Storia, Arte, Cultura e Tecniche degli Orologi Solari

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Storia, Arte, Cultura e Tecniche degli Orologi Solari
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 4
Gnomonica
Storia, Arte, Cultura e Tecniche degli Orologi Solari
Bollettino della Sezione Quadranti Solari dell’ U.A.I. – Supplemento al N°
N° 5
SPED. IN A.P. 70% FILIALE DI BELLUNO
Gennaio 2000
TAXE PERCUE – TASSA RISCOSSA – BELLUNO CENTRO
In questo numero:
Mario Arnaldi, Orologi solari dipinti nel chiostro di S. Domenico a Taggia
Riccardo Anselmi, Le ore temporarie
José C. Montes Jiménez, Martha A. Villegas, L’orologio solare di Cuencamé
Renzo Righi, Una meridiana a riflessione
Gianni Ferrari, Meridiana interattiva a corda
Pier Giuseppe Lovotti, Gnomonica analitica in 3D: l’orologio solare orizzontale
Rosa Casanova Zandomenego, Un orologio solare…per sempre
Nicola Severino, Sulla successione cronologica degli orologi solari d’altezza rettilinei
Alessandro Gunella, Hans Holbein e la Gnomonica
Mario Arnaldi, Un particolare dittico d’avorio custodito nel Museo Nazionale di Ravenna
Per la prima volta: le foto dell’eclissi di sole sulle linee meridiane
Redazione - Nicola Severino, Via Lazio, 6 - 03030 Roccasecca Stazione (FR) ItalyPhone 0776 - 56.65.08 - e-mail: [email protected]
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 5
Sommario
English Summary
pag.
Editoriale
Lettere
Dalle Riviste
Recensioni
Mario Arnaldi, Orologi solari dipinti nel chiostro di S. Domenico a Taggia
Riccardo Anselmi, Le ore temporarie
José C. Montes Jiménez, Martha A. Villegas, L’orologio solare du Cuencamé
Renzo Righi, Una meridiana a riflessione
Gianni Ferrari, Meridiana interattiva a corda
Pier Giuseppe Lovotti, Gnomonica analitica in 3D: l’orologio solare orizzontale
Rosa Casanova Zandomenego, Un orologio solare…per sempre
Nicola Severino, Sulla successione cronologica degli orologi solari d’altezza rettilinei
Alessandro Gunella, Hans Holbein e la Gnomonica
Mario Arnaldi, Un particolare dittico d’avorio custodito nel Museo Nazionale di Ravenna
Alberto Nicelli, Dalle mailing lists
AA.VV. Le prime foto di un’eclissi di sole sulle linee meridiane
La vignetta di Giacomo Agnelli
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Gnomonica, organo della Sezione Quadranti Solari dell’U.A.I. fondato da Nicola Severino nel settembre 1998.
Progetto editoriale, grafica di copertina, impaginazione
Nicola Severino
Supervisione tecnica a cura di
NORME PER GLI AUTORI
Alberto Cintio.
Gli utenti di computer possono inviare il file di solo testo dell’articolo salvato
Hanno collaborato:
nei formati “WORD6-7 0 97 di WIN95” o “MS-DOS”. Tali files possono
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essere inviati anche tramite un messaggio e-mail. Le foto devono essere
Arnaldi, Giovanni Bellina, Rosa Casanova
nitide e chiare, possibilmente in originale, e spedite a mezzo posta
Zandomenego, Mario Catamo, Alberto Cintio,
ordinaria. I disegni, qualora eseguiti con computer, dovranno essere inviati
Gianni Ferrari, Alessandro Gunella, Pier Giuseppe in file compattati nel formato JPEG o GIF. Si raccomanda di contenere al
Lovotti, José Montes, Alberto Nicelli, Renzo Righi, massimo il numero delle immagini e, possibilmente, di inserirle direttamente
Nicola Severino, Guido Tonello, Gabriele Vanin,
nel testo insieme alla relativa didascalia.
Martha Villegas,
Anche i file testo possono essere allegati a messaggi e-mail.
Redazione presso cui inviare il materiale: Nicola
La lunghezza degli articoli è, in media, di 3-4 pagine. Articoli di
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Supplemento al n.
, rivista dell’Unione Astrofili Italiani
Vic. Osservatorio, 5 – 35122 PADOVA
Registrata al Tribunale di Roma al n. 413/97
Spedizione in abbonamento postale art. 2 Legge 662/96.
Autorizzazione PT filiale di Belluno.
Stampa: Tipografia Editoria DBS, via E. Fermi, 5 – 32030 Rasai di Seren del Grappa (BL)
Direttore responsabile: Franco Foresta Martin
In copertina:
L’eclissi di sole dell’11 agosto 1999 fotografata da gnomonisti italiani su alcune tra le più importanti linee meridiane delle nostre
cattedrali. Foto di G. Tonello, M. Catamo, R. Righi, G. Bellina.
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Editoriale
?
Qualche anno fa scrissi un articolo per la rivista “Nuovo Orione” dal titolo “La Gnomonica:
duemila anni di meridiane”. Ci siamo. Il termine “duemila” era ovviamente puramente indicativo
in quanto, come è noto, la disciplina gnomonica affonda le sue radici in tempi molto più remoti.
Eccoci dunque che alle soglie del terzo millennio e, spontaneamente, dal canto nostro osiamo
domandarci: in quest’era scandita da “bytes”, “CD’s”, “sms”, in cui non si fa in tempo a
pavoneggiarsi per l’acquisto del più potente computer commerciale che è già diventato vecchio, in
cui le potenti (e dico potenti) onde elettromagnetiche dei telefonini penetrano non solo nel cervello
ma addirittura nei diffusori acustici nel bel mezzo di un tango che un’orchestrina suona in una
affollata piazza turistica di mezza estate...che ne sarà della nostra “gnomonica”?
Probabilmente questa stessa domanda se la saranno posta i nostri predecessori gnomonisti in
svariate occasioni ed in periodi di transizione degli sviluppi tecnologico-sociali più o meno simili.
Più volte, negli ultimi tempi, si è ritenuto di chiudere il capitolo “gnomonica” e più volte lo si è
riaperto nella piena consapevolezza di scrivere pagine tutt’altro che vetuste e superate, rubando
anche alla storia, ad un angolo di storia che fino ad oggi era rimasta sconosciuta e che tuttavia ci
appartiene in ogni suo momento, la quale ci insegna in che modo l’uomo si è misurato con una
entità intangibile, se non fisoloficamente, e che solo l’ombra di uno gnomone riesce a farne sentire
l’impercettibile fluire.
La gnomonica si accinge, quindi, a navigare il suo terzo millennio con l’appoggio di tanti
appassionati che costantemente la promuovono a grado di “utile materia educativa e
interdisciplinare”, ma anche a vero e proprio mestiere artigianale. Gli chadraniers italiani sono
ormai in numero sempre crescente e, come testimonia la recentissima comparsa della SOLARIA di
L.Morra, anche le associazioni di ditte individuali. Ma non è tutto. C’è già chi guarda con vero
interesse alla istituzione di una nuova facoltà universitaria: la facoltà di gnomonica! E chissà che
presto molti altri non seguano il primo esempio... insomma, a quanto pare, dopo oltre duemila anni
di storia, la gnomonica è più attuale che mai in molti aspetti della cultura italiana ed
internazionale, soprattutto grazie alle incredibili possibilità di comunicazione offerte negli ultimi
anni dagli sviluppi telematici.
La creatività è l’essenza dell’attualità della gnomonica. Tutti noi possiamo benissimo conoscere
l’ora esatta dal più economico degli orologi da polso, ma nessuno di noi potrà mai avvertire lo
scorrere del tempo nei moderni orologi, come in un orologio solare. Far rivivere un’esperienza del
genere anche ai bambini, nelle scuole, è l’altro aspetto che rende la gnomonica altrettanto attuale
ed importante.
Molti appassionati astrofili e professionisti, hanno vissuto con gioia il grande momento dell’ultima
eclissi di sole del millennio. C’è però anche qualcuno che l’ha vissuta in modo diverso ed unico,
osservandola e fotografandola durante il passaggio sulla linea meridiana in alcune delle grandi
cattedrali che ospitano tali linee meridiane. Ne è scaturita un’esperienza nuova che racconteremo,
per la prima volta nella storia, sulle pagine di questa rivista. Un fatto curioso, assolutamente
imparagonabile allo spettacolo che offre un’attenta osservazione astronomica del fenomeno con
adeguati strumenti ottici, ma pur sempre suggestiva, interessante e particolare che il lettore potrà
rivivere attraverso le foto. Un complimento quindi da questa redazione per gli amici GuidoTonello,
Mario Catamo, Renzo Righi e Giovanni Bellina che hanno colto con vero spirito gnomonico
l’evento dell’eclissi di sole dell’11 agosto 1999. Siamo sicuri che alla prossima occasione la
maggior parte degli appassionati si precipiterà nelle chiese con linee meridiane per filmare e
fotografare questo simpatico e curioso evento.
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Lettere
Dietro lo gnomone…Curiosità gnomoniche
Lettera di Ando Gilardi a “Gnomonicaitalia” mail list in Internet.
Stenopeifotocopignomonica & Sine Sole Loqueo
Sono sicuro che qualcuno (!) di voi l'ha già fatta, comunque la spiego lo tesso. Dopo la meridiana sonora che ho
costruito insieme a Berto Monetti e al generale in pensione musicista, Nino La Tela, abbiamo costruito una
multimeridiana ricevente che funziona anche in interni per la forza della luce solare. Dalle mie parti, ma penso anche
dalle vostre, i lampioni dei piccoli centri sono accesi e spenti automaticamente e progressivamente per mezzo di
fotocellule. Ho insegnato ai ragazzi cattivi e agli innamorati verticali prudenti, a spegnerli fuori orario ma senza
romperli con i sassi bensì per mezzo di una pila abbastanza potente come quelle subacquee: ma questo è un altro
discorso. Noi ci siamo procurati i cataloghi di quelli che fabbricano fotocellule e accessori: hanno fatto enormi
progressi, ce ne sono di piccolissime, grandi come un pisello. E' stato facile costruire una meridiana polare di piccole
dimensioni (cm. 18x24 circa) SENZA GNOMONE con le fotocellule al posto delle ore che vanno messe in piccoli
imbuti neri per "isolarle" e in modo che la luce del Sole le raggiunga progressivamente. Eccetera eccetera: non voglio
toglievi il gusto di risolvere i piccoli problemi tecnici. La meridiana elettronica, perchè è tale, funziona benissimo:
Berto ne ha costruito una per il bar, dietro il bancone. Al posto delle righe ha messo quei tubi al neon sottili che fanno
una bella luce blu solare, che si usano per illuminare gli acquari. Sopra alla meridiana c'è scritto: ORA
ASTRONOMICA LOCALE: la cosa ha fatto un effetto incredibile, la gente che corre fuori e dentro il bar per
controllare se c'è davvero la piccola meridiana trasmittente. Berto che è avido, ma poi lascia perdere, vuole brevettare
la cosa: dice che diventeremo ricchissimi. Ma io gli ho detto che quello che ho mi basta e gli faccio cambiare idea.
Siccome la meridiana elettronica cellulare quando è nuvolo non funziona, Berto che è un grande esperto in tutte queste
cose ha studiato il sistema per registrarne le trasmissioni che poi accendono la meridiana ricevente anche se piove. La
cosa non mi pare onesta però è divertente e pensandoci bene tutto quello che è divertente è anche poco onesto (c'è
tanta gente che soffre!...). Per conto mio ho pensato che lo stesso sistema si potrebbe usare anche come protesi per le
meridiane esterne, quelle diciamo normali, sempre sostituendo alle righe i sottili tubi innocenti (il paradiso ne è pieno)
che sopra un fondo scuro si vedono meglio. E SINE SOLE IMPIPEO. Se qualcuno ci prova, e non lo sapesse, ricordi
che ci sono dei registratori già predisposti allo scopo: sono quelli che dalle mie parti fanno suonare le ore e l'Ave
Maria nelle parrocchie (tantissime!) rimaste senza parroco. Ma una volta costruita la piccola meridiana trasmittente vi
verranno moltissime idee: in fascino sta nel fatto che i programmi sono scritti dal Sole.
Adesso sto cercando di convincere il Sindaco di Cavatore, dove non ebbe luogo causa il maltempo la Prima Festa
Nazionale della Meridiana che mi era costata tre mesi di duro lavoro e tanta pazienza con Claudio Incaminato (chi era
costruì?) di mettere una meridiana elettronica sopra il Comune, che trasmetta il segnale a quattro o cinque altre
meridiane messe in posti del paese scelti per pure ragioni estetiche, senza preoccuparsi del Nord e del Sud. La
trasmissione delle ore potrebbe avvenire anche via radiolina, e le meridiane segnare le ore anche di notte. L'impresa
costerebbe relativamente pochissimo: meno di quello che ci ha chiesto un famoso pittore di meridiane per farne una
sola, la quale per giunta funziona solo quando c'è il Sole. Ovviamente la meridiana elettronica a tubi al neon, come
potete immaginare, può avere anche una colonna sonora che suoni. come gli orologi meccanici dei campanili, le ORE
ASTRONOMICHE LOCALI SEMPRE ATTRAVERSO QUELLA CASSETTA CHE SOSTITUISCE I PARROCI. A
mezzogiorno potrebbe suonare la tromba de "la zuppa l'è cotta": c'è un versione bellissima di Armstrong, E se già
qualcuno di voi, magari di un Istituto Nautico, ne ha costruita una per favore me lo faccia sapere perchè se arrivo
secondo non mi diverto.
Adesso una notizia divertente e per certi aspetti entusiasmante: giovedì 13 a Cavatore ho una lezione di gnomonica da
tenere a più di 70 ragazzi della scuola media che vengono apposta da Acqui con un pullman! Io avevo fatto la proposta
per ridere alla preside, e lei l'ha presa sul serio. Di gnomonica, e non l'ho mai nascosto, non so niente per cui dovrò
inventare qualcosa. Io sono molto vecchio, con una barba bianca enorme: penso di fare lezione vestito da Babbo
Natale. Ma ancora un'altra notizia, forse un pò triste: ad Acqui c'è un formidabile stracciarolo: per dire com'è grosso,
compera anche come rottami vecchi carri armati e locomotive fuori uso. Leggendo le vostre corrispondenze sulle
vecchie meridiane, i restauri e le intendenze alle belle arti (ma ce ne sono di brutte?) mi sono ricordato che aveva
ammucchiate in un angolo, e forse ci sono ancora, alcune massicce meridiane che lui diceva di bronzo ma io penso di
ghisa: piuttosto malconce. Mi ha detto che tanti anni fa erano nei giardini pubblici, e in effetti, in fondo a Corso Bagni,
se ne trova ancora una rotonda che mi pare in buono stato. A mia domanda ha risposto che il bronzo e la ghisa non si
possono saldare per cui nessun restauro è possibile. Poi confesso che io non provo passione per i ruderi, forse perchè
appartengo alla classe. Sempre dal ferrovecchio ho visto delle medaglie meridiane che - ripeto sempre quello che mi
diceva - una volta si portavano appese alla catena dell'orologio da taschino. Anche a Ponzone dove abito ci sono due
meridiane sulla facciata della chiesa, molto grandi: Tonello le ha recensite. Sono state restaurate nel senso che le
hanno ricoperte di cemento nuovo poi ripassando le ore di nero. A Caldasio che è un "cortile" di Ponzone, la
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Fabbriceria ha deciso di rifare la meridiana molto vecchia che si trova sulla chiesa locale: è stata ricoperta di
intonaco nuovo e uno del posto (sempre il generale La Tela) adesso la dipinge nuova nuova. Ho detto ai responsabili
che forse bisognava avvertire la Soprintendenza alle Belle Arti; mi hanno risposto che 37 anni fa l'avevano interessata
per il restauro di un affresco all'interno per cui, se mi fossi azzardato a chiamarla anche per la meridiana mi avrebbero
tolto il saluto e poi peggio. Ho fatto adesso una meridianina per la scuola dove si legge: "Sei in preda alla demenza?
Chiama la Sovrintendenza". Ne sono molto orgoglioso perchè è la prima frase di meridiana sotto forma di domanda e
risposta: o almeno lo credo.
ANDO GILARDI
Spett. Redazione
Ho letto con vivo interesse l’articolo di Nicola Severino intitolato «Il più antico orologio solare verticale ad ore astronomiche», sul
numero 4 di Gnomonica, settembre 1999. Nel mio percorso di studio degli orologi solari medievali non posso, infatti, non considerare
quelli che io chiamo “di transizione”. Quelli, vale a dire, che marcano il passaggio dalle antiche ore temporarie al sistema nuovo.
Importante è fermare dei punti sulla mappa storica della gnomonica, soprattutto
per venire in aiuto a coloro che, come me, fanno principalmente ricerca. Non
importa se questi punti saranno fissi o meno l’importante è metterli, poi, con il
tempo si può sempre aggiustare la mira. Per questo ho trovato interessante
l'articolo.
Tuttavia devo sostenere che il “quadrante di Aosta”, cui fa riferimento ’lautore,
purtroppo, con grande probabilità è un falso, almeno nella porzione superiore;
quella con la data. Scrivo “purtroppo” perché a quell’orologio
ero affezionato anch’io fino a
che, mio malgrado, ho dovuto
arrendermi all’evidenza.
Come scrive Nicola Severino,
l’autore del citato articolo, «la
suddivisione oraria desta qualche perplessità».
Sicuramente i numeri arabici fra
le linee furono aggiunti in
seguito da una seconda ed
inesperta mano. La numerazione, infatti, va da 2 a 7 in
ordine sequenziale partendo dal
secondo settore, ciò fa sì che i
due settori di fianco la linea
verticale del mezzogiorno, ovvero dell’ora sesta, siano marcati con i numeri 4 e 5. Questo, però, non giustifica il
mio intervento qui, perché le linee, così come sono possono essere attribuite ad
un orologio medievale o ad un abbozzo di ora astronomica. È la data incisa nella
porzione superiore, che desta i miei (e non solo) più grossi sospetti, ed in
particolare modo un numero: il quattro. È sulla grafia di quella cifra che si bloccano
tutte le mie certezze. Nel secolo XV il quattro non si scriveva in quel modo, ho consultato molte fonti, e tutte mi hanno dato
un’immagine del quattro ben diversa: in sostanza questa “
1
4
”. Come è possibile costatare a pagina 425 del Cappelli, 1 la foggia del
A. CAPPELLI , Dizionario di Abbreviature Latine ed Italiane - Lexicon Abbreviatarum, Milano 1990.
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quattro come appare nell’orologio di Aosta è assai più moderna e nota solo attorno al secolo XVIII (fig. 1). Ma sempre il Cappelli
nella pagina successiva mostra varie fogge di un secondo numero: il 5 (fig. 2). Questo appare, con sorpresa, graficamente molto
somigliante al quattro del nostro orologio.
Le possibilità, quindi, sono molteplici: 1) l’orologio è autentico, datato 1417, e io sto sbagliando tutto (il ché può ben essere
probabile), 2) l’orologio è autentico ma datato 1517, 3) l’orologio è opera truffaldina (come credo), 3) è falsa solo la parte superiore,
scolpita in un secondo momento per farne aumentare il prezzo. Spero vivamente che qualcuno possa contraddirmi e darmi maggiori
speranze.
Mario Arnaldi, Ravenna
Nota sulla “bussola solare” di Renzo Nordio. (N° 4 di Gnomonica- Pag. 27)
Il collega Nordio ha costruito una bussola solare, un piccolo gioiello, corredando la sua comunicazione con un accurato
disegno - progetto. E’ un’idea brillante, che per di più offre il vantaggio di controlli plurimi, e non solo durante la stessa
giornata.
Ritengo che sia utile, tuttavia, segnalare ai lettori che la sua idea ha avuto almeno un predecessore. Può darsi che
qualche collega, più ordinato di me nella ricerca dei “metodi”, ne trovi altri, precedenti a quello che ho trovato io (il solito
Clavio? quando mai l’avrò letto tutto? È noioso, maledettamente soporifero). Ma accontentiamoci, per ora. Si tratta del
Padre Gesuita Giulio Fuligatti da Cesena e del suo libro Degli Horiuoli da Sole – Ferrara MDCXVI: a pag. 16 si legge:
Quarto modo di inuestigar la meridiana con vn stromento.
Fatto vn horiuolo orizzontale sopra vna tavoletta, ed in esso tirati gli Archi diurni, a quali sieno applicati i segni, come si
dice nel primo cap. della 4. parte: se questa tauoletta si applicarà sopra vn piano orizzontale illuminato dal sole in modo,
che le parti del mondo in essa notate riguardino almeno in commune le vere parti del mondo (l’espressione equivale a
dire: almeno approssimativamente i punti cardinali), e la faccia, doue è lo stile, sia posta con l’Archipendolo parallela
all’orizzonte, e poi si giri tanto, che la punta dell’ombra dello stile dia nel parallelo, nel quale, in quel giorno, che si
osserva l’ombra, si ritroua il sole, come per essempio nel punto O; dico che la meridiana è l’Equinottiale, ouero il vertical
vero, che ad esso è parallelo stà nella sua positura: laonde notando nel piano orizzontale sopra il quale è posta la
tavoletta, vna parallela alla meridiana sarà la vera meridiana, ed vna parallela all’Equinottiale sarà il vero verticale, il
quale allongato finché tagli la linea orizzontale del muro, ò vna parallela ad essa, ci darà l’angolo della declinazione.
Ecc..
Il tutto è illustrato con una xilografia, che non è il caso di riprodurre; si tratta di un orologio orizzontale con le curve di
declinazione assai estese, ma con l’indicazione della sola linea meridiana.
Nordio utilizza invece un orologio verticale, ma il principio del funzionamento è il medesimo.
Qualcosa di simile, ma più elementare e grossolano, si trova anche nel testo del Richer: La gnomonique universelle
ecc.. edito a Parigi nel 1701. Meriterebbe forse di trattarne in un articolo più esteso, che esamini organicamente i vari
metodi escogitati nel tempo per trovare la linea meridiana.
Alessandro Gunella, Biella
ERRATA CORRIGE
Il testo dell’articolo ” OROLOGI SOLARI VERTICALI CON LA GEOMETRIA ANALITICA” pubblicato su
Gnomonica n°4, nella parte che riguarda la lemniscata, richiede la seguente rettifica in basso a pagina 19. Grazie per
l’attenzione e scusatemi. Riccardo Anselmi
Errata
A = q2 + T ⋅ q2

2
 B = q ⋅ (S ⋅ q − 2 ⋅ T ⋅ P )
 C = q 2⋅ ( T ⋅ P 2 + U )

Corrige
A = q2 + T ⋅ p2

2
 B = q ⋅ (S ⋅ q − 2 ⋅ T ⋅ p )
C = q 2 ⋅ ( T ⋅ p 2 + U )

Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 10
Alcune note in merito all'articolo "S. Lucia : l'ombra più corta che ci sia ! " pubblicato nel n. 3 di
GNOMONICA.
Gianni Ferrari, Modena
Ho letto con molto piacere l'articolo di Nicola Severino e sono stato in particolar modo interessato dalle numerose citazioni di vecchi
autori - che sempre rendono stimolanti gli articoli di Nicola - e le ipotesi presentate.
Il fatto che i proverbi riguardanti S. Lucia siano nati e si siano diffusi nel periodo precedente la riforma gregoriana è noto già da molti
anni come si può leggere non nei libri e nelle riviste di astronomia - che poco spazio hanno per parlare del calendario e dei Santi ma nei volumi che trattano espressamente questi argomenti come, per citarne solo due fra i più recenti, il "Calendario" di Alfredo
Cattabiani -1988, (oggi molto popolare) e il "Dizionario dei Proverbi" - Collana BUR - Ed. Rizzoli
Per quanto riguarda l'epoca in cui si presume che siano nati i succitati proverbi, i periodi ipotizzati nell'articolo mi sembrano
verosimili e corretti se si parte dall'ipotesi che "tali proverbi dovrebbero aver avuto una origine dotta anziché popolare".
Vorrei però proporre una diversa ipotesi.
La determinazione dell'istante esatto del Solstizio Invernale, e anche del giorno esatto in cui esso cade, richiede, senza l'utilizzo di
moderni strumenti, osservazioni sistematiche molto precise e calcoli abbastanza complicati che, nel periodo a cui ci riferiamo (dal
1000 al 1500) , potevano essere fatti solo da studiosi di astronomia come quelli citati nell'articolo di Severino.
Questa difficoltà si può comprendere molto bene se si confrontano i valori ottenuti dagli studiosi antichi, riportati nell'articolo, con
quelli che si possono leggere in una moderna tavola dei Solstizi 2 - ovviamente corretti per la differenza in longitudine . Da questo
confronto si ricava che tutti i valori antichi sono in parte errati con differenze che vanno dalle sole 3h per Tycho (1584) , alle 6-7h per
Padovani (1577) , sino a giungere alle 10h di Bacone (1267) e alle 24h di Al Battani (882).
È da notare che anche l'Equinozio di primavera del 325 - considerato come punto fisso per tutto il medioevo e il rinascimento per il
calcolo della Pasqua - è errato per circa 12h in quanto non avvenne il 21/3 ma il 20/3 verso le ore 14h. (tempo di Nicea)
Anche se la ricerca dell'istante esatto del Solstizio è difficile, lo è molto meno la determinazione del valore approssimato del giorno
in cui esso cade.
Attraverso l'osservazione quotidiana del Sole, del punto in cui esso sorge, dell'altezza massima e della lunghezza dell'ombra di un
oggetto, anche la gente comune (culturalmente non provveduta) può trovare l'istante del Solstizio con una approssimazione che
Giuliano Romano nel suo libro "Moderna Archeoastronomia" reputa compresa fra 3-5 giorni. Io propendo per il limite più alto.
Si può quindi ipotizzare che la data del Solstizio possa essere stata ottenuta, nelle diverse epoche, dalla comune gente contadina
attraverso l'osservazione dei fenomeni naturali, dal confronto della posizione del Sole con gli oggetti del panorama familiare e con
l'aiuto della tradizione secolare di queste "osservazioni".
Non è difficile immaginare un contadino che, tornato a casa al suono della campana del vespro, guarda il Sole che tramonta e ne
traguarda il bordo con un albero lontano sul podere o che, a mezzogiorno, osserva l'allungarsi dell'ombra del camino di casa sull'aia
di terra battuta.
Non è difficile pure immaginarlo attendere l'arrivo della festa di S. Lucia cercando i giorni in cui lo spostamento del Sole al tramonto
sembra cessare.
In considerazione poi dell'importanza della festività di S. Lucia, ultima prima del Natale, il cui culto si diffuse nel medioevo nell'intera
Italia e in Europa assumendo in alcune zone (Austria, Cecoslovacchia, Svezia) anche una funzione solstiziale - come il Bambin
Gesù, S. Nicola, ecc. - si può quindi ipotizzare che i proverbi abbiano avuto una origine popolare molto antica risalente al periodo in
cui le "comuni" osservazioni portarono a far "coincidere" il giorno del solstizio con la festa della Santa.
Il periodo che ipotizzo e quindi quello in cui il Solstizio Invernale cadeva nell'intervallo 13 ± 3-5 giorni , cioè fra l'11 e il 16-18
Dicembre 3, periodo che ha inizio verso il 650 - 850d. C.
Per quello che riguarda poi i proverbi "che denunciano un esiguo allungamento del giorno per S. Lucia" non concordo con quanto
scrive Giovanni Albertini che "essi contengono un preciso riferimento alla frazione di tempo di cui aumentava la durata della
illuminazione solare tra l'11-12 dicembre e il 13 ... "
Infatti , come si può facilmente calcolare, questo allungamento non era in alcun modo apprezzabile e misurabile a quei tempi
essendo inferiore ai 10 sec.. È più probabile che anche questi proverbi rientrino nella incertezza della determinazione del giorno dei
solstizi e che le date "accertate e accettate " in alcune regioni differissero da quelle di altre.
2
3
Vedere "Astronomical Tables" di J. Meeus - William Bell Inc. -1983
Non ho ovviamente considerato il valore inferiore perché non si è mai avuto
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 11
Diverso infine è il caso del gruppo di proverbi del tipo "Da S. Lucia a Natale il dì cresce di una spanna" - compreso il modenese "A
Nadél un pas d'agnel" cióe "A Natale un passo di agnellino" - in quanto in 12-14 giorni dal Solstizio il giorno ha un allungamento di
circa 7-8 minuti e lo spostamento dell'istante del tramonto di circa 14 m rispetto al giorno in cui il Sole cala prima (9 Dicembre)
------------------------------------------------------------------------------Per evidenziare la difficoltà della determinazione del giorno del Solstizio Invernale riporto in tabella :
nella prima riga i valori delle grandezze al Solstizio e nelle altre le differenze fra i valori delle grandezze nei giorni indicati e quelli
al Solstizio.
Altezza Sole
Al Solstizio
3 giorni dopo
5 giorni dopo
14 giorni dopo
24°,597
2'.43
6'.34
46'.33
Ombra di un
edificio alto
10m
21.845 m
4.1 cm
10.6 cm
75.6 cm
Azimut Sole al
tramonto
Ora alba
Ora tramonto
Lunghezza del
giorno
58°.70
3'.83
9'.80
76'.37
7.4158h
1.33 min
2.03 min
3.31 min
16.531h
1.69 min
2.99 min
10.40 min
9.1156h
22 sec
58 sec
7m 5sec
Occorre ricordare che il potere separatore dell'occhio nudo è di circa 2 ' , che l'ombra di un edificio alto 10m non termina
nettamente ma con una zona di penombra avente una larghezza di circa 50 cm (nel caso in esame) e che il valore della rifrazione in
prossimità dell'orizzonte varia molto con le condizioni atmosferiche.
------------------------------------------------------------------------------Nella tabella sono riportati i periodi in cui il giorno del Solstizio Invernale cadde nei diversi giorni del mese di Dicembre
Solstizio Invernale
Sempre il 18
il 17 e il 18
Sempre il 17
il 16 e il 17
Sempre il 16
il 15 e il 16
Sempre il 15
Dal
650
691
790
831
931
971
1071
Al
690
790
830
930
970
1070
1110
Solstizio Invernale
il 14 e il 15
Sempre il 14
il 13 e il 14
Sempre il 13
il 12 e il 13
Sempre il 12
l' 11 e il 12
Dal
1111
1201
1251
1351
1401
1490
1531
Al
1200
1250
1350
1400
1490
1530
1581
------------------------------------------------------------------------------NOTE - Sarebbe interessante verificare quanto la pubblicazione di Calendari e Almanacchi - iniziata verso il 1500 - abbia influenzato
la diffusione dei proverbi come quelli di cui ci stiamo interessando e se questi proverbi erano già riportati in questi primi Almanacchi
Sarebbe pure interessante sapere se nei paesi nordici e slavi ci sono proverbi analoghi che tengono conto del fatto che la riforma del
calendario fu introdotta in questi paesi molto più tardi (Inghilterra- 1752 , Svezia-1753 , Russia-1918)
Angelo Giuseppe, Milano – Nicola Severino
I LEPINI Periodico mensile della XIII Comunità Montana “Monti Lepini” della Regione Lazio, Giugno 1999
Giuseppe Jannicola, Teodosio Rossi da Priverno al Quirinale
“…Teodosio Rossi nasce a Priverno…Nipote di quel Luzio Rossi giureconsulto e scudiero apostolico di Sua Santità, si
trasferisce in Roma, vi consegue la laurea “in utroque”, e si applica allo studio delle scienze matematiche e
astronomiche sotto la guida del celebre astronomo Cristoforo Clavio di Bamberga… Al suo impegno creativo
appartiene anche un altro non meno celebre orologio, conosciuto come “Horihomo di Teodosio Rossi da Piperno per il
quale ogni huomo standone al sole per l’ombra sua propria, o altra puol conoscere l’hore tutto l’anno”. La notizia è
apparsa su “Almanacco Perpetuo di Rutilio enincasa, stampato in Venezia nel 1681. Grazie ad una fotocopia
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 12
dell’originale, fornita dall’ing. Riccardo D’Atino, si rileva che Teodosio aveva dato alle stampe questo lavoro nel 1590
e lo aveva dedicato a Onorato Caetani Duca di Sermoneta, sotto la data del 25 febbraio di quell’anno…”
Queste interessanti notizie sembrano provenire da una rivista specializzata di Gnomonica, non certo da un semplice
bollettino di una Comunità Montana. L’autore di questo articolo, Giuseppe Jannicola, è sconosciuto al pubblico
gnomonico e testimonia come quanti appassionati ci siano in Italia che si prodigano alla divulgazione di questa
affascinante disciplina. In ben cinque pagine, Jannicola ci regala interessanti notizie su Teodosio che è meno famoso del
suo stesso orologio sopravvissuto nei giardini del Quirinale a Roma. L’autore stesso menziona che tale strumento è
stato oggetto di approfondito studio da parte dell’ammiraglio Girolamo Fantoni, ma non fa una parola della Sezione
Quadranti Solari, dell’UAI e dei Seminari che pure hanno 9 anni di vita! Evidentemente elgi è fuori dal giro delle
nostre conoscenze; inoltre, egli cita alcune meridiane di Priverno senza fare parola del censimento nazionale della SQS
e ciò conferma quanto detto poc’anzi. Interessante è la sua proposta, avanzata al sindaco di Priverno, di far fare una
copia dell’originale orologio di Teodosio presente nel Quirinale e collocarlo nel parco del castello di S. Martino. (N.S.)
SPUREN DER SONNE IN OSTTIROL
By Heinrich Stocker, Gnomonicae Societas Austriaca
In 12 pagine viene presentato un bel resoconto, con foto a colori, dei principali orologi solari censiti nel sud-Tirolo,
compresa una mappa con indicate le località in cui sono stati trovati i quadranti solari. Ringrazio Karl Schwarzinger per
averci spedito questo splendido opuscolo.
AstronomiA UAI, n. 5 sett-ott 1999, pp.3-6, Come ombra la luce: orologi solari senza gnomone,
Mario Catamo e Cesare Lucarini.
Da quando sono apparsi sul mercato i CD audio, avevo sempre pensato che con quei strani ed affascinanti “dischi” si
potessero fare due cose: o sentire della buona musica, o giocarci al computer (poi ho scoperto che per terza cosa si
potrebbero appendere al muro...). Mai e poi mai, avrei pensato (e come me forse molti altri) che un giorno qualcuno li
avrebbe usati come orologi solari! Sembra però che Mario Catamo e Cesare Lucarini ci siano riusciti, e molto bene
anche. Ciò mi fa particolarmente piacere per un’altro motivo. Quando nel 1994 mi occupai di gnomonica kircheriana,
mi resi conto di come un gesuita del XVII secolo si prodigava nel cercare di dare un tocco di fantasia artistica all’arido
panorama geometrico di cui la gnomonica era impregnata. Una voce nel deserto, un faro su un’isola in mezzo al mare la
cui luce non fu avvertita da nessuno, almeno fino a pochi anni fa.
Mi rallegra, quindi, l’idea che recentemente molti appassionati gnomonisti hanno riscoperto il “gusto” della
“gnomonica artistica” per la quale, oltre alla normale padronanza in materia, occorre davvero una notevole vena
artistica, gusto e fantasia a volontà. In questo caso, i due autori hanno dimostrato di possedere tutto ciò. Ed ecco che lo
spirito kircheriano aleggia di nuovo, dopo tre secoli, sulla gnomonica moderna. Certo, i metodi ed i materiali sono
cambiati un po'... ma non lo spirito, ed è questo che più mi affascina nel lavoro, davvero originale, presentato dagli
autori. Un comunissimo CD rom o CD audio che, nelle opportune mani, diventa oggetto di misurazione del tempo a
mezzo non dell’ombra di uno gnomone (che non c’è), ma della pura luce solare: qualcosa che ha a che fare direttamente
con Newton! Si tratta, infatti, di uno speciale gnomone fantasma (i solchi del CD) che genera una riga di diffrazione
colorata e bellissima. Nelle opportune posizioni gnomoniche (orizzontale, verticale o equatoriale) scelte per il CD, e
collocando l’osservatore in posizione perpendicolare al centro del disco, tale riga incredibile, ma vero! indica
direttamente l’azimut (e quindi l’ora) del sole...
Beh, almeno quando ci capita qualche CD dalla musica noiosa, ora sappiamo cosa farne...
Un bel complimento agli autori di siffatta idea dalla redazione di Gnomonica. (N.S.)
L’Astronomie , Revue mensuelle fondée par Camille Flammarion en 1882. Vol. 113, juin 1999, pp. 168-171
Denis Savoie, Le “noveau” cadran solaire de l’Observatoire de Juvisy
L’autore ricostruisce in quattro pagine la storia dell’orologio solare verticale realizzato sull’Osservatorio Astronomico di Camille
Flammarion a Juvisy. Questa meridiana fu costruita nel 1910 dall’architetto Daniel Roguet. Alla fine degli anni ’60, però, l’orologio
versava già in un cattivo stato di conservazione, tanto che la Société Astronomique de France, decise di effettuare un primo
restauro. Il compito fu affidato a Daniel Roguet, nel 1972, ma nel 1997 si è reso necessario un secondo intervento che è appunto
l’oggetto dell’articolo di Savoie. Per gli interessati, a pag. 171 viene presentato un estratto dell’articolo di Daniel Roguet “Le cadran
solaire dell’Observatoire Flammarion de Juvisy”, pubblicato dalla SAF nell’ottobre 1912.
Nella terza e quarta di copertina di questo stesso numero viene presentata un’anteprima di un prossimo articolo sull’orologio solare
monumentale di Piazza della Concordia a Parigi, dove per gnomone sarà utilizzato il gigantesco obelisco della piazza stessa. (N.S.)
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 13
RECENSIONI
Due volumi per gli appassionati del calcolo degli orologi solari
FERRARI Gianni RELAZIONI E FORMULE PER LO STUDIO DELLE MERIDIANE PIANE
250 pag. formato 21x29.7 cm - 243 fig. - 81 esempi - 1998 - L. 80000
Pubblicato in proprio e distribuito dall'autore : Ing. Ferrari Gianni - Via Valdrighi 135
41100 Modena Email : [email protected]
SAVOIE Denis
GNOMONIQUE MODERNE
256 pag. formato 15.5x24 cm - 78 fig. - 1997 - 190 FF
Pubblicato dalla Société Astronomique de France (SAF) 3, rue Beethoven 75016 Paris
http://www.iap.fr/saf/
Ho riunito in questa recensione i due volumi indicati perché, nonostante appaiano molto diversi - uno in
italiano pubblicato in fotocopia, l'altro in francese pubblicato in edizione rilegata dalla Société Astronomique
de France - hanno molte caratteristiche in comune.
Entrambi infatti
sono dedicati al calcolo degli orologi solari, sviluppano i vari argomenti attraverso
formule, grafici e rappresentazioni geometriche, si rivolgono agli appassionati progettisti calcolatori e
contengono numerosi esempi di calcolo.
Mentre il volume di Ferrari ha un carattere più "didattico" in quanto sia gli argomenti più semplici che
quelli più complessi sono svolti in modo esauriente, completo e documentato da un numero molto grande di
disegni e grafici originali, il libro di Savoie presenta la problematica gnomonica in modo più generale e
teorico lasciando spesso al volonteroso lettore lo svolgimento dei casi particolari.
Per i temi affrontati, ovviamente fatti salvi i più comuni o ovvi, si può dire che i due volumi siano quasi
complementari in quanto trattano e approfondiscono un’area quanto mai estesa di argomenti diversi, molti
dei quali non si possono ritrovare in nessun testo reperibile oggi nella bibliografia internazionale.
Questi argomenti sono in sintesi :
nel libro di Ferrari : i legami fra le diverse ore antiche e moderne ; la raccolta di quasi tutti i metodi
grafici per il tracciamento delle linee; la ricerca di elementi incogniti in meridiane incomplete o da
restaurare - con diversi metodi originali ; la descrizione di molti procedimenti per la ricerca
dell'orientamento di una parete; la spiegazione dell'analemma di Vitruvio; la geometria della sfera e le
sue applicazioni; lo sviluppo in serie dell'equazione del tempo e della declinazione del Sole; una serie di
questioni diversi come l'effetto della rifrazione, le linee orarie siderali, le ore delle preghiere islamiche,
ecc.
nel libro di Savoie : i limiti del funzionamento di un orologio piano; le meridiane a proiezione
stereografica (l'acquisito del volume sarebbe giustificato anche da questo solo capitolo) ; le meridiane
cilindriche e bifilari; la località equivalente di meridiane piane; ecc.
In conclusione a mio parere i due volumi non sono due nuovi trattati generali sugli orologi solari, da leggere
completamente dall'inizio alla fine; devono essere piuttosto considerati come manuali di consultazione a cui
riferirsi nell’attività dello gnomonista in genere, ma soprattutto quando si vogliono approfondire argomenti
o compiere studi particolari.
Essi non solo dovrebbero far parte della biblioteca di ogni gnomonista "calcolatore" ma anche essere presenti
in quelle dei circoli di Astrofili e dei Planetari pubblici per invogliare i giovani appassionati del calcolo (e
dei calcolatori) ad avvicinarsi allo studio e al progetto degli orologi solari.
Enrico Del Favero, Milano
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 14
OROLOGI SOLARI DIPINTI NEL CHIOSTRO DEL CONVENTO DI SAN DOMENICO A TAGGIA.
Mario Arnaldi, Ravenna
Descrivendo un particolare orologio solare dipinto in un convento ligure, l’autore si propone di chiarire alcuni lati sconosciuti della
misurazione del tempo durante il medioevo.
Descrizione degli orologi solari.
Nel medioevo e nel rinascimento, Taggia fu un importante centro urbano della Liguria di ponente, posta al crocicchio delle più
importanti vie di comunicazione di allora. Oggi, con la crescente urbanizzazione delle località vicine, si è ridotto ad essere un piccolo
paese posto fra i monti e il mare. I romani chiamarono la zona Tabia fluvius e nel medioevo la città accrebbe ancor più la sua
importanza strategica. I monaci benedettini fondarono nella zona molte chiese e dettero il via alle note coltivazioni dell’ulivo e alla
cura dei boschi di castagni sulle vicine pendici montane. I loro monasteri furono distrutti e razziati più volte dalle scorribande dei
pirati africani. Alla fine, il cenobio benedettino abbandonò definitivamente Taggia, ma la città continuò a mantenere la sua
importanza fino a tutto il rinascimento, e nel secolo XV un nuovo bisogno di fede mosse i frati Domenicani a fondare un nuovo
edificio religioso appena fuori le mura cittadine.
Nel chiostro del convento, la cui chiesa fu consacrata nel 1490, furono dipinti, fra gli inizi del ‘500 e i tre secoli successivi, sei orologi
solari: uno piccolo, rivolto ad Est (ore italiche), due esposti ad
Ovest sulla parete della chiesa (oggi pressoché scomparsi), e il
gruppo più interessante sulla parete Sud del dormitorio (fig. 1).
Quest’ultimo gruppo si compone di tre orologi solari: due,
sovrapposti l’uno all’altro, nella parte superiore (ore italiche e ore
planetarie con notazioni dei tempi canonici) e uno nella parte
inferiore (ore oltramontane). Purtroppo circa venticinque anni fa
l’intera decorazione parietale del convento subì un maldestro
restauro, e molte cose furono alterate, e per riportare tutto al
probabile stato originario è stato necessario svolgere un gran
lavoro di ricerca.
L’insieme degli orologi nel chiostro fu, in passato, di grand’utilità
per il convento stesso. Negli anni in cui i quadranti della zona
superiore furono dipinti, in Italia si contava il tempo in
ventiquattro ore, iniziando dal tramonto; senza dubbio, però, la
Chiesa si basava ancora sul computo antico, e questa è la
ragione per cui i frati sovrapposero il reticolo delle ore
Temporarie a un orologio Italico. Il terzo quadrante fu costruito
più tardi; Napoleone impose, infatti, in tutta Italia, il modo
oltramontano di contare le ore, e naturalmente anche i frati
Taggesi non poterono esimersi dal sottomettersi alle nuove leggi.
Non descriverò gli orologi in queste pagine, ho già affrontato
quest’argomento, 4 e neppure entrerò nella disputa sulle ore
Planetarie e Temporarie, al momento la cosa non interessa
questo studio. Esporrò, invece, i lati sconosciuti del computo
medievale delle ore Canoniche, che ci rivela uno degli orologi
solari del gruppo in questione: quello che porta in alto la scritta
“Hor. Planetarium vel Canonicum”.
Le sue linee orarie sono numerate secondo la classica sequenza
Fig. 1: Il gruppo di orologi solari a Taggia dopo il restauro del 1996.
antica da zero (ipotetico) a dodici, e, quando queste coincidono
con i tempi della preghiera, sono segnalate con le lettere iniziali
dell’Ufficio Divino (T S V C). Osservando bene l’orologio, però, non possiamo fare a meno di notare una cosa curiosissima. Sotto la
linea meridiana, dipinta come una freccia che mira verso il basso, ci sono scritte: la prima è la parola meridie (mezzogiorno), la
seconda è la cifra 6, in altre parole il numero dell’ora Temporaria relativa al mezzodì, la terza è parola Nona posta subito sotto alle
altre, e che si riferisce espressamente all’Ufficio di Nona. Sembrerebbero tutte incongruenze, tali da poter sviare qualcuno con
estrema facilità, ma nei tre termini non c’è nulla di sbagliato – e vedremo poi perché - essi altro non sono sono sinonimi di un unico
momento astronomico: il passaggio del sole al meridiano locale.
Tutti sappiamo che l’Ufficio di Nona prende il suo nome dall’omonima ora del giorno, durante la quale si cantava la preghiera del
pomeriggio. Effettivamente, oltre ai Vespri, la Compieta, il Notturno e le Laudi mattutine, è proprio dalle principali ore del giorno
4
Mario Arnaldi, Orologi Solari a Taggia - antiche conoscenze del tempo tra scienza e costume", Taggia, 1996.
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 15
antico che presero nome le varie preghiere dell’Ufficio Divino: Prima, Terza, Sesta e Nona. Perché, dunque, s’incontra sotto la linea
oraria del mezzogiorno anche l’indicazione di un’ora canonica che dovrebbe celebrarsi ben tre ore dopo?
In questo studio saranno presentate una serie di considerazioni, basate sulla lettura delle Cronache antiche, e che mi aiuteranno a
chiarire questo apparente contrasto.
Le ore Canoniche della preghiera
Mentre i primi monaci d’Egitto e del medio Oriente avevano solo due momenti di orazione collettiva, il mattino e la sera, San
Benedetto da Norcia (secolo VI) ordinò ai suoi seguaci di pregare in comune sette volte al giorno (Mattutino, Prima, Terza, Sesta,
Nona, Vespro e Compieta) e una durante la notte (Vigilia ovvero Notturno). Tutto quel che abbiamo finora scritto potrà sembrare
strano; perché nelle sette ore diurne sono inclusi anche i Vespri e Compieta che erano notoriamente ore notturne? Come ripetuto in
moltissimi testi il Vespro prende nome dalla “stella” più brillante visibile all’orizzonte all’inizio del crepuscolo, quindi, per definizione si
riferisce alla dodicesima ora, 5 mentre Compieta cadeva circa un’ora dopo. Benedetto, però, anticipò queste due preghiere facendole
diventare diurne. Nel capitolo 46mo della Regula egli scrisse che, dalla Quaresima fino a Pasqua, i monaci avrebbero dovuto
mangiare solo dopo Vespro, ma la medesima funzione si sarebbe dovuta celebrare in tempo debito per non usare le candele. E
quest’anticipazione, per ordine del santo, dovevasi fare tutto l’anno, sia nei giorni di digiuno, sia in quelli normali.6 Seguendo le
indicazioni di Benedetto comprendiamo anche che la Compieta dovevasi recitare quando la luce non era totalmente scomparsa.
Questa prima e veloce analisi spiega perché nell’orologio di Taggia le lettere V (Vespro) e C (Compieta), come tutte le altre
d’altronde, siano così anticipate rispetto a quel che dovrebbe essere la logica.
Il fondatore della famosa Regola monastica scrisse molto chiaramente anche sull’Ufficio della nona ora mentre prescriveva il tempo
del pranzo per ogni epoca liturgica. Nel capitolo 41mo si legge: “Che i fratelli pranzino a Sesta e cenino a sera da Pasqua fino alla
Pentecoste. Dopo la Pentecoste digiunino tutta l’estate il mercoledì e il venerdì fino a Nona”, 7 e ancora: “I fratelli pranzino sempre a
Nona dal 13 di settembre fino all’inizio di Quaresima”.8 Quindi, per la maggior parte dell’anno i monaci non potevano toccare cibo
prima di Nona (scrivo Nona e non nona ora perché è bene distinguere sempre le ore Temporarie dai tempi delle Ore Canoniche), e
nel capitolo 48mo il Santo precisò, in modo insindacabile, l’esatta ora in cui cantare quest’Ufficio: “ E si celebri Nona un poco prima,
vicino alla metà dell’ottava ora”; cioè, un’ora e mezza dopo mezzogiorno.
Anticipazione della Nona.
Già da secolo VI la celebrazione di Nona fu, perciò, sostanzialmente anticipata,9 e lentamente la preghiera canonica giunse a
sovrapporsi al mezzogiorno astronomico. Di questo fatto abbiamo evidenza in molti idiomi europei, soprattutto nell’inglese e nel
tedesco dove il passaggio del sole al meridiano prende il nome di "Noon", "Noon tide", e "Nonzeit".10
Sappiamo che in Germania questo costume si consolidò nel secolo XIII, 11 e possiamo arguire che accadde lo stesso anche in altri
Paesi europei.12 È credibile immaginare che in Italia questo processo iniziasse molto prima, ma non è facile trovare documenti per
provarlo con certezza. Uno dei più importanti testimoni dello spostamento delle Ore nella liturgia cristiana è il sommo poeta Dante
Alighieri. Fra il 1304 e il 1307, l’autore della Divina Commedia scrisse il Convivio, o Convito, nel quale si parla della filosofia e della
scienza del suo tempo. Nel terzo trattato di quest’opera, egli scrisse sulle ore Canoniche comparandole con quelle equinoziali, o
uguali, 13 ma il capitolo 23 del quarto trattato è quello che si presenta più interessante al nostro studio. Nei paragrafi 15mo e 16mo
scrisse:
5
Venere, che porta il nome di “Lucifero” quando si vede di mattino, quando appare la sera è chiamata “Vespero” o stella Diana, per questo vespro
è spesso detto anche Doduecima hora.
6 "In Quadragesima vero usque ad Pascha ad Vesperam reficiant. Ipsa tamen Vespera sic agatur, ut lumine lucerna non indigeant reficientes, sed
luce adhuc diei omnia consumentur. Sed et omni tempore sive coena, sive refectionis hora sic temperetur, ut cum luce fiant omnia".
7 "A sancto Pascha usque ad Pentecostem ad Sextam reficiant Fratres, et ad seram coenent. A Pentecoste autem, tota Aestate ... quarta et sexta
Feria jejunent usque ad Nonam".
8 "Ab Idibus autem Septembris usque ad caput Quadragesima ad Nonam semper reficiant".
9 Nel centro Italia un’ora e mezza Temporaria equivale in Estate a quasi due ore equinoziali, in Inverno, invece a circa un’ora equinoziale, molto
vicino quindi al mezzogiorno.
10 Gustav Bilfinger, Die Mittelalterlichen Horen und die Modern Stunden, Stuttgart, 1892.
11 Karlheinz Schaldach, Vertical Dials of the 5 - 15th centuries, in BSS Bulletin, 96.3, 1996, p. 36.
12 W. Rothwell, “The hours of the day in Medieval French”, in French Studies 13, 1959, pp. 24-51.
13 Dante Alighieri, Convivio, T. 3, VI.
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 16
“Intorno a le parti del giorno è brievemente da sapere che, sì come detto è di sopra nel sesto del terzo trattato, la Chiesa
usa, nella distinzione delle ore, [le ore] del dì temporali, che sono in ciascuno die dodici, o grandi o piccole, secondo la
quantitade del sole; e però che la sesta ora, cioè lo mezzodie, è la più nobile di tutto lo die e la più virtuosa, li suoi offici
appressa quivi da ogni parte, cioè da prima e di poi, quanto puote. E però l'officio de la prima parte del die, cioè la terza,
si dice in fine di quella;14 e quello de la terza parte e de la quarta si dice ne li principii.15 E però si dice mezza terza, prima
che suoni per quella parte; e mezza nona, poi che per quella parte è sonato; e così mezzo vespero. E però sappia
ciascuno che, ne la diritta nona, sempre dee suonare nel cominciamento de la settima ora del die”.16
Da ciò sappiamo, e ne siamo certi, che nel secolo XIV (ma sicuramente già nel sec. XIII) in Italia la Chiesa recitava la Nona sempre
a mezzogiorno, o molto vicino ad esso, e allo stesso tempo Vespro fu anticipato alla nona ora. Il passo dantesco che abbiamo qui
riproposto è pressoché unico nella storia letteraria e scientifica medievale. Non solo testimonia l’uso ecclesiastico di dividere il giorno
in quattro “parti” dette Terza, Sesta, Nona e Vespro,17 ma è un rarissimo e chiaro documento sulla divisione del giorno in ottavi:
mezza Terza, Terza, Sexta (?), Nona, mezza Nona, Vespro, mezzo Vespro (fig. 2).18
Ma mentre sembra di capire
dalle parole del Poeta che
DIVISIONE DEL GIORNO SECONDO DANTE ALIGHIERI,
questa consuetudine fosse
SECOLO XIV
solo della Chiesa, altri autori
e cronisti testimoniarono nei
loro scritti una comune
abitudine. Così, la gente
diceva sia Nona sia “ora
sesta”
per
riferirsi
al
mezzogiorno, Tertia per la
terza o talvolta la seconda
ora del mattino, e Vespera in
riferimento al pomeriggio o
alle ore serali. Si utilizzava la
terminologia abituale solo
quando era necessaria una
maggiore precisione.
Testimonianze letterarie
Non solo Dante, però, parlò della
Fig. 2
percezione del tempo; qui di seguito esporrò alcuni esempi letterari che potranno mostrarci senza dubbi qual era la
posizione temporale della Nona nella liturgia ecclesiastica. Boccaccio nel suo Decameron usò spesso indicazioni temporali, per
esempio, nel terzo racconto dell’ottava giornata scrisse:
“...e tutto il rimanente di quella mattina consumò (Calandrino) in cercargli (Bruno e Buffalmacco).Ultimamente, essendo
già l'ora della Nona passata, ricordandosi egli che essi lavoravano nel monistero delle donne di Faenza, quantunque il
caldo fosse grandissimo.../ (dopo un po’ Bruno parla con Buffalmacco e dice) ...A me pare che Calandrino dica bene. Ma
non mi pare che questa sia ora da ciò (passata l‘ora della Nona), per ciò che il sole è alto...”.19
Boccaccio spiega che Calandrino, consumò tutta la mattinata in cerca dei suoi amici, trovati soltanto all’ultimo minuto (ultimamente),
cioè, passata la Nona. Bruno e Buffalmacco stavano ancora lavorando nonostante il gran caldo e il sole alto in cielo. Se la Nona si
fosse recitata alla metà del pomeriggio, come potevasi parlare di fine della mattina? Non v’è dubbio alcuno che il tempo in questione
è vicinissimo al mezzogiorno.
Molti altri passaggi possono essere chiarificatori per la nostra ricerca; vediamoli. Nel proemio della prima giornata sta scritto:
“ Non era di molto spazio sonata nona ... e quivi sentendo un soave venticello venire, sì come volle la lor reina, tutti
sopra la verde erba si puosero in cerchio a sedere, a' quali ella disse così: - Come voi vedete, il sole è alto e il caldo è
grande, né altro s'ode che le cicale su per gli ulivi ...”, ma ancor più chiara è la decima storia della sesta giornata, colui
che viene chiamato a raccontarla dice: “Né vi dovrà esser grave [il racconto], perché io, per ben dire la novella compiuta,
alquanto in parlar mi distenda, se al sole guarderete, il quale è ancora a mezzo il cielo”. In una novella di Anton
Francesco Grazzini detto il Lasca (secolo XVI) si racconta: "Mona Mea e la figliola l'altra mattina a una grand'otta (cioè,
14
15
Quando l’ombra dello gnomone è sulla terza linea.
Nona, allo scadere della sesta ora e Vespro allo scadere della nona ora.
16
In altre parole Dante conferma il suono della campana di Nona esattamente a mezzodì.
17
In tempi più antichi le parti erano solo tre: mane, meridie, e suprema. Mane andava alba fino alla quarta ora, Meridie da qui fino all’ottava ora, e
Suprema dall’ottava fino al tramonto. Vedi Beda il venerabile e Isidoro di Siviglia.
18 Sui significati delle mezze ore del sistema in ottavi tornerò in futuro. Vedi anche F. D’Ovidio, “Qual’è il preciso significato della dizione Mezza
Terza?”, in Opere, V. XIII, Roma 1929, pp. 204-22.
19 Boccaccio, Decameron, Giornata 8, nov. III.
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 17
di buon ora) si misero in via, e in su la nona arrivarono [...] dove uffiziava un prete, che fu già loro parrochiano, ... e dal
sere (il prete) molto bene veduti furono, tanto che vi stettero a desinare".20 Come possiamo vedere la signora Mea e sua
figlia arrivarono prima di Nona, ascoltarono la messa e andarono a pranzo.21
Dal tempo di San Benedetto – ma già i romani lo praticavano – i monaci dormivano un poco dopo pranzo, e quest’usanza, ancor
oggi viva nei Paesi caldi,22 fu spesso associata all’ora di Nona. Ancora il Grazzini:
"Balia, io ho pensato un modo; perché la casa di Marco Cimurri è posta di là dal Carmine in una via solitaria e che non vi
passa quasi persona, di condurmi là tra la nona e'l vespero, quando la maggior parte della gente è a desinare e a
dormire".23 E Boccaccio, scrivendo di due suore desiderose di giacere con il giardiniere: "Tu vedi ch'egli è in su la nona;
io mi credo che le suore sien tutte a dormire se non noi".24
Una delle migliori comparazioni fra l’ora sesta, il mezzogiorno e la recita di Nona fu ideata da Gustav Bilfinger. Egli studiò le antiche
cronache italiane e utilizzò un eclisse di sole come oggetto di investigazione. Un’eclisse, in effetti, è un grande evento astronomico
visibile da una vasta area, e facile da trovare in molte cronache. Egli scelse l’eclisse totale di sole dell’anno 1239, e comparò un
certo numero di registrazioni che Antonio Ludovico Muratori mise assieme nel secolo XVIII, in una delle più note raccolte d’archivio
di fine secolo: il Rerum Italicarum Scriptores. Il primo passaggio è tratto dagli Annales Cesenates:
"a. d. MCCXXXIX die Veneris intrante Junio post horam Nonae obtenebratus est sol et factus est niger totus; et stetit sic
quasi per spatium horae, et sidus (lunae) erat ante eum; et fere omnes stellae videbantur in aere manifeste".25
Possiamo vedere che il cronachista usa la locuzione horam Nonae, che significa “ora di Nona”, ovvero “tempo di Nona” e questa
accezione era comune a molti scrittori che la utilizzavano per non confondere le ore Temporarie da quelle Canoniche.
Negli Annales veteres Mutinensium leggiamo:
"Eo anno (1239) die III Junii fuit maximus Eclipsis solis, qui duravit ab hora sexta usque ad nonam et stelle videbantur in
coelo".26
Nel Chronicon Astense:
"1239. Sol obscuratus est a sexta hora usque ad nonam in exaltatione Sanctae Crucis".27
Negli Annales Mediolanenses leggiamo:
"Eodem anno (1239). Fuit Eclipsis solis major quam fere unquam visa fuerit. Stellae in meridie visae sunt".28
Molti altre cronache, che qui non riportiamo, 29 divulgarono la notizia dell’evento, e come abbiamo appena visto alcuni usarono il
termine “ora di Nona” o “hora Nonae”, 30 mentre qualcun altro preferì scrivere “hora sexta”, 31 per indicare lo stesso momento: il
mezzogiorno.
Più esplicito è il Chronicon Leodiense:
“Eodem anno sol passus est eclipsim a meridie usque ad horam Vesperae”.32
Come si vede in questo passaggio l’autore preferì usare il termine inequivocabile "meridie" che è, astronomicamente parlando, più
corretto. Egli scrive per l’esattezza "a meridie usque ad horam Vesperae" (da mezzogiorno fino l’ora di Vespro), e se confrontiamo
questa definizione con quelle degli Annales veteres Mutinensium e del Chronocon Astense, citate in precedenza, sarà facile dedurre
che "meridie" (il momento astronomico), "hora sexta" (la sesta ora del giorno) e "hora Nonae" (il tempo dell’Ufficio di Nona) sono tutti
sinonimi dello stesso istante temporale.
Come abbiamo scritto prima, l’ufficio liturgico del Vespro, che in origine si recitava alla dodicesima ora, fu anticipato, assieme alla
Compieta, nel sec. VI da San Benedetto. Non sappiamo, però, con precisione l’esatto tempo in cui si cantava l’Ufficio serale. Il
Santo, infatti, lasciò gli Abati liberi di decidere secondo la stagione, ma è molto probabile che si trattasse della decima ora, come
risulta, nella stessa Regola, dal capitolo sui lavori manuali dei monaci.
Dalla precedente comparazione si evince che, nel secolo XIII, “horam Vesperae” e “hora nona” indicavano anch’esse un medesimo
istante: la nona ora del giorno, e la conferma che tale consuetudine durò per molti secoli ancora, l’abbiamo dalle Constitutiones sacri
ordinis B. V. Mariae de Mercede: “Vesperas denique extra Quadragesimam hora secunda vel tertia post meridiem...”.
20
Anton Francesco Grazzini, Le Cene, Nov. X, par. 7, in Novellieri Italiani, v. 27, Roma 1976.
È importante ricordare che, al tempo del Grazzini, in Italia si contavano le ore all’Italiana, in altre parole dal tramonto del sole; Perciò, scrivendo
"in su la nona", Grazzini si riferisce sicuramente all’Ufficio di Nona e non certo alla nona ora Italica.
22 Fare la Siesta, in spagnolo, significa proprio fare il riposino del mezzogiorno.
23 A. F. Grazzini, Novelle Magliabecchiane, nov. III, par. 48.
24 Boccaccio, Decameron, Giornata III, nov. 1.
21
25
26
A. L. Muratori, Annales Cesenates, in R I S, t. XIV, p. 1097.
Muratori, Annales veteres Mutinensium, in R I S, XI, 61.
Ibidem, XI, 189.
28 Muratori, XVI, p. 645.
29 Per un’analisi più approfondita sulla comparazione temporale delle antiche eclissi vedi: M. Arnaldi, “Notazioni Temporali e Canoniche nelle
Cronache di eclissi di sole e di luna fra i secoli XII e XV”, in Atti del IX Seminario di Gnomonica, 1999.
30 Giovanni Villani, Storie Fiorentine .
31 Bouquet, Script. Rer. Gall.
32 Perz., mon. XVI
27
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 18
Inoltre l’Abate Calmet (secolo XVIII) scrisse:
"Al presente (1751) quasi da per tutto, il Vespro si canta a tre ore di Francia, eccetto però in tempo di Quaresima, nella
quale è stato trasportato innanzi mezzo dì, per poter mangiare a mezzogiorno".33
Le quattro ore del giorno
Dante Alighieri nel suo Convivio parlò della divisione del giorno in quattro “parti”, e alcuni autori chiamarono queste porzioni, prima,
seconda, terza e quarta ora del giorno.34
L’uso di quadripartire la giornata durò sicuramente fino al secolo XVI, il Grazzini, infatti, definì i tempi dei suoi racconti in tre modi
diversi: con le ore uguali del sistema Italico, con le ore Canoniche, e con le “quattro ore”. Egli distinse le “quattro ore” dalle
ventiquattro Italiche utilizzando la formula seguente: “Tre ore” e “tre ore di notte”, “due ore” e “due ore di notte”. Ecco un passo dove
l’autore si riferisce ad un sistema diviso in quattro tempi giornalieri:
“Venne intanto la sera, e Taddeo fece intendere a casa come cenare e dormire gli conveniva, la notte, con suo zio
...[andò] a spasso infino a tre ore ...e cenato che egli ebbe a grand'agio s'avviò verso la casa di Fiammetta; e come egli
sentì le quattro ore...".35
Taddeo di mattino riceve una lettera da Fiammetta. La fanciulla chiede che egli vada a trovarla la sera stessa alla quarta ora. Dal
periodo capiamo chiaramente che ci si riferisce ad un tempo diurno; effettivamente, la quarta ora del sistema italico è un tempo
troppo tardo per essere considerato “sera”, come la donna espressamente chiede. Così, si può tradurre "tre ore" con “metà
pomeriggio”, e "quattro ore" con “tramonto”.
Per gli operai campani questi quattro tempi furono necessariamente associati alle ore dei pasti quotidiani. Ne’ Il Fuggilozio di
Tomaso Costo (sec. XVI) leggiamo, infatti, che i boscaioli facevano colazione a Terza, pranzavano “al mattino” (un poco prima di
mezzogiorno?), facevano una pausa per la merenda a Vespro (metà pomeriggio) e la sera cenavano.36
Mi resta ancora di parlare brevemente della Terza. Dalle parole di Dante pare che Terza sia l’unica funzione rimasta immutata, ma
come ogni altra ora Canonica, anch’essa mutò il suo posto originale con un’altra. Nei secoli XVI / XVII, per esempio, quell’Ufficio si
recitava principalmente alla seconda ora Temporaria come è chiaramente scritto nelle Constitutiones Monacorum Silvestrinorum
ordinis s. Benedicti (an. 1688): "Ad ora debita (che potrà essere circa due ore dopo la levata del sole) si canti Terza".
Tutte queste modifiche, alla lunga, crearono sicuramente una certa confusione; la liturgia monastica non combaciava con quella
parrocchiale, e spesso entrambe differivano dagli orari dell’Ufficio Cattedrale. Presto furono emanati editti episcopali, trascritti negli
statuti ecclesiastici delle grandi città, e ogni chiesa cittadina, dentro e fuori le mura, dovette adattare il proprio ufficio alle ore suonate
dalla Cattedrale stessa. Anche per questo motivo studiosi come il Regiomontano composero tavole di conversione per le ore
Temporarie computate per tutto l’anno. La conversione fatta dall’Abate Calmet nell’edizione italiana del suo commentario, per
esempio, ricalca molto bene la posizione delle ore sull’orologio taggese.37 Il nostro quadrante, però, non ne aveva bisogno perché
era sovrapposto a quello Italico, e la trasformazione avveniva con un semplice sguardo del sacrestano.
L’orologio solare di Taggia non è l’unico quadrante ad ore canoniche che riporti i nomi delle preghiere spostati dalla loro antica sede,
e neppure l’unico a segnalazione la Nona al mezzogiorno. Un esempio ben più antico di questo si trova sulla chiesa di Hameln, nella
bassa Sassonia (fig. 3). In quell’orologio solare non solo la linea dell’ora sesta è marcata con una N ma Vespro è addirittura
anticipato all’ottava ora.38 Il quadrante solare del convento dei frati Domenicani assume quindi, secondo me, una grande importanza,
in quanto testimonianza ancora viva, trait d’union, fra gli ultimi strascichi del medioevo e i lumi dell’età moderna.
33
Agostino Calmet, Commentario letterale, istorico e morale sopra la Regola di s. Benedetto, t. I, p. 105.
Troviamo un esempio proprio in queste pagine. Anneles Cesenates: “ et stetit sic quasi per spatium horae”, cioè circa tre ore temporarie da sesta
fino a nona.
35 A. F. Grazzini, Le Cene, nov. V, par. 21.
36 Tomaso Costo, Il Fuggilozio, Day VIII, 5.
37 A. Calmet, op. cit., p. 111. "Secondo il nostro modo di contare (italico), prendendo il giorno in Decembre, ovvero in Gennaio, si potrebbe dire, che
si cantava Prima a quattordici ore, in circa, ... alle sedici si dicea Terza; a sedici e mezza, o a diciassette si andava all'opera delle mani e si
lavorava sino un'ora dopo mezzo dì. Nel tempo dell'opera manuale si diceva Sesta ... Un'ora dopo mezzo dì si sonava il primo segno di Nona".
38 K. Schaldach, op cit.
34
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 19
Si può scrivere molto di più sullo spostamento delle ore di
preghiera, queste poche pagine non possono assolutamente
essere esaurienti, talmente tanti sono i fattori che hanno
prodotto questi movimenti nei secoli (speciali privilegi anche
di carattere locale, nuove concezioni scientifiche, contatti con
altre etnie, ecc.), che è davvero impossibile trattarne qui
senza correre il rischio di annoiare qualche lettore. Mi
proporrò, perciò, di continuare trattarne ancora nei prossimi
articoli.
Mario Arnaldi
[email protected]
Fig. 3 : Orologio solare medievale (sec. XIII) , Hameln, bassa
Sassonia.
La figura qui a fianco rappresentate è stata inviata da
Alessandro Gunella come errata-corrige del suo precedente
articolo sull’analemma, comparso sul numero 4 di
Gnomonica in cui, appunto, era stata omessa tale figura.
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 20
ORE TEMPORARIE
Riccardo Anselmi, S. Vincent, Aosta
Le ore temporarie appartengono ad un sistema orario antichissimo in uso presso i greci e i romani. Esse suddividono il giorno
(chiaro) in dodici parti uguali le quali, per la diversa lunghezza dello stesso al mutare delle stagioni, raggiungono la massima durata
al solstizio d’estate e la minima a quello invernale. Vogliamo ora costruire per punti, ovvero con il solo procedimento matematico,
una linea oraria temporaria. La figura 1 rappresenta il quadrante verticale Π dal quale sporge lo stilo CN (st). Si consideri il piano Σ
normale allo stilo. Il punto B è l’intersezione del piano orizzontale passante per N con la linea meridiana su Σ. Il cono di luce che
passa per N determina la conica generica S su Π che, per la opportuna scelta di Σ, risulta, su quest’ultimo (figura 2), il cerchio R.
L’arco di cerchio, al di sotto della linea dell’orizzonte, rappresenta l’arco diurno il cui calcolo è immediato.
Risulta CB st tan , CR st tan 90
, cos
CB / CR da cui cos
tan tan , formula che fornisce
metà lunghezza del giorno e, conseguentemente, l’ora dell’alba e del tramonto. L’arco, equivalente all’angolo
, è conosciuto come
arco semidiurno. Si consideri ora la retta oraria CH dove l’angolo h, volutamente sproporzionato, rappresenta la sesta parte di . Si
osservi la figura 3 nella quale si ha una rappresentazione del quadrante visto dall’alto. Unendo N con H si ottiene K, omologo di H su
Π. Unendo ora C con K (figura 4) si ottiene la retta oraria che riferita alla linea meridiana segna un intervallo di tempo pari ad 1/12°
del giorno corrispondente alla declinazione del sole. L’intersezione K’ della retta CK con la linea diurna relativa è un punto della linea
oraria temporaria.
Dalle
ottiene :
figure
3
KL
sen
e
4
si
ha : tan
LN
sen 90 d
BH
BN
sen Î tanh .
da cui, assumendo
Inoltre,
per
il
teorema
dei
seni
si
P come origine e essendo, per convenzione, d < 0 , quando
indica un orientamento verso est, si ha :
KL
st cos Î sen
cos
d
GL
LS
.
LN sen d ; GL
LN
tan
Si ha tan
;
LN
R' B
; tan
BN
Si
ottengono
ancora
st cos Î sen d ; KG
gn
⇒ LS
cos d
seguenti
KL
gn
cos d tan
tan Î sen . GW
Si osservi ancora nella figura 4 l’angolo
estensibile a qualunque altra linea diurna.
le
gn tan
formule
GL ; KG
che
nel
st cos sen
cos
d
sistema
Gxy
valgono :
st cos sen d ;
.
d ; GW
st cos cos d tan
d .
da cui si ricava la durata dell’arco semidiurno per il solstizio d’inverno, considerazione
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 21
st tan tan µ
n÷
þ
¸ dove n 0,1,2,3,4,5,6 . L’equazione segmentaria della
Þ
6 °
X
Y
retta oraria CA è la seguente :
1 . Quella della conica S S
è:
gn
gn
µ
÷
tan þ
n¸
Þ
cos
6 ° sen cos
Y 2 TX 2 SY U 0 39, dove N, S, U, T, k sono definiti nelle seguenti uguaglianze :
2 gn tan
gn 2
1
1
N sen 2
k cos 2 ; S
; U
; T
e k
.
2
N
N
N cos
tan 2
Facendo sistema tra le 2 equazioni si ottengono le coordinate di K’ appartenenti al sistema cartesiano equinoziale PXY che
possono essere convertite nelle più comode coordinate Gxy ricorrendo alle seguenti formule di trasformazione:
Y Y 0 sen
ý´ x X cos
dove Y 0 gn tan .
Ý
´¯ y X sen
Y Y 0 cos
ýY 2 T Î X 2 S Î Y U 0
´
Sia ÝX
il sistema tra la conica di declinazione 23.45 ú ú 23.45 e la retta oraria CA.
Y
´ p q 1
¯
Y
Sostituendo la X della equazione della conica con il valore X
p Î (1
) si ottiene una equazione del tipo
q
ý
gn
µ
÷
ýA q2 T Î p2
n¸
´´ p cos tan þÞ
´
6 °
A Î Y 2 B Î Y C 0 dove ÝB q Î ( S Î q 2 Î T Î p 2 ) e Ý
gn
´ C q 2Î ( T Î p 2 U )
´q
¯
´¯
sen cos
Si ha : tan
39
tan d / sen
;
PA
Per la dimostrazione si veda l’articolo “Orologi solari verticali con la geometria analitica” pubblicato su Gnomonica n°4.
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 22
B 2 4 Î A ÎC
2ÎA
p Î(1 og 2 / q ) .
da cui si ottengono le due radici : og 1 , og 2
ascisse : ag1
p Î(1 og1 / q ) e ag 2
Passiamo ora alle coordinate R del sistema Gxy:
og 1 Î sen
y 0 Î sen
ýar1 ag1 Î cos
Ý
og 1 Î cos
y 0 Î cos
¯ou1 ag1 Î sen
B
ýar2
Ýou
¯
ag 2 Î cos
ag 2 Î sen
ordinate dei 2 punti di intersezione di
og 2 Î sen
og 2 Î cos
y 0 Î sen
y 0 Î cos
Poiché la linea temporaria si estende da declinazione -23.45 a 23.45 si dovranno utilizzare entrambe le soluzioni. A causa della
lunghezza del listato non è stato possibile riportare l’algoritmo, disponibile, invece, on line.
La formula cos
tan tan è valida per 1 ú cos ú 1 , i cui estremi sono verificati nel caso limite :
90 . È evidente che la linea oraria temporale appartiene ad un fascio di linee che convergono nel punto della retta
dell’orizzonte in cui la linea meridiana la incrocia, punto in cui si annulla l’arco diurno determinato da un ipotetico sole che raggiunge
la declinazione
90
. Esaminando però un quadrante solare ad ore temporali si nota subito che, prolungando con una retta
il tratto delle linee orarie compreso tra i due solstizi, queste non convergono in un punto. In realtà le linee temporali non sono
perfettamente rettilinee. Solo nel tratto che intercorre tra la linea del solstizio d’inverno e il punto succitato le linee orarie rivelano
maggiormente la loro natura curvilinea. Dato che in quella zona non cade mai l’ombra della punta dello stilo, le linee orarie
temporarie di un orologio piano situato tra l’equatore e le nostre latitudini possono essere ancora considerate, ai fini pratici, rettilinee.
La
curvatura delle linee temporarie diventa tanto più palese quanto più il quadrante si trova a latitudini vicine al circolo polare, come si
evince dalle due immagini seguenti.
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 23
ALMICANTARAT
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 24
Così come è già stato fatto per le ore temporarie tracciamo con un procedimento matematico la linea dell’altezza del sole, sopra ad
un quadrante, fissata ad un livello determinato.
Innanzi tutto calcoliamo la formula che fornisce il valore dell’altezza del sole (sull’orizzonte) in funzione della latitudine
, della
declinazione del sole , e dell’angolo orario .
Le figure 1 e 2 rappresentano rispettivamente il quadrante verticale Π rivolto esattamente a sud nel quale sono chiaramente indicati
i dati caratteristici e l’intersezione del cono di luce sopra al piano Σ, perpendicolare allo stilo. Il tratto QU rappresenta l’altezza del
sole (per
0) su Σ.
Dalle figure 1 e 2 si ricava :
QU
ZU cos ; ZU
CR
; CB
st tan
st tan 90
; ZU
CU
CB / cos ; CU CR ;
tan ¨
tan ¨
Ú 1
; ZU st Û
;
·
cos ¹
cos ·¹
Ù tan
¨
Úcos cos
sen
sen ¨
; QU
st Û
;
·
cos cos ¹
cos ·¹
Ù sen
QU
sen
cos cos cos
sen sen .
BN
QU
segue sen. h
sen
che ci fornisce
BN
CZ ; CZ
Ú
st Ûtan 90
Ù
Úcos
st cos Û
Ùsen
Úcos
¨
sen
st Û
; QU
cos cos ·¹
Ùsen
st
QU
cos cos cos
sen sen ;
sen cos
QU
BN
Dalla figura 3 si ricava
da cui
sen. h sen
sen. h sen sen
cos cos cos , notissima formula, impiegata in astronomia nautica, dovuta al genio matematico
ZU
svizzero Eulero (1707-1783), che abbiamo voluto ricavare soltanto per dimostrare come da un quadrante solare si possa pervenire a
note formule di astronomia come quella che calcola l’arco semidiurno, citata nel capitolo che attiene le ore temporarie. Il tratto QU ,
per essere utilizzato, è stato spostato nel tratto BR, partendo da B( figura 2 tratto BT). Per ottenere l’angolo BUN = bisogna portare il quadrante ad una latitudine
BN, il tratto QU e
’ maggiore di
, ricordando che le costanti comuni ai due quadranti sono : Il tratto
. Dal triangolo NBU si è ottenuto l’identità :
sen. h
QU
sen . Detti rispettivamente Q’ e F’ i
BN
corrispondenti su Π dei punti Q e U di Σ, risulta che il punto F, omologo di T su Π (figura 1 e 4), non può essere un punto di
alcuna linea diurna, dato che si trova nella zona dove non cade mai l’ombra della punta dello stilo. Spostando, però, il quadrante più
a nord si raggiunge una latitudine alla quale il punto F coincide con l’intersezione della linea diurna di declinazione - con la linea
meridiana (figura 3).
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 25
Calcoliamo ora la nuova latitudine
ýsen. h
Ý
¯sen. h
sen sen
′. La formula di Eulero, applicata ai due quadranti, assume rispettivamente la forma :
cos cos cos
sen sen ' cos cos ' oppure sen. h = cos '
da cui segue : cos
'
sen sen
cos cos cos
relazione da cui si ricava
’.
Per calcolare gli almicantarat sul quadrante non necessita la formula di Eulero dato che tali linee sono iperboli ottenute come
intersezione del cono, la cui generatrice forma l’angolo h con la linea orizzontale e, quindi, con l’asse rivolto allo zenit, ed il piano del
quadrante. Il vertice del cono coincide con la punta N dell’ortostilo gn. Il piede G è assunto come origine del sistema cartesiano
Gxyz con l’asse delle x ortogonale al quadrante e l’asse delle y parallelo allo stesso. Il piano del quadrante verticale declinante, la
cui equazione è x = 0, si trova a distanza gn dal vertice. Dal sistema che segue
z2
; cono
si ricava l’equazione dell’iperbole : z
tan. h gn 2
tan 2 h
; piano quadrante
l’altezza del sole, y è l’ascissa, utilizzata come variabile indipendente e z è l’ordinata di un punto della linea almicantarat.
ý
´ x gn
Ý
´¯ x 0
2
y2
y 2 dove h è
La forma dell’iperbole non risente della declinazione del quadrante che invece ne limita la lunghezza, in quanto tale curva è definita
solo nel tratto compreso tra le linee dei solstizi.
L’
1
eccentricità dell’iperbole è data da : E sen h . Il software relativo alle ore temporarie e agli almucantarat è disponibile sul sito
http://digilander.iol.it/sundials dove ci sono anche altri programmi exe che attengono precedenti articoli firmati dallo scrivente.
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 26
L’orologio solare di Cuencamé, Durango
(Messico)
José C. Montes Jiménez, Arturo Gomez Espinoza, Martha A.
Villegas, Cuencamé, Durango, Messico
Traduzione e commento di Nicola Severino
Introduzione di Martha A. Villegas – José C.
Montes
L’orologio solare di Cuencamé, Durango, MESSICO
Opuscolo esplicativo del funzionamento
I recenti studi di archeoastronomia nelle località archeologiche
delle culture messicane anteriori alla conquista spagnola, hanno
permesso di concludere che un grande numero di siti
archeologici e piramidi fu orientato intenzionalmente per indicare
con precisione la direzione del sorgere e del tramontare del sole
in specifici giorni del ciclo solare, mentre alcuni siti e piramidi si
connettono bene ad altri fenomeni siderali1.
I cronisti del XVI° secolo scrissero scarsamente su questi
argomenti perché non capivano il significato degli orientamenti e
la loro relazione con l’astronomia.
Per di più, qualche attività similare alla gnomonica tra gli antichi
messicani non poteva suscitare alcuna ammirazione tra i
conquistatori dato che per loro la misurazione dell’ora solare era
pratica comune.
Per questa ragione, difficilmente si rinvengono testimonianze che
facciano riferimento al modo in cui quelle culture misuravano il
tempo nella maniera che noi conosciamo come ore. Dato che gli
orologi solari erano una necessità della vita quotidiana in
Spagna, furono introdotti in Messico poco tempo dopo la
conquista 2 .
In Messico esistono tuttora alcuni orologi solari costruiti durante
l’epoca della colonizzazione spagnola, particolarmente nelle
chiese di antiche città, però, in generale, mancano le
informazioni sugli orologi solari.
Nel XX° secolo sono stati costruiti pochi orologi solari in Messico, tra cui l’orologio di Cuencamé, che, secondo l’iscrizione, è
probabilmente datato 1904.
Cuencamé de Ceniceros, Durango, “Terra di generali”, è una piccola città nello stato di Durango nel nord del Messico. Fu fondata
nel 1598 e conta circa 8400 abitanti. È situata al crocevia che congiunge il nord e il sud con le strade che, da est e ovest, conducono
dall’oceano Atlantico al Pacifico, ragione per cui c’è un costante flusso di viaggiatori. Mantiene antiche tradizioni e la sua chiesa
accoglie frequentemente gente di località limitrofe che visitano il Cristo miracoloso “ Il Signore di Mapimì”, la cui leggenda fa parte
del fascino del luogo.
L’orologio solare di Cuencamé è collocato sopra una colonna di pietra adiacente la chiesa di fronte alla piazza principale e
difficilmente passa inosservata ai visitatori. Per la maggior parte degli osservatori è incomprensibile che l’ombra proiettata dallo
gnomone sul quadrante segni un’ora che non coincide con quella delle funzioni religiose.
L’opuscolo presentato qui di seguito ha lo scopo di esporre brevemente e concretamente le precedenti caratteristiche e il
funzionamento dell’orologio solare, così come alcuni dati storici sulla misurazione del tempo.
Per tramite di don Arturo Gòmez Espinoza, cittadino studioso della storia del suo paese e amministratore dell’orologio solare,
abbiamo concordato con il sindaco e con il parroco della chiesa per la diffusione dell’opuscolo tra gli abitanti e i visitatori di
Cuencamé, sperando di stuzzicare l’interesse per la valorizzazione e conservazione di tale magnifica opera artistica che hanno
ereditato.
1
2
Moreno C.Marco Arturo.-“Historia de la Astronomia en México”;pag. 76 y 90;Editorial Fondo de Cultura Econòmica, México, 1986
Pina G.Eduardo.-“Los Relojes de Sol en México”;pag. 54;U.A.M; México,1994
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 27
La sua maestosità lo ha trasformato in un valido simbolo di distinzione di Cuencamé. Essendo parte
integrante della nostra storia, la sua forma di scudo si integra perfettamente al simbolo della città. Sulla
facciata nord, si trova incisa la data del 1904 che è probabilmente l’anno in cui fu realizzato l’orologio. Se è
così quest’anno (1999) si celebra il suo novantacinquesimo anniversario. Il disegno viene attribuito
all’ingegnere Francisco Vàquez del Mercado e il lavoro artigianale a Silvestre Aros.
Ubicazione.
Si trova ubicato sopra una colonna di pietra locale, ad un’altezza approssimativa di 7 metri, poggiato su una
base con fregi, in prossimità del campanile della chiesa di S. Antonio da Padova.
Caratteristiche
E’ un orologio del tipo equatoriale poiché il suo piano è parallelo all’equatore celeste. Il tracciato orario è inciso su una lastra
marmorea, su entrambe le supefici, di circa 2 metri di altezza per 1,20 di larghezza e 12 centimetri di spessore. Sono riportate le
ore astronomiche sul lato nord e sud dalle 6 a.m. alle 6 p.m. con intervalli orari di 30 minuti.
Le lettere greche
e
(alfa e omega) sulla linea delle 6 a.m. e 6 p.m. rispettivamente, sulla superficie rivolta a sud, simbolizzano il
principio e la fine della vita umana.
La croce incisa all’origine della linea delle ore 12, rappresenta certamente un riferimento biblico, probabilmente l’ora Nona in cui
Gesù fu crocifisso che è anche l’ora di uno degli uffici religiosi più importanti nel medioevo.
Funzionamento
La superficie orientata al Nord geografico riceve la luce del sole dall’equinozio di primavera fino all’equinozio di autunno, cioè da
circa il 20/21 marzo al 22/23 settembre. La superficie orientata al Sud, riceve la luce del sole nel resto dell’anno. Nel punto d’origine
delle linee orarie vi è uno stilo (gnomone) parallelo all’asse di rotazione della Terra e quindi perpendicolare alla superficie
dell’orologio che è parallela al piano equatoriale. Nel nostro caso, lo stilo forma un angolo rispetto all’orizzonte pari a 24° 52’, che è
uguale alla latitudine geografica di Cuencamé. L’ombra di questo stilo sulle linee orarie dell’orologio, indica l’ora vera locale.
Sono molto grato a Martha A. Villegas di Torréon che, appassionata da
poco tempo di gnomonica, segue con molto interesse la nostra rivista e la
gnomonica italiana. Insieme al suo amico e collaboratore José C. Montes,
sta attuando una ricerca sistematica di eventuali altri orologi solari che
potrebbero trovarsi nei piccoli pueblo messicani della sua zona. Inoltre, ha
realizzato uno splendido restauro di un gigantesco orologio poliedrico a
quattro facce disegnato da Miguel Bertran de Quintana negli anni ‘50. Gli
orologi solari nel Messico non sono antichi come in Europa, ma il loro
utilizzo, presumibilmente diffusosi a partire dall’inizio di questo secolo, nella
cultura locale dei piccoli pueblo è molto interessante. Siamo sicuri che
Martha presto potrà inviarci un primo resoconto degli orologi solari trovati in
quei luoghi, dove già da qualche decennio ha lasciato una vistosa traccia
gnomonica il grande “diallist” Achim Loske.
Foto: Sopra è visibile l’orologio equatoriale di Cuencamé in quattro
immagini; qui a lato è l’orologio a quattro facciate restaurato da Martha
Villegas, e da lei stessa fotografato a lavoro ultimato.
NOTA per i collaboratori: Per ogni articolo deve inviarsi un breve abstract in italiano, oppure in italiano ed in inglese,
della lunghezza di 3-6 righe, direttamente al curatore del sommario inglese, dr. Riccardo Anselmi, all’indirizzo e-mail
[email protected]
oppure all’indirizzo: Fraz. Tenso, 31 – S.Vincent (AO)
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 28
UNA MERIDIANA A RIFLESSIONE
Renzo Righi, Correggio
La meridiana è di tipo catottrica di cm 500*350 dipinta secondo lo stile ormai inconfondibile del trompe-l’oeil dall’artista locale Maria
Luisa Montanari su una parete della sua abitazione; casa ubicata a Cogruzzo di Castelnovo di Sotto (RE) e che, con questo quarto
orologio di grandi dimensioni, può ormai ritenersi un vero laboratorio di sperimentazioni gnomoniche.
La teoria degli orologi solari a riflessione non è certo sconosciuta, Fantoni sintetizza l’argomento nel suo poderoso trattato “Orologi
Solari” e più volte è stata oggetto di relazioni ai Seminari Nazionali di gnomonica: Zuccalà, Cintio, G.Flora. Marianeschi ha poi
dedicato in merito un’interessante appendice pubblicata in “Appunti di gnomonica pratica” volume stampato dall’Unione Astrofili
Bresciani. Premesso questo, non si può non osservare come siano molto rare le meridiane di questo tipo costruite in Italia. Voglio
qui di seguito elencare le maggiori difficoltà di carattere prettamente pratico che s’incontrano in af se di progetto e di realizzazione;
dato per note, come da premessa, le procedure di calcolo.
Il sopraluogo - in un orologio tradizionale nella maggior parte dei casi il sopralluogo è limitato ad alcuni rilievi piedi a terra, ed
all’osservazione a vista del luogo circostante, o al massimo con l’aiuto di fotografie. Per uno strumento a riflessione il sopraluogo
richiede quasi sempre l’allestimento di un ponteggio, il che significa costo aggiuntivo se non proprio inutile in caso di rinuncia alla
realizzazione.
Esposizione - spesso più attenzione si deve dedicare al rilevamento della declinazione del muro, misura che può richiedere controlli
indiretti attraverso rilievi su altre pareti e quindi un maggior impegno di
tempo.
Il progetto - la necessità di guidare il raggio riflesso in uno spazio ben
definito e risalire così ai parametri- angolo-metrici dello specchio,
richiede normalmente una lunga serie di tentativi con risultati non
sempre accettabili o comunque non soddisfacenti. Questo
fondamentale problema è stato da me risolto con l’utilizzo di un
pacchetto informatico progettato dall’ing. Ferrari di Modena, noto e
stimato esperto del settore.
Struttura portaspecchio - dovendo traguardare oltre l’orizzonte
rialzato od evitare piani mascheranti; - le terminologie sono quelle
usate dal Ferrari nel suo programma - il sostegno portaspecchio rischia
di divenire un impianto improponibile per dimensioni, peso, fissaggio,
estetica e creare problemi per successive manutenzioni.
Personalmente sono riuscito a contenere la misura in 100 cm, distanza
che mi ero prefissato all’inizio del progetto.
La superficie - l’altezza ortostilare, anche nei casi più contenuti, è
sempre ragguardevole rispetto a quella delle meridiane tradizionali, ciò
porta alla necessità di dovere utilizzare per la tracciatura completa del
quadrante una superficie non sempre disponibile.
Lo specchio - la costruzione dello specchio non è cosa semplice,
soprattutto se si ritiene necessario effettuare regolazioni ed eventuali
aggiustamenti in opera; direi che è il problema costruttivo più delicato.
Quello che ho voluto progettare è stata la costruzione di una testina
ottica ovvero uno specchio con attacco universale, adattabile ad ogni
struttura, con cinque gradi di libertà per soddisfare qualsiasi
regolazione. Questo concetto da la possibilità di montare lo specchio ad orologio terminato - prassi opposta alle normali procedure ma mi permette di ridurre i tempi di realizzazione: fare avanzare i lavori di tracciatura ed esecuzione pittorica in modo indipendente
dalla costruzione e fissaggio del complesso struttura-specchio.
La regolazione - gli angoli dello specchio vengono di norma individuati puntando il raggio riflesso all’incrocio di una linea oraria con
la linea di data, non è sempre possibile fare questo con un solo puntamento che può invece richiedere un inseguimento su tutto
l’arco del quadrante; situazioni contingenti rendono spesso necessarie delle verifiche anche nei giorni seguenti. Devo però
sottolineare come le utility del programma dell’ing. Ferrari risolvono brillantemente questo delicato problema. Da parte mia il
puntamento è avvenuto in modo tutto indipendente da quanto detto e con un’unica regolazione: indirizzando l’asse ottico su tre punti
in precedenza individuati sul muro, vertici di un triangolo rettangolo che ho chiamato dima di regolazione assi ottici.
Note tecniche: Lat. 44,82° N; Lon. 10,59° E; Muro: Inclinazione verticale; declinazione gnomonica 14,50° N-E;
Ortospecchio: 100 cm; Specchio: diametro 2,8 cm, inclin. 2,50° allo Zenit, declin. 18° S-O.
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 29
foto 1 - Complessivo
foto 2 - Particolare trompe-l’oeil con motto
foto 3 - Struttura con testina ottica
Prof. dr. Alberto Vecchi, Capitano di corvetta: in memoria
A cura di Renzo Righi
Decorato con due Croci al merito di guerra fu congedato col grado di Capitano di corvetta.
Ha lavorato c/o aziende farmaceutiche italiane e straniere, ebbe anche come collega e
collaboratore il famoso prof. modenese Luigi di Bella. Libero docente, ha insegnato chimica
farmaceutica all’Università di Pavia. Cultore di storia locale amante di poesia si dilettava nel
disegno e nella pittura ad acquerello. Appassionato studioso di matematica e astronomia, si è
dedicato alla costruzione di strumenti per la lettura del cielo come astrolabi. Ha costruito e
restaurato meridiane, lasciando testimonianze scritte sui metodi pratici utilizzati. Alberto Vecchi
era nato a Correggio (RE) il 3 Novembre 1916. Laureato in chimica a 22 anni, si era poi
iscritto all’Accademia Navale di Livorno, dove nacque il suo interesse per l’astronomia.
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 30
MERIDIANA INTERATTIVA “A CORDA”
Gianni Ferrari, Modena
Nel numero di Settembre 1999 di “The Compendium” , la rivista pubblicata dalla North American Sundial Society, è riportato un
articolo in cui viene descritto un orologio solare “interattivo” molto semplice ed originale.
Ho pensato di fare un riassunto dell’articolo, ovviamente con il permesso degli autori, per portare a conoscenza anche
degli appassionati italiani questo divertente tipo di meridiana.
Mi limiterò, per semplicità e brevità, a riportare soltanto il principio di funzionamento prendendo in considerazione solo
quadranti orizzontali.
Un po’ di teoria
Consideriamo una normale meridiana orizzontale a tempo vero e tracciamo, con uno dei soliti metodi, le linee orarie che
partono dal centro C dell’orologio ove l’asta polare incontra il piano. Prolunghiamo le linee orarie oltre al punto C, dalla
parte verso il Sud : chiamerò per brevità queste semirette col nome di “antilinee orarie” .
In un dato istante t la linea oraria , il suo prolungamento e l’asta polare appartengono al piano orario Pt in cui si trova il
Sole in quell’istante 40.
Prendiamo ora una cordicella, attacchiamola a un punto qualunque dell’asta polare e tendiamola in modo che il suo
estremo libero cada sull’antilinea relativa all’istante considerato - Fig. 1 – A
Appartenendo gli estremi della corda al piano orario Pt, anche l’intera corda vi apparterrà e quindi la sua ombra
coinciderà in parte con l’antilinea oraria e in parte con quella dell’asta polare e passerà per il centro C dell’orologio.
Se ora eliminiamo l’asta polare e le linee orarie conservando soltanto il punto di attacco della corda, il centro C e le
antilinee orarie avremo realizzato un nuovo tipo di meridiana. - Fig. 1 – B
Per leggere l’ora basterà tendere la corda spostando il suo estremo libero lungo le antilinee orarie sino a quando la sua
ombra passa per il centro C.
Ovviamente si possono eliminare anche le antilinee e lasciare al loro posto soltanto un punto orario per ciascuna di esse
- Fig. 1 – C
Nella Fig. 2 l’orologio è stato costruito all’interno di un campo di gioco con la corda attaccata ad un palo preesistente.
Nella Fig. 3 è rappresentato un orologio orizzontale di piccole dimensioni . In questo orologio i “punti” sulle antilinee
orarie sono stati presi su una circonferenza ma ovviamente essi possono essere disposti secondo l’inventiva e la
fantasia del costruttore.
Costruzione - Cenni
La costruzione è molto semplice.
Si sceglie il punto di attacco PA della corda che può essere l’estremo di un’asta, verticale o no, un punto su una
parete o su una struttura preesistente (palo, cancellata), ecc.
Si trovano : il piede PV della verticale passante per PA ; l’altezza h di PA ; la linea meridiana appartenente al piano
orizzontale e passante per PV, PA .
Si trova il centro C portando sulla linea meridiana la distanza PVC = h / tan(Lat.)
Si tracciano le antilinee orarie – prolungamento verso Sud delle linee orarie
40
Ricordo che l’angolo orario = 15 x ( t – 12) con t espresso in ore
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 31
Conclusione
Ovviamente una meridiana “a corda” – ho preferito chiamarla semplicemente così per non usare il nome attribuitole dagli
autori “Plane Shadow Sundial” o Meridiana a ombra piana , a mio avviso un poco generico – può essere realizzata
soltanto a tempo vero e può essere costruita anche su piani verticali o inclinati.
Nei casi di grande inclinazione si ha l’inconveniente che la corda deve essere “tirata” verso l’alto e quindi l’intero
quadrante deve avere dimensioni abbastanza ridotte.
Nell’articolo che ho cercato di riassumere viene anche descritto un metodo pratico per tracciare un orologio del tipo
descritto su un terreno irregolare e non perfettamente piano : lascio al lettore curioso la lettura dell’articolo originale.
Variazioni sul tema (del traduttore)
Se realizziamo una meridiana ”a corda” su un piano parallelo all’asse polare, per esempio sul classico piano polare
rivolto a Sud o su un piano verticale rivolto verso Est o verso Ovest, non abbiamo più disponibile il centro C dell’orologio
che va all’infinito.
La meridiana è però ancora realizzabile in quanto in questo caso l’intera ombra della corda diventa parallela alle linee
orarie solo se il suo estremo si sposta sulla linea oraria corrispondente all’istante di osservazione. In questo caso
l’ombra coinciderà con la linea stessa.
NOTA
Le idee, le figure e la descrizione sono tratte dall’articolo :
William S. Maddux, Mac Oglesby & Fer de Vries – “Shadow Plane Sundials” – The Compendium – Vol. 6 – n. 3 –
Settembre 1999
The Compendium è la rivista pubblicata dalla North American Sundial Society
La traduzione, le interpretazioni e le variazioni sul tema sono di Gianni Ferrari
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 32
GNOMONICA ANALITICA IN 3D: L’OROLOGIO SOLARE ORIZZONTALE
Pier Giuseppe Lovotti, Fosdinovo (MS)
Si assume per sistema di riferimento una terna cartesiana ortogonale destrorsa levogira; il piano del quadro è il piano
orizzontale, coincidente con il piano xy con l’asse y diretto verso Nord e l’asse x diretto verso Est; l’asse z è diretto
verticalmente verso l’alto.
L’origine degli assi O di coordinate (0,0,0) , coincide con un estremo dello stilo polare, secondo quanto indicato nella
Fig. 1. Lo stilo polare giace nel piano meridiano formando con il piano orizzontale un angolo LAT pari alla latitudine
del luogo; è individuato dal segmento OG, il cui secondo estremo G è individuato dalle coordinate (0,
Lg Î cot LAT , Lg) , avendo assunto Lg quale lunghezza dello gnomone ortostilo.
z
G
x
SU
D
Lg
LAT
O
y
NOR
D
Fig.1 Definizione del sistema di coordinate e posizionamento dello stilo
L’equazione del piano equatoriale che passa per l’estremo G si ottiene imponendo la perpendicolarità fra la direzione
dello stilo e la generica retta passante per G e appartenente al piano equatoriale:
µ0
÷
µx ÷ µ0
÷
þ
¸
þ ¸ þ
¸
þLg Î cot LAT ¸ , þy ¸ þLg Î cot LAT ¸
þ
¸
þ ¸ þ
¸
ÞLg
°
Þz ° ÞLg
°
0
Si ottiene subito l’equazione del piano equatoriale che passa per G:
y Î cot LAT
z
Lg Î 1 cot 2 LAT
0
La retta equinoziale si ha dall’intersezione del piano equatoriale con il piano orizzontale.
ý y Î cot LAT
Ý
¯z 0
Si ottiene l’equazione della retta equinoziale :
La retta equinoziale è parallela all’asse x .
z
Lg Î 1 cot 2 LAT
y
Lg Î
0
1
sen LAT Î cos LAT
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 33
L’equazione della retta dello stilo polare, che passa per i 2 punti O e G, si ottiene tenendo conto che la sua direzione è
individuata dai coseni direttori:
cos
cos
0
cos LAT
cos
cos 90
LAT
sen LAT
L’equazione parametrica è:
ýx 0
´
Ýy
Î cos LAT
´z
Î sen LAT
¯
e, in termini generali , l’equazione è:
ýx 0
Ý
¯ y Î sen LAT
L’equazione del piano meridiano è :
x
z Î cos LAT
0
0
L’intersezione del piano meridiano con il piano equatoriale è la retta che individua il mezzogiorno sul piano equatoriale:
ýx 0
Ý
¯ y Î cot LAT
z
Lg Î 1 cot 2 LAT
0
o, in forma parametrica:
ýx 0
´´
sen LAT
1
Ýy Lg Î
Î
2
cos LAT sen LAT
´
´¯ z
Î
sen LAT
cos LAT
La direzione della retta del mezzogiorno sul piano equatoriale è individuata da:
µ0
÷
þ
¸
þþ tan LAT ¸¸
Þ1
°
L’angolo
AOB
complementare
Latitudine.
90- LAT
µ0
÷
þ
¸
þþ sen LAT ¸¸
Þcos LAT °
è
il
della
AOB =
z
B
C
SUD
x
A
y
O
NORD
Fig.2 Il piano equatoriale e l’angolo orario
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 34
Dalla Fig.2 si ricavano per ispezione diretta i coseni direttori della direzione della generica retta oraria OC sul piano
equatoriale:
µ sen ANGORAR
÷
þ
¸
þþ cos ANGORAR Î sen LAT ¸¸
Þcos ANGORAR Î cos LAT °
Imponendo la condizione di perpendicolarità fra la direzione della retta dello stilo polare e la retta oraria generica sul
piano equatoriale , si determina la direzione del generico piano orario :
µa ÷
þ ¸
þþb ¸¸
Þc °
µ0
÷
þ
¸
þþcos LAT ¸¸
Þsen LAT °
µ sen ANGORAR
÷
þ
¸
þþ cos ANGORAR Î sen LAT ¸¸
Þcos ANGORAR Î cos LAT °
e risolvendo:
µa ÷
þ ¸
þþb ¸¸
Þc °
µcos ANGORAR
÷
þ
¸
þþ sen ANGORAR Î sen LAT ¸¸
Þsen ANGORAR Î cos LAT °
Imponendo il passaggio per l’origine O, si ha infine l’equazione del piano orario generico facente l’angolo orario
ANGORAR con il piano meridiano locale:
x Î cos ANGORAR
y Î sen LAT Î sen ANGORAR z Î cos LAT Î sen ANGORAR
0
Le equazioni delle rette orarie si ottengono dall’intersezione del piano orario con il piano del quadro (piano
orizzontale):
ý x Î cos ANGORAR y Î sen LAT Î sen ANGORAR z Î cos LAT Î sen ANGORAR
Ý
¯z 0
ý x Î cos ANGORAR y Î sen LAT Î sen ANGORAR 0
Ý
¯z 0
0
1
tan ANGORAR Î sen LAT
da cui, sul piano orizzontale:
y
xÎ
oppure, che è lo stesso:
x
y Î sen LAT Î tan ANGORAR
equazioni delle rette orarie (ora vera solare).
Le curve diurne si ricavano dall’intersezione del piano orizzontale (piano del quadro) con il cono che ha per asse la retta
prolungamento dello gnomone polare, per vertice l’estremo G dello gnomone polare stesso, e per generatrici le rette che
formano con l’asse un angolo pari al complemento della declinazione solare.
In un sistema di assi cartesiani ortogonali x’ y’ z’ , l’equazione del cono con asse coincidente con l’asse z’, vertice
nell’origine e con angolo di apertura uguale a 90°- δ è:
x' 2 y '2
k 2 Î z '2
k
tan 90
cot
Operando una traslazione che porta l’origine in G e quindi una rotazione dell’angolo LAT che porta l’asse del cono a
coincidere con lo gnomone polare, e sostituendo, si ottiene l’equazione cercata del cono.
Riferendosi alla Fig. 3 , la trasformazione è:
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 35
ý x x'
´
Ýy y G
´z z
¯
G
ýx
´
Ýy
´z
¯
z 'Î cos LAT y 'Î sen LAT
z 'Îsen LAT y'Î cos LAT
x'
y 'Îsen LAT z 'Î cos LAT Lg Î cot LAT
y'Î cos LAT z 'Î sen LAT Lg
z’
z
P
G
zG
y’
LAT
y
O
yG
Fig. 3 Particolari per il cambiamento del sistema di riferimento e dopo alcuni passaggi:
ý
´ x' x
´
Ýy' y Î sen LAT z Î cos LAT
´
Lg
´ z' y Î cos LAT z Î sen LAT
¯
sen LAT
Così, l’equazione del cono è:
x2
y Î sen LAT
z Î cos LAT
2
k 2 Î y Î cos LAT
z Î sen LAT
Lg sen LAT
2
e le curve diurne intersezione fra cono e quadro ( z = 0 ) :
x
2
2
y Î sen LAT
E, infine, dividendo per
x 2 Î tan 2
2
2
k Î cos LAT
2
2 Î y Î k Î Lg Î cot LAT
Lg 2
k Î
sen 2 LAT
2
k 2 ed esplicitando:
y 2 Î cos 2 LAT
Per ciascun fissato
2
sen 2 LAT Î tan 2
x si ha una equazione di 2° grado in
2 Î y Î Lg Î cot LAT
y
Lg 2
sen 2 LAT
0
0
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 36
A0 Î y 2
A1Î y
A2
0
le cui soluzioni y1 e y2 , con y1 > y2, definiscono le ordinate dei punti delle iperboli diurne per declinazione
solare negativa e positiva; cioè.
P1 ( x , y1 ) rappresenta il punto di iperbole relativo alla declinazione solare -δ
P2 ( x , y 2 ) rappresenta il punto di iperbole relativo alla declinazione solare +δ .
Riferimenti: Girolamo Fantoni, Orologi solari, Technimedia Roma 1988; Michiel Bertsch Istituzioni di matematica
Bollati Boringhieri; Pier Giuseppe Lovotti, Gnomonica analitica in 3D: L’orologio verticale, Atti IX Seminario
Gnomonica 1999.
UN OROLOGIO SOLARE…PER SEMPRE…
Rosa Casanova Zandomenego, Belluno
Qualche anno fa, quando vidi il progetto del nuovo osservatorio astronomico di Cortina con la sua armoniosa
struttura che si ergeva elegante a dominare la valle d’Ampezzo, subito pensai che la parete centrale avrebbe
potuto ospitare una meridiana!
Promisi di realizzarla appena la costruzione fosse terminata.
Passo’ del tempo, e finalmente l’osservatorio fu ultimato. Bellissimo e tecnicamente avanzato nel suo
funzionamento…
Il suo scopo principale che è quello di scrutare il cielo stellato nelle ore notturne, lo induce ad animarsi e vivere
intensamente solo quando lo avvolgono le ombre della notte…per addormentarsi all’alba quando
impallidiscono gli astri, e finalmente le sue cupole, come grandi occhi di creatura notturna spalancati
sull’universo, si chiudono per il sonno.
Ma anche la meravigliosa stella che ogni mattina noi vediamo salire nel cielo per risvegliare il pianeta terra
avrebbe meritato spazio ed attenzione in questo tempio destinato a riti notturni!
Ecco, dunque, perché pensai alla meridiana! L’ombra del suo stilo sul quadrante avrebbe segnato per
sempre, giorno dopo giorno, l’apparente
cammino del sole sul nostro cielo,
indicandoci il passare delle ore, ma
anche raccontandoci del moto perpetuo
e incostante della terra attorno ad esso
e di quella provvidenziale inclinazione
del nostro pianeta sull’eclittica che
determina il meraviglioso avvicendarsi
delle stagioni!
Un modo tangibile per sentire che anche
noi, abitanti della terra, siamo un tutt'uno
con quell’universo che tanto ci sgomenta
quando osserviamo il cielo stellato.
Un giorno di sole primaverile,
percorrendo il sentiero fra arbusti di pino
mugo e ramoscelli di splendida erica
rosata, salii al Col Drusciè con lo scopo
principale di determinare con esattezza
l’orientamento della parete, ma anche
per capire quali caratteristiche, non
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 37
soltanto tecniche, avrebbe dovuto avere la futura meridiana. Un orologio solare è, infatti, qualcosa di più che
uno strumento per segnare il tempo; io penso che sia un meraviglioso insieme di scienza, tecnica, arte e
poesia. Una creazione che deve essere in perfetta armonia con l’edificio, con il luogo circostante, col cielo e
con l’animo della persona che la realizza.
Ecco perché, solo dopo la visita in quel luogo incantevole soleggiato e ventoso, la meridiana inizio’ a
delinearsi nella mia mente.
Scelsi la parete centrale perché la meridiana, volgendo ad oriente, avrebbe dominato Cortina e la sua
splendida valle, ma soprattutto avrebbe colto i colori rosati dell’aurora e l’oro dei primi raggi vivificanti del sole.
Decisi che il quadrante sarebbe stato di pietra bianca con la parte superiore ricurva, le lettere e le linee incise
per resistere al tempo, al sole, alla neve e alle intemperie. Avrei colorato opportunamente i solchi delle iperboli
e della lemniscata, per conferire loro uno specifico significato stagionale quando l’ombra dello stilo le avrebbe
percorse o toccate. (azzurro come il ghiaccio profondo per l’inverno, verde come i germogli per la primavera,
giallo come le spighe del grano maturo per l’estate e marrone come le foglie morte per l’autunno).
Avrebbe segnato il tempo solare del Col Drusciè che ovviamente non coincide con quello del nostro orologio
regolato sul fuso orario del meridiano Etneo.
Il motto, che e rivela spesso la personalità e l’animo di colui che la realizza, era nei miei pensieri da tanto
tempo. Avrei inciso queste parole: “Io ti segno le ore, tu riempile d’amore”.
Ormai la meridiana aveva preso forma nella mia mente e non mi rimava che passare alla sua realizzazione.
Iniziai con il progetto dell’insieme, seguito dai calcoli meticolosi, la preparazione dello stilo, il taglio della pietra
eseguito dal marmista.
Poi vennero i giorni passati nella bottega dello scultore a disegnare sulla pietra, con infinita pazienza e
precisione, le linee e le lettere che egli incise interamente a mano con grande perizia.
Impiegai un’intera mattinata a colorare le incisioni… infine, con grande trepidazione, mi accinsi a posizionare
lo stilo. Operazione estremamente difficile che doveva essere fatta con assoluta precisione! Alla fine, dopo
tutti i controlli possibili, lo fissai definitivamente.
Ecco, era finalmente finita! Era come l’avevo pensata!
Si stava avvicinandoli giorno dell’inaugurazione dell’Osservatorio e doveva essere portata lassù e fissata alla
parete…trepidavo un po’…per fortuna quel giorno mi furono accanto per d'indispensabile aiuto i figli, il marito e
tre impareggiabili soci dell’Associazi one Astronomica di Cortina che, con forza e capacità, fissarono alla
parete la meridiana coi suoi settanta chili di peso. Il febbrile lavoro di tutte queste persone per posizionarla
esattamente, destreggiandosi fra scale, trapani, livelle, viti e bulloni, non m’impedì di vivere intensamente
quell’attimo magico e bellissimo in cui per la prima volta si vede l’ombra dello stilo muoversi lentamente per
iniziare il suo perenne cammino.
Ora la meridiana è lassù a dominare la valle di Cortina, in un luogo suggestivo e incantato tra i larici, i mughi ,
l’erica e il profumo della resina, contornata dai monti più belli del mondo.
Eterna come la roccia su cui è incisa e come l’astro che le dà la vita, di notte sarà spettatrice del muoversi
delle stelle, di giorno segnerà il volgere del sole e il cammino del tempo…
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 38
SULLA SUCCESSIONE CRONOLOGICA DEGLI OROLOGI SOLARI
D’ALTEZZA RETTILINEI.
Nicola Severino, Roccasecca
Una delle tante pagine incomplete della storia della gnomonica è certamente
quella relativa alla successione cronologica degli orologi solari portatili
d’altezza detti “rettilinei”. Tale appellativo deriva dal fatto che le linee orarie
sono rappresentate sul quadro dell’orologio da linee rette verticali tutte
parallele fra loro. Questi strumenti poi sono “d’altezza” in quanto, per fornire
l’ora, in luogo dell’angolo orario del Sole, sfruttano la sua altezza
sull’orizzonte.
E’ noto che gli orologi solari d’altezza erano comunemente in uso nell’antichità
e ciò è provato anche da alcuni stupendi esemplari che si conservano nei
moderni musei. Si può qui ricordare il famoso “prosciutto di Portici”, rinvenuto
ad Ercolano verso la fine del XVIII secolo e risalente ai primi anni dell’era
Cristiana, come pure l’orologio fatto in una scatola rotonda in modo di anello,
descritto da Padre Angelo Secchi e fatto risalire al II-III secolo d.C.
Tuttavia, pare che non sia stato rinvenuto, fino ad oggi, nessun esemplare di
orologio solare portatile d’altezza appartenente alla categoria dei “rettilinei”. E
ciò farebbe supporre, senza alcun dubbio, che nell’antichità tali orologi
“rettilinei” non siano esistiti.
Ad ogni modo, la questione che andiamo trattando ha come perno centrale la
discussione sulla successione cronologica di tre orologi d’altezza rettilinei che
hanno fatto epoca, soprattutto intorno al XV-XVI e XVII secolo. Questi sono:
1) Orologio solare d’altezza rettilineo denominato “Cappuccino”.
2) Orologio solare d’altezza rettilineo denominato “Regiomontanus”.
3) Orologio solare d’altezza rettilineo denominato “Navicula de Venetiis”.
FIG. 1
Il primo (fig. 1) è un orologio d’altezza detto anche “particolare” o “locale” in quanto serve per una sola latitudine. Il suo nome
deriva, molto probabilmente, dal fatto che la forma del quadro in cui si sviluppa il tracciato orario, è molto simile al cappuccio dei
monaci. L’immagine è tratta da Encyclopaedia Britannica, fourteenth edition, Vol. 7, p. 313.
Il secondo (fig. 2) è un orologio “cappuccino” modificato opportunamente per essere reso utile a diverse latitudini. Si tratta perciò di
un orologio d’altezza “universale” e non più locale. In genere, la
scoperta di questo orologio, o la modifica del primo in uno
strumento “universale”, è attribuita al famoso Giovanni Muller
detto “Regiomontano”, da cui il nome dell’orologio. L’immagine è
tratta dall’incunabulo “Kalendarium Magistri” di Regiomontano,
del 1476, copia conservata nella Biblioteca di Montecassino
(FR).
Il terzo (fig. 3) è un altro orologio d’altezza universale modificato
solo nella forma la quale rassomiglia ad una nave, e fu chiamata
“Navicula de Veneetis” probabilmente perchè i primi esemplari
forse furono costruiti nel Delfinato, o forse perchè lì ebbe il suo
maggiore successo. Immagine tratta dal libro di Oronzio Fineo
“Degli orologi et quadranti a sole”, libro secondo, nell’edizione
di Cosimo Bartoli in Venetia, 1670.
I principali quesiti che si pongono gli studiosi relativamente alla
storia di questi orologi sono:
- dove, come e quando si sono sviluppati in generale
gli orologi portatili d’altezza rettilinei;
- qual è la successione cronologica con cui si sono
sviluppati e se tale successione si è avuta per caso e per vie
indipendenti da vari autori, o fu dettata, come sembrerebbe più
logico, da un progressivo miglioramento degli studi relativi alla
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 39
teoria matematica di questi strumenti.
Prima di esaminare la questione bisogna premettere che pochi sono gli autori che hanno approfondito questo aspetto storico della
gnomonica e, fra questi, l’Amm. Girolamo Fantoni è l’unico italiano che, da ultimo, se ne è occupato trattandone approfonditamente
nel suo volume “Orologi Solari” 41.
Cominciamo ad analizzare il primo punto, cioè dove e quando sono nati questi strumenti. Alcuni autori ritengono che i “rettilinei”
fossero già conosciuti nell’antichità, e che precisamente essi dovevano essere in uso presso la civiltà ellenica. Probabilmente tale
convinzione è scaturita dal fatto che la costruzione di questi orologi è basata sull’analemma tolemaico (il famoso Menaeus di
Vitruvio) e sulle proiezioni planisferiche di Ipparco. Sebbene nulla di più si può osservare a questa ipotesi, oltre che in quei tempi la
pur “ammirevole cultura dei Greci non poteva essere ancora matura per raggiungere questo livello di risultati” - come scrive Fantoni , bisogna purtroppo tener conto, come detto, che:
nessun documento e soprattutto nessun esemplare di orologio solare rettilineo ci è giunto dall’antichità, nonostante
fossero comuni gli strumenti d’altezza portatili;
anche se non si conoscono bene tutti gli orologi solari citati da Vitruvio nella sua Architettura, è quasi certo che nel
suo elenco non compaiono orologi solari d’altezza assimilabili ai “rettilinei”.
inoltre, in Grecia, e nell’antichità in genere, si usavano le ore Temporarie, mentre questi orologi indicano solo le
ore eguali astronomiche.
FIG.3
La mancanza, quindi, di qualsiasi indizio storico dell’antichità
relativo a questi strumenti (ritrovamenti archeologici, citazioni presso
i maggiori compilatori, ecc.), insieme alla consapevolezza del livello
di conoscenze gnomoniche dei Greci,
ritenute pur sempre
insufficienti per lo sviluppo della teoria dei “rettilinei”, e non da
ultimo il fatto che essi si basano sull’uso delle ore astronomiche e
non temporarie, sembrano elementi sufficienti per escludere le
ipotesi che attribuiscono l’origine degli orologi solari “rettilinei” ai
Greci.
L’esclusione però, a mio parere, dovrebbe comprende anche tutto il
periodo in cui furono usate, per l’uso civile, esclusivamente le ore
temporarie. Periodo che comprende i primi secoli dell’Era Cristiana,
l’Alto Medioevo, fino ai primi astronomi arabi che introdussero l’uso
delle ore equinoziali - ore eguali - (prima usate solo, e di tanto in
tanto, nelle osservazioni astronomiche) nell’uso civile forse a
cominciare dal X-XI secolo.
Altre ipotesi, invece, sono prive di qualsiasi fondamento, anche
perchè non sono basate su alcun documento che possa in qualche
modo testimoniarne la fondatezza. E’ il caso di Fuller secondo cui la
“Navicella veneziana” sarebbe la più antica di tutti essendo nata in
Grecia, successivamente ripresa dagli Arabi e, attraverso questi, trasmessa all’Occidente Cristiano, ove finalmente fiorì nel periodo
rinascimentale.
Lo storico J. Derek de Solla Price, ipotizza che la Navicella derivi il suo aggettivo “Veneziana” dal fatto che sarebbe stata divulgata in
Europa dai naviganti arabi che mercanteggiavano nel bacino mediterraneo orientale, senza però escludere che la Navicella
dall’Islam sia potuta arrivare a Venezia, o comunque in Europa, attraverso la Spagna mozarabica.
Come si può facilmente immaginare, si possono trovare tracce di gnomonica nei libri sull’astronomia che gli arabi scrissero a
cominciare dal IX secolo, come per esempio i lavori di Al-Battani, Arzachele, Costa Ebn Luca, e via dicendo. Purtroppo, pochissimi
sono i codici arabi esaminati dagli studiosi, e moltissimi sono quelli praticamente ancora sconosciuti alla massa degli appassionati di
Astronomia. E bisogna rilevare che nella maggior parte dei casi, i capitoli di Gnomonica non vengono nemmeno presi in
considerazione dai traduttori, impegnati a decifrare solo ciò che riguarda le teorie astronomiche. Di conseguenza, possiamo asserire
che fino ad oggi, sono stati esaminati, forse, solo due o tre codici arabi relativi alla gnomonica, o di astronomia con capitoli sugli
orologi solari. Fra questi, i più importanti, sono certamente quelli tradotti da J. J. Sédillot, nel secolo scorso, che riprendeva un’opera
di Aboul Alì Hhassan Al- Marrakushi del XIII secolo (manoscritto n° 1147 e 1148 della Biblioteca Nazionale di Parigi) e una
traduzione moderna dell’opera sull’astronomia di Tabhit Ibn Qurra, dello stesso periodo, a cura delle “Belle Lettres” francese, che
contiene un libro intero sulla gnomonica.
In seguito alle mie ricerche bibliografiche, è emerso che i codici manoscritti arabi sugli orologi solari sono molto più numerosi di
quanto finora ipotizzato ed è presumibile che essi siano più di un centinaio, mentre se si considerano i libri e capitoli dedicati alla
41
Fantoni Girolamo, Orologi Solari, trattato completo di Gnomonica, Ed. Technimedia, Roma, 1988
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 40
gnomonica che spesso si trovano nelle opere arabe sull’astronomia, allora il numero totale di scritti sale di molto. In base a queste
considerazioni possiamo dire con tutta franchezza che conosciamo molto poco la gnomonica araba, ma quel tanto che ci è dato
sapere è sufficiente a darci un’idea dei risultati raggiunti nella gnomonica da quel popolo, eredi della scienza alessandrina e cultori
ineguagliabili delle matematiche e delle scienze naturali.
Solo per curiosità del lettore, basti dire che Tabhit Ibn Qurra, nel 1200, progettava orologi solari con metodi trigonometrici che furono
noti in Europa solo nel XVIII secolo!
Orologio rettilineo universale: A. Kircher, 1646
Dall’analisi di soli due manoscritti è emerso, quindi, che
sono moltissimi gli orologi solari arabi che ancora non
conosciamo. E di questi strumenti sconosciuti 42, la
maggior parte appartengono alla categoria dei “portatili”. Il
livello di conoscenze gnomoniche degli arabi, comunque,
era sufficientemente maturo per
produrre
orologi
d’altezza “rettilinei”, e tuttavia non possiamo essere sicuri
che essi realmente li costruirono per la semplice
mancanza di prove (esemplari non pervenutici) e di
documenti scritti (manoscritti arabi che ne parlino).
Qualche “colpo di scena” si ebbe quando De Solla Price
sembrava aver identificato l’origine della Navicella
Veneziana in uno strumento astrolabico descritto da
L.AM. Sédillot
(Les instruments astronomiques des
Arabes) nel secolo scorso. In effetti, questo strano
strumento, chiamato “Zaourakhi”, ha davvero una
straordinaria somiglianza con la “nave veneziana”, avendo
la forma di uno “scafo” e con in mezzo l’”albero”, ma
purtroppo non è altro che una delle tante varianti di “reti
di astrolabio” inventate dagli Arabi43
Non desterebbe meraviglia, in ogni caso, se un giorno si
scoprisse qualche manoscritto arabo che descriva questi
orologi, ma per ora dobbiamo accontentarci di ipotizzare
che i “rettilinei” siano nati in Europa, in un periodo
sconosciuto che, probabilmente, va dal XII al XIV secolo. Non è dato nemmeno sapere se essi siano il frutto del lavoro di qualche
astronomo di quel tempo o il risultato di più studi eseguiti da vari esperti.
Stando ai documenti, si dovrebbe pensare che la “Navicella veneziana” sia stata inventata in Inghilterra in quanto è lì che si
conservano alcuni codici, i più antichi, che parlano di questo strumento.
Una delle ultime pubblicazioni sull’argomento, a firma di Margarita Archinard44, risale al 1991. Anche se nulla di nuovo e definitivo
emerge dalle sue ricerche, mi sembra di qualche interesse riportare il suo pensiero che però, come vedremo, si allinea con le ipotesi
che vedono la navicella conseguente al regiomontano.
Riassumo di seguito i punti salienti del lavoro di Archinard:
“Gli esemplari di orologi solari “cappuccini” sono rari e i testi antichi sono insufficienti per ricostruire la loro storia. Tuttavia, lo studio
attento della sua struttura geometrica permette di pensare che esso sia antecedente al quadrante rettilineo universale.
E’ allora normale considerare il quadrante rettilineo universale come una generalizzazione, valido per diverse latitudini, del
quadrante “particolare”.
Due modelli di quadranti universali attestano una evoluzione in questo senso. Uno fu descritto da Regiomontano nel suo
“Kalendarium” pubblicato verso il 1474, e l’altro da Ozanam che lo attribuisce a un certo Père de Saint Rigaud, nelle sue
“Recreations mathematique et physique” edito per la prima volta nel 1694.
Il quadrante rettilineo universale di Regiomontano è perfetto e fu riprodotto di sovente per lunghi tempi in differenti paesi d’Europa.
Invece, quello di Père de S. Rigaud non ebbe nessuna ripercussione e cadde nell’oblìo. Se non l’avesse descritto Ozanam, forse
sarebbe rimasto addirittura sconosciuto. Ma questo orologio non è valido che per due soli giorni all’anno corrispondenti al solstizio
d’estate e d’inverno. Perciò, il quadrante di Regiomontano è stato e resta tutt’ora il solo vero quadrante rettilineo universale.
42
Qui per “sconosciuti” s’intende strumenti che furono esaminati, o descritti da qualche autore del passato, magari in
libri oggi introvabili, e che sono di fatto sconosciuti alla maggior parte degli studiosi ed appassionati.
43
Nicola Severino, Il Libro degli Astrolabi, Roccasecca, 1994
44
M. Archinard, Les cadrans solaires rectilignes, Nuncius, anno VI, fasc. 2, Leo S. Olschki Ed., Firenze, 1991, pp.
150-181
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 41
Nondimeno, qualche mistero sulla sua origine resta perchè nel medioevo esisteva già uno straordinario piccolo quadrante solare in
forma di nave, detto Navicula de Venetiis, che ha però tutta l’aria di essere un’applicazione un po' curiosa e fantastica del quadrante
di Regiomontano.
Questo apparente anacronismo è molto fuorviante e mette in discussione l’attribuzione del quadrante solare rettilineo universale a
Regiomontano.
Sèdillot complica ancora di più la situazione, rilevando in un manoscritto arabo dell’inizio del XIII secolo, qualche riferimento alla
“shafiah” che sembra essere un antecedente arabo della “navicula”.
Seguendo un criterio cronologico basato sulle fonti storiche, si dovrebbe asserire che il quadrante di Regiomontano derivi
direttamente dalla “Navicula”, la quale fu creata a partire da un “Shafiah” islamico un po' speciale.
Ma sembrerebbe più logico dire, visto che i nomi dei loro inventori non sono ancora noti, che il quadrante rettilineo particolare fu il
primo ad essere realizzato, seguito dal quadrante rettilineo universale che, per conseguenza e forse per influenza dell’Islam, ispirò la
“Navicula de Venetiis”. Se così fosse, Regiomontano ebbe allora solo il merito di descrivere e divulgare, più tardi e in un libro, un
orologio solare creato ed utilizzato molto tempo prima.
Orologio Rettilineo di Magdleine
Allo stato attuale delle nostre conoscenze, e nel frattempo che altri documenti siano
ritrovati e studiati, dobbiamo restare nel dominio delle congetture in ciò che concerne
certi punti della storia degli orologi solari rettilinei.
La dimostrazione geometrica della costruzione del quadrante rettilineo universale è
immediata a partire dal quadrante rettilineo particolare e, di conseguenza, non ci
sarebbero dubbi sulla successione cronologica di questi strumenti se non of sse stata
testimoniata l’esistenza della “Navicula” prima della pubblicazione del “Kalendarium
Magistri” di Regiomontano. Inoltre, ciò solleva seri dubbi anche sull’attribuzione del
“rettilineo universale” a Regiomontano.
E’ vero che dei quattro esemplari di “navicula” conservati oggi nei musei di Oxford,
Cambridge, Firenze e Milano, tre sono senza data e quello di Milano, firmato da O.
Fineo, è datato 1524.
Tuttavia, l’antichità della “Navicula” e la sua anteriorità in rapporto al quadrante
universale di Regiomontano, sembra essere attestata senza equivoci da un
manoscritto che appartiene alla Biblioteca Bodlejana di Oxford (Ms. Bodly 68) e che,
secondo R.T. Gunther, è stato posseduto dal prete John Enderby di Louth, già dalla
fine del XIV secolo. I disegni di questo manoscritto mostrano la “navicula” tal quale
come la riprodusse O. Fineo quasi due secoli dopo.
Che la “navicula” sia o no di origine araba, essa continuerà tutt’oggi a far credere a un’applicazione, nient’affatto fedele ma alquanto
affascinante, del quadrante rettilineo universale detto Regiomontano”.
Archinard conclude che la “Navicula” è quindi solo un’applicazione errata, ma artisticamente fantastica, del quadrante di
Regiomontano e ritiene, infine, che potrebbe essere un “Regiomontano” adottato in forma di nave “che se da una parte è una scelta
molto bella artisticamente, dall’altra comporta una piccola imprecisione nella posizione e la lunghezza del filo”. Ma qui c’è una
contraddizione evidente in cui incappano tutti gli autori che vogliono una derivazione forzata della navicella dal Regiomontano.
Infatti, se è attestato che in codici del XIV secolo vi si trova la navicella veneziana non abbozzata, ma già uguale a come descritta
poi da O. Fineo, come è possibile che essa possa derivare dal “Regiomontanus”, descritto (stando ai documenti) un secolo dopo?
L’unica risposta a questa domanda sarebbe che l’orologio di Regiomontano, in qualche forma primitiva, sia esistito già nel XIII
secolo; che qualcuno abbia pensato nel XIV secolo di ottenere lo stesso strumento in forma di “nave”, pur sorvolando su qualche
imprecisione progettuale e che, infine, Regiomontano sia stato, l’esecutore delle modifiche apportate alla “Navicula” che diventava
l’orologio che porta ora il suo nome.
Se si considerano attendibili queste ipotesi, la storia degli orologi solari rettilinei e la loro successione cronologica è fatta.
E’ normale supporre che egli sia riuscito ad eliminare gli inconvenienti insiti nella costruzione della “Navicula”e questo spiegherebbe
anche l’altro controsenso che vede la navicella come strumento difettoso, postumo del Regiomontano: come è possibile creare un
orologio difettoso come la navicella da uno perfetto come il “Regiomontanus”? Lo stesso De Solla Price, in un articolo per
un’enciclopedia, scrive: “Un tipo di quadrante simile (alla navicula) fu ideato da Regiomontano ed è conosciuto come il suo
quadrante universale rettilineo; “l’albero” è qui sostituito da un indice articolato che porta il filo a piombo...”. Quindi, Regiomontano
potrebbe aver modificato la vecchia navicella sostituendo l’albero con l’indice articolato, eliminando il difetto del vecchio strumento
legato al cerchio delle latitudini e trasformando la “nave” - di cui resta però una vaga forma nella scorniciatura delle linee orarie
anche in esemplari postumi - nella forma ( che è un rettangolo) del suo Universale. Si noti che la forma del rettangolo - poco artistica
ma molto funzionale - sul cui lato superiore è imperneato l’indice articolato, deve essere tale proprio per avere lo spazio necessario
sul quale disegnare il “trigono” per la scala delle latitudini.
Per quanto concerne invece l’orologio rettilineo “particolare”, si potrebbe pensare che sia stato inventato in Europa intorno all’anno
Mille, poco divulgato e, anzi, subito sostituito con il quadrante rettilineo universale, forse in qualche sua forma primitiva a noi
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 42
sconosciuta. Ma sulla storia di questo strumento i misteri sono fittissimi: quando Ozanam ne diede una descrizione, scrisse che il
“cappuccino” deriva da un certo quadrante rettilineo universale del Gesuita Padre de Saint Rigaud divulgato in un libro intitolato
“Analemma Novum”. Per Ozanam quindi il “cappuccino” sarebbe posteriore al XVI secolo, ma possiamo screditare questa
affermazione in quanto oggi si conserva un esemplare di “cappuccino” firmato da Oronzio Fineo e datato 1524. Quindi bisogna
concludere che il rettilineo “particolare”, fu trasformato artisticamente in “cappuccino” già all’inizio del XVI secolo e forse non fu più
ripreso in seguito in quanto era considerato solo una curiosità gnomonica, insufficiente però a giustificarne la continua riproduzione
artigianale in esemplari commerciali.
Solo così si potrebbe spiegare il mistero del “vuoto” lasciato dal “cappuccino” nella gnomonica rinascimentale. In effetti, pare che
esso non compaia in nessuna opera sulla gnomonica del XIV, XV e XVI secolo e nemmeno nel libro di O. Fineo, che descrive il
“regiomontano” chiamandolo orologio rettilineo universale e non riporta il “cappuccino” di cui però, stranamente, ci resta un
esemplare firmato da egli stesso ed anteriore alla pubblicazione del suo libro! Possibile che personaggi tanto attenti all’arte
sciografica come lo stesso Regiomontano, Purbach, Muller, Fineo, Benedetti, Schonero, Maurolico, Barbaro, Commandino,
Vimercato, Clavio (che dà una bella immagine e descrizione del “Regiomontanus” senza tuttavia mai citare il suo autore), Pini,
Galluccio, solo per citarne qualcuno, non abbiano mai scritto di un così curioso orologio come il “cappuccino”, nonostante sia stato,
in qualche periodo, prodotto artigianalmente in diversi paesi d’Europa?
Ipotesi di successione
1. all’inizio doveva esserci l’orologio rettilineo “particolare” non conosciuto come “cappuccino” e quindi senza nessun particolare
riferimento artistico alla forma del tracciato orario;
2. esso però fu subito sostituito con l’orologio rettilineo universale in modelli che non ci è dato conoscere, perchè non ci sono
pervenuti;
3. questi furono successivamente (XIV secolo) trasformati in forma di “nave” - attraverso una evoluzione artistica che non
conosciamo -, dando luogo alla “Navicula de Venetiis”;
4. questa però presentava delle imperfezioni di costruzione che furono eliminate da Regiomontano il quale la modificò nel suo
orologio Rettilineo Universale “Regiomontanus”.
5. Infine, verso l’inizio del XVI secolo, qualcuno pensò di riesumare il vecchio orologio rettilineo particolare, forse ispirato dalla
curiosa forma del tracciato orario, e di trasformarlo nel caratteristico “saio” o “cappuccio”, come quello dei monaci. Da ciò tale
strumento ricevette il nome di “cappuccino”, ma non ebbe lo stesso fortuna, considerato che era valido per una sola latitudine.
1° Orologio solare d’altezza rettilineo “particolare” (esemplari primitivi) sec. XI-XII
2° Orologio solare d’altezza rettilineo “universale” (esemplari primitivi) sec. XII-XIII
3° Trasformazione dell’orologio universale in “Navicula de Veneetis” sec. XIII-XIV
4° Trasformazione della “Navicula” nell’”Universale di Regiomontano” sec. XIV
5° Adozione del rettilineo “particolare” e trasformazione artistica in “cappuccino ”. sec. XVI-XVII
E’ da notare che il 2° e 3° punto potrebbero rappresentare anche un solo evento storico, ipotizzando per esempio, che subito dopo il
rettilineo “particolare” si sia avuto la “navicula”.
Restano alcuni interrogativi secondari. Per esempio:
come mai dal disegno dell’orologio rettilineo pubblicato nel Kalendarium di Regiomontano, non si riesce a trovare alcuna
particolarità artistica che possa ricondurre alla “Navicella”. E’ ovvio che si tratta di un esemplare primitivo, successivamente
ridisegnato meglio artisticamente. Ma si può anche pensare che Regiomontano avesse realizzato il suo “Universale”
indipendentemente dalla “Navicula”, o senza badare a mantenere la sua forma.
Non si conoscono i particolari degli eventuali orologi rettilinei universali esistiti prima della navicella e, oltretutto, ciò mette in
dubbio l’attribuzione dei rettilinei universali a Regiomontano. D’altra parte, seguire altre congetture, come si è visto, lascia adito non
soltanto a molti altri dubbi, ma fa cadere irrimediabilmente in contraddizioni cronologiche, come quella relativa all’ipotesi che vede la
navicella come strumento derivato dal regiomontano senza tener conto dei codici sulla navicula precedenti al Kalendarium di
Regiomontano.
Il fatto che il termine “cappuccino” si ritrovi solo a partire dall’opera di Ozanam, che può essere in parte spiegato ipotizzando che
sia stato lo stesso Padre de S. Rigaud ad usare tale termine nel suo libro “Analemma Novum”.
Conclusione
Teoricamente, e seguendo una logica derivata dall’analisi tecnica di questi strumenti, la successione cronologica sarebbe: 1°
Orologio rettilineo “particolare; 2° Orologio rettilineo “universale” o di Regiomontano; 3° Navicella veneziana, ma solo come una
variante del Regiomontano. A mio avviso, questa successione non tiene conto dell’anteriorità della Navicella sul Regiomontano,
attestata dai codici del XIV secolo e, per ovviare a tale inconveniente, alcuni autori arretrano la nascita del rettilineo universale al
XII-XIII secolo, spodestando - peraltro senza alcuna prova - l’attribuzione di questo orologio a Regiomontano, tanto ben attestata
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 43
dalla sua pubblicazione. Inoltre questa ipotesi non spiega il “silenzio” degli gnomonisti del ‘400-’500 sul “cappuccino”, e perchè gli
gnomonisti avrebbero dovuto commettere un errore tanto grossolano facendo scaturire da un orologio perfetto come il
Regiomontano, uno strumento impreciso e difettoso come la Navicella veneziana.
Tutte queste contraddizioni possono essere eliminate se si ipotizza la successione in questo modo:
1° Orologio rettilineo “Particolare”; 2° tentativo di “universalizzare” il rettilineo “particolare” attraverso lo strumento “matematico” detto
“Navicula de Veneetis”; 3° Regiomontano ovvia agli inconvenienti di quest’ultimo, inventando il suo “strumento universale” che sarà
detto appunto di “Regiomontano”.
In questo modo, resterebbe solo da spiegarsi come mai, teoricamente, il rettilineo “universale” può essere geometricamente
dimostrato a partire direttamente dal rettilineo “particolare”, mentre nella successione proposta c’è di mezzo anche la Navicula. Il
fatto che lo stesso Regiomontano, e in seguito, O. Fineo e C.Clavio si siano limitati a dare una descrizione dello strumento
universale senza darne la dimostrazione matematica (operazione alla quale soprattutto Clavio teneva particolarmente) potrebbe far
pensare che l’evoluzione di tali strumenti si sia basata, soprattutto all’inizio, sull’esperienza pratica e non sulla ricerca del perfetto
meccanismo matematico. D’altra parte nella gnomonica si conoscono moltissimi esempi di strumenti realizzati per osservazione
pratica e di cui si è successivamente dimostrata la validità geometrica e matematica. Basti pensare all’orologio a rifrazione di Oddi
Muzio, ai numerosi strumenti ed orologi inventati da Kircher sulla base dell’esperienza pratica, allo stesso orologio rettilineo
universale, dimostrato matematicamente solo a partire da Ozanam.
Infine, non vorrei dimenticare una notizia riportata nel bel volume “L’ombra e il tempo” di G. Pavanello, A. Trinchero e L. Moglia (ed.
Vanel, Torino 1988) secondo cui l’orologio cappuccino “più verosimilmente si può attribuire alla firma che compare su numerosi
esemplari antichi: ‘F. Amatius Bellu. Capucinus Fecit’, cioè costruito dal Padre Cappuccino Amatius Bellunensis”. Una notizia del
genere potrebbe risolvere almeno l’enigma delle origini del “cappuccino” - non dell’orologio rettilineo particolare -, cioè proverebbe
che il rettilineo locale, sebbene esistesse da molti secoli prima, fu trasformato artisticamente nella forma del “cappuccino” solo a
partire dal XVI secolo e probabilmente a partire dal 1525, anno in cui Clemente VII riconobbe ufficialmente l’ordine dei frati
Cappuccini. Il che è quando si è ipotizzato da parte nostra in questa lunga digressione. Sfortunatamente, gli autori di questo libro forse senza dare gran peso a questo particolare - non riportano la loro fonte e non dicono altro su questo argomento. Bisognerebbe
almeno sapere quando è vissuto questo frate Amatius Bellunensis e quali sono questi “numerosi” esemplari di “cappuccino”.
Sulla base di quanto detto, mi pare che la successione qui proposta sia, in definitiva, quella che offre meno spazio ad interrogativi
senza risposte o a curiose e fuorvianti contraddizioni. Ciò che di certo resta è la bellezza della ricerca storica che, soprattutto in
questo caso, è particolarmente affascinante dimostrando ancora una volta che il tempo non è solo un vago contorno della vita
dell’uomo, ma la dimensione attraverso la quale egli ritrova il suo passato ed il suo presente.
Bibliografia:
Archinard M., A Note on Horizontal Sundials, in “Bulletin of the Scientific Instrument Society”, n. 14, 1987, p. 6
Archinard M., Les cadrans solaires rectilignes, “Nuncius”, anno VI, fasc. 2, 1991, Firenze, Olshki Ed.
Bion N., Traitè de la construction et des principaux usages des instrumens de mathematique, prima ed. Paris, 1709, seguono
varie edizioni.
Brusa, G., Le Navicelle orarie di Venezia, “Annali dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze”, 5, 1980, fasc. 1, pp.5159.
Fantoni Girolamo, Orologi Solari. Trattato completo di Gnomonica., Ed. Technimedia, Roma, 1988
Fuller, A.W., Universal rectilinear dials, “The Mathematical Gazette”, febbraio, 1957, vol. 41.
Gunther R.T., Early science in Oxford, Vol. 2, London 1923
Ozanam J., Récréation mathématiques et physique, prima edizione Paris, 1694, seguono varie edizioni.
Regiomontanus (J. Muller de Konigsberg), Kalendarium Magistri, incunabolo, 1474.
Severino N., Storia della Gnomonica, Roccasecca, 1994
Solla Price D.J de, The little ship of Venice, a Middle English instrument tract, “Journal of the History of Medicine and Allied
Sciences”, vol. 15, 1960
Stebbins F., A medieval portable sun-dials, “The Journal of the Royal Astronomical Society of Canada”, vol. 55, n° 2, Aprile 1961
Taylor E.G.R., The mathematical practioners of Tudor and Stuart England, Cambridge, 1954
Zinner E., Deutsche und niederlandische astronomische Instrumente des 11.-18. Jahrhunderts, Munchen 1956.
Codici sulla “Navicula de Veneetis”:
Biblioteca Bodlejana Oxford, classe VI-VII-VIII “Codices variorum artium et dialectorum:
Anonimy: De constructione Instrumenti Astronomici, vocati Navicula de Veneetis;
Wittel: De forma naviculi (instrumenti mathematici sic dicti) cum practica ejusdem A.D. 1485
I due codici suddetti sono riportati dall’opera “Historia Matheseos Universae” di C. Heilbronner del 1742.
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 44
In un libro degli incipit a cura di E. Zinner, si ha:
“In hoc instrumento duo figure zodiaci...”
Materia de novo instrumento quod vocatur Navicula.
Bodlejan Lib. D.248, 15c, ff. 2-5 ARUNDEL Mss
Scolio:
Il manoscritto di Wittel, datato A.D.1485 potrebbe essere decisivo nella risoluzione del problema della successione cronologica degli
orologi “rettilinei”, essendo posteriore al Kalendarium di Regiomontano, solo però se non fosse dimostrata, o se sussistessero dei
dubbi sull’anteriorità del manoscritto segnalato da Gunther e che viene fatto risalire alla fine del XIV secolo. In tal caso sarebbero
opportune delle verifiche in questo senso.
Hans Holbein e la Gnomonica
Alessandro Gunella, Biella
Nel N° 5/1998 di Astronomia Sergio D'Amico ha pubblicato un articolo riguardante le due celebri opere di Holbein, il
Ritratto di Niklaus Kratzer e Gli Ambasciatori, ricordate in tutti i libri di Gnomonica, forse perché sono fra le poche opere di pittura ad
avere, quasi a coprotagonisti, degli orologi solari. La Tavola degli Ambasciatori è ricordata anche nei trattati di prospettiva, per via
del teschio in anamorfosi. Ho letto con molto piacere le divagazioni nel campo dell'arte, forse perché la mia prima passione è la
pittura (la prima, perché ho cominciato ad interessarmi di pittura a 13 anni, mentre la gnomonica è arrivata molto dopo, dopo i
quaranta).
Assorto nel trattare d'arte e di letteratura, però, l'autore dell'articolo si è
dimenticato della Gnomonica. Vediamo di colmare la lacuna, nei limiti del possibile, perché
bisognerebbe disporre di fotografie migliori che non le riproduzioni sui libri.
Niklaus Kratzer ha in mano uno strumento gnomonico multiplo a doppia piramide
tronca, non finito, si direbbe. Esso appare anche nel quadro degli Ambasciatori, questa
volta con gli gnomoni. Gli strumenti multipli erano apprezzati nel 500 perché erano
autoorientabili: bastava che due quadranti, dei 7 tracciati sulle facce, segnassero la stessa
ora perché lo strumento fosse orientato correttamente. Nel caso, meriterebbe fare un'analisi
degli angoli reciproci fra le facce delle due piramidi tronche: molto probabilmente l'angolo al
vertice delle piramidi ha qualcosa che stride, e si combina poco con l'inclinazione
necessaria alla Latitudine di Londra. Per la verità, di tutti gli strumenti disegnati nei due
quadri, questo convince poco. Il quadrante disegnato su una faccia nel ritratto di Kratzer non corrisponde con la forma che dovrebbe
avere se i suoi gnomoni fossero quelli disegnati nel quadro degli Ambasciatori. E ammettendo che il decaedro di Kratzer non sia lo
stesso di quello degli Ambasciatori, la direzione degli gnomoni in quest'ultimo quadro, ancorché reciprocamente corretta (sono tutti
paralleli) è incoerente con la latitudine di
circa 50°.
Interessanti
le
due
rappresentazioni, molto dettagliate, degli
orologi del pastore, uno per quadro; si nota
pure che sono due orologi diversi, perché
diverso è l'anello alla sommità.
Lo strumento sulla spalla dell'uomo a destra
è abbastanza poco conosciuto: in realtà è
un antenato del moderno teodolite, e
permetteva
di
individuare
contemporaneamente sia le coordinate
altazimutali che quelle celesti di una stella: il
suo nome era Triquetrum; esso è descritto
dal Danti nella sua opera sull'astrolabio del
1578: lo chiama Torquetto. Ovviamente il
Danti non è il primo a trattarlo: egli ricorda
che lo strumento era noto e descritto già
all'epoca del Regiomontanus, quindi ni torno
al 1460.
Nello stesso quadro appare ancora un quadrante d'altezza, di itpo non chiaramente individuabile (all'epoca se ne usavano
di due tipi, uno per le ore ineguali, ed uno per le ore eguali), perché seminascosto dietro lo strumento che mi sono tenuto per ultimo,
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 45
in quanto il più "diverso". Una certa attenzione va posta per il globo: alcune caratteristiche, come la presenza del cerchio graduato
intorno al polo (cerchio che serviva per indicare le ore eguali) e la presenza di un semiarco metallico che parte dall'incrocio
dell'orizzonte con il meridiano locale e sale in diagonale verso la spalla dell'uomo di sinistra, lo classificano come globo astronomico
o Arateo: il semiarco univa i punti Nord e Sud sull'orizzonte locale e serviva per individuare le "case " astrologiche. La presenza del
Primo Verticale farebbe ritenere che queste ultime venissero individuate secondo la teoria del Campanus. anche se all'epoca era
imperante quella del Regiomontanus.
E parliamo di quest'ultimo: per capirne qualcosa bisogna scoprire il nesso fra due
oggetti, apparentemente privi di rapporto, nel ritratto di Kratzer: la piastra con quattro
graduazioni a semicerchio che sta sul tavolo, e l'armatura con semicerchio verticale, filo a
piombo e un tronchetto a sezione quadrata imperniato sul centro del semicerchio, nella nicchia
in alto, davanti all'orologio del pastore. Entrambi sono ripetuti nel quadro degli Ambasciatori,
ma la piastra non è ben visibile, perché ridotta al solo bordo, per via della prospettiva.
In alternativa, possiamo ricorrere ad un testo inglese pubblicato nel 1993: The Art of
sundial construction, di Peter Drinkwater. L'autore del libretto, notevole per la semplicità e per
la vivacità, confessa che non ci sarebbe mai arrivato senza l'aiuto di Mr. Aked (che
conosciamo tutti, per lo meno per il ricordo commosso che ne ha fatto Severino nel primo
numero di Gnomonica). Non mi risulta che qualcuno abbia mai illustrato prima di lui questo
orologio.
Lo strumento è un orologio equatoriale portatile, adattabile a qualsiasi latitudine, e perciò universale. Con esso è possibile
pure individuare la data, o a rovescio, regolarne attraverso la data l'orientamento (teoricamente, per carità; io non mi ci metterei).
Lo strano aggeggio che si trova sul tavolo del ritratto di Kratzer è un quadrante equatoriale (nella figura l’ho chiamato disco
delle ore), suddiviso in quattro parti sfalsate, per utilizzare, quali gnomoni, gli spigoli
del tronchetto a sezione quadrata del secondo “pezzo”, cui va adattato, uno spigolo
per ogni quarto di cerchio. L'antennina metallica serve per tenerlo fermo nella
corretta posizione (non siamo ancora ai telefonini!)..
Il semicerchio verticale che si trova nella nicchia possiede due graduazioni,
una per le latitudini ed una per le inclinazioni dell'equatore; quest'ultima è costituita
da segmenti di rette tangenti al cerchio disegnato dal moto del centro del quadrante
equatoriale. Una delle due è inutile, perché complementare all'altra, ma è molto
scenografica. All'epoca si facevano gli strumenti anche per il piacere di farli, e di
guardarli.
Il tronchetto rotante va ovviamente orientato sull'asse polare; su di esso
sono tracciati i segni di zodiaco, con una graduazione data dal maeneus. Quando lo
strumento è correttamente orientato, il disco è parallelo al piano equatoriale; l'ora si
legge o sulla faccia superiore o su quella inferiore a seconda delle stagioni; l'ombra
del bordo del disco indica la data sul tronchetto/gnomone, dalla parte opposta della
faccia su cui si legge l'ora. All'alba o al tramonto, fissata la Latitudine, si può ruotare
lo strumento fino a quando indica la data, e così lo strumento dovrebbe essere
perfettamente autoorientato (provare per credere! Mah..).
In sostanza, oltre a illustrare con precisione strumenti noti, Holbein ci dà
notizia di un quadrante completamente sconosciuto, e mai descritto dai trattatisti, rinascimentali e non. E' un tassello in più, nella
storia della gnomonica.
Norme per gli autori di articoli:
Per i possessori di elaboratori di testo, si prega di redigere gli articoli nel formato Word 6/Win95 o Word 97,
tenendo presente di usare il carattere “arial narrow” altezza 10. I testi vanno scritti senza rientri o spaziature. E’
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si richiede l’impaginazione delle figure nel testo comprensive di didascalia. La scansione delle immagini è da
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colori. Nell’invio del testo su dischetto o in e-mail, si consiglia di allegare sempre le immagini (già impaginate nel
testo) in formato compresso JPG o GIF. Non inviare articoli scritti in htm per programmi testo compatibili con i
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immagini, o disegni). Per quanto è possibile, si prega di non lasciare spazio vuoto alla fine di ogni articolo (per
esempio un articolo dovrà essere di 4 pagine e non di 3 pagine e mezza…) Si ricorda che gli articoli inviati e non
pubblicati, per ragioni redazionali non saranno restituiti. (N.S.)
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 46
UN PARTICOLARE DITTICO D’AVORIO CUSTODITO NEL MUSEO
NAZIONALE DI RAVENNA.
Mario Arnaldi, Lido Adriano, Ravenna
In una piccola bacheca nella sala degli avori del Museo Nazionale a Ravenna è
possibile ammirare tre piccoli orologi solari d'avorio portatili. Il primo - il più antico è composto di due tavolette ossee incernierate su un lato, e su cui sono incisi vari
quadranti orari. Il secondo è un orologio solare di altezza dalla forma piuttosto
insolita, il terzo esemplare esposto, invece, è un piccolo Quadrante con doppio
orologio d’altezza.
Tutti e tre gli oggetti sono già stati pubblicati, sotto l’egida del Ministero per i Beni
Culturali e Ambientali, e della Soprintendenza per i Beni Ambientali ed
Architettonici di Ravenna, nel catalogo curato da Luciana Martini.45 I commenti, e
le descrizioni degli oggetti in questione, furono affidati a Tullio Tomba, che ne
espose le caratteristiche con abbondanza di particolari. Ma alcune inesattezze del
testo, e il desiderio di studiare più a fondo i tre avori, mi hanno indotto ad avere
con loro un incontro più ravvicinato. In queste poche pagine, però, mi limiterò a
descriverne solo uno: il “dittico”, che fra l’altro è anche il più antico dei tre.46
Descrizione
Il più antico dei tre orologi esposti nel Museo appartiene al genere tecnicamente
Fig. 1 – Il dittico esposto nella sala degli avori
detto “dittico”, è datato 1531 e fu donato alla collezione del Museo da Enrico Pazzi
al Museo Nazionale di Ravenna (A.F.S. Neg.
prima del 1895 (n. Inv. 1093).
N. 104495.)
Lo strumento, di piccolissime dimensioni (h. 6,4 cm, l. 4,7 cm), è composto di due
tavolette d’avorio, dello spessore medio di 6/7 mm, incernierate su uno dei due lati brevi. In questo modo, come si sa, aprendo le
due tavolette a novanta gradi si poteva leggere l’ora su tutte le facce libere dello strumento, e una volta richiuso lo si poteva riporre
facilmente in tasca (fig. 1).
La faccia superiore mostra, inscritto in un cerchio di 4,3 cm di diametro, il tracciato di un orologio solare orizzontale ad ore
oltramontane, altrimenti dette tedesche o francesi (fig. 2).47 Attraverso il centro del tondo passano due linee perpendicolari, che
rappresentano le quattro direzioni cardinali . Nello stesso punto di intersezione degli assi è infisso un piccolo cardine che, assieme
ad un altro posizionato 1,55 cm verso il lato nord - in direzione del foro per la bussola - tratteneva uno gnomone reclinabile,
probabilmente di forma triangolare, simile a quello tuttora visibile nel piccolo orologio ligneo custodito nelle collezioni del Museo
civico di Londra (ML A3891).48 La bussola, necessaria per l’orientamento dello strumento stesso, era incassata nella tavoletta ossea
sottostante, e poteva essere letta attraverso il foro praticato nella tavoletta superiore (fig. 3).
Con il “dittico” aperto, invece, si potevano leggere le ore all’italiana su due piccoli orologi graffiti nelle facce interne dello strumento.
La tavoletta che viene a trovarsi in posizione eretta mostra un orologio solare Italico verticale e non declinante, dove le ore sono
indicate dalla quattordicesima alla ventiquattresima (tramonto del sole).49 Lo gnomone è originale, perpendicolare al piano, e misura
6 mm (fig. 4).
La faccia superiore della tavoletta inferiore aveva una bussola incassata (oggi non esiste più né il vetrino, né l’ago), ed un orologio
solare a ore italiche, che mostra le ore dalla nona alla ventitreesima, è inciso vicino al suo foro. Lo gnomone, ancora esistente, è
originale e misura 4/5 mm. In un piccolo disegno a semicerchio, adiacente uno dei lati brevi, è incisa la data della sua costruzione: il
1531.
** Il copyright delle immagini nell’articolo è dell’Archivio Fotografico della Sop. Per i Beni Amb. E Arch. Di Ravenna, la loro riproduzione è vietata.
45
Luciana Martini (a cura di), Oggetti in Avorio e Osso nel Museo Nazionale di Ravenna sec. XV - XIX, , testi di LIONELLO G.BOCCIA – E. C RISTOFERI
– L. M ARTINI – C. RAVANELLI GUIDOTTI, Catalogo degli avori del Museo Nazionale di Ravenna, Longo, Ravenna 1993.
46
La descrizione dei tre gli orologi solari esposti nel Museo si può leggere in: M. ARNALDI, Tre orologi solari portatili d’avorio custoditi nel Museo
Nazionale di Ravenna, in «Ravenna Studi e Ricerche», VI/2, ed. Società di Studi Ravennati, Ravenna 1999.
47
La definizione di “orologio solare equinoziale” proposta dal dott. Tomba è da considerarsi errata anche se la sua forma circolare lo fa molto
somigliante ad uno strumento di quel genere. A parte l’assoluta mancanza di apparati atti a regolarne l’altezza angolare in concordanza con la
latitudine locale, necessaria al funzionamento di un orologio equinoziale, il disegno stesso delle linee orarie nega questa possibilità. Le aperture
angolari delle linee orarie di un orologio solare equinoziale, infatti, sono sempre uguali e pari a quindici gradi ognuna.
48
P ENELOPE GOUK, The Ivory sundials of Nuremberg 1500-1700, Whipple Museum of th History of Science, Cambridge 1988, p. 135, fig. 132, cat.
61.
49
Non si comprende il motivo per cui, nel suddetto catalogo, questo orologio sia stato nominato ‘ad ore vespertine’. Non si tratta, infatti, di ore
prettamente pomeridiane. Quelle che vanno dalla quattordicesima alla diciottesima, per esempio, sono ore Italiche antimeridiane.
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 47
Analisi dello strumento.
L’orologio solare che ho qui descritto a grandi linee è sicuramente originale - la grafia dei numeri, sia romani, sia arabi lo conferma 50
- ed è sicuramente un oggetto di grande interesse. L’importanza di questo piccolo osso sta principalmente nella sua datazione che si
colloca ai primi albori della famosa produzione tedesca di avori simili. Nel sedicesimo secolo, infatti, Norimberga divenne la capitale
europea della lavorazione di avori pregiati, fra cui spiccò per eccellenza la vasta produzione di orologi solari da tasca, soprattutto di
“dittici”. Nelle botteghe di abilissimi artigiani sbocciarono vere e proprie gemme di gnomonica: orologi solari portatili di molte fogge,
fra le quali si impose proprio quella del nostro esempio. Il dittico d’avorio, sicuramente proveniente da Norimberga, più antico che si
conosca è datato proprio 1531 e fu costruito da un fabbricante di bussole di nome
Lienhart Gresel.51
Non potrei dire con certezza che il nostro dittico sia stato costruito proprio a Norimberga,
perché non porta alcun contrassegno di fabbricazione, che invece era quasi una regola
per quella produzione, ma la notevole somiglianza di alcuni suoi elementi con esemplari
del tardo secolo XV provenienti dalla famosa Città tedesca è veramente grande. Un
identico modello grafico, per esempio, accomuna la faccia interna della tavoletta
verticale del dittico “1987.340” conservato nel Metropolitan Museum of Art di New York e
quella del dittico “BM, reg. No. 77 5-21 23” del British Museum di Londra, con l’orologio
orizzontale inciso sulla faccia esterna della tavoletta superiore del piccolo avorio di
Ravenna.52
Ma altre grosse concordanze esistono per quanto riguarda gli elementi decorativi di
riempimento, come, ad esempio, i triangoli alternati nei due riquadri che affiancano il
vecchio alloggiamento della bussola nell’orologio del Museo Nazionale di Ravenna.
Nell’esemplare sopracitato del British Museum sono presenti elementi molto simili a
quelli delle figure 2 e 3, ma motivi geometrici decorativi ancor più simili sono visibili i un
altro esemplare norimberghese
che fu ritrovato nel Tamigi in data
sconosciuta (dim. 67mm X 46).53
La numerazione, nei tre esemplari
citati, è in caratteri romani e con
Fig.
gli apici raddoppiati esattamente
come nel modello ravennate.
L’unica differenza evidente fra il
nostro e gli esempi citati sta nella
presenza delle ore italiche
nell’orologio del Museo di
2 – Faccia superiore con orologio orizzontale (A.F.S. N
Ravenna e nella sua mancanza di
eg. N. 38018)
gnomone a filo.
D’altra parte, la presenza delle ore italiche non garantisce neppure l’origine
nostrana del manufatto. Norimberga e Venezia erano, a quei tempi, partners
commerciali, legati da numerosi interessi, e molti maestri artigiani della città
tedesca fornivano dittici appositamente calcolati per la città lagunare e per il
nord dell’Italia;54 molti, infatti, sono gli esemplari che furono espressamente
calcolati per quella latitudine.
Nel 1547, per esempio, Jeronimus Imholf, un ricco mercante di Norimberga
che aveva in Aquileia la sua residenza, scrisse a Paul Behaim, suo
concittadino, manifestando apertamente il desiderio di acquistare, proprio da
Lienhart Gresel, un orologio solare d’avorio disegnato per le ore tedesche e
italiche.55 È veramente una particolare coincidenza questa, perché l’orologio
Fig. 3 – Orologio italico verticale inciso sulla faccia
desiderato da Jeronimus Imholf corrisponde perfettamente a quello esposto
posteriore della tavoletta superiore (A.F.S. Neg. N.
38019).
nel museo di Ravenna. Non lasciamoci, però, trarre in inganno da questa mia
considerazione, infatti non intendo dire che il nostro sia lo stesso orologio
50
A. C APPELLI, Lexicon Abbreviaturarum. Dizionario di abbreviature latine ed italiane, Ulrico Hoepli ed., Milano 19906, p. 422.; notare la
caratteristica forma del numero 1 praticamente identico a un 2.
51
Se ne conosce uno ancora più antico, datato 1480, ma è fatto di legno; vd. S TEVEN A. LLOYD, Ivory Diptych Sundials, 1570-1750 . Catalogue of
the Collection of Historical Scientific Instruments, Harvard University, Harvard University Press, (Cambridge, Mass.) 1992, p. 35.
52
GOUK, The Ivory sundials, cit., pp. 28-9, figg. 27b e 28a.
53
Ivi, p. 135, fig. 131, cat.59.
54
Genova e Venezia erano i due porti verso cui affluiva l’avorio dalle città costiere del nord Africa: Tunisi, Tripoli e Alessandria.
55
GOUK, The Ivory sundials, cit., p. 110.
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 48
richiesto dal ricco mercante di Aquileia - le date e molti altri fattori palesemente non coinciderebbero - ma la richiesta di Jeronimus
Imholf poteva essere nata dopo aver visto circolare altri orologi simili in area alto-adriatica.
Le notevoli imperfezioni del dittico di Ravenna non mi fanno
condividere l’enfasi del Tomba in riferimento al suo costruttore, che a
conti fatti non era così “professionista” come lo si è voluto credere. I
due orologi italici visibili a strumento aperto sono, infatti,
completamente sbagliati. La loro costruzione non rispetta neppure le
normali regole geometriche che potevano essere semplicemente
seguite da un comune artigiano. Non saprei dire se si sia trattato di
incapacità interpretativa dei dati o di semplice noncuranza
dell’operatore, perché d’altro canto, tenendo conto delle sue piccole
dimensioni, l’orologio solare sulla faccia superiore è praticamente
perfetto.
È difficile capire se il costruttore del piccolo dittico fosse tedesco o
veneto. Le imperfezioni solo nelle ore italiche, e l’esempio di
Jeronimus Imholf, potrebbero indicarci la prima strada, la preferenza
per le ore italiche sulle europee, d’altro canto potrebbe indirizzarci
verso la seconda ipotesi. In assenza di altri elementi è arduo stabilire
con assoluta precisione l’origine del piccolo avorio ravennate. Da un
lato, le somiglianze con una certa produzione tedesca della fine del
secolo XV e gli inizi del secolo XVI sono enormi, dall’altro l’assenza
dell’onnipresente gnomone a filo e la latitudine invariabile per cui fu
costruito gli fanno acquistare un carattere più locale.
Personalmente sono più propenso a credere che la sua origine sia
transalpina, se non altro per il fatto che a quell’epoca l’Italia
scarseggiava di elementi pratico-teorici che permettessero ad un
artigiano di costruire un oggetto di simile fattura.
Dopo il lungo silenzio dei testi scientifici medievali europei, il
rinascimento riscoprì la scienza gnomonica come mezzo importante
Fig. 4 – Faccia superiore della tavoletta inferiore con orologio
di studio matematico. Negli ultimi decenni del secolo XV l’interesse
a ore italiche orizzontale (A.F.S. Neg. N. 38020).
per la gnomonica, soprattutto intesa come scienza matematica
abbinata all’insegnamento nelle Università, fu prerogativa di alcune
scuole del basso impero germanico e praticata soprattutto a Vienna da John Gmunder. Ma in Italia, fino alla seconda metà del
sedicesimo secolo, non abbiamo una significativa bibliografia in tal senso, anzi, essa è quasi irrilevante, e la sede principale di
questo risveglio scientifico può essere sicuramente collocata nella Germania meridionale.
Negli anni che andarono dal 1522 al 1529, furono stampati nel territorio tedesco vari volumi sulla strumentazione astronomica,
quattro dei quali interamente dedicati agli orologi solari e alla loro costruzione; non tutti furono di grande divulgazione, e solo uno fu
scritto in latino.56 Dal 1530 al 1549, invece, ben cinque nuove opere furono pubblicate, con un totale di otto edizioni, contro due sole,
ed entrambe in un’unica edizione, pubblicate negli stessi anni in Italia e in Francia. Di questi ultimi sette libri, tre furono stampati in
lingua tedesca fra il 1530 e il 1539, e solo due in latino.57 Uno di questi fu pubblicato a Basilea nel mese di Marzo dell’anno 1531,
data del nostro orologio, e divenne uno dei più noti testi di gnomonica di tutto il rinascimento: il ponderoso volume di Sebastiano
Munster.58
I due gnomoni ancora presenti nell’orologio solare del Museo Nazionale di Ravenna potevano aiutarmi con estrema facilità a risalire
al luogo, o alla latitudine, per il quale si voleva fare funzionare lo strumento. La loro altezza sul piano sarebbe stata un dato
sufficiente per impostare alcuni calcoli risolutori. Ma proprio grazie a questo dato mi sono potuto rendere conto dei notevoli errori di
costruzione degli orologi italici, di cui s’è scritto precedentemente.
L’operazione ha avuto successo solo spostando l’attenzione sull’orologio “oltramontano”, che mi ha permesso di rilevare facilmente
la latitudine per cui venne costruito il “dittico”. Il confronto delle aperture angolari fra le sue linee orarie, ne fissa l’area geografica
media di utilizzo fra i 45 gradi e i 45.5 gradi di latitudine.59 Tuttavia, date le ridotte dimensioni, e alcuni piccoli difetti di incisione nelle
linee orarie che ne modificano in parte le angolature, si possono ampliare i limiti geografici di trenta primi in entrambe le direzioni
(44.5° e 46°) senza errori rilevanti (Tav. 1).
56
Ringrazio Nicola Severino per avermi fornito la lista delle opere stampate dal 1520 al 1529; C HARLES K. A KED-N ICOLA S EVERINO , International
Bibliography of Gnomonic, West Drayton (England), Roccasecca (Italy), September 1997.
57
A NTHONY J. TURNER, Dialling in the time of Giovan Battista Benedetti, in «Cultura, Scienza e tecniche nella Venezia del Cinquecento...», Istituto
veneto di scienze lettere ed arti, Venezia 1987, pp. 311-20.
58
S EBASTIANO M UNSTER, Compositio Horologiorum in plano, muro, truncis, anulo concavo, cylindro, et variis quadrantibus, cum signorum zodiaci et
divers. Horarum inscriptionibus, H.Petrus, Basieae 1531.
59
La latitudine di Venezia è effettivamente 45° 26’, ma praticamente tutti i dittici di Norimberga arrotondano a 45°.
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 49
Comparazione dei valori angolari fra le linee orarie dell’orologio solare orizzontale alle varie latitudini del Nord Italia.
OROLOGIO SOLARE DI
OROLOGIO SOLARE
RAVENNA
LAT. DI 44.5°
Angoli dalla
Angoli dalla
verticale (gradi) Ore
verticale (gradi)
Ore
110.5
V
110.9
V
90
OROLOGIO SOLARE
LAT. DI 45°
Angoli dalla
verticale (gradi)
Ore
VI
VI
V
90
OROLOGIO SOLARE
LAT. DI 46°
Angoli dalla
verticale (gradi)
Ore
110.5
110.8
V
90
OROLOGIO SOLARE
LAT. DI 45.5°
Angoli dalla
verticale (gradi)
Ore
VI
110.4
V
90
VI
90
VI
VII
70.5
VII
69.1
VII
69.2
VII
69.4
VII
VIII
52
VIII
50.5
VIII
50.7
VIII
50.9
VIII
IX
35.5
IX
35
IX
35.2
IX
35.5
IX
X
22
X
22
X
22.2
X
22.4
X
XI
10
XI
10.6
XI
10.7
XI
10.8
XI
XII
0
XII
0
XII
0
XII
0
XII
I
10.5
I
10.6
I
10.7
I
10.8
I
II
21.5
II
22
II
22.2
II
22.4
II
III
33.5
III
35
III
35.2
III
35.5
III
IIII
51
IIII
50.5
IIII
50.7
IIII
50.9
IIII
V
69.5
V
69.1
V
69.2
V
69.4
V
VI
90
VI
90
VI
90
VI
90
VI
VII
110.5
VII
110.9
VII
110.8
VII
110.5
VII
Le aperture angolari dell’orologio solare di Ravenna sono un po’ imprecise, ma le variazioni fra le latitudini interessate sono così minime che
permettono allo strumento un facile adattamento senza incorrere in grandi errori.
69.5
51.2
35.7
22.6
10.9
0
10.9
22.6
35.7
51.2
69.5
90
110.4
Nei due orologi a ore italiche, invece, dati gli evidenti errori, non è possibile stabilire un rapporto esatto con la latitudine d’uso.
Benché l’orologio del nostro Museo contenga molte imprecisioni, e non pareggi la bellezza e la preziosità dei suoi simili tedeschi, mi
sembra comunque che debba meritare ancora un po’ di attenzione da parte degli esperti. E viste tutte le premesse fatte nella prima
parte di questo articolo, non suonano affatto fuori luogo le parole usate dal dott. Tomba, in riferimento all’esistenza di questo “dittico”
a Ravenna; considerato come “un’evento di singolare rilievo”.
Dopo tanti anni che vivo a Ravenna, spesso mi ritrovo a scoprire aspetti nuovi dei suoi palazzi, piccole e deliziose cornici a cui non
avevo mai prestato attenzione, portali e giardini nascosti. Abituato, come sono, a guardare i miei piedi, mi sfuggono soprattutto le
cose che sono poste in alto, nel sotto-tetto. Con questo contributo spero di aver posto in luce un altro aspetto di Ravenna, della città
dai mille tesori, della Ravenna nascosta anche quando è esposta al pubblico. Un piccolo avorio, un piccolo gioiello della scienza
antica che può passare inosservato fra tante bellezze che il Museo Nazionale della nostra città offre allo sguardo dei suoi visitatori.
[email protected]
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 50
Dalle Mailing Lists
Alberto Nicelli ( Gruppo Astrofili Eporediesi )
Tempo di vacanze anche per le mailing lists ! Non sono molti gli argomenti discussi nei mesi estivi … ma è giusto che sia così !
Dopo tante elucubrazioni gnomoniche durante i freddi e bui mesi invernali ecco che il Sole finalmente sale alto nel cielo azzurro,
maestoso e caldissimo: è tempo di costruirle per davvero le meridiane ! Poche chiacchiere e al lavoro ! Calce e scalpelli, ponteggi,
squadre e compassi, filo a piombo, colori e pennelli : questi sono gli argomenti concreti dei mesi estivi ! Beh, certo, non tutti i
membri delle liste sono gnomonisti “praticanti”, questo è vero : ma anche coloro che vivono l’interesse per la gnomonica come pura
avventura intellettuale, o come indagine storico-artistica, o semplicemente come contemplazione estetica, non si sottraggono al
richiamo prepotente del Sole estivo, che offusca i pensieri come le stelle all’alba ! SOL OMNIBUS LUCET … Ma quest’anno la mite
Luna ha osato sfidarlo ad altezze meridiane e l’ha accecato per qualche minuto : grande spettacolo! E gnomonici effetti speciali ! …
Gnomonicalitalia
Foro gnomonico
Qual è la dimensione ottimale ? Questo è il problema di Mario Margotti, che ha dato luogo a un interessante dibattito in cui sono
intervenuti, anche a più riprese, Paltrinieri e Ferrari, oltre a Gunella, Bigozzi , Severino e Gilardi. L’argomento si rivela subito
alquanto difficile e sicuramente meriterebbe studi teorici più approfonditi ed esperimenti più sistematici: come spesso capita in
situazioni complesse si adottano delle regole empiriche che la pratica ha mostrato essere ragionevolmente valide: per meridiane
all’aperto il diametro del foro dovrebbe essere compreso fra 1/150 e 1/75 della massima distanza fra punto gnomonico e piano del
quadrante, ma per quelle a camera oscura le cose vanno un po’ diversamente … leggetevi questo scambio di mails, che dimostrano,
se mai ce ne fosse bisogno, quanti problemi interessanti e ancora aperti offre la scienza gnomonica .
L’ Eliocronometro
Rosario Mosello è interessato a reperire bibliografia e notizie su questo strumento di concezione meccanica e allega tre belle
immagini di un tipico esemplare : rispondono Mesturini, Cappelletti , Ferrari e Del Favero. Lo strumento permette una precisione al
minuto nella lettura dell’ora e veniva usato fino al ‘900 dalle Ferrovie Francesi per regolare gli orologi meccanici . L’argomento
eliocronometro è stato dibattuto poco tempo prima anche sulla Sundial Mailing List con particolare riferimento alle dimensioni del
foro per una migliore risoluzione dell’ora. Del Favero cita un sito internet ( http://www.dbweb.com/gunning ) di una ditta inglese che li
produce in vari esemplari , ma molto costosi ( cifre sui milioni di lire ! ) : tuttavia è interessante visitare il sito per le illustrazioni in
dettaglio degli strumenti. Del Favero invia in attachment alla lista i disegni per la riproduzione di un modellino didattico di
eliocronometro in cartone : decisamente più accessibile !
L’Eclissi di Sole sulle meridiane
Gli gnomonisti rappresentano una categoria proprio particolare degli astrofili : mentre questi erano tutti col naso all’insù con filtri e
telescopi puntati verso il Sole, essi preferivano guardare all’ingiù per osservare gli insoliti effetti di ombra e di luce, magari nella
penombra di chiese e cattedrali, per cogliere gli effetti speciali dell’eclissi attraverso il foro gnomonico delle grandi meridiane a
camera oscura. Così hanno fatto Guido Tonello in San Petronio a Bologna, Mario Catamo in Santa Maria degli Angeli a Roma,
Giovanni Bellina nella cattedrale di San Giorgio a Modica, che hanno scattato suggestive fotografie della macchia di luce a forma di
mezzaluna sulla linea meridiana : le fasi dell’eclisssi saranno state fotografate da migliaia e migliaia di astrofili in tutto il mondo, ma
pochissime e preziose sono le immagini del fenomeno visto attraverso il foro gnomonico ! Emblematico è quel punto interrogativo
immortalato da Tonello su una colonna all’interno di San Petronio, quasi che l’austero luogo si domandasse : che diavolo sta …
(oops !)… che cosa sta accadendo ?
Sundials Australia
Questo è il titolo del libro di Folkard & Ward di cui abbiamo gia’ parlato in una precedente rubrica : Gianni Ferrari se l’è fatto spedire
dagli autori e ne fa una breve recensione, sottolineando l’importanza del capitolo IX che descrive gli esperimenti sulla visibilita’
dell’ombra, tematica che non si trova sviluppata in nessun’altra pubblicazione. Il costo del libro è di circa 25 $ americani e si può
ordinare presso gli stessi autori ( Ferrari riporta indirizzi, numeri di telefono e tutte le informazioni che servono). E’ di fondamentale
importanza che la lista gnomonicaitalia, oltre che foro virtuale di discussioni tecniche, sia anche veicolo di spontanee e utilissime
informazioni bibliografiche a vantaggio di tutti gli appassionati ( … e della gnomonica !)
La Lemniscata più antica
Franco Martinelli chiede informazioni sulla lemniscata più antica riscontrata su una meridiana, in conseguenza all’adozione del
tempo medio: risponde Gianni Ferrari, che allega la foto della meridiana di Monge, un esemplare fra i più antichi, che risalgono alla
metà del 1700 : infatti fu J.P.G de Fouchy a introdurre per primo, nel 1740, la curva a 8 sulla base delle tavole dell’ Equazione del
Tempo calcolate dal famoso astronomo reale inglese Flamsteed . Quindi l’adozione della lemniscata su alcune meridiane precedette
di parecchio l’adozione del tempo medio, che avvenne in molte nazioni europee, tra cui anche l’Italia, circa un secolo più tardi.
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 51
Vocabolario di Gnomonica
Vi interessa un vocabolario completo di tutti i termini che riguardano la Gnomonica ? E’ stato pubblicata la seconda edizione del
GNOMONIC MULTILINGUAL VOCABULARY di Vallhonrat : 378 termini gnomonici descritti in tutte le lingue, 292 pagine, prezzo 35
EURO . Si può ordinare inviando uno chèque a Edicions Mainsa - Atenes 3 - 08006 Barcelona (Spain).
Sundial mail list di Daniel Roth
Qual è l’orientamento migliore per una meridiana ?
Per migliore Fernando Cabral intende quello che permette la più lunga esposizione al Sole durante il giorno, la più lunga esposizione
al variare delle stagioni, la migliore visibilità per gli osservatori. Il problema è interessante sia dal punto di vista pratico che teorico . I
suggerimenti sono stati diversi e fantasiosi : Slawomir Grzechnik propone una meridiana cilindrica con asse parallelo a quello
terrestre e gnomoni multipli in modo che almeno uno possa proiettare l’ombra, Tom McHugh propone un quadrante nel piano
meridiano con doppio gnomone cicloidale, uno su ogni faccia del quadrante (…?!), ma l’idea più semplice è sicuramente quella
proposta da Gianni Ferrari : una meridiana a riflessione con il quadrante verticale e uno specchio inclinato in modo da essere
sempre illuminato dal Sole ! Uno dei suoi programmi permette di calcolare la posizione ottimale dello specchio .
Il problema della longitudine
Lunga e piacevole discussione sui problemi della navigazione nel XVI secolo : gli appassionati di gnomonica non si limitano alla pura
tecnica costruttiva degli orologi solari, ma di solito hanno un’apertura culturale a molte tematiche, anche se alla gnomonica sono
legate solo in modo marginale ! Su questo tema vi consiglio di prendere in seria considerazione la lettura del libro “Longitudine” di
Dava Sobel : bellissimo ! E se volete c’e` anche un sito dove si descrive elegantemente il metodo di Flamsteed per calcolare la
longitudine basandosi sull’osservazione della Luna e dei satelliti galileiani di Giove, vi garantisco che merita una capatina:
http://www.ucl.ac.uk/sts/kollrstm/flammdl.htm
Le ore al crepuscolo
Mac Oglesby lancia un bel problema : progettare una meridiana che segni quante ore di luce restano prima che faccia buio. Molti gli
interventi per definire il significato di “buio” e per classificare precisamente i crepuscoli. Le linee orarie rispetto ai crepuscoli non sono
linee rette perche’ i cerchi di altezza relativi ai crepuscoli non sono cerchi massimi, essendo paralleli all’orizzonte : questo rende il
progetto niente affatto banale ! Ovviamente bisogna scriversi un programmino per computer che calcoli per punti le linee orarie
oppure procurarsene uno bell’e pronto : sull’argomento interviene anche Gianni Ferrari che porta come esempio un’immagine di una
meridiana orizzontale con linee orarie al crepuscolo progettata con uno dei suoi programmi. Alessandro Gunella ne ha progettata
una con AUTOCAD applicando niente di meno che l’antica tecnica dell’analemma di Tolomeo!
La declinazione del muro
C’è una semplice formuletta per calcolare la declinazione di un muro misurando la lunghezza dell’ombra di un ortostilo e senza la
necessità del filo a piombo : Jorge Ramalho la riporta come un semplice metodo usato da Yvon Massè:
d = A +/- arccos (g/(cos h .sqr(g2 + s2)))
Dove g è l’altezza dell’ortostilo, s la misura della sua ombra, A è l’azimut del Sole e h la sua altezza . Questi ultimi due dati possono
essere ricavati, per qualsiasi ora in cui viene effettuata la misura, dal calcolo con le note formule trigonometriche, oppure ( è anche
più comodo) da programmi come il Dialist’s Companion. Bisogna solo scegliere opportunamente il segno, mi permetto di completare
l’informazione di Jorge: se l’ombra cade a destra dell’ortostilo (rispetto all’osservatore) allora significa che A – d e’ positivo e quindi
si deve prendere il segno meno , viceversa se cade sulla sinistra.
Consigli per meridiane in pietra
John Carmichael, grande esperto nel lavorare la pietra, mette a disposizione la sua esperienza per rispondere alle domande
fondamentali e piu` frequenti di chi comincia a fare meridiane con questo tipo di materiale : come incidere le linee ? Quali colori si
possono usare sulla pietra ? Quali strumenti usare? Su questi argomenti ha scritto un articolo sul Compendium della NASS. Tutti gli
interessati sono apertamente invitati a visitare il suo studio in Tucson, Arizona ! Meritatamente Tony Moss gli fa i complimenti : non
e` usuale svelare i segreti professionali appresi faticosamente ! Mi piace citare testualmente le parole finali di …Master Carmichael :
“Well, that's about all I can think of that's necessary to get started.Again I wish you all good luck. Let me know how your experiments
in stone turn out and let me know your questions.” L’indirizzo di John Carmichael ? Voila` : http://www.azstarnet.com/~pappas
Il nostro spazio e` proprio finito qui: appuntamento alla prossima rubrica ! Anche se l’estate e` ormai un ricordo l’usuale saluto e`
sempre valido : SUNNY DAYS ! Nel senso piu` ampio : giorni sereni dentro di voi e buone meditazioni gnomoniche !
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 52
E’ NATA SOLARIA…Di Lucio Maria Morra e Fabio Garnero
In seguito alla crescente richiesta di prestazioni gnomoniche per
opere "istituzionali" (cioè relative ad importanti impianti destinati
alla pubblica fruizione, per lo più patrocinate da enti pubblici, nel
rispetto di procedure esecutive assolutamente a norma di legge), ho
dovuto affrontare l’occorrenza di assumere una più adeguata e
consistente identità fiscale. Per questo motivo ho costituito nel
maggio scorso assieme a Fabio Garnero la società SOLARIA
s.n.c., specializzata appunto nel settore delle meridiane e
finalizzata alla progettazione, alla costruzione e al recupero di
quadranti solari, nonché alla catalogazione, alla tutela e alla
diffusione del patrimonio gnomonico.
"Solaria" in latino significa "orologi solari" (solarium, solarii, n.) e
in lingua occitana - utilizzata in certe valli qui del cuneese - ha la
stessa accezione (al singolare). Ci è sembrato inoltre una
denominazione evocativa di luminosità, di vitalità, di spaziosità e bene augurale.
La SOLARIA s.n.c. nasce per fornire opere e servizi professionali assolutamente qualitativi e specializzati
in questo settore. Lo schema generale delle prestazioni di sua competenza si può sintetizzare in due campi di
attuazione: quello delle opere gnomoniche (realizzazione di nuovi quadranti solari; manutenzione, ripristino
e ricostruzione di quadranti solari; restauro di quadranti solari; realizzazione di impianti gnomonici
sculturali, monumentali e architettonici; perizie e consulenze specialistiche) e quello delle iniziative
gnomoniche (catalogazione di quadranti solari; ricerche storiografiche; promozione di specifici complessi
gnomonici; attività di divulgazione generale; produzioni editoriali; produzione e distribuzione di accessori
gnomonici).
In SOLARIA confluirà man mano tutta la mia produzione artistica, assumendo, grazie alla collaborazione
diretta di Garnero ed al plausibile progressivo apporto di ulteriori prestatori d'opera, un taglio più
"imprenditoriale". Il suo sviluppo sarà ovviamente graduale, in parallelo con il consolidarsi della richiesta da
un lato e della propria struttura produttiva dall'altro.
Il punto di partenza di SOLARIA è stato comunque l'affidamento di un ingente incarico, cui siamo al
momento attivamente impegnati, cioè il recupero e la rivalutazione dell'intero patrimonio gnomonico del
Comune di Bellino, in alta Val Varaita, in Provincia di Cuneo, al confine con la Francia. Inizialmente si
trattava di 31 quadranti, ma già durante la prima fase dei lavori ne sono stati scoperti altri 3.
L'elaborazione di un nostro dettagliato piano generale ha contribuito incisivamente alla attribuzione di un
finanziamento europeo per quest'opera. Oltre agli interventi diretti sui quadranti, sono già previste varie
iniziative per la promozione del patrimonio recuperato: alcune di queste, a breve scadenza (come la
definizione di un itinerario turistico-gnomonico corredato di appropriata cartellonistica, la produzione
programmata di vario materiale informativo, ecc.) hanno già un finanziamento, mentre per altre, a media e
lunga scadenza (la pubblicazione di una tesi di laurea già prodotta su questo argomento, la divulgazione
sistematica del patrimonio a mezzo stampa, video, mailing e internet, l'allestimento di un piccolo museo
gnomonico, l'edizione di cartoline, poster e di un libro fotografico, la realizzazione di nuovi impianti, ecc.),
verranno ricercati con il tempo nuovi patrocini.
Ciò che è importante, che dà spessore e attendibilità all'iniziativa, è appunto la sussistenza di una
pianificazione: è uno degli aspetti di una nuova mentalità, emergente - promossa ed apprezzata dalla
Comunità Europea -, cui SOLARIA intende fin dall'inizio aderire.
I lavori di recupero procederanno ancora per tutta la bella stagione dell'anno prossimo (in teoria i termini
contrattuali stabiliscono il 31 dic embre 2000 come data di consegna dell'opera ultimata, anche se in realtà,
essendo distribuiti i quadranti tra 1400 ed 2000 metri di altitudine, già a settembre le prime nevicate
imporranno la conclusione naturale dei lavori…).
Lucio Maria Morra
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 53
LE PRIME FOTO DI UN’ECLISSI DI SOLE SULLE LINEE MERIDIANE
Andrea Costamagna, Guido Tonello, Enrico Del Favero, Mario Catamo,
Giovanni Bellina, Ando Gilardi, Renzo Righi, Gianni Ferrari
Adattamento dei testi di messaggi e-mail a cura di Nicola Severino
In sordina, come l’ombra di uno gnomone, come il luminoso disco di luce che silenziosamente attraversa il pavimento di
una chiesa, alcuni gnomonisti si sono mossi indipendentemente con l’intento di immortalare per la prima volta nella
storia della gnomonica e della fotografia, l’evento di fine secolo e di fine millennio: l’eclissi di sole dell’11 agosto 1999.
Nessuno sapeva nulla, nessuno sospettava niente. Così, i “detectives” dell’ombra gnomonica hanno agito nella
semioscurità di alcune cattedrali per vedere cosa accadeva sul pavimento dove giace la linea meridiana, la mattina
dell’11 agosto 1999, attorno al mezzogiorno “vero”.
Come è divenuta nota poi questa strana iniziativa di pochissimi singoli gnomonisti? Semplicemente dalla curiosità
espressa da Andrea Costamagna nel suo messaggio alla lista italiana “Gnomonicaitalia”, il venerdì 27 agosto. Dopo aver
parlato dell’eclisse in generale, Andrea chiedeva:
A proposito, qualcuno ha fotografato in quell'occasione le meridiane a camera oscura, o ha fatto foto "curiose"?
Al che, giunse inaspettata la replica di Guido Tonello:
Carissimi Andrea e Barbara e a tutti gli amici di Gnomonicaitalia,
l'11 agosto ognuno ha visto l'eclisse a modo suo scegliendo, tra le
innumerevoli possibilità, quella che riteneva più interessante.
Io ho pensato di andarla vedere a Bologna in San Petronio.
Il cielo è stato splendidamente sereno per tutto il giorno.
Quei pochissimi che, come me, hanno scelto di vedere l'immagine del sole in
eclisse all'interno della Chiesa hanno dovuto accontentarsi di osservare,
per buona parte della durata del fenomeno, il disco solare proiettarsi attraverso il foro gnomonico del Cassini - su un
pilastro della navata .
Nonostante questo, credo che il gioco di luce che ne è nato mi abbia
regalato alcune immagini particolarmente simpatiche e fuori dalla norma.
Tra le altre ne allego una che mi è particolarmente piaciuta. Vi assicuro
che non ci sono trucchi fotografici.
Chi ha visto l'eclisse in diretta, alle nostre latitudini, noterà in questa
fotografia come le reciproche posizioni del sole e della luna siano
capovolte rispetto alla realtà.
Spero di vedere su "gnomonicaitalia" altre fotografie dell'eclisse viste
attraverso l'occhio degli gnomonisti.
Per quelle viste con gli occhi degli astrofili ne troveremo piene le pagine
delle riviste specializzate.
Cordiali saluti a tutti.
Guido Tonello
Noi poveri ignari, alla vista della curiosa e simpatica foto di Guido, siamo rimasti del tutto affascinati da qual punto
interrogativo luminoso che il foro gnomonico di S. Petronio proiettava sul pilastro della navata. Che l’iniziativa sia
piaciuta è un fatto che è stato confermato subito da Enrico Del Favero nel suo messaggio:
Vivissimi complimenti a Guido Tonello per il suo splendido enigmatico punto
interrogativo solare "eclittico" di San Petronio che ci ha regalato con la
sua del 28/8. E' veramente una immagine rara e singolare ottenuta
dall'interno di una camera oscura storica ( ce ne sono poche in giro e
quasi tutte concentrate nei paesi latini, e meno che meno interessate da
eclissi di sole quasi totali e che avvengano, per di più, vicino al
mezzogiorno ! ). Varrebbe la pena di farla conoscere anche alla lista
postale gnomonica internazionale (del Roth?) magari con l'aiuto di Diego
Bonata che so pratico di questo genere di rapporti. Nicola Severino
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 54
potrebbe poi pubblicarla su Gnomonica che ha ormai molti abbonati anche
all'estero.
Guido potrebbe forse avere anche l'immagine del passaggio sulla linea
meridiana del sole parzialmente eclissato (circa al 60-70% ? contro il 90%
del massimo bolognese delle 12,39 locali, ma si potrebbero forse fare dei
calcoli precisi confrontandoli con l'immagine fotografica reale) che
dovrebbe essere avvenuto circa mezzora dopo tale massimo. Il tutto potrebbe
costituire un bell'articolo, sempre per Gnomonica.
Saluti a tutti. Enrico
Come dire: “detto, fatto”. La cosa strana è che in S. Petronio ci è andato Tonello da Alessandria e non ha trovato il
posto occupato dal simpatico Giovanni Paltrinieri che ha preferito il mare....!
Mi associo a Del Favero complimentandomi con l'amico Tonello per la bella
immagine dell'Eclisse ritratta in San Petronio. Avevo già a suo tempo
inviato i miei complimenti privati in una precedente e.mail al medesimo, e
sono ora a sollecitargli l'eventuale invio elettronico di altre "chicche"
petroniane.
Il sottoscritto gnomonista bolognese si è fatto fregare dal Sole della
spiaggia di Cervia, confidando nel servizio fotografico dell'amico Italo
Frizzoni. Quest'ultimo ha fatto tutto un rullino in San Petronio, ma
purtroppo con una macchina fotografica normalissima automatica, senza
cavalletto e zoom. Risultato, quasi tutte nerissime salvo un paio scattate
verso mezzodì. La regola è sempre valida: Mai delegare se la cosa ti preme.
Ne riparleremo dunque tra un'ottantina d'anni, alla prossima eclisse.
Scherzi a parte, Bravo Tonello!!!!!!
Un pò di invidia per Lovotti che si è goduto l'Eclissi in prima fila. Io
la Meridiana me la sono improvvisata nel cortile dell'albergo al mare,
facendo un forellino su una striscia di stagnola Domopack e facendo
osservare agli ospiti la bella immagine che si proiettava su un foglio di
carta bianco posato al suolo.
Ho anche notato, fatto una foto (non ancora sviluppata), che nel periodo
intorno alla maggiore intensità dell'eclissi, i raggi solari facendosi
strada tra le foglie degli alberi e proiettandosi al suolo, disegnavano
tante "lunette" luminose, quasi si trattasse di una miriade di fori
gnomonici formati dalla diversa disposizione delle foglie: effetto assai
singolare.
Saluti a tutti, Giovanni Paltrinieri, Gnomonista in Bologna.
Dopo tanti complimenti, l’amico Tonello non poteva far finta di nulla. Così, arriva la replica con qualche dettaglio
sull’osservazione:
Cari amici, innanzi tutto ringrazio Del Favero, Paltrinieri e Ferrari (che mi ha scritto
privatamente) per aver apprezzato la mia fotografia. Poichè me ne richiedono altre ho
pensato di inviarne ancora due per tutti. I files sono abbastanza piccoli e quindi non
dovrebbero dare fastidio a chi non ha alcun interesse per queste fotografie. L'immagine
"eclisse2" è stata scattata pochi minuti dopo la fase massima dell'eclisse. In quel momento
la macchia luminosa del sole si proiettava all'interno di una zona transennata a causa di
restauri e quindi il mio punto di osservazione, al momento dello scatto, era laterale. Vedevo
la falce del sole venire verso di me (basso dalla foto) e la luna uscire dal sole verso l'alto
della foto. Il Sud è più o meno a sinistra della foto. La linea di demarcazione tra i due tipi di
pietre è longitudinale alla navata centrale. La "eclisse3" si riferisce al transito dal sole sulla
"linea meridiana" (TMEC = 13:20 ora legale pari alle 16:27:50 secondo l'Ora Italica da
campanile). Il Sud è verso l'alto della foto. L'immagine del sole si sposta verso sinistra e
l'ombra della luna esce dal sole verso destra. Esattamente al contrario di ciò che si poteva
vedere osservando direttamente il fenomeno in cielo. Sono visibili le numerazioni poste a
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 55
lato della linea meridiana. Il numero 56 corrisponde alle "parti centesimali del modulo" (100
moduli equivalgono alla distanza tra il foro gnomonico ed il punto verticale al foro che
termina sul pavimento). Il numero 2 (visibile in alto a destra) è parte del 27 ed indica i minuti
dell'ora italica dopo le ore 16. Mi farebbe piacere vedere qualche immagine scattata da
qualcuno di Voi sul tema "Eclisse gnomonica". Un caro saluto a tutti.
Guido Tonello
Fin qui tutto bene. Nessuno immaginava nemmeno lontanamente che il lavoro di Guido, oltre che curioso sarebbe
risultato anche una prima mondiale non solo nella storia della gnomonica, ma addirittura nella storia della fotografia!!!
Ma per questo ci voleva l’esperto. Così, Ando Gilardi, più che noto ormai sulla lista per le sue simpatiche lettere, ci
regala una piccola erudita digressione gnomonica, ma anche la notizia del primato che spetterà a Tonello (ma anche
agli altri pochi fortunati gnomonisti che hanno realizzato le immagini).
L'immagine prodotta da un foro stenopeico (San Petronio) può essere considerata non solo
come una figura (icona) naturale fotografica nel senso preciso della parola (fotografia:
rappresentazione della/con la luce), ma anche come il segno luminoso disponibile come
indicazione di una potenziale meridiana. Se questo vale, e vale, vale per tutte le immagini
stenopeiche. La bellissima fotografia eseguita da Guido Tonello in San Petronio è la
fotografia "fissata" di una fotografia effimera. Cioè, la riproduzione di una riproduzione
dell'eclisse. Tonello nella sua macchina e su un negativo l'ha raddrizzata: sulle colonne era
infatti capovolta. Bravo!!! La fotografia di Tonello non può essere paragonata a quelle
eseguite direttamente: è molto, molto di più. Deve passare alla Storia della Fotografia prima
che a quella delle eclissi. Si tratta (sempre nel negativo, prima dell'inversione in dia se
invertibile) di un capovolgimento della luce (in nero) e insieme del raddrizzamento di
un'immagine stenopeica del reale. Ammesso però che il Sole sia oggettivamente diritto nel
nostro emisfero, e visto capovolto a Città del Capo. Dove, secondo logica tolemaica, le
macchine fotografiche andrebbero usate capovolte (????). E' un tema degno della matita
dell'amico Agnelli.....ANDO GILARDI
Dopo tutto questo dire, finalmente qualcun altro prese coraggio e ci confessò di essersi chiuso in una chiesa il giorno
dell’eclissi di sole. Precisamente l’amico Mario Catamo che, abitando in Roma, non poteva scegliere posto migliore che
la chiesa di S. Maria degli Angeli, ove c’era ad attenderlo la storica linea meridiana di Francesco Bianchini, realizzata nel
XVIII secolo.
Cari amici, stimolato dalle belle immagini dell'eclisse in Chiese con
meridiane a camera oscura, allego anche io, tra le tante che ho scattato,
due fotografie dell'eclisse nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli, a Roma.
La meridiana è in restauro (finalmente !). Ho dunque preso le fotografie in
un vero e proprio cantiere. La prima mostra l'immagine del sole mentre
attraversa la linea meridiana. Purtroppo la riga di bronzo è stata
temporaneamente asportata e al suo posto, nella foto, appare una grossa, e
anche irregolare, striscia di gesso. L'effetto mi sembra ugualmente
suggestivo. La seconda contiene la stessa immagine fortemente ravvicinata
con lo zoom, interessante perché sta coprendo la cifra in bronzo "50", che
come ben sapete tutti, è la tangente, in centesimi, della distanza zenitale
del sole, appunto pari a 0.5 a Roma il giorno 11 agosto alle 12 locali.
Mentre io non mi muovevo dalla Chiesa, per scattare le fotografie, la mia
nipotina di 10 anni (e molti miei amici, da me informati, ma inizialmente
increduli), hanno goduto con stupore ed entusiasmo la danza delle falci
solari tra le ombre degli alberi.
Mario Catamo.
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 56
Ed ecco che i monaci cominciano ad uscire...Niente di meglio che sentire (e vedere) una voce “nel deserto”: Giovanni
Bellina dalla Sicilia, grazie al quale sarà poi anche possibile un confronto delle osservazioni a diverse latitudini.
Cari amici
Dopo aver molto apprezzato le immagini regalateci dall’amico Guido
Tonello sento il bisogno di aggiungere le mie realizzate all’interno
della Cattedrale di San Giorgio nella città di Modica. I dati sono
scritti direttamente sulle foto.
E’ interessante confrontare l’ora italiana segnata dallo strumento di
S.Petronio e quella segnata dalla meridiana di Modica , diversa
latitudine e longitudine e forse …diverso punto di riferimento iniziale
per il computo ( quanto dopo l’effettivo tramonto ?). Si conferma ancora
una volta che fino alla fine del secolo scorso le comunità cittadine
vivevano secondo tempi diversi da un luogo all’altro.
Al momento dello scatto la fase di massima eclisse (65%)( ore 12:32 del
tempo medio estivo) era passata da un pezzo.
Entro la fine di Settembre aggiungerò al mio sito web qualche pagina con
una sequenza di foto che documentano passo-passo il procedere
dell’eclisse all’interno della chiesa.
A presto
Giovanni Bellina
http://www.ragusa.net/meridiane/
L’interesse delle immagini di Tonello si fa sempre più vivo. Ando Gilardi, grazie al quale abbiamo appreso appieno il
valore storico delle stesse immagini, richiede alcuni dettagli dell’osservazione e sui mezzi utilizzati.
Egregio signor Tonello,
come fotografo e specialmente come storico della Fotografia ho immensamente
apprezzato la sua istantanea dell'eclisse in san Petronio: come ho già detto
questa fotografia ottica fissa di una fotografia stenopeica effimera penso
che sia un documento unico nella storia del mezzo. Sempre come fotografo e
storico, se non è un segreto, e allo scopo di scrivere un pezzo sulla
rivista Progresso Fotografico, mi interessa conoscere: a) il tipo e nome
dell'apparecchio che ha usato; b) specialmente il nome e i dati
dell'obiettivo (lunghezza focale. diaframma e tempo di esposizione; c) il
nome e i dati della pellicola (sensibilità, tipo); d) l'ora esatta della
ripresa; e) se la ripresa è stata eseguita a mano libera, Penso che queste
informazioni possono interessare anche gli altri amici di gnomonicaitalia.
ANDO GILARDI
Pronta la risposta di Tonello in cui sviscera tutti i segreti dell’osservazione.
Egregio Signor Gilardi,
Poichè mi ha interpellato, Le rispondo.
Premetto che non sono un bravo fotografo e tantomeno lo sono stato in
quell'occasione.
Prova ne è che nelle altre fotografie non si vede nulla della linea
meridiana e pochissimo del pavimento.
Ho usato una Nikon F801 con obiettivo NiKon AFNikkor 35-70mm (1:3.3-4.5).
Ovviamente ho utilizzato la lunghezza focale di 70mm, il massimo che mi era
consentito non avendo portato con me il teleobiettivo, stessa marca (70-210mm).
La pellicola era una Kodak - Elite crome a 100 ISO per diapositive a colori.
Il campo di ripresa era molto più ampio di quello che si vede nella
fotografia che ho inviato.
L'immagine è stata "scannerizzata" ad elevata risoluzione, quindi ingrandita
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 57
e ritagliata con il computer.
L'ora esatta non la ricordo, diciamo verso mezzogiorno più o meno.
Ho utilizzato l'esposizione automatica, con cavalletto, e non mi sono
preoccupato di rilevare tempi e diaframmi: mi sono fidato dell'automatismo.
Sono certo che i tempi di posa erano abbastanza lunghi, potrei dire di un
secondo o forse più, da come percepivo lo scatto di apertura e chiusura
dell'otturatore.
Mi dispiace di non essere più preciso, ma in quei momenti ero più attratto
dalle strane forme che assumeva la falce solare che non dalla macchina
fotografica.
Guido Tonello
Infine, arriva inaspettato anche il messaggio di Gianni Ferrari che presenta le foto eseguite da Renzo Righi (che io
credevo intento su qualche soppalco a disegnare meridiane al sole, con una pausa per l’eclissi...).
Cari amici,
mando allegate due fotografie dell'eclisse del l'11
Agosto fatte dal comune amico gnomonista RENZO RIGHI di Correggio.
Invio io le fotografie dato che Renzo non é ancora collegato ad Internet :
in veritá Renzo mi ha portato le foto in visione e io ho insistito per
poterle distribuire in giro.
La linea meridiana esisteva sino ad una trentina di anni fa nella chiesa
della Collegiata a Novellara (RE) ed era realizzata ( a memoria dei vecchi)
con una striscia di marmo della larghezza di circa 10 cm.
Quando si decise di rendere piú bella (sic!) la chiesa venne sostituito
l'antico pavimento in cotto - nel quale era posizionata la linea
meridiana - con un pavimento in marmo , eliminando del tutto quello che si
trovava sul pavimento stesso.
Il foro gnomonico (vedi foto) é ancora presente ed é posto su uno dei lati
della chiesa ; la linea meridiana partiva da una cappella laterale (che si
vede nella fotografia ) e arrivava sino a metá della navata centrale
superando anche un gradino.
Righi, avuta qualche tempo fa notizia dell'esistenza della linea meridiana
si é subito interessato per una sua ricostruzione, almeno parziale. Ha gia
provveduto a fare tutte le misure necessarie e si augura di poter portare
avanti la cosa in tempi sufficientemente brevi (burocrazia, Sovrintendenza
beni culturali, fondi, ecc.)
Ora la linea é tracciata su un nastro e i segni zodiacali - correttamente
posizionati - sono disegnati sul pavimento.
Dati tecnici : Altezza Foro : 520 cm, foro ellittico delle dimensioni di 12
x 10 mm (asse maggiore orizzontale), dimensione maggiore della immagine del
Sole sulla linea nel giorno dell'eclisse circa 65 mm.
Un caro saluto a tutti
Gianni
Beh! Non c’è che dire. Sono convinto che se l’eclissi di Sole ci regalasse un bis a breve scadenza, questa volta
sarebbero davvero molto affollate le chiese con linee meridiane.
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 58
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 59
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 60
Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 61
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Giacomo Agnelli presenta…