L`affettuosa dedica della famiglia e degli amici.

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L`affettuosa dedica della famiglia e degli amici.
A Giuseppina Rossetti
Caro saluto a Giusy,
una donna diversa.
L’affettuosa dedica della famiglia e degli amici.
Q
uesta pagina è dedicata ad una donna
straordinaria che ci ha lasciato da
pochi giorni. Era ancora giovane, bella,
straordinariamente efficace nel lavoro,
coinvolgente nei rapporti umani. L’ha strappata
ad una vita intensa la terribile aggressività di
una patologia che in pochi mesi le ha tagliato la
strada e poi, con crudele crescendo, l’ha sbattuta
fuori dalla corsa di quella vitalissima esistenza
che lei, temperamento meravigliosamente
dinamico, aveva costruito a sua immagine
e somiglianza. Giuseppina Rossetti (Giusy
per tutti) se n’è andata di domenica. Vinta
dalla sorte, ma non piegata nel morale e nella
forza d’animo. Soltanto poche ore prima
- il venerdi - era ancora nella sua azienda,
a guidare, col piglio del grande capitano, la
struttura commerciale che, a partire dal 1980,
aveva forgiato personalmente, iniettandovi la
personalità dell’intelligenza e dell’esemplare
funzionalità. Sapeva, però non si è mai arresa.
E proprio quel venerdi, dopo aver chiuso il
bilancio definitivo della gestione 2008, al marito,
Moreno Lana, ha detto: “Accompagnami
a fare un giro nell’ala in costruzione dello
stabilimento, lunedi non so se verrò”. Purtroppo
si è rivelato un autentico presagio, contenuto
nei toni, lontano da piagnistei e dalle facili
retoriche. Un modo sobrio, eppure fortissimo,
per scandire le ultime ore di una vita dedicata
all’impegno, all’organizzazione di un lavoro
che lì, alla ‘Sanvito Bevande’, sulle sponde
del Trasimeno, aveva plasmato secondo
criteri tanto individuali, quanto concreti.
Una catena di montaggio assolutamente
originale, dipendenti allenati ad assolvere
i loro compiti con precisione pari a quelli
che, per sua inequivocabile indicazione,
dovevano essere esiti semplicemente perfetti.
Per anni, per tanti anni, la ‘Sanvito’ della
Giusy ha rifornito, in esclusiva, tutte le
Coop e gli Ipercoop del Centritalia. “E mai
- sottolinea Emanuele Lana, figlio della signora
Giuseppina - dai nostri interlocutori è sibilato
il sussurro di una lamentela o l’accenno ad
un ritardo nelle consegne. Semmai - incalza
- i continui complimenti perché la mamma
ha standardizzato un servizio così scrupoloso
da controllare gli ordini, al fine di cogliere
eventuali imprecisioni, sì da prevenire ogni
disguido. E i clienti ogni volta si confermavano
ulteriormente, nella convinzione di aver bene
riposto la propria fiducia.
C’era, con ciascuno un rapporto di immensa
stima che ora io e mio padre dobbiamo cercare
di ribadire fin nei minimi dettagli. Le decisioni
operative della mamma, magari forse non
modernissime come vorrebbero le più avanzate
teorie manageriali, rimarranno scolpite per
sempre. Nessuno oserà modificarle, nemmeno
di una virgola”.
I TORMENTI NASCOSTI
NEL CONTO ALLA ROVESCIA
L’
incombere di un destino perfidamente
crudele cominciò a manifestarsi alla
vigilia del Natale 2007: alcune verifiche sanitarie
quasi di routine, la scoperta di una grossa
‘arancia’ nel polmone, il verdetto dei medici
accennato, ma non del tutto nascosto. Con una
persona così fingere sarebbe stato impossibile.
E poi scattò in lei l’immediata riflessione sulle
sue abitudini di fumatrice. Una prospettiva
scoraggiante, tale da piegare le ginocchia.
Eppure non permise, nemmeno per qualche
ora, che l’amarezza
prevalesse su un
temperamento
abituato alle
sfide. La sera
dopo le terrificanti
rivelazioni Giusy
non volle rinunciare
al cenone aziendale:
“La mia malattia disse - non deve
interrompere
una tradizione
che per noi è
sacra”. Partecipò,
sorridente e
socievole, come
sempre in quelle
particolari
occasioni. E nei
mesi a seguire ha
affrontato le terapie,
la sala chirurgica,
il travagliato
tentativo di
recupero. Tutto rivelando qualcosa soltanto
a pochissimi intimi. Gli altri, nei brevi periodi
della sua assenza, seppero che era andata a
Milano per affari personali. Pochi giorni di
non lavoro ha dovuto imporseli. Eccezionali
per un tipo che in quasi trenta anni aveva
praticamente cancellato il concetto di vacanza
vera. Pur lottando silenziosamente con la
malattia, è rimasta costantemente alla guida
della sua ‘opera’, senza batter ciglio, senza
un attimo di smarrimento. Non s’è fermata
neppure quando un braccio e una gamba hanno
cominciato a manifestare sintomi di precarietà.
Si emoziona Emanuele, il figlio: “Consapevole
che la parentesi stava per chiudersi, ha
moltiplicato gli sforzi personali pur di lasciare
a me e a mio padre una macchina oleata al
mille per mille. La guardavamo con stupore,
imperterrita, decisa e decisionista come sempre.
Io l’ho considerata, e la considererò sempre,
un’autentica eroina. Ha fatto tutto, e ancora
di più, per sé, ma soprattutto per noi”.
Nei mesi di una crescente sofferenza intima
non ha modificato il modo di relazionarsi col
lavoro.
I
Strenuamente
tenace, attentissima
ai particolari,
cocciutamente
perfezionista.
Identico - cordiale,
ma risoluto - il
comportamento
con i fornitori, le
banche,
i
dipendenti, la
clientela. Ad
ognuno ha
garantito il
m a s s i m o
dell’efficienza,
p e r ò ,
i n
proporzione, ha
preteso rigore e
trasparenza. Buoni,
migliori al
c o n f ro n t o , g l i
stipendi che
assicurava,
c o m u n q u e
intransigente la pretesa dei doveri corrispondenti.
Sorriso e determinazione estrema, un
bell’impasto. Commenta suo marito, Moreno:
“I grandi successi della nostra attività sono
soprattutto merito suo. Io ho curato più la
parte delle relazioni esterne, tuttavia senza
quello spiccatissimo senso dell’organizzazione
non saremmo riusciti a cogliere così sicuri
traguardi. Aveva innata la capacità di strutturare,
allestire, coordinare, comandare. Lo sanno
bene anche alla Bocciofila “Città di Perugia”:
anche in quell’ambiente di relax e di sport
quando lei ci ha messo le mani, sono arrivati
i momenti di entusiasmo ed i successi, nazionali
e internazionali”. La morte, come ha voluto,
l’ha colta praticamente in piedi. Ha cercato
di respingerla, eppure si è preparata a farci i
conti: ha ordinato che quel giorno non fosse,
per l’azienda, dedicato al lutto. L’hanno
accontentata. Lavoro fino alle 14. Poi tutti al
funerale. Aveva chiesto una bara bianca. L’ha
avuta. A Bagnaia avrebbe suonato la banda
del paese se non fosse stato un lunedi feriale.
I bandisti, si sa, lavorano, non vivono di
musica.
LA PREGHIERA DELL’ADDIO
n Chiesa, nei momenti dell’addio, un
amico di famiglia ha letto la preghiera
che Emanuele aveva regalato alla mamma
e al papà per il Natale 2007. “L’avevo
tratta - racconta il giovane - da un volume
di Giovanni XXIII. Le era tanto piaciuta.
Desideravo ripeterla io, ad alta voce, ma ho
avuto paura che l’emozione mi bloccasse”.
Si intitola “Solo per oggi”. Sono riflessioni
di forte ispirazione. Eccole:
5)
1) Solo per oggi cercherò di vivere alla
giornata senza voler risolvere i problemi
della mia vita tutti in una volta.
7)
Solo per oggi mi farò un programma:
forse non lo seguirò perfettamente, ma
lo farò. E mi guarderò dai due malanni:
la fretta e l’indecisione.
8)
Solo per oggi saprò dal profondo
del cuore, nonostante le apparenze,
che l’esistenza si prende cura di me
come nessun altro al mondo.
2)
Solo per oggi avrò la massima cura
del mio aspetto: vestirò con sobrietà,
non alzerò la voce, sarò cortese nei
modi, non criticherò nessuno, non
cercherò di migliorare o disciplinare
nessuno tranne me stesso.
3)
Solo per oggi sarò felice nella certezza
che sono stato creato per essere felice
non solo nell’altro mondo, ma anche in
questo.
4) Solo per oggi mi adatterò alle circostanze,
senza pretendere che le circostanze si
adattino ai miei desideri.
Solo per oggi dedicherò dieci minuti
del mio tempo a sedere in silenzio
ascoltando Dio, ricordando che, come il
cibo è necessario alla vita del corpo, così
il silenzio e l’ascolto sono necessari alla
vita dell’anima.
6) Solo per oggi, compirò una buona
azione e non lo dirò a nessuno.
9) Solo per oggi non avrò timori. In modo
particolare non avrò paura di godere di
ciò che è bello e di credere nell’Amore.
10)Posso ben fare per 12 ore ciò che
mi sgomenterebbe se pensassi di doverlo
fare tutta la vita.
PRESIDENTE DELLA “BOCCIOFILA DI
PERUGIA”, UNA VINCENTE ANCHE LI’.
A
ll’interno di un’esistenza
imprenditorialmente molto intensa,
Giusy Rossetti ha inserito una parentesi
sportiva di grande spessore: è entrata, nel 1997
all’interno della Bocciofila “Città di Perugia”
e in poco tempo ha trasformato un gruppo
di volenterosi amici in un club organizzato e
vincente. Non solo in zona, ma anche in Italia
e all’estero. Il racconto, entusiasta e commosso
è di Giuseppe Biscarini, uno dei fondatori della
struttura per il tempo libero aperta a Pian di
Massiano. Parla e gli brillano gli occhi: “Qualcuno
di noi conosceva suo marito. Che un giorno venne
a trovarci con la signora Giuseppina. Sperava
che lei ci garantisse un po’ di attenzione. Intento
riuscito in pieno. Da quel momento Giusy - il
rapporto fra noi si fece subito amichevole - decise
di metterci le mani. A modo suo. Non più la
vecchia cooperativa, ma una moderna Società
sportiva, con progetti operativi e traguardi da
raggiungere. Lei presidente, il marito vice, io,
Giovanni Bazzarri, Mario Romoli, Gino Petrella
ed Elvio Peccetti consiglieri. L’assemblea elettiva
aderì all’unanimità. Di colpo ci trovammo
trasformati in una realtà seria e concreta, con
tanto di divise sociali e borse con l’etichetta della
’Sanvito’. Lei ripetè che dovevamo puntare in
alto”. E tanto per far capire cosa le frullava per
il capo la presidente avviò una vera propria
campagna-acquisti, sostenuta anche da altri
sponsor: per far bella figura alle gare nazionali
ingaggiò i migliori giocatori di Perugia. Fra
loro Omero Fanali e Alfio Berrettoni. E l’anno
successivo andò a cercare i ‘pezzi’ di rinforzo
anche in Abruzzo, nelle Marche e in Toscana.
Sebastiano Barbieri, Luca De Iulis e Luca Santoni
arrivarono da Teramo; Dario Bartoli giunse dalle
Marche e Luca Santucci dalla Toscana. Furono
inseriti pure lo spoletino Luca Brutti e i ternani
Samuel Zoppetti e Roberto Castrini. Cominciò
l’era delle grandi trasferte e dei sonanti successi.
Bartoli, Barbieri e Leonardo Porrozzi (perugino)
si aggiudicarono il campionato italiano in terna.
Porrozzi andò in Sudafrica a conquistare il
titolo mondiale e Bartoli, in Austria, si cinse
con l’alloro europeo. “Qualche volta - rileva
Biscarini - la Giusy si metteva in viaggio con
la squadra. E trasmetteva la grinta e l’ansia di
farcela contro ogni avversario”. Un periodo
di felicità moltiplicata. Con l’Associazione
infoltita da 180 tesserati. Periodo interrotto,
nel 2000, per uno orgoglioso scontro dialettico
con i dirigenti della Federazione italiana che
non convocarono in Nazionale tutti i giocatori
di Perugia che lei e le classifiche indicavano
come meritevoli della maglia azzurra. Spiega
Beppe Biscarini: “Si sentì lesa nei diritti. E non
accettò, inoltre, che i dirigenti nazionali si
rinserrassero dietro a strategie di vecchio stampo
che non facevano crescere il movimento. Lasciò
il vertice societario per lanciare un messaggio
di vibrante polemica. Però dietro le quinte ci è
sempre rimasta vicina: con tanti consigli e con
adeguati sostegni economici. E’ tornata da noi
anche poco tempo fa: volle assistere ad una
gara femminile. Desiderava incrementare la
presenza delle donne all’interno di uno sport
che è coltivato soprattutto dagli uomini”.
E al funerale gli amici della Bocciofila erano
lì, a renderle l’estremo, affettuoso saluto. Non
hanno voluto dirle ‘addio’. Pensano, in qualche
modo, di far rivivere Giusy all’interno del
gruppo che con tanta determinazione aveva
fatto crescere.