La “florida” Florida di Palm Beach

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La “florida” Florida di Palm Beach
16/09/12
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NON SOLO VIAGGIO
ARTICOLO IN ARCHIVIO
La “florida” Florida di Palm Beach
di Luisa Espanet
Cento chilometri a nord di Miami e di fronte alle Bahamas, ecco la città dei pensionati d’oro
d’America, del superfluo ostentato, delle improponibili architetture. Dove regnano le grandi “firme” e i
chirurghi plastici
Il nome evoca paradisi di relax e di palme sul mare.
A Palm Beach il mare c’è, la spiaggia anche, così come il
sole e le palme.
Ma l’effetto idilliaco si limita a poche oasi, per lo più private.
Per il resto prevale lo stile cantiere: mare torbido, sabbia da
palude, edifici da periferia, vegetazione scarsa. Eppure è il
luogo deputato per la “vacanza-pensione” dei ricchi della
East Coast, come prova il reddito pro capite più alto degli
States.
Palm Beach
Centro commerciale a cielo aperto
Il centro storico, se così si può definire senza rispetto per
l’Europa della tradizione, è costituito da due strade parallele,
collegate fra loro da piccole traverse che corrono
perpendicolari all’Ocean Boulevard. La più importante è
Worth Avenue.
In poco più di un chilometro sono concentrate le più famose
firme della moda, della gioielleria, del design, le gallerie
d’arte più accreditate, antiquari dai prezzi inarrivabili,
parrucchieri sofisticati, ristoranti trendy.
I negozi, se non si chiamano Chanel, Tiffany, Gucci con le
Boutiques sulla Worth Avenue
stesse dimensioni dei corrispondenti sulla Fifth Avenue a
New York, sono boutique di super nicchia, gestite
direttamente dai proprietari.
Vi si vende solo cashmere, o solo bluse e babbucce in seta ricamata, o solo ricercati guinzagli e costose
cucce per cani, o solo cappelli di paglia o cioccolatini “gioiello” provenienti dai templi mondiali dell’oro
nero. C’è anche chi propone attrezzature da giardino, come Devonshire, ma non aspettatevi di vedere
sedie di paglia e ombrelloni; in vendita fontane barocche in pietra, panchine in marmo, vasi con volute
corinzie, statue di ninfe e satiri, tutto datato almeno ottant’anni fa.
Giovani a tutti i costi
Dai negozi escono cloni della Barbie, seguiti da “vallet” o
“chauffeur” sommersi da cumuli di sacchetti firmati. Salgono
sulle loro Rolls Corniche, Jaguar, Ferrari posteggiate in
seconda fila. Magrissime, biondissime, strizzate in
pantaloni-guaina di pelle rara e camicie iper ricamate,
ancheggiano su tacchi a stiletto di Jimmy Choo o su
mocassini Tod’s.
Sembrano ragazzine anoressiche, viziate da nonne ricche e
indulgenti, ma più ci si avvicina più si capisce che le nonne,
ma in età da bisnonne, sono loro. E i ragazzoni a fianco, con
Ferrari lungo South Ocean Boulevard
capelli appena brizzolati in tenuta da golf, non sono i papà
quarantenni, ma i mariti ultraottantenni, vittime anche loro della chirurgia plastica.
Qui i sorrisi stereotipati e fermi, raccontano decine di lifting e non sempre di successo. Si inseriscono in
pieno in un contesto, dove il “finto” più che un “must” è uno stile di vita.
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Nel regno del finto
A cominciare dalle case. Le più “pregevoli”, indicate dalle
guide, datano ai primi del Novecento. Sono palazzotti con
bifore da Canal Grande che si alternano, senza pudore, a
castelletti con rivestimenti in simil bugnato rustico fiorentino.
Le decorazioni a piastrella tipo azulejos portoghesi si
incrociano con quelle di ceramica genere Vietri o Positano.
Nulla si nega però alle fonti di ispirazione: le stradine si
chiamano Piazza Torlonia o Via Paris (scritte proprio così)
mentre il piccolo gioielliere sceglie come insegna la scritta
“Verdura”.
Anche i cani hanno l’aria imbalsamata e finta. Tutti
Ville in stile Rinascimento italiano
esemplari di razza, vengono portati al guinzaglio a gruppi
almeno di tre. Solo alani o irish wolfhound da un metro al garrese sono tollerati uno alla volta. Per i cani
c’è anche un bar. È una vasca con mattonelle di maiolica, sempre piena d’acqua, accanto all’entrata di
una galleria d’arte. È la brillante idea del gallerista cinofilo, il cui raffinato negozio è citato in cataloghi e
guide come “Philips Galleries dog-bar”.
Persino i mezzi di trasporto sono surreali. Le auto hanno solo dimensioni gigantesche: o sono da corsa
adatte a un circuito, o fuoristrada per attraversare il deserto, o limousine allungate per ospitare
comodamente dieci persone.
Gli autobus, invece, non esistono e i taxi essendo solo due, chiamandoli al telefono, si può arrivare ad
aspettarli anche un’ora. Nessun problema invece per il noleggio di una limousine con autista.
Verde sull’oceano
Reale, anche se nel solito palazzotto stile eclettico con
“penchant” al Rinascimento italiano, la “Preservation
Foundation of Palm Beach” nella parallela Peruvian Avenue.
Da vedere non tanto per le foto, i dipinti, gli oggetti sulla
storia della città, quanto per il giardino dove sono state
recuperate e coltivate piante tropicali in via di estinzione. È
anche l’unica oasi di vegetazione del centro.
Per trovare il verde e gli alberi bisogna percorrere Ocean
Boulevard, che costeggia l’Oceano, dove si affacciano le
ville dei pensionati di lusso.
Tutte in uno stile anonimo, senza ricerca architettonica,
Villa di lusso sull'Ocean Boulevard
sono caratterizzate da prati all’inglese splendidamente
tenuti, piscine di dimensioni olimpioniche, vetrate che lasciano intravedere arredi principeschi.
È qui, al numero 1100 dell’Ocean Boulevard che si trova il “Mar-a-Lago Club”, comparso di recente sulle
riviste di gossip di tutto il mondo per aver ospitato il terzo, fastosissimo matrimonio di Donald Trump con
la trentatreenne modella Melania Knauss.
In stile moresco, con contaminazioni neo-gotiche e strizzate
d’occhio al Settecento francese, la villa fu fatta costruire in
quattro anni da Marjorie Post, ricca vedova che la abitò dal
1927 fino agli anni Sessanta, solo da metà gennaio a fine
febbraio.
Dal 1985 appartiene a Donald Trump che l’ha usata come
residenza privata fino al 1995. Quandi decise di trasformarla
in un club superesclusivo, dotandola di qualche accessorio:
dai campi da tennis al campo da golf, dal campo da cricket al
Beach Club con enorme piscina, fino a un padiglione con
Mar-a-Lago Club
“ball-room” con venti giganteschi lampadari a gocce di
Boemia da far impallidire Versailles, Schönbrun e l’Hermitage messi assieme. Immutato in tutta la sua
opulenza “kitsch”, invece, è rimasto l’arredo della villa, con solo qualche aggiunta di “pezzi” del
Quattrocento italiano per “alleggerire”.
Effetto “Truman Show”
Aperto a tutti e da non perdere è invece il “Norton Museum of
Art”.
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Creato nel 1941 da Ralph e Elizabeth Norton e ristrutturato
di recente, oltre a una collezione permanente di cinquemila
opere di arte contemporanea, cinese, americana, europea e
di fotografia, ospita ciclicamente delle mostre di grande
rilievo.
Ha ospitato sino ai primi di maggio un’esposizione di
sculture, dipinti e oggetti sull’esplorazione spagnola dal
1492 al 1819. Inizia, invece, a giugno e continuerà fino ai
primi di settembre “Excusions in Tourism”: più di duecento
fotografie dal 1840 a oggi sul tema del “viaggio”.
West Palm Beach
Il museo si trova in Olive Avenue, una delle grandi strade di
West Palm Beach, la nuova parte della città che sta al di là del “creek” (baia). Qui è stata ricostruita una
dependance-clone di Palm Beach per un pubblico meno ricco e più alternativo, dove ci sono meno
ristoranti esclusivi e più birrerie e le firme “top” della moda internazionale sono sostituite dai grandi
gruppi americani come Gap o Banana Republic.
Le strade hanno case a due, massimo tre piani, con portici
e sottofondo musicale nelle ore di shopping, piazze con
fontane, locali con dehors, discoteche, self service: una
Disneyland a cancelli aperti dove ci si sente come nel film
“Truman Show”.
Non lontano, in una zona desolata fra il mare e la ferrovia,
c’è il palazzo delle fiere di recentissima costruzione. Qui, tra
le varie esposizioni, si è tenuta ai primi di febbraio la “Palm
Beach! America’s International Fine Art & Antique Fair” (con il
punto esclamativo di Palm Beach), che in soli due anni è
diventata uno degli appuntamenti internazionali più
Aree residenziali tipo "Truman Show"
importanti per antiquariato, gioielleria, arte, design.
Con pezzi che vanno dal vaso Ming cinese, al dipinto del Quattrocento italiano, al tavolo déco francese, al
divano Biedermeier, ai numerosi Picasso e Chagall.
A inaugurare l’edizione di quest’anno, in abito rosso e sandali con pioggia di veri brillanti, la neo moglie
di Donald Trump, uno dei membri del “Connoisseurs Committee”.
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