essere
stata aggredita dall’ex marito, distribuì i
documenti che provavano il coinvolgimento di Juan e Alfonso. Lo scandalo
fece dimettere dalla carica di vicepresidente del Governo Alfonso Guerra.
4 Caso di corruzione derivato dalla creazione di una serie di aziende fittizie (Filesa, Malesa e Time-Export) il cui fine
era il finanziamento illegale del PSOE
per fare fronte alle spese della campagna
elettorale del 1989. L’indagine giudiziaria comincia nel 1995 e la sentenza arriva due anni dopo, ed è in questo periodo
che lo scandalo raggiunge l’opinione
pubblica.
5 Il governo Aznar gestì malamente la
situazione ambientale più catastrofica
che la Spagna abbia dovuto affrontare
negli ultimi anni. Si tratta del caso della
petroliera Prestige, che nel novembre
2002 a 50 km al largo della costa della
Galizia riportò un guasto, ma venne allontanata e pochi giorni dopo affondò a
250 km della costa, inabissandosi a più
di 3.500 metri di profondità. La conseguente fuoriuscita di petrolio fu così
molto meno raggiungibile e gestibile.
Migliaia di volontari aiutarono nella
pulizia delle spiagge, che non hanno un
valore meramente ambientale ma anche
economico vista la grande importanza
della zona nella pesca e nella raccolta di
frutti di mare.
6 Nel 2003 il governo spagnolo decide
di appoggiare il presidente statunitense
Gorge W. Bush nella campagna per invadere l’Iraq, in contrasto con le manifestazioni dei cittadini, ed in special modo
del settore degli artisti, cineasti e personalità dello spettacolo, raggruppatesi
sotto il moto “No a la guerra”. Il dissenso
popolare contro la partecipazione spagnola nella guerra non trovò uno sfogo
fino a quando, nel 2004 e come parte del
proprio programma elettorale, Zapatero
ritirò le truppe dal paese mediorientale.
7 La mattina dell'11 di Marzo del 2004
si rivelò tragica per il popolo spagnolo
e in particolare per il suo centro territoriale e politico, Madrid. Verso le 7:30
sopravvennero gli attentati terroristici
più gravi della storia del Paese: una serie di bombe esplosero in quattro treni
di pendolari, di cui una di questi nelle
vicinanze della stazione principale,
Atocha. Il risultato fu drammatico: 192
morti e più di 1.400 feriti. Purtroppo la
reazione politica, soprattutto dei membri del governo, in quei giorni impegnati
in campagna elettorale, si rivelò nefasta.
Mentre l’attentato era rivendicato a
livello internazionale come un atto di
terrorismo islamico, l’esecutivo di Aznar
insisteva con forza su fantomatici indizi
che collegavano l’attacco a ETA. Il sentimento degli spagnoli, consapevoli di
essere stati ingannati, penalizzò il governo il 15 marzo, solo 4 giorni dopo, nelle
elezioni che diedero la vittoria al leader
dell’opposizione Zapatero.
8 www.maec.es/es/MenuPpal/Espanay
UE/Politicascomunitarias/Paginas/Polticas%20Comunitarias%2015.aspx#sec5
76 PARMA economica
mercati esteri
Barcellona, Parque Guell.
va che, qualora il debitore non
La Spagna (46,1 potesse più pagare il mutuo, la
banca avesse la possibilità di
milioni di abitanti) requisire la casa (e con i prezcostituisce la zi sempre in aumento questo
quinta economia assicurava notevoli profitti agdell’Unione Europea giuntivi al sistema bancario).
e la quarta della Purtroppo, le situazioni dove
zona euro (11,5% del sembra di poter crescere all’infinito sono destinate, prima o
Pil della eurozona) poi, a rivelare un’essenza illusoria. Con lo scoppiare della crisi
dei mutui subprime negli Stati Uniti nel
2008 arrivarono anche nel sistema bancario spagnolo i timori legati ai prestiti tanto
9 La legge urbanistica del 1998, che
ampliava il terreno urbanizzabile, si
allegramente rilasciati in passato.
presentò come una formula per facilitare
La crisi finanziaria che si verificò in Eul’accesso dei giovani alle abitazioni, attraverso un aumento dell’offerta immoropa nel 2009 diventò una questione di
biliare in previsione di un conseguente
abbassamento dei prezzi, che però condebito pubblico nel 2011, giacché per far
tinuarono a salire anche in maniera più
rapida. La riforma del lavoro del 2002
fronte ai bisogni di liquidità delle banche
invece promuoveva l’assunzione di personale limitando i diritti dei disoccupati,
lo Stato si indebitò ancor di più. Nel fratma favorendo le aziende che assumevano, abbassando così la disoccupazione.
tempo, per mantenere gli accordi presi con
Questa riforma fu molto polemica all’Unione Europea, la Spagna tenta di agilora, creando il primo sciopero generale
contro il governo Aznar, il 20 giugno
re riducendo la propria spesa. Tuttavia il
2002, per protestare contro le misure più
restrittive.
debito pubblico spagnolo, a differenza del
10 25-09-2008 http://www.publico.
caso italiano, non è affatto tra i più grandi
es/dinero/153948/zapatero-califica-alsistema-financiero-espanol-como-el-masdi Europa: in percentuale sul Pil raggiunge
solido-del-mundo
11 Rapporto della Federazione Svizzera
il 69,3% nel 2011, di fronte ad una media
sulla Spagna.
dell’Unione Europea del 82,5% (in Italia
12 Prezzo medio dell’abitazione 2007
secondo dati della Società di Tassazione
arriva a quota 120,7%, oltrepassata solo
spagnola.
dalla Grecia), mentre i singoli cittadini
13 Dati Eurostat.
14 Tra gli effetti di queste attività, il
spagnoli maturano un grande debito prigoverno spagnolo ha dovuto nazionalizzare Bankia nel maggio 2012: www.
vato13. Nel 2012 la Banca Centrale Euroabc.es/20120509/economia/abci-bankiapea ha tentato di dare liquidità alle banche
nacionalizacion-201205091443.html
con i prestiti all'1% che sono rimasti negli
Istituti di credito invece di arrivare all’economia reale.
La politica statale di austerity ha portato
negli ultimi anni a un periodo di recessione economica e a un calo nei consumi
in certo senso perché i lavoratori hanno
subito diverse ondate di licenziamenti
di massa. Con l’aumento della disoccupazione, le banche incassano con grande
ritardo i pagamenti dei mutui concessi in
passato per comprare la casa, e anche se
l’istituto di credito si prende l’abitazione
per insolvenza, il mercato immobiliare è
sempre più saturo di offerta ma mancano
i compratori. Davanti a questa difficoltà a
vendere i prezzi cominciano ad abbassarsi. Per non dimostrare nei propri bilanci
una perdita, alcune banche ricorrono al
falso in bilancio. A discapito di questi
tentativi, diverse si sono trovate in grossa
difficoltà e hanno deciso di fondersi con
altri istituti e casse di risparmio che operavano a livello locale per diventare più
solide. Si sono dimezzati così i lavoratori
del settore, ma i tagli non sono arrivati
agli alti dirigenti, rimasti invariati anche
nei nuovi istituti associati14.
Nel novembre del 2012, in maniera anticipata, Zapatero convoca le elezioni e lascia
la carica di capo del governo all’allora leader dell’opposizione, e per la terza volta
candidato, Mariano Rajoy.
Situazione economica attuale: i più
PARMA economica
77
mercati esteri
Tab. 2 - Indicatori macroeconomici spagnoli
grandi fra i PIIGS e il disagio sociale
(indignados)
Come si legge nel rapporto del governo
svizzero sulla Spagna del 2011, «dopo l’adesione all’UE il cammino percorso dal
paese è stato notevole. In materia economica, si è dimostrato un Paese particolarmente “spettacolare” grazie alla ristrutturazione del settore industriale, l’outsourcing
delle grande imprese spagnole e anche
grazie al rinnovo delle grandi infrastrutture, soprattutto di trasporto (ferroviario,
aereo e stradale)».
Ma il Paese punta anche all’estero: le
esportazioni a ottobre 2012 sono cresciute dell’8,6% rispetto all’anno precedente14. In generale, però, il saldo commerciale spagnolo risulta negativo, con
48,8 miliardi di euro in meno rispetto al
201115. A danneggiare questa tendenza
positiva degli ultimi anni è stata la crisi,
che ha portato con sé sintomi di recessione nel 2012. Purtroppo l’export non
basta per attenuare le conseguenze del
calo generale dell’economia, nel quale spicca il dato più drammatico della
disoccupazione che raggiunge
cifre record, essendo la più alta Uno dei settori antid’Europa (anche maggiore del- crisi è il turismo in
la Grecia) con il 26% della pocui, per ricavi, la
polazione e il 55% dei giovani
16
Spagna è seconda al
senza lavoro .
Il 15 maggio 2011 è sorto in mondo dopo gli Usa
Spagna un movimento di protesta pacifica, che occupava piazze e luoghi
pubblici delle più grandi città, manifestando contro la classe politica che non
ha saputo combattere la crisi. Questo
movimento degli “indignados” prendeva
ispirazione da Stéphane Hessel, soldato
della resistenza francese durante la seconda guerra mondiale, che pubblicò un libro
dal titolo Indignez-vous (indignatevi).
Questo disagio sociale è cresciuto fortemente in parte perché il governo, oltre a
tagliare nella spesa pubblica, ha aumentato pure le tasse: per questo, passeggiando
per le città spagnole si vedono sempre più
negozi che, non potendo far fronte alla
pressione fiscale, chiudono o svendono per
fine attività. Tra il 2008 e il 2012 un totale
di 1.888.078 aziende hanno chiuso la proManifestazione degli Indignados alla Puerta del Sol
di Madrid.
14 Luca Veronese, L’austerity blocca la
Spagna ma gli aiuti sono più lontani, Il
Sole 24 Ore, 3 gennaio 2013, p.9
15 Ine e Ministero Spagnolo
dell’Economia e la competitività
16 Dati Eurostat ottobre 2012
78
PARMA economica
mercati esteri
pria attività, mentre la nuova imprenditoria nello stesso periodo raggiunge il valore
di 1.732.007 di nuove aziende, con un saldo negativo di 156.071 imprese17. Un’altra misura impopolare del governo Rajoy
è stata quella di togliere la tredicesima ai
lavoratori pubblici, che per la prima volta
dal 1947 quest’anno non hanno percepito
questa componente dello stipendio18. Ma
nel programma di Rajoy c’è stato anche
spazio per modificare i piani di pensionamento: a gennaio 2013 entra in vigore
la nuova legge, per la quale in pensione si
potrà andare con 65 anni e un mese, aggiungendo un mese in più progressivamente per ogni anno che ancora manca al
pensionamento19.
Nel 2010 il Pil spagnolo, sulla base dei
principali settori produttivi, è composto per il 2% dall’agricoltura, per il 26%
dall’industria (compreso il settore edile) e
per il 71% dai servizi. La Spagna ha puntato su quest’ultimo settore grazie anche
all’importanza del turismo. Con 44 patrimoni dell’Umanità riconosciuti dall’Unesco (superata solo dall’Italia con 47) e
Tab. 3 - Principali indicatori economici della Spagna
2009
2010
1.053,9 1.054,6
Pil (miliardi/euro)
-3,1
-0,2
Crescita del Pil reale (variazione%)
1,1
3,3
Tasso di inflazione (in %)
-4,3
1,2
Consumi privati
53,8
60,1
Debito pubblico (% Pil)
-50,1
-51,9
Saldo commerciale (miliardi/euro)
* Previsioni
Fonti:Ine e Ministero Spagnolo dell'Economia e la competitività
2011
1.073,4
0,7
2
-0,9
69,5
-48,8
2012*
1.050,6
-1,5
1,3
n.d.
n.d.
-42,5
2013*
1.062,9
0,2
n.d.
n.d.
n.d.
-34,1
Tab. 4 - Indicatori sociali spagnoli
Lingue
Distribuzione territoriale
Struttura demografica
(quota %)
17 Dati Ine Directorio central de empresas
18 www.abc.es/20120716/archivo/abcipaga-extra-franco-201207132031.html
19 www.cadenaser.com/economia/articulo/
jubilacion-ordinaria-65-anos-mes-2013/
csrcsrpor/20130101csrcsreco_3/Tes
Spagnolo/castigliano (ufficiale); catalano, gallego, basco,
valenziano (co-ufficiali, solo nelle rispettive regioni: catalogna,
galizia, paesi baschi, valencia)
17 comunità autonome, suddivise in 50 province
0-14 anni: 14,8%
15-64 anni: 68,1%
over 65 anni:17,1%
40,9 anni gli uomini; 43,8 anni le donne; 42,4 anni
Età media
Tasso di crescita della
0,36%
popolazione (in %)
Rapporto uomini/donne
49,34% uomini/ 50,66% donne
Fonti: Ine e Ministero degli Affari esteri Rapporto sulla Spagna
PARMA economica
79
mercati esteri
Tab. 5 - Confronto Italia-Spagna
Prodotto interno lordo
Indice dei prezzi al consumo
Tasso di attività
Tasso di disoccupazione
Costo del lavoro
Indice di produzione industriale
Saldo bilancia commerciale
Euribor
-2,4% Iii trim/12
(Var. Annuale)
2,5% nov/12
(var. annuale)
56,9% III trim/12
9,8% III tim/12
1,7% III trim/12
-6,5% gen-ott/12 (var. annuale)
7.546,99 mln €
gen-ott/12
0,549%
(dic/12 valore medio)
-1,6 Iii trim/12
(Var. Annuale)
2,9% nov/12
(var. annuale)
60,12% III trim/12
25,02% III trim/12
0,1% III trim/12
-5,6% gen-ott/12
(var. annuale)
-28.952,84 mln €
gen-ott/12
0,549%
(dic/12 valore medio)
Fonti: Ine, Istat, Eurostat
i suoi 7.880 km di costa, la Spagna attira
i visitatori che nel 2010 portarono 39.596
milioni di euro all’economia spagnola20.
Un anno dopo gli introiti per il turismo
sono cresciuti del 14% permettendo alla
Spagna di posizionarsi al secondo posto al
mondo, dopo gli Stati Uniti, per incasso
dovuto al settore dei servizi. Nel 2012 la
Spagna ha ospitato 57,7 milioni di visitatori, 2,7% in più rispetto all’anno precedente21.
La speranza di vita spagnola è la terza
più alta al mondo, con una media di 82,2
anni in base ai dati dell’Organizzazione
Economica di Cooperazione e Sviluppo
20 Dati Ine Ingresos y pagos por turismo
21 www.rtve.es/noticias/20130122espana
-recibio-577-millones-turistas2012-27-mas-2011/604284.shtml
Tab. 6 - Esportazioni della provincia di Parma per area geografica e per Paese
(al 30-96-2012 e al 30-06-2011, valori in euro)
80 PARMA economica
mercati esteri
Tab. 7 - Import/Export Italia - Spagna
(OCDE), e la seconda riguardo alla popolazione femminile, che arriva nel 2010
a 85,3 anni22. La Spagna vanta anche un
ottimo sistema sanitario, grazie all’alta formazione del personale: un medico
studia per sei anni all’università, prepara per un anno l’esame del Medico Interinale Residente (MIR) che una volta
superato consente di passare tre anni di
apprendimento in una sede ospedaliera
affiancando i medici professionisti. Anche il sistema nazionale di trapianti di
organi è all’avanguardia, riportando un
tasso di donazione che colloca il Paese al
primo posto mondiale, con un aumento,
nel 2011, del 12%23.
Tab. 8 - DOP-IGP: evoluzione del numero di prodotti certificati per Paese
22 Dati www.oecdbetterlifeindex.org/
topics/health/
23
www.lamoncloa.gob.es/ServiciosdePrensa/NotasPrensa/
Paese
2003
2004
2005
2006
2007
2003/2007
Italia
121
145
151
155
163
35%
Francia
131
140
143
147
155
18%
Spagna
67
84
91
97
108
61%
Portogallo
82
92
93
93
104
27%
Grecia
81
84
84
84
85
5%
Germania
65
69
69
69
71
9%
Regno Unito
26
29
29
29
29
11%
Austria
12
12
12
12
12
Rep. Ceca
n.d.
3
3
3
9
200%
Olanda
5
6
6
6
6
20%
Belgio
4
4
4
4
5
25%
Irlanda
3
3
3
3
4
33%
Lussemburgo
4
4
4
4
4
Danimarca
3
3
3
3
3
Svezia
2
2
2
2
2
Finlandia
1
1
1
1
1
Slovenia
1
Polonia
1
Totale EU
607
681
698
712
763
25,70%
Fonte: Eurostat – Food Safety – From Farm to Fork Statistics. Elaborazione: Maurizio Esposio DOP
e IGP: i numeri della qualità
PARMA economica
81
mercati esteri
Rapporto commerciale Spagna-Italia: il
giro tra i prodotti tipici di qualità
Il legame economico che unisce il nostro
paese con la Spagna si è rafforzato grazie
alla sua entrata nel mercato unico dell’Unione Europea, a partire dal 1986. Nel
2009, l’Italia è stata il terzo mercato europeo di destinazione per i prodotti spagnoli,
solo superata da Germania e Francia24. Nel
2011, le esportazioni della Spagna verso
l’Italia arrivano a quota 17.007 milioni di
euro, aumentando di un 3% rispetto all’anno precedente25. Parallelamente, la Spagna
diventa nel 2011 la quinta destinazione
delle nostre esportazioni, dopo Germa-
nia, Francia, Stati Uniti e Svizzera26. Per la
provincia di Parma la Spagna rappresenta
nel 2012 il quinto mercato dove destinare
l’export del territorio.
Tra i prodotti che viaggiano attualmente
dall’Italia alla Spagna si trovano: derivati dalla raffinazione del petrolio (951.315
migliaia di euro), chimici di base, fertilizzanti e composti azotati, materie plastiche e gomma sintetica in forme primarie
(540.144 migliaia di euro) e abbigliamento, escluso quello in pelliccia (468.180 migliaia di euro)27.
Quelli quelli che riceviamo dalla Spagna sono principalmente: autoveicoli
La Borsa di Madrid
Tab. 9 - Vendite di prodotti certificati per le principali categorie (valore)
Produzione Venduta Milioni
di Euro
2002
2005
Carne fresca e frattaglie
91,1
137,98
Prodotti a base di carne
60,47
130,58
Spagna
Formaggi
109,4
169,68
Oli e grassi (olio d'oliva, burro, ecc.)
58,24
108,75
Ortofrutta e cereali freschi e trasformati
131,32
192,5
Carne fresca e frattaglie
n.d.
34,2
Prodotti a base di carne
1.301,35
1.568,85
Italia
Formaggi
2.439,22
2,726,84
Oli e grassi (olio d'oliva, burro, ecc.)
44,45
78,29
Ortofrutta e cereali freschi e trasformati
22,29
182,53
Fonte: Eurostat. Elaborazione: Maurizio Esposito DOP e IGP: i numeri della qualità
Paese
Categoria di Prodotto
82 PARMA economica
24 Dati ICE, quote di mercato in serie
storica.
25 Rapporto economico e commerciale
sull’Italia (aprile 2012) elaborato dalla
Segreteria di Stato sul commercio della
Spagna.
26 Ibidem. MinisterioSanidadServiciosSocialesIgualdad/2012/ntmpr100
112_Trasplantes.htm
27 Dati Ice 2012 (da gennaio a luglio)
principali prodotti esportati ed importati
tra Italia e Spagna
mercati esteri
Tab. 10 - Bilancia commerciale agroalimentare (bevande incluse)
Spagna/Italia (valore in miglieia di euro)
Museo Guggenheim di
Bilbao.
(1.267.973 migliaia di euro), metalli di
base preziosi e altri metalli non ferrosi;
combustibili nucleari (777.509 migliaia di
euro) e chimici di base, fertilizzanti e composti azotati, materie plastiche e gomma
sintetica in forme primarie (775.608 migliaia di euro).
Nel bollettino economico della Camera
di Commercio italiana in Spagna del primo trimestre 2013, si riportano anche due
grafici relativi a import/export tra i due
Paesi. In questi si vede come i principali
beni di scambio sono materie prime, prodotti industriali e beni strumentali, seguiti
dai beni di consumo e dell’agroalimentare
(che nel caso spagnolo supera più frequentemente la frontiera italiana).
Questa particolarità dell’agroalimentare
può essere attribuita in certa misura alla
circolazione dei prodotti DOP e IGP, cuore del settore nei due Paesi. In particolare,
la Spagna è stato il Paese che ha maggior-
PARMA economica
83
mercati esteri
Tab. 11 - Export spagnolo agroelimentare verso l'Italia (2011 valore in migliaia di euro)
mente visto crescere il numero di prodotti certificati nel periodo dal 2003 al 2007
con un totale di 447 DOP e IGP registrati,
diventando il paese con il più alto tasso di
crescita in valore assoluto del periodo28. Per
l’imprenditoria italiana la Spagna si presenta come un orizzonte pieno di opportunità
verso il quale puntare. Tra i suoi vantaggi
si trova un collegamento privilegiato con
i Paesi del Sud America e con quelli del
Nord Africa. Altri incentivi per investire in
Spagna sono gli strumenti specifici attivati
per favorire le attività di ricerca e innovazione (R&I), un regime di oneri deducibili
vantaggioso e l’imposta sul reddito delle
società pari al 25% per le Piccole e Medie
Imprese29. Per altre informazioni rimandiamo a siti web molto esaustivi come www.
investinspain.org e quello dell’ambasciata
italiana in Spagna.
28 DOP e IGP: i numeri della qualità,
Maurizio Esposito, Istat, 12 settembre
2008
29 Icex http://www.investinspain.org/
icex/cma/contentTypes/common/records/
mostrarDocumento/?doc=4302683
Treno alta velocità,…
Saragozza.
84 PARMA economica
mercati esteri
Cultura, formazione e fuga dei cervelli:
esportando la generazione più preparata della Storia
Sebbene il sistema dell’istruzione spagnolo si sia
modernizzato dagli anni 70 ad oggi, le diverse
riforme scolastiche non hanno saputo adeguarsi
alla formazione richiesta dal mercato del lavoro.
Si aggiunge un altro problema nel caso della Spagna, cioè la percentuale di abbandono scolastico
più alta dell’Unione Europea.
Secondo lo studio Education
for all svolto dall’Unesco nel
2012, un giovane spagnolo su
tre (di età compresa tra i 15 e
i 24 anni) ha lasciato i propri
studi senza averli finiti, mentre
la media europea è di circa la
metà, il 14%.
Tuttora una cosa è certa: con
la crisi economica il numero di spagnoli che hanno la residenza all’estero è aumentato. Nel 2012
il loro numero è di 1.816.835, un terzo dei quali
sono andati in Europa, in particolare verso Francia e Germania30. Il saldo migratorio spagnolo è
stato addirittura negativo nel 2011, per la prima
volta in 10 anni, quando sono uscite dal Paese
più persone (507.740) di quante ne siano entrate (457.650)31. Da tempo si parla di fuga di
cervelli, di “esportazione di giovani preparati” e
di ricerca di un lavoro senza frontiere. Con un futuro sempre più cupo e la disoccupazione giovanile sempre in aumento, i giovani intraprendono
l’avventura all’estero con coraggio e pianificazio-
ne. Trovare i consigli sulla rete è semplice: sono
abituati a contattare le ambasciate nel Paese e
informarsi presso le Camere di Commercio in
loco, consultare il sito web di Eures per il lavoro
all’interno dei Paesi membri dell’Unione Europea
insieme al portale della Fundaciòn UniversidadEmpresa e altri siti dedicati
alla ricerca di occupazione
idonei a ogni Paese di destinazione. Uno dei tasti dolenti
per i giovani spagnoli continua a essere la competenza
linguistica: solo il 35,5% della
popolazione spagnola conosce l’inglese e, comunque, in
questo terzo solo due persone su dieci ha un livello avanzato32. Così, prima
di lasciare il Paese di origine sono in tanti a frequentare corsi di lingue straniere: quasi da poter
parlare di un vero e proprio boom del settore.
All’inizio del 2012, si stimavano circa 200.000 gli
spagnoli che durante l’anno avevano intenzione di
frequentare un corso di lingua all’estero. In media
un corso di quattro settimane per adulti, con quattro lezioni giornaliere e soggiorno, può costare tra
2.000 e 2.200 euro, a seconda della destinazione,
volo escluso33. La spesa iniziale non scoraggia i
giovani spagnoli che, investendo nel miglioramento della propria formazione, cercano sempre più
spesso il loro percorso oltre i confini nazionali.
30 Dati del Padrón de españoles residentes
en el extranjero (PERE) dell’Ine (Istituto
Spagnolo di Statistica)
31 Ibidem
32 www.elmundo.es/elmundo/2012/11/29/
espana/1354200086.html?a=3fd35
6758bee2f851b54a582b5855fbc&t
=1354206639&numero=
33 www.20minutos.es/noticia/1299167/0/
fuga/cerebros/espana/
34 Dati della banca mondiale per il 2009.
http://datos.bancomundial.org/indicador/AG.LND.ARBL.ZS/countries/ESIT?display=graph
Plaza Espana, Sevilla.
PARMA economica
85
mercati esteri
L’agricoltura, maggiore beneficiaria del sostegno UE
La PAC è stata una delle politiche più vantaggiose per la Spagna. Grazie a questo sostegno
la produzione agricola spagnola ha raggiunto alti
livelli di qualità e valorizzazione dei prodotti tipici. Il secondo paese in superficie dell’UE, dopo
la Francia, con i suoi 505.370 kmq destina un
25,1% della sua terra all’agricoltura34.
Con le sue coltivazioni ha raggiunto alti livelli di produzione in diversi settori e anche un riconoscimento alla qualità di questi prodotti. La Spagna attualmente è il primo produttore mondiale di olio d’oliva
con un 30% della quota planetaria. Si tratta di un
record raggiunto nella campagna 2011-2012, con
1.607.100 tonnellate prodotte,
che corrisponde a una produzione del 15% superiore alla
campagna precedente 35.
Da un altro lato, i cereali hanno una grande importanza
nelle coltivazioni spagnole,
essendo il secondo produttore di avena dell’UE nel 2010
(con 1.017,8 migliaia di tonnellate36), ma riconoscendo anche la centralità
di altri cereali come:
• orzo (terzo produttore dell’UE nel 2010 con
8.156,5 migliaia di tonnellate37)
• riso (9.26,4 migliaia di tonnellate coltivate nel
201038)
• grano (6.563,2 migliaia di tonnellate prodotte
nel 2010, di cui 952,5 di grano duro39)
Un’altra area essenziale dell’agricoltura spagnola è rappresentata da frutta e verdura. Nota per
la produzione degli aranci (prima produttrice in
Europa con 2.784.925 tonnellate in media tra il
1992 e il 201040), la Spagna spicca come paese
produttore di:
• melone e anguria (primo posto dell’UE con
926,7 e 782,4 migliaia di tonnellate rispettivamente nel 201041)
• aglio (leader europeo con 136 migliaia di tonnellate nel 201042)
• insalata (capofila dell’UE con 809,2 migliaia di
tonnellate nel 201043)
• pomodori (in seconda posizione dopo l’Italia
con 4.312,7 migliaia di tonnellate in confronto
con le 6.024,8 italiane44)
Ma la Spagna è anche un paese vinicolo per eccellenza:
per gli esperti enologi il territorio spagnolo offre un gran
varietà di vini di alta qualità.
In effetti, la Spagna è il paese
che destina più ettari al mondo alla viticoltura (1.032 migliaia di ettari nel 201145). Si
situa al terzo posto come produttore di vino dell’UE con 35.913 migliaia di ettolitri nel 2010, superato solo da Italia (46.245
migliaia di ettolitri) e da Francia (42.654 migliaia di ettolitri)46. La Spagna ha saputo adattare
la propria agricoltura ai nuovi tempi, favorendo
soprattutto le coltivazioni biologiche, diventando leader nell’UE per estensione di coltivazioni
organiche pienamente riconosciute dalle normative europee, con 1.221.890 ha, seguita
dall’Italia dall’Italia (837.107 ha) e dal Regno
Unito (605.582 ha)47.
Tab. 12 Il vigneto nel mondo
Dati (mila ettari)
2008
2009
Spagna
1.165
1.113
Francia
858
837
Italia
825
812
Portogallo
246
244
Romania
207
206
Altri UE
491
479
Stati Uniti
402
403
Turchia
518
503
Cina
480
485
Argentina
226
228
Cile
198
199
Sudafrica
132
132
Australia
173
176
TOTALE MONDO
7.737
7.657
Fonti: Dati OIV. Elaborazione: OeMv, traduzione propria.
86 PARMA economica
2010
1.082
819
798
243
204
474
404
503
490
228
200
132
170
7.589
2011
1.032
807
786
240
204
461
405
500
495
218
202
131
174
7.495
% s/totale
13,80%
10,80%
10,50%
3,20%
2,70%
6,20%
5,40%
6,70%
6,60%
2,90%
2,70%
1,70%
2,30%
100,00%
35 www.rtve.es/alacarta/videos/telediario/espana-primer-productor-mundialaceite/1370430
36 Ine Producción de cereales por país, periodo y tipo de producto.
37, 38, 39 Ibidem.
40 Fao http://faostat3.fao.org/home/index_
41 Ine Producción de hortalizas y frutas
por país, periodo y tipo de producto. es.
html?locale=es#VISUALIZE
42, 43, 44 Ibidem.
45
Icex
El vino en cifras.
www.winesfromspain.com/
icex/cda/controller/pageGen/
0,3346,1559872_6763355_6778152_0
,00.html
46 Ine Producción de vino por país y periodo.
47 Eurostat 2011 http://epp.eurostat.
ec.europa.eu/portal/page/portal/agriculture/data/main_tables
cultura E TERRITORIO
A regola d’arte
Il pittore Alberto Reggianini e la coppia di orafi Andrea e Simona Mazzoni.
Due storie che nobilitano la scena culturale di Parma
Mariagrazia Villa
L’atelier? È una grotta
Al civico 32 di Borgo delle Colonne, a
Parma, c’è una grotta. Già da fuori, qualcosa preannuncia quanto troveremo al di
là della soglia: il 2 ha perso la coda ed è
rimasto solo un ricciolo in alto. Affiancato al 3, ricorda il simbolo dell’om, versione
indiana dell’amen cristiano: il suono della
vibrazione cosmica di Dio che permea tutto l’universo e lo trascende. Proper udire la voce invisibile
Reggianini, nato a prio
del creato, nel profondo e cristalMantova nel 1964 lino silenzio della natura e della
ma parmigiano fin propria interiorità, i ricercatori
da bambino, molte spirituali da millenni salgono
mostre all’attivo verso le grotte dell’Himalaya per
sia in Italia che vivere come eremiti. Con l’arma
meditazione e la libertà delall’estero della
la rinuncia, cercano di sublimare
la materia per ascendere allo spirito. Esattamente quello che prova a fare
da tempo, chi abita nella grotta al 32 di
Borgo delle Colonne: l’artista parmigiano
Alberto Reggianini.
In tutte le tradizioni religiose la grotta è
metafora di nascita e rinascita. Nel Protovangelo di Giacomo è il luogo in cui na-
sce Gesù e in India simboleggia la cripta
del cuore, la guha, in cui arde la fiamma
dell’Atman, il nostro vero Sé. Ma anche
nella storia dell’arte, la grotta è il centro da
cui tutto è partito, lo spazio in cui dimora il rapporto magico-rituale che l’artista
intrattiene con se stesso e con il mondo.
Si pensi ai bisonti, tori, cervi, cavalli o
cinghiali incisi e dipinti sulle pareti delle
grotte di Lascaux o di Altamira.
Reggianini, nato a Mantova nel 1964 ma
parmigiano fin da bambino, molte mostre all’attivo sia in Italia che all’estero e
dal 2010 una docenza in pittura all’Accademia delle belle arti di Foggia, è sempre andato a caccia di grotte – sia quelle
dell’uomo di Cro-Magnon sia quelle della
ricerca interiore – per dare il meglio di sé
nel proprio lavoro. Dopo l’istituto d’arte Paolo Toschi di Parma, e mentre frequenta l’accademia di belle arti di Brera
a Milano, dove si diploma in pittura nel
1990, Alberto va a lavorare in una soffitta in perfetto stile Boheme: si trova nella
dependance della villa di amici dei genitori,
a Porporano. Un ambiente bucolico, ma
che non regge a lungo: gli crolla in testa
PARMA economica
87
cultura E TERRITORIO
il soffitto e Alberto deve cercarsi un’altra
sistemazione. Passa così a dipingere in una
delle casette dei lavoranti dell’ex cartiera
Pernis, sempre a Porporano. Qui, vicino
di casa del pittore Germano Attolini, conclude l’accademia, per poi trasferire tele e
pennelli ad Alberi di Vigatto, nella porta
morta, riadattata a studio, di un’antica casa
colonica in mezzo a un frutteto. Qui, pur
condividendo la matrice informale dell’accademia, continua a maturare una propria
inclinazione per la figura. E alla fine arriva
la grande occasione: andare a vivere, non
solo lavorare, in una casa-studio di proprietà della Fondazione Magnani Rocca a
Mamiano di Traversetolo. Una cantina dei
primi del ‘900 in cui trascorre quasi cinque
anni. È questo il posto, nel respiro della
prima collina parmense, dove nascono i
primi animali del suo bestiario, dove gesto
e materia sono gli elementi fondamentali
con cui affronta il problema di una possibile figurazione, sempre in opere di grande formato. Ed è qui che nascono anche
i primi lavori su lamiera zincata acidata,
inseriti nel bosco.
Nello studio di Borgo delle Colonne, in
pieno centro storico, Reggianini arriva nel
1996. In realtà vorrebbe un luogo isolato
in mezzo alla natura, ma dopo un anno di
ricerche infruttuose il caso – che poi si rivela fortuna – lo porta qui, in quella che
era stata la scuola dei barbieri di Parma,
dove i maestri insegnavano agli allievi a
tagliare barba e capelli. Centotrentametri quadrati a pianterreno, in cui Alberto
88 PARMA economica
continua il lavoro sugli animali e la sperimentazione sui materiali. E soprattutto sul
valore espressivo della luce sulla materia,
stimolo dettato dal nuovo studio. «La prima volta in cui l’ho visto – racconta – era
una bella giornata di sole di fine febbraio.
Notai subito, e mi colpì profondamente,
la luce che pioveva dal lucernario, che era
poi il pavimento in vetrocemento di un
terrazzo al primo piano: era una luce diffusa, indiretta, molto particolare». Ancora
oggi è praticamente la vera fonte luminosa
di questo spazio, che si sviluppa lungo e
stretto senza finestre e finisce in un’apertura vetrata che dà su un piccolo giardino
interno: un segreto verde che si tinge di
macchie rosse in primavera, quando fioriscono le ortensie. E che Reggianini usa
solo per godersi alcuni momenti atmosferici: quando piove, nevica o cominciano i
primi soli. In realtà, non esce quasi mai,
sente il suo studio «come uno spazio del
dentro, non del fuori: solo la luce del lucernario, che cambia nell’arco della giornata, mi aiuta a tenere il fuori dentro il
mio lavoro».
È un pittore prevalentemente diurno, arriva in studio alle otto e mezzo del mattino
e rimane fino alle sette di sera. All’inizio, si
costruisce un soppalco con un letto e una
libreria e un piccolo angolo cucina per fermarsi qui a dormire. Poi, mantiene solo la
cucina, dove oggi si prepara una pasta al
volo a pranzo o ricette più elaborate a base
di pesce (appassionato di pesca, tiene tutta
la sua attrezzatura in uno spazio dedicato
cultura E TERRITORIO
all’ingresso dello studio; e anche ottimo
cuoco, il suo piatto forte sono gli spaghetti
allo scoglio), quando invita amici a cena.
«Il mio desiderio sarebbe ancora di vivere
in una casa-studio per poter stare sempre
in mezzo al mio lavoro, senza pensare di
dover andare in studio, come si va in ufficio. Lavorerei in modo più rilassato e libero, avendo tutta la mia
Nella "grotta" al 32 di vita, arte e famiglia raccolte in un
Borgo delle Colonne solo posto».
l’artista parmigiano La luce a piombo e abbastanza
che scende nella grotAlberto Reggianini costante
ta è «il luogo in cui accadono le
abita da anni cose» e ha progressivamente portato Alberto, alla metà degli anni
Duemila, ad abbandonare il lavoro a terra per risollevarsi e lavorare sulla materia.
Prima, attraverso la sperimentazione dei
monocromi, dove gli animali sono la corporeità misteriosa del colore a olio, solcata
da rivoli luminosi. Più tardi, con una serie
di sculture in terracotta dipinta di animali,
che, insieme ad alcuni quadri raffiguranti la genesi delle sculture stesse, forma un
gruppo di lavoro dedicato al rapporto tra
pittura e scultura.
Nel 2008, in un momento di crisi del meccanismo mnemonico legato all’immagine
e forse intriso dell’immanenza della luce
che filtra, non naturale, dal lucernario dello studio, Alberto utilizza, per la prima
volta, un riferimento visivo fotografico,
fino ad avviare un nuovo ciclo pittorico:
utilizza all’interno delle opere frammenti
di fotografie, in prevalenza di paesaggi del
Po e dei suoi figli, «risollevando certe considerazioni sul tema arcangeliano e ancora
più tassiano della figura nel paesaggio». La
gestualità viene frenata e l’evocazione si fa
racconto.
Dall’anno scorso Reggianini ha ripreso,
anche se in forma diversa, più per sottrazione che per addizione, il lavoro sugli
animali e la sperimentazione di nuovi materiali, riconsiderando l’aspetto gestuale e
rituale con l’uso di cromie artificiali che
vogliono indicare la distanza esistenziale
dal mondo naturale. Il 2012 è anche l’anno
in cui ha deciso di acquisire uno spazio di
circa 30 metri quadrati accanto al suo studio (lasciato libero dall’amico pittore Andrea Cantagallo), eleggendolo a isola privata in cui dipingere. E separandolo, sia in
senso fisico che ideale, dal continente più
relazionale e conviviale, che ora funziona
come magazzino e luogo in cui incontrare
le persone che vengono a trovarlo. «Quan-
PARMA economica
89
cultura E TERRITORIO
do qualcuno passava a salutarmi, rompeva la mia concentrazione: lavorando sulla
gestualità e la velocità, la concentrazione
dev’essere massima e immediata e c’è bisogno di silenzio».
Nello spazio più piccolo, illuminato da
una finestra e da una luce artificiale, dipinge e, nell’altro, più grande, mette le opere
già terminate, spesso allestendole come
se si trovasse in uno spazio museale. Una
specie di prova generale. «Poiché la grande
dimensione lavora sullo spazio, è importante per me disporre i miei lavori alle pareti, creando delle vere e proprie sequenze.
Quando lo studio è allestito, diventa un
luogo in cui medito sul mio lavoro». Prima
di procedere a un progetto di allestimento Reggianini ha bisogno del vuoto, spostando anche gli arredi, dai tavoli ai divani
(che sono tutti rigorosamente dotati di
ruote per poterli muovere all’occorrenza),
non solo qui ma anche nell’altro studio,
l’antro creativo. «È una sorta di rituale con
cui tolgo dalla vista tutto ciò che non mi
interessa, comprese le opere già terminate, e che potrebbe interferire. Sono molto
vicino alla pittura orientale che è legata al
gesto, così come, tra informale ed espressionismo Astratto, mi sento più affine al
secondo perché lavora più sulla gestualità
che sulla materia. Il corpo entra nell’azione, ma deve stare in uno spazio vuoto,
puro, così come ci stanno le mie figure».
Reggianini, come un alchimista, sente «di
agire energeticamente sulla materia: ha
proprietà espressive infinite, ma io ci lavoro come il vento, con l’energia, per superarla. Il mio lavoro ha una dimensione
conoscitiva: ogni opera è come un autoritratto, ma ho sempre la speranza che
l’interno contenga l’esterno, perché quando affermo me stesso nel vuoto metto in
campo energie che sono rivolte al Tutto».
Come l’eremita nella sua grotta.
Solo quando Reggianini lavora con gli acidi sulle lamiere, ha necessità di creare en
plein air per motivi di salute. «All’aperto
sono molto più tranquillo e mi sento meglio: mi riconnetto a Monet. La fantasia
di andarmene in giro con il mio studio
ambulante per dipingere all’aperto e di
fare il pittore nomade mi piace molto, non
tanto per riprodurre la natura, quanto per
esservene immerso». In fondo, la natura è
sempre stata la dimensione del suo lavoro.
Come l’idea un po’ zen di essere sempre in
transito, senza appartenere ad alcun luogo,
90 PARMA economica
di trasfigurare la materia con l’energia della propria presenza nello spazio, cercando
di afferrare l’immagine mentre passa, non
di costruirla, e di lasciare serenamente
andare le opere, senza esserne posseduto.
«Mi sento un campagnolo: non sto bene
dentro una stanza…».
Se l’intellettuale ha bisogno dei confini
di quattro pareti e della città, un intuitivo
come Reggianini, che ragiona con le mani
e con gli occhi, di spazi vissuti e non pensati, ha bisogno della natura e di luoghi
non costruiti. Eppure, «uno studio piccolo
come quello in cui lavoro ora aiuta la mia
concentrazione meglio di uno spazio aperto e mi avvicina anche a opere di
dimensioni più ridotte».
Un intuitivo come
Il luogo del lavoro è «un laboraReggianini, che
torio interiore, in cui contatti te
stesso: ogni mattina in cui varco ragiona con le mani
questa soglia emozionante, mi e con gli occhi, ha
accorgo del fuori e mi chiedo se bisogno della natura
ho più energia dello spazio in e di luoghi non
cui sto entrando. Lo studio di un costruiti
artista è un utero: l’avventura di
Monet è stata quella di non restare dentro questa pancia, ma di lavorare
dentro quella della natura». Ma sempre di
grembo si tratta. Appunto. Al civico 32
di Borgo delle Colonne a Parma, c’è una
grotta.
cultura E TERRITORIO
Artigiani al cento per cento
L’arte orafa è un mestiere prezioso. Uno
dei più antichi dell’uomo. Un tesoro della
storia che ha saputo portare il suo valore
nel presente e saprà - speriamo - traghettarlo nel futuro. Come ha affermato lo stilista francese Christian Lacroix, la mano
è un veicolo di modernità nella creazione
artistica. Ci riporta all’infanzia
del genere umano e alla nostra
Oggi, a Parma, stessa prima esplorazione del
saremo in due, mondo, ma ci sospinge anche in
massimo tre, a fare avanti, verso l’orgoglioso fascino
progetti innovativi, che solo la
veramente gli orafi di
mano può intuire e creare.
dice Andrea A Parma c’è una nicchia di originalità, nella lavorazione dei
metalli nobili. Dietro l’ingresso blindato
del piccolo laboratorio-negozio “Andrea
Mazzoni Creazioni Orafe1” di Strada Farini 64/B, c’è la possibilità di ammirare
oggetti già creati o di proporre quelli dei
propri desideri per vederli realizzati: un
gioiello, prima che prezioso, dev’essere
personale.
Il parmigiano Andrea Mazzoni ha imparato a realizzare il ciclo completo della
lavorazione dei metalli preziosi, dall’idea
all’oggetto finito, prima andando a scuola
e poi a bottega, ossia facendosi la classica
gavetta. «A 17 anni mentre frequentavo
l’istituto tecnico per geometri, ho scoperto che all’istituto statale d’arte Gaetano
Chierici di Reggio Emilia (oggi trasformato in liceo artistico, nda), c’era una
sezione oreficeria-metalli preziosi: non ci
ho pensato un attimo, sono andato subito a imparare a fare l’orafo». Una passione
immediata, ma indiscutibile. «Ho sempre
avuto una grande manualità, che credo sia
innata nelle persone: o ce l’hai o non ce
l’hai. E, prima ancora, un’attitudine mentale che mi porta sempre a fare le cose con
le mani».
Mentre ancora frequenta la scuola professionale a Reggio, Andrea chiede di poter
lavorare gratuitamente, come garzone di
bottega, nella storica oreficeria Valenti in
via Nino Bixio a Parma. Qui, sotto la guida esperta di Mario Valenti, passa i suoi
pomeriggi a fare pratica e a coltivare il
sogno di mettersi in proprio. Diplomatosi
“maestro d’arte dei metalli” nel 1982, a soli
20 anni tira fuori il sogno dal cassetto e
apre il suo laboratorio, insieme all’amico
orafo Giancarlo Chiesa, in Borgo Felino
9. «All’epoca, in città c’erano molti laboratori orafi, gestiti da persone di mezza età,
scomparse le quali nessuno ha più proseguito l’attività da loro avviata. Oggi, a
Parma, saremo in due, massimo tre, a fare
veramente gli orafi». E purtroppo lo Stato
non incentiva questo tipo di artigianato:
benché ci siano istituti e scuole di formazione – dal 2001 anche un corso di laurea
in scienze e tecnologie orafe, presso l’Università Bicocca a Milano, cui fa seguito il
corso teorico-pratico in gemmologia – «è
sempre più difficile imparare il mestiere
1 www.oreficeriamazzoni.com
PARMA economica
91
cultura E TERRITORIO
come apprendista, a causa degli alti costi
che il titolare del negozio dovrebbe assumersi».
Fin da subito, Andrea mostra un’inclinazione allo studio di soluzioni creative,
che riesce a realizzare grazie alle abilità
manuali e tecniche acquisite con gli studi
e il tirocinio. Abilità che mette volentieri
anche a disposizione dei clienti perché le
loro idee prendano forma. «Mi sono sempre sentito un artigiano con una capacità
inventiva, più che un artista con una sua
linea stilistica».
Un ottimo artigiano, con una formazione anche come gemmologo sulle pietre di
colore e i diamanti. Cintura nera secondo
dan, Andrea è un allenatore del Cus Parma Judo e sembra avere grande forza ed
energia nei muscoli delle braccia e delle
spalle, come si racconta che avesse Efesto, il dio della metallurgia. Caratteristica che, secondo la mitologia greca, faceva
sì che ogni cosa da lui realizzata fosse di
un’impareggiabile perfezione: non a caso,
costruì la maggior parte dei magnifici oggetti di cui si servivano gli dei e gli eroi,
come i sandali alati di Ermes, l’arco e le
frecce di Eros o lo scudo di Achille.
Nel 1992, si affianca ad Andrea la moglie
Simona. Ha sempre collaborato con il marito, occupandosi di design e ricerca del
materiale, ma ora entra nel laboratorio a
tempo pieno. Maestro d’arte della ceramica, anche lei ha frequentato l’istituto Chierici di Reggio Emilia negli stessi anni di
Andrea. Anzi, è stato proprio lì, sul banco
del primo giorno di scuola, che è scattato
il colpo di fulmine. Ed è su un altro banco, quello dell’orafo, che è partito anche
il sodalizio professionale. A metà degli
anni Novanta, il socio di Andrea lascia il
laboratorio e il negozio diventa un’attività
familiare, prendendo il nome che ha tuttora. Mentre Simona si occupa dell’aspetto
progettuale, Andrea cura prevalentemente
quello tecnico, con un’intesa perfetta.
Di tutti i requisiti per fare l’orafo, dalle
doti manuali e creative alla conoscenza
delle proprietà fisiche e chimiche dei metalli, dalle nozioni di metallurgia e gemmologia alla padronanza nelle modalità di
lavorazione fino alle competenze tecniche
e di design, la manualità è al primo posto.
I Mazzoni, come dice il fidanzato della
loro figlia, sono la “famiglia MacGyver”
(dal nome del protagonista della popolare
serie televisiva americana) che sa costruire
92 PARMA economica
opere dell’ingegno con oggetti e cose che
trova attorno a sé. Anche i Mazzoni si costruiscono tutto con le proprie mani, non
solo i gioielli… Andrea sta terminandosi
un kayak, per esempio.
L’aggiornamento continuo è fondamentale, in un mestiere come quello dell’orafo.
«È importante – spiega Simona – rinnovarsi sia mentalmente che professionalmente, per poter offrire al cliente capacità
sempre maggiori. Da qualche tempo, ad
esempio, abbiamo inserito la modellazione 3D al computer attraverso un software
che ci permette di realizzare alla perfezione alcuni tipi di gioielli per i quali la modellazione a mano sarebbe estremamente
difficile. Detto questo, però, l’evoluzione
tecnologica nell’arte orafa non può prescindere dall’esperienza manuale: prima
di disegnare con il computer, devi saperlo
fare a mano….».
Nel marzo del 1999 Andrea e la moglie
si spostano nel laboratorio-negozio di
Strada Farini per avere maggiore visibilità. E, nel 2011, entra nell’attività
anche il figlio minore Federico,
neo-diplomato in grafica al liceo L’aggiornamento
artistico Paolo Toschi di Parma continuo è
(la figlia maggiore Erica sta ter- fondamentale anche
minando la facoltà di Architettu- in un mestiere come
ra). A lui, che ha frequentato un
quello dell’orafo
corso di incastonatura a Vicenza,
uno dei principali distretti artigianali dell’arte orafa italiana, per imparare a fissare le pietre preziose nelle sedi
apposite, cioè nei castoni degli oggetti creati, la manualità non manca, e nemmeno
le idee: «Al momento sto studiando una
serie di anelli in oro con pietra in cui la
buona qualità sia associata al basso costo: è
importante non perdere la qualità, perché
il nostro laboratorio ha una credibilità da
mantenere». È la qualità del fatto a mano.
Che risponde al bisogno di una bellezza
unica e di un significato autentico.
L’incastonatore è una delle tante figure
professionali che il settore orafo contempla
(ed esistono artigiani che si specializzano
soltanto in una fase di lavorazione): orafo
di base, cerista orafo, gemmologo, disegnatore, modellista di prototipo, addetto alla
fusione, preparatore, chiusurista, incisore,
lucidatore, addetto alla trancia, meccanico,
lavorante in madreperla, corallo e avorio,
sbalzatore in metallo, smaltatore d’arte, cesellatore, fili granista, e così via.
Tante e complesse anche le fasi di lavora-
cultura E TERRITORIO
zione, per lo più identiche a quelle antiche:
ideazione, che può essere solo manuale o
servirsi del computer, realizzazione del modello in cera, con blocchi di cera di diversa
durezza a seconda dell’oggetto che si va a
realizzare, fusione a cera persa, assemblaggio se il gioiello è costituito da più parti,
rifinitura per limare le asperità, eventuale
incastonatura di una pietra, lucidatura, lavaggio e asciugatura in segatura di mais per
non lasciare aloni sul metallo. «Nel caso degli oggetti in oro bianco – aggiunge Simona
– c’è anche la rodiatura, un bagno galvanico
al rodio che serve per rendere più bianco e
meno grigio il metallo».
Nella bottega dei Mazzoni, il banco di lavoro è un mobile in legno a tre postazioni,
attrezzato con cassettiere, luci da tavolo,
bilancine, piccoli attrezzi indispensabili al
meticoloso lavoro delle loro mani. Tutti i
procedimenti fondamentali sono realizzati
manualmente e con il supporto di alcuni
strumenti e piccole macchine: dalle lime
ai bulini, dai cannelli al propano o ad alcol
per la saldatura al laminatoio per creare lamine o fili sottili, dalla trancia per tagliare all’imbottitore per bombare le lamine,
dall’allarga-fedi alla macchina per fare lo
stampo di un oggetto, dalla lucidatrice
dotata di spazzole di varie dimensioni alla
lavatrice a ultrasuoni. E siccome gli scarti
del ciclo di lavorazione valgono oro, nulla viene buttato, ma recuperato con cura,
perfino i minuscoli granuli di polvere caduti sul piano di lavoro o sul pavimento, e
inviati a centri appositi dove viene estratto
e restituito il metallo puro.
Fare gli orafi oggi, a causa della crisi economica, è difficile. Un po’ per il bene effimero
e di lusso che è il gioiello, un po’ per il cambiamento degli stili di vita, diventati più
semplici e spartani. Ma, se le soddisfazioni
economiche sono poche, quelle morali sono
tante: è appena passato un ragazzo davanti
alla vetrina che ha sollevato il pollice in segno d’esultanza: il cuoricino d’argento che
Andrea gli ha fatto per san Valentino ha
fatto centro nella sua ragazza.
Prima di uscire, è bene dare un’occhiata proprio alla vetrina, dove i Mazzoni
espongono le loro creazioni. Gioielli mai
visti, che escono dallo stereotipo. Come gli
anelli che Simona ha chiamato Medusa: in
argento 925, aperti e con zirconi colorati
alle estremità. Indossati a gruppi di quattro-cinque, creano un effetto particolarissimo. Ed economici: poco più di 50 euro
l’uno. Altrettanto convenienti come costo
e capaci di fare la loro figura, gli anelli in
gomma con castone d’argento e zircone.
Certo, accanto a questi gioielli dallo spirito
giovane, ci sono anche quelli più raffinati,
con pietre meno diffuse, come l’opale color arancio, o realizzati con forme insolite
e materiali scultorei come l’ebano. Gioielli
di notevole singolarità, che esprimono una
genesi segreta e ispirata. Magica. In fondo, se sant’Eligio di Noyon, patrono degli orafi perché lui stesso orafo alla corte
dei re merovingi, ha perfino riattaccato la
zampa a un cavallo, non c’è nulla di cui
non orafo non sarebbe capace.
PARMA economica
93
cultura E TERRITORIO
Poeta nell’arte,
poeta nella vita
Sono trascorsi 62 anni dalla scomparsa di Renzo Pezzani, ma non viene
meno il ricordo del suo impegno, né sbiadisce l’attualità delle sue opere
Giulia Sorgente
«Non cercare la gioia / nelle cose lontane.
/ Se vuoi cogliere un fiore / non temere
lo spino. / Non v’è cibo di re più gustoso del pane. / Non è cosa che scaldi / più
del nostro camino. / Non ti tocca fortuna / se non sei mattiniero. / Macchia più
dell’inchiostro/un cattivo pensiero. / Non
c’è acqua che lavi / più del pianto sincero». (da Sette proverbi). Parole semplici,
ma profondamente incisive, parole liberate dalla penna del cuore, ancor prima
che dall’inchiostro del calamaio, parole di
amore, umiltà, sincerità, onestà. Questi i
tratti profondi e salienti del profilo umano
e professionale di Renzo Pezzani.
Renzo Pezzani nasce a Parma il 4 giugno
1898 in via Nino Bixio, nel cuore dell’Oltretorrente. Figlio di Secondo, artigiano
del ferro, e di Clementina Dodi, trascorre
la giovinezza assaporando fino in fondo
profumi e colori di un ambiente genuino e
popolare, che trova eco e specchio perfetto nella sua vasta ed eclettica produzione
letteraria, che si snoda tra prosa e poesia:
poesie in italiano e vernacolare, racconti,
favole, antologie per bimbi e ragazzi, fino
a guardare con occhio vigile e attento anche al mondo teatrale e cinematografico, e
alla passione per l’arte culinaria.
La sua formazione, nient’affatto pedante
e libresca, è frutto non tanto del tempo
trascorso dietro i banchi di scuola quanto
dell’innato desiderio di imparare, capire,
comunicare. Conscio del proprio talento,
ma umile e paziente; malinconico e nostalgico nell’anima, ma
fermo e sicuro nel portamento Fin da piccolo
senza svelare né tormenti né in- il poeta rivelò
quietudini, né passioni né sogni, passione per la
che tuttavia sbocciano nella luscrittura, conscio
minosità dei suoi occhi; giovane di bell’aspetto, intelligente, del suo talento, ma
volenteroso e sensibile, così lo umile
ricorda il maestro Arnaldo Barilli: «Renzo Pezzani fu mio alunno in terza
tecnica. Era un bel ragazzetto che sapeva
scrivere i suoi componimenti con un bel
garbo, sì, non comune, ma neanche proprio straordinario; ben più alte speranze
avevano suscitato in me, negli anni precedenti, altri allievi, che poi dopo quel breve
sfolgorio si immersero nell’ombra. Non
Alunni della terza e quarta
elementare della Scuola
Cocconi nel 1925. A
destra, il maestro Renzo
Pezzani.
94 PARMA economica
cultura E TERRITORIO
Renzo Pezzani,
sottotenente, nel 1918.
ricordo bene, ma ripensandoci e cercando
di rivederlo nel suo banco, ho l’impressione ch’egli non fosse del tutto persuaso di
meritar soltanto dei “sette” e non sapesse
se dubitar di sé o di me. La certezza del
proprio valore gli venne più tardi, e più
tardi ancora io m’accorsi del mio scarso
discernimento. […] Ho mancato, senza
ragione e senza intenzione, di fare una carezza quando occorreva; di dire una parola
cortese; non ho pensato che la mia trascuratezza sarebbe stata rilevata dalla squisita
sensibilità di Renzo Pezzani e gli avrebbe
fatto dispiacere, benché non se ne sia doluto con me, né, credo, con altri».
Licenziato con buoni voti dalla scuola tecnica, si iscrive all’istituto magistrale, coltivando la passione per l’arte e la letteratura
e pensando alla possibilità dell’università
per affinare le conoscenze filologiche finora apprese. Ma il suo maestro lo dissuade
e Renzo, ben presto, abbandona l’idea. Per
uno spirito libero e puro come il suo, l’università è la vita, è il mondo con tutta la
sua gente, con la ricchezza di quell’enorme
diversità che tutti noi osserviamo camminando per strada e incontrando lo sguardo
degli uomini.
Fin dalla tenera età di 10 anni, Renzo svela
la sua inebriante e illimitata propensione
per la scrittura, a scapito della matematica
e della geometria: «Ora risolvi il problema», diceva la maestra, e Renzo: «No, faccio un altro tema». «Ma, Renzo…». «No,
no, lo faccio, lo faccio subito». Un amore,
quasi un ardore, che Renzo non riesce a
imbrigliare e che riempie di meraviglia e
bontà tutta l’aula. Queste le sensazioni e le
emozioni di una compagna di classe, Maria Cella: «Io non ricordo gli argomenti, le
parole di quei germogli, di quei virgulti di
poesia, ma ho chiara, incancellabile l’impressione di stupore, di ammirazione che
quelle cose bellissime e nuove destavano
in me». Quando i ruoli si invertiranno e il
giovane allievo sarà adulto maestro, Pezzani conserverà l’orgoglio di non avere
insistito nelle discipline scientifiche: «[…]
Le poche volte che scrissi numeri sulla
lavagna erano frazioni che davano la sensazione del numero schiavo e del numero
trionfante. […]. La geometria con le sue
figure balenò sulla lavagna, per dire che al
di là di un limite c’è l’infinito del piano,
ma noi eravamo fuori del limite, nello spazio nero».
La passione per le lettere si alterna e, a
tratti, si intreccia con la partecipazione alla
politica degli anni travagliati dalle guerre.
Nel 1915, diciottenne, Pezzani si arruola
come ardito lanciafiamme e parte volontario per il fronte, considerandosi «[…] un
seme vivente / gettato dal vento / a germogliare gloria / in un solco di campo / tra i
papaveri rossi e il frumento». Esperienza
che rinnova preoccupazioni, inquietudini,
ripensamenti che sfociano in una pesante
reazione in una profonda crisi spirituale,
acuitasi nel 1918 in séguito alle scomparse
del padre e della sorella minore, Elsa, la
sua «piccola fata», che lo «guarda con gli
occhi grandi e dolorosi come la sua anima».
Nel 1919 aderisce al socialismo e al sindacalismo di Alceste De Ambris, mentre
data 1924 la breve e disillusa parentesi
fascista. Imbraccia le armi di nuovo nel
1940, combattendo senza entusiasmo né
ideali; è invece del 1945 l’impegno partigiano e antifascista, che lo conduce ad
aderire al partito comunista italiano e a
collaborare con L’Unità, quotidiano ufficiale del partito. L’abbraccio alla politica
gli sembra la chiave di volta per un futuro
vincente e rigenerato, ma ben presto si ac-
PARMA economica
95
cultura E TERRITORIO
corge del fallimento e ritorna sulla via degli umili, nel trionfo di Giustizia e Libertà:
«Io credo nella rivoluzione, nel trionfo degli umili, nell’avvento del proletariato, tenace esercito della libertà e della giustizia,
nella voce dei morti sparsi su ogni groppa
di monte, in ogni valle, in ogni piana d’Italia […]».
L’epoca fascista impera e su ogni cosa
stende la sua mano, così anche Renzo
Pezzani subisce pesanti persecuzioni politiche, ma il suo spirito aperto e sagace lo
porta a non arrendersi, ad andare avanti, a
guardare oltre: il sole c’è, e splende sempre, anche dietro le nuvole. Trasforma la
sua fragilità in punti di forza per altri, in
gancio cui aggrapparsi nelle difficoltà: «Il
confessare la pena di ieri, il trionfo di oggi
mi strazia l’anima. Sono quasi geloso della mia passione interiore e non vorrei che
cuori freddi e duri vi si accostassero per
ischernirla. Ma è bene che sia così. Qualcuno nel mio dramma potrebbe discernere
il proprio non ancora risolto, la mia gioia
cristiana potrebbe suscitare il desiderio di
identica gioia […]».
La fede è la salvezza, la speranza, la fedele compagna di viaggio, la poesia, la
vita, la mano che lo accarezza sempre e
96 PARMA economica
per sempre. «Son qui per bere. La mia /
è sete di poesia. / È lunga, arida sete / di
cose fresche e segrete, / d’acque di limpido
squillo / sperduto canto di grillo. / E ancor
più dell’acqua d’un rio / oh quanta sete di
Dio». La forza che gli fa amare il proprio
dolore, le sofferenze di una generazione,
liberando un sorriso caldo e bonario: «Le
fatiche che per gli altri sono insopportabili, a me non danno
dolore, le sopporto con fede e mi Anche se Pezzani
sembrano lievi. Quando su mol- subì pesanti
te bocche spunta la bestemmia e persecuzioni
la parola di sconforto, sulla mia
politiche dal
aleggia il sorriso, la parola buona
che aiuta». Il suo Dio è Dio di fascismo, rimase
tutti, alieno dagli eccelsi sublimi, uno spirito libero
come dai cieli altisonanti, un incontro semplice in cui gli appare:
«L’ò vist acsì, al me Sgnor: / divers da cme i
l’àn fat / in Dom, in coll ritrat / adrè na sesa
‘d fior, / äd lum, äd cor d’argent: / al Sgnor
sensa na vesta / da cambiär’s a la festa, / un
operäi content. / Int i so oc’ j ò vist / la lägorma ch’a tremma, / la tera e ’l cel insemma. /
L’era ’l me Gesù Crist / con al cor ch’a sangon’na / che se ’t tal scord al t’speta, / e se la
genta inchieta / la biastuma, al gh’ pardon’na.
(L’ho visto così il mio Signore: / diverso
da come lo hanno dipinto / in Duomo in
quel ritratto / dietro una siepe di fiori, / di
luce, di cuore d’argento: / il Signore senza una veste / da cambiarsi alla festa, / un
operaio contento. / Nei suoi occhi ho visto
/ la lacrima che trema / la terra ed il cielo
insieme. / Era il mio Gesù Cristo / con il
cuore che sanguina / che se lo dimentichi
ti aspetta, / e se la gente inquieta / bestemmia, glielo perdona)».
Mai importuno o invadente, entra in comunione col prossimo a passi sempre
felpati, nutre inesausto rispetto per tutti,
uomini e circostanze, e così si comporta
anche quando varca la soglia di casa della
sorella Igi: «È permesso?», pronuncia con
voce viva e squillante. Un modo garbato
e cordiale di presentarsi, che i familiari
considerano quasi un rituale. È il riflesso
dell’educazione ricevuta dal padre e impressa viva nel ricordo, quando Secondo
Pezzani lo guida dall’alto: «Il mio papà è
lì ritto fra le sue macchine possenti, fra il
rumore del maglio e il bagliore del metallo liquido che cola dal crogiuolo, è lì col
sorriso di bontà stampato sulla bocca, con
Pezzani negli oliveti di
Imperia il giorno della
l’onestà dipinta sulla fronte».
dichiarazione di guerra
Una vita non facile, dunque, né lineare, ma
(fotografia del 1940).
cultura E TERRITORIO
proprio in questo risiede il fascino dell’uomo. Un uomo che non ha mai dimenticato
il suo passato di bambino e che di questa
condizione non ha mai voluto abbandonare l’anima: per lui, la fanciullezza
Per lui il poeta è un e il mondo dell’infanzia sono la
bambino che cerca veste più bella e più calda da avvolgersi attorno. Il bambino è il
la gioia nelle piccole poeta, è il cuore del mondo, per
cose lui Renzo scrive e a lui si rivolge come messia di rinascimento: «Tra erba e ghiaia - giocondo scopre
il mondo - il canto d’un bambino / può
rinverdire il mondo». Ancora, in una delle
sue più commoventi poesie è forte l’esortazione a tornare bambino per poter attingere appieno alla gioia, che predilige come
nido le piccole cose: «La gioia che cerchi
su eccelse pendici / s’è forse nascosta tra
erbe e radici. / Ritorna quel ch’eri, un
bambino innocente / ch’è lieto d’un fiore,
che canta per niente. / Se pieghi i ginocchi, se torni piccino, / se baci la terra di
questo giardino, / vedrai che lo trovi quel
grano granello / ch’è fatto di niente, che
sembra un pisello, / che, messo nel cuore,
d’un tratto germoglia, / diventa uno stelo, dischiude una foglia. / Ed ecco ti arriva
dal cielo un uccello / che canta felice, ti
chiama fratello, / ti dice: - “Venuto il mio
tempo, permetti / ch’io posi sui rami un
canestro d’ovetti?” / Ma dentro gli ovetti
qualcuno bisbiglia. / Si rompono i gusci…
Che bella famiglia! / Il ramo fiorisce. Ma
il fiore più bello / rimane pur sempre quel
nido d’uccello» (da La gioia).
Di questo nobile sentire Pezzani si ricorda
anche negli anni, pur brevi, del suo insegnamento nella scuola elementare “Pietro
Cocconi”, da cui subisce forzato allontanamento per ragioni politiche nel 1926,
dopo aver esercitato per quattro anni il
mestiere di maestro, per lui una missio-
Il viandante
Un viandante passò da un paese. La gente era al lavoro: gli uomini
nei campi, le donne al lavatoio, i bambini a scuola. Non c’era che
un agnellino per la strada: brucava erba tra i sassi e suonava un
campanello.
- Benedetto questo paese - disse il viandante - che invece di un
cane mette di guardia un agnello. La pace è meglio custodita
dall’innocenza che dalla forza.
Pensiero di Renzo Pezzani
ne. «Noi scolari volevamo bene al nostro
maestro: ci piaceva quel suo fare aperto,
quel suo esprimere chiaramente il proprio
pensiero con gli altri maestri, anche con
quelli con cui non andava d’accordo. Lui
portava nella scuola più che il rigore del
pedagogo, il profondo senso della poesia:
qualche volta questa “novità” didattica restò incompresa dai superiori e anche dai
genitori degli alunni», è la preziosa testimonianza di Renzo Piazza, alunno di
Renzo Pezzani nel 1926. Un maestro sui
generis, che fa dell’insegnamento un atto
d’amore. Così si autodefinisce in una lettera inviata ai suoi scolari nel fatidico ‘26:
«[…] Un maestro che ignorava la riforma,
che insegnava col cuore, e sui temi guardava i pensieri e ignorava gli errori di grammatica. Che tipo! […] Vi ho voluto molto
bene. Questo importa abbiate capito. In
certi momenti di tristezza vi rivedo tutti,
nessuno cattivo, diversi di volto e di cuore,
e le mie braccia non bastano a stringervi
tutti in una volta […]. Mi accorsi che vi
amavo davvero profondamente, e con voi
i muri della scuola e i maestri buoni e cattivi. Anche i cattivi erano nel mio cuore.
Tutti, tutti […]».
Il solco che ha tracciato lascia una scia duratura: dopo lunghi anni, gli rende omaggio e accorato grazie la maestra elementare Giovanna Lotti, ricordandolo così:
«La sua esperienza di educatore, arricchita
dall’amore per i fanciulli e per la Scuola,
seppe fargli trovare la giusta espressione
per essere inteso dagli scolari e per poter
loro dare nutrimento estetico e soprattutto
spirituale, necessario quanto e forse più di
quello materiale. Gratitudine dunque, per
tutto quello di buono che mi ha permesso
di insegnare ai miei alunni, attraverso la
lettura, lo studio, il ripensamento di molti
dei suoi scritti, nel corso di due cicli, cioè
nelle cinque classi della Scuola Elementare. E, ben sapendo che insegnando s’impara, per quanto mi ha permesso di imparare
o di meglio capire».
Un maestro che sia guida e amico degli
allievi, che li istruisca e li culli, li mantenga bambini aiutandoli a entrare nella vita,
che è adulta, con temi importanti ma soffusi di dolcezza, delicatezza, spontaneità,
innocenza. Questa la meta del viaggio del
maestro Pezzani, il cui valore educativo gli
viene riconosciuto anche ufficialmente: la
commissione ministeriale approva i suoi
libri con parole di elogio e Credere, raccol-
PARMA economica
97
cultura E TERRITORIO
ta di 14 racconti, si aggiudica nel 1934 il
prestigioso premio Pallanza.
La semplicità rivela sempre la profondità,
la facilità è il manto della sublime verità.
Renzo Pezzani raggiunge il cuore della
gente raccontando della gente stessa, del
suo vivere, del suo sentire. Le sue composizioni fioriscono dall’osservazione e dalla
compartecipazione alle gioie e ai dolori,
agli entusiasmi e alle fatiche, all’onestà e
agli errori, ai successi e ai fallimenti. Sono
tutti ingredienti della vita che Renzo ammette e accoglie senza riserve, perché il
fine della poesia, come della vita, è per
Renzo un vero percorso pedagogico-educativo: «Dimostrerò coi fatti che la poesia
è ancora un potente strumento educativo».
Poesia è amore di bellezza, desiderio di
purezza, rinascita di gesti e uomini proprio là dove gli uni si spengono e gli altri
si addormentano, recupero di memorie assopite nell’anima.
La Musa, la consolatrice, la figura amica
che cura gli strappi del cuore: «Tornare alla poesia vuol dire, per colui che ne
è vocato, abbandonare la strada d’asfalto
per il sentiero che si immerge nel prato.
È la salvezza. Ed io mi salvo. Ah, con che
gioia al primo mattino, in campagna, apro
la finestra e sento il cantare dei ruscelli,
il pigolio delle rondini sotto la grondaia,
qualche suono di campanili sperduti nel
verde dei campi e dei villaggi. Allora Madonna Poesia mi afferra con impeto e mi
dice: - Su, mio infimo operaio, servimi,
segna sulla carta quello che ti ho detto al
cuore. - Ed io, entusiasta, obbedisco, scrivo, scrivo […]».
Bimbi e anziani; madri spose sorelle; padri
che lavorano e soffrono perché non riescono a soddisfare i sorrisi dei propri figli; uccelli ruscelli alberi; case scuole chiese sperdute nel luogo e nel tempo. Questi i principali protagonisti della poetica di Renzo
Pezzani, smisurato universo dove persino
le cose si animano di sensazioni umane,
si adornano dell’atomo di Dio, senza bisogno di aggettivi ridondanti: «Non sono
fatto per fondere un mio gesto nel bronzo», dice Renzo.
Cose umili e cuori semplici, ma pieni di
dignità e compostezza: «I poveri non sono
quelli che vedete / mostrare la fame e la
sete, / gli abiti come sacchi pieni delle loro
ossa, / la tasca vuota, una piaga rossa, / la
mano che aspetta, lo sguardo attento / che
prova il vostro cuore / sulla pietra come
98 PARMA economica
Una poesia per Pezzani
Pier Luigi Bacchini
Ho conosciuto la sua anima di biancospino sparpagliato
quando le marce di ferro dei soldati
trasportavano piogge per l’Europa.
Poi ho guardato le violette perenni sulla sua tomba.
Ora è solo, con il suo angelo.
Il battito delle penne celesti nei temi di scuola.
Amava le pietre di Parma.
Ho pensato a quando dovette andarsene dalla città
e al suo desiderio di ritornare.
Ai monumenti bombardati che non vengono rifatti.
Alla voce che svela la fama del suo popolo.
All’elegante uomo impomatato degli anni Trenta.
I petali calpestati della sua poesia
sono come preghiere di sera.
l’argento. / I poveri sono altrove, lontano dallo sguardo di tutti: / vecchine sole,
uomini distrutti. / Gente che ogni giorno
si toglie / un boccone dal boccone / e per
piangere si nasconde / e non vuole compassione. / Vive pulita e decente / dentro
l’ombra d’altra gente. / I poveri sono quelli
che seggono / compìti sulle panchine dei
viali, / che ascoltano musiche, leggono /
vecchi ingialliti giornali. / E li spaura il
pensiero / dell’inverno imminente, / la foglia che cade, / la pioggia sottile / che più non ha luce Nella sua poetica
d’aprile, / che lascia deserte le restò sempre vicino
strade. / I poveri sono quelli che alla gente, agli umili,
sentite tossire / nelle case, chissà ai poveri
dove, / come tarli nei vecchi legni, / senza poter morire. / Sono
quelli che troverete / un giorno, con gli occhi spenti: / morti senza prete, / affamati
di sacramenti» (da I poveri).
Eppure, il mestiere del poeta non è affatto privo di complicanze, questo Renzo lo
sa bene, tanto che all’amico Bruno Paltrinieri scrive: «Chi fa poesia e non soltanto versi sa quanto sia duro mestiere, e
come arduo toccare un punto di estrema
chiarezza, accendere un fuoco, un piccolo fuoco che si vegga splendere nel tempo
nostro desolato». A esortarlo alla poesia è
cultura E TERRITORIO
A torna indrè Pessani*
Luigi Vicini
Tutt’i bot dill campani äd Santa Croza
jen lagormi ch’se staca da la torra;
l’è Pärma dora incò ch’la crida ancorra;
dopa tant temp artorna la so rosa.
Na rosa ch’l’era ad j’ani ch’l’era via,
lontana da sta tera benedètta
ch’la l’à tgnù in scoss e la gh’à dè la tètta.
Un fior ch’l’è dvintè pass äd nostalgìa.
A torna indrè Pessani! E in al cel griz,
un cel d’avtón ch’l’è pién ’d malinconia,
a pär ’d sentir un cant äd poesia,
al cant d’un angiol scos in paradis.
E la Rochètta la ghe slärga i brass
cme fa la mama con al so putén.
Al fior l’è tornè chì int al so zardén,
al mèstor l’è gnù in meza ai so ragass.
E tutta Pärma, incò, colla pu bon’na,
l’agh va incontra par därog un bazén;
l’è na mädra ch’a speta al so putén
e par regal la gh’à portè na con’na.
Mo l’è november, e i ragass dill scöli
in polon gnàn’ donär’gh un mass ’d chi fior
ch’agh piazeva acsì tant: un mass äd viöli,
luza äd speransa, d’umiltè, d’amor.
Però mi al so che tutt sti scolarén,
con l’alma s’cètta, semplice e sincera,
i s’arcordrànn; e apen’na primavera
al so ‘bcón ’d tera al dvintarà un zardén’.
* Per l’arrivo a Parma della salma del poeta
Ritorna Pezzani
Tutti i rintocchi delle campane di Santa Croce/sono lacrime che si
staccano dalla torre;/è Parma d’oro oggi che piange ancora;/dopo
tanto tempo ritorna la sua rosa./Una rosa che erano anni che era
via,/lontana da questa terra benedetta/che la ha tenuta nascosta e
le ha dato il seno./Un fiore che è appassito di nostalgia./Ritorna
Pezzani! E nel cielo grigio,/un cielo d’autunno pieno di malinconia,/
sembra di sentire un canto di poesia,/il canto di un angelo nascosto
in paradiso./E la Rocchetta gli allarga le braccia/come fa la mamma
col suo bambino./Il fiore è tornato nel suo giardino,/il maestro è
venuto tra i suoi ragazzi./E tutta Parma, oggi, quella più buona,/
gli va incontro per dargli un bacino;/è una madre che aspetta il suo
bambino/e come regalo gli ha portato una culla./Ma è novembre,
e i ragazzi delle scuole/non possono nemmeno donargli un mazzo
di quei fiori/che gli piaceva così tanto: un mazzo di viole,/luce di
speranza, d’umiltà, d’amore./Però io so che tutti questi scolaretti,/
con l’anima schietta, semplice e sincera,/si ricorderanno; e appena
sarà primavera/il suo ‘pezzo di terra diventerà un giardino’.
l’amico e «primo maestro di poesia» Ildebrando Cocconi, che Pezzani saluta con
queste parole: «Mi diede la prima lezione
di poesia accendendomi dentro con parole
di fede e costringendomi a credere in me
stesso. Fu lui che mi presentò alla prima
lettura di versi al Ridotto del Regio, molto rischiando per sé, come ogni altro che
in quei giorni avesse osato starmi vicino».
Renzo non vuole seguire orme tracciate e,
pur consapevole dei grandi nomi che balenano all’orizzonte, la sua è nuova e originale poesia senza cornice, il dipinto parla
da solo, è vivo, non richiede abbellimenti
o inquadrature. È lì, svela se stesso oltre se
stesso. Basta leggere quelle parole unite in
armonia per veder scorrere un sorriso e una
lacrima sul volto del lettore e per scoprire
l’estrema fedeltà di Renzo a se stesso, alla
propria natura, alla propria mutevolezza.
Per Renzo, poesia è anche sicuramente
dialetto, radice del passato che affonda
nel presente: «Se qualcuno vi dirà che il
dialetto parmigiano è difficile a intendersi,
rispondete che ogni cosa bella è difficile;
se vi dirà che è inutile scrivere in dialetto, per pochi, quando abbiamo una lingua
così bella che tutti parlano e leggono, rispondete che in Italia ci sono tante campane, ma quella della nostra parrocchia
vi canta al cuore come nessun’altra; se vi
dirà che i dialetti sono destinati a morire,
rispondete che appunto per questo preparate pel vostro un monumento nel cuore».
E il dialetto è il più degno strumento per
esprimere l’esprimibile, è come un padre
che con le sue braccia unisce tutti i figli in
limpida serenità e struggente malinconia a
un tempo. Renzo desidera consegnare «a
Parma e ai Parmigiani una genuina poesia del loro dialetto e mostrare il dialetto
parmigiano come linguaggio di nobili cose
di poesia». Ancora, «la poesia dialettale
come io la sento è una consolazione della
mia solitudine, l’urna solare delle mie più
affettuose memorie; un modo di essere fedele alle cose e di amare anche chi non mi
ama. Piccola ed arcana isola dove sono approdato dopo molta tempesta e dove vivo,
da Robinson, bastando a me stesso».
La poesia, in una parola, suggella la possibilità per Renzo di vivere la propria città
natale anche da lontano, di ritornare, almeno col pensiero, a Parma, nella sua Parma. Parma è costante esercizio di ricerca,
terra dove tutti gli elementi della vita si
fondono e si confondono, pur conservan-
PARMA economica
99
cultura E TERRITORIO
do la propria essenza, la propria identità.
È aspirazione alla pace, alla levità, dopo
un’esistenza travagliata ma sempre vissuta, mai rinnegata perché la storia, anche
la nostra, nella sua dimensione tutta individuale, è pur sempre maestra di vita e
fonte di insegnamenti preziosi: «Se Parma
sapesse quanta parte del suo cuore è qui
con me, custodita nel mio cuore, ne sarebbe gelosa, se ne sentirebbe mutilata. Ed è
la mia sola ricchezza, la mia terricciola di
solitudine, il bosco segreto dove il sentiero
fu tracciato dal mio passo e i pensieri diventarono alte e libere fronde».
Talmente forte è il legame con Parma da
voler fare rivivere l’atmosfera parmigiana
anche nella lontana Torino. Ne parla Ernesto Manghi: «Le porte della sua casa
erano sempre spalancate per tutti. Quando
poi poteva ospitare dei parmigiani, per lui
erano giorni di festa. Li riceveva a braccia
aperte, anche se li vedeva per la prima volta o non li aveva mai conosciuti».
Parma è arte, e forte è il rincrescimento di
Pezzani per la distruzione che colpisce la
città durante il periodo bellico: «Ho sentito con profondo dolore la notizia del bombardamento di Parma. Il mio pensiero non
sa staccarsi dall’idea che tante cose d’arte
siano andate distrutte insieme a vite uma-
100 PARMA economica
ne. Io amo Parma come una parte di me
stesso e trepido per gli amici, per il nostro
Battistero, per la vita aurea e secolare di
codesta mia città, di codesta mia gente», è
il pensiero che Renzo invia da Castiglione
Torinese nel 1944.
E Castiglione è la seconda casa del poeta,
porto ospitale dopo il sofferto e subìto allontanamento dalla città d’origine. E nella
splendida Villa Fiorita, «il castello, alto sul
colle, al centro d’un paesaggio mirabile»,
Renzo Pezzani si addormenta il 14 luglio
1951, sfinito da coma diabetico, in una
notte tempestosa, solo, in povertà, tra le
braccia dell’anziana madre, stringendo
tra le mani i Fioretti di San Francesco. La
malattia incalza, ruba all’uomo le forze, lo
sfinisce, ma resta la voglia di raccontare:
«Rincrudisce il diabete, e il diabete è il
male delle lunghe malinconie: un terreno
dove trova, come un fungo abbondante o
una muffa, il pensiero della morte. […]
Ognuno a patire è sempre solo, terribilmente solo», triste presagio che nell’amarezza della solitudine e della sofferenza
svela insolvibile il nodo tra morte e amicizia «sempre trasparente come gli angeli».
Ecco come si rivolge all’amico Furlotti,
pochi mesi prima di spegnersi: «Non vi è
nulla tra di noi: c’è solo l’amicizia. Io dovevo scriverti e ti ho trascurato; dovevo
parlare e ho taciuto; dovevo farmi vivo e
ho fatto il morto. Ma non perché io debba
rimproverarti qualcosa! Ho taciuto perché
sono atterrito dalla vita, perché ho voglia
di morire, perché sto ritraendomi da tutto
e da tutti. Caro, caro Furlotti. E non temere mai della mia amicizia anche se talora
sembra sorda e distratta. Pezzani non ha
mai tradito nessuno. Per questo è fuori del
tempo».
Chi ama troppo forse manca a se stesso,
ma è quella mancanza il suo bisogno e,
per non tradire l’esigenza di autenticità,
la morte è per Renzo Pezzani il cammino che conduce a Dio, itinerario di pace
e di libertà: «L’idea della morte non è in
me l’idea di ombra, né terribilità di problema: è pace ed evasione. Io l’aspetto come
la sola consolatrice, sola estrema felicità.
[…] Senza l’approdo, desolato è il mare;
verrà tempo che sarò più alto delle nubi,
più libero della luce […]. Io non so luogo
della terra più dolce e più lieto d’un camposanto, una pagina di terra chiusa nella
storia d’ognuno. Ivi la parola “fine” s’illumina della parola “pace”. Tutte le tempeste
cultura E TERRITORIO
vi si infrangono sciogliendosi in lagrime,
ma vi incominciano le certezze. Qui si varcano le frontiere d’Iddio e l’esilio diventa
patria perenne».
E, dopo un lungo viaggio, il meritato e sospirato ritorno: il 28 novembre del 1953
le spoglie del poeta vengono trasferite con
intensa partecipazione dei cittadini parmigiani dal cimitero di Castiglione alla
Villetta di Parma, dove tuttora riposano
nella tomba di famiglia, monumento dalle
linee sobrie ed eleganti: un arco di mattoni rossi, una rondine, e una targhetta con
un verso estrapolato da Oc’ luster, una delle
fortunate raccolte di poesia dialettale, nel
rispetto del desiderio manifestato all’amico Furlotti nel 1935, allorché un incidente
in motocicletta accende nel poeta il pensiero della morte. «[…] Ho pochi soldi
da spendere, ma il ‘900 può suggerire un
lavoro semplice e disadorno che dica molte cose. Basterebbe una pietra sull’avello e
un arco di mattoni rossi». Questo è Renzo
Pezzani: finezza nella sobrietà, parola nel
silenzio.
Bibliografia
Battei, Alla riscoperta di Pezzani. Non solo poeta e
cantore di Parma ma anche irriducibile editore, in
«Gazzetta di Parma», 21 novembre 2011.
J. Bocchialini, Memorie e figure parmensi: scrittori e
poeti del Novecento, Parma, 1964.
P. Briganti, A. Briganti (a cura di), Pezzani 2011: a
sessant’anni dalla scomparsa, Parma, 2011.
P. Briganti, Renzo Pezzani poeta in lingua, in «Parma e la sua Storia» (Renzo Pezzani in digitale)
M.C. Cervi, Lettere inedite di Renzo Pezzani a Italo Clerici per la realizzazione scenica di “Al Marches
Popo”, Parma, 1959.
Maria Gaj, La voce di Renzo Pezzani nella poesia del
suo tempo, in «Aurea Parma», (1972), pp. 110-126.
Ganda, Traversie editoriali del poeta Renzo Pezzani,
Udine, 1995.
G. Marchetti, Renzo Pezzani: i “due tempi” della poesia, in «Parma e la sua Storia» (Renzo Pezzani in
digitale)
G. Marchi, Renzo Pezzani editore, Parma, 1985.
G. Petrolini, Nel nome del padre. Renzo Pezzani e
la poesia dialettale a Parma, Officina parmigiana: la
cultura letteraria a Parma nel ‘900: Atti del Convegno, Parma, 1991.
Renzo Pezzani nella vita nell’arte nel ricordo, a cura
del Cenacolo degli amici di Renzo Pezzani, Parma,
1952.
F. Squarcia, Pezzani, in «Aurea Parma», (1951), pp.
151-161.
Un autore molto prolifico
Il nome di Renzo Pezzani (Parma, 4 giugno 1898
- Castiglione Torinese, 14 luglio 1951) desta in
noi un lieto ricordo di poesia, una poesia che
Renzo lascia come preziosa testimonianza di sé
e come dolce strumento di insegnamento nella bella e tortuosa strada della vita. Ma per rendere giusta riconoscenza al poeta è necessario
estendere lo sguardo all’intera e vasta produzione, non solo poetica, di Renzo, che fu anche traduttore di diverse opere dal francese, e abile e
appassionato illustratore di vari suoi libri.
Renzo esordisce nel mondo letterario, a 22 anni,
con la pubblicazione di Ombre (1920), raccolta
di poesie in cui i capisaldi del futurismo si mescolano a tinte squisitamente pezzaniane, quali
immagini di campisanti, mondo dell’infanzia, attenzione per gli umili; segue, a breve distanza,
Artigli (1922), interamente dedicata ai pesanti
riflessi della guerra sul debole cuore dell’uomo:
«Se è possibile una poesia del fante, con tutte le
sue pene senza fine, le sue miserie senza luce,
le sue glorie senza fama, quella poesia è qui. Ed
è qui attraverso accenti, in cui la potenza espres-
siva è raggiunta a forza di semplicità. Ci si sente
l’odor di trincea e di fucilate, il tanfo di rancio e
il bruciore di nostalgia, la povera passione della casetta lontana e l’oscura passione che conduce alla morte […]. Questa poesia è carne e
sangue, fulgore e tenebra di umanità, spasimo di
vita e di morte», così recensisce l’amico Jacopo
Bocchialini.
Accanto alla distruzione generata dalla guerra
c’è il desiderio di istruire i piccoli, di tracciare
per loro la strada verso il futuro, e così nel 1923
vede la luce Il sogno d’un piccolo re, agile favola
in versi per cuori puri, piccoli e grandi. Segue
Corcontento (1930), altro romanzo per ragazzi,
mentre data 1932 Angeli verdi, libro di educazione morale in cui i protagonisti sono gli alberi,
dedicato ai «giovanetti d’Italia».
Seguono Credere (1934) e tante altre felici
esperienze letterarie per la scuola, tra cui spicca
Focovivo (nel 1943 in edizione Sei e nel 1947
in edizione Ili), fonte di ingenti guadagni per l’autore. Numerose le raccolte di liriche, da La rondine sotto l’arco (1926) e L’usignolo nel clau-
PARMA economica 101
cultura E TERRITORIO
stro (1930) a Sole solicello (1933), Belvedere
(1935), Cantabile (1936), sino alla matura esperienza di Innocenza (1950), dove l’originalità è
così marcata che Renzo Pezzani è unicamente
Renzo Pezzani.
Alla sua terra il poeta dedica una trilogia dialettale: Bornisi (1939). «È nato da un abbandono
del mio cuore a un mondo di ricordi. Ognuno dei
suoi componimenti è un giorno, un attimo della
mia giovinezza ritrovati in fondo al cuore come
in fondo a un cassetto stipato dal disordine di
antiche memorie. Cerchi una cosa e ne trovi
un’altra. Cerchi una vecchia lettera e ti trovi tra
le mani un fiore secco, il ritratto d’una morosa,
la medaglia della prima Comunione, le stellette
di sodato […] affidato all’estro della poesia, ricomponi adorabili momenti della tua vita, ma ti
accorgi che sono brani della vita di tutti», scrive
in Tarabacli (1942).
«Ho voluto con questo libro confondermi con il
popolo […] mi pare così di stabilire un nobile baratto tra me e il popolo parmigiano: tu mi presti
il cuore ed io ti dico quello che c’è dentro», si
legge invece in Oc’ luster (1950).
«Un modo di sentirmi parmigiano, vicino alla mia
terra e alla mia gente, nel dolore di un esilio che
dura da venticinque anni e non fu mai consolato
da altri che non fosse la speranza di un ritorno,
è questo di abbandonarmi alla poesia»: sono parole scritte in un trio preceduto da un libretto,
sempre in vernacolo, Al stizz (1927), rimasto a
lungo in bozze, quindi pubblicato dalla casa editrice Luigi Battei.
E per Parma scrive anche un inno, Inno a Parma,
musicato da Ildebrando Pizzetti.
La passione per l’arte coinvolge anche il teatro,
per cui Renzo compone sia in italiano sia in vernacolo; si ricordi per tutti Al marchés popò, opera teatrale in dialetto parmigiano, la cui nascita
si deve anche all’intensa e sincera amicizia che
lo lega all’attore Italo Clerici, che si rivolge all’amico Renzo con una convinta certezza: «Il teatro
parmigiano da noi creato ha soltanto vent’anni
di vita. Molto si è fatto, ma tanto resta da fare,
aiutami in questo immane lavoro, sono certo
che riusciremo». Si tratta di un lavoro originale
e nuovo, di cui Renzo va particolarmente fiero:
«Mi pare di aver fatto una cosa bella e nuova,
ricca di autentica poesia», e che incontra il gusto
e i desideri di Italo. «Stanotte ho letto d’un fiato
il tuo dramma. È bello, bellissimo, bel, bel, bel
bombén, bombén, bombén!».
Ma il poliedrico carattere di Renzo non si ferma
qui, e scrivere significa scrivere anche sogget-
102 PARMA economica
ti cinematografici: ne compone almeno nove, di
cui sette tra il 1936 e il 1940. I pezzi non trovano
appagamento sullo schermo per causa di un canovaccio troppo semplice e un intreccio troppo
lineare, fatto di pochi elementi; tuttavia, vi si ritrovano i temi puri che costellano tutto l’universo di
Pezzani, dall’amore che trionfa sempre sulla via
verso l’eternità e la giustizia, allo spiccato acume
dei giovani sugli adulti. E, una curiosità: in Burattini insanguinati, «in una Parma favolosamente
stendhaliana, avrebbe dovuto figurare Italo Ferrari come burattinaio».
E, da buon parmigiano qual è, non resta indifferente nemmeno all’arte culinaria, tanto da presentare al suo pubblico alcuni brani dedicati a
piatti tipici della cucina parmigiana (Al pién, J
anolén, La pasta, Do ften’ni äd parsut, Al salam pramzan, La consèrva pramzana), dove la
preparazione gastronomica apre sempre a una
prospettiva di gioia e divertimento, di amore e
calore di cose semplici e genuine.
Infine, un’esperienza che marca profondamente il cuore e la mente di Renzo Pezzani fin dagli
esordi è l’editoria, mondo affascinante e smisurato, insondabile e imprevedibile, adorato ma anche inevitabilmente odiato, che per Renzo deve
essere totale e assoluta libertà di esprimere il
poeta che è dentro di sé e che inizia a mettere le ali per librarsi nel cielo dei sentimenti. Ma
dove, invece e purtroppo, il poeta dovrebbe cedere il posto al manager, all’uomo d’affari, come
riconosce lo stesso Pezzani: «Il libro è una gioia
scriverlo, ma, portato nel gioco del mercato, da
bimbo innocente può trasformarsi in mostro divorante», eppure questo non è né nelle corde,
né nel volere di Renzo «rifatto poeta, tutto poeta,
solamente poeta».
Così, l’originario entusiasmo per la fondazione
delle riviste La difesa artistica - Rovente (19211923), frutto della collaborazione tra Renzo e gli
intellettuali del Caffè Marchesi di Parma, luogo
frequentato assiduamente dallo stesso Pezzani;
La Grande Orma (1924-1925), voluta e ideata
interamente da Renzo; Novissima Parma, che
non vede nemmeno la luce; e di diverse case
editrici, da Eto (1922-1924) a Le Muse (19281929) fino a Il Verdone (1942-1945) ed Edizioni Palatine (1946-1950); quell’entusiasmo viene
smorzato sul nascere da una serie di insuccessi
e fallimenti, dovuti in parte alla disastrata situazione finanziaria dello stesso Pezzani, in parte
alle conseguenze devastanti che il conflitto bellico ha riversato anche nei settori editoriale ed
economico.
dalla camera di commercio
PARMA economica 103
dalla camera di commercio
Una storia di Parma
e della sua economia
Per i nostri lettori e per tutti gli interessati riproponiamo, in ordine cronologico, gli indici dei numeri di Parma economica pubblicati dal 2004 al 2012
Elena Olloqui
In occasione della pubblicazione del primo numero 2013 di Parma economica e
del recente rinnovo grafico del 2012 della rivista, la più antica voce dell’economia
provinciale, si vuole tracciare un breve bilancio degli ultimi otto anni (dal 2004 al
2012) attraverso gli indici cronologici.
Questi elenchi sono disponibili anche
nella pagina online della Camera di Commercio, inclusi gli indici per argomento e
per autore, e sono rivolti a chi è interessato
a un particolare tema. Uno strumento utile per la ricerca ma anche un documento
per valutare il lavoro svolto e per riflettere
sulle tematiche che più coinvolgono i cittadini del nostro territorio.
Informazione, analisi economica, turismo,
attualità, cultura e società parmigiana sono
alcuni temi trattati da Parma economica,
storicamente ancorata al territorio provinciale, ma al contempo attenta e proiettata verso il contesto internazionale.
In particolari occasioni sono contemplati
anche i numeri speciali monografici, come
nel caso del primo numero del 2010 su
I Musei del Cibo. Tra gli altri autori della
rivista troviamo riconosciuti docenti universitari, personalità giornalistiche, esperti
dell’enogastronomia, storici ed economisti; collaboratori sporadici oppure abituali,
ma tutti legati in diverso modo alla realtà
parmigiana. Essere stata fondata nel 1869
conferisce a Parma economica il titolo di
più antica pubblicazione periodica della
provincia di Parma. Allora la sua funzione
era di fornire alla comunità locale informazioni aggiornate di carattere economico: diventando così il “bollettino” della
Camera di Commercio, riportava mensilmente dati statistici, tariffe doganali, atti
di protesto, ecc.
Negli anni Sessanta, questo “bollettino”
diviene Parma economica, una vera e propria rivista con finalità di informare in
maniera approfondita. La forma editoriale
e i contenuti si sono sviluppati nel tempo
fino a raggiungere la veste grafica attuale
nel 2012.
Anno 2012
Numero 1
Autore
Zanlari Andrea
Olivieri Giordana
Caselli Guido
Paratico Chiara
Della Valentina Andrea
Franchi Maura
Magagnoli Stefano
Zubani Roberto Oliver
Frisina Rosaria
Carnevali Chiara
Guidi Rita
Delendati Stefania
104 PARMA economica
Titolo La coesione può contrastare e battere la crisi
L’economia di Parma nel 2011, tra luci e ombre
Riflessioni sul capitalismo costruttivo
La crescita dell’industria alimentare passa per l’export
Grandi opportunità per l’italian food nella ristorazione USA
Diamo credito all’agricoltura
Imprese, fate un salto di qualità
Il prodotto tipico: mito della memoria e prodotto culturale
Avatar: un modello storico-economico per i prodotti tipici
Il sistema pubblico-privato di segnalazioni sull’affidabilità aziendale
Social network e imprese
Il decollo del gigante
La parmigianità
La Bassa, terra d’immobilità apparente
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dalla camera di commercio
Numero 2
Autore
Chicarella Giorgia
Frisina Rosaria
Della Valentina Andrea
Bonazzi Giuseppe e Iotti Mattia
Di Palma Rossella
Berrino Annunziata
Mocarelli Luca
Della Valentina Andrea
Domenichelli Monica
Cacciani Roberto
Massafra Anna Maria
Birtig Guido
Benecchi Isabella e Piazza Orietta
Epifani Marco
Triani Giorgio
Camurani Ercole
Titolo Tra Divina Commedia e business plan
Alma: la cucina italiana ha casa qui
Formazione di eccellenza
Un bilancio sul crudo
Il Parma e gli altri
Tipicità e turismo in Italia
I grandi prodotti tipici italiani: la lunga battaglia del Chianti
Banche-Confidi, l’alleanza premia l’impresa
Non è tutto oro quello che luccica
La democrazia economica come fonte di sviluppo
Mangiare è un atto agricolo
Euro, che ne sarà fra dieci anni?
La via dei mercati esteri per uscire dalla crisi?
L’ABC del prosciutto di Parma
Oltretorrente. La rive gauche parmigiana
Il lavoro nei ducati prima dell’Unità d’Italia
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100
107
113
Titolo Da 90 anni un modello di eccellenza
Una finestra sul futuro
A Parma assume solo il 13,2% delle imprese
Prodotti tipici e marketing: il Parmigiano-Reggiano
Parma e il cavallo: dall’allevamento alla cucina
Volontariato: lo sforzo più grande è crederci
Project financing: come investire in tempo di crisi
La tigre ha il fiato corto?
Il fattore energetico nella competizione internazionale
I ritardi del Made in Italy alimentare nella sfida tra globale e locale
Un vanto rosa per la città
L’Oltretorrente ai tempi del fascismo
Il grande fiume Po
Il re dei formaggi
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2
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102
109
116
120
Delendati Stefania
Titolo Etica, territorio e impresa: quale rapporto
Parma, un 2010 in agrodolce
Verso la fine di un modello?
La crescita? Parte dall’iniziativa dei singoli
Un’azienda moderna è un’azienda che fa formazione
Vince solo chi innova
Abbiamo fatto di Parma la città dell’olio
Donne: imprenditrici da sempre
I cambiamenti climatici e le loro conseguenze
Le principali tipologie di contratto flessibile
La biodiversità zootecnica: una ricchezza culturale ed economica
Le tensioni geopolitiche del Nord Africa
La guerra del petrolio
Il cimitero della Villetta: un viaggio nella Parma che fu
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Numero 2
Autore
Zanlari Andrea
Redazione Camera di
Commercio di Parma
Camurani Ercole
Gonizzi Giancarlo
Cacciani Roberto
Manfreda Alessio
Delendati Stefania
Titolo Imprese storiche, un modello per il futuro
Partenariato pubblico-privato, le risorse per le Pmi vengono da qui
Le aziende centenarie. Le schede delle 26 premiate
La struttura industriale di Parma nel 1861
Conserve alla parmigiana: la nascita della Stazione Sperimentale
La scuola italiana? Rimandata a settembre
Le Pmi italiane nello scenario europeo
Sette musei per conoscere le scienze
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2
6
12
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80
86
96
Titolo Imprese e occupazione: indagine Excelsior 2011
Arte e tecnologie. È anche un Paese per giovani intraprendenti
Dall’economia di corte al sistema metrico decimale
I monopoli al tempo del ducato di Parma e Piacenza
Alimentazione, salute e sostenibilità ambientale
L’agricoltura tra difesa del clima e sicurezza alimentare
Piccoli frutti, grandi risorse: lamponi, ribes, mirtilli & co.
Australia, un futuro tra sviluppo e incertezze
Vivere la crisi in Europa tra difficoltà e cambiamento
A Parma, dove il soccorso ha lunga storia
L’agricoltura spiegata ai ragazzi: scuola in fattoria
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Numero 3
Autore
Gonizzi Giancarlo
Olivieri Giordana
Magagnoli Stefano
Domenichelli Monica
Piazza Orietta
Meli Tommaso
Sabatini Sabrina
Caggiati Maurizio
Bocci Barbara Delendati Stefania
Gambetta William
Guidi Rita
Epifani Marco
Anno 2011
Numero 1
Autore
Zanlari Andrea
Olivieri Giordana
Caselli Guido
Padula Rocco
Bernardini Elisabetta
Birtig Guido
Silvestri Simona
Di Palma Rossella
Caggiati Maurizio
Numero 3
Autore
Olivieri Giordana
Chicarella Giorgia
Camurani Ercole
Massafra Anna Maria
Birtig Guido
Di Palma Rossella Manfreda Alessio
Birtig Guido
Piazza Orietta
Delendati Stefania
PARMA economica 105
dalla camera di commercio
Numero 4
Autore
Montanari Angela
Gonizzi Giancarlo
Di Palma Rossella
Zanlari Andrea
Bonazzi, Iotti, Manghi
Malice Teresa
Piazza Orietta
Taranto Salvo
Cuoghi Francesca
Caggiati Maurizio
Birtig Guido
Delendati Stefania
Guidi Rita
Titolo Imballaggi: la parola d’ordine è la ricerca
Conservare la conserva
L’etichettatura degli alimenti: al servizio del consumatore
Alimentazione, tradizione e sicurezza nell’Ue
L’industria salumiera a Parma
Libri, è crisi vera
L’emergenza fame è sempre più attuale
Commercio, è vera liberalizzazione?
La responsabilità sociale d’impresa, un diverso modo di fare impresa
Russia: autocrazia al capolinea?
Il sogno europeo (e il rischio di un brusco risveglio)
Parma: culla dell’archeologia moderna
I Farnese, questi sconosciuti
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104
Titolo I Musei del Cibo: simboli della nostra economia
I Musei del Cibo: luoghi di memoria e progetto
Le eccellenze agro-alimentari del parmense e la loro storia
Profilo storico del sistema agroindustriale parmense
Viaggiatori del gusto. Il genius loci si assapora nel piatto
I Musei del Cibo e la valorizzazione del territorio
I magnifici quattro
Il Museo del Parmigiano-Reggiano
Il Museo del Prosciutto e dei Salumi di Parma
Il Museo del Salame di Felino
Il Museo del Pomodoro
Quando il cibo diventa arte, la tradizione diventa forma
All’interno dei musei. Un percorso fra sapori e saperi
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3
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Saperi e sapori. La didattica nei Musei del Cibo
Il futuro della tradizione: nuovi scenari per l’agroalimentare
Il vino e la pasta. I Musei del Cibo… che verranno
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102
Titolo Parma l’economia del 2009: dati, numeri e prospettive
Gestire il cambiamento in tempo di crisi: l’equilibrio non è stasi
“Contro la crisi: puntare sull’innovazione e le risorse umane”
La crisi non deve farci paura
François Michelin e l’economia della scelta responsabile
A Parma la V Conferenza Europea su ambiente e salute
Cambiamenti climatici: l’agricoltura che tutela l’ambiente
Il viaggio parte da Internet
La lunga marcia delle medicine non convenzionali
L’educazione finanziaria
Etiopia, un paese in bilico tra passato e futuro
L’Orto Botanico, lo scrigno verde di Parma
L’università, fucina di talenti o precari?
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88
Titolo CCIEE, da Parma una mano alle imprese
L’agroalimentare italiano deve osare di più
Qualità e competitività, ma per vincere bisogna fare sistema
Innovazione e nuovi mercati, parole d’ordine per l’agroalimenraee made in Italy
Gli aiuti ai paesi poveri: dalla solidarietà all’impresa
Supermercati, varchi elettronici, Ztl e la crisi del piccolo commercio
Occupazione e imprese: l’indagine Excelsior 2010
Piano Integrato Ambientale di Parma: nel 2012 l’avvio del nuovo inceneritore?
Produttività, questa sconosciuta
Agenti immobiliari: è in arrivo la nuova disciplina
La cosmetica diventa bio, per una cura di sé e dell’ambiente
Cosa chiedere al marketing e alle relative ricerche
Mercato unico europeo, il futuro delle Pmi passa da qui
Azerbaigian, un paese a due velocità
Il giro del mondo in un museo
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Anno 2010
Numero 1
Autore
Zanlari Andrea
Mora Giampaolo
Gonizzi Giancarlo
Guenzi Alberto
Villa Mariagrazia
Ganapini Alberto Ivardi
Villa Mariagrazia
Provinciali Stefania
Bordi Alberto
Rossi Sauro
Zarotti Marco
Calidoni Mario
Zanlari Andrea
Villa Mariagrazia
Numero 2
Autore
Olivieri Giordana
Caselli Guido
Padula Rocco
Frisina Rosaria
Zanlari Andrea
Favalesi Clementina
Di Palma Rossella
Birtig Guido
Bolzani Daniela
Delendati Stefania
Mazzotta Marco
Numero 3
Autore
Redazione Camera di
Commercio di Parma
Carra Francesca
Saponara Francesco
Olivieri Giordana
Piazza Orietta
Birtig Guido
Del Chicca Renato
Di Palma Rossella
Marbach Giorgio
Vantaggiato Francesca
Caggiati Sara
Delendati Stefania
106 PARMA economica
dalla camera di commercio
Numero 4
Autore
Arfini Filippo
Menozzi Davide
Giacobini Corrado
Torelli Jessica
Donati Michele
Gigante Roberto
Caggiati Maurizio
Birtig Guido
Vantaggiato Francesca
Caggiati Maurizio
Delendati Stefania
Fornari Carlo
Titolo Il settore lattiero-caseario a Parma tra crisi e ripresa
Prosciuto di Parma, un comparto Dop
Aspettando l’Europa. Le politiche agricole per il 2020
La tutela delle biodiversità coltivate in provincia di Parma
Pomodoro, una crescita complessa
Programma rurale, è tempo di bilanci
Bipar la borsa immobiliare ha preso il volo
Le conseguenze economiche della crisi subprime
La Pac. Origine, evoluzione e prospettive dell’agricoltura
L’effetto domino del risveglio politico del mondo arabo
Orti sociali. Quando la campagna riconquista la città
San Giovanni. Conoscere bene per festeggiarlo meglio
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Numero 1
Autore
Olivieri Giordana
Beghelli Matteo
Sartini Matteo
Sartini Matteo e Fedolfi Eugenio
Di Palma Rossella
Carnevali Chiara
Delendati Stefania
Birtig Guido
Albai Cristina
Caggiati Sara
Villa Mariagrazia
Spotti Chiara
Titolo I numeri dell’economia parmense nel 2008
Parma 2.0: il futuro non si prevede, si fa
Come competere nella crisi e dopo: intervista a Onida
Prosciutto di Parma, quale mercato
Influenza “suina”: il “Parma” e la psicosi mediatica
Bilancio di mandato
Nel piatto degli italiani
Una società con sempre meno denaro contante
Giappone e Italia: due mondi e due economie differenti
Iran: la modernizzazione bussa alle porte dell’integralismo
Questo museo è tutta un’altra musica
L’Assistenza Pubblica a Parma
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Numero 2-3
Autore
Ferrari Erika
Olivieri Giordana
Cantoni Stefano
Formica Elena
Delendati Stefania
Birtig Guido
Cacciani Roberto
Intonti Maria Caterina
Caggiati Sara
Bellomi Eleonora
Villa Mariagrazia
Titolo Turismo a Parma. Una fotografia dai colori contrastanti
Occupazione a Parma: i dati del Rapporto Excelsior 2009
Donne e impresa: la ristorazione nel parmense
La casa affronta la crisi: la qualità costruttiva è la via d’uscita
Energie pulite. Parma dice sì
A che punto è la notte
Riflessi sociali ed economici della disuguaglianza
La conciliazione per ritrovare l’armonia
Sudafrica: transizione in corso
BoulevArt: un fenomeno che ha coinvolto l’intera società
La cultura è servita
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Titolo Qualità e marketing contro la crisi del Parmigiano-Reggiano
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Anno 2009
Numero 4
Autore
Redazione Camera di
Commercio di Parma
Bussi Enrico
Di Palma Rossella
Delendati Stefania
Mazzotta Marco
Birtig Guido
Carnevali Chiara
Caggiati Sara
Carra Francesca
Conforti Laura
Parmigiano-Reggiano: rischi e opportunità per il futuro
Crisi del commercio, gli outlet in controtendenza
Terme: qualcosa è cambiato. Analisi di una trasformazione
L’acqua, “oro blu” per pochi? I rischi della nuova legislazione
I nuovi orizzonti della finanza islamica
L’altra sponda del Mediterraneo. Nel futuro della Libia c’è l’Italia
Vietnam: il risveglio della tigre dell’Indocina
Lino Ventura, un protagonista indimenticato del cinema francese
Non solo immagini. Il centro Cinema Lino Ventura
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Anno 2008
Numero 1
Autore
Capuccini Massimo
Gabba Cristina
Pin Lino
Delendati Stefania
Frisina Rosaria
Lucarelli Sofia
Birtig Guido
Bigliardi Marco
Nico Alberto
Villa Mariagrazia
Titolo Sviluppo, crescita delle imprese e benessere dei cittadini
Cento anni di Giovannino Guareschi
Evoluzione della Malvasia di Candia negli ultimi 25 anni
Ricordando quelle vite da matti: la storia del manicomio di Colorno
Agriturismi in aumento nel parmense
A Caorso un progetto di fusione nucleare
Prediche inutili
La finanza dei derivati e il pensiero contemporaneo
Il sistema Parma alla conquista del Giappone
Se la cultura nutre il cibo
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PARMA economica 107
dalla camera di commercio
Numero 2
Autore
Sangiorgi Giuseppe
Delendati Stefania
Frisina Rosaria
Piazza Orietta
Birtig Guido
Nico Alberto
Caggiati Sara
Bernardini Elisabetta
Villa Mariagrazia
Capelli Gianni
Titolo Agroalimentare, volano dello sviluppo
Non rifiuto, io riciclo
Ikea a Parma, è già una realtà
Parlando di energia: quali possibilità?
Ripensare la globalizzazione
India, il partner del futuro
Georgia, la scommessa dello sviluppo
Moldova, una nazione giovane con grandi speranze
Quindici anni di creatività under 35
La Pilotta, monumento incompiuto dei Farnese
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Numero 3
Autore
Capuccini Massimo
Lauria Gaia
Frisina Rosaria
Cignoli Michele
Birtig Guido
Caggiati Sara
Nico Alberto
Carnevali Chiara
Villa Mariagrazia
Delendati Stefania
Titolo Quale crisi per il Parmigiano-Reggiano?
Interporti e intermodalità
Efsa, dal Dus a Viale Piacenza
Artigianato e immigrazione
Inflazione reale e percepita
Caffè Italia. Storie di ordinaria emigrazione
Portogallo: obiettivo turismo
Cina, istruzioni per l’uso
Quella striscia di terra frastagliata dagli argini
La scienza cura l’arte
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70
Titolo Federalismo fiscale: alcune considerazioni
Nuovo assetto per Banca Monte Parma
Festival Verdi, un evento che piace
Si scrive Esi, si pronuncia futuro
La disciplina del sostegno all’agricoltura
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10
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Numero 4
Autore
Zanlari Andrea
Giuliano Maria Luisa, Sartini Matteo
Frisina Rosaria
Villa Mariagrazia
Ghinelli, Di Lorenzo,
Greco
Albai Cristina
Birtig Guido Delendati Stefania
Caggiati Sara
Nico Alberto
Cornini Chiara
Denominazioni protette, una tutela a livello europeo
Nuovi orizzonti per i Confidi
La spesa? A tutto Gas
Giordania: tra mito e realtà
Canada, testa di ponte per l’agroalimentare italiano
Guanda: 35 anni al servizio della gente 42
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Anno 2007
Numero 1-2
Autore
Zanlari Andrea
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2
Frisina Rosaria
Lucarelli Sofia
Birtig Guido
Caggiati Maurizio
Caggiati Sara
Pallini Veronica
Delendati Stefania
Capelli Gianni
Villa Mariagrazia
Fornari Carlo
Titolo Centri commerciali e centri cittadini: evoluzione del rapporto artificialità/naturalità e sistemi di
gestione integrata
Pannelli solari, più incentivi e informazione
Verso una “maxiutility” del Nord Italia
I mutui fondiari e la crisi subprime
Ucraina, terra di frontiera
Messico, la cerniera fra le due Americhe
Lo sguardo verso nuovi territori
Parma laboratorio della mobilità accessibile
Omaggio a Giuseppe Garibaldi
La bellezza della vita vera
Breve storia esoterica del vino
Numero 3-4
Autore
Olivieri Giordana
Capuccini Massimo
Delendati Stefania
Olivieri Giordana
Piazza Orietta
Pallini Veronica
Birtig Guido
Del Chicca Renato
Capuccini Massimo
Capelli Gianni
Frondoni Bianca Maria
Villa Mariagrazia
Titolo Congiuntura 2007, bene il “sistema Parma”
I distretti agroalimentari di Parma
Oh che bei castelli!
Excelsior: le previsioni occupazionali per il 2007
Stranieri, lavoro, impresa… Un’integrazione di fatto
Sicurezza sul lavoro, un problema anche a Parma
Biocarburanti, una soluzione?
La riforma della disciplina legislativa del condominio
Faccio shopping, quindi sono
Stendhal e l’abbazia di Valserena
I Parmigiani di Edoardo Fornaciari
Il progetto si ambienta
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108 PARMA economica
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dalla camera di commercio
Anno 2006
Numero 1
Autore
Zanlari Andrea
Caggiati Maurizio
Guidi Rita
Capuccini Massimo
Capuccini Massimo
Messori Chiara
Zanlari Andrea
Piedimonte Angelo
Michele
Delendati Stefania
Villa Mariagrazia
Numero 2
Autore
Capuccini Massimo
Villa Mariagrazia
Frisina Rosaria
Capuccini Massimo
Messori Chiara
Grossi Alberto
Daif Mina
Caggiati Maurizio
Delendati Stefania
Capelli Gianni
Cacciani Roberto
Numero 3
Autore
Sangiorgi Giuseppe
Canali Carla, Puglisi Maria Angela
Pallini Veronica
Caggiati Maurizio
Fornaciari Francesca
Ghirardini P. G.,
Pellinghelli M.
Birtig Guido
Zanlari Andrea
Delendati Stefania
Capelli Gianni
Villa Mariagrazia
Numero 4
Autore
Capuccini Massimo
Grossi Alberto
Pallini Veronica
Lucarelli Sofia
Frisina Rosaria
Frondoni Bianca Maria
Birtig Guido
Torta Annalisa
Caggiati Maurizio
Redazione Camera di
Commercio di Parma
Delendati Stefania
Capelli Gianni
Titolo Parma al bivio, fra terziario e manifatturiero
Made in Italy e medie imprese nell’Italia della ripresa
Il business e l’impegno: ritratto dell’azienda Mazzali
Di padre in figlio
Igp al salame di Felino: più vicino il riconoscimento
Più opportunità alle giovani generazioni
La Cina tra crescita economica e prospettive politiche
Il recente andamento del commercio internazionale e la posizione dell’Italia
La memoria ebraica nel parmense
Nella tela del collezionista
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2
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60
Titolo Il commercio con l’estero. Cambiamenti strutturali e prospettive future
Studiare da ambasciatori della cucina italiana
L’aumento dei rifiuti elettronici nella società moderna
Commercio e servizi: il futuro viene dagli Stati Uniti
La sfida energetica in Emilia-Romagna
Nuove energie e innovazione tecnologica: una questione di democrazia
Marocco: una sfida tra crescita e tradizione
Venezuela: un paese che cambia rotta
I custodi della biodiversità agrozootecnica
I mille volti di Parma antica
Idee e considerazioni afferenti la democrazia economica
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Titolo Dieci anni in rete
L’autotrasporto merci fra riforma e mercato
Nasce il distretto del pomodoro da industria
Obiettivo Cina, due pareri a confronto
Dall’emigrazione appenninica alla conquista dei mercati esteri
Excelsior 2006. Il mercato del lavoro in provincia di Parma
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Gli immigrati e le banche
Tipicità e territorio, marcatori culturali della storia alimentare
Metti in banca il tempo per gli altri
Carlo Scarpa tra architettura e design
É la via Emilia, bellezza
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Titolo L’economia parmense nel 2006
Medical Food, un mercato in crescita anche a Parma
Ormisde Artoni: cinquant’anni da artigiano
Arrivano i francesi: nasce la nuova Cariparma
Le imprese femminili nel parmense
Energia in Europa: una sfida per il futuro
Tfr e dintorni: parte la riforma
Speciale Istat - Vita di coppia
Speciale Istat - Famiglia e natalità
Il sistema agro-alimentare dell’Emilia-Romagna
Lo stato dell’arte tra mercato e mecenatismo
Parma: i giorni dell’ira
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Anno 2005
Numero 1-2
Autore
Capuccini Massimo
Zanca Gabriele
Ugolotti Silvia
Delendati Stefania
Birtig Guido
Frisina Rosaria
Bolzani Daniela
Caggiati Maurizio
Capuccini Massimo
Titolo Ferro e gomma, il futuro della mobilità sostenibile
Parma: distretto industriale, agricolo o agroindustriale?
Casa, ma quanto mi costi?
La Via Francigena tra cammino di fede e marketing territoriale
Il giurista d’impresa
L’ambiente è un settore in crescita
Ungheria: rotta verso l’Europa
India: dai brahamani alle tecnopoli
Una festa da non dimenticare
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3
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PARMA economica 109
dalla camera di commercio
Numero 3
Autore
Capuccini Massimo
Capuccini Massimo
Tardi Maria Verdiana
Birtig Guido
Zanlari Andrea
Guidi Rita
Zaha Dienohan Michel
Gianini Alessandro
Caggiati Maurizio
Grossi Alberto
Frisina Rosaria
Capelli Gianni
Minardi Marco
Titolo Parmigiano: crisi e prospettive di un comparto strategico
La performance del Parmigiano-Reggiano nel 2005
L’Europa a disposizione!
Casa? Il futuro è nei fondi immobiliari
Il franchising, attualità e prospettive
A scuola d’impresa
Investire in Africa
Parma e la Cina: guardando al futuro
Turchia: l’antico ponte tra Europa e Medio Oriente
Parma è capitale del Made in Italy
250 mila euro per i beni culturali nel parmense
Una vita per l’arte
Sentieri partigiani nel parmense
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Numero 4
Autore
Messori Chiara
Capuccini Massimo
Birtig Guido
Bigliardi Marco
Delendati Stefania
Caggiati Maurizio
Villa Mariagrazia
Capelli Gianni
Grossi Alberto
Titolo Nella morsa del traffico
La metropolitana leggera a Parma
Se l’Europa viene in banca
L’attività dei Confidi e la gestione dei fondi pubblici di agevolazione
A macchia d’olio
Brasile: favelas e biotecnologie
Buon compleanno, Cattedrale!
La Ghiaia che verrà
Emilia-Romagna, una regione “driver di sviluppo” in Europa
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60
Titolo Il destino economico di Parma. Riflessioni sulle conseguenze del caso Parmalat
Crac Parmalat: gli effetti sul territorio
Il piano di ristrutturazione del Gruppo Parmalat
La riforma del diritto societario
Le cooperative nel nuovo diritto societario Basilea 2: banche e piccole imprese di fronte al cambiamento
Il nuovo Accordo di Basilea e le relazioni finanziarie delle piccole e medie imprese
La Russia che cambia. Intervista a un’imprenditrice di Mosca
Il territorio protagonista
Il successo di un’azienda in erba
Si, viaggiare!
Parma città di teatri
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Titolo Moda? Volentieri, grazie!
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Anno 2004
Numero 1-2
Autore
Tagliavini Giulio
Nico Alberto
Ziliotti Marco
Busani Angelo
Mazzoni Luciano
Birtig Guido
Bigliardi Marco
Caggiati Maurizio
Piazza Orietta
Villa Mariagrazia
Delendati Stefania
Capelli Gianni
Numero 3
Autore
Guidi Rita,
Paterlini Daniele
Boselli Mattia,
Fontana Silvia,
Pallini Veronica
Benecchi Isabella
Capuccini Massimo
Frisina Rosaria
Fabbri Nicola
Guidi Rita
Caggiati Maurizio
Delendati Stefania
Moroni Antonio
Fornaciari Francesca
Capelli Gianni
Numero 4
Autore
Manente Antonio
Frisina Rosaria
Delendati Stefania
Cernicchiaro Sabrina,
Mancini Maria Cecilia,
Barbieri Simona
Lepoittevin Christine
Piazza Orietta
Unnia Mario
Guidi Rita
Ugolotti Silvia
Capuccini Massimo
110 PARMA economica
A colloquio con le imprese 13
Gli snodi competitivi del sistema Parma
Lavoro: ecco le previsioni per il 2004
L’alta cucina del made in Italy
Imprese agrituristiche parmensi: un modello di analisi della qualità
La soluzione corre sul web
La sfida del Drago Rosso
Lo sviluppo sostenibile nell’agenda degli enti locali
Ecologia: l’attualità del pensiero di Francesco d’Assisi
Ettore Guatelli e il suo museo
Il Palazzo Comunale di Parma
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Titolo Un secolo di servizi ai cittadini. Breve storia dei servizi pubblici a Parma
Intrattenimento notturno a Parma. Cosa offre il mercato cittadino al popolo della notte
Non solo violette
La rintracciabilità alimentare tra vincoli e opportunità
Afghanistan “anno zero”, alle radici della povertà
Un viaggio nel cuore dell’Europa: i sì e i no dell’Unione
La competizione globale: il punto di vista dei governi e delle imprese
Alloggiare l’arte: dallo Csac un nuovo modello di raccolta e archiviazione dei materiali artistici
Cibo, che passione!
Quale futuro per i Confidi?
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dalla camera di commercio
Hanno collaborato
Francesca Caggiati
Laureata in economia e specializzata in comunicazione,
dal 2002 responsabile di Studio Eventi & Comunicazione. Collabora con riviste di settore, occupandosi di
inchieste, interviste e report in particolare in ambito
agroalimentare. Cura l’organizzazione e l’ufficio stampa
anche di mostre, presentazioni di libri ed eventi culturali.
Gabriele Canali
È professore di Economia e politica agro-alimentare
presso l'Università Cattolica del S. Cuore di Piacenza
ed insegna presso la laurea Magistrale in Agricultural and Food Economics ed il master in Management
agro-alimentare. E’ anche direttore del Master Europeo “Food Identity” relativo ai prodotti tipici europei
e Centro di ricerche economiche sulle filiere suinicole
– Crefis. Ha collaborato con organismi internazionali e
nazionali, incluso il Mipaaf.
Isabella Casella
Conseguita nel 2011 la laurea magistrale in economia
del sistema agro-alimentare presso l'Università cattolica del Sacro Cuore a Cremona, da allora lavora come
assegnista di ricerca presso Crefis - centro ricerche economiche sulle filiere suinicole dell'Università cattolica
del S. Cuore, con sede operativa a Mantova.
Giovanni Ceccarelli
Laureato all’Università Ca’ Foscari di Venezia e Dottore di ricerca presso l’Università Bocconi di Milano,
è dal 2005 Ricercatore in Storia economica presso il
Dipartimento di Economia dell’Università di Parma. È
autore dei testi: Il Gioco e il Peccat, Economia e rischio nel
Tardo Medioevo; Un mercato del rischio. Assicurare e farsi
assicurare nella Firenze rinascimentale.
Renato Del Chicca
Iscritto all’ordine degli avvocati dal 6 dicembre 1969
esercita la libera professione in Parma ed è consulente legale dell’Associazione della proprietà edilizia della provincia di Parma. È autore di numerosi articoli in
materia locatizia e condominiale.
Rosaria Frisina
Giornalista pubblicista freelance, si occupa di uffici
stampa e comunicazione. Dopo la laurea in giurisprudenza presso l’Universita degli Studi di Parma, ha collaborato con diversi enti e aziende su diversi progetti,
spaziando dall’editoria al web, ha gestito l’ufficio stampa di eventi e festival.
Roberto Gigante
Ricercatore dell'Istituto Nazionale di Economia Agraria, affianca la Regione Emilia-Romagna come postazione regionale della Rete Rurale Nazionale. Collabora
con il Dipartimento di economia - sezione di economia
agroalimentare dell'Università degli Studi di Parma
dove è anche membro dello spin off Isagri.
Alberto Grandi
Professore associato di Storia Economica nel Dipartimento di Economica dell’Università di Parma e membro di Food Lab.
Studioso di storia dello sviluppo locale e di storia dell’alimentazione, è membro di Food Lab. È autore di numerose pubblicazioni sul tema tra cui Tessuti compatti.
Distretti e istituzioni intermedie nello sviluppo italiano,
Torino, Rosenberg & Sellier, 2007.
Giorgio Marbach
Rettore di Universitas Mercatorum; docente di statistica, è stato componente della commissione di vigilanza
sui fondi pensione (1995-96) e consigliere scientifico
della RAI - Servizio Opinion.
Elena Olloqui Palacio
Laureata in giornalismo nel 2011 presso l’Università
San Jorge di Saragozza; diplomata in Alti Studi Europei presso la Fondazione Collegio Europeo di Parma.
Attualmente collabora con l’Ufficio Stampa della Camera di Commercio.
Giulia Sorgente
Laurea triennale in civiltà letterarie e storia delle civiltà conseguita presso l’Università degli studi di Parma e
laurea magistrale in civiltà antiche e archeologia presso
lo stesso Ateneo; ha superato l’esame di ammissione
alla scuola biennale di archivistica, paleografia, diplomatica, annessa all’archivio di stato di Parma, in via di
frequentazione.
Mariagrazia Villa
Laureata in architettura al Politecnico di Milano, lavora dal 1994 come giornalista free-lance occupandosi di
arte, architettura e cultura. Da quasi vent’anni collabora con Gazzetta di Parma e, da oltre dieci, lavora come
copywriter per Barilla.
PARMA economica 111
di Lodi e UNICREDIT