QUI - Camera di Commercio di Parma
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2013 1 economica PARMA € 5,00 Poste Italiane - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 DCB Parma - Rivista quadrimestrale, n° 1-2013 QUADRIMESTRALE della camera di commercio industria artigianato agricoltura di Parma Fondato nel 1869 Agricoltura: scenari futuri Con la riforma della PAC, entrano in campo il mercato e la sfida del rinnovamento aziendale. Le imprese parmensi sono pronte? SCOPRIRE LA SPAGNA Con lo sguardo oltre il Tirreno prima e dopo la crisi MADE IN ITALY VINCENTE Case history del Marsala, noto all'estero già nell'800 A REGOLA D'ARTE Storie di artisti che danno lustro all'artigianato di Parma Borsa Merci Parma La Borsa Merci di Parma è stata istituita dalla Camera di Commercio nel 1967. Prima di spostarsi nell’attuale sede presso Fiere di Parma, dove sono ospitate anche le CUN, ha operato all’interno della stessa Camera di Commercio. È aperta il venerdì, dalle 9 alle 15. Nel corso delle contrattazioni sono rilevati i prezzi di undici tipologie di prodotti agroalimentari: salumi, carni fresche suine, suini, carni grassine, derivati del pomodoro, foraggi, granaglie farine e sottoprodotti, zangolato, siero di latte, formaggio e uve. Numero e qualità dei prodotti rilevati ben rappresentano l’importanza della piazza di Parma legata alla straordinaria vocazione agroalimentare del suo territorio. I listini settimanali dei prezzi rilevati sono pubblicati sul sito Internet www.borsamerci.pr.it. Presidente delle Commissioni Prezzi della Borsa Merci è il Segretario Generale della Camera di Commercio o un suo delegato. L’Ufficio Borsa Merci si trova nella sede della Camera di Commercio di Via Verdi, nel centro storico di Parma. Modalità di ingresso alla nuova Borsa Merci di Parma Da venerdì 15 aprile 2011, in concomitanza con l’istituzione delle Cun ”Tagli di suino” e “Grasso e Strutto”, la Borsa Merci della Camera di Commercio si è trasferita presso Fiere di Parma, all’interno del padiglione 8 del complesso fieristico. Nella nuova localizzazione, di 1.200 mq, sono disponibili: • n. 400 posti auto • oltre 80 box • area ristoro • sportello bancario (di prossima attivazione) Le condizioni di accesso sono le seguenti: Le condizioni di accesso sono le seguenti: • biglietto di ingresso singolo: € 10,00 •• biglietto di ingresso singolo: € 11,00 • abbonamento dal 15/4/2011 al 31/12/2011: •• abbonamento anno 2013: € 450,00 € 300,00 (250,00 + Iva) Sede contrattazioni: Borsa Merci della CCIAA di Parma presso ENTE FIERE - Padiglione n° 8 Via Fortunato Rizzi 67/a 43126 Parma Le Commissioni Uniche Nazionali Il 15 aprile 2011 si sono insediate a Parma la “Commissione Unica Nazionale dei tagli di carne suina” e la “Commissione Unica Nazionale grasso e strutto”. Le Commissioni Uniche Nazionali (CUN) nascono in attuazione del Protocollo d’intesa sottoscritto il 5 dicembre 2007 dal tavolo tecnico della filiera suinicola. Le due CUN operano il venerdì mattina parallelamente alle attività della Borsa Merci; il loro compito è di prendere atto di una panoramica del mercato dei tagli di carne suina e di grasso e strutto, fissandone i relativi prezzi per la settimana successiva. L’attività di segreteria è svolta da Borsa Merci Telematica Italiana, su incarico del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e forestali. http://www.borsamerci.pr.it/ sommario Associata all'Unione Stampa Periodica Italiana (U.S.P.I.) PARMA ECONOMICA N° 1/2013 Chiuso in redazione il giorno 21/06/2013 FOCUS 2 8 16 24 27 Gabriele Canali L’agricoltura parmense verso il 2020 Isabella Casella Giovani, il campo è vostro Roberto Gigante L'Europa ripensa al settore agricolo A cura di Coldiretti Parma Qualità e innovazione, le scommesse dei giovani A cura di Confagricoltura Parma Bisogna favorire il ricambio generazionale economia e territorio 31 35 Rosaria Frisina I primi 30 anni dei Vini dei Colli di Parma Giovanni Ceccarelli, Alberto Grandi Il Marsala, made in Italy di successo economia e società 43 55 Renato Del Chicca La nuova legge sulla disciplina del condominio Giorgio Marbach La ricerca scientifica in Italia: spunti di riflessione mercati esteri 62 72 Francesca Caggiati Cina, un’opportunità per il nostro agroalimentare? A cura di Andrea Della Valentina «Un mercato potenzialmente infinito» 75 Elena Olloqui Palacio Le sorelle d’Europa: Italia e Spagna camminano verso uno stesso orizzonte? cultura e territorio 87 94 Mariagrazia Villa A regola d’arte Giulia Sorgente Poeta nell’arte, poeta nella vita NOTIZIE 104 Elena Olloqui Palacio Direttore responsabile Andrea Zanlari Comitato di redazione Lorenzo Bonazzi Paolo Cavalieri Gianpaolo Faggioli Gianpaolo Gatti Marco Granelli Gian Paolo Lombardo Enzo Malanca Giancarlo Menta Giovanni Mora Coordinamento redazionale Isabella Benecchi Segreteria di redazione Orietta Piazza; Andrea Della Valentina Sec; Chiara Paratico - Sec. Ha collaborato Elena Olloqui Una storia di Parma e della sua economia Redazione presso Camera di Commercio I.A.A. Via Verdi, 2 – Parma Tel. 0521 210249 Fax 0521 282168 e-mail [email protected] Pubblicità Casa Editrice Edicta s.c. a r.l. 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Questa rivista viene inviata in omaggio agli addetti commerciali presso le rappresentanze diplomatiche e alle Camere di Commercio estere in Italia e italiane all’estero, nonché a numerosi enti ed associazioni italiani ed esteri. focus economia L’agricoltura parmense verso il 2020 Crescita dimensionale. Ringiovanimento dei conduttori. Fine delle “rendite”. L’imminente riforma della Pac comporterà, più che una trasformazione, una vera rivoluzione Gabriele Canali È ormai evidente ai più che anche l’agricoltura, come il resto del sistema economico, sia entrata in una fase di profonda trasformazione che avrà effetti visibili e profondi già nel corso della parte restante del decennio. L’indicazione dell’orizzonte temporale 2020 è in parte simbolica, ma è coerente con le considerazioni che si intende svolgere in questo articolo, e che potranno trovare un riferimento statistico anche nei dati del prossimo censimento dell’agricoltura: quello del 2020, appunto. La prima considerazione da svolgere riguarda la natura di questa trasformazione: essa, infatti, non sarà una semplice e “naturale evoluzione” dell’agricoltura che conosciamo; si tratterà piuttosto, di una vera e propria “rivoluzione”, peraltro già iniziata. 2 PARMA economica Il termine “rivoluzione” potrebbe richiamare un fenomeno chiassoso e magari inconcludente, ma non è questo il caso. È e sarà un fenomeno di cambiamento molto profondo e radicale, destinato a modificare in modo significativo sia il sistema produttivo del settore primario che quello dell’intero sistema agroalimentare ad esso correlato e, di conseguenza, sia le relazioni tra le diverse fasi delle varie filiere che le relazioni tra agricoltura e territorio. Le ragioni della “rivoluzione” La prima motivazione alla base di questo profondo cambiamento risiede nell’evoluzione recente della Politica agricola comunitaria (Pac). Questa, infatti, a partire dalla prima importante riforma del 1992 (la cosiddetta “riforma Mac Sharry”), ma con focus ECONOMIA una forte accelerazione a seguito dell’ultima importante riforma (quella della “riforma Fischler”, 2003-2007), ha profondamente modificato la sua impostazione di fondo. Si è passati, cioè, da una Pac che aveva isolato l’agricoltura dai mercati, soprattutto quelli internazionali, a una politica che ha progressivamente eliminato i diversi strumenti di protezione rispetto al mercato internazionale, e che ha quasi del tutto eliminato il sostegno diretto, riconosciuto alle aziende, connesso alle loro specifiche attività produttive: il cosiddetto “sostegno accoppiato”. Anche se è ormai chiaro che resteranno importanti risorse per il sostegno degli agricoltori nella nuova Pac in corso di approvazione per il periodo 2014-2020, è altrettanto evidente che il mercato ha ormai recuperato gran parte del suo ruolo anche per l’agricoltura. Il “vecchio” patto tra società e agricoltura, infatti, aveva offerto una forte protezione in cambio di un alDa qui al 2020 trettanto forte impegno all’aul’agricoltura non mento della produzione agricola, vivrà una semplice necessità evidente per il contesto trasformazione ma sociale del tempo. Dalla seconda degli anni Ottanta, grazie una vera rivoluzione metà a uno spettacolare miglioramento della produttività dovuta a un ampio ricorso a numerose nuove tecnologie produttive, il settore agricolo europeo aveva raggiunto e superato l’autosufficienza alimentare. Anzi, da allora il problema maggiore iniziò a diventare quello degli eccessi di produzione. È stato solo a seguito dei primi importanti effetti della riforma del 1992 che la produzione agricola ha recuperato un migliore equilibrio rispetto alla domanda aggregata, anche se ancora non per tutti i comparti produttivi. Con l’accordo General Agreement on Tariffs and Trade (Gatt) del 1994, inoltre, lo stesso che ha fatto nascere l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc), il sistema di protezione doganale per il settore agricolo veniva profondamente rivisto nei suoi meccanismi, contribuendo non poco 1 Nella discussione in corso sulla riforma della Pac, diversi Paesi, e a rendere il mercato interno europeo astra questi l’Italia, stanno cercando sai più connesso con il mercato mondiale, di mantenere i diritti di impianto per la vite da vino oltre la scadenza nonostante il mantenimento di un buon prevista del 2015 (con possibilità di prolungamento al 2018). L’impreslivello di protezione. sione è che si tratti di un tentativo Restavano, inoltre, ancora diversi aiuti acdi difesa dei produttori tradizionali dalla competizione potenziale intra coppiati, cioè connessi con specifiche proUe, che tuttavia nulla potrà contro duzioni, che hanno continuato ad avere un le produzioni di altri paesi extra Ue, per tanti aspetti anche assai più perieffetto distorsivo sui diversi comparti procolosi sul fronte commerciale. duttivi: si pensi agli aiuti accoppiati per il pomodoro da industria, per il tabacco, per la frutta trasformata, le quote per il latte e per lo zucchero, i diritti di impianto per la vite da vino (e gli aiuti alla distillazione), e così via. Ma con l’ultima riforma, quella avviata nel 2003 e conclusasi con la riforma dell’organizzazione comune del vino approvata nel dicembre 2007, nonché con la successiva “health check” del 2009, anche gran parte di questi aiuti accoppiati, come pure gran parte dei vincoli quantitativi alla produzione1, è stata eliminata. Questi cambiamenti nelle politiche hanno rimesso l’agricoltura, almeno in buona misura, a stretto contatto non solo con un più dinamico mercato interno, ma soprattutto con il mercato internazionale, assai mutevole e spesso volatile. Gli effetti per gli agricoltori Non sempre gli agricoltori si sono resi conto subito della portata di questi cambiamenti, ma ormai tutti ne condividono, più o meno intensamente, gli effetti. E il primo di questi consiste nella nuova centralità del mercato per la determinazione della redditività delle aziende agricole. Gli aiuti disaccoppiati, cioè quelli relativi al cosiddetto pagamento unico aziendale, sono comunque un’importante “assicurazione” per il bilancio degli agricoltori. Questi contributi, che ora sono calcolati su base individuale e storica, con la nuova Pac saranno forse regionalizzati, cioè calcolati in modo più omogeneo, e applicati su tutti gli ettari coltivati a qualsiasi coltura, indipendentemente dalla “storia” produttiva dei singoli individui richiedenti. Ma in ogni caso, gli aventi titolo a tale forma di sostegno non saranno “costretti” a realizzare nessuna produzione in particolare, data la natura disaccoppiata del sostegno. Ciò rende i produttori agricoli inevitabilmente più sensibili alla effettiva redditività delle diverse produzioni possibili, al di là dell’effetto di integrazione dei redditi (o semplice riduzione dei rischi) del sostegno pubblico. La ritrovata centralità del mercato porta con sé la necessità di evoluzione (ma si potrebbe parlare di rivoluzione) della figura dell’agricoltore: da produttore a imprenditore. Fino a pochi anni fa, infatti, anche a causa del contesto creato dalla Pac, gli agricoltori dovevano preoccuparsi (quasi) PARMA economica 3 focus economia esclusivamente di produrre; produrre tanto, spesso in modo intensivo, possibilmente in modo efficiente. Poi i meccanismi previsti dalle politiche avrebbero consentito comunque l’ottenimento di un prezzo adeguato e ragionevolmente stabile. Ora l’imprenditorialità non è più un “optional” nemmeno per gli agricoltori: prima di produrre, bisogna chiedersi attentamente cosa produrre, con quali tecnologie, con quale intensità produttiva. Ma soprattutto, prima di produrre, bisogna anche rispondere alle domande: per quali mercati produrre? Per quali acquirenti? Quali livelli di qualità sono richiesti? Quali punti di forza hanno i miei prodotti rispetto alla concorrenza? E così via. E gli agricoltori-imprenditori non possono più semplicemente delegare queste scelte ad altri: le fasi dello scambio sui mercati, della valorizzazione lungo la filiera sono ormai anche più importanti della semplice fase di produzione. E questa è una vera “rivoluzione”, peraltro necessaria: da (bravi) produttori a (bravi) imprenditori. Da ciò consegue anche la necessità di una trasformazione strutturale: una moderna ed efficiente agricoltura dovrà essere basata su aziende ben strutturate come unità produttive, ma non solo; queste imprese dovranno soprattutto essere in grado di connettersi efficacemente con il mercato, in modo singolo o associato. Il problema strutturale, quindi, è destinato a diventare un vero e proprio vincolo per l’agricoltura. Un sistema di forte protezione come quello degli anni passati ha infatti consentito di assicurare una sufficiente redditività anche ad aziende piccole e piccolissime, anche quando i loro titolari non erano né agricoltori né, tantomeno, imprenditori agricoli. Anche gli aiuti (sia pure modesti) disaccoppiati degli ultimi anni hanno di fatto, per molti proprietari di appezzamenti fondiari, consentito e anzi suggerito il mantenimento di questi terreni al di fuori dalle dinamiche di vere e proprie aziende, o meglio imprese. In altri termini, gli aiuti della Pac si sono trasformati, in larga parte, anche se in misura variabile, in una forma di rendita fondiaria, facendo diventare meno fluido il mercato fondiario, non solo in termini di compravendite, ma anche di contratti di affitto. Questo aspetto della Pac è stato a lungo sottovalutato, più o meno consapevolmente, ma le implicazioni in un Paese come il 4 PARMA economica nostro sono state assolutamente negative, se non deleterie. In un recente lavoro (Sotte e Arzeni, 2013) sulla base di un’analisi attenta dei dati dell’ultimo censimento, si evidenzia come le aziende rilevate siano 1.620.884 (nel 2010). Ma il numero di quelle che vengono identificate come imprese (sia piccole che grandi) o “aziende intermedie-potenziali imprese” scenda a 413mila. Questo quarto di aziende, tuttavia, usa poco meno del 70% della superficie agricola utilizzabile e il 66% delle giornate di lavoro. D’altro canto emerge anche come il 67% delle aziende censite non raggiunga i 10.000 euro di dimensione economica. Nel nuovo sistema Inoltre, nonostante tutto, si evin- di aiuti l'agricoltore ce che la dimensione media delle dovrà agire come aziende censite nel nostro Paese nel 2010 avesse una dimensione imprenditore media di soli 7,9 ettari; se si considerano invece le 413mila imprese di cui sopra, che comprendono sia quelle definite imprese che le imprese potenziali, la dimensione media sale a 21,4 ettari. Se poi si passa alle sole 310mila aziende definite come “imprese” (sia piccole che grandi), la dimensione media sale ancora a 26,4 ettari. Vale la pena di notare anche come l’età media del conduttore sia strettamente correlata, ma in modo inverso, a questa dinamica dimensionale: rispetto all’età media di 58,5 anni del totale dei “conduttori”, le imprese piccole presentano un’età media dei conduttori di 54,1 anni, le imprese grandi di “soli” 50,1 anni. Da questi dati si deve quindi concludere che il passaggio “rivoluzionario” della nostra agricoltura dovrà comportare da un lato un aumento delle dimensioni medie delle imprese, e dall’altro un ringiovanimento dei conduttori, fattori evidentemente correlati tra loro. Ma perché ciò avvenga sarà necessario anche avere una nuova Pac che permetta di concentrare le minori risorse economiche non tanto su fenomeni di rendita a favore di numerosissime piccole aziende (non imprese), con conduttori anziani e poco inclini all’innovazione e agli investimenti, quanto piuttosto sui veri imprenditori, e quindi a sostegno delle imprese vere e proprie (o almeno di quelle che possono evolversi ragionevolmente in questa direzione). focus ECONOMIA In questo senso, le proposte attuali per la nuova Pac potrebbero consentire sia di innalzare il livello minimo dei pagamenti, escludendo così dal sostegno Si vince facendo numerose piccolissime aziende, sistema: per questo sia di selezionare i beneficiari di aiuti, i cosiddetti “agricoltori occorre un forte tali attivi”. coordinamento Inoltre, le politiche specifiche a della filiera sostegno del ricambio generazionale in agricoltura, pure presenti sia nella Pac attuale sia in quella futura, da un lato sono particolarmente importanti, ma dall’altro risultano spesso troppo poco efficaci. Il non aver ancora compiuto scelte chiare ed efficaci sia a favore dei giovani agricoltori che dell’aumento delle dimensioni aziendali sta rallentando, di fatto, l’evoluzione strutturale e imprenditoriale della nostra agricoltura. Le implicazioni per le filiere… Ma la rivoluzione in corso a livello di imprese agricole ha evidenti implicazioni anche a livello di filiere, e viceversa. Non v’è dubbio, infatti, che nelle attuali condizioni di mercato uno degli elementi più rilevanti per creare e rafforzare la competitività delle imprese risieda nella capacità delle filiere di darsi forme di coordinamento efficaci, sia in senso orizzontale (tra imprese della stessa fase della filiera) che verticale (tra imprese o forme organizzate di fasi diverse e tra loro successive). Ed è sempre più evidente anche il fatto che la competitività di una filiera è determinata dalla forza della fase più debole, come la forza di una catena è limitata dalla forza dell’anello più debole. Perciò le filiere sono necessariamente portate a considerare, sempre più attentamente, la necessità che si rafforzino tutte le fasi in misura adeguata, e che lo facciano soprattutto le fasi più deboli. Un approccio in qualche modo collaborativo dentro le filiere sarà sempre più premiante rispetto a una persistente e talvolta violenta tensione tra le diverse fasi. La percezione di un destino comune da parte dei soggetti delle filiere è il collante che spinge sempre più a collaborare per competere. In questo senso acquistano importanza crescente - e la nuova Pac lo sta proponendo con maggiore enfasi che in passato - il ruolo delle Organizzazioni dei produttori (Op) e delle Organizzazioni interprofessionali (Oi). E non c’è motivo più rilevante che giustifichi - e anzi richieda - un forte coordinamento verticale di una strategia di PARMA economica 5 focus economia valorizzazione di prodotti agroalimentari di qualità. La qualità, come è noto, ha più dimensioni e interessa diversi aspetti, di peso diverso da filiera a filiera. E non è certo facile trovare modi efficienti per garantire l’acquirente circa la disponibilità di materia prima agricola in quantità e soprattutto qualità adeguata, se non attraverso forme avanzate di contrattazione che mentre richiedono un “determinato” prodotto, ne garantiscono anche una remunerazione ritenuta adeguata dalle controparti. E ciò vale anche nelle fasi più a valle: in molti casi anche la grande distribuzione organizzata (Gdo) può ottenere determinate qualità di taluni prodotti solo realizzando forme di “collaborazione”, almeno contrattuale, con i fornitori. In un clima sempre più competitivo anche per le catene della Gdo, infatti, è relativamente più importante potersi caratterizzare rispetto agli altri in termini efficaci e reali, piuttosto che fittizi o basati solo su strategie di comunicazione. … e per i territori I territori, specie in presenza di importantissimi prodotti agroalimentari a indicazione geografica, saranno sempre più condizionati, nella loro evoluzione, dal successo (o meno) di questi prodotti. Come in passato, anche nel prossimo fu- 6 PARMA economica turo il territorio rurale della nostra provincia sarà condizionato dal successo di prodotti come il Parmigiano-Reggiano, a forte impatto territoriale, ma anche dalla vite (specie in collina) e dal pomodoro. Riconoscere il ruolo trainante di queste produzioni, almeno in termini potenziali, non significa disconoscere la funzione che anche altre produzioni potranno avere, ma semplicemente riconoscere che su queste filiere il nostro sistema agricolo avrà, anche in futuro, le maggiori carte da giocare. Ma nei territori si stanno evolvendo anche nuove forme di agricoltura, in un certo senso ugualmente “rivoluzionarie” ma coerenti con un nuovo contesto produttivo ed economico. Da un lato, infatti, anche sulla base di Promuovere le motivazioni di natura diversa, si buone relazioni vanno riscoprendo delle oppor- tra agricoltura e tunità di produzione e vendita ambiente è la sfida diretta sui mercati locali, specie che attende le con riferimento a prodotti la cui qualità può essere effettivamen- istituzioni te più elevata rispetto a prodotti “convenzionali” (per diverse ragioni, e tra queste la riduzione dei giorni che trascorrono tra la raccolta e il consumo: si pensi a tanti prodotti ortofrutticoli). Questa ovviamente non è l’unica motivazione; altri elementi “qualitativi” possono rappresentare altrettante opportunità per focus ECONOMIA piccole produzioni locali, variabili da caso a caso: il minore impatto ambientale per i minori costi della logistica, il contatto diretto tra consumatore e produttore che rafforza gli elementi di reputazione che influenzano il prodotto, il contenuto “sociale” di diverse attività produttive, ecc. Anche queste forme di agricoltura, per quanto di dimensioni necessariamente meno rilevanti, sono destinate a modificare ulteriormente l’agricoltura del nostro Paese, ma anche della nostra provincia. Ma l’aspetto territoriale più rilevante di questa “rivoluzione” è forse quello più trascurato nei fatti. Nel corso degli ultimi anni, si sono riscoperte sempre più le relazioni, sia positive che negative, tra agricoltura e ambiente. Tuttavia, mentre moltissimi passi sono stati fatti dal lato del contenimento dei possibili danni determinati da talune modalità produttive sull’ambiente, ancora troppo poco si è fatto per favorire efficacemente la produzione di beni e servizi di natura pubblica da parte degli agricoltori a favore dell’intera collettività. Nella provincia di Parma taluni temi sono stati posti all’attenzione degli operatori e dell’opinione pubblica da tempo, ma è evidente che quanto è stato fatto è ancora troppo poco. Si pensi al lavoro importante per la protezione e la promozione della biodiversità (agricoltori custodi), e anche agli accordi per promuovere la cura del territorio da parte degli agricoltori che su questo territorio sono presenti e operano. Tuttavia sia le risorse impiegate sia gli strumenti adottati in molti casi sono ancora insufficienti per impedire gravi fenomeni di degrado territoriale e ambientale. Anche perché per conseguire queste finalità sono necessari degli approcci integrati e su base territoriale, non solo su base volontaria e su parti limitate e spesso discontinue di territorio. Anche in questo senso, quindi, quanto è iniziato a emergere come volto “nuovo” dell’agricoltura dovrà trovare - almeno nella sua urgenza, nelle modalità e nelle forme organizzative che potrà assumere - un forte sviluppo nei prossimi anni, con una profondità e un’efficacia tali da poter giustificare l’uso di un termine come quello proposto: “rivoluzione”. Politiche e scelte Rispetto alle politiche, alcuni spunti sono già stati anticipati. La nuova Pac, che gio- cherà ancora un ruolo molto importante per l’agricoltura europea (e quindi anche parmense), con ogni probabilità metterà a disposizione risorse e strumenti ragionevolmente utili. Allo stato attuale della discussione, non è molto verosimile che si possano modificare sostanzialmente i termini delle proposte. È invece fondamentale ricordare che gran parte dell’efficacia delle nuove politiche dipenderà dalle scelte che il nostro Paese e la nostra Regione faranno in sede di applicazione. Si pensi a come verranno concentrate le risorse rispetto ai beneficiari (destinandole solo agli agricoltori attivi e innalzando il pagamento minimo), a come si favoriranno elementi di rendita fondiaria, o a come si deciderà di sostenere le “vere imprese” agricole. Ma molto importante sarà anche il ruolo che verrà attribuito alle diverse forme di efficace coordinamento orizzontale e verticale nelle filiere, sia dalle norme sia, soprattutto, dai comportamenti degli operatori, siano essi agricoli o i diversi operatori delle filiere (nel caso di Oi). L’agricoltura, quindi, ormai posta ineluttabilmente di fronte ai mercati, dovrà saper fare emergere e rafforzare gli imprenditori e le imprese, con un’attenzione particolare al fattore critico che spesso si tende a sottovalutare anche in questo settore: il capitale umano. Per avere imprese sono necessari imprenditori, e soprattutto giovani imprenditori; tutti, ma soprattutto questi ultimi, dovranno non solo essere sempre più preparati a svolgere le pur importanti attività produttive in senso stretto, ma soprattutto essere in grado di affrontare la sfida dei mercati, sapendo che questa sfida, con pochissime eccezioni, non si vince da soli, in modo individualistico, specie in agricoltura, ma associandosi e lavorando per filiere sempre meglio organizzate ed equilibrate. Bibliografia G. Canali, Collaborare per competere, in «L’informatore agrario», XXIX (2010) G. Canali, Imprese e forme di coordinamento in agricoltura: la via maestra per la competitività, in «Agriregionieruopa», V F. Sotte, A. Arzeni, Imprese e non-imprese nell’agricoltura italiana, «Agriregionieruopa», XXXII PARMA economica 7 focus economia Giovani, il campo è vostro La necessità di un ricambio generazionale in agricoltura è confermata dall'analisi dell'ultimo Censimento, reso recentemente disponibile dall'Istat Isabella Casella Le politiche per i giovani nella nuova Pac Il tema dei giovani in agricoltura ha assunto negli ultimi anni un ruolo di grande rilievo all’interno della Politica Agricola Comune (Pac) dell’Unione Europea; il ricambio generazionale nel settore agricolo europeo, infatti, è all’ordine del giorno da tempo. Anche le proposte di riforma della nuova Pac 2014-2019 presentate lo scorso 12 ottobre dalla Commissione Europea hanno ribadito questa necessità, visto che attualmente la distribuzione degli imprenditori agricoli dell’Unione (come in Italia) è nettamente a favore di quelli aventi un'età superiore a 40 anni. Le proposte per la nuova Pac prevedono due modalità di sostegno ai giovani agricoltori: la prima è inserita all’interno del primo pilastro, quello relativo ai pagamenti diretti per il settore agricolo, la seconda, come già in passato, nelle politiche per lo sviluppo rurale. 8 PARMA economica Nel primo caso l’introduzione di un nuovo meccanismo per il pagamento unico aziendale, che comporterà un suo “spacchettamento” in sei componenti, rappresenta certamente una significativa novità. In particolare, una di queste componenti sarà proprio legata La nuova Pac ai giovani imprenditori agricoli sosterrà il ricambio al primo insediamento, per i quagenerazionale; li si prevede un aiuto integrativo, per una durata massima di 5 anni in Italia circa dall’insediamento, e purché il be- 460 milioni di neficiario abbia fatto domanda euro saranno a in occasione del primo insedia- disposizione dei mento e la sua età sia inferiore a giovani nuovi 40 anni. Nel complesso, secondo agricoltori nel le attuali proposte, ancora in discussione, le risorse disponibili periodo 2014-2019 per questa misura non potranno superare il 2% del massimale nazionale: in Italia, perciò, tale misura avrà a disposizione, indicativamente1, un totale focus ECONOMIA di 468,3 milioni di euro per l’intero periodo 2014-2019. Questa novità conferma la volontà della Commissione di favorire il ricambio generazionale in agricoltura, ma dalle prime simulazioni effettuate (Canali, Gjika, 2012), pare che il contributo massimo per i giovani agricoltori italiani sarà relativamente modesto, se non quasi trascurabile, e quindi sono emersi forti dubbi sull’efficacia anche di questa misura. Resterà invece fondamentale il sostegno ai giovani imprenditori agricoli fornito dallo sviluppo rurale, il cosiddetto “secondo pilastro” della Pac, nel quale è previsto un vero e proprio “pacchetto giovani”. In esso 1 Tale cifra non è ancora definitiva in quanto è attualmente in corso il cosiddetto “trilogo”, cioè la fase finale della discussione sulla nuova Pac, che vede coinvolti tre istituzioni, appunto: la Commissione, il Consiglio europeo, il Parlamento Europeo. La proposta finale dovrebbe essere decisa entro giugno-luglio 2013. sono contenute diverse misure - prima fra tutte il premio di primo insediamento - che costituiranno ancora la modalità principale per il supporto finanziario ai giovani agricoltori che decidono di avviare una propria attività in agricoltura. I giovani in agricoltura secondo il Censimento La necessità di un ricambio generazionale in agricoltura è confermata dall’analisi dei dati definitivi dell’ultimo Censimento dell’agricoltura italiana, resi recentemente disponibili dall’Istat. In base a questi dati, nel 2010 il numero di imprenditori agricoli in Italia aventi un’età inferiore o uguale Tabella 1 - numero di giovani imprenditori agricoli per classi di età N. imprenditori provincia di Parma N. imprenditori Emilia-Romagna N. imprenditori Italia Età conduttori 2010 Var. % Quota % 2010/2000 2010 Var. % Quota % 2010/2000 2010 Quota % Var. % 2010/2000 Meno di 20 2 0,0 -85,7 8 0,0 -91,4 767 0,0 -78,7 20 - 24 316 0,4 -32,3 10.004 0,6 -6,0 29 0,4 -46,3 25 - 29 95 1,3 -32,1 769 1,0 -49,0 24.716 1,5 -28,4 30 - 34 175 2,5 -42,4 1.646 2,2 -49,2 46.624 2,9 -38,4 35 - 39 300 4,2 -36,4 3.105 4,2 -39,1 79.605 4,9 -38,3 Fino a 39 anni 601 8,4 -38,9 5.844 8,0 -43,9 161.716 10,0 -36,2 40 e oltre 6.540 91,6 -30,9 67.622 92,0 -27,2 1.459.168 90,0 -34,2 Totale 7.141 - -31,7 73.466 - -28,9 1.620.884 - -34,4 Fonte: dati Istat - V e VI Censimento agricoltura PARMA economica 9 focus economia Tabella 2 - numero di giovani imprenditrici agricole per classi di età Età conduttori Meno di 20 N. imprenditrici provincia di Parma N. imprenditrici Emilia-Romagna N. imprenditrici Italia 2010 Var. % 2010/2000 2010 Var. % 2010/2000 2010 Var. % 2010/2000 1 -50,0 2 -80,0 170 -82,9 20 - 24 9 12,5 71 7,6 2469 -0,5 25 - 29 13 -50,0 122 -44,8 5943 -31,9 30 - 34 32 -58,4 309 -48,3 12.124 -43,9 35 - 39 67 -33,7 557 -44,0 23.422 -40,4 Fino a 39 anni 122 -43,0 1.061 -43,8 44.128 -39,7 40 e oltre 1.538 -28,9 14.577 -27,2 453.719 -30,1 Totale 1.660 -30,2 15.638 -28,7 497.847 -31,1 Fonte: dati Istat - V e VI Censimento agricoltura a 39 anni era di poco superiore a 160mila (tab. 1), corrispondenti ad appena il 10% del numero totale di imprenditori presenti nel settore agricolo nazionale. Nel caso della provincia di Parma, i giovani agricoltori erano 601 e la loro quota risultava pari all’8,4% del totale provinciale, incidenza perciò lievemente inferiore a quella nazionale e sostanzialmente in linea con quella dell’Emilia-Romagna (8%). A tutti e tre i livelli di analisi (provincia, regione, Italia), il numero di giovani imprenditori agricoli è risultato in netta contrazione rispetto al precedente censimento del 2000, con un calo a livello provinciale che è stato del 38,9%; esso è inoltre stato inferiore rispetto a quello avvenuto per la stessa categoria di agricoltori a livello regionale (-43,9% rispetto al 2000) ma superiore alla contrazione avvenuta in Italia (-36,2%). Complessivamente, tra il 2000 e il 2010, si è riscontrato un decremento abbastanza accentuato per tutte le categorie di età considerate, con il numero complessivo di imprenditori agricoli provinciali che è passato da 10.449 a 7.141 nel periodo di osservazione. Escludendo gli aventi un’età inferiore a 20 anni (vista l’esiguità del numero di imprenditori per questa classe di età), la contrazione maggiore nella provincia di Parma si è avuta per chi possedeva un’età compresa tra 20 e 24 anni, con una variazione pari al -46,3% tra il 2000 e il 2010; a livello regionale e nazionale il calo più alto si è avuto invece per la fascia d’età compresa tra 30 e 34 anni (-49,2% e -38,4%, rispettivamente). Continuando la descrizione del settore agricolo della provincia di Parma, tra gli imprenditori agricoli di età inferiore o uguale a 39 anni le donne, Nel periodo nel 2010, hanno rappresentato 2000-2010, i giovani il 20,3% del totale (tab. 2), quota lievemente superiore a quella imprenditori agricoli registrata per l’Emilia-Romagna provinciali (18,2%) ma inferiore a quella ita- sono diminuiti liana (27,3%). In base all’ultimo di quasi il 40% Censimento dell’agricoltura, nel 2010 le giovani imprenditrici Tabella 3 - numero di giovani imprenditori agricoli per titolo di studio Titolo di studio Capi azienda privi di titolo di studio Licenza di scuola elementare N. imprenditori provincia di Parma N. imprenditori Emilia-Romagna N. imprenditori Italia 2010 Quota % 2010 Quota % 2010 Quota % 0 0,0 3 0,1 392 0,2 7 1,2 44 0,8 4.671 2,9 Licenza di scuola media inferiore 222 36,9 1.853 31,7 63.746 39,4 Diploma di scuola media superiore o professionale 3.215 55,0 75.423 46,6 302 50,2 Laurea o diploma universitario 70 11,6 729 12,5 17.484 10,8 Totale 601 - 5.844 - 161.716 - Fonte: dati Istat - VI Censimento agricoltura 10 PARMA economica focus ECONOMIA l’aumento nel numero di imprenditrici agricole per la classe di età 20-24 anni (+12,5% e +7,6%, rispettivamente), categoria che è stata l’unica a crescere tra tutte quelle considerate, sia per l’imprenditoria maschile che per quella femminile, nel periodo 2000-2010. agricole erano infatti appena 122 nell’intera provincia di Parma, con un calo del 43% rispetto al 2000. Anche a livello regionale e nazionale si è registrata una netta contrazione nell’imprenditoria giovanile femminile, pari rispettivamente al 43,8% e al 39,7%. Per la provincia di Parma e per l’Emilia-Romagna si segnala, inoltre, La formazione dei giovani imprenditori Per quanto riguarda la formazione dei giovani imprenditori agricoli della provincia di Parma (tab. 3), nel 2010 la metà di essi (50,2%) possedeva un diploma professionale o di scuola media superiore (maturità), così come nell’intera Emilia-Romagna (55%) e in Italia (46,6%). Considerando l’insieme di tutti gli imprenditori agricoli (tab. 4), la maggioranza degli imprenditori agricoli possiede la sola licenza di scuola elementare sia nel caso della provincia di Parma (quota pari al 36%), sia a livello di regione Emilia-Romagna (37%), sia a livello nazionale (34,5%). Questi risultati confermano, perciò, come al diminuire dell’età degli imprenditori agricoli aumenti il loro livello di istruzione. In termini relativi, il dato provinciale che ha realizzato l’incremento maggiore tra il 2000 e il 2010 è stato quello degli agricoltori aventi una licenza di scuola media inferiore (+47,3%), seguiti da chi aveva conseguito una laurea o un diploma universitario (+32%); la diminuzione maggiore si è invece avuta per chi non aveva alcun titolo di studio (-87,4%). Tali dati differiscono dal trend regionale e nazionale, per i quali l’aumento più alto nel periodo considerato si è avuto per chi possedeva una laurea (+15,8% e +22,3% rispettivamente). Tabella 4 - numero di imprenditori agricoli per titolo di studio Titolo di studio Capi azienda privi di titolo di studio Licenza di scuola elementare Licenza di scuola media inferiore Diploma di scuola media superiore Laurea o diploma universitario Totale N. imprenditori provincia di Parma N. imprenditori EmiliaRomagna N. imprenditori Italia 2010 Quota % Var. % 2010/2000 2010 Quota % Var. % 2010/2000 2010 Quota Var. % % 2010/2000 97 1,4 -87,4 1.727 2,4 -72,1 80.511 5,0 -68,9 2.572 36,0 -18,8 27.161 37,0 -47,4 558.899 34,5 -51,9 2.087 29,2 47,3 20.705 28,2 -7,0 519.084 32,0 -11,3 1.919 26,9 -59,5 19.203 26,1 0,4 361.409 22,3 -6,2 466 6,5 32,0 4.670 6,4 15,8 100.981 6,2 22,3 7.141 - -31,7 73.466 - -28,9 1.620.884 - -34,4 Fonte: dati Istat - V e VI Censimento agricoltura PARMA economica 11 focus economia La quota dei laureati sul totale dei giovani imprenditori in provincia di Parma ha raggiunto l’11,6%, poco al di sotto di quella media regionale (12,5%) ma al di sopra del dato medio nazionale (10,8%). Da notare che, se si considera l’insieme degli imprenditori agricoli, la quota dei laureati scende di circa cinque punti percentuali, fermandosi al 6,5% in provincia, e al 6,2% a livello nazionale. Questo dato, quindi, sembra confermare ulteriormente un leggero miglioramento del livello di formazione medio dei giovani imprenditori agricoli rispetto alle generazioni precedenti. rificare come si stia evolvendo anche la presenza di stranieri tra gli imprenditori agricoli. I numeri che emergono da questi dati, tuttavia, sono ancora veramente molto esigui. Relativamente ai giovani imprenditori agricoli stranieri La centralità del (tab. 5), nel 2010 ne risultavano in mercato richiederà provincia di Parma solo 7, la magsempre più che gior parte dei quali aveva un’età compresa tra 30 e 39 anni (quota i giovani che del 28,6% rispetto al totale degli si insediano in imprenditori stranieri sul territo- agricoltura siano rio provinciale). Nel complesso, in grado di operare in provincia di Parma il numero come veri e propri totale di imprenditori stranieri si imprenditori è fermato a 21, nell’anno del censimento, contro i 211 dell’EmiliaRomagna e i 3.800 circa presenti nell’intero Paese. È del tutto evidente, quindi, come la presenza di stranieri in agricoltura sia ancora Gli imprenditori agricoli stranieri Come è noto, anche in agricoltura negli ultimi anni sono aumentati in modo importante i lavoratori dipendenti stranieri. I dati del censimento consentono di ve- Tabella 5 - imprenditori agricoli stranieri per classi di età N. imprenditori provincia di Parma Età conduttori N. imprenditori Emilia-Romagna N. imprenditori Italia Stranieri Quota % Stranieri Quota % Stranieri Quota % Meno di 20 0 0,0 0 0,0 2 0,1 20 - 24 1 4,8 4 1,9 37 1,0 25 - 29 0 0,0 6 2,8 99 2,6 30 - 34 3 14,3 19 9,0 213 5,6 35 - 39 3 14,3 16 7,6 343 9,1 Fino a 39 anni 7 33,3 45 21,3 694 18,3 40 e oltre 14 66,7 166 78,7 3.090 81,7 Totale 21 - 211 - 3.784 - Fonte: dati Istat - VI Censimento agricoltura 12 PARMA economica focus ECONOMIA sostanzialmente limitata alla dimensione del lavoro dipendente, specie stagionale. D’altro canto, se sono molte le difficoltà che incontra un giovane a insediarsi in questo settore produttivo, è ovvio che non possono risultare minori per uno straniero. In primo luogo, gli elevati costi dei terreni, uniti alle necessità spesso ingenti di risorse finanziarie anche per costituire il necessario capitale di esercizio, rappresentano una barriera all’ingresso non trascurabile, che i giovani imprenditori spesso superano solo grazie alla presenza di risorse famigliari. In questo senso, il settore agricolo presenta difficoltà maggiori per chiunque voglia iniziare una nuova attività, sia egli giovane o straniero (per restare a questi due esempi). Le azioni possibili I dati Istat evidenziano chiaramente quanto affermato inizialmente, e cioè il netto sbilanciamento nel settore agricolo verso gli imprenditori più anziani. Ciò risulta vero a tutti i livelli di analisi, dalla provincia di Parma alla regione Emilia-Romagna all’intero Paese; peraltro questa caratteristica strutturale accomuna anche i settori agricoli della maggior parte degli Stati membri dell’Unione Europea. La situazione richiede certamente un’azione decisa anche a livello di politiche, per quanto queste possano effettivamente essere efficaci su un tema così complesso. Viste le proposte della Commissione e la struttura proposta per la nuova Pac, appare più che mai fondamentale una grande attenzione per assicurare una redazione dei prossimi Piani di Sviluppo Rurale regionali (i Psr) che possa rivelarsi efficiente ma soprattutto efficace nel favorire un adeguato ricambio generazionale tra gli imprenditori agricoli e una loro adeguata preparazione in termini formativi e professionali. Ma la centralità del mercato, anche nelle misure della nuova Pac, richiederà sempre più che i giovani che si insedieranno in agricoltura siano in grado di operare non soltanto come semplici produttori, quanto piuttosto come veri e propri imprenditori, soggetti in grado, cioè, di operare scelte rischiose in un contesto in continuo mutamento, con capacità di collaborazione, sia in senso orizzontale (tra agricoltori) che verticale (nelle filiere), e di innovazione. Il tema dei giovani imprenditori e del ricambio generazionale, a ben guardare, è un altro aspetto della sostenibilità del nostro modello di agricoltura, che deve certamente interessare le dimensioni ambientale ed economica, ma anche quella sociale. Bibliografia e webgrafia G. Canali, I. Gjika, I giovani nelle proposte per la Pac post 2013, in «Agriregionieuropa», XXIX (2012) G. Canali, Aiuti ai giovani ok, ma che siano efficaci, in «L’Informatore Agrario», V (2012), p. 7 www.istat.it http://dati-censimentoagricoltura.istat.it www.census.istat.it/index_agricoltura.htm www.ermesagricoltura.it PARMA economica 13 focus economia Un settore da mezzo miliardo di euro Un'istantanea della situazione a Parma e provincia nel 2012 Il quadro di sintesi dell’agricoltura della provincia nel 2012: una produzione lorda vendibile di quasi 512 milioni di euro, 6.662 imprese attive, pari al 15,5% del sistema imprenditoriale parmense, circa 7.000 addetti, pari al 3,4% della forza lavoro provinciale, una quota del valore aggiunto stimata pari al 2,2% del reddito provinciale, quota che a livello regionale risulta pari al 2,4% e oltre 62 milioni di euro di esportazioni, pari però a solo l’1,1% del totale. Secondo i dati dell’assessorato regionale, nel 2012 la produzione lorda vendibile (Plv) è diminuita del 6,3% rispetto all’anno precedente, attestandosi a quasi 512 milioni di euro. Il risultato deriva da andamenti opposti per il valore della produzione originato dalle coltivazioni, salito del 2,6% e risultato pari a poco più di 103 milioni di euro, e per quello derivante dalla zootecnia, ridottosi sensibilmente (-8,3%) e sceso a poco più di 408 milioni di euro. Inoltre sulla redditività della zootecnia ha inciso l’aumento dei costi di alimentazione derivante dai forti rincari dei listini di mais e soia. L’eccezionale siccità estiva ha costituito sicuramente l’aspetto caratterizzante dell’annata 2012. Da un punto di vista strutturale, è la zootecnia che ha un ruolo dominante per l’agricoltura parmense, molto maggiore di quello detenuto nell’agricoltura emiliano-romagnola. Lo scorso anno, le produzioni zootecniche hanno generato quasi l’80% della Plv provinciale, rispetto a quasi il 48% di quella regionale. La filiera dominante della zootecnia parmense è quella degli allevamenti bovini da latte, che hanno generato quasi il 63% della Plv. Tra 14 PARMA economica le coltivazioni, quelle arboree sono del tutto marginali, mentre quelle erbacee risultano avere una certa importanza, seppure molto inferiore a quella detenuta nell’agricoltura regionale. I dati dell’assessorato regionale indicano che nel 2012 si è registrato un forte calo del valore della produzione di carni bovine (-21,7%), determinato da una sensibile diminuzione della quantità di prodotto. L’indebolimento ha una duplice origine: la stagnazione dei consumi e il calo dei ristalli. Conformemente all’andamento della produzione e delle vendite, positivo per la prima e negativo per le seconde, le scorte di formaggio di oltre 18 mesi, quindi pronto al consumo, sono aumentate del 22,3%, giungendo a quota 531.864 forme. Nonostante la ripresa delle quotazioni, l’andamento recente delle partite vendute e delle scorte di formaggio sono alla base di previsioni negative. La difesa delle quotazioni del prodotto potrebbe risultare difficile a fronte di una caduta dei consumi apparentemente destinata a durare a lungo. Alla zootecnia suina è attribuibile una quota del 10,4% della Plv complessiva dell’agricoltura provinciale: secondo i dati dell’assessorato regionale, il valore della produzione lorda vendibile di carni suine è aumentato sensibilmente anche nel 2012 (+15,8%), come già l’anno precedente, grazie al positivo andamento delle quantità prodotte e delle quotazioni. L’andamento delle quotazioni ha consentito di attenuare almeno parzialmente l’impatto dei forti rincari di mais e soia sui bilanci degli allevamenti. focus ECONOMIA Le coltivazioni Le coltivazioni principali della provincia risultano strettamente connesse all’attività dell’industria di trasformazione alimentare e della zootecnia, entrambe fortemente presenti sul territorio. Nell’insieme, però, le produzioni vegetali hanno originato solo il 20,2% della Plv dello scorso anno. Tra le coltivazioni erbacee, il ruolo dominante nell’agricoltura parmense compete alle produzioni di cereali, da cui è derivata una quota pari al 10,4% della Plv. Le altre coltivazioni erbacee principali sono quelle dei pomodori e dei foraggi. In positivo, quindi, la produzione di frumento tenero è aumentata di quasi il 50%, risultando pari a quasi 90mila tonnellate, a seguito di un aumento sia della superficie investita, sia delle rese. Grazie poi alla positiva tendenza della quotazioni, il valore della produzione lorda vendibile è aumentato del 70,2%. Tra le colture industriali il pomodoro mantiene una forte posizione, mentre si conferma che la coltura della barbabietola non ha ritrovato una sua collocazione nella struttura produttiva agricola se non notevolmente più ridotta, quasi irrilevante rispetto al passato, e rappresenta solo l’1,1% della Plv. La superficie investita a pomodoro da industria è stata leggermente ampliata rispetto allo scorso anno e anche le rese sono salite (+8,5%). Il lavoro Secondo l’Istat, nel 2012 l’agricoltura ha impiegato circa 7.000 addetti, pari al 3,4% della forza lavoro provinciale. L’annata ha fatto registrare un fortissimo incremento degli addetti, +26%, pari a quasi 1.500 unità in più rispetto all’anno precedente. I dipendenti sono giunti oltre quota 2.500, con un aumento del 4,6%, mentre gli indipendenti sono risultati quasi 4.400, con un crescita improvvisa del 43%. Ammessa la validità dei dati, non resta che pensare a un notevole incremento dei coadiuvanti a fronte degli effetti della crisi economica. Tali andamenti non trovano riscontro a livello regionale: gli addetti agricoli emiliano-romagnoli sono rimasti sostanzialmente invariati. La base imprenditoriale A fine 2012, le imprese attive nei settori dell’agricoltura, caccia e silvicoltura risultavano 6.662, pari al 15,5% del sistema imprenditoriale parmense. La crisi non ha accentuato la pluriennale tendenza alla diminuzione delle imprese (-111 unità), con una flessione dell’1,6%, rispetto alla fine del 2011. La tendenza alla riduzione va di pari passo con la lenta ristrutturazione del sistema imprenditoriale dell’agricoltura provinciale, che vede l’adozione progressiva di forme di impresa più strutturate. È aumentata nuovamente la consistenza delle società di capitale, giunte a 117 con un incremento del 7,3%, nonostante rappresentino ancora una quota minima delle imprese attive del settore (l’1,9%). Le società di persone, pari al 16,3% delle imprese agricole, sono leggermente aumentate (+1,2%), mentre si è rapidamente rafforzato il gruppo delle imprese organizzate in altre forme societarie (+5,2%). Al contrario sono diminuite le ditte individuali, scese a quota 5.349, pari all’81%. Fonte: Rapporto sull’economia provinciale, elaborato da Unioncamere Emilia-Romagna in collaborazione con l’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Parma. PARMA economica 15 focus economia L'Europa ripensa al settore agricolo La riforma della Pac 2014-2020 sta arrivando: ecco, da una prima valutazione d’impatto1, alcuni spunti di riflessione sul futuro della nostra agricoltura Roberto Gigante Riforma Pac, il contesto normativo Il dibattito sulla futura Politica Agricola Comune (Pac) 2014-2020 avviato nel 2011 sta giungendo alle battute finali: la riforma della Pac, dopo essere stata approvata dall’Europarlamento nell’ultima sessione plenaria del 13 marzo scorso (25 ministri dell’Agricoltura su 27 hanno trovato una posizione in comune), si avvia a una fase di negoziazione che coinvolge nelle trattativa il Consiglio e la Commissione. La speranza è quella di giungere a un accordo politico entro fine giugno così da poter emanare il nuovo testo normativo definitivo. Sul fronte del bilancio europeo (che include i fondi da destinare all’agricoltura) la situazione invece appare ancora particolarmente incerta dato che La riforma della Pac l’accordo settennale, nella sua ul- è stata approvata tima proposta, è stato nuovamen- dal Parlamento te bocciato, riaprendo le trattative europeo e sarà ora con il Consiglio. In questo contesto particolarmente fluido, non vagliata da Consiglio essendo disponibili nuovi docu- e Commissione menti ufficiali, il presente lavoro intende fornire una prima valutazione dei possibili impatti che la Pac 2014-2020 potrebbe generare nei territori della provincia di Parma. L’analisi effettuata si basa sulla proposta di regolamento COM(2011) 625 della Commissione Europea (cfr. riquadro), che seppur datata, consente di avere un primo quadro d’insieme delle proposte 1 Per la valutazione d’impatto a livello regionale è possibile consultare il report completo realizzato da R. Gigante in collaborazione con il dipartimento di economia dell’Università degli Studi di Parma (febbraio 2013) presente sul sito della Rete Rurale Nazionale all’indirizzo www. reterurale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB. php/L/IT/IDPagina/10695. 16 PARMA economica focus ECONOMIA 2 F. Arfini, M. Donati, M. Zuppiroli (2005), Agrisp: un modello di simulazione regionale per valutare gli effetti per l’Italia delle modifiche delle politiche agricole, in G. Anania, La riforma delle politiche agricole dell’UE ed il negoziato WTO, Milano, Franco Angeli. di riforma attualmente in discussione: valutazioni presentate, pertanto, quindi, non possono essere considerate definitive ed esaustive, ma semplicemente uno spunto di riflessione in grado di evidenziare le dinamiche strutturali, territoriali e settoriali che potrebbero generarsi a seguito dell’introduzione dei nuovi meccanismi di politica agricola nel sistema agricolo di Parma. Il modello e le componenti analizzate Per valutare gli impatti della futura Pac è stato utilizzato il modello di programmazione matematica denominato Agrisp2 (un modello di simulazione di impatto definito a livello regionale e provinciale) perché in un unico Tra le principali ambiente di risoluzione simula novità della riforma gli effetti delle politiche agricole si trova il greening, sulle differenti zone omogenee un aiuto che sarà costituenti le singole regioni descrivendo le erogato a fini amministrative, caratteristiche produttive, strutambientalistici turali ed economiche di ogni singola regione agraria. La par- ticolare struttura del modello, affiancata da un elevato dettaglio dei dati disaggregati consente di ottenere diverse chiavi di lettura dei risultati: 1) a livello di regione agraria (macro-aree territoriali); 2) in base alle caratteristiche strutturali (le aziende agricole sono suddivise in 7 classi di dimensione per ogni macroarea territoriale); 3) per specializzazione produttiva (orticole, seminativi, zootecnia). Il modello si caratterizza per l’utilizzo congiunto della banca dati europea Rica (Rete di Informazione Contabile Agricola), dalla quale vengono reperite le principali informazioni economiche, e della banca dati dei pagamenti in agricoltura Agrea, dalla quale sono state estratte le informazioni relative all’uso del suolo e gli aiuti erogati. La combinazione delle due banche dati permette di ottenere una perfetta rappresentatività del territorio oggetto di analisi, che nel caso in esame noi è la provincia di Parma. Fig. 1 – Variazioni delle superfici, provincia di Parma Fonte: elaborazioni dell’autore utilizzando il modello Agrisp PARMA economica 17 focus economia Come anticipato, le componenti della futura Pac utilizzate nell’analisi si basano sul testo del Regolamento COM(2011) 625 della Commissione Europea, e includono le tre principali novità che saranno introdotte dalla riforma. 1) Il greening, che costituisce la quota di aiuti che verranno erogati a fini ambientali, presenta i seguenti vincoli: l’implementazione di tre differenti colture sulle superfici a seminativo superiori a 3 ettari, ove nessuna di queste può coprire meno del 5% e più del 70% della superficie; l’obbligo di destinazione ad aree ecologiche, cioè per scopi di natura ambientale e paesaggistica, del 7% della superficie ammissibile agli aiuti; il mantenimento dei prati permanenti presenti in azienda. La quota dei pagamenti per il greening costituirà il 30% degli aiuti diretti al reddito e, nel caso in cui non vengano adempiuti i relativi obblighi, sono previste sanzioni che possono portare fino alla revoca totale di tutti gli aiuti. Tale condizione rende il greening un adempimento obbligatorio al fine di ottenere l’erogazione del premio di base, vale a dire quella parte degli aiuti diretti legata a ciascun ettaro di superficie agricola utilizzata (Sau) posseduta. 2) I pagamenti regionalizzati che saranno introdotti con la nuova programmazione prevedono il passaggio a un nuovo criterio di assegnazione degli aiuti che non è più in funzione di quanto storicamente maturato (l’attuale regime di pagamento unico) ma si basa sull’erogazione di un importo uguale a livello regionale (o di zone agrarie3) concesso in modo forfetario a tutti gli agricoltori in base agli ettari di superficie agricola posseduta. Il valore degli aiuti per ettaro applicati nel modello è quello elaborato dall’Istituto Nazionale di Economia Agraria che ha quantificato4 per la regione Emilia-Romagna un pagamento di base regionalizzato pari a 148,4 euro/Ha, mentre per la componente greening il valore stimato è di 89,4 euro/Ha. 3) Il meccanismo di degressività. Il totale degli aiuti viene ridotto in base al meccanismo di degressività, che prevede riduzioni progressive dei pagamenti alle aziende secondo specifici 18 PARMA economica scaglioni: -20% per gli aiuti compresi tra 150.000 e 200.000 euro, -40% per quelli tra 200.000 e 250.000 euro, -70% la parte di aiuti compresa tra 250.000 e 300.000 euro e, infine, -100% per la le somme eccedenti 300.000 euro. 3 Attualmente non è ancora stato deciso quale criterio verrà adottato in via definitiva per l’applicazione della regionalizzazione 4 Dati reperibili sul sito www.rica. inea.it/PAC_2014_2020 Per la lettura dei risultati si fa riferimento a due scenari: il baseline, che rappresenta lo scenario di riferimento, e cioè quello che rispecchia la situazione produttiva osservata e che servirà da raffronto per valutare gli scostamenti in seguito alla stima degli effetti della nuova politica agricola; lo scenario green, che invece considera i nuovi meccanismi della Pac precedentemente esposti. I risultati dell’analisi 1) Come cambieranno le superifici coltivate. Il confronto tra gli scenari baseline e green evidenzia come le prescrizioni imposte dalle pratiche di “inverdimento” comportino nella provincia di Parma una riduzione delle superfici investite pari a circa 3.200 ettari per la pianura, 2.100 per la collina e 1.200 per la montagna, per un totale a livello provinciale di 6.621 ettari complessivi. L’incidenza delle riduzioni per le singole colture appare differenziata in quanto l’imprenditore, davanti al vincolo di introdurre Gli impegni “verdi” la superficie a greening, cerca di a Parma potrebbero scegliere le colture più profittevoli comportare la tenuto conto dei costi e dei prez- riduzione delle zi dati (fig. 1), sacrificando quelle superfici foraggere di meno redditizie. Da un’analisi dettagliata dei circa 100.000 ettari valori elaborati dal modello si registrano (in termini di variazioni assolute) delle contrazioni abbastanza contenute per quasi tutte le colture: solo in alcuni casi specifici (frumento, mais e altri cereali) nelle aree collinari e montane si registra un effettivo incremento. Sostanzialmente, a catalizzare gran parte della riduzione in tutte le fasce altimetriche sono le superfici destinate alle foraggere: in pianura passano da 27.707 ettari a 25.281 ettari (-8,76%); in collina 30.654 ettari a 26.395 ettari (-13,9%); e in montagna da 10.889 a circa 7.900 ettari (-27,42%). Complessivamente la riduzione delle superfici a foraggere nella sola provincia di Parma risulta particolarmente consistente, circa 10.000 ettari, valore focus ECONOMIA Fig. 2 – Variazioni del livello di aiuti, provincia di Parma e raffronto media Emilia-Romagna Fonte: elaborazioni dell’autore utilizzando il modello Agrisp 2) L’incidenza della nuova Pac sulla produzione lattiero/casearia. È facile intuire che le dinamiche sopra esposte risultano direttamente connesse al settore zootecnico che appare quello maggiormente colpito dalle nuove misure della Pac a livello regionale, ma soprattutto a livello provinciale: per la provincia di Parma la consistenza dei capi bovini passerebbe da 76.376 unità a 64.434 unità, generando una riduzione pari a 11.942 capi, (-15,64%). A livello di fasce altimetriche la situazione appare però particolarmente eterogenea: in pianura la contrazione si aggira attorno al 9%, in collina al 21% e in montagna quasi raggiunge il 31%. A soffrire del processo di riforma saranno soprattutto le piccole e medie aziende agricole collocate nelle aree montane che, seppur avvantaggiate dalla nuova distribuzione degli aiuti diretti, sono quelle su cui grava maggiormente la scarsa competitività dell’allevamento da latte, affiancata da una scarsa possibilità di attivare altri processi produttivi. 3) I risultati economici. Nella tabella 1 sono riportate le variazioni delle componenti economiche dell’attività agricola per ettaro a livello provinciale particolarmente significativo, un terzo della contrazione complessiva stimata a livello regionale pari a 30.000 Ha. La diminuzione delle superfici a foraggere a fronte di un incremento delle superfici cerealicole è dovuta a un duplice fattore: il costante aumento (soprattutto in questi ultimi anni) della convenienza economica dei cereali, mentre per le foraggere si registra una scarsa redditività per la quota di produzione destinata al Il comparto più mercato. Le foraggere, infatti, se colpito dalla non legate all’attività zootecnica nuova Pac sarà rappresentano un processo che, quello zootecnico, soprattutto nelle aree montane, soprattutto nelle precede l’abbandono, rendendole contempo la coltura principale zone di collina e al da destinare al raggiungimento montagna del 7% di superficie che il greening richiede venga riservato a pratiche ambientali. Nel caso in cui invece tali superfici siano destinate all’allevamento bisogna considerare che proprio nelle aree montane i maggiori costi di questa attività la rendono scarsamente competitiva, pertanto anche in questo caso è giustificabile la scelta di destinare queste superfici all’adempimento del vincolo di greening del 7%. Tab. 1 – Variazioni degli indicatori economici, provincia di Parma Pianura Collina Montagna Valori in €/Ha Baseline Green Var % Baseline Green Var % Baseline Plv 4.086 3.821 -6,5% 3.692 3.121 -15,5% 2.809 2.051 -27,0% Costi var. tot. 2.981 2.771 -7,0% 2.664 2.205 -17,2% 1.785 1.559 -12,6% Ml 1° livello 1.105 1.050 -5,0% 1.028 916 -11,0% 1.024 492 -52,0% 351 238 -32,2% 256 238 -7,3% 163 238 46,1% 1.456 1.288 -11,6% 1.285 1.153 -10,2% 1.187 729 -38,6% Pagamenti Ml 2° livello Green Var % Fonte: elaborazioni dell’autore utilizzando il modello Agrisp. Legenda: Plv = produzione lorda vendibile; Ml 1°livello = margine lordo di 1° livello; Ml 2° livello = margine lordo di 2° livello. PARMA economica 19 focus economia Fig. 4 A/B - Raffronto delle variazioni di produzione lorda vendibile e costi totali variabili in provincia di Parma e in altre province regionali Fig. 4-A Fig. 4-B Nota: il valore della media regionale è rappresentato dalla linea rossa. per fascia altimetrica. La produzione lorda vendibile (Plv), che si riduce a causa delle dismissioni di parte delle superfici e delle altre pratiche imposte dal greening, presenta dei valori molto differenziati per fasce altimetriche: pianura -6,5%; collina -15,5%; montagna -27%. Rispetto alle riduzioni stimate a livello regionale (pianura –5,2%; collina –10,8%; montagna –20,5%) l’area della provincia di Parma appare quella maggiormente colpita nelle fasce altimetriche collinari e montane. La riduzione dei costi variabili operata dalle aziende per far fronte agli aggiustamenti delle pratiche di greening appare più che proporzionale rispetto alla contrazione della Plv per le fasce altimetriche di pianura e collina (-7% pianura; -17,2% collina), mentre in montagna la rigidità strutturale e la ridotta possibilità di diversificazione delle attività economiche non consentono alle aziende di effettuare una congrua riduzione dei costi in grado di compensare le perdite in Plv: si registra, infatti, una riduzione dei costi variabili di appena il 12,6%. Una chiara indicazione del grado di efficienza aziendale è rappresentata dal valore del margine lordo di primo livello (calcolato sottraendo i costi variabili dalla Plv) che presenta valori molto preoccupanti per le aziende presenti nella fascia montana, dove a livello provinciale sono presenti gran parte delle aziende zootecniche di dimensioni medio-piccole. Se si considera, poi, la variazione legata ai pagamenti totali in base alla regionalizzazione (fig. 3), che prevedono un importo unico a livello regionale, la nuova ripartizione degli aiuti in pianura e collina comporta una contrazione degli stessi, che incide negativamente su quello che potremmo chiamare margine lordo di secondo livello (comprensivo degli aiuti). Nelle aree di montagna, invece, la nuova distribuzione dei pagamenti rappresenta un vantaggio (+46,1%), dato che in queste aree, oggi, gli aiuti medi per ettaro sono di gran lunga inferiori (in media 163 euro/ha). La Tab. 2 – Variazioni degli indicatori economici, provincia di Parma Orticole Seminativi Zootecnia P C M P C M P C M Plv -5,1% -8,6% 0,1% -3,6% -5,0% -15,2% -6,9% -16,9% -24,4% Costi var. tot -5,0% -10,6% 0,1% -3,5% -5,3% 16,9% -7,6% -18,4% -14,1% Ml 1° livello -5,4% -5,2% 0,1% -3,7% -4,6% -33,5% -4,9% -12,2% -47,4% Pagamenti -59,3% -60,9% 62,8% -15,2% 37,1% 121,8% -44,0% -28,4% 12,8% Ml 2° livello -23,3% -23,5% Legenda: P = pianura; C = collina; M = montagna. 20 PARMA economica 10,2% -6,8% 5,1% -11,4% -13,4% -15,2% -39,3% focus ECONOMIA Fig. 4 C/D - Raffronto delle variazioni del margine lordo di I e II livello in Provincia di Parma e in altre province regionali Fig. 4-C Fig. 4-D Nota: il valore della media regionale è rappresentato dalla linea rossa. variazione del margine lordo di secondo livello in pianura e collina è prossima l'11%, mentre nel caso della montagna il valore subisce una contrazione nettamente superiore, che giunge alla preoccupante percentuale del 38,9%. In complesso il riassetto imposto dalla normativa potrebbe incidere in modo negativo sull’intero comparto agricolo provinciale. 4) Le variazioni degli indicatori economici per fasce produttive. Nella tab. 2 sono riportati i dati riclassificati per specializzazione produttiva e fasce altimetriche. Variazioni negative della produzione lorda vendibile si registrano in tutti i settori, e in particolar modo nel comparto zootecnico per tutte le fasce altimetriche. Per quanto concerne i costi variabili si osserva come questi tendano ad adattarsi ai nuovi livelli produttivi assecondando le contrazioni della Plv, ad esclusione però del settore zootecnico della fascia altimetrica montana che appare in forti difficoltà e per il quale si rileva una differenza tra Plv e costi variabili che supera il 10% (Plv -24,4% e Ctv -14,1%). Le differenze tra le variazioni di Plv e Ctv si riflettono nei valori del margine lordo di primo livello che appare restringersi per tutti i casi in esame. Per quanto concerne gli aiuti diretti si osserva come la nuova distribuzione incida in modo differente nei vari settori e nelle fasce altimetriche, portando i valori del Margine Lordo di 2° livello (calcolati considerando la somma del ML di 1° Livello ed i pagamenti a condizioni di cri- ticità più o meno elevata) a condizioni di criticità più o meno elevata. 5) La provincia di Parma nel contesto regionale. Uno spunto di riflessione particolarmente interessante fornito dallo studio consiste nell’analisi delle variazioni delle componenti economiche in ogni singola provincia della regione Emilia-Romagna, con dettaglio di disaggregazione per fasce altimetriche. Nelle aree montane di Parma, Reggio-Emilia, Modena e Bologna la produzione lorda vendibile (fig. 4A) si riduce in modo molto consistente, con variazioni che oscillano su valori del -15% e -25%. In particolare il valore evidenziato da Parma montagna è di ben -22,88%. Anche nelle rispettive aree collinari provinciali (a esclusione di Bologna) le contrazioni sono particolarmente marcate con valori tra il -15% ed il -20% circa, mentre il valore specifico per Parma è del -14,59%. Nella seconda parte del grafico (fig. 4B) sono riportate le variazioni dei costi totali variabili che rappresentano la seconda “faccia della medaglia”: difatti se queste contrazioni seguissero in maniera proporzionale (o più che proporzionale) la riduzione della Plv, l’azienda sarebbe in grado di attuare strategie adattive in grado di assecondare le dinamiche di mercato, bilanciando perfettamente livelli di produzione e costi sostenuti. Una rigidità strutturale maggiore, che tipicamente caratterizza le aziende altamente specializzate, e una collocazione PARMA economica 21 focus economia territoriale in cui è difficile effettuare una vera diversificazione economica degli investimenti, causano alle aziende collocate nelle aree territoriali di montagna e collina una forte difficoltà nel riallineamento dei costi variabili. Questo fenomeno si osserva in particolar modo per le aziende di Parma e Modena montagna, che riescono a contenere i costi totali variabili solo dell’11,16% e del 12,93% rispettivamente. Il differenziale tra produzione lorda vendibile e costi totali variabili si riassume nelle dinamiche evidenziate dal margine lordo di primo livello (fig. 4C) che viene a ridimensionarsi mag- giormente proprio nelle aree montane precedentemente menzionate: Parma -45%; Reggio-Emilia -25%; Modena -30%. Infine, le variazioni del margine lordo di secondo livello, tenendo conto della componente degli aiuti diretti, appaiono “ammorbidite”: pur presentando diminuzioni più contenute nelle aree montane e collinari (in considerazione dell’effetto redistributivo degli aiuti sul territorio) si conferma una penalizzazione maggiore per le aree montane di Parma (-33,4%), Reggio-Emilia (-21,1%) e Modena (-23,4%), con valori che appaiono nettamente superiori alla media regionale (-11,9%). Il “primo pilastro” e i regimi di aiuto La nuova struttura del “primo pilastro” della l’assegnazione del 2% delle risorse a giovaPac prevede l’attivazione obbligatoria di al- ni agricoltori che hanno un’età inferiore a 40 cuni regimi di aiuto, mentre altri sono attiva- anni con lo scopo di incentivare il ricambio bili a discrezione dello Stato membro. Nello generazionale in agricoltura. studio in esame, gli importi utilizzati sono cal- Le componenti facoltative riguardano invece colati considerando attivi tutti i regimi, obbli- la possibilità di erogare degli aiuti specifici gatori e non. per le aree svantaggiate, e la possibilità di Il primo pilastro si compone quindi di una erogare degli aiuti accoppiati a produzioni quota definita “pagamento di base” (con va- che presentino una particolare rilevanza a lilore stimato al 48% delle risorse disponibili) vello locale e per le quali sarà effettivamente che andrà a sostituire l’attuale premio unico necessario agire con un supporto accoppiaaziendale. La seconda componente inve- to. Infine per i piccoli agricoltori (coloro che ce è quella relative alle misure di greening possono ricevere un ammontare che corri(o inverdimento) che intendono sostenere e sponda al pagamento di base medio per etincentivare un’agricoltura più sostenibile ero- taro moltiplicato per un numero massimo di gando un pagamento (30%) per le pratiche 3 Ha o pari al 15% del pagamento di base agricole benefiche per il clima e l’ambiente. medio per beneficiario) è previsto un regime La terza componente obbligatoria riguarda forfetario semplificato. Fonte: proposta di regolamento dei pagamenti diretti COM UE, Reg. 625 (COM 2011). Ipotesi con incidenza percentuale degli aiuti su studio Inea. 22 PARMA economica focus ECONOMIA Conclusioni e implicazioni territoriali I risultati elaborati dal modello, nell’ipotesi di mantenere i prezzi costanti, evidenziano come l’introduzione delle pratiche di greening abbinate alla nuova distribuzione dei pagamenti di base porterà a consistenti riduzioni in termini di Plv e di reddito aziendale. La componente di greening genererà non solo una contrazione delle superfici a coltura, ma anche una vera e propria riallocazione di superfici e risorse verso processi più efficienti (tra cui il pomodoro). Allo stesso tempo la regionalizzazione, estendendo le superfici ammissibili a quasi tutta la Sau, e prevedendo un importo di pagamento unico a livello regionale, porterà, assieme alla riduzione degli stanziamenti complessivi, alla diminuzione degli aiuti medi per ettaro per le aree storicamente destinatarie di aiuti maggiori (pianura in primis) favorendo invece le aree montane. In ogni caso, il bilancio complessivo a livello provinciale appare particolarmente preoccupante proprio per le aree montane, dato che l’impatto stimato ipotizza che sarà l’allevamento da latte il processo maggiormente colpito. È importante sottolineare però che in questa fase di analisi l’attenzione dovrà essere focalizzata maggiormente sulle Le superfici e le debolezze strutturali-territoriali, risorse saranno e non tanto sulla misurazione riallocate verso meramente numerica, in ragione produzioni più del fatto che, come precedenteesposto, il presente lavoro remunerative, come mente si basa su quanto indicato nella il pomodoro bozza di regolamento, e non sul testo definitivo. Ad oggi, difatti, non è ancora chiaro quali saranno i vincoli che la futura normativa andrà a implementare sul fronte del greening: la Commissione europea ha formulato la proposta di un greening più rigido e vincolistico, mentre il Parlamento Europeo ha rivoluzionato la proposta della Commissione proponendo un greening molto più leggero e ammorbidito, sia in termini di vincoli che di accesso al diritto all’aiuto. Infine, il Consiglio ha assunto una posizione intermedia. In conclusione l’attuale dibattito per ora converge solo sulla quota finanziaria (pari al 30%) degli aiuti che saranno erogati in base a questo regime. Alla luce di questa “incertezza normativa” appare perciò importante porre l’accento sui possibili impatti che potrebbero generarsi a livello provinciale (e regionale) a seguito dell’introduzione della nuova Pac, che nella nuova formulazione risulta certamente meno garantista nei confronti di agricoltori presenti in specifiche realtà territoriali come quelle montane: osservando la struttura del “primo pilastro”, i regimi di pagamento che dovranno essere obbligatoriamente attivati (pagamento di base, greening e giovani agricoltori – cfr. fig. 1) non prevedono un aiuto mirato per specifiche aree o per specifiche produzioni, rimandando al policy maker dello Stato membro la facoltà di scelta nell’attivare degli aiuti mirati (aree svantaggiate, aiuti accoppiati per alcune produzioni di rilevanza locale). Se quindi la logica adottata dalla nuova Pac risulta innegabilmente in grado di adattarsi alle molteplici realtà territoriali europee, sarà compito del nostro Paese prevedere l’attivazione degli appositi strumenti “facoltativi” ai quali destinare una adeguata quota di risorse. L’analisi svolta ha evidenziato come “il mercato” rappresenterà il nuovo driver delle scelte produttive delle imprese, che non potranno più puntare alla massimizzazione dei sussidi, ma al risultato di gestione. La scelta strategica della nuova Pac non dovrà però prescindere dalla necessità di tutelare e garantire la sopravvivenza delle aziende agricole e di interi comparti produttivi che operano in aree svantaggiate, e per le quali sarà necessario intervenire con logiche di sostegno differenti. La scarsa competitività delle aziende presenti nelle aree montane provinciali e regionali è difatti imputabile in buona parte a fattori che esulano dall’economicità interna all’azienda stessa, ed è da ricondurre invece a caratteristiche territoriali di forte svantaggio competitivo in cui le aziende si trovano a operare. Sarà pertanto essenziale che anche nel nuovo periodo di programmazione 2014-2020 vengano attivati e garantiti aiuti mirati al sostegno delle aree montane e, nel caso della provincia di Parma, che si consideri con particolare attenzione un sostegno alle produzioni lattiero-casearie presenti in queste aree. PARMA economica 23 focus economia Qualità e innovazione, le scommesse dei giovani Interessante e attrattivo si sta rivelando il progetto di Campagna Amica, con la sua rete di punti vendita aziendali, farmer’s market e botteghe A cura di Coldiretti Parma In controtendenza rispetto all’andamento record della disoccupazione giovanile, aumentano del 4% le imprese individuali condotte da under 30 nei diversi settori economici in Italia. È questa la fotografia che emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Infocamere-Movimprese relativi al terzo trimestre 2012 (e confrontati con quello precedente), in occasione della divulgazione dei dati Istat sulla salita del tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni), a novembre al 37,1%. In un contesto di crescenti difficoltà economiche e occupazionali è sicuramente un dato incoraggiante l’aumento dei giovani che decidono di scommettere in proprio sul futuro dando avvio ad attività imprenditoriali. Secondo i dati, le imprese italiane condotte da giovani con età inferiore a 30 anni nelle diverse attività produttive sono oltre 220mila e puntano spesso su innovazione e creatività nonostante le difficoltà nella 24 PARMA economica realizzazione degli investimenti per i maggiori ostacoli nell’accesso al credito. Questa tendenza all’aumento della presenza di giovani alla guida delle imprese riguarda anche il settore agricolo con una crescita del 2% del numero di aziende under 30 nel terzo trimestre 2012 rispetto al trimestre precedente. Una tendenza favorita in particolare dalla legge di orientamento, fortemente voluta da Coldiretti, che ha rivoluzionato l’attività d’impresa nelle campagne offrendo nuove opportunità agli imprenditori agricoli, consentendo loro di allargare i confini della tradizionale attività agricola. Si è aperta così la strada alla moderna impresa agricola orientata alla multifuzionalità, elemento attrattivo soprattutto per i più giovani che, oggi, si possono occupare di attività che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla loro vendita in azienda o nei farmer’s market, ma anche alla fornitura di servizi alla pubblica am- focus ECONOMIA ministrazione, come la cura del verde o il mantenimento del territorio, alle attività agrituristiche e didattiche per le scuole fino ad arrivare agli agriasilo. Questo ha portato all’affermazione di una nuova figura di imprenditore agricolo, che sa coniugare innovazione e tradizione, che produce e vende i suoi prodotti e li promuove, che sa offrire servizi alla collettività andando incontro ai bisogni espressi dai cittadini di sicurezza alimentare, trasparenza e salubrità territoriale e ambientale. Nella provincia di Parma, food valley per antonomasia con l’eccellenza delle sue produzioni agroalimentari, ci sono tutti i presupposti per poter affermare e consolidare queste nuove forme di agricoltura e dare spazio a idee e progetti inIn un quadro novativi tesi alla valorizzazione del patrimonio alimentare, amoccupazionale bientale e culturale esistente. problematico, Anche su Parma si sta concremolti under 30 tizzando, tramite l’apporto e la si avvicinano dinamicità di giovani imprese, alle attività il progetto di Campagna Amica la sua rete di punti vendita imprenditoriali del con aziendali e mercati a cui si afsettore agricolo fiancano le botteghe e i ristoranti “Campagna Amica nel piatto”, attraverso cui si stanno portando ai consumatori le eccellenze alimentari dell’agricoltura locale e italiana. Una rete che in Italia vede, secondo gli ultimi dati, la presenza di quasi 7.000 punti vendita di Campagna Amica gestiti direttamente dagli agricoltori, dei quali 1.105 mercati degli agricoltori, 4.739 aziende agricole, 877 agriturismi, 178 botteghe. Una rete che sa dare voce e gambe al progetto economico per il Paese, promosso da Coldiretti per una filiera agricola tutta italiana, con l’obiettivo di realizzare un grande sistema agroalimentare che premi i produttori e offra ai consumatori prodotti di qualità in un rapporto diretto tra chi produce e chi acquista. Un progetto capace di coinvolgere anche e soprattutto i giovani, che non si vogliono chiudere e confinare nella passività o nello scoraggiamento, come spesso avviene nei momenti di difficoltà, ma che si impegnano con coraggio per mettere a frutto idee, spirito di iniziativa e creatività. Come ha affermato il delegato nazionale dei giovani della Coldiretti, Vittorio Sangiorgio, le giovani imprese si impegnano nel portare avanti questo nuovo modello di sviluppo per il Paese, che si concretizza nella filiera agricola tutta italiana, in cui valorizzare sul mercato nazionale ed estero la distintività del vero made in Italy. Anche molti giovani imprenditori agricoli di Parma hanno creduto in questo progetto e si sono attivati nella rete di Campagna Amica, il marchio che garantisce un prodotto italiano fatto dagli agricoltori e che rappresenta una vera rivoluzione culturale nel cambiare il modo di fare la spesa e di rapportarsi con il cibo di tutti quei cittadini consumatori che hanno scelto di acquistare regolarmente dagli agricoltori, privilegiando i concetti di stagionalità, qualità, legame col territorio, riscoprendo anche valori forti quali la fiducia, le relazioni umane e il contatto diretto con i produttori. Un esempio emblematico, tra i giovani che non si sono accontentati delle esperienze più tradizionali e che si sono voluti mettere in gioco nel progetto per una filiera agricola tutta italiana, è quello di Simone Bernardi di Parma Vivai, a Lemignano di Collecchio, che ha aperto la prima bottega di Campagna Amica su Parma. «Ho creduto nelle opportunità che ci offre il progetto Campagna Amica», afferma Simone Bernardi, «e insieme alla mia famiglia ho deciso di abbinare al nostro garden la bottega di Campagna Amica, un negozio a filiera corta dove i consumatori possono trovare specialità alimentari caratterizzate da un elemento fondamentale: la provenienza diretta da imprese agricole attentamente selezionate e verificate a tutela e garanzia dei consumatori. Nella bottega abbiamo voluto dare risalto, in particolare, alle produzioni alimentari tipiche del nostro territorio, alle quali se ne aggiungono anche altre del circuito nazionale di Campagna Amica, prelibate e tutte rigorosamente made in Italy, per offrire al consumatore un vasto assortimento e un’ampia scelta». Questa esperienza, come altre già presenti sul territorio, rappresenta un nuovo modo di fare impresa che mette in rete gli agricoltori, accorcia la filiera, dà sicurezza di ciò che si mangia e contribuisce allo sviluppo dell’economia locale. Tra le esperienze di giovani imprenditori agricoli che si sono distinti per progetti esemplari e idee innovative, vincitori nel 2011 a livello regionale del concorso nazionale Oscar Green indetto da Giovani Impresa Coldiretti per l’innovazione in PARMA economica 25 focus economia agricoltura, figurano due aziende agricole di Parma. Si tratta della società Brugnoli F.lli di Bardi e dell’azienda agricola An.Fo. Ra di Fontanellato. La società Brugnoli F.lli in questi anni ha raggiunto una posizione di prestigio nella produzione e commercializzazione di Parmigiano-Reggiano biologico, a livello sia locale sia nazionale ed estero. Ne è testimonianza il primo posto ottenuto nella competizione Cheese of the year a livello mondiale nel 2006 e a livello nazionale nell’edizione del 2007. Da anni la società Brugnoli con i giovani Thomas Brugnoli e Mirco Malpeli promuove il prodotto e il territorio partecipando a tutti i villages italiens e alle fiere internazionali di Marsiglia e Montpellier, riscuotendo grande successo, come è avvenuto recentemente anche a Cibi d’Italia, il festival nazionale di Campagna Amica svoltosi al Circo Massimo a Roma. Parallelamente ha sviluppato in azienda un allevamento di suini neri, con vendita di capi vivi e salumi quali prosciutto, spalla, salame, coppa e pancetta. L’azienda agricola An.Fo.Ra. svolge un’attività articolata in diversi comparti dove si producono e commercializzano carni fresche e salumi di prima scelta attraverso il marchio Sapoeri, portando alto il nome di Campagna Amica nel campo della vendita diretta, fondando l’attività su alcuni principi basilari: attenta e accurata selezione 26 PARMA economica dei capi di bestiame bovino e suino sotto il profilo genetico, morfologico e sanitario; controllo e selezione accurata dei fornitori; una dieta per gli animali che garantisce una sana nutrizione, completamente vegetale, minerale e vitaminica; identificazione e rintracciabilità degli animali attraverso un documento di identificazione che ne rappresenta una sorta di carta di identità. An.Fo.Ra. partecipa ai mercati di Campagna Amica sul territorio provinciale parmense, ma fornisce anche un’ampia rete di macellerie e gruppi di acquisto solidale, oltre a numero- Campagna Amica mette in rete gli si Cral aziendali. Modelli di eccellenza di questa agricoltori, accorcia portata, così come tante altre la filiera, fornisce attività innovative che si affac- cibi sicuri e favorisce ciano nel panorama agricolo, l’economia locale vanno sostenute e incentivate. Sono necessarie politiche mirate a sostegno - in particolare - dell’imprenditorialità giovanile e un accesso al credito con misure ad hoc a supporto dell’avvio e dell’espansione aziendale. Occorre investire – affermano i giovani imprenditori agricoli di Coldiretti – in intelligenti attività di accompagnamento alla progettazione, adeguati meccanismi di assistenza alla fase di start-up, filiere corte di accesso al credito gestiti dai confidi come CreditAgri Italia, vista la grande propensione agli investimenti da parte dei giovani imprenditori. focus ECONOMIA «Bisogna favorire il ricambio generazionale» Una priorità in cui crede la presidente di Confagricoltura Parma, Monica Venturini. Un'esigenza non solo del Parmense, ma in generale dell’Italia e dell’Europa A cura di Confagricoltura Parma «Bisogna favorire il ricambio generazionale». È questa la priorità per la presidente di Confagricoltura Parma, Monica Venturini, in merito al ruolo dei giovani nel settore agricolo. «è un problema», specifica Venturini, «non solo locale del Parmense, ma in generale dell’Italia e dell’Europa». Nell’Unione Europea solo il 6% degli imprenditori agricoli ha meno di 35 anni, in Italia la percentuale scende al 3%, in Emilia-Romagna gli under 40 sono il 7,6%: un dato però non confortante, perché in calo del 47% negli ultimi dieci anni. «Sono dati che non ci sorprendono più di tanto», continua Venturini, «perché il settore agricolo presenta peculiarità e criticità non affrontate che scoraggiano i giovani e li tengono lontani dalle campagne. Penso alla fatica del lavoro in agricoltura che richiede un impegno quotidiano, alla difficoltà di gestire il tempo e ritagliarsi spiragli di vita privata, agli investimenti ingenti necessari per impiantare una nuova azienda, al difficile rapporto con le precedenti generazioni, alla difficoltà nel rapportarsi con le amministrazioni pubbliche, alla burocrazia che strangola le nostre imprese e sottrae tempo e risorse preziose al lavoro quotidiano. Le nostre aziende, anche se gestite con passione e competenza, non riescono oggi a garantirci un reddito sufficiente per assicurarne la sopravvivenza e continuare a investire. I diversi comparti dell’agricoltura parmense sono infatti tutti accomunati da una profonda crisi. Il Parmigiano-Reggiano è forse l’unico che ha conosciuto negli ultimi anni quotazioni in crescita e con qualche soddisfazione per i produttori. I recenti andamenti di mercato, segnati da un deciso incremento produttivo e dalla crisi dei consumi, mostrano però purtroppo una pesante flessione del prezzo che ci preoccupa. Monica Venturini con vicepresidenti e consiglieri di Confagricoltura Parma. PARMA economica 27 focus economia E-commerce, che passione La società agricola Salvini ha sperimentato con successo la vendita online del Parmigiano Con le sue vendite sul web ha “piazzato” il Parmigiano anche ai Caraibi. Con una battuta si definisce «formaggiaio con il banchetto online». Francesco Salvini, colornese classe 1979, veste al meglio i panni del giovane imprenditore agricolo “moderno” in grado di coniugare l’impegno in azienda con il giusto tocco di innovazione. Che, nel suo caso, è rappresentato dalla vendita online del Parmigiano-Reggiano tramite il sito del Caseificio sociale San Salvatore di Sanguigna di Colorno (www.caseificiosansalvatore.it) che registra in media 200 visite al giorno. Diplomatosi perito agrario nel 1998, ha subito iniziato a lavorare nell’azienda di famiglia: la società agricola Salvini di Sanguigna di Colorno, dove tuttora cura, insieme al padre, 100 ettari di terreno e 300 capi per una produzione di 13mila quintali di latte all’anno. Salvini è anche uno dei soci del caseificio San Salvatore di Sanguigna dove si realizzano, nel pieno rispetto dell’incontro tra tradizione e innovazione, tra otto e nove forme di Parmigiano al giorno, con la vendita di circa il 70% del prodotto direttamente ai privati e del restante 30% all’ingrosso. Ma è proprio nella vendita del re dei formaggi che Salvini sta sfruttando tutte le poten- zialità dell’e-commerce. «Dal 2006», spiega, «è attivo il sito del caseificio tramite il quale è possibile acquistare online il Parmigiano. Come caseificio abbiamo sempre lavorato molto con il traffico di passaggio e l’idea dell’e-commerce era stata sviluppata proprio con l’intento di continuare a far avere il formaggio a chi l’aveva acquistato da noi di passaggio. Ora questa fetta di mercato è in forte crescita. Stiamo puntando molto non solo sull’Italia, ma più in generale su tutta l’Europa, dove vanno forte i gruppi d’acquisto». Da Sanguigna di Colorno il Parmigiano ha così iniziato a essere recapitato lungo tutto lo Stivale, ma anche oltre confine, specie in Germania, Francia e Spagna (i tre mercati principali) oltre che in Inghilterra, Danimarca, Norvegia, con qualche vendita piazzata anche ai Caraibi. Da pochi mesi Salvini è stato eletto presidente dell’Anga, l’associazione dei giovani imprenditori agricoli di Confagricoltura. «Il primo obiettivo», conclude Salvini, «è quello di far capire all’opinione pubblica che ci sono ancora tanti giovani che credono nell’agricoltura e che hanno bisogno dei giusti spazi e incentivi, partendo magari da una riduzione e semplificazione dell’attività burocratica e un maggior impegno nella formazione dei giovani». Francesco Salvini nel caseificio San Salvatore di Sanguigna di Colorno. 28 PARMA economica focus ECONOMIA Con l’approvazione del “pacchetto latte” i consorzi delle Dop avranno uno strumento in più per affrontare questo problema perché potranno programmare le quantità per tentare di stabilizzare i prezzi, evitando crisi di sovrapproduzione e scongiurando il pericolo che prodotti similari sottraggano quote di mercato al Parmigiano. In questo modo però viene attribuita una grande responsabilità «L’impegno dei ai consorzi e ai rappresentanti giovani negli dei produttori in seno agli organi organi elettivi è amministrativi. fondamentale per Diventano quindi fondamentale formare la futura l’impegno e la partecipazione, soprattutto dei giovani, negli orclasse dirigente» gani elettivi e per la formazione di una futura classe dirigente capace e competente. Diventa fondamentale un dialogo costruttivo con le istituzioni nazionali ed europee. Penso alla riforma della Pac (Politica Agricola Comune, ndr) post 2013, che non tiene nella dovuta considerazione le peculiarità dei singoli Stati membri, distribuisce a pioggia risorse scarse senza fare precise scelte, impone vincoli ambientali quali condizionalità e greening difficilmente applicabili nella realtà italiana e che per questi motivi va profondamente rivista. Ma penso anche all’Imu, imposta che colpisce le nostre imprese, che costituisce un ulteriore aggravio di costi. Il territorio parmense produce eccellenze agroalimentari note in tutto il mondo, le cui quotazioni, però, difficilmente riescono a remunerare il lavoro dei produttori, ciò a causa della concorrenza mondiale di similari e imitazioni a basso costo. Per questo motivo, diventa fondamentale contenere i costi di produzione per non perdere quote di mercato. L’agricoltura non si può permettere ulteriori imposte, come l’Imu appunto, che colpiscono direttamente i suoi fattori produttivi: terra e fabbricati strumentali. L’agricoltura ha bisogno di poche norme, chiare, di semplice applicazione, ha bisogno di un contesto normativo stabile che consenta di programmare gli investimenti nel medio periodo. L’incertezza legislativa - penso alle agroenergie, tema caro ai giovani - e l’approssimazione con cui vengono compiute scelte importanti uccidono il settore. I giovani fuggono dalle campagne perché vedono come unica prospettiva duro lavoro, poco reddito e poca considerazione, troppo spesso anche da parte della classe politica. I giovani agricoltori chiedono quindi maggior rispetto e considerazione. Chiedono innanzi tutto di essere ascoltati dalla politica che deve farsi carico delle loro istanze. Chiedono meno burocrazia, meno adempimenti normativi spesso ripetitivi e sostanzialmente inutili, politiche lungimiranti e specifiche per un settore che è e sarà fondamentale nella futura ripresa economica del Paese». PARMA economica 29 focus economia «Attenzione a questo gioco al ribasso» «Gli agricoltori restano l’anello più debole della filiera produttiva», denuncia Giulia Alessandri della Società agricola Vital La passione per l’agricoltura è innata. «Sono nei campi da quando ero bambina, si può dire che mi ci portavano quando ancora stavo nella carrozzina», racconta con una battuta Giulia Alessandri, 23 anni e contitolare con il nonno Fausto Vitali della Società agricola Vitali, 90 ettari coltivati a pomodoro, frumento e foraggi nella zona di Panocchia. Ha le idee ben precise e la giusta determinazione di chi ha scelto di impegnarsi nel mondo dell’agricoltura pur essendo ancora giovanissima. Una scelta maturata tre anni fa, subito dopo il diploma all’Itas Bocchialini di Parma. «è nel 2009 che sono entrata in azienda e ho iniziato a occuparmi un po’ di tutto», racconta, «ma specialmente della coltivazione e raccolta del pomodoro. In questo mondo serve tanta passione che a me è stata trasmessa negli anni dai famigliari. Senza passione è difficile resistere in questo settore». I motivi, del resto, sono noti a tanti. «Purtroppo a noi agricoltori non è riconosciuto quello che realmente facciamo», continua Giulia, «siamo vittime di un continuo gioco al ribasso in cui quello degli agricoltori resta sempre l’anello più debole della filiera produttiva. È un mestiere in cui finisci per non staccare mai perché hai sempre un pensiero rivolto all’azienda. Non si può certo pensare di uscire tutte le sere, perché gli impegni aziendali, specialmente nel periodo estivo, non lo consentono. Ma di contro c’è la contentezza di svolgere un lavoro che ti piace e che ti fa sentire realizzata, un lavoro che richiede tanti sacrifici ma che alla lunga speri sempre possano essere ripagati al meglio». All’impegno in azienda Giulia ha affiancato anche quello in ambito politico-sindacale, visto che da alcuni mesi ricopre il ruolo di vicepresidente dell’Anga, l’associazione dei giovani imprenditori agricoli di Confagricoltura. «Il nostro consiglio si è costituito di recente», informa, «e stiamo ancora muovendo i primi passi, convinti però della necessità di organizzare iniziative che mettano in luce l’importanza dei giovani in agricoltura». Giulia Alessandri sul proprio trattore. 30 PARMA economica ECONOMIA E TERRITORIO I primi 30 anni dei Vini dei Colli di Parma Risale al 1983 la “conquista” della DOC. La sfida di oggi? «Promuovere le nostre eccellenze e farci conoscere, anche all’estero», spiega il presidente del Consorzio di tutela Rosaria Frisina Alla scoperta della Doc Colli di Parma Riconosciuta nel 1983, la Doc Colli di Parma annovera vini rossi e bianchi prodotti nei territori collinari. La zona di produzione è quella della provincia di Parma compresa fra i fiumi Enza a Est e Stirone a Ovest, ovvero la culla della viticoltura più tipica e anticamente nota del parmense. L’altitudine varia fra 200 e 800 metri sul livello del mare e comprende tutti i comuni che hanno terreni in questa fascia. I territori con la più alta densità di vigneti sono quelli delle valli dei fiumi Parma e Baganza con i comuni di Langhirano (zona di Torrechiara e Casatico), Felino (zona di Barbiano), Sala Baganza (zona di Maiatico e Boschi di Carrega). La produzione principale riguarda la malvasia, chiamata come l’omonimo vitigno malvasia di Candia aromatica, in purezza o con aggiunta di moscato bianco (max 15%). È prodotto anche nella tipologia spumante secco e amabile. Altro bianco Doc è il sauvignon, ottenuto anche con metodo champenoise nella versione spumante. Il rosso Colli di Parma – Barbera (60-75%) e Bonarda (25-40%) – è un vino fresco e profumato. Oggi la Doc, ampliata, comprende chardonnay, pinot bianco, pinot grigio, pinot nero, merlot, cabernet franc, cabernet sauvignon, barbera, bonarda, spumante e lambrusco. Il Consorzio, tra storia e numeri Nel 1977 alcuni viticoltori della collina parmense, consapevoli della riconosciuta qualità dei loro vini e ormai fermamente decisi a tutelarla e promuoverla, si costituiscono in associazione. Siamo agli albori, è il primo passo verso l’istituzione del Consorzio Volontario per la Tutela dei vini dei Colli di Parma. Ma la volontà non basta, occorre il sostegno di alcuni enti, in particolare del Servizio Provinciale Agricoltura e Alimentazione, dell’Assessorato Provinciale Agricoltura e Foreste, della Camera di Commercio di Parma. Quest’ultima mette a disposizione il personale e i locali dove attualmente si trova la sede del Consorzio. La realtà, consolidatasi nel tempo, oggi ha superato i 30 anni di lavoro svolto nell’interesse di viticoltori e consumatori. Il Consorzio Volontario per la Tutela dei Vini Colli di Parma è oggi costituito fra PARMA economica 31 ECONOMIA E TERRITORIO produttori, viticoltori singoli o associati e vinificatori della collina parmense. Attualmente le aziende vitivinicole associate sono 49, produttrici di uve, di cui 19 sono anche imbottigliatrici del vino da loro prodotto. Tutti gli utilizzatori della denominazione della Doc Colli di Parma hanno l’obbligo, per i vini approvati dalla commissione di degustazione, di applicare la fascetta ministeriale numerata sulle bottiglie prima della loro commercializzazione. In totale, per fare un quadro generale del territorio, fra associate e non, sono 76 le aziende che si avvalgono di questa possibilità, per un totale medio negli anni di circa 1.600.000 kg di uve lavorate per ottenere mediamente 10.000 hl di vino, per la maggior parte destinato a divenire Doc. È il 1983, quando il vino dei Colli di Parma riceve il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata. Trenta anni di Doc, un anniversario im- portante per il Consorzio Volontario per la Tutela dei Vini dei Colli di Parma, che si trova oggi ad affrontare nuove importanti sfide. A guidare le aziende associate è, dal 2011, l’imprenditore Maurizio Dodi, che succede al viticoltore Sergio Calzetti. Presidente Dodi, quali i traguardi raggiunti in questi anni? Il Consorzio nasce per valorizzare il territorio, tutelare i produttori e migliorare la qualità dei nostri vini. Attraverso attività di supporto agli associati, di controllo delle vigne e delle cantine, di promozione dei prodotti. E di tutela del marchio, legato a una precisa indicazione geografica, i Colli di Parma, zone ideali e climaticamente idonee alla crescita dei vitigni, dall’Enza allo Stirone. Il riconoscimento della Doc e questi 30 anni di attività, coerente con gli obiettivi prefissati, ci hanno portato oggi ad avere la Vino e giovani, una ricerca rivela i loro gusti Più semplicità e meno fronzoli. Meno mediazioni di esperti e più divertimento. È quello che cercano i giovani tra 18 e 35 anni nel loro rapporto con il vino. Lo rivela un’indagine (diffusa a fine 2012 su Twitter) del professor Gabriele Micozzi, docente di marketing all’Università Politecnica delle Marche. Il vino che vorrebbero i giovani Le caratteristiche indicate dal 54% dei giovani sono “semplice, spiritoso, socializzante, senza legno, memorizzabile, versatile e fresco”. E le tipologie che rispecchiano meglio queste caratteristiche, ovvero i loro vini o vitigni preferiti, sono, nell’ordine: lambrusco, prosecco, sangiovese, chianti, chardonnay, montepulciano d’Abruzzo, moscato. Come si informano e come acquistano Pochi, solo 1 su 5 (il 22%), sono interessati a corsi di avvicinamento al vino, anche se il 38% di chi si dichiara inesperto vorrebbe comunque saperne di più. Ma in maniera meno mediata di quanto accade oggi: il 48% degli under 35 vorrebbe che parlassero di vino più agricoltori e vignaioli e meno “finti sommelier ed esperti del gusto”, il 42% non ama le attuali trasmissioni e promozioni sul vino, dalle quali vorrebbero “meno scena e più semplicità”. Una diffidenza, insomma, verso i canali “istituzionalizzati” di divulgazione del vino, che si riflette anche nei criteri di acquisto: per il 32 PARMA economica 66% le guide non sono imparziali, al punto che il 78% dei giovani si affida al passaparola di amici e ristoratori di fiducia o ai social network. E anche se 1 giovane su 6 compra vino in grande distribuzione, la stragrande maggioranza, se potesse, lo acquisterebbe direttamente in cantina, o anche dai farmers market che vorrebbe ancora più presenti nelle grandi città. Etichette più attrattive Da rivedere, poi, secondo gli under 35, anche le etichette, che per 3 su 4 sono “anonime, non comunicative, senza stile e inadeguate”, e che il 32% vorrebbe riportassero anche calorie, quantità consigliate, proprietà benefiche e pericoli del bere vino. Enoturismo: meglio all’estero? Se i giovani italiani riconoscono al vino un valore del 39% più alto sul resto del made in Italy, ma anche sul prodotto straniero (e il 48% in più alle bottiglie di piccoli produttori), sull’enoturismo prevalgono gli esterofili: il 37% vorrebbe farlo oltreconfine (soprattutto in Francia, California e Australia), rispetto al 32% che preferirebbe l’Italia (Toscana, Sicilia e Piemonte in testa). L’universo "bio" Tornando al vino, ancora praticamente sconosciuto l’universo “bio”, citato solo dal 12% del campione, per il quale, però, si sarebbe disposti a spendere il 28% in più. ECONOMIA E TERRITORIO forza di affrontare il mercato, sia nazionale sia internazionale. Siamo fieri di poter essere tra i 25 Consorzi italiani, su 103, ad aver ottenuto tutte le certificazioni previste dal Ministero dell’Agricoltura. Un traguardo, ma anche un punto di partenza. Nonostante la crisi economica, il marketing enogastronomico sta producendo risultati positivi: quali strategie per i nostri vini? La crisi si sente anche in questo settore, il Consorzio lavora sulla base di entrate legate alla quota degli associati e su finanziamenti che, nel corso degli anni, si sono sempre più ridotti. Ma stiamo puntando a strategie basate sulla rete e sul territorio, di cui rappresentiamo un’eccellenza, una tradizione, insieme ad altri grandi prodotti di qualità. Da qui la collaborazione, e la sinergia, siglata con gli altri tre Consorzi di Parma: del prosciutto, del parmigiano e del fungo. L’idea è muoversi con un pacchetto unico, affiancando i prodotti dell’enogastronomia parmense, in modo che si valorizzino reciprocamente. Quali iniziative avete messo in campo con gli altri tre Consorzi? Lo scorso anno a Cibus 2012 abbiamo presentato la nostra “unione” e i progetti in programma. Abbiamo già lavorato insieme su diverse iniziative di promozione dell’enogastronomia, dal Festival della Malvasia di Sala Baganza, che vogliamo sviluppare, fino al recente Senseofwine che ha portato a Parma, per la prima volta, 60 espositori da tutta la regione Emilia-Romagna, ospitati al Palazzo del Governatore. Un evento sostenuto dalle istituzioni, nato dall’idea del noto critico ed enologo Luca Maroni. È un esempio di sinergia del territorio, i vini e i prodotti tipici diventano protagonisti del turismo enogastronomico. Quali i progetti futuri a cui siete orientati? Fra i progetti futuri, stiamo portando avanti l’idea di creare una “vetrina” dei prodotti di Parma, un luogo in città dove i turisti possano trovare la “qualità”, dove i prodotti esposti, in assaggio e vendita, siano quelli garantiti dai Consorzi. Credo che Parma abbia bisogno di questo, e credo che i Consorzi debbano riuscire a raggiungere l’obiettivo. Inoltre, prosegue la collaborazione con Fiere di Parma, dopo Cibus 2012 saremo a Cibus 2014 per presentare Cibus Bollicine, un padiglione tutto dedicato ai produttori di vini frizzanti. Facciamo un’analisi delle aziende associate al Consorzio… qual è l’atmosfera che si respira, c’è voglia di crescere? Sì, quella c’è e va sostenuta. Siamo al momento 47 associati , di cui 19 imbottigliatori, il lavoro che ora il Consorzio deve fare è promuovere al meglio i traguardi raggiunti nella qualità. Bisogna lavorare per diffondere la cultura dei nostri vini, presidiare il territorio, essere presenti nei punti vendita, nei ristoranti, nelle manifestazioni, partendo dal territorio, dialogando con il territorio. Da un lato, partecipare alle iniziative enogastronomiche, dall’altro, anche portare la gente nelle cantine, far conoscere i processi produttivi, con inviti a degustazioni e aperitivi aperti al pubblico. E guardando fuori dal mercato locale e nazionale, quali spazi all’estero? Abbiamo già testato che i nostri vini hanno appeal. Guardiamo a Inghilterra, Germania, Stati Uniti, Giappone e Russia. Da un recente studio risulta che le aziende che hanno investito sul web hanno aumentato le vendite e l’export. Quanto sono moderne le cantine, credono nello sviluppo del social media marketing? Forse è retaggio della cultura “agricola”, ma siamo un po’ indietro come diffusione uniforme di questi canali tra gli associati, per quanto come Consorzio abbiamo un sito internet, rinnovato di recente, e una pagina Facebook. Tra le cantine, alcune sono molto attive sul web e sui social network, altre no, ma crediamo che il futuro PARMA economica 33 ECONOMIA E TERRITORIO passi anche da qui, sono strumenti utili per “farsi trovare” e conoscere, oltre a rappresentare la forma di comunicazione delle nuove generazioni. I giovani come target. Come si fa ad educarli al “gusto locale”, inteso come cultura dei prodotti del territorio? È un’altra grande sfida per il Consorzio. Prendiamo come esempio la malvasia, è un vino particolare, molto profumato. Non è un caso che la tipologia più di moda negli aperitivi dei giovani sia il prosecco. Credo che la malvasia, pur rispettando la tradizione e conservando la propria storia, debba fare uno sforzo per diventare più moderna, andare incontro, ma senza penalizzare la qualità, ai gusti del mercato. Bibliografia e webgrafia Wine News - www.winenews.it www.slideshare.net/gmicozzi/il-vino-analisi-segmento-18-35-anni www.vinidiparma.it www.festivaldellamalvasia.it Il Festival della Malvasia compie 18 anni Due giorni di festa, un weekend pensato per celebrare i vini dei Colli di Parma. È quanto avviene a Sala Baganza ogni anno nel mese di maggio, quando si tengono il Festival della Malvasia e la consegna del premio Cosèta d’or (l’antica ciotola con la quale si beveva il vino nelle osterie di un tempo). Il Festival della Malvasia di Sala Baganza nasce nel 1996, da un’idea della Pro Loco con il supporto dell’amministrazione comunale e la collaborazione del Consorzio Volontario per la Tutela dei Vini dei Colli di Parma. La manifestazione, voluta per promuovere l’enogastronomia del parmense e la tipicità dei vini dei Colli di Parma, si è sviluppata negli anni fino a essere oggi un appuntamento annuale molto atteso. Dalla prima edizione, il Festival della Malvasia ha consolidato la sua crescita registrando un’alta adesione alla sua mission, sia a livello di consenso istituzionale sia in termini di affluenza. La XVIII edizione è in programma sabato 18 e domenica 19 maggio 2013. Turisti e appassionati del vino hanno come sempre l’occasione per degustare i vini delle cantine, abbinati a prodotti tipici. Ma la novità di quest’anno è che per la prima volta il Giardino farnesiano della Rocca Sanvitale diventa protagonista della festa, trasformandosi in una vera e propria cittadella del vino e ospitando malvasie da tutta Italia. Due giorni di iniziative enogastronomiche, degustazioni, spettacoli, all’insegna del cibo e del vino. Si va dai laboratori enogastronomici, in collaborazione con Alma (la Scuola Internazionale di Cucina Italiana), alle 34 PARMA economica mostre tematiche, fra queste anche quella sulle etichette del vino in Italia e nel mondo, realizzata dall’Associazione Italiana Collezionisti Etichette Vino, e quella sul futuro Museo del Vino che avrà sede proprio a Sala Baganza. In programma anche iniziative attrattive sia per i giovani sia per le famiglie, come la MagnaRocca, la cena con il bicchiere al collo che si tiene il sabato sera, una degustazione itinerante per le vie del paese, passando e concludendosi in giardino. Il Festival della Malvasia prevede ogni anno la consegna del premio Cosèta d’or alla migliore malvasia dell’anno. Come eccezione, per festeggiare la XVIII edizione, domenica 19 maggio 2013 si assegna non a una cantina ma a un personaggio che ha contribuito a promuovere in questi anni la Malvasia dei Colli ed il Festival. Il Festival della Malvasia dei Colli di Parma è oggi promosso dal Comune e dalla Pro Loco di Sala Baganza insieme al Consorzio per la tutela dei Vini dei Colli di Parma in collaborazione con Ascom e Confesercenti, il Consorzio del Parmigiano-Reggiano, il Consorzio Prosciutto di Parma, il Consorzio del Fungo Porcino di Borgotaro, con il patrocinio di Regione Emilia-Romagna, Provincia di Parma, Camera di Commercio di Parma, Strada del Prosciutto e dei Vini dei Colli, con la partecipazione delle associazioni di volontariato del territorio, del centro commerciale naturale Sala Shopping, dei ristoranti e alberghi “Amici del Festival”. Il Festival ha un sito dedicato: www.festivaldellamalvasia.it. Ed è anche su Facebook, basta cliccare “mi piace” per restare aggiornati. ECONOMIA E TERRITORIO Il Marsala, made in Italy di successo La storia (a)tipica di un prodotto tipico italiano, il nostro vino ancora attuale che già dal XIX secolo godeva di una reputazione di livello internazionale Giovanni Ceccarelli, Alberto Grandi All’approssimarsi del cinquantesimo anniversario del conferimento della Denominazione d’Origine Controllata (DOC) al Marsala, primo vino insieme al Chianti a ottenere tale riconoscimento, i tempi paiono maturi per ripercorrere le vicende che ne hanno decretato il successo. Unico vino italiano a godere già da metà XIX secolo di una reputazione di livello internazionale, la sua storia mostra come la strada che porta all’affermazione della tipicità agro-alimentare possa seguire traiettorie alquanto inaspettate. La nascita del prodotto L’uomo universalmente indicato come lo “scopritore” del Marsala è John Woodhouse, un commerciante di Liverpool, giunto nel 1770 in Sicilia per acquistare un semilavorato necessario alla produzio- ne del sapone: la “barrilla”. La storia ufficiale vuole che, dopo aver assaggiato i vini prodotti nel trapanese, il mercante inglese si convinse della loro bontà spedendone un carico verso la madre patria. Era il 1773 e si racconta che il vino che bevvero gli inglesi fosse ben diverso da quello che i siciliani misero nelle prime 30 botticelle caricate su un brigantino chiamato Elizabeth. Dopo l’imbarco, Woodhouse aggiunse infatti due galloni di alcool per botte, allo scopo di garantire una migliore conservazione del prodotto durante il viaggio, dando involontariamente vita a un vino liquoroso che subito incontrò il favore dei consumatori inglesi e aprendo la via a un fruttuoso commercio tra l’isola e il mondo anglosassone. Pur basandosi su elementi sostanzialmente reali e storicamente dimostrabili, questa PARMA economica 35 ECONOMIA E TERRITORIO narrazione ha in sé molto di leggendario. Appare soprattutto poco verosimile il ruolo del caso nella costruzione del gusto del vino spedito da Woodhouse. Da oltre 100 anni sui mercati dell’Inghilterra e delle sue colonie si erano imposti vini come il Porto, lo Jerez (Sherry, per gli inglesi) e il Madera, il cui tratto comune era la “fortificazione”, ossia l’aggiunta di superalcoolici. Tale tecnica rappresentò il passo decisivo per decretare il loro successo, modificando colore e gusto del vino con cui erano prodotti, migliorandone sensibilmente la conservabilità e favorendone l’identificazione con l’area di origine. La scelta di “tagliare” il vino siciliano con dell’alcool pare perciò il frutto di una precisa e consapevole strategia volta a ottenere un prodotto simile ai “fortificati” che andavano per la maggiore. Woodhouse, avendo svolto gran parte della propria attività imprenditoriale nella Spagna meridionale, aveva del resto avuto modo di entrare in contatto con le tecniche di vinificazione usate per produrre lo Jerez. E non appare casuale nemmeno che il mercante di Liverpool avesse evitato di indicare con precisione nome e provenienza della prima spedizione. Se tale vaghezza era soprattutto dovuta alla necessità di aggirare l’elevata tassazione cui erano sottoposte le merci provenienti dal regno di Napoli, certo contribuiva anche l’anonimato in cui il vino siciliano, dopo essere stato tra i più rinomati in età antica, era ormai caduto. C’era poi il vantaggio di offrire un’opzione in più ai grossisti inglesi: spacciare il vino di Marsala per qualcosa d’altro. Del resto si trattava di comportamenti ritenuti del tutto normali in un’epoca in cui imprenditori, intermediari e rivenditori inglesi s’impegnavano incessantemente nella ricerca e nella produzione di vini in grado di adattarsi ai gusti delle differenti fasce di consumatori d’Oltremanica. Non si cercavano solo le aree di produzione più adatte, ma si provavano nuovi blend e si sperimentavano tecniche di vinificazione e invecchiamento, in un quadro complessivo in cui i confini tra imitazione, adulterazione e falsificazione erano piuttosto labili. Indipendentemente dalle scelte produttive e commerciali di Woodhouse (fossero esse volute o casuali), un dato è certo: fino alla fine del XVIII secolo e forse anche un po’ oltre, il Marsala non venne commercializzato con questo nome. Al contrario, 36 PARMA economica molti indizi fanno sospettare che il vino fortificato spedito dal Trapanese riapparisse sulle banchine del porto di Londra in forma anonima, per essere rivenduto come qualcosa di diverso. La “riapparizione” sul mercato inglese poteva avvenire in varie forme: si poteva trattare di vera e propria contraffazione, chiamata all’epoca forging, ossia della vendita del prodotto sotto falso nome (Madera, ad esempio); oppure, poteva trattarsi del più elaborato blending, ossia del suo È probabile che il utilizzo per “tagliare” vini più Marsala sia nato con pregiati, che tuttavia erano poi la stessa tecnica già venduti a prezzo pieno. in uso per il Porto o Una varietà di fonti tende ad lo Jerez: l’aggiunta avvalorare questa prima fase del di alcool al vino commercio del Marsala (poi accuratamente rimossa dalle narrazioni “ufficiali” sulla sua storia), in cui con buona probabilità s’inserivano il contrabbando dalla Sicilia alla piazzaforte inglese di Malta e uno scalo nell’isola di Guernsey, vero e proprio centro di adulterazione dei vini venduti in Inghilterra. La conquista del mercato globale A partire dai primissimi anni del XIX secolo, anche se sui mercati di sbocco il termine Marsala non è praticamente mai menzionato, il vino prodotto nel Trapanese dalla casa Woodhouse inizia ad assu- ECONOMIA E TERRITORIO mere una identità propria, adottando delle denominazioni che lo accostano al Madera. In Inghilterra è venduto come Bronte Madeira (e dell’origine di questo appellativo si parlerà fra poco), mentre negli Stati Uniti si fa strada un nome non meno ambivalente, quello di Sicily Madeira. Della prima denominazione si hanno prove tanto negli annunci pubblicitari dei venditori al dettaglio, quanto nelle testimonianze dei principali importatori che operavano sulla piazza; della seconda sono rimaste tracce molto precoci sui quotidiani statunitensi nei quali il Sicily Madeira compare fin dal 1807. In questa fase, la storia del Marsala è quella di una produzione interamente orientata a inserirsi nell’enorme mercato cui la costruzione dell’impero britannico aveva dato vita nel corso del secolo XVIII. In questo processo, tuttavia, l’identificazione con il luogo d’origine (e la reputazione che se poteva trarre) ha iniziato ad avere un certo ruolo in modo molto lento e attraverso un percorso per nulla lineare. Se, da un lato, il vino siciliano sembra in grado d’inserirsi velocemente in una rete commerciale “globale” che andava dall’Inghilterra al Canada, dai Caraibi all’Australia, dall’altro ciò fu possibile facendo leva su dei “marchi” che giocavano sull’ambi- guità della sua provenienza. Non erano solo i consumatori finali a essere le vittime delle asimmetrie informative che questa globalizzazione ante litteram determinava, ma perfino chi aveva l’opportunità di visitare i luoghi di produzione finiva per accrescere l’incertezza. Louis Simond, autore di noti libri di viaggio, svelava sì che le viti con cui era fatto il Sicily Madeira si trovavano a Marsala, aggiungendo però poi che si trattava di varietà originarie dell’isola di Madera. Nella storia del Marsala - sia come prodotto, sia come denominazione - giocano però un ruolo non secondario altri fattori, sia esogeni, sia, per così dire, endogeni. Tra i primi, va sicuramente considerata la situazione politica e militare europea. Ne è un chiaro esempio la famosa fornitura voluta dall’ammiraglio Nelson nel 1800 per rifornire la flotta britannica nel Mediterraneo e che segnò un momento decisivo per i vini Woodhouse. Furono infatti le difficoltà di approvvigionamento dei consueti vini usati dalla marina inglese (Porto e Madera, in particolare), dovute agli sbarramenti navali imposti da Napoleone, a far cadere la scelta sul Marsala. Da questo momento il vino Woodhouse pre- PARMA economica 37 ECONOMIA E TERRITORIO se il nome di “Bronte Madera” proprio in onore dell’ammiraglio che giusto qualche mese prima era diventato duca di Bronte. Questa denominazione e questo forte legame con un “testimonial”, che godeva di una fama internazionale quasi leggendaria, furono fattori non secondari nel favorire il crescente successo del vino siciliano nel mercato inglese. Rimane il fatto che fino al 1799 il nome Bronte Madera non poteva esistere, il che avvalora il sospetto che per un periodo di quasi 30 anni il vino di Woodhouse venisse venduto “senza nome” o, più probabilmente, con un nome falso. Altro elemento decisivo fu lo sforzo per modernizzare la viticultura siciliana, che era arretrata e poco specializzata, al fine di renderla funzionale alla produzione di un vino adatto all’esigente mercato anglosassone. Anche in questo caso la storia del Marsala è indissolubilmente legata a un mercante inglese, Benjamin Ingham, che nel 1812 acquistò una tenuta poco distante da quella in cui i Woodhouse avevano sviluppato la loro attività. Ingham voleva, da un lato, standardizzare il più possibile il gusto del vino, dall’altro comprimere il più possibile i costi di produzione, massimizzando i profitti. Su quest’ultimo versante Ingham (come pure i Woodhouse) non esiterà ad avvalersi della leva creditizia, prestando denaro ai contadini o comprando in anticipo il loro raccolto, per porli in un’oggettiva condizione di dipendenza economica. Anche la standardizzazione del prodotto era però una necessità di primaria importanza. Le tecniche di coltivazione e raccolta, unite 38 PARMA economica a un certo empirismo nel processo di vinificazione, avevano fatto del Marsala un vino dalle caratteristiche troppo variabili, il che lo rendeva adatto soprattutto a fasce di consumatori meno esigenti o come vino da taglio. Emblematica la testimonianza di John Pater, un osservatore inglese che all’inizio del XIX secolo, pur apprezzando questo vino, ne metteva in evidenza i limiti sostenendo che fosse «difficile trovare due botti che avessero il medesimo gusto». Per questo Ingham decise d’imporre precise regole per la coltivazione, la raccolta, le prime lavorazioni dell’uva e la produzione del mosto, avendo cura di metterle in forma scritta in un breve testo dal titolo Brevi istruzioni per la vendemmia all’oggetto di migliorare la qualità dei vini. Ma il contributo fondamentale di Ingham alla storia del Marsala fu l’introduzione del metodo “soleras”. Si trattava di un procedimento, già in uso da tempo in Spagna, in Portogallo (per lo Jerez e il Porto), ma anche nel Sud della Francia, che consentiva l’invecchiamento “controllato” del prodotto, attraverso il continuo ricambio del vino contenuto in botti poste a contatto col suolo (da cui il nome “solera”), con un’uguale quantità di vino più giovane contenuto in botti poste immediatamente più in alto (dette criaderas). Tecnicamente parlando, con l’introduzione del metodo soleras, Ingham (ben presto imitato dagli altri produttori, Woodhouse compresi) può essere considerato il vero “inventore” del Marsala. Inventarsi un prodotto, soprattutto nel settore agroalimentare, non significa però ECONOMIA E TERRITORIO stard Madeira e altri ancora. Questi vini probabilmente non avevano molto da invidiare al “fortificato” siciliano, eppure non uscirono mai dallo stato di “clone”. Come ricorda nel 1852 l’ex-presidente della London Association of Merchants in the wine and spirit trade, il destino del Marsala fu invece ben diverso. Non solo riuscì ad affrancarsi da questa condizione, venendo accettato dai consumatori inglesi, ma riuscì a imporsi come prodotto dotato di una denominazione e di una reputazione proprie. automaticamente dargli un nome o tentare di venderlo in quanto tale sul mercato. Da questo punto di vista, Ingham seguì la strada abilmente tracciata da Woodhouse, puntando a costruire un “clone” di altri vini. L’allusione a un nome già noto e affermato (il Madera) non venne affatto abbandonata, ma fu resa più efficace utilizzando un know-how ormai consolidato e affidabile dal punto di L’introduzione da vista del risultato finale. Rimane parte di Ingham il fatto che il Marsala fu solo uno del metodo soleras degli innumerevoli “cloni” che fu il contributo tentarono d’imporsi sui mercati essenziale alla storia internazionali. Il Bronte Madeira del Marsala e il Sicily Madeira di Woodhouse (e poi di Ingham) dovevano infatti confrontarsi con i francesi Burgundy Madeira e Cette Madeira, il sudafricano Cape Madeira, lo spagnolo Ba- L’origine svelata L’affrancamento fu però un processo lento e per nulla coerente. Come si vedrà, le testimonianze della prima metà del XIX secolo sono spesso contraddittorie e le denominazioni Bronte Madeira o Sicily Madeira sembrano sopravvivere anche molto tempo dopo l’introduzione e l’affermazione del nome Marsala. Occorre però anche chiedersi quali furono i motivi che spinsero i produttori, che erano ancora per lo più inglesi, a intraprendere la complicata e rischiosa iniziativa di provare a vendere il Marsala con una sua propria denominazione. In fondo, il vino fortificato siciliano, usato per il taglio o le sofisticazioni di altri vini oppure venduto direttamente come Bronte Madeira, si poteva già considerare un prodotto di successo, di facile smercio PARMA economica 39 ECONOMIA E TERRITORIO sia in Inghilterra, sia in America. La risposta più semplice, ma non del tutto soddisfacente, sta nella sempre più serrata guerra alle sofisticazioni e alle frodi condotta dalle autorità inglesi a partire dai primi decenni del XIX secolo. Ma il motivo principale stava forse nel fatto che la denominazione, una volta affermatasi sul mercato, garantiva maggiori profitti e, soprattutto, una definitiva emancipazione dall’oggettiva supremazia degli intermediari, degli importatori e dei venditori finali. Non sembrano, invece, aver avuto un ruolo determinante, da questo punto di vista, i primi produttori locali: la sproporzione tra imprenditori inglesi e siciliani era nettissi- 40 PARMA economica ma ancora all’inizio degli anni ’30. Solo nel 1834 i fratelli Florio, in società con il palermitano Raffaele Barbato, acquistarono una tenuta a Marsala e fondarono una società per produrre - come si legge nell’atto fondativo - «vini all’uso di Madera». Dieci anni dopo, la ditta Florio, che era già ben avviata e vendeva i suoi vini soprattutto in Inghilterra, non poteva in alcun modo rivaleggiare con i principali imprenditori inglesi per quanto riguarda i volumi prodotti e il giro d’affari. Ancora nel 1855 la produzione di Florio ammontava, come valore, a circa un terzo di quella della casa Ingham ed era nettamente inferiore anche a quella dei Woodhouse. Del resto, che lo sviluppo del Trapanese fosse da ascriversi alla comunità inglese, appariva chiaro a chiunque si recasse in visita in quelle zone. Con accenti diversi, tanto gli intellettuali siciliani quanto gli osservatori provenienti dalla Gran Bretagna descrivono con ammirato stupore i cam- Curiosamente biamenti sul tessuto produttivo furono gli inglesi che l’attività coagulatasi attorno al commercio internazionale del a promuovere vino fortificato aveva determina- l’affermazione to. I vari Woodhouse e Ingham del Marsala come erano indicati come battistra- denominazione da di una modernizzazione che un’imprenditoria locale ancora “sonnacchiosa” doveva affrettarsi a emulare. Per usare le parole dell’economista Francesco Ferrara, che visitò Marsala nel 1845, il Trapanese era all’epoca come «un paese dentro il paese, un brano di Gran Bretagna trasportato in Sicilia». Il processo di distinzione e di affranca- ECONOMIA E TERRITORIO mento, come l’abbiamo chiamato, fu quindi opera quasi esclusiva degli inglesi, dato che tra il 1850 e il 1860 il nome Marsala si era quasi definitivamente affermato su tutte le altre denominazioni che facevano in qualche modo riferimento al Madera. Tale processo andò di pari passo con un utilizzo sempre più diffuso del vapore nelle fasi di lavorazione dell’uva e del mosto, oltre che nella fase di mescolamento del vino. Questa progressiva meccanizzazione portò alla standardizzazione del La bottiglia di prodotto e a una sempre magvetro rese difficili giore segmentazione qualitativa le falsificazioni, dei vari tipi di Marsala. Fino agli permettendo anni ’20 e ’30, le tipologie di vino prodotte dalle case Woodhouse e ai produttori di Ingham erano infatti sostanzialvaiorizzare il proprio mente due: secco (Superior Old marchio Marsala) e dolce, che assunse più avanti la denominazione italiana di Garibaldi Dolce (GD). A queste si aggiungeva la variante denominata L.P. (London Particular) che, essendo destinata esclusivamente al mercato inglese, era più alcolica. A queste tipologie tradizionali, si aggiunsero, tra il 1840 e il 1870, una dozzina di altre “marche” (così venivano e sono ancora chiamate le varie qualità), alcune ancora in uso, altre sparite nel giro di pochi anni. Questa segmentazione e definizione delle varie tipologie era senz’altro funzionale a una ben precisa politica di marketing che, consapevolmente o meno, favorì la crescita della reputazione del prodotto sui mercati internazionali. In sostanza, esisteva un Marsala per ogni categoria di consumatori. La progressiva specializzazione e la segmentazione dell’offerta sembrano aver accompagnato di pari passo il processo di affrancamento del nome Marsala, rispetto alle altre denominazioni che tendevano a fare del vino siciliano un “clone” del Madera. Come anticipato, le fonti inglesi di tipo commerciale, pubblicitario o normativo, sono da questo punto di vista spesso incoerenti. Le diverse denominazioni convivono a lungo, si sovrappongono e si confondono. Già nel 1804 c’è un primo accenno al nome Marsala in un manuale di commercio, anche se da un’indagine parlamentare sulle tariffe doganali dei vini del 1852 emerge chiaramente che, sul mercato londinese, il vino fortificato siciliano era stato venduto per decenni come Bronte Madeira. Da queste ultime fonti si intuisce però che, almeno dagli anni ’30 del XIX secolo, tra gli operatori del settore (importatori, mercanti all’ingrosso, addetti alle dogane, ecc.) il nome Marsala era già ampiamente in uso e probabilmente era quello prevalente. La conferma viene da Cyrus Redding, uno dei primi esperti inglesi di enologia, che in un suo libro del 1839 intitolato Every Man His Own Butler dedica un breve paragrafo al Marsala. Eppure non va dimenticato che ancora nel 1869 sulla stampa inglese si potevano leggere inserzioni che reclamizzavano il Bronte Madeira. Le complesse vicende delle diverse denominazioni diventano ancor più intricate se si allarga lo sguardo al di fuori del mercato inglese, che rimaneva comunque quello più importante. Sappiamo ad esempio che, almeno fino agli anni ’40 del XIX secolo, la Ingham continuava a vendere il suo vino in America come Sicily Madeira. La reale provenienza di questo prodotto era tuttavia nota già negli anni ’20, tanto che le tariffe doganali statunitensi facevano esplicito riferimento ai dazi da praticare sul «Marsala or Sicily Madeira». Come in Inghilterra però, la transizione fu lenta PARMA economica 41 ECONOMIA E TERRITORIO e l’allusione al Madera faticherà a scomparire per lasciare definitivamente spazio alla denominazione legata all’origine del prodotto, tanto che ancora ben oltre la metà del XIX secolo si hanno testimonianze del suo utilizzo. È verosimile che il cambiamento fosse il frutto di una precisa strategia delle case anglo-siciliane, messa in atto nel momento in cui riuscirono a controllare le fasi della filiera che in precedenza erano di competenza di intermediari e dettaglianti. Anche in questo caso sembra che il modello di riferimento possa essere stato il Madera. All’inizio del XIX secolo, infatti, due momenti essenziali della produzione di questo “fortificato” (il riscaldamento e lo scuotimento) iniziarono a essere svolti direttamente dai produttori dell’isola, mentre in precedenza tali passaggi erano il risultato di processi che si verificavano durante il trasporto verso i mercati di sbocco. Queste trasformazioni non impedivano però agli importatori e ai venditori finali di effettuare ulteriori adulterazioni e tagli. Da questo punto di vista, il passaggio decisivo fu forse la possibilità di utilizzare le bottiglie di vetro già nella fase del traspor- to e non, come di norma accadeva, nella sola vendita al dettaglio. La bottiglia e, di conseguenza, l’etichettatura, rendendo molto complessa la sofisticazione da parte di intermediari e dettaglianti, permisero ai produttori non solo di imporre il proprio marchio, ma anche di affermare il nome e la provenienza del vino. Per il Marsala la svolta iniziò a manifestarsi solo nell’ultimo quarto del secolo, dopo che già Madera, Porto e Jerez (avendola sperimentata con fortuna) avevano aperto la strada in questa direzione. Fino alla fine degli anni ’80, le case del Trapanese conobbero un’ininterrotta fase di espansione: non solo crebbero i volumi delle esportazioni, ma anche la geografia dei mercati finali subì un ampliamento significativo. Emerso vittorioso da una durissima lotta per ottenere un posto al fianco dei vini già affermati a livello internazionale, il Marsala ottenne anche il giusto riconoscimento in patria venendo portato a modello da seguire per l’industria enologica italiana. La sua storia ci insegna come la tipicità non sia qualcosa di statico, ma discenda dalla capacità di adattarsi e rinnovarsi senza tradire il proprio territorio e le proprie origini. E la città è capitale europea del vino 2013 Il 2013 fa parte ormai della storia del Marsala e sarà da ricordare in futuro. Si tratta infatti dell’anno in cui la località è diventata Città europea del Vino. L’enoturismo ha ormai un punto di riferimento nella città siciliana che porta in Europa la bandiera della qualità vitivinicola di eccellenza. A riconoscere il prestigio del Marsala è stato Recevin, la rete europea delle città del vino, con un concorso giunto alla seconda edizione (l’anno scorso il merito è stato riconosciuto a Palamela, Portogallo). Marsala si impegna così a compiere un importante incarico: diffondere la cultura legata al vino e ai prodotti tipici locali. Il vino viene valorizzato portando ai cittadini siciliani, italiani ed euro- 42 PARMA economica pei le sue caratteristiche distintive dal punto di vista della storia, del sapere e della tradizione. E il vino - bianco, rosso, liquoroso, con il marsala Doc in testa - è anche il filo conduttore dei numerosi eventi in programma che si svolgeranno nella città lungo il 2013. Arte, cultura, tradizioni e spettacoli che coinvolgono i visitatori, invitandoli ad apprezzare l’identità del versante occidentale della Sicilia. ECONOMIA E società La nuova legge sulla disciplina del condominio Entrata in vigore lo scorso 18 giugno, la riforma prevede vari cambiamenti. Analizziamo gli articoli più controversi e le proposte più innovative Renato Del Chicca Sul numero 3/4 del 2007 di questa rivista è apparso un mio scritto sulla riforma della disciplina legislativa del condominio. Nello stesso ricordavo che nel corso della precedente legislatura, la XIV, sembrava che fosse vicina l’approvazione Il legislatore non da parte delle commissioni parlaha riconosciuto mentari in sede deliberante della delle norme del codice al condominio riforma civile riguardanti il condomino. l’autonoma titolarità Terminata quella legislatura, neldei diritti reali sulla la presente per un certo periodo cosa comune di tempo non si è più sentito parlare della auspicata riforma che, invece, ha finalmente completato il suo iter parlamentare. La relativa proposta di legge è stata infatti approvata, in un testo unificato, dal Senato della Repubblica il 26 gennaio 2011 e trasmessa alla Camera dei Deputati. Da parte sua questo ramo del Parlamento ha approvato la propria proposta di legge, contenente diverse modifiche da quella approvata dal Senato, avendone compiuto una complessiva revisione in data 27 settembre 2012. Finalmente il 20 novembre 2012 la commissione Giustizia del Senato, in sede deliberante, ha approvato definitivamente il progetto di legge di riforma del condominio già approvato dalla Camera trasformandolo in legge; la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale è avvenuta il 17 dicembre 2012 e pertanto la legge entrerà in vigore il 18 giugno 2013. Prima di esaminare le novità introdotte dalla nuova legge voglio fare una premessa che consiste nella constatazione che il fenomeno del condominio negli edifici è assai complesso in quanto «si caratterizza principalmente per la coesistenza accanto alle proprietà individuali di singoli piani o parti dell’edificio di una comunione cosiddetta forzosa, e cioè non suscettibile di scioglimento (art. 1119 cod. civ.), di tutti i condomini sugli elementi dell’edificio PARMA economica 43 ECONOMIA E società la cui utilizzazione è necessaria ai fini del godimento di tutte le singole parti di proprietà individuale».1 La prima impressione che ho ricavato dall’esame della nuova legge è che i legislatori nell’affrontare la materia abbiano avuto una certa timidezza non riconoscendo al condominio una capacità giuridica ma neppure una soggettività quale autonoma titolarità di diritti reali sulla cosa comune. Il condominio è perciò rimasto solo un mero ente di gestione.2 Ricordo invece che in diversi progetti di legge di iniziativa dei senatori era previsto, alla stregua di quanto sostenuto strenuamente della Confedilizia, che il condominio, chiamato a nuovi e molteplici compiti, funzioni e adempimenti anche imposti da normative pubblicistiche e comunitarie e da regolamentazioni fiscali e tributarie, avesse capacità giuridica in relazione alla conservazione, al risanamento, all’amministrazione e alla gestione dei beni comuni (es. disegno di legge d’iniziativa del Senato - Pastore e altri - comunicato alla presidenza il 28 aprile 2006).3 Altra impressione è che i legislatori sembrano non avere tenuto presente la numerosa giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, che nel corso di questi 70 anni dall’entrata in vigore delle norme sul condominio si è accumulata, cosicché diverse criticità rilevate nella stessa nel tempo non sono state eliminate. Dei 23 articoli costituenti la disciplina del condominio ne sono rimasti inalterati nove, gli altri sono stati modificati parzialmente o sostituiti e ne sono stati aggiunti sei nuovi. 44 PARMA economica Delle 14 disposizioni per l’attuazione del codice civile sono stati lasciati invariati cinque articoli, modificati e sostituiti i restanti e aggiunti quattro. Ecco quali sono le più significative novità introdotte dalla nuova legge. Nell’articolo 1117 c.c., relativo alle parti comuni dell’edificio, vi è l’aggiunta degli impianti per il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza. L’art. 1117 c.c. bis delinea l’ambito di applicazione delle disposizioni con estensione ai cosiddetti supercondomini. L’art. 1117 c.c. ter prevede la possibilità di modificare la destinazione d’uso delle parti comuni per soddisfare esigenze d’interesse condominiale, con una deliberazione dell’assemblea con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell’edificio e disciplina le modalità di convocazione di questa speciale assemblea. L’art. 1117 c.c. quater disciplina la tutela delle destinazioni d’uso delle parti comuni nel caso di attività che incidano negativamente e in modo sostanziale sulle medesime; l’amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l’esecutore e chiedere la convocazione dell’assemblea che delibera in merito con la maggioranza degli intervenuti e almeno 1 Commentario breve del codice civile a cura di Giorgio e Alberto Trabucchi, Cedam, 1988, p. 760 2 Cfr. per esempio Cass. civ., Sez. II, 2 aprile 2006, n. 16141 3 Art. 1 del disegno di legge citato ECONOMIA E società L’articolo 1118 sarà probabilmente causa di numerosi contrasti tra i condomini la metà del valore dell’edificio. L’art. 1118 c.c., dopo avere ribadito che il condomino non può sottrarsi al contributo alle spese per la conservazione delle parti comuni neanche rinunziando al diritto sulle stesse, prevede la facoltà del condomino, senza necessità di autorizzazione da parte dell’assemblea, di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante, naturalmente, resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma. Temo che questa norma sarà causa di numerosi contrasti tra i condomini e che provocherà un notevole contenzioso giudiziario volto ad accertare l’eventuale pregiudizio arrecato agli altri condomini soprattutto nel caso di successivi distacchi dall’impianto centralizzato. L’art. 1120 c.c., nella sua nuova formulazione, conserva la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio per approvare tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni, nonché il divieto per quelle innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento di un solo condomino. La norma prevede invece la maggioranza degli intervenuti all’assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio per una serie di opere: quelle volte a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti, a eliminare le barriere architettoniche, a contenere il consumo energetico, a realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari dell’edificio, a produrre energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune, a installare impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo. L’amministrato- PARMA economica 45 ECONOMIA E società re è tenuto a convocare l’assemblea entro 30 giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all’adozione di tali deliberazioni. Assolutamente invariato è rimasto l’art. 1121 c.c. relativo alle innovazioni gravose e voluttuarie. L’art. 1122 bis c.c. riguarda l’installazione di impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, impianti che devono essere realizzati in modo da recare il minor pregiudizio alle parti comuni e alle unità immobiliari di proprietà individuale, preservando in ogni caso il decoro architettonico dell’edificio. È consentita - vera novità, questa - l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato. L’assemblea, a richiesta degli interessati, provvede, con la maggioranza dei partecipanti al condominio e almeno due terzi del valore dell’edificio, a ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. È previsto che l’accesso alle unità immobiliari di proprietà individuale debba essere consentito ove necessario per la progettazione e per l’esecuzione delle opere e che non siano soggetti ad autorizzazione gli impianti destinati alle singole unità abitative. L’art. 1122 c.c. ter prescrive che le deliberazioni concernenti l’installazione sulle parti comuni dell’edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse siano approvate dall’assemblea con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio rappresentato. Gli articoli della vigente disciplina sulla ripartizione delle spese, sulla manutenzione dei soffitti e dei solai, sui lastrici di uso esclusivo, sulla costruzione sopra l’ultimo piano dell’edificio e sul perimento dello stesso sono rimasti del tutto inalterati a eccezione dell’art. 1124 c.c. che equipara gli ascensori alle scale per la loro manutenzione, sostituzione e ripartizione delle relative spese. La nuova legge presta particolare attenzione alla figura dell’amministratore. Infatti i 46 PARMA economica due articoli che riguardano la nomina, gli obblighi e le attribuzioni dell’amministratore sono lunghi ed articolati. L’art. 1129 c.c. prevede che quando i condomini sono più di otto la nomina di un amministratore, se l’assemblea non vi provvede, è fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell’amministratore dimissionario. Contestualmente all’accettazione della nomina e a ogni rinnovo dell’incarico, l’amministratore deve comunicare i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri relativi al condominio, nonché i giorni e le ore in cui, previa richiesta, ogni interessato può prenderne gratuitamente visione e averne copia, previo rimborso della spesa. L’assemblea può subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione di una polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato, polizza i cui massimali devono essere adeguati, in caso di lavori straordinari, contestualmente all’inizio dei lavori, di L’amministratore un importo non inferiore a quello condominiale della spesa deliberata. Osservo, a questo proposito, che ricopre un ruolo sembra trattarsi di una sorta di particolarmente duplicazione in quanto è previsto importante nella dall’art. 1135, n. 4, che l’assem- nuova legge blea provveda a deliberare le opere di manutenzione straordinaria e le innovazioni costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori. Nel luogo di accesso al condominio o di maggiore uso comune, accessibile anche ai terzi, è affissa l’indicazione delle generalità e dei recapiti anche telefonici dell’amministratore o della persona che svolge funzioni analoghe a quelle dell’amministratore qualora questi manchi. L’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio, del quale ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può prendere visione ed estrarre copie a proprie spese. Salva un’espressa dispensa dell’assemblea l’amministratore deve agire per la riscos- ECONOMIA E società sione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito è compreso. L’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata e giustamente è previsto che l’assemblea convocata per la revoca o le dimissioni debba deliberare in ordine alla nomina del nuovo amministratore e che nel caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria non possa essere nominato nuovamente l’amministratore revocato. L’amministratore può essere revocato con deliberazione dell’assemblea in ogni tempo con la maggioranza prevista per la sua nomina, cioè con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. La revoca può essere disposta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso in cui l’amministratore non dia senza indugio notizia all’assemblea dei condomini quando abbia ricevuto una citazione o un provvedimento amministrativo che esorbitino dalle sue attribuzioni, se non renda il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità. L’art. 1129 c.c. enumera otto casi di gravi irregolarità. Nel caso di gravi irregolarità fiscali o di non apertura e utilizzo del conto corrente intestato al condominio, i condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore. Nel caso di mancata revoca da parte dell’assemblea, ciascun condomino può rivolgersi all’autorità giudiziaria e, in caso di accoglimento della domanda, il ricorrente ha titolo di rivalsa per le spese legali nei confronti del condominio, che, a sua volta può rivalersi nei confronti dell’amministratore revocato. L’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per la sua attività. Il successivo art. 1130 c.c. disciplina in maniera dettagliata quali siano le attribuzioni dell’amministratore, ulteriori rispetto a quanto previsto dall’articolo precedente. La prima è quella di eseguire le deliberazioni dell’assemblea, la seconda è quella di disciplinare l’uso delle cose comuni e curare l’osservanza del regolamento di condominio mentre, tra le altre, segnalo l’obbligo di curare la tenuta di quattro registri. Il registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza; il registro dei verbali delle assemblee al quale è allegato il regolamento di condominio, ove adottato; il registro di nomina e revoca dell’amministratore, con annotazione, in ordine cronologico, delle date di nomina e revoca di ciascun PARMA economica 47 ECONOMIA E società amministratore nonché gli estremi dell’eventuale decreto in caso di provvedimento giudiziale; il registro della contabilità nel quale sono annotati, sempre in ordine cronologico entro 30 giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata e in uscita; tale registro può tenersi anche con modalità informatizzate. Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita e ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili e alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentirne l’immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti. L’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio con la maggioranza prevista per la nomina dell’amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà. Può essere presa visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo e si possono estrarre copie a proprie spese. Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per 10 anni dalla data della relativa registrazione e l’assemblea può anche nominare un consiglio di condominio con funzioni consultive e di controllo composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno 12 unità immobiliari. Inalterato è rimasto l’articolo relativo alla rappresentanza del condominio in capo all’amministratore anche se forse sarebbe stata opportuna una sua rivisitazione; infatti già il Peretti-Griva aveva osservato che «certo il legislatore avrebbe potuto es- La nuova legge in pillole La nuova legge sul condominio, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 17 dicembre 2012, entra in vigore il 18 giugno 2013. Rispetto alla vigente disciplina si segnalano in particolare i seguenti punti: •• non è stata attribuita al condominio né la capacità giuridica né una soggettività autonoma di diritti reali sulle cose comuni restando quindi il condominio un mero ente di gestione; 48 PARMA economica •• la figura dell’amministratore è stata completamente ridisegnata, con dettagliata specificazione di obblighi e attribuzioni; •• nell’assemblea dei condomini è stato regolamentato il conferimento delle deleghe che non possono essere assegnate all’amministratore; •• è rimasta assolutamente inalterata la ripartizione delle spese necessarie per la conservazione delle parti comuni dell’edificio. ECONOMIA E società sere nella formulazione dell’art. 1131 più chiaro, più organico e più completo».4 La legge ha lasciato assolutamente invariati gli articoli riguardanti il dissenso dei condomini rispetto alle liti e ai provvedimenti presi dall’amministratore e sostanzialmente quello sulla gestione di iniziativa individuale del condomino sulle parti comuni per quanto riguarda le spese che non sono rimborsabili (salvo che si tratti di spesa urgente). Le attribuzioni dell’assemblea dei condomini sono le medesime della vigente disciplina con l’unica differenza, come già rilevato, che la facoltà ora prevista di costituzione di un fondo per le opere di manutenzione straordinaria all’occorrenza viene tramutata in obbligo. Alla fine dell’articolo viene aggiunto il comma che riporto e che peraltro non mi pare di facile lettura: «L’assemblea può autorizzare l’amministratore a partecipare e collaborare a progetti, programmi e iniziative territoriali promossi dalle istituzioni locali o da soggetti L’assemblea privati qualificati, anche mediancondominiale in te opere di risanamento di parti ogni momento comuni degli immobili nonché può consultare il di demolizione, ricostruzione e proprio rendiconto messa in sicurezza statica, al fine favorire il recupero del patrie i documenti di monio edilizio esistente, la vivigiustificativi di bilità urbana, la sicurezza e la sospesa comune stenibilità ambientale della zona in cui il condominio è ubicato». L’articolo che disciplina la costituzione dell’assemblea e la validità delle deliberazioni non presenta significative differenze da quello in vigore mentre quello relativo all’impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea contrarie alla legge o al regolamento assegna tale facoltà a ogni condomino assente, dissenziente o astenuto, mantiene il termine perentorio di 30 giorni e parla non di ricorso ma genericamente di azione di annullamento. Così operando il legislatore pare abbia in un certo senso recepito il dettato di una nota e recente sentenza della suprema Corte di Cassazione a sezioni unite civili5 secondo la quale il vigente art. 1117 c.c., che per tre volte usa l’espressione “ricorso”, non disciplina in realtà la forma che deve assumere l’atto introduttivo del giudizio di 4 Il condominio delle case divise in cui si tratta. La sentenza ha infatti enunparti, Utet, 1960, p. 545. ciato il principio di diritto secondo cui 5 Sentenza 8491 del 14 aprile 2011 l’art. 1137 c.c. non disciplina la forma del6 9148 dell’8 aprile 2008 le impugnazioni delle deliberazioni condominiali, che vanno pertanto proposte con citazione, in applicazione della regola dettata dall’art. 163 del codice di procedura civile ma ha anche precisato la validità dell’impugnazione proposta con ricorso. Il regolamento di condominio, obbligatorio quando i condomini sono più di 10, deve essere approvato dall’assemblea con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio rappresentato, non può vietare di possedere o detenere animali domestici, è allegato al registro dei verbali delle assemblee e può essere impugnato a norma dell’art. 1107 dettato per la comunione entro 30 giorni dalla deliberazione che lo ha approvato. Passando all’esame delle disposizioni di attuazione del codice civil,e e disposizioni transitorie, ricordo che l’art. 63, oltre che prevedere che per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea l’amministratore possa ottenere, senza bisogno di autorizzazione di questa, un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, contiene le seguenti modifiche rispetto a quello vigente: l’amministratore è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi; i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini; chi cede diritti su un’unità immobiliare resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto. L’obbligo così imposto ai creditori non solo non è di facile adempimento, trattandosi di ottenere dei pagamenti da condomini già morosi nel pagamento delle spese condominiali, ma non è neppure in perfetta sintonia con il criterio della parziarietà che governa le obbligazioni e la conseguente responsabilità dei condomini secondo un’altra recente sentenza delle sezioni unite della Cassazione6. Infatti, secondo il ricordato principio, proclamato in questa pronuncia, ai singoli condomini si imputano solo in proporzione alle rispettive quote le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio. Secondo la nuova formulazione dell’art. 64 (disposizioni attuative sulla revoca PARMA economica 49 ECONOMIA E società dell’amministratore), nei casi previsti dal codice, il tribunale deve provvedere in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l’amministratore in contradditorio con il ricorrente. L’art. 66 (disposizioni attuative) prevede che l’avviso di convocazione, contenete specifica indicazione dell’ordine del giorno, debba essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano e debba contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’art. 1137 del codice civile su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati. L’ultimo comma dell’articolo contiene l’opportuna previsione che l’amministratore ha facoltà di fissare più riunioni consecutive in modo da assicurare lo svolgimento dell’assemblea in termini brevi, convocando gli aventi diritto con un unico avviso nel quale sono indicate le ulteriori date e ore di eventuale prosecuzione dell’assemblea validamente costituitasi. L’art. 67 (disposizioni attuative) prevede, giustamente, che all’amministratore non possono essere conferite deleghe, che devono essere scritte, ma - assai meno giustamente, secondo me - limita solo al caso in cui i condomini siano più di 20 che il delegato non possa rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale. Nei casi di supercondominio, quando i partecipanti siano complessivamente più di 60, non comprendo la ragione di questo numero: ciascun condominio deve designare con la maggioranza indicata dal quinto comma dell’art. 1136 c.c. (la maggioranza degli intervenuti e almeno i due terzi del valore dell’edificio) il proprio rappresentante all’assemblea per la gestione delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell’amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l’autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio. Qualora alcuni dei condominii interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, l’autorità giudiziaria provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei 50 PARMA economica rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro un congruo termine. La diffida e il ricorso all’autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell’amministratore o, in mancanza, a tutti i condomini. Il rappresentante risponde con le regole del mandato e comunica tempestivamente al proprio condominio le decisioni assunte dall’assemblea dei rappresentanti dei condominii e l’amministratore riferisce in assemblea. Poiché la maggioranza richiesta per la nomina dei rappresentanti è assai difficile da raggiungere mi domando, di fronte ai prevedibili numerosissimi ricorsi all’autorità giudiziaria, come mai non si sia evitato questo pericolo Il possesso con la previsione della minima personale di maggioranza legale e cioè la mag- animali domestici gioranza degli intervenuti con un non può essere numero di voti che rappresenti vietato tramite almeno un terzo del valore dell’eil regolamento dificio. L’articolo in esame termina con condominiale la prescrizione che il nudo proprietario e l’usufruttuario rispondono solidalmente per il pagamento dei contributi dovuti all’amministrazione condominiale. L’art. 68 (disposizioni attuative) conferma la necessità della espressione in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio del valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare mentre l’articolo successivo contiene, a mio parere, una pericolosa novità. Infatti, dopo avere previsto che i valori proporzionali delle unità immobiliari espressi nella tabella millesimale possano essere rettificati o modificati all’unanimità, prevede anche che tali valori possano essere modificati anche nell’interesse di un solo condomino con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio, quindi dall’assemblea condominiale, nei due casi già previsti dalla vigente disciplina: quando risulta che sono conseguenza di un errore, o quando per le mutate condizioni di una parte dell’edificio è alterato per più di un quinto il valore proporzionale anche di una sola unità immobiliare. Ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’am- ECONOMIA E società 7 La 18477 del 6 luglio 2010. ministratore il quale è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini, e se non adempie a quest’obbligo può essere revocato dal suo incarico ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni. Nell’ultimo comma dell’articolo si prevede che le norme sopra ricordate si applicano anche per la rettifica o la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali. La prima osservazione che esprimo in proposito e che il legislatore si è indubbiamente riferito a un’altra sentenza delle sezioni riunite della Cassazione7, secondo la quale le tabelle millesimali non devono essere approvate con il consenso unanime dei condomini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata del secondo comma dell’art. 1136 c.c., questo disattendendo il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità che richiedeva invece l’unanimità dei consensi. Questa criticabilissima sentenza prende spunto dalla circostanza che la tabella millesimale esprimente il valore proporziona- le di ciascuna unità immobiliare deve essere allegata al regolamento di condominio, che questo deve essere approvato con una certa maggioranza, e che l’art. 68 (disposizioni di attuazione) prescrive che la tabella serva agli effetti di ripartizione delle spese. Ma questa tabella millesimale non esaurisce così la sua funzione, perché rappresenta la traduzione in numeri del valore delle quote di proprietà di ciascun condomino e viene considerata in tutti i condominii, anche in quelli non muniti del regolamento, per indicare il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni ex art. 1118 c.c. e il corrispondente obbligo, per la costituzione delle assemblee, per tutte le deliberazioni della stessa, per l’indennizzo dovuto ai condomini per la eventuale sopraelevazione effettuata dal proprietario dell’ultimo piano, per il caso del perimento totale o parziale dell’edificio. Questo perché nelle norme relative alle fattispecie sopraindicate si parla del valore dell’edificio e quindi delle sue porzioni, valore che non può che essere espresso in millesimi. Non si può poi dimenticare che nella vi- PARMA economica 51 ECONOMIA E società gente disciplina il giudizio sulla revisione o modifica dei valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano nei due casi previsti era riservato all’autorità giudiziaria e non all’assemblea dei condomini. Un accenno al giudizio devoluto all’autorità giudiziaria si rinviene anche nell’articolo in esame quando, come già ricordato, si scrive che ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’amministratore. Inoltre la duplice possibilità di rettifica delle tabelle millesimali è espressamente contemplata da una recentissima sentenza della Corte di Cassazione8 nella quale si può leggere: «Pur essendo possibile una richiesta di revisione di tabelle, in sede giudiziaria, in mancanza di apposita delibera dell’assemblea dei condomini... ». Rimane, a mio parere, il problema che una deliberazione assembleare possa modificare le tabelle millesimali contenute in un regolamento contrattuale e, in ogni caso, modificare i millesimi di proprietà che appaiono precisati nei rogiti di acquisto. È anche da interpretare la possibilità di modifica, sempre a maggioranza da parte dell’assemblea dei con- Le deleghe domini, dei criteri legali di riparall’amministratore tizione delle spese, mentre fino a oggi era necessaria, per fare que- devono essere scritte sto, l’unanimità dei consensi. Ricordo a questo proposito un’altra sentenza della suprema Corte di Cassazione9 nella quale si legge che il consenso unanime di tutti i condomini «è richiesto soltanto per la modifica delle tabelle millesimali allegate al regolamento di condominio, qualora abbiano natura con8 Sentenza 5690 Cass. Civ., sez. III venzionale in quanto predisposti dall’udel 10 marzo 2011 nico originario proprietario ed accettate 9 Sentenza 4219 Cass. Civ., sez. II del 23 luglio 2007 dagli iniziali acquirenti delle singole unità «Serviva più coraggio» Il punto di vista di Franco Folli, presidente per l’Emilia-Romagna dell’Associazione Nazionale Amministratori Condominiali e Immobiliari Quali sono, a suo avviso, gli aspetti più innovativi della nuova disciplina del condominio? Uno degli aspetti più innovativi, se non il principale, è l’aver ridisegnato la figura dell’amministratore. Anche se non ha voluto riconoscerlo professionista iscritto a un suo albo professionale, il Legislatore ne ha tratteggiato le caratteristiche principali, gli obblighi e i limiti, e per la prima volta lo definisce quale egli è, e cioè un professionista della casa. Si ritiene che il 70-80% degli italiani risieda o abbia proprietà o rapporti con il condominio, ed era quindi corretto che chi è chiamato a gestirlo sia persona capace, esperta, onesta e preparata. Con la corposa modifica degli articoli 1129 e 1130 del codice civile, il Legislatore ha inteso indicare con una ragionevole esattezza chi possa gestire delle proprietà immobiliari – quando esse sono superiori a otto – e cautelare, quindi, coloro i quali debbano affidare la gestione della loro proprietà a un terzo. È vero che l’amministratore era e resta un semplice mandatario, che deve adempiere a obblighi di legge e rispettare, con scrupolo, le deliberazioni assembleari, ma d’ora innanzi egli dovrà avere qualità ben definite, e ciò a garanzia, sicurezza e fiducia degli amministrati. Il vecchio codice era 52 PARMA economica del 1942, e da allora il modo di vivere in condominio, e non solo, ha subito modifiche e miglioramenti che sono sotto gli occhi di tutti. Aria condizionata, ascensori, centraline per la gestione del riscaldamento, centraline televisive, la sicurezza, la privacy, il contenimento energetico, le problematiche fiscali e altro ancora, sono “novità” che impongono conoscenze, e queste impongono professionalità. Questo è quanto la modifica del codice ha cercato di dare, di imporre, all’amministratore, per maggiore tranquillità per chi vive il condominio e in condominio. Altri articoli sono stati modificati e ampliati, ma non nel modo sostanziale come gli articoli 1129 e 1130 e non andranno a incidere particolarmente. Nell’articolo 1136 sono stati modificati i quorum, costitutivi e deliberativi, ma è solo una questione di applicazione delle nuove disposizioni. Forse serviva, in esso, cancellare la doppia convocazione in due diverse giornate, in quanto serve a ben poco. Su quali punti invece ritiene che la riforma sia lacunosa? Ci sono nodi ancora aperti? Come tutte le cose nuove, la riforma non è perfetta, e speriamo sia perfettibile. Dopo 70 anni di attesa il Legislatore avrebbe dovuto avere più coraggio, incidere maggiormente, apportare più ECONOMIA E società modifiche sostanziali, senza lasciare articoli e disposizioni nel limbo del non chiaro, con la conseguenza che i vari tribunali e la cassazione dovranno correggere tante cose incompiute. Sono rimasti fuori da ogni codificazione problemi che erano già emersi in tutta la loro rilevanza, quali la tutela del cittadino/condomino rispetto alla immissione di fumi, odori, scuotimenti, rumori, parcheggio di autoveicoli, il distacco delle unità dei condomini morosi dai servizi comuni. Si è da più parti strombazzato sulla novità, consentita, di detenere animali domestici in condominio. Ma siamo sicuri che questa sia una novità così eclatante da essere foriera di enunciazioni entusiastiche? D’ora innanzi i regolamenti di condominio non potranno più contenere tali divieti che generalmente non erano contro quelle povere bestiole ma i conseguenti odori, rumori, soste inopportune nelle aree condominiali. A questo proposito nulla è stato disposto e, quindi, di fatto ben poco è cambiato. Altro punto sul quale si dovranno, o dovrebbero, essere presi provvedimenti è in merito alla limitazione quantitativa della delega. Non si è potuto, correttamente, limitare l’istituto della delega, ma il Legislatore ha ritenuto di porre dei paletti, e ha stabilito che, quando i condomini sono più di 20, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale. Questo articolo 67, inderogabile, parla di “condomini” e non di “unità immobiliari” che, pertanto, potrebbero essere varie deci- ne o centinaia, e stabilisce che anche un solo proprietario – possessore di 205 millesimi – non potrà mai delegare. Assurdo, ma è disposizione inderogabile. Ulteriore grossa anomalia, sempre nell’articolo 67, riguarda i supercondomini. Il Legislatore, quando i partecipanti sono più di 60, ha disposto un meccanismo assurdo e non più rispettoso di quella forma assolutamente democratica che ha sempre contraddistinto le deliberazioni assembleari, e cioè che alla maggioranza di millesimi debba sempre corrispondere anche una maggioranza di teste. Viene quasi da pensare che nella fretta di agire – ma perché fretta, considerando che hanno impiegato alcuni anni fra Camera e Senato? – gran parte di coloro i quali hanno legiferato neppure abbia letto tutti gli articoli. Un esempio? Il nuovo articolo 71 delle disposizioni di attuazione ricalca pari pari il vecchio articolo 71, e dispone che sia tenuto un registro “presso l’associazione professionale dei proprietari di fabbricato”. Però questo registro non è mai stato istituito, né lo sarà in avvenire, in seguito alla soppressione dell’ordinamento sindacale fascista, per il decreto legge 369 del 23 novembre 1944, per cui sono rimaste, e sono, lettera morta la dizione degli articoli 1129 e 1138 del codice civile richiamati dall’articolo 71. Che questo articolo esistesse nel codice del 1942 è comprensibile, ma oggi non è neppure scusabile. L’avranno letto? Dubito fortemente, o che lo abbiano compreso. PARMA economica 53 ECONOMIA E società ovvero abbiano formato oggetto di accordo da parte di tutti i condomini (Cass. 28.6.2004 n. 11960; Cass. 25.8.2005 n. 17276)». Nel caso invece «che abbiano natura non convenzionale ma deliberativa perché approvate con deliberazione dell’assemblea le tabelle millesimali che devono necessariamente contenere criteri di ripartizione delle spese conformi a quelli legali ed a tali criteri devono uniformarsi nei casi di revisione, possono essere modificate dall’assemblea con la maggioranza stabilita dall’art. 1136 c.c., comma 2, ovvero con atto dell’autorità giudiziaria ex art. 69 disp. att. c.c. (Cass. 28.6.2004 n.11960)». L’art. 71 bis elenca i requisiti necessari per lo svolgimento dell’incarico di amministratore di condominio, tra i quali annoto l’obbligo di frequenza di un corso di formazione iniziale e quello di formazione periodica. A questo proposito osservo che non figurando nella legge alcun registro pubblico 54 PARMA economica degli amministratori condominiali non è dato di sapere dove si debba annotare l’avvenuto adempimento di tale obbligo di formazione periodica. L’art. 71 ter prevede che, su richiesta dell’assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell’art. 1136 c.c., l’amministratore è tenuto ad attivare un sito internet del condominio di cui le spese per la attivazione e la gestione sono poste a carico dei condomini. L’art. 71 quater disciplina la materia del procedimento di mediazione nelle controversie in materia di condominio, l’obbligatorietà del quale è stata però recentemente eliminata da una sentenza della Corte costituzionale. Concludo questo mio scritto affermando che solo la futura applicazione della legge potrà sciogliere il dubbio, ora presente, se la stessa contenga più luci o ombre. ECONOMIA E società La ricerca scientifica in Italia: spunti di riflessione1 Il nostro Paese sconta un grave ritardo in tema di investimenti nella formazione, nella ricerca e nella cultura. Una rotta da invertire al più presto. Giorgio Marbach Il sapere è potere, ma coloro che sviluppano il sapere non gestiscono il potere Scopo della scienza è seminare sapere ed opere; ma bisogna non tralasciare la semina né mietere anzitempo La ricerca su basi scientifiche è parte costitutiva dell’essere umano, sospinta dall’inesausta molla interna per cercare, capire, ricercare l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande. La scienPuntare solo alla za, nella sua più ampia e nobile ricerca applicata è accezione, è «a great experience of un grave errore freedom for truth»2 (una grande esperienza di libertà per la verità). Quella di base è, in particolare, espressione autentica di libertà; essa si presta solo parzialmente a riferimenti di costo, che ne possono costituire il quadro indiretto. La sua produttività può limitarsi alla mera soddisfazione intellettuale oppure avere valenza di primo stadio per successive applicazioni, che ne possono scaturire con un lag temporale talora assai esteso. La mente non cessa di esplorare, con slancio, spesso senza chiedersi se e dove risiede l’utilità di un eventuale risultato. Già nel Settecento Giambattista Vico era consapevole che una repubblica priva di un ordine di sapienti è destinata alla rovina e a uscire dalla storia. Oggi occorre ribadire che «uno Stato privo di una comunità di cultura e di ricerca pura è destinato a perdere sovranità e prestigio per diventare la periferia del mondo3». Carlo Rubbia, nel 2003, ricordava che non avremmo l’ingegneria genetica se Watson e Crick non avessero scoperto cinquant’anni fa la struttura del Dna. Puntare solamente alla ricerca applicata è una inaccettabile limitazione. Martha C. Nussbaum, rettore di Harvard4, si chiede: «Le università stanno diventando prigioniere degli obiettivi immediati e Un'immagine delle strutture del Consiglio europeo per la ricerca nucleare (Cern). 1 Sintesi. Il testo completo, con ampia appendice statistica, è disponibile sul sito www.unimercatorum.it ed è pubblicato a cura dell’editore Domograf (Roma), maggio 2013. 2 Allocuzione del pontefice Giovanni Paolo II in occasione della sessione plenaria dell’Accademia delle Scienze del Vaticano. Science and the Future of Mankind, Pontificiae Academiae Scientiarum Scripta Varia, Jubilee Plenary Session, Città del Vaticano, 2001, p. 19. 3 M. Cuccurullo, Le ali spezzate della ricerca, Napoli, La Scuola di Pitagora ed., 2012. 4 M.C. Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Bologna, Il Mulino, 2011, p. 137. PARMA economica 55 ECONOMIA E società materiali che perseguono? Il modello del mercato è ormai divenuto il parametro fondamentale che definisce l’istruzione superiore?». Circa l’insufficiente sostegno offerto in Italia alla ricerca richiamo la recente lettera-appello dei rettori ai partiti politici (17 febbraio 2013) il cui incipit recita: «Se vi fosse una Maastricht delle università noi saremmo ormai fuori dall’Europa». Scoraggianti sono anche le parole pronunciate dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il 20 febbraio 2013 nel corso di un incontro al Quirinale con l’associazione Gruppo 2003 per la Ricerca Scientifica: «Quello della ricerca è uno dei temi su cui mi sono personalmente più impegnato in questi sette anni… ce l’ho messa tutta discutendo con ministri anche in modo pungente… ma hanno vinto le resistenze». I dati relativi al ruolo della R&S (ricerca e sviluppo, ndr) sono espressi in termini finanziari e ragguagliati al Pil. Il quadro che ne emerge è necessariamente limitato e parziale, come già indicato, giacché molte attività di ricerca scientifica in senso lato non sono riferite in modo precipuo al sostegno economico. Le spese per R&S, che nel seguito indicherò come investimenti, sono pari al 3,4% del Pil in Giappone e al 2,9% negli Stati Uniti5. In Europa cinque Paesi svettano sugli altri: Finlandia (3,8%), Svezia (3,4%), Danimarca (3,1%), Germania (2,8%), Austria (2,8%). L’Italia si colloca mestamente al 17° posto, con un modesto 1,1%, sintomo di malessere e segnale di improprie priorità. La media dei Se vi fosse una 27 paesi dell’Unione Europea è Maastricht delle pari al 2,2% del Pil, assai supe- università noi riore a quella dell’Italia. saremmo ormai fuori Negli anni più recenti Cina, Co- dall’Europa rea e India hanno provveduto con vigore alla crescita delle proprie strutture scientifiche. In particolare gli investimenti cinesi in R&S aumentano stabilmente in misura ben superiore al Pil. Nel Sud-Est asiatico sorgono città della scienza. Alcuni ritengono che «tra qualche anno il 90% degli scienziati e dei tecnici di tutto il mondo vivrà sulle sponde asiatiche dell’Indopacifico»6. Le scelte politiche in Europa sono frammentate. Progetti unitari faticano a realizzarsi. Di contro a un taglio di 80 miliardi nel bilancio federale effettuato due anni or sono, il paese guidato dalla signora Angela Merkel ha aumentato gli investimenti in ricerca. La Germania ha poi programmato fino al 2015 un aumento annuo del 5% dei finanziamenti ai due grandi centri di ricerca statali, la Max Planck Gesellschaft e la Deutsche Forschungsgemeinschaft. Inoltre, ha stanziato 12,7 miliardi di euro per le università nel periodo 2011-2015 e 14,6 miliardi per l’alta tecnologia. Laboratorio della Chiesi Farmaceutici a Parma 5 I dati sono in genere riferiti al 2010-2011. Ne consegue che, con l’aggravarsi della crisi economica, la situazione potrebbe essersi modificata in senso peggiorativo, soprattutto in alcuni Paesi europei. 6 P. Greco, V. Silvestrini, La risorsa infinita, Roma, Editori Riuniti, 2009, p. 27. 56 PARMA economica ECONOMIA E società In Italia l’intero sistema della ricerca è fortemente sottodimensionato. Sulla base degli elementi attualmente disponibili gli investimenti nel settore potrebbero tornare, a fine 2013, ai livelli del 19967. Il settore privato è ben avvertito della necessità di R&S per sostenere il ruolo competitivo del nostro Paese nel contesto mondiale, anche se è assai contenuta la capacità di attrarre finanziamenti nazionali e dall’estero. OccorreLe scelte politiche rebbe saper richiamare capitali in Europa sono esteri in misura ben superiore frammentate. all’attuale 10%. Progetti unitari Le imprese sostengono circa il faticano a realizzarsi 54% degli investimenti complessivi; un ulteriore 3,6% è accreditato alle istituzioni private non profit. Ma due multinazionali svizzere, Roche e Novartis, da sole investono più dell’intero settore privato della ricerca in Italia. L’università riesce ad assicurarsi poco più del 28% degli investimenti. Le istituzioni pubbliche ne ottengono appena il 14%. Nel periodo 2008-2012 gli investimenti in R&S sono aumentati a una media annua pari ad appena lo 0,6% in termini nominali; quindi sono in contrazione a capacità 7 M. Cuccurullo, op. cit., p. 74. Laboratorio della Stazione Sperimentale per l'Industria delle Conserve Alimentari a Parma d’acquisto costante. Un indicatore che si può tener presente è quello costituito dal numero di brevetti registrati ogni miliardo di investimenti in R&S. Qui, finalmente, non sfiguriamo. Di contro a valori pari o lievemente superiori a 300 relativi a Germania e Svizzera il nostro 226 è comunque prossimo alla media dell’Eurozona a 27 paesi, pari a 230. Peraltro siamo superiori alla Francia e al Regno Unito. La ricerca di base si ritaglia un’aliquota nell’ordine del 26%, in lieve crescita nel triennio 2007-2009 e in diminuzione nel 2010. Lo sviluppo sperimentale segnala una contrazione (2007-2010), passando dal 31% al 26% del totale. Cresce l’aliquota destinata alla ricerca applicata, dal 43% al 49%. Le imprese di ridotte dimensioni segnalano ovviamente un apporto assai contenuto di R&S, ciò che ne limita il tasso di innovazione, con negative conseguenze in termini di competitività sui mercati. Le industrie alimentari e delle bevande si assicurano appena l’1,6% di R&S. Alla filiera agroalimentare, inclusi piscicolturapesca-caccia-tabacco, compete il 3% del totale. PARMA economica 57 ECONOMIA E società Borexino, uno studio sui neutrini condotto ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso Gli investimenti in R&S si concentrano in Lombardia e nelle altre regioni del NordOvest, soprattutto Piemonte ed EmiliaRomagna. Il Lazio si assicura il 15% e la Campania il 6%. Nelle altre regioni del Mezzogiorno, pur contraddistinte da non trascurabili potenzialità, il finanziamento di R&S è quasi assente. I cluster di imprese maggiormente orientate all’investimento in R&S si trovano in Emilia-Romagna. A parità di fatturato un’impresa italiana investe in R&S di tasca propria un quinto di quanto non avvenga negli Stati Uniti o in Giappone8. Nelle attività di ricerca sono impegnati 225.600 addetti espressi in unità equivalenti a tempo pieno. Di questi il 50% è ascritto alle imprese private, con 54mila tecnici e oltre 38mila ricercatori. Gli addetti alla ricerca sono in definitiva 3,6 ogni 1.000 occupati, contro una media di 6 nella Ue. Peraltro la bibliometria segnala un’elevata produttività di citazioni per ricercatore. Il programma per giovani ricercatori o «rientro dei cervelli» non è un successo. Soltanto il bando 2009 è giunto a conclusione, per un contratto triennale. I vincitori provengono da New York, Chicago, Baltimora, Montreal, Oxford, Cambridge, Londra, Zurigo, Berlino. Si è diffuso l’allarme per il rischio di un imminente cul de sac accademico. I ricercatori, quindi, si apprestano a emigrare di nuovo, questa volta senza più guardarsi indietro. I ricercatori italiani all’estero sono poco 58 PARMA economica meno di 2.600. I costi di formazione di questi studiosi sono stati sostenuti dal nostro Paese; i benefici della loro attività saranno ora goduti da altri. Ma se il valore della ricerca non è più in primo piano nella nostra società viene inesorabilmente a mancare il sostentamento alla creatività. Vorrei riservare un’attenzione particolare alla ricerca di base, che si origina nella curiosità personale, nel desiderio di accogliere sfide intellettuali, nella capacità di spezzare schemi e modelli, per una utopia. La ricerca spontanea e libera può produrre risultati privi di riscontri pratici o avere sul piano empirico produttività differita. Ma è un caposaldo per lo Il programma per sviluppo della conoscenza. Un esempio illuminante. Agli giovani ricercatori o inizi del 1200 il matematico pi- «rientro dei cervelli» sano Leonardo Fibonacci pro- non è stato un pose la serie che da lui prese il successo nome. Trattasi della successione di numeri interi ciascuno dei quali è somma dei due precedenti; quindi: 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21… Ne esistono attualmente applicazioni in svariati settori. Ad esempio: in musica, nei rapporti tra le «misure» di brani musicali di Debussy, Bartòk, Stravinsky e altri; in botanica, nel calcolo del numero delle foglie lungo lo stesso ramo. I numeri di Fibonacci sono utilizzati per le previsioni sull’andamento dei titoli di borsa seguendo la teoria di Elliott; nell’informatica, 8 P. Greco, S. Termini, Contro il deper particolari algoritmi; nei frattali di clino, Torino, Codice, 2007, p. 64. ECONOMIA E società 9 E. Gagliasso, R. Memoli, M.E. Pontecorvo (a cura di), Scienza e scienziati: colloqui interdisciplinari, Milano, Franco Angeli, 2011. 10 G. Losito, Postfazione: qualità e quantità, in R. Cipriani, G. Losito (a cura di), Dai dati alla teoria sociale, Roma, Anicia, 2008, pp. 199-206. Laboratorio nazionale del Gran Sasso Mandelbrot, in procedure che ricercano soluzioni di problemi concreti ripetendo migliaia di volte una stessa sequenza di istruzioni. L’Italia deve tutelare il proprio sigillo di creatività, fantasia, capacità di creare bellezza anche intellettuale. Occorre quindi dare supporto alla libertà di pensare a ciò che non esiste, forse soltanto per ora, in una prospettiva creativa. Senza ricerca a tutto raggio la creatività avvizzisce. Si è rafforzata la consapevolezza che in una realtà sempre più interconnessa esiste un ampio insieme di conoscenze alle quali alcune specifiche discipline contribuiscono soltanto per una parte9. In Italia, però, non ci si è liberati di un antico pregiudizio tra scienze «quantitative» percepite come «esatte» e scienze sociali. Le prime presumono di possedere una sorta di superiorità intellettuale sulle seconde. Ma anche in queste ultime sussiste un ancestrale atteggiamento di chiusura nei confronti della matematica e aspetti correlati, in quanto incapaci di pervenire a interpretazioni, approfondimenti, in sintesi alla conoscenza. Peraltro sia la ricerca qualitativa che quella quantitativa esigono un riferimento alla realtà empirica. Le due impostazioni sono opportunamente integrabili su basi pragmatiche, consentendo la realizzazione di ricerche quali-quantitative10. Federico Enriquez, notevolissimo matematico che ha operato nella prima metà del Novecento, riteneva che una cultura classica potesse essere utile per l’apprendimento delle matematiche. Ma occorre aver ben presente che il mito dell’uomo rinascimentale è finito. In Italia persiste tuttavia una retorica dell’umanesimo, in presenza di una dicotomia con la cultura scientifica in cui la seconda talora esclude la prima. L’attuale crisi economica, iniziata come crisi finanziaria, si è trasformata in esigenza di modifica profonda del modello di sviluppo occidentale. Questo implica un incessante aumento dei consumi senza mai pervenire a saturazione, in presenza di una sensibile e costante concentrazione di ricchezza. Occorre tener conto della crisi sociale con un’attenzione specifica alle disuguaglianze in quanto fonte di conflittualità e disgre- PARMA economica 59 ECONOMIA E società gazione. Il tutto senza più appoggiarsi all’illusione di cambiamenti graduali. Oggi disponiamo di una nuova versione della teoria dell’evoluzione11 denominata teoria degli equilibri punteggiati (punctuated equilibria), che rifiuta il determinismo gradualistico della concezione darwiniana, per sostituirlo con un processo «a salti». Sussisterebbero dunque periodi di stasi nel panorama delle specie, separati da rapidi mutamenti dovuti all’estinzione di specie vecchie e alla nascita di specie nuove. Nei processi evolutivi gioca inoltre un ruolo essenziale il caso. A questo modello ci si potrebbe ispirare per analisi di carattere sociale ed economico, come avviene per gli algoritmi genetici e le reti neurali. Occorre augurarsi che il tema della ricerca, così come quello dell’istruzione universitaria, salga di qualche gradino nella scala di priorità del governo che è in fase di avvio. In effetti nella campagna elettorale non ve n’era traccia. Peraltro, i dati suffragano una ovvia relazione tra risultati delle economie e ruolo di ricerca-formazione-innovazione. Solo un ampio serbatoio di potenziali addetti alla ricerca può assicurare alla stessa risultati non occasionali. Non si può far leva su eroi solitari, quali Marconi, Edi- 60 PARMA economica 11 N. Eldrege, S.J. Gould, Strutture son, Pasteur, Jacobs. del tempo, Torino, Hopefulmonster, 1991. Le nazioni più acculturate saranno avvantaggiate da tutti i punti di vista, non soltanto nell’ambito del sistema economico. L’Italia non è inserita in questo mainstream. Dobbiamo affermare a gran voce che se è vero che l’istruzione ha un costo, è assai più elevato quello dell’ignoranza. Dalla fonte OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) si ottengono i dati sul numero di laureati in età 25-64 anni standardizzati all’ammonta- Dobbiamo affermare re della popolazione di pari età. a gran voce che se è Su 22 Paesi l’Italia è melanco- vero che l’istruzione nicamente ultima assieme alla ha un costo, è assai Romania. Il rapporto tra il dato più elevato quello tedesco e quello italiano è per noi assai deludente. La situazione dell’ignoranza risulta ancora peggiore qualora si prendano in esame Canada, Giappone e Stati Uniti, tutti con un rapporto superiore a 3:1 rispetto al nostro Paese. Occorre però tener presente che i confronti sono in parte fallaci, perché, ad esempio, negli Stati Uniti si esce dal college già a 15 anni, mentre in Italia un laureato studia vari anni in più. La ricerca è necessaria. Anche per fabbricare belle scarpe: intuizione, buon gusto, Laboratorio Nazionale del Gran Sasso esperienza su basi artigianali non sono ECONOMIA E società sufficienti. Anche nell’agro-alimentare l’innovazione apporta una marcia in più. Persino la gestione del nostro Bel Paese in funzione dell’accoglienza richiede professionalità a tutto raggio e puntelli per suggellarne l’attrattività. Universitas Mercatorum (l’università telematica delle Camere di Commercio itaUniversitas liane) si è fatta interprete di queMercatorum si è sta esigenza. Primi fra tutti gli fatta interprete atenei telematici italiani stiamo di una specifica avviando la laurea in management esigenza di del turismo, con le immatricolazioni subito dopo l’estate. innovazione La nostra cara Italia deve assolutamente ritagliarsi un posto adeguato tra i protagonisti della società della conoscenza, per non pagar pegno nell’economia reale12. Occorre peraltro tener presente che non esistono credibili iniziative supernazionali volte a creare le condizioni per affrontare i grandi rischi che incombono sull’umanità: tra i principali, la futura carenza di acqua Ricercatore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso al lavoro. dolce, l’inquinamento dell’aria, la riduzione della biodiversità. Il suolo coltivabile e l’acqua sono gli elementi più importanti per la sopravvivenza. In definitiva, un sistema economico-sociale che si basi sulla necessità di consumi crescenti senza posa appare chiaramente insensato. Ma un nuovo modello fatica ad affermarsi e appare ancora utopia. Peraltro «utopias are emigrated wishes: science is a way to recover them»13 (le utopie sono desideri emigrati: la scienza è un modo per recuperarli). Ma sarà la forza della realtà ad avviarlo, come principale – se non unico – portato positivo della fine dell’attuale crisi. La scienza non è una sorta di scatola nera o di stabilimento industriale chiuso che sforna «prodotti», bensì è un processo cognitivo e sociale. La biodiversità della scienza è la vita del sapere libero. Ludwig von Mises14 aveva già segnalato che l’essere umano è necessariamente homo agens, che opera per rimuovere una «insoddisfazione» e quindi per risolvere un problema nel quale si sia imbattuto. L’azione è problem oriented. Resta intatta l’attrazione verso il non conosciuto. Il fascino dell’ignoto è il richiamo a una sfida che l’umanità non si stanca mai di affrontare. Quella stessa che impone di conquistare le cime delle montagne più alte, con o senza bombole di ossigeno. Siamo ancora e sempre con Newton, con in mano le poche conchiglie della limitata conoscenza acquisita, di fronte al mare sterminato della conoscenza che non possediamo. Il nostro eroe è Odisseo, con la sua politropia. «L’uomo dai mille percorsi15» dopo innumerevoli avventure, quasi al termine della vita, riprende a navigare. Per l’inesausta necessità del nuovo non ancora scoperto da alcuno. 12 M. Cuccurullo, op. cit. 13 J. Mittelstrass, Science as Utopia 14 L. Von Mises, L’azione umana, Torino, UTET, 1949. 15 Omero, Odissea, a cura di F. Ferrari, Torino, UTET, 2001, p. 77. PARMA economica 61 mercati esteri Cina, un’opportunità per il nostro agroalimentare? Sono sempre più numerose le aziende che guardano all'export per compensare il calo dei consumi interni: e il colosso asiatico è ormai un mercato di sbocco decisivo Francesca Caggiati Pensare alla Cina come un lontano miraggio è quanto mai sbagliato, considerate le possibilità di esportazione che esistono oggi per le imprese anche di piccole e medie dimensioni. Altrettanto sbagliato, però, è pensare che il mercato cinese sia privo di insidie e ricettivo di tutti i prodotti in commercio. Non solo normative e burocrazia possono essere scogli difficili da sormontare, ma anche i gusti della popolazione media cinese in termini di palato e attrazione al packaging sono molto diversi da quelli occidentali. I fattori chiave della ricettività di prodotti alimentari esteri da parte del mercato cinese sono essenzialmente quattro: il costante aumento della popolazione, l’urbanizzazione, l’incremento del reddito pro capite, la propensione agli acquisti e, infine, i cambiamenti 62 PARMA economica nello stile alimentare, sempre più incline ai nuovi prodotti. Se nel 2010 la Cina rappresentava il 35% del prodotto interno lordo statunitense, entro il 2020 (gli ultimi dati Ocse stimano già dal 2016) sorpasserà gli Stati Uniti diventando la prima potenza economica mondiale. Nel 2012 il Pil della Cina è cresciuto del 7,8% secondo i dati diffusi recentemente dall'Ufficio centrale di statistica di Pechino. Il ritmo di crescita rimane sostenuto, ma nettamente inferiore a quello degli anni precedenti, a causa dell’incapacità di colmare appieno il calo delle esportazioni attraverso la domanda interna. La crescita a due cifre dell’ultimo decennio ha incrementato notevolmente i rapporti commerciali tra Italia e Cina, ed ha evi- mercati esteri Figura 2 - Mercati e classi di reddito denziato la necessità delle imprese di prepararsi prima di entrare in questo mercato, non solo con servizi di consulenza appropriati, ma anche attraverso una formazione specifica del management, con nozioni di business etiquette e background culturale, indispensabili se non si vogliono commettere gaffe che possono anche vanificare una trattativa commerciale. Con una popolazione di oltre 1,3 miliardi di abitanti e un’area coltivabile di 122 milioni di ettari, la Cina è il secondo importatore al mondo ed è importatore netto di prodotti agricoli dal 2003. Questo trend continuerà, con una crescita della domanda di generi alimentari più elevata della produzione interna, in quanto la già numerosa popolazione, in continuo aumento e con redditi crescenti, Secondo le ultime richiederà una sempre maggiore stime Ocse, il Pil quantità di prodotti. Alimencinese supererà ti tradizionali della dieta cinese quello Usa come i cereali e i tuberi stanno già nel 2016 lasciando spazio a cibi non tradizionali come la carne e la frutta. I cinesi che vivono nelle città hanno redditi più elevati degli abitanti delle aree rurali e consumano di più, in particolare prodotti freschi, oli e grassi. Acquistano anche beni congelati o surgelati e prodotti deperibili, in quanto dispongono di frigoriferi e congelatori. I lavoratori rurali che migrano verso le città, invece, entrano in contatto con alcuni prodotti specifici delle aree urbane, quali snack confezionati e alimenti processati, che inducono a nuove tipologie di consumo. Il paniere di riferimento si sta modificando velocemente ed è sempre più ricettivo di nuovi prodotti di importazione. I generi alimentari maggiormente rilevanti oggi in Cina sono i seguenti da: • bevande. La categoria è cresciuta rapidamente negli ultimi 30 anni, con un’offerta sempre più ampia che include bevande gassate, tè, acque minerali e, più di recente, bevande a base di frutta. È una tipologia che progressivamente si sta spostando verso prodotti sempre più salutari e nutrienti, con il risultato che la vendita dei succhi al 100% di frutta, i drink a base di frutta, il tè e le acque in bottiglia stanno progressivamente erodendo la quota di mercato delle bevande gassate. Il leader di mercato dei nettari e succhi al 100% di frutta è Huiyuan, ma essendo meno costose sono più diffuse le bevande a base di frutta dei marchi Minute Maid, President e Kanshifu; • carni lavorate. La Cina è il più grande produttore di carne e produce quasi il 30% del fabbisogno mondiale. La produzione è destinata a crescere per il PARMA economica 63 mercati esteri sempre maggiore consumo interno di chi vive nei centri urbani, ma anche per la forte richiesta proveniente dai mercati asiatici, in particolare l’area ASEAN1; • prodotti lattiero-caseari. Il comparto ha avuto un tracollo nel 2008 in seguito allo scandalo del latte confezionato che abbassò la fiducia dei consumatori e pose seriamente il problema della sicurezza alimentare. Ora il settore si sta riprendendo anche grazie all’introduzione di nuovi prodotti sul mercato, come diverse varietà di yogurt che puntano sulla sicurezza e la genuinità del prodotto; • olio da cucina. La richiesta di cibi salubri ha portato significativi cambiamenti nel settore degli oli da cucina, in particolare nella produzione di oli meno grassi e con confezioni più piccole. I marchi Jinlongyu, Fulinmen e Luhua detengono l’80% del mercato e il leader Jinlongyu ha lanciato nel 2010 il suo olio di pesce con proprietà che favoriscono il sistema cardiovascolare; • birra. Il consumo di birra negli ultimi 20 anni è cresciuto rapidamente e la modernizzazione degli impianti cinesi ha portato all’espansione del comparto e a un’accesa competizione. Sebbene il mercato cinese sia per consumo complessivo il primo al mondo, la quota pro capite è stata finora relativamente contenuta a causa dei bassi livelli di reddito. Con il recente aumento dei salari e della disponibilità di spesa il settore è in forte crescita e la qualità del prodotto in termini organolettici sta diventando sempre più una discriminante negli acquisti. I maggiori brand nazionali sono Tsingtao, presente anche in 64 PARMA economica Italia, Yanjing Beer e Snow; • vino Il mercato enologico cinese continua a crescere molto velocemente e il consumo di vino pregiato rientra negli status symbol delle classi più abbienti. Forte l’importazione di vini francesi e italiani di alta gamma, ma anche i due leader di mercato ChangYu e Great Wall hanno creato una loro linea di vini di lusso che stanno iniziando ad esportare. Entro il 2014 la Cina diventerà il sesto paese al mondo per consumo di vino. La Cina è un paese politicamente stabile che si estende su un Il governo cinese territorio molto vasto con climi sta incoraggiando i e abitudini alimentari assai di- consumi interni, per verse tra loro. Basti pensare che bilanciare il minore a Nord confina con la Siberia e export dovuto alla a Sud con paesi come Vietnam crisi economica e Laos. Inoltre esiste una grande disparità di reddito tra le province, e le aree con introiti più elevati sono le più propense ad acquistare prodotti di importazione. Il numero di cinesi milionari poi è passato da poche decine all’inizio degli anni Duemila a oltre un migliaio di oggi, di cui quasi il 10% sono trentenni che hanno costruito la propria fortuna in pochi anni. Anche grazie al fatto che il governo cinese sta incoraggiando i consumi interni, per bilanciare il minore export dovuto alla crisi economica in atto soprattutto in Europa, le vendite al dettaglio sono in crescita del 10-12% e rappresentano complessivamente il 36% del prodotto interno lordo. Con questo incremento di domanda inter1 L’area Asean è composta da na per le nostre imprese l’ingresso in Cina Myanmar (ex Birmania), Thailandia, Laos, Vietnam, Cambogia, Indoneè diventato un obiettivo assai allettante, in sia, Malaysia, Brunei, Singapore e Filippine. particolare su alcuni segmenti della popo- mercati esteri Pechino. lazione. La società Ogilvy & Mather Advertising ha delineato i profili dei nuovi consumatori individuando i tre segmenti più interessanti: i giovani, la classe media e le donne, a cui si aggiungono i “prosumers”, giovani molto attivi sul web che Le aziende italiane riescono a influenzare le scelte devono avere un di acquisto della loro cerchia di prodotto idoneo o amicizie. Con una comunicazioadattato ne mirata si riescono a ottenere al mercato cinese ottimi risultati in termini di fidelizzazione del cliente, notorietà del marchio e qualità percepita. Non bisogna però tralasciare, né sottovalutare, i rischi e le difficoltà che si incontrano in questo Paese (si veda in particolare il riquadro Le difficoltà dell’export italiano). In primis le aziende che vogliono operare in Cina devono avere un prodotto idoneo o adattato al mercato cinese. Ad esempio, un’azienda italiana di prodotti da forno come i biscotti può pensare di produrre una variante allo zenzero o al ginseng studiata appositamente per i mercati asiatici, con un packaging ad hoc, quest’ultimo fattore potenzialmente in grado di incidere sulle vendite per un buon 50%. Per testare sul campo i prodotti italiani che si vogliono esportare non è necessario andare in Cina. Le comunità cinesi a Milano o nel distretto di Prato possono essere il set di un market test per capire se un prodotto made in Italy incontra il gusto cinese, prima di cimentarsi in costosi progetti di export che possono non portare ai risultati sperati. Predisporre un sito in cinese diventa poi un veicolo di comunicazione privilegiato e avere un dipendente cinese in Italia facilita i rapporti con buyer e distributori in Cina. Uno strumento utile e poco oneroso è rap- presentato anche dai progetti di cooperazione, vere e proprie partnership di lungo termine - di cui la Fondazione Italia Cina è promotrice - per lo scambio di personale e periodi di apprendimento tra aziende italiane gemellate con altrettante aziende cinesi. Sono interessanti anche i progetti di incoming per studenti e turisti in quanto potenziali “ambasciatori” dei nostri prodotti in Cina. Disporre già dal primo incontro di biglietti da visita in italiano o inglese da un lato e in cinese sul retro viene molto apprezzato e ben dispone l’interlocutore. Inoltre è opportuno invitare l’importatore/distributore con cui si vuole iniziare un rapporto commerciale a visitare la propria azienda in Italia. Avvalersi di consulenti esperti è comunque fondamentale: in Cina non esiste un sistema camerale, non c’è l’obbligo di presentazione dei bilanci o di fatturazione, quindi è necessario affidarsi a un istituto di credito presente e radicato sul territorio per avere un report finanziario sul potenziale buyer. Inoltre un recente accordo tra l’ICE e China Merchant Bank facilita le imprese italiane nell’accesso al credito da utilizzare per investimenti in Cina, ad esempio per aprire un ufficio, che mediamente costa 150mila dollari all’anno. Una leva di marketing strategico indispensabile rimane la distribuzione, senza la quale un prodotto non viene commercializzato e a cui devono necessariamente affiancarsi strategie di ingresso e promozione mirate a far conoscere le nuove referenze nei punti vendita, incentivandone l’acquisto finale. Perché ciò che conta non è il sell in, ossia la presenza del prodotto nei punti vendita, ma il sell out, cioè l’ac- PARMA economica 65 mercati esteri Figura 3 - Rete distributiva Goodwell China quisizione finale da parte del consumatore. Se nel 2005 per raggiungere l’80% della classe media era sufficiente essere presenti nelle 60 città più importanti, oggi bisogna essere supportati da una rete distributiva in oltre 150 città, che nel 2020 supereranno quota 200. Sinodis2 è uno dei principali distributori nel settore retail e e-commerce di prodotti alimentari, presente in oltre 100 città e con una penetrazione di mercato del 90%. In media approva due nuove referenze ogni 300 richieste di acquisto e non accetta quantità minime. La shelf life dei prodotti, che deve essere di almeno 9-12 mesi, e la supply chain sono i principali punti critici. Negli ultimi anni il numero di container dalla Cina verso l’Italia è diminuito con il conseguente aumento dei costi e dei tempi di consegna. Per ovviare a questi problemi il prodotto è importato per via aerea, come nel caso del mascarpone, oppure congelato, soluzione utilizzata ad esempio da Ferrero. Inoltre anche packaging e labelling rappresentano una questione da non sottovalutare: Hong Kong e Taiwan hanno una legislazione differente da quella cinese e quindi sono necessarie due confezioni diverse per essere presenti su entrambi i mercati. Per registrare poi un marchio in Cina, una volta tradotta e presentata la relativa domanda, sono necessari dai due ai 66 PARMA economica tre anni. In aggiunta è indispensabile poter contare su una persona di fiducia in loco, che controlla l’operato dell’importatore e dei punti vendita, e verificare la corretta esecuzione dell’accordo commerciale, che dovrebbe contenere fin da subito gli aspetti relativi al marketing e alla comunicazione da attuare sul posto. Bisogna considerare che per registrare un marchio in Cina passano dai due ai tre anni Un corner promozionale di Lotus in un punto vendita della catena Goodwell China. 2 www.sinodis.com.cn/en mercati esteri Figura 8 - Export area ASEAN e Cina 2010 e 2011 3 www.goodwellchina.com 4 www.ecoglobalgroup.asia Goodwell China3, società attiva dal 1993 e presente in sei settori per un totale di 100 marche trattate di cui segue l’intera supply chain, serve 3.950 outlet e dispone di 350 concessionari nelle città secondarie (fig. 3). Fanno parte del suo network di vendita realtà come Carrefour, Auchan, Tesco e Metro nella categoria supermercati e ipermercati, i punti vendita City Super, Olè, Sogo e Jusco e i convenience store Eleven, Lawson e Family Mart, solo per citarne alcuni. Inoltre rifornisce catene alberghiere come Hilton, Marriot e Shangri–La. Attenta a tutti i fattori di marketing con un approccio integrato, si occupa anche della partecipazione a fiere, promozioni nel punto vendita (fig. 4), distribuzione di campioni omaggio, social media e sponsorizzazioni. Tra le marche italiane trattate: Bauli, Citterio, De Cecco e San Benedetto. CWS, sussidiaria di un gruppo francese4 presente in Cina dal 2006 con propri uf- fici a Shanghai e Beijing, importa vini e liquori occupandosi della rietichettatura delle bottiglie in loco e della vendita nel canale Ho.Re.Ca. (hotel, ristoranti e bar), anche attraverso concessionari. L’Italia è al quarto posto per venduto nel settore wine&spirit dopo Francia, Australia e Spagna, con oltre 2 milioni di dollari di fatturato e previsioni di vendita in aumento, tanto che la CWS è alla ricerca di nuove referenze da inserire nel suo portfolio prodotti (fig. 5). Metro Cash & Carry China importa direttamente i prodotti alimentari destinati ai canali Ho.Re.Ca., trade (piccoli rivenditori e dettaglianti) e SCO (aziende e uffici). Metro è leader internazionale nella vendita all’ingrosso self service B2B ed è presente in Cina da oltre 10 anni con 54 punti vendita dislocati in 39 città. Ha un assortimento composto da 25mila referenze con differenti formati e adotta un sistema di La sezione degli oli in un punto vendita Carrefour in Cina. PARMA economica 67 mercati esteri Figura 6 - Importazione di generi alimentari da parte di Metro China Fonte Metro Group tracciabilità dei prodotti completo, dalla produzione al punto vendita. Per la filiale cinese l’Italia è il terzo fornitore di generi alimentari e i prodotti maggiormente importati sono vino, olio, caffè, cioccolato e pasta. Tra i marchi trattati: Berio, Lavazza, Mutti, Paluani e Saclà (fig. 6). Per promuovere e incentivare la vendita dei prodotti italiani Metro organizza insieme alle aziende fornitrici training per i propri dipendenti, degustazioni e dimostrazioni per i clienti su come utilizzare e cucinare gli alimenti, e riserva una settimana all’Italia durante il Food Festival dei prodotti importati che organizza nei punti vendita5. Un’indagine sul mercato asiatico6 corredata da un focus sull’export italiano condotta da Fiere di Parma evidenzia un vero boom dei prodotti da forno e farinacei, con un 5 www.metro.com.cn 6 Fiere di Parma è stata presente al Thaifex, la fiera alimentare di riferimento per il bacino asiatico, a Bangkok dal 22 al 26 maggio 2013, in cui CIBUS e Anuga hanno organizzato una collettiva di aziende italiane. Figura 7 - Export prodotti alimentari italiani verso la Cina I semestre 2012 su 2011 68 PARMA economica mercati esteri Figura 8 - Export area ASEAN e Cina 2010 e 2011 incremento nel primo trimestre del 2012 di oltre l’82% rispetto al primo trimestre del 2011 e un considerevole incremento anche per frutta e ortaggi lavorati e conservati, solo i prodotti delle industrie lattiero-casearie sembrano segnare il passo con un decremento di mezzo punto (fig.7). L’export italiano di alimenti è un settore in continua crescita, anticiclico, che ha raggiunto e superato il settore della meccanica, ma ancora molto si può fare considerato che in Italia susDi cruciale sistono alcune malattie che penaimportanza è la lizzano l’esportazione di prodotti possibilità, ad oggi animali e che i rapporti con le remota, di ottenere i istituzioni cinesi non sono fluitesti delle norme in di come auspicherebbe7 il nostro Ministero della Salute . lingua inglese Esistono regole sanitarie mondiali nel commercio degli alimenti; e con l’adesione all’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto)8, gli Stati membri9 accettano il principio generale di non frapporre barriere alla libera circolazione delle merci, fatte salve misure di ordine 7 www.salute.gov.it sanitario e fitosanitario. Le limitazioni del 8 World Trade Organization (WTO), www.wto.org commercio devono essere adeguatamente 9 La Cina è membro del WTO dall’11 legittimate, non discriminatorie, e comunidicembre 2001. 10 Tutti gli accordi/certificati sanitari cate agli altri Paesi aderenti al Wto. tra l’Italia e un Paese terzo sono diPur essendoci la possibilità di instaurare sponibili sul sito del Ministero della Salute nell’area tematica veterinaria rapporti di esportazione con un Paese terinternazionale. zo sulla base di soli accordi commerciali tra imprese - almeno con quei Paesi che non chiedono espressamente un coinvolgimento della nostra autorità centrale e di quelle territoriali - la definizione di un accordo ufficiale tra autorità competenti è sempre auspicabile10. Esiste una differenza sostanziale nel commercio mondiale tra prodotti di origine animale o composti e prodotti di origine vegetale, considerati a minor rischio dal Paese importatore e quindi spesso non soggetti ad accordi o certificati sanitari. Le autorità cinesi autorizzano gli stabilimenti di prodotti a base di carne, seme bovino, ecc., solo previa visita ispettiva da parte degli esperti cinesi. Unica eccezione, per ora, i prodotti lattiero caseari, settore dove sono autorizzati tutti gli stabilimenti riconosciuti idonei agli scambi intracomunitari. La visita ispettiva preventiva comporta difficoltà organizzative rese più acute, oltre che dalla distanza fra i due Paesi, da una “riferita” carenza di personale cinese coinvolto in questa peculiare attività. L’Italia sta aspettando da ormai sei anni una seconda visita ispettiva da parte delle autorità cinesi al fine di aumentare l’attuale limitato numero di impianti abilitati all’export di prodotti a base di carne suina PARMA economica 69 mercati esteri sottoposta a trattamento termico. La negoziazione procede con estrema lentezza e per ogni protocollo e/o certificato concordato le autorità cinesi richiedono la compilazione di corposi questionari finalizzati ad avere informazioni estremamente dettagliate sul nostro sistema: organizzazione, situazione epidemiologica, controllo ed eradicazione delle malattie animali, piano residui, alimentazione animale, utilizzo di farmaci veterinari, igiene durante le fasi della macellazione degli animali e successive lavorazioni delle carni da essi ottenute. La facoltà di richiedere informazioni (i cosiddetti questionari) è legittima, ma una volta abilitato il sistema le successive trattative per altri prodotti dovrebbero essere in qualche modo semplificate. Un ostacolo oggettivo è l’estrema difficoltà a reperire, anche attraverso le vie ufficiali, il testo dei provvedimenti cinesi in lingua inglese e questo è un punto di cruciale importanza. La confusione su alcune specifiche questioni, ad esempio i prodotti composti, potrebbe essere superata con la sola conoscenza dei requisiti. La maggior parte dei certificati concordati prevede attestazioni che garantiscano la conformità dei prodotti a normativa cinese: ad esempio, per i prodotti a base di carne suina stagionati bisogna attestare il mancato superamento dei livelli di farmaci, metalli pesanti fissati fra l’Unione Europea e la Cina o l’assenza di contaminazione come da norme italiane e cinesi. L’Italia rispetta quanto previsto dalla legislazione comunitaria in materia di residui e criteri microbiologici e in base al pacchetto igiene assicura che i prodotti esportati siano sottoposti agli stessi controlli 70 PARMA economica Punto vendita Olä sezione previsti in area UE, ma non è in possesso Salumi a libero servizio e di informazioni ufficiali su quanto previsto servito - La sezione salumi, a libero servizio e servito, dalla Cina. Ad esempio, l’Italia non può in un punto vendita Ola esportare prodotti avicoli in quanto concinese. siderata infetta da influenza aviaria ad alta patogenicità, nonostante dal 2006 non si siano più verificati focolai nel nostro Paese. Risulta esclusa la possibilità addirittura di esportare prodotti avicoli sottoposti a trattamenti termici in grado di distruggere il virus eventualmente presente. Un esempio per tutti, il divieto di utilizzare il lisozoma come conservante e quindi l’impossibilità di esportare prodotti come il Grana Padano. Risulta inoltre impossibile esportare in Cina prodotti suini diversi da quelli sottoposti a trattamenti quali la stagionatura di almeno 313 giorni (solo quattro macelli e 36 prosciuttifici, tutti a filiera completa, sono accreditati) o la cottura a 70 °C per mezz’ora. Sono escluse sia le carni suine fresche, sia altri prodotti a base di carne suina diversi da quelli menzionati. Quanto sopra per la presenza della peste suina africana in Sardegna e della malattia vescicolare del suino in Calabria e Campania: anche in Molto restrittiva la tal caso l’orientamento cinese non normativa cinese tiene conto delle indicazioni della sugli alimenti: World Organization for Animal è prevista una Health (Oie) in tema di regiona- serie complessa lizzazione. Inoltre risulta imposdi attestazioni di sibile esportare riso prodotto in conformità Italia per ragioni non chiare. Un ulteriore ostacolo all’esportazione in Cina è dato da eccessivi oneri burocratici delle procedure attuate da AQSIQ/CNCA, la General Administration of Quality Supervision, Inspection and Quarantine e la Certification and Accreditation Administration. Nonostante l’importanza del mercato cinese per il nostro export alimentare, è imprescindibile un maggiore coordinamento tra iniziative pubbliche e private, affinché venga recepito a tutti i livelli il concetto che gli alimenti italiani sono al massimo livello di sicurezza sanitaria. Allo stesso modo è necessario spingere le autorità cinesi verso un adeguamento agli standard sanitari internazionalmente riconosciuti per stilare un accordo di cooperazione economica Italia-Cina con una commissione mista che si riunisce annualmente per affrontare le questioni economiche bilaterali11. mercati esteri Shanghai. La Cina è un mercato di sbocco di sicuro interesse per le imprese agroalimentari italiane, ma non è privo di “pericoli” per le aziende che intendono operare in un Paese così lontano, non solo dal punto di vista geografico, e in cui prima di conseguire un ritorno economico è necessario sostenere costi iniziali anche ingenti. Per fortuna non esiste una sola formula per entrare nel mercato cinese, ma tante possibilità di inserimento che passano dalle joint venture, ai piccoli corner nei punti vendita. Ogni azienda deve studiare la soluzione migliore in base alle proprie risorse economiche, umane, merceologiche e produttive, tenendo conto che ci possono volere anche anni prima che il proprio prodotto possa essere commercializzato. Per chi oggi deve iniziare da zero a trovarsi uno spazio nel Paese più popoloso del mondo la scelta deve essere ancora più ponderata. Esistono mercati emergenti e altamente appetibili dal punto di vista dello sviluppo e della capacità di acquisto dei nostri prodotti per chi vuole cominciare a esportare in nuovi mercati esteri (fig. 8). I dati parlano chiaro: Thailandia, Indonesia, ex Birmania, Brunei, Malaysia, Singapo- re e Filippine, la cosiddetta area ASEAN, rappresentano oggi il futuro del nostro export. Webgrafia www.ice.it www.wto.org www.oecd.org www.salute.gov.it www.italychina.org www.agichina24.it www.cameraitachina.com www.sviluppoeconomico.gov.it Le difficoltà dell’export italiano 11 Fonte: intervento di Piergiuseppe Facelli, direttore ufficio rapporti internazionali del Ministero della Salute durante il China Business Incubator presso Fiere di Parma, 11 e 12 luglio 2012. • Difficoltà nell’individuare partner appropriati e affidabili • Insufficienza dei canali distributivi • Burocrazia e ottenimento licenze: procedure amministrative onerose e incerte, certificazioni complesse • Regolamentazione poco chiara: sistema di autorizzazioni frammentario e stratificato • Violazione dei diritti di proprietà intellettuale • Differenze linguistiche e culturali • Scarsa conoscenza del sistema cinese da parte delle imprese italiane • Protezionismo: barriere tariffarie e non-tariffarie, restrizioni sanitarie, divieti assoluti • Distanza geografica: problemi legati al trasporto e alla consegna • Corruzione • Vincoli/limiti nella gestione delle risorse umane e manageriali • Legame della popolazione con le proprie tradizioni gastronomiche Fonte: Fondazione Italia Cina - CeSIF PARMA economica 71 mercati esteri «Un mercato potenzialmente infinito» Intervista all’export manager di Agugiaro&Figna, una delle imprese parmensi che da alcuni anni ha cominciato a investire nell’export verso il gigante asiatico A cura di Andrea Della Valentina Il gruppo Agugiaro&Figna è una delle aziende storiche della provincia di Parma. Attivo nel settore molitorio dal lontano 1860, rappresenta oggi un punto di riferimento nel panorama italiano ed europeo per farine e semilavorati per la panificazione, la pasticceria, la pizzeria e la pasta fresca. Difficilmente lo sviluppo impetuoso del mercato cinese avrebbe potuto passare inosservato agli occhi una società ormai diversificata e attenta all’export. Negli ultimi anni, infatti, la Agugiaro&Figna ha potenziato la propria presenza in Cina. I numeri sono «ancora piccoli ma incoraggianti» e la prospettiva è quella di un investimento di lungo periodo. Ne abbiamo parlato con l’export manager, Riccardo Agugiaro. Quando avete deciso di guardare al mercato cinese e perché? Siamo stati per la prima volta in Cina nel 2005 partecipando a una fiera di settore come semplici visitatori. Volevamo capire quali erano le aziende che esportavano lì e in particolare quali le europee, scoprendo che c’erano soprattutto multinazionali. Abbiamo quindi deciso che poteva essere interessante partecipare a fiere di settore e nel 2008 abbiamo iniziato, questa volta come espositori, continuando per tre anni, finché abbiamo trovato un importatore in loco. È un mercato immenso e in grande crescita, e anche una sua minima quota sarebbe per noi interessante. Inoltre, pur essendo il settore alimentare molto orientato alla produzione interna - i cinesi mangiano riso, fondamentalmente - abbiamo notato dei cambiamenti negli usi. Molte catene occidentali stavano cominciando a investire non solo nella moda ma anche in ristoranti di lusso e in catene commerciali. E la pizza iniziava ad avere un certo sviluppo, in modo diverso dall’Italia perché si tratLo stabilimento dei Molini Figna. 72 PARMA economica mercati esteri tori cinesi. Inoltre la taglia che vendiamo là è il pacco di farina da 1 kg, contro il sacco da 25 kg usato nelle pizzerie europee, perché in Cina resta l’abitudine di andare al supermercato e comprare la farina europea al pacchetto. Qual è il vostro target? All’inizio l’obiettivo era vendere agli europei espatriati che vivevano in Cina, abituati a mangiare in alberghi o ristoranti occidentali. Ma a rimorchio sta nascendo un mercato prettamente cinese, di persone che copiano le nostre abitudini. È a loro che guardiamo come consumatori finali. Per ora, comunque, vendiamo a pizzerie e supermercati. Lavoriamo principalmente a Pechino e Shanghai, perché qui c’è la maggiore concentrazione di ristoranti e alberghi. Come avete organizzato la distribuzione? Abbiamo appunto trovato un partner locale che lavora come main importer. È una persona di origini italiane, sposato con una cittadina cinese, che ha fatto da trait d’union tra noi e il mercato locale. Per noi distribuisce in esclusiva. Inoltre si occupa di alcune iniziative di marketing. Riccardo Agugiaro. tava soprattutto di catene internazionali come Pizza Hut o Domino, ma per nostra esperienza quando queste catene partono nel giro di una decina d’anni prende piede, a ruota, anche il settore artigianale. Ecco perché abbiamo ritenuto che essere i primi in questo campo avrebbe potuto darci un certo vantaggio competitivo. Con che prodotti o marchi siete sbarcati? Li avete mantenuti uguali al mercato italiano o avete introdotto delle modifiche? Siamo in Cina col marchio 5 Stagioni, il nostro brand specifico di prodotti per la pizza. Ad essi abbiamo affiancato dei prodotti per panificazione e pasta fresca a uso casalingo: originariamente non avevano il marchio 5 Stagioni, ma ci serviva uscire con un brand unico, pensavamo che sarebbe stato più efficace. I prodotti sono uguali a quelli italiani ma abbiamo dovuto fare delle modifiche di packaging. Il primo anno solo l’etichetta era diversa, poi abbiamo creato un packaging apposito, che andasse incontro alle esigenze, anche linguistiche, dei consuma- Di quali iniziative si tratta? Nella fiera di settore che quest’anno abbiamo fatto insieme a Shanghai, abbiamo ideato un concorso sulla pizza: le pizzerie locali mandavano i loro pizzaioli a gareggiare e il primo classificato vinceva un viaggio in Italia, pagato da noi, per partecipare ai campionati mondiali di Parma (15-17 aprile 2013, ndr). Ma soprattutto con lui stiamo avviando una scuola per formare pizzaioli, che sarà pronta a giugno 2013 in una struttura molto bella. Faremo anche un piccolo evento inaugurale con l’istituto di cultura all’ambasciata d’Italia a Pechino. L’obiettivo è fare in modo che i pizzaioli mandati dalle catene di pizzerie a formarsi da noi tornino in azienda continuando a utilizzare la nostra farina che, essendo un prodotto italiano, è di qualità superiore a quello della concorrenza. Per fare questo non abbiamo delocalizzato: dal punto di vista organizzativo abbiamo solo dei tecnici che periodicamente partono dall’Italia e vanno là per dare assistenza al nostro main importer, soprattutto in vista della nascita della scuola, che una volta a PARMA economica 73 mercati esteri regime formerà persone in loco capaci di tenere regolarmente questi corsi. È chiaramente un investimento di lungo periodo, sia perché pensiamo che i margini di crescita nel mercato cinese siano potenzialmente infiniti, sia perché si tratta di uno sforzo culturale: ecco il motivo per cui puntiamo sulle scuole. Quali sono le principali difficoltà che avete incontrato? Inizialmente, quando partecipavamo solo alle fiere, tornavo in Italia con un elenco di centinaia di potenziali contatti, ci lavoravo sopra per mesi, ma sostanzialmente non vedevo risultati. Operare a distanza sembrava impossibile. Inoltre i cinesi restano molto legati alle loro abitudini alimentari, in qualsiasi parte del mondo, e avere successo coi nostri cibi non è facile. Ovviamente abbiamo avuto anche difficoltà culturali e linguistiche. Ma soprattutto c’è stato un problema con la registrazione del nostro marchio: abbiamo avviato la trafila solo al terzo anno di presenza alle 74 PARMA economica fiere, però nel frattempo qualcuno che lo aveva notato ci aveva già anticipato, registrandolo al nostro posto. Per fortuna ora, spendendo una piccola cifra, siamo riusciti a riottenerne la paternità. Anche lo sdoganamento dei prodotti è stato complesso. Si può rimanere fermi in dogana fino a tre mesi, se non si conoscono le procedure giuste - come la compilazione delle schede tecniche - che infine grazie al nostro partner siamo riusciti a sbloccare. Potete fare un bilancio costi/benefici o è troppo presto? Per il momento ci limitiamo a dire che i ricavi stanno ripagando gli investimenti fatti. Quali sono le prospettive future? Una crescita lenta ma possibilmente infinita. I volumi sono piccoli ma soddisfacenti e il successo delle catene alberghiere e di ristoranti occidentali fanno pensare, a cascata, anche a nostri importanti progressi. Per ora restiamo con questi prodotti, ma non escludiamo in futuro di estendere la gamma. mercati esteri Le sorelle d’Europa: Italia e Spagna camminano verso uno stesso orizzonte? Molti aspetti ci fanno sentire simili alla Spagna. Da un passato difficile a un presente segnato dalla sfiducia dei mercati. Ma quanto conosciamo i nostri "vicini"? Elena Olloqui Palacio Sviluppo storico della Spagna: facendo passi da gigante dal 1978 e come si è arrivati fin qui Quando si tratta della Spagna è consigliabile fare previamente un breve riferimento alla sua storia più recente. Mentre i paesi europei si sono rialzati economicamente dopo i disastri provocati dalla seconda guerra mondiale, in Spagna si è verificato un ritardo, date le politiche autocratiche del regime dittatoriale franchista. Nel 1975, anno in cui morì Francisco Franco, si avviò il processo di transizione verso la democrazia che è stato lodato come un esempio di cambiamento in pace, con la collaborazione di tutti e attraverso dei meccanismi popolari di consenso, culminato nel 1978 con la ratifica della Costituzione spagnola attuale. Da questo momento non tutto è stato semplice per il nuovo sistema politico spagnolo, guidato da Adolfo Suàrez e dal suo partito Unione di Centro Democratico (UCD). L’ostacolo più grande alla democrazia spagnola si è verificato già nel 1981, quando il 23 febbraio al Congresso dei deputati non si sono presentati soltanto i politici del Congresso e del Senato (si votava l’investitura del successore di Suàrez, Leopoldo Calvo-Sotelo) ma anche Fernando Tejero, tenente colonnello della Guardia Civil (un corpo di polizia militare spagno- Basilica Pilar, Saragozza. PARMA economica 75 mercati esteri la) e diversi membri delle Forze Armate, che presero il Congresso con le armi. Si trattò di un assalto che durò 17 ore, le più lunghe della democrazia spagnola1. Un tentativo di colpo di Stato che vari componenti delle forze militari attuarono per riconquistare un potere e una centralità nel sistema statale che avevano prima con Franco, e che in seguito si era ridotto. Una volta sconfitto definitivamente il fantasma della dittatura, in Spagna si è sviluppato un tacito bipartitismo: la torta si divide tra Partito Socialista (PSOE) e Partito Popolare (PP). Dal 1982 al 1996 Felipe Gonzàlez, leader del PSOE, ha governato la Spagna, il periodo più lungo di governo nella neo-consacrata democrazia spagnola. Poi la situazione politica si è ribaltata, lasciando il governo a Josè Marìa Aznar, leader del PP, che dal ‘96 al 2004, ha occupato la carica di capo dell’esecutivo. Sono stati diversi e trasversali gli scandali e i casi di corruzione che hanno coinvolto entrambi i partiti, dal PSOE (caso GAL2, caso Juan Guerra3 e caso Filesa4) al PP (azione Prestige5, guerra di Iraq6, e 11-M7). Tuttavia, la Spagna ha fatto registrare nel corso degli ultimi anni del '900 una crescita economica molto spinta, nel tentativo di raggiungere il livello delle potenze economiche europee. Anche l’entrata nell’Unione Europea ha fatto sì che la Spagna sviluppasse il proprio sistema agro-alimentare, grazie in parte agli aiuti beneficiasi della PAC (Politica Agraria Comunitaria)8. Per scoprire le origini della crisi economica in Spagna bisogna parlare della liberalizzazione economica portata avanti dall’allora presidente Aznar, soprattutto con sua legge urbanistica del ‘98, insieme alla riforma del lavoro del 20029. La rivalutazione del territorio edificabile da parte delle amministrazioni locali diede luogo non solo a casi di corruzione e arricchimento personale con mezzi pubblici, ma anche a un aumento delle abitazioni costruite e a un’economia nazionale basata in grande percentuale sull’edilizia - nel 2007 arriva fino al 17,9% del Pil, secondo dati dell’Istituto Spagnolo di Statistica (Ine). Dal 2004 al 2011 il governo Zapatero ha varato diverse leggi per la tutela dei diritti sociali e civili: tra le più note, il matrimonio omosessuale. In campo economico, il presidente dell’esecutivo esaltava nelle varie conferenze stampa la “grande crescita del paese negli ultimi anni”, vantando in aggiunta “il sistema finanziario nazionale più solido al mondo”10, successi che poi risulteranno effimeri. L’aumento del Pil è stato in gran parte conseguente all’attività edile (che nel 2010 arrivava a rappresentare il 10,9% del Pil11), raggiungendo nel 2006-08 traguardi impensabili come la costruzione di un numero di abitazioni maggiore di quello edificato nello stesso periodo in Italia, Germania, Francia e Regno Unito messi insieme. Questi dati indicavano la crescita di una grossa bolla immobiliare, che comportava anche un aumento costante dei prezzi delle abitazioni (che nel 2007 arriva a una media di 2.905 euro a metro quadro, un aumento di più del doppio nel giro di 10 anni12). Gli aumenti nel prezzo della casa non si accompagnavano, però, a un aumento nel potere di acquisto dei cittadini. Questi ultimi, davanti alla necessità di trovare un’abitazione, si indirizzarono presso gli istituti di credito e i mutui si fecero sempre più diffusi. La logica finanziaria vole- Tab. 1 - Prezzo medio delle abitazioni (anno 2007, valori in euro/mq) 1 www.elpais.com/especial/23-f/30aniversario 2 GAL: Gruppo Antiterrorista di Liberazione, organizzazione terroristica di Stato creata per combattere il terroristi di ETA. Tra il 1983 e il 1987 i GAL sono responsabili di 23 assassinii, compresi anche vittime della società civile. Nel 1987 la notizia delle implicazioni politiche nei GAL arriva ai giornali, e testate come El Mundo indagano sui legami tra il governo socialista e i GAL. 3 Felipe Gonzàlez nomina come vicepresidente del Governo Alfonso Guerra, accusato di favorire direttamente il fratello, Juan Guerra, allora disoccupato. In concreto, Juan viene scelto per lavorare in un ufficio della delegazione del governo dell’Andalusia come assistente di suo fratello. Lo scandalo arriva ai media quando l’ex moglie di Juan, dopo essere stata aggredita dall’ex marito, distribuì i documenti che provavano il coinvolgimento di Juan e Alfonso. Lo scandalo fece dimettere dalla carica di vicepresidente del Governo Alfonso Guerra. 4 Caso di corruzione derivato dalla creazione di una serie di aziende fittizie (Filesa, Malesa e Time-Export) il cui fine era il finanziamento illegale del PSOE per fare fronte alle spese della campagna elettorale del 1989. L’indagine giudiziaria comincia nel 1995 e la sentenza arriva due anni dopo, ed è in questo periodo che lo scandalo raggiunge l’opinione pubblica. 5 Il governo Aznar gestì malamente la situazione ambientale più catastrofica che la Spagna abbia dovuto affrontare negli ultimi anni. Si tratta del caso della petroliera Prestige, che nel novembre 2002 a 50 km al largo della costa della Galizia riportò un guasto, ma venne allontanata e pochi giorni dopo affondò a 250 km della costa, inabissandosi a più di 3.500 metri di profondità. La conseguente fuoriuscita di petrolio fu così molto meno raggiungibile e gestibile. Migliaia di volontari aiutarono nella pulizia delle spiagge, che non hanno un valore meramente ambientale ma anche economico vista la grande importanza della zona nella pesca e nella raccolta di frutti di mare. 6 Nel 2003 il governo spagnolo decide di appoggiare il presidente statunitense Gorge W. Bush nella campagna per invadere l’Iraq, in contrasto con le manifestazioni dei cittadini, ed in special modo del settore degli artisti, cineasti e personalità dello spettacolo, raggruppatesi sotto il moto “No a la guerra”. Il dissenso popolare contro la partecipazione spagnola nella guerra non trovò uno sfogo fino a quando, nel 2004 e come parte del proprio programma elettorale, Zapatero ritirò le truppe dal paese mediorientale. 7 La mattina dell'11 di Marzo del 2004 si rivelò tragica per il popolo spagnolo e in particolare per il suo centro territoriale e politico, Madrid. Verso le 7:30 sopravvennero gli attentati terroristici più gravi della storia del Paese: una serie di bombe esplosero in quattro treni di pendolari, di cui una di questi nelle vicinanze della stazione principale, Atocha. Il risultato fu drammatico: 192 morti e più di 1.400 feriti. Purtroppo la reazione politica, soprattutto dei membri del governo, in quei giorni impegnati in campagna elettorale, si rivelò nefasta. Mentre l’attentato era rivendicato a livello internazionale come un atto di terrorismo islamico, l’esecutivo di Aznar insisteva con forza su fantomatici indizi che collegavano l’attacco a ETA. Il sentimento degli spagnoli, consapevoli di essere stati ingannati, penalizzò il governo il 15 marzo, solo 4 giorni dopo, nelle elezioni che diedero la vittoria al leader dell’opposizione Zapatero. 8 www.maec.es/es/MenuPpal/Espanay UE/Politicascomunitarias/Paginas/Polticas%20Comunitarias%2015.aspx#sec5 76 PARMA economica mercati esteri Barcellona, Parque Guell. va che, qualora il debitore non La Spagna (46,1 potesse più pagare il mutuo, la banca avesse la possibilità di milioni di abitanti) requisire la casa (e con i prezcostituisce la zi sempre in aumento questo quinta economia assicurava notevoli profitti agdell’Unione Europea giuntivi al sistema bancario). e la quarta della Purtroppo, le situazioni dove zona euro (11,5% del sembra di poter crescere all’infinito sono destinate, prima o Pil della eurozona) poi, a rivelare un’essenza illusoria. Con lo scoppiare della crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti nel 2008 arrivarono anche nel sistema bancario spagnolo i timori legati ai prestiti tanto 9 La legge urbanistica del 1998, che ampliava il terreno urbanizzabile, si allegramente rilasciati in passato. presentò come una formula per facilitare La crisi finanziaria che si verificò in Eul’accesso dei giovani alle abitazioni, attraverso un aumento dell’offerta immoropa nel 2009 diventò una questione di biliare in previsione di un conseguente abbassamento dei prezzi, che però condebito pubblico nel 2011, giacché per far tinuarono a salire anche in maniera più rapida. La riforma del lavoro del 2002 fronte ai bisogni di liquidità delle banche invece promuoveva l’assunzione di personale limitando i diritti dei disoccupati, lo Stato si indebitò ancor di più. Nel fratma favorendo le aziende che assumevano, abbassando così la disoccupazione. tempo, per mantenere gli accordi presi con Questa riforma fu molto polemica all’Unione Europea, la Spagna tenta di agilora, creando il primo sciopero generale contro il governo Aznar, il 20 giugno re riducendo la propria spesa. Tuttavia il 2002, per protestare contro le misure più restrittive. debito pubblico spagnolo, a differenza del 10 25-09-2008 http://www.publico. caso italiano, non è affatto tra i più grandi es/dinero/153948/zapatero-califica-alsistema-financiero-espanol-como-el-masdi Europa: in percentuale sul Pil raggiunge solido-del-mundo 11 Rapporto della Federazione Svizzera il 69,3% nel 2011, di fronte ad una media sulla Spagna. dell’Unione Europea del 82,5% (in Italia 12 Prezzo medio dell’abitazione 2007 secondo dati della Società di Tassazione arriva a quota 120,7%, oltrepassata solo spagnola. dalla Grecia), mentre i singoli cittadini 13 Dati Eurostat. 14 Tra gli effetti di queste attività, il spagnoli maturano un grande debito prigoverno spagnolo ha dovuto nazionalizzare Bankia nel maggio 2012: www. vato13. Nel 2012 la Banca Centrale Euroabc.es/20120509/economia/abci-bankiapea ha tentato di dare liquidità alle banche nacionalizacion-201205091443.html con i prestiti all'1% che sono rimasti negli Istituti di credito invece di arrivare all’economia reale. La politica statale di austerity ha portato negli ultimi anni a un periodo di recessione economica e a un calo nei consumi in certo senso perché i lavoratori hanno subito diverse ondate di licenziamenti di massa. Con l’aumento della disoccupazione, le banche incassano con grande ritardo i pagamenti dei mutui concessi in passato per comprare la casa, e anche se l’istituto di credito si prende l’abitazione per insolvenza, il mercato immobiliare è sempre più saturo di offerta ma mancano i compratori. Davanti a questa difficoltà a vendere i prezzi cominciano ad abbassarsi. Per non dimostrare nei propri bilanci una perdita, alcune banche ricorrono al falso in bilancio. A discapito di questi tentativi, diverse si sono trovate in grossa difficoltà e hanno deciso di fondersi con altri istituti e casse di risparmio che operavano a livello locale per diventare più solide. Si sono dimezzati così i lavoratori del settore, ma i tagli non sono arrivati agli alti dirigenti, rimasti invariati anche nei nuovi istituti associati14. Nel novembre del 2012, in maniera anticipata, Zapatero convoca le elezioni e lascia la carica di capo del governo all’allora leader dell’opposizione, e per la terza volta candidato, Mariano Rajoy. Situazione economica attuale: i più PARMA economica 77 mercati esteri Tab. 2 - Indicatori macroeconomici spagnoli grandi fra i PIIGS e il disagio sociale (indignados) Come si legge nel rapporto del governo svizzero sulla Spagna del 2011, «dopo l’adesione all’UE il cammino percorso dal paese è stato notevole. In materia economica, si è dimostrato un Paese particolarmente “spettacolare” grazie alla ristrutturazione del settore industriale, l’outsourcing delle grande imprese spagnole e anche grazie al rinnovo delle grandi infrastrutture, soprattutto di trasporto (ferroviario, aereo e stradale)». Ma il Paese punta anche all’estero: le esportazioni a ottobre 2012 sono cresciute dell’8,6% rispetto all’anno precedente14. In generale, però, il saldo commerciale spagnolo risulta negativo, con 48,8 miliardi di euro in meno rispetto al 201115. A danneggiare questa tendenza positiva degli ultimi anni è stata la crisi, che ha portato con sé sintomi di recessione nel 2012. Purtroppo l’export non basta per attenuare le conseguenze del calo generale dell’economia, nel quale spicca il dato più drammatico della disoccupazione che raggiunge cifre record, essendo la più alta Uno dei settori antid’Europa (anche maggiore del- crisi è il turismo in la Grecia) con il 26% della pocui, per ricavi, la polazione e il 55% dei giovani 16 Spagna è seconda al senza lavoro . Il 15 maggio 2011 è sorto in mondo dopo gli Usa Spagna un movimento di protesta pacifica, che occupava piazze e luoghi pubblici delle più grandi città, manifestando contro la classe politica che non ha saputo combattere la crisi. Questo movimento degli “indignados” prendeva ispirazione da Stéphane Hessel, soldato della resistenza francese durante la seconda guerra mondiale, che pubblicò un libro dal titolo Indignez-vous (indignatevi). Questo disagio sociale è cresciuto fortemente in parte perché il governo, oltre a tagliare nella spesa pubblica, ha aumentato pure le tasse: per questo, passeggiando per le città spagnole si vedono sempre più negozi che, non potendo far fronte alla pressione fiscale, chiudono o svendono per fine attività. Tra il 2008 e il 2012 un totale di 1.888.078 aziende hanno chiuso la proManifestazione degli Indignados alla Puerta del Sol di Madrid. 14 Luca Veronese, L’austerity blocca la Spagna ma gli aiuti sono più lontani, Il Sole 24 Ore, 3 gennaio 2013, p.9 15 Ine e Ministero Spagnolo dell’Economia e la competitività 16 Dati Eurostat ottobre 2012 78 PARMA economica mercati esteri pria attività, mentre la nuova imprenditoria nello stesso periodo raggiunge il valore di 1.732.007 di nuove aziende, con un saldo negativo di 156.071 imprese17. Un’altra misura impopolare del governo Rajoy è stata quella di togliere la tredicesima ai lavoratori pubblici, che per la prima volta dal 1947 quest’anno non hanno percepito questa componente dello stipendio18. Ma nel programma di Rajoy c’è stato anche spazio per modificare i piani di pensionamento: a gennaio 2013 entra in vigore la nuova legge, per la quale in pensione si potrà andare con 65 anni e un mese, aggiungendo un mese in più progressivamente per ogni anno che ancora manca al pensionamento19. Nel 2010 il Pil spagnolo, sulla base dei principali settori produttivi, è composto per il 2% dall’agricoltura, per il 26% dall’industria (compreso il settore edile) e per il 71% dai servizi. La Spagna ha puntato su quest’ultimo settore grazie anche all’importanza del turismo. Con 44 patrimoni dell’Umanità riconosciuti dall’Unesco (superata solo dall’Italia con 47) e Tab. 3 - Principali indicatori economici della Spagna 2009 2010 1.053,9 1.054,6 Pil (miliardi/euro) -3,1 -0,2 Crescita del Pil reale (variazione%) 1,1 3,3 Tasso di inflazione (in %) -4,3 1,2 Consumi privati 53,8 60,1 Debito pubblico (% Pil) -50,1 -51,9 Saldo commerciale (miliardi/euro) * Previsioni Fonti:Ine e Ministero Spagnolo dell'Economia e la competitività 2011 1.073,4 0,7 2 -0,9 69,5 -48,8 2012* 1.050,6 -1,5 1,3 n.d. n.d. -42,5 2013* 1.062,9 0,2 n.d. n.d. n.d. -34,1 Tab. 4 - Indicatori sociali spagnoli Lingue Distribuzione territoriale Struttura demografica (quota %) 17 Dati Ine Directorio central de empresas 18 www.abc.es/20120716/archivo/abcipaga-extra-franco-201207132031.html 19 www.cadenaser.com/economia/articulo/ jubilacion-ordinaria-65-anos-mes-2013/ csrcsrpor/20130101csrcsreco_3/Tes Spagnolo/castigliano (ufficiale); catalano, gallego, basco, valenziano (co-ufficiali, solo nelle rispettive regioni: catalogna, galizia, paesi baschi, valencia) 17 comunità autonome, suddivise in 50 province 0-14 anni: 14,8% 15-64 anni: 68,1% over 65 anni:17,1% 40,9 anni gli uomini; 43,8 anni le donne; 42,4 anni Età media Tasso di crescita della 0,36% popolazione (in %) Rapporto uomini/donne 49,34% uomini/ 50,66% donne Fonti: Ine e Ministero degli Affari esteri Rapporto sulla Spagna PARMA economica 79 mercati esteri Tab. 5 - Confronto Italia-Spagna Prodotto interno lordo Indice dei prezzi al consumo Tasso di attività Tasso di disoccupazione Costo del lavoro Indice di produzione industriale Saldo bilancia commerciale Euribor -2,4% Iii trim/12 (Var. Annuale) 2,5% nov/12 (var. annuale) 56,9% III trim/12 9,8% III tim/12 1,7% III trim/12 -6,5% gen-ott/12 (var. annuale) 7.546,99 mln € gen-ott/12 0,549% (dic/12 valore medio) -1,6 Iii trim/12 (Var. Annuale) 2,9% nov/12 (var. annuale) 60,12% III trim/12 25,02% III trim/12 0,1% III trim/12 -5,6% gen-ott/12 (var. annuale) -28.952,84 mln € gen-ott/12 0,549% (dic/12 valore medio) Fonti: Ine, Istat, Eurostat i suoi 7.880 km di costa, la Spagna attira i visitatori che nel 2010 portarono 39.596 milioni di euro all’economia spagnola20. Un anno dopo gli introiti per il turismo sono cresciuti del 14% permettendo alla Spagna di posizionarsi al secondo posto al mondo, dopo gli Stati Uniti, per incasso dovuto al settore dei servizi. Nel 2012 la Spagna ha ospitato 57,7 milioni di visitatori, 2,7% in più rispetto all’anno precedente21. La speranza di vita spagnola è la terza più alta al mondo, con una media di 82,2 anni in base ai dati dell’Organizzazione Economica di Cooperazione e Sviluppo 20 Dati Ine Ingresos y pagos por turismo 21 www.rtve.es/noticias/20130122espana -recibio-577-millones-turistas2012-27-mas-2011/604284.shtml Tab. 6 - Esportazioni della provincia di Parma per area geografica e per Paese (al 30-96-2012 e al 30-06-2011, valori in euro) 80 PARMA economica mercati esteri Tab. 7 - Import/Export Italia - Spagna (OCDE), e la seconda riguardo alla popolazione femminile, che arriva nel 2010 a 85,3 anni22. La Spagna vanta anche un ottimo sistema sanitario, grazie all’alta formazione del personale: un medico studia per sei anni all’università, prepara per un anno l’esame del Medico Interinale Residente (MIR) che una volta superato consente di passare tre anni di apprendimento in una sede ospedaliera affiancando i medici professionisti. Anche il sistema nazionale di trapianti di organi è all’avanguardia, riportando un tasso di donazione che colloca il Paese al primo posto mondiale, con un aumento, nel 2011, del 12%23. Tab. 8 - DOP-IGP: evoluzione del numero di prodotti certificati per Paese 22 Dati www.oecdbetterlifeindex.org/ topics/health/ 23 www.lamoncloa.gob.es/ServiciosdePrensa/NotasPrensa/ Paese 2003 2004 2005 2006 2007 2003/2007 Italia 121 145 151 155 163 35% Francia 131 140 143 147 155 18% Spagna 67 84 91 97 108 61% Portogallo 82 92 93 93 104 27% Grecia 81 84 84 84 85 5% Germania 65 69 69 69 71 9% Regno Unito 26 29 29 29 29 11% Austria 12 12 12 12 12 Rep. Ceca n.d. 3 3 3 9 200% Olanda 5 6 6 6 6 20% Belgio 4 4 4 4 5 25% Irlanda 3 3 3 3 4 33% Lussemburgo 4 4 4 4 4 Danimarca 3 3 3 3 3 Svezia 2 2 2 2 2 Finlandia 1 1 1 1 1 Slovenia 1 Polonia 1 Totale EU 607 681 698 712 763 25,70% Fonte: Eurostat – Food Safety – From Farm to Fork Statistics. Elaborazione: Maurizio Esposio DOP e IGP: i numeri della qualità PARMA economica 81 mercati esteri Rapporto commerciale Spagna-Italia: il giro tra i prodotti tipici di qualità Il legame economico che unisce il nostro paese con la Spagna si è rafforzato grazie alla sua entrata nel mercato unico dell’Unione Europea, a partire dal 1986. Nel 2009, l’Italia è stata il terzo mercato europeo di destinazione per i prodotti spagnoli, solo superata da Germania e Francia24. Nel 2011, le esportazioni della Spagna verso l’Italia arrivano a quota 17.007 milioni di euro, aumentando di un 3% rispetto all’anno precedente25. Parallelamente, la Spagna diventa nel 2011 la quinta destinazione delle nostre esportazioni, dopo Germa- nia, Francia, Stati Uniti e Svizzera26. Per la provincia di Parma la Spagna rappresenta nel 2012 il quinto mercato dove destinare l’export del territorio. Tra i prodotti che viaggiano attualmente dall’Italia alla Spagna si trovano: derivati dalla raffinazione del petrolio (951.315 migliaia di euro), chimici di base, fertilizzanti e composti azotati, materie plastiche e gomma sintetica in forme primarie (540.144 migliaia di euro) e abbigliamento, escluso quello in pelliccia (468.180 migliaia di euro)27. Quelli quelli che riceviamo dalla Spagna sono principalmente: autoveicoli La Borsa di Madrid Tab. 9 - Vendite di prodotti certificati per le principali categorie (valore) Produzione Venduta Milioni di Euro 2002 2005 Carne fresca e frattaglie 91,1 137,98 Prodotti a base di carne 60,47 130,58 Spagna Formaggi 109,4 169,68 Oli e grassi (olio d'oliva, burro, ecc.) 58,24 108,75 Ortofrutta e cereali freschi e trasformati 131,32 192,5 Carne fresca e frattaglie n.d. 34,2 Prodotti a base di carne 1.301,35 1.568,85 Italia Formaggi 2.439,22 2,726,84 Oli e grassi (olio d'oliva, burro, ecc.) 44,45 78,29 Ortofrutta e cereali freschi e trasformati 22,29 182,53 Fonte: Eurostat. Elaborazione: Maurizio Esposito DOP e IGP: i numeri della qualità Paese Categoria di Prodotto 82 PARMA economica 24 Dati ICE, quote di mercato in serie storica. 25 Rapporto economico e commerciale sull’Italia (aprile 2012) elaborato dalla Segreteria di Stato sul commercio della Spagna. 26 Ibidem. MinisterioSanidadServiciosSocialesIgualdad/2012/ntmpr100 112_Trasplantes.htm 27 Dati Ice 2012 (da gennaio a luglio) principali prodotti esportati ed importati tra Italia e Spagna mercati esteri Tab. 10 - Bilancia commerciale agroalimentare (bevande incluse) Spagna/Italia (valore in miglieia di euro) Museo Guggenheim di Bilbao. (1.267.973 migliaia di euro), metalli di base preziosi e altri metalli non ferrosi; combustibili nucleari (777.509 migliaia di euro) e chimici di base, fertilizzanti e composti azotati, materie plastiche e gomma sintetica in forme primarie (775.608 migliaia di euro). Nel bollettino economico della Camera di Commercio italiana in Spagna del primo trimestre 2013, si riportano anche due grafici relativi a import/export tra i due Paesi. In questi si vede come i principali beni di scambio sono materie prime, prodotti industriali e beni strumentali, seguiti dai beni di consumo e dell’agroalimentare (che nel caso spagnolo supera più frequentemente la frontiera italiana). Questa particolarità dell’agroalimentare può essere attribuita in certa misura alla circolazione dei prodotti DOP e IGP, cuore del settore nei due Paesi. In particolare, la Spagna è stato il Paese che ha maggior- PARMA economica 83 mercati esteri Tab. 11 - Export spagnolo agroelimentare verso l'Italia (2011 valore in migliaia di euro) mente visto crescere il numero di prodotti certificati nel periodo dal 2003 al 2007 con un totale di 447 DOP e IGP registrati, diventando il paese con il più alto tasso di crescita in valore assoluto del periodo28. Per l’imprenditoria italiana la Spagna si presenta come un orizzonte pieno di opportunità verso il quale puntare. Tra i suoi vantaggi si trova un collegamento privilegiato con i Paesi del Sud America e con quelli del Nord Africa. Altri incentivi per investire in Spagna sono gli strumenti specifici attivati per favorire le attività di ricerca e innovazione (R&I), un regime di oneri deducibili vantaggioso e l’imposta sul reddito delle società pari al 25% per le Piccole e Medie Imprese29. Per altre informazioni rimandiamo a siti web molto esaustivi come www. investinspain.org e quello dell’ambasciata italiana in Spagna. 28 DOP e IGP: i numeri della qualità, Maurizio Esposito, Istat, 12 settembre 2008 29 Icex http://www.investinspain.org/ icex/cma/contentTypes/common/records/ mostrarDocumento/?doc=4302683 Treno alta velocità, Saragozza. 84 PARMA economica mercati esteri Cultura, formazione e fuga dei cervelli: esportando la generazione più preparata della Storia Sebbene il sistema dell’istruzione spagnolo si sia modernizzato dagli anni 70 ad oggi, le diverse riforme scolastiche non hanno saputo adeguarsi alla formazione richiesta dal mercato del lavoro. Si aggiunge un altro problema nel caso della Spagna, cioè la percentuale di abbandono scolastico più alta dell’Unione Europea. Secondo lo studio Education for all svolto dall’Unesco nel 2012, un giovane spagnolo su tre (di età compresa tra i 15 e i 24 anni) ha lasciato i propri studi senza averli finiti, mentre la media europea è di circa la metà, il 14%. Tuttora una cosa è certa: con la crisi economica il numero di spagnoli che hanno la residenza all’estero è aumentato. Nel 2012 il loro numero è di 1.816.835, un terzo dei quali sono andati in Europa, in particolare verso Francia e Germania30. Il saldo migratorio spagnolo è stato addirittura negativo nel 2011, per la prima volta in 10 anni, quando sono uscite dal Paese più persone (507.740) di quante ne siano entrate (457.650)31. Da tempo si parla di fuga di cervelli, di “esportazione di giovani preparati” e di ricerca di un lavoro senza frontiere. Con un futuro sempre più cupo e la disoccupazione giovanile sempre in aumento, i giovani intraprendono l’avventura all’estero con coraggio e pianificazio- ne. Trovare i consigli sulla rete è semplice: sono abituati a contattare le ambasciate nel Paese e informarsi presso le Camere di Commercio in loco, consultare il sito web di Eures per il lavoro all’interno dei Paesi membri dell’Unione Europea insieme al portale della Fundaciòn UniversidadEmpresa e altri siti dedicati alla ricerca di occupazione idonei a ogni Paese di destinazione. Uno dei tasti dolenti per i giovani spagnoli continua a essere la competenza linguistica: solo il 35,5% della popolazione spagnola conosce l’inglese e, comunque, in questo terzo solo due persone su dieci ha un livello avanzato32. Così, prima di lasciare il Paese di origine sono in tanti a frequentare corsi di lingue straniere: quasi da poter parlare di un vero e proprio boom del settore. All’inizio del 2012, si stimavano circa 200.000 gli spagnoli che durante l’anno avevano intenzione di frequentare un corso di lingua all’estero. In media un corso di quattro settimane per adulti, con quattro lezioni giornaliere e soggiorno, può costare tra 2.000 e 2.200 euro, a seconda della destinazione, volo escluso33. La spesa iniziale non scoraggia i giovani spagnoli che, investendo nel miglioramento della propria formazione, cercano sempre più spesso il loro percorso oltre i confini nazionali. 30 Dati del Padrón de españoles residentes en el extranjero (PERE) dell’Ine (Istituto Spagnolo di Statistica) 31 Ibidem 32 www.elmundo.es/elmundo/2012/11/29/ espana/1354200086.html?a=3fd35 6758bee2f851b54a582b5855fbc&t =1354206639&numero= 33 www.20minutos.es/noticia/1299167/0/ fuga/cerebros/espana/ 34 Dati della banca mondiale per il 2009. http://datos.bancomundial.org/indicador/AG.LND.ARBL.ZS/countries/ESIT?display=graph Plaza Espana, Sevilla. PARMA economica 85 mercati esteri L’agricoltura, maggiore beneficiaria del sostegno UE La PAC è stata una delle politiche più vantaggiose per la Spagna. Grazie a questo sostegno la produzione agricola spagnola ha raggiunto alti livelli di qualità e valorizzazione dei prodotti tipici. Il secondo paese in superficie dell’UE, dopo la Francia, con i suoi 505.370 kmq destina un 25,1% della sua terra all’agricoltura34. Con le sue coltivazioni ha raggiunto alti livelli di produzione in diversi settori e anche un riconoscimento alla qualità di questi prodotti. La Spagna attualmente è il primo produttore mondiale di olio d’oliva con un 30% della quota planetaria. Si tratta di un record raggiunto nella campagna 2011-2012, con 1.607.100 tonnellate prodotte, che corrisponde a una produzione del 15% superiore alla campagna precedente 35. Da un altro lato, i cereali hanno una grande importanza nelle coltivazioni spagnole, essendo il secondo produttore di avena dell’UE nel 2010 (con 1.017,8 migliaia di tonnellate36), ma riconoscendo anche la centralità di altri cereali come: • orzo (terzo produttore dell’UE nel 2010 con 8.156,5 migliaia di tonnellate37) • riso (9.26,4 migliaia di tonnellate coltivate nel 201038) • grano (6.563,2 migliaia di tonnellate prodotte nel 2010, di cui 952,5 di grano duro39) Un’altra area essenziale dell’agricoltura spagnola è rappresentata da frutta e verdura. Nota per la produzione degli aranci (prima produttrice in Europa con 2.784.925 tonnellate in media tra il 1992 e il 201040), la Spagna spicca come paese produttore di: • melone e anguria (primo posto dell’UE con 926,7 e 782,4 migliaia di tonnellate rispettivamente nel 201041) • aglio (leader europeo con 136 migliaia di tonnellate nel 201042) • insalata (capofila dell’UE con 809,2 migliaia di tonnellate nel 201043) • pomodori (in seconda posizione dopo l’Italia con 4.312,7 migliaia di tonnellate in confronto con le 6.024,8 italiane44) Ma la Spagna è anche un paese vinicolo per eccellenza: per gli esperti enologi il territorio spagnolo offre un gran varietà di vini di alta qualità. In effetti, la Spagna è il paese che destina più ettari al mondo alla viticoltura (1.032 migliaia di ettari nel 201145). Si situa al terzo posto come produttore di vino dell’UE con 35.913 migliaia di ettolitri nel 2010, superato solo da Italia (46.245 migliaia di ettolitri) e da Francia (42.654 migliaia di ettolitri)46. La Spagna ha saputo adattare la propria agricoltura ai nuovi tempi, favorendo soprattutto le coltivazioni biologiche, diventando leader nell’UE per estensione di coltivazioni organiche pienamente riconosciute dalle normative europee, con 1.221.890 ha, seguita dall’Italia dall’Italia (837.107 ha) e dal Regno Unito (605.582 ha)47. Tab. 12 Il vigneto nel mondo Dati (mila ettari) 2008 2009 Spagna 1.165 1.113 Francia 858 837 Italia 825 812 Portogallo 246 244 Romania 207 206 Altri UE 491 479 Stati Uniti 402 403 Turchia 518 503 Cina 480 485 Argentina 226 228 Cile 198 199 Sudafrica 132 132 Australia 173 176 TOTALE MONDO 7.737 7.657 Fonti: Dati OIV. Elaborazione: OeMv, traduzione propria. 86 PARMA economica 2010 1.082 819 798 243 204 474 404 503 490 228 200 132 170 7.589 2011 1.032 807 786 240 204 461 405 500 495 218 202 131 174 7.495 % s/totale 13,80% 10,80% 10,50% 3,20% 2,70% 6,20% 5,40% 6,70% 6,60% 2,90% 2,70% 1,70% 2,30% 100,00% 35 www.rtve.es/alacarta/videos/telediario/espana-primer-productor-mundialaceite/1370430 36 Ine Producción de cereales por país, periodo y tipo de producto. 37, 38, 39 Ibidem. 40 Fao http://faostat3.fao.org/home/index_ 41 Ine Producción de hortalizas y frutas por país, periodo y tipo de producto. es. html?locale=es#VISUALIZE 42, 43, 44 Ibidem. 45 Icex El vino en cifras. www.winesfromspain.com/ icex/cda/controller/pageGen/ 0,3346,1559872_6763355_6778152_0 ,00.html 46 Ine Producción de vino por país y periodo. 47 Eurostat 2011 http://epp.eurostat. ec.europa.eu/portal/page/portal/agriculture/data/main_tables cultura E TERRITORIO A regola d’arte Il pittore Alberto Reggianini e la coppia di orafi Andrea e Simona Mazzoni. Due storie che nobilitano la scena culturale di Parma Mariagrazia Villa L’atelier? È una grotta Al civico 32 di Borgo delle Colonne, a Parma, c’è una grotta. Già da fuori, qualcosa preannuncia quanto troveremo al di là della soglia: il 2 ha perso la coda ed è rimasto solo un ricciolo in alto. Affiancato al 3, ricorda il simbolo dell’om, versione indiana dell’amen cristiano: il suono della vibrazione cosmica di Dio che permea tutto l’universo e lo trascende. Proper udire la voce invisibile Reggianini, nato a prio del creato, nel profondo e cristalMantova nel 1964 lino silenzio della natura e della ma parmigiano fin propria interiorità, i ricercatori da bambino, molte spirituali da millenni salgono mostre all’attivo verso le grotte dell’Himalaya per sia in Italia che vivere come eremiti. Con l’arma meditazione e la libertà delall’estero della la rinuncia, cercano di sublimare la materia per ascendere allo spirito. Esattamente quello che prova a fare da tempo, chi abita nella grotta al 32 di Borgo delle Colonne: l’artista parmigiano Alberto Reggianini. In tutte le tradizioni religiose la grotta è metafora di nascita e rinascita. Nel Protovangelo di Giacomo è il luogo in cui na- sce Gesù e in India simboleggia la cripta del cuore, la guha, in cui arde la fiamma dell’Atman, il nostro vero Sé. Ma anche nella storia dell’arte, la grotta è il centro da cui tutto è partito, lo spazio in cui dimora il rapporto magico-rituale che l’artista intrattiene con se stesso e con il mondo. Si pensi ai bisonti, tori, cervi, cavalli o cinghiali incisi e dipinti sulle pareti delle grotte di Lascaux o di Altamira. Reggianini, nato a Mantova nel 1964 ma parmigiano fin da bambino, molte mostre all’attivo sia in Italia che all’estero e dal 2010 una docenza in pittura all’Accademia delle belle arti di Foggia, è sempre andato a caccia di grotte – sia quelle dell’uomo di Cro-Magnon sia quelle della ricerca interiore – per dare il meglio di sé nel proprio lavoro. Dopo l’istituto d’arte Paolo Toschi di Parma, e mentre frequenta l’accademia di belle arti di Brera a Milano, dove si diploma in pittura nel 1990, Alberto va a lavorare in una soffitta in perfetto stile Boheme: si trova nella dependance della villa di amici dei genitori, a Porporano. Un ambiente bucolico, ma che non regge a lungo: gli crolla in testa PARMA economica 87 cultura E TERRITORIO il soffitto e Alberto deve cercarsi un’altra sistemazione. Passa così a dipingere in una delle casette dei lavoranti dell’ex cartiera Pernis, sempre a Porporano. Qui, vicino di casa del pittore Germano Attolini, conclude l’accademia, per poi trasferire tele e pennelli ad Alberi di Vigatto, nella porta morta, riadattata a studio, di un’antica casa colonica in mezzo a un frutteto. Qui, pur condividendo la matrice informale dell’accademia, continua a maturare una propria inclinazione per la figura. E alla fine arriva la grande occasione: andare a vivere, non solo lavorare, in una casa-studio di proprietà della Fondazione Magnani Rocca a Mamiano di Traversetolo. Una cantina dei primi del ‘900 in cui trascorre quasi cinque anni. È questo il posto, nel respiro della prima collina parmense, dove nascono i primi animali del suo bestiario, dove gesto e materia sono gli elementi fondamentali con cui affronta il problema di una possibile figurazione, sempre in opere di grande formato. Ed è qui che nascono anche i primi lavori su lamiera zincata acidata, inseriti nel bosco. Nello studio di Borgo delle Colonne, in pieno centro storico, Reggianini arriva nel 1996. In realtà vorrebbe un luogo isolato in mezzo alla natura, ma dopo un anno di ricerche infruttuose il caso – che poi si rivela fortuna – lo porta qui, in quella che era stata la scuola dei barbieri di Parma, dove i maestri insegnavano agli allievi a tagliare barba e capelli. Centotrentametri quadrati a pianterreno, in cui Alberto 88 PARMA economica continua il lavoro sugli animali e la sperimentazione sui materiali. E soprattutto sul valore espressivo della luce sulla materia, stimolo dettato dal nuovo studio. «La prima volta in cui l’ho visto – racconta – era una bella giornata di sole di fine febbraio. Notai subito, e mi colpì profondamente, la luce che pioveva dal lucernario, che era poi il pavimento in vetrocemento di un terrazzo al primo piano: era una luce diffusa, indiretta, molto particolare». Ancora oggi è praticamente la vera fonte luminosa di questo spazio, che si sviluppa lungo e stretto senza finestre e finisce in un’apertura vetrata che dà su un piccolo giardino interno: un segreto verde che si tinge di macchie rosse in primavera, quando fioriscono le ortensie. E che Reggianini usa solo per godersi alcuni momenti atmosferici: quando piove, nevica o cominciano i primi soli. In realtà, non esce quasi mai, sente il suo studio «come uno spazio del dentro, non del fuori: solo la luce del lucernario, che cambia nell’arco della giornata, mi aiuta a tenere il fuori dentro il mio lavoro». È un pittore prevalentemente diurno, arriva in studio alle otto e mezzo del mattino e rimane fino alle sette di sera. All’inizio, si costruisce un soppalco con un letto e una libreria e un piccolo angolo cucina per fermarsi qui a dormire. Poi, mantiene solo la cucina, dove oggi si prepara una pasta al volo a pranzo o ricette più elaborate a base di pesce (appassionato di pesca, tiene tutta la sua attrezzatura in uno spazio dedicato cultura E TERRITORIO all’ingresso dello studio; e anche ottimo cuoco, il suo piatto forte sono gli spaghetti allo scoglio), quando invita amici a cena. «Il mio desiderio sarebbe ancora di vivere in una casa-studio per poter stare sempre in mezzo al mio lavoro, senza pensare di dover andare in studio, come si va in ufficio. Lavorerei in modo più rilassato e libero, avendo tutta la mia Nella "grotta" al 32 di vita, arte e famiglia raccolte in un Borgo delle Colonne solo posto». l’artista parmigiano La luce a piombo e abbastanza che scende nella grotAlberto Reggianini costante ta è «il luogo in cui accadono le abita da anni cose» e ha progressivamente portato Alberto, alla metà degli anni Duemila, ad abbandonare il lavoro a terra per risollevarsi e lavorare sulla materia. Prima, attraverso la sperimentazione dei monocromi, dove gli animali sono la corporeità misteriosa del colore a olio, solcata da rivoli luminosi. Più tardi, con una serie di sculture in terracotta dipinta di animali, che, insieme ad alcuni quadri raffiguranti la genesi delle sculture stesse, forma un gruppo di lavoro dedicato al rapporto tra pittura e scultura. Nel 2008, in un momento di crisi del meccanismo mnemonico legato all’immagine e forse intriso dell’immanenza della luce che filtra, non naturale, dal lucernario dello studio, Alberto utilizza, per la prima volta, un riferimento visivo fotografico, fino ad avviare un nuovo ciclo pittorico: utilizza all’interno delle opere frammenti di fotografie, in prevalenza di paesaggi del Po e dei suoi figli, «risollevando certe considerazioni sul tema arcangeliano e ancora più tassiano della figura nel paesaggio». La gestualità viene frenata e l’evocazione si fa racconto. Dall’anno scorso Reggianini ha ripreso, anche se in forma diversa, più per sottrazione che per addizione, il lavoro sugli animali e la sperimentazione di nuovi materiali, riconsiderando l’aspetto gestuale e rituale con l’uso di cromie artificiali che vogliono indicare la distanza esistenziale dal mondo naturale. Il 2012 è anche l’anno in cui ha deciso di acquisire uno spazio di circa 30 metri quadrati accanto al suo studio (lasciato libero dall’amico pittore Andrea Cantagallo), eleggendolo a isola privata in cui dipingere. E separandolo, sia in senso fisico che ideale, dal continente più relazionale e conviviale, che ora funziona come magazzino e luogo in cui incontrare le persone che vengono a trovarlo. «Quan- PARMA economica 89 cultura E TERRITORIO do qualcuno passava a salutarmi, rompeva la mia concentrazione: lavorando sulla gestualità e la velocità, la concentrazione dev’essere massima e immediata e c’è bisogno di silenzio». Nello spazio più piccolo, illuminato da una finestra e da una luce artificiale, dipinge e, nell’altro, più grande, mette le opere già terminate, spesso allestendole come se si trovasse in uno spazio museale. Una specie di prova generale. «Poiché la grande dimensione lavora sullo spazio, è importante per me disporre i miei lavori alle pareti, creando delle vere e proprie sequenze. Quando lo studio è allestito, diventa un luogo in cui medito sul mio lavoro». Prima di procedere a un progetto di allestimento Reggianini ha bisogno del vuoto, spostando anche gli arredi, dai tavoli ai divani (che sono tutti rigorosamente dotati di ruote per poterli muovere all’occorrenza), non solo qui ma anche nell’altro studio, l’antro creativo. «È una sorta di rituale con cui tolgo dalla vista tutto ciò che non mi interessa, comprese le opere già terminate, e che potrebbe interferire. Sono molto vicino alla pittura orientale che è legata al gesto, così come, tra informale ed espressionismo Astratto, mi sento più affine al secondo perché lavora più sulla gestualità che sulla materia. Il corpo entra nell’azione, ma deve stare in uno spazio vuoto, puro, così come ci stanno le mie figure». Reggianini, come un alchimista, sente «di agire energeticamente sulla materia: ha proprietà espressive infinite, ma io ci lavoro come il vento, con l’energia, per superarla. Il mio lavoro ha una dimensione conoscitiva: ogni opera è come un autoritratto, ma ho sempre la speranza che l’interno contenga l’esterno, perché quando affermo me stesso nel vuoto metto in campo energie che sono rivolte al Tutto». Come l’eremita nella sua grotta. Solo quando Reggianini lavora con gli acidi sulle lamiere, ha necessità di creare en plein air per motivi di salute. «All’aperto sono molto più tranquillo e mi sento meglio: mi riconnetto a Monet. La fantasia di andarmene in giro con il mio studio ambulante per dipingere all’aperto e di fare il pittore nomade mi piace molto, non tanto per riprodurre la natura, quanto per esservene immerso». In fondo, la natura è sempre stata la dimensione del suo lavoro. Come l’idea un po’ zen di essere sempre in transito, senza appartenere ad alcun luogo, 90 PARMA economica di trasfigurare la materia con l’energia della propria presenza nello spazio, cercando di afferrare l’immagine mentre passa, non di costruirla, e di lasciare serenamente andare le opere, senza esserne posseduto. «Mi sento un campagnolo: non sto bene dentro una stanza…». Se l’intellettuale ha bisogno dei confini di quattro pareti e della città, un intuitivo come Reggianini, che ragiona con le mani e con gli occhi, di spazi vissuti e non pensati, ha bisogno della natura e di luoghi non costruiti. Eppure, «uno studio piccolo come quello in cui lavoro ora aiuta la mia concentrazione meglio di uno spazio aperto e mi avvicina anche a opere di dimensioni più ridotte». Un intuitivo come Il luogo del lavoro è «un laboraReggianini, che torio interiore, in cui contatti te stesso: ogni mattina in cui varco ragiona con le mani questa soglia emozionante, mi e con gli occhi, ha accorgo del fuori e mi chiedo se bisogno della natura ho più energia dello spazio in e di luoghi non cui sto entrando. Lo studio di un costruiti artista è un utero: l’avventura di Monet è stata quella di non restare dentro questa pancia, ma di lavorare dentro quella della natura». Ma sempre di grembo si tratta. Appunto. Al civico 32 di Borgo delle Colonne a Parma, c’è una grotta. cultura E TERRITORIO Artigiani al cento per cento L’arte orafa è un mestiere prezioso. Uno dei più antichi dell’uomo. Un tesoro della storia che ha saputo portare il suo valore nel presente e saprà - speriamo - traghettarlo nel futuro. Come ha affermato lo stilista francese Christian Lacroix, la mano è un veicolo di modernità nella creazione artistica. Ci riporta all’infanzia del genere umano e alla nostra Oggi, a Parma, stessa prima esplorazione del saremo in due, mondo, ma ci sospinge anche in massimo tre, a fare avanti, verso l’orgoglioso fascino progetti innovativi, che solo la veramente gli orafi di mano può intuire e creare. dice Andrea A Parma c’è una nicchia di originalità, nella lavorazione dei metalli nobili. Dietro l’ingresso blindato del piccolo laboratorio-negozio “Andrea Mazzoni Creazioni Orafe1” di Strada Farini 64/B, c’è la possibilità di ammirare oggetti già creati o di proporre quelli dei propri desideri per vederli realizzati: un gioiello, prima che prezioso, dev’essere personale. Il parmigiano Andrea Mazzoni ha imparato a realizzare il ciclo completo della lavorazione dei metalli preziosi, dall’idea all’oggetto finito, prima andando a scuola e poi a bottega, ossia facendosi la classica gavetta. «A 17 anni mentre frequentavo l’istituto tecnico per geometri, ho scoperto che all’istituto statale d’arte Gaetano Chierici di Reggio Emilia (oggi trasformato in liceo artistico, nda), c’era una sezione oreficeria-metalli preziosi: non ci ho pensato un attimo, sono andato subito a imparare a fare l’orafo». Una passione immediata, ma indiscutibile. «Ho sempre avuto una grande manualità, che credo sia innata nelle persone: o ce l’hai o non ce l’hai. E, prima ancora, un’attitudine mentale che mi porta sempre a fare le cose con le mani». Mentre ancora frequenta la scuola professionale a Reggio, Andrea chiede di poter lavorare gratuitamente, come garzone di bottega, nella storica oreficeria Valenti in via Nino Bixio a Parma. Qui, sotto la guida esperta di Mario Valenti, passa i suoi pomeriggi a fare pratica e a coltivare il sogno di mettersi in proprio. Diplomatosi “maestro d’arte dei metalli” nel 1982, a soli 20 anni tira fuori il sogno dal cassetto e apre il suo laboratorio, insieme all’amico orafo Giancarlo Chiesa, in Borgo Felino 9. «All’epoca, in città c’erano molti laboratori orafi, gestiti da persone di mezza età, scomparse le quali nessuno ha più proseguito l’attività da loro avviata. Oggi, a Parma, saremo in due, massimo tre, a fare veramente gli orafi». E purtroppo lo Stato non incentiva questo tipo di artigianato: benché ci siano istituti e scuole di formazione – dal 2001 anche un corso di laurea in scienze e tecnologie orafe, presso l’Università Bicocca a Milano, cui fa seguito il corso teorico-pratico in gemmologia – «è sempre più difficile imparare il mestiere 1 www.oreficeriamazzoni.com PARMA economica 91 cultura E TERRITORIO come apprendista, a causa degli alti costi che il titolare del negozio dovrebbe assumersi». Fin da subito, Andrea mostra un’inclinazione allo studio di soluzioni creative, che riesce a realizzare grazie alle abilità manuali e tecniche acquisite con gli studi e il tirocinio. Abilità che mette volentieri anche a disposizione dei clienti perché le loro idee prendano forma. «Mi sono sempre sentito un artigiano con una capacità inventiva, più che un artista con una sua linea stilistica». Un ottimo artigiano, con una formazione anche come gemmologo sulle pietre di colore e i diamanti. Cintura nera secondo dan, Andrea è un allenatore del Cus Parma Judo e sembra avere grande forza ed energia nei muscoli delle braccia e delle spalle, come si racconta che avesse Efesto, il dio della metallurgia. Caratteristica che, secondo la mitologia greca, faceva sì che ogni cosa da lui realizzata fosse di un’impareggiabile perfezione: non a caso, costruì la maggior parte dei magnifici oggetti di cui si servivano gli dei e gli eroi, come i sandali alati di Ermes, l’arco e le frecce di Eros o lo scudo di Achille. Nel 1992, si affianca ad Andrea la moglie Simona. Ha sempre collaborato con il marito, occupandosi di design e ricerca del materiale, ma ora entra nel laboratorio a tempo pieno. Maestro d’arte della ceramica, anche lei ha frequentato l’istituto Chierici di Reggio Emilia negli stessi anni di Andrea. Anzi, è stato proprio lì, sul banco del primo giorno di scuola, che è scattato il colpo di fulmine. Ed è su un altro banco, quello dell’orafo, che è partito anche il sodalizio professionale. A metà degli anni Novanta, il socio di Andrea lascia il laboratorio e il negozio diventa un’attività familiare, prendendo il nome che ha tuttora. Mentre Simona si occupa dell’aspetto progettuale, Andrea cura prevalentemente quello tecnico, con un’intesa perfetta. Di tutti i requisiti per fare l’orafo, dalle doti manuali e creative alla conoscenza delle proprietà fisiche e chimiche dei metalli, dalle nozioni di metallurgia e gemmologia alla padronanza nelle modalità di lavorazione fino alle competenze tecniche e di design, la manualità è al primo posto. I Mazzoni, come dice il fidanzato della loro figlia, sono la “famiglia MacGyver” (dal nome del protagonista della popolare serie televisiva americana) che sa costruire 92 PARMA economica opere dell’ingegno con oggetti e cose che trova attorno a sé. Anche i Mazzoni si costruiscono tutto con le proprie mani, non solo i gioielli… Andrea sta terminandosi un kayak, per esempio. L’aggiornamento continuo è fondamentale, in un mestiere come quello dell’orafo. «È importante – spiega Simona – rinnovarsi sia mentalmente che professionalmente, per poter offrire al cliente capacità sempre maggiori. Da qualche tempo, ad esempio, abbiamo inserito la modellazione 3D al computer attraverso un software che ci permette di realizzare alla perfezione alcuni tipi di gioielli per i quali la modellazione a mano sarebbe estremamente difficile. Detto questo, però, l’evoluzione tecnologica nell’arte orafa non può prescindere dall’esperienza manuale: prima di disegnare con il computer, devi saperlo fare a mano….». Nel marzo del 1999 Andrea e la moglie si spostano nel laboratorio-negozio di Strada Farini per avere maggiore visibilità. E, nel 2011, entra nell’attività anche il figlio minore Federico, neo-diplomato in grafica al liceo L’aggiornamento artistico Paolo Toschi di Parma continuo è (la figlia maggiore Erica sta ter- fondamentale anche minando la facoltà di Architettu- in un mestiere come ra). A lui, che ha frequentato un quello dell’orafo corso di incastonatura a Vicenza, uno dei principali distretti artigianali dell’arte orafa italiana, per imparare a fissare le pietre preziose nelle sedi apposite, cioè nei castoni degli oggetti creati, la manualità non manca, e nemmeno le idee: «Al momento sto studiando una serie di anelli in oro con pietra in cui la buona qualità sia associata al basso costo: è importante non perdere la qualità, perché il nostro laboratorio ha una credibilità da mantenere». È la qualità del fatto a mano. Che risponde al bisogno di una bellezza unica e di un significato autentico. L’incastonatore è una delle tante figure professionali che il settore orafo contempla (ed esistono artigiani che si specializzano soltanto in una fase di lavorazione): orafo di base, cerista orafo, gemmologo, disegnatore, modellista di prototipo, addetto alla fusione, preparatore, chiusurista, incisore, lucidatore, addetto alla trancia, meccanico, lavorante in madreperla, corallo e avorio, sbalzatore in metallo, smaltatore d’arte, cesellatore, fili granista, e così via. Tante e complesse anche le fasi di lavora- cultura E TERRITORIO zione, per lo più identiche a quelle antiche: ideazione, che può essere solo manuale o servirsi del computer, realizzazione del modello in cera, con blocchi di cera di diversa durezza a seconda dell’oggetto che si va a realizzare, fusione a cera persa, assemblaggio se il gioiello è costituito da più parti, rifinitura per limare le asperità, eventuale incastonatura di una pietra, lucidatura, lavaggio e asciugatura in segatura di mais per non lasciare aloni sul metallo. «Nel caso degli oggetti in oro bianco – aggiunge Simona – c’è anche la rodiatura, un bagno galvanico al rodio che serve per rendere più bianco e meno grigio il metallo». Nella bottega dei Mazzoni, il banco di lavoro è un mobile in legno a tre postazioni, attrezzato con cassettiere, luci da tavolo, bilancine, piccoli attrezzi indispensabili al meticoloso lavoro delle loro mani. Tutti i procedimenti fondamentali sono realizzati manualmente e con il supporto di alcuni strumenti e piccole macchine: dalle lime ai bulini, dai cannelli al propano o ad alcol per la saldatura al laminatoio per creare lamine o fili sottili, dalla trancia per tagliare all’imbottitore per bombare le lamine, dall’allarga-fedi alla macchina per fare lo stampo di un oggetto, dalla lucidatrice dotata di spazzole di varie dimensioni alla lavatrice a ultrasuoni. E siccome gli scarti del ciclo di lavorazione valgono oro, nulla viene buttato, ma recuperato con cura, perfino i minuscoli granuli di polvere caduti sul piano di lavoro o sul pavimento, e inviati a centri appositi dove viene estratto e restituito il metallo puro. Fare gli orafi oggi, a causa della crisi economica, è difficile. Un po’ per il bene effimero e di lusso che è il gioiello, un po’ per il cambiamento degli stili di vita, diventati più semplici e spartani. Ma, se le soddisfazioni economiche sono poche, quelle morali sono tante: è appena passato un ragazzo davanti alla vetrina che ha sollevato il pollice in segno d’esultanza: il cuoricino d’argento che Andrea gli ha fatto per san Valentino ha fatto centro nella sua ragazza. Prima di uscire, è bene dare un’occhiata proprio alla vetrina, dove i Mazzoni espongono le loro creazioni. Gioielli mai visti, che escono dallo stereotipo. Come gli anelli che Simona ha chiamato Medusa: in argento 925, aperti e con zirconi colorati alle estremità. Indossati a gruppi di quattro-cinque, creano un effetto particolarissimo. Ed economici: poco più di 50 euro l’uno. Altrettanto convenienti come costo e capaci di fare la loro figura, gli anelli in gomma con castone d’argento e zircone. Certo, accanto a questi gioielli dallo spirito giovane, ci sono anche quelli più raffinati, con pietre meno diffuse, come l’opale color arancio, o realizzati con forme insolite e materiali scultorei come l’ebano. Gioielli di notevole singolarità, che esprimono una genesi segreta e ispirata. Magica. In fondo, se sant’Eligio di Noyon, patrono degli orafi perché lui stesso orafo alla corte dei re merovingi, ha perfino riattaccato la zampa a un cavallo, non c’è nulla di cui non orafo non sarebbe capace. PARMA economica 93 cultura E TERRITORIO Poeta nell’arte, poeta nella vita Sono trascorsi 62 anni dalla scomparsa di Renzo Pezzani, ma non viene meno il ricordo del suo impegno, né sbiadisce l’attualità delle sue opere Giulia Sorgente «Non cercare la gioia / nelle cose lontane. / Se vuoi cogliere un fiore / non temere lo spino. / Non v’è cibo di re più gustoso del pane. / Non è cosa che scaldi / più del nostro camino. / Non ti tocca fortuna / se non sei mattiniero. / Macchia più dell’inchiostro/un cattivo pensiero. / Non c’è acqua che lavi / più del pianto sincero». (da Sette proverbi). Parole semplici, ma profondamente incisive, parole liberate dalla penna del cuore, ancor prima che dall’inchiostro del calamaio, parole di amore, umiltà, sincerità, onestà. Questi i tratti profondi e salienti del profilo umano e professionale di Renzo Pezzani. Renzo Pezzani nasce a Parma il 4 giugno 1898 in via Nino Bixio, nel cuore dell’Oltretorrente. Figlio di Secondo, artigiano del ferro, e di Clementina Dodi, trascorre la giovinezza assaporando fino in fondo profumi e colori di un ambiente genuino e popolare, che trova eco e specchio perfetto nella sua vasta ed eclettica produzione letteraria, che si snoda tra prosa e poesia: poesie in italiano e vernacolare, racconti, favole, antologie per bimbi e ragazzi, fino a guardare con occhio vigile e attento anche al mondo teatrale e cinematografico, e alla passione per l’arte culinaria. La sua formazione, nient’affatto pedante e libresca, è frutto non tanto del tempo trascorso dietro i banchi di scuola quanto dell’innato desiderio di imparare, capire, comunicare. Conscio del proprio talento, ma umile e paziente; malinconico e nostalgico nell’anima, ma fermo e sicuro nel portamento Fin da piccolo senza svelare né tormenti né in- il poeta rivelò quietudini, né passioni né sogni, passione per la che tuttavia sbocciano nella luscrittura, conscio minosità dei suoi occhi; giovane di bell’aspetto, intelligente, del suo talento, ma volenteroso e sensibile, così lo umile ricorda il maestro Arnaldo Barilli: «Renzo Pezzani fu mio alunno in terza tecnica. Era un bel ragazzetto che sapeva scrivere i suoi componimenti con un bel garbo, sì, non comune, ma neanche proprio straordinario; ben più alte speranze avevano suscitato in me, negli anni precedenti, altri allievi, che poi dopo quel breve sfolgorio si immersero nell’ombra. Non Alunni della terza e quarta elementare della Scuola Cocconi nel 1925. A destra, il maestro Renzo Pezzani. 94 PARMA economica cultura E TERRITORIO Renzo Pezzani, sottotenente, nel 1918. ricordo bene, ma ripensandoci e cercando di rivederlo nel suo banco, ho l’impressione ch’egli non fosse del tutto persuaso di meritar soltanto dei “sette” e non sapesse se dubitar di sé o di me. La certezza del proprio valore gli venne più tardi, e più tardi ancora io m’accorsi del mio scarso discernimento. […] Ho mancato, senza ragione e senza intenzione, di fare una carezza quando occorreva; di dire una parola cortese; non ho pensato che la mia trascuratezza sarebbe stata rilevata dalla squisita sensibilità di Renzo Pezzani e gli avrebbe fatto dispiacere, benché non se ne sia doluto con me, né, credo, con altri». Licenziato con buoni voti dalla scuola tecnica, si iscrive all’istituto magistrale, coltivando la passione per l’arte e la letteratura e pensando alla possibilità dell’università per affinare le conoscenze filologiche finora apprese. Ma il suo maestro lo dissuade e Renzo, ben presto, abbandona l’idea. Per uno spirito libero e puro come il suo, l’università è la vita, è il mondo con tutta la sua gente, con la ricchezza di quell’enorme diversità che tutti noi osserviamo camminando per strada e incontrando lo sguardo degli uomini. Fin dalla tenera età di 10 anni, Renzo svela la sua inebriante e illimitata propensione per la scrittura, a scapito della matematica e della geometria: «Ora risolvi il problema», diceva la maestra, e Renzo: «No, faccio un altro tema». «Ma, Renzo…». «No, no, lo faccio, lo faccio subito». Un amore, quasi un ardore, che Renzo non riesce a imbrigliare e che riempie di meraviglia e bontà tutta l’aula. Queste le sensazioni e le emozioni di una compagna di classe, Maria Cella: «Io non ricordo gli argomenti, le parole di quei germogli, di quei virgulti di poesia, ma ho chiara, incancellabile l’impressione di stupore, di ammirazione che quelle cose bellissime e nuove destavano in me». Quando i ruoli si invertiranno e il giovane allievo sarà adulto maestro, Pezzani conserverà l’orgoglio di non avere insistito nelle discipline scientifiche: «[…] Le poche volte che scrissi numeri sulla lavagna erano frazioni che davano la sensazione del numero schiavo e del numero trionfante. […]. La geometria con le sue figure balenò sulla lavagna, per dire che al di là di un limite c’è l’infinito del piano, ma noi eravamo fuori del limite, nello spazio nero». La passione per le lettere si alterna e, a tratti, si intreccia con la partecipazione alla politica degli anni travagliati dalle guerre. Nel 1915, diciottenne, Pezzani si arruola come ardito lanciafiamme e parte volontario per il fronte, considerandosi «[…] un seme vivente / gettato dal vento / a germogliare gloria / in un solco di campo / tra i papaveri rossi e il frumento». Esperienza che rinnova preoccupazioni, inquietudini, ripensamenti che sfociano in una pesante reazione in una profonda crisi spirituale, acuitasi nel 1918 in séguito alle scomparse del padre e della sorella minore, Elsa, la sua «piccola fata», che lo «guarda con gli occhi grandi e dolorosi come la sua anima». Nel 1919 aderisce al socialismo e al sindacalismo di Alceste De Ambris, mentre data 1924 la breve e disillusa parentesi fascista. Imbraccia le armi di nuovo nel 1940, combattendo senza entusiasmo né ideali; è invece del 1945 l’impegno partigiano e antifascista, che lo conduce ad aderire al partito comunista italiano e a collaborare con L’Unità, quotidiano ufficiale del partito. L’abbraccio alla politica gli sembra la chiave di volta per un futuro vincente e rigenerato, ma ben presto si ac- PARMA economica 95 cultura E TERRITORIO corge del fallimento e ritorna sulla via degli umili, nel trionfo di Giustizia e Libertà: «Io credo nella rivoluzione, nel trionfo degli umili, nell’avvento del proletariato, tenace esercito della libertà e della giustizia, nella voce dei morti sparsi su ogni groppa di monte, in ogni valle, in ogni piana d’Italia […]». L’epoca fascista impera e su ogni cosa stende la sua mano, così anche Renzo Pezzani subisce pesanti persecuzioni politiche, ma il suo spirito aperto e sagace lo porta a non arrendersi, ad andare avanti, a guardare oltre: il sole c’è, e splende sempre, anche dietro le nuvole. Trasforma la sua fragilità in punti di forza per altri, in gancio cui aggrapparsi nelle difficoltà: «Il confessare la pena di ieri, il trionfo di oggi mi strazia l’anima. Sono quasi geloso della mia passione interiore e non vorrei che cuori freddi e duri vi si accostassero per ischernirla. Ma è bene che sia così. Qualcuno nel mio dramma potrebbe discernere il proprio non ancora risolto, la mia gioia cristiana potrebbe suscitare il desiderio di identica gioia […]». La fede è la salvezza, la speranza, la fedele compagna di viaggio, la poesia, la vita, la mano che lo accarezza sempre e 96 PARMA economica per sempre. «Son qui per bere. La mia / è sete di poesia. / È lunga, arida sete / di cose fresche e segrete, / d’acque di limpido squillo / sperduto canto di grillo. / E ancor più dell’acqua d’un rio / oh quanta sete di Dio». La forza che gli fa amare il proprio dolore, le sofferenze di una generazione, liberando un sorriso caldo e bonario: «Le fatiche che per gli altri sono insopportabili, a me non danno dolore, le sopporto con fede e mi Anche se Pezzani sembrano lievi. Quando su mol- subì pesanti te bocche spunta la bestemmia e persecuzioni la parola di sconforto, sulla mia politiche dal aleggia il sorriso, la parola buona che aiuta». Il suo Dio è Dio di fascismo, rimase tutti, alieno dagli eccelsi sublimi, uno spirito libero come dai cieli altisonanti, un incontro semplice in cui gli appare: «L’ò vist acsì, al me Sgnor: / divers da cme i l’àn fat / in Dom, in coll ritrat / adrè na sesa ‘d fior, / äd lum, äd cor d’argent: / al Sgnor sensa na vesta / da cambiär’s a la festa, / un operäi content. / Int i so oc’ j ò vist / la lägorma ch’a tremma, / la tera e ’l cel insemma. / L’era ’l me Gesù Crist / con al cor ch’a sangon’na / che se ’t tal scord al t’speta, / e se la genta inchieta / la biastuma, al gh’ pardon’na. (L’ho visto così il mio Signore: / diverso da come lo hanno dipinto / in Duomo in quel ritratto / dietro una siepe di fiori, / di luce, di cuore d’argento: / il Signore senza una veste / da cambiarsi alla festa, / un operaio contento. / Nei suoi occhi ho visto / la lacrima che trema / la terra ed il cielo insieme. / Era il mio Gesù Cristo / con il cuore che sanguina / che se lo dimentichi ti aspetta, / e se la gente inquieta / bestemmia, glielo perdona)». Mai importuno o invadente, entra in comunione col prossimo a passi sempre felpati, nutre inesausto rispetto per tutti, uomini e circostanze, e così si comporta anche quando varca la soglia di casa della sorella Igi: «È permesso?», pronuncia con voce viva e squillante. Un modo garbato e cordiale di presentarsi, che i familiari considerano quasi un rituale. È il riflesso dell’educazione ricevuta dal padre e impressa viva nel ricordo, quando Secondo Pezzani lo guida dall’alto: «Il mio papà è lì ritto fra le sue macchine possenti, fra il rumore del maglio e il bagliore del metallo liquido che cola dal crogiuolo, è lì col sorriso di bontà stampato sulla bocca, con Pezzani negli oliveti di Imperia il giorno della l’onestà dipinta sulla fronte». dichiarazione di guerra Una vita non facile, dunque, né lineare, ma (fotografia del 1940). cultura E TERRITORIO proprio in questo risiede il fascino dell’uomo. Un uomo che non ha mai dimenticato il suo passato di bambino e che di questa condizione non ha mai voluto abbandonare l’anima: per lui, la fanciullezza Per lui il poeta è un e il mondo dell’infanzia sono la bambino che cerca veste più bella e più calda da avvolgersi attorno. Il bambino è il la gioia nelle piccole poeta, è il cuore del mondo, per cose lui Renzo scrive e a lui si rivolge come messia di rinascimento: «Tra erba e ghiaia - giocondo scopre il mondo - il canto d’un bambino / può rinverdire il mondo». Ancora, in una delle sue più commoventi poesie è forte l’esortazione a tornare bambino per poter attingere appieno alla gioia, che predilige come nido le piccole cose: «La gioia che cerchi su eccelse pendici / s’è forse nascosta tra erbe e radici. / Ritorna quel ch’eri, un bambino innocente / ch’è lieto d’un fiore, che canta per niente. / Se pieghi i ginocchi, se torni piccino, / se baci la terra di questo giardino, / vedrai che lo trovi quel grano granello / ch’è fatto di niente, che sembra un pisello, / che, messo nel cuore, d’un tratto germoglia, / diventa uno stelo, dischiude una foglia. / Ed ecco ti arriva dal cielo un uccello / che canta felice, ti chiama fratello, / ti dice: - “Venuto il mio tempo, permetti / ch’io posi sui rami un canestro d’ovetti?” / Ma dentro gli ovetti qualcuno bisbiglia. / Si rompono i gusci… Che bella famiglia! / Il ramo fiorisce. Ma il fiore più bello / rimane pur sempre quel nido d’uccello» (da La gioia). Di questo nobile sentire Pezzani si ricorda anche negli anni, pur brevi, del suo insegnamento nella scuola elementare “Pietro Cocconi”, da cui subisce forzato allontanamento per ragioni politiche nel 1926, dopo aver esercitato per quattro anni il mestiere di maestro, per lui una missio- Il viandante Un viandante passò da un paese. La gente era al lavoro: gli uomini nei campi, le donne al lavatoio, i bambini a scuola. Non c’era che un agnellino per la strada: brucava erba tra i sassi e suonava un campanello. - Benedetto questo paese - disse il viandante - che invece di un cane mette di guardia un agnello. La pace è meglio custodita dall’innocenza che dalla forza. Pensiero di Renzo Pezzani ne. «Noi scolari volevamo bene al nostro maestro: ci piaceva quel suo fare aperto, quel suo esprimere chiaramente il proprio pensiero con gli altri maestri, anche con quelli con cui non andava d’accordo. Lui portava nella scuola più che il rigore del pedagogo, il profondo senso della poesia: qualche volta questa “novità” didattica restò incompresa dai superiori e anche dai genitori degli alunni», è la preziosa testimonianza di Renzo Piazza, alunno di Renzo Pezzani nel 1926. Un maestro sui generis, che fa dell’insegnamento un atto d’amore. Così si autodefinisce in una lettera inviata ai suoi scolari nel fatidico ‘26: «[…] Un maestro che ignorava la riforma, che insegnava col cuore, e sui temi guardava i pensieri e ignorava gli errori di grammatica. Che tipo! […] Vi ho voluto molto bene. Questo importa abbiate capito. In certi momenti di tristezza vi rivedo tutti, nessuno cattivo, diversi di volto e di cuore, e le mie braccia non bastano a stringervi tutti in una volta […]. Mi accorsi che vi amavo davvero profondamente, e con voi i muri della scuola e i maestri buoni e cattivi. Anche i cattivi erano nel mio cuore. Tutti, tutti […]». Il solco che ha tracciato lascia una scia duratura: dopo lunghi anni, gli rende omaggio e accorato grazie la maestra elementare Giovanna Lotti, ricordandolo così: «La sua esperienza di educatore, arricchita dall’amore per i fanciulli e per la Scuola, seppe fargli trovare la giusta espressione per essere inteso dagli scolari e per poter loro dare nutrimento estetico e soprattutto spirituale, necessario quanto e forse più di quello materiale. Gratitudine dunque, per tutto quello di buono che mi ha permesso di insegnare ai miei alunni, attraverso la lettura, lo studio, il ripensamento di molti dei suoi scritti, nel corso di due cicli, cioè nelle cinque classi della Scuola Elementare. E, ben sapendo che insegnando s’impara, per quanto mi ha permesso di imparare o di meglio capire». Un maestro che sia guida e amico degli allievi, che li istruisca e li culli, li mantenga bambini aiutandoli a entrare nella vita, che è adulta, con temi importanti ma soffusi di dolcezza, delicatezza, spontaneità, innocenza. Questa la meta del viaggio del maestro Pezzani, il cui valore educativo gli viene riconosciuto anche ufficialmente: la commissione ministeriale approva i suoi libri con parole di elogio e Credere, raccol- PARMA economica 97 cultura E TERRITORIO ta di 14 racconti, si aggiudica nel 1934 il prestigioso premio Pallanza. La semplicità rivela sempre la profondità, la facilità è il manto della sublime verità. Renzo Pezzani raggiunge il cuore della gente raccontando della gente stessa, del suo vivere, del suo sentire. Le sue composizioni fioriscono dall’osservazione e dalla compartecipazione alle gioie e ai dolori, agli entusiasmi e alle fatiche, all’onestà e agli errori, ai successi e ai fallimenti. Sono tutti ingredienti della vita che Renzo ammette e accoglie senza riserve, perché il fine della poesia, come della vita, è per Renzo un vero percorso pedagogico-educativo: «Dimostrerò coi fatti che la poesia è ancora un potente strumento educativo». Poesia è amore di bellezza, desiderio di purezza, rinascita di gesti e uomini proprio là dove gli uni si spengono e gli altri si addormentano, recupero di memorie assopite nell’anima. La Musa, la consolatrice, la figura amica che cura gli strappi del cuore: «Tornare alla poesia vuol dire, per colui che ne è vocato, abbandonare la strada d’asfalto per il sentiero che si immerge nel prato. È la salvezza. Ed io mi salvo. Ah, con che gioia al primo mattino, in campagna, apro la finestra e sento il cantare dei ruscelli, il pigolio delle rondini sotto la grondaia, qualche suono di campanili sperduti nel verde dei campi e dei villaggi. Allora Madonna Poesia mi afferra con impeto e mi dice: - Su, mio infimo operaio, servimi, segna sulla carta quello che ti ho detto al cuore. - Ed io, entusiasta, obbedisco, scrivo, scrivo […]». Bimbi e anziani; madri spose sorelle; padri che lavorano e soffrono perché non riescono a soddisfare i sorrisi dei propri figli; uccelli ruscelli alberi; case scuole chiese sperdute nel luogo e nel tempo. Questi i principali protagonisti della poetica di Renzo Pezzani, smisurato universo dove persino le cose si animano di sensazioni umane, si adornano dell’atomo di Dio, senza bisogno di aggettivi ridondanti: «Non sono fatto per fondere un mio gesto nel bronzo», dice Renzo. Cose umili e cuori semplici, ma pieni di dignità e compostezza: «I poveri non sono quelli che vedete / mostrare la fame e la sete, / gli abiti come sacchi pieni delle loro ossa, / la tasca vuota, una piaga rossa, / la mano che aspetta, lo sguardo attento / che prova il vostro cuore / sulla pietra come 98 PARMA economica Una poesia per Pezzani Pier Luigi Bacchini Ho conosciuto la sua anima di biancospino sparpagliato quando le marce di ferro dei soldati trasportavano piogge per l’Europa. Poi ho guardato le violette perenni sulla sua tomba. Ora è solo, con il suo angelo. Il battito delle penne celesti nei temi di scuola. Amava le pietre di Parma. Ho pensato a quando dovette andarsene dalla città e al suo desiderio di ritornare. Ai monumenti bombardati che non vengono rifatti. Alla voce che svela la fama del suo popolo. All’elegante uomo impomatato degli anni Trenta. I petali calpestati della sua poesia sono come preghiere di sera. l’argento. / I poveri sono altrove, lontano dallo sguardo di tutti: / vecchine sole, uomini distrutti. / Gente che ogni giorno si toglie / un boccone dal boccone / e per piangere si nasconde / e non vuole compassione. / Vive pulita e decente / dentro l’ombra d’altra gente. / I poveri sono quelli che seggono / compìti sulle panchine dei viali, / che ascoltano musiche, leggono / vecchi ingialliti giornali. / E li spaura il pensiero / dell’inverno imminente, / la foglia che cade, / la pioggia sottile / che più non ha luce Nella sua poetica d’aprile, / che lascia deserte le restò sempre vicino strade. / I poveri sono quelli che alla gente, agli umili, sentite tossire / nelle case, chissà ai poveri dove, / come tarli nei vecchi legni, / senza poter morire. / Sono quelli che troverete / un giorno, con gli occhi spenti: / morti senza prete, / affamati di sacramenti» (da I poveri). Eppure, il mestiere del poeta non è affatto privo di complicanze, questo Renzo lo sa bene, tanto che all’amico Bruno Paltrinieri scrive: «Chi fa poesia e non soltanto versi sa quanto sia duro mestiere, e come arduo toccare un punto di estrema chiarezza, accendere un fuoco, un piccolo fuoco che si vegga splendere nel tempo nostro desolato». A esortarlo alla poesia è cultura E TERRITORIO A torna indrè Pessani* Luigi Vicini Tutt’i bot dill campani äd Santa Croza jen lagormi ch’se staca da la torra; l’è Pärma dora incò ch’la crida ancorra; dopa tant temp artorna la so rosa. Na rosa ch’l’era ad j’ani ch’l’era via, lontana da sta tera benedètta ch’la l’à tgnù in scoss e la gh’à dè la tètta. Un fior ch’l’è dvintè pass äd nostalgìa. A torna indrè Pessani! E in al cel griz, un cel d’avtón ch’l’è pién ’d malinconia, a pär ’d sentir un cant äd poesia, al cant d’un angiol scos in paradis. E la Rochètta la ghe slärga i brass cme fa la mama con al so putén. Al fior l’è tornè chì int al so zardén, al mèstor l’è gnù in meza ai so ragass. E tutta Pärma, incò, colla pu bon’na, l’agh va incontra par därog un bazén; l’è na mädra ch’a speta al so putén e par regal la gh’à portè na con’na. Mo l’è november, e i ragass dill scöli in polon gnàn’ donär’gh un mass ’d chi fior ch’agh piazeva acsì tant: un mass äd viöli, luza äd speransa, d’umiltè, d’amor. Però mi al so che tutt sti scolarén, con l’alma s’cètta, semplice e sincera, i s’arcordrànn; e apen’na primavera al so ‘bcón ’d tera al dvintarà un zardén’. * Per l’arrivo a Parma della salma del poeta Ritorna Pezzani Tutti i rintocchi delle campane di Santa Croce/sono lacrime che si staccano dalla torre;/è Parma d’oro oggi che piange ancora;/dopo tanto tempo ritorna la sua rosa./Una rosa che erano anni che era via,/lontana da questa terra benedetta/che la ha tenuta nascosta e le ha dato il seno./Un fiore che è appassito di nostalgia./Ritorna Pezzani! E nel cielo grigio,/un cielo d’autunno pieno di malinconia,/ sembra di sentire un canto di poesia,/il canto di un angelo nascosto in paradiso./E la Rocchetta gli allarga le braccia/come fa la mamma col suo bambino./Il fiore è tornato nel suo giardino,/il maestro è venuto tra i suoi ragazzi./E tutta Parma, oggi, quella più buona,/ gli va incontro per dargli un bacino;/è una madre che aspetta il suo bambino/e come regalo gli ha portato una culla./Ma è novembre, e i ragazzi delle scuole/non possono nemmeno donargli un mazzo di quei fiori/che gli piaceva così tanto: un mazzo di viole,/luce di speranza, d’umiltà, d’amore./Però io so che tutti questi scolaretti,/ con l’anima schietta, semplice e sincera,/si ricorderanno; e appena sarà primavera/il suo ‘pezzo di terra diventerà un giardino’. l’amico e «primo maestro di poesia» Ildebrando Cocconi, che Pezzani saluta con queste parole: «Mi diede la prima lezione di poesia accendendomi dentro con parole di fede e costringendomi a credere in me stesso. Fu lui che mi presentò alla prima lettura di versi al Ridotto del Regio, molto rischiando per sé, come ogni altro che in quei giorni avesse osato starmi vicino». Renzo non vuole seguire orme tracciate e, pur consapevole dei grandi nomi che balenano all’orizzonte, la sua è nuova e originale poesia senza cornice, il dipinto parla da solo, è vivo, non richiede abbellimenti o inquadrature. È lì, svela se stesso oltre se stesso. Basta leggere quelle parole unite in armonia per veder scorrere un sorriso e una lacrima sul volto del lettore e per scoprire l’estrema fedeltà di Renzo a se stesso, alla propria natura, alla propria mutevolezza. Per Renzo, poesia è anche sicuramente dialetto, radice del passato che affonda nel presente: «Se qualcuno vi dirà che il dialetto parmigiano è difficile a intendersi, rispondete che ogni cosa bella è difficile; se vi dirà che è inutile scrivere in dialetto, per pochi, quando abbiamo una lingua così bella che tutti parlano e leggono, rispondete che in Italia ci sono tante campane, ma quella della nostra parrocchia vi canta al cuore come nessun’altra; se vi dirà che i dialetti sono destinati a morire, rispondete che appunto per questo preparate pel vostro un monumento nel cuore». E il dialetto è il più degno strumento per esprimere l’esprimibile, è come un padre che con le sue braccia unisce tutti i figli in limpida serenità e struggente malinconia a un tempo. Renzo desidera consegnare «a Parma e ai Parmigiani una genuina poesia del loro dialetto e mostrare il dialetto parmigiano come linguaggio di nobili cose di poesia». Ancora, «la poesia dialettale come io la sento è una consolazione della mia solitudine, l’urna solare delle mie più affettuose memorie; un modo di essere fedele alle cose e di amare anche chi non mi ama. Piccola ed arcana isola dove sono approdato dopo molta tempesta e dove vivo, da Robinson, bastando a me stesso». La poesia, in una parola, suggella la possibilità per Renzo di vivere la propria città natale anche da lontano, di ritornare, almeno col pensiero, a Parma, nella sua Parma. Parma è costante esercizio di ricerca, terra dove tutti gli elementi della vita si fondono e si confondono, pur conservan- PARMA economica 99 cultura E TERRITORIO do la propria essenza, la propria identità. È aspirazione alla pace, alla levità, dopo un’esistenza travagliata ma sempre vissuta, mai rinnegata perché la storia, anche la nostra, nella sua dimensione tutta individuale, è pur sempre maestra di vita e fonte di insegnamenti preziosi: «Se Parma sapesse quanta parte del suo cuore è qui con me, custodita nel mio cuore, ne sarebbe gelosa, se ne sentirebbe mutilata. Ed è la mia sola ricchezza, la mia terricciola di solitudine, il bosco segreto dove il sentiero fu tracciato dal mio passo e i pensieri diventarono alte e libere fronde». Talmente forte è il legame con Parma da voler fare rivivere l’atmosfera parmigiana anche nella lontana Torino. Ne parla Ernesto Manghi: «Le porte della sua casa erano sempre spalancate per tutti. Quando poi poteva ospitare dei parmigiani, per lui erano giorni di festa. Li riceveva a braccia aperte, anche se li vedeva per la prima volta o non li aveva mai conosciuti». Parma è arte, e forte è il rincrescimento di Pezzani per la distruzione che colpisce la città durante il periodo bellico: «Ho sentito con profondo dolore la notizia del bombardamento di Parma. Il mio pensiero non sa staccarsi dall’idea che tante cose d’arte siano andate distrutte insieme a vite uma- 100 PARMA economica ne. Io amo Parma come una parte di me stesso e trepido per gli amici, per il nostro Battistero, per la vita aurea e secolare di codesta mia città, di codesta mia gente», è il pensiero che Renzo invia da Castiglione Torinese nel 1944. E Castiglione è la seconda casa del poeta, porto ospitale dopo il sofferto e subìto allontanamento dalla città d’origine. E nella splendida Villa Fiorita, «il castello, alto sul colle, al centro d’un paesaggio mirabile», Renzo Pezzani si addormenta il 14 luglio 1951, sfinito da coma diabetico, in una notte tempestosa, solo, in povertà, tra le braccia dell’anziana madre, stringendo tra le mani i Fioretti di San Francesco. La malattia incalza, ruba all’uomo le forze, lo sfinisce, ma resta la voglia di raccontare: «Rincrudisce il diabete, e il diabete è il male delle lunghe malinconie: un terreno dove trova, come un fungo abbondante o una muffa, il pensiero della morte. […] Ognuno a patire è sempre solo, terribilmente solo», triste presagio che nell’amarezza della solitudine e della sofferenza svela insolvibile il nodo tra morte e amicizia «sempre trasparente come gli angeli». Ecco come si rivolge all’amico Furlotti, pochi mesi prima di spegnersi: «Non vi è nulla tra di noi: c’è solo l’amicizia. Io dovevo scriverti e ti ho trascurato; dovevo parlare e ho taciuto; dovevo farmi vivo e ho fatto il morto. Ma non perché io debba rimproverarti qualcosa! Ho taciuto perché sono atterrito dalla vita, perché ho voglia di morire, perché sto ritraendomi da tutto e da tutti. Caro, caro Furlotti. E non temere mai della mia amicizia anche se talora sembra sorda e distratta. Pezzani non ha mai tradito nessuno. Per questo è fuori del tempo». Chi ama troppo forse manca a se stesso, ma è quella mancanza il suo bisogno e, per non tradire l’esigenza di autenticità, la morte è per Renzo Pezzani il cammino che conduce a Dio, itinerario di pace e di libertà: «L’idea della morte non è in me l’idea di ombra, né terribilità di problema: è pace ed evasione. Io l’aspetto come la sola consolatrice, sola estrema felicità. […] Senza l’approdo, desolato è il mare; verrà tempo che sarò più alto delle nubi, più libero della luce […]. Io non so luogo della terra più dolce e più lieto d’un camposanto, una pagina di terra chiusa nella storia d’ognuno. Ivi la parola “fine” s’illumina della parola “pace”. Tutte le tempeste cultura E TERRITORIO vi si infrangono sciogliendosi in lagrime, ma vi incominciano le certezze. Qui si varcano le frontiere d’Iddio e l’esilio diventa patria perenne». E, dopo un lungo viaggio, il meritato e sospirato ritorno: il 28 novembre del 1953 le spoglie del poeta vengono trasferite con intensa partecipazione dei cittadini parmigiani dal cimitero di Castiglione alla Villetta di Parma, dove tuttora riposano nella tomba di famiglia, monumento dalle linee sobrie ed eleganti: un arco di mattoni rossi, una rondine, e una targhetta con un verso estrapolato da Oc’ luster, una delle fortunate raccolte di poesia dialettale, nel rispetto del desiderio manifestato all’amico Furlotti nel 1935, allorché un incidente in motocicletta accende nel poeta il pensiero della morte. «[…] Ho pochi soldi da spendere, ma il ‘900 può suggerire un lavoro semplice e disadorno che dica molte cose. Basterebbe una pietra sull’avello e un arco di mattoni rossi». Questo è Renzo Pezzani: finezza nella sobrietà, parola nel silenzio. Bibliografia Battei, Alla riscoperta di Pezzani. Non solo poeta e cantore di Parma ma anche irriducibile editore, in «Gazzetta di Parma», 21 novembre 2011. J. Bocchialini, Memorie e figure parmensi: scrittori e poeti del Novecento, Parma, 1964. P. Briganti, A. Briganti (a cura di), Pezzani 2011: a sessant’anni dalla scomparsa, Parma, 2011. P. Briganti, Renzo Pezzani poeta in lingua, in «Parma e la sua Storia» (Renzo Pezzani in digitale) M.C. Cervi, Lettere inedite di Renzo Pezzani a Italo Clerici per la realizzazione scenica di “Al Marches Popo”, Parma, 1959. Maria Gaj, La voce di Renzo Pezzani nella poesia del suo tempo, in «Aurea Parma», (1972), pp. 110-126. Ganda, Traversie editoriali del poeta Renzo Pezzani, Udine, 1995. G. Marchetti, Renzo Pezzani: i “due tempi” della poesia, in «Parma e la sua Storia» (Renzo Pezzani in digitale) G. Marchi, Renzo Pezzani editore, Parma, 1985. G. Petrolini, Nel nome del padre. Renzo Pezzani e la poesia dialettale a Parma, Officina parmigiana: la cultura letteraria a Parma nel ‘900: Atti del Convegno, Parma, 1991. Renzo Pezzani nella vita nell’arte nel ricordo, a cura del Cenacolo degli amici di Renzo Pezzani, Parma, 1952. F. Squarcia, Pezzani, in «Aurea Parma», (1951), pp. 151-161. Un autore molto prolifico Il nome di Renzo Pezzani (Parma, 4 giugno 1898 - Castiglione Torinese, 14 luglio 1951) desta in noi un lieto ricordo di poesia, una poesia che Renzo lascia come preziosa testimonianza di sé e come dolce strumento di insegnamento nella bella e tortuosa strada della vita. Ma per rendere giusta riconoscenza al poeta è necessario estendere lo sguardo all’intera e vasta produzione, non solo poetica, di Renzo, che fu anche traduttore di diverse opere dal francese, e abile e appassionato illustratore di vari suoi libri. Renzo esordisce nel mondo letterario, a 22 anni, con la pubblicazione di Ombre (1920), raccolta di poesie in cui i capisaldi del futurismo si mescolano a tinte squisitamente pezzaniane, quali immagini di campisanti, mondo dell’infanzia, attenzione per gli umili; segue, a breve distanza, Artigli (1922), interamente dedicata ai pesanti riflessi della guerra sul debole cuore dell’uomo: «Se è possibile una poesia del fante, con tutte le sue pene senza fine, le sue miserie senza luce, le sue glorie senza fama, quella poesia è qui. Ed è qui attraverso accenti, in cui la potenza espres- siva è raggiunta a forza di semplicità. Ci si sente l’odor di trincea e di fucilate, il tanfo di rancio e il bruciore di nostalgia, la povera passione della casetta lontana e l’oscura passione che conduce alla morte […]. Questa poesia è carne e sangue, fulgore e tenebra di umanità, spasimo di vita e di morte», così recensisce l’amico Jacopo Bocchialini. Accanto alla distruzione generata dalla guerra c’è il desiderio di istruire i piccoli, di tracciare per loro la strada verso il futuro, e così nel 1923 vede la luce Il sogno d’un piccolo re, agile favola in versi per cuori puri, piccoli e grandi. Segue Corcontento (1930), altro romanzo per ragazzi, mentre data 1932 Angeli verdi, libro di educazione morale in cui i protagonisti sono gli alberi, dedicato ai «giovanetti d’Italia». Seguono Credere (1934) e tante altre felici esperienze letterarie per la scuola, tra cui spicca Focovivo (nel 1943 in edizione Sei e nel 1947 in edizione Ili), fonte di ingenti guadagni per l’autore. Numerose le raccolte di liriche, da La rondine sotto l’arco (1926) e L’usignolo nel clau- PARMA economica 101 cultura E TERRITORIO stro (1930) a Sole solicello (1933), Belvedere (1935), Cantabile (1936), sino alla matura esperienza di Innocenza (1950), dove l’originalità è così marcata che Renzo Pezzani è unicamente Renzo Pezzani. Alla sua terra il poeta dedica una trilogia dialettale: Bornisi (1939). «È nato da un abbandono del mio cuore a un mondo di ricordi. Ognuno dei suoi componimenti è un giorno, un attimo della mia giovinezza ritrovati in fondo al cuore come in fondo a un cassetto stipato dal disordine di antiche memorie. Cerchi una cosa e ne trovi un’altra. Cerchi una vecchia lettera e ti trovi tra le mani un fiore secco, il ritratto d’una morosa, la medaglia della prima Comunione, le stellette di sodato […] affidato all’estro della poesia, ricomponi adorabili momenti della tua vita, ma ti accorgi che sono brani della vita di tutti», scrive in Tarabacli (1942). «Ho voluto con questo libro confondermi con il popolo […] mi pare così di stabilire un nobile baratto tra me e il popolo parmigiano: tu mi presti il cuore ed io ti dico quello che c’è dentro», si legge invece in Oc’ luster (1950). «Un modo di sentirmi parmigiano, vicino alla mia terra e alla mia gente, nel dolore di un esilio che dura da venticinque anni e non fu mai consolato da altri che non fosse la speranza di un ritorno, è questo di abbandonarmi alla poesia»: sono parole scritte in un trio preceduto da un libretto, sempre in vernacolo, Al stizz (1927), rimasto a lungo in bozze, quindi pubblicato dalla casa editrice Luigi Battei. E per Parma scrive anche un inno, Inno a Parma, musicato da Ildebrando Pizzetti. La passione per l’arte coinvolge anche il teatro, per cui Renzo compone sia in italiano sia in vernacolo; si ricordi per tutti Al marchés popò, opera teatrale in dialetto parmigiano, la cui nascita si deve anche all’intensa e sincera amicizia che lo lega all’attore Italo Clerici, che si rivolge all’amico Renzo con una convinta certezza: «Il teatro parmigiano da noi creato ha soltanto vent’anni di vita. Molto si è fatto, ma tanto resta da fare, aiutami in questo immane lavoro, sono certo che riusciremo». Si tratta di un lavoro originale e nuovo, di cui Renzo va particolarmente fiero: «Mi pare di aver fatto una cosa bella e nuova, ricca di autentica poesia», e che incontra il gusto e i desideri di Italo. «Stanotte ho letto d’un fiato il tuo dramma. È bello, bellissimo, bel, bel, bel bombén, bombén, bombén!». Ma il poliedrico carattere di Renzo non si ferma qui, e scrivere significa scrivere anche sogget- 102 PARMA economica ti cinematografici: ne compone almeno nove, di cui sette tra il 1936 e il 1940. I pezzi non trovano appagamento sullo schermo per causa di un canovaccio troppo semplice e un intreccio troppo lineare, fatto di pochi elementi; tuttavia, vi si ritrovano i temi puri che costellano tutto l’universo di Pezzani, dall’amore che trionfa sempre sulla via verso l’eternità e la giustizia, allo spiccato acume dei giovani sugli adulti. E, una curiosità: in Burattini insanguinati, «in una Parma favolosamente stendhaliana, avrebbe dovuto figurare Italo Ferrari come burattinaio». E, da buon parmigiano qual è, non resta indifferente nemmeno all’arte culinaria, tanto da presentare al suo pubblico alcuni brani dedicati a piatti tipici della cucina parmigiana (Al pién, J anolén, La pasta, Do ften’ni äd parsut, Al salam pramzan, La consèrva pramzana), dove la preparazione gastronomica apre sempre a una prospettiva di gioia e divertimento, di amore e calore di cose semplici e genuine. Infine, un’esperienza che marca profondamente il cuore e la mente di Renzo Pezzani fin dagli esordi è l’editoria, mondo affascinante e smisurato, insondabile e imprevedibile, adorato ma anche inevitabilmente odiato, che per Renzo deve essere totale e assoluta libertà di esprimere il poeta che è dentro di sé e che inizia a mettere le ali per librarsi nel cielo dei sentimenti. Ma dove, invece e purtroppo, il poeta dovrebbe cedere il posto al manager, all’uomo d’affari, come riconosce lo stesso Pezzani: «Il libro è una gioia scriverlo, ma, portato nel gioco del mercato, da bimbo innocente può trasformarsi in mostro divorante», eppure questo non è né nelle corde, né nel volere di Renzo «rifatto poeta, tutto poeta, solamente poeta». Così, l’originario entusiasmo per la fondazione delle riviste La difesa artistica - Rovente (19211923), frutto della collaborazione tra Renzo e gli intellettuali del Caffè Marchesi di Parma, luogo frequentato assiduamente dallo stesso Pezzani; La Grande Orma (1924-1925), voluta e ideata interamente da Renzo; Novissima Parma, che non vede nemmeno la luce; e di diverse case editrici, da Eto (1922-1924) a Le Muse (19281929) fino a Il Verdone (1942-1945) ed Edizioni Palatine (1946-1950); quell’entusiasmo viene smorzato sul nascere da una serie di insuccessi e fallimenti, dovuti in parte alla disastrata situazione finanziaria dello stesso Pezzani, in parte alle conseguenze devastanti che il conflitto bellico ha riversato anche nei settori editoriale ed economico. dalla camera di commercio PARMA economica 103 dalla camera di commercio Una storia di Parma e della sua economia Per i nostri lettori e per tutti gli interessati riproponiamo, in ordine cronologico, gli indici dei numeri di Parma economica pubblicati dal 2004 al 2012 Elena Olloqui In occasione della pubblicazione del primo numero 2013 di Parma economica e del recente rinnovo grafico del 2012 della rivista, la più antica voce dell’economia provinciale, si vuole tracciare un breve bilancio degli ultimi otto anni (dal 2004 al 2012) attraverso gli indici cronologici. Questi elenchi sono disponibili anche nella pagina online della Camera di Commercio, inclusi gli indici per argomento e per autore, e sono rivolti a chi è interessato a un particolare tema. Uno strumento utile per la ricerca ma anche un documento per valutare il lavoro svolto e per riflettere sulle tematiche che più coinvolgono i cittadini del nostro territorio. Informazione, analisi economica, turismo, attualità, cultura e società parmigiana sono alcuni temi trattati da Parma economica, storicamente ancorata al territorio provinciale, ma al contempo attenta e proiettata verso il contesto internazionale. In particolari occasioni sono contemplati anche i numeri speciali monografici, come nel caso del primo numero del 2010 su I Musei del Cibo. Tra gli altri autori della rivista troviamo riconosciuti docenti universitari, personalità giornalistiche, esperti dell’enogastronomia, storici ed economisti; collaboratori sporadici oppure abituali, ma tutti legati in diverso modo alla realtà parmigiana. Essere stata fondata nel 1869 conferisce a Parma economica il titolo di più antica pubblicazione periodica della provincia di Parma. Allora la sua funzione era di fornire alla comunità locale informazioni aggiornate di carattere economico: diventando così il “bollettino” della Camera di Commercio, riportava mensilmente dati statistici, tariffe doganali, atti di protesto, ecc. Negli anni Sessanta, questo “bollettino” diviene Parma economica, una vera e propria rivista con finalità di informare in maniera approfondita. La forma editoriale e i contenuti si sono sviluppati nel tempo fino a raggiungere la veste grafica attuale nel 2012. Anno 2012 Numero 1 Autore Zanlari Andrea Olivieri Giordana Caselli Guido Paratico Chiara Della Valentina Andrea Franchi Maura Magagnoli Stefano Zubani Roberto Oliver Frisina Rosaria Carnevali Chiara Guidi Rita Delendati Stefania 104 PARMA economica Titolo La coesione può contrastare e battere la crisi L’economia di Parma nel 2011, tra luci e ombre Riflessioni sul capitalismo costruttivo La crescita dell’industria alimentare passa per l’export Grandi opportunità per l’italian food nella ristorazione USA Diamo credito all’agricoltura Imprese, fate un salto di qualità Il prodotto tipico: mito della memoria e prodotto culturale Avatar: un modello storico-economico per i prodotti tipici Il sistema pubblico-privato di segnalazioni sull’affidabilità aziendale Social network e imprese Il decollo del gigante La parmigianità La Bassa, terra d’immobilità apparente Pag 2 6 15 23 26 32 41 44 52 58 65 74 82 87 dalla camera di commercio Numero 2 Autore Chicarella Giorgia Frisina Rosaria Della Valentina Andrea Bonazzi Giuseppe e Iotti Mattia Di Palma Rossella Berrino Annunziata Mocarelli Luca Della Valentina Andrea Domenichelli Monica Cacciani Roberto Massafra Anna Maria Birtig Guido Benecchi Isabella e Piazza Orietta Epifani Marco Triani Giorgio Camurani Ercole Titolo Tra Divina Commedia e business plan Alma: la cucina italiana ha casa qui Formazione di eccellenza Un bilancio sul crudo Il Parma e gli altri Tipicità e turismo in Italia I grandi prodotti tipici italiani: la lunga battaglia del Chianti Banche-Confidi, l’alleanza premia l’impresa Non è tutto oro quello che luccica La democrazia economica come fonte di sviluppo Mangiare è un atto agricolo Euro, che ne sarà fra dieci anni? La via dei mercati esteri per uscire dalla crisi? L’ABC del prosciutto di Parma Oltretorrente. La rive gauche parmigiana Il lavoro nei ducati prima dell’Unità d’Italia Pag 2 10 21 24 34 43 52 60 64 71 76 86 92 100 107 113 Titolo Da 90 anni un modello di eccellenza Una finestra sul futuro A Parma assume solo il 13,2% delle imprese Prodotti tipici e marketing: il Parmigiano-Reggiano Parma e il cavallo: dall’allevamento alla cucina Volontariato: lo sforzo più grande è crederci Project financing: come investire in tempo di crisi La tigre ha il fiato corto? Il fattore energetico nella competizione internazionale I ritardi del Made in Italy alimentare nella sfida tra globale e locale Un vanto rosa per la città L’Oltretorrente ai tempi del fascismo Il grande fiume Po Il re dei formaggi Pag 2 16 21 32 44 53 66 73 82 90 102 109 116 120 Delendati Stefania Titolo Etica, territorio e impresa: quale rapporto Parma, un 2010 in agrodolce Verso la fine di un modello? La crescita? Parte dall’iniziativa dei singoli Un’azienda moderna è un’azienda che fa formazione Vince solo chi innova Abbiamo fatto di Parma la città dell’olio Donne: imprenditrici da sempre I cambiamenti climatici e le loro conseguenze Le principali tipologie di contratto flessibile La biodiversità zootecnica: una ricchezza culturale ed economica Le tensioni geopolitiche del Nord Africa La guerra del petrolio Il cimitero della Villetta: un viaggio nella Parma che fu Pag 2 8 18 28 31 33 36 38 44 50 58 66 74 80 Numero 2 Autore Zanlari Andrea Redazione Camera di Commercio di Parma Camurani Ercole Gonizzi Giancarlo Cacciani Roberto Manfreda Alessio Delendati Stefania Titolo Imprese storiche, un modello per il futuro Partenariato pubblico-privato, le risorse per le Pmi vengono da qui Le aziende centenarie. Le schede delle 26 premiate La struttura industriale di Parma nel 1861 Conserve alla parmigiana: la nascita della Stazione Sperimentale La scuola italiana? Rimandata a settembre Le Pmi italiane nello scenario europeo Sette musei per conoscere le scienze Pag 2 6 12 60 70 80 86 96 Titolo Imprese e occupazione: indagine Excelsior 2011 Arte e tecnologie. È anche un Paese per giovani intraprendenti Dall’economia di corte al sistema metrico decimale I monopoli al tempo del ducato di Parma e Piacenza Alimentazione, salute e sostenibilità ambientale L’agricoltura tra difesa del clima e sicurezza alimentare Piccoli frutti, grandi risorse: lamponi, ribes, mirtilli & co. Australia, un futuro tra sviluppo e incertezze Vivere la crisi in Europa tra difficoltà e cambiamento A Parma, dove il soccorso ha lunga storia L’agricoltura spiegata ai ragazzi: scuola in fattoria Pag 2 10 18 28 36 42 48 54 64 70 80 Numero 3 Autore Gonizzi Giancarlo Olivieri Giordana Magagnoli Stefano Domenichelli Monica Piazza Orietta Meli Tommaso Sabatini Sabrina Caggiati Maurizio Bocci Barbara Delendati Stefania Gambetta William Guidi Rita Epifani Marco Anno 2011 Numero 1 Autore Zanlari Andrea Olivieri Giordana Caselli Guido Padula Rocco Bernardini Elisabetta Birtig Guido Silvestri Simona Di Palma Rossella Caggiati Maurizio Numero 3 Autore Olivieri Giordana Chicarella Giorgia Camurani Ercole Massafra Anna Maria Birtig Guido Di Palma Rossella Manfreda Alessio Birtig Guido Piazza Orietta Delendati Stefania PARMA economica 105 dalla camera di commercio Numero 4 Autore Montanari Angela Gonizzi Giancarlo Di Palma Rossella Zanlari Andrea Bonazzi, Iotti, Manghi Malice Teresa Piazza Orietta Taranto Salvo Cuoghi Francesca Caggiati Maurizio Birtig Guido Delendati Stefania Guidi Rita Titolo Imballaggi: la parola d’ordine è la ricerca Conservare la conserva L’etichettatura degli alimenti: al servizio del consumatore Alimentazione, tradizione e sicurezza nell’Ue L’industria salumiera a Parma Libri, è crisi vera L’emergenza fame è sempre più attuale Commercio, è vera liberalizzazione? La responsabilità sociale d’impresa, un diverso modo di fare impresa Russia: autocrazia al capolinea? Il sogno europeo (e il rischio di un brusco risveglio) Parma: culla dell’archeologia moderna I Farnese, questi sconosciuti Pag 2 10 20 26 32 42 48 58 66 74 84 92 104 Titolo I Musei del Cibo: simboli della nostra economia I Musei del Cibo: luoghi di memoria e progetto Le eccellenze agro-alimentari del parmense e la loro storia Profilo storico del sistema agroindustriale parmense Viaggiatori del gusto. Il genius loci si assapora nel piatto I Musei del Cibo e la valorizzazione del territorio I magnifici quattro Il Museo del Parmigiano-Reggiano Il Museo del Prosciutto e dei Salumi di Parma Il Museo del Salame di Felino Il Museo del Pomodoro Quando il cibo diventa arte, la tradizione diventa forma All’interno dei musei. Un percorso fra sapori e saperi Pag 2 3 4 18 26 36 44 46 54 62 70 78 84 Saperi e sapori. La didattica nei Musei del Cibo Il futuro della tradizione: nuovi scenari per l’agroalimentare Il vino e la pasta. I Musei del Cibo… che verranno 90 96 102 Titolo Parma l’economia del 2009: dati, numeri e prospettive Gestire il cambiamento in tempo di crisi: l’equilibrio non è stasi “Contro la crisi: puntare sull’innovazione e le risorse umane” La crisi non deve farci paura François Michelin e l’economia della scelta responsabile A Parma la V Conferenza Europea su ambiente e salute Cambiamenti climatici: l’agricoltura che tutela l’ambiente Il viaggio parte da Internet La lunga marcia delle medicine non convenzionali L’educazione finanziaria Etiopia, un paese in bilico tra passato e futuro L’Orto Botanico, lo scrigno verde di Parma L’università, fucina di talenti o precari? Pag 2 12 24 28 32 34 40 46 54 62 68 80 88 Titolo CCIEE, da Parma una mano alle imprese L’agroalimentare italiano deve osare di più Qualità e competitività, ma per vincere bisogna fare sistema Innovazione e nuovi mercati, parole d’ordine per l’agroalimenraee made in Italy Gli aiuti ai paesi poveri: dalla solidarietà all’impresa Supermercati, varchi elettronici, Ztl e la crisi del piccolo commercio Occupazione e imprese: l’indagine Excelsior 2010 Piano Integrato Ambientale di Parma: nel 2012 l’avvio del nuovo inceneritore? Produttività, questa sconosciuta Agenti immobiliari: è in arrivo la nuova disciplina La cosmetica diventa bio, per una cura di sé e dell’ambiente Cosa chiedere al marketing e alle relative ricerche Mercato unico europeo, il futuro delle Pmi passa da qui Azerbaigian, un paese a due velocità Il giro del mondo in un museo Pag 2 6 12 16 20 26 30 40 48 54 58 66 72 80 90 Anno 2010 Numero 1 Autore Zanlari Andrea Mora Giampaolo Gonizzi Giancarlo Guenzi Alberto Villa Mariagrazia Ganapini Alberto Ivardi Villa Mariagrazia Provinciali Stefania Bordi Alberto Rossi Sauro Zarotti Marco Calidoni Mario Zanlari Andrea Villa Mariagrazia Numero 2 Autore Olivieri Giordana Caselli Guido Padula Rocco Frisina Rosaria Zanlari Andrea Favalesi Clementina Di Palma Rossella Birtig Guido Bolzani Daniela Delendati Stefania Mazzotta Marco Numero 3 Autore Redazione Camera di Commercio di Parma Carra Francesca Saponara Francesco Olivieri Giordana Piazza Orietta Birtig Guido Del Chicca Renato Di Palma Rossella Marbach Giorgio Vantaggiato Francesca Caggiati Sara Delendati Stefania 106 PARMA economica dalla camera di commercio Numero 4 Autore Arfini Filippo Menozzi Davide Giacobini Corrado Torelli Jessica Donati Michele Gigante Roberto Caggiati Maurizio Birtig Guido Vantaggiato Francesca Caggiati Maurizio Delendati Stefania Fornari Carlo Titolo Il settore lattiero-caseario a Parma tra crisi e ripresa Prosciuto di Parma, un comparto Dop Aspettando l’Europa. Le politiche agricole per il 2020 La tutela delle biodiversità coltivate in provincia di Parma Pomodoro, una crescita complessa Programma rurale, è tempo di bilanci Bipar la borsa immobiliare ha preso il volo Le conseguenze economiche della crisi subprime La Pac. Origine, evoluzione e prospettive dell’agricoltura L’effetto domino del risveglio politico del mondo arabo Orti sociali. Quando la campagna riconquista la città San Giovanni. Conoscere bene per festeggiarlo meglio Pag 2 10 16 22 26 38 42 50 56 66 74 80 Numero 1 Autore Olivieri Giordana Beghelli Matteo Sartini Matteo Sartini Matteo e Fedolfi Eugenio Di Palma Rossella Carnevali Chiara Delendati Stefania Birtig Guido Albai Cristina Caggiati Sara Villa Mariagrazia Spotti Chiara Titolo I numeri dell’economia parmense nel 2008 Parma 2.0: il futuro non si prevede, si fa Come competere nella crisi e dopo: intervista a Onida Prosciutto di Parma, quale mercato Influenza “suina”: il “Parma” e la psicosi mediatica Bilancio di mandato Nel piatto degli italiani Una società con sempre meno denaro contante Giappone e Italia: due mondi e due economie differenti Iran: la modernizzazione bussa alle porte dell’integralismo Questo museo è tutta un’altra musica L’Assistenza Pubblica a Parma Pag 2 12 18 18 24 32 38 46 52 58 70 76 Numero 2-3 Autore Ferrari Erika Olivieri Giordana Cantoni Stefano Formica Elena Delendati Stefania Birtig Guido Cacciani Roberto Intonti Maria Caterina Caggiati Sara Bellomi Eleonora Villa Mariagrazia Titolo Turismo a Parma. Una fotografia dai colori contrastanti Occupazione a Parma: i dati del Rapporto Excelsior 2009 Donne e impresa: la ristorazione nel parmense La casa affronta la crisi: la qualità costruttiva è la via d’uscita Energie pulite. Parma dice sì A che punto è la notte Riflessi sociali ed economici della disuguaglianza La conciliazione per ritrovare l’armonia Sudafrica: transizione in corso BoulevArt: un fenomeno che ha coinvolto l’intera società La cultura è servita Pag 2 10 18 28 34 48 54 58 64 74 84 Titolo Qualità e marketing contro la crisi del Parmigiano-Reggiano Pag 2 Anno 2009 Numero 4 Autore Redazione Camera di Commercio di Parma Bussi Enrico Di Palma Rossella Delendati Stefania Mazzotta Marco Birtig Guido Carnevali Chiara Caggiati Sara Carra Francesca Conforti Laura Parmigiano-Reggiano: rischi e opportunità per il futuro Crisi del commercio, gli outlet in controtendenza Terme: qualcosa è cambiato. Analisi di una trasformazione L’acqua, “oro blu” per pochi? I rischi della nuova legislazione I nuovi orizzonti della finanza islamica L’altra sponda del Mediterraneo. Nel futuro della Libia c’è l’Italia Vietnam: il risveglio della tigre dell’Indocina Lino Ventura, un protagonista indimenticato del cinema francese Non solo immagini. Il centro Cinema Lino Ventura 4 6 12 22 28 34 42 52 62 Anno 2008 Numero 1 Autore Capuccini Massimo Gabba Cristina Pin Lino Delendati Stefania Frisina Rosaria Lucarelli Sofia Birtig Guido Bigliardi Marco Nico Alberto Villa Mariagrazia Titolo Sviluppo, crescita delle imprese e benessere dei cittadini Cento anni di Giovannino Guareschi Evoluzione della Malvasia di Candia negli ultimi 25 anni Ricordando quelle vite da matti: la storia del manicomio di Colorno Agriturismi in aumento nel parmense A Caorso un progetto di fusione nucleare Prediche inutili La finanza dei derivati e il pensiero contemporaneo Il sistema Parma alla conquista del Giappone Se la cultura nutre il cibo Pag 2 12 24 30 38 44 52 60 66 74 PARMA economica 107 dalla camera di commercio Numero 2 Autore Sangiorgi Giuseppe Delendati Stefania Frisina Rosaria Piazza Orietta Birtig Guido Nico Alberto Caggiati Sara Bernardini Elisabetta Villa Mariagrazia Capelli Gianni Titolo Agroalimentare, volano dello sviluppo Non rifiuto, io riciclo Ikea a Parma, è già una realtà Parlando di energia: quali possibilità? Ripensare la globalizzazione India, il partner del futuro Georgia, la scommessa dello sviluppo Moldova, una nazione giovane con grandi speranze Quindici anni di creatività under 35 La Pilotta, monumento incompiuto dei Farnese Pag 2 10 20 26 34 40 44 54 64 72 Numero 3 Autore Capuccini Massimo Lauria Gaia Frisina Rosaria Cignoli Michele Birtig Guido Caggiati Sara Nico Alberto Carnevali Chiara Villa Mariagrazia Delendati Stefania Titolo Quale crisi per il Parmigiano-Reggiano? Interporti e intermodalità Efsa, dal Dus a Viale Piacenza Artigianato e immigrazione Inflazione reale e percepita Caffè Italia. Storie di ordinaria emigrazione Portogallo: obiettivo turismo Cina, istruzioni per l’uso Quella striscia di terra frastagliata dagli argini La scienza cura l’arte Pag 2 10 16 24 32 38 46 50 60 70 Titolo Federalismo fiscale: alcune considerazioni Nuovo assetto per Banca Monte Parma Festival Verdi, un evento che piace Si scrive Esi, si pronuncia futuro La disciplina del sostegno all’agricoltura Pag 2 10 10 24 32 Numero 4 Autore Zanlari Andrea Giuliano Maria Luisa, Sartini Matteo Frisina Rosaria Villa Mariagrazia Ghinelli, Di Lorenzo, Greco Albai Cristina Birtig Guido Delendati Stefania Caggiati Sara Nico Alberto Cornini Chiara Denominazioni protette, una tutela a livello europeo Nuovi orizzonti per i Confidi La spesa? A tutto Gas Giordania: tra mito e realtà Canada, testa di ponte per l’agroalimentare italiano Guanda: 35 anni al servizio della gente 42 50 58 64 72 78 Anno 2007 Numero 1-2 Autore Zanlari Andrea Pag 2 Frisina Rosaria Lucarelli Sofia Birtig Guido Caggiati Maurizio Caggiati Sara Pallini Veronica Delendati Stefania Capelli Gianni Villa Mariagrazia Fornari Carlo Titolo Centri commerciali e centri cittadini: evoluzione del rapporto artificialità/naturalità e sistemi di gestione integrata Pannelli solari, più incentivi e informazione Verso una “maxiutility” del Nord Italia I mutui fondiari e la crisi subprime Ucraina, terra di frontiera Messico, la cerniera fra le due Americhe Lo sguardo verso nuovi territori Parma laboratorio della mobilità accessibile Omaggio a Giuseppe Garibaldi La bellezza della vita vera Breve storia esoterica del vino Numero 3-4 Autore Olivieri Giordana Capuccini Massimo Delendati Stefania Olivieri Giordana Piazza Orietta Pallini Veronica Birtig Guido Del Chicca Renato Capuccini Massimo Capelli Gianni Frondoni Bianca Maria Villa Mariagrazia Titolo Congiuntura 2007, bene il “sistema Parma” I distretti agroalimentari di Parma Oh che bei castelli! Excelsior: le previsioni occupazionali per il 2007 Stranieri, lavoro, impresa… Un’integrazione di fatto Sicurezza sul lavoro, un problema anche a Parma Biocarburanti, una soluzione? La riforma della disciplina legislativa del condominio Faccio shopping, quindi sono Stendhal e l’abbazia di Valserena I Parmigiani di Edoardo Fornaciari Il progetto si ambienta Pag 2 10 20 26 38 46 52 60 66 70 76 80 108 PARMA economica 12 18 26 32 42 52 58 66 70 78 dalla camera di commercio Anno 2006 Numero 1 Autore Zanlari Andrea Caggiati Maurizio Guidi Rita Capuccini Massimo Capuccini Massimo Messori Chiara Zanlari Andrea Piedimonte Angelo Michele Delendati Stefania Villa Mariagrazia Numero 2 Autore Capuccini Massimo Villa Mariagrazia Frisina Rosaria Capuccini Massimo Messori Chiara Grossi Alberto Daif Mina Caggiati Maurizio Delendati Stefania Capelli Gianni Cacciani Roberto Numero 3 Autore Sangiorgi Giuseppe Canali Carla, Puglisi Maria Angela Pallini Veronica Caggiati Maurizio Fornaciari Francesca Ghirardini P. G., Pellinghelli M. Birtig Guido Zanlari Andrea Delendati Stefania Capelli Gianni Villa Mariagrazia Numero 4 Autore Capuccini Massimo Grossi Alberto Pallini Veronica Lucarelli Sofia Frisina Rosaria Frondoni Bianca Maria Birtig Guido Torta Annalisa Caggiati Maurizio Redazione Camera di Commercio di Parma Delendati Stefania Capelli Gianni Titolo Parma al bivio, fra terziario e manifatturiero Made in Italy e medie imprese nell’Italia della ripresa Il business e l’impegno: ritratto dell’azienda Mazzali Di padre in figlio Igp al salame di Felino: più vicino il riconoscimento Più opportunità alle giovani generazioni La Cina tra crescita economica e prospettive politiche Il recente andamento del commercio internazionale e la posizione dell’Italia La memoria ebraica nel parmense Nella tela del collezionista Pag 2 10 16 20 26 32 40 46 54 60 Titolo Il commercio con l’estero. Cambiamenti strutturali e prospettive future Studiare da ambasciatori della cucina italiana L’aumento dei rifiuti elettronici nella società moderna Commercio e servizi: il futuro viene dagli Stati Uniti La sfida energetica in Emilia-Romagna Nuove energie e innovazione tecnologica: una questione di democrazia Marocco: una sfida tra crescita e tradizione Venezuela: un paese che cambia rotta I custodi della biodiversità agrozootecnica I mille volti di Parma antica Idee e considerazioni afferenti la democrazia economica Pag 2 14 20 26 32 42 46 54 62 68 78 Titolo Dieci anni in rete L’autotrasporto merci fra riforma e mercato Nasce il distretto del pomodoro da industria Obiettivo Cina, due pareri a confronto Dall’emigrazione appenninica alla conquista dei mercati esteri Excelsior 2006. Il mercato del lavoro in provincia di Parma Pag 2 8 16 20 32 40 Gli immigrati e le banche Tipicità e territorio, marcatori culturali della storia alimentare Metti in banca il tempo per gli altri Carlo Scarpa tra architettura e design É la via Emilia, bellezza 52 58 66 72 76 Titolo L’economia parmense nel 2006 Medical Food, un mercato in crescita anche a Parma Ormisde Artoni: cinquant’anni da artigiano Arrivano i francesi: nasce la nuova Cariparma Le imprese femminili nel parmense Energia in Europa: una sfida per il futuro Tfr e dintorni: parte la riforma Speciale Istat - Vita di coppia Speciale Istat - Famiglia e natalità Il sistema agro-alimentare dell’Emilia-Romagna Lo stato dell’arte tra mercato e mecenatismo Parma: i giorni dell’ira Pag 2 14 20 26 32 38 44 50 55 64 74 80 Anno 2005 Numero 1-2 Autore Capuccini Massimo Zanca Gabriele Ugolotti Silvia Delendati Stefania Birtig Guido Frisina Rosaria Bolzani Daniela Caggiati Maurizio Capuccini Massimo Titolo Ferro e gomma, il futuro della mobilità sostenibile Parma: distretto industriale, agricolo o agroindustriale? Casa, ma quanto mi costi? La Via Francigena tra cammino di fede e marketing territoriale Il giurista d’impresa L’ambiente è un settore in crescita Ungheria: rotta verso l’Europa India: dai brahamani alle tecnopoli Una festa da non dimenticare Pag 3 13 23 29 37 42 47 54 62 PARMA economica 109 dalla camera di commercio Numero 3 Autore Capuccini Massimo Capuccini Massimo Tardi Maria Verdiana Birtig Guido Zanlari Andrea Guidi Rita Zaha Dienohan Michel Gianini Alessandro Caggiati Maurizio Grossi Alberto Frisina Rosaria Capelli Gianni Minardi Marco Titolo Parmigiano: crisi e prospettive di un comparto strategico La performance del Parmigiano-Reggiano nel 2005 L’Europa a disposizione! Casa? Il futuro è nei fondi immobiliari Il franchising, attualità e prospettive A scuola d’impresa Investire in Africa Parma e la Cina: guardando al futuro Turchia: l’antico ponte tra Europa e Medio Oriente Parma è capitale del Made in Italy 250 mila euro per i beni culturali nel parmense Una vita per l’arte Sentieri partigiani nel parmense Pag 3 11 14 20 26 31 38 43 50 60 65 71 77 Numero 4 Autore Messori Chiara Capuccini Massimo Birtig Guido Bigliardi Marco Delendati Stefania Caggiati Maurizio Villa Mariagrazia Capelli Gianni Grossi Alberto Titolo Nella morsa del traffico La metropolitana leggera a Parma Se l’Europa viene in banca L’attività dei Confidi e la gestione dei fondi pubblici di agevolazione A macchia d’olio Brasile: favelas e biotecnologie Buon compleanno, Cattedrale! La Ghiaia che verrà Emilia-Romagna, una regione “driver di sviluppo” in Europa Pag 3 12 17 23 34 42 50 55 60 Titolo Il destino economico di Parma. Riflessioni sulle conseguenze del caso Parmalat Crac Parmalat: gli effetti sul territorio Il piano di ristrutturazione del Gruppo Parmalat La riforma del diritto societario Le cooperative nel nuovo diritto societario Basilea 2: banche e piccole imprese di fronte al cambiamento Il nuovo Accordo di Basilea e le relazioni finanziarie delle piccole e medie imprese La Russia che cambia. Intervista a un’imprenditrice di Mosca Il territorio protagonista Il successo di un’azienda in erba Si, viaggiare! Parma città di teatri Pag 3 10 14 19 26 32 39 47 56 63 68 75 Titolo Moda? Volentieri, grazie! Pag 3 Anno 2004 Numero 1-2 Autore Tagliavini Giulio Nico Alberto Ziliotti Marco Busani Angelo Mazzoni Luciano Birtig Guido Bigliardi Marco Caggiati Maurizio Piazza Orietta Villa Mariagrazia Delendati Stefania Capelli Gianni Numero 3 Autore Guidi Rita, Paterlini Daniele Boselli Mattia, Fontana Silvia, Pallini Veronica Benecchi Isabella Capuccini Massimo Frisina Rosaria Fabbri Nicola Guidi Rita Caggiati Maurizio Delendati Stefania Moroni Antonio Fornaciari Francesca Capelli Gianni Numero 4 Autore Manente Antonio Frisina Rosaria Delendati Stefania Cernicchiaro Sabrina, Mancini Maria Cecilia, Barbieri Simona Lepoittevin Christine Piazza Orietta Unnia Mario Guidi Rita Ugolotti Silvia Capuccini Massimo 110 PARMA economica A colloquio con le imprese 13 Gli snodi competitivi del sistema Parma Lavoro: ecco le previsioni per il 2004 L’alta cucina del made in Italy Imprese agrituristiche parmensi: un modello di analisi della qualità La soluzione corre sul web La sfida del Drago Rosso Lo sviluppo sostenibile nell’agenda degli enti locali Ecologia: l’attualità del pensiero di Francesco d’Assisi Ettore Guatelli e il suo museo Il Palazzo Comunale di Parma 19 30 35 41 51 54 65 71 71 81 Titolo Un secolo di servizi ai cittadini. Breve storia dei servizi pubblici a Parma Intrattenimento notturno a Parma. Cosa offre il mercato cittadino al popolo della notte Non solo violette La rintracciabilità alimentare tra vincoli e opportunità Afghanistan “anno zero”, alle radici della povertà Un viaggio nel cuore dell’Europa: i sì e i no dell’Unione La competizione globale: il punto di vista dei governi e delle imprese Alloggiare l’arte: dallo Csac un nuovo modello di raccolta e archiviazione dei materiali artistici Cibo, che passione! Quale futuro per i Confidi? Pag 3 13 26 32 37 45 54 63 67 92 dalla camera di commercio Hanno collaborato Francesca Caggiati Laureata in economia e specializzata in comunicazione, dal 2002 responsabile di Studio Eventi & Comunicazione. Collabora con riviste di settore, occupandosi di inchieste, interviste e report in particolare in ambito agroalimentare. Cura l’organizzazione e l’ufficio stampa anche di mostre, presentazioni di libri ed eventi culturali. Gabriele Canali È professore di Economia e politica agro-alimentare presso l'Università Cattolica del S. Cuore di Piacenza ed insegna presso la laurea Magistrale in Agricultural and Food Economics ed il master in Management agro-alimentare. E’ anche direttore del Master Europeo “Food Identity” relativo ai prodotti tipici europei e Centro di ricerche economiche sulle filiere suinicole – Crefis. Ha collaborato con organismi internazionali e nazionali, incluso il Mipaaf. Isabella Casella Conseguita nel 2011 la laurea magistrale in economia del sistema agro-alimentare presso l'Università cattolica del Sacro Cuore a Cremona, da allora lavora come assegnista di ricerca presso Crefis - centro ricerche economiche sulle filiere suinicole dell'Università cattolica del S. Cuore, con sede operativa a Mantova. Giovanni Ceccarelli Laureato all’Università Ca’ Foscari di Venezia e Dottore di ricerca presso l’Università Bocconi di Milano, è dal 2005 Ricercatore in Storia economica presso il Dipartimento di Economia dell’Università di Parma. È autore dei testi: Il Gioco e il Peccat, Economia e rischio nel Tardo Medioevo; Un mercato del rischio. Assicurare e farsi assicurare nella Firenze rinascimentale. Renato Del Chicca Iscritto all’ordine degli avvocati dal 6 dicembre 1969 esercita la libera professione in Parma ed è consulente legale dell’Associazione della proprietà edilizia della provincia di Parma. È autore di numerosi articoli in materia locatizia e condominiale. Rosaria Frisina Giornalista pubblicista freelance, si occupa di uffici stampa e comunicazione. Dopo la laurea in giurisprudenza presso l’Universita degli Studi di Parma, ha collaborato con diversi enti e aziende su diversi progetti, spaziando dall’editoria al web, ha gestito l’ufficio stampa di eventi e festival. Roberto Gigante Ricercatore dell'Istituto Nazionale di Economia Agraria, affianca la Regione Emilia-Romagna come postazione regionale della Rete Rurale Nazionale. Collabora con il Dipartimento di economia - sezione di economia agroalimentare dell'Università degli Studi di Parma dove è anche membro dello spin off Isagri. Alberto Grandi Professore associato di Storia Economica nel Dipartimento di Economica dell’Università di Parma e membro di Food Lab. Studioso di storia dello sviluppo locale e di storia dell’alimentazione, è membro di Food Lab. È autore di numerose pubblicazioni sul tema tra cui Tessuti compatti. Distretti e istituzioni intermedie nello sviluppo italiano, Torino, Rosenberg & Sellier, 2007. Giorgio Marbach Rettore di Universitas Mercatorum; docente di statistica, è stato componente della commissione di vigilanza sui fondi pensione (1995-96) e consigliere scientifico della RAI - Servizio Opinion. Elena Olloqui Palacio Laureata in giornalismo nel 2011 presso l’Università San Jorge di Saragozza; diplomata in Alti Studi Europei presso la Fondazione Collegio Europeo di Parma. Attualmente collabora con l’Ufficio Stampa della Camera di Commercio. Giulia Sorgente Laurea triennale in civiltà letterarie e storia delle civiltà conseguita presso l’Università degli studi di Parma e laurea magistrale in civiltà antiche e archeologia presso lo stesso Ateneo; ha superato l’esame di ammissione alla scuola biennale di archivistica, paleografia, diplomatica, annessa all’archivio di stato di Parma, in via di frequentazione. Mariagrazia Villa Laureata in architettura al Politecnico di Milano, lavora dal 1994 come giornalista free-lance occupandosi di arte, architettura e cultura. Da quasi vent’anni collabora con Gazzetta di Parma e, da oltre dieci, lavora come copywriter per Barilla. PARMA economica 111 di Lodi e UNICREDIT