perché è così difficile fare la riforma elettorale
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perché è così difficile fare la riforma elettorale
DOSSIER - ELEZIONI E DINTORNI / 54 PERCHÉ È COSÌ DIFFICILE FARE LA RIFORMA ELETTORALE PAOLO FELTRIN - Università di Trieste, politologo ALDO CRISTADORO - Tolomeo Studi e Ricerche srl, Direttore Dipartimento Politico Elettorale D a circa un anno i giornali riportano le dichiarazioni di importanti cariche istituzionali di leader di partito che richiamano la necessità di rivedere l’attuale legge elettorale utilizzando le motivazioni più disparate. proviamo a delineare quale sia il funzionamento dell’attuale legge, le sue performance, i suoi pregi e difetti e, infine, le alternative concretamente praticabili nel brevissimo lasso di tempo che ancora manca alla fine della legislatura. Nonostante il gran fare, come la raccolta delle firme referendarie, e il gran parlare, in quasi un anno di lavori in commissione Senato, al momento le speranze di andare a votare con una Nuova legge elettorale sono ridotte al lumicino. Gli elementi costitutivi dell’attuale sistema elettorale. Al netto delle polemiche giornalistiche e delle schermaglie di partito, in questo articolo P O L I T I C A Cominciamo con il ricordare che la legge Calderoli rientra all’interno della categoria dei sistemi misti, i quali combinano in vario modo elementi proporzionali e maggioritari. Nello specifico si tratta di un sistema “proporzionale con C U L T U R A DOSSIER - ELEZIONI E DINTORNI/ 55 premio di maggioranza”, caratterizzato da una competizione proporzionale tra liste partitiche (bloccate) in cui si innesta la previsione di un premio di maggioranza a favore della lista o della coalizione di liste con il più alto numero di voti. Il premio è attribuito a livello nazionale alla Camera e a livello regionale al Senato (D’Alimonte e Chiaramonte 2006, Feltrin e Fabrizio 2008). Va ricordata un’osservazione che spesso, perfino nei dibattiti tra esperti, si preferisce sorvolare. Un sistema elettorale in tutto e per tutto analogo al "porcellum" è in vigore nelle regioni italiane dal 1995, oltre che nei comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti a partire dal 1992, tranne per l'importante diversità della presenza della preferenza unica senza che ciò animi particolari dibattiti. Varianti del cosiddetto "porcellum" possono essere conside- P O L I T I C A rati sia il sistema di voto "proporzionale con premio di maggioranza a doppio turno e preferenza unica" nei comuni con più di 15.000 abitanti, sia il sistema di voto per le province che differisce da quello dei comuni solo per la sostituzione del premio di preferenza con i collegi uninominali cosiddetti "proporzionalizzati". Insomma, la tanto vituperata legge elettorale nazionale ricalca quasi alla lettera il sistema elettorale regionale, è identica in tutti i suoi aspetti -comprese le liste bloccate- alla legge elettorale in vigore in Toscana, unica regione italiana ad avere abolito nel 2005 le preferenze a favore delle liste bloccate, e ricalca la filosofia delle leggi elettorali dei primi anni novanta, basate sull'innesto di un premio a liste/coalizioni con più voti in competizioni di tipo proporzionale. Proviamo ad esaminare nel dettaglio il cosiddetto "porcellum". C U L T U R A DOSSIER - ELEZIONI E DINTORNI / 56 Alla Camera 617 dei 630 seggi complessivi sono ripartiti con formula proporzionale in 26 circoscrizioni, mentre 12 sono riservati alla circoscrizione Estero ed l'unico seggio restante è assegnato con il sistema maggioritario nella regione Valle d’Aosta. L’elettore ha a disposizione una sola scheda, sulla quale sceglie un partito, senza poter esprimere alcuna preferenza per i candidati, i quali vengono eletti sulla base dell'ordine di collocazione nelle "liste bloccate". Sono previste diversi tipi di soglie per l’accesso delle coalizioni o delle singole liste al riparto seggi. La coalizione di liste che ottiene il maggior numero di voti a livello nazionale si aggiudica un premio variabile, fino alla concorrenza di una maggioranza parlamentare di 340 seggi, pari al 55% (1). Al Senato il numero di seggi da assegnare in ragione proporzionale è pari a 301 dei 315 complessivi. Dei restanti 14, 6 sono riservati agli elettori italiani residenti all’Estero, 7 sono del Trentino-Alto Adige che continua a votare con la vecchia legge (6 collegi uninominali ed un recupero proporzionale), mentre il seggio restante è assegnato al collegio della Valle d’Aosta. Diversamente dalla Camera, sulla base di una opinabile interpretazione della Costituzione, il premio di maggioranza è assegnato su base regionale e garantisce alla coalizione vincente il 55% dei seggi di quella regione. Come è facile immaginare, solo a certe condizioni, non le più probabili, come ad esempio, nel caso del 2008, si possono ottenere maggioranze adeguate e omogenee tanto alla Camera quanto al Senato. Il rendimento del sistema elettorale (1) Le coalizioni e le singole liste collegate o in corsa autonoma ottengono un numero di seggi in ragione proporzionale al numero di voti validi ottenuti con il criterio del quoziente naturale e dei maggiori resti. P O L I T I C A C U L T U R A DOSSIER - ELEZIONI E DINTORNI / 57 Ci sono diversi modi per valutare le performance di un sistema elettorale. Concentrando le nostre osservazioni ai problemi di casa nostra, possiamo dire che agli inizi degli anni novanta obiettivi condivisi tanto a livello di classe politica quanto di opinione pubblica erano essere quelli di 1) ridurre la frammentazione partitica, 2) produrre maggioranze nette che si penava fossero in grado di garantire la governabilità, 3) ridurrei costi e gli inquinamenti delle campagne elettorali. Tanto la legge su comuni e province (1992), tanto quelle sul parlamento (1993 e 2005) e sulle regioni (1994) cercano tutte perseguire i tre obiettivi appena indicati. Per certi versi la modifica della legge nazionale del 2005 provava ad allineare il sistema elettorale nazionale a quello in vigore in comuni, province e regioni, e che sembrava funzio- P O L I T I C A nare meglio dell’esperimento dei collegi uninominali con scorporo di liste proporzionali adottato per Camera e Senato nelle elezioni del 1994, 1996 e 2001. Al di là dei limiti della legge Calderoli sui quali torneremo tra poco, va osservato che le speranze riposte sui sistemi elettorali maggioritari o sulle correzioni maggioritarie ai sistemi elettorali proporzionali erano eccessive, almeno con il senno del poi. A livello locale e regionale l’esperimento ha funzionato, a livello nazionale no. Perché? Una prima risposta sta nel diverso livello di politicizzazione delle arene elettive a livello locale e a livello nazionale, tanto che si potrebbe fissare una regola secondo la quale tanto più politicizzata è l’arena di competizione elettorale tanto meno è rilevante il sistema di voto ai fini del raggiungimento dei nostri tre obbiettivi. C U L T U R A DOSSIER - ELEZIONI E DINTORNI / 58 Quello che va compreso è che nel nostro Paese a livello centrale si prendono davvero una quantità rilevante di decisioni “divisive”, le quali spaccano in modo trasversale qualsiasi maggioranza costruita in modo forzato dal sistema elettorale. mai avuto in precedenza, nulla di tutto questo è accaduto a livello nazionale, dove il rafforzamento delle maggioranze via legge elettorale ha continuato a convivere con un parlamentarismo radicale di tipo proporzionalistico. Basti pensare alle due esperienze interrotte prematuramente di Prodi (1996 e 2006) e ai governi Berlusconi (1994, 2001, 2008). Si sa: bisognava intervenire in modo profondo sulla Costituzione, ma proprio questo era impedito dalla radicale politicizzazione delle arene nazionali e da peso del parlamento nella forma di governo italiana. Una seconda risposta rinvia al nesso indissolubile tra sistema elettorale e forma di governo, ben noto in tutta la tradizione di studi costituzionali e politologici. Mentre a livello di comuni, province e regioni le leggi elettorali del 1992 e del 1994 -e nel caso delle regioni, anche la legge di riforma costituzionale del 2001- provvedevano a rivedere anche le rispettive forme di governo, attribuendo ai sindaci e ai presidenti di regione e provincia un potere P O L I T I C A Le scelte degli elettori e le critiche mosse al Porcellum Possiamo ora affrontare la critica più coerente che viene mossa all’attuale legge e che può essere riassunta con l’immagine del “Parlamento di nominati”. In altre parole i detrattori della legge Calderoli sostengono che con questo sistema per i cittadini è impossibile scegliere i propri rappresentanti e che gli C U L T U R A DOSSIER - ELEZIONI E DINTORNI / 59 eletti vengono stabiliti dalle segreterie di partito. Questo dibattito è per certi aspetti contraddittorio soprattutto perché spesso si riduce a una mera contrapposizione fra preferenze e liste bloccate, con la magnificazione delle prime e la simmetrica critica a priori delle seconde. Per onestà intellettuale, occorre innanzitutto ricordare che per anni le preferenze sono state etichettate come l’emblema dei mali della Prima Repubblica, tanto che ben due referendum (1991 e 1993) ne sancirono il funerale aprendo la strada all’esperimento dei collegi uninominali. All’epoca gli elettori decisero di abolire le preferenze perché erano associate alla corruzione e a meccanismi clientelari di raccolta e riproduzione del consenso e favorivano la frazionalizzazione ed il correntismo nei partiti e l’instabilità dei governi. P O L I T I C A Inoltre, si dimentica spesso che le liste, anche con le preferenze, vengono decise dai partiti, con una sorta di pre-selezione dall’alto: non sono stati pochi i casi di politici “epurati” dalle liste perché potenzialmente in grado di “rovinare la festa” ai candidati “prescelti” dai partiti. Anche i collegi uninominali si prestano a diverse obiezioni. Trattandosi di eleggere chi prende più voti sarà inevitabile la formazione di coalizioni il più grandi possibili, al loro interno massimamente eterogenee. E tali coalizioni saranno sottoscritte solo se e soltanto se a livello nazionale vi sarà una spartizione scientifica di seggi uninominali “sicuri” da assegnare proporzionalmente al peso di ogni partito coalizzato. A quel punto la libera scelta dell’elettore diventa una chimera, anche perché in ogni C U L T U R A DOSSIER - ELEZIONI E DINTORNI / 60 collegio si tenderà a votare contro la parte avversa, quasi sempre in modo indipendente dai candidati di questa o quella coalizione. Questo breve elenco di criticità non vuole essere una presa di posizione a favore di un sistema o di un altro, né tantomeno della lista bloccata, ma vuole semplicemente evidenziare che non esiste un sistema perfetto che di per sé risolva ogni problema. sull’utilità o meno di reintrodurre le preferenze può essere utile dare uno sguardo a cosa succede nel resto d’Europa. Un’analisi comparativa, infatti, permette di affermare che le liste bloccate sono più la regola che l’eccezione nel panorama internazionale. A supporto di questa tesi possiamo prendere in considerazione i sistemi con cui i cittadini dei 27 Paesi membri dell’Unione eleggono i propri rappresentanti al Parlamento Europeo. Se poi, infine, ci volgiamo a guardare i problemi della lista bloccata, sappiamo bene quali sono i limiti di questa opzione: il Parlamento è in effetti blindato, visto che il 90% di deputati e senatori viene già deciso al momento della presentazione delle candidature. Nella variante italiana poi la blindatura è resa ancora più rigida dal recupero di decine di ripescati grazie al meccanismo delle candidature multiple. Nel corso degli anni, anche attraverso alcuni accordi, sono stati stabiliti principi comuni che vengono poi adattati alle realtà nazionali. Per completare il discorso Ai fini delle nostre analisi basta P O L I T I C A Il trattato della Comunità Europea prevede che l’elezione debba avvenire secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri. C U L T U R A DOSSIER - ELEZIONI E DINTORNI / 61 ricordare che tutti gli stati, ad eccezione di Malta e Irlanda, devono adottare un sistema proporzionale, mentre è possibile cambiare sia la soglia di sbarramento sia il metodo con cui vengono selezionati i parlamentari (lista bloccata o sistema di preferenze). Germania, Francia, Inghilterra, Spagna, Polonia, Romania, Grecia, Portogallo, Ungheria, Bulgaria e Malta hanno tutti optato per le liste bloccate: si tratta di 12 paesi sui 27 europei, pari a poco meno della metà (44%). L’aspetto più interessante è però che se si ragiona in termini di popolazione la quota di elettori che vota con il sistema delle liste bloccate sale al 71%. Tutti i paesi più popolosi e più importanti d’Europa votano infatti con il sistema delle liste bloccate con un’unica rilevante eccezione: l’Italia. Cosa fare? Con questa analisi abbiamo voluto offrire uno sguardo critico P O L I T I C A sul dibattito sui sistemi elettorali concentrandoci principalmente su alcuni temi: il rendimento del sistema elettorale in primis, ma anche l’opportunità o meno di reintrodurre il voto di preferenza come strumento con cui i cittadini possono selezionare i parlamentari che li rappresentano. Questa panoramica è certamente non esaustiva, ma ha come obiettivo principale quello di evidenziare i limiti del dibattito attuale spesso concentrato sul solo sull’aspetto più giornalistico del tema: la casta, il parlamento di nominati, etc. tralasciando a nostro avviso alcuni temi di natura meccanica che possono essere migliorativi dell’attuale sistema. In altre parole a nostro avviso il problema del Porcellum non è tanto la presenza delle liste bloccate o il diverso rendimento fra Camera e Senato. Il principale punto critico di que- C U L T U R A DOSSIER - ELEZIONI E DINTORNI / 62 sta legge, come peraltro del sistema elettorale regionale da cui trae ispirazione, è quello che è pensato sull’idea di un sistema bipolare in cui due grandi coalizioni si contengono la vittoria. meccanismo che da legittimazione e stabilità a maggioranze elettorali che -almeno al secondo turno- sempre e comunque possono esibire un consenso superiore al 50% dei votanti. Cosa succede però se le coalizioni davvero in competizione diventano 3 o 4, come potrebbe avvenire per le prossime elezioni politiche o alle prossime regionali? E’ accettabile che una minoranza che ottiene il 30% dei voti conquisti il 55% dei seggi dell’assemblea? Forse se cominciassimo a partire ad questo interrogativo si potrebbe trovare una strada per introdurre rapidamente alcune limitate modifiche alla legge Calderoli, magari riflettendo su un aspetto spesso sottaciuto della legge elettorale per comuni e province del 1992, ovvero la presenza del voto di lista ma accompagnato dal doppio turno. E’ infatti il doppio turno il P O L I T I C A C U L T U R A