CRISI DEL SISTEMA GIUDIZIARIO E METODI ALTERNATIVI DI
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CRISI DEL SISTEMA GIUDIZIARIO E METODI ALTERNATIVI DI
CRISI DEL SISTEMA GIUDIZIARIO E METODI ALTERNATIVI DI SOLUZIONE DEI CONFLITTI. ESIGENZA DI AMPLIAMENTO DEL RUOLO DELL’AVVOCATO. IL DIRITTO COLLABORATIVO E LA PROCEDURA PARTECIPATIVA DI NEGOZIAZIONE ASSISTITA DA AVVOCATO Milena Pini, Presidente AIAF L’INTRODUZIONE IN ITALIA DELLA MEDIA-CONCILIAZIONE OBBLIGATORIA E LA REAZIONE L’ESIGENZA DI TROVARE UNA “TERZA VIA” PER L’AMPLIAMENTO DEL RUOLO DELL’AVVOCATO. DELL’AVVOCATURA. Le procedure extragiudiziali di risoluzione dei conflitti costituiscono uno dei temi più attuali, al centro del dibattito sulla crisi della giustizia civile nel nostro Paese e i possibili rimedi alternativi. L’introduzione nella nostra legislazione della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali ha suscitato una reazione negativa da parte dell’Avvocatura, contraria alle scelte effettuate dal Ministero della Giustizia che l’ha imposta come obbligatoria, senza necessità di presenza dei legali delle parti e senza prevedere specifiche competenze per materia da parte dei mediatori. L’Avvocatura, ritenendo che il Dlgs 28/2010 violi principi costituzionali, ha pertanto sollevato, tramite i suoi organismi di rappresentanza, eccezioni di incostituzionalità del decreto legislativo, che sono state accolte dal TAR Lazio1. Lo scontro era peraltro inevitabile, considerato che il Governo ha sin dall’inizio inteso la mediazione solo come strumento per ottenere un effetto deflattivo del contenzioso giurisdizionale2, con la conseguenza di ostacolare l’accesso al sistema giudiziario da parte dei cittadini, contravvenendo così ai criteri e principi direttivi dell’art. 60 della l. 60/09 e della stessa Direttiva europea 2008/52, che nel mettere in luce l’importante significato della composizione amichevole delle controversie ribadisce nel contempo l’esigenza di garantire “un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario”. 1 Il TAR Lazio, accogliendo il ricorso presentato dall’OUA (Organismo Unitario dell’Avvocatura), dall’AIAF (Associazione Italiana Avvocati per la Famiglia e i minori) e da numerosi Ordini Forensi, nell’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale emessa in data 12.04.2011 ha rilevato che “Il Collegio non rinviene nella legge delega alcun elemento che consenta di ritenere che la regolazione della materia andasse effettuata nei sensi prescelti dall’art. 5 del d. lgs. n. 28 del 2010. Laddove indubitabilmente è ascrivibile all’art. 60 della l. 60/09 la scelta di ampliare il ricorso alla mediazione nelle controversie interne in ambito civile e commerciale, nessuno dei criteri e principi direttivi previsti e nessuna altra disposizione dell’articolo espressamente assume l’intento deflattivo del contenzioso giurisdizionale o configura l’istituto della mediazione quale fase pre-processuale obbligatoria”. 2 “Obiettivo del nuovo istituto giuridico è disincentivare il ricorso in tribunale, con la conseguenza di veder ridurre progressivamente l’arretrato che grava sul sistema giustizia. La mediazione civile, infatti, è lo strumento scelto per ''deflazionare il sistema giudiziario italiano rispetto al carico degli arretrati e al rischio di accumulare nuovo ritardo'' (Dichiarazione del Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, nel corso della conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri del 29 ottobre 2009, pubblicata sul sito www.governo.it) AIAF – Assemblea nazionale, Torino 13-14 maggio 2011 L’esigenza di salvaguardare il principio della tutela giurisdizionale effettiva 3 è stato ribadito anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea che in una recente pronuncia4 ha affermato che “i principi di equivalenza e di effettività, nonché il principio della tutela giurisdizionale effettiva, non ostano ad una normativa nazionale che impone …. il previo esperimento di una procedura di conciliazione extragiudiziale, a condizione che tale procedura non conduca ad una decisione vincolante per le parti, non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale, sospenda la prescrizione dei diritti in questione e non generi costi, ovvero generi costi non ingenti, per le parti, e … sia possibile disporre provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone”. Il punto focale che suscita la posizione critica dell’Avvocatura è l’introduzione di un sistema parallelo a quello giudiziario, che si prefigga di dirimere le controversie tra i cittadini senza far riferimento alla legge. E’ una questione controversa sulla quale è aperto un dibattito in tutto il mondo occidentale, poiché ovunque sia stata introdotta la mediazione - come procedimento delegato ad un terzo e fondato soprattutto sulla comunicazione tra le parti, e non necessariamente vincolato al rispetto della normativa che regolamenta la materia oggetto del contendere -, vi è stata la reazione degli avvocati a tutela del diritto dei cittadini all’accesso alla giustizia e della legalità 5. Preoccupa la possibilità che queste procedure causino lo smantellamento del sistema giudiziario e dello stato di diritto, portando ad un processo di degiurisdizionalizzazione e a un affievolimento della tutela dei diritti dei cittadini, con la conseguente sminuizione del diritto alla difesa. Tuttavia non si può non tenere conto del nuovo contesto determinato dalle avvenute trasformazioni sociali, economiche e culturali, a livello nazionale come internazionale, in cui l’avvocato svolge la sua attività professionale, che determina l’esigenza di ampliare – e non solo adeguare – il ruolo dell’avvocato di tutela e difesa dei diritti delle persone, all’interno di un nuovo scenario. Nei paesi di common law, dove la mediazione è stata introdotta da circa 25 anni, e in alcuni paesi europei (ad esempio, la Francia e il Belgio), l’Avvocatura è riuscita a trovare una “terza via”, e cioè a rafforzare e ampliare il proprio ruolo imponendosi come soggetto che per primo si avvale delle procedure alternative al procedimento giudiziario e contenzioso, elaborando nuovi modelli di negoziazione nell’ambito del diritto civile, e in particolare del diritto di famiglia, quali ad esempio il diritto collaborativo6 e la procedura partecipativa di negoziazione assistita da un avvocato7. E’ una esigenza avvertita anche nel nostro Paese, essendo necessario che alla critica verso le scelte governative che negano la rilevanza del ruolo dell’avvocato, al quale si giunge ad addebitare in 3 sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU e ribadito anche dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea 4 Corte Giustizia UE, 18 marzo 2010, n. C-317/08 5 “La stragrande maggioranza degli Ordini che ha preso posizione lamenta lo svilimento della figura professionale dell’Avvocato e critica l’intenzione di attuare il d.lgs. n. 28/2010 senza aggravi di spesa per lo Stato a fronte degli ingenti costi e compiti organizzativi che l’operazione comporterà per gli Ordini e per i cittadini, comunque gravati da un filtro alla giustizia in più di una materia” (da Documento del Gruppo di lavoro “mediazione e arbitrato”, presentato al XXX Congresso Nazionale Forense – Genova 25-27/11/2010). 6 Il “diritto collaborativo” è un procedimento elaborato dall’Avv. Stuart G. Web di Minneapolis (USA) nel 1990, che in una lettera inviata al Giudice della Suprema Corte del Minnesota, Sandy Keith, il 14.2.1990, scriveva “un punto debole della mediazione credo sia il fatto che il lavoro degli avvocati venga lasciato fuori da tale processo … In realtà si lascia fuori non solo l’atteggiamento fazioso e conflittuale ma anche la capacità analitica e l’abilità di trovare soluzioni ragionevoli ai problemi creando alternative costruttive ed un ambiente favorevole al reperimento di un nuovo assetto…. caratteristiche del “buon avvocato” …”. 7 La "procedura partecipativa di negoziazione assistita da un avvocato" è stata introdotta nella legislazione francese con la legge n. 20010-1609 del 22 dicembre 2010. 2 AIAF – Assemblea nazionale, Torino 13-14 maggio 2011 parte la crisi della giustizia, faccia seguito da parte dell’Avvocatura italiana la ricerca di un ampliamento delle proprie funzioni, fuori e non solo dentro il processo. La crisi del sistema giustizia e la ricerca di nuovi “rimedi” per la risoluzione dei conflitti. La modifica del ruolo del giudice e dell’avvocato. L’ampliamento della funzione dell’avvocato nella prevenzione dei conflitti e nella fase stragiudiziale della negoziazione. E’ limitativo pensare che la ricerca di modi alternativi di risoluzione delle controversie sia intesa dai Governi dei paesi occidentali solo come rimedio alla crisi quantitativa della giustizia. La questione è altra. Da tempo è stato messo sotto accusa il “carattere esclusivamente monopolistico del sistema giudiziario nella risoluzione dei conflitti”, cui hanno fatto seguito richieste di “revoca del carattere stato-centrico dell’amministrazione della giustizia e di ampliamento della dimensione della legalità” 8. I mutamenti sociali ed economici hanno evidenziato che il sistema giudiziario non è più in grado di autoregolarsi e di regolare la propria funzione di decisione, e ciò avviene non soltanto per la dimensione quantitativa dei conflitti, ma, sotto il profilo qualitativo, in relazione alla tipologia e fenomenologia sociale dei conflitti sottoposti al vaglio del giudice. La tendenza, da tempo avviata e ormai inarrestabile nei paesi occidentali, è di ridare spazio ai soggetti del conflitto, sostenendo il loro potere di auto-regolamentazione, e di restituire al sistema sociale (alla “comunità”) il problema del conflitto9. In questa spinta verso una auto-regolazione del sistema sociale si consuma il passaggio da una giustizia che trova la sua legittimità esclusivamente nell’applicazione della legge, a una giustizia fondata sulle “relazioni umane”, “più attenta ai bisogni dei cittadini, che mette la persona al centro del sistema giustizia” 10. Mentre nel giudizio tutto ruota intorno alla centralità del giudice e della sua autorità, nella mediazione finalizzata alla conciliazione gli attori sono gli stessi confliggenti. Il soggetto diventa attore e nel contempo giudice dei suoi interessi. I metodi di soluzione dei conflitti alternativi al sistema giudiziario non si pongono solo su un binario parallelo al sistema tradizionale giudiziario, ma di fatto ne comportano rilevanti modifiche. Gli orientamenti della politica giudiziaria concordata tra i paesi membri della Comunità europea a partire dagli anni ottanta evidenziano l’intento, da un lato, di introdurre con la mediazione una giustizia fondata sulle relazioni, e, d’altro lato, di accentuare la funzione giudicante del giudice e del suo ruolo di terzo e imparziale, cui non deve più competere la funzione di conciliatore e di suggeritore di possibili soluzioni conciliative, che possono indurlo ad esprimersi per una soluzione che favorisce una parte in causa, prima di emettere la sentenza11. Il giudice semmai è colui che 8 RESTA, Giudicare, conciliare, mediare, in Il coraggio di mediare, Autori vari, Guerini e Associati, 2001, sostiene che “nessuno nega il valore del processo giudiziario all’interno del cammino della legalità moderna ma da questo a ricavarne la perennità del “monopolio statale della giurisdizione” e la razionalità della competenza generalizzata del giudice su ogni genere di conflitto, ovviamente ce ne passa.” … “Come sappiamo la legalità ha garantito che diritti soltanto enunciati venissero agiti, difesi e affermati davanti ad un giudice, contro poteri che tendevano a occultarli, ma in nome di quella stessa legalità e di quegli stessi diritti credo che stia emergendo una correzione di strumenti e di comunicazioni.” 9 così Resta, op cit. 10 Nel Rapporto finale (2009) della Commission sur la repartition des contentieux presieduta da Serge Guinchard, incaricata dal Ministro della Giustizia francese di redigere una riforma del sistema giudiziario, si legge “les membres de la commission Guichard ont gardé à l’esprit l’impérieuse nécessité d’un humanisme judiciaire, et le respect des grands principes fondateurs de notre société. Ce sont cette nécessité et ces principes qui les ont conduits à mettre le justiciable au centre du système judiciaire.” 11 Tali orientamenti sono esplicitamente contenuti nella Raccomandazione n° R (81) 7 adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 14 maggio 1981, e nella Raccomandazione n° R (86)12 adottata dal Comitato dei 3 AIAF – Assemblea nazionale, Torino 13-14 maggio 2011 invia le parti in mediazione, con poteri più o meno vincolanti, a seconda che la legislazione in vigore in materia di mediazione la preveda obbligatoria o volontaria. Non di meno anche il ruolo dell’avvocato viene travolto dalle nuove regole introdotte dalla procedura stragiudiziale della mediazione, dove le parti in conflitto non vengono “rappresentate” da altri, neppure se hanno conferito in precedenza un mandato difensivo all’avvocato, dal quale possono essere solo assistite durante la fase della mediazione ma non rappresentate. Nel modello tipico della mediazione, quale giustizia alternativa fondata sulle relazioni tra le parti che aspira a concludersi con un accordo fondato sulla loro soddisfazione, e non necessariamente sull’equità, non trova spazio la funzione di difesa della parte e dei suoi diritti tradizionalmente assegnata all’avvocato12. Nei paesi dove la mediazione è stata introdotta da molti anni, l’Avvocatura ha reagito a questa situazione, che ha indubbiamente comportato una diminuzione del contenzioso giudiziario e quindi dell’attività dell’avvocato in sede giudiziale, con la ricerca di nuovi spazi di intervento, ampliando la funzione che l’avvocato svolge al di fuori del giudizio, fornendo consulenza al cliente al fine di prevenire il conflitto13, o per la ricerca della migliore soluzione, pervenendo ad una definizione consensuale del conflitto a seguito di una attività di negoziazione 14. Ministri del Consiglio d’Europa il 16 septembre 1986, pag. 13-14, n°17. Seguendo tali direttive, in Francia venne istituita nel 2002 una Commissione parlamentare presieduta da Christian Cointat su l’Evolution des métiers de la justice,incaricata di trarre un bilancio del funzionamento del sistema giudiziario e individuare le conseguenti riforme; attività poi ripresa dalla Commissione Guinchard che nel suo rapporto finale, nel 2009, afferma “L’intervention du juge doit être repensée, sa mission recentrée sur ce qui constitue le coeur de sa double fonction juridictionnelle: trancher les litiges qui ne peuvent être résolus autrement, mais aussi dire le droit. …. Restreindre le périmètre de l’intervention du juge ne peut se faire qu’à partir d’une approche apaisée de la dynamique des demandes, sans priver le citoyen d’une garantie judiciaire effective de ses droits.”. Lo stesso orientamento ha seguito il Belgio, dove con provvedimento governativo del 12 luglio 2003 è stata affrontata la questione del miglioramento dell’efficacia della giustizia civile, e introdotta la mediazione extragiudiziale. 12 La Commissione legislativa del Canada, nel Rapporto sulla mediazione, 2003, www.dsp-psd.tpsgc.gc.ca, ammette che “nel processo di mediazione è in generale mal tollerata la presenza degli avvocati, accusati di “minarne” la natura collaborativa, perché vi apporterebbero la loro cultura accusatoria, vorrebbero dominare la discussione e cercano in quel contesto di dare istruzioni al proprio cliente.”. Nella nostra esperienza nazionale, basti pensare al contesto della mediazione familiare, ormai presente da oltre vent’anni in Italia, dove non è ammessa la presenza dell’avvocato della parte. 13 Sul sito dell’Ordine degli avvocati del Quebec si legge: “Trop souvent, on ne consulte un avocat qu’au moment où une situation dégénère. Or, l’avocat est là pour vous sortir d’une impasse, mais surtout pour vous éviter d’y tomber.” (Troppo spesso si consulta un avvocato nel momento in cui una situazione degenera. L’avvocato vi aiuta certo a risolvere una controversia, ma soprattutto vi consiglia come evitare il nascere del problema. Traduz. dell’Autrice). In Francia, il Consiglio nazionale forense ha lanciato nel 2010 una campagna di informazione verso i cittadini sul ruolo di prevenzione dei conflitti da parte dell’avvocato, pubblicizzando il servizio di “bilancio giuridico” che l’avvocato può offrire ad ogni persona, per consentirle di comprendere l’insieme dei diritti e delle obbligazioni che sono legate al suo percorso di vita, e valutare, in fase preventiva, il “rischio giuridico” che si assume. 14 Il Barreau del Québec pubblicizza sul suo sito l’esigenza di rivolgersi ad un avvocato con queste parole: “L’avocat, membre en règle du Barreau, vous informe sur les lois et règlements, vous conseille et, si nécessaire, vous représente à la Cour. Surtout, il vous aide à trouver la meilleure solution. Lorsque vous lui confiez un mandat, demandez-lui si la situation peut être réglée par la justice participative avant d’avoir recours aux tribunaux. Vous et votre avocat travaillerez ensemble pour déterminer le meilleur moyen de prévenir ou de résoudre votre différend, par exemple, par le droit collaboratif. Consulter un avocat en temps utile peut vous éviter bien des problèmes et des pertes de temps et d’argent.” (L’avvocato, iscritto al Barreau, vi informa sulle leggi e sui regolamenti, vi consiglia e, se necessario, vi rappresenta avanti la Corte. Soprattutto vi aiuta a trovare la migliore soluzione. Quando voi gli conferite un mandato, domandatgli se la vostra situazione può essere regolata dalla giustizia partecipativa prima di fare ricorso al tribunale. Voi e il vostro avvocato lavorerete insieme per determinare la via migliore per prevenire o risolvere la vostra controversia, per esempio con il diritto collaborativo. Consultare un avvocato in tempo utile può evitarvi problemi e perdite di tempo e di denaro. Traduz. dell’Autrice) 4 AIAF – Assemblea nazionale, Torino 13-14 maggio 2011 In Europa15, tale ricerca ha portato l’Avvocatura francese ad elaborare la proposta di riconoscimento di effetti giuridici all’ “acte sous signature juridique” - scrittura privata conclusa in presenza di uno o più avvocati, firmata dalle parti e controfirmata dai legali che le hanno assistite , sul presupposto che tale riconoscimento può contribuire ad assicurare la qualità dell’attività legale e risponde ad una esigenza di sicurezza giuridica e di protezione dell’interesse generale che emerge dalla società16. Tale proposta è stata recentemente approvata dall’Assemblea Nazionale francese con legge n° 2011-33117 «modernisation des professions judiciaires ou juridiques et certaines professions réglementées», che recependo le indicazioni della Commissione parlamentare presieduta da Jean-Michel Darrois18, attribuisce alla sottoscrizione della scrittura privata da parte dell’avvocato l’effetto di attestare da parte di questi, sotto la sua responsabilità professionale, di aver assistito la parte e di averla informata sulle conseguenze giuridiche dell’atto, e il riconoscimento dell’autenticità del contenuto dell’atto, che fa piena fede salva la procedura di accertamento di falso. LA GIUSTIZIA PRIVATA O CONTRATTUALE. LA RIDEFINIZIONE DEL CONCETTO DI 19 PARTI IN CONFLITTO. VERSO LO SMANTELLAMENTO DELLO STATO DI DIRITTO? EQUITÀ COME SODDISFAZIONE DELLE Si è osservato che gli elementi che denotano il carattere alternativo dei nuovi metodi di risoluzione dei confliti rispetto a quello tradizionale sono il diverso rapporto “cooperativistico” che si instaura tra gli attori in conflitto, il riconoscimento della legittimazione di una struttura risolutiva costruita sulla dimensione pattizia e convenzionale, e soprattutto una filosofia della giustizia di tipo 15 Nel novembre 2008 il Parlamento europeo (Direzione generale delle politiche interne, Dipartimento tematico C, Diritti dei cittadini e Affari costituzionali) ha pubblicato uno Studio comparativo sugli atti autenticat. Disposizioni nazionali di diritto privato, circolazione, riconoscimento reciproco ed esecuzione. Iniziativa legislativa eventuale dell’Unione europea. Regno Unito, Francia, Germania, Polonia, Romania, Svezia. 16 La proposta “L’acte sous signature juridique” è stata presentata per la prima volta alla Conférence des Bâtonniers de France, il 25 settembre 2003, ed è stata poi sostenuta, fino all’approvazione della legge 2011-311 da parte dell’Assemblea nazionale francese nel marzo 2011, dal CNB (Consiglio Nazionale degli Ordini Forensi francesi) e dalla FBE (Federazione degli Ordini Forensi d’Europa). 17 La legge francese n° 2011-331 «de modernisation des professions judiciaires ou juridiques et certaines professions réglementées » approvata il 28 marzo 2011, prevede : «le contreseing de l’avocat. Art. 66-3-1. En contresignant un acte sous seing privé, l’avocat atteste avoir éclairé pleinement la ou les parties qu’il conseille sur les conséquences juridiques de cet acte. - Art. 66-3-2. L’acte sous seing privé contresigné par les avocats de chacune des parties ou par l’avocat de toutes les parties fait pleine foi de l’écriture et de la signature de celles-ci tant à leur égard qu’à celui de leurs héritiers ou ayants cause. La procédure de faux prévue par le code de procédure civile lui est applicable. Art. 66-3-3. L’acte sous seing privé contresigné par avocat est, sauf disposition dérogeant expressément au présent article, dispensé de toute mention manuscrite exigée par la loi.». 18 La Commissione presieduta da Jean-Michel Darrois è stata costuita dal Presidente della Repubblica francese il 30.6.2008 con la finalità di «dare agli avvocati francesi i mezzi per difendere la perennità del nostro modello giuridico… per delineare le linee di una riforma della professione d’avvocato in relazione alle esigenze della società francese, permettendo all’avvocato di partecipare alla competizione internazionale e assicurare ai cittadini una migliore comprensione del nostro sistema giuridico… per creare in Francia una grande professione di diritto …. » (traduz. dell’Autrice). Nell’aprile 2009, la Commissione Darrois ha formulato numerose proposte per modernizzare e rinforzare le professioni giuridiche e giudiziarie (avvocati, notai, ufficiali giudiziari) e creare delle sinergie tra queste professioni. Tra le proposte più significative, accolte poi nella legge 2011-331, vi è il riconoscimento di effetti giuridici (autenticità) all’atto controfirmato da un avvocato e il trasferimento di competenze, spettanti alla pubblica amministrazione e alle autorità consolari all’estero, al notaio (ad. esempio la registrazione dei PACS, contratti di convivenza, e di altri atti relativi allo status della persona). 19 RESTA, op.cit, “I modi attraverso i quali un sistema sociale regola i conflitti che nascono all’interno della società sono tanti, tutti diversi, cambiano nel tempo e nello spazio, non sono per nulla eterni.” 5 AIAF – Assemblea nazionale, Torino 13-14 maggio 2011 restorativo che coinvolge modelli di composizione e gestione del conflitto meno autoritativamente decisori 20. I sostenitori della “giustizia privata” (private ordering)21 affermano la superiorità dell’accordo negoziato tra le parti sulla decisione giudiziaria, perché non vi sarebbero né vincitori né vinti. Coloro che sostengono le soluzioni conciliative alternative al piano giudiziario ritengono che la soluzione non debba necessariamente scaturire da una regola preesistente, ma da una libera discussione e negoziazione tra le parti. La conclusione della lite è considerata come “equa” se raccoglie la soddisfazione di tutte le parti in conflitto22. E’ equo e giusto ciò che soddisfa le parti, e non la regola dettata dalla legislazione. L’accordo fondato sul consenso23 sostituisce il provvedimento emesso dall’Autorità, così il concetto di “soluzione giusta” viene svincolato dalla legge. Nelle procedure di giustizia contrattuale sono le parti a decidere che cosa è “giusto”, ferma restando l’esigenza di assicurare che la decisione di accettare una soluzione sia effettivamente libera e non limitata dalla posizione di forza di una parte sull’altra (ad esempio nei casi di violenza domestica) e che la soluzione trovata in tale contesto sia lecita e non contraria all’ordine pubblico. Sorge dunque l’interrogativo se, invitando le parti a prendere esse stesse una decisione per regolamentare il conflitto, non vi sia il rischio di modificare le regole di diritto su cui si fonda la società. Alla tendenza all’ampliamento della giustizia pattizia si oppongono coloro che sostengono che i processi “negoziati” legittimino la legge del soggetto più forte e costituiscano una privatizzazione intollerabile della giustizia civile. Si criticano le ADR in quanto priverebbero il sistema giuridico dell’attività interpretativa del giudice e della affermazione nei provvedimenti giudiziari di principi giuridici, che sono la linfa della sopravvivenza del sistema di diritto. La “giustizia contrattuale”, ampliata dai metodi di soluzione alternativi dei conflitti, viene criticata perché comporterebbe lo smantellamento progressivo dello stato di diritto, per lasciare campo libero alla sistemazione reciproca degli interessi degli individui, emancipati da ogni regola giuridica24. Una posizione intermedia viene esposta da chi, pur riconoscendo che il contratto ha rappresentato da sempre lo strumento preferenziale di regolazione dei rapporti interprivati, evidenzia che il potere dei privati nella gestione dei propri interessi non può andare completamente esente dal controllo in ordine alla meritevolezza dell’interesse perseguito25 ed alla rispondenza agli standards che il legislatore stesso ha curato di dettare per la definizione della sfera di autonomia affidata alla loro iniziativa26. Il “servizio della giustizia” non può dunque essere modernizzato che nel rispetto dei valori e dei principi che fondano lo Stato di diritto, quali l’eguaglianza davanti alla legge e fermo restando il diritto di accesso effettivo alla giurisdizione, soprattutto da parte dei soggetti più deboli27. 20 RESTA, op. cit. J. K. LIEBERMAN - J. F. HENRY, Lessons from the Alternative Dispute Resolution Movement, 53, University of Chicago Law Review, 424, 1986; R. H. MNOOKIN - L. KORNHAUSER, «A definition of private ordering attributed to Professor Fuller is « law » that parties bring into existence by agreement », Bargaining in the Shadow ot the Law: the Case of Divorce, 88, Yale Law Journal, 950, 1979 22 v. Commissione legislativa del Canada, Rapporto sulla mediazione, 2003. 23 GALGANO, Diritto ed economia alle soglie del nuovo millennio, in Contr. e impresa, 2000, p. 205 e ss., evidenzia che “nella nostra epoca globalizzata, il rispetto di un patto, di un contratto, non nasce dal solo comando eteronomo della legge, bensì dalla cogenza del vincolo stesso e, quindi, dalla capacità delle parti di mantenere la parola data”. 24 SUPIOT, Les deux visages de la contractualisation: déconstruction du Droit et renaissance féodale, in Approche critique de la contractualisation, LGDJ, coll. Droit et Société, 2007, p. 19 s.; LEGENDRE, Revisiter les fondations du droit civil, RTD civ. 1989. 639, réédité in Sur la question dogmatique en Occident, Fayard, 2008, p. 111 25 COSTANZA, Meritevolezza degli interessi ed equilibrio contrattuale, in Contr. e impresa, 1987, p. 423 e ss. 26 FRANCIONE, La giustizia contrattuale: quale compromesso fra autonomia privata e mercato?, in www.diritto.it 27 E’ quanto afferma la stessa Direttiva UE 2008/52 21 6 AIAF – Assemblea nazionale, Torino 13-14 maggio 2011 LA GIUSTIZIA PARTECIPATIVA NEI PAESI DI COMMON LAW. In Canada e in molti Stati USA lo sviluppo da oltre vent’anni di diversi modelli di metodi alternativi di soluzione dei conflitti ha portato i Governi ad elaborare una politica di “giustizia partecipativa”28, che ingloba diversi metodi di prevenzione e di risoluzione dei conflitti: la negoziazione, il diritto collaborativo (negoziazione tra le parti assistite dai rispettivi avvocati), la mediazione (gestita da un terzo), la conciliazione esperita da un giudice (diverso da quello avanti al quale si svolge il giudizio, e da questi delegato), l’arbitrato. Obiettivi della giustizia consensuale sono la comprensione del pregiudizio causato e la presa di coscienza delle sue conseguenze, la ripartizione della responsabilità e la responsabilizzazione, la trasformazione del rapporto interpersonale, le prospettive future delle parti in conflitto. I valori sui cui si basa questo tipo di giustizia sono la partecipazione, il rispetto verso tutti i partecipanti, il trattamento egualitario, l’impegno al rispetto delle intese raggiunte. La soluzione deve corrispondere alla soddisfazione di tutte le parti, in quanto la giustizia è intesa come “benessere sociale” ed è data prioritaria importanza ai rapporti umani e al ristabilimento delle relazioni. Si ritiene che debba preferibilmente essere una procedura volontaria29, ma può essere previsto l’invio delle parti, ad opera del giudice, ad un incontro obbligatorio con un mediatore, per avere informazioni sul procedimento di mediazione. IL DIRITTO COLLABORATIVO E LA PROCEDURA PARTECIPATIVA DI NEGOZIAZIONE ASSISTITA DA UN AVVOCATO. Negli Stati Uniti, all’inizio degli anni novanta, con l’affermarsi della mediazione quale modello alternativo al procedimento giudiziario gestito dal terzo/mediatore, si è sviluppata la ricerca da parte degli avvocati di un metodo di negoziazione finalizzato alla conciliazione, da svolgersi in un contesto dove venisse valorizzata la loro funzione30. Da questa esigenza si è sviluppato il diritto collaborativo, elaborato nel 1990 da Stuu Web, avvocato di Minneapolis, che si è poi diffuso negli Stati americani, in Canada, Australia e in Europa, dove è stato introdotto dapprima in Inghilterra, e poi in Irlanda, Scozia, Francia, Austria, Svizzera, Germania, Belgio, Repubblica Ceca e Olanda. In Italia, l’AIAF ha organizzato per la prima volta un convegno sul diritto collaborativo nel giugno 200931, cui ha fatto seguito dal marzo 2010 l’organizzazione di numerosi corsi di formazione al metodo collaborativo nella separazione e nel divorzio. In tutti questi paesi sono sorte associazioni di avvocati che praticano il diritto collaborativo, che si richiamano tutte ai principi elaborati dall’International Academy Of Collaborative Professionals (IACP), che ha sede in Arizona, USA32. Gli avvocati che assistono le parti nel procedimento 28 La Commissione legislativa del Canada, Rapporto sulla mediazione, 2003, definisce la giustizia partecipativa quale modo differente di far valere i propri diritti e di facilitare l’accesso alla giustizia, e una procedura dove la persona, con l’assistenza del suo avvocato, sceglie il modo di prevenzione e di risoluzione del suo conflitto in funzione dei suoi bisogni, dei suoi interessi e dei suoi mezzi. 29 Secondo la Commissione legislativa del Canada, i procedimenti partecipativi raggiungono soluzioni positive quando le parti scelgono volontariamente questa procedura e dispongono di risorse necessarie per attivare pienamente il dialogo e la negoziazione. 30 v. nota 6 31 Il Convegno “Il divorzio collaborativo. In Italia? Si può fare”, tenutosi a Milano il 18.6.2009 è stato organizzato dall’Università degli Studi di Milano, Dipartimento Giuridico-Politico e da Progetto di Studio sui Processi di Riforma Istituzionale e di Modernizzazione Economico-Sociale del Paese (P.R.I.S), in collaborazione con AIAF Lombardia. 32 In Italia, gli avvocati che hanno seguito i corsi di formazione in diritto collaborativo promossi dall’AIAF, hanno poi costituito l’Associazione AIADC, Associazione Italiana degli Avvocati di Diritto Collaborativo (www.dirittocollaborativo.it/). 7 AIAF – Assemblea nazionale, Torino 13-14 maggio 2011 stragiudiziale di diritto collaborativo devono avere ricevuto una specifica formazione in diritto collaborativo, attestata a seguito della partecipazione di un corso di formazione secondo gli standard internazionali indicati dall’International Academy Of Collaborative Professionals (IACP). Il diritto collaborativo, fondato sul metodo dell’ascolto attivo e della negoziazione ragionata, comporta che le due parti e i loro rispettivi avvocati si impegnino insieme a ricercare una soluzione efficace, equa e complessiva di tutte le problematiche, personali e patrimoniali, connesse alla loro crisi di coppia, separazione o divorzio, nel rispetto della dignità di ciascuna parte. Il ruolo dell’avvocato è fornire al cliente consulenza e assistenza nella ricerca di tale soluzione, ma avvalendosi esclusivamente della negoziazione e di un approccio consensuale. Questo metodo di lavoro vincola gli avvocati ad un impegno così serio al fine di raggiungere un accordo equo, che se il percorso non riesce a produrre un accordo e le parti decidono di adire l’autorità giudiziaria per dirimere il conflitto, i due avvocati devono rinunciare all’incarico. Uno stimolo in più per tutti per trovare una giusta soluzione alle questioni controverse. Il procedimento secondo il diritto collaborativo si svolge secondo precise tappe. La prima è quella dell’incontro con il cliente, dove il diritto collaborativo è presentato come una opzione da considerare, così come la procedura tradizionale o la mediazione familiare. Nelle fasi successive le parti, con i rispettivi avvocati, stabiliscono un calendario degli incontri a quattro, individuano le urgenze da trattare, scambiano ed esaminano documenti, sempre rispettando i principi della confidenzialità, della trasparenza e della riservatezza. Un consulente o più consulenti, scelti di comune accordo tra le parti, possono essere chiamati ad intervenire per aiutare le parti stesse a raggiungere un accordo. Sarà, ad esempio, possibile rivolgersi ad un esperto di contabilità, ad un notaio, ad un commercialista o a qualsiasi altro specialista ritenuto necessario, psicologo, neuropsichiatra infantile, mediatore familiare33, ecc.. Il procedimento ha inizio con la redazione di una convenzione che viene sottoscritta dalle parti e dai rispettivi avvocati, nella quale le parti si impegnano a rispettare alcuni principi essenziali: ricercare una soluzione negoziata senza ricorrere alla giurisdizione, tranne se diversamente convenuto da tutti i partecipanti; ricercare una soluzione che soddisfi gli interessi di entrambi i clienti e che implichi la promozione e il rispetto dell’interesse dei figli, se presenti; comunicare in modo rispettoso tra di loro, senza utilizzare termini denigratori, insultanti o accusatori e senza ritornare sui conflitti passati; non denigrare l’altro genitore davanti ai figli, ma al contrario favorire la cooperazione tra lui e questi ultimi; essere onesti e trasparenti nel comunicare tutte le informazioni richieste, incluse quelle economico-finanziarie, e quelle ritenute importanti per la risoluzione della controversia; fornire congiuntamente informazioni necessarie agli altri professionisti sollecitati in virtù dell’accordo (ad esempio mediatori, pedopsichiatri, esperti 33 Sulla differenza tra diritto collaborativo e mediazione familiare, risultano chiare e condivisibili le riflessioni di Pauline H. Tesler (avvocato americana, specializzata in diritto di famiglia e diritto collaborativo, autrice del saggio “Collaborative Law: What It Is and Why Family Law Attorneys Need to Know About It”, American Journal of Family Law, 1999), che già alla fine degli anni ’90 rilevava che “la mediazione può essere una modalità efficace di soluzione del conflitto” ma “ad essa mancano le potenzialità di soluzione che costituiscono il cuore strutturale del diritto collaborativo”; “nella mediazione vi è un unico mediatore neutrale che gestisce le trattative e i conflitti. Che i clienti abbiano o meno un consulente indipendente per assisterli, non rientra nel ruolo del mediatore né in quello degli avvocati agire in privato presso un cliente particolarmente irragionevole o sconvolto in modo da far riprendere negoziazioni produttive. Questi problemi possono far fallire definitivamente una mediazione. In secondo luogo, il mediatore non è in grado, al contrario degli avvocati di diritto collaborativo, di far fronte alle lentezze, resistenze, reticenze nel dare informazioni e altri problemi simili messi in atto da una delle parti e capaci di alterare l’integrità e l’efficacia del processo. In terzo luogo, il semplice ingegno che un avvocato apporta in un conflitto costituisce una competenza per la soluzione creativa dei problemi. Con due avvocati che lavorano di concerto per trovare soluzioni reciprocamente accettabili, i due clienti beneficiano di un doppio talento professionale teso verso lo stesso obiettivo”. 8 AIAF – Assemblea nazionale, Torino 13-14 maggio 2011 contabili, etc) e in particolare quelle utili a permettere loro di lavorare in uno spirito di collaborazione. Gli avvocati a loro volta si impegnano a rispettare i principi che regolano questo modo di risoluzione dei conflitti; dichiarano di agire in totale indipendenza l’uno dall’altro, ognuno dei due rappresenterà il suo cliente e gli fornirà assistenza; si impegnano ugualmente a cooperare e lavorare insieme in maniera trasparente e costruttiva; gli avvocati, così come gli esperti, si impegnano ad abbandonare la pratica nel caso in cui il procedimento dovesse fallire, se viene fatto ricorso unilateralmente a una giurisdizione, o se uno dei due clienti non agisca in buona fede o abusi del processo cooperativo. Tutto il procedimento è coperto dalla riservatezza e gli avvocati sono vincolati al segreto professionale, non potendo rivelare alcuna informazione acquisita durante questa fase, nè al tribunale nè ad altri. Recentemente, al diritto collaborativo, quale metodo di lavoro, si è affiancata la procedura partecipativa di negoziazione assistita da un avvocato, che pur essendo un procedimento che si svolge in sede extragiudiziale, è stato legislativamente introdotta nel codice civile francese34. Trattasi di una procedura conciliativa alternativa al contenzioso, che riconosce alle parti il potere di autoregolamentazione dei loro rapporti e ai rispettivi avvocati un ruolo centrale nell’assisterle nella negoziazione finalizzata alla ricerca di un accordo, che una volta raggiunto viene poi omologato dal giudice, così da renderlo esecutivo, salvaguardando nel contempo la funzione giurisdizionale. La procedura prende l’avvio con la redazione e sottoscrizione di una convenzione di procedura partecipativa di negoziazione assistita da un avvocato, che consiste in un accordo mediante il quale le parti in conflitto, che non hanno ancora adito per la controversia un giudice o un arbitro, convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole il conflitto e la controversia tramite l'assistenza dei propri legali. Viene anche assunto l’impegno a tenere riservate le informazioni non conosciute o non conoscibili che le parti si scambiano durante la procedura, salvo concordare la possibilità di produrre in giudizio la relazione riguardante gli aspetti tecnici della questione stesa con l'ausilio di esperti e consulenti nominati dalle stesse parti. L’espletamento di questa procedura esonera le parti dalla conciliazione e dalla mediazione, nei casi in cui sono previste dalla legge. Tale procedura può anche essere effettuata per cercare una soluzione consensuale della separazione o del divorzio. Sul modello della legge francese, l’Unione Triveneta dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati, l’AIAF e l’Unione Nazionale delle Camere Civili, hanno elaborato recentemente una proposta di legge per introdurre nella legislazione italiana la procedura partecipativa di negoziazione assistita da un avvocato, mettendo in luce, nella relazione introduttiva, che tale procedura fa leva sulle funzioni proprie dell'avvocato, rafforza la qualità della sua prestazione professionale, impone allo stesso un’assunzione di responsabilità sia sotto il profilo della competenza professionale che della deontologia. Questa proposta di legge prevede anche l’ampliamento della funzione dell’avvocato, laddove si amplia la sua competenza a certificare non solo l'autenticità della firma della parte che assiste, ma anche ad attestare che il contenuto dell'accordo corrisponde alla volontà espressa dalle parti. 34 v. nota 7 9 AIAF – Assemblea nazionale, Torino 13-14 maggio 2011 Sul piano sociale, la previsione dell’omologa dell’accordo da parte del giudice, in un procedimento con rito semplificato, assicura la "sicurezza giuridica” degli accordi raggiunti senza diminuire le tutele per il cittadino, e nel contempo garantisce tempi celeri e una riduzione delle spese di giustizia. Milano, 5 maggio 2011 10