il mito del posto fisso
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IL MITO DEL POSTO FISSO Alessandro Gandini 1 IL MITO DEL POSTO FISSO “Sveglia e caffè Ma è davvero così? barba e bidet Nell’iconografia popolare nessuno del presto che perdo il tram Se il cartellino non timbrerò…Fantozzi! meglio italiana, ragionier Ugo Fantozzi ha saputo rappresentare le contraddizioni dell’impiegato italiano, No!! Crocefisso in sala mensa, no! la figura che nel nostro Paese incarna Mi vergogno... ma che umiliazione il concetto di “posto fisso”. Figlio pubblica... e poi mi si intrecciano i del boom economico degli anni ‘60 diti!” in Italia, Fantozzi Rag. Ugo – come (La Ballata di Fantozzi, 1975) scritto sulla porta del suo ufficio – è la quintessenza della forma di lavoro che gli studi di settore a livello internazionale “Il posto fisso per i giovani non c’è più da definiscono anni”, dichiara il primo ministro italiano dipendente Matteo Renzi, appena entrato in carica, Con la sua routine mattutina, frenetica e nella sua prima visita ufficiale a Berlino. ineluttabile, Fantozzi porta sullo schermo Sogno e ossessione, fonte di sicurezza cinematografico il vivere cadenzato e talvolta anche di frustrazione, il posto secondo fisso è un mito dei nostri tempi, una industriale, con tutti i suoi stereotipi e le gabbia per alcuni, una chimera per molti. sue piccolezze che lo rendono oggetto “standard”, a i tempo tempi quella indeterminato. dell’ingranaggio Miti 2.0 IL MITO DEL POSTO FISSO 2 di vessazione – e di simpatia naturale da in ordine di tempo, a determinare parte dello spettatore. l’istituzionalizzazione dell’economia di Oggi tutto questo non sembra esserci mercato. Il primo esempio di “mercato – quasi – più. La disoccupazione, soprattutto giovanile, segna nuovi record. I NEET, giovani che non studiano né lavorano, rappresentano un fenomeno in crescita in tutta Europa. La miriade di forme contrattuali, presente soprattutto in Italia ha spezzettato il lavoro in mille diverse specifiche, mentre il concetto di flessibilità emerso negli anni ‘80 come fattore di produttività è andato sempre più sovrapponendosi a quello di precarietà, per molteplici ragioni. L’uscita dalla crisi economica sembra passare solo da ricette che svalutano il lavoro, in direzione della simbolica cancellazione di quell’Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che per alcune categorie di lavoratori non esiste più da anni – o non è mai esistito. Il “rifiuto del lavoro”, che fu rivendicazione forte degli anni ‘70 come ribellione all’alienazione e alla routine del lavoro fisso, fa oggi il paio con la dimensione simbolica del posto fisso come chimera del presente. Come si è arrivati a tutto questo? Facciamo un passo indietro. Come racconta Karl Polanyi ne “La Grande Trasformazione”, la nascita del lavoro “standard” così come lo conosciamo oggi è in stretta l’industrializzazione dell’economia di relazione e con l’istituzione mercato. Polanyi sostiene che la nascita del “mercato del lavoro” sia stato l’ultimo fattore, del lavoro” come lo conosciamo oggi si manifesta infatti attorno al 1834, nell’Inghilterra in piena Rivoluzione Industriale, congiuntamente al fenomeno dell’urbanesimo che porta gli individui a lasciare le campagne in favore della città, in cerca di un impiego. Non solo il lavoro nelle campagne, ma anche l’artigianato tessile, che allora veniva definito “cottage industry” in quanto si svolgeva da casa, dai cottage, lascia il posto alla fabbrica dove ci si reca ad orari fissi, in un luogo di lavoro “altro”, le cui pratiche e modalità organizzative sono istituzionalizzate dentro tempi e modi prestabiliti, confini ben delimitati e gerarchie rigide. E così mentre il soggetto collettivo della classe operaia prende forma, affiora anche la crescente necessità di tutele per quei lavoratori che spesso lasciano tutto per andare a lavorare in città. Nascono i primi sindacati, le trade unions moderne, attorno al 1824, legalizzate successivamente solo nel 1871 dal Royal Commission Act on Trade Unions, e nello stesso periodo inizia a diffondersi il pensiero marxista e comunista come critica socio-economica delle relazioni di classe nella società di massa e del modo di produzione borghese (1848, Manifesto del Partito Comunista, Karl Marx e Friedrich Engels). Il termine fordismo a partire dagli anni ‘30 descriverà questa modalità di organizzazione del lavoro Miti 2.0 3 IL MITO DEL POSTO FISSO che prende a modello la produzione lavoro”, che ha attraversato il ‘68 ed il nelle fabbriche Ford, basata sulla catena ‘76, soprattutto in Italia. di montaggio, e che origina dalle teorie Nello scontro ideologico fra capitale e di Frederick Taylor sulla produzione standardizzata (dette anche Taylorismo) le quali sono di fatto le prime teorie del management contemporaneo. lavoro si arriva rapidamente agli anni ‘80, quando dentro a questo schema si inserisce la cosiddetta “rivoluzione manageriale”. Il sistema di separazione Nel frattempo la storia fa il suo corso, tra chi detiene il possesso dei mezzi di e due guerre mondiali inframmezzate produzione – il capitalista – e chi non dalla rivoluzione Russa trasformano li detiene – l’operaio, il proletario – si la geopolitica internazionale. Il lungo frantuma nella crescita della centralità periodo di pace che segue questi eventi della figura del manager, che dei mezzi permette alla nascente “società dei di produzione è gestore attraverso la consumi” di affermarsi su larga scala struttura gerarchica dell’azienda. come Mentre le teorie di Milton Friedman sul un sistema socio-economico che trova le sue fondamenta nel lavoro salariato e nella produzione industriale di beni che vengono venduti sul mercato. Ad alimentare questo processo sono i mass media, che attraverso la pubblicità stimolano la domanda di beni, decisiva per la salute del sistema. libero mercato si affermano attraverso campioni del neoliberismo d’Occidente come Margaret Thatcher e Ronald Reagan, e questi ultimi si adoperano con modalità più o meno brutali per ridurre l’importanza e il raggio d’azione delle trade unions, una nuova figura si In questo periodo, siamo negli anni ‘60 affaccia sulla scena: è quello che Peter e ‘70 del secolo scorso, alla crescita Drucker già nel 1942 aveva definito economica si accompagnano alcune knowledge worker, il lavoratore della rivendicazioni e conquiste fondamentali conoscenza. per i lavoratori, immortalate in film come Drucker sosteneva che nel futuro di Made in Dagenham – in Italia tradotto (sic) discutibilmente con We Want Sex (Equality) – che racconta la lotta delle lavoratrici della Ford per paghe più giuste e equilibrate in termini di genere. Altri, come il capolavoro La Classe Operaia Va In Paradiso, sottolineano la condizione alienante del lavoratore dipendente, in particolare dell’operaio, e come in quel periodo vi fosse un crescente movimento di “rifiuto del lì a venire il management sarebbe diventato il centro della produzione del valore economico, grazie ad un crescente numero di lavoratori in grado di capitalizzare sulla base di skills come conoscenza ed informazione. Il lavoratore della conoscenza diviene centrale laddove autorganizzazione liberalizzazione la si capacità mescola dell’agire di alla economico Miti 2.0 4 e IL MITO DEL POSTO FISSO viene fagocitata dall’economia “Abito all’American Gardens Building, finanziaria, che negli anni ‘80 assume un sull’81a West, 11o piano. Mi chiamo Patrick peso centrale nel sistema economico. Bateman, ho 27 anni. Credo fortemente É la nascita della società postindustriale, nella cura della persona, in una dieta ben descritta nell’omonimo libro da Daniel Bell, un altro pioniere, che nel 1973 riprende il filo dell’analisi di Drucker sottolineando la centralità del lavoro della conoscenza per lo sviluppo economico del futuro. Cosa succede dunque al lavoro, in questo periodo? Succede che si afferma l’economia finanziaria e le grandi aziende proliferano, mentre si espandono i lavori “in ufficio”. l manager diventa così simbolicamente la rappresentazione del successo professionale in quello che di lì a poco verrà a essere chiamato postfordismo, dove il successo economico si sovrappone alla dimensione simbolica e sociale di status e di lifestyle. Anche qui sono la letteratura ed il cinema a venirci incontro con alcune meravigliose, crudeli ed esilaranti rappresentazioni. A livello internazionale, la figura più famosa in questo senso è probabilmente quella di Patrick Bateman, il protagonista di American Psycho, romanzo di Bret Easton Ellis e film cult. Bateman è una specie di Dr Jekyll e Mr Hyde della finanza,iconica rappresentazione dell’alienazione del lavoro postmoderno e della ossessione da riconoscimento sociale, di giorno manager rampante fissato con i brand, nel tempo libero assassino crudele e spietato, dipendente bilanciata, nel rigoroso e quotidiano esercizio fisico. La mattina noto in genere un certo gonfiore intorno agli occhi, mi applico un impacco di ghiaccio e passo agli esercizi di stretching; ne conosco un migliaio. Tolto l’impacco di ghiaccio, mi detergo con una lozione che pulisce i pori in profondità. Per la doccia uso un gel detergente ai principi attivi. Quindi un sapone al miele e mandorle. E per il viso un gel esfoliante. Applico quindi una maschera facciale alle erbe che lascio agire per 10 minuti mentre proseguo nella mia routine. Uso sempre una lozione dopobarba con poco o niente alcol, dato che l’alcol secca la pelle e fa apparire più vecchi. Quindi una lozione emolliente, un balsamo antirughe per il contorno degli occhi e infine una lozione protettiva idratante. C’è una vaga idea di Patrick Bateman, una sorta di astrazione. In realtà non sono io, ma una pura entità, qualcosa di illusorio. Anche se so mascherare la freddezza del mio sguardo, e tu puoi anche stringermi la mano e sentire la mia pelle a contatto con la tua, e persino arrivare a credere che i nostri stili di vita sono perfettamente comparabili... la verità è che io non sono lì.” (Patrick Bateman, American Psycho, 2000) dal sesso. Particolare non di poco conto: ha 27 anni. Miti 2.0 5 IL MITO DEL POSTO FISSO In Italia la dimensione aziendale e flessibilità, altro concetto simbolico che manageriale nell’iconografia popolare ha ormai superato i suoi stessi confini si rifà alla cosiddetta Milano da bere, esondando inesorabilmente verso la dove la crescita dell’industria dei media, precarietà. Le tutele decrescenti del della pubblicità e della comunicazione si posto di lavoro si accompagnano ad una accompagna alla dimensione di arrivismo pluralità di contratti a termine, atipici e del ceto medio borghese, che trova di collaborazione sino a varie forme di riconoscimento simbolico nel rituale lavoro gratuito, che di fatto trasformano dell’aperitivo e nel consumo smodato. il posto fisso da solida realtà ad autentica Emblema di questa rappresentazione chimera. è il film Yuppies, esilarante commedia dove i protagonisti vivono nell’illusorio “Qui nessuno lavora più, tutti fanno qualcosa di artistico.” (Cheyenne, This mito di Gianni Agnelli e Silvio Berlusconi. Must Be The Place, 2011) La figura dello yuppie, acronimo e crasi di young professional, di cui Bateman è rappresentazione tragica, è contraddistinta dall’emulazione dello stile di vita americano e dall’ostentazione simbolica dell’ascesa sociale attraverso oggetti di consumo, come orologi costosi e abiti firmati. Arriviamo così all’inizio del XXI secolo, quando i concetti di flessibilità e managerialismo, tecnologia, lavoro e lifestyle collassando tutti uno sull’altro dentro l’idea di classe creativa. Portata all’attenzione del grande pubblico da Richard Florida, l’idea di classe creativa va a rappresentare quel In questo periodo germogliano i semi variegato ensemble di professionisti che porteranno al lavoro come è della comunicazione che condividono oggi, nella contemporaneità. Il primo uno stile di vita che mette insieme le è il contraddittorio rapporto con la logiche della flessibilità precaria, con tecnologia, che sempre più attraverso il riconoscimento sociale dato da uno il computer va ad occupare un ruolo stile di vita cool, che sull’altare di lavori centrale nelle pratiche lavorative. Mentre altamente soddisfacenti da un punto negli anni ‘70 le macchine erano viste di vista simbolico e di status spesso come strumenti in grado di alleviare nascondono, o fanno finta di non vedere, la fatica del lavoratore, ora sempre più le condizioni altamente precarie della spesso vengono a rappresentare ciò che loro esistenza. “toglie” il lavoro che precedentemente veniva eseguito dall’essere umano – il quale, a causa dell’utilizzo delle macchine, diventa superfluo. Nel contempo, le politiche del lavoro La rivendicazione di un lavoro pagato prima dei trent’anni nelle professioni della conoscenza è spesso vista come un’assurdità, ed anche dileggiata con espressioni come “intanto sei giovane, vanno sempre più in direzione della Miti 2.0 6 IL MITO DEL POSTO FISSO devi fare esperienza” o “per questo dare maggiore libertà, indipendenza e progetto non c’è budget, ma può autosufficienza. darti visibilità”, come rivendicato dalla Spesso, però, questo non è possibile. recente campagna #coglioneNO sul mondo creativo. E proprio nelle professioni della conoscenza, due mondi si scontrano: Una generazione perduta che il sogno da un lato i “garantiti”, i dipendenti, che del posto fisso l’ha riposto nel cassetto pagano una proporzione abnorme di da tempo, anzi cui forse non interessa tasse direttamente trattenute da una nemmeno più. busta paga. hanno E dall’altro i “non garantiti”, che una ulteriormente complicato un quadro già busta paga non l’hanno perché precari di per sé problematico e frammentato. I o perché non la vogliono avere. Liberi dati più recenti per l’Italia mostrano un professionisti, lavoratori indipendenti, calo del 30% delle assunzioni a tempo in indeterminato dal 2008 a oggi. comunicazione e dei servizi, i freelance Il “posto fisso”, probabilmente, è già rappresentano una forma di lavoro in Oggi gli effetti della crisi superato dalla realtà, oltre il mito, oltre la narrativa che lo connota. Nuove gran parte nel settore della rapida ascesa eppure restano ancora oggi il vero buco nero della politica professioni emergono dalla Rete e nella economica dell’Italia contemporanea. Rete, con tempi e modi di lavoro diversi, Vessati da più governi, stigmatizzati basate sulle reti sociali, caratterizzate come evasori per definizione, restano da una iperconnessione 24/7 e da una sullo sfondo di politiche del lavoro separazione della prestazione lavorativa ancorate a un paio di decenni fa, dal luogo in cui la stessa avviene. che sottovalutano se non addirittura Ciò cui stiamo assistendo somiglia ignorano un settore che è in espansione ad una vera e propria trasformazione strutturale del lavoro che porta in primo piano la figura dei freelance, che secondo un recente rapporto europeo rappresentano ormai il 15% del totale non solo per congiunture cicliche dell’economia post-crisi, ma per ragioni più direttamente strutturali, figlie di una trasformazione socio-economica che va in direzione di micro-imprenditorialità e della forza lavoro europea (un lavoratore auto-imprenditorialità. su sette), con un trend di crescita da E così proliferano le startup e i coworking almeno dieci anni. spaces, i liberi professionisti e i freelance, Non solo: il 45% dei cittadini lavoratori in particolare sotto i trent’anni, che europei dichiara che ad un lavoro dipendente preferirebbe un lavoro indipendente, in quanto in grado di associandosi tra loro provano a riprendersi il futuro imponendo nel contempo una rinnovata attenzione Miti 2.0 7 IL MITO DEL POSTO FISSO all’impatto sociale dell’agire economico, Non e una ventata di innovazione. arbitrarie, orari fissi né l’obbligo di Il “nuovo lavoro” è già qui, e il posto adempiere il proprio compito seguendo fisso non sembra contemplato, dentro all’idea che il lavoro non si cerca: si amano strutture gerarchiche uno specifico processo stabilito, quando possono ottenere lo stesso risultato in crea. modo più efficace. Proprio come nella cottage industry, Così la transizione strutturale che prima della rivoluzione industriale. I giovani, in questo senso, rappresentano un vero “mito nel mito”. La “gavetta”, in cavalca l’onda della tecnologia diventa quasi scontro generazionale, mentre la politica non capisce o sembra avere seguito alle politiche di flessibilità degli altro a cui pensare. scorsi decenni, per loro sembra essersi E il futuro, nel frattempo, è già presente. dilatata all’infinito – un’eterna attesa per un’occasione che sembra non arrivare mai. Non solo: secondo uno studio recente, realizzato dalla (Massachussets) Bentley e in University procinto di pubblicazione, si calcola che i Millennials, coloro che sono nati negli anni ‘80 e ‘90 e che entro il 2025 saranno la maggioranza della forza lavoro, sono caratterizzati da skills e da una modalità organizzativa del lavoro che è differente rispetto al passato, con una maggiore tendenza all’indipendenza e all’autorganizzazione. “Io, Pina, ho una caratteristica: loro non lo sanno, ma io sono indistruttibile, e sai perché? Perché sono il più grande “perditore” di tutti i tempi. Ho perso sempre tutto: due guerre mondiali, un impero coloniale, otto - dico otto! campionati mondiali di calcio consecutivi, capacità d’acquisto della lira, fiducia in chi mi governa... e la testa, per un mostr... per una donna come te” (Ugo Fantozzi, Fantozzi contro tutti, 1980) Alessandro Gandini, sociologo, è assegnista post-dottorato presso l’Università di Milano dove studia le nuove forme del lavoro ai tempi della Rete, il lavoro freelance e la reputazione. Partecipa alle attività del Centro Studi Etnografia Digitale (www.etnografiadigitale.it). Miti 2.0 8 IL MITO DEL POSTO FISSO Quando fu pubblicato mezzo secolo fa, “I miti d’oggi” di Roland Barthes aprì la strada all’analisi critica della cultura popolare (seguivano poi Eco, e la Scuola dei Cultural Studies di Birmingham). Il libro mostrava come i luoghi comuni fossero anche strumenti di potere, presentando delle figure di pensiero come dei fatti naturali, che non ammettevano critica o discussione. Pensiamo che sia il momento di rispolverare il progetto di Barthes, andando a vedere cosa si nasconde dietro i luoghi comuni di oggi: i Giovani, lo Spread, la Creatività e il Web 2.0. Societing è una realtà culturale che raccoglie un gruppo di ricercatori, attivisti, manager e studiosi che si dedicano alla ricerca di nuovi paradigmi economici e sociali per trovare delle soluzioni, basate sulla sostenibilità e sulle possibilità che offrono le nuove tecnologie, alla crisi attuale. Per fare tutto ciò il gruppo di Societing cerca forme interdisciplinari di pratica e di ricerca che comprendano la social enterprise, l’innovazione sociale, l’economia peer-to-peer, la sostenibilità, i social media e la finanza innovativa. Donna Moderna è la testata preferita dal pubblico femminile più vivace, curioso e moderno grazie alla sua formula editoriale fondata sul servizio, la varietà e completezza degli argomenti e sulla qualità giornalistica. Donnamoderna.com è leader nel panorama dei siti editoriali femminili con circa 4,8 milioni di utenti unici e 60 milioni di pagine viste mensili (fonte Audiweb View, dic 2012- feb 2013); sono oltre 172.000 i fan su Facebook e più di 167.000 i follower su Twitter. Miti 2.0 Accademia Mediterranea di Societing Casella Postale 95 - 84013 Cava de’ Tirreni (SA) Amalfi Coast / Italy [email protected] www.societing.org twitter.com/Societing_SC facebook.com/Societing