Diario di viaggio

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Diario di viaggio
30 settembre - 9 ottobre 2010
La IULM parte alla scoperta di Tokyo
Dodici studentesse della facoltà di “Arti, mercati e patrimoni della cultura” e il
Professore di “Economia dell’arte e della cultura” Guido Ferilli con un’esperienza da
raccontare.
Uno sguardo introduttivo sul Giappone
Tutto ha inizio con l’intuizione del nostro Professore di Economia dell’anno accademico 20092010, Guido Ferilli: proporre a tutti gli
studenti dell’università IULM, ed in
particolare a noi frequentanti del corso
di laurea in “Comunicazione nei mercati
dell’arte e della cultura”, un viaggio
studio a Tokyo della durata di 10 giorni.
Da questa esperienza, i cui ingredienti
fondamentali sono stati interesse socioculturale e spirito di gruppo, abbiamo
sviluppato un diario di viaggio che
speriamo possa darvi una panoramica
sulla città del Sol Levante, ma
soprattutto stuzzicare la vostra curiosità
per una cultura così affascinante,
soprattutto per noi occidentali.
FOTO DI GRUPPO DAVANTI AL BUDDHA GIGANTE
Sfogliando un qualsiasi libro di geografia, vediamo che
il Giappone è un arcipelago costituito da numerose isole di origine vulcanica disposte lungo il
continente asiatico, dalla Siberia orientale fino quasi a Taiwan, e che il territorio è suddiviso in 47
prefetture amministrative.
Il Giappone, però, è anche un concetto, un’idea, un’insieme di icone: i
templi buddhisti, il flower design detto “ikebana”, i giardini Zen, i
“kimono”, le arti marziali ma anche il “sushi”, i videogiochi, i “manga”, il
“karaoke”…
L’immagine del famoso monte Fuji (Fuji-san, come lo chiamano i
giapponesi), con la cima innevata sullo sfondo, il treno che sfreccia a
grande velocità tra i ciliegi in fiore e in primo piano una fanciulla in kimono è tipicamente MADE
IN JAPAN. Arti, mestieri, e tradizioni convivono in perfetta armonia con lo sviluppo della
tecnologia moderna e con la natura montuosa e ricca di foreste. Queste che sembrano a noi visitatori
delle perfette contraddizioni sono, invece, orgoglio di un popolo che ha sempre colto la sfida tra
innovazione tecnologica e uno spiccato senso della tradizione. A partire dagli anni’60 dell’
Ottocento, per emergere dall’isolamento imposto dal governo nell’arco dei tre secoli precedenti, i
giapponesi hanno compiuto un notevole sforzo sia per modernizzarsi sia per non perdere la propria
identità storico-culturale e ,cercando di valorizzarla, hanno raggiunto quel primato socio-economico
che li caratterizza in tutto l’Oriente. A ciò ha contribuito anche la loro attitudine conservatrice nel
mondo lavorativo.
L’educazione dei bambini e il sistema scolastico ci
aiutano a comprendere meglio la loro concezione di
vita, tanto più distante da svaghi e divertimenti, quanto
più rispettosa dell’armonia sociale. Se è vero che noi
occidentali ci liberiamo dalle imposizioni dell’infanzia
per godere solo in età adulta di una relativa libertà, in
Giappone i bambini sono trattati con maggiore
indulgenza all’interno delle mura domestiche, regno
delle donne, che gestiscono anche le finanze e gli
MAMMA E BIMBI RIPRESI PRESSO IL MORI ART MUSEUM
NELL’INSTALLAZIONE DI KURIBAYASHI TAKASHI
stipendi dei mariti, mentre ricevono un’educazione più
rigida nelle scuole. Nei sei anni di scuola elementare e nei tre di scuola media inferiore, le
sollecitazioni a conformarsi alle regole e alla disciplina del gruppo tendono a prevaricare sulle
inclinazioni individuali. Nelle scuole superiori il carico di lavoro è impegnativo e soprattutto nel
periodo dello “ jiken jigoku”, il cosiddetto inferno degli esami, molti studenti non riescono a
dormire più di cinque ore per notte. Inoltre, un gran numero di ragazzi frequenta le scuole private di
ripetizione, le “juku”, per altre tre ore al giorno rispetto al normale orario scolastico. Giunti
all’università, i giovani trascorrono quattro anni di relativa libertà prima di intraprendere
l’avventura lavorativa: le aziende addestrano i nuovi dipendenti direttamente sul campo e le
università giapponesi, essendo di alto livello, garantiscono a chi le ha frequentate di ottenere spesso
delle ottime posizioni lavorative, una volta terminato il ciclo di studi.
La volontà di creare delle collaborazioni nella didattica e nella ricerca tra l’università IULM e
alcune istituzioni giapponesi, ci ha permesso di scoprire realtà studentesche differenti dalle nostre.
L’università Bunka, specializzata nel fashion design, la prestigiosa Waseda e la residenza degli
artisti Tokyo Wonder Site, spiegano bene come la società del futuro investa nei giovani. Ragazze in
divisa “alla marinara”, laboratori scolastici iper tecnologici dedicati alla moda e alla
settimana del design sono solo alcuni degli aspetti che ci hanno affascinato e che ci
riconducono ai nuovi concetti di Economia e sviluppo, in cui si pone l’attenzione
soprattutto sugli aspetti immateriali e socio-culturali dell’esperienza quotidiana, dove
i valori condivisi e la capacità di relazione pubblica influenzano la qualità della vita
individuale e collettiva.
Durante il nostro viaggio a Tokyo abbiamo notato diversi elementi associabili a
IN
quest’idea: l’assenza di cestini della spazzatura per la strade e, nonostante questo, CARTELLO
METROPOLITANA
l’estrema pulizia, grazie ad una radicata educazione civica; la presenza, la sera, di CHE VIETA L’USO
DEL CELLULARE
uomini appisolati sui tavoli dei Mc Donald’s e di ragazzi intenti a studiare in un luogo
così insolitamente tranquillo; il silenzio sui trasporti pubblici quali metropolitane e autobus, in cui
anche parlare al cellulare è visto come un atto di disturbo nei confronti della quiete pubblica; la
“caccia” alle apparecchiature elettroniche d’avanguardia da parte dei più giovani; la moda che
attinge a piene mani dai manga, dai cartoni animati come Sailor Moone o Hello Kitty, ormai
simbolo di un modo di vivere, e non solo di vestire, diffuso tra i giovani, ecc.
Qualche curiosità…
Lingua e Scrittura
• La lingua parlata è il giapponese e, nonostante il Giappone abbia
adottato molti elementi della cultura cinese, inclusi i caratteri
utilizzati per la scrittura, le due lingue non appartengono allo
stesso ceppo linguistico. Esistono, inoltre, prove di un lontano
rapporto con le lingue austronesiane parlate in Malesia,
Indonesia e Filippine. La scrittura si avvale di tre alfabeti: il
“kanji” usato per i sostantivi; l’“hiragana” per i verbi e gli
aggettivi, e infine il “katakana” per i nomi di origine straniera.
C’e inoltre una quarta forma linguistica detta “romaji”, usata nei
testi pubblicitari. Con nostra grande sorpresa, la lingua inglese ESEMPIO DI GRAFIA
GIAPPONESE
non è padroneggiata da tutti, nonostante i prodotti di esportazione
e fabbricazione giapponese quali le macchine fotografiche e moltissime altre
apparecchiature elettroniche posseggano dispositivi e istruzioni principalmente in questa
lingua. Questo forse perché si tratta di un mercato globale, e non nazionale, la cui presenza
prescinde dalla capacità dei cittadini di parlare lingue straniere.
Subcultura
Il termine "Harajuku girls" è utilizzato dal linguaggio dei media per descrivere la
tendenza dei giovani, prevalentemente donne, che popolano le strade di Harajuku,
abbigliati secondo stili anche molto diversi fra loro, ma accomunati da
un’evidente varietà cromatica e da una generale eccentricità. Queste ragazze
diventano così le esponenti di numerose subculture, fra le quali le più importanti
sono Gothic Lolita, Ganguro e Kogal, oltre alla pratica del Cosplay ed il Revival
Punk. Uno sviluppo contemporaneo delle sottoculture proprie di Harajuku è la
corrente musicale Visual Kei, che è nata verso la fine degli anni ottanta
accomunando gruppi musicali di vario genere legati da una condivisa dimensione
estetica. E’ proprio negli anni ottanta che una moltitudine di artisti di strada e di adolescenti vestiti
secondo fogge bizzarre, presero a radunarsi di domenica in Omotesandō e nelle strade che
attraversano il parco di Yoyogi. Le strade di domenica erano chiuse al traffico ed è solo all’inizio
degli anni novanta, con la loro apertura, che questi raduni artistici sono diminuiti. Ancora oggi,
però, molti ragazzi continuano ad uscire e passeggiarvi.
UNA HARAJUKU GIRL
Religione
Secondo un curioso proverbio, i giapponesi nascono shintoisti, si sposano cristiani e muoiono
buddisti. Infatti la maggior parte degli abitanti della nazione pratica
sia lo Shintoismo, soprattutto per il battesimo e il matrimonio, sia il
Buddismo, riservato invece alle cerimonie funebri. Benché i seguaci
del Cristianesimo siano una minoranza, il matrimonio cristiano
rappresenta un’originale alternativa alla cerimonia shintoista. Nei miti
cosmogonici dello shintoismo, il popolo nipponico e il loro
imperatore sono discendenti degli dei. Dopo la morte, gli uomini
diventano “kami”, divinità onnipresenti, e anche gli avi devono essere
venerati come tali. Anche se oggi prevale un atteggiamento
materialista e il sentimento religioso è, GIOVANE COPPIA DI SPOSI
per molti una questione formale,
l’influenza del Buddismo nell’architettura, nelle arti e nella cultura, è
forte. In particolare, prevale il Buddismo Zen che, proveniente dalla
Cina, si diffuse durante il periodo Kamakura (1185-1333) grazie al
sostegno dei samurai. Esso professa il raggiungimento dello stato di
illuminazione per mezzo della volontà personale e della piena
consapevolezza di Sé attraverso lo “Zazen” e la distanza dai desideri terreni.
TEMPIO BUDDISTA A KENCHO-JI
Usi e costumi
Camminando per le strade di Tokyo, anche di notte, si prova una sensazione di sicurezza. Quasi
tutti i quartieri urbani dispongono di una piccola stazione della polizia detta “koban”, che riduce al
massimo gli atti di violenza e criminalità. Si noti ancora una volta l’armonia che deriva
dall’autocontrollo personale e dall’adeguamento all’ordine sociale e che impone anche la
dissimulazione dalle preoccupazioni private, sempre celate da un sorriso. Annuire con il capo
significa “capisco ciò che stai dicendo”; sorridere è una questione di educazione e non significa mai
“si”. Le regole comportamentali si applicano, in genere, in contesti sociali specifici, al di fuori dei
quali vengono talvolta ignorate. Non è raro, infatti, notare per strada comportamenti ben poco
conformi alla buona creanza, soprattutto in tarda notte. Talvolta, la comprensione fra occidentali e
giapponesi è ostacolata dal fatto che la vaghezza e il sottointeso sono di gran lunga preferibili
all’espressione diretta e immediata e la franchezza è sinonimo di maleducazione, per cui gli
interlocutori fanno di tutto per evitare divergenze. Un segno ulteriore è rappresentato dalla grande
professionalità che porta le persone a scambiarsi il biglietto da visita come segno di rispetto e di
riconoscimento personale.
Le decisioni vengono sempre prese in modo consensuale, una procedura che in ambito aziendale
può richiedere comprensibilmente molto tempo, e che può spaventare gli stranieri in viaggio
d’affari in Giappone. Questi ultimi sono indicati con il termine “gaijin”, una contrazione della
parola “gaikoku jin”, “persona al di fuori del paese”, che un tempo aveva una connotazione
spregiativa, ma che si è trasformata in “gaijin san”.
Nonostante ci siano alcune differenze tra una metropoli internazionale come Tokyo e il resto del
paese esistono tre divieti assoluti in ambito civile: insaponarsi nella vasca da bagno, entrare in un
tempio, in un santuario o in un’abitazione privata senza essersi tolti le scarpe (i tipici tappeti
“tatami” sono funzionali a questo scopo) e soffiarsi il naso in pubblico.
Certamente gentili e formali nei negozi, si udiranno ovunque le espressioni “Ireshaimasen” e
“arigatou gozaimasou”, termini sempre validi per dare il bene venuto e ringraziare!
Igiene e salute
I fumatori, anche se in diminuzione, rappresentano ancora la maggioranza dei giapponesi. È vietato
fumare sui trasporti pubblici, che sono estremamente migliori dal punto di vista igienico e della
manutenzione rispetto ai nostri (senza trascurare la puntualità!). Il divieto è
valido anche per strada, dove si trovano le smoking-area, dedicate a chi vuole
fumare senza disturbare la quiete degli altri passanti. Inoltre, solo i ristoranti
delle grandi città frequentati da una clientela straniera dispongono della zona
non-fumatori, ma la separazione da quella fumatori non è poi così definita.
USUALE SIMBOLO DI
“VIETATO FUMARE”
AFFISSO IN LUOGHI
PUBBLICI O SUL SUOLO
NEI TRATTI PEDONALI IN
CUI è VIETATO FUMARE
Passeggiando per strada un turista potrebbe essere colpito dalle persone che
indossano una mascherina bianca su naso e bocca, utilizzata per non infastidire,
o peggio infettare, i passanti. Un aspetto questo che è esattamente il contrario di
quello che riscontriamo nel mondo occidentale, dove chi è sano deve
premunirsi degli strumenti che evitino di essere contagiato.
Nei servizi igienici pubblici i profumatori d’ambiente e la musica di sottofondo
non possono mancare. Si nota così come la tecnologia abbia investito anche nel settore dell’igiene,
una vera ossessione per gli orientali. I washlet in stile occidentale sono dotati di un sistema
computerizzato: sedile riscaldabile e getto d’acqua interno “stile bidet”.
Il viaggio giorno dopo giorno
Giovedì 30 settembre 2010 e Venerdì 1 ottobre 2010
“L’epopea del viaggio” di Alice Manni
La valigia se ne sta chiusa immobile davanti al letto dalla sera prima, con il
tipico atteggiamento che sta tra l'imperturbabilità e la saccenza che ha chi sa
qualcosa che tu non sai e ti vuole fare capire silenziosamente di sapere
qualcosa che tu non sai: come sempre le cose essenziali - trucchi, spolverino
e scarpe da ginnastica - non sono al suo interno. Arrivo all’aeroporto, il
ritrovo è alle Partenze. Cerco l’area di check in 9, correndo con la mia
valigia color ghiaccio. Trovo tutte le ragazze del gruppo, mi faccio vedere
dal professor Ferilli e inizio le nuove conoscenze con l’ansia di aver
dimenticato qualcosa di fondamentale a casa. Dopo la consegna dei biglietti
aerei e l’imbarco delle valige, ci dirigiamo verso il gate. Passiamo i soliti
controlli in cui ci invitano a separarci temporaneamente dalle scarpe e
puntiamo verso la "zona cibo", dove perdiamo più di un’ora per la sosta,
cercando di placare la fame.
Di colpo ci rendiamo conto che sono le 14,3, l’ora dell’imbarco. I muscoli
facciali del prof. sembrano indulgere ad una smorfia di agitazione: inizia una
corsa disperata attraverso l’aeroporto di Malpensa alla ricerca del gate. Di
lì a poco, scopriamo che fortunatamente c’è un’ordinata fila che ci permette
di tirare il fiato, tranquillizzarci, comunicare e empaticamente calma al
professore .
Saliamo sull’aereo dai sedili
rosa e lilla della compagnia
aerea Emirates. Io siedo nella
fila centrale, posto esterno, alla
mia destra Ilaria, a sinistra
Giulia. Il volo Emirates fornisce
in dotazione ai suoi passeggeri:
copertina beige monouso, microcuffiette monouso da usare in
combo
con
schermo
lcd
SORVOLANDO BAGHDAD, DIREZIONE DUBAI!
incastonato su sedile anteriore,
su cui è possibile vedere ogni genere di film, emittente televisiva, canale
musicale o video giochi. L’eccesso di intrattenimento mi tranquillizza
immediatamente: non mi piacciono i viaggi lunghi e questo è il viaggio più
lungo che abbia mai fatto.
Ci avremmo messo sei ore per arrivare a Dubai ed altre nove da Dubai per
raggiungere Tokyo. Fortunatamente avevo evitato, forse involontariamente,
forse in modo inconscio, di informarmi circa la durata del viaggio. L'idea di
stare seduta per ore, sospesa in aria non mi ha mai fatto impazzire.
Decolliamo in perfetto orario, alle 15:38, e subito mi immergo nello studio
del touchscreen nel sedile alla ricerca di qualche film ammazza-tempo. La
mia scelta cade su “Alice in wonderland”. Nelle ore successive la visione del
film di Disney, una "merendina", una cena a base di pollo, patate e tortino al
cioccolato e qualche chiacchiera con le amiche.
Atterriamo a Dubai di notte. Cerchiamo di capire attraverso schermi e
tabelloni luminosi da quale gate partirà il nostro volo. Tutto è scritto in
arabo. Superiamo i controlli
ed entriamo finalmente
nell'area
dedicata
agli
esercizi commerciali duty
free. Davanti a noi una
cascata
artificiale
illuminata da tanti faretti
colorati, strutture di vetro
e acciaio che ricordano
delle vele. All'interno
negozi
che
vendono
SCALO A DUBAI
tantissimi oggetti il cui denominatore
comune sembra essere l’inutilità degli stessi, con una particolare preferenza
per negozi con orologi di marca e profumerie. Finiamo assonnati da
“Starbucks” per un caffè. Ilaria si prende un ottimo frapuccino alla fragola e
tutti stanchi morti cerchiamo di riposarci un poco seduti ai tavolini della
famosa pasticceria francese “Paul” in attesa del volo successivo. E' lì che ci
raggiungono il professor Pier Luigi Sacco con la moglie Lorenza, i nostri
nuovi compagni di viaggio. Il tempo allo scalo passa velocemente ed è già
ora di prendere l’aereo, sempre Emirates, sempre in tonalità rosa e lilla.
Alla mia destra c'è sempre
Ilaria e dalla parte del
finestrino
un
simpatico
africano che passa tutto il
tempo del viaggio a pregare.
Decolliamo, e il tempo passa
diviso tra il dormiveglia e una
serie di assaggi di cibo. La
seconda cena del nostro
viaggio è a base di cucina
E DOPO QUASI 24 ORE DI VIAGGIO... SIAMO FINALMENTE
giapponese reinterpretata in ARRIVATE ALL'AEROPORTO DI NARITA!
chiave araba. Atterraggio.
Nulla da dichiarare e finalmente alle 18,30 siamo a Narita!
TOKYO.
Ci dirigiamo subito nei bagni del terminal giapponese. Ne rimaniamo
letteralmente affascinate: water di ceramica intonsa decorati da piccoli tasti
e un sottofondo musicale in filodiffusione. Finito di giocare in bagno
andiamo a prendere lo shuttle che ci porta all’aeroporto vero e proprio,
dove, forniti i nostri autografi digitali alla dogana, ritiriamo le valigie che
troviamo già in fila accanto al nastro trasportatore. Usciamo dalla zona del
ritiro bagagli e incontriamo la moglie del professore, la nostra insostituibile
guida, Kiyoko Oiwa. Ci presentiamo e andiamo a prendere il treno che ci
accompagnerà all’hotel. Un’altra ora e mezza e un paio di cambi.
Fortunatamente non c’è tanta gente e riusciamo a sederci, sonnecchiamo
distrutti. Giulia mi fa subito notare la pulizia che regna in quel treno
indicandomi il pavimento. E’ davvero pulitissimo.
Arriviamo ad Asakusa e appena usciamo dalla metropolitana mi risveglio dal
torpore alla vista della città. Io e Lucia ci sediamo e iniziamo subito a
scattare le prime foto. Siamo in un grande incrocio dove passano poche
macchine e ci sono poche luci, solo qualche insegna luminosa in lontananza.
Camminiamo verso l’hotel su marciapiedi enormi, passiamo davanti a una
serie di edifici non tanto alti - è strano che dica questo ma in fondo è proprio
questa "normalità" a colpirmi. Un mini market illuminato ancora aperto con
dentro gente in piedi a leggere manga è uno degli ultimi ricordi di quella
prima notte. Continuiamo a camminare.
Mi chiedo cosa sia questa linea gialla costituita da rotonde gibbosità che
percorre il marciapiede dividendolo in due... forse una pista ciclabile. Dopo
cinque minuti di passeggiata arriviamo ad un edificio alto una decina di
piani: un'insegna campeggia sul tetto recitando qualcosa in ideogrammi blu
elettrico.
“ RAGAZZE BENVENUTE AL TOYOKO INN
DI ASAKUSA!”
La hall dell'albergo è sobria, con tavolini
rotondi per la colazione e un bancone da cui
una ragazza in divisa rosa e nera ci accoglie
sorridente. Ordinatamente procediamo alla
registrazione, alla foto tessera e al pagamento
della stanza. Al gruppo tocca il quinto e il sesto
piano. Ritiro le chiavi e mi lancio
nell’ascensore. Sono davvero stanca e ho
LE NOSTRE STANZE E IL NOSTRO HOTEL:
bisogno di una doccia! L’ascensore si apre a
IL TOYOKO INN DI ASAKUSA!
metà di un piano, vedo la moquette blu e le
porte tutte in fila. In fondo è così in ogni hotel ma qui tutto appare più
rigoroso. La mia stanza è la 510, tra Giulia e Lucia. Ho subito problemi con
la serratura che si apre in senso opposto la nostra, ovvero un mezzo giro da
destra a sinistra, ma i miei problemi non finisco qui: la porta si apre verso di
me e quindi mi ritrovo con le braccia contorte in un movimento che
comprendeva il tirare la porta e il girare la chiave. Alla fine la nostra eroina
(io, che a questo punto del viaggio e del racconto merito la terza persona)
riesce ad entrare e la cameretta si rivela proprio carina! Un letto enorme con
un piumone dalle tonalità pastello e una finestra con tende bianche, una
scrivania con una piccola tv e un piccolo frigo bianco. Mi giro a sinistra e
apro una porta: dietro un piccolo bagno, rialzato di una decina di centimetri
da terra.
A questo punto, apro la valigia e cerco l’armadio...
L’armadio. Dov’è l’armadio? Nella stanza non c’è. Apro la porta del bagno
nella speranza di un vano segreto magari sfuggitomi in precedenza ma
ahimè… niente armadio. Giro nella stanza spaesata. Nella stanza non c'è
traccia dell'armadio. Apro la porta e urlo per il corridoio: “Ragazze ma non
c’è l’armadio!”. Nicole si affaccia due stanze più in là ridendo e mi conferma
l’assenza del contenitore dei miei sogni. Mi butto sul letto e lascio la valigia
aperta sulla moquette. Doccia e pigiama .La camera, nonostante il piccolo
inconveniente dell’assenza del mobile per gli abiti,è veramente accogliente e
il Toyoko Inn si rivela da subito un’ottima sistemazione considerando anche
il prezzo molto conveniente. Scrivo un messaggino ai miei per avvisarli del
mio arrivo. Sono in quel di Tokyo e mi lascio sprofondare in un sonno stanco
e adrenalinico con l'obiettivo di ignorare il fuso orario.
Alice
Sabato 2 ottobre 2010
“L’avventura ha inizio!”
Guendalina Dubbini
di
Sara
N’Guessan
e
Già dal nostro primo risveglio a Tokyo siamo rimaste colpite dall’abisso che
separa le nostre abitudini da quelle
giapponesi: abbiamo detto addio a
cornetto e cappuccino e abbiamo
provato misteriose zuppe, insalate,
frittate e involtini di riso.
Dopo questa prima “avventura” ci
siamo ritrovate alle 8.30 nella hall
WONDER SITE: IL RESIDENZIALE
dell’albergo, per partire alla scoperta TOKYO
D'ARTISTI DEDICATO ALLA PROMOZIONE
del Tokyo Wonder Site, che si trova al DELLA CULTURA DAL CUORE DI TOKYO.
centro del quartiere Shibuya.
Qui siamo state accolte dalla disponibilissima Direttrice Kayoko Iemura che
ci ha presentato la storia e la struttura di questo istituto dedicato alla
creazione e alla promozione dell’arte contemporanea. TWS Shibuya opera in
collaborazione
con
altre
strutture culturali giapponesi ed
internazionali, e si occupa della
promozione di nuovi talenti
provenienti da ogni parte del
mondo, come abbiamo potuto
ammirare dai cataloghi che ci
sono stati offerti durante
l’incontro. Dopo una prima
parte introduttiva, siamo stati
DURANTE LA PRESENTAZIONE DI TOKYO WONDER SITE
accompagnati a visitare il TWS
Aoyama: Creator-in-Residence inaugurato nel 2006. In questa sede viene
offerta agli artisti di ogni genere e nazionalità la possibilità di proseguire le
proprie ricerche creative e lavorare confrontandosi con altre realtà
artistiche.
Qui abbiamo ammirato le camere, davvero confortevoli e spaziose, e le aree
comuni quali le cucine, i bagni e i salotti.
In seguito ci siamo spostati verso le aree espositive, dove abbiamo potuto
ammirare le opere di diversi artisti
per lo più di video arte.
Appena uscite dall’edificio ci siamo
rese conto che la mattinata era
volata ed era già ora di pranzo, che
abbiamo trascorso gustando uno
dei piatti giapponesi più famosi ed
amati: il tempura. Questo piatto
TIPICI PIATTI GIAPPONESI: tempura, zuppa di miso
ha origini antichissime: nasce già
nel XVI secolo, con l’arrivo dei marinai portoghesi e dei missionari cristiani.
Questa pietanza, a base di verdura e pesce fritti, deve il suo nome alla parola
latina “tempora” con cui venivano
indicati i quattro periodi all’inizio di
ogni stagione durante i quali i
cristiani si astenevano dal cibarsi di
carne per tre giorni (mercoledì,
venerdì e sabato) e si dedicavano
alla preghiera.
Usciti dal ristorante ci siamo riuniti
di fronte alla statua di Hachiko. LA FAMOSA STATUA DEDICATA AL CANE HACHIKO
Questo cane, diventato famoso in
Occidente solo recentemente grazie all’omonimo film con Richard Gere, è
sempre stato molto amato in Giappone grazie alla commovente storia di cui è
stato protagonista. Ci basti pensare che la sua morte venne riportata su tutte
le prime pagine dei giornali, venne dichiarato un giorno di lutto e raccolti
contributi in tutto il paese per rendere memoria al cane che aveva
conquistato i cuori della nazione.
Siamo quindi partite alla scoperta del quartiere amatissimo dalle fashion
victims d’oriente, dove abbiamo potuto osservare una vastità infinita di stili
nell’abbigliamento.
Particolarissimo Shibuya 109, un palazzo alto 8 piani che ospita solo negozi
di abbigliamento, da sempre fonte d’ispirazione per gli stilisti. Da
sottolineare come questo sia il territorio
d’eccellenza per le nostre ricerche sulle
industrie culturali e creative. I negozi sono
destinati ad un pubblico esclusivamente
femminile e all’ultimo piano, dove ci sono
una decina di ristoranti, è possibile trovare
un rifugio dalla confusione e dalla frenesia
SHIBUYA 109: L'ECCENTRICO CENTRO
che caratterizza questo incredibile edificio.
COMMERCIALE NEL CUORE DI SHIBUYA, IL
Dopo una passeggiata per il quartiere, giunti
QUARTIERE DELLA MODA E DEI GIOVANI
ormai all’ora di cena, siamo andati ad
assaggiare il più diffuso tra i piatti giapponesi all’estero: il sushi. Una
pietanza a base di riso cotto
condito con aceto di riso,
zucchero e sale, combinato con
pesce, alghe, vegetali o uova;
con un ripieno che può essere
crudo, cotto o marinato, anche
servito disperso in una ciotola di
riso (chirashi), arrotolato in una
striscia di alga, disposto in rotoli
IL MITICO E GUSTOSO SUSHI
di riso o inserito in una piccola tasca di tofu.
A stomaco pieno, conclusa la nostra prima e faticosa giornata a Tokyo ci
siamo recati in Hotel per riposarci in vista dell’altrettanto intensa giornata
successiva.
Sara e Guendalina
TOKYO WONDER SITE
Tokyo Wonder Site, ovvero Istitute of Contemporary art and International Cultural Exchange, è una
piattaforma creativa e comunicativa per i giovani artisti emergenti di Tokyo. Qui gli artisti vengono
seguiti passo dopo passo nella loro affermazione e consolidamento del proprio lavoro. Oltre che
essere il trampolino di lancio per i nuovi artisti giapponesi, offre un vasto programma di scambi
culturali nel mondo.
Attraverso un concorso a livello nazionale si scelgono 12 talenti ogni anno (per l’anno 2010,
esporranno mensilmente nella National City Hall le loro opere, insieme a quelle di altri artisti
emergenti provenienti da paesi stranieri. Molto spesso questi lavori sono collocati nelle piazze o
nelle strade limitrofe alla sede del Tokyo Wonder Site, cosicché camminando per strada le persone
possano avere un contatto diretto con i nuovi talenti della contemporaneità.
L’associazione, attraverso un residency program, offre un enorme opportunità agli artisti stranieri
che hanno bisogno di uno spazio privato in cui vivere e creare, restando
sempre in contatto con gli altri giovani. A questo proposito vengono
forniti alloggi e appartamenti totalmente gratuiti, i quali vengono
assegnati secondo le potenzialità che i membri del board vedono nella
creatività dei lavori prodotti dall’artista.
Il residence è aperto a personalità creative di ogni genere: architetti,
musicisti, designer.
La piattaforma è caratterizzata da vari progetti diversi tra loro; uno tra i
più importanti è sicuramente “Creative dialogue and commitment to the
RESIDENCE PROGRAM: VANO DI
environment”, che si occupa della difesa e salvaguardia dell’ambiente e
UN APPARTAMENTO TIPO
ASSEGNABILE A GIOVANI ARTISTI alcuni artisti hanno deciso di realizzare dei cicli di opere orientate su
questo tema. Uno tra tutti è il brasiliano Vik Muniz, il quale realizza le sue opere utilizzando dei
rifiuti, che recupera nelle discariche e il ricavato della vendita delle stesse è devoluto in
beneficenza. Strettamente connesso a tale iniziativa è il “New creation educational program”, che
vede coinvolte anche le altre università ed ha a cuore il problema della salvaguardia dell’acqua.
SHIBUYA
Shibuya è uno dei 23 quartieri di Tokyo. E’ senza dubbio una delle zone più dinamiche della città,
nonchè fulcro di sviluppo della cultura giovanile
giapponese che contribuisce a diffondere un’immagine
del Giappone quale punto d’incontro tra moda e
innovazione stilistica.
Il quartiere rappresenta la cultura cosiddetta meno
ufficiale ma che in realtà non può essere sottovalutata in
quanto è l’anima pulsante dell’universo giovanile
nipponico.
Shibuya è illuminata da megaschermi pubblicitari e
ovunque si indirizzi lo sguardo ci si trova sommersi da
UNO SCORCIO DI SHIBUYA
negozi con abiti all’ultimo grido, luci e suoni.
Essendo il punto di maggior interesse per i seguaci della
moda di tutto il mondo, Shibuya e i suoi centri commerciali sono stati spesso fonte d’ispirazione
anche per famosi stilisti. Uno tra i più famosi è SHIBUYA 109. Il palazzo, che aprì nell’Aprile del
1979, si trova nel cuore del quartiere vicino alla stazione della metropolitana. La sua costruzione si
deve all’architetto Minoru Takeyama, che progettò l’edificio come una sorta di “Fashion
Community", il cui compito era quello di ospitare piccoli negozi per le “fashion victims” dai 13 ai
30 anni.
Il nome del centro commerciale, 109, deriva dagli ideogrammi giapponesi che rispettivamente
formano il nome di Tokyu, ovvero il proprietario dello stabile.
Il centro commerciale si presenta come una struttura moderna suddivisa in 8 piani, in cui si
distribuiscono senza sosta piccoli negozi di vestiti dai tipici marchi giapponesi appartenenti alla
cultura “ kogal”, per lo più sconosciuti a noi occidentali. Questo
modo di vestire segue la regola d’indossare ad esempio stivali alti,
minigonne vertiginose, abbondante make-up, capelli rigorosamente
tinti, abbronzature innaturali e accessori appariscenti, il tutto
accompagnato da lunghissime unghie stravaganti. Insomma, uno stile
che non può di certo passare inosservato.
Questa zona è tuttavia famosa anche per la presenza di una curiosa
statua posta proprio di fronte all’uscita della metropolitana: la statua
di Hachiko.
Intorno al 1920 il professore Hidesamuroh Ueno, docente
all'università di Tokyo aveva un cane di razza Akita, che si chiamava
Hachiko (vero nome Hachi, il suffisso "ko" è un termine affettivo), il
quale ogni mattina lo accompagnava alla stazione di Shibuya, ed
ogni sera lo attendeva per tornare a casa. Un giorno, mentre si
RAGAZZE CONVERSANO DAVANTI
ALL’ENTRATA DEL CENTRO
trovava all'università, il Professore fu colpito da infarto, e morì.
COMMERCIALE SHIBUYA 109
Hachiko, inconsapevole della morte del padrone, continuò a recarsi
ogni sera alla stazione per aspettare il suo ritorno per dieci anni, fino al giorno della sua morte. Ben
presto la storia del fedelissimo Hachiko si diffuse in tutto il Giappone, e per ricordare la sua fedeltà,
nel 1934, l'artista Toru Ando costruì una statua, esattamente nel punto in cui Hachiko aveva atteso
per tanto tempo il suo padrone.
La statua che si trova a Shibuya ora, non è l'originale (perduta a causa del secondo conflitto
mondiale), ma una copia creata dal figlio dell'artista, Takeshi, nel 1948.
Domenica 3 ottobre 2010
“L’arte prende il sopravvento” di Federica Sandrelli
Il secondo giorno a Tokyo lo abbiamo passato immersi nell'arte.
La mattina, verso le 9, siamo
partiti con la metropolitana e ci
siamo diretti verso uno dei
quartiere
residenziali
più
affascinanti,
Juyukaoka.
Lì
abbiamo girato a piedi e ci
siamo immediatamente diretie
alla famosa galleria d'arte
contemporanea giapponese “Art
LA PICCOLA GALLERIA D'ARTE DI JIYUGAOKA NEL QUARTIERE Meter”. La particolarità di “Art
RESIDENZIALE DI TOKYO
Meter” è rappresentata dal fatto
che la commercializzazione delle opere d’arte si fonda sulla misura della
superficie delle stesse, espressa in valore per centimetro quadrato di
dimensione dell’opera. I prodotti artistici possono essere inoltre visionati,
apprezzati e acquistati tramite il sito internet della galleria. Il prezzo finale
delle opere verrà poi ricavato, oltre che dai centimetri, anche dal feedback
che i compratori via web
attribuiranno a transazione
finita, a seconda del loro grado
di soddisfazione. Tutto ciò ci
permette di definire l’operato di
“Art Meter” come una delle più
importanti forme odierne di
democratizzazione
dell’arte,
data l’originalità della vendita
al centimetro (che permette di
CERAMICHE TIPICHE
mantenere relativamente bassi i
prezzi delle opere) e la possibilità di mettere in contatto compratori e
produttori in maniera molto più facile grazie all’utilizzo del web. Se poi si ha
l’occasione di soggiornare a Tokyo si possono vedere direttamente tutte le
opere proposte via web nella sede della galleria da noi visitata e che presenta
tra l’altro un ingresso anch’esso particolare: su di un prato campeggia il
nome della galleria d'arte insieme ad una siepe potata a forma di giraffa. Lo
spazio di fronte alla galleria diventa anche l’area per la realizzazione di
performance di artisti durante gli eventi annuali organizzati da Art Meter per
il pubblico e la comunità del quartiere.
Abbiamo poi proseguito la nostra passeggiata fino all'incrocio successivo per
recarci in un negozio di ceramiche tradizionali, dove vengono esposte anche
le ceramiche acquistate dalla famiglia reale per il figlio, aventi come simbolo
un pulcino. Tutto ciò che viene venduto è naturalmente prodotto
artigianalmente. Tornando verso
la
metropolitana
abbiamo
incrociato altre botteghe, tra cui
una di oggetti per la casa. Tra i
regali più gettonati, lo zucchero da
thè al gusto di ciliegia e rosa e
zuccherini a forma di cuori
colorati.
Da lì abbiamo deciso di dirigerci L'INGRESSO DELLA STRADA PRICIPALE DI HARAJUKU: IL
verso il quartiere Harajuku, molto QUARTIERE PIU' TRASGRESSIVO DI TOKYO, FAMOSO PER
LE COSPLAY E LE GOTHIC LOLITA
particolare e soprattutto famoso in
tutto il mondo (viene citato, ad esempio, in una canzone di Gwen Stefani) per
la sperimentazione estetica dell’abbigliamento ed accessori indossati dalle
persone che lo frequentano. E' una via di negozi che riflettono questi generi
“di culture emergenti”, fatta eccezione per alcuni più di
stile europeo o vintage. E’ un luogo sempre affollato e i
negozianti, come a Shibuya 109, urlano per incitarti ad
entrare nel loro negozio. Qualcosa che da noi non è molto
comune, ma che fa parte della loro cultura. Girando tra
negozi e vie laterali ci siamo imbattute più volte in ragazze
e ragazzi detti Cosplay. I Cosplay sono ragazzi che si
travestono come personaggi dei fumetti o manga. Con
alcuni di loro siamo riuscite anche a fare delle foto, ma UN ECCENTRICO
non era così semplice, molti di loro ci dicevano che non RAGAZZO IN UN
NEGOZIO DI
potevamo ritrarli facendoci il gesto del divieto (ottenuto HARAJUKU
incrociando le mani). Aspettando il professore e le altre
ragazze al punto di ritrovo stabilito abbiamo conosciuto tre ragazze
giapponesi, molto carine, con cui abbiamo fatto delle foto. Infatti i giovani in
generale sono molto curiosi di conoscere gente straniera e accettano
volentieri di posare in una delle tue foto ricordo, nonostante la difficoltà di
comunicazione.
Infine, siamo andati a vedere il
Design Festa Gallery. E' un
complesso formato da due
grandi edifici in cui agli artisti è
data la possibilità di avere un
proprio spazio per lavorare e
vendere le produzioni artistiche,
oltre a partecipare a tutte le
iniziative collettive realizzate dal
GIOVANI ARTISTI AL LAVORO AL RESIDENZIALE D'ARTISTI
centro. Quando siamo arrivate
siamo state colpite da tre ragazzi che modellavano il vetro con una fiamma
ossidrica ed insegnavano a chiunque lo richiedesse come farlo. Siamo entrate
a guardare alcune esposizioni ed abbiamo incontrato molti artisti. Uscendo
dal lato "sud" per dirigerci verso un'altra ala abbiamo incontrato alcune
ragazze che ci hanno invitate al bar per farci vedere cosa avrebbero fatto.
Era una performance in cui recitavano e ballavano alcune delle più famose
canzoni di Michael Jackson. Le tre ragazze interagivano molto con il
pubblico, spostandosi continuamente qua e là per il locale. In conclusione
abbiamo visto altre due esposizioni di quadri. Uscite da lì siamo andate a
cena fuori passando per un altro quartiere, quello dell'alta moda di
Omotesando e siamo tornate in hotel pronte per una nuova giornata.
Federica
HARAJUKU
Anche Harajuku è una tappa fondamentale nel viaggio alla scoperta di Tokyo.
L'area è nota per essere un punto focale per le tendenze giovanili
estremamente innovative. Vi sono due principali strade dello shopping:
Takeshita ed Omotesandō.
La prima presenta soprattutto piccoli negozi che vendono articoli di
abbigliamento ed accessori di stile gothic lolita, visual kei, rockabilly,
punk , oltre a innumerevoli punti di ristorazione take-away.
Qui si viene completamente investiti da una folla di giovani e dalle urla
dei commessi che attirano la clientela urlando “ KAWAIIIII!!” ovvero
“carino”, definizione data a questi caratteristici negozietti e alla loro
merce.
La seconda zona, invece, è ricca di negozi delle grandi firme come Louis
Vuitton, Chanel, Prada, Tod's, ecc, tanto che
questo viale di Omotesandō è ormai noto come gli
"Champs-Élysées di Tokyo".
UNA RAGAZZA VESTITA DA COSPLAY
Fino al 2004, un lato della strada era occupato dalla Dōjunkai Aoyama
Apartments, un complesso di appartamenti in stile Bauhaus costruito nel 1927
dopo il grande terremoto di Kantō del 1923. Nel 2006 questi edifici sono stati
sostituiti dalla Mori Building con il centro commerciale Omotesando Hills.
Qui i vari edifici ospitano numerose boutiques all’avanguardia, veri e propri
castelli dei desideri per donne e uomini.
Tutto ciò ha contribuito a rendere questo quartiere un’area elegante e di lusso
in cui gli affitti per le case sono i più alti di tutta Tokyo.
GIOVANI A PASSEGGIO IN
TAKESHITA STREET
DESIGN FESTA
Un luogo di spiccato interesse per i sostenitori “dell’arte per tutti” è il Design Festa, una galleria
d'arte aperta a giovani artisti e designer giapponesi o stranieri.
Due volte all' anno nel periodo estivo, inoltre, la galleria si trasforma in un
evento spettacolare, adibendo la zona residenziale e i
suoi piccoli appartamenti a luoghi di esposizione.
La nostra esperienza del Design Festa è stata altamente
positiva e abbiamo avuto l’opportunità di assistere ad un
workshop sulla lavorazione del vetro e ad una
performance di teatro-danza in cui tre ballerine si
LA DESIGN FESTA GALLERY
esibivano direttamente in mezzo al pubblico, incitandolo
a prendere parte allo sketch comico messo in scena.
Il Festival del Design può essere riassunto così: la possibilità di vedere le più
disparate discipline artistiche e incontrarne i creatori. Dalle live-performace alla UNA LIVE PERFORMANCE
ALLA DESIGN FESTA
danza, dalla musica ai film, dalla live-painting ai piccoli manufatti artigianali, GALLERY
tutto in un unico luogo in cui l’operazione artistica avviene sotto gli occhi
incuriositi del pubblico.
Lunedì 4 ottobre 2010
“Un viaggio nel tempo: tradizione e tecnologia si
incontrano” di Glenda Giussani
Lunedì 4 Ottobre siamo andati a Ginza, il quartiere noto per i suoi alti
grattacieli interamente dedicati alla
moda e al lusso con diverse
boutiques,
centri
commerciali,
ristoranti e caffè.
Questa è la zona più cara ed
esclusiva della città, motivo per cui è
diventata una famosa meta dove gli
abitanti di Tokyo e dintorni amano
trascorrere il week end tra le vetrine
GINZA STREET
dei negozi di rinomati brand come
Montblanc, Bulgari, Prada, Chanel,
Tiffany e naturalmente importantissime marche nipponiche come Comme des
Garçons.
Da non perdere il Wakō Department Store: un grande negozio di beni di
lusso costruito nel 1932 e famoso per la Torre dell'orologio, considerata il
simbolo di Ginza; il Palazzo della Sony: undici piani degli oggetti elettronici
più all'avanguardia; l’Apple Store: sette piani di tutti i prodotti della famosa
azienda americana e un teatro in cui hanno luogo le presentazioni delle
novità Apple.
Dopo una breve pausa pranzo, ci siamo recati al Palazzo Imperiale, nel
quartiere Chiyoda nei pressi della stazione
centrale di Tokyo.
Il Palazzo è l'attuale residenza ufficiale
dell'imperatore e della sua famiglia. Esso si
trova immerso in un vasto parco dove
sorgono diversi edifici, tra cui il palazzo
Kyūden dove abita tuttora la famiglia
IL PALAZZO REALE LA TORRE FUJIMI-YAGURA
imperiale. Il palazzo e i suoi giardini,
che si estendono per circa 7,41 km²,
sono considerati il cuore e l'anima di Tokyo.
Una volta arrivati al Palazzo siamo stati dotati di audio guide e dopo una
breve presentazione (in giapponese) ci
siamo
avviati lungo i giardini, accompagnati
dalle
numerose
guardie
che
chiedevano un ordine rigoroso (file da
quattro persone l’una) e silenzio per
non disturbare i “residenti”.
Dopo aver visitato i giardini e gli
edifici della residenza imperiale, ci
siamo recati ad Akihabara, non IL PALAZZO REALE: IL FUJIMI-YAGURA
lontano dal centro di Tokyo.
Conosciuta anche come Akihabra Eletric Town, il quartiere della tecnologia:
edifici e grattacieli che offrono tutte le novità tecnologiche, ricoperti da
pubblicità multicolor e immersi in strade che appaiono come un gran mix di
luci e suoni.
Siamo entrati nel palazzo Yodobashi Akiba, il più grande negozio di
elettronica, ovvero nove piani di ogni genere di televisori, fotocamere,
telecamere, computer, telefonia
nonché
un
vastissimo
assortimento di manga e fumetti
di ogni genere. Siamo rimaste
infatti molto colpite dalla
minuzia nell’offerta: qualsiasi
prodotto appartenente a questi
generi lì si poteva trovare.
.
A fine giornata ci siamo avviati
verso Asakusa, la zona del
nostro albergo. Cena ed una passeggiata tra le luci delle lanterne del tempio
di Asakusa, e poi a letto, pronte per un'altra intensa giornata.
Glenda
CARTELLONE PUBBLICITARIO CON DISEGNI MANGA
GINZA
Ginza è un distretto del quartiere Chūō, Tokyo. Si presenta come un’area
commerciale di lusso, con grandi boutiques e diversi ristoranti. Il nome del
quartiere deriva da “Gin” (argento), in quanto proprio in quest'area venne
stabilita, nel 1612, durante il Periodo Edo, la zecca del conio dell'argento.
La moderna Ginza sorge nel 1872 quando, a seguito di un terribile incendio, il
distretto fu ricostruito a partire da alcuni edifici in stile georgiano progettati
GRATTACIELO IN GINZA STREET
dall'architetto irlandese Thomas Waters. Di questi edifici in stile europeo
oggi non rimangono che pochi esemplari come il palazzo che ospita la sede dei grandi magazzini
Wakō. Vista da uno straniero, la zona richiama molto un tipico quartiere di shopping
“all’occidentale”, data l’alta concentrazione di firme come H&M, Zara, Abercrombie & Fitch,
Sephora, ecc. Ciò che colpisce, però, è l’accuratezza e il design dei negozi che sono più ampi
rispetto a quelli europei e dislocati su svariati piani. Anche le vetrine attirano molto l’attenzione
grazie alle idee innovative utilizzate per esporre il prodotto, come ad esempio il grande viso di
donna realizzato interamente in carta che troneggia dalle vetrine di Sephora, noto brand di
cosmetici.
PALAZZO IMPERIALE
Il Palazzo Imperiale di Tokyo è la residenza ufficiale dell'Imperatore del Giappone. Il complesso
residenziale di oggi, che sorge sulle fondamenta del vecchio palazzo di epoca Edo, è stato costruito
nel 1968 dopo un incendio che ha totalmente distrutto la residenza dell’epoca della Restaurazione
Meiji del 1868, quando l’imperatore Meiji si spostò da Kyoto per stabilire la capitale, e sede del suo
governo, a Tokyo. A causa degli incendi e dei terremoti avvenuti durante il periodo Meiji il palazzo
mutò il suo aspetto, con la sostituzione significativa dei ponti in legno con altri in pietra e ferro.
L'architettura del palazzo venne completamente ridisegnata seguendo lo stile nazionale negli
esterni. La notte del 25 maggio 1945 gran parte del palazzo venne distrutto dai bombardamenti nel
corso della seconda guerra mondiale, per essere poi ricostruita negli anni seguenti.
Il Palazzo Imperiale è ancora oggi circondato dal fossato originale. Porte imponenti e antiche torri
di guardia appaiono sul muro di cinta a intervalli regolari. Il Nijubashi, un elegante ponte a due
archi conduce all’ingresso principale. Il Giardino Orientale ospita diverse varietà di fiori che
abbelliscono il giardino in ogni stagione, offrendo al visitatore un’atmosfera di relax ideale.
Il Palazzo è inserito all'interno di un vasto parco situato nel quartiere centrale di Chiyoda, vicino
alla stazione di Tokyo. All'interno del complesso sorgono diverse strutture tra cui:
-
Il palazzo “Kyūden”, residenza privata della famiglia imperiale costruita in ferro e composta
da sette diversi edifici non visitabili però dai turisti per ovvi motivi di riservatezza.
Fujimi-yagura, una torre arroccata sopra un pendio che in passato consentiva alle guardie di
vedere ciò che accadeva al di fuori del palazzo e dare quindi l’allarme in caso di pericolo.
-
-
Ora la torre è ciò che resta dell’antico castello del periodo Edo e si dice che da qui, nei
giorni tersi e assolati, si possa scorgere la sagoma del monte Fuji.
Hausuikebori, consiste in una vasca d’acqua interamente ricoperta da fiori di loto. Esso ha
una doppia funzione, decorativa e di difesa, poiché non è
altro che uno strapiombo affiancato da ripide mura difficili
da scalare.
Kyunden Totei Plaza, edificio di rappresentanza dal quale
si affaccia solitamente l’imperatore in occasione del primo
dell’anno o del suo compleanno per salutare la nazione.
AKIHABARA
Conosciuta anche come Akihabara Electric Town, è famosa soprattutto per la sua grande
concentrazione di negozi che vendono tutti i tipi di apparecchi elettronici, anime e videogiochi.
Probabilmente è la più vasta area di vendita del mondo per beni elettronici e computer, siano essi
nuovi che usati. Il materiale nuovo si può trovare negli stores della strada principale, la Chou Dori,
mentre l'usato di tutti i tipi (software, hardware e altro) si può trovare nelle vie
sul retro. Parti di ricambio nuove per gli amanti del fai-da-te sono facilmente
disponibili in molti negozi. Attrezzi, parti elettriche, cavi, videocamere ed altro
si possono trovare nei minuscoli corridoi della Soto Kanda 1 chome. I turisti
stranieri tendono a visitare i grandi negozi vicino alla stazione, mentre gli
abitanti locali sanno dove ottenere una varietà di scelta e di prezzi migliore
allontanandosi dalla stazione.
Oltre che per gli appassionati di elettronica è anche una miniera per gli
appassionati di anime: qui si trovano numerosi negozi dove si possono
acquistare anime, manga, dōjinshi, OST (Original Sound Track, cd contenenti
LOCALE CON IL NOME DI
tutte
le musiche usate in un particolare anime), action figure, costumi per il
UN FAMOSO MANGA
cosplay, e locali tematici come i maid café. Come per i negozi di elettronica, si
può andare da negozi multipiano (come il famoso Mandarake) a piccoli negozi specializzati.
Martedì 5 ottobre 2010
“Una giornata tra i nostri colleghi edochiani” di Martina
Bertoli
La prima tappa della giornata è Shinjuku per visitare la Waseda University.
Lì ci aspettava Christopher Pokarier,
professore della Business School per le
relazioni internazionali che dopo lo
scambio con il nostro professore del
biglietto da visita, importante “rito”
giapponese, ci ha intrattenuto con una
breve presentazione dell’Università e
IL TRADIZIONALE SCAMBIO DEI BIGLIETTI DA
della sua storia.
VISITA
Questa università, fondata nel 1882 da
Shigenobu Ōkuma, la cui statua troneggia nel cortile dell’Università, con il
nome di “Tokio Senmon Gakko”, venne
poi rinominata Waseda University nel
1902. Si tratta di un’università privata
che offre corsi in inglese per studenti
provenienti dalle varie parti del mondo.
Essa è conosciuta come una delle
maggiori università di Tokio e ha un
numero di studenti che si aggira
intorno ai 50.000, provenienti sia dal
Giappone che da altre 90 nazioni nel mondo.
Dopo aver fatto una breve escursione nelle strutture universitarie, il
professore Christopher Pokarier ci ha portato a visitare il “japanese
garden” del campus, una camminata nella natura tra laghetti, steccati fatti di
bambù e una vegetazione verdeggiante. In seguito siamo andate a vedere un
tempio scintoista nei dintorni, dove abbiamo lanciato le monetine per
esprimere un desiderio, secondo
l’usanza locale. Successivamente
abbiamo visitato il “Memorial
Theatre
Museum”
dell’Università, fatto erigere dal
professore Tsubouchi Shoyo,
ammiratore e traduttore delle
opere
di
Shakespeare.
All’interno è conservata la
FOTO DI GRUPPO CON ALCUNI STUDENTI DELLA WASEDA
collezione permanente fatta di
UNIVERSITY
ritratti di attori famosi del teatro
giapponese, maschere utilizzate durante le rappresentazioni, opere di
WASEDA UNIVERSITY: MONUMENTO CELEBRATIVO
DEL FONDATORE OKUMA SHIGENOBU.
Shakespeare, ricostruzioni dei teatri elisabettiani. All’ora di pranzo abbiamo
mangiato alla mensa dell’Università come veri e propri studenti della
Waseda e poi, durante una pausa nel cortile d’ingresso, abbiamo assistito al
“reclutamento” delle nuove matricole da parte delle diverse associazioni
studentesche “armate” di volantini e simpatiche mascotte.
Dopo pranzo, ci siamo dirette molto velocemente alla metropolitana, perché
avevamo l’appuntamento alla
Bunka Women’s University, una
spettacolare
struttura
architettonica immersa in un
quartiere
di
grattacieli.
L’università venne fondata nel
1950 ed è oggi famosa in tutto il
mondo per quanto riguarda il
settore della moda. Ci ha accolti BUNKA FASHON UNIVERSITY
un responsabile delle relazioni
internazionali della Bunka, Andrew Morrison che ci ha accompagnato nella
stanza dei tessuti, dove si trovano tutti i tessuti catalogati in base alla
tipologia e alla provenienza; nella mediateca, dove si trovano tutti i dvd
compresi quelli riguardanti sfilate e stilisti e, infine, nella stanza con le
creazioni di studenti dell’Università, utilizzati
anche per sfilate pubbliche.
Finita la visita all’Università, con una pausa al bar,
siamo usciti a vedere il quartiere, dove svetta il
palazzo del Tokyo Metropolitan Government che,
con i suoi 243 metri di altezza, ha detenuto il titolo
di edificio più alto di Tokyo dal 1991 al 1996.
Siamo saliti al quarantacinquesimo piano, dove i
visitatori possono godere di una panoramica
dall’alto di tutta Tokyo, insieme alla possibilità di
comprare souvenirs.
IL PALAZZO DEL COMUNE A
Il programma prevedeva la cena nel quartiere di
SHINJUKU
Asakusa, vicino al nostro albergo. Perciò abbiamo
ripreso la metro e dopo aver girato nelle vie vicine
alla Porta di Asakusa e al mercato giornaliero
purtroppo con le claire tutte già chiuse, siamo
andati in un piccolo ristorantino per mangiare
l’okonomyaki, un piatto tipico giapponese che L’OKONOMYAKI
unisce foglie di cavolo ad un impasto formato da
acqua, farina e uova. A questi ingredienti si aggiungono poi carne, verdure o
pesce. Abbiamo gustato questo piatto sedute sul “tatami”.
Martina
SHINJUKU
Shinjuku è uno dei 23 quartieri di Tokyo. Nel 1698, durante il periodo Edo, Shinjuku si sviluppò
come nuova (shin) stazione (shuku o juku) per presentarsi nella sua
forma corrente dopo il Grande Terremoto del Kanto del 1923, dato che
l'area era sismicamente stabile e si salvò alla gran parte delle
devastazioni.
Definito “il quartiere che non dorme mai”, in pochi chilometri quadrati
raccoglie un’enorme concentrazione di grandi magazzini, cinema,
hotel, bar, terrazze con giardini pensili e campi da tennis. È inoltre un
importante centro commerciale ed amministrativo, così come la sede
di uno dei maggiori snodi dei trasporti pubblici di Tokyo, la stazione
di Shinjuku. Questa zona ospita anche la sede del Palazzo del Governo
Metropolitano di Tokyo o ‘Tokyo City Hall’, uno dei più alti edifici,
dove viene gestita l’amministrazione pubblica e
SHINJUKU
da cui si può ammirare dall’alto tutta la città. Il
momento migliore per usufruire di questo spettacolo è il mattino poiché è con
questa luce che si riesce persino a scorgere il monte Fuji.
L’edificio è formato da tre diversi comprensori suddivisi in trentatre piani. Nel
complesso ha un aspetto moderno e a guardarlo si pensa immediatamente ad un
grattacielo d’avanguardia anche se l’architetto che l’ha disegnato, Kenzo
Tange, ha voluto ricreare in parte delle affinità con le cattedrali gotiche.
UNO DEI GRATTACIELI DI
SHINJUKU
Le aree principali includono Ichigaya, Okubo, Shinanomachi, Shinjuku nichome e Takadanobaba. Il quartiere ospita anche la prestigiosa Waseda University.
Mercoledì 6 ottobre 2010
“Alla scoperta del teatro Noh” di Elisabetta Roncati
A differenza delle altre mattine questa giornata è iniziata molto
tranquillamente poiché l’appuntamento al Teatro Nazionale di Tokyo era
previsto per l’ora di pranzo. Abbiamo avuto così l’occasione di visitare il
meraviglioso quartiere di Asakusa in cui si trovava il nostro albergo. Questa
zona è infatti considerata una delle più caratteristiche della capitale: qui si
trova l’importantissimo tempio buddista Sensoji, il più antico luogo di culto
rimasto a Tokyo.
La prima costruzione che si presenta agli occhi dei visitatori è l’ imponente
“Porta del Tuono”, attraversata la quale ci siamo immerse nel flusso di
turisti e pellegrini che percorrono la famosa Nakamise dori, ovvero la lunga
via di bancarelle che conduce fino alle soglie del tempio vero e proprio. Con
nostra immensa felicità ci siamo dedicate all’acquisto di numerosi souvenirs:
dai sacri amuleti che i fedeli giapponesi comprano per proteggersi dalle
divinità malvagie ad oggettini tipici che maggiormente attraggono turisti
provenienti da tutte le parti del mondo .Oltre alle tradizionali cartoline
abbiamo anche acquistato bellissimi ventagli colorati, tessuti tipici e anche
prodotti culinari come i “senbei”, cracker di riso cotti al momento sulla
griglia e l’ottimo thè giapponese. Dopo questa lunga passeggiata finalmente
siamo giunte davanti al tempio.
Qui si respirava un’atmosfera di pace assoluta, nonostante le centinaia di
fedeli presenti, una solennità difficilmente riscontrabile in Occidente. Sotto la
guida dell’instancabile e simpatica Kyoko abbiamo effettuato il rito di
preghiera proprio come delle vere scintoiste: abbiamo gettato una monetina,
ci siamo inchinate di fronte alle raffigurazioni degli dei battendo tre volte le
mani, dopo esserci preventivamente purificate respirando i fumi dei
bastoncini di incenso che avevamo acceso in una specie di pozzo all’ingresso
dell’edificio. Senza rendercene conto, rapite dall’incantevole luogo, il tempo
era volato: abbiamo preso la metropolitana e dopo un ulteriore breve
cammino a piedi siamo giunte di fronte all’ingresso del Teatro Nazionale di
Tokyo. Qui ci attendevano solerti e gentili gli addetti del teatro che
prontamente ci hanno accompagnato nella sala da pranzo dove un grazioso
cartello “riservato Università Iulm”segnalava i nostri posti a sedere.
Finalmente abbiamo assaggiato il tipico piatto giapponese chiamato
“bento”: un vassoio con diversi scomparti e coperchi che contiene riso ed
orazu, ovvero diverse specialità di carne, pesce, verdure cotte o marinate,
onigiri, tempura, tofu ed altri cibi a seconda della stagione. Il tutto
accompagnato da un gustoso thè caldo.
Concluso il pranzo, siamo andate subito nella sala dove si sarebbe svolto lo
spettacolo, già affollata in quanto il teatro Noh è un piacevole passatempo
della classe media giapponese. Erano molte, infatti, le signore abbigliate con
i tradizionali kimono. Lo spettacolo si basa soprattutto sui gesti corporei ed
io ne sono rimasta tanto colpita da comprare libri su questo argomento
durante l’intervallo dello spettacolo.
Finita la rappresentazione, ci siamo dirette verso Omotesando, grazioso
quartiere ricco di bei negozi, dove ha sede tra gli altri lo store di Hello Kitty,
famoso personaggio creato dalla fantasia nipponica. Dopo una piccola
merenda, camminando, siamo arrivate in una zona contraddistinta dalla
presenza di numerosi negozi di oggetti antichi, soprattutto di tessuti,
acquistati da alcune di noi.
Giunte ormai a sera ci siamo incamminate verso il Toyoko Inn pregustando
l’escursione ai templi che ci avrebbe atteso l’indomani.
ASAKUSA
Asakusa è uno dei quartieri più caratteristici e famosi di Tokyo. Situato nella parte nord-est della
città, ha come suo fulcro il Tempio Sensoji, il luogo di venerazione più antico di Tokyo, dedicato a
Kannon Sama, la dea buddista della misericordia.
La via principale del quartiere passa davanti al Kaminarimon o
“Porta del tuono" con la sua chōchin, l'imponente
lanterna di carta rossa. La porta immette alla
famosa Nakamise dori, una lunga via sempre
affollata di visitatori, dove si possono trovare
IL TEMPIO DI ASAKUSA, A POCHI PASSI
numerose bancarelle con una vasta gamma di
DAL NOSTRO ALBERGO
souvenir tipici come kimono di seta, scarpe
infradito, ma anche ventagli colorati, amuleti portafortuna e prodotti culinari
tipici come i “senbei”, cracker di riso preparati al momento sulla griglia e
insaporiti nella salsa di soia o i “Ningyoyaki”, dolci a forma di bambola con un LA LANTERNA DELLA
ripieno alla crema di fagiolini dolci. Tra le attrazioni della via, si annoverano “PORTA DEL TUONO”
anche i ragazzi vestiti nei tradizionali abiti utilizzati dai conduttori di risciò che offrono ai turisti la
possibilità di visitare il quartiere con il loro caratteristico mezzo.
Il quartiere, per la sua vivacità e vitalità, seppure attualmente “trascurato” a causa delle più moderne
attrattive delle zone ovest della città, come Shinjuku e Shibuya, ha fornito
ispirazione a famose opere artistiche e letterarie ed è ancora oggi uno dei
quartieri più tradizionali. Nel periodo Edo Yoshiwara, il famoso quartiere a
luci rosse, si trovava proprio nella parte nord di Asakusa, non lontano dal
tempio Sensoji. Nell’epoca Meiji, invece, la zona fece da “tester” per tutte
quelle forme di divertimento provenienti dall’occidente e sconosciute alla gran
parte dei giapponesi: qui fu inaugurato, infatti, il primo cinema pubblico e fu
messa in scena la prima opera lirica occidentale. Questo è sempre stato un
luogo rinomato per il divertimento fino alla metà degli anni ’90 del XX secolo
SIGNORE IN KIMONO
quando dovette cedere lo scettro a quartieri più caotici e adatti ad un pubblico
giovanile come Roppongi, Shinjuku e Shibuya.
Da notare che mentre la maggior parte degli edifici della capitale nipponica non superano i
cinquant’anni di “anzianità” in questo quartiere si possono scorgere palazzi e abitazioni costruite
negli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso. E’ infatti proprio della cultura giapponese il ricostruire gli
edifici dopo venti o trenta anni di utilizzo ed è per questo che Tokyo è una città con una struttura in
continua evoluzione. Questa particolarità è stata addirittura scelta come soggetto dell’installazione
“Metabolizing Tokyo” dell’artista Kazuyo Sejima presentata nel Japanese Pavillon alla Biennale di
Venezia 2010.
TEATRO NOH
Il teatro Noh è una tradizionale forma teatrale giapponese che unisce elementi di danza, di
recitazione drammatica, di musica e di poesia in un’unica performance.
Ha i suoi più importanti punti di riferimento in città quali Tokyo, Osaka e Kyoto, ed è praticato in
tutto il Giappone da attori professionisti, quasi tutti maschi, che hanno ereditato dai propri avi, attori
da molte generazioni, il privilegio di recitare. Per interpretare i ruoli femminili si utilizzano delle
maschere tipiche che consentono di riconoscere così il
personaggio.
Il teatro Noh si è sviluppato nel XIV e nel XV secolo, ma è
durante il periodo Edo (1603-1868) che è assurto a massima
fortuna. I più importanti guerrieri e feudatari sovvenzionavano le
loro compagnie di recitazione e molti di loro studiavano e
recitavano il Noh.
Originariamente gli spettacoli si svolgevano all’aperto ma ora
TIPICHE MASCHERE TEATRALI GIAPPONESI
sono stati spostati all’interno dei teatri, conservando però il loro
legame con la natura attraverso le scenografie dipinte con motivi vegetali o paesaggi. Uno
spettacolo può durare da una a sei ore e ogni performance è suddivisa in due parti: nella prima
mezz’ora il pubblico è intrattenuto da una scenetta umoristica e il restante tempo è dedicato alla
storia vera e propria.
Il linguaggio utilizzato è il giapponese antico e quindi la comprensione risulta difficile anche agli
abitanti locali. In ogni caso, gli aspetti rilevanti nel teatro Noh sono i gesti corporei attentamente
calibrati e la musica, motivo per cui gli attori sono accompagnati in scena da un coro e da suonatori.
Giovedì 7 ottobre 2010
“Nella valle dei templi” di Lucia Lucido
Dopo le giornate dedicate alla visita della parte della città più frenetica e
“rumorosa”, abbiamo dedicato la nostra attenzione alla visita di un’area
non molto distante da Tokyo. Abbiamo preso la metro da Asakusa, poi il
treno fino a Kamakura, esattamente a Kencho-ji, luogo che accoglie dei
fantastici templi. Con l’autobus abbiamo poi fatto varie tappe per visitare
alcuni luoghi sacri.
Appena siamo scese ci siamo trovate di fronte ad un paesaggio
sorprendentemente diverso rispetto a quello a cui eravamo state abituate nei
giorni precedenti: una meraviglia immersa nel verde tra le colline, con
casette piccole e strette viuzze; tutto intorno trasmetteva tranquillità e
serenità. Non a caso abbiamo saputo che si tratta di un’area molto
privilegiata, in cui risiedono artisti e scrittori in cerca di quella pace che non
si può trovare in città.
E’ qui che si trovano gli antichi templi buddisti e shintoisti dove i giapponesi
sono soliti rivolgere alle dività preghiere accompagnate da inchini e riti.
Quello che mi ha colpito maggiormente è stato il tempio buddista Jomyoji
temple, interamente in legno con l’interno ricoperto dal tatami, infatti qui ci
siamo tolte le scarpe per entrare e a piedi scalzi abbiamo percorso tutto il
perimetro del tempio fino a giungere sul retro dove ci attendeva una
splendida sorpresa: un magnifico giardino zen con un laghetto, sovrastato da
colline e valli verdi in miniatura.
Dopo questo momento meditativo abbiamo ripreso l’autobus per giungere al
tempio in cui avremmo partecipato alla cerimonia del thè. E’ il famoso rito
giapponese che abbiamo eseguito tutte insieme sedute sul tatami dove ci
viene inizialmente dato un dolce molto zuccherino da assaggiare soltanto per
poi bere in tre sorsi il thè molto amaro che ci viene servito in tazze di
ceramica, ciascuna decorata in modo differente. E’ proprio la decorazione
della tazza che secondo la cerimonia tradizionale è usuale ammirare
rigirandola tre volte tra le mani, prima di bere il te, per poi pulire dove si è
appoggiata la bocca e riporla con il decoro rivolto verso gli altri
partecipanti. Successivamente si può finire di gustare il dolce e il tutto si
conclude con un inchino in segno di ringraziamento.
Uscite dal tempio era ormai ora di pranzo e il Prof ci ha lasciato libere di
mangiare e visitare le vie del quartiere di fronte al tempio, piene di negozietti
e ristoranti. Abbiamo optato di pranzare in uno di questi ed il menù era a
base di spaghetti di soba in zuppe insaporite con pesce, carne, o verdure.
Concluso il pranzo, abbiamo ripercorso la via principale, piena di negozi di
prodotti artigianali locali e souvenir per imboccare un enorme viale alberato
che conduceva ad un tempio. Ci siamo trovate di fronte ad un piccolo ponte
rosso sopra un corso d’acqua con fiori di loto galleggianti che permetteva
l’accesso al Santuario Tsurugaoka Hachiman-gū. Anche in questo tempio
abbiamo potuto ammirare l’architettura degli edifici, le decorazioni e i
rituali a cui abbiamo partecipato anche noi, scrivendo su un’apposita
tavoletta di legno una preghiera firmata da tutte noi con l’augurio di tornare
a visitare questo splendido luogo. Scendendo la scalinata ho intravisto una
ragazza giapponese vestita interamente di bianco con il suo futuro sposo,
avvicinandoci abbiamo rivolto a loro i nostri auguri, ovviamente in
giapponese su suggerimento di Kiyoko. Ci siamo affrettate verso l’ultima
importante meta della giornata: il tempio Kotoku, famoso per l’enorme
statua di bronzo raffigurante Amida Buddha e detta “Daibutsu”. Non
essendo possibile entrare al suo interno, ci siamo limitate ad ammirarla
dall’esterno ed a scattare delle magnifiche foto del nostro gruppo.
Ritornate a Tokyo, abbiamo concluso la serata tutte insieme in un locale
caratteristico.
KAMAKURA
Kamakura è una città della prefettura di Kanagawa a circa 50 km a Sud di Tokyo.
Essa si presenta come una fortezza naturale, circondata da montagne su tre lati, mentre il quarto si
apre sulla baia di Sagami.
Kamakura è oggi principalmente nota per i suoi templi e altari. Il tempio Kōtoku-in è
particolarmente famoso per la grande statua di bronzo di Amida Buddha “Daibutsu” famosa in
tutto il Paese. Uno tsunami nel XV secolo distrusse il tempio che la ospitava,
ma la statua resistette e da allora si trova all'aperto.
Il grande dio troneggia oggi al centro di un cortile che lo lascia ammirare in
tutta la sua maestosità e si può addirittura entrare nel corpo di bronzo e
sbirciare il paesaggio che si vede dalle fessure degli occhi del Buddha.
Oltre a questo tempio, vale la pena
ricordare:
- Tempio Kenchoji:
IL VOLTO DI DAIBUTSU
Primo dei cinque templi di
Kamakura, il Kenchoji è stato
fondato nel 1253.
Questo è il tempio principale della fazione
Kenchoji della setta buddista Rinzai. Il suo
santuario principale ospita una statua in legno di L’INTENO DI UNO DEI TEMPLI DI KAMAKURA
un
Jizo Bosatsu seduto.
Kenchoji ha 10 piccoli templi all’interno del suo complesso.
All’interno del percorso che si disloca su una vasta area si possono vedere il Bonsho, una
campana designata tesoro nazionale; Hojo, il tempio principale che ospita la statua di
Buddah ed è uno dei templi più antichi di tutta Tokyo e, infine, lo spettacolare giardino zen
che si trova dietro la sala di meditazione.
-
Santuario Tsurugaoka Hachiman-gū:
L’INTERNO DEL TEMPIO JOMYOJI
Questo tempio è stato fondato nel 1063 come divisione del
santuario a Kyoto. E’ bene però ricordare che questo santuario è
scintoista, mentre il precedente è buddista.
Dopo essere stato distrutto da un incendio nel 1191, il tempio è
stato ricostruito con la presente disposizione. Dopo una lunga
scalinata si conclude la salita con la visione di un grande edificio
interamente decorato in legno che rappresenta il luogo dove si svolgono le cerimonie. Al
lato del grande tempio sono visibili alcune statue che ritraggono dragoni e dei protettori del
luogo sacro.
Dopo questa parte più mistica del quartiere di Kamakura, ci si può sbizzarrire in Komachi Dori,
una strada che parte dall’uscita orientale della stazione di Kamakura e si dirige verso il santuario
Tsurugaoka Hachiman-gū. Su entrambi i lati del pittoresco viale ci sono molti negozi di artigianato
locale, souvenir e ristoranti che attirano i visitatori.
Venerdì 8 ottobre 2010 e Sabato 9 ottobre 2010
“Verso l’epilogo…” di Sara N’Guessan e Guendalina
Dubbini
Eccoci arrivati, con un po’ di nostalgia all’epilogo di questo bellissimo
viaggio.
Dopo colazione, chiuse le valigie e lasciate le nostre camere a cui eravamo
ormai affezionate, ci siamo dirette verso il Mercatino di Asakusa, in
prossimità dell’omonimo tempio, per acquistare gli ultimi regali per parenti
ed amici.
Affascinati dal posto ci siamo piacevolmente dilungati negli acquisti, per poi
dirigerci con la metropolitana al Mori Art Museum.
L’area in cui si trova il museo è situata nel distretto di
Tokyo chiamato Ropponghi, ed è una dei più grandi
complessi urbani del Giappone, costruita nel 2003 per
volere del magnate Minoru Mori. Essa
comprende uffici, appartamenti, negozi,
ristoranti, sale cinematografiche, parchi,
un un museo, un hotel, uno studio
televisivo e un anfiteatro all'aperto. Al
centro di quest'area sorge la Mori Tower,
un edificio di 54 piani. Il 52esimo e il
53esimo piano ospitano il Mori Art Museum, oggi uno dei MORI ART MUSEUM:
IL MUSEO DI ARTE
maggiori musei di arte contemporanea del Giappone. Qui CONTEMPORANEA DI
abbiamo potuto assistere alla mostra collettiva “Sensing TOKYO
Nature” formata da opere di Yoshioka Tokujin, Shinoda Taro
e Kuribayashi Takashi che affrontano il tema del rapporto uomo-natura. Tra
tutte le opere esposte, quella che ha suscitato maggiormente il nostro
interesse e stupore è stata “Snow” di Yoshioka Tokujin: una teca a forma di
IL PALAZZO CHE OSPITA
IL MUSEO MORI A
ROPPONGI
parallelepipedo di 15 metri di larghezza, piena di piume che vengono agitate
da potenti ventilatori, per poi ricadere sulla base della teca come soffice
neve. Essa rappresenta un punto d’incontro dinamico tra natura, design e
poesia.
Al termine della visita c’è stata data la
possibilità di ammirare dalla terrazza
principale una vista mozzafiato di Tokyo a 360
gradi.
Per quanto riguarda il pranzo, abbiamo optato
per mangiare qualcosa lungo la strada
dirigendoci alla volta della zona di Roppongi
in cui si trova un Hard Rock Cafè. In realtà il
negozietto vicino è risultato molto interessante,
perché
era
specializzato
in
capi
d’abbigliamento ed accessori in stile Kawaii
(carino o cute in inglese), che alcune di noi
hanno apprezzato molto. Purtroppo si era fatto tardi, così abbiamo deciso di
tornare in albergo per prendere le nostre valigie e poi dirigerci con calma
verso l’aereoporto internazionale di Narita. Fatto il check-in abbiamo
salutato e ringraziato il Prof. Ferilli per l’incredibile esperienza offertaci e la
nostra insostituibile guida e interprete Kiyoko
e ci siamo imbarcate alla volta di Dubai.
Appena arrivate in aereo, consumata la cena,
siamo tutte crollate assonnate sui sedili ed il
viaggio ci è così parso più rapido che
all’andata.
HARD ROCK CAFÈ A ROPPONGI
DURANTE IL LUNGO VOLO DI RITORNO...
Arrivate a Dubai alle ore 4.00 am abbiamo fatto colazione e dato un’occhiata
ai diversi negozi di questo aeroporto che non dorme mai. Giunta l’ora
dell’imbarco per Milano Malpensa, sedute tutte vicine, tra un film e l’altro,
abbiamo ripensato a questa magnifica esperienza che ci ha permesso di
conoscere un po’ meglio un popolo ed una cultura così interessanti e da cui
abbiamo imparato moltissimo. Arrivati a Malpensa ci siamo sentite a casa e
abbiamo subito notato la differenza tra le due realtà: i bagagli erano in
ritardo e li abbiamo dovuti attendere, piacevole occasione per rimanere
ancora un po’ insieme.
Arrivati i bagagli, sfinite dal lunghissimo viaggio, ci siamo salutate e
ripromesse di vederci presto.
Sara e Guendalina