Hatsune Miku: estetica e cultura diventano cyborg

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Hatsune Miku: estetica e cultura diventano cyborg
Hatsune Miku: estetica e cultura diventano cyborg
di Mara Trementozzi – matricola 1645157
febbraio 2015
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Premessa
Nelle prossime pagine intendo analizzare il “caso” di Hatsune Miku, una delle più
popolari cantanti pop giapponesi. Ha una particolarità che la distingue da tutte le altre
star dello spettacolo: è una ragazza virtuale, una rappresentazione, in chiave
tecnologica, del corpo umano.
Un personaggio per il quale, il suo creatore è riuscito a sintetizzare gli elementi estetici
evidenziati da Diderot. Un’opera ideale. dove “la scena offre allo spettatore ‘tanti quadri
reali’ quanti sono, nell’azione, i momenti favorevoli al pittore”. E se lo stesso Diderot
evidenzia che le parti di un quadro “formano, con la loro mutua corrispondenza, un
insieme altrettanto reale di quelle delle membra in un corpo animale”, noi possiamo
aggiungere che le moderne tecnologie e la capacità di drammatizzare lo spettacolo
digitale hanno permesso di andare oltre. Le arti diottriche (teatro, cinema, letteratura) si
sono mescolate con evidente perfezione tra loro, generendo un cyborg che ha un cuore
pulsante: la melodia delle sette note.
Ritengo che il personaggio di Hastune Miku sia un esempio tangibile di come lo
spettacolo possa essere digitalizzato con una ridefinizione delle immagini, dei linguaggi
visivi, della forza estetica del cyberspace. Riuscendo a determinare una forte
interazione, anche virale, tra ciò che è essere umano e ciò che è la sua
rappresentazione programmata, computerizzata, virtuale.
Per comprendere come si è arrivati alla creazione di Hastune Miku, è necessario
ripercorrere alcune tappe fondamentali che hanno portato alla nascita e sviluppo dei
nuovi media.
La nascita dei nuovi media
Sono forse due i principali progetti che, nella prima metà dell’Ottocento, rappresentano
una vera e propria svolta nell’evoluzione tecnologica dell’immagine e della sua
potenziale rielaborazione in una sequenza di dati.
Anche se ci vollero ancora molti decenni prima di trasformare delle idee prototipate in
realtà.
2
Louis Daguerre, dopo aver sperimentato tra il 1822 e il 1824 il diorama1, teatro ottico
che sfruttava una particolare tecnica scenografica, tra il 1837 e il 1839 mette a punto
una tecnica che prenderà il suo nome, dagherrotipia. Un procedimento fotografico in cui
una lastra di rame argentato veniva sensibilizzata a vapori di iodio prima e a quelli di
mercurio dopo, trasformando la lastra fotografica in positivo, il dagherrotipo. Le
immagini erano molto belle e ‘calde’, però le copie erano uniche e non si potevano
riprodurre.
Il secondo progetto fondamentale per comprendere quanto la storia abbia
accompagnato, parallelamente prima e poi in modo convergente, lo sviluppo delle
tecniche foto-cinematografiche da una parte e quelle informatico-tecnologiche dall’altra,
è del 1833. Anno in cui Charles Babbage progetta la macchina analitica2 (precursore
del computer).
Nel 1895 avviene, però, una vera e propria svolta nell’ambito analogico, con i fratelli
Auguste e Louis Lumière, che presentano un ibrido tra la macchina fotografica e la
cinepresa. “Forse i Lumière non sono i veri padri del 'cinema della realtà', ma di certo
sono gli antenati di ogni cine-pugno o cine-abbraccio, di ogni immagine che viene verso
di noi, e nell’avvicinarsi sembra rimpiangere di essere stata, in un passato ogni giorno
più lontano, un corpo vivo”3.
Il 1936 è l’anno chiave per la storia dei media e dei computer: il matematico inglese
Alan Turing descrive teoricamente la “macchina universale Turing”, il cui funzionamento
ricorda vagamente un moderno proiettore.
Alla fine di questo percorso di sviluppo, i media e il computer si fondono per dar vita ai
“nuovi media”, dove il computer diventa elemento indispensabile.
1
Strumento inventato da L.J.-M. Daguerre e C.-M. Bouton nel 1822 per ottenere effetti
tridimensionali nella rappresentazione di luoghi, persone e oggetti; è costituito da teloni trasparenti dipinti
e disposti verticalmente a diverse distanze e opportunamente illuminati da fonti di luce nascoste allo
spettatore. Il termine è usato per estensione a indicare panorami, convenientemente colorati e illuminati,
che, osservati con opportune lenti, diano impressioni di realtà, oppure panorami di cui siano esaltati con
opportuni artifizi gli effetti prospettici (Treccani.it - L’enciclopedia italiana)
2
La macchina analitica può essere definita il precursore del moderno computer. “Nel progetto di
B., infatti, sono già presenti le distinzioni tra la memoria (store) e l'unità centrale di elaborazione (mill). La
sequenza delle operazioni, premonitrice del moderno concetto di programma, era, nel progetto di B.,
affidata a due serie, relativamente indipendenti, di schede perforate, la prima delle quali doveva
controllare la memoria e la seconda l'unità centrale” (Treccani.it- L’enciclopedia italiana).
3 Dante Albanesi in catalogo del Lucca Film Festival, 2005
3
Che cosa sono i media
I “nuovi media” sono analogici, continui, convertiti in forma digitale. I media a codifica
digitale sono discontinui. Ed è il cinema il primo medium a diffondere in pubblico il
principio della rappresentazione discontinua delle immagini (frame).
Tutti i media digitali hanno in comune lo stesso codice digitale ed è il computer che
permette di tradurlo in immagini, fungendo da lettore multimediale.
Permettono, tra l’altro, l’accesso random. Cioè in un film, che viene digitalizzato e
caricato nella memoria di un computer, si ha la possibilità di accedere a ogni singola
inquadratura con facilità.
La rappresentazione discreta (discontinua) e la multimedialità, che erano già presenti
nella cinematografia, cambiano nella rappresentazione digitale, seguendo tre concetti
autonomi:
1. la conversione da analogico a digitale
2. un codice rappresentativo comune
3. una rappresentazione numerica
Dei tre, solo la rappresentazione numerica ha un valore sostanziale, perché
effettivamente trasforma i media in dati informatici e li rende così programmabili.
Ed è, infatti, la programmabilità che cambia radicalmente la natura dei media.
La digitalizzazione comporta inevitabilmente una perdita di informazioni, ma la
rappresentazione a codifica digitale, a differenza di quella analogica, contiene un
quantitativo d’informazioni fisso. Un esempio pratico di questo concetto è lo scanner,
che già negli anni ’90 era in grado di scansire le immagini a livelli di risoluzione molto
alti, riproducendo quasi minuziosamente anche i più piccoli dettagli della fotografia.
I media a codifica digitale si possono riprodurre e copiare all’infinito senza alcuna
perdita qualitativa, a differenza di quelli analogici.
Anche se, in realtà, la perdita di informazioni è decisamente maggiore tra le copie
digitali che tra quelle fotografiche tradizionali. Perché le tecniche digitali utilizzano, per
4
ragioni di memoria, una compressione selettiva (jpg, mpg) grazie alla quale possono
“esistere” la televisione digitale, i dvd, i film su internet ecc.
I nuovi media sono interattivi. A differenza di quelli vecchi, l’utente può ora anche
interagire con un oggetto mediale, diventando così anche coautore dell’opera. L’aspetto
della creazione condivisa, partecipata che ritroviamo con Hastune Miku, dove chiunque
può proporre la sua composizione musicale per la pop star virtuale.
L’interfaccia tra uomo e computer di fatto è interattiva, nel momento stesso in cui un
oggetto viene rappresentato al computer, automaticamente diventa interattivo.
In seguito anche la pittura e il teatro si affidano a tecniche di messa in scena e di
composizione interattive, per riuscire a guidare l’attenzione dell’osservatore durante il
tempo su diverse parti dell’opera.
Un esempio sono gli effetti speciali dei film. Il professore di psicologia ad Harward,
Munsterberg, nel saggio “The film: a psychological study” disse che “l’essenza del film
consiste nella capacità di riprodurre o oggettivare le diverse funzioni mentali sullo
schermo”.
Quindi gli effetti speciali dei film (come la dissolvenza o la sovrapposizione di immagini)
non sono altro che rappresentazioni “artistiche” della psiche o, per meglio dire, il
trasferimento delle immagini che avvengono nella mente di un essere umano sullo
schermo.
Negli anni ’20 il regista russo Ejzestejn ipotizzò che i film potessero influenzare e
addirittura controllare il pensiero.
Negli anni ’80 il pioniere della realtà virtuale Lanier intuisce che questo è in grado di
riprodurre i processi mentali o addirittura di fondersi con essi. Secondo Lanier la realtà
virtuale può controllare la memoria umana.
Si può quindi arrivare alla conclusione che i nuovi media, cioè la digitalizzazione della
fotografia analogica, con effetti che riprendono i processi mentali di uno o più individui
portino all’utilizzo degli stessi effetti nelle menti di un vasto pubblico, influenzando così il
loro modo di focalizzare le immagini.
5
Infatti i processi di raffigurazione interiore, quindi non visibili, sono usciti dalla sfera
individuale, trasportate all’esterno sotto forma di disegni, fotografie o altre forme visive.
Ciò che era nascosto nella mente dell’individuo diventa di dominio pubblico.
I nuovi media quindi ci portano a identificarci con la struttura mentale di qualcun altro,
chiedendoci di seguire la traiettoria mentale del programmatore dei nuovi media stessi.
L'interfaccia
Allo scopo di comprendere come il manga Hatsune possa prendere vita, dobbiamo
ricordare il significato di interfaccia, che indica l’interazione tra utente e computer.
Negli anni ’90 l’identità del computer si modifica e l’immagine pubblica non è più solo
quello di uno strumento, ma di una vera e propria macchina universale utilizzata per
comporre oltre che per immagazzinare, distribuire e attivare tutti i media.
In pratica, non ci si rapporta più con un computer, ma con una cultura codificata in
forma digitale.
L’interfaccia culturale rappresenta, infatti, le modalità con cui i computer ci presentano i
dati culturali e ci consentono di interagire con essi.
Questa è presente in triplice forma:
1. cinema, cioè tutti gli elementi della percezione, del linguaggio e della ricezione
cinematografica
2. parola stampata, cioè tutte quelle convenzioni sviluppate nel tempo e condivise
da diverse forme di stampa (riviste manuali ecc..)
3. l’interfaccia uomo-computer, ovvero quelle convenzioni accettate nell’operatività
del computer che creano un linguaggio culturale a sé stante.
Lo schermo
La realtà virtuale, l’interattività e la telepresenza sono consentite dalla recente
tecnologia del computer digitale, ma diventano reali grazie a una tecnologia molto più
6
antica, lo schermo. Che non è altro che una cornice che separa due diversi spazi che
allo stesso tempo coesistono e si distingue in:
schermo classico – superficie piatta e rettangolare destinata alla visione frontale, dove
lo spazio della rappresentazione ha una scala dimensionale sempre diversa dalla
realtà, cioè dal nostro spazio normale;
schermo dinamico – destinato a “mostrare” immagini in movimento, che cambiano nel
tempo (lo schermo del cinema). Qui avviene una maggiore relazione tra l’immagine e lo
spettatore. L’immagine cerca di creare una completa illusione e ricchezza visuale e allo
spettatore si chiede di non essere scettico e di identificarsi totalmente con essa, di
concentrarsi completamente su ciò che vede in questa “finestra” cercando di ignorare lo
spazio fisico che sta all’esterno.
La realtà virtuale
Con la realtà virtuale, lo schermo scompare del tutto. Le immagini riempiono
completamente il campo visivo dello spettatore. Lo spazio fisico reale e lo spazio
simulato virtuale coincidono.
È proprio la sparizione dello schermo che ci permette oggi di riconoscere la realtà
virtuale come vera e propria categoria culturale e, perciò, di incominciare a costruirne la
storia.
L’immagine si aggiorna continuamente in tempo reale, così si fondono lo schermo
classico, che mostra un’immagine statica e permanente e lo schermo dinamico che
mostra un’immagine del passato in movimento
Si forma così lo schermo in tempo reale che mostra il presente. Questo porta lo
spettatore a “esistere” in due diversi spazi, facendo una suddivisione tra ciò che esiste e
ciò che non esiste. Viene stabilito quindi un nuovo tipo di relazione tra il corpo dello
spettatore e l’immagine.
Si verifica una caratterizzazione e una distinzione tra “rappresentazione” e
“simulazione”, tra l'opera caratterizzata da mobilità e quella dall'immobilità. Come
7
meglio sintetizzato nella seguente tabella tratta da “Il linguaggio dei nuovi media” di Lev
Manovich (edizioni Olivares, 2002).
RAPPRESENTAZIONE
SIMULAZIONE
dipinto moderno (dal Rinascimento)
Affresco, mosaico
Presenza di uno schermo, distinzione
tra spazio fisico e spazio virtuale
Nessun confine, continuità
tra spazio fisico e spazio virtuale
Mobilità dell'opera
Immobilità dell'opera (legata all'architettura)
Immobilità dello spettatore per l'interazione
Mobilità dello spettatore
Le illusioni
Il “realismo” è il concetto che accompagna lo sviluppo e l’azione della grafica
computerizzata tridimensionale. La storia dell’innovazione tecnologica è una continua
progressione verso il realismo, in modo tale che l’immagine creata dal computer non sia
distinguibile da una normale fotografia.
Un dipinto del Rinascimento e un’immagine realizzata al computer usano le stesse
tecniche. La vera rivoluzione è l’immagine sintetica in movimento.
L’introduzione della profondità di campo, alla fine degli anni Trenta, e le innovazioni
degni anni Quaranta consentono allo spettatore di avere una relazione più intima con
l’immagine.
Il realismo sintetico realizza due obiettivi:
1. la simulazione dei codici della cinematografia
2. la simulazione delle proprietà percettive di oggetti e ambienti della vita reale.
Il primo obbiettivo è stato realizzato tanto tempo fa; il secondo, la simulazione di “scene
reali”, si è rivelato più complesso. Esistono infatti tre problemi distinti:
1. la rappresentazione della forma dell’oggetto
2. gli effetti della luce sulla superficie
3. la tipologia del movimento.
8
Il Pentagono e Hollywood sono “sponsor” di questo tipo di ricerca. Si sono concentrati
sui paesaggi e sulle figure in movimento. Uno dei principali obbiettivi è l’applicazione
della fotografia computerizzata fotorealistica ai simulatori di volo e altri prototipi.
In ambito cinematografico gli effetti speciali si sviluppano e diventano più realistici,
vengono creati cieli stellati ed esplosioni. A Hollywood si è sviluppata anche la ricerca di
figure umanoidi in movimento, ovvero attori sintetici.
La differenza tra realismo cinematografico e realismo sintetico è di natura ontologica4.
In tal modo il digitale diventa quasi una filosofia della rappresentazione, come creazione
di immagini altre, prive di un referente specifico. Una sorta di sostenitore di una
virtualità autoreferenziale, che risponde solamente all'elaborazione creativa di una idea
o di una immagine puramente mentale.
Il realismo è quindi la capacità di simulare un oggetto in modo che l’immagine
sviluppata risulti perfettamente identica alla sua fotografia.
Secondo alcuni però le immagini 3D generate al computer non sono ancora, e
probabilmento non saranno mai, realistiche quanto quelle ottenute attraverso
l’obbiettivo fotografico. Anche se le fotografie sintetiche realizzate al computer sono più
“realistiche” delle fotografie tradizionali.
Ciò che viene simulato è la realtà fotografica, ovvero la grafica computerizzata non
realizza il realismo ma il fotorealismo, cioè la capacità di falsificare non la realtà ma la
sua immagine fotografica.
Nel cinema
Le caratteristiche principali dell’immagine creata a computer sono:
− l’immagine creata è spezzata in pixel, perciò è discreta;
− questa consiste in una serie di livelli, perciò è modulare;
− si divide in un livello di apparenza superiore e il rispettivo codice sottostante;
4 Che si riferisce all'essere in generale, alle sue strutture immutabili, oggettive e reali – da “Il Sabatini
Coletti”, dizionario della lingua italiana, 2008.
9
− le immagini vengono compresse, usando tecniche di compressione selettive;
− le immagini realizzate al computer assumono quindi un ruolo di interfaccia;
− c’è una contrapposizione tra profondità e superficie.
Fin dalla sua nascita il cinema è concepito come l’arte del movimento, l’arte che è
riuscita a creare un’illusione convincente della realtà dinamica.
Con lo svilupparsi del cinema e della produzione dei film si arriva a una sostituzione a
livello universale della tecnologia cinematografica tradizionale con quella digitale.
Infatti ci sono intere scene realizzate direttamente al computer. Con l’aiuto
dell’animazione 3D, il computer arriva a non distinguere più l’immagine ottenuta
attraverso un obiettivo fotografico da quella creata con un programma di montaggio.
Inizialmente il montaggio e gli effetti speciali erano attività nettamente separate, ma ora
il computer e la tecnologia eliminano questa separazione.
Hastune Miku, il “primo suono venuto dal futuro”
“La creatività è quell’energia che sta tra il cuore e il cervello, due pezzi tecnologici che
nessun computer può eguagliare”5.
“Don’t even think about calling her a cartoon6”.
Quando Keiichiro Shibuya ha pensato, tra il 2005 e il 2006, al personaggio di Hastune
Miku ha voluto sperimentare la forza della creatività umana/tecnologica di incuriosire,
plasmare e appassionare milioni di persone di ogni età. Ha dimostrato la capacità della
computer grafica e dei sintetizzatori musicali e vocali di creare il “primo suono venuto
dal futuro” (che in giapponese si traduce in Hastune Miku) dando la possibilità a ogni
internauta di comporre la propria canzone.
La voce di Hastune Miku è stata ottenuta campionando quella della doppiatrice
giapponese Saki Fujita.
5
Olviero Toscani, “L’immagine per Oliviero Toscani - Il futuro è già qui”, 2008 in “La Storia siamo
noi”, Rai.tv
6
Lindsay Zoladz, “new york magazine” 17 novembre 2014
10
"Volevo andare oltre l'immaginazione umana - dice Keiichiro Shibuya - volevo creare
qualcosa che piacesse ai bambini, ma allo stesso tempo talmente delirante che gli
adulti non ci avrebbero capito niente. Dopo le rappresentazioni in Giappone mi hanno
detto spesso che era come se fossi rimasto molto tempo sulle montagne russe. Penso
che questo sia il segno della nostra riuscita"7.
Così ha creato una vera pop star, con milioni di fans in ogni parte del mondo. Però è un
vocaloid8, un androide che canta, una macchina dalla quale esce una voce sintetica con
toni altissimi e sovrumani, una figurina virtuale che vive grazie a compositori della rete
che le fabbricano un repertorio. Ha un profilo Youtube pieno di video (l’ultimo è di
novembre 2014 e ha registrato oltre un milione di visitatori) e una pagina Facebook con
più di 2,6 milioni di amici.
Hatsune Miku è una ragazza virtuale, alla quale il suo creatore ha voluto dare un’età,
attribuendole anche delle caratteristiche anatomiche: ha sedici anni, pesa 42 chili, ha i
capelli verdeacqua, è alta un 1 metro e 58 ed è un manga9.
Un manga che ripropone sul palcoscenico lo stile del teatro Takarazuka, una particolare
forma teatrale giapponese che nasce nei primi del Novecento nella omonima città. Qui,
un gruppo di giovani ballerine, attrici e cantanti – che si fa chiamare Takarazuka Shojo
Kagekidan – intratteneva i turisti che si recavano alle terme della città. Ebbe un grande
successo, tanto che venne istituita una scuola di recitazione per insegnare il loro stile.
Miku, in particolare si presenta con lunghi codini, l’uniforme scolastica, riveduta e
corretta con un tocco elettronico, degno della migliore tradizione Japanese cyberculture.
7
Laura Putti, “Hatsune Miku, la star del pop: arriva in Europa la cantante che non c’è”, 2013 in
Repubblica.it - Spettacoli
8
Vocaloid is a technology for singing voice synthesis developed by Yamaha, and the name of this
software application. The software allows users to input melody and lyrics in order to synthesize singing.
In other words, with this technology, singing can be produced without a singer. Singing voice synthesis is
produced by using fragments of voices recorded from actual singers, called the Singer Library. By
changing this Singer Library, various voices such as Miku Hatsune and Gakupoid are able to be created.
There are countless musical pieces that have been uploaded to Nico Video and Youtube that use these
products. (da www.vocaloid.com - Yamaha)
9
con il termine “manga” in Giappone sono designati i fumetti. “L’espressione fu introdotta a
indicare disegni nel 1771 da Kankei Suzuki nel Mankaku zuihitsu e nel 1798 da Kyôden Santô nello Shiji
no yukikai. Katsushika Hokusai la riutilizzò nel 1814 per la sua raccolta di 15 volumi di disegni che, in
mostra all’Esposizione universale di Parigi del 1867, vennero chiamati Hokusai Manga. Il termine apparve
per la prima volta in una rivista nel 1900, Jiji Manga” (Treccani - lessico del XXI secolo - 2013)
11
Quindi si può affermare che Hatsune Miku sintetizza in sé un tipico modello teatrale
giapponese, rappresentato però come un vero e proprio cyborg, in cui gli elementi
biologici e tecnologici si fondono per consentire il superamento dei limiti fisici imposti dal
corpo umano, che viene così trasformato grazie all’informatica, dando concretezza a un
pezzo di quel mondo, di quel cyberspace, nel quale ci troviamo proiettati come pura
informazione, flusso continuo di dati.
Inizialmente Hatsune Miku era semplicemente uno dei personaggi che si potevano
scegliere per dare la voce al programma Vocaloid 2 della Yamaha, che permette di
sintetizzare la voce. Poi è diventata protagonista di diversi manga e videogiochi, fino a
calcare alcuni tra i più importanti palcoscenici del mondo.
Si tratta di un vero e proprio ologramma, che fluttua sul palcoscenico, apparendo e
scomparendo. La prima opera di Hastune Miku proposta al pubblico è stata The End,
dove canta la morte. In particolare, quella della popolazione giapponese rimasta colpita
dal disastro nucleare di Fukuscima nel 2011, ma anche la morte della moglie del
“padre” che le ha dato vita.
Introdotta sul mercato nel 2007 dalla Crypton Future Media, su brevetto Yamaha, il
vocaloid Hastune Miku offre al suo pubblico una voce costante, pressoché immutabile e
quindi senza i problemi e i limiti delle corde vocali umane. "Non avevo davanti qualcuno
che mi dicesse: questo non posso cantarlo. Potevo quindi - dice Keiichiro Shibuya produrre ritmi molto rapidi e molto irregolari. Ma, mentre la musica di Miku rispetta un
certo minimalismo, le immagini sono invece enormi e senza limiti"10.
Si tratta di un personaggio che interagisce con il pubblico, che può diventare anche
protagonista. Infatti, rispettando determinate regole, chiunque può comporre una
canzone per Hatsune Miku che verrà poi mandata in rete. Se avrà successo, il neo
compositore potrebbe diventare ricco grazie ai diritti raccolti.
10
ibdem nota 7
12
VanityFair11 ricorda che una delle compilation dei Vocaloid, Exit Tunes Presents
Vocalogenesis feat. Hatsune Miku, ha debuttato alla prima posizione della classifica
degli album più venduti in Giappone il 31 maggio 2010.
Il suo inventore però non la considera una celebrità: “Non si può pensare a Hatsune
Miku come a una popstar umana. Lei è tecnologia. Così, più che dire che lei diventerà
una star, sarebbe più appropriato parlare di lei come fosse un movimento. Per esempio,
come si fa con l'hip hop”12.
Hatsune Miku può essere considerata una delle ultime star virtuali, dopo la nascita
verso la fine del Duemila, di Kyoko Date, prima diva dell'era digitale. Ha aperto la strada
ad altri personaggi virtuali diventati famosi come Ananova13, che ha condotto i tg
britannici web dal 2000 al 2004. Ci sono state anche modelle, tra le quali Webbie
Tookai, utilizzata in Giappone per molte campagne pubblicitarie, “fino ad arrivare ai
musicisti virtuali dei Gorillaz di Damon Albarn e agli attori computerizzati di 'Avatar' di
James Cameron, molti dei quali non realizzati con attori umani, ma completamente
gestiti dal computer”14.
Però ha fatto un passo ulteriore, “ mescolando la novità delle 'community' via Internet
con la 'fisicità' olografica dei concerti nei teatri15
Si tratta quindi di un personaggio tipicamente commerciale, tra il copyright e il fanmade,
“che coinvolge non solo il software, ma anche tutta una serie di reportage, album e
singoli, concerti live, diversi videogiochi, manga, gadget e oggettistica varia e più di
recente l’anime che la vede come tipica protagonista in stile shōjo”.
“Tuttavia, partendo da questa base, sul famoso sito giapponese Nico Nico Dōuga
(equivalente di Youtube) la produzione cosiddetta ‘dal basso’, paragonabile all’ampio e
11
“La popstar virtuale che duetta coi Coldplay agli ultimi MTV Japan Awards - la band inglese è
salita sul palco con Hatsune Miku, la giovane cantante digitale che piace anche a Lady Gaga – in
VanityFair.it
12 Ibidem nota 10
13 Ananova è una presentatrice virtuale, creata dalla Press Associated New media, il più grande provider
per l'informazione su Rete in Gran Bretagna; Teresa Serrao in La Repubblica.it società, 17 gennaio
2000
14 “L'addio virtuale di Hatsune Miku la popstar che non è mai esistita” di Ernesto Assante in la
Repubblica.it – spettacoli e cultura, 15 marzo 2012
15 Ibidem nota 13
13
prolifico mondo dei dōjinshi in rapporto ai manga, è stata di una rilevanza tale che molti
brani composti da fan sono stati presi e inseriti negli album ufficiali”16.
Come evidenzia Alex Leavitt17: Crypton’s strategic approach to the Vocaloid franchise
relies on a delicate balance between copyright and fan production. The company
relaxes its hold over intellectual property to allow creators to utilize the software for both
free and commercial purposes (such as selling musical CDs).
While international fans gaze at the Japanese artists that popularize the franchise,
Crypton must challenge traditional Japanese approaches to content production and
distribution.
L'ultima esibizione davanti a un pubblico generalista è avvenuta l'8 ottobre 2014,
quando Hatsune Miku è stata ospite e si è esibita al
The Late Show with David
Letterman. Una vera e propria celebrazione di un fenomeno che “riflette molto da vicino,
anche se con differenze sostanziali, quello creato da William Gibson in uno dei suoi libri
di fantascienza, AIDORU (IDORU) nel 1997, dove uno dei protagonisti del romanzo era
Rei Toei, una cantante virtuale appunto, oggetto di desiderio da parte di molti e centro
attorno al quale si sviluppava la narrazione”18.
Qual è quindi la vera forza di Miku? Potremmo dire che è la nuova vera espressione
dell'identità di genere sul web, un idolo che non solo appare come i fans vorrebbero, ma
viene plasmato dal suo stesso pubblico, determinando così un successo scontato.
The Net (and in particular the Web), in Japan as elsewhere, has changed the ways in
which we approach the gathering and presentation of information, and has offered both
individuals and groups new media for the construction of identity19.
16 Hatsune Miku: Idol in bilico tra virtuale e visuale, di Ilaria Pisani in www.nippop.it
17 Annenberg School for Communication & Journalism, University of Southern California
http://mediacommons.futureofthebook.org/imr/2011/04/29/global-culture-hatsune-miku
18 Hatsune Miku, l’idol virtuale giapponese, ospite da David Letterman di Matteo Boscarol in
screenWEEK.it, 18 settembre 2014
19 Japanese cybercultures, Nanette Gottlieb and Mark McLelland eds, Routledge 2003
14
Fonti principali
•
Lev Manovich – “Il linguaggio dei nuovi media”
•
Treccani.it – L'enciclopedia italiana
•
Catalogo del Lucca Film Festival 2005
•
Il Sabatini Coletti, dizionario della lingua italiana 2008
•
Olviero Toscani, “L’immagine per Oliviero Toscani - Il futuro è già qui”, 2008 in
“La Storia siamo noi”, Rai.tv
•
Vocaloid official website , http://www.vocaloid.com/
•
Treccani - lessico del XXI secolo – 2013
•
www.laRepubblica.it
•
www.VanityFair.it
•
www.nippop.it
•
www.screenWEEK.it
•
Dizionario di studi culturali, a cura di Michele Cometa,
http://www.culturalstudies.it/dizionario
•
Japanese Cybercultures , a cura di Mark McLellan e Nanette Gottlieb, Routledge,
London, 2003
•
Alex Leavitt, The global cult(ure) of Hatsune Miku, in “In media res”, Annenberg
School for Communication & Journalism, University of Southern California,
http://mediacommons.futureofthebook.org/imr/2011/04/29/global-culture-hatsunemiku, 29-04-11
•
www.ubcfumetti.com
15