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Editore: Frimedia S.r.l. - Redazione: Palazzo di Vetro, C.so della Resistenza, 23 - 20821 Meda (MB) Tel. 0362/600465 Fax 0362/600616 - E Mail: [email protected] - Periodico mensile - Anno 3 - N. 1 - Gennaio 2013 - Registrazione al Tribunale di Milano N.511 del 13 ottobre 2011 - Poste Italiane Spa - Spedizione in
Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 - Conv. in. L. 46/2004 Art. 1 Comma 1 - LO/MI - Direttore Responsabile: Angelo Frigerio - Direttore Editoriale: Riccardo Colletti - Stampa: Ingraph (Seregno) - In caso di mancato recapito, inviare all’uff. post. di Roserio per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.
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ANNO 3 - NUMERO 1 - GENNAIO 2013
EDITORIALE
AAA Agenda
per il cinema
cercasi
Andrea Dusio
Anche le associazioni del settore cinematografico hanno un’agenda. O almeno
così dicono. In occasione della presentazione dei dati Cinetel a Roma, i presidenti
di Anica, Anec, Anem e Unidim hanno
dichiarato di voler incontrare nelle prossime settimane i candidati alla leadership
del Paese, con l’obbiettivo di presentare
loro una sorta di programma condiviso
di cose da fare. La cosa sorprendente è
che nessuno dei punti che fanno parte di
questa fantomatica agenda è stato annunciato pubblicamente. Eppure il consesso
era quello giusto: i giornalisti di tutti i
quotidiani generalisti e delle testate specializzate.
Invece ci si è limitati alle solite generiche lamentele, che ormai si rinnovano ogni
anno, e si risolvono immancabilmente nel
dire che il governo non ha fatto niente e
che il ministro dei Beni e delle attività
Culturali di turno è il peggiore di sempre.
Lo si diceva di Buttiglione, poi di Bondi,
subito dopo di Galan e ora di Ornaghi,
non lo si è detto di Rutelli forse perché a
qualche produttore piace la cicoria, oppure
anche se non gli piace ne ha mangiata parecchia. Ma di mettere giù pubblicamente
cinque punti su cui focalizzare le richieste di intervento a favore di industria,
distribuzione ed esercizio nessuno parla.
Al punto che chi scrive è personalmente
convinto che un’agenda non esiste.
Il punto è che il settore cinema non ha
mai cercato negli ultimi anni di dialogare
davvero con la politica. Il motivo è molto
semplice, e permettetemi di spiegarlo facendo un po’ di gossip. Mentre eravamo
in attesa che la conferenza stampa sui dati
Cinetel cominciasse, un piccolo gruppo di
operatori e giornalisti si è messo a chiacchierare in sala. Qualcuno ha domandato
come si prospettava la battaglia per la poltrona di sindaco di Roma. “Il Pdl candida
la Lorenzin. Noi non si sa. L’unico nome
per adesso è quello di Sassoli”, spiegava ai
presenti uno dei personaggi più conosciuti
dello staff di Anica. Il sottoscritto era a pochi metri e si è chiesto: “Strano, si vede che
lavora anche per il Pd”. Ed è altrettanto
sintomatico che nel corso della conferenza
sia riecheggiato un paio di volte il nome di
Walter Veltroni, ritenuto evidentemente
l’ultimo politico che ha fatto del bene al
settore. Intendiamoci: può darsi benissimo che a sinistra esista un’attenzione
maggiore nei confronti del cinema, e che a
destra, per incultura, complesso d’inferiorità nei confronti dei rivali, incapacità o
disinteresse si sia fatto poco. Ma quest’attesa millenaristica nel Sol dell’Avvenire e
nel suo intervento salvifico ha determinato una scollatura tra il settore e il sistemaPaese. Plaudiamo dunque all’agenda. Ma
chiediamo che sia resa pubblica al più
presto, sempre che esista, in modo che essa
sia condivisa davvero con la politica, e non
solo con i fiduciari dei produttori che lavorano ai piani alti del Mibac.
PERIODICO DI ECONOMIA E POLITICA DI CINEMA, WEB, TV
SALE CINEMATOGRAFICHE
DIRETTORE RESPONSABILE: ANGELO FRIGERIO
a pagina III
Sfida
tra Francia
e Inghilterra
per The Space
Uk: Odeon
& Uci Group
nel mirino
di Terra Firma
dati cinetel
Quello che le
associazioni dicono...
a pagina IV
Presentati a Roma, presso la sede di Agis, i risultati delle sale cinematografiche nel 2012.
La flessione ammonta all’8% in relazione agli incassi.
74 MILIONI E 774 MILA EURO il ricavo COMPLESSIVO AL BOTTEGHINO
Un Natale mica male
a pagina II
Dopo i de profundis seguiti ai magri guadagni di Santo Stefano, il box office delle feste si chiude con una flessione di poco
superiore al 4%. A favore della tenuta ha giocato il numero più alto di giornate festive. Ma anche la buona qualità dei film.
FRANCIA
Peggio la fuga
di Obelix
o gli sprechi
di Asterix?
In un articolo al vetriolo
pubblicato da ‘Le Monde’,
Vincent Maraval
di Wild Bunch si scaglia
contro i compensi principeschi
agli attori francesi, pagati
con denaro pubblico.
a pagina III
rai: Il direttore generale Gubitosi va alla guerra
Luigi mani di forbice
Prepensionamenti, taglio budget per i diritti sportivi, riduzione cachet e causa
contro YouTube: questo il piano quinquennale di risanamento di viale Mazzini.
Grandi manovre in viale Mazzini per provare a salvare i conti
della Rai. La vigilia di Natale è stato varato un vero e proprio pacchetto quinquennale, fortemente voluto dal direttore generale Luigi Gubitosi. La prima misura è l’aumento del canone, che passa
a 113,5 euro. Poi c’è il prepensionamento di seicento effettivi, che
va praticamente a sgomberare tutti i piani alti.
Seguirà l’assunzione di 300 nuove risorse, una
parte attraverso concorso.
È prevista inoltre una riduzione della spesa in
diritti sportivi, che va di fatto a sancire ciò che
ormai è evidente da tempo: la televisione di Stato
non può fare la corsa con le Pay Tv, almeno con
queste regole e questi budget- Più controverso è
il capitolo cachet. Gubitosi vara sulla carta una
spending review anche in tal senso, ma quel che
si è visto in questi primi mesi della sua gestione
va spesso nella direzione opposta. Occorre capire se il tetto esiste per tutti, o se esistono delle Luigi Gubitosi
eccezioni (leggi Benigni e Saviano), giustificate
da ragioni di audience e di introiti pubblicitari. Non è chiaro poi
cosa voglia fare la Rai contro alcuni compensi-monstrum (Giletti,
Vespa, Fazio e alcuni autori nullafacenti). E la sensazione è che
qui Gubitosi si debba sbrigare, perché dopo le elezioni tutto rischia
di tornare come prima, soprattutto se a spuntarla saranno Monti (e dunque Casini, che controlla oggi un numero di poltrone
assolutamente spropositato rispetto al suo peso politico, e con il
voto potrebbe andare al raddoppio) o Bersani (che reintegrerebbe
tutti gli “esodati” a La7 e confermerebbe contro ogni previsione
I
il costosissimo carrozzone di Fazio dato da tutti all’ultimo giro).
C’è infine il capitolo YouTube: la Rai si accinge infatti a intentare una causa al popolare social network, ricalcando quanto
fatto da Mediaset nel 2008. Allora la richiesta di risarcimento del
Biscione fu di 500 milioni di euro, a fronte dell’”illecita diffusione
di video e audio”. In Cda Rai se n’è parlato a
lungo. La soluzione è di avanzare quanto prima un invito a “conciliare”. Ma la base economica su cui si ragiona potrebbe essere molto
più alta di quella chiesta dal Gruppo Mediaset.
Oggi YouTube possiede infatti una potenza di
fuoco molto più alta e gli uffici legali di viale
Mazzini stanno lavorando per capire quanto e
quale materiale è stato uploadato sul “Tubo”.
Va detto che il social network controllato da
Google ha una policy molto precisa e applicata
alla lettera in materia di rimozione dei contenuti immessi sui propri canali a dispetto della
volontà dei legittimi detentori dei diritti.
La domanda è perché in Rai nessuno si sia mosso sino a oggi
per tutelare le property. Non va inoltre sottovalutato un altro
aspetto: Google e YouTube sono nell’occhio del ciclone anche sotto
il profilo fiscale. E in questo momento non posseggono di certo i
margini di negoziazione di fronte a un interlocutore pubblico che
potevano vantare qualche mese fa. Ecco perché è facile immaginare una richiesta di risarcimento pari o addirittura superiore al
miliardo di euro. E una negoziazione non così facile.
A.D.
N.1 - Gennaio 2013
PERIODICO DI ECONOMIA E POLITICA DI CINEMA, WEB, TV
74 MILIONI E 774 MILA EURO IL RICAVO COMPLESSIVO AL BOTTEGHINO
Un Natale
mica male
NEWS
Rotterdam, annunciati
gli award dell’IRFF
Sul trampolino di lancio la quarantaduesima edizione dell’International Rotterdam Film Festival,
in programma nella città portuale dei Paesi Bassi
dal 23 gennaio al 3 febbraio. Sono stati intanto annunciati i titoli che concorreranno alla big screen
award competition, che si concluderà con la serata
in programma il primo febbraio. Grande favorito è
Johnnie To con Drug War, ma in corsa ci sono anche l’italiano Salvatore Mereu con Bellas Mariposas
e Il Futuro, una coproduzione Cile/Germania/Italia/
Spagna diretta da Alicia Scherson, che sarà anche al
Sundance Festival, e che vede la partecipazione di
Movimento Film.
Dopo i de profundis seguiti ai magri incassi di Santo Stefano, il box office
delle feste si chiude con una flessione di poco superiore al 4%. A favore della tenuta
ha giocato il numero più alto di giornate festive. Ma anche la buona qualità dei film.
‘Les Misérables’, ‘Life of Pi’ e
‘Lincoln’ nominati ai Bafta 2013
Argo, Lincoln, Life of Pi e Les Misérables hanno
ricevuto la nomination come miglior film alla sessantaseiesima edizione dei British Academy Film
Awards. Le candidature sono state annunciate
dal chairman del Bafta John Willis, unitamente
agli attori Jeremy Irvine e Alice Eve. Prendendo
in considerazione tutte le categorie, Lincoln è il
titolo che ha ricevuto più candidature (dieci), seguito da Les Misérables e Life of Pi (9), Skyfall
(otto), Argo (sette) e Anna Karenina (sei). La serata conclusiva dei Bafta 2013 si terrà domenica 10
febbraio presso la London Royal Opera House.
Quebec, box office totale 2012
a 200 milioni di dollari
Un’immagine del film Lo Hobbit
I NUMERI
10.550 mila
biglietti venduti
74.744 mila euro
incasso
15.500 mila euro
incasso de Lo Hobbit
9.600 mila euro
incasso di Colpi di fulmine
8.500 mila euro
incasso de I 2 soliti idioti
31%
incremento del cinema
italiano
I numeri di Natale e Santo Stefano
avevano fatto temere la catastrofe. E
sulla carta stampata era già partito il
coro delle Cassandre pronte a scommettere sulla fine del cinema in sala. In
realtà i dati di botteghino al 6 gennaio,
che mettono a confronto i risultati di
box office dal 13 dicembre all’Epifania,
parlano di una flessione di poco superiore al 4%. I Cinetel nello specifico
parlano di 10 milioni e 550mila biglietti venduti, con una diminuzione del
7,79%. Gli incassi però ammontano a
74 milioni e 744mila euro, il che equivale a un -4,16%.
In che maniera questi numeri rispecchiano l’andamento autentico del
cinema in sala? Nel periodo sopraindicato, quest’anno si contano undici
giornate festive, contro le sette dell’anno passato. Dunque bisogna stare
molto attenti a considerare gli incassi
indicativi dello stato di salute del box
office. Si sarebbe infatti tentati di dire
che dall’anno scorso quasi nulla è cambiato.
In effetti il titolo che ha incassato di
più quest’anno è Lo Hobbit, che è arrivato a 15 milioni e 500mila euro, un milione meno di quanto fatto da Sherlock
Holmes - Gioco di Ombre l’anno scorso.
Anche la casa di distribuzione è la stessa: oggi come dodici mesi fa Warner
guarda la concorrenza dall’alto. La
differenza più marcata è che nel 2011
Universal disponeva de Il gatto con gli
stivali, forte dell’essere uno spin-off del
franchise Shrek, e capace di totalizzare
14 milioni e 300mila euro. Quest’anno
il titolo top dello studio americano invece è Colpi di fulmine, il tentativo di
De Laurentiis di uscire dal cliché del
cinepanettone, che andando oltre i 9
milioni e 600mila euro non è arrivato
distante dagli 11 milioni di euro di Natale a Cortina, ma che promette un ciclo
di vita più interessante negli sfruttamenti successivi del prodotto. Resta
però il fatto che al mercato, in presenza
di un attrattore con doppio target teen
e amanti del fantasy come Lo Hobbit, è
mancato un forte prodotto per la fascia kids+teeen. E questo forse spiega
le differenze anno su anno. I 2 soliti
idioti, con 8 milioni e mezzo di euro
ha reso a Medusa un milione in meno
di Finalmente la felicità, e forse non arriverà a totalizzare quanto il suo predecessore, che nel novembre dell’anno
scorso, dunque con meno concorrenza,
aveva fatto segnare un vero e proprio
exploit, raggiungendo i 10 milioni e
mezzo di euro. Con Tutto tutto niente
niente 01 Distribution sfiora anch’essa
gli 8 milioni e mezzo. Qualunquemente
aveva superato i 15, ma era uscito in
pieno boom della commedia italiana,
e per di più protetto da una calendarizzazione che, con l’uscita del 21 gennaio, gli aveva consentito di macinare
incassi da record con un primo weekend sopra i cinque milioni. Per ciò
che riguarda la nazionalità, sono cinque i film italiani presenti nella top ten,
con un incasso complessivo che sfiora
i 31 milioni e mezzo di euro, e che vale
un incremento del 31% rispetto a dodici mesi fa, allorché i titoli nostrani tra
i primi dieci erano solamente tre. Ai
già citati Colpi di fulmine, I 2 soliti idioti
e Tutto tutto niente niente si aggiungono
infatti La miglior offerta di Warner, con 2
II
milioni e 700mila, e Mai stati uniti, di 01
Distribution, che ha superato i due milioni, risultando il più visto in assoluto
nel weekend dell’Epifania.
La presenza di quattro Premi Oscar
nella top ten (ai già citati Peter Jackson
de Lo Hobbit e Giuseppe Tornatore con
La migliore offerta si aggiungono Ang
Lee, con i 6 milioni e 300mila di Vita di
Pi, uscito per 20th Century Fox, e Robert Redford con i 3 milioni e 200mila
euro de La regola del silenzio, di 01 Distribution) pongono un serio quesito
in merito alle ricorrenti grida di dolore
intorno allo scadimento di qualità del
cinema (l’ultimo a lamentarsi è stato,
proprio dopo il botteghino in sofferenza di Natale, il regista Carlo Verdone).
A riprova di un’attenzione particolare
al cinema, soffermiamoci infine sui
due titoli Lucky Red, osservando che
Wes Anderson con Moonrise Kingdom
ha superato il milione di euro, totalizzando praticamente quanto la somma
dei suoi due film precedenti (Fantastic
Mr.Fox e Il treno per Darjeeling) e che
The Master del “quasi omonimo” Paul
Thomas Anderson nel fine settimana
di debutto ha incassato più di mezzo
milione di euro, molto di più di quanto
fece Il petroliere, che si fermò a 361mila
euro.
La logica dei numeri suggerisce
insomma che il consumo di cinema
è forse diminuito, ma si è indirizzato
su una tipologia di prodotto più consistente e di qualità. Il che per la sala
costituisce probabilmente la miglior
garanzia di sopravvivenza.
Tommaso Stigliani
Qual è il luogo del Nord America dov’è possibile
misurare nella maniera più precisa l’incidenza del
prodotto cinematografico americano al box office
rispetto a quello europeo? Naturalmente il Quebec:
la comunità francofona del Canada da sempre rappresenta per gusti e ripartizione del botteghino un mix
che è oggetto di molte analisi
da parte dei vicini Stati Uniti.
Nel 2012 i film Usa hanno
rappresentato il 79% del box
office, mentre i titoli francesi
hanno avuto un notevole incremento, passando dal 3,4%
del 2011 al 6%, soprattutto
grazie al successo di Quasi
Amici, che ha totalizzato nella
provincia quasi tre milioni di
dollari. Ma il dato più interessante è probabilmente
rappresentato dal successo della commedia Goon
(foto), ambientata nel mondo dell’hockey, che ha
riportato un botteghino di 1,5 milioni di dollari, facendo salire all’1,5% l’incidenza di titoli canadesi in
lingua inglese, contro lo 0,2% del 2011. Il box office
totale del Quebec è stato pari a 200 milioni di dollari.
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Questo numero è stato chiuso in redazione il 21 gennaio 2012
N.1 - Gennaio 2013
PERIODICO DI ECONOMIA E POLITICA DI CINEMA, WEB, TV
Francia:
le sovvenzioni
al cinema
di Andrea Dusio
In un articolo al vetriolo pubblicato da ‘Le Monde’,
Vincent Maraval di Wild Bunch si scaglia
contro i compensi principeschi agli attori francesi
pagati con denaro pubblico.
Peggio la fuga di Obelix
o gli sprechi di Asterix?
Ora che anche in Francia devono fare i conti con la crisi,
emerge per la prima volta qualche perplessità in merito al
sistema cinema. Vincent Maraval, fondatore del distributore
Wild Bunch, ha sollevato un autentico caso nazionale, con un
articolo pubblicato il 28 dicembre da Le Monde, e intitolato
seccamente: “Gli attori sono troppo pagati!”.
“L’annata del cinema francese è stata un disastro”, esordisce Maraval, che stigmatizza la troppa attenzione che gli
organi di stampa e l’opinione pubblica hanno rivolto a una
notizia tutto sommato marginale come la volontà di Gérard
Depardieu di fissare il proprio domicilio fiscale “a due chilometri dal confine” in Belgio. “Tutti i film francesi che vengono ritenuti importanti si sono ‘piantati’, perdendo milioni
di euro”, continua Maraval, che cita in merito titoli come Les
Seigneurs, Astérix, Pamela Rose, Le Marsupilami, Stars 80, Bowling, Populaire, La vérité si je mens 3.
“La Francia detiene il record del costo medio di realizzazione”, continua l’articolo, affermando che le produzioni transalpine arrivano in tal senso a 5,4 milioni di euro, contro i 3
milioni dei titoli indipendenti americani. A questo problema
si aggiunge il fatto che i film sono sempre di più. Ecco perché
il mercato ristagna, anche in considerazione dei minori ricavi
derivanti dallo sfruttamento successivo al passaggio in sala.
L’altra piaga per Maraval è rappresentata dai cachet. Viene
fatto l’esempio di Dany Boom, la star di Benvenuti al Nord,
che si è trasferito a Los Angeles e che per Un Plan Parfait
ha guadagnato 3,5 milioni di euro di denaro pubblico. E lo
stesso accade per Vincent Cassel, Jean Reno, Marion Cotillard, Gad Elmaleh, Guillaume Canet, Audrey Tautou, Léa
Seydoux. Attori che se coinvolti in una produzione francese,
grazie alla cosiddetta “eccezione culturale” strappano compensi che oscillano tra i 500mila e i 2 milioni di euro, mentre
se vengono assoldati per un film hollywoodiano si accontentano di cifre che vanno da 50mila a un massimo di 200mila
euro.
Tra i vizi del sistema, Maraval indica non solo le sovvenzioni dirette che il cinema riceve attraverso il Cnc, i vari canali pubblici, gli anticipi sugli incassi e gli aiuti regionali,
ma anche l’obbligo per tutti i network televisivi privati di
investire nel cinema. Obbligo che Anica spinge per introdurre anche in Italia, nel tentativo di mettere mano alle risorse di
2
... Tra i vizi del sistema, Maraval indica
non solo le sovvenzioni dirette che il cinema
riceve attraverso il Cnc, i vari canali pubblici,
gli anticipi sugli incassi e gli aiuti regionali,
ma anche l’obbligo per tutti i network
televisivi privati di investire nel cinema.
Obbligo che Anica spinge per introdurre
anche in Italia, nel tentativo di mettere
mano alle risorse di Sky...
Sky e normare con una legge anche le quote che deve allocare
nella produzione cinematografica nazionale Mediaset.
Ma l’autore di questo J’accuse non si limita a indicare i
mali. Fornisce anche le soluzioni. A partire da un vero e proprio tetto nei compensi: 400mila euro per un attore e qualcosa
di più per il regista, a fronte del riconoscimento di una percentuale sugli incassi. Anche perché il sistema non è più in
grado di reggere il costo esorbitante di film che sono arrivati
a superare l’esborso di titoli campioni internazionali al box
office come Ted, Una notte da leoni, Il cigno nero e Il discorso del
re. “La responsabilità di questa situazione non è da attribuire
a una presunta incompetenza dei nostri produttori, ma a ciò
che gli americani chiamano “above the line” (“sopravvalutato”), che è la caratteristica dei nostri talenti: sconosciuti al di
là dei nostri confini, ma che sono i meglio pagati al mondo”.
Verrebbe da dire che, se è vero che Daniel Auteuil guadagna un milione e mezzo a film per i titoli coprodotti da France Télévision, almeno nell’ultimo biennio il cinema francese
si è distinto per la capacità di rimontare posizioni nel box
office internazionale.
Cosa dire invece di una cinematografia, qual è la nostra, in
cui da decenni ormai non si assiste a fenomeni come quelli di
Quasi amici e The Artist? Anche da noi il capitolo compensi fa
pensare. Non tanto per quanto concerne i lungometraggi destinati alla sala, quanto invece per le fiction televisive. Anche
in questo caso si tratta di prodotti che non si misurano con
il mercato. Rispondono solo alle logiche di una committenza
pubblica che nel recente passato con una mano stanziava i
budget e con l’altra imponeva il cast ai produttori incaricati.
Eppure siamo convinti che da qui alle elezioni qualcuno
tornerà a vaneggiare un “sistema francese”, come si è fatto
per anni da sinistra e anche da destra. Certi risultati dei film
francesi al nostro botteghino nel 2012 hanno fatto pensare
che la formula del Cnc fosse quella giusta.
Ora però Maraval ci mostra con chiarezza i limiti di quel
modello. Ricordandoci che il mercato è sempre la miglior soluzione contro gli sprechi: una lezione che anche la Francia
socialista di Hollande - che ora fa tanto paura alle star engagé della gauche - rischia di dover imparare a sue spese.
Alberto Bellagente
SALE CINEMATOGRAFICHE
Sfida tra Francia e Inghilterra
per The Space
Nonostante le ripetute smentite degli ultimi mesi,
The Space è in vendita. Il secondo circuito cinematografico d’Italia, forte di 350 sale, ha potenziali
acquirenti in Pathé, Vue Entertainment, Axa Private Equity e Odeon-Uci Cinemas. In questi giorni
l’advisor City Group ha consegnato agli interessati
la documentazione relativa al gruppo controllato
da Benetton attraverso 21
Investimenti e da Mediaset. Secondo i rumors, le
stime collocano il valore di
The Space attorno ai 250
milioni di euro. Forti dubbi restano a noi di Odeon
sulla possibilità che venga
finalizzata l’acquisizione da
parte di Odeon-Uci, che già
è leader di mercato in Italia
con 425 schermi. L’ipotesi di un circuito con 800
sale è difficile che possa passare indenne dalle obiezioni dell’Antitrust. Al di là del gruppo controllato
da Terra Firma, restano dunque in piedi tre ipotesi:
la transalpina Pathé, che fa capo al finanziere Jero-
me Seydoux, l’inglese Vue Entertainment, per cui il
fondo di private equity Doughty Hanson prevede un
piano di consolidamento nel Vecchio Continente, e
i francesi del gruppo finanziario Axa Private Equity.
Su tutte e quattro le offerte pesa però come un macigno la diminuzione degli incassi registrata quest’anno dalle sale italiane, diminuzione che investe anche
il giro d’affari di The Space.
Al di là delle valutazioni
offerte dai dati forniti da
City Group, è probabile
che ciascuno dei potenziali
acquirenti aspetti i risultati del box office natalizio
per verificare quali sono i
margini di profitto reale in
un panorama dell’esercizio
che vede molti atri soggetti
sul punto della cessione o addirittura della chiusura.
Quel che è certo è che se The Space fosse rilevato da
un soggetto straniero con voglia d’investire, potrebbe in breve tempo rastrellare altri gruppi sull’orlo
del crack.
Uk: Odeon & Uci Group
nel mirino di Terra Firma
Secondo indiscrezioni pubblicate dal Financial
Times, Terra Firma, il gruppo di private equity fondato da Guy Hands, sta progettando di acquisire
una serie di asset strategici nel 2013, tra cui la catena europea di esercizi cinematografici Odeon &
Uci Group. Il valore dell’insegna è stimato in una
cifra superiore al miliardo di euro (la valutazione
III
risale però a due anni fa, allorché Hands fece un
primo tentativo per l’acquisizione). Il circuito consta complessivamente di 231 cinema, e l’ipotesi
di una sua vendita, che servirebbe a finanziare le
attività, è seguita con attenzione anche dalla catena
rivale Vue, controllata dal fondo di private equity
Doughty Hanson e da BC Partners.
N.1 - Gennaio 2013
PERIODICO DI ECONOMIA E POLITICA DI CINEMA, WEB, TV
DATI CINETEL
Quello che le associazioni
dicono...
Presentati a Roma, presso la sede di Agis, i risultati
delle sale cinematografiche 2012. Che vedono
una flessione dell’8% in relazione agli incassi.
Presenze - incassi - numero di film
2012
2011
var.%
PRESENZE
91.310.793
101.343.987
-9,90%
INCASSI
608.954.249
661.679.788
-7,97%
N. FILM
363
360
N. FILM ITALIA+COP
127
125
Cinetel stima che il mercato nazionale totale del 2012 elaborato dalla Siae sarà di 101 milioni
di biglietti staccati. Nel 2011 la Siae ha rilevato 112 milioni di biglietti.
QUOTE DI MERCATO
2012
2011
Presenze%
Incassi%
Presenze%
Incassi%
Stati Uniti
51,18%
53,21%
46,81%
48,58%
Italia
25,30%
24,02%
35,50%
33,81%
Italia+cop
26,54%
25,20%
37,57%
35,64%
Europa
18,34%
17,40%
13,78%
13,84%
Ita+Cop+Europa
44,89%
42,60%
51,34%
49,47%
Nel 2012 i primi 12 film della classifica hanno registrato il 30% delle presenze del mercato.
Nel 2012 i primi 29 film della classifica hanno registrato il 50% delle presenze del mercato.
Nel 2012 i primi 150 film della classifica hanno registrato il 92% delle presenze del mercato.
FILM TOP 15 - ANNO 2012
Titolo
Distribuzione
1 Benvenuti al Nord
Medusa Film
2 Madagascar 3
Universal
3 Breaking Down - 3
Eagle Pictures
4 Quasi amici
Medusa Film
5 L’Era Glaciale 4
20th Century Fox
6 Il Cavaliere Oscuro
Warner Bros
7 The Avengers
Walt Disney
8 007 Skyfall
Warner Bros
9 Immaturi-Il viaggio
Medusa Film
10 Ted
Universal
11 Lo Hobbit
Warner Bros
12 The Amazing Spider-Man
Warner Bros
13 Posti in piedi in Paradiso
Filmauro
14 Biancaneve e il cacciatore
Universal
15 To Rome with Love
Medusa Film
Naz. Pres. 2012 Inc. 2012 %pres./tot.
ITA
USA
USA
FRA
USA
GBR
USA
GBR
ITA
USA
NZL
USA
ITA
USA
USA
4.288.827
3.041.315
2.805.102
2.495.738
2.322.425
2.212.144
2.133.712
1.891.631
1.852.732
1.668.091
1.632.269
1.554.699
1.483.525
1.385.600
1.291.964
27.193.895
21.893.078
18.679.231
14.961.389
16.543.868
14.661.020
18.011.817
12.802.077
11.820.941
11.048.540
13.694.410
11.809.380
9.323.514
8.834.027
7.815.005
4,70
8,03
11,10
13,83
16,38
18,80
21,14
23,21
25,24
27,06
28,85
30,55
32,18
33,70
35,11
TOP 20 DISTRIBUZIONE - ANNO 2012
Distribuzione
Warner Bros Italia
Medusa Film
Universal
01 Distribution
20th Century Fox Italia
Walt Disney S.M.P. Italia
Eagle Pictures
Lucky Red Distr.
Bim Distr.
Filmauro
M2 Pictures
Moviemax
Teodora Film
Fandango
Videa-Cde
Bolero Film Distr.
Officine Ubu
Sacher Distr.
Koch Media
Nexo Digital
Altri
Totale
Presenze
Incasso
% pres.
% incasso
19.072.349
17.436.229
15.367.536
7.835.133
7.256.405
4.854.909
4.712.034
2.864.801
2.327.335
1.942.978
1.733.346
1.202.572
731.057
524.032
475.586
373.236
357.800
245.754
187.951
181.069
1.628.681
91.310.793
134.514.011
109.715.048
104.222.117
51.-026.072
51.739.815
36.798.209
31.133.619
17.179.591
13.822.921
12.377.625
11.806.116
6.683.676
4.113.851
3.136.647
2.851.864
2.356.473
2.007.218
1.313.764
1.099.284
1.699.195
9.357.133
608.954.249
20,89
19,10
16,83
8,58
7,95
5,32
5,16
3,14
2,55
2,13
1,90
1,32
0,80
0,57
0,52
0,41
0,39
0,27
0,21
0,20
1,78
22,09
18,02
17,11
8,38
8,50
6,04
5,11
2,82
2,27
2,03
1,94
1,10
0,68
0,52
0,47
0,39
0,33
0,22
0,18
0,28
1,54
Facce lunghe, espressioni contrite. Il 2012 si chiude per il cinema in sala con una diminuzione del 10%, in merito alle presenze e dell’8%, per quel che riguarda gli incassi. Sono numeri
che obiettivamente si spiegano senza ulteriori analisi alla luce
della crisi dei consumi e della perdita di potere di spesa delle
famiglie, o, meglio, come ha spiegato il presidente di Anica,
Riccardo Tozzi, con il combinat (neologismo che ricorda un
po’ l’assett nella manica di Lapo Elkann) tra questi due fattori e la pirateria. In altri territori europei il cinema in sala ha
mostrato di poter seguire un andamento anticiclico anche in
uno scenario di recessione. E allora la responsabilità della diminuzione registrata in Italia viene attribuita tanto dai rappresentanti dei distributori, quanto dai produttori alla flessione
della quota di prodotto nazionale, che è scesa al 26,5%. Tozzi
spiega che in Italia si è sbagliato negli ultimissimi anni a concentrare la produzione tra cinema d’autore troppo difficile e
commedia troppo di bassa lega, e cita anche un titolo del 1999,
Pane e Tulipani, per indicare un genere crossover tra qualità e
accessibilità, che la nostra cinematografia ha smesso di perseguire, adagiandosi sui due estremi alto/basso e perdendo di
baricentro.
Ma le presenze diminuiscono anche per il cinema americano, che è passato dai 47,4 milioni di spettatori dell’anno scorso
ai 46,7 milioni di quest’anno. Il box office relativo alle pellicole
statunitensi è però più alto, grazie al 3D, e anche la quota di
prodotto nazionale cresce, in virtù della diminuzione complessiva, sino al 51,2%, che è un bel passo avanti rispetto al
46,8% di dodici mesi fa. Da notare, come ha rilevato Michele
Napoli commentando alcune evidenze dei dati Cinetel, che il
prezzo medio è aumentato solo dello 0,7%, in contrasto alla
vox populi che vuole la disaffezione alla sala favorita dal rincaro del biglietto.
Meno condivisibile è la soddisfazione delle associazioni per
gli esiti dello spostamento al giovedì dell’uscita dei film, in
vigore dal 4 ottobre. Nelle dieci settimane che rappresentano
la prima rilevazione degli esiti di questo test, le presenze del
giovedì sono aumentate del 15,8%.
Ma a nostro parere il dato si riverbera sul vero e proprio
crollo che il botteghino ha avuto nello stesso periodo al lunedì, con una diminuzione degli incassi del 47%. Lionello Cerri,
presidente di Anec, stimolato dalla nostra osservazione, spiega che è troppo presto per tirare dei bilanci. Ma non ci si può
appellare ai posticipi di campionato o alla programmazione
televisiva: le partite, i reality e i talk show politici ormai sono
on air sette giorni su sette, e anche le erosioni al botteghino
sono state per così dire “spalmate” su tutta la settimana. Quello che Anec, Unidim, Anem e Anica non hanno capito è che
l’uscita al giovedì favorisce i film buoni, ma penalizza i film
cattivi, perché il sabato si sa già che sono tali, e dopo quattro
giorni di presenza in sala un titolo che ha avuto basse medie
di voto on line e sulla carta stampata è già un “dead man walking”. L’uscita al venerdì lasciava a nostro parere più spazio
alla scelta non orientata dello spettatore. Un esempio classico
è Cloud Atlas (Eagle Pictures). Preceduto da un battage pubblicitario notevole, è stato stroncato in day one dalla critica, e il
risultato di box office del primo fine settimana ne ha subito le
conseguenze, con un incasso di 1 milione e 600mila euro che
frenano decisamente le aspettative intorno al nuovo film dei
realizzatori di Matrix. E infine, è inutile girarci troppo attorno: oltre che alla crisi, il dato di contrazione del botteghino è
legato al fatto che - sciagurate scelte distributive, determinate
dai difficili incastri tra concomitanze con Europei e Olimpiadi, chiusura estiva delle sale e finestre di distribuzione fuori
da ogni logica - , hanno lasciato l’esercizio senza prodotto per
quasi quattro mesi. Per poi produrre comunque incassi estremamente modesti in relazione a quei titoli che non si è voluto
far uscire d’estate. La diminuzione è stata in quel periodo del
33%, dunque di tale entità che nessun rialzo autunnale è bastato a compensarla.
Ora le associazioni annunciano una festa del cinema la settimana prima di Cannes, con l’ingresso in sala a 3 euro, e intendono consolidare la partnership con il Miur che ha prodotto
la cosiddetta “Carta dello Studente”, che dà la possibilità a 2,5
milioni di ragazzi che frequentano le scuole superiori di usufruire di una riduzione del 40% sul prezzo nei primi tre giorni
della settimana. L’iniziativa andrebbe comunicata meglio, perché a oggi ha una circolazione vagamente esoterica, ma tant’è.
C’è infine l’intenzione di incontrare i candidati premier e
presentare loro un’agenda per il cinema. L’augurio di Odeon è
che al primo posto ci sia la lotta alla pirateria, corredata dalla
proposta di un sistema da sposare. Tozzi in conferenza ha stigmatizzato Laura Delli Colli, del sindacato giornalisti cinematografici, in merito allo scarso appoggio avuto sulla materia
del Regolamento AgCom. Ricordiamo al presidente di Anica
quando venne a Venezia, a spiegare alla presentazione dei
dati Univideo, che “chi scarica illegalmente è solo un cliente
deluso dal noleggio video”. Certamente oggi ha capito che le
cose non stanno così. Ma se i buoi sono scappati di certo la
colpa non è della carta stampata: in quegli anni il cinema era
troppo impegnato a difendere le proprie posizioni di privilegio, facendo cartello contro ogni tentativo di compensare con
la restrizione delle finestre il danno devastante che la pirateria
stava facendo.
Andrea Dusio
...E quello che non dicono
Quello che i dati Anica non dicono,
ma che si evince chiaramente leggendo le
cifre erogate in virtù delle ultime determinazioni della direzione generale cinema del Mibac relative al riconoscimento
culturale dei lungometraggi, è che i produttori sono ormai obbligati per restare
a galla a ottenere ogni finanziamento
pubblico possibile. Accade così che Mario Martone, il quale con il risorgimentale Noi credevamo aveva totalizzato,
nel 2011 (anno nel centocinquantesimo
dell’Unità), a fronte di ben sette David di Donatello, una cifra inferiore a
1 milione e mezzo di euro, e che con il
precedente L’odore del sangue era
andato poco oltre 400 mila euro, si veda
concedere per Il giovane favoloso (Palomar) ben 1 milione e 250mila euro,
più di Storia mitologica della mia famiglia (Cattleya) di Daniele Luchetti,
che ne ha ottenuti 900mila (sempre uno
sproposito), ma almeno viene dai 3 milioni e mezzo di euro de La Nostra Vita
e i sei e passa di Mio fratello è figlio
unico. Così come fa effetto vedere finanziate con 450mila euro la nuova pellicola di Mimmo Calopresti (Minerva), che
non gira un film di finzione dal 2002,
o con 400mila euro La gente che sta
bene (Madeleine) di Francesco Patierno, che fu beneficiato già con 1,3 milioni
di euro per Cose dell’altro mondo, che
in sala riuscì appena a pareggiare il fi-
IV
nanziamento.
Ma la realtà è che il sostegno pubblico, la partecipazione ai festival più disparati, le cifre ottenute per opere prime
e seconde, corti e fiction, non bastano
più a far quadrare i conti. Ci sono produttori che concorrevano con più film
alla candidatura per il film italiano da
mandare all’Oscar, e che però sono esposti, a quanto risulta a Odeon, per più
di 40 milioni di euro, tra quanto devono
a Equitalia (si sussurra 12 milioni di
euro) e le “generose” aperture di credito
del sistema bancario. Altri che a fronte
dei castelli finanziari costruiti con abilità allorché erano nell’orbita delle parentele con la politica (leggi Veltroni) oggi
si trovano (anche a causa di investimenti “leggeri” nell’esercizio) a navigare in
acque che definire non tranquille è un
eufemismo.
Già, l’esercizio: è una parte consistente del problema, anche se nessuno
se ne occupa. Al momento di scrivere
quest’articolo siamo venuti in possesso
di provvedimento esecutivo del Tribunale di Roma, che documenta la vendita
della quota di Circuito Cinema in mano
a Mediaport Cinema dietro richiesta del
creditore di quest’ultima Leandro Vesci.
La quota in questione è dell’8%, ed è
stata valutata 143mila euro, la cifra di
un monolocale in periferia. Tutti ricorderanno che poco meno di un anno fa
IV
Officine Ubu rilevò una quota del 5%
del medesimo circuito, alla cifra (a quanto risulta a Odeon) di 500mila euro.
Viene da dire che il valore in dodici mesi
è crollato. E anche della crescita della
quota di Andrea Occhipinti (arrivata
al 24%), avvenuta nel contesto dell’acquisizione di Mikado da parte da parte
dell’imprenditore di Lucky Red, è avvenuta nel silenzio generale, mentre un
tempo l’operazione, finalizzata a ottobre,
avrebbe fatto notizia, anche perché non
si è capito se De Agostini ha ceduto a
Lucky Red solo la library o anche il marchio Mikado. Sembra insomma di muoversi in uno scenario in cui i più oculati
si trovano nella posizione di poter rastrellare quanto resta di quelle imprese
che nei convegni di Anica fanno ancora
la voce grossa, ma che oggi sono di fatto
garantiti solamente dai finanziamenti
del ministero, i quali evidentemente valgono di fronte al sistema bancario come
una sorta di “pagherò”.
Ma tra quanti chiedono oggi ai broadcaster televisivi un investimento
obbligatorio nel cinema - registrando
la riluttanza di Sky - chi è in grado di
dire, davanti a un consesso pubblico, o
anche a un’intervista al nostro giornale, di avere i numeri in ordine? Odeon
lancia il guanto, vediamo se qualcuno lo
raccoglie.
A.D.