NEWSLETTER 05-2012

Transcript

NEWSLETTER 05-2012
NEWSLETTER 05-2012
________________________________________________
NOTIZIE DALL’EUROPA E DAL MONDO
I SEMI NON-OGM SONO UN BENE COMUNE
Ma oltre l'80% dell'agrobiodiversità conservata nella Banca del Germoplasma di Bari è a
rischio. I semi stanno morendo. L'accorpamento di questo patrimonio con altri istituti del CNR
si sta rivelando letale per la difesa dei semi presenti in una delle più grandi strutture europee
dedicate alla conservazione e preservazione del germoplasma (84.000 accessioni).
Dal momento dell'accorpamento non si è più provveduto alla riparazione degli impianti del
freddo: in questo modo la temperatura delle camere per la conservazione si è innalzata,
danneggiando il patrimonio vegetale. Ma chi si occupa oggi di questa banca? Quali interessi ci
sono in gioco? A chi vengono destinati i finanziamenti che dovrebbero servire per salvare e
aumentare i semi conservati?
Guarda l'intervista video al Prof. Perrino cliccando QUI
Il Prof. Pietro Perrino, ex direttore dell'Istituto del
Germoplasma di Bari, ci spiega che cos'è la Banca del
Germoplasma, cosa è successo a Bari, quali
provvedimenti sono stati adottati dalla magistratura e
come gli stessi sono stati poi rapidamente archiviati
quando il magistrato che se ne occupava è stato
trasferito ad altra sede.
E infine, la domanda più importante:
che interesse c'è nel lasciar andare in malora un patrimonio naturale tanto
fondamentale per l'agricoltura?
(da www.perilbenecomune.net - gennaio 2012)
CHI NON PAGA LA CRISI: VIVA IL RICCO
Nell'Italia in recessione, dove aumenta la povertà e con
essa le tensioni sociali, solo i ricchi crescono: al 10%
dei cittadini il 50% della ricchezza. Sono sei milioni di
persone che hanno guadagnato dalla crisi e dalle
politiche del governo Berlusconi. Un'indagine della
Banca d'Italia fotografa le diseguaglianze nel nostro
Paese.
È una piramide con una base sempre più larga e un vertice
più sottile quella che emerge dai dati di Bankitalia sulla
distribuzione dei redditi e della ricchezza. Solo un paio di dati: nel 2010 il 14,4% della
popolazione era ufficialmente in una situazione di povertà a causa di un reddito insufficiente. Il
tutto mentre il 10% delle famiglie più ricche possiede il 46% della ricchezza totale
stimata in circa 9 mila miliardi di euro. Semplificando, circa 6 milioni di italiani possiedono
- in media - una ricchezza di quasi 4200 miliardi, circa 700 mila euro a testa, contro 54 milioni
di persone che - sempre in media - hanno un patrimonio di circa 90 mila euro.
Come dire: il 10-20 per cento delle persone più povere non ha nulla di ricchezza e il 70-80 per
cento ha un patrimonio che corrisponde al valore di una abitazione modesta. Che ovviamente
non tutti hanno, visto che il 21% delle famiglie vive in affitto. C'è un altro aspetto che colpisce:
negli ultimi 20 anni il reddito dell'Italia è cresciuto poco, ma il reddito reale dei lavoratori
autonomi è aumentato del 15,7%, quasi 5 volte di più del 3,3% dei lavoratori dipendenti.
Siamo di fronte a una gigantesca redistribuzione dei redditi a sfavore del lavoratori dipendenti.
La specificità della crisi italiana è in questi dati che confermano come la progressiva
pauperizzazione del lavoro dipendente a fronte di uno stato sociale sempre meno generoso è
alla base della caduta della domanda. Cioè dei consumi, anche quelli alimentari, come
confermano i dati Istat sulla vendite al dettaglio.
Ma c'è ancora un altro dato - non di Bankitalia - che completa il quadro: ieri mattina Attilio
Befera, il massimo dirigente dell'Agenzia delle Entrate, ha denunciato che in Italia l'evasione
fiscale tocca i 120 miliardi l'anno. E non sono certo i lavoratori dipendenti (anche se a volte
lo fanno) e i pensionati a evadere. Insomma, chi più guadagna più evade. E questo spiega
perché molti ristoranti sono pieni e ci siano in circolazione centinaia di migliaia di auto di lusso.
Da questi numeri è possibile trarre alcune conclusioni che dovrebbero fare da guida alla politica
economica della sinistra. La prima è che la lotta all'evasione deve essere l'obiettivo prioritario:
se non aumenta il gettito fiscale non sarà possibile diminuire il cuneo fiscale che penalizza i
lavoratori dipendenti e far pagare meno tasse a loro e ai pensionati. E senza recuperare i soldi
degli evasori non sarà possibile aumentare la spesa sociale e i consumi privati di milioni di
persone.
Di più: la distribuzione della ricchezza indica con chiarezza che è necessario procedere a una
riforma fiscale che alleggerisca la pressione sui redditi e aumenti quella sul patrimonio.
Quanto ai salari, non aumentano solo con la diminuzione della pressione fiscale, ma anche con
l'aumento della produttività. Attenzione, però: la produttività non deve aumentare
«strizzando» ancora di più i lavoratori con innovazioni di processo, magari con l'aggiunta del
ricatto della flessibilità in uscita, ma deve essere ottenuta attraverso innovazioni di prodotto.
Perché - ce lo spiegano i dati annuali di Mediobanca - nelle imprese che innovano i profitti, ma
anche i salari, sono più alti. Ma la sinistra è convinta che il programma di Monti si muova in
questa direzione?
(da www.ilmanifesto.it - gennaio 2012)
UN MESE DI MOBILITAZIONE PER DIRE NO AI CACCIA F35
Dal 7 febbraio associazioni e gruppi locali si attiveranno a sostegno
della campagna "Taglia le ali alle armi" promossa da
Sbilanciamoci!, da Tavola della Pace e Rete Italiana per il
Disarmo per chiedere al nostro Governo di non procedere
all'acquisto di 131 caccia bombardieri Joint Strike Fighter F-35.
Gli stessi soldi stanziati per i caccia potrebbero essere impiegati in
mille altri modi più utili sia economicamente che socialmente.
“Con i 15 miliardi da spendere per gli F-35 potremmo costruire
45mila asili nido pubblici, creando oltre 200mila posti di lavoro –
sottolinea Giulio Marcon, portavoce di Sbilanciamoci! - oppure
mettere in sicurezza le oltre 13mila scuole italiane che non
rispettano le norme antisismiche e quelle antincendio”.
Le giornate di sostegno alla campagna culmineranno poi nella data del 25 febbraio, scelta
come giornata delle "100 piazze d'Italia contro i caccia F-35". “Il primo obiettivo di questa
nuova mobilitazione è spingere il Parlamento e ogni singolo parlamentare a discutere in modo
aperto e trasparente sugli F-35. L'appello lanciato dalla Marcia Perugia-Assisi dello scorso 25
settembre non deve cadere nel vuoto – ricorda Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola
della Pace - Il Parlamento deve impedire innanzitutto che si crei il fatto compiuto.
L'Italia non può permettersi oggi di impegnare ulteriori 15 miliardi di euro, oltre ai quasi 3 già
spesi, per l'acquisto e il mantenimento di questi bombardieri, senza che ci sia un chiaro e
onesto dibattito pubblico sulle esigenze e le priorità a cui dobbiamo rispondere”.
(dalla Newsletter di Rel-azioni di Pace - gennaio 2012)
FRANCIA, MONSANTO COLTA CON LE MANI NEL SACCO...DI SEMENTI
OGM
I Ministeri dell'Ambiente e dell'Agricoltura francesi venerdì 13 gennaio hanno ribadito di aver
inviato comunicazione ai produttori di sementi chiedendo loro di non commercializzare sementi
OGM, essendo vietata la semina per quest'anno. Secondo i rappresentanti del Ministero
dell'Ecologia, Monsanto si sarebbe impegnata per quest'anno a non distribuire OGM in Francia.
Oggi i Falciatori Volontari e i contadini della Confédération Paysanne, la Confederazione
Contadina, l'hanno colta con le mani nel sacco...di sementi OGM, che ripone in grandi quantità
nei locali di Trèbes, nei pressi di Carcassonne.
Cosìcché, quando il governo assumerà la clausola di salvaguardia a fine
febbraio, i suoi sacchi di sementi transgeniche saranno già state legalmente
distribuite lungo i confini dei campi delle aziende agricole. Nessuno potrà
impedire che vengano seminate. Gli agricoltori dell'Associazione Generale dei
Produttori di Mais della FNSEA hanno già annunciato delle semini precoci e si
preparano anche a seminare quando la clausola di salvaguardia verrà
annullata, appena si concluderanno le elezioni presidenziali. D'altra parte il
governo non è in condizioni di poter analizzare tutti i campi di mais.
Poiché Monsanto non ha ottenuto l'autorizzazione per il consumo alimentare del polline del suo
mais OGM, che però verrà inevitabilmente raccolto dalle api, tutto il miele che risulterà
contaminato dal suo mais GM sarà vietato alla vendita e distrutto come rifiuto tossico in
seguito alla decisione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea. Gli apicoltori dovranno
disertare tutte le zone di mais, condannate alla contaminazione dalla Monsanto, e saranno
costretti a migrare verso zone, a priori, "più sicure". Ma andare dove? E in nome dell'interesse
di chi? Ci sarà un giorno il conto di quanto Monsanto sia già costata alla società?
La Confédération Paysanne chiede per l'ennesima volta al governo di non accontentarsi di una
clausola di salvaguardia fondata sugli stessi motivi che già sono stati invalidati dal Consiglio di
Stato, ma di assumere immediatamente un divieto di cessione, vendita e coltivazione di
sementi di Mais MON 810, fondato, come dettano le leggi francesi ed europee, sulla tutela delle
coltivazioni convenzionali e senza OGM, e dell'apicoltura in particolare.
(da Bioagricultura Notizie - gennaio 2012)
UNIVERSITÀ DEL SAPER FARE: A SCUOLA DI AUTOPRODUZIONE
C’era una volta un padre che sapeva riparare una presa
elettrica pericolosa; una madre che faceva il pane in
casa e lo conservava per tutta la settimana, uno zio che
sapeva coltivare un piccolo orto.
C’era, appunto. Perché, oggi, una parte di quel
sapere
“popolare”
lo
abbiamo
dimenticato,
accantonato, messo sotto lo zerbino.
Lo consideriamo superfluo, superato, poco tecnologico.
L’abbiamo dato in comodato d’uso a qualcun altro che della nostra dipendenza fa uno
strumento di potere: in materia di prezzo, di scelta, di quantità, di modalità di produzione.
L’Università del Saper Fare nasce a Torino nel 2008 nell’ambito del Movimento della
Decrescita Felice che nel circolo sabaudo aveva creato una delle sue prime roccaforti.
“Volevamo rimettere in circolazione tutti quei saperi in via di estinzione” dice Paola
Cappellazzo, ideatrice del progetto. L’idea originaria prevedeva che a tenere i corsi fossero
anziani, le figure che della comunità ne conservano la memoria storica.
Non sempre però era facile trovare le persone giuste per il corso
giusto. “Ci siamo affidati allora a chi sapevamo che per
formazione poteva avere certe cognizioni ed essere capace di
trasmetterle” continua Paola. Giuseppe Leoni per esempio
partecipò al primo workshop sul tema “Piccoli interventi
elettrici in Italia”: era un simpatizzante con buone capacità
manuali e qualche nozione da scuola Radio Elettra. Tanto bastava
per insegnare a coloro che al primo filo scoperto chiamano
l’elettricista come fare a riparare la presa.
Era la primavera del 2009. A Torino oggi si fanno circa 40 corsi l’anno: si impara a fare il pane,
i formaggi, gli yogurt, i regali di natale e le creme idratanti, a montare i pannelli solari e a
coltivare pomodori e melanzane sul balcone. Genova, Roma, Reggio Emilia, Como hanno
seguito l’esempio e fanno altrettanto. Nella città emiliana ci si specializza in pasticceria
naturale; in quella romana si fanno i dentifrici, si cuce e si rammenda sotto la guida di sarte e
si impara a fare la maglia; a Genova si insegna a costruire un forno in terra cruda. E molto
altro.
Chi partecipa? “Ci affidiamo a una mailing list di circa 1000 persone e non abbiamo mai avuto
problemi a riempire i corsi. Al contrario, a volte, siamo costretti a limitare i posti per colpa
degli spazi o di attrezzatura” racconta Fabio Campia, del Circolo di Torino. Nel 2011 ha
promosso un questionario on line per sapere quali fossero i corsi più “gettonati”: pane,
formaggio, detersivi e orto sono stati i temi più richiesti. Dalla rivalorizzazione dei bisogni
primari si inizia a costruire un nuovo stile di vita.
Affidarsi ai ricettari o alle guide in libreria porterebbe probabilmente a
risultati simili. D’altro canto, restare in casa, cercando di mettere
insieme i pezzi di una manualità dispersa e abituata solo a digitare su
una tastiera, a volte è fin disincentivante.
All’Università del Saper Fare ci si va anche per “vivere il sapere”
insieme. Ci sono uomini e donne di tutte le età. Più raro il sessantenne
che certe cose deve solo andare a trovarle, togliendo un po’ di polvere.
Sicuramente più frequente è il giovane universitario con le tasche
svuotate dalla spesa al supermercato. Oppure il recidivo che ritorna con la scusa del “mi serve
un’altra lezione per farlo bene”.
A ben vedere, l’’Università del Saper Fare ha uno di quei nomi che aprono varchi culturali e
pongono interrogativi tali che viene subito da chiedersi: ma ora serve un’università per
imparare a fare? Se siamo giunti a circondarci di migliaia di oggetti che compiono azioni al
posto nostro, succursali del nostro sapere e prolungamenti virtuali della nostra volontà,
evidentemente si. Ed è forse per questo che si moltiplicano i Corsi di autoproduzione dentro
e fuori le università, si diffondono consigli su come fare per, come riparare con, come costruire
usando solo. Quel sapere era ed è parte della nostra identità.
(da www.greenme.it - gennaio 2012)
IL VENETO DICE DI NO ALLE TRIVELLE
Una proposta di legge, inviata al Parlamento, sancisce il divieto di “ricerca,
prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi nelle province di Venezia,
Padova e Rovigo”, nelle aree marine poste entro le 12 miglia dalla costa e
nell’entroterra, per fermare l'abbassamento del suolo dovuto alle estrazioni.
Il Veneto dice NO alle trivellazioni sul proprio territorio: lo fa in sede di Consiglio Regionale con
una Proposta di legge statale (Pls) n.11, inviata al Parlamento, che sancisce il divieto di
“ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi nelle province di Venezia,
Padova e Rovigo”, nelle aree marine poste entro le 12 miglia dalla costa e nell’entroterra.
Operazione non facile, ma possibile, considerando il sostegno ottenuto dalla Pls da numerosi
Consigli comunali ed approvata con accordo bipartisan. Un diniego assoluto che dovrà passare
per la modifica dell’articolo 6 del Decreto legislativo n.152 del 3 aprile 2006, con l’inserimento
del comma 17 bis, riguardante la prevenzione del fenomeno della subsidenza.
E di subsidenza in Veneto ne sanno qualcosa.
Infatti, il graduale abbassamento della crosta
terrestre attribuibile anche all’estrazione del
gas metano, nel 1951 in Polesine – l’attuale
provincia di Rovigo – fu tra le cause della
famosa
alluvione, vista l’incidenza del
fenomeno subsidenziale sul cedimento degli
argini dei fiumi. In quel periodo, fino agli inizi
degli anni Sessanta, nel territorio del Delta del
Po Adige si arrivò ad estrarre fino a 300
milioni di metri cubi di gas all’anno.
Una ricchezza che i veneti hanno deciso di non sfruttare più, puntando tutto su agricoltura e
sviluppo ambientale. “Con la strada intrapresa sia dal punto di vista normativo che da quello
della convergenza politica, il Veneto si pone come modello di riferimento per gli altri territori
fragili e si mette al riparo da eventuali evoluzioni normative come quella contenuta in una delle
tante bozze del decreto Milleproroghe che agevolava proprio la ricerca e lo sfruttamento di
idrocarburi dal sottosuolo”.
Sono queste le prime dichiarazioni di Graziano Azzalin, consigliere regionale in quota Partito
Democratico, primo firmatario della proposta di legge. Una vera e propria svolta nella corsa
alle risorse gassose del veneto, nella quale tentano di inserirsi numerose multinazionali
petrolifere.
Edison, Medoilgas Italia ed Eni – quest’ultima titolare piena o a maggioranza di ben 8
concessioni di coltivazione di gas nella zona marina dell’alto Adriatico – potrebbero veder
sfumare un affare legato all’estrazione di oltre 30 milioni di metri cubi di idrocarburi in
vent’anni, ed anche di più, corrispondenti al fabbisogno energetico nazionale di soli sei mesi.
Per non parlare della texana Aleanna Resources LLC, con sede italiana a Matera, e della
Northsun Italia che aspettano solo di avviare i loro progetti sulla terraferma proprio nelle
province “interdette” di Padova, Rovigo e Venezia, per effetto delle istanze di permesso di
ricerca “La Risorta”, “Le Saline” e “Tre Ponti”.
Discorso diverso vale per la provincia di Treviso nella quale, dal 2004 al 2011, sono stati
estratti oltre 26 milioni di metri cubi di gas naturale, in un’area delimitata da due concessioni,
che vedono come titolari Edison, Petrorep Italiana e Medoilgas Italia.
(da www.altreconomia.it - gennaio 2012)
FIRMA L’APPELLO “VALE PIÙ GIOTTO DELL'AUDITORIUM”
Legambiente Padova sottoscrive con convinzione l’appello dei 25 intellettuali, storici e scrittori,
per la tutela della Cappella degli Scrovegni contro la costruzione dell'auditorium disegnato da
Klaus Kada in piazzale Boschetti, forte di un lustro di azioni, articoli ed osservazioni che hanno
sempre avuto un obiettivo preciso: "Dire sì all’Auditorium, ma non lì”.
Per questo motivo invitiamo tutti i padovani che ritengano che sia sbagliata la localizzazione
dell’auditorium a piazzale Boschetti a rinforzare l’appello mandando una mail a:
[email protected], con oggetto: “Vale più Giotto di un auditorium” specificando
i propri dati anagrafici e qualifica.
Ecco l’appello apparso giovedì 2 febbraio su La
Repubblica:
Gli affreschi di Giotto della Cappella Scrovegni a
Padova corrono il rischio di essere distrutti
perché la delicatissima situazione idro-geologica
sottostante sarà modificata inesorabilmente dalla
progettata costruzione di un Auditorium a meno
di 200 metri dalla cappella.
Nella stessa zona esiste anche il progetto di un grattacielo di 104 metri, ed è stato appena
ultimato un parcheggio, cioè una vasta cementificazione che ha modificato l’assorbimento delle
piogge nel terreno.
I risultati di uno studio, affidato dal Comune nel 2011 a tre ingegneri sulle possibili
conseguenze che la costruzione dell’Auditorium avrebbe sull’area circostante, sono possibilisti,
ma segnalano che la falda profonda dell’area Auditorium è in collegamento con quella della
Cappella. E’ evidente che non si può affidare a un progettista di una nuova opera la
salvaguardia dell’ambiente né affidargli il verdetto sulla possibilità che l’Auditorium danneggi la
Cappella, nell’immediato o negli anni futuri.
Chiediamo che prima che inizi la costruzione dell’Auditorium, si realizzino opere di massima
salvaguardia del sottosuolo della Cappella, possibilmente a seguito di un concorso
internazionale. Quanto valgono gli affreschi di Giotto, rispetto ai vantaggi portati dalle nuove
costruzioni? Non lasciamo soli i padovani a discuterne il prezzo, perché non c’è prezzo.
L’appello è sottoscritto da: Chiara Frugoni, Francesco Aceto, Roberto Bartalini, Francesco
Caglioti, Laura Cavazzini, Keith Christiansen, Maria Monica Donato, Vittorio Emiliani (per il
Comitato per la Bellezza), Julian Gardner, Carlo Ginzburg, Maria Pia Guermandi (per
Eddyburg), Donata Levi (per PatrimonioSos), Franco Miracco, Tomaso Montanari, Alessandra
Mottola Molfino (per Italia Nostra), Alessandro Nova, Titti Panajotti (per Italia Nostra Padova),
Giuseppe Pavanello, Antonio Pinelli, Giuliano Pisani, Serena Romano, Steffi Roettgen, Salvatore
Settis, Giovanna Valenzano, Bruno Zanardi
(da Ecopolis Newsletter - febbraio 2012)
POMODORINI ITALIANI? NO, TUNISINI! E L’AZIENDA VA IN CRISI
“Anche per effetto dei pomodori tunisini spacciati come italiani il prezzo riconosciuto ai
coltivatori siciliani per la produzione locale è crollato di oltre il 34% e molte aziende
hanno dovuto chiudere”.
E’ quanto afferma Coldiretti nel commentare le indagini della
Guardia di finanza a Ragusa, che avrebbero fatto scoprire anche
una frode alimentare commessa da tre operatori del settore
accusati di aver commercializzato oltre 27 tonnellate di pomodorini
importati dalla Tunisia e venduti nei mercati del Nord Italia come di
provenienza nazionale.
Il pomodorino tondo liscio rosso a grappolo in serra - sottolinea la
Coldiretti - è stato pagato al mercato di Vittoria il 35% in meno rispetto allo scorso anno
secondo le ultime rilevazioni Ismea. Se le responsabilità saranno accertate, all’inganno nei
confronti dei consumatori italiani che pensavano di acquistare pomodorini siciliani si aggiunge continua la Coldiretti - il danno gravissimo provocato all’economia siciliana e ad uno dei suoi
prodotti più tipici.
Di fronte al ripetersi di crimini nei confronti della produzione Made in Italy è necessario per gli
agricoltori accelerare il progetto di filiera agricola italiana per candidarsi ad essere i nuovi
protagonisti della trasformazione agroalimentare nazionale.
Con il progetto Campagna Amica la Coldiretti è impegnata ad avviare un nuovo e moderno
canale commerciale esclusivamente Made in Italy che si affianca alla grande distribuzione e ai
negozi di prossimità, con le Botteghe, gli oltre cinquemila aziende agricole trasformate in punti
vendita e i mille mercati degli agricoltori già presenti su tutto il territorio nazionale.
(da Asterisco Informazioni - febbraio 2012)
FORESTE TROPPO SFRUTTATE, VICINO IL 'PICCO LEGNO'
Per gli esperti precederà un declino inarrestabile.
Se le foreste tropicali verranno sfruttate ai ritmi attuali presto si avrà un “picco del legno”,
simile a quello del petrolio, a cui seguirà un declino inarrestabile. Lo afferma una ricerca
pubblicata su Biological Conservation, secondo cui diversi paesi, come Filippine e Thailandia,
hanno già iniziato a diminuire la produzione.
I ricercatori, coordinati da Philip Shearman della Australian National University hanno
esaminato tutti gli studi sullo sfruttamento delle foreste prodotti negli anni recenti, arrivando
alla conclusione che anche quando questo viene definito 'sostenibile' in realtà non lo é affatto:
"Il tempo necessario a una foresta tropicale per ripristinare biomassa, volume del legno e
biodiversità é' stato stimato in diversi modi, e varia da 45 a 500 anni - scrivono gli autori - ma
gli alberi più grandi possono avere età comprese tra qualche decennio e mille anni. Questo fa
capire quanto i cicli applicati- di solito di 30-35 anni - siano insufficienti".
Secondo gli autori lo sfruttamento eccessivo porta i boscaioli a spingersi verso aree vergini
delle foreste per mantenere la produzione, mentre uno sviluppo veramente sostenibile
dovrebbe avere una pausa di almeno 50 anni.
Particolarmente a rischio, afferma un'altra ricerca
pubblicata da New Scientist, sono proprio gli alberi più
grandi:
"La frammentazione continua delle foreste sta colpendo
molto di più gli alberi più grandi - spiega William Laurance,
della James Cook University di Cairns, Australia - non solo
molti più alberi muoiono quando si trovano vicino alle
estremità delle foreste, ma tra questi la parte maggiore é
formata proprio dai 'giganti', perché la loro statura alta e i
tronchi molto rigidi li rende più vulnerabili ai venti".
(da www.ansa.it - gennaio 2012)
LE MUCCHE DELLA PACE DAL TRENTINO A SREBRENICA
LE FIABE hanno sempre una morale, che bisogna cercare. Ma quando la fiaba è una "storia
vera" l' insegnamento si fa fulminante, come una piccola rivelazione. È sufficiente vedere il film
La transumanza della pace, il racconto del viaggio fatto da 48 vacche di razza Rendena, partite
dalle loro stalle trentine per arrivare a Sucéska, sparuta comunità montana nella municipalità
di Srebrenica, in Bosnia.
Vent'anni fa qui stava per iniziare l'assedio che portò al genocidio più grave d'Europa dai tempi
della seconda guerra mondiale. Morirono in più di 10.000: per lo più uomini, fra indicibili
efferatezze che coinvolsero tutta la popolazione. Arrivarono i carri armati e le "tigri" di Arkan,
piegarono un popolo con l' intenzione di cancellarlo. Sucéska fu rasa al suolo, chi sopravvisse
scappò per poi tornarvi con tanto coraggio soltanto nel 2000.
Case bruciate, riempite di copertoni e "accese" con bombe a mano, che oggi in parte sono
state rimesse in piedi e stanno lì, senza intonaco, a punteggiare il paesaggio di un altipiano che
sembra fuori dal tempo. In queste case ogni famiglia ha una parete con i ritratti dei suoi morti:
sono tantissimi. A tornare sono stati donne, anziani, giovani che allora erano infanti.
Qui, per odio bieco, sono completamente saltate una o due generazioni: ripartire è
tremendamente difficile. Tanto più se si è in un posto in cui la montagna rende arduo fare
agricoltura, dove l' equilibrio fra pascoli, bosco e attività umane si guadagna soltanto con il
tempo e con il saper fare. E quando saltano generazioni, salta anche la trasmissione del
sapere. Salta tutto. È ciò che si è trovato davanti Gianni Rigoni Stern, il figlio di Mario, che
come ama dire si è ammalato di "bosnite" a causa di Roberta Biagiarelli, l'autrice del film,
nonché la prima animatrice di questa fiaba che ha come parole chiave pace, agricoltura,
comunità. L' essere «tutti compaesani», per dirla con il papà di Gianni.
La storia inizia con Roberta, che fa teatro e lo fa come luogo in cui le tematiche socio-politiche
diventano la sua vita. Da oltre dieci anni Roberta frequenta Srebrenica, si adopera per quella
zona dei Balcani così martoriata, e ne sono scaturiti un monologo teatrale, "A come
Srebrenica" (1998), e un documentario, "Souvenir Srebrenica" (2006).
Nel 2009 Roberta conosce Gianni da amici e gli domanda se ha voglia di insegnare alle donne
di Srebrenica a potare gli alberi. Gianni è in pensione, per trent' anni è stato il Direttore della
comunità montana dei sette comuni sull' altipiano di Asiago, è un uomo di montagna, sa fare
agricoltura e cultura agricola. Accetta e al primo viaggio, nel 2009, gli viene la "bosnite".
Rimane colpito dall' altipiano su cui è adagiato il piccolo villaggio di Sucéska: sembra quello di
Asiago, immagina che fosse ridotto così anche il suo, dopo la prima guerra mondiale. I segni
della devastazione sono ancora evidenti nelle case e stalle distrutte, diroccate o ricostruite in
estrema economia, ma da esperto Gianni vede subito i segni di un' altra devastazione: quella
della fragile agricoltura montana. Non ci sono più animali, i pascoli sono abbandonati, stanno
cedendo il passo al bosco, ancor più a felci infestanti e velenose per le vacche.
Le zone montane tornano selvagge, e a Sucéska gli abitanti non sanno più nemmeno come
fare: non ci sono animali, ma non ci sono nemmeno i padri per insegnare ai figli ciò che hanno
imparato dai nonni. Nasce l' idea di donare delle vacche a queste famiglie, ma Gianni sa che ci
vogliono gli animali adatti, che bisogna falciare le erbe cattive, che bisogna rendere le stalle
luoghi igienicamente consoni. Che è necessario riportare la conoscenza tra gli abitanti di
Sucéska.
Allora s'inventa un corso: si sposta almeno una volta al mese, macinando chilometri con il
fuoristrada comprato con la liquidazione, viene adottato e adotta le famiglie locali. Si instaura
un rapporto di amicizia, di fiducia, Gianni visita ogni casa, ogni stalla. Diventa molto difficile
scegliere a chi verranno assegnate le 48 vacche che, dopo una lunga ricerca, sono state messe
a disposizione dalla Provincia Autonoma di Trento.
Mentre Gianni con Roberta si occupa anche di tutta la complessa trafila burocratica per
esportare fuori dall' UE degli animali, il corso che mette in piedi diventa il prerequisito
fondamentale: solo chi avrà partecipato a tutte le lezioni potrà avere una vacca. Per questo ci
sono stati contadini che si sono fatti regolarmente decine di chilometri a piedi. Lì si insegna di
nuovo come fare agricoltura di montagna, si gettano le basi perché le mucche non rimangano
abbandonate a se stesse, vengano curate, si riproducano e restino nelle loro nuove famiglie
per almeno cinque anni prima di essere macellate o vendute.
Sembrano banalità, ma sono i fondamenti di una ricostruzione totale: ambiente, animali,
edifici, persone. Nel film di Roberta è toccante vedere l'amore da cui partono le manze e
manzette, e l'amore in cui arrivano. I proprietari della Val Rendena fanno fatica a separarsi da
queste mucche rustiche, perfette per la montagna; c'è chi piange al momento di salutarle.
Ma dall'altra parte, a Sucéska, dopo un lungo viaggio, c'è chi le accoglie con meraviglia,
commozione e gratitudine. Sono di nuovo a casa, in un certo senso. Nel film siamo a Natale del
2010, e la storia si è ripetuta quest' anno, Natale 2011: altre 31 vacche, altro viaggio, altro
finanziamento della Provincia di Trento, altri passaggi di conoscenza e nuovi rapporti umani
che si dipanano.
Il film è stato portato in giro, ha fatto conoscere questa vicenda e risvegliato la voglia di
contribuire. Perché ci insegna che quando perdiamo di vista le cose minime, come le
connessioni con i territori dove abitiamo, allora veniamo stroncati nella nostra possibilità di
esistere. Non è un "avere" che Gianni e Roberta hanno riportato a Sucéska: è un "essere".
Un essere persone, un essere comunità. Ed è significativo che tutto ciò sia passato attraverso
antichi saperi agricoli: con lo scambio, determinante per formare identità, attraverso la
necessariamente lenta e minuziosa ricostruzione di un sistema di pascoli, ecosistema
essenziale per ogni zona montana abitata.
È una fiaba con tante morali, che però non ha un "lieto fine". Perché se è vero che di lieto in
questa vicenda c'è tanto, non c' è nessuna volontà di porre una fine. Gianni e Roberta, e tutti
quelli che li hanno aiutati, sono anche riusciti a raccogliere i soldi per comprare due trattori.
Uno studio di avvocati trevigiani ne ha garantito uno devolvendo tutto il denaro stanziato per i
regali di Natale. Tra la fine di febbraio e l' inizio di marzo, nel ventennale dell' assedio a
Srebrenica, lì sbarcheranno dei trattori al posto dei carri armati. Il nuovo sogno, adesso, è
quello di riuscire a costruire un caseificio: per trasformare in loco il latte e non doverlo vendere
lontano. Sarà un altro passo determinante, conseguente, senza fretta.
Gianni e Roberta cercano amici per fare il sogno insieme (andate su www.babelia.org), e qui
ne hanno trovato uno: vogliamo aiutarli con Slow Food, e che questa fiaba si conosca ancora di
più. Non c' è niente di più bello che sognare insieme, perché non possiamo sapere dove ci
condurranno i nostri sogni, ma possiamo immaginare abbastanza chiaramente dove saremmo
senza di essi.
(scritto da Carlo Petrini su www.repubblica.it - gennaio 2012)
ELIMINIAMO IL SUPERFLUO, POTIAMO LA
VITE!
La natura è una grande maestra e alla sua scuola,
purtroppo, non si iscrive più nessuno. Noi della La Costigliola (Azienda agricola biologica
di Banca Etica) siamo invece contenti di ritornare sui suoi banchi dove poter reimparare i ritmi
della vita e lo stile paziente della fertilità.
Lo sperimentiamo tutti i giorni, guidati dal sole e dalla luna, dalle settimane e dalle stagioni
che, insieme all’acqua e al nostro lavoro, attento e rispettoso, rendono variegato e fertile il
paesaggio attorno a noi. Immergersi nel mondo della natura impone umiltà e duro lavoro ma
le soddisfazioni non mancheranno. La Costigliola propone di rimettersi sui banchi di questa
scuola, sporcandosi le mani, prendendo il caldo e il freddo, scoprendo che “la terra è bassa”
ma è anche madre, severa ma generosa.
Abbiamo quindi pensato di proporre varie esperienze di lavoro nei campi per persone che non
vogliono perdere la familiarità con la natura. È però un percorso da fare insieme, non da soli,
per non tenere tutta per noi questa ricchezza fatta di attenzione alle esigenze della terra, di
fatica e di gioia nel coltivare e custodire. Già nelle passate esperienze della vendemmia 2011
sono venute tante persone da vari posti d'Italia (Padova, ma anche Torino, Roma, Venezia,
Treviso, Milano...): il desiderio di riappropriarsi di altri ritmi, di riscoprire una logica nascosta a
cui non siamo più abituati è contagiosa.
In questi giorni abbiamo ripreso le nostre “giornate di lavoro e convivialità” con alcuni giorni di
lavoro in ambito agricolo legati alla potatura delle nostre viti di merlot, pinot, cabernet e
moscato, concludendo il tutto, domenica 5 febbraio, con una festa. P
roponiamo quindi a tutti di iniziare ad imparare i ritmi della vite: in questo periodo dell’anno la
vite è “addormentata”, riduce al minimo la sua attività per passare l’inverno, ma per produrre
chicchi buoni e maturi occorre potare le gemme in eccesso. Non è cosa da poco…il superfluo è
abbondante…da diverse centinaia di gemme ne rimarranno solo una ventina a garantire la
produzione di quest’anno.
Per noi “Festa della potatura” significa un lavoro in comune, con spirito conviviale, un pranzo
invernale tutti assieme e uno strano personaggio che faccia rivivere lo spirito dei boschi e delle
vigne, il Salvanel, grazie alla ricerca e simpatia di Vittorio Riondato. È una festa perché
possono partecipare i grandi ma anche i piccini, per tutti ci sarà un posto, un ruolo.
Domenica 5 febbraio vi aspettiamo dalle ore 8.00 del mattino, muniti di
guanti e forbici per potare, buone scarpe e ben vestiti.
Prenderemo confidenza con la vite e ascolteremo le storie del Salvanel.
Alle 13.00 pranzeremo assieme, al ritmo delle stagioni, a base di pasta e
fagioli, purè e cotechino.
(Chiediamo solo un'offerta responsabile)
Info: Chi è interessato contatti Arrigo (393-8826737) entro sabato 4 alle ore 13.30
oppure (http://www.lacostigliola.org/evento/eventi/FESTA-DELLA-POTATURA/);
La Costigliola si trova in via Rialto 62 a ROVOLON (Pd).
Vi aspettiamo, e numerosi!!.
P.S.: Ma non è finita qui... vi anticipiamo i prossimi appuntamenti agresti, così vi potete
organizzare: 30 marzo – 1 aprile, spollonatura della vite e orto; 22 – 24 giugno, potatura
verde della vite; fine agosto – 9 settembre, vendemmie (il 9 settembre ci sarà la tradizionale
festa della vendemmia, con qualche novità); 19 – 21 ottobre, semina a mano di frumento,
orzo, farro, qualità antiche (il 21 ottobre ci sarà la festa della semina)….
Dario Brollo, Direttore de La Costigliola
(da Ecopolis Newsletter - febbraio 2012)
MONTI IN TV, CHE MONOTONIA
di Marco Cedolin
L’usuraio al timone dell'Italia deve considerarsi
particolarmente telegenico, a giudicare dalla
quantità di comparsate sul piccolo schermo delle
quali si rende regolarmente protagonista.
Comparsate che se in Italia esistessero ancora un
governo ed un’opposizione (sia pur di facciata)
avrebbero provocato un profluvio di polemiche,
laddove invece le lezioni in TV del professor Monti
vengono accolte con acquiescente bonomia.
Nel corso dell’ultimo show televisivo, in quel di Matrix su Canale 5, il banchiere filosofo ha
pensato bene d’iniziare a preparare la strada per lo smantellamento del mondo del lavoro
(o meglio di quello che ne resta) prossimo venturo, scagliandosi in una filippica contro il posto
fisso, come già avevano fatto in molti (con qualche eccellente eccezione) prima di lui negli
anni passati. “I giovani devono abituarsi all'idea che non avranno un posto fisso per tutta la
vita. E poi, diciamolo, che monotonia. E' bello cambiare e accettare delle sfide”. Sono state le
parole con le quali ha sintetizzato il concetto che la precarietà dovrebbe essere accettata di
buon grado dai giovani (i meno giovani ormai sono caduti in un oblio senza fondo come se a 40
anni l’unica prospettiva praticabile fosse quella del suicidio), in qualità di sfida elettrizzante,
dispensatrice di adrenalina e gioia di vivere…..
Si potrebbe filosofeggiare a lungo sul concetto di monotonia, dal momento che la sensazione
ha carattere largamente soggettivo, però prendendo per buono lo spunto del professore al
servizio dell’usura, non si può evitare di sottolineare come tutte le società che hanno
attraversato il corso della storia siano sempre state fondate sui pilastri del posto fisso e della
monotonia, così come lo è altrettanto quella neoliberista, di cui egli si manifesta fra i massimi
estimatori.
Alla base di una “monotonia” di fondo allignano i bisogni primari dell’essere umano, che suo
malgrado possiede una dimensione corporea , che noiosamente lo costringere a mangiare due
volte al dì, a trovare un riparo dove proteggersi dalle intemperie, a ricoprirsi di “stracci” per
non morire congelato e via discorrendo…..clicca QUI per continuare la lettura….
(da www.ilcorrosivo.blogspot.com - febbraio 2012)