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TESTO DELLA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO:
Consiglio di Stato - sentenza n. 2280 del 30 aprile 2014
- omissis FATTO
Gli appellanti nel ricorso n. 10445/2010 all'esame, costituitisi con atto di intervento ad
adiuvandum ritualmente notificato e con assunzione in proprio del ricorso principale nel giudizio di
primo grado proposto da alcuni direttori di istituto e di sezione degli istituti e delle strutture di cui
all'allegato I al D. Lgs. n. 454/1999, esponevano che con d. lgs. n. 454/1999 veniva istituito il
Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (d'ora in poi CRA), al fine di
razionalizzare il sistema della ricerca agricola mediante istituzione di un unico ente, vigilato e
tutelato dal MIPAF.
In base all'art. 1, co. 4, del d. lgs. n. 454/1999 "Gli Istituti scientifici e tecnologici e le relative
sezioni operative di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 novembre 1967, n. 1318 e alla
legge 6 giugno 1973, n. 306 e le altre istituzioni e strutture di ricerca incluse nell'allegato I al
presente decreto, costituiscono, in prima attuazione, gli istituti del Consiglio, mantenendo la propria
autonomia scientifica, amministrativa, contabile e finanziaria, nell'ambito delle disposizioni del
presente decreto".
Gli interventori ad adiuvandum, così come gli originarii ricorrenti, erano tutti vincitori di concorso
bandito per la copertura dei rispettivi profili direttivi di tali istituzioni e strutture, con espressa
equiparazione al profilo di professore universitario ed estensione delle garanzie didattiche e di
autonomia scientifica proprie di tale status.
Vigente la disciplina di cui al d.P.R. n. 1318/1967, gli stessi, in qualità di Direttori di Istituto e di
Sezione, erano stati inquadrati nel relativo ruolo fino alla data del 1° ottobre 2004, con retribuzione
a valere sulle risorse del MIPAF.
A seguito della approvazione dello statuto del CRA con D.I. 5 marzo 2004 e dei regolamenti di
organizzazione e contabilità con DD. 1 ottobre 2004, gli interessati, secondo le previsioni di cui al
d.lgs. n. 454/1999, venivano trasferiti nell'organico del nuovo ente nel corrispondente profilo.
L'art. 9, co. 4, del d.lgs. n. 454/1999 prevede, in particolare, che a decorrere dalla data di
approvazione dello statuto e dei regolamenti interni del CRA "i direttori di istituto e i direttori di
sezione degli istituti e delle strutture di cui all'allegato I, in servizio alla data di entrata in vigore del
presente decreto, sono inseriti nel ruolo di cui al comma 3, ed inquadrati, anche in soprannumero
riassorbibile nel corrispondente livello del profilo professionale dei ricercatori del comparto della
ricerca, mantenendo l'anzianità di servizio maturata e la retribuzione in godimento, se più
favorevole".
Con provvedimento del Direttore Generale del CRA, sulla base di deliberazioni assunte dal
consiglio di amministrazione dell'ente nelle sedute del 3 e 16 novembre 2004, i Direttori d'Istituto e
di Sezione in carica venivano confermati transitoriamente nelle responsabilità di direzione, in attesa
della operatività del nuovo piano di organizzazione.
Il CRA, peraltro, non provvedeva in via definitiva al perfezionamento contrattuale del nuovo status
dei Direttori e l'assetto transitorio perdurava per circa tre anni, in assenza di qualsivoglia
determinazione in ordine al trattamento accessorio spettante a fronte del carico di responsabilità
connesse all'incarico attribuito ai ricorrenti.
Gli interessati, infatti, in assenza di un formale, definitivo, riconoscimento degli incarichi
dirigenziali ricoperti, svolgevano, in virtù di pubblico concorso, le funzioni di Direttore di Istituto e
di Sezione, con assunzione di responsabilità gestionali, oltre a quelle legate alla direzione
dell'attività di ricerca scientifica.
Al fine di chiarire la propria posizione nei confronti della Amministrazione, con apposito atto
stragiudiziale depositato presso il CRA in data 1 agosto 2007, alcuni Direttori di Istituto e di
Sezione invitavano l'ente ad avviare "un confronto formale in contraddittorio finalizzato alla
definizione della rispettiva posizione contrattuale, alla luce delle previsioni di legge ed in
considerazione della peculiarità dello status rivestito".
Con il medesimo atto si proponeva formale istanza di partecipazione ed accesso agli atti del
procedimento, ai sensi degli artt. 7, 9, 10 e 22 della legge n. 241/1990.
In data 10 settembre 2007 i Direttori di Istituto e di Sezione ricorrenti in primo grado, per mezzo del
proprio legale, effettuavano accesso agli atti del procedimento presso la sede legale del CRA.
In tale occasione i medesimi venivano a sapere che l'Amministrazione resistente aveva già assunto
una notevole mole di provvedimenti in merito alla organizzazione dei propri livelli direttivi ed
all'inquadramento giuridico contrattuale dei Direttori, senza peraltro coinvolgere in alcun modo
nella detta procedura i diretti interessati.
Infatti, si apprendeva che in data 18 giugno 2007 il CRA e talune Organizzazioni Sindacali avevano
approvato, con distinti verbali di accordo, un documento denominato "Criteri di inquadramento nel
ruolo del CRA del personale ex decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 454 ‘Riorganizzazione del
settore della ricerca in agricoltura, a norma dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59' articolo 9,
comma 4".
I suddetti criteri risultavano, si espone, gravemente lesivi della posizione Direttori di Istituto e di
Sezione.
In particolare le modalità di calcolo evidenziate all'art. 4 dell'accordo sui criteri di inquadramento
producevano numerosi effetti distorsivi e contrari alla ratio dell'art. 9, co. 4, d.lgs. n. 454/99 senza
conservare ai soggetti trasferiti nei ruoli del CRA il migliore trattamento economico e giuridico già
in godimento.
Inoltre, l'accordo del 18 giugno 2007 non si sarebbe preoccupato di assicurare l'opportuno e
necessario riconoscimento, sotto il profilo economico e giuridico, delle mansioni direttive per anni
svolte nella fase transitoria successiva al D.Lgs. n. 454/1999.
In occasione dell'accesso svoltosi in data 10 settembre 2007, si apprendeva altresì che con delibera
n. 98/07 del 2 agosto 2007 il consiglio di amministrazione dell'ente di ricerca stabiliva che "gli atti
istitutivi dei centri e delle unità saranno resi efficaci con la sottoscrizione dei rispettivi decreti del
Presidente il 9 agosto 2007".
Al contempo, con delibera del consiglio di amministrazione n. 116/07 in pari data, preso atto che "le
attuali disponibilità finanziarie iscritte in bilancio non consentono di far fronte agli oneri per
l'affidamento degli incarichi di direzione a personale esterno all'Ente" si conferiva mandato al
Direttore f.f. affinché procedesse al "perfezionamento dei provvedimenti di conferimento degli
incarichi di direzione temporanea".
Tali provvedimenti ed il connesso piano di riorganizzazione, che prevedeva l'istituzione di Centri e
Unità di ricerca in luogo dei precedenti Istituti e Sezioni, determinavano, sempre secondo la tesi
degli istanti, una illegittima ed arbitraria discriminazione tra alcuni Direttori, che avrebbero
continuato ad essere assegnatari di mansioni direttive ed altri, nonostante che tutti fossero risultati
vincitori a suo tempo di apposito concorso a tal fine bandito.
A seguito del contraddittorio instauratosi con l'Amministrazione in virtù della già richiamata istanza
stragiudiziale in data 1 agosto 2007, il CRA trasmetteva nota, con cui manifestava la disponibilità
ad attivare un formale confronto con i Direttori in merito ai criteri di inquadramento.
Inoltre, l'amministrazione si impegnava a formalizzare, con successivi atti, il riconoscimento delle
funzioni direttive svolte dai Direttori nei pregressi istituti di ricerca in agricoltura nell'ambito dei
futuri bandi per la copertura degli incarichi direttivi nelle nuove strutture del CRA, ai fini della
valutazione dei candidati.
Con successiva delibera n. 149/07 del 26 settembre 2007 il CRA stabiliva "di nominare i
responsabili della gestione degli ex istituti per il residuo periodo dell'anno come da elenco allegato"
e "di delegare il Direttore Generale all'emanazione di apposito disciplinare che stabilisca le modalità
di gestione e i tempi di trasferimento delle competenze e delle connesse responsabilità dalle
strutture di cui all'allegato I d.lgs. n. 454/99 ai centri ed alle Unità istituite con delibera n. 63/07".
Anche tale ultima delibera si risolveva, secondo i ricorrenti, nella introduzione di ulteriori arbitrarie
discriminazioni tra i Direttori di Istituto e di Sezione in ordine alla attribuzione delle mansioni
direttive e nessun provvedimento era comunque adottato al fine di sospendere le procedure di
inquadramento in corso, per consentire l'effettiva apertura di un tavolo di concertazione volto a
rideterminare i criteri di cui alla delibera del 26 giugno 2007.
Infine alcuni Direttori di Istituto e di Sezione, odierni appellanti nel ricorso n. 10471 del 2010,
impugnavano davanti al Tar per il Lazio, sede di Roma i seguenti atti:
- la delibera del Consiglio di Amministrazione del CRA n. 84/07 in data 26 giugno 2007, recante
"Inquadramento dei Direttori d'istituto e Direttori di Sezione di cui all'allegato I del D.Lgs. n.
454/99", acquisita mediante accesso agli atti del procedimento ex L. n. 241/1990 effettuato in data
10 settembre 2007;
- la delibera del consiglio di amministrazione del CRA n. 98/07 in data 2 agosto 2007, recante
"Decorrenza dell'efficacia degli atti istitutivi dei Centri e delle Unità di Ricerca", acquisita mediante
accesso agli atti del procedimento ex L. n. 241/1990 effettuato in data 10 settembre 2007;
- la delibera del consiglio di amministrazione del CRA n. 116/07 in data 2 agosto 2007, recante
"Nomina dei Direttori incaricati dei Centri e delle Unità di Ricerca", acquisita mediante accesso agli
atti del procedimento ex L. n. 241/1990 effettuato in data 10 settembre 2007;
- la delibera del consiglio di amministrazione del CRA n. 149/07 in data 26 settembre 2007, recante
"Gestione bilancio 2007 e nomina responsabili amministrativi";
- il verbale di intesa CRA-USI/RdB in data 18 giugno 2007, acquisito mediante accesso agli atti del
procedimento ex L. n. 241/1990 effettuato in data 10 settembre 2007, per quanto di interesse;
- il verbale di intesa CRA-ANPRI in data 18 giugno 2007, acquisito mediante accesso agli atti del
procedimento ex L. n. 241/1990 effettuato in data 10 settembre 2007, per quanto di interesse;
- il verbale di intesa CRA-FLC/CGIL, FIR/CISL, UIL/PA UR in data 18 giugno 2007, acquisito
mediante accesso agli atti del procedimento ex L. n. 241/1990 effettuato in data 10 settembre 2007;
- la delibera del consiglio di amministrazione del CRA n. 48 del 3 novembre 2004, recante
"Elementi di valutazione per l'individuazione dei Direttori temporanei delle strutture di Ricerca",
acquisita mediante accesso agli atti del procedimento ex L. n. 241/1990 effettuato in data 10
settembre 2007;
- la delibera del consiglio di amministrazione del CRA n. 49 in data 3 novembre 2004, recante
"Incarico temporaneo dei Direttori degli Istituti di cui all'art. 25, comma 3 dello Statuto ed all'art.
24, comma 2, del Regolamento di organizzazione e funzionamento", acquisita mediante accesso
agli atti del procedimento ex L. n. 241/1990 effettuato in data 10 settembre 2007;
- la delibera del consiglio di amministrazione del CRA n. 62 in data 16 novembre 2004, recante
"Integrazioni e rettifiche alla delibera relativa agli affidamenti di incarichi di direzione temporanei",
acquisita mediante accesso agli atti del procedimento ex L. n. 241/1990 effettuato in data 10
settembre 2007.
Deducevano la illegittimità degli atti per violazione degli artt. 2, 3, 35, 51 e 97 della Costituzione;
violazione e/o falsa applicazione di legge e regolamento, con particolare riferimento alla legge n.
241/1990 e al d.lgs. n. 454/1999; disparità di trattamento, difetto di istruttoria, illogicità e carenza di
motivazione.
Si costituiva in giudizio per il CRA l'Avvocatura dello Stato, deducendo la infondatezza del ricorso
e chiedendone il rigetto.
Con ricorso per motivi aggiunti gli stessi ricorrenti impugnavano la delibera del consiglio di
amministrazione del CRA n. 10 in data 6 febbraio 2008, recante "Inquadramento dei Direttori delle
strutture di ricerca del CRA" deducendone la illegittimità per violazione degli artt. 2, 3, 35, 51 e 97
della Costituzione; violazione e/o falsa applicazione di legge e regolamento, con particolare
riferimento alla legge n. 241/1990, al d.lgs. n. 454/1999; disparità di trattamento, difetto di
istruttoria, illogicità e carenza di motivazione.
Si costituivano con intervento ad adiuvandum, tra gli altri, i signori Carmine Damiano, Walther
Faedi, Carlo Fideghelli, Giancarlo Imbroglini, Efisio Piano, Tito Schiva, odierni appellanti nel
ricorso n. 10445 del 2010.
Il Tar riteneva con ampia motivazione che il ricorso fosse infondato.
Con l'atto di appello rubricato n. 10445 del 2010 gli anzidetti interventori ad adiuvandum nel
giudizio di primo grado lamentano con dovizia di argomentazioni vari profili di erroneità della
sentenza sotto il profilo della mancanza di formale contraddittorio procedimentale da parte del
Ministero e del CRA con i Direttori di Istituto e di Sezione, nonché violazione del d.lgs. n.
454/1999; chiedono altresì che venga rimesso alla Corte Costituzionale l'esame della questione di
costituzionalità dell'art. 9, co. 4, del d.lgs. n. 454/1999 per violazione degli artt. 2, 3, 35, 51 e 97
della Costituzione.
L'amministrazione appellata, costituitasi in giudizio, non ha presentato memorie difensive.
Con distinto atto di appello, rubricato al n. R.G. 10471/2010, la stessa sentenza di primo grado è
impugnata pure dagli originari ricorrenti, con censure in tutto identiche a quelle sviluppate nel sopra
indicato atto di appello n. 10445 del 2010.
Non si è costituita in tale giudizio l'Amministrazione dell'Agricoltura.
Alla pubblica udienza del 20 febbraio 2014, dopo l'ampia discussione, le due cause, chiamate e
trattate congiuntamente, sono state trattenute dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
1. Le due impugnazioni, proposte separatamente avverso la stessa sentenza, vanno riunite, per
essere definite con una sola decisione ( art. 96, comma 1, c.p.a ).
2. Sempre preliminarmente, in relazione all'atto di appello n. 10445 del 2010, va rilevata la
ammissibilità dell'atto di intervento ad adiuvandumproposto in primo grado dai titolari di
una posizione tutelabile con una propria impugnativa ( odierni appellanti ), valendo tale
intervento quale ricorso autonomo, nella misura in cui con lo stesso, ritualmente notificato al
CRA ed al Ministero, gli interessati hanno inteso gravare, facendo valere un interesse
autonomo alla loro rimozione, gli stessi provvedimenti lesivi impugnati dai ricorrenti
principali nel ricorso innanzi al T.A.R. rubricato al n. 11104 del 2007, nel momento in cui
gli intervenienti stessi ne avevano acquisito conoscenza. Ed infatti, in ossequio alla teoria
del raggiungimento dello scopo, se un soggetto che, legittimato a proporre direttamente
impugnazione, propone invece atto di intervento ad adiuvandum, tale atto, se notificato e
depositato nei termini, può essere convertito in atto di assunzione in proprio del ricorso al
quale si era aderito, in applicazione del generale principio di conversione negoziale di cui
all'art. 1424 cod. civ., applicabile anche agli atti processuali (Cons. Stato, Sez. IV, 27.5.2002,
n. 2928). Poiché nel caso in esame vengono impugnati atti amministrativi mai notificati
formalmente agli interessati, né pubblicati, non è possibile individuare un dies a quo da cui
fare decorrere il termine decadenziale di proposizione del ricorso di primo grado con
riferimento alla posizione di quei soggetti, come gli appellanti nel predetto atto n.
10445/2010, che non parteciparono all'accesso amministrativo svoltosi presso il CRA in data
10 settembre 2007, di cui alla parte in fatto della presente sentenza; del resto, nemmeno è
contestata da controparte la tardività dell'impugnazione, che riguarda, affermano gli
intervenienti odierni appellanti, "delibere del CdA del C.R.A. ... mai rese pubbliche ... né
comunicate individualmente agli interessati". Da tanto deriva anche la legittimazione degli
stessi a proporre appello (v. art. 102 c.p.a.).
3. Venendo al merito dei proposti appelli, va premesso che con il d. lgs. n. 454/1999, recante la
"Riorganizzazione del settore della ricerca in agricoltura, a norma dell'articolo 11 della legge
15 marzo 1997 n.59", veniva istituito il Consiglio per la ricerca e sperimentazione in
agricoltura, di seguito CRA, al fine di razionalizzare il sistema della ricerca agricola
mediante istituzione di un unico ente vigilato e tutelato dal MIPAF (oggi MIPAAF). Le
figure professionali dei Direttori di Istituto e di Sezione, che da anni operavano nell'ambito
della ricerca nelle strutture che oggi fanno capo al CRA, sono state interessate, secondo le
previsione di cui al d. lgs. n. 454/99, dalle procedure di trasferimento nell'organico del
nuovo ente nel corrispondente profilo. Il Ministero, d'intesa con le OO.SS., ha proposto
l'inquadramento di tali figure professionali anche in soprannumero riassorbibile al I° livello
di Dirigente di Ricerca del profilo professionale di Ricercatore e con un assegno ad
personam ai fini del mantenimento del medesimo livello retributivo precedentemente
percepito (art.9 co.4 del d.lgs. 454/99). Con provvedimento del Direttore Generale del CRA,
sulla base di deliberazioni assunte dal consiglio di amministrazione dell'ente nelle sedute del
3 e 16 novembre 2004, i Direttori di Istituto e di Sezione in carica venivano confermati per il
periodo transitorio nelle responsabilità di direzione in attesa della operatività del nuovo
piano di organizzazione e senza che il CRA provvedesse al contestuale inquadramento dei
Direttori stessi nel nuovo profilo professionale del comparto di Ricerca. I criteri di
inquadramento approvati nel 2007, con notevole ritardo rispetto alla data di entrata in vigore
del d. l.vo n. 454/1999 ed all'entrata in vigore dello Statuto del CRA (1 ottobre 2004), erano
finalizzati all'inquadramento dei ricorrenti nei ruoli del CRA con efficacia retroattiva, a fare
data dal 1 ottobre 2004.
4. Con il primo motivo gli appellanti contestano la reiezione, da parte del primo giudice, della
censura, dagli stessi già sollevata in primo grado, di assenza di un formale contraddittorio
procedimentale nonostante che il CRA avesse avviato e portato a compimento una
complessa procedura di riassetto organizzativo degli enti di ricerca in agricoltura che aveva
comportato l'azzeramento e la ridefinizione dei vertici scientifici ed amministrativi del
settore, senza alcun confronto con i soggetti che costituivano l'apice di tale ramo della
amministrazione pubblica e che, depositari della memoria storica per la esperienza
quarantennale negli istituti di ricerca e sperimentazione, meglio di altri avrebbero potuto
contribuire alla razionalizzazione e alla rispondenza all'interesse pubblico dei provvedimenti
gravati. Secondo gli appellanti tale coinvolgimento avrebbe costituito un obbligo giuridico
per l'amministrazione, al fine di indirizzare le scelte operative dell'Ente verso la
individuazione di criteri di inquadramento e di riorganizzazione coerenti con il
perseguimento dell'interesse pubblico, dando attuazione alle previsioni del dettato
normativo. Il Tar ha ritenuto che la doglianza fosse infondata, in quanto le OO.SS.
rappresentative del comparto ricerca, che avevano partecipato alle numerose consultazioni
tenutesi per definire i criteri da utilizzarsi per l'inquadramento dei Direttori, erano le uniche
normativamente legittimate a tale rappresentanza, poiché i ricorrenti, in applicazione dell'art.
9 del D. Lgs. n. 454/1999 ed in specie dei relativi co. 2, 3 e 4, erano inseriti dal 1°.10.2004
nel relativo comparto, risultando destinatari delle norme dettate dal C.C.N.L. di categoria
stipulato per il tramite delle organizzazioni sindacali, senza che potesse in alcun modo avere
rilevanza, ai fini della rappresentatività, la mancata iscrizione degli stessi in tali
organizzazioni. Gli appellanti criticano le conclusioni del Tar, sull'assunto che fino al loro
formale inquadramento i Direttori avrebbero costituito personale non contrattualizzato
disciplinato ex lege (dPR n. 1318/67) e quindi non potevano considerarsi rappresentati dalle
OO.SS. di categoria del comparto ricerca; né l'art. 9 del d.lgs. n. 454/1999 disponeva, così
come opinato dal Tar, l'immediato passaggio al regime disciplinato dalla contrattazione
collettiva rinviando sul punto alla successiva attività della amministrazione ed alla concreta
stipulazione di rapporti di lavoro individuali, tant'è che fino al 2008 ognuno degli appellanti
aveva continuato a percepire il trattamento economico e giuridico previsto dal dPR
n.1318/1967.
5. Le argomentazioni degli appellanti non sono condivisibili e la sentenza del Tar sul punto
deve essere confermata. In generale occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 13 l. n. 241 del
1990, il principio di partecipazione procedimentale, di cui all'art. 7 della medesima legge,
non trova applicazione nei confronti degli atti amministrativi generali. Tra tali atti vanno
compresi anche quelli di organizzazione degli uffici della p.a. ed i criteri generali di
inquadramento, ai quali deve ricondursi il verbale del 18 giugno 2007, con il quale il CRA
ed alcune OO.SS. avevano approvato i criteri di inquadramento nel ruolo CRA del personale
di cui al d. lgs. n. 454/1999. Inoltre deve osservarsi che la titolarità di un pubblico ufficio, se
è idonea ad abilitare il titolare ad impugnare gli atti di organizzazione che incidono
negativamente sull'assetto e sulle funzioni dell' ufficio rivestito, non implica per ciò solo
anche il diritto del titolare di partecipare, ai sensi della generale previsione dell'art. 7 della
legge n. 241 del 1990, al procedimento volto all'adozione degli atti organizzatori stessi,
dovendo, l'eventuale apporto collaborativo del titolare dell'ufficio interessato dalle
modifiche organizzative, essere strutturato ed incardinato all'interno della disciplina posta
dall'ordinamento generale o da fonti interne all'ente, che prevede e regola il procedimento
stesso. Orbene, in materia di "Potere di organizzazione" dei pubblici uffici, a norma
dell'articolo 5, comma 2, primo periodo, del D. Lgs. n. 165/2001, "nell'ambito delle leggi e
degli atti organizzativi di cui all'articolo 2, comma 1, le determinazioni per l'organizzazione
degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte in via
esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di
lavoro, fatti salvi la sola informazione ai sindacati per le determinazioni relative
all'organizzazione degli uffici ovvero, limitatamente alle misure riguardanti i rapporti di
lavoro, l'esame congiunto, ove previsti nei contratti di cui all'articolo 9". Ne deriva che nella
materia di cui trattasi la partecipazione procedimentale va garantita, ed i soggetti abilitati
alla stessa vanno individuati, nei limiti risultanti dalla norma indicata, del cui rispetto non si
fa' qui discussione.
Sotto altro ed ancor più decisivo profilo, occorre sottolineare che, a mente del già richiamato
articolo 9 del d.lgs. n. 454/1999, "a decorrere dalla data di approvazione dello statuto dei
regolamenti di cui all'articolo 7 sono soppressi tutti gli organismi preposti agli istituti inclusi
nell'allegato I e cessano dall'incarico i direttori degli stessi" (co. 2) e "... dalla stessa data
viene soppresso il ruolo del personale degli istituti di ricerca e sperimentazione agraria del
Ministero ed il personale è trasferito nel ruolo organico del Consiglio, mantenendo
l'anzianità di servizio maturata e il profilo e livello acquisiti" (co. 3); "a decorrere dalla
medesima data, i direttori inseriti nel ruolo di cui al comma 3, vengono inquadrati, anche in
soprannumero riassorbibile nel corrispondente livello del profilo professionale dei
ricercatori del comparto della ricerca, mantenendo l'anzianità di servizio maturata e la
retribuzione in godimento, se più favorevole" (co. 4).
Lo Statuto del CRA veniva approvato con D.I. 5 marzo 2004 e successivamente venivano
approvati i regolamenti di organizzazione e contabilità (con DD.II. 1° ottobre 2004);
pertanto risulta erronea l'affermazione degli appellanti di avere mantenuto la posizione di
inquadramento in precedenza rivestita negli Istituti sino al 2008, in quanto il nuovo ruolo
doveva considerarsi già esistente dal 1° ottobre 2004 e gli ex Direttori degli IRSA, così
come esattamente argomentato dal Tar, ricadevano a pieno titolo nella contrattazione
collettiva degli enti di ricerca con connessa rappresentanza delle organizzazioni sindacali di
categoria, mentre agli atti di formale inquadramento non poteva attribuirsi alcun effetto
costitutivo ma meramente ricognitivo dell' inserimento nel comparto di ricerca già avvenuto
ex lege.
6. Con un secondo motivo (punto 3) gli appellanti lamentano la erroneità della sentenza del
primo giudice in relazione alla reiezione della articolata censura con la quale essi
denunziavano la contraddittorietà ed inadeguatezza dei criteri generali approvati dal CRA il
26.6.2007 e della relativa istruttoria procedimentale.
I ricorrenti sostenevano che, a seguito degli inquadramenti, i corrispettivi spettanti ai
Direttori risultavano non solo illegittimamente sottostimati in quanto non garantivano la
conservazione del migliore trattamento economico fino allora percepito, ma altresì ancorati
ad un riferimento temporale del tutto erroneo ed incongruo.
Infatti, secondo gli atti impugnati, ai fini della collocazione nelle fasce stipendiali, si sarebbe
tenuto conto della "anzianità di servizio maturata dalla nomina a Direttore straordinario fino
al 30 settembre 2004", con ciò ponendo nel nulla gli ulteriori 3 anni di anzianità maturati dai
ricorrenti quali Direttori degli Istituti e delle Sezioni di ricerca nel periodo transitorio.
Oltre al mancato mantenimento del miglior trattamento economico già in godimento, gli
appellanti si dolevano del fatto che nel nuovo assetto organizzativo solo per alcuni di loro
fosse prevista lo svolgimento di funzioni direttive, pur essendo risultati tutti vincitori di
concorsi finalizzati a tale svolgimento.
Il Tar respingeva il motivo ritenendo, con analitiche argomentazioni, che, al contrario di
quanto sostenuto nel ricorso, i criteri di inquadramento avevano garantito il mantenimento,
per il tramite di un assegno ad personam, della stessa retribuzione precedentemente
percepita e, quanto all'aspetto giuridico, che l'inquadramento nell'ambito della Dirigenza al
livello apicale era tale da conservare e valorizzare lo status in precedenza raggiunto e la
esperienza lavorativa maturata nella direzione dei rispettivi plessi di ricerca.
In specie, per l'aspetto giuridico, il Tar rilevava che si era tenuto conto dell'art. 2103 c.c.
come recepito nel pubblico impiego dall'art. 52 co.1 del d.lgs. n.165/01 e dei criteri di cui
all'art. 6 del CCNL del comparto enti e istituzioni di ricerca (equivalenza del titolo di studio
previsto dall'inquadramento nel comparto di provenienza con quello corrispondente nel
comparto di ricerca ed equivalenza dei compiti propri del profilo di inquadramento di
origine con quelli del profilo di destinazione).
7. Nell'atto di appello vengono criticate le argomentazioni del giudice di primo grado sul
rilievo che in esse si rinvengono statuizioni in ordine ad aspetti sostanziali e giuslavoristici
da considerare riservati al sindacato del giudice ordinario.
Vengono censurati in particolare i seguenti i passaggi della sentenza, che si assumono del
tutto erronei:
a) "l'assegno aggiuntivo previsto dal d.P.R. 382/80 viene conservato quale assegno ad
personam non riassorbibile e pensionabile per l'importo risultante dalla differenza tra la
somma relativa a detto assegno in godimento alla data del 30 settembre 2004 e la somma
dell'indennità di valorizzazione professionale spettante ai dirigenti di ricerca ai sensi dell'art.
8 CCNL 21/2/2002, comparto ricerca, II° biennio economico";
b) "risulta garantito il mantenimento, per il tramite di un assegno ad personam, del
medesimo livello retributivo precedentemente percepito mentre l'inquadramento nell'ambito
della Dirigenza consente di garantire la valorizzazione della esperienza lavorativa maturata
dai ricorrenti nei rispettivi plessi di ricerca".
c) "le figure professionali dei Direttori di Istituti e di Sezione sono state inserite nel ruolo dei
ricercatori universitari con la conservazione del medesimo trattamento giuridico goduto in
precedenza".
Osserva preliminarmente sul punto la Sezione che è sicuramente ipotizzabile che la tutela
giurisdizionale inerente al rapporto di lavoro di un pubblico dipendente possa avvenire
davanti al giudice amministrativo quando venga impugnato direttamente un atto di macroorganizzazione che si assume autonomamente lesivo e davanti al giudice ordinario quando il
dipendente contesti l'atto di gestione, applicativo o consequenziale rispetto a quello
organizzativo.
Infatti la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che spetta alla
giurisdizione del giudice amministrativo la diretta cognizione degli atti recanti le linee
fondamentali di organizzazione degli uffici, adottati dalle amministrazioni quali atti
presupposti, nei confronti dei quali sono configurabili situazioni di interesse legittimo
derivando gli effetti pregiudizievoli direttamente dall'atto presupposto, mentre la cognizione
spetta al giudice ordinario quando il giudizio investe direttamente atti di gestione del
rapporto in relazione ai quali i suddetti provvedimenti di autoregolamentazione
costituiscono solamente atti presupposti (Cass. Civ., SS.UU. , n. 25254/09; SS.UU. n.
21592/05).
8. Nel caso in esame risulta quindi corretta la scelta dei ricorrenti di impugnare davanti al
giudice amministrativo gli atti di macro-organizzazione che si assumono direttamente lesivi
della loro posizione giuridica; cionondimeno, sottolinea la Sezione, tale scelta soffre di un
notevole grado di genericità e di astrattezza, affidandosi, nella congerie di atti impugnati, per
lo più a doglianze approssimative ed appena accennate, prive di concretezza e di
esemplificazioni, che avrebbero potuto consentire al giudice amministrativo, pur senza un
esame diretto degli atti applicativi a lui precluso dal riparto di giurisdizione, una
comprensione reale della dinamica degli asseriti meccanismi distorsivi conseguenti alle
contestate scelte di ordine generale dell'amministrazione e dell'asserito peggioramento del
trattamento giuridico ed economico degli appellanti; in ogni caso, proprio in relazione alla
delimitazione dell'oggetto del giudizio, come risultante dalla scissione operata dagli stessi
ricorrenti ed intervenienti con gli atti introduttivi di primo grado, le censure svolte possono
essere vagliate nella ristretta misura in cui le doglianze sono riconducibili agli atti di
macroorganizzazione oggetto del giudizio, che il TAR ha correttamente fatto oggetto di
scrutinio nei limiti attribuiti alla sfera di giurisdizione del g.a..
9. Sulla questione pensionistica ( punto sub a) di cui sopra ), la Sezione ritiene che, poiché il
rapporto pensionistico è disciplinato dalla vincolante normativa di riferimento comune a
tutti i pubblici dipendenti e non da scelte discrezionali delle singole amministrazioni, il
richiesto annullamento della nota CRA prot. n.1055/3 del 19.12.2008 ( che ha ritenuto
possibile la pensionabilità dell'assegno ad personam in sola quota "B" ) non determinerebbe
alcuna utilità diretta per i ricorrenti, in quanto ogni pretesa di diverse modalità di computo in
ordine alla pensionabilità dell'assegno medesimo deve essere indirizzata all'INPS ( ex
INPDAP, ente istituzionalmente preposto al rapporto pensionistico dei ricorrenti ), non
evocato nel presente giudizio, il quale peraltro ha già fornito delle indicazioni al riguardo
ritenendo la non pensionabilità in quota A/regime CPDEL dell'assegno (cfr. nota INPDAP
prot. n. 2828/2009).
10. Sulla questione sub b) relativa al mantenimento del medesimo livello retributivo
precedentemente percepito, a proposito della quale si sostiene che l'inquadramento nel
profilo di dirigente di ricerca avrebbe comportato l'insorgere di conguagli a debito a carico
degli appellanti con riferimento al periodo in cui i medesimi hanno continuato ad operare
quali Direttori in via temporanea ( dal 1° ottobre 2004 sino alla ricezione della rispettiva
determina di inquadramento del maggio-dicembre 2008 ), la censura si limita a rinviare
genericamente a documenti in atto, ma nulla spiega sui criteri di calcolo di ordine generale,
che hanno indotto la amministrazione ad effettuare tali conguagli, connessi al ritardo in cui
sono stati effettuati gli inquadramenti; con l'effetto che la doglianza, che presuppone la
complessa problematica della restituzione alla amministrazione di emolumenti non dovuti e
del riconoscimento di funzioni svolte, è inammissibile per genericità e avrebbe dovuto
rivolgersi, in relazione alla posizione concreta di ciascuno dei diretti interessati, contro i
relativi atti applicativi, davanti al giudice competente.
11. Sull'ulteriore questione di cui al punto c), incentrato sulle critiche alla affermazione del Tar,
che si assume priva di fondamento e non veritiera, secondo cui le figure professionali dei
Direttori di Istituti e di Sezione sono state inserite nel ruolo dei ricercatori con la
conservazione del medesimo trattamento giuridico goduto in precedenza, ritiene la Sezione
che il primo giudice si sia limitato a rilevare che nel passaggio al nuovo status i ricorrenti
non hanno perso la posizione giuridica acquisita, che veniva loro conservata, sia pure nel
mutato assetto organizzativo del CRA e con la nuova qualifica del comparto di appartenenza
di dirigenti di ricerca.
Al riguardo non possono trovare favorevole esame le argomentazioni degli appellanti, che
lamentano che nel nuovo inquadramento di dirigenti di ricerca siano previsti solo 7 livelli di
anzianità e di corrispondente trattamento economico per un massimo di 31 anni di
progressione giuridica ed economica, mentre nel vecchio sistema dei Direttori di Istituti e di
Sezione le prospettive di crescita economica erano più favorevoli in quanto assicurate sino
al collocamento a riposo.
La sopravvenienza del complesso riassetto organizzativo degli istituti di ricerca in
agricoltura, con il passaggio al nuovo ente di personale che proveniva da un comparto non
contrattualizzato, implicava, invero, la necessità di equiparazione delle qualifiche di
provenienza originarie con quelle dell'ente di destinazione; in assenza di una tabella di
equiparazione il Ministero, d'intesa con le OO.SS., del tutto logicamente ha proposto
l'inquadramento delle figure professionali dei Direttori di Istituto e di Sezione anche in
soprannumero al I° livello di dirigente di ricerca del profilo professionale di ricercatore,
dunque al massimo livello possibile, e con il mantenimento di un assegno ad personam non
riassorbibile del medesimo livello retributivo precedentemente percepito.
Si osserva al riguardo che il divieto per il datore di lavoro di variazione in peius delle
funzioni e responsabilità del pubblico dipendente non si applica nel caso in cui vi sia una
sopravvenienza normativa tale che non possa consentirsi allo stesso la conservazione della
precedente posizione lavorativa né lo spostamento a posizioni lavorative non pregiudizievoli
della professionalità pregressa, giacché l'applicabilità di detto divieto presuppone la concreta
alternativa della possibilità di non retrocessione della precedente posizione professionale
(Cons. Stato, sez. V, 26.09.2013, n. 4794).
Nel caso in esame la completa riforma degli istituti di ricerca non consentiva la
conservazione delle posizioni di lavoro rivestite in precedenza, dovendo il CRA individuare
la posizione di ciascuno dei ricorrenti in relazione alla dinamica della nuova realtà
organizzativa ed alla struttura giuridico-economica risultante dal C.C.N.L. del comparto di
nuovo inquadramento.
12. Con ulteriore doglianza si critica il meccanismo individuato dal CRA in vista della
rideterminazione dell'anzianità di servizio dei Direttori nel nuovo profilo contrattualizzato.
Gli appellanti si dolgono del fatto che nella nuova posizione di dirigenti di ricerca i periodi
di servizio prestati nei ruoli del Ministero antecedentemente alla nomina a Direttori possano
rilevare fino ad un massimo di otto anni, mentre altri dipendenti inquadrati nel CRA, che
non avevano mai abbandonato i comparti di ricerca, né avevano mai superato il concorso per
la acquisizione dello status di Direttore, al momento del passaggio nel profilo di dirigente di
ricerca potevano usufruire del più vantaggioso criterio di calcolo della anzianità del nuovo
profilo previsto dal CCNL ricerca e consistente nella moltiplicazione per il coefficiente di
2/3 dell'anzianità già maturata in veste di ricercatore (così l'art. 22 del DPR 28.9.1987, n.
568).
Gli appellanti ritengono, con censura peraltro per la prima volta formulata in appello, che
la ratio del preesistente limite di rilevanza di otto anni dei servizi prestati precedentemente
alla nomina a Direttore fosse da riconnettere al fatto che ciascun interessato, una volta
divenuto Direttore, avrebbe ricoperto tale peculiare profilo sino al termine della carriera
conservandone i relativi benefici in termini di proiezione sul trattamento previdenziale; ma,
una volta mutata tale premessa ed in considerazione del forzoso rientro degli appellanti nel
comparto ricerca, la conservazione del limite di otto anni sarebbe stata irragionevole e
penalizzante.
13. Rileva la Sezione, in disparte la veduta inammissibilità della doglianza, che
l'amministrazione ha operato una distinzione tra periodo maturato in qualità di Direttore di
Istituto e di Sezione e periodo maturato nella qualifica di ricercatore, riconoscendo soltanto
con riguardo al primo periodo l'intera anzianità corrispondente, mentre, con riguardo al
secondo periodo, ha applicato la disciplina prevista in tema di riconoscimento del servizio
prestato in qualità di ricercatore dall'art. 103, commi 1 e 5, D.P.R. n. 382/1980, che prevede
il riconoscimento dei servizi prestati in tale qualifica nel limite massimo di otto anni.
La scelta della amministrazione è coerente con il disposto dell'art. 9, co. 4, del d.lgs. n.
454/1999, che riconosce l'anzianità di servizio maturata e la retribuzione in godimento solo
con riferimento alla qualifica di Direttore di Istituto e di Sezione, senza prendere in
considerazione la differente e pregressa posizione del ricercatore; peraltro detta anzianità
prima del passaggio nei nuovi ruoli di ricercatori era stata definitivamente cristallizzata in
otto anni dai provvedimenti ministeriali che riguardavano gli appellanti (sul punto relativo
alla anzianità maturata nel ruolo dei ricercatori la Corte Costituzionale, con sentenza 9
marzo 1992, n. 96 ha dichiarato la infondatezza della questione di legittimità costituzionale
dell'art. 103, co. 5, del D.P.R. n. 382/1980, nella parte in cui prevede che, ai fini della
carriera di professore universitario ordinario, il riconoscimento di attività e servizi pregressi
non può comunque superare il limite massimo di otto anni, in riferimento agli art. 3, 36 e 97
Cost. indipendentemente dalla natura dei servizi e dalla percentuale di riconoscibilità dei
servizi stessi).
Deve ancora osservarsi che la posizione dei ricorrenti non è comparabile con quella di altri
ricercatori provenienti da enti pubblici di ricerca, essendo differenziati i rispettivi percorsi di
carriera e provenendo i primi da un regime giuridico non contrattualizzato, laddove gli altri
vengono da realtà disciplinate dalle norme dei rispettivi comparti del settore di ricerca.
Al riguardo è il caso di ricordare che, nel passaggio da un sistema organizzativo ad un altro,
rientra nella potestà discrezionale della amministrazione stabilire la disciplina delle carriere
dei propri dipendenti differenziando il relativo trattamento in relazione alla diversa
posizione di stato giuridico di provenienza; d'altro canto non è dato di rinvenire
nell'ordinamento un principio di diritto che imponga alla amministrazione di riconoscere
integralmente l'anzianità di servizio maturata nel precedente status.
14. Tale doglianza viene ripresa nel terzo motivo di appello, con il quale i ricorrenti chiedono
che venga sollevata questione di legittimità costituzionale del d. lgs. n. 454/1999 ed in
specie dell'art. 9, co. 4, in quanto si assume che il legislatore, nel determinare il riassetto del
settore della ricerca e sperimentazione in agricoltura, avrebbe determinato un inammissibile
azzeramento della posizione già acquisita dai Direttori di Istituto e di Sezione mediante il
superamento di un pubblico concorso, travolgendo il legittimo affidamento riposto dai
medesimi in ordine alla conservazione del proprio status direttoriale.
Inoltre il legislatore avrebbe violato il principio di uguaglianza e della ragionevolezza
normativa (art. 3 Cost.), in quanto in sede di inquadramento dei Direttori nel profilo di
dirigente di ricerca la legge avrebbe disciplinato in maniera discriminatoria posizioni
identiche, attribuendo ai Dirigenti di Ricerca, ex Direttori di Istituto e di Sezione, una
anzianità inferiore rispetto a quella riconosciuta ai dipendenti del CRA che non avevano
ricoperto tale posizione, penalizzando tale ristretta e ben determinata categoria di pubblici
dipendenti che pure erano pervenuti a tale posizione mediante concorso pubblico e che
avevano maturato un solido affidamento in ordine alla conservazione del predetto status.
I ricorrenti avrebbero vantato una aspettativa consolidata, che avrebbe legittimato
l'inserimento in un ruolo ad esaurimento, mentre il decreto legislativo n. 494/99 avrebbe
determinato una lesione di diritti quesiti, a cui non è corrisposto alcun beneficio in termini di
economie di bilancio e finanza pubblica, né in termini di accresciuta funzionalità ed
operatività dei plessi di ricerca.
Un ulteriore profilo di incostituzionalità viene individuato nella violazione dei limiti della
delega legislativa (artt. 70 e 76 Cost.) in quanto l'art. 11 della legge n. 59/97, di cui il d.lgs.
n. 454/99 costituisce attuazione, non attribuiva al Governo il potere di vanificazione dei
risultati delle procedure concorsuali sostenute dai ricorrenti, peraltro mediante la successiva
adozione di meri atti amministrativi da parte del CRA.
15. Le questioni di incostituzionalità, ammissibili nella stretta misura in cui ripropongono quelle
che sono state ritualmente invocate nel ricorso introduttivo ( non potendosi a tal proposito
tener conto di quanto per la prima volta svolto con la memoria depositata in primo grado in
vista dell'udienza di merito, con la quale non possono essere ampliati i motivi di ricorso ),
sono palesemente infondate.
A mente dell'articolo 9, co. 4, del d.lgs. n. 454/999, i Direttori di Istituto ed i Direttori di
Sezione degli Istituti sono stati inseriti nel ruolo di ricerca ed inquadrati, anche in
soprannumero, nel corrispondente livello del profilo professionale dei ricercatori del
comparto della ricerca, mantenendo l'anzianità di servizio maturata e la retribuzione in
godimento, se più favorevole.
Il legislatore ha quindi conservato per tale personale lo status giuridico ed economico in
precedenza goduto, sia pure prevedendo necessariamente una riconfigurazione della loro
posizione con riferimento al nuovo comparto, in cui i Direttori, per effetto del nuovo assetto
organizzativo, venivano ad inserirsi.
Nel riconoscere il corrispondente livello del profilo nel nuovo comparto, il legislatore ha
inteso salvaguardare anche il concorso effettuato dagli appellanti al fine di accedere alle
qualifiche a suo tempo rivestite, conservando, nella nuova qualifica del comparto della
ricerca, la anzianità di servizio e la retribuzione in godimento.
La scelta di non istituire un ruolo ad esaurimento sfugge ai vizi di irragionevolezza ed
ingiustizia lamentati dagli appellanti, in considerazione sia dell'ampia discrezionalità goduta
al riguardo dal legislatore, sia del fatto che i Direttori di Istituto e di Sezione sono stati
automaticamente inquadrati nella qualifica corrispondente del comparto di ricerca in cui
venivano a collocarsi tutti di dipendenti del CRA.
Gli appellanti non evidenziano peraltro in riferimento a quale disposizione del decreto
legislativo si sarebbe perpetrata la violazione del principio di parità di trattamento normativo
con riguardo ad altri dipendenti del settore della ricerca.
Si ribadisce comunque che le posizioni degli interessati sono disomogenee e non
comparabili con quelle di altro personale inquadrato nel CRA, essendo differenziati i
rispettivi percorsi di carriera, nella misura in cui i ricorrenti provengono da un regime
giuridico non contrattualizzato, mentre gli altri da realtà disciplinate dalle norme dei
rispettivi comparti.
16. In conclusione gli appelli non meritano accoglimento.
17. Spese ed onorari possono essere integralmente compensati fra le parti nel giudizio n.
10445/2010 in relazione alla assenza di attività difensiva da parte della amministrazione
appellata, mentre nulla è da statuirsi a riguardo nel ricorso n. 10471/2010, nel quale le
amministrazioni appellate non si sono costituite.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), preliminarmente riuniti gli
appelli di cui in epigrafe, definitivamente pronunciando sugli stessi, li respinge e, per
l'effetto, conferma, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata .
Spese compensate nel giudizio n. 10445/2010, nulla spese nel giudizio 10471/2010.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2014 con l'intervento
dei magistrati:
Salvatore Cacace, Presidente FF
Roberto Capuzzi, Consigliere, Estensore
Hadrian Simonetti, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 30/04/2014
Articolo del Dott. Filippo De luca
Cultore della materia in diritto amministrativo - Università di Ferrara
Specializzato nelle professioni legali
Abilitato all'esercizio della professione forense
[email protected]
http://www.studioassociatodeluca.it
Fonte: Riparto di giurisdizione in materia di pubblico impiego (CdS, sez. III, 30 aprile 2014, n.
2280)
(www.StudioCataldi.it)