Cultura della ricerca e pedagogia L.MORTARI
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Cultura della ricerca e pedagogia L.MORTARI
Luigina Mortari Cultura della ricerca e pedagogia Carocci Editore, Roma 2007 Pagg. 77- 238 1 Il paradigma positivistico è inadeguato per indagare l’ambito educativo. Gran parte dell’essenza del fenomeno educativo, nel suo essere unico e irripetibile, sfugge a dispositivi epistemici di tipo positivistico cioè ad ogni tentativo che cerchi di comprenderlo a partire da una procedura messa a punto rispetto ad un altro fenomeno. Gli orientamenti epistemici riconducibili al paradigma ecologico si prestano meglio ad indagare il mondo dell’educazione 2 LE FILOSOFIE DELLA RICERCA Diversi sono gli orientamenti epistemici riconducibili al paradigma ecologico: 1. L’indirizzo FENOMENOLOGICO L’indirizzo CRITICO L’indirizzo PARTECIPATIVO 2. 3. Questi indirizzi esprimono differenti filosofie che, però, non si escludono a vicenda. 3 L’indirizzo FENOMENOLOGICO 4 Approccio trascendentale Approccio Ermeneutico Non si preoccupa della genesi dei fenomeni, ma di vedere e descrivere ciò che sta dinnanzi agli occhi (descrizione eidetica). In questo approccio è indispensabile applicare il principio di epoché. Sposta la sua attenzione dalla descrizione del fenomeno alla comprensione del significato che l’esperienza assume per i soggetti della ricerca. In questa prospettiva le questioni fenomenologiche sono questioni di significato. Indirizzo eidetico Indirizzo ermeneutico 5 Indirizzo fenomenologico ermeneutico Mira alla elaborazione di resoconti scientifici definiti “descrizioni interpretative” interpretative E’ soprattutto in questo indirizzo che si sono sviluppate teorizzazioni della ricerca fenomenologica applicata all’educativo. 6 Punto di partenza è l’esperienza vissuta per investigare reti e significati che si sono depositati e che si stanno strutturando. La metodologia fenomenologica esclude le generalizzazioni in cui l’essenza singolare si dileguerebbe. E’ discovered oriented cioè il metodo si costruisce lungo il cammino della ricerca e viene continuamente rimodulato. Richiede un continuo impegno autoriflessivo da parte del ricercatore. 7 ESSENZA DELL’ORIENTAMENTO FENOMENOLOGICO Essere fedeli al fenomeno, imperativo epistemico: “andare alle cose stesse”. Le cose per Husserl non sono oggetti fattuali, ma elementi della coscienza, oggetto di intuizione. L’essenza delle cose si disvela alla coscienza nel suo apparire: essere e apparire coincidono. 8 Il ricercatore deve studiare le cose nel modo del loro apparire, sapendo però che possono manifestarsi in maniere diverse a seconda dei modi di accedere ad esse. Per essere fedeli al fenomeno è necessario fare riferimento al principio di evidenza: Il ricercatore deve fare ricerca soltanto nelle direzioni in cui le cose lo invitano a farla. La fenomenologia riconosce però che nell’apparire l’essere non si rende completamente trasparente al nostro sguardo, ma ogni cosa ha un suo specifico modo di trascendere l’apparenza. 9 Nell’apparire occorre perciò vedere l’accadere contemporaneo del disvelarsi e del celarsi dell’essere. Bisogna dunque fare riferimento al principio di trascendenza: Il ricercatore deve prestare attenzione anche al lato nascosto, risalire cioè a ciò che non appare immediatamente. Questa dislocazione binoculare rende la ricerca fenomenologica uno sguardo complesso. Importanza del monitoraggio continuo del procedere della ricerca. 10 Esperienza anticipata Risulta difficile applicare il principio di fedeltà al fenomeno perché l’esperienza del mondo, sia esterno sia interno è sempre filtrata da reti di categorie e costrutti linguistici che rendono impraticabile l’accesso diretto alle cose. Husserl suggerisce la mossa epistemica dell’epoché: sospendere la validità delle conoscenze già definite e metter tra parentesi ogni assunzione delle scienze obiettive, ogni presa di posizione critica intorno alla verità, ogni idea di conoscenza obiettiva. 11 Husserl distingue due tipi di epoché: epoché radicale che impone il tenere incessantemente fuori uso le proprie cristallizzazioni mentali che tacitamente strutturano i tessuti cognitivi (è anche la messa tra parentesi delle visioni della vita che orientano l’agire quotidiano). Epoché professionale che consiste nel mettere tra parentesi tutti gli strumenti epistemici del ricercatore (teorie, procedure). 12 GLI ATTI COGNITIVI FENOMENOLOGICI Attenzione aperta Disposizione a cogliere fedelmente il modo in cui il fenomeno si dà a conoscere. E’ una forma di ascolto e richiede alla mente una postura passiva (mettere tra parentesi il proprio sé per attivare la svolta decisa verso l’oggetto). L’attenzione allocentrica è radicalmente differente da quella autocentrica propria del metodo Positivistico. 13 Per sviluppare l’attenzione allocentrica occorre: 1. Percepire l’oggetto come avente valore intrinseco. 2. Sviluppare una disposizione rilassata della mente. 14 Percepire l’oggetto come avente valore intrinseco. intrinseco L’essere dell’altro e il suo modo di apparire e di entrare in relazione col ricercatore deve essere percepito come cosa degna della massima attenzione: è bandita ogni visione strumentale. Bisogna saper ascoltare l’altro non come uno fra tanti, ma nella sua singolarità originale. 15 Sviluppare una disposizione rilassata della mente. mente Cioè saper sospendere ogni interesse e ogni attaccamento ad altro. Non ci si può rivolgere con piena attenzione verso un oggetto se si è impegnati in qualche battaglia contro qualche nostro impulso. In questo senso l’attenzione fenomenologica è radicalmente diversa dalla mera curiosità che ci tiene lontani dall’essenza delle cose. 16 L’attenzione aperta e raccolta sull’oggetto è quindi l’atto cognitivo che caratterizza la filosofia fenomenologica della ricerca. “Solo gli atti cognitivi caratterizzati da una forma di rilassatezza (cioè di non attaccamento al proprio io) possono guidare alla comprensione dell’altro.” Bisogna pertanto saper sviluppare due posture mentali: Non cercare Fare vuoto 17 Non cercare La datità originaria non è qualcosa da afferrare attraverso un progetto: avere un progetto significa imporre il proprio sé sull’altro, che in tal modo si trova impedito a rivelare se stesso nel suo modo originale. Bisogna essere capaci di andare oltre quelle procedure di accesso all’altro che, in quanto predefinite cancellano la sua alterità. 18 Nell’approccio manageriale e tecnicistico di concepire il fare ricerca, il ricercatore ha la responsabilità di esercitare controllo sulla cosa; in quello fenomenologico la responsabilità è quella di disattivare la propria tendenza ad esercitare forme di controllo. La responsabilità del fenomenologo è quella di lasciar essere l’altro nel suo modo proprio di venire alla presenza. 19 Fare vuoto E’ necessario ripetere continuamente il processo di svuotamento della mente da ciò che è troppo familiare perché ogni esperienza cognitiva, anche se autenticamente fenomenologica, produce conoscenza sulla quale poi noi tendiamo a fare affidamento secondo una modalità irriflessiva. Cioè vivere sul piano cognitivo l’esperienza dell’esilio e quindi mettere fuori gioco le sue preconcezioni per mantenersi “nel punto privo di qualsiasi appoggio”. 20 epistemologia fenomenologica epistemologia positivista Controllo del fenomeno. Utilizzo di un metodo di ricerca precostituito. Ricerca positivistica Il conoscere è un atto mentale che “usa” l’oggetto poiché lo governamentalizza dentro un progetto di ricerca Predefinito. Si accoglie il fenomeno nel suo modo unico di venire alla presenza. Si sospende il ricorso a categorie predefinite. Ricerca fenomenologica Il conoscere è un “seguire” le tracce che l’apparire dell’altro suggerisce per riconoscere l’altro nella sua unicità. 21 Il dire fenomenologico La ricerca fenomenologica chiede che il rapporto con la parola subisca una trasformazione: occorre cercare una parola capace di dire l’essenza dell’esperienza, cercare un linguaggio al quale le cose nominate diano il loro consenso. E’ necessaria una parola che sia “unita con l’essere” (Zambrano) 22 Due regole: 1. Usare poche ma essenziali parole, ossia quelle irrinunciabili, perché troppe parole possono oscurare il rivelarsi dell’altro. 2. Liberare le parole dall’ovvio attraverso la ricerca di parole vuote cioè svuotate di significati congelati: solo così si rende il linguaggio capace di dare voce all’altro. L’epoché va praticata anche dentro il linguaggio. 23 Un pensare capace di sentire Le emozioni diventano parte integrante dell’atto conoscitivo in quanto non sono aspetti incidentali dell’esperienza umana, e neppure elementi irrazionali. Sono componenti intelligenti della cognizione in quanto rendono possibile una più complessa comprensione del fenomeno. La sintonia tra pensare e sentire si realizza nell’empatia, cioè attraverso la capacità di sentire l’altro dentro di sé. 24 A caratterizzare il ricercatore fenomenologico è l’assunzione di responsabilità riflessiva, che consiste nel pensare i propri pensieri, cioè nel monitorare i processi cognitivi per portare all’evidenza della coscienza i presupposti inespressi che guidano il nostro pensiero e renderli il più possibile espliciti. 25 Cosa è la riflessione fenomenologica? Partendo dal presupposto che i vissuti della mente sono fenomeni che, in quanto evidenti alla coscienza, possono essere oggetto d’indagine, la riflessione si prefigura come lo sguardo che prende in esame le esperienze della mente. Il problema epistemico che si profila consiste nell’individuare quel metodo che dei vissuti della mente consenta di acquisire quella “visione originalmente offerente” capace di afferrare l’essenza di tali vissuti. 26 Vissuto della mente COGITATIO COGITATUM Un vissuto della mente è una cogitatio cioè un atto cognitivo, che ha come Riferimento intenzionale un cogitatum di cui la mente ha esperienza. Qualsiasi cogitatum, un fenomeno fisico, un evento relazionale, un oggetto di cui siamo spettatori non potrà mai trasformarsi in cogitatio. Ogni vissuto esperienziale della mente invece, in quanto cogitatio, può diventare cogitatum di quella cogitatio coè un atto riflessivo. 27 Secondo Husserl il metodo fenomenologico “si muove completamente in atti di riflessione” 28 Come si saggia il valore scientifico di un’indagine fenomenologica? Attraverso l’esercizio dell’autoriflessione che consiste nel rendere esplicito: 1. Quali cautele epistemiche sono state adottate per evitare l’assimilazione dell’oggetto in una cornice precodificata di categorie. 2. In che modo è stata coltivata un’attenzione non orientata. 3. Quali sono stati i criteri adottati per cercare di pervenire ad una descrizione quanto più possibile fedele dell’oggetto. 4. Come si è pervenuti ad una precisa descrizione del fenomeno. Quali scelte linguistiche sono state decise. 5. 29 L’indirizzo CRITICO 30 Il ricercatore deve essere capace di costruire discorsi capaci di problematizzare l’esistente e sviluppare una consapevolezza critica rispetto alle contraddizioni sociali e culturali che informano la vita. 31 Il ricercatore deve assumere uno sguardo critico nei confronti dei fenomeni oggetto di studio, evitando di riconoscere automaticamente credibilità alle interpretazioni correnti (anche nei confronti dei paradigmi di ricerca accreditati). 32 Il criterio di validità non si riferisce al livello di correttezza metodologica, ma alla capacità della ricerca di innestare nel contesto quei processi che intensificano la capacità critica e autoriflessiva degli individui. 33 cornice teoretica Compito fondamentale di questo tipo di ricerca è l’impegno a smascherare le forme di oppressione e di potere presenti nei contesti educativi, e dunque le relazioni di potere che condizionano la pratica educativa. Non si accetta il concetto per cui le istituzioni formative sono di fatto palestre di democrazia e in quanto tali provocano mobilità sociale. Al contrario si pensa che i contesti formativi istituzionali riproducano, come ogni istituzione sociale, le ideologie e le forme di potere dominanti nel più ampio tessuto 34 culturale. Il valore della ricerca critica va misurato anche sulla base dell’impegno trasformativo. Una buona ricerca non è solo quella che disvela le varie forme di ingiustizia, ma individua e promuove le strategie emancipative che possono contribuire al miglioramento. 35 Principi epistemici Premessa: tutto il pensiero è mediato da relazioni di potere Smascherare le varie forme di potere culturale. La ricerca implica che si indaghi sulle relazioni che sussistono fra le scelte epistemologiche e la cultura nella quale esse sono generate. Il ricercatore deve “decolonizzare la mente” cioè bonificarla rispetto alle varie forme potere che condizionano le attività cognitive. 36 Premessa: non ci sono fatti neutrali, ma sempre connessi a campi di valore Non esiste possibilità di una ricerca oggettiva e neutrale: neutrale ogni teoria è sempre costruita, legata ad un contesto, inevitabilmente localizzata in una prospettiva condizionata dal genere, dall’etnia, dalla classe economica cui appartiene il ricercatore. Il ricercatore deve problematizzare ogni pretesa di verità dei paradigmi di ricerca, ridefinendo continuamente il senso del fare ricerca e i criteri in base ai quali una ricerca viene considerata valida o di valore 37 Premessa: un’analisi efficace è quella che disvela le varie forme di oppressione e le connessioni che intercorrono fra di esse e agisce per trovare alternative. alternative Finalizzare la ricerca ad un obiettivo trasformativo, trasformativo la ricerca deve essere orientata alla prassi. Il lavoro del ricercatore non deve produrre semplicemente un incremento di conoscenza (ricerca nomotetica), ma deve produrre un cambiamento migliorativo nell’ordine esistente (ricerca trasformativa). 38 Premessa: Il linguaggio svolge un ruolo centrale nella costruzione della soggettività ed è quindi attraverso il linguaggio che le forme di potere plasmano la soggettività Porre la questione del linguaggio: non solo smascherare e decostruire certe distorsioni discorsive, ma lavorare e costruire altre forme di comunicazione. comunicazione Teoria di Habermas sulla “razionalità comunicativa” 39 Culturally Sensitive Research Framework La specialità epistemica: assumere la cultura della comunità in cui ha luogo la ricerca come perno. La costruzione del disegno di ricerca, la definizione delle tecniche per raccogliere i dati e i modi di interpretarli avvengono non solo sulla base della cultura del ricercatore, ma soprattutto su quella dei partecipanti che attraverso la co-partecipazione co-costruiscono il processo di ricerca. 40 Essere sensibili alla cultura dei partecipanti implica l’introduzione di una prospettiva di ricerca non prevista dai paradigmi dominanti: la dimensione spirituale (quell’insieme di idee circa l’esistenza umana) di una cultura. Difficilmente la ricerca tradizionale include questo tema perché considerato non razionale e, quindi, non investigabile. Dal punto di vista critico si tratta invece di ripensare a cosa si intende per conoscenza valida. 41 Il contributo dell’epistemologia femminista alla teoria critica della ricerca Il concetto di oggettività assunto dalla ricerca classica come principio neutro ed universalmente valido è un mito. Poiché il mito, quando non è sottoposto all’esame della ragione, esercita tacitamente un potere performativo, diventa necessario andare alle radici culturali di tale mito per porre le condizioni per resistere alla sua influenza. 42 L’indirizzo PARTECIPATIVO 43 Categoria epistemologica di base collaborazione tra ricercatori e pratici. La ricerca non si fa “sulle” persone, ma “con” le persone. 44 Tutti i soggetti agiscono direttamente nella costruzione ideativa e nella gestione organizzativa del processo di ricerca. Il principio epistemico non é separare (ricerca positivistica), ma creare connessioni. La ricerca partecipativa contribuisce in maniera significativa a sviluppare una coscienza partecipativa che è presupposto fondamentale della vita democratica. In questo senso ha implicazioni politiche. 45 L’importanza del dialogo cogenerativo tra insiders e outsiders Solo implementando il dialogo cogenerativo tra pratici e ricercatori si possono porre le premesse per l’elaborazione di una “teoria pratica della situazione locale”. Per incoraggiare un’autentica pratica dialogica è necessario il riconoscimento della reciproca disparità . Questo riconoscimento si concretizza quando, a seconda della questione in gioco, si decide contestualmente chi in quel momento ha l’expertise richiesto a gestire il contesto di apprendimento. 46 Il ricercatore deve lavorare su di sé per farsi strumento di dialogo. I pratici partecipando ad ogni fase della ricerca acquisiscono tecniche epistemiche e un nuovo sapere, premessa per una modificazione del loro modo di esserci nel contesto che va nella direzione di una presenza culturalmente e, dunque, politicamente, più significativa. 47 Bisogna saper superare la forma oppositiva “rigore o rilevanza” Ridefinendo i criteri per stabilire il rigore di una ricerca in modo che sia compatibile col principio di rilevanza. Fare una ricerca socialmente rilevante vuol dire mirare a produrre una teoria utile nella pratica, la quale viene empiricamente validata nel contesto in cui dovrebbe funzionare. La collaborazione tra insiders e outsiders mira a cogenerare una teoria locale che sarà validata insieme da insiders e outsiders attraverso l’implementazione di un’azione trasformativa. 48 Metodi di ricerca 49 Ci sono due modi di concepire il rapporto teorie-metodo: 1. Deduttivo (prima la teoria e poi il metodo) 2. Induttivo (la teoria deriva dai dati). Ma cosa significa METODO? 50 Per contribuire ad una iniziale chiarificazione del concetto si possono individuare due differenti modi di concepire il metodo: 1. 2. Sistematico (espressione di una concezione razionalista) Indiziario (non metodico) Nel primo caso il metodo è già definito prima che si inizi la ricerca. Nel secondo caso il metodo è pensato come una guida che orienta nel percorso della conoscenza: non è una strada già segnata, ma una mappa che ci costruiamo a partire da un’accurata analisi del territorio. In questo senso ogni metodo e un “Incipit vita nova” (Zambrano). 51 I tre tipi di metodo che interpretano la visione indiziaria 1. Grounded theory (atto cognitivo fondamentale: ANALIZZARE) 2. Metodo fenomenologico eidetico (atto cognitivo fondamentale: DESCRIVERE) 3. Narrative inquiry (atto congnitivo fondamentale: RAMMEMORARE) 52 GROUNDED THEORY Indica sia il metodo di ricerca sia il prodotto della ricerca. 53 E’ uno degli orientamenti metodologici che meglio interpreta la preoccupazione, antiriduttivistica e antisemplificatrice di cogliere il fenomeno nella sua unicità. E’ stato messo a punto da due sociologi americani: Barney Glaser e Anselm Strauss. E’ considerata un approccio applicabile a campi di ricerca di vario tipo. 54 A differenza dell’approccio tradizionale della ricerca, che considera l’elaborazione della teoria la fase finale del processo, la grounded theory reputa che fin dall’inizio la teoria prende forma e che pertanto il compito del ricercatore consiste nel garantire rigore a questo processo di elaborazione teoretica. Ha una procedura ricorsiva 55 Analizzare i dati Formulare una teoria Definire la tecnica di raccolta dati 56 La processualità operativa del metodo Si individua un’area di indagine. Si mette a fuoco la questione generativa della ricerca. Si decide quale tecnica adottare per la raccolta dati. Si inizia l’analisi dei dati (scopo dell’analisi è generare buone idee) attraverso l’open coding. 57 Come si analizza la trascrizione di un’interazione verbale? Si legge più volte la trascrizione fino a quando si è acquisita una certa familiarità con il materiale. Si individuano le unità (parole, frasi o paragrafi). Si individuano le unità di significato e di queste si costruisce un elenco. Sulla base delle unità di significato si elaborano le “etichette concettuali”. Si procede nell’attribuire a ciascuna unità di analisi un’etichetta concettuale. Una volta concluso il processo di codifica si ricomincia daccapo perché la prima formulazione delle etichette 58 concettuali è sempre imprecisa. La scrittura dei memos, che cattura il pensiero nel suo procedere, dà sostanza al processo di ideazione della teoria : quando viene meno la scrittura dei memos allora non si fa Grounded Theory. 59 I criteri per valutare una Grounded Theory : adeguatezza al fenomeno e rilevanza. Una teoria è adeguata quando le categorie che la strutturano sono adatte ai dati che esse nominano. Una teoria è rilevante quando nomina l’essenza o nucleo centrale del fenomeno indagato. Nessuna teoria può essere considerata avere una qualche forma definitiva ( modificabilità) Solo quando una teoria si mantiene “trattabile” cioè docile ai dati allora si predispongono le condizioni perché sia pertinente. 60 IL METODO FENOMENOLOGICO-EIDETICO 61 Interpretazione flessibile dei dispositivi procedurali. Prospettiva object-centred invece che method centred. L’oggetto del metodo è quel fenomeno costituito dal significato dell’esperienza vissuta così com’è percepita dai partecipanti. 62 Elementi tipici del paradigma positivistico presenti nel metodo eidetico I ricercatori vanno alla ricerca di ciò che definiscono le “strutture invarianti essenziali”, il metodo di analisi dovrebbe consentire di ricavare dalle descrizioni individuali una “descrizione generale e universale”. 63 Fasi del metodo Individuare l’oggetto ossia il fenomeno da investigare. Individuare i partecipanti (numero contenuto) che hanno o hanno avuto esperienza del fenomeno. Raccolta dati (descrizioni del fenomeno) con la tecnica dell’intervista in profondità. Esercizio del principio di epoché. Processo di analisi attraverso una serie ordinata di fasi. 64 1) Si disegna l’orizzonte di significati in cui si situano i parlanti. 2) Si raccolgono le unità significative in “grappoli di significato” (Clusters of meanings). 3) Elaborazione di una descrizione generale (textural description e structural description) del fenomeno così come si ricava dai Clusters. 65 La narrative inquiry Dewey costituisce il riferimento essenziale per la teorizzazione della narrative inquiry 66 Con la cosiddetta “svolta ermeneutica” la narrazione trova autorizzazione nel campo delle scienze umane. La ricerca viene concettualizzata come “esperienza” e l’obiettivo viene ad essere quello di comprendere il significato dell’esperienza. Il pensiero narrativo (fluido), a differenza di quello argomentativo che tende a cristallizzare ciò che fluisce, rimane fedele alla fluidità dell’esperienza. 67 Fasi del metodo Raccolta del materiale narrativo. Entering in the test (svincolandosi da qualsiasi schema interpretativo pre-dato) per mettere a fuoco gli elementi significativi rispetto alla domanda di ricerca. Elaborazione del significato (sense-making) attraverso letture ripetute e costante immersione nei testi per trovare connnessioni e relazioni tra i dati. Stesura del racconto (presenting the account). 68 Per le ricerche narrative un criterio di validazione importante è la fidelity (le varie interpretazioni devono essere il più possibile capaci di dire il senso di quello che il testo dice). Essere fedeli significa rispettare il punto di vista dell’altro. Narrare ciò che si fa, narrare ciò che si pensa, fare esperienza dell’esperienza. 69 Meticciare i metodi 70 I metodi sono linee guida flessibili. Per riuscire ad avvicinare con la maggiore fedeltà possibile l’oggetto della ricerca è opportuno effettuare meticciamenti fra differenti metodi che devono però condividere alcuni presupposti fondamentali. 71 La proposta è operare un meticciamento tra metodo fenomenologico-eidetico e grounded tenendo conto dell’opportunità di effettuare un taglio narrativo. 72 Strategie di ricerca 73 Studio di caso Quando si intende acquisire adeguata comprensione di un fenomeno visto nella sua singolarità e originalità. 74 Ricerca-azione Prevede che l’indagine sia condotta sul campo, si strutturi sulla base di una stretta collaborazione tra ricercatori e pratici, e assuma come suo compito specifico quello di provocare cambiamenti migliorativi nel contesto in cui viene attuata. E’ la strategia di ricerca che meglio interpreta la filosofia partecipativa della ricerca. 75 La postura del ricercatore I principi etici del fare ricerca: AUDACIA e UMILTA’ 76 Disposizione a praticare la disciplina della riflessione, riflettere cioè mantenersi in attitudine meditativa. Acquisire consapevolezza di sé come soggetto epistemico e accompagnare il percorso con un’attività documentaristica. Essere consapevole delle criticità della disciplina autoriflessiva. 77