NEWSLETTER 05-2012
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NEWSLETTER 05-2012
NEWSLETTER 05-2012 ________________________________________________ NOTIZIE DALL’EUROPA E DAL MONDO I SEMI NON-OGM SONO UN BENE COMUNE Ma oltre l'80% dell'agrobiodiversità conservata nella Banca del Germoplasma di Bari è a rischio. I semi stanno morendo. L'accorpamento di questo patrimonio con altri istituti del CNR si sta rivelando letale per la difesa dei semi presenti in una delle più grandi strutture europee dedicate alla conservazione e preservazione del germoplasma (84.000 accessioni). Dal momento dell'accorpamento non si è più provveduto alla riparazione degli impianti del freddo: in questo modo la temperatura delle camere per la conservazione si è innalzata, danneggiando il patrimonio vegetale. Ma chi si occupa oggi di questa banca? Quali interessi ci sono in gioco? A chi vengono destinati i finanziamenti che dovrebbero servire per salvare e aumentare i semi conservati? Guarda l'intervista video al Prof. Perrino cliccando QUI Il Prof. Pietro Perrino, ex direttore dell'Istituto del Germoplasma di Bari, ci spiega che cos'è la Banca del Germoplasma, cosa è successo a Bari, quali provvedimenti sono stati adottati dalla magistratura e come gli stessi sono stati poi rapidamente archiviati quando il magistrato che se ne occupava è stato trasferito ad altra sede. E infine, la domanda più importante: che interesse c'è nel lasciar andare in malora un patrimonio naturale tanto fondamentale per l'agricoltura? (da www.perilbenecomune.net - gennaio 2012) CHI NON PAGA LA CRISI: VIVA IL RICCO Nell'Italia in recessione, dove aumenta la povertà e con essa le tensioni sociali, solo i ricchi crescono: al 10% dei cittadini il 50% della ricchezza. Sono sei milioni di persone che hanno guadagnato dalla crisi e dalle politiche del governo Berlusconi. Un'indagine della Banca d'Italia fotografa le diseguaglianze nel nostro Paese. È una piramide con una base sempre più larga e un vertice più sottile quella che emerge dai dati di Bankitalia sulla distribuzione dei redditi e della ricchezza. Solo un paio di dati: nel 2010 il 14,4% della popolazione era ufficialmente in una situazione di povertà a causa di un reddito insufficiente. Il tutto mentre il 10% delle famiglie più ricche possiede il 46% della ricchezza totale stimata in circa 9 mila miliardi di euro. Semplificando, circa 6 milioni di italiani possiedono - in media - una ricchezza di quasi 4200 miliardi, circa 700 mila euro a testa, contro 54 milioni di persone che - sempre in media - hanno un patrimonio di circa 90 mila euro. Come dire: il 10-20 per cento delle persone più povere non ha nulla di ricchezza e il 70-80 per cento ha un patrimonio che corrisponde al valore di una abitazione modesta. Che ovviamente non tutti hanno, visto che il 21% delle famiglie vive in affitto. C'è un altro aspetto che colpisce: negli ultimi 20 anni il reddito dell'Italia è cresciuto poco, ma il reddito reale dei lavoratori autonomi è aumentato del 15,7%, quasi 5 volte di più del 3,3% dei lavoratori dipendenti. Siamo di fronte a una gigantesca redistribuzione dei redditi a sfavore del lavoratori dipendenti. La specificità della crisi italiana è in questi dati che confermano come la progressiva pauperizzazione del lavoro dipendente a fronte di uno stato sociale sempre meno generoso è alla base della caduta della domanda. Cioè dei consumi, anche quelli alimentari, come confermano i dati Istat sulla vendite al dettaglio. Ma c'è ancora un altro dato - non di Bankitalia - che completa il quadro: ieri mattina Attilio Befera, il massimo dirigente dell'Agenzia delle Entrate, ha denunciato che in Italia l'evasione fiscale tocca i 120 miliardi l'anno. E non sono certo i lavoratori dipendenti (anche se a volte lo fanno) e i pensionati a evadere. Insomma, chi più guadagna più evade. E questo spiega perché molti ristoranti sono pieni e ci siano in circolazione centinaia di migliaia di auto di lusso. Da questi numeri è possibile trarre alcune conclusioni che dovrebbero fare da guida alla politica economica della sinistra. La prima è che la lotta all'evasione deve essere l'obiettivo prioritario: se non aumenta il gettito fiscale non sarà possibile diminuire il cuneo fiscale che penalizza i lavoratori dipendenti e far pagare meno tasse a loro e ai pensionati. E senza recuperare i soldi degli evasori non sarà possibile aumentare la spesa sociale e i consumi privati di milioni di persone. Di più: la distribuzione della ricchezza indica con chiarezza che è necessario procedere a una riforma fiscale che alleggerisca la pressione sui redditi e aumenti quella sul patrimonio. Quanto ai salari, non aumentano solo con la diminuzione della pressione fiscale, ma anche con l'aumento della produttività. Attenzione, però: la produttività non deve aumentare «strizzando» ancora di più i lavoratori con innovazioni di processo, magari con l'aggiunta del ricatto della flessibilità in uscita, ma deve essere ottenuta attraverso innovazioni di prodotto. Perché - ce lo spiegano i dati annuali di Mediobanca - nelle imprese che innovano i profitti, ma anche i salari, sono più alti. Ma la sinistra è convinta che il programma di Monti si muova in questa direzione? (da www.ilmanifesto.it - gennaio 2012) UN MESE DI MOBILITAZIONE PER DIRE NO AI CACCIA F35 Dal 7 febbraio associazioni e gruppi locali si attiveranno a sostegno della campagna "Taglia le ali alle armi" promossa da Sbilanciamoci!, da Tavola della Pace e Rete Italiana per il Disarmo per chiedere al nostro Governo di non procedere all'acquisto di 131 caccia bombardieri Joint Strike Fighter F-35. Gli stessi soldi stanziati per i caccia potrebbero essere impiegati in mille altri modi più utili sia economicamente che socialmente. “Con i 15 miliardi da spendere per gli F-35 potremmo costruire 45mila asili nido pubblici, creando oltre 200mila posti di lavoro – sottolinea Giulio Marcon, portavoce di Sbilanciamoci! - oppure mettere in sicurezza le oltre 13mila scuole italiane che non rispettano le norme antisismiche e quelle antincendio”. Le giornate di sostegno alla campagna culmineranno poi nella data del 25 febbraio, scelta come giornata delle "100 piazze d'Italia contro i caccia F-35". “Il primo obiettivo di questa nuova mobilitazione è spingere il Parlamento e ogni singolo parlamentare a discutere in modo aperto e trasparente sugli F-35. L'appello lanciato dalla Marcia Perugia-Assisi dello scorso 25 settembre non deve cadere nel vuoto – ricorda Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace - Il Parlamento deve impedire innanzitutto che si crei il fatto compiuto. L'Italia non può permettersi oggi di impegnare ulteriori 15 miliardi di euro, oltre ai quasi 3 già spesi, per l'acquisto e il mantenimento di questi bombardieri, senza che ci sia un chiaro e onesto dibattito pubblico sulle esigenze e le priorità a cui dobbiamo rispondere”. (dalla Newsletter di Rel-azioni di Pace - gennaio 2012) FRANCIA, MONSANTO COLTA CON LE MANI NEL SACCO...DI SEMENTI OGM I Ministeri dell'Ambiente e dell'Agricoltura francesi venerdì 13 gennaio hanno ribadito di aver inviato comunicazione ai produttori di sementi chiedendo loro di non commercializzare sementi OGM, essendo vietata la semina per quest'anno. Secondo i rappresentanti del Ministero dell'Ecologia, Monsanto si sarebbe impegnata per quest'anno a non distribuire OGM in Francia. Oggi i Falciatori Volontari e i contadini della Confédération Paysanne, la Confederazione Contadina, l'hanno colta con le mani nel sacco...di sementi OGM, che ripone in grandi quantità nei locali di Trèbes, nei pressi di Carcassonne. Cosìcché, quando il governo assumerà la clausola di salvaguardia a fine febbraio, i suoi sacchi di sementi transgeniche saranno già state legalmente distribuite lungo i confini dei campi delle aziende agricole. Nessuno potrà impedire che vengano seminate. Gli agricoltori dell'Associazione Generale dei Produttori di Mais della FNSEA hanno già annunciato delle semini precoci e si preparano anche a seminare quando la clausola di salvaguardia verrà annullata, appena si concluderanno le elezioni presidenziali. D'altra parte il governo non è in condizioni di poter analizzare tutti i campi di mais. Poiché Monsanto non ha ottenuto l'autorizzazione per il consumo alimentare del polline del suo mais OGM, che però verrà inevitabilmente raccolto dalle api, tutto il miele che risulterà contaminato dal suo mais GM sarà vietato alla vendita e distrutto come rifiuto tossico in seguito alla decisione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea. Gli apicoltori dovranno disertare tutte le zone di mais, condannate alla contaminazione dalla Monsanto, e saranno costretti a migrare verso zone, a priori, "più sicure". Ma andare dove? E in nome dell'interesse di chi? Ci sarà un giorno il conto di quanto Monsanto sia già costata alla società? La Confédération Paysanne chiede per l'ennesima volta al governo di non accontentarsi di una clausola di salvaguardia fondata sugli stessi motivi che già sono stati invalidati dal Consiglio di Stato, ma di assumere immediatamente un divieto di cessione, vendita e coltivazione di sementi di Mais MON 810, fondato, come dettano le leggi francesi ed europee, sulla tutela delle coltivazioni convenzionali e senza OGM, e dell'apicoltura in particolare. (da Bioagricultura Notizie - gennaio 2012) UNIVERSITÀ DEL SAPER FARE: A SCUOLA DI AUTOPRODUZIONE C’era una volta un padre che sapeva riparare una presa elettrica pericolosa; una madre che faceva il pane in casa e lo conservava per tutta la settimana, uno zio che sapeva coltivare un piccolo orto. C’era, appunto. Perché, oggi, una parte di quel sapere “popolare” lo abbiamo dimenticato, accantonato, messo sotto lo zerbino. Lo consideriamo superfluo, superato, poco tecnologico. L’abbiamo dato in comodato d’uso a qualcun altro che della nostra dipendenza fa uno strumento di potere: in materia di prezzo, di scelta, di quantità, di modalità di produzione. L’Università del Saper Fare nasce a Torino nel 2008 nell’ambito del Movimento della Decrescita Felice che nel circolo sabaudo aveva creato una delle sue prime roccaforti. “Volevamo rimettere in circolazione tutti quei saperi in via di estinzione” dice Paola Cappellazzo, ideatrice del progetto. L’idea originaria prevedeva che a tenere i corsi fossero anziani, le figure che della comunità ne conservano la memoria storica. Non sempre però era facile trovare le persone giuste per il corso giusto. “Ci siamo affidati allora a chi sapevamo che per formazione poteva avere certe cognizioni ed essere capace di trasmetterle” continua Paola. Giuseppe Leoni per esempio partecipò al primo workshop sul tema “Piccoli interventi elettrici in Italia”: era un simpatizzante con buone capacità manuali e qualche nozione da scuola Radio Elettra. Tanto bastava per insegnare a coloro che al primo filo scoperto chiamano l’elettricista come fare a riparare la presa. Era la primavera del 2009. A Torino oggi si fanno circa 40 corsi l’anno: si impara a fare il pane, i formaggi, gli yogurt, i regali di natale e le creme idratanti, a montare i pannelli solari e a coltivare pomodori e melanzane sul balcone. Genova, Roma, Reggio Emilia, Como hanno seguito l’esempio e fanno altrettanto. Nella città emiliana ci si specializza in pasticceria naturale; in quella romana si fanno i dentifrici, si cuce e si rammenda sotto la guida di sarte e si impara a fare la maglia; a Genova si insegna a costruire un forno in terra cruda. E molto altro. Chi partecipa? “Ci affidiamo a una mailing list di circa 1000 persone e non abbiamo mai avuto problemi a riempire i corsi. Al contrario, a volte, siamo costretti a limitare i posti per colpa degli spazi o di attrezzatura” racconta Fabio Campia, del Circolo di Torino. Nel 2011 ha promosso un questionario on line per sapere quali fossero i corsi più “gettonati”: pane, formaggio, detersivi e orto sono stati i temi più richiesti. Dalla rivalorizzazione dei bisogni primari si inizia a costruire un nuovo stile di vita. Affidarsi ai ricettari o alle guide in libreria porterebbe probabilmente a risultati simili. D’altro canto, restare in casa, cercando di mettere insieme i pezzi di una manualità dispersa e abituata solo a digitare su una tastiera, a volte è fin disincentivante. All’Università del Saper Fare ci si va anche per “vivere il sapere” insieme. Ci sono uomini e donne di tutte le età. Più raro il sessantenne che certe cose deve solo andare a trovarle, togliendo un po’ di polvere. Sicuramente più frequente è il giovane universitario con le tasche svuotate dalla spesa al supermercato. Oppure il recidivo che ritorna con la scusa del “mi serve un’altra lezione per farlo bene”. A ben vedere, l’’Università del Saper Fare ha uno di quei nomi che aprono varchi culturali e pongono interrogativi tali che viene subito da chiedersi: ma ora serve un’università per imparare a fare? Se siamo giunti a circondarci di migliaia di oggetti che compiono azioni al posto nostro, succursali del nostro sapere e prolungamenti virtuali della nostra volontà, evidentemente si. Ed è forse per questo che si moltiplicano i Corsi di autoproduzione dentro e fuori le università, si diffondono consigli su come fare per, come riparare con, come costruire usando solo. Quel sapere era ed è parte della nostra identità. (da www.greenme.it - gennaio 2012) IL VENETO DICE DI NO ALLE TRIVELLE Una proposta di legge, inviata al Parlamento, sancisce il divieto di “ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi nelle province di Venezia, Padova e Rovigo”, nelle aree marine poste entro le 12 miglia dalla costa e nell’entroterra, per fermare l'abbassamento del suolo dovuto alle estrazioni. Il Veneto dice NO alle trivellazioni sul proprio territorio: lo fa in sede di Consiglio Regionale con una Proposta di legge statale (Pls) n.11, inviata al Parlamento, che sancisce il divieto di “ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi nelle province di Venezia, Padova e Rovigo”, nelle aree marine poste entro le 12 miglia dalla costa e nell’entroterra. Operazione non facile, ma possibile, considerando il sostegno ottenuto dalla Pls da numerosi Consigli comunali ed approvata con accordo bipartisan. Un diniego assoluto che dovrà passare per la modifica dell’articolo 6 del Decreto legislativo n.152 del 3 aprile 2006, con l’inserimento del comma 17 bis, riguardante la prevenzione del fenomeno della subsidenza. E di subsidenza in Veneto ne sanno qualcosa. Infatti, il graduale abbassamento della crosta terrestre attribuibile anche all’estrazione del gas metano, nel 1951 in Polesine – l’attuale provincia di Rovigo – fu tra le cause della famosa alluvione, vista l’incidenza del fenomeno subsidenziale sul cedimento degli argini dei fiumi. In quel periodo, fino agli inizi degli anni Sessanta, nel territorio del Delta del Po Adige si arrivò ad estrarre fino a 300 milioni di metri cubi di gas all’anno. Una ricchezza che i veneti hanno deciso di non sfruttare più, puntando tutto su agricoltura e sviluppo ambientale. “Con la strada intrapresa sia dal punto di vista normativo che da quello della convergenza politica, il Veneto si pone come modello di riferimento per gli altri territori fragili e si mette al riparo da eventuali evoluzioni normative come quella contenuta in una delle tante bozze del decreto Milleproroghe che agevolava proprio la ricerca e lo sfruttamento di idrocarburi dal sottosuolo”. Sono queste le prime dichiarazioni di Graziano Azzalin, consigliere regionale in quota Partito Democratico, primo firmatario della proposta di legge. Una vera e propria svolta nella corsa alle risorse gassose del veneto, nella quale tentano di inserirsi numerose multinazionali petrolifere. Edison, Medoilgas Italia ed Eni – quest’ultima titolare piena o a maggioranza di ben 8 concessioni di coltivazione di gas nella zona marina dell’alto Adriatico – potrebbero veder sfumare un affare legato all’estrazione di oltre 30 milioni di metri cubi di idrocarburi in vent’anni, ed anche di più, corrispondenti al fabbisogno energetico nazionale di soli sei mesi. Per non parlare della texana Aleanna Resources LLC, con sede italiana a Matera, e della Northsun Italia che aspettano solo di avviare i loro progetti sulla terraferma proprio nelle province “interdette” di Padova, Rovigo e Venezia, per effetto delle istanze di permesso di ricerca “La Risorta”, “Le Saline” e “Tre Ponti”. Discorso diverso vale per la provincia di Treviso nella quale, dal 2004 al 2011, sono stati estratti oltre 26 milioni di metri cubi di gas naturale, in un’area delimitata da due concessioni, che vedono come titolari Edison, Petrorep Italiana e Medoilgas Italia. (da www.altreconomia.it - gennaio 2012) FIRMA L’APPELLO “VALE PIÙ GIOTTO DELL'AUDITORIUM” Legambiente Padova sottoscrive con convinzione l’appello dei 25 intellettuali, storici e scrittori, per la tutela della Cappella degli Scrovegni contro la costruzione dell'auditorium disegnato da Klaus Kada in piazzale Boschetti, forte di un lustro di azioni, articoli ed osservazioni che hanno sempre avuto un obiettivo preciso: "Dire sì all’Auditorium, ma non lì”. Per questo motivo invitiamo tutti i padovani che ritengano che sia sbagliata la localizzazione dell’auditorium a piazzale Boschetti a rinforzare l’appello mandando una mail a: [email protected], con oggetto: “Vale più Giotto di un auditorium” specificando i propri dati anagrafici e qualifica. Ecco l’appello apparso giovedì 2 febbraio su La Repubblica: Gli affreschi di Giotto della Cappella Scrovegni a Padova corrono il rischio di essere distrutti perché la delicatissima situazione idro-geologica sottostante sarà modificata inesorabilmente dalla progettata costruzione di un Auditorium a meno di 200 metri dalla cappella. Nella stessa zona esiste anche il progetto di un grattacielo di 104 metri, ed è stato appena ultimato un parcheggio, cioè una vasta cementificazione che ha modificato l’assorbimento delle piogge nel terreno. I risultati di uno studio, affidato dal Comune nel 2011 a tre ingegneri sulle possibili conseguenze che la costruzione dell’Auditorium avrebbe sull’area circostante, sono possibilisti, ma segnalano che la falda profonda dell’area Auditorium è in collegamento con quella della Cappella. E’ evidente che non si può affidare a un progettista di una nuova opera la salvaguardia dell’ambiente né affidargli il verdetto sulla possibilità che l’Auditorium danneggi la Cappella, nell’immediato o negli anni futuri. Chiediamo che prima che inizi la costruzione dell’Auditorium, si realizzino opere di massima salvaguardia del sottosuolo della Cappella, possibilmente a seguito di un concorso internazionale. Quanto valgono gli affreschi di Giotto, rispetto ai vantaggi portati dalle nuove costruzioni? Non lasciamo soli i padovani a discuterne il prezzo, perché non c’è prezzo. L’appello è sottoscritto da: Chiara Frugoni, Francesco Aceto, Roberto Bartalini, Francesco Caglioti, Laura Cavazzini, Keith Christiansen, Maria Monica Donato, Vittorio Emiliani (per il Comitato per la Bellezza), Julian Gardner, Carlo Ginzburg, Maria Pia Guermandi (per Eddyburg), Donata Levi (per PatrimonioSos), Franco Miracco, Tomaso Montanari, Alessandra Mottola Molfino (per Italia Nostra), Alessandro Nova, Titti Panajotti (per Italia Nostra Padova), Giuseppe Pavanello, Antonio Pinelli, Giuliano Pisani, Serena Romano, Steffi Roettgen, Salvatore Settis, Giovanna Valenzano, Bruno Zanardi (da Ecopolis Newsletter - febbraio 2012) POMODORINI ITALIANI? NO, TUNISINI! E L’AZIENDA VA IN CRISI “Anche per effetto dei pomodori tunisini spacciati come italiani il prezzo riconosciuto ai coltivatori siciliani per la produzione locale è crollato di oltre il 34% e molte aziende hanno dovuto chiudere”. E’ quanto afferma Coldiretti nel commentare le indagini della Guardia di finanza a Ragusa, che avrebbero fatto scoprire anche una frode alimentare commessa da tre operatori del settore accusati di aver commercializzato oltre 27 tonnellate di pomodorini importati dalla Tunisia e venduti nei mercati del Nord Italia come di provenienza nazionale. Il pomodorino tondo liscio rosso a grappolo in serra - sottolinea la Coldiretti - è stato pagato al mercato di Vittoria il 35% in meno rispetto allo scorso anno secondo le ultime rilevazioni Ismea. Se le responsabilità saranno accertate, all’inganno nei confronti dei consumatori italiani che pensavano di acquistare pomodorini siciliani si aggiunge continua la Coldiretti - il danno gravissimo provocato all’economia siciliana e ad uno dei suoi prodotti più tipici. Di fronte al ripetersi di crimini nei confronti della produzione Made in Italy è necessario per gli agricoltori accelerare il progetto di filiera agricola italiana per candidarsi ad essere i nuovi protagonisti della trasformazione agroalimentare nazionale. Con il progetto Campagna Amica la Coldiretti è impegnata ad avviare un nuovo e moderno canale commerciale esclusivamente Made in Italy che si affianca alla grande distribuzione e ai negozi di prossimità, con le Botteghe, gli oltre cinquemila aziende agricole trasformate in punti vendita e i mille mercati degli agricoltori già presenti su tutto il territorio nazionale. (da Asterisco Informazioni - febbraio 2012) FORESTE TROPPO SFRUTTATE, VICINO IL 'PICCO LEGNO' Per gli esperti precederà un declino inarrestabile. Se le foreste tropicali verranno sfruttate ai ritmi attuali presto si avrà un “picco del legno”, simile a quello del petrolio, a cui seguirà un declino inarrestabile. Lo afferma una ricerca pubblicata su Biological Conservation, secondo cui diversi paesi, come Filippine e Thailandia, hanno già iniziato a diminuire la produzione. I ricercatori, coordinati da Philip Shearman della Australian National University hanno esaminato tutti gli studi sullo sfruttamento delle foreste prodotti negli anni recenti, arrivando alla conclusione che anche quando questo viene definito 'sostenibile' in realtà non lo é affatto: "Il tempo necessario a una foresta tropicale per ripristinare biomassa, volume del legno e biodiversità é' stato stimato in diversi modi, e varia da 45 a 500 anni - scrivono gli autori - ma gli alberi più grandi possono avere età comprese tra qualche decennio e mille anni. Questo fa capire quanto i cicli applicati- di solito di 30-35 anni - siano insufficienti". Secondo gli autori lo sfruttamento eccessivo porta i boscaioli a spingersi verso aree vergini delle foreste per mantenere la produzione, mentre uno sviluppo veramente sostenibile dovrebbe avere una pausa di almeno 50 anni. Particolarmente a rischio, afferma un'altra ricerca pubblicata da New Scientist, sono proprio gli alberi più grandi: "La frammentazione continua delle foreste sta colpendo molto di più gli alberi più grandi - spiega William Laurance, della James Cook University di Cairns, Australia - non solo molti più alberi muoiono quando si trovano vicino alle estremità delle foreste, ma tra questi la parte maggiore é formata proprio dai 'giganti', perché la loro statura alta e i tronchi molto rigidi li rende più vulnerabili ai venti". (da www.ansa.it - gennaio 2012) LE MUCCHE DELLA PACE DAL TRENTINO A SREBRENICA LE FIABE hanno sempre una morale, che bisogna cercare. Ma quando la fiaba è una "storia vera" l' insegnamento si fa fulminante, come una piccola rivelazione. È sufficiente vedere il film La transumanza della pace, il racconto del viaggio fatto da 48 vacche di razza Rendena, partite dalle loro stalle trentine per arrivare a Sucéska, sparuta comunità montana nella municipalità di Srebrenica, in Bosnia. Vent'anni fa qui stava per iniziare l'assedio che portò al genocidio più grave d'Europa dai tempi della seconda guerra mondiale. Morirono in più di 10.000: per lo più uomini, fra indicibili efferatezze che coinvolsero tutta la popolazione. Arrivarono i carri armati e le "tigri" di Arkan, piegarono un popolo con l' intenzione di cancellarlo. Sucéska fu rasa al suolo, chi sopravvisse scappò per poi tornarvi con tanto coraggio soltanto nel 2000. Case bruciate, riempite di copertoni e "accese" con bombe a mano, che oggi in parte sono state rimesse in piedi e stanno lì, senza intonaco, a punteggiare il paesaggio di un altipiano che sembra fuori dal tempo. In queste case ogni famiglia ha una parete con i ritratti dei suoi morti: sono tantissimi. A tornare sono stati donne, anziani, giovani che allora erano infanti. Qui, per odio bieco, sono completamente saltate una o due generazioni: ripartire è tremendamente difficile. Tanto più se si è in un posto in cui la montagna rende arduo fare agricoltura, dove l' equilibrio fra pascoli, bosco e attività umane si guadagna soltanto con il tempo e con il saper fare. E quando saltano generazioni, salta anche la trasmissione del sapere. Salta tutto. È ciò che si è trovato davanti Gianni Rigoni Stern, il figlio di Mario, che come ama dire si è ammalato di "bosnite" a causa di Roberta Biagiarelli, l'autrice del film, nonché la prima animatrice di questa fiaba che ha come parole chiave pace, agricoltura, comunità. L' essere «tutti compaesani», per dirla con il papà di Gianni. La storia inizia con Roberta, che fa teatro e lo fa come luogo in cui le tematiche socio-politiche diventano la sua vita. Da oltre dieci anni Roberta frequenta Srebrenica, si adopera per quella zona dei Balcani così martoriata, e ne sono scaturiti un monologo teatrale, "A come Srebrenica" (1998), e un documentario, "Souvenir Srebrenica" (2006). Nel 2009 Roberta conosce Gianni da amici e gli domanda se ha voglia di insegnare alle donne di Srebrenica a potare gli alberi. Gianni è in pensione, per trent' anni è stato il Direttore della comunità montana dei sette comuni sull' altipiano di Asiago, è un uomo di montagna, sa fare agricoltura e cultura agricola. Accetta e al primo viaggio, nel 2009, gli viene la "bosnite". Rimane colpito dall' altipiano su cui è adagiato il piccolo villaggio di Sucéska: sembra quello di Asiago, immagina che fosse ridotto così anche il suo, dopo la prima guerra mondiale. I segni della devastazione sono ancora evidenti nelle case e stalle distrutte, diroccate o ricostruite in estrema economia, ma da esperto Gianni vede subito i segni di un' altra devastazione: quella della fragile agricoltura montana. Non ci sono più animali, i pascoli sono abbandonati, stanno cedendo il passo al bosco, ancor più a felci infestanti e velenose per le vacche. Le zone montane tornano selvagge, e a Sucéska gli abitanti non sanno più nemmeno come fare: non ci sono animali, ma non ci sono nemmeno i padri per insegnare ai figli ciò che hanno imparato dai nonni. Nasce l' idea di donare delle vacche a queste famiglie, ma Gianni sa che ci vogliono gli animali adatti, che bisogna falciare le erbe cattive, che bisogna rendere le stalle luoghi igienicamente consoni. Che è necessario riportare la conoscenza tra gli abitanti di Sucéska. Allora s'inventa un corso: si sposta almeno una volta al mese, macinando chilometri con il fuoristrada comprato con la liquidazione, viene adottato e adotta le famiglie locali. Si instaura un rapporto di amicizia, di fiducia, Gianni visita ogni casa, ogni stalla. Diventa molto difficile scegliere a chi verranno assegnate le 48 vacche che, dopo una lunga ricerca, sono state messe a disposizione dalla Provincia Autonoma di Trento. Mentre Gianni con Roberta si occupa anche di tutta la complessa trafila burocratica per esportare fuori dall' UE degli animali, il corso che mette in piedi diventa il prerequisito fondamentale: solo chi avrà partecipato a tutte le lezioni potrà avere una vacca. Per questo ci sono stati contadini che si sono fatti regolarmente decine di chilometri a piedi. Lì si insegna di nuovo come fare agricoltura di montagna, si gettano le basi perché le mucche non rimangano abbandonate a se stesse, vengano curate, si riproducano e restino nelle loro nuove famiglie per almeno cinque anni prima di essere macellate o vendute. Sembrano banalità, ma sono i fondamenti di una ricostruzione totale: ambiente, animali, edifici, persone. Nel film di Roberta è toccante vedere l'amore da cui partono le manze e manzette, e l'amore in cui arrivano. I proprietari della Val Rendena fanno fatica a separarsi da queste mucche rustiche, perfette per la montagna; c'è chi piange al momento di salutarle. Ma dall'altra parte, a Sucéska, dopo un lungo viaggio, c'è chi le accoglie con meraviglia, commozione e gratitudine. Sono di nuovo a casa, in un certo senso. Nel film siamo a Natale del 2010, e la storia si è ripetuta quest' anno, Natale 2011: altre 31 vacche, altro viaggio, altro finanziamento della Provincia di Trento, altri passaggi di conoscenza e nuovi rapporti umani che si dipanano. Il film è stato portato in giro, ha fatto conoscere questa vicenda e risvegliato la voglia di contribuire. Perché ci insegna che quando perdiamo di vista le cose minime, come le connessioni con i territori dove abitiamo, allora veniamo stroncati nella nostra possibilità di esistere. Non è un "avere" che Gianni e Roberta hanno riportato a Sucéska: è un "essere". Un essere persone, un essere comunità. Ed è significativo che tutto ciò sia passato attraverso antichi saperi agricoli: con lo scambio, determinante per formare identità, attraverso la necessariamente lenta e minuziosa ricostruzione di un sistema di pascoli, ecosistema essenziale per ogni zona montana abitata. È una fiaba con tante morali, che però non ha un "lieto fine". Perché se è vero che di lieto in questa vicenda c'è tanto, non c' è nessuna volontà di porre una fine. Gianni e Roberta, e tutti quelli che li hanno aiutati, sono anche riusciti a raccogliere i soldi per comprare due trattori. Uno studio di avvocati trevigiani ne ha garantito uno devolvendo tutto il denaro stanziato per i regali di Natale. Tra la fine di febbraio e l' inizio di marzo, nel ventennale dell' assedio a Srebrenica, lì sbarcheranno dei trattori al posto dei carri armati. Il nuovo sogno, adesso, è quello di riuscire a costruire un caseificio: per trasformare in loco il latte e non doverlo vendere lontano. Sarà un altro passo determinante, conseguente, senza fretta. Gianni e Roberta cercano amici per fare il sogno insieme (andate su www.babelia.org), e qui ne hanno trovato uno: vogliamo aiutarli con Slow Food, e che questa fiaba si conosca ancora di più. Non c' è niente di più bello che sognare insieme, perché non possiamo sapere dove ci condurranno i nostri sogni, ma possiamo immaginare abbastanza chiaramente dove saremmo senza di essi. (scritto da Carlo Petrini su www.repubblica.it - gennaio 2012) ELIMINIAMO IL SUPERFLUO, POTIAMO LA VITE! La natura è una grande maestra e alla sua scuola, purtroppo, non si iscrive più nessuno. Noi della La Costigliola (Azienda agricola biologica di Banca Etica) siamo invece contenti di ritornare sui suoi banchi dove poter reimparare i ritmi della vita e lo stile paziente della fertilità. Lo sperimentiamo tutti i giorni, guidati dal sole e dalla luna, dalle settimane e dalle stagioni che, insieme all’acqua e al nostro lavoro, attento e rispettoso, rendono variegato e fertile il paesaggio attorno a noi. Immergersi nel mondo della natura impone umiltà e duro lavoro ma le soddisfazioni non mancheranno. La Costigliola propone di rimettersi sui banchi di questa scuola, sporcandosi le mani, prendendo il caldo e il freddo, scoprendo che “la terra è bassa” ma è anche madre, severa ma generosa. Abbiamo quindi pensato di proporre varie esperienze di lavoro nei campi per persone che non vogliono perdere la familiarità con la natura. È però un percorso da fare insieme, non da soli, per non tenere tutta per noi questa ricchezza fatta di attenzione alle esigenze della terra, di fatica e di gioia nel coltivare e custodire. Già nelle passate esperienze della vendemmia 2011 sono venute tante persone da vari posti d'Italia (Padova, ma anche Torino, Roma, Venezia, Treviso, Milano...): il desiderio di riappropriarsi di altri ritmi, di riscoprire una logica nascosta a cui non siamo più abituati è contagiosa. In questi giorni abbiamo ripreso le nostre “giornate di lavoro e convivialità” con alcuni giorni di lavoro in ambito agricolo legati alla potatura delle nostre viti di merlot, pinot, cabernet e moscato, concludendo il tutto, domenica 5 febbraio, con una festa. P roponiamo quindi a tutti di iniziare ad imparare i ritmi della vite: in questo periodo dell’anno la vite è “addormentata”, riduce al minimo la sua attività per passare l’inverno, ma per produrre chicchi buoni e maturi occorre potare le gemme in eccesso. Non è cosa da poco…il superfluo è abbondante…da diverse centinaia di gemme ne rimarranno solo una ventina a garantire la produzione di quest’anno. Per noi “Festa della potatura” significa un lavoro in comune, con spirito conviviale, un pranzo invernale tutti assieme e uno strano personaggio che faccia rivivere lo spirito dei boschi e delle vigne, il Salvanel, grazie alla ricerca e simpatia di Vittorio Riondato. È una festa perché possono partecipare i grandi ma anche i piccini, per tutti ci sarà un posto, un ruolo. Domenica 5 febbraio vi aspettiamo dalle ore 8.00 del mattino, muniti di guanti e forbici per potare, buone scarpe e ben vestiti. Prenderemo confidenza con la vite e ascolteremo le storie del Salvanel. Alle 13.00 pranzeremo assieme, al ritmo delle stagioni, a base di pasta e fagioli, purè e cotechino. (Chiediamo solo un'offerta responsabile) Info: Chi è interessato contatti Arrigo (393-8826737) entro sabato 4 alle ore 13.30 oppure (http://www.lacostigliola.org/evento/eventi/FESTA-DELLA-POTATURA/); La Costigliola si trova in via Rialto 62 a ROVOLON (Pd). Vi aspettiamo, e numerosi!!. P.S.: Ma non è finita qui... vi anticipiamo i prossimi appuntamenti agresti, così vi potete organizzare: 30 marzo – 1 aprile, spollonatura della vite e orto; 22 – 24 giugno, potatura verde della vite; fine agosto – 9 settembre, vendemmie (il 9 settembre ci sarà la tradizionale festa della vendemmia, con qualche novità); 19 – 21 ottobre, semina a mano di frumento, orzo, farro, qualità antiche (il 21 ottobre ci sarà la festa della semina)…. Dario Brollo, Direttore de La Costigliola (da Ecopolis Newsletter - febbraio 2012) MONTI IN TV, CHE MONOTONIA di Marco Cedolin L’usuraio al timone dell'Italia deve considerarsi particolarmente telegenico, a giudicare dalla quantità di comparsate sul piccolo schermo delle quali si rende regolarmente protagonista. Comparsate che se in Italia esistessero ancora un governo ed un’opposizione (sia pur di facciata) avrebbero provocato un profluvio di polemiche, laddove invece le lezioni in TV del professor Monti vengono accolte con acquiescente bonomia. Nel corso dell’ultimo show televisivo, in quel di Matrix su Canale 5, il banchiere filosofo ha pensato bene d’iniziare a preparare la strada per lo smantellamento del mondo del lavoro (o meglio di quello che ne resta) prossimo venturo, scagliandosi in una filippica contro il posto fisso, come già avevano fatto in molti (con qualche eccellente eccezione) prima di lui negli anni passati. “I giovani devono abituarsi all'idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita. E poi, diciamolo, che monotonia. E' bello cambiare e accettare delle sfide”. Sono state le parole con le quali ha sintetizzato il concetto che la precarietà dovrebbe essere accettata di buon grado dai giovani (i meno giovani ormai sono caduti in un oblio senza fondo come se a 40 anni l’unica prospettiva praticabile fosse quella del suicidio), in qualità di sfida elettrizzante, dispensatrice di adrenalina e gioia di vivere….. Si potrebbe filosofeggiare a lungo sul concetto di monotonia, dal momento che la sensazione ha carattere largamente soggettivo, però prendendo per buono lo spunto del professore al servizio dell’usura, non si può evitare di sottolineare come tutte le società che hanno attraversato il corso della storia siano sempre state fondate sui pilastri del posto fisso e della monotonia, così come lo è altrettanto quella neoliberista, di cui egli si manifesta fra i massimi estimatori. Alla base di una “monotonia” di fondo allignano i bisogni primari dell’essere umano, che suo malgrado possiede una dimensione corporea , che noiosamente lo costringere a mangiare due volte al dì, a trovare un riparo dove proteggersi dalle intemperie, a ricoprirsi di “stracci” per non morire congelato e via discorrendo…..clicca QUI per continuare la lettura…. (da www.ilcorrosivo.blogspot.com - febbraio 2012)