5. PROGETTO DI COLTIVAZIONE DEL GIACIMENTO 5.1. Stato

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5. PROGETTO DI COLTIVAZIONE DEL GIACIMENTO 5.1. Stato
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
5. PROGETTO DI COLTIVAZIONE DEL GIACIMENTO
5.1. Stato attuale dei terreni
Come si è avuto modo di descrivere in precedenza, trattando la geologia e la morfologia del
sito, l’area richiesta in autorizzazione è costituita da terreni posti nella piana di fondovalle del f.
Tanaro, in sponda sinistra del corso d'acqua, immediatamente a Sud – Est del nuovo viadotto del
collegamento autostradale “Asti – Cuneo”, realizzato negli anni trascorsi.
I terreni sul fondovalle mostrano un andamento sub-pianeggiante, con una quota topografica
media di circa 135 - 136 m s.l.m., come risulta dalle sezioni e dalle planimetrie allegate (Cfr.: Tav.
2 - Planimetria stato attuale e Tav. 5 - Sezioni stato attuale, massimo scavo e finale).
Il corso d'acqua, in corrispondenza dei terreni interessati dall'attività estrattiva, si imposta ad
una quota del pelo libero che scende dai circa 129 metri s.l.m. dell’estremità di monte ai circa 127
m s.l.m. di quella di valle; esso risulta delimitato da sponde alte sino a 5÷6 metri, anche se
localmente, soprattutto in sinistra idrografica, il dislivello risulta ripartito tra diverse scarpate di
altezza minore, con fasce di terreno a diversa altezza.
La quota dei terreni interessati dal progetto di cava è quindi sopraelevata mediamente di
almeno 5÷6 m rispetto al pelo libero del fiume Tanaro; fra l’area di cava ed il corso d’acqua si
interpone, inoltre, un argine di natura privata, realizzato alcuni decenni or sono (la sua presenza è
già riportata sulla cartografia IGM, aggiornata negli anni ’60 del secolo scorso), che corre
parallelamente alla sponda del fiume e con il quale l’area in disponibilità confina sul lato sudorientale (il limite di proprietà corre infatti in corrispondenza alla sommità dell’argine).
I terreni stessi sono posti altresì in prossimità, sul lato occidentale, del viadotto con il quale il
collegamento autostradale “Asti – Cuneo”, realizzato negli anni trascorsi, supera il corso d’acqua.
Sui restanti lati, l’area di cava confina con terreni agricoli; sul lato nord, si tratta tuttavia di
terreni già ribassati negli anni trascorsi per effetto di precedenti interventi estrattivi condotti, ai
sensi della L.R. 69/78, in territorio del medesimo Comune di Govone o in quello del limitrofo
Comune di Costigliole d’Asti; di conseguenza, l’intervento estrattivo in progetto è stato impostato
così da pervenire al raccordo e livellamento morfologico del sito di cava con le adiacenti aree già
ribassate in precedenza.
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5.2. Sviluppo della coltivazione mineraria
I terreni oggetto della presente richiesta di autorizzazione, come riportato sulla planimetria
allegata (Cfr.: Tav. 2 - Planimetria stato attuale), sono posti in territorio del Comune di Govone
(CN), in prossimità del confine col territorio comunale di Costigliole d’Asti (AT).
L’area in parola è racchiusa all’interno di un’ampia ansa del Tanaro, rispetto al cui tracciato i
confini amministrativi risultano oggi non concordanti; grosso modo in corrispondenza all’ansa del
Tanaro, come illustrato nell’allegato estratto di cartografia CTR, corre una strada interpoderale, non
riportata sulle planimetrie catastali, che costituiva l’accesso alla Cascina Bonifica (ancora riportata
sulla cartografia CTR, ma demolita a fine anni ’90) e all’edificio rurale posto al culmine dell’ansa
fluviale, in territorio del Comune di Costigliole d’Asti (anch’esso demolito, nel trascorso anno
2014).
Come indicato sull’allegato estratto cartografico, i terreni posti a nord della strada
interpoderale sono stati oggetto di coltivazione mineraria negli anni trascorsi, sia in territorio del
Comune di Govone (settore nord – occidentale) che in quello di Costigliole d’Asti, così che l’intera
porzione settentrionale dell’area racchiusa nell’ansa fluviale risulta ora altimetricamente ribassata,
con la strada interpoderale che corre presso la sommità della scarpata che la delimita verso sud.
Negli anni trascorsi, era poi stata presentata istanza di autorizzazione al Comune di Govone
per la coltivazione della porzione nord – occidentale dell’area oggetto della presente istanza: si
tratta di un corpo di terreni di forma rettangolare, per il quale l’autorizzazione ex L.R. 69/78 (di cui
si richiede ora il rinnovo ex art. 10 della legge medesima) era stata rilasciata con Autorizzazione
prot. n. 608 in data 11.02.2008, a firma del Responsabile del Servizio del Settore Tecnico – Servizio
Opere Pubbliche.
Come illustrato nell’allegato estratto cartografico, l’area in parola è delimitata verso nord
dalla succitata strada interpoderale, e verso est da una strada interpoderale secondaria, che si diparte
verso sud da quella principale; il sedime di quest’ultima non è stato ribassato durante gli scavi, così
che la coltivazione mineraria ha dato origine ad una depressione di forma quadrangolare.
Al momento attuale, nella cava in parola le operazioni di coltivazione mineraria sono
terminate, anche se una porzione marginale dei terreni di cava, sul lato occidentale dei medesimi,
non è stata sinora coltivata; nella cava medesima si stanno ora ultimando le operazioni connesse al
recupero ambientale (esclusivamente per quanto riguarda le cure colturali).
L’acquisizione della disponibilità di nuovi limitrofi lotti di terreno, adiacenti ed in continuità
fisica con quelli per i quali era già stata rilasciata l’autorizzazione ex L.R. 69/78, ha consentito di
predisporre il presente progetto di rinnovo ed ampliamento della suddetta autorizzazione, che andrà
ad interessare innanzitutto un appezzamento di forma rettangolare, posto in continuità, sul lato sud,
di quello a suo tempo già oggetto di autorizzazione.
Come illustrato sull’allegato estratto di cartografia CTR, gli scavi interesseranno altresì un
secondo corpo di terreni, di forma sub - triangolare, delimitato verso nord dalla strada interpoderale
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principale, verso ovest da quella secondaria e verso sud dal tracciato dell’argine privato presente in
sponda sinistra del f. Tanaro.
Sul lato sud, il limite effettivo all’ampliamento degli scavi è dato dalla necessità di
mantenere gli stessi esternamente alla fascia perifluviale, ampia 150 metri dalla sponda del f.
Tanaro, soggetta a vincolo ambientale ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004.
L’area in disponibilità, relativamente ai terreni oggetto di nuova acquisizione, ha
un’estensione catastale complessiva pari a circa 77.500 m2, cui si aggiungono i 32.700 m2 circa
dell’area autorizzata nel 2008, nella quale si procederà ad una limitata ripresa della coltivazione
mineraria, così da esaurire le volumetrie ancora estraibili sul lato occidentale dell’area di cava, e
verranno completati ed ultimati i lavori di recupero ambientale: la superficie totale oggetto di
istanza è pari quindi a circa 110.200 m2.
Per effetto della morfologia di dettaglio dell’area, e dell’esigenza di limitare gli scavi, nei
terreni oggetto di ampliamento, esternamente alla fascia perifluviale (ampia 150 m dalla sponda del
f. Tanaro) soggetta a vincolo paesaggistico ex D.Lgs. 42/2004, l’area effettivamente interessata
dall’ampliamento della coltivazione mineraria sarà pari solamente a circa 54.950 m2, cui si
aggiungono circa 2.000 m2 di residuo non ancora coltivato, posto sul lato occidentale dell’area già a
suo tempo autorizzata.
La coltivazione mineraria non darà origine ad una “fossa” chiusa su tutti i lati, ma porterà
invece al raccordo morfologico con le aree adiacenti, poste a nord del sito di cava, già ribassate in
precedenza nell’ambito di interventi estrattivi regolarmente autorizzati dagli Uffici Competenti, così
da portarle in continuità morfologica.
In particolare, il fondo dell’area ribassata per effetto degli scavi verrà livellato con una
debole pendenza verso est, nel settore occidentale (a ovest della strada interpoderale secondaria), e
verso nord – est in quello orientale, così da consentire il deflusso per gravità delle acque
meteoriche, indirizzandole verso il limitrofo lotto di terreni già ribassati in precedenza, posti a nord
dell’area di cava e con i quali quest’ultima verrà portata in continuità morfologica ed altimetrica.
La strada interpoderale presente sul lato nord – orientale verrà mantenuta nella sua posizione
planimetrica attuale, ribassandola altimetricamente, e raccordandola, mediante una rampa di ridotta
pendenza (<10%) al tratto iniziale, non ribassato.
Si provvederà peraltro ad un locale intervento di livellamento, in corrispondenza all’area di
cava già autorizzata nel 2008, operando su spessori di ordine decimetrico, così da conferire una
pendenza uniforme ai terreni di cava, grazie anche al fatto che il fondo scavo, che attualmente
risulta chiuso su tutto il suo perimetro, verrà invece portato in continuità altimetria e morfologica,
sul lato meridionale, con le aree oggetto di ampliamento degli scavi.
Sul lato settentrionale, delimitato dal sedime della strada interpoderale principale (che non è
stato ribassato), l’area già autorizzata nel 2008 verrà in parte ripristinata ritombandola mediante il
riporto di materiale sterile inerte (essenzialmente terre e rocce da scavo), così da portarla in
continuità altimetrica con il sedime stradale, che fungerà da “argine”, verso nord, per delimitare
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fisicamente l’area oggetto di ritombamento (di forma sub-rettangolare e ampia circa 180 x 50 metri)
(Cfr.: Tav. 4 – Planimetria stato finale).
Verso est, l’area oggetto di ritombamento sarà invece delimitata fisicamente dal primo tratto
della strada interpoderale secondaria, della lunghezza di 40 – 50 metri, che non verrà ribassato e
manterrà la sua quota altimetrica attuale.
Sui restanti lati, sul confine sud – occidentale e meridionale dell’area di intervento, al bordo
dell'area estrattiva verranno mantenute, in adempimento anche di quanto prescritto dal D.P.A.E.,
delle scarpate con una acclività molto dolce (1:3, ossia con pendenza di circa 18°).
In fase preliminare, verrà asportata ed accantonata la copertura terrosa sterile presente in
superficie, costituita dal terreno humico agrario; si procederà quindi alla coltivazione del sottostante
deposito alluvionale ghiaioso - sabbioso e ciottoloso.
Ai fini del recupero ambientale, il fondo dello scavo verrà spianato e livellato, per
ridistendervi infine il terreno agrario accantonato nella fase preliminare di scotico, livellando infine
i terreni di cava con quelli adiacenti (lato Nord) già ribassati nell’ambito di precedenti interventi
estrattivi e con i quali i terreni di cava verranno portati in continuità morfologica.
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Individuazione, su estratto di cartografia CTR, dell’area estrattiva già autorizzata ex L.R. 69/78 dal Comune
di Govone e richiesta in rinnovo ex art. 10 (contorno arancione) e dell’area richiesta in ampliamento ex art. 8
(contorno
orno rosso), rispetto alle limitrofe aree già oggetto di coltivazione mineraria in passato, in Comune di
Govone (contorno blu) e di Costigliole d’Asti (contorno verde).
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5.3. Cubature estraibili
Come riportato nell'allegata planimetria catastale (Cfr.: Tav. 1 - Estratto di mappa catastale),
rispetto ai terreni già autorizzati nel febbraio 2008, oggetto dell’istanza di rinnovo autorizzativo e
corrispondenti ai mappali n. 91, 266, 267, 270, 275, 327, 328, 329 e 330 del F° I “Govone”, per una
superficie catastale di circa 32.700 m2, l’area oggetto di ampliamento è posta a sud e ad est dei
terreni stessi, con i quali risulta fisicamente confinante.
Essa corrisponde ai mappali n. 89, 265, 269, 331, 360, 380, 542, 544, 546 e 548 del F° I
“Govone”, e presenta una superficie catastale complessiva di circa 77.500 m2.
Per quanto detto, l'attività estrattiva risulterà da autorizzarsi su un'area catastale complessiva
pari a circa 77.500 m2, cui si aggiungono i 32.700 m2 circa dell’area autorizzata nel 2008, nella
quale verranno completati ed ultimati i lavori di recupero ambientale; in particolare, si procederà ad
operazioni di livellamento (settore meridionale) e di ritombamento (porzione settentrionale), oltre
che ad una limitata ripresa della coltivazione mineraria, così da esaurire le volumetrie ancora
estraibili sul lato occidentale dell’area di cava.
La superficie totale oggetto di istanza è pari quindi a circa 110.200 m2; per effetto della
morfologia di dettaglio dell’area, e dell’esigenza di limitare gli scavi, nei terreni oggetto di
ampliamento, esternamente alla fascia perifluviale (ampia 150 m dalla sponda del f. Tanaro)
soggetta a vincolo paesaggistico ex D.Lgs. 42/2004, l’area effettivamente interessata
dall’ampliamento della coltivazione mineraria sarà pari solamente a circa 54.950 m2, cui si
aggiungono circa 2.000 m2 di residuo non ancora coltivato, posto sul lato occidentale dell’area già a
suo tempo autorizzata.
Come già discusso, il fondo dell’area ribassata per effetto degli scavi verrà livellato con una
debole pendenza verso est, nel settore occidentale (a ovest della strada interpoderale secondaria), e
verso nord – est in quello orientale, così da consentire il deflusso per gravità delle acque
meteoriche, indirizzandole verso il limitrofo lotto di terreni già ribassati in precedenza, posti a nord
dell’area di cava e con i quali quest’ultima verrà portata in continuità morfologica ed altimetrica.
In funzione delle quote altimetriche attuali e di quelle finali (che sono state individuate sulla
base della necessità di mantenere un franco di rispetto di almeno 1 metro dalla massima escursione
della falda acquifera, riscontrata nella primavera del 2009), le quote di scavo sono variabili da punto
a punto, così che il calcolo delle volumetrie estraibili può essere sviluppato suddividendo l’area di
cava in 3 settori distinti: si può infatti individuare un settore sud – occidentale, posto a sud dell’area
già coltivata in passato, caratterizzato da un maggiore spessore utile (che raggiunge un valore
medio di circa 3 metri), rispetto a quello centro – orientale ed all’estremità orientale, con un
progressivo “assottigliamento” del giacimento estraibile, che si riduce a circa 2 metri.
Nel settore sud – occidentale, su una superficie coltivabile pari a circa 23.440 m2,
considerando uno spessore utile medio di circa 3 metri, ne risulta che il volume del materiale
asportabile è pari, in situ, a circa 70.300 m3; da questo materiale occorre sottrarre però il materiale
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corrispondente alle scarpate laterali, pari a circa 4.700 m3 di misto naturale da lasciare in posto per
raccordare i terreni di cava, sui lati Ovest e Sud, a quelli confinanti; sarà però possibile “recuperare”
circa 2.500 m3 di materiale, a suo tempo lasciati in posto sul lato sud dell’area già coltivata.
Nel settore centro - orientale, invece, su una superficie coltivabile pari a circa 23.630 m2, lo
spessore utile medio è pari a circa 2,8 metri; ne risulta che il volume del materiale asportabile è pari,
in situ, a circa 66.100 m3; anche in questo caso, da questo materiale occorre sottrarre il materiale
corrispondente alle scarpate laterali, pari a circa 1.700 m3 di misto naturale da lasciare in posto per
raccordare i terreni di cava, sui lati Nord - Ovest e Sud, a quelli confinanti; sarà però possibile
“recuperare” circa 1.000 m3 di materiale, a suo tempo lasciati in posto sul lato est dell’area già
coltivata.
Presso l’estremità orientale dei terreni di cava, infine, con una superficie coltivabile pari a
circa 7.880 m2, lo spessore utile medio si riduce a circa 2 metri; ne risulta che il volume del
materiale asportabile è pari, in situ, a circa 15.700 m3; anche in questo caso, da questo materiale
occorre sottrarre il materiale corrispondente alle scarpate laterali, pari a circa 400 m3 di misto
naturale da lasciare in posto per raccordare i terreni di cava, sul lato Sud, a quelli confinanti.
Complessivamente, il volume del materiale asportabile nelle tre porzioni di area di cava così
individuate è pari, in situ, a circa 152.100 m3; al netto della volumetria da lasciare posto presso le
scarpate perimetrali (pari a circa 3.000 m3), la cubatura effettivamente estraibile si riduce quindi a
circa 148.800 m3.
La strada interpoderale presente sul lato nord – orientale verrà mantenuta nella sua posizione
planimetrica attuale, ribassandola altimetricamente, e raccordandola, mediante una rampa di ridotta
pendenza (<10%) al tratto iniziale, non ribassato. Da questa operazione di ribassamento sarà
possibile recuperare una volumetria di materiale utile pari a circa 5.600 m3 di misto alluvionale, cui
si aggiungeranno circa 4.000 m3 derivanti dall’esaurimento delle residue volumetrie ancora
disponibili (sotto forma di una stretta “striscia” di terreni sul lato occidentale, con un’estensione
utile di circa 2.000 m2) sul lato ovest dell’area a suo tempo già autorizzata ex L.R. 69/78, di cui si
richiede il rinnovo: la volumetria complessiva oggetto dell’istanza ammonta pertanto a circa
158.400 m3 di misto alluvionale.
Il volume di terreno vegetale, da accantonare preventivamente, sarà di circa 17.000 m3,
corrispondenti ad una potenza di media di 0,3 m su di un'estensione coltivabile effettiva di circa
56.000 m2 (di cui 2.000 m2 già autorizzati e richiesti in rinnovo ex art. 10 L.R. 69/78); questo
materiale, da asportare preliminarmente per raggiungere il sottostante giacimento alluvionale, verrà
poi utilizzato, in sede di ripristino ambientale, per il recupero pedologico dell'area coltivata, in
quanto verrà riportato sull'area di scavo così da ottenerne uno spessore omogeneo.
Le superficie e le cubature interessate dall’intervento estrattivo sono riassunte,
schematicamente, nella tabella di seguito allegata.
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CUBATURA DEL GIACIMENTO MINERARIO
Rinnovo ex art. 10
Ampliamento ex art.
L.R. 69/78
8 L.R. 69/78
Area catastale in disponibilità (m2):
32.700
77.500
110.200
Area effettivamente coltivabile (m2):
2.000
54.950
56.950
Spessore utile medio coltivabile (m):
2
2-3
---
4.000
157.700
161.700
---
3.300
3.300
4.000
154.400
158.400
600
16.400
17.000
Cubatura lorda (m3):
Perdita per scarpate laterali (m3):
Cubatura netta in posto (m3):
Terreno humico da movimentare (m3):
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Totale:
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5.4. Evoluzione temporale e topografica della coltivazione
Al fine di non compromettere insieme l'intera area di cava, con le conseguenze, ormai note,
di un maggiore impatto visivo e di una "desertificazione" del terreno estesa ad un arco di tempo
inaccettabilmente lungo, si cercherà, per quanto possibile, di far procedere la coltivazione su strisce
di terreno di larghezza limitata, in ossequio anche alle prescrizioni solitamente fornite dagli Uffici
Competenti per casi consimili.
La coltivazione procederà pertanto per fasce parallele di larghezza non superiore a 20÷30
metri; la coltivazione sarà articolata su di una striscia di scotico, una striscia di scavo ed una in
recupero.
Da un punto di vista topografico e temporale, considerando la forma planimetrica del corpo
di terreni oggetto di ampliamento (allungata in direzione est – ovest), gli scavi potranno procedere
secondo una successione di “strisce” allungate da nord verso sud, ed avanzando da est verso ovest,
così da allontanarsi progressivamente dall’estremità dell’ansa fluviale in cui sorge la cava.
Sarà così possibile arretrare via via, per tratti successivi, l’esistente scarpata di raccordo con i
terreni a nord dell’area in disponibilità, già ribassati nel corso di precedenti autorizzazioni
all’attività estrattiva: in tal modo non si realizzerà, in fase di scavo, una vera e propria
configurazione a fossa e la pendenza del fondo scavo consentirà il naturale deflusso delle acque
meteoriche direttamente insistenti sull’area.
Questa soluzione del metodo di scavo per “strisce parallele”, già positivamente sperimentata
in passato in altre cave sul fondovalle del f. Tanaro, può essere considerata preferibile, oltre che per
quanto riguarda l'impatto visivo della coltivazione, anche dal punto di vista tecnico, in quanto
riduce i tempi di ripristino finale del sito e minimizza le percorrenze dei mezzi, concentrando il
fronte di escavazione.
Schematicamente, il fronte principale di coltivazione, disposto trasversalmente ad ogni
singola “striscia” in cui verranno suddivisi i terreni di cava, e scavabile sia dall'alto, con escavatore
a benna rovescia funzionante a retro, sia dal basso con escavatore o pala a benna diritta, avanzerà
progressivamente in senso longitudinale lungo ciascuna di tali “strisce”.
Questo fronte di scavo verrà traslato progressivamente, rimanendo parallelo al fronte di
scopertura della coltre vegetale e dello sterile terroso ed a quello di ripristino: ciò sino al completo
esaurimento del fondo ed al suo recupero finale per l'agricoltura.
Questo metodo di coltivazione "per strisce", adottato con successo già nella coltivazione di
precedenti cave sul fondovalle del f. Tanaro, ha l'indubbio pregio di garantire una corretta
conduzione dei lavori di scavo e ripristino, e soprattutto di non differire troppo i tempi di recupero
agricolo del fondo da quelli di coltivazione.
Infatti, mano a mano che i lavori procedono, sulle parti già scavate verrà riportato il terreno
vegetale, accantonato in precedenza, nella fase preliminare della coltivazione, sul bordo dell'area in
disponibilità.
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Lo sviluppo della coltivazione per strisce di larghezza limitata consentirà inoltre di gestire
meglio, da un punto di vista logistico ed organizzativo, le operazioni di coltivazione del giacimento
e successivo riporto dello sterile terroso.
Sulla base delle cubature estraibili calcolate in precedenza, considerando le necessità
produttive della Ditta relativamente alla cava in esame, quantificabili indicativamente in circa 30 35.000 m3 l'anno di materiale utile in posto, si può stimare in poco meno di 5 anni il tempo di
esaurimento dei depositi ghiaiosi-sabbiosi costituenti il giacimento.
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5.5. Metodi e mezzi di coltivazione
Nel corso dei sopralluoghi effettuati, si è potuta rilevare la natura di "terreno sciolto" dei
materiali alluvionali che costituiscono il deposito da coltivare, confermata peraltro dall’attività
estrattiva condotta in precedenza nell’ambito dell’autorizzazione rilasciata nel 2008 dal Comune di
Govone, come pure negli scavi estrattivi condotti in aree limitrofe; sarà quindi possibile, data
l'assenza di cementazione nel materiale in posto, procedere allo scavo con le comuni macchine di
movimento terra - essenzialmente pale ed escavatori idraulici - di cui dispone la Ditta.
Le operazioni di scavo e movimento terra verranno ripartite tra i diversi fronti di scotico e di
coltivazione vera e propria: verrà innanzitutto asportata la coltre di terreno agrario superficiale; il
vero e proprio fronte di coltivazione, distanziato di qualche decina di metri, avrà invece un'altezza
massima dell’ordine di circa 3 metri, rientrando quindi nei limiti delle capacità operative dei
comuni escavatori.
Su brevi distanze, la movimentazione del materiale, oltre che mediante camions e dumpers,
potrà avvenire anche tramite pale caricatrici, mentre per lo spianamento della copertura terrosa, in
sede di ripristino, si potrà utilizzare un comune dozer cingolato.
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5.6. Operazioni di ritombamento
5.6.1. Ritombamento parziale dell’area già coltivata
Come illustrato in precedenza, nell’ambito dell’area autorizzata ex L.R. 69/78 nel 2008 si
procederà ad una limitata ripresa della coltivazione mineraria, così da esaurire le volumetrie ancora
estraibili (in una ridotta striscia di terreno) sul lato occidentale dell’area di cava, e verranno
completati ed ultimati i lavori di recupero ambientale.
A tale scopo, si provvederà ad un locale intervento di livellamento, in corrispondenza alla
porzione meridionale dell’area di cava già autorizzata nel 2008, operando su spessori di ordine
decimetrico, così da conferire una pendenza uniforme ai terreni di cava, grazie anche al fatto che il
fondo scavo, che attualmente risulta chiuso su tutto il suo perimetro, verrà invece portato in
continuità altimetrica e morfologica, sul lato meridionale, con le aree oggetto di ampliamento degli
scavi.
Nella sua porzione settentrionale, delimitata dal sedime della strada interpoderale principale
(che non è stato ribassato), l’area già autorizzata nel 2008 verrà in parte ripristinata ritombandola
mediante il riporto di materiale sterile inerte (essenzialmente terre e rocce da scavo), così da
portarla in continuità altimetrica con il sedime stradale, che fungerà da “argine”, verso nord, per
delimitare fisicamente l’area oggetto di ritombamento (di forma sub-rettangolare e ampia circa 180
x 50 metri) (Cfr.: Tav. 4 – Planimetria stato finale).
Verso est, l’area oggetto di ritombamento sarà invece delimitata fisicamente dal primo tratto
della strada interpoderale secondaria, della lunghezza di 40 – 50 metri, che non verrà ribassato e
manterrà la sua quota altimetrica attuale.
L’area in parola è stata individuata proprio per la presenza della pista interpoderale, che ne
consente un agevole accesso ai mezzi utilizzati per il conferimento in cava del materiale di
ritombamento, senza intralciare le operazioni connesse alla coltivazione mineraria, che
interesseranno i restanti settori dell’area estrattiva.
Complessivamente, verrà interessata dalle operazioni di ritombamento una porzione del
fondo scavo con un’estensione di circa 9.400 m2, sulla quale verrà riportato materiale sterile inerte
sino a portarla in continuità altimetrica con la succitata strada interpoderale principale, che la
delimita verso nord, e con quella secondaria, che la delimita verso est.
Sul lato sud, il “fronte” dell’area ritombata verrà sagomato secondo una pendenza molto
limitata, pari a soli 18° (scarpata con acclività 1:3), analoga a quella adottata per la sagomatura delle
scarpate perimetrali che delimiteranno, sui restanti lati, l’area ribassata per effetto degli scavi.
Tenuto conto dello spessore medio che potrà essere riportato e dell’estensione dell’area così
individuata, per il ritombamento di quest’ultima si potranno utilizzare circa 25.000 m3 di materiale
sterile inerte, che corrisponde, nell’arco della durata dell’intervento estrattivo in progetto (5 anni), al
conferimento di un quantitativo medio annuo di circa 5.000 m3.
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5.6.2. Natura del materiale di ritombamento
Da un punto di vista operativo, il ritombamento dell'area di cava, previsto nel settore
settentrionale dell’area già a suo tempo autorizzata ex L.R. 69/78, sarà effettuato deponendo
materiale inerte: si potranno così ricreare le condizioni paesistiche esistenti precedentemente,
minimizzando l'impatto morfologico generato dalle attività estrattive sul paesaggio stesso.
•
La successione delle operazioni sarà la seguente:
riempimento dello scavo con sterili inerti fino al raggiungimento di una quota depressa di circa
30 cm rispetto alle quote finali di progetto;
•
ricopertura, al di sopra dello sterile, con il terreno di scotico precedente prelevato durante le fasi
preliminari dello scavo e stoccato in un'area indisturbata.
Si potranno utilizzare, per il ritombamento della fossa di scavo, sterili di cava (limi di
lavaggio) ed i materiali di origine naturale derivanti dalla coltivazione di cava; si potranno altresì
utilizzare materiali terrosi di sbancamento, derivanti dall'effettuazione di scavi per opere edilizie o
stradali.
La E.M.T. S.n.c. opera infatti nel campo dei lavori di movimento terra finalizzati alla
realizzazione di interventi edilizi e di urbanizzazione; si tratta di un’attività che negli ultimi anni ha
assunto una maggiore rilevanza nell’attività aziendale, al fine di compensare il calo nelle vendite di
materiali inerti e, al tempo stesso, di valorizzare ed ottimizzare la gestione del parco macchine in
disponibilità all’Azienda, così da consentirne un più idoneo ammortamento, considerati i costi di
acquisto delle moderne macchine movimento terra.
Operando in tale ambito, la E.M.T. S.n.c. si trova quindi a poter disporre di materiali inerti,
riferibili alle “terre e rocce da scavo”, utilizzabili per il ritombamento almeno parziale dei vuoti
derivanti dall’attività estrattiva.
Al tempo stesso, la disponibilità di aree ribassate per effetto degli scavi minerari, in cui
conferire le terre e rocce da scavo provenienti da cantieri edilizi, consente all’Azienda di offrire sul
mercato una possibilità “aggiuntiva”, occupandosi cioè non solo dei lavori di movimento terra ma
anche dello smaltimento dei materiali da scavo che ne derivano.
Relativamente alla prima tipologia di materiale, per il ritombamento della fossa di scavo
nella cava in progetto (relativamente al settore appositamente individuato) potranno essere utilizzati
gli sterili di cava (sotto forma di limi di lavaggio) derivanti dalla lavorazione dello stesso inerte
alluvionale estratto mediante la coltivazione di cava: si tratta di materiali di origine naturale, che si
configurano da un punto di vista normativo come “rifiuti dell’attività estrattiva”.
Al riguardo, da un punto di vista normativo il Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205
“Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del
19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive”, pubblicato sulla G.U. n. 288 del
10 dicembre 2010 ed entrato in vigore il 25.12.2010, ha recepito le indicazioni, contenute nella
direttiva UE in parola, finalizzate ad “evitare duplicazioni e disposizioni amministrative
sproporzionate”: all’articolo 13 “Modifiche all’articolo 185 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
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Relazione tecnica illustrativa
152”, esso stabilisce espressamente ed esplicitamente, infatti, che “sono esclusi dall’ambito di
applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni
normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento” […] “d) i rifiuti
risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o
dallo sfruttamento delle cave, di cui al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117”.
A complemento di questi materiali (che, in virtù di quanto espressamente previsto dal citato
D.Lgs. 205/2010, non sono soggetti alle disposizioni di cui alla parte quarta del D.Lgs. 152/2006),
verranno altresì utilizzati materiali terrosi di sbancamento (c.d. “terre e rocce da scavo”), derivanti
dall'effettuazione di scavi per lavori edilizi o di urbanizzazione che vengono svolti dalla E.M.T.
S.n.c. nell’ambito della propria attività di ditta operante nel settore delle costruzioni e dei lavori di
movimento terra.
Al riguardo, la normativa in materia ha subito, negli ultimi anni, variazioni anche sostanziali
e repentine, con un’alternanza di tentativi di semplificazione e razionalizzazione della materia,
finalizzati ad evitare appesantimenti amministrativi e procedurali non commisurati e proporzionali
all’effettiva ed oggettiva “pericolosità” ambientale di questi materiali, e viceversa di provvedimenti
incentrati ad una maggiore e rigorosa formalizzazione ed articolazione delle procedure connesse
alla gestione dei materiali stessi.
Per di più, le singole Regioni hanno spesso operato in modo non omogeneo, con la
predisposizione di “linee guida” o di vere e proprie normative regionali specifiche in materia,
spesso significativamente dissimili tra Regioni confinanti, e che in alcuni casi (es. Valle d’Aosta)
hanno innescato addirittura contenziosi legali con lo Stato centrale, a seguito di un diverso
approccio alla tematica.
Di fatto, una delle problematiche che maggiormente si sono palesate agli operatori del
settore (Ditte, consulenti e progettisti) è stata (con l’unica parziale eccezione della Regione Liguria)
la sostanziale assenza, a livello di azione normativa da parte degli Enti ed Uffici coinvolti, di
provvedimenti normativi e/o pianificatori finalizzati a consentire ed agevolare l’incontro tra
“offerta” e “domanda” di materiali da scavo, ad esempio istituendo appositi organismi con funzione
di “archivio / banca dati” e di “coordinamento”.
In conseguenza di questa situazione normativa ed amministrativa, a livello progettuale si
deve necessariamente fare riferimento a quella che è la normativa attualmente in vigore, cui la
Società Istante (così come qualsiasi altro soggetto, pubblico e/o privato) deve necessariamente
adeguarsi, fatta salva la possibilità di nuove, ulteriori variazioni nel contesto normativo, al momento
non prevedibili né ipotizzabili.
In particolare, al momento attuale, con la pubblicazione (S.O. n. 63 della G.U. n. 194 del 20
agosto 2013) della legge n. 98 del 9 agosto 2013 di conversione, con modifiche, del decreto legge
21 giugno 2013, n. 69, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia” (cd “decreto
Fare”), in vigore dal 21 agosto 2013, sono state introdotte diverse modifiche nella normativa
ambientale, tra cui alcune particolarmente rilevanti in tema di terre e rocce da scavo.
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Relazione tecnica illustrativa
L’art. 41 bis ha modificato la normativa in materia, abrogando l’art. 8 bis del decreto legge
n. 43/2013 convertito, con modifiche, nella legge n. 71/2013, così che la situazione attuale, in tema
di gestione delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti (ossia come materiale che non è
formalmente classificato come “rifiuto”), è la seguente:
- applicazione (come previsto dall’art. 41, comma 2, della nuova norma) del Regolamento di cui
al DM 161/2012 per i materiali da scavo derivanti da opere sottoposte a VIA o ad AIA;
- applicazione dell’art. 41 bis in tutti gli altri casi, per tutte le casistiche che non ricadono nel DM
161/2012.
La nuova norma prevede che il proponente o il produttore attesti il rispetto dei quattro punti
(comma 1) che consentono di considerare i “materiali da scavo” (termine che di fatto sostituisce il
precedente “terre e rocce da scavo”) come sottoprodotti e non rifiuti mediante una
“autocertificazione” (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai sensi del DPR 445/2000) da
presentare all'ARPA (comma 2) territorialmente competente.
Le attività di scavo devono essere autorizzate dagli Enti competenti in quanto attività edilizie
e quindi il processo di autocertificazione deve essere coordinato con l’iter edilizio.
Il produttore (comma 3) deve inoltre confermare l’avvenuto utilizzo alle ARPA in
riferimento al luogo di produzione e di utilizzo. Il trasporto (comma 4) avviene come bene/prodotto.
La dichiarazione deve contenere sufficienti indicazioni sulla quantità e qualità dei materiali
da scavo e sui siti interessati (produzione, deposito e utilizzo), al fine di permettere la verifica del
rispetto delle quattro condizioni (indicate nel comma 1 dell’art. 41 bis) indispensabili per poter
classificare il materiale come sottoprodotto.
A tale proposito, il richiamo alla normativa vigente deve essere correttamente inquadrato
considerando che, in Italia, la disciplina relativa alla gestione delle terre e rocce da scavo (“T&R” o
anche “TRS”) è stata introdotta ad opera del D.Lgs. 22/1997, poi abrogato, ed ha subito negli anni
numerosi interventi legislativi resisi necessari anche a seguito dell’apertura di più di una procedura
di infrazione comunitaria nei confronti della Repubblica Italiana per non corretta trasposizione della
disciplina comunitaria in tema di rifiuti.
In particolare, negli ultimi anni la normativa vigente si è incentrata sul D.Lgs. 3 aprile 2006,
n. 152 “Norme in materia ambientale”, che costituisce la disciplina di riferimento per la gestione
delle terre e rocce da scavo, e che fornisce i criteri e le modalità di utilizzo delle medesime,
prevedendo l’assoggettamento delle stesse alla disciplina dei rifiuti qualora il loro l’utilizzo non
rispetti le condizioni stabilite dal predetto articolo.
Di fatto, la disciplina di gestione delle terre e rocce da scavo è incentrata sul principio che, a
fronte della necessità di considerarle “rifiuti” qualora il detentore (o chi opera lo scavo) se ne disfi o
abbia l’intenzione e/o l’obbligo di disfarsene (art. 183, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 152/2006), le
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stesse possono essere gestite al di fuori della normativa rifiuti qualora abbiano i requisiti di
sottoprodotti (28).
Di fatto, il nuovo assetto normativo ha coinvolto le ARPA nella gestione della tematica dei
materiali da scavo, con una netta variazione rispetto al quadro precedente, in cui il coinvolgimento
delle medesime era limitato (almeno nel contesto piemontese) a singoli e specifici casi di
particolare rilevanza (es. la verifica di situazioni di “fondo naturale” di contaminazione).
Per contro, le variazioni normative hanno fortemente limitato il ruolo dei Comuni, di fatto
esautorandoli dalla funzione istruttoria ed autorizzativa che era loro demandata in precedenza,
anche a livello di “condivisione” di scelte autorizzative nel caso di conferimenti “transfrontalieri” di
materiali da scavo da un Comune all’altro.
Nel caso in parola, non potendo ovviamente prevedere, a priori, da quali interventi e da quali
cantieri proverranno le singole “forniture” di materiale da scavo che verrà utilizzato per il
progressivo ritombamento dell’area di cava a tal scopo individuata, si può comunque specificare
che, fatte salve eventuali possibili future variazioni nel contesto normativo, il conferimento dei
materiali da scavo avverrà, per ciascuna “fornitura”, sulla base dell’apposita “Dichiarazione
sostitutiva di atto di notorietà”, resa ai sensi del D.P.R. n. 445/2000 sulla base del fac-simile
predisposto da ARPA Piemonte, nella quale il Proponente l’intervento edilizio da cui derivano i
materiali stessi dovrà dichiarare, sotto la propria personale responsabilità, che i materiali da scavo
provenienti dal sito di produzione sono sottoposti al regime di cui all’art. 184 bis del D.Lgs. 152/06
poiché rispettano i criteri e le disposizioni di cui all’art. 41 bis del Decreto Legge 21 giugno 2013,
n. 69, convertito con modifiche nella Legge n. 98 del 9 agosto 2013.
Sarà pertanto cura della Società Istante richiedere preventivamente copia della suddetta
“Dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà”, che i singoli Proponenti dovranno provvedere di
volta in volta a presentare allo specifico Dipartimento dell’ARPA Piemonte, così da accertarsi
preliminarmente che, nelle medesime, i Proponenti abbiano dichiarato, relativamente alla qualità dei
materiali da scavo, che ai fini dell’utilizzo, come previsto dal comma 1, lettera b), del citato art. 41
bis, i materiali stessi rispettano i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alla
colonna A, Tabella 1, allegato 5 del Titolo V, parte IV, del D.Lgs. 152/06 e s.m.i., con riferimento
alle caratteristiche delle matrici ambientali e alla destinazione d’uso urbanistica del sito di
destinazione, ossia del sito di cava.
Dal momento che l’area di cava in parola interessa terreni con destinazione d’uso agricola,
che verrà mantenuta a seguito del recupero ambientale, si farà infatti riferimento ai valori di cui alla
citata colonna A.
Nelle dichiarazioni suddette, i singoli Proponenti dovranno dichiarare inoltre di essere
informati, ai sensi del comma 3 dell’art. 41 bis, che il completamento delle operazioni di utilizzo
dovrà essere comunicato alle ARPA territorialmente competenti: sarà pertanto cura della Società
(28) Cfr.: “La normativa relativa alle TRS nell’ambito regionale”; intervento dell’ing. E. Giacobone della Regione
Piemonte al “Seminario di aggiornamento su terre e rocce da scavo (D.M. 161/2012)” organizzato dall’Ordine
Regionale dei Geologi del Piemonte in data 29.05.2013.
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Istante inoltrare di volta in volta copia di tale comunicazione, non appena resa disponibile dal
Proponente responsabile di ogni singola “fornitura” di materiale da scavo, agli Enti competenti in
materia.
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5.7. Idoneità della rete viaria interna ed esterna
L'area estrattiva può essere raggiunta, partendo dalla S.S. n. 231, imboccando in località
“Molino di Govone” la “Strada Comunale dei Molini delle Gerotte”, che prosegue verso il f. Tanaro
per raggiungere, in circa 1,4 Km, il sito di cava in oggetto.
Gli impianti di lavorazione inerti della stessa E.M.T. S.n.c., con gli annessi piazzali adibiti a
stoccaggio di materiale in cumulo, sono posti invece in sponda destra del f. Tanaro, in territorio del
Comune di Govone, circa 500 m a nord del ponte sul Tanaro della S.S. n. 231.
Volendo individuare il più breve percorso possibile, i mezzi impegnati per il trasporto
all’impianto di lavorazione del materiale estratto in cava potrebbero percorrere la pista privata di
accesso alla cava stessa e quindi la “Strada Comunale dei Molini e delle Gorette”, passando nei
pressi della località “Orti di Cotella” sino a raggiungere la S.S. n. 231, in prossimità della località
“Molino di Govone”.
Qui giunti, i mezzi di trasporto percorrerebbero la suddetta S.S. in direzione nord, verso Asti,
imboccando poi, in corrispondenza al sottopasso della nuova “Autostrada Asti Cuneo”, un tratto di
pista privata, che in circa 250 metri, dirigendosi verso il fiume Tanaro, raggiunge gli impianti di
lavorazione di proprietà della E.M.T. S.n.c..
Nell’ambito della gestione di precedenti interventi estrattivi condotti in zona dalla stessa
E.M.T. S.n.c., in particolare la cava autorizzata nel 2008 oggetto della presente istanza di rinnovo
ed ampliamento, l’Amministrazione Comunale di Govone aveva emanato alcuni provvedimenti
finalizzati ad evitare il transito di mezzi pesanti in prossimità delle abitazioni rurali poste nei pressi
della località “Orti di Cotella”.
In particolare, era stato definito un percorso alternativo, che verrà utilizzato anche per la
gestione della cava in progetto.
Uscendo dalla cava, i mezzi percorreranno pertanto la strada privata di accesso alla cava
stessa, per imboccare poi una pista di servizio realizzata, negli anni trascorsi, sul lato sud-orientale
del limitrofo rilevato dell’Autostrada Asti – Cuneo (A33); questa pista verrà seguita per circa 2 Km
verso sud, costeggiando l’autostrada, per superare poi quest’ultima grazie al sovrappasso realizzato,
in vicinanza del depuratore consortile, per l’uscita “Canove” dell’A33.
Una volta superata l’Autostrada, i mezzi di cava seguiranno la strada asfaltata, di recente
realizzazione, che collega l’uscita “Canove” della A33 alla S.S. n. 231, raggiungendo quest’ultima
mediante il tratto iniziale della via Priosa, che se ne diparte presso il margine settentrionale della
frazione Canove di Govone.
I mezzi imboccheranno quindi la S.S. n. 231, che corre al margine sinistro del fondovalle del
Tanaro, percorrendola in direzione Asti sino a raggiungere, superato il ponte sul f. Tanaro, il citato
tratto di pista privata che, dipartendosi dalla S.S. in corrispondenza al sottopasso della nuova
“Autostrada Asti Cuneo”, in circa 250 metri, dirigendosi verso il fiume Tanaro, raggiunge gli
impianti di lavorazione della E.M.T. S.n.c..
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Nel complesso, con la soluzione così adottata, sia pure a fronte di un percorso più che
raddoppiato (con conseguente, proporzionale incremento nei consumi di carburante e quindi nelle
emissioni dei mezzi impiegati) (29), le strade per raggiungere gli impianti, a partire dai terreni di
cava, si presentano pianeggianti ed in buono stato di fondo, ampie a sufficienza per consentire il
transito dei mezzi di cava.
L’agibilità della cava non presenterà quindi difficoltà di sorta, dato che la viabilità così
individuata è stata ampiamente collaudata e verificata, dimostrando l’assenza di problematiche, e
risultando sino ad ora tale da garantire una regolare accessibilità alla cava a suo tempo autorizzata,
così come alla cava, precedentemente esercita dalla Società Istante, in loc. “Erbade” del limitrofo
Comune di Costigliole d’Asti.
Non sarà pertanto necessario apportare, in conseguenza dell'attività estrattiva, alcuna
modifica alla struttura viaria esistente.
In ogni caso, la Società Istante si impegna a mantenere le strade di accesso in buono stato di
agibilità, effettuando in proprio, tempestivamente, le riparazioni che dovessero rendersi necessarie.
(29) Il percorso complessivo dalla cava all’impianto, così individuato, è di circa 7,75 Km, con un incremento di circa
4,45 Km (= + 135%) rispetto ai 3,3 Km che sarebbero consentiti dal percorso planimetricamente più breve teoricamente
individuabile in zona.
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5.8. Regimazione delle acque meteoriche
5.8.1. Rete di raccolta delle acque meteoriche
Lo scavo in progetto non andrà ad interferire con la rete idrografica locale, come visibile
dalle planimetrie e dalle sezioni allegate alla presente relazione progettuale: verranno infatti
osservate le opportune distanze di rispetto dal fiume Tanaro.
La buona permeabilità dei terreni alluvionali di questa zona consente una rapida infiltrazione
delle acque meteoriche all'interno del materasso alluvionale: ciò evita, generalmente, il formarsi di
ristagni o di fenomeni di ruscellamento superficiale; come si è potuto riscontrare e verificare
nell’ambito del passato esercizio dell’attività estrattiva, la regimazione delle acque superficiali, in
questo caso, costituisce quindi un problema di proporzioni abbastanza ridotte.
Nel complesso, il fondo dell’area ribassata per effetto degli scavi verrà livellato con una
debole pendenza verso est, nel settore occidentale, e verso nord – est in quello orientale, così da
consentire il deflusso per gravità delle acque meteoriche, indirizzandole verso il limitrofo lotto di
terreni già ribassati in precedenza, posti a nord dell’area di cava e con i quali quest’ultima verrà
portata in continuità morfologica ed altimetrica.
Si provvederà peraltro ad un locale intervento di livellamento, in corrispondenza all’area di
cava già autorizzata nel 2008, operando su spessori di ordine decimetrico, così da conferire una
pendenza uniforme ai terreni di cava, grazie anche al fatto che il fondo scavo, che attualmente
risulta chiuso su tutto il suo perimetro, verrà invece portato in continuità altimetria e morfologica,
sul lato meridionale, con le aree oggetto di ampliamento degli scavi.
Al fine di evitare fenomeni di ristagno o di ruscellamento superficiale, è stata prevista una
rete di regimazione delle acque superficiali atta ad intercettare e convogliare sia le acque di origine
meteorica eventualmente defluenti, per ruscellamento superficiale, dalle aree circostanti verso la
fossa di scavo, sia quelle che afferiscono direttamente sulla fossa stessa.
Relativamente alle aree di provenienza esterna, si deve considerare che la conformazione
dell’area circostante, corrispondente al fondovalle del Tanaro in sinistra idrografica, nella fascia
compresa tra il tracciato dell’autostrada Asti – Cuneo ed il corso d’acqua, risulta già
compartimentata per la presenza di infrastrutture di vario genere, riducendo di conseguenza
l’estensione della possibile area scolante di pertinenza del sito estrattivo.
Relativamente a quest’ultimo, si è ritenuto preferibile realizzare due distinte reti di raccolta e
smaltimento delle acque meteoriche, individuandone una per ciascun settore dell’area di cava: al
termine dei lavori estrattivi e di recupero ambientale, infatti, quest’ultima potrà essere distinta in
una porzione occidentale, di forma sub – rettangolare, ed in una orientale, di forma sub –
triangolare.
La porzione occidentale corrisponde alla parte dei terreni in disponibilità posta direttamente
a sud dell’area a suo tempo già autorizzata; essa verrà ribassata e portata in continuità morfologica
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Relazione tecnica illustrativa
con quest’ultima, che nel suo settore nord verrà invece ritombata con il riporto di materiale sterile,
sotto forma di terre e rocce da scavo.
La porzione orientale corrisponde invece al settore dei terreni in disponibilità posto a est
dell’area già a suo tempo autorizzata, e che per effetto degli scavi verrà portata in continuità
altimetrica e morfologica con le ampie aree poste a nord della strada interpoderale che conduce
verso l’ansa del f. Tanaro, ribassate per effetto di scavi estrattivi condotti negli anni ’90 del secolo
scorso.
I due settori saranno separati, fisicamente, dal tracciato di una seconda pista campestre, che
si diparte da quella principale dirigendosi verso sud, e costeggiando sul lato est l’area già
autorizzata ex L.R. 69/78 nel 2008.
In ciascuno dei due settori così individuati, riprendendo una soluzione progettuale già
adottata, in casistiche analoghe ma anche di ben più ampie dimensioni (superfici di fondo cava
dell’ordine di alcune centinaia di migliaia di metri quadri, con portate massime di deflusso
dell’ordine di quasi 1 m3/s), in territorio della Provincia di Torino, e positivamente recepite dagli
Uffici Competenti in materia di attività estrattive e di valutazione di impatto ambientale, la rete di
raccolta convoglierà le acque meteoriche ad una trincea drenante.
Come illustrato nell’allegata planimetria di progetto (Cfr.: Tav. 4 – Planimetria stato finale),
nel settore occidentale, la trincea drenante sarà realizzata sul lato orientale, in adiacenza alla pista
interpoderale secondaria, che, sia pure ribassata altimetricamente, verrà mantenuta nella sua
posizione planimetrica.
Ad essa afferiranno tre diverse canalette: la canaletta 1, con conformazione a “T”, prenderà
origine da due rami minori, posti al piede della scarpata perimetrale, sul lato ovest, che confluiranno
in una canaletta longitudinale che correrà, con direzione ovest – est, lungo l’asse centrale del settore
medesimo; le canalette 2 e 3 correranno invece, rispettivamente, al piede delle scarpate perimetrali
sui lati sud e nord di questo settore occidentale, che sarà modellato, al termine dei lavori estrattivi,
con una debole pendenza verso est.
Nel settore orientale, la trincea drenante verrà realizzata presso il lato nord-orientale della
fossa di scavo, ossia quello posto idraulicamente più a valle; questa trincea, posta a lato della pista
interpoderale principale, che delimita verso nord – est i terreni di cava, raccoglierà anch’essa gli
apporti di tre distinte canalette: la canaletta 4 correrà lungo l’asse diagonale del settore medesimo,
sagomato con debole pendenza verso nord – est, mentre la canaletta 5 correrà a lato del primo tratto
della pista interpoderale che, partendo dall’estremità NW del lotto, verrà ribassata altimetricamente,
pur mantenendo invariato il suo attuale tracciato planimetrico.
La canaletta 6, infine, avrà maggiore sviluppo, correndo al piede della scarpata perimetrale
che, verso sud, delimiterà i terreni di cava, in funzione non del confine di proprietà bensì della
presenza della fascia di rispetto dalla sponda del f. Tanaro, ampia 150 m, prevista ai sensi del
D.Lgs. 42/2004 e soggetta a vincolo paesaggistico (e che, come già specificato, non verrà
interessata dagli scavi); giunta all’estremità orientale dei terreni di cava, la canaletta 6 devierà prima
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Relazione tecnica illustrativa
verso nord, per un breve tratto, per poi piegare verso nord – ovest, costeggiando anch’essa il
tracciato della pista interpoderale che delimita verso nord – est i terreni di cava.
Ognuna delle trincee drenanti verrà dimensionata opportunamente per consentire una rapida
infiltrazione di eventuali acque residue, tenendo conto infatti che i terreni della zona, estremamente
permeabili, consentono l’infiltrazione della maggior parte degli afflussi meteorici.
Nei successivi paragrafi, si illustrano le metodologie di calcolo ed i risultati ottenuti in
merito al dimensionamento della suddetta rete di regimazione delle acque superficiali.
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Relazione tecnica illustrativa
5.8.2. Dimensionamento del sistema di regimazione
5.8.2.1. Precipitazioni intense e di breve durata
Per lo studio delle precipitazioni intense e di breve durata ai fini del dimensionamento dela
rete di canalette di raccolta delle acque meteoriche, si è fatto riferimento ai dati desumibili dal
"Piano Stralcio 45", messo a punto dall'Autorità di Bacino del F. Po con sede a Parma, ed in
particolare ai risultati degli studi condotti da parte della stessa Autorità di Bacino nel sottoprogetto
SP 1 - "Piene e naturalità degli alvei fluviali".
Questi studi hanno consentito di pervenire alla regionalizzazione delle curve di possibilità
climatica, ottenute sulla base della
pluviometrici disponibili, raccolti in
registrazioni pluviometriche relative
osservazioni pluviometriche registrate
regolarizzazione statistica delle serie storiche dei dati
passato dal Servizio Idrografico Italiano: si tratta delle
mediamente ad una trentina di anni di osservazioni; le
presso le stazioni di misura gestite dal Servizio Idrografico
contemplano i massimi afflussi meteorici rilevati anno per anno.
Queste curve di possibilità climatica sono state definite per zone omogenee nell'ambito del
bacino idrografico padano, che è stato suddiviso appunto in "Zone Pluviometriche Omogenee".
Per le zone pluviometriche così definite, l'elaborazione statistica dei dati pluviometrici,
esaminando la distribuzione asintotica del massimo valore annuo, ha consentito di calcolare le
altezze di pioggia corrispondenti ai tempi di ritorno di 5, 10, 50, 100, 200 e 500 anni.
Le altezze così ottenute sono state interpolate in modo da definire il regime pluviometrico
dell'area corrispondente alle diverse "Zone Pluviometriche Omogenee", regime che può essere
espresso mediante la cosiddetta curva di possibilità climatica; quest'ultima, nella sua forma più
semplice, può essere individuata, per un dato tempo di ritorno, dalla relazione esponenziale:
h = a ⋅tn
in cui:
h = altezza di pioggia totale dell’evento meteorico [mm];
t = durata dell’evento meteorico [h].
Nelle tabelle allegate al PS 45 sono riportate, per ciascuna delle zone pluviometriche
omogenee in cui è stato suddiviso il bacino padano, ed in particolare per le 23 che corrispondono al
territorio piemontese, le formule per il calcolo dei parametri a ed n della curva di possibilità
pluviometrica in funzione del tempo di ritorno.
In particolare, per il caso in esame, essendo lo studio stesso finalizzato al dimensionamento
della rete di scolo nell’area in oggetto, si è ritenuto opportuno e cautelativo fare riferimento ad un
tempo di ritorno di 50 anni.
In tal caso, per la curva di possibilità climatica relativa alla zona pluviometrica omogenea n.
18, nella quale ricade l’area oggetto del presente studio, tali formule diventano:
a = 21,7525 ln(Tr) + 49,73
n = 0,04 ln[ln(Tr)]+ 0,324
Volendo dunque fare riferimento ad un tempo di ritorno di 50 anni, si ottengono i seguenti valori:
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Relazione tecnica illustrativa
a = 134,82 mm
n = 0,38
Per il valore di n si è scelta l’espressione valida per durate di precipitazione inferiori ad un giorno,
dato che, come specificato in seguito, il tempo di corrivazione di ogni canaletta ricade in tale
gamma di valori.
Il valore di a derivante da tale formula presuppone tuttavia che la durata della precipitazione
sia espressa in giorni. Per esprimere la durata in ore occorre dividerne il valore per 24n = 240,38,
ottenendo:
a = 40,48 mm
La curva di possibilità pluviometrica con tempo di ritorno pari a 50 anni risulta dunque esprimibile
con la formula:
h = 40 ,48 ⋅ t 0,38
Le massime portate affluenti alla rete di scolo delle acque meteoriche presso l’area in esame
possono perciò essere calcolate sulla base delle caratteristiche pluviometriche così definite,
utilizzando la cosiddetta "formula razionale", una volta prefissati i parametri caratteristici delle aree
scolanti.
5.8.2.2. Calcolo delle portate di deflusso
La portata massima affluente alle canalette che verranno realizzate sull’area in oggetto può
essere quantificata determinando l'ampiezza e le caratteristiche geometriche dei rispettivi bacini
sottesi.
La principale grandezza morfometrica da determinare è il tempo di corrivazione Tc, che può
essere ottenuto mediante il metodo di calcolo di Giandotti, sulla base dei parametri geometrici del
bacino sotteso, secondo la formula:
4 ⋅ S + 1,5 ⋅ L
Tc =
0,8 ⋅ H
in cui:
• S = superficie del bacino (km2);
• L = massima lunghezza del percorso liquido (km);
• H = dislivello medio del percorso (m);
• Tc = tempo di corrivazione (h).
Sostituendo il valore di Tc nell'equazione che definisce la curva di possibilità pluviometrica,
si ottiene l'altezza di precipitazione che determina la portata massima da smaltire. La portata
defluente dal bacino sotteso da ogni singola canaletta può essere quindi calcolata mediante la
cosiddetta "formula razionale", espressa come:
S ⋅ I ⋅C
Q=
3,6
in cui:
• S = superficie del bacino sotteso (km2);
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•
•
•
Relazione tecnica illustrativa
I = intensità di pioggia rapportata al tempo di corrivazione (mm/h);
C = coefficiente di deflusso;
Q = portata (m3/s).
Il coefficiente di deflusso C corrisponde al rapporto tra la portata liquida effettivamente
defluita dal bacino e l'afflusso meteorico: si tratta di un numero puro, di valore compreso tra 0 ed 1,
che esprime la percentuale di pioggia caduta sulla superficie del bacino che defluisce poi attraverso
la rete scolante.
Nel caso in esame per il coefficiente di deflusso C, pari al rapporto tra la portata liquida
effettivamente defluita dal bacino e l'afflusso meteorico, in funzione sia della tipologia dei suoli,
trattandosi di terreni agricoli, a morfologia pianeggiante, con suoli marcatamente sabbiosi dotati di
buona permeabilità, sia della copertura (colture agrarie), si è adottato un valore pari a 0,2
(classificazione F.A.O.).
La seguente tabella riporta le caratteristiche geometriche ed idrologiche dei sottobacini
imbriferi sottesi dai fossi in progetto, e le portate idriche che ne derivano, in relazione ad un tempo
di ritorno di 50 anni:
Bacino
Massima
lunghezza
L (m)
Dislivello medio
H (m)
Superficie
bacino sotteso
S (m2)
Tempo di
corrivazione
Tc (h)
Portata (m3/s)
1
350
1,90
0,0407
1,21
0,081
2
350
3,00
0,0226
0,81
0,058
3
175
0,90
0,0051
0,72
0,014
4
200
0,35
0,0151
1,67
0,025
5
155
1,40
0,0048
0,54
0,016
6
580
2,80
0,0388
1,24
0,076
5.8.2.3. Dimensionamento delle canalette di raccolta
La portata di deflusso smaltibile da ogni singola canaletta dipende dalle caratteristiche
dimensionali e geometriche della canaletta stessa e può essere calcolata mediante il metodo
proposto da Chèzy, espresso dalla formula:
Q = X ⋅Ω⋅ R ⋅i
in cui Q è la portata nella sezione considerata, Χ è il coefficiente di scabrezza del contorno della
sezione stessa ed R il raggio idraulico, definito dal rapporto tra l’area Ω della sezione e il perimetro
bagnato, mentre i è l'inclinazione del pelo libero della corrente.
Facendo uso della formula di Gauckler-Strickler secondo cui il coefficiente di scabrezza Χ è
dato dall'espressione:
X = c ⋅ R 1/6
la formula di Chèzy diviene:
141
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Relazione tecnica illustrativa
Q = c ⋅ Ω ⋅ R 2/3 ⋅ i 1/2
in cui c è l’indice di scabrezza, secondo Gauckler e Strickler, del contorno della sezione stessa; si
tratta quindi di un parametro che dipende essenzialmente dalla natura e dalla morfologia di
quest'ultima e che, nel caso in esame, viene assunto pari a 30 m1/3/s, trattandosi di fossi scavati
direttamente nel terreno in posto.
Per procedere al dimensionamento delle canalette di raccolta, l’area in oggetto, come già
indicato, è stata suddivisa in una serie di sottobacini imbriferi, ciascuno sotteso da un tratto di fosso
di scolo: in particolare, le canalette perimetrali raccoglieranno i deflussi provenienti da aree esterne
all’area di cava, ma defluenti verso la stessa, o dalle scarpate perimetrali di scavo.
Il fondo scavo, invece, è stato suddiviso in più sottobacini, al fine di ripartire le portate
idriche razionalmente su piccoli fossi, così da non lasciare un deflusso incontrollato sull’ampia
superficie del fondo scavo, conferendo poi le acque così raccolte a due distinte trincee drenanti.
Sulla base delle metodologie di calcolo così illustrate, sono state valutate le caratteristiche
geometriche dei fossi di gronda da realizzare, come indicato sulla planimetrico di progetto allegata
(Cfr.: Tav. 4 – Planimetria stato finale), al piede delle scarpate perimetrali della fossa di scavo e
all’interno di quest’ultima.
Le canalette, scavate meccanicamente nel terreno, saranno caratterizzate da una pendenza
media longitudinale variabile da tratto a tratto, con valori medi compresi tra circa lo 0,1 e lo 0,2%, e
raggiungeranno le trincee drenanti che saranno realizzate in ciascuno dei due settori in cui può
essere suddivisa la fossa di scavo ai fini della regimazione delle acque meteoriche.
Le canalette saranno realizzate mediante una benna sagomata di forma trapezoidale; si è
infatti adottata una sezione standard a trapezio rovescio, caratterizzata da una base minore larga
circa 40 cm, una base maggiore (all’altezza del p.c.) di circa 80 cm ed una profondità di circa 50
cm, così da assimilarsi alle dimensioni ed alla geometria media di un comune fosso irriguo.
Per il dimensionamento delle canalette, si è fatto riferimento al tratto finale delle medesime,
trattandosi di quello in cui, per la progressiva concentrazione degli apporti, si avranno le portate da
smaltire più elevate, con valori tra gli 0,14 m3/ s della canaletta 3 e gli 0,081 m3/s della canaletta 1.
Sulla base di tali considerazioni, si riportano infine, nella tabella di seguito allegata, le
caratteristiche geometriche delle canalette da realizzare nella cava in progetto, sulla base dei calcoli
di dimensionamento effettuati, secondo le metodologie descritte ai precedenti paragrafi, dalla quale
si evince che, secondo la conformazione adottata, le canalette in progetto sono in grado di smaltire
le portate massime previste per ciascuna di esse, relativamente al tratto terminale in cui si ha la
maggiore concentrazione dei deflussi.
142
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Relazione tecnica illustrativa
Dimensionamento delle canalette di raccolta
Fosso
1
2
3
4
5
6
Base maggiore Base minore
B [m]
b [m]
0,80
0,80
0,80
0,80
0,80
0,80
0,40
0,40
0,40
0,40
0,40
0,40
Profondità
h [m]
Pendenza del
fondo [%]
Portata
smaltibile
[m3/s]
Portata da smaltire
(m3/s)
0,50
0,50
0,50
0,50
0,50
0,50
0,11
0,07
0,11
0,18
0,17
0,18
0,105
0,084
0,105
0,134
0,130
0,134
0,081
0,058
0,014
0,025
0,016
0,076
5.8.2.4. Dimensionamento della trincea drenante
Come già segnalato, nella zona in esame la buona permeabilità dei terreni alluvionali
consente una rapida infiltrazione delle acque meteoriche all'interno del materasso alluvionale: ciò
evita, generalmente, il formarsi di ristagni o di fenomeni di ruscellamento superficiale, come si è
potuto verificare mediante l’esperienza maturata negli anni trascorsi, nella gestione di precedenti
interventi estrattivi.
È stata però prevista la realizzazione di due tratti di trincea drenante, uno per ciascun settore
dell’area di cava, così da consentire la rapida infiltrazione nel terreno di eventuali surplus di acque
meteoriche, in caso di eventi pluviometrici tali da superare la capacità di infiltrazione nei terreni
alluvionali della zona.
La conformazione a fossa dell’area di cava, infatti, sia pure raccordata altimetricamente con i
limitrofi terreni già ribassati in precedenti interventi estrattivi, non consente la restituzione delle
acque meteoriche direttamente in un corpo idrico superficiale, sotto forma ad esempio del f. Tanaro.
Sulla base delle metodologie precedentemente descritte, in relazione ad un evento
pluviometrico con tempo di ritorno di 50 anni, la massima portata idrica defluente alla sezione di
chiusura del bacino imbrifero costituito dai due diversi settori della fossa di scavo, a recupero
agrario avvenuto (30), risulta pari a 0,153 m3/s per il settore occidentale (sommatoria degli apporti
delle canalette 1, 2 e 3) ed a 0,117 m3/s per il settore orientale (sommatoria degli apporti delle
canalette 4, 5 e 6).
Si tratta peraltro di una stima cautelativa, in quanto le stesse canalette di raccolta, essendo
scavate con una profondità di circa 50 cm, avranno di fatto il fondo modellato nello stesso materiale
poroso drenante (ossia il materasso alluvionale) in cui saranno scavate le trincee drenanti; esse
saranno quindi già in grado di disperdere per infiltrazione nel terreno sottostante, lungo il loro
sviluppo in lunghezza, una parte delle portate man mano raccolte.
(30) In fase di coltivazione mineraria, infatti, il fondo scavo risulterà impostato nel materiale ghiaioso del deposito
alluvionale, che costituisce di per sé una superficie drenante.
143
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Relazione tecnica illustrativa
Si evidenzia, infatti, una differenza di circa 2-3 ordini di grandezza fra la permeabilità del
fondo scavo, impostato nel materiale ghiaioso, e quella dello strato di terreno agrario riportato al
termine della coltivazione mineraria per consentire il ripristino dell’area ad uso agricolo.
Il sistema di canalette da realizzarsi al piede delle scarpate perimetrali di scavo intercetterà le
acque di origine meteorica direttamente insistenti sulla fossa di scavo ed in parte delle aree
limitrofe, in particolare a Sud – Ovest, laddove la pendenza dei terreni digrada verso l’area di cava.
Nelle ipotesi di validità della legge di Darcy:
Q = K ⋅ A⋅i
essendo, in unità coerenti:
- Q la portata idrica;
- K la permeabilità;
- A la sezione di deflusso;
- i il gradiente idraulico;
dall’applicazione della legge medesima si evince che la portata filtrante, con flusso verticale (cioè
con gradiente idraulico unitario) attraverso una sezione di materiale drenante in posto pari all’unità
di superficie, è pari alla permeabilità del mezzo poroso, ossia, per i depositi alluvionali presenti nel
sottosuolo dell’area in esame, caratterizzati da una granulometria ghiaioso - sabbiosa, K = 1 x 10-3
m3/s; imponendo per ciascun settore dell’area di cava lo smaltimento della portata defluente alla
sezione di chiusura del bacino considerato, data dalla sommatoria degli apporti delle rispettive
canalette, in funzione delle permeabilità del materiale drenante in posto, si può valutare l’ampiezza
e la lunghezza della singola trincea mediante l’espressione:
Q = K × A = K × L× B
dove:
- K = permeabilità del dreno = 1 x 10-3 m/s;
- A = superficie del dreno (m2/s);
- L = lunghezza del dreno (m);
- B = larghezza del dreno (m).
Le due trincee drenanti in progetto saranno realizzate, come si è detto, sul lato orientale del
settore ovest e sul lato Nord - Est del settore orientale della fossa di scavo, così come indicato sulla
planimetria di progetto allegata (Cfr.: Tav. 4 – Planimetria stato finale); esse saranno costituite
semplicemente da una striscia di terreno ghiaioso in posto, sulla quale non sarà effettuato il riporto
di terreno agrario (pari a 30 cm) e che sarà anzi approfondita di una ventina di centimetri, così da
raggiungere una profondità dell’ordine di almeno 50 cm.
L’elevata porosità del materiale ghiaioso - sabbioso in cui sarà scavato il fondo della singola
trincea consentirà una rapida infiltrazione delle acque meteoriche eventualmente in esubero rispetto
alla capacità di filtrazione attraverso il terreno agrario che verrà rideposto sul fondo della fossa di
scavo, e pertanto ruscellanti sulla superficie agricola stessa.
144
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Sulla base della metodologia precedentemente descritta risulta che, nell’ipotesi di progetto di
evento pluviometrico con tempo di ritorno cinquantennale, le trincee dovranno smaltire una portata
di circa 0,153 m3/s nel settore occidentale e di circa 0,117 m3/s in quello orientale; nella seguente
tabella sono riassunte le dimensioni minime delle trincee ai fini di un corretto smaltimento della
portata di progetto.
Dimensionamento della trincea drenante nel settore occidentale
Trincea drenante
Lunghezza L
[m]
Larghezza B
[m]
Portata smaltibile
[m3/s]
80
2
0,160
Dimensionamento della trincea drenante nel settore orientale
Trincea drenante
Lunghezza L
[m]
Larghezza B
[m]
Portata smaltibile
[m3/s]
60
2
0,120
145
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6. RELAZIONE
GEOTECNICA
GIACIMENTO
E
GEOMECCANICA
DEL
6.1. Caratterizzazione geotecnica del sottosuolo
6.1.1. Condizioni stratigrafiche
L’assetto stratigrafico del giacimento oggetto di coltivazione mineraria, in cui saranno
modellate le scarpate che delimiteranno sul perimetro esterno l’area ribassata per effetto degli scavi,
può essere caratterizzato sulla base delle indagini geognostiche eseguite negli anni trascorsi a
corredo di precedenti interventi estrattivi effettuati in aeree limitrofe.
In particolare, nel mese di ottobre 2006 erano stati realizzati, nell’intorno dell’attuale sito di
cava, 3 sondaggi geognostici, eseguiti a carotaggio continuo secondo le norme A.N.I.S.I.G. ed
effettuati a cura della NEW GEOTECN S.r.l. di Acqui Terme (AL): i sondaggi, successivamente
attrezzati a piezometro e la cui ubicazione è riportata sulle allegate planimetrie di progetto (Cfr.:
Tav. 2 e 3), erano stati posizionati in modo tale da indagare anche l’area corrispondente alla cava
“Erbade”, ricadente in territorio del limitrofo Comune di Costigliole d’Asti, per la quale all’epoca
era parimenti in predisposizione il relativo progetto estrattivo.
I sondaggi, come illustrato nelle colonne litostratigrafiche allegate in precedenza, erano stati
spinti sino ad immorsarsi, per almeno 1-2 metri, nella marna argillosa del substrato terziario che
costituisce la base impermeabile dell’acquifero ospitato nel materasso alluvionale quaternario; essi
erano poi stati attrezzati a piezometro mediante l’installazione di tubi piezometrici del tipo a tubo
aperto ed erano stati protetti mediante idonei pozzetti metallici.
Analogamente, nel mese di febbraio 2005 erano stati realizzati, nell’intorno dei 4 lotti
previsti dal progetto di coltivazione mineraria nella cava in loc. “Vaccheria” dei Comuni di Alba e
Barbaresco, pochi Km a monte del settore di fondovalle interessato dal presente progetto, un totale
di 12 sondaggi, eseguiti a carotaggio continuo secondo le norme A.N.I.S.I.G. ed effettuati a cura
della GEOTECNO S.r.l. di Acqui Terme (AL).
I sondaggi, in numero di 3 per ogni lotto di scavo, erano stati spinti sino ad immorsarsi, per
almeno 1 metro, nella marna argillosa del substrato terziario sul quale poggia, alla base, il materasso
alluvionale quaternario.
Per quanto riguarda la litostratigrafia del giacimento, dalle risultanze di queste indagini
effettuate nell’intorno del sito di cava, ed a conferma di una situazione che ben si inquadra
nell’ambito del contesto geologico e stratigrafico della zona, noto per essere stato oggetto di studi
precedenti (31), aggiornati nell’ambito di pubblicazioni scientifiche che hanno sintetizzato i risultati
(31) Cfr.: FAULE D., “Studio geologico-applicativo per un collegamento autostradale lungo la bassa Valle Tanaro”;
Tesi di laurea inedita, Università degli Studi di Torino, 1990.
146
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Relazione tecnica illustrativa
di specifiche convenzioni di ricerca tra diversi Enti (32), si può riassumere il seguente quadro
“medio” complessivo.
Su tutta l’area indagata, posta in sponda sinistra del f. Tanaro, si riscontra, a conferma della
ridotta età “geologica” dell’area, la presenza di una copertura pedologica costituita mediamente da
pochi decimetri di terreno vegetale limoso – sabbioso, di colore nocciola – bruno.
Alla base della copertura pedologica, si rinviene un livello discontinuo di sabbie fini e limi
sabbiosi, di spessore variabile da punto a punto, da decimetrico a metrico, e di colore nocciola
chiaro: si tratta di depositi riferibili a facies di “flood plain”, ossia di materiale trasportato e
sedimentato, in condizioni di bassa energia (ma sufficienti comunque a movimentare del sedimento
con granulometria sabbiosa), da parte delle acque di esondazione che avevano invaso la piana di
fondovalle (33), colmandola per accrezione verticale e livellando la sottostante morfologia
irregolare, definita dal top delle barre ghiaiose, associate invece al trasporto di sedimento ad opera
di correnti trattive all’interno dell’alveo attivo del corso d’acqua (34).
Ad eccezione dei suddetti livelli superficiali, il vero e proprio materasso alluvionale risulta
infatti costituito da una sabbia da medio-fine a medio-grossolana, frammista a ghiaia eterometrica,
poligenica, subarrotondata, frammista a ciottoli con diametro massimo di circa 10 – 20 cm; da un
punto di vista sedimentologico, questo materiale può essere interpretato come depositato ad opera di
correnti trattive da parte di un corso d’acqua ad elevata capacità di trasporto (carico solido di
fondo), sotto forma di barre all’interno o ai margini del canale di deflusso attivo, nell’ambito delle
passate divagazioni del Tanaro entro la piana alluvionale.
La frazione sabbiosa del deposito alluvionale è solitamente presente sotto forma di matrice
interstiziale; localmente, essa può presentarsi concentrata in lenti e livelli di spessore decimetrico
intercalati alle ghiaie a ciottoli.
Alla base, il materasso alluvionale poggia sulle sottostanti argille siltoso-marnose del
substrato terziario, che nelle diverse indagini geognostiche man mano effettuate sono state
incontrate a profondità variabili dai 4-5 ai 6-7 metri, con una generale tendenza ad un
“inspessimento” della copertura quaternaria man mano che ci si allontana dal f. Tanaro.
Il substrato terziario è infatti localmente visibile in affioramento presso l’alveo del Tanaro;
esso prosegue sotto entrambe le sponde del corso d’acqua, a costituire la base della copertura
alluvionale che riveste il fondovalle, depositata dal Tanaro dopo aver “piallato” il substrato a
costituire una ampia superficie di erosione; tale superficie di erosione (“top del substrato”) mostra
un andamento sub-planare a grande scala, ma si presenta invece marcatamente irregolare a piccola
scala.
CIVITA M., EUSEBIO A., CAVALLI C., VALDEMARIN F. & VIGNA B., “Interazioni tra opere autostradali ed
acquiferi soggiacenti: alcune situazioni in Piemonte”, Atti del IV Convegno Internazionale di Geoingegneria “Difesa e
Valorizzazione del Suolo e degli Acquiferi”, Torino, 10-11 marzo 1994, pagg. 409 e segg..
(32) Cfr.: CASTELLARO M., DE LUCA D., LASAGNA M. & MASCIOCCO L., “Idrogeologia e qualità delle acque
sotterranee nel tratto Astigiano del fondovalle del Fiume Tanaro”, Acque Sotterranee, n. 88, aprile 2004, pagg. 30-42.
(33) Cfr.: REINECK H. & SINGH W., “Depositional sedimentary environments”, Springer-Verlag, Berlino, 1987.
(34) Cfr.: BILLI P., 1988 – “Morfologie fluviali”. Giornale di Geologia, ser. 3, vol. 50/1-2, pagg. 27-38, con bibliografia.
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Nel complesso, l’assetto litostratigrafico della zona in esame si mostra in sostanziale accordo
con il quadro conoscitivo generale messo a punto nell’ambito di precedenti studi, confermato dalle
più recenti pubblicazioni scientifiche (35), ad indicare che, lungo il fondovalle del f. Tanaro, il
substrato terziario si imposta ad una profondità variabile dai 4-5 ai 7-8 metri circa dal piano
campagna, anche se con rilevanti oscillazioni da punto a punto, in ragione, come si è detto, della
natura erosionale del top del substrato stesso, coincidente con la superficie di appoggio delle ghiaie
fluviali.
(35) Cfr.: CASTELLARO M., DE LUCA D., LASAGNA M. & MASCIOCCO L., “Idrogeologia e qualità delle acque
sotterranee nel tratto Astigiano del fondovalle del Fiume Tanaro”, Acque Sotterranee, n. 88, aprile 2004, pagg. 30-42.
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6.1.2. Indagini geognostiche
Per un primo inquadramento, in termini di caratterizzazione geotecnica, dei depositi
alluvionali affioranti lungo il fondovalle del Tanaro nel tratto in esame, si può fare riferimento ai
risultati di precedenti studi ed indagini svolte nel tratto a valle di Alba, nell’ambito dei quali erano
state effettuate numerose indagini geognostiche lungo la piana di fondovalle (36).
Durante l’effettuazione di tali indagini, al fine di quantificare lo stato di addensamento dei
depositi attraversati, erano state effettuate delle prove penetrometriche di tipo SPT (Standard
Penetration Test).
Durante l’esecuzione di queste prove, vengono i contati i colpi N del maglio, di peso e
dimensioni standardizzate, necessari ad infiggere il campionatore, sul fondo del foro di sondaggio,
di tre tratti consecutivi da 15 cm.
Ai fini delle prove viene considerato il valore di Nspt dato dalla somma degli ultimi due tratti,
in quanto si considera che, nei primi 15 cm, il terreno risenta ancora dell’effetto di disturbo
connesso alla trivellazione.
I valori di Nspt in colpi/piede (n. di colpi per un avanzamento di circa 30 cm) rappresentano il
valore maggiormente utilizzato nelle correlazioni, reperibili in bibliografia, per la determinazione
dei diversi parametri di resistenza e deformabilità del terreno.
Le prove Nspt, essendo state effettuate a profondità di 1.5, 3.0, 4.5 e 6.0 m dal p.c., avevano
consentito di indagare lo stato di addensamento dell’intero spessore del deposito alluvionale
ghiaioso sabbioso.
Sondaggio:
A17
A16
A15
A14
A13
A12
A11
Località:
Guarene
Barbaresco
Neive
Magliano
Magliano
Castagnole
Govone
Profondità
Valori del parametro Nspt (colpi/piede):
(m dal p.c.):
1,5
30
11
19
6
5
42
7
3,0
50
31
25
27
49
18
8
4,5
51
32
46
25
24
31
53
6,0
39
55
65
65
20
58
52
I risultati visualizzati in tabella possono essere così riassunti:
- il grado di addensamento del deposito alluvionale tende ad aumentare, in modo proporzionale, al
crescere della profondità di indagine;
- il grado di addensamento è medio in superficie (a 1,5 m si hanno Nspt compresi tra 5-10 e 30-40
colpi/piede) per divenire alto in profondità (Nspt variabili da 30 sino a oltre 50 colpi/piede).
(36) Cfr.: S.A.T.A.P. S.p.A. e A.S.T.M. S.p.A. – Progetto ed indagini per il collegamento autostradale Asti – Cuneo.
149
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Questi dati sono stati sostanzialmente confermati dai risultati delle prove penetrometriche
effettuate nell’ambito dei citati sondaggi svolti, negli anni trascorsi, a corredo di analoghi interventi
estrattivi svolti pochi Km a monte del sito in esame (cava in loc. “Vaccheria” dei Comuni d Alba e
Barbaresco), e che avevano fatto riscontrare i valori di Nspt riportati nelle seguenti tabelle:
Sondaggio:
S1-1
S1-2
Profondità
S1-3
S2-1
S2-2
S2-3
Valori del parametro Nspt (colpi/piede):
(m dal p.c.):
1,0
1,5
5
R
10
50
85
3,0
48
4,5
R
R
6,0
Sondaggio:
S3-1
S3-2
Profondità
S3-3
S4-1
S4-2
S4-3
R
R
Valori del parametro Nspt (colpi/piede):
(m dal p.c.):
1,0
1,5
3,0
4,5
6,0
74
R
R
77
I parametri geotecnici dei terreni presenti sino alla profondità di scavo prevista dal progetto
di coltivazione possono pertanto essere desunti dai risultati delle prove penetrometriche, ricorrendo
a correlazioni sperimentali riportate nella letteratura tecnica.
150
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6.1.3. Interpretazione dei risultati delle indagini geognostiche
6.1.3.1. Inquadramento ad ampia scala
Per la caratterizzazione geotecnica delle formazioni alluvionali che costituiscono il
giacimento di interesse estrattivo, in cui saranno modellati i fronti di scavo, e soprattutto le scarpate
perimetrali, nella cava in progetto, si è provveduto innanzitutto, per un inquadramento preliminare
ad ampia scala, all’interpretazione dei dati ottenuti mediante le prove SPT effettuate nell’ambito dei
sondaggi descritti in precedenza, eseguiti in aree limitrofe della piana di fondovalle del Tanaro, in
un contesto geologico del tutto analogo ed equivalente a quello oggetto del presente studio.
Durante l’esecuzione delle prove di questo tipo vengono contati i colpi N del maglio (di peso
ed altezza di caduta standardizzate) necessari ad infiggere il campionatore nel terreno, al fondo del
foro di sondaggio, così da farlo avanzare di tre tratti consecutivi di 15 cm ciascuno, ottenendo così
una terna di valori (N1, N2 ed N3). Ai fini dell’interpretazione delle prove viene considerato,
convenzionalmente, il valore di NSPT dato dalla somma degli ultimi due tratti (N2 + N3), ipotizzando
che nei primi 15 cm il terreno risenta ancora dell’effetto di “disturbo” associato alla precedente
terebrazione condotta sino a quella quota.
I valori di NSPT in colpi/piede (n. di colpi per un avanzamento di 1 piede, unità di misura
anglosassone pari a circa 30 cm) rappresentano il valore maggiormente utilizzato nelle correlazioni,
reperibili in bibliografia, per la determinazione dei diversi parametri di resistenza e deformabilità
del terreno.
Per procedere all’interpretazione dei risultati delle prove in sito, si deve considerare che, tra i
principali parametri geotecnici utilizzati per quantificare le proprietà di un terreno, vi è innanzitutto
la densità relativa (Dr): si tratta di un parametro che quantifica l’addensamento di un terreno sotto
forma di un valore percentuale rispetto all’addensamento massimo che potrebbe essere conferito, a
quel terreno, mediante costipamento con mezzi meccanici, o che il terreno stesso verrebbe
progressivamente ad assumere, in natura, durante la sua storia geologica, per effetto del peso degli
strati di terreno che lo sovrastano.
A tale scopo, per il calcolo della densità relativa si può utilizzare il diagramma di Gibbs e
Holtz, allegato nel seguito, utilizzando come dati di input i risultati delle prove penetrometriche
effettuate nei sondaggi citati in precedenza, sotto forma dei valori del parametro NSPT quantificati
per gli orizzonti attraversati durante la penetrazione.
Nella tabella riportata nel seguito, i valori di NSPT ottenuti nelle prove in sito eseguite nei
sondaggi svolti a corredo della progettazione del collegamento Asti - Cuneo, vengono messi in
correlazione con la pressione verticale litostatica che si ha, alla corrispondente profondità, per
effetto del peso della colonna di terreno soprastante. Questa pressione, indicata come σv e misurata
in t/m2, è data dal prodotto della profondità z, ossia dell’altezza della colonna di terreno soprastante,
espressa in metri, per il peso di volume del terreno stesso.
Per poter calcolare il carico litostatico (σv, espresso in t/m2) agente alla profondità relativa in
ogni punto di misura (Z, espressa in m dal p.c.), in prima approssimazione è stato assegnato ai
151
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depositi ghiaioso-sabbiosi che costituiscono questo settore del fondovalle alluvionale del Tanaro un
peso di volume (γ) di 1,9 t/m3.
Per una correlazione più accurata, occorre sottrarre alla pressione verticale così calcolata la
spinta idrostatica U, associata alla presenza della falda acquifera, così da ottenere la pressione
verticale efficace, indicata come σ’v e misurata anch’essa in t/m2, e quantificata sulla base del
livello piezometrico della falda freatica: nel caso in esame, si è fatto riferimento ai dati sulla
soggiacenza della falda rilevati in occasione dell’effettuazione delle indagini in foro (37).
Sondaggio A11, quota falda: 3,90 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
1,50
2,85
----
2,85
7
60%
3,00
5,7
----
5,7
8
60%
4,50
8,55
0,60
7,95
53
> 90%
6,00
11,4
2,10
9,3
52
> 90%
Sondaggio A12, quota falda: 2,90 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
1,50
2,85
----
2,85
42
> 90%
3,00
5,7
0,10
5,6
18
80%
4,50
8,55
1,60
6,95
31
90%
6,00
11,4
3,10
8,3
58
> 90%
Sondaggio A13, quota falda: 2,90 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
1,50
2,85
----
2,85
5
55%
3,00
5,7
0,10
5,6
49
> 90%
4,50
8,55
1,60
6,95
24
85%
6,00
11,4
3,10
8,3
20
75%
(37) Cfr.: S.A.T.A.P. S.p.A. e A.S.T.M. S.p.A. – Progetto ed indagini per il collegamento autostradale Asti – Cuneo;
Progetto esecutivo – Geotecnica; vol. 2.8 – Indagini in sito: Tratto II – Isola d’Asti - Alba.
152
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
Sondaggio A14, quota falda: 4,00 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
1,50
2,85
----
2,85
6
60%
3,00
5,7
----
5,7
27
90%
4,50
8,55
0,50
8,05
25
85%
6,00
11,4
2,00
9,4
65
> 90%
Sondaggio A15, quota falda: 4,90 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
1,50
2,85
----
2,85
19
90%
3,00
5,7
----
5,7
25
90%
4,50
8,55
----
8,55
46
> 90%
6,00
11,4
1,10
10,3
65
> 90%
Sondaggio A16, quota falda: 3,50 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
1,50
2,85
----
2,85
11
70%
3,00
5,7
----
5,7
31
90%
4,50
8,55
1,00
7,55
32
90%
6,00
11,4
2,50
8,9
55
> 90%
Sondaggio A17, quota falda: 3,00 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
1,50
2,85
----
2,85
30
> 90%
3,00
5,7
----
5,7
50
> 90%
4,50
8,55
1,50
7,05
51
> 90%
6,00
11,4
3,00
8,4
39
> 90%
Riportando sul diagramma di Gibbs & Holtz, allegato nel seguito, le diverse coppie di valori
Nspt/pressione verticale efficace, si ottengono infatti i corrispondenti valori del parametro densità
relativa Dr.
I valori ottenuti sono per lo più molto elevati, e ricadono per la maggior parte in un campo
caratterizzato da densità relative superiori all’80-90%%, anche se localmente si rinvengono lenti ed
153
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
intercalazioni, soprattutto nei livelli superficiali del deposito, caratterizzate da un minor
addensamento, dell’ordine del 55 – 60%.
Sulla base di questa quantificazione, si può procedere alla determinazione dell’angolo di
resistenza al taglio (o angolo di attrito interno), comunemente indicato con la lettera greca φ
(“phi”): esso è definito, sperimentalmente, come l’angolo compreso tra l’ascissa e la tangente alla
curva che rappresenta la relazione tra la resistenza al taglio e gli sforzi normali agenti all’interno del
terreno.
Utilizzando il metodo di Schmertmann, mediante un apposito foglio di calcolo allegato al
testo “Ingegneria geotecnica e geologia applicata” del dott. geol. Faustino Cetraro, edito nel 2007
dalla EPC Libri di Roma, si è pertanto provveduto a calcolare, per i sondaggi considerati, l’angolo
di attrito del materiale in esame partendo dal numero di SPT e dalla Dr; i valori ottenuti sono
riportati nella tabella di seguito allegata, e risultano compresi tra i 36° ed i 46°.
Sondaggio
A11
A12
A13
A14
A15
A16
Profondità
Nspt
Dr
Angolo di attrito
1,50
7
60%
38
3,00
8
60%
38
4,50
53
> 90%
46
6,00
52
> 90%
46
1,50
42
> 90%
41
3,00
18
80%
44
4,50
31
90%
45
6,00
58
> 90%
46
1,50
5
55%
36
3,00
49
> 90%
41
4,50
24
85%
45
6,00
20
75%
44
1,50
6
60%
36
3,00
27
90%
45
4,50
25
85%
45
6,00
65
> 90%
46
1,50
19
90%
45
3,00
25
90%
45
4,50
46
> 90%
46
6,00
65
> 90%
46
1,50
11
70%
38
3,00
31
90%
41
4,50
32
90%
45
6,00
55
> 90%
46
154
GEOSTUDIO – maggio 2015
A17
Relazione tecnica illustrativa
1,50
30
> 90%
41
3,00
50
> 90%
46
4,50
51
> 90%
46
6,00
39
> 90%
46
155
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
Diagramma di Gibbs & Holtz : valori di densità relativa ricavati mediante l’interpretazione dei
risultati delle indagini geognostiche condotte nell’ambito della progettazione del tratto Alba –
Isola d’Asti dell’Autostrada Asti - Cuneo.
156
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
6.1.3.2. Interpretazione dei dati rilevati in sito
Per la caratterizzazione geotecnica di dettaglio dei depositi alluvionali affioranti presso
l’area di cava, che costituiscono il giacimento di interesse estrattivo, e nei quali saranno modellati i
fronti di scavo e le scarpate perimetrali nella cava in progetto, si è fatto riferimento ai risultati delle
prove penetrometriche effettuate nell’ambito dei citati sondaggi svolti a corredo di analoghi
interventi estrattivi svolti pochi Km a monte del sito in esame (cava in loc. “Vaccheria” dei Comuni
d Alba e Barbaresco): rispetto ai dati rilevati nell’ambito degli studi condotti a corredo della
progettazione del collegamento autostradale AT – CN, si tratta infatti di indagini in sito condotte in
periodi più recenti, ed effettuati pertanto con attrezzature più moderne e standardizzate.
Al tempo stesso, si tratta di prove che hanno comunque interessato un’estensione di
fondovalle alluvionale di ordine chilometrico, per di più distribuite non solo in senso lineare lungo
il tracciato dell’opera viaria, quindi longitudinalmente rispetto al fondovalle del Tanaro, ma anche
trasversalmente a quest’ultimo: esse possono quindi essere ritenute maggiormente significative, ai
fini della loro interpretazione anche in chiave statistica (secondo quanto previsto dalle più recenti
normative), per una caratterizzazione del materasso alluvionale tale da “omogeneizzare” eventuali
eterogeneità stratigrafiche laterali.
Si è fatto quindi riferimento ai risultati riassunti nelle tabelle di seguito allegate.
Sondaggio:
S1-1
S1-2
Profondità
S1-3
S2-1
S2-2
S2-3
Valori del parametro Nspt (colpi/piede):
(m dal p.c.):
1,0
1,5
5
R
10
50
85
3,0
48
4,5
R
R
6,0
Sondaggio:
S3-1
S3-2
Profondità
S3-3
S4-1
S4-2
S4-3
R
R
Valori del parametro Nspt (colpi/piede):
(m dal p.c.):
1,0
1,5
3,0
4,5
6,0
74
R
R
77
157
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
Come già in precedenza, questi valori sono stati messi in correlazione con la pressione
verticale litostatica che si ha, alla corrispondente profondità, per effetto del peso della colonna di
terreno soprastante.
Questa pressione, indicata come σv e misurata in t/m2, è data dal prodotto della profondità z,
ossia dell’altezza della colonna di terreno soprastante, espressa in metri, per il peso di volume del
terreno stesso: anche in questo caso, è stato assegnato al depositi ghiaioso-sabbiosi che
costituiscono questo settore della pianura alluvionale adiacente il f. Tanaro un peso di volume (γ) di
1,9 t/m3.
Per una correlazione più accurata, occorre sottrarre alla pressione verticale così calcolata la
spinta idrostatica U, associata alla presenza della falda acquifera, così da ottenere la pressione
verticale efficace, indicata come σ’v e misurata anch’essa in t/m2, e quantificata sulla base del
livello piezometrico della falda freatica: anche in questo caso, si è fatto riferimento ai dati sulla
soggiacenza della falda rilevati in occasione dell’effettuazione delle indagini in foro, nel febbraio
2005.
Sondaggio S1-1, quota falda: 3,2 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
1,50
2,85
----
2,85
R
> 95%
Sondaggio S1-2, quota falda: 5,5 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
1,00
1,90
----
1,90
5
60%
4,50
8,55
----
8,55
R
> 95%
Sondaggio S1-3, quota falda: 3,8 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
1,50
2,85
----
2,85
50
> 90%
Sondaggio S2-1, quota falda: 5,4 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
1,00
1,90
----
1,90
10
70%
4,50
8,55
----
8,55
R
> 95%
Nspt
Dr (%)
Sondaggio S2-2, quota falda: 4,9 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
158
GEOSTUDIO – maggio 2015
1,50
2,85
Relazione tecnica illustrativa
----
2,85
85
> 95%
Sondaggio S2-3, quota falda: 4,5 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
3,00
5,7
----
5,7
48
> 90%
Sondaggio S3-1, quota falda: 3,5 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
4,50
8,55
1,00
7,55
R
> 95%
Sondaggio S3-2, quota falda: 3,0 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
4,50
8,55
1,50
7,05
R
> 95%
Sondaggio S3-3, quota falda: 3,5 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
6,00
11,4
2,50
8,9
77
> 95%
Sondaggio S4-1, quota falda: 2,6 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
3,00
5,7
0,40
5,3
75
> 95%
Sondaggio S4-2, quota falda: 3,6 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
3,00
5,7
----
5,7
R
> 95%
Sondaggio S4-3, quota falda: 3,7 m da p.c.
Z(m)
σv(t/m2)
U (t/m2)
σ’v(t/m2)
Nspt
Dr (%)
3,00
5,7
----
5,7
R
> 95%
159
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
Anche in questo caso, riportando sul diagramma di Gibbs & Holtz, allegato nel seguito, le
diverse coppie di valori Nspt/pressione verticale efficace, si ottengono i corrispondenti valori del
parametro densità relativa Dr: i valori ottenuti sono molto elevati, e ricadono per la maggior parte
nel campo caratterizzato da densità relative superiori al 90%, in modo del tutto analogo alla
“nuvola” di punti rappresentativi dei risultati ottenuti, per profondità analoghe, nelle indagini svolte
in precedenti studi progettuali, discussi in precedenza relativamente all’inquadramento ad ampia
scala.
Nel caso dei sondaggi più recenti, utilizzati per la caratterizzazione geomeccanica, risulta
significativo il fatto che si incontrino generalmente livelli di materiale caratterizzato da un elevato
addensamento, stimabile nel 90 – 95%, mentre solo occasionalmente si possono avere lenti ed
intercalazioni meno addensati (ma con valori di Dr a livello comunque del 60 – 70%), di natura più
schiettamente sabbiosa, concentrati nei livelli più superficiali.
Anche in questo caso, sulla base di questa quantificazione della densità relativa Dr, si può
procedere alla determinazione dell’angolo di resistenza al taglio (o angolo di attrito interno),
comunemente indicato con la lettera greca φ (“phi”).
Utilizzando il metodo di Schmertmann, mediante un apposito foglio di calcolo allegato al
testo “Ingegneria geotecnica e geologia applicata” del dott. geol. Faustino Cetraro, edito nel 2007
dalla EPC Libri di Roma, si è provveduto a calcolare, per le prove considerate, l’angolo di attrito
del materiale costituente il giacimento alluvionale oggetto di interesse estrattivo, partendo dal
numero di SPT e dalla Dr; i valori ottenuti sono riportati nel seguito.
Per procedere al calcolo, sulla base delle stratigrafie dei sondaggi il deposito eterogeneo
presente nel sottosuolo dell’area in esame è stato considerato come un ghiaietto uniforme,
relativamente alla maggior parte delle prove, mentre è stato considerato come sabbia fine per le
prove in S1-2 a 1,0 m dal p.c. ed in S2-1 a 1,0 m dal p.c..
Si sono ottenuti valori di angolo di attrito dell’ordine di 36° - 38° per questi livelli sabbiosi
superficiali, peraltro presenti in modo irregolare e discontinuo nella pianura alluvionale, mentre il
vero e proprio deposito alluvionale risulta caratterizzato da angoli di attrito dell’ordine dei 45° 46°, pienamente congruenti con il range di valori ottenuto dall’interpretazione dei sondaggi e delle
prove in sito svolte ad ampia scala.
160
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
Diagramma di Gibbs & Holtz relativo ai risultati delle prove eseguite nei sondaggi
effettuati presso il sito di cava.
161
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
Quantificazione dell’angolo di attrito mediante metodo di Schmertmann
Deposito alluvionale ghiaioso – sabbioso – Sondaggi S1-1, S1-22 ed
e S1-3
162
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
Quantificazione dell’angolo di attrito mediante metodo di Schmertmann
Deposito alluvionale ghiaioso – sabbioso – Sondaggi S2-1, S2-22 ed S2-3
S
163
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
Quantificazione dell’angolo di attrito mediante metodo di Schmertmann
Deposito alluvionale ghiaioso – sabbioso – Sondaggi S3-1, S3-22 ed S3-3
S
164
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
Quantificazione dell’angolo di attrito mediante metodo di Schmertmann
Deposito alluvionale ghiaioso – sabbioso – Sondaggi S4-1, S4-22 ed S4-3
S
165
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
6.1.4. Determinazione dei parametri geotecnici
Per la determinazione dei valori caratteristici del parametro φ, ossia dell’angolo di attrito
interno, che nel caso in esame rappresenta quello più significativo per i terreni presenti in sito
(costituiti da materiali alluvionali grossolani), si è partiti innanzitutto dall’interpretazione, svolta nel
paragrafo precedente, dei dati ottenuti mediante le prove SPT effettuate nell’ambito dei sondaggi
eseguiti in aree limitrofe, in un analogo contesto geologico.
Ciò al fine di inquadrare correttamente i risultati ottenuti nelle indagini specifiche svolte in
sito: per la determinazione dei valori caratteristici del parametro φ, ossia dell’angolo di attrito
interno, si è partiti infatti dall’interpretazione dei risultati delle prove svolte in sito, una volta
verificato che queste ultime fornissero risultati coerenti ed inquadrabili nel contesto locale, così da
ottenere i corrispondenti valori di angolo di attrito del terreno, riassunti nelle tabelle e nei grafici
allegati in precedenza.
In particolare, dalle elaborazioni effettuate, svolte utilizzando il metodo di Schmertmann,
mediante un apposito foglio di calcolo allegato al testo “Ingegneria geotecnica e geologia
applicata” del dott. geol. Faustino Cetraro, edito nel 2007 dalla EPC Libri di Roma, si è provveduto
a calcolare, per le prove eseguite e per profondità tali da indagare il livello ghiaioso- sabbioso che
costituisce l’orizzonte superficiale del materasso alluvionale del Tanaro, ossia il giacimento oggetto
di coltivazione nella cava in oggetto, l’angolo di attrito del materiale in esame, partendo dal numero
N che esprime la resistenza alla perforazione (preventivamente convertito in valori SPT) e dalla Dr;
i valori ottenuti sono compresi tra i 36° ed i 46°.
Rispetto a quanto previsto dalle precedenti normative in materia, in particolare il D.M.
11.03.1988, nell’ambito delle NTC, che riprendono le normative europee note come “Eurocodice 7”
(EC07), per valore caratteristico di un parametro geotecnico deve intendersi però “una stima
ragionata e cautelativa del valore del parametro nello stato limite considerato”.
In particolare, secondo quanto riportato al par. C6.2.2. della “Circolare esplicativa” alle
NTC, per una corretta scelta dei valori caratteristici dei parametri geotecnici (38) appare giustificato
il riferimento a valori prossimi a quelli medi quando nello stato limite considerato è coinvolto un
elevato volume di terreno, con possibile compensazione delle eterogeneità in esso presenti.
Nel caso in esame, data la ridotta altezza dei fronti di scavo nella cava in oggetto, pari ad un
valore massimo di circa 3,5 – 4 metri, anche i possibili cinematismi saranno caratterizzati da
dimensioni (in termini di larghezza coinvolta) di pari entità, tali cioè da interessare piccoli volumi di
terreno: assume quindi importanza tenere conto di possibili eterogeneità a piccola scala.
Per la caratterizzazione geotecnica delle formazioni incoerenti di copertura si è quindi fatto
riferimento, cautelativamente, al 5° percentile della distribuzione dei valori ottenuti, che, secondo
l’Eurocodice 7, rappresenta il valore statistico caratteristico del parametro geotecnico in esame (in
(38) Nella notazione adottata nell’Eurocodice 7 e nelle NTC, i parametri caratteristici vengono individuati mediante il
suffisso k in pedice (es. φk), a differenza di quelli di progetto per cui si utilizza il pedice d (es. φd).
166
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
questo caso l’angolo di attrito interno φ, che è quello più significativo per i terreni presenti in sito,
costituiti da materiali alluvionali grossolani).
Per la determinazione dei valori caratteristici del parametro φ, ossia dell’angolo di attrito
interno, dall’interpretazione dei risultati delle prove SPT sono stati ottenuti pertanto i corrispondenti
valori di angolo di attrito del terreno, riassunti nelle tabelle e nei grafici allegati in precedenza; per i
valori così ottenuti è stato poi calcolato il 5° percentile della distribuzione dei dati dell’angolo di
attrito, partendo da un campione complessivo di 13 dati.
Dai calcoli effettuati, svolti utilizzando l’apposito foglio di calcolo in ambiente ExcelTM
messo a punto dal dott. geol. Luca Nori, e distribuito dall’Ordine Regionale dei Geologi del
Piemonte in occasione del corso di aggiornamento professionale relativo a “Caratterizzazione
geotecnica e parametri di progetto secondo l’EC7 e il DM 14 01 08 - Norme Tecniche per le
Costruzioni”, risulta che il valore caratteristico dell’angolo di attrito è pari a φk = 38,9°.
Si tratta di un valore in sostanziale accordo con quanto può essere ottenuto, sempre
utilizzando i valori di densità relativa (Dr) ottenuti in precedenza, riportandoli nel diagramma
sperimentale NAV-FAC riportato nel seguito (39); per un misto ghiaioso-sabbioso come il terreno in
esame (classificabile come intermedio tra le sabbie ghiaiose SW e le ghiaie a granulometria mista
GW), con una densità relativa media pari all’80 - 90% e oltre, si ricava infatti un angolo di
resistenza al taglio dell’ordine di circa 40° o poco più.
Cautelativamente, nell’ambito delle verifiche di stabilità dei fronti di scavo della cava in
progetto il valore della coesione del terreno in esame sarà invece considerato nullo (c = 0), al fine di
considerare l’effetto di “disturbo” dovuto allo scavo mediante mezzi meccanici.
(39) Si tratta di un diagramma di correlazione elaborato dall'U.S. Naval Publ. and Forms Center di Philadelphia,
comunemente noto come "NAV-FAC".
167
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
Diagramma NAV-FAC
168
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
6.2. Analisi sismica
6.2.1. Inquadramento normativo
Negli anni trascorsi, la principale normativa sismica di riferimento, per il territorio italiano,
era costituita dall’Ordinanza P.C.M. 20 marzo 2003, n. 3274, avente per oggetto “Primi elementi in
materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative
tecniche per le costruzioni in zona sismica”, modificata dalla successiva O.P.C.M. 2 ottobre 2003,
n. 3316 “Modifiche ed integrazioni all’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274
del 20 marzo 2003”.
Tali norme disciplinavano la progettazione di opere di fondazione e di sostegno dei terreni
soggette ad azioni sismiche, nonché i requisiti cui devono soddisfare i siti di costruzione ed i terreni
di fondazione in presenza di tali azioni.
Al momento attuale, la succitata normativa di riferimento in materia sismica risulta
aggiornata per effetto dell’entrata in vigore, a far data dal 1° luglio 2009, del D.M. 14.01.2008
“Norme Tecniche per le Costruzioni” (le cosiddette “NTC”), con la relativa Circolare esplicativa del
Consiglio Superiore LL.PP. 02.02.2009, n. 617: “Istruzioni per l’applicazione delle «Nuove norme
tecniche per le costruzioni» di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008” (G.U. n. 47 del
26.02.2009).
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Relazione tecnica illustrativa
6.2.2. Azione sismica propria dei terreni in esame secondo le NTC
6.2.2.1. Finalità e principi della zonazione sismica
Per effetto delle modifiche e degli aggiornamenti introdotti dal D.M. 14.01.2008 “Norme
Tecniche per le Costruzioni” (NTC), con la relativa Circolare esplicativa del Consiglio Superiore
LL.PP. 02.02.2009, n. 617: “Istruzioni per l’applicazione delle «Nuove norme tecniche per le
costruzioni» di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008” (G.U. n. 47 del 26.02.2009), l’azione
sismica viene ora valutata in condizioni di campo libero su sito di riferimento rigido a superficie
orizzontale, procedendo all’analisi sito per sito e costruzione per costruzione, e non più riferendosi
ad una zona sismica territorialmente coincidente con singole entità amministrative, ad un’unica
forma spettrale e ad un periodo di ritorno prefissato ed uguale per tutte le costruzioni, come
avveniva invece in precedenza.
La pericolosità sismica di un sito è descritta dalla probabilità che, in un fissato lasso di
tempo, in detto sito si verifichi un evento sismico di entità almeno pari ad un valore prefissato.
Nelle NTC tale lasso di tempo, espresso in anni, è denominato “periodo di riferimento” (VR) e la
probabilità di accadimento è denominata “probabilità di eccedenza o di superamento nel periodo di
riferimento” (PvR).
Ai fini della determinazione delle azioni sismiche di progetto nei modi previsti dalle NTC, la
pericolosità sismica del territorio nazionale è quindi definita convenzionalmente facendo
riferimento ad un sito rigido (di categoria A) con superficie topografica orizzontale (di categoria
T1), in condizioni di campo libero, cioè in assenza di manufatti.
I caratteri del moto sismico su sito di riferimento rigido orizzontale sono descritti dalla
distribuzione sul territorio nazionale delle seguenti grandezze, sulla base delle quali sono
compiutamente definite le forme spettrali per la generica PvR:
• ag = accelerazione massima al sito;
• Fo = valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione orizzontale;
•
Tc* = periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione
orizzontale.
Il valore di ag è desunto direttamente dalla pericolosità di riferimento (attualmente fornita
dallo INGV – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), mentre Fo e Tc* sono calcolati in
modo che gli spettri di risposta elastici in accelerazione, velocità e spostamento forniti dalle NTC
approssimino al meglio i corrispondenti spettri di risposta elastici in accelerazione, velocità e
spostamento derivanti dalla pericolosità di riferimento.
I valori di ag, Fo e Tc* sono riportati nell’allegato B alle NTC, nel quale di essi si fornisce la
rappresentazione in termini di andamento medio in funzione del periodo di ritorno (TR) per l’intero
territorio nazionale.
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Relazione tecnica illustrativa
6.2.2.2. Stati limite di riferimento
Ai sensi del par. 3.2.1. delle NTC, gli stati limite di riferimento nei confronti delle azioni
sismiche, sia di esercizio che ultimi, sono individuati riferendosi alle prestazioni della costruzione
nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali e gli impianti.
Come specificato nella relativa Circolare esplicativa del Consiglio Superiore LL.PP.
02.02.2009, n. 617: “Istruzioni per l’applicazione delle «Nuove norme tecniche per le costruzioni»
di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008” (G.U. n. 47 del 26.02.2009), le modifiche apportate
dalle NTC alle precedenti disposizioni, definite in un quadro operativo finalizzato a sfruttare al
meglio la puntuale definizione della pericolosità di cui si dispone, hanno portato a fare riferimento a
4 stati limite per l’azione sismica.
Sono stati dunque portati a due gli Stati Limite di Esercizio (SLE), facendo precedere lo
Stato Limite di Danno (SLD) - ridefinito come stato limite da rispettare per garantire inagibilità
solo temporanee nelle condizioni postsismiche - dallo Stato Limite di immediata Operatività
(SLO), particolarmente utile come riferimento progettuale per le opere che debbono restare
operative durante e subito dopo un terremoto (ospedali, caserme, centri della protezione civile,
etc…), in tal modo articolando meglio le prestazioni della struttura in termini di esercizio.
Gli stati limite di esercizio sono così definiti:
Stato Limite di Operatività (SLO): a seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso,
includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua
funzione, non deve subire danni ed interruzioni d'uso significativi;
Stato Limite di Danno (SLD): a seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso,
includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua
funzione, subisce danni tali da non mettere a rischio gli utenti e da non compromettere
significativamente la capacità di resistenza e di rigidezza nei confronti delle azioni verticali ed
orizzontali, mantenendosi immediatamente utilizzabile pur nell’interruzione d’uso di parte delle
apparecchiature.
In modo analogo, sono stati portati a due gli Stati Limite Ultimi (SLU) facendo seguire allo
Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV), individuato definendo puntualmente lo stato limite
ultimo, lo Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC), particolarmente utile come riferimento
progettuale per alcune tipologie strutturali (strutture con isolamento e dissipazione di energia) e, più
in generale, nel quadro complessivo della progettazione antisismica.
Più precisamente, gli stati limite ultimi sono così definiti:
Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV): a seguito del terremoto la costruzione subisce
rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e significativi danni dei
componenti strutturali, cui si associa una perdita significativa di rigidezza nei confronti delle
azioni orizzontali; la costruzione conserva invece una parte della resistenza e rigidezza per
azioni verticali e un margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche
orizzontali;
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Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC): a seguito del terremoto la costruzione
subisce gravi rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e danni molto gravi
dei componenti strutturali; la costruzione conserva ancora un margine di sicurezza per azioni
verticali ed un esiguo margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni orizzontali.
I quattro stati limite così definiti consentono di individuare quattro situazioni diverse che, al
crescere progressivo dell’azione sismica, ed al conseguente progressivo superamento dei quattro
stati limite ordinati per azione sismica crescente (SLO, SLD, SLV, SLC), fanno corrispondere una
progressiva crescita del danneggiamento all’insieme di struttura, elementi non strutturali ed
impianti, per individuare così univocamente ed in modo quasi “continuo” le caratteristiche
prestazionali richieste alla generica costruzione.
Ai quattro stati limite sono stati attribuiti (Cfr.: Tabella 3.2.I delle NTC) valori della
probabilità di superamento PvR pari rispettivamente a 81%, 63%, 10% e 5%, valori che restano
immutati qualunque sia la classe d’uso della costruzione considerata; tali probabilità, valutate nel
periodo di riferimento VR proprio della costruzione considerata, consentono di individuare, per
ciascuno stato limite, l’azione sismica di progetto corrispondente.
Nel caso in oggetto, le verifiche di stabilità e la quantificazione preliminare dei parametri
sismici sono state effettuate considerando, come stato limite di riferimento, quello di operatività
(Stato Limite di Operatività - SLO) e, più precisamente, facendo riferimento allo stato limite di
salvaguardia della vita (SLV).
6.2.2.3. Periodo di riferimento per l’azione sismica
Ai sensi del par. 2.4.3. delle NTC, le azioni sismiche su ciascuna costruzione vengono
valutate in relazione ad un periodo di riferimento VR che si ricava, per ciascun tipo di costruzione,
moltiplicandone la vita nominale VN per il coefficiente d’uso CU.
A tale proposito, la vita nominale VN di un’opera strutturale è intesa come il numero di anni
nel quale la struttura, purché soggetta alla manutenzione ordinaria, deve potere essere usata per lo
scopo al quale è destinata.
La vita nominale dei diversi tipi di opere è quella riportata nella Tab. 2.4.I delle NTC.
Tabella 2.4.I – Vita nominale VN per diversi tipi di opere
Nel caso in esame, la problematica da affrontare è decisamente specifica ed in qualche modo
anche radicalmente “anomala” rispetto al contesto per cui sono state concepite e definite le
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normative sismiche (40), in quanto non si tratta di una “costruzione”, ossia di un’opera artificiale
destinata ad ospitare persone e/o strutture ed impianti, bensì di una cava, ossia di un sito in cui viene
asportata, da parte dell’uomo, una porzione di “geomassa” naturale rappresentata dal giacimento
estrattivo.
Dal punto di vista della “vita nominale”, pertanto, nella cava in progetto i fronti di scavo
possono essere attribuiti alla tipologia individuata dalle NTC come tipo di costruzione “2 – Opere
ordinarie”; quale vita nominale dei fronti di coltivazione della cava in progetto si è pertanto adottato
un valore di VN = 50 anni.
Per quanto riguarda invece la classe d’uso, in presenza di azioni sismiche, con riferimento
alle conseguenze di una interruzione di operatività o di un eventuale collasso, le costruzioni sono
suddivise, secondo le NTC, in classi d’uso così definite:
Classe I: Costruzioni con presenza solo occasionale di persone, edifici agricoli.
Classe II: Costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per
l’ambiente e senza funzioni pubbliche e sociali essenziali. Industrie con attività non pericolose
per l’ambiente. Ponti, opere infrastrutturali, reti viarie non ricadenti in Classe d’uso III o in
Classe d’uso IV, reti ferroviarie la cui interruzione non provochi situazioni di emergenza. Dighe
il cui collasso non provochi conseguenze rilevanti.
Classe III: Costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi. Industrie con attività
pericolose per l’ambiente. Reti viarie extraurbane non ricadenti in Classe d’uso IV. Ponti e reti
ferroviarie la cui interruzione provochi situazioni di emergenza. Dighe rilevanti per le
conseguenze di un loro eventuale collasso.
Classe IV: Costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, anche con riferimento
alla gestione della protezione civile in caso di calamità. Industrie con attività particolarmente
pericolose per l’ambiente. Reti viarie di tipo A o B, di cui al D.M. 5 novembre 2001, n. 6792,
“Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade”, e di tipo C quando
appartenenti ad itinerari di collegamento tra capoluoghi di provincia non altresì serviti da strade
di tipo A o B. Ponti e reti ferroviarie di importanza critica per il mantenimento delle vie di
comunicazione, particolarmente dopo un evento sismico. Dighe connesse al funzionamento di
acquedotti e a impianti di produzione di energia elettrica.
Il valore del coefficiente d’uso CU è definito, al variare della classe d’uso, come mostrato
nell’allegata Tab. 2.4.II delle NTC:
(40) NB: Non a caso, come già il precedente D.M. 11.03.1988, anche il D.M. 14.01.2008 limita esplicitamente il proprio
campo di applicazione alle tematiche proprie delle costruzioni e dell’ingegneria civile, specificando che i “fronti di
scavo indicati nella norma cui si riferiscono le presenti istruzioni attengono ad esempio a scavi di fondazioni, trincee
stradali o ferroviarie, canali ecc.”, mentre “per gli aspetti non trattati nelle NTC nei riguardi dei fronti di scavo di
miniere e cave ci si riferisca alla specifica normativa”, riconoscendone la natura peculiare e specifica (Cfr.: Circolare
esplicativa del Consiglio Superiore LL.PP. 02.02.2009, n. 617: “Istruzioni per l’applicazione delle «Nuove norme
tecniche per le costruzioni» di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008”, par. C6.8.6).
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Tab. 2.4.II – Valori del coefficiente d’uso CU
Anche su tale tematica, si deve ricordare il carattere assolutamente peculiare e specifico delle
attività estrattive, che non possono essere assimilate concettualmente né ad una “costruzione”
destinata ad ospitare persone o attività, né ad una “industria”.
Nel caso in esame, l’opera in progetto può essere attribuita alla classe d’uso I, in quanto non
è previsto un grosso affollamento dell’area né in fase di produzione e coltivazione, né in una fase
successiva; l’accesso all’area di cava, in fase di coltivazione, sarà anzi strettamente limitato al solo
personale (peraltro in numero ridotto) che vi opererà per la coltivazione mineraria ed il recupero
ambientale, con l’esplicito divieto di accesso da parte di estranei; si può pertanto adottare un valore
di CU = 0,7.
Il periodo di riferimento VR che si ricava risulta quindi pari a:
VR = VN x CU = 50 x 0,7 = 35 anni.
Una volta valutato il periodo di riferimento VR della costruzione (espresso in anni), ottenuto
come prodotto tra la vita nominale VN fissata all’atto della progettazione ed il coefficiente d’uso CU
che compete alla classe d’uso nella quale la costruzione ricade (par. 2.4 delle NTC ), si ricava poi,
per ciascuno stato limite e relativa probabilità di eccedenza PvR nel periodo di riferimento VR, il
periodo di ritorno TR del sisma.
Si utilizza a tal fine la relazione:
TR = -VR/ln(1-PVR) = -CU x VN/ln(1-PVR).
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6.2.3. Categorie di sottosuolo e condizioni topografiche
In base alle NTC, per la definizione dell’azione sismica si può fare riferimento innanzitutto
ad un approccio semplificato, che si basa sull’individuazione di categorie di sottosuolo di
riferimento (Tab. 3.2.II e 3.2.III delle NTC). Le condizioni di riferimento rigido citate in
precedenza, infatti, non corrispondono in generale a quelle effettive. È necessario, pertanto, tenere
conto delle condizioni stratigrafiche del volume di terreno interessato dall’opera ed anche delle
condizioni topografiche, poiché entrambi questi fattori concorrono a modificare l’azione sismica in
superficie rispetto a quella attesa su un sito rigido con superficie orizzontale.
Tali modifiche, in ampiezza, durata e contenuto in frequenza, sono il risultato della “risposta
sismica locale”, termine con il quale si intende l’azione sismica quale essa emerge in “superficie” a
seguito delle modifiche in ampiezza, durata e contenuto in frequenza subite trasmettendosi dal
substrato rigido a causa di effetti stratigrafici e topografici.
Dal punto di vista degli effetti stratigrafici, ai fini della classificazione dell’azione sismica di
progetto, già prevista ai sensi della precedente O.P.C.M. 20.03.2003 n. 3274 ed aggiornata dalle
NTC, si definiscono delle categorie di profilo stratigrafico del suolo di fondazione, ricordando che i
valori da utilizzare per VS, NSPT e cu sono valori medi relativi a ciascuno strato.
Più dettagliatamente, la normativa distingue le seguenti 5 categorie di terreni di fondazione
(Tab. 3.2.II delle NTC):
A. formazioni litoidi o suoli omogenei molto rigidi caratterizzati da valori di VS30 superiori a 800
m/s, comprendenti eventuali strati di alterazione superficiale di spessore massimo pari a 5 m;
B. depositi di sabbie e ghiaie molto addensate o argille molto consistenti, con spessori di diverse
decine di metri, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la
profondità e da valori di VS30 compresi tra 360 m/s e 800 m/s (ovvero resistenza penetrometrica
NSPT > 50, o coesione non drenata cu > 250 kPa);
C. depositi di sabbie e ghiaie mediamente addensate, o di argille di media consistenza, con spessori
variabili da diverse decine fino a centinaia di metri, caratterizzati da valori di VS30 compresi tra
180 m/ e 360 m/s (15< NSPT <50, 70 kPa< cu <250 kPa);
D. depositi di terreni granulari da sciolti a poco addensati oppure coesivi da poco a mediamente
consistenti, caratterizzati da valori di VS30< 180 m/s (NSPT <15, cu <70 kPa);
E. profili di terreno costituiti da strati superficiali alluvionali, con valori di VS30 simili a quelli dei
tipi C o D e spessore compreso tra 5 e 20 m, giacenti su un substrato di materiale più rigido con
VS30 >800 m/s.
In aggiunta a queste categorie, se ne definiscono altre due per le quali sono richiesti studi
speciali per la definizione dell’azione sismica da considerare (Tab. 3.2.III delle NTC):
S.1 depositi costituiti da, o che includono, uno strato spesso almeno 10 m di argille/limi di bassa
consistenza, con elevato indice di plasticità (PI> 40) e contenuto di acqua, caratterizzati da
valori di VS30 <100 m/s (10< cu <20 kPa);
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S.2
Relazione tecnica illustrativa
depositi di terreni soggetti a liquefazione, di argille sensitive, o qualunque altra categoria di
terreno non classificabile nei tipi precedenti.
Nelle definizioni precedenti, il termine VS30 è la velocità media di propagazione entro 30 m
di profondità delle onde di taglio, che viene calcolata con la seguente espressione:
30
VS30 =
h
∑ Vi
i =1, N i
dove hi e Vi indicano lo spessore, espresso in m, e la velocità delle onde di taglio (per deformazioni
di taglio γ<10-6) dello strato i-esimo, per un totale di N strati presenti nei 30 m superiori. Il sito
viene classificato sulla base del valore di VS30, se disponibile, altrimenti sulla base del valore di
NSPT.
Per quanto riguarda invece gli effetti topografici per condizioni topografiche complesse
sarebbe necessario predisporre specifiche analisi di risposta sismica locale; nel caso di
configurazioni superficiali semplici, come nel caso in esame, si può adottare la classificazione
riportata nella Tab. 3.2.IV delle NTC:
Tab. 3.2.IV – Categorie topografiche
Nel caso in esame, dal momento che il pendio oggetto di verifica di stabilità è costituito da
un fronte artificiale di scavo modellato in una formazione costituita da un misto ghiaioso - sabbioso
di origine alluvionale, si può adottare cautelativamente, come categoria di “terreno di fondazione”,
un terreno di categoria E, definito da “profili di terreno costituiti da strati superficiali alluvionali,
con valori di VS30 simili a quelli dei tipi C o D e spessore compreso tra 5 e 20 m, giacenti su un
substrato di materiale più rigido con VS30 >800 m/s”.
Per quanto riguarda invece la categoria topografica, dal momento che, presso il sito in
esame, posto sulla sommità pianeggiante del fondovalle alluvionale che si estende in sponda sinistra
del Tanaro, la coltivazione mineraria darà origine a dei fronti di scavo caratterizzati da
un’inclinazione dell’ordine di circa 18°, ma con un’altezza massima del fronte di circa 3,5 – 4
metri, si assume una categoria topografica pari a T1: ciò in quanto, come specificato nelle NTC, le
categorie topografiche elencate nella succitata Tab. 3.2.IV “devono essere considerate nella
definizione dell’azione sismica se di altezza maggiore di 30 m”.
176
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6.2.4. Azione sismica locale
Come si è visto in precedenza, la pericolosità sismica del territorio nazionale è stata definita
convenzionalmente facendo riferimento ad un sito rigido (di categoria B) con superficie topografica
orizzontale (di categoria T1), in condizioni di campo libero, cioè in assenza di manufatti.
I caratteri del moto sismico su sito di riferimento rigido orizzontale sono descritti dalla
distribuzione sul territorio nazionale delle seguenti grandezze, sulla base delle quali sono
compiutamente definite le forme spettrali per la generica PvR:
ag = accelerazione massima al sito;
Fo = valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione orizzontale;
Tc* = periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione orizzontale.
Il valore di ag è desunto direttamente dalla pericolosità di riferimento (attualmente fornita
dallo INGV – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), mentre Fo e Tc* sono calcolati in
modo che gli spettri di risposta elastici in accelerazione, velocità e spostamento forniti dalle NTC
approssimino al meglio i corrispondenti spettri di risposta elastici in accelerazione, velocità e
spostamento derivanti dalla pericolosità di riferimento.
I valori di ag, Fo e Tc* sono riportati in forma tabellare nell’allegato B alle NTC, nel quale di
essi si fornisce la rappresentazione in termini di andamento medio in funzione del periodo di ritorno
(TR) per l’intero territorio nazionale: i parametri in questione sono stati infatti calcolati per una
maglia di “punto nodali” disposti a coprire l’intero territorio nazionale (il cosiddetto “reticolo di
riferimento”).
Oltre alle tabelle allegate alle NTC, sono disponibili appositi programmi di calcolo, alcuni
dei quali consultabili on line, che procedono automaticamente, sulla base dell’esatta ubicazione di
un sito, espressa mediante le sue coordinate geografiche con i dati di latitudine e longitudine, ad una
quantificazione delle sollecitazioni sismiche locali, interpolando opportunamente i dati relativi ai
punti nodali tra i quali viene a ricadere il sito stesso.
Di seguito vengono riportati i dati relativi all’azione sismica locale, quantificata mediante i
principali parametri sismici, tra i quali Kh e Kv, calcolati presso il sito in esame (visualizzato
rispetto ai quattro punti nodali del “reticolo di riferimento” che lo contornano), ottenuti mediante
l’apposito software disponibile on line sul sito web della GeoStru Software (fonte:
http://www.geostru.com/geoapp/parametrisismici.aspx).
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Determinazione dei parametri sismici
(http://www.geostru.com/geoapp/parametrisismici.aspx)
Individuazione del sito rispetto ai “nodi” della maglia di calcolo
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Relazione tecnica illustrativa
Dettaglio del sito:
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6.3. Verifiche di stabilità dei fronti di scavo
6.3.1. Problematiche generali
Nel caso della cava in esame, la verifica numerica di stabilità delle scarpate derivanti
dall'attività estrattiva è stata effettuata ipotizzando la situazione morfologica e geomeccanica in cui
esse si verranno a trovare al termine della coltivazione.
Ciò in quanto i terreni di cava, che verranno ribassati per effetto dell'attività estrattiva,
risulteranno delimitati dai terreni circostanti per mezzo di una scarpata perimetrale, modellata nel
materiale in posto, costituito da un misto alluvionale ghiaioso – sabbioso.
In fase di coltivazione, questo materiale in posto andrebbe caratterizzato mediante un idoneo
valore di coesione, seppur minimo, in quanto l'effetto dell'addensamento naturale del giacimento,
assieme alla presenza di una frazione interstiziale limoso-argillosa, consentono di attribuire al misto
alluvionale una certa pseudo - coesione, il cui effetto risulta significativo a breve termine:
unitamente alla ridotta altezza dei fronti di scavo (pari mediamente a circa 3 metri, rientrando
quindi nelle capacità operative delle comuni macchine movimento terra), ciò consente di mantenere
temporaneamente fronti di scavo di maggiore acclività, che sono comunque destinati ad un
progressivo arretramento, per effetto del procedere della coltivazione.
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6.3.2. Descrizione del metodo di calcolo utilizzato
6.3.2.1. Verifica analitica mediante programma di calcolo
L’analisi di stabilità delle scarpate perimetrali è stata sviluppata con riferimento alle più
recenti normative tecniche in materia, sotto forma del D.M. 14.01.2008 “Norme Tecniche per le
Costruzioni” (NTC) e della relativa Circolare esplicativa del Consiglio Superiore LL.PP.
02.02.2009, n. 617: “Istruzioni per l’applicazione delle «Nuove norme tecniche per le costruzioni»
di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008” (G.U. n. 47 del 26.02.2009) (41).
La verifica numerica di stabilità è stata effettuata mediante l’ausilio del programma di
calcolo SlopeTM della GeoStru Software, che consente un’analisi di tipo iterativo, per
approssimazioni successive, dell’elevato numero di superfici di tentativo che devono essere prese in
considerazione secondo il metodo dell’equilibrio limite globale.
A tale proposito, si deve considerare che le nuove “Norme Tecniche per le Costruzioni”
(D.M. 14.01.2008), entrate in vigore il 1° luglio 2009, hanno modificato profondamente l’approccio
progettuale alle verifiche geotecniche, comprese quelle sulla stabilità dei pendii.
A fronte dell’approccio previsto dal precedente D.M. 11.03.1988, nel quale la verifica di
stabilità era svolta partendo dai parametri geotecnici “integri”, le nuove NTC prevedono invece, nei
diversi approcci progettuali, l’applicazione preliminare di “coefficienti di sicurezza parziali” (fattori
correttivi) ai singoli parametri geotecnici.
Per l’effettuazione delle verifiche di stabilità oggetto del presente studio, il software
utilizzato applica, preventivamente, ai parametri geotecnici immessi come input (che vengono
ancora nominalmente riportati come tali nei tabulati di calcolo e negli output grafici), gli appropriati
fattori di riduzione previsti dalle NTC, in particolare relativamente al parametro angolo di attrito.
Per i parametri geotecnici utilizzati per il calcolo, si è fatto riferimento, pertanto, a quelli
definiti e quantificati in precedenza, che possono essere così riassunti:
- pseudocoesione:
c = 0 kPa;
-
angolo di resistenza al taglio:
φk = 38,9°;
peso di volume naturale:
Γ = 19 kN/m3 (1,9 t/m3).
I parametri sismici da utilizzare nel calcolo sono stati definiti invece sulla base della vigente
normativa di riferimento, ovvero seguendo quanto previsto dal D.M. 14.01.2008 “Norme Tecniche
per le Costruzioni” (NTC) e dalla relativa Circolare esplicativa del Consiglio Superiore LL.PP.
(41) NB: Si deve peraltro ricordare che, come già il precedente D.M. 11.03.1988, anche il D.M. 14.01.2008 limita
esplicitamente il proprio campo di applicazione alle tematiche proprie delle costruzioni e dell’ingegneria civile,
specificando che i “fronti di scavo indicati nella norma cui si riferiscono le presenti istruzioni attengono ad esempio a
scavi di fondazioni, trincee stradali o ferroviarie, canali ecc.”, mentre “per gli aspetti non trattati nelle NTC nei
riguardi dei fronti di scavo di miniere e cave ci si riferisca alla specifica normativa”, riconoscendone la natura
peculiare e specifica (Cfr.: Circolare esplicativa del Consiglio Superiore LL.PP. 02.02.2009, n. 617: “Istruzioni per
l’applicazione delle «Nuove norme tecniche per le costruzioni» di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008”, par.
C6.8.6).
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di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008” (G.U. n. 47 del 26.02.2009).
Relativamente al metodo di calcolo, i metodi generalmente utilizzati per le analisi di stabilità
dei pendii (Janbu, Bell, Bishop, ecc…) si differenziano tra loro per le diverse ipotesi statiche
effettuate: lo studio globale di un pendio suddiviso in conci costituisce un problema iperstatico, in
quanto non è possibile conoscere a priori le direzioni ed i punti di applicazione delle forze
all’interfaccia dei conci.
Il fattore di sicurezza è valutato come rapporto tra la somma delle forze resistenti e la somma
delle forze innescanti lo scivolamento, per effetto degli sforzi di taglio provocati dalla gravità.
Di seguito viene discussa l’impostazione analitica del metodo dell'equilibrio limite dei conci,
che viene utilizzato dallo specifico software (SlopeTM) che è stato impiegato per le verifiche di
stabilità svolte nell’ambito del presente capitolo.
6.3.2.2. Metodo dei conci
La massa interessata dallo scivolamento viene suddivisa in un numero conveniente di conci.
Se il numero dei conci è pari a n, il problema presenta le seguenti incognite:
- n valori delle forze normali Ni agenti sulla base di ciascun concio;
- n valori delle forze di taglio alla base del concio Ti;
- (n-1) forze normali Ei agenti sull'interfaccia dei conci;
- (n-1) forze tangenziali Xi agenti sull'interfaccia dei conci;
-
n valori della coordinata a che individua il punto di applicazione delle Ei;
(n-1) valori della coordinata che individua il punto di applicazione delle Xi;
una incognita costituita dal fattore di sicurezza F.
Complessivamente, le incognite sono (6n-2), mentre le equazioni a disposizione sono:
equazioni di equilibrio dei momenti n;
equazioni di equilibrio alla traslazione verticale n;
-
equazioni di equilibrio alla traslazione orizzontale n;
equazioni relative al criterio di rottura n;
-
totale numero di equazioni: 4n.
Il problema è staticamente indeterminato, con grado di indeterminazione pari a
i = (6n-2)-(4n) = 2n-2.
Il grado di indeterminazione si riduce ulteriormente a (n-2) in quando si fa l'assunzione che
Ni sia applicato nel punto medio della striscia: ciò equivale ad ipotizzare che le tensioni normali
totali siano uniformemente distribuite.
I diversi metodi che si basano sulla teoria dell'equilibrio limite si differenziano per il modo
in cui vengono eliminate le (n-2) indeterminazioni.
Di seguito, verrà presentato il metodo di Morgenstern e Price, che è stato adottato nelle
verifiche di stabilità effettuate nel caso in esame.
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GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
6.3.2.3. Metodo di Morgenstern e Price
In questo metodo di calcolo, si stabilisce una relazione tra le componenti delle forze di
interfaccia del tipo X = λ f(x)E, dove λ è un fattore di scala e f(x), funzione della posizione di E e
di X, definisce una relazione tra la variazione della forza X e della forza E all’interno della massa
scivolante. La funzione f(x) è scelta arbitrariamente (costante, sinusoide, semisinusoide, trapezia,
spezzata…) e influenza poco il risultato, ma va verificato che i valori ricavati per le incognite siano
fisicamente accettabili.
La particolarità del metodo è che la massa viene suddivisa in strisce infinitesime alle quali
vengono imposte le equazioni di equilibrio alla traslazione orizzontale e verticale e di rottura sulla
base delle strisce stesse. Si perviene ad una prima equazione differenziale che lega le forze
d’interfaccia incognite E, X, il coefficiente di sicurezza Fs, il peso della striscia infinitesima dW e
la risultante delle pressioni neutra alla base dU.
Si ottiene la cosiddetta “equazione delle forze”:
α
dE
dU  dE
 dW dX
 dX dW 
c' sec2
+ tgϕ ' 
−
− tgα
− secα
− tgα 
−
=

Fs
dx
dx  dx
 dx dx
 dx dx 
Una seconda equazione, detta “equazione dei momenti”, viene scritta imponendo la
condizione di equilibrio alla rotazione rispetto alla mezzeria della base:
d (Eγ )
dE
X =
−γ
dx
dx
Queste due equazioni vengono estese per integrazione a tutta la massa interessata dallo
scivolamento.
Il metodo di calcolo soddisfa tutte le equazioni di equilibrio ed è applicabile a superfici di
qualsiasi forma, ma implica necessariamente l’uso di un calcolatore.
183
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Relazione tecnica illustrativa
6.3.3. Risultati dell’analisi di stabilità
La verifica numerica di stabilità dei fronti di scavo nella cava in progetto è stata effettuata
mediante l’ausilio del programma di calcolo SlopeTM della GeoStru Software.
La verifica è stata condotta relativamente alla sezione – tipo delle scarpate perimetrali che
delimiteranno la fossa di scavo, nell’ipotesi del maggior possibile approfondimento della
coltivazione mineraria: si è pertanto provveduto a verificarne la stabilità a lungo termine, in
condizioni sismiche.
Relativamente alla cava in progetto, gli scavi estrattivi avranno un massimo
approfondimento di circa 4 m dal p.c. in corrispondenza al lato meridionale dell’area interessata
dagli scavi stessi.
La scarpata-tipo oggetto di verifica è stata pertanto individuata in corrispondenza alla
porzione centrale della scarpata perimetrale che delimiterà verso sud l’area ribassata per effetto
degli scavi, circa a metà strada tra le sezioni 3-3 e 4-4.
Ciò premesso, in allegato alla presente relazione si riportano le relazioni di calcolo, con
relativo output grafico, delle verifiche di stabilità effettuate sulla scarpata perimetrale che delimiterà
l’area di cava sul lato sud, e che sarà modellata nel misto alluvionale ghiaioso - sabbioso, oggetto di
coltivazione mineraria.
La verifica è stata effettuata, in prima istanza, al fine di individuare la possibile superficie di
scivolamento caratterizzata dal minor valore del coefficiente di sicurezza.
Come illustrato negli allegati alla presente relazione, dal calcolo si evince che le superfici di
scivolamento maggiormente “critiche” sono quelle più corticali, tali cioè da coinvolgere spessori
limitati di materiale (di ordine metrico o addirittura decimetrico), e per le quali il fattore di
sicurezza risulta pari ad Fs = 2,00 circa.
La verifica è poi stata ripetuta impostando una maglia dei centri delle superfici di potenziale
scivolamento (passanti per il piede della scarpata perimetrale) tale da considerare fenomeni in grado
di coinvolgere spessori più rilevanti di materiale, e di interessare l’intero sviluppo in altezza della
scarpata, sino al ciglio superiore.
In questo nuovo caso, le verifiche analitiche hanno fatto riscontrare un fattore di sicurezza
dell’ordine di Fs = 2,11 circa, nel caso di una superficie di scivolamento tale da comprendere
l’intero dislivello della scarpata perimetrale, sino al ciglio superiore della medesima.
Le superfici di scivolamento maggiormente critiche risultano quindi quelle corticali, in grado
di coinvolgere solamente limitati spessori di materiale.
In entrambi i casi ipotizzati, le analisi di stabilità eseguite risultano comunque soddisfatte ai
sensi del D.M. 14.01.2008, in quanto i fattori di sicurezza ottenuti sono superiori al valore minimo,
previsto dal D.M. medesimo, di Fs = 1,1.
Relativamente alla stabilità a lungo termine di questa scarpata, il fatto che le superfici di
scivolamento maggiormente critiche siano quelle corticali, in grado di coinvolgere solamente
“fette” di materiale di spessore decimetrico, più che metrico (considerato che il dislivello
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Relazione tecnica illustrativa
complessivo della scarpata stessa è di nemmeno 2 metri), evidenzia l’efficacia degli interventi di
recupero ambientale previsti in progetto, per effetto dell’azione stabilizzante associata alle radici
della vegetazione che verrà insediata sulla scarpata stessa.
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Relazione tecnica illustrativa
7. RELAZIONE DI VALUTAZIONE TECNICO-ECONOMICA DEL
GIACIMENTO
7.1. Coltivazione del giacimento
Nella cava in oggetto, facendo riferimento a quanto descritto a proposito del progetto di
coltivazione, si può dire che la cubatura disponibile ammonta a circa 158.400 m3 di materiale utile
in posto: a questo bisogna aggiungere circa 17.000 m3 di terreno di scotico, da asportare
preventivamente per essere riportato in posto in sede di recupero ambientale.
Dato il tipo di impiego del materiale estratto, destinato essenzialmente all'utilizzo come
inerte pregiato per lavori edilizi, stradali ed idraulici, non è possibile prevedere con assoluta
certezza, a priori, l'esatta durata della coltivazione.
Bisogna infatti tener conto delle oscillazioni stagionali nel campo dei lavori edili, idraulici
ecc..., e quindi dell'andamento spesso variabile del mercato degli inerti: il giacimento costituirà
comunque una importante fonte di approvvigionamento per la Società Istante.
186
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Relazione tecnica illustrativa
7.2. Area di mercato di utilizzo del materiale
Gli inerti alluvionali presenti lungo il fondovalle del f. Tanaro, per le loro caratteristiche
petrografiche e sedimentologiche, forniscono un materiale estremamente "sano" e pulito, con un
buon fuso granulometrico e ricco in clasti di rocce cristalline e quarzose: si tratta quindi di un inerte
decisamente pregiato, adatto sia per la preparazione del calcestruzzo che per lavori edili, stradali ed
idraulici.
La Società Istante dispone di propri impianti per il trattamento e la lavorazione del misto
naturale, posti circa 1,5 Km a nord, in linea d’aria, dalla cava in oggetto: il materiale estratto in cava
verrà quindi trasportato a questi impianti di lavorazione, per essere poi commercializzato.
La E.M.T. S.n.c. potrà poi commercializzare il materiale proveniente dalla cava in oggetto
utilizzando la rete stradale esistente, in particolare la S.S. Alba - Asti, dalla quale gli impianti hanno
accesso diretto, a mezzo di un breve tratto di strada privata.
Il materiale estratto in cava, per la posizione pressoché baricentrica di quest'ultima e degli
impianti di lavorazione relativamente al fondovalle del Tanaro tra Alba ed Asti, avrà pertanto un
mercato di utilizzo esteso a tutto l'Astigiano e l'Albese, oltre che alle circostanti zone collinari dei
Roeri e delle Langhe, con un raggio di commercializzazione di alcune decine di km: si tratta, infatti,
di un materiale dalle ottime caratteristiche petrografiche.
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Relazione tecnica illustrativa
7.3. Quantità di utile e di scarto
Il materiale costituente il giacimento di cava è caratterizzato da una composizione
granulometrica abbastanza varia, compresa tra ciottoli, ghiaie più o meno sabbiose, sabbie, limi
ecc...; si tratta quindi di un misto naturale con un buon assortimento granulometrico.
A questo materiale prevalentemente fine è però frammista una certa frazione limosa e
ciottolosa; in particolare, circa un 5 - 6% corrisponde alla frazione fine, a granulometria limosoargillosa, presente sia sotto forma di intercalazioni lentiformi che come matrice frammista all'inerte
più grossolano.
Questa frazione sterile verrà separata appena possibile, onde allontanarla dal ciclo di
trattamento e lavorazione; il materiale inerte verrà infatti trattato presso l'impianto di lavaggio e
selezione granulometrica della Società Istante.
La frazione sterile più grossolana, ciottolosa, non costituisce comunque uno scarto, in quanto
potrà essere totalmente riutilizzata, previa frantumazione, nell'impianto di trattamento.
Grazie alla capacità tecniche ed operative della Società Istante, sarà quindi possibile
valorizzare al massimo la cubatura estraibile dal giacimento, riducendo l'entità degli scarti grazie
all'utilizzo pressoché integrale delle diverse frazioni granulometriche.
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7.4. Lavorazione ed utilizzo del materiale estratto
Per la lavorazione del materiale estratto, verranno utilizzati gli impianti di trattamento inerti
di proprietà della stessa Società Istante, posti a circa 1,5 Km, in linea d’aria, dalla cava in progetto:
la disponibilità di un idoneo impianto di trattamento, in grado di procedere alla lavorazione del
materiale inerte ghiaioso-sabbioso, consentirà infatti di sfruttare al meglio le possibilità di utilizzo
del misto naturale costituente il giacimento.
L'inerte alluvionale estratto in cava potrà essere sottoposto a fasi successive e ripetute di
vagliatura, frantumazione e lavaggio, al fine di separarne le diverse classi e frazioni
granulometriche, ottenendo così dei prodotti conformi alle sempre più rigide normative in merito.
Gli impianti di lavaggio, trattamento e selezione inerti di proprietà della Società Istante sono posti
in sponda destra del Tanaro: essi possono essere raggiunti, partendo dalla variante alla S.S. n. 231
da Alba ad Asti, imboccando, circa a metà strada tra il ponte sul f. Tanaro ed il bivio con la S.P.
Magliano Alfieri - Castagnole delle Lanze, in corrispondenza al viadotto sul quale corre l’autostrada
AT – CN, una strada a fondo naturale, che prosegue per circa 250 m verso il fiume Tanaro.
Con questi impianti potrà essere corretta la granulometria dell'inerte naturale grezzo: le
frazioni più grossolane potranno essere trasformate, mediante frantumazione, in un materiale più
fine. Al tempo stesso, potrà essere rimossa, mediante lavaggio, la patina, comunque molto ridotta,
di materiale limoso che spesso riveste i clasti costituenti le ghiaie, deteriorandone la qualità in
quanto ne impedisce una buona aderenza con l'impasto del calcestruzzo.
Secondo quanto risulta dall'esame degli impianti di lavorazione inerti, questi ultimi sono
costituiti essenzialmente da vagli vibranti e rotanti, cui si aggiungono frantoi e ruote scolatrici, oltre
a nastri trasportatori per lo stoccaggio in cumulo dei prodotti finiti. Il trattamento del misto naturale
è incentrato essenzialmente sulle seguenti operazioni:
- prima selezione dell'inerte, in cui si suddivide la frazione ciottolosa più grossolana, depositata
-
-
in cumulo, mentre il passante viene inviato ai vagli secondari;
successiva selezione granulometrica, con suddivisione in classi dimensionali prefissate, già
ripartite secondo le diverse possibilità di utilizzo, alla luce della vigente normativa tecnica;
lavaggio delle pezzature più fini tramite ruote scolatrici a tazze e parallelo ciclo di
frantumazione del materiale più grossolano per mezzo di frantoi, sino a ridurre tutto il materiale
alle pezzature volute: i prodotti ottenuti per frantumazione vengono miscelati a quelli cosiddetti
"naturali", ottenendo così dei granulati misti tondo-spaccati;
stoccaggio del materiale lavorato, in cumuli, in attesa del caricamento e trasporto ai cantieri di
utilizzo.
189
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7.5. Metodo di scavo e di coltivazione
Il metodo di coltivazione adottato per la cava in oggetto è del tipo a fossa, anche se
quest’ultima non sarà “chiusa” su tutto il suo perimetro, dato che i terreni di cava verranno ribassati
così da portarli in continuità morfologica ed altimetrica con quelli posti a nord, già ribassati
nell’ambito di precedenti interventi estrattivi.
La coltre superficiale di terreno agrario, con uno spessore medio di circa 0,3 m, potrà essere
scavata mediante semplici macchine movimento terra; una volta asportata la copertura di terreno
humico agrario, che verrà attentamente conservato in cumulo, in un'area laterale, si potrà procedere
ai lavori di scavo necessari per abbassare la quota topografica dei terreni.
A tale scopo, si potranno utilizzare degli escavatori a benna rovescia, operanti dall'alto,
oppure pale caricatrici dal basso; le scarpate che delimitano il perimetro della fossa di scavo
verranno modellate con l'impiego di macchine movimento terra.
190
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7.6. Macchinari utilizzabili per le operazioni di scavo
I macchinari impiegabili per la coltivazione mineraria nella cava in esame potranno essere
utilizzati sia per le vere e proprie operazioni di scavo e di coltivazione, sia per piccole
movimentazioni del materiale estratto, oltre che per caricare quest'ultimo sui mezzi di trasporto che
verranno a prelevarlo.
Una volta asportata la copertura di terreno humico agrario, che verrà attentamente
conservato in cumulo, in un'area laterale, si potrà procedere ai lavori di scavo; il misto alluvionale
costituente il giacimento, per uno spessore coltivabile massimo pari a circa 3,5 - 4 metri, potrà
essere scavato mediante semplici macchine movimento terra, data l'assenza di cementazioni.
In particolare, si potranno utilizzare a questo scopo degli escavatori a benna rovescia,
operanti dall'alto, oppure pale caricatrici dal basso; queste ultime potranno altresì essere utilizzate
per movimentare il materiale estratto, e soprattutto per caricare l'inerte sui mezzi che verranno a
ritirarlo, per trasportarlo all'impianto di lavaggio e lavorazione.
Le stesse macchine movimento terra provvederanno poi a riportare tempestivamente in posto
il terreno vegetale asportato in precedenza, spargendolo e livellandolo con uno spessore uniforme,
così da ridurne al minimo la permanenza in cumulo.
Considerando lo schema di coltivazione adottato, i mezzi ed il personale impiegabili possono
essere così riassunti:
- scotico del terreno superficiale:
- n. 1 pala gommata;
- n. 1 escavatore cingolato;
- n. 1 autocarro;
- scavo, carico e trasporto del misto naturale:
- n. 1 escavatore cingolato;
- n. 1 pala gommata;
- n. 2-3 autocarri;
- risistemazione terreno agrario e recupero ambientale:
- n. 1 dozer cingolato;
- n. 1 autocarro.
I singoli mezzi potranno comunque essere utilizzati per svolgere più funzioni, nell'ottica di
una ottimale gestione del parco macchine, evitando i tempi morti.
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Relazione tecnica illustrativa
7.7. Capacità tecniche ed operative
La E.M.T. S.n.c. opera nel campo della estrazione, lavorazione e vendita di sabbia, ghiaia e
materiali inerti: a tal fine, l’attività della Ditta è incentrata sulla coltivazione di cave, per
l’indispensabile approvvigionamento dei materiali sabbioso - ghiaiosi.
La Società Istante dispone, con la cava in esame, di un giacimento di inerti alluvionali che si
distingue sia per la qualità del prodotto che per la costanza delle forniture: l'esperienza maturata con
la coltivazione mineraria condotta in passato in altre cave della zona dimostra la presenza lungo il
fondovalle del f. Tanaro di un giacimento di inerti alluvionali dalle ottimali caratteristiche
giacimentologiche, per la presenza di un rilevante spessore di depositi alluvionali ghiaioso sabbiosi, contraddistinti da un buon assortimento granulometrico.
Questi materiali sono già stati coltivati, negli anni trascorsi, in altre cave site nella fascia
alluvionale del f. Tanaro: la presenza di un giacimento con ottime caratteristiche petrografiche e
sedimentologiche è confermata proprio dall'esperienza ormai pluri-decennale dell'attività estrattiva
condotta in queste zone, che ha consentito in passato la produzione di materiali inerti di elevata
qualità.
192
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8. DESCRIZIONE
TERRITORIALE
Relazione tecnica illustrativa
DEL
CONTESTO
AMBIENTALE
E
Per quanto riguarda la descrizione delle caratteristiche climatiche, pedologiche, floristicovegetazionali e faunistiche, con analisi dell'uso del suolo in atto, come pure della vegetazione e
degli ecosistemi, si rimanda a quanto discusso nell’ambito dell’allegato Studio di Impatto
Ambientale, e più precisamente nel Quadro Ambientale.
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Relazione tecnica illustrativa
9. ANALISI DEGLI EFFETTI INDOTTI SULLE PRINCIPALI
COMPONENTI AMBIENTALI E PAESAGGISTICHE
Per quanto riguarda la verifica dei potenziali impatti generati dall'attività posta in essere
sull’ambiente circostante e l’analisi delle criticità riscontrate, la stima degli effetti cumulativi degli
impatti nel tempo e con altre fonti di impatto presenti sul territorio e soprattutto l’individuazione
delle misure previste per evitare, ridurre e compensare dal punto di vista ambientale gli effetti
negativi del progetto sull’ambiente, si rimanda a quanto discusso nell’ambito dell’allegato Studio di
Impatto Ambientale, e più in particolare nel Quadro Ambientale.
194
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Relazione tecnica illustrativa
10. PROGETTO DI RECUPERO AMBIENTALE
10.1. Finalità degli interventi di recupero e loro modelli di riferimento
Come si è avuto modo di descrivere in precedenza, le aree richieste in autorizzazione
corrispondono ad un corpo di terreni posti nella piana di fondovalle del f. Tanaro, in sponda
orografica sinistra, in territorio del Comune di Govone (CN), in prossimità del confine con il
limitrofo Comune di Costigliole d’Asti (AT).
La morfologia dell'area di intervento è ovunque sostanzialmente pianeggiante, pertanto i
terreni, al termine dell’intervenuto, si prestano ad una valorizzazione finale di tipo agricolo, in
continuità con l’uso del suolo dei terreni circostanti, ad oggi condotti a seminativi cerealicoli o a
colture erbacee specializzate.
Al termine della coltivazione, il fondo della fossa di scavo verrà spianato e livellato per
ridistendervi infine il terreno agrario accantonato nella fase preliminare di scotico, livellando i
terreni di cava con quelli adiacenti e con i quali i terreni di cava verranno portati in continuità
morfologica.
In termini morfologici, l’unica eccezione è costituita dal settore nord – occidentale dell’area
in disponibilità, corrispondente alla porzione settentrionale dell’area già a suo tempo autorizzata ex
L.R. 69/78, che verrà ritombata con le modalità descritte nei precedenti capitoli, riportandola in
continuità altimetrica e morfologica con il piano campagna dei terreni adiacenti; l’area in parola
sarà comunque caratterizzata da una morfologia pianeggiante, così che potrà essere anch’essa
oggetto di recupero agricolo.
Ciò premesso, gli obbiettivi progettuali verteranno sull’impianto di un prato produttivo; tale
coltura potrà essere mantenuta tal quale oppure, dopo un ciclo transitorio necessario per una
ristrutturazione del suolo riportato, anche in termini di organicazione, potrà essere vicariata da
colture più intensive: in tal caso la coltura assumerà il significata di una comune “cover crop”.
Di fatto, il prato permanente, oltre che produrre foraggio, presenta anche le seguenti
importanti funzioni:
•
•
paesaggistica: il prato ha una rilevanza visuale notevole ed è un elemento di diversificazione del
paesaggio, ne arricchisce la complessità strutturale, specie in ambiti agrari monotoni. Inoltre i
prati variano colore nel tempo, in relazione alla stagione ed alla modalità di gestione, con
sequenze fisionomiche diversificate e pregevoli;
ecologica, legata alla protezione delle risorse idriche. Il prato svolge un ruolo di filtro mediante
il processo di organicazione dei fertilizzanti, l’assorbimento di elementi nutritivi (nitrati), specie
in alcuni periodi critici (per esempio in primavera), garantisce una copertura vegetale continua
durante tutto l’anno preservando il suolo da lisciviazione e ruscellamento;
•
biodiversità: un prato ha una ricchezza floristica superiore a qualunque altra coltura agraria, essa
è inversamente proporzionale all’intensificazione delle pratiche agricole. I prati ospitano inoltre
195
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
molti invertebrati, compresi alcuni limitatori naturali dei patogeni. In definitiva si tratta di una
coltivazione assimilabile ad un’unità ecosistemica paranaturale.
L’insediamento del prato permanente è reso interessante anche da considerazioni di
differente carattere:
• storico - paesaggistico: negli ultimi anni nella pianura piemontese è in corso una progressiva
riduzione dei prati permanenti a favore dei seminativi e di prati avvicendati intensivi, per motivi
più economici (contributi PAC) che agronomici e si è giunti alla rottura definitiva del binomio
•
fieno-allevamento bovino. Ne deriva l’importanza di incentivare il recupero di una forma storica
di gestione del paesaggio agrario;
versatilità di gestione: il prato stabile è in grado di tollerare intensità di input colturali
(irrigazioni, sfalci, concimazioni) da molto intensivi a molto estensivi, senza compromettere in
modo irreversibile la sua durata nel tempo (al contrario di tutte le altre colture agrarie, anche
arboree, che senza l’intervento continuo dell’uomo sono destinate a non sopravvivere).
L’insediamento di un prato stabile non pregiudica, ad esempio, la sua futura conversione in un
inerbimento tecnico.
Nel seguito si descrivono le specifiche tecniche relative alle operazioni di recupero.
196
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Relazione tecnica illustrativa
10.2. Specifiche tecniche ed esecutive
10.2.1. Conservazione e riporto del terreno di scotico
Per quanto concerne lo scotico e l'accantonamento del cappellaccio, coincidente con lo strato
attivo di terreno agrario, si fa presente che esso, poco profondo, deve essere prelevato a mano a
mano che si avanza con la coltivazione e riportato in cumulo.
Si tratta di terreno sciolto tendente a medio impasto, modestamente dotato di sostanza
organica, sul quale le alte temperature, ad esempio, possono agire negativamente, disidratando i
colloidi ed inibendo o addirittura distruggendo la microflora e microfauna.
I cumuli dovranno essere formati avendo cura di non compattare troppo il terreno, e
dovranno avere altezza non superiore a 2 – 2,5 m. Essi, al fine di migliorarne la conservazione in
termini di mantenimento delle proprietà del suolo, potranno essere inerbiti con graminacee e
leguminose anche poco persistenti, ma caratterizzate da elevate produzioni di biomassa, pertanto si
propone l’utilizzo, a seconda dell’epoca d’intervento, di miscugli semplici comprendenti le seguenti
specie:
• loiessa (Lolium multiflorum);
•
•
•
•
veccia villosa (Vicia villosa)
secale (Secale cereale)
cicerchia (Lathyrus sativus)
trifoglio incarnato (Trifolium incarnatum)
•
•
pisello da foraggio (Pisum arvense)
avena comune (Avena sativa)
Di seguito si riportano, a titolo indicativo, alcuni miscugli proponibili, da scegliersi in
funzione dell’epoca d’intervento e su indicazione della D.L., ed alcune caratteristiche delle specie
sopra elencate.
specie
%
Loiessa (Lolium multiflorum)
23
Veccia villosa (Vicia villosa)
46
Trifoglio incarnato (Trifolium incarnatum)
31
•
La dose di semente da impiegare è di 40-50 kg/ha
specie
%
Avena (Avena fatua)
40
Veccia villosa (Vicia villosa)
34
Pisello da foraggio (Pisum arvense)
26
197
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•
Relazione tecnica illustrativa
La dose di semente da impiegare è di circa 50 kg/ha
specie
%
Secale (Secale cereale)
30
Veccia villosa (Vicia villosa)
35
cicerchia (Lathyrus sativus) *
35
* oppure al posto della cicerchia pisello (Pisum arvense)
•
La dose di semente da impiegare è di circa 50 kg/ha
Specie
Produzione di
biomassa verde
portamento
qli/ha
Loiessa
400-500
Eretto
Veccia villosa
250-350
Strisciante
Trifoglio incarnato
200-400
Eretto
Senape nera
200-350
eretto
Senape bianca
250-300
eretto
Cicerchia
150-200
Strisciante
Pisello
250-350
eretto
Secale
200-300
eretto
Avena
250-300
eretto
198
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Relazione tecnica illustrativa
10.2.2. Modalità di riporto del terreno
Al termine delle operazioni di scavo e, dove previsto, di ritombamento, potrà essere riposto
il terreno di scotico precedentemente accantonato in cumuli.
In particolare, si prevede che esso venga riposto per una potenza pari ad almeno 30 cm, sia
sul piano di fondo che sulle scarpate.
Il terreno di coltivo, una volta effettuate le operazioni di ricarico, dovrà essere rimodellato,
effettuando lo spianamento ed il livellamento in modo da ottenere una superficie atta ad essere
coltivata facilmente, sistemando il terreno "a colmare" in modo da evitare ristagni d'acqua.
199
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Relazione tecnica illustrativa
10.2.3. Impianto del prato
•
Prima della semina occorrerà eseguire le seguenti operazioni.
livellamento localizzato: a seguito del rilievo topografico puntuale sono emerse alcune zone, in
corrispondenza all’area già a suo tempo autorizzata ex L.R. 69/78, in cui è necessario abbassare
o rialzare, di pochi decimetri, la quota altimetrica dei terreni, così da garantire le giuste
pendenze per lo scorrimento delle acque meteoriche; l’intervento verrà condotto “in
compensazione” con livellatrice laser, spostando lateralmente il locale surplus di terreno
vegetale per rilocalizzarlo nelle zone topograficamente più depresse; l’eventuale apporto di
•
terreno vegetale che si rendesse necessario, proveniente da altri settori dei terreni in
disponibilità, interessati dall’ampliamento dell’intervento estrattivo, dovrà avere caratteristiche
chimico - fisiche simili a quello già presente e dovrà essere privo di scheletro;
rullatura per uniformare il letto di semina: non dovranno essere usati mezzi troppo pesanti, che
costiperebbero eccessivamente il terreno.
La superficie oggetto di recupero, una volta livellata, potrà essere sede di apporto di una
concimazione organica di fondo, interessando concime organico; considerata la maggior efficienza
dell’organicazione con interramento si stima sufficiente l’apporto di circa 200 qli/ha.
In seguito si prevede una concimazione da eseguirsi immediatamente prima della semina in
cui si apporteranno le dosi seguenti di concimi minerali:
Elemento
Azoto
Formula Dose (kg ha –1) di Formulati commerciali
N
50
Concimi a non pronto effetto (es. formurea,
Isodur, Crotodur, ricoperti a rilascio
controllato)
Fosforo
P2O5
150
Perfosfato minerale
Potassio
K2O
150
Solfato di potassio
Si precisa che le dosi indicate si riferiscono all’elemento minerale, pertanto le quantità da
distribuire effettivamente andranno stabilite in funzione del titolo del formulato commerciale
prescelto.
Per quanto concerne la scelta del miscuglio, date le finalità produttive del prato e considerati
i fattori pedoclimatici, si è scelto un miscuglio oligofita di graminacee e leguminose.
•
•
Nel miscuglio si inseriranno le seguenti graminacee:
Festuca arundinacea: è la specie più idonea per i prati; sono da preferirsi le cultivar rustiche e
più competitive, seminate in purezza o in miscuglio tra loro. È resistente al ristagno e molto
longeva, tollera poco gli sfalci bassi.
Dactylis glomerata: specie foraggera idonea allo sfalcio, garantisce una buona produttività.
200
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•
•
Relazione tecnica illustrativa
Lolium perenne: è specie poco longeva per la scarsa tolleranza alle alte temperature estive ed
alla siccità anche in condizioni irrigue. Il suo impiego nel miscuglio è di supporto ad altre
graminacee per una rapida copertura del terreno. Non vi sono differenze significative tra le
varietà.
Tra le foraggere leguminose verranno utilizzate le seguenti specie:
Trifolium repens: specie molto longeva e aggressiva, produttiva anche in estate, impiegare
cultivar nane.
•
Trifolium pratense: tipica dei prati stabili di pianura, ha un insediamento lento ed è poco
longeva
Si raccomanda l’impiego di cultivar già sperimentate nell’areale, riportandone alcune a titolo
d’esempio. Non si reputa necessario inserire altre dicotiledoni nel miscuglio poiché la letamazione
in copertura apporterà i semi di altre specie, inoltre nei campi limitrofi vi sono dei prati permanenti
da cui le specie dicotiledoni spontanee potranno diffondersi. Il miscuglio proposto è riportato nella
seguente tabella.
Dose in
purezza
(kg ha –1)
Quota del
miscuglio (%)
Dose nel
miscuglio
(kg ha –1)
Festuca arundinacea
60
60
36
Fuego, Noria,
Palma
Dactylis glomerata.
40
20
8
Fleurance, Amba,
Micol
Lolium perenne
35
10
3.5
Clermont,
Merlinda, Tove
Trifolium repens:.
5
5
0.25
Huia, Haifa
Trifolium pratense
30
5
1.5
ecotipi
100
49.25
Specie
Totale
Cultivar
La semina dovrà essere eseguita in due passate tra loro ortogonali: in una direzione si
semineranno le graminacee (preventivamente miscelate prima di essere versate nella tramoggia
della seminatrice), nell’altra le leguminose (per queste ultime è possibile anche la semina manuale a
spaglio).
La semina verrà effettuata con seminatrice cultipacker ad interfila di non oltre 10 cm, seguita
da un rullo per costipare il seme al terreno. La profondità di semina potrà variare secondo l’umidità
del terreno, comunque (anche con terreno asciutto) l’interramento del seme non deve essere oltre i
1,5 cm. La semina autunnale di miscugli di graminacee e leguminose (fine agosto-settembre) è da
preferirsi a quella primaverile per la minor competitività delle infestanti.
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GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
10.2.4. Siepe campestre pluriplanare
Al fine di integrare le caratteristiche di naturalità dell’area estrattiva,
dell’intervento si provvederà, a complemento delle operazioni di recupero
all’insediamento di una siepe campestre lungo il confine settentrionale dell’area
adiacenza alla strada interpoderale che separa quest’ultima dalle limitrofe aree, già
al termine
ambientale,
di cava, in
ribassate in
occasione di precedenti interventi estrattivi.
Al momento attuale, la strada in parola risulta rialzata altimetricamente rispetto ai terreni
stessi, e la scarpata posta a nord della strada è occupata da vegetazione arbustiva a sviluppo lineare;
dal momento che la scarpata stessa verrà obliterata per effetto degli scavi, con il contestuale
ribassamento della strada campestre (pur mantenendone invariata la traccia planimetrica),
l’insediamento di una siepe campestre a lato di quest’ultima consentirà di reintegrare e compensare
la perdita di vegetazione spontanea e naturaliforme che si avrà per effetto degli scavi.
La tipologia di progetto ricalcherà il modello delle siepi arboreo - arbustive caratteristiche
dei paesaggi agrari conclusi; essa sarà strutturata in base a criteri di multiplanarità, in modo da
occupare gli strati verticali dalla base al colmo, risultando impostata su un cordone arbustivo nel
quale si inseriscono alberelli di 2a - 3a grandezza.
Le caratteristiche di questa quinta verde dovranno essere tali da costituire, nel tratto di
pertinenza, per uno sviluppo di circa 280 metri a lato della strada campestre, un elemento di
naturalità in grado di inserirsi nel tessuto ambientale e paesaggistico della zona.
Tale elemento, per poter assolvere a quanto demandato, dovrà essere realizzato con specie
autoctone e proprie del corredo dinamico - evolutivo della vegetazione potenziale della zona,
caratterizzate da un fogliame denso e differenti per portamento ed altezze in modo da integrarsi a
formare uno “schermo continuo” a partire dalla parte basale, come già specificato.
Nel dettaglio, verrà messo a dimora un filare di alberi e arbusti impostato su un modulo
curvilineo costituito dalle seguenti specie:
a) Alberelli
carpino bianco (Carpinus betulus);
acero campestre (Acer campestre).
b) Arbusti
sanguinello (Cornus sanguinea);
biancospino (Crataegus monogyna)
prugnolo (Prunus avium).
La scelta delle specie è stata effettuata, oltre che per la loro appartenenza alla vegetazione
naturale potenziale della zona (rif. ordini Querco-Fagetalia e Prunetalia), per le loro caratteristiche
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Relazione tecnica illustrativa
“paesaggistiche”, soprattutto in quanto caratterizzate da una fitta ramificazione sia colonnare che
piramidale.
In particolare, risulta importante la scelta del carpino bianco in quanto, nonostante essa sia
specie caducifoglie, le sue foglie, pur seccando, rimangono sui rami fino alla successiva
germogliazione ed assumono una gradevole tonalità bronzea.
Peraltro, sia il carpino che le altre specie (in particolar modo il biancospino) sono
caratterizzate da una fitta ramificazione secondaria, tale da sviluppare un sufficiente effetto di
mascheramento del cantiere estrattivo, date le prospettive e le altezze dei moduli, anche in periodo
invernale.
Dal punto di vista ecologico, la presenza di più specie ad abbondante fruttificazione di
bacche (come il biancospino ed il prugnolo) risulterà particolarmente significativa per l’avifauna.
Il materiale d'impianto consisterà in piante da vivaio, allevate e rese disponibili in
contenitore o in pane di terra, di piccole dimensioni.
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Relazione tecnica illustrativa
10.2.5. Inerbimenti tecnici delle scarpate
Le scarpate residuali perimetrali, che delimiteranno, soprattutto verso ovest e verso sud,
l’area ribassata per effetto degli scavi, saranno soggette ad inerbimento tecnico, in modo da
proteggere il suolo e contrastare la diffusione di infestanti competitive; il miscuglio di semina sarà
composto da specie erbacee rustiche, caratterizzate cioè da insediamento rapido, perennità o
moltiplicazione naturale sufficiente, copertura sufficiente, sistema radicale profondo e
colonizzatore, nonché adatte alle locali condizioni climatiche.
Tra le specie erbacee, le graminacee concorreranno ad assicurare la formazione del cotico,
assolvendo prevalentemente la funzione di specie stabilizzatrici del substrato terroso e limitando
l'erosione idrica dello stesso, mentre le leguminose avranno il compito di migliorare il suolo con il
loro apporto in azoto.
Sulla base di tali considerazioni, si propone l'utilizzo di un miscuglio caratterizzato dalla
composizione riportata nella relativa tabella, per un totale di sementi pari a 0,03 Kg/m2.
Specie
Composizione in % sul peso
Festuca rubra
35
Lotus cornicolatus
25
Chrisanthenum leucantenum
5
Melilotus alba
5
Bromus inermis
10
Bromus erectus
10
Medicago lupulina
5
Trifolium repens
5
Il cotico erboso, negli anni successivi alla semina, si arricchirà spontaneamente di quelle
specie, soprattutto non graminoidi, che non si ritiene necessario comprendere nella semina, sia per
difficoltà di reperimento delle sementi, sia per la forte concorrenza con le altre specie in fase di
germinazione.
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GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
Torino, 20 maggio 2015
dott. ing. Giuseppe ACCATTINO
(n. 4140 Ordine Ingegneri Provincia di Torino)
dott. geol. Dario FAULE
(n. 248 Ordine Reg. Geologi del Piemonte – Sez. A)
dott. for. Giorgio ULIANA
(n. 471 Ordine Dott. Agr. e For. Prov. di Torino)
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ELABORATI GRAFICI
GEOSTUDIO – maggio 2015
Relazione tecnica illustrativa
Tav. 1 - Estratto di mappa catastale.
Tav. 2 - Planimetria stato attuale (aggiornamento topografico a terra in data 22.07.2014). Scala
1:2.000.
Tav. 3 - Planimetria stato attuale (aggiornamento topografico a terra in data 22.07.2014). Scala
1:1.000.
Tav. 4 - Planimetria stato finale.
Tav. 5 - Sezioni stato attuale, max. scavo e finale – Sezioni 1-1, 2-2, 3-3, 4-4
Tav. 6 – Planimetria di recupero ambientale.
Tav. 7 – Carta dell’uso del suolo e della vegetazione.
Tav. 8 – Carta degli ecosistemi.
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