• Legge di stabilità e contratti pubblici • Decreto
Transcript
• Legge di stabilità e contratti pubblici • Decreto
1/2016 • Legge di stabilità e contratti pubblici • Decreto-legge e legge “milleproroghe” • Riforma degli appalti pubblici: legge delega e decreto delegato I contratti dello Stato e degli Enti pubblici FONDATORE E PRIMO DIRETTORE Sergio Zambardi DIRETTORE Antonio Vespignani DIRETTORE ORGANIZZATIVO Ernesto Liesch REDAZIONE Pietro De Franciscis Guido Barzazi Arianna Fuser Antonio Iannotta Andrea Mascolini Emanuela Rizzi Stefano Sacchetto Valeria Zambardi DIRETTORE RESPONSABILE Manlio Maggioli COMITATO SCIENTIFICO Luigi Benvenuti Elio Borgonovi Piero Alberto Capotosti Riccardo Chieppa Paolo De Caterini Angela Del Vecchio Gian Candido De Martin Antonio Fiorentin Sergio Fois Italo Franco Giovanni Giacobbe Fabio Gobbo Annibale Marini Francesco Pasetti Bombardella Francesco Staderini Marzio Strassoldo Carlo Taormina Gaetano Trotta Massimo Vari COLLABORAZIONI DIREZIONE E REDAZIONE Via S. Marco, 3896 30124 Venezia e-mail: [email protected] AMMINISTRAZIONE E DIFFUSIONE Maggioli Editore presso c.p.o. Rimini Via Coriano, 58 47924 Rimini Tel. 0541/628111 Fax 0541/622100 Maggioli Editore è un marchio Maggioli s.p.a. Servizio Clienti Tel. 0541/628242 Fax 0541/622595 e-mail: [email protected] www.periodicimaggioli.it Per l’invio di articoli e comunicati si prega di fare riferimento al seguente indirizzo e-mail: [email protected] oppure alla Redazione, via S. Marco, 3896 – 30124 Venezia PUBBLICITÀ: Publimaggioli • Concessionaria di Pubblicità per Maggioli s.p.a. Via del Carpino, 8 – 47822 Santarcangelo di Romagna (RN) Tel. 0541/628439 – Fax 0541/624887 e-mail [email protected] www.publimaggioli.it Filiali Milano Via F. Albani, 21 – 20149 Milano Tel. 02/48545811 Fax 02/48517108 Bologna Piazza VIII Agosto - Galleria del Pincio, 1 - 40126 Bologna Tel. 051/229439-228676 Fax 051/262036 Roma Via Volturno, 2/c – 00185 Roma Tel. 06/5896600-58301292 Fax 06/5882342 Registrazione presso il Tribunale di Rimini il 28.7.1995 al n. 13 Maggioli Spa Azienda con Sistema Qualità Certificato ISO 9001:2008 Iscritta al registro operatori della comunicazione STAMPA Maggioli Spa – Santarcangelo di Romagna (RN) Hanno collaborato a questo numero Raffaella Boscolo, Funzionario di organizzazione imprenditoriale Franco Botteon, Avvocato Francesco Caliante, Avvocato Oliver Cristante, Avvocato Maurizio Lucca, Segretario generale di amministrazioni locali e Manager di rete Pietro De Franciscis, Presidente di Sezione della Corte dei conti Arianna Fuser, Consulente Emanuela Rizzi, Avvocato Stefano Sacchetto, Avvocato Antonio Vespignani, Responsabile servizio appaltistico A.C.E.A. Samanta Vianello, Avvocato CONDIZIONI DI ABBONAMENTO 2016 (Prezzo bloccato fino al 31 gennaio 2016) Il prezzo di abbonamento della rivista “I contratti dello Stato e degli enti pubblici”: • ANNUALE: euro 208,00 (Iva inclusa) Formato digitale (in formato PDF) è di euro 104,00 + Iva. • TRIENNALE: euro 188,00 all’anno (Iva inclusa) Formato digitale (in formato PDF) è di euro 94,00 all’anno + Iva. Il prezzo di una copia della rivista è di euro 50,00. Il prezzo di una copia arretrata è di euro 52,00. Il pagamento dell’abbonamento deve essere effettuato con bollettino di c.c.p. n. 31666589 intestato a Maggioli s.p.a. – Periodici – Via del Carpino, 8 – 47822 Santarcangelo di Romagna (RN). La rivista è disponibile anche nelle migliori librerie. L’abbonamento decorre dal 1° gennaio con diritto al ricevimento dei fascicoli arretrati ed avrà validità per un anno. In mancanza di esplicita revoca, da comunicarsi in forma scritta entro il termine di 45 giorni successivi alla scadenza dell’abbonamento, la Casa Editrice, al fine di garantire la continuità del servizio, si riserva di inviare il periodico anche per il periodo successivo. La disdetta non sarà ritenuta valida qualora l’abbonato non sia in regola con tutti i pagamenti. Il rifiuto o la restituzione dei fascicoli della rivista non costituiscono disdetta dell’abbonamento a nessun effetto. I fascicoli non pervenuti possono essere richiesti dall’abbonato non oltre 20 giorni dopo la ricezione del numero successivo. TUTTI I DIRITTI RISERVATI È vietata la riproduzione, anche parziale, del materiale pubblicato senza autorizzazione dell’Editore. Le opinioni espresse negli articoli appartengono ai singoli autori, dei quali si rispetta la libertà di giudizio, lasciandoli responsabili dei loro scritti. L’autore garantisce la paternità dei contenuti inviati all’Editore manlevando quest’ultimo da ogni eventuale richiesta di risarcimento danni proveniente da terzi che dovessero rivendicare diritti su tali contenuti. Coloro che sono in regola con i pagamenti hanno diritto a richiedere entro l’anno la risoluzione gratuita di due quesiti di interesse generale. I quesiti dovranno essere formulati per iscritto ed inviati all’indirizzo e-mail: [email protected] Sommario Contratti dello Stato e degli Enti pubblici • 1/2016 EDITORIALE Nuovo Codice degli appalti e delle concessioni: finalmente ci siamo..........7 Antonio Vespignani DOTTRINA Estinzione del reato oggetto di patteggiamento nel quadro delle diverse interpretazioni giurisprudenziali e relativa incidenza sui requisiti di partecipazione alle pubbliche gare.....................25 Oliver Cristante GIURISPRUDENZA Revisione prezzi dei contratti d’appalto di beni e servizi tra principi consolidati (non condivisibili) e novità normative (art. 1, comma 511, l. n. 208/2015 “Legge di stabilità 2016”).......................35 • CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 27 novembre 2015, n. 5375 di Franco Botteon Quali dichiarazioni rilevano ai fini del conseguimento dell’aggiudicazione di un appalto e quando una dichiarazione incompleta riferita ai precedenti penali può costituire legittima causa di esclusione?.......................................................................................45 • CONSIGLIO DI STATO, sez. III, 17 novembre 2015, n. 3792 di Samanta Vianello La funzione della garanzia fideiussoria nelle gare aventi ad oggetto l’affidamento di contratti attivi ed il grado di vincolatività delle disposizioni della lex specialis concernenti la presentazione della predetta garanzia......................................................53 • CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 7 dicembre 2015, n. 5554 di Francesco Caliandro Sulla possibilità in sede di offerta di discostarsi dai costi medi del lavoro indicati nelle apposite tabelle, periodicamente predisposte dal Ministero del Lavoro in base ai valori previsti dalla contrattazione collettiva e dalle norme in materia.............................69 • CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 2 dicembre 2015, n. 5449 di Raffaella Boscolo Limiti del ricorso al “soccorso istruttorio” in caso di mancata dichiarazione di precedenti risoluzioni contrattuali...................................76 • T.A.R. TOSCANA, FIRENZE, sez. II, 13 gennaio 2016, n. 11 di Emanuela Rizzi FORMULARIO Protocollo di legalità con schema atto..........................................................82 Maurizio Lucca QUESITI Risposte ai lettori............................................................................................95 a cura di Antonio Vespignani, Stefano Sacchetto e Arianna Fuser RASSEGNE a cura di Pietro De Franciscis Rassegna normativa........................................................................................99 Osservatorio A.N.AC.....................................................................................108 Editoriale Antonio Vespignani Nel momento in cui si scrive, lo schema di decreto legislativo di recepimento delle direttive comunitarie in materia di appalti e di concessioni, nonché di riordino complessivo della materia dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, sta ultimando il proprio articolato iter approvativo. In attesa delle modifiche che deriveranno dal passaggio davanti alle Commissioni parlamentari e dal parere del Consiglio di Stato, alcune considerazioni di carattere generale possono essere svolte sin da subito. Una prima riguarda inevitabilmente i tempi di emanazione del provvedimento. Il 29 gennaio è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge delega – l. 28 gennaio 2016, n. 11 – entrata in vigore il successivo 13 febbraio e i cui contenuti, sia per la parte immediatamente precettiva, sia per la parte di fissazioni di principi e criteri per il legislatore delegato, sono stati analizzati nel n. 4/2015 di questa rivista. Rispetto alla data-capestro del 18 aprile per il recepimento delle direttive 2014/23, 2014/24 e 2014/25 del 26 febbraio 2014, quindi, poco più di due mesi per redigere la nuova “Bibbia” degli appalti pubblici e delle concessioni, stante la scelta del Governo di concentrare in un unico testo il recepimento delle direttive comunitarie e la nuova disciplina complessiva della materia (per la quale ultima il termine è fissato al 31 luglio dalla stessa legge delega). Scelta coraggiosa e unanimemente condivisa, atteso il rischio che la riscrittura, in due momenti, del nuovo Codice potesse generare frammentazioni del quadro normativo, ponendo in difficoltà gli operatori sia nella gestione delle gare sia nell’esecuzione dei lavori nel periodo transitorio. Una scelta tuttavia che ha reso ancor più impegnativo il compito del legislatore delegato, comprimendo notevolmente i tempi a sua disposizione per l’elaborazione di un provvedimento – un codice – che per sua 1/2016 Nuovo Codice degli appalti e delle concessioni: finalmente ci siamo 7 1/2016 Editoriale 8 natura postula tempi molto più lunghi. Già una semplice lettura dello schema di decreto legislativo evidenzia come i tempi ristretti di redazione hanno inevitabilmente comportato refusi e incoerenze, da rimediarsi (preferibilmente) già in sede di recepimento dei vari pareri. È connaturato ad un provvedimento che abbia l’ambizione di porsi quale “codice” un duplice elemento: la organicità e un certo grado di stabilità. La genesi “frettolosa” del nuovo codice degli appalti e delle concessioni inevitabilmente suscita qualche preoccupazione da entrambi i punti di vista. Sotto il primo profilo appare difficile parlare di organicità con riferimento ad un provvedimento che rinvia a oltre cinquanta atti di attuazione. Qui potrebbe assumere un ruolo decisivo la cabina di regia istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con l’elaborazione di un piano di azione della fase attuativa del codice che, coordinando gli interventi di competenza dei diversi Ministeri, assicuri una tempestiva e ordinata attuazione, ed eviti sovrapposizioni e duplicazioni. In ordine alla stabilità, poi, appare pressoché inevitabile pensare ad un primo decreto “correttivo” che intervenga da subito per emendare gli errori derivanti dalla necessità di dare attuazione in tempi tanto stretti ad una delega così complessa. D’altra parte non può sfuggire la circostanza che lo stesso legislatore abbia in qualche modo “messo le mani avanti”, prevedendo nella stessa legge delega (art. 1, comma 8) che, entro un anno dall’entrato in vigore del decreto legislativo in questione, il Governo possa adottare disposizioni integrative e correttive, beninteso nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi e della procedura indicata dalla stessa legge delega. Anche in considerazione di questo aspetto, qualche riflessione va fatta in ordine al periodo transitorio. Essendo molteplici gli atti attuativi del codice che dovranno sostituire l’attuale regolamento generale (d.P.R. n. 207/2010), è auspicabile che questo non sia abrogato con effetto immediato. Per scongiurare l’inevitabile vuoto normativo che verrebbe a crearsi, sarà opportuno che l’effetto abrogativo decorra dalla data di adozione dei singoli atti attuativi, da emanarsi comunque entro un determinato termine (breve). Il rischio paralisi del mercato conseguente alla mancanza di un adeguato periodo transitorio è stato avvertito dallo stesso Presidente dell’A.N.A.C. e recepito dal Ministro delle infrastrutture, cosicché è verosimile che esso trovi spazio nella versione definitiva del Codice. Un ultimo tema caldo è quello del carattere vincolante o meno delle linee guida dell’A.N.A.C., in più parti richiamate nel testo del nuovo Codice. Editoriale * * * 1/2016 Il passaggio (sia pure parziale) ad un sistema di soft law, estraneo alla nostra tradizione giuridica, se da un lato rappresenta un’innovazione interessante in termini di legislazione più “leggera” e più flessibile, dall’altro rischia di riproporre ad un livello più alto il problema della (dis)omogeneità dei comportamenti delle stazioni appaltanti, non di rado portate a condotte o interpretazioni “anarchiche” anche di fronte a disposizioni di rango legislativo. Rischio ulteriormente rafforzato dalla presenza di tre diverse tipologie di linee guida dell’Autorità (si veda anche la lett. t), dell’art. 1, comma 1, della legge delega): a) linee guida aventi valenza generale, approvate con decreto ministeriale e trasmesse prima dell’adozione alle competenti commissioni parlamentari per il relativo parere: queste costituiscono veri e propri regolamenti; b) linee guida “vincolanti”, che non sono regolamenti (nemmeno sotto il profilo del procedimento di adozione), ma costituiscono atti di regolazione di un’autorità indipendente, e come tali devono seguire alcune garanzie procedimentali minime: dalla consultazione pubblica alla verifica di impatto della regolazione, all’adeguata pubblicità; c) infine, linee guida non vincolanti con valore di mero indirizzo per orientare i comportamenti delle stazioni appaltanti e degli operatori economici. * * Come di consueto, la produzione normativa di fine anno poggia su due immancabili capisaldi: la legge di stabilità e il decreto-legge “milleproroghe”. Cambiano solo le date e i numeri dei provvedimenti, non l’inveterata abitudine di utilizzarli come leggi “omnibus”, all’interno delle quali far coesistere disposizioni dei più svariati contenuti, con buona pace di qualunque aspettativa di organicità e sistematicità. La legge di stabilità 2016 – legge 28 dicembre 2015, n. 208 – è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 2015. Il Provvedimento, in vigore dal 1° gennaio u.s., contiene alcune disposizioni di particolare rilievo in materia di contratti pubblici. Rafforzamento dell’acquisizione centralizzata. La legge contiene una serie di previsioni volte a conseguire maggiore economicità ed efficienza negli approvvigionamenti di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, mediante la riduzione dei prezzi unitari d’acquisto e l’utilizzo delle forme di centralizzazione. In particolare, l’art. 1, comma 494, modifica alcuni periodi dell’art. 9 1/2016 Editoriale 10 1, comma 7, del d.l. n. 95/2012 (conv., dalla l. n. 135/2012), facendo salva la possibilità di procedere ad affidamenti, nelle categorie merceologiche indicate nel comma 7 (energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile), anche al di fuori delle convenzioni e degli accordi quadro, a condizione che gli stessi conseguano ad approvvigionamenti da altre centrali di committenza o a procedure di evidenza pubblica, e prevedano corrispettivi inferiori almeno del 10% (telefonia fissa e telefonia mobile) e del 3% per le altre categorie, rispetto ai migliori corrispettivi indicati nelle convenzioni e accordi quadro messi a disposizione da Consip s.p.a. e dalle centrali di committenza regionali. Tutti i contratti riguardanti tali affidamenti vanno trasmessi all’A.N.A.C. e devono comunque essere sottoposti a condizione risolutiva con possibilità per il contraente di adeguamento ai migliori corrispettivi nel caso di intervenuta disponibilità di convenzioni Consip e delle centrali di committenza regionali che prevedano condizioni di maggior vantaggio economico in percentuale superiore al 10% rispetto ai contratti già stipulati. Inoltre, al fine di concorrere al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso una razionalizzazione delle spese delle pubbliche amministrazioni riguardanti le categorie merceologiche sopracitate, in via sperimentale, dal 1º gennaio 2017 al 31 dicembre 2019, non trovano applicazione le predette disposizioni sulla cd. outside option. Come è evidente, la norma è volta a rafforzare il ricorso alle convenzioni attraverso differenti modalità come, nello specifico, la limitazione delle deroghe all’obbligo di approvvigionarsi tramite le convenzioni, che vengono disapplicate per il triennio 2017-2019, e alle quali, come visto, viene comunque imposto un limite minimo di prezzo inferiore rispetto a quello risultante dalle convenzioni e dagli accordi quadro. Viene anche esteso l’ambito dei soggetti obbligati a forme di acquisto centralizzato, con riguardo agli enti pubblici di previdenza e assistenza sociali (INPS, INAIL) e alle agenzie fiscali di cui al d.lgs. n. 300/1999 (Agenzia delle Entrate, Agenzia del Demanio, Monopoli; comma 495), a tutte le stazioni appaltanti, anziché ai soggetti aggiudicatori (commi 496-498) ed agli enti locali, precisando inoltre gli ambiti territoriali di operatività dei soggetti aggregatori (comma 499). Con il comma 501 viene estesa anche ai comuni con meno di 10.000 abitanti la possibilità – precedentemente limitata ai municipi con popolazione superiore a 10.000 abitanti – di procedere autonomamente, quindi senza ricorrere a centrali di committenza, per l’affidamento di lavori, di beni e servizi di valore inferiore a 40.000 euro. Giova peraltro sottolineare che tale deroga riguarda l’obbligo di Editoriale 1/2016 “centralizzazione”, non quello di effettuare acquisti di beni e servizi mediante il ricorso agli strumenti elettronici o mediante il ricorso ai soggetti aggregatori. Con riferimento ai ccdd. “micro-acquisti”, vale a dire quelli d’importo inferiore ai 1.000 euro, viene previsto che le amministrazione statali, nonché gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale pubblici, le agenzie fiscali, gli enti del SSN e le regioni e province autonome, non hanno più l’obbligo di ricorrere al MEPA e agli altri strumenti telematici Consip. In considerazione dell’esiguità dell’importo, infatti, tali acquisti possono essere effettuati anche mediante negoziazione ed affidamento diretto con un unico fornitore, in conformità all’art. 125 del Codice dei contratti. Viene inoltre previsto (comma 504) che gli strumenti di acquisto e di negoziazione messi a disposizione da Consip possono avere ad oggetto anche attività di manutenzione, ciò che – in considerazione delle modalità operative prevalentemente telematiche di Consip (Mepa, sistemi dinamici di acquisizione, convenzioni ed accordi quadro) – potrebbe comportare alcuni problemi nella gestione delle procedure di gara inerenti i lavori (di manutenzione), in quanto le modalità tipicamente telematiche di gara non si sposano facilmente con ogni tipologia di lavoro non standardizzabile. Il decreto-legge “milleproroghe” – d.l. 30 dicembre 2015, n. 210, recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative” – è stato convertito con la legge 25 febbraio 2016, n. 21, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2016. La legge di conversione, da un lato, ha confermato una serie di rinvii su scadenze di termini riguardanti, tra gli altri, il settore degli appalti pubblici e, dall’altro, ha accolto alcune ulteriori proposte di proroga di rilievo per il medesimo comparto, che non figuravano nel decreto-legge. È interessante rilevare come, salvo una eccezione, le proroghe in tema di appalti abbiano una durata limitata 31 luglio 2016, e ciò in coerenza con la più remota delle date di possibile esercizio della delega per il riordino della disciplina in materia di contratti pubblici. Anticipazione del prezzo. Fino al 31 luglio 2016, è confermata l’anticipazione dell’importo contrattuale a favore dell’appaltatore negli appalti di lavori, nella misura del 20% (art. 7, comma 1). Tale previsione si applica ai lavori disciplinati dal codice dei contratti (d. lgs. n. 163/2006), affidati a seguito di gare bandite o di altra procedura avviata successivamente al 28 febbraio 2015 (data di entrata in vigore della l. n. 11/2015, di conversione del d.l. n. 192/2014), indipendentemente da una specifica previsione del bando. Infatti, come 11 1/2016 Editoriale 12 evidenziato dall’ANAC, in forza del principio di eterointegrazione, l’anticipazione si inserisce di diritto nella disciplina di gara anche in sostituzione di eventuali clausole difformi. È opportuno ricordare che l’anticipazione del prezzo, nella misura del 10%, è stata reintrodotta dal 10 agosto 2013, fino al 31 dicembre 2016, con la l. 9 agosto 2013, n. 98, che, in sede di conversione, ha inserito nel testo del d.l. n. 69/2013, l’art. 26-ter avente ad oggetto una deroga ai vigenti divieti di anticipazione del prezzo. Ne consegue che – fermo restando quanto stabilirà al riguardo il nuovo Codice (lo schema di decreto – a partire dal 1° agosto e fino al 31 dicembre 2016, l’anticipazione dovrà essere prevista nella misura ridotta del 10%. Qualificazione. Sempre fino al 31 luglio 2016, per il conseguimento della qualificazione Soa, permane la disposizione secondo cui il periodo di attività documentabile dall’impresa che intende qualificarsi è quello riguardante il decennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con la Soa (art. 7, comma 2, lett. a). Pertanto, ai sensi del novellato art. 253, comma 9-bis, del Codice dei contratti, le imprese in sede di qualificazione posso utilizzare gli ultimi dieci bilanci approvati per la dimostrazione del requisito della cifra di affari realizzata con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta, nonché a dimostrazione del requisito dell’adeguata dotazione di attrezzature tecniche e del requisito dell’adeguato organico medio annuo. Con riferimento ai requisiti tecnici dei lavori realizzati in ciascuna categoria e del requisito dell’esecuzione dei lavori c.d. “di punta”, il periodo documentabile dall’impresa in sede di attestazione corrisponde al decennio (solare) antecedente alla sottoscrizione del contratto della Soa. Ai sensi dell’ultimo periodo del comma 9-bis citato, le medesime esenzioni sopra illustrate sul periodo documentabile in sede di qualificazione, sono previste per la dimostrazione, in gara, dei requisiti di ordine tecnico-organizzativo, negli appalti di importo inferiore a 150.000 mila euro. In ordine agli affidamenti di incarichi di progettazione, di direzione lavori, di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, di collaudo, la proroga al 31 luglio 2016 (art. 7, comma 2, lett. b) riguarda l’estensione del periodo di attività documentabile per i requisiti di capacità tecnicoprofessionale ed economico-finanziaria: migliori tre anni del quinquennio precedente o migliori cinque anni del decennio precedente la data di pubblicazione del bando di gara (art. 253, comma 15-bis). Sempre in tema di qualificazione, il “milleproroghe” interviene sulla dimostrazione della cifra di affari, negli appalti di importo a base Editoriale 1/2016 di gara superiore a euro 20.658.000, ottenuta con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta, che non può essere inferiore a 2,5 volte all’importo a base di gara (art. 61, comma 6, d.P.R. n. 207/2010). Nel provvedimento (art. 7, comma 4-bis, aggiunto in sede di conversione) è infatti specificato che, fino al 31 luglio 2016 (il precedente termine sancito dall’art. 357, comma 19-bis, del Regolamento era il 31 dicembre 2015) il requisito della cifra di affari realizzata con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta è dimostrato con riferimento ai migliori cinque anni del decennio antecedente la data di pubblicazione del bando e non al quinquennio antecedente. L’ultima proroga in tema di qualificazione, contenuta nel provvedimento in esame, riguarda la possibilità per l’operatore economico di continuare ad utilizzare le attestazioni Soa conseguite a dimostrazione dei requisiti di iscrizione come contraente generale (art. 7, cc. 3 e 4). In particolare, fino al 31 luglio 2016, per la suddetta iscrizione, il possesso dei requisiti di adeguata idoneità tecnica e organizzativa per importo illimitato, può essere dimostrato presentando, ai competenti uffici del Ministero delle infrastrutture, una copia conforme delle attestazioni Soa possedute. Va ricordato che, a questo fine, è necessario il possesso da parte dell’impresa di non meno di tre categorie di opere generali di importo illimitato per la qualificazione nella classifica I, di non meno di sei categorie di importo illimitato (di cui almeno quattro di opere generali) per la classifica II e di nove categorie di importo illimitato (di cui almeno cinque di opere generali) per la classifica III (art. 189, comma 5, d.lgs. n. 163/2006). Esclusione automatica delle offerte anomale. Il d.l. n. 210/2015 non conteneva alcuna proroga in ordine alla possibilità di applicare il meccanismo di esclusione automatica delle offerte anomale. Ai sensi dell’art. 253, comma 20-bis, del Codice, per gli appalti di lavori di importo compreso tra il milione di euro e la soglia comunitaria e per gli appalti di servizi e di forniture sotto soglia di importo superiore a 100.000 euro, tale facoltà era infatti ammessa solo fino al 31 dicembre 2015. mentre per gli appalti di importo pari inferiore alle predette soglie, essa è prevista senza scadenza rispettivamente dall’art. 122, comma 9, e dall’art. 124, comma 8, dello stesso Codice. Cosicché dal 1° gennaio 2016, l’esclusione automatica delle offerte anomale risultava possibile solo per appalti di lavori di importo fino a 1 milione di euro e per appalti di servizi e forniture di importo fino a 100.000 euro. In sede di conversione (art. 7, comma 2, lett. b-bis), peraltro, è stata disposta la proroga di entrambe le disposizioni al 31 luglio 2016. 13 1/2016 Editoriale 14 Pertanto, fino a quella data, le stazioni appaltanti possono applicare l’esclusione automatica delle offerte anomale per gli appalti di lavori pubblici inferiori a 5.225.000 euro per i lavori, a 135.000 euro per i servizi e le forniture aggiudicati dalle amministrazioni governative, a 209.000 euro per i servizi e le forniture aggiudicati dalle altre amministrazioni. Pubblicazione bandi. Fino al 31 dicembre 2016, restano in vigore le disposizioni che prevedono l’obbligo di pubblicazione sui quotidiani, per estratto, del bando o dell’avviso per l’affidamento dei contratti pubblici nei settori ordinari, sopra e sotto soglia comunitaria (art. 7, comma 7, del “milleproroghe” e art. 26 del d.l. n. 66/2014, conv. con l. n. 89/2014). In particolare, per tutto il 2016 restano in vigore norme che prevedono: 1. per gli appalti d’importo pari o superiore alla soglia comunitaria, anche l’obbligo della pubblicazione per estratto su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due a diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti (art. 66, comma 7, d.lgs. n. 163/2006); 2. per gli appalti d’importo inferiore alla soglia comunitaria, anche l’obbligo della pubblicazione per estratto su almeno uno dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno uno a diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti (art. 122, comma 5, d.lgs. n. 163/2006). Conseguentemente, fino al 31 dicembre 2016, resta a carico dell’aggiudicatario dell’appalto l’obbligo di rimborsare alle stazioni appaltanti anche le spese per la pubblicità sui quotidiani, entro sessanta giorni dall’aggiudicazione. Solo a far data dal nuovo termine 1° gennaio 2017, venuto meno l’obbligo di pubblicazione sui quotidiani, i bandi e gli avvisi potranno essere pubblicati esclusivamente sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica, sul sito web dell’ente appaltante e sul sito del Ministero. La legge n. 221 del 28 dicembre 2015 (in G.U. n. 13 del 18 gennaio 2016) contiene disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali. Particolare interesse assumono le disposizioni introdotte capo IV della legge e relative al ricorso ai cosiddetti “appalti verdi”. Con tale espressione (Green Public Procurement) si designa l’insieme degli strumenti giuridici volti a promuovere la graduale integrazione degli Editoriale 1/2016 interessi ambientali nella disciplina legislativa degli appalti pubblici. Con decreto del Ministero dell’Ambiente dell’11 aprile del 2008 (aggiornato con d.m. 10 aprile 2013), il nostro paese ha adottato il c.d. PAN GPP (Piano d’Azione Nazionale per il Green Public Procurement), vale a dire il piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione. Obiettivo del PAN è quello di massimizzare la diffusione del GPP presso gli enti pubblici in modo da farne dispiegare in pieno le potenzialità in termini di miglioramento ambientale, economico e industriale. Inoltre, il PAN GPP fornisce un quadro generale sul Green Public Procurement, definisce degli obiettivi nazionali, identifica le categorie di beni, servizi e lavori di intervento prioritarie per gli impatti ambientali e i volumi di spesa, su cui definire i “Criteri Ambientali Minimi” (c.d. CAM). Si veda al riguardo il d.M. 24 dicembre 2015, concernente l’adozione dei criteri ambientali minimi per l’affidamento dei servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici e per la gestione dei cantieri della p.a. È questa la cornice all’interno della quale si muove la legge in commento, che – tra l’altro – introduce alcuni correttivi al Codice dei contratti pubblici (d.lgs n. 163/2006), un provvedimento destinato a subire modifiche anche negli ultimi mesi della sua vigenza. All’art. 16, comma 1, viene infatti prevista una significativa modifica al comma 7 dell’art. 75 del Codice in tema di garanzia a corredo dell’offerta (cauzione provvisoria), prevedendo ulteriori riduzioni del relativo importo oltre a quella del 50% legata al possesso di un sistema di qualità certificato conforme alle norme europee della serie UNI CEI ISO 9000. In particolare, è introdotta una riduzione del 30% dell’ammontare della garanzia (e del suo eventuale rinnovo), per gli operatori economici registrati al sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) o del 20% per gli operatori in possesso di certificazione ambientale ai sensi della norma UNI EN ISO 14001. Tale riduzione è espressamente considerata cumulabile con il dimidiamento già previsto per il possesso di certificazione di qualità. Inoltre, l’importo della garanzia e del suo eventuale rinnovo è altresì ridotto del 15% per gli operatori economici che sviluppano un inventario di gas ad effetto serra ai sensi della norma UNI EN ISO 14064-1 o un’impronta climatica (carbon footprint) di prodotto ai sensi della norma UNI ISO/TS 14067. Per poter usufruire delle riduzioni predette – che, si ricorda, riguardano indistintamente i contratti relativi a lavori, servizi o forniture – il 15 1/2016 Editoriale 16 concorrente è tenuto a segnalare, in sede di offerta, il possesso dei relativi requisiti, e documentarlo nei modi prescritti dalle norme vigenti. Nessuna riduzione ulteriore è invece prevista per la cauzione definitiva di cui all’art. 113 del d.lgs. n. 163, mentre può essere interessante rilevare che una analoga, ma ben più articolata disciplina delle riduzioni della garanzia de qua è contenuta nell’art. 93 dello schema di decreto legislativo di recepimento delle direttive comunitarie in materia di appalti e concessioni. La legge in questione introduce inoltre numerose modifiche all’art. 83 del Codice, riguardante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In particolare, con riferimento ai criteri di valutazione dell’offerta che il bando deve indicare : - si prevede, alla lett. e), che le caratteristiche ambientali e il contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell’opera, del prodotto o del servizio (viene colmata la precedente mancanza del riferimento ai servizi), siano valutati anche in relazione alle specifiche tecniche premianti previste dai C.A.M. sopra citati (art. 19, comma 4); - al comma 1 lett. f ), che si limitava a citare quale criterio il costo di utilizzazione e manutenzione, si aggiunge che, nell’elaborazione di tale criterio, si possano anche tenere in considerazione i consumi di energia delle risorse naturali, le emissioni inquinanti, nonché i costi complessivi, ivi inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all’intero ciclo di vita dell’opera, bene o servizio, e ciò con la finalità – o meglio “obiettivo strategico” – di un uso più efficiente delle risorse e di un’economia circolare volta alla promozione di ambiente e occupazione (art. 16, comma 2, lett. a, n. 2); - alla lett. f ) viene fatta seguire una nuova lettera f-bis), che introduce come criterio di valutazione la possibilità di compensare le emissioni di gas ad effetto serra associate all’attività d’azienda, secondo i metodi stabiliti dalla raccomandazione n. 2013/179/UE della Commissione (art. 16, comma 2, lett. b); - il comma 2 dell’art. 83 viene modificato nel senso che, proprio con riferimento al criterio di cui alla precedente lett. f ), il bando deve indicare i dati che gli offerenti sono tenuti a fornire e il metodo che l’amministrazione aggiudicatrice utilizza per valutare i costi del ciclo di vita, inclusa la fase di smaltimento e di recupero, sulla base di tali dati. Inoltre il metodo di valutazione di tali costi deve soddisfare tre condizioni essenziali: Editoriale 1/2016 a) basarsi su criteri oggettivamente verificabili e non discriminatori; b) essere accessibile a tutti i concorrenti; c) basarsi su dati che possono essere forniti dagli operatori economici con un ragionevole sforzo. Analoghe prescrizioni, ulteriormente rafforzate e specificate, sono riprodotte nello schema di decreto legislativo delegato di riforma della normativa in materia, che dedica addirittura un articolo ad hoc (art. 96) ai costi del ciclo di vita. La legge n. 221/2015 amplia inoltre i poteri di monitoraggio e gli obblighi informativi, al fine di consentire una più effettiva considerazione dei criteri ambientali minimi all’interno delle procedure d’appalto. In particolare, all’art. 19, comma 1, (che introduce una nuova lett. l-bis) all’art. 7, comma 4, del codice, vengono attribuiti all’Osservatorio dei contratti pubblici compiti di monitoraggio sull’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi (C.A.M.), nonché sul raggiungimento degli obiettivi prefissati dal PAN GPP. Infine, viene introdotto l’obbligo che i bandi-tipo contengano indicazioni per l’integrazione nel bando dei Criteri Ambientali Minimi citati, modificando in modo l’articolo 64, comma 4-bis del Codice dei contratti (art. 19, comma 3). Specificamente dedicato agli appalti pubblici di forniture e di servizi (salvo quanto si vedrà di seguito) è il nuovo art. 86-bis del codice, introdotto dall’art. 18 della legge in commento. La norma prevede che nell’ambito della categorie per le quali si prevede l’adozione dei Criteri Ambientali Minimi, le pubbliche amministrazioni, ivi incluse le centrali di committenza, sono obbligate a contribuire al conseguimento dei relativi obiettivi ambientali (coerenti con gli obiettivi di riduzione dell’uso di gas che alterano il clima e relativi all’uso efficiente delle risorse). Tale obbligo viene soddisfatto attraverso l’inserimento nella documentazione di gara delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute in specifici decreti ministeriali riguardanti determinate categorie di forniture e affidamenti: acquisto di lampade a scarica ad alta densità, di alimentatori elettronici e di moduli a led per illuminazione pubblica; affidamento servizi di progettazione di impianti di illuminazione pubblica; attrezzature elettriche ed elettroniche d’ufficio; servizi energetici per edifici. Per altre categorie di forniture e di affidamenti l’obbligo opera per almeno il 50% del valore delle gare d’appalto (sopra o sotto soglia). Si tratta dell’affidamento del servizio di gestione dei rifiuti urbani, del servizio di gestione del verde pubblico, del servizio di pulizia, nonché per 17 1/2016 Editoriale 18 l’acquisto di materiali specificamente individuati (cartucce toner, prodotti per l’igiene, carta, prodotti tessili, ecc.). La citata percentuale del 50% è soggetta a progressivi incrementi, da disporsi con decreto del Ministro dell’Ambiente. L’obbligo di inserire nei documenti di gara specifiche tecniche e clausole contrattuali si applica anche alle forniture di beni e servizi e agli affidamenti di lavori oggetto di ulteriori decreti ministeriali di adozione dei relativi criteri ambientali minimi. Vi è infine un onere di pubblicità a carico delle stazioni appaltanti, che sono tenute a pubblicare sul proprio sito bandi e atti di gara con le relative clausole contrattuali contenenti i Criteri Ambientali Minimi, nonché gli aggiudicatari dell’appalto e i capitolati contenenti il recepimento dei predetti C.A.M. Lo scorso 7 gennaio, è stata attivata la Banca Dati Nazionale Unica della Documentazione Antimafia (BDNA), la piattaforma elettronica che consente alle pubbliche amministrazioni di ottenere il rilascio della documentazione antimafia (comunicazione e informazione antimafia) da parte delle prefetture competenti con procedure semplificate e in tempi più rapidi. L’entrata a regime della BDNA incide, tra l’altro, sulla disciplina relativa all’iscrizione nelle white list, vale a dire gli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa che operano nei “settori a rischio” specificamente individuati dall’art. 53 delle L. n. 190/2012 (c.d. “legge anticorruzione”). Come noto, infatti, l’art. 11 bis del d.L. n. 78/2015 (convertito con legge n. 125/2015) ha previsto che le stazioni appaltanti potessero procedere all’affidamento di contratti e/o all’autorizzazione di subcontratti a fronte dell’accertamento dell’avvenuta presentazione della domanda di iscrizione nella white list, anche nelle more dell’accoglimento della stessa, fino all’attivazione della Banca Dati Nazionale Unica della Documentazione Antimafia (BDNA). Pertanto, dal 7 gennaio, data di attivazione della Banca Dati, è venuta meno la proroga che, ai fini della verifiche antimafia, riconosceva validità anche alla mera presentazione della domanda di iscrizione nella white list, con la conseguenza che, da quella data, possono affidare contratti e/o autorizzare subcontratti solo a fronte dell’avvenuta iscrizione nell’elenco prefettizio. Sulla cessazione del regime transitorio per l’affidamento dei contratti relativi alle attività nei “settori sensibili”, è intervenuto il Ministero dell’Interno con circolare del 23 marzo, diramata a tutto il sistema delle Prefetture. Editoriale * * * 1/2016 Dopo aver confermato che dal 7 gennaio 2016 l’iscrizione nelle white list è disposta dalla Prefettura solo dopo la consultazione della Banca Dati Antimafia, la circolare ribadisce la necessità per la Prefettura di inserire nella BDNA i dati sia delle imprese che hanno presentato domanda di iscrizione alle white list successivamente al 7 gennaio, sia di quelle che hanno presentato domanda prima di quella data e tuttora in attesa di iscrizione. Il Ministero distingue poi l’iscrizione nelle white list (che non postula l’attualità di una fattispecie contrattuale) e l’accertamento antimafia connesso invece ad uno specifico affidamento. Quando i due piani si incontrano – cioè quando l’impresa che ha presentato domanda di iscrizione (e non si ancora iscritta) alla whit list sia interessata ad accedere ad un contratto o subcontratto pubblico – vi è l’esigenza di evitare che la mancata conclusione della procedura di iscrizione, rendendo impossibile il perfezionamento del contratto, possa provocare un danno patrimoniale all’impresa. In tale ipotesi la stazione appaltante, dopo aver consultato gli elenchi prefettizi, verificando che l’impresa abbia già richiesto l’iscrizione, consulterà la Banca Dati Nazionale immettendo i dati relativi all’impresa interessata. Dal momento della consultazione decorreranno i termini di cui all’art. 92, comma 2, del d.lgs. n. 159/2011 (Codice antimafia), che prevedono che il prefetto rilasci l’informazione antimafia interdittiva entro 30 giorni dalla data della consultazione (45 giorni quando le verifiche siano di particolare complessità). Di particolare importanza il fatto che la circolare richiami espressamente anche il comma 3 dello stesso art. 92, ai sensi del quale decorso inutilmente il termine predetto, le stazioni appaltanti procedono anche in assenza dell’informazione antimafia, fermo restando il recesso dal contratto o la revoca dell’autorizzazione al subcontratto nel caso di successiva positività dell’accertamento. * * Con riferimento poi all’attività dell’Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione, merita anzitutto di essere segnalato il Comunicato del Presidente del 4 novembre 2015, avente ad oggetto la stipula dei contratti d’appalto in forma elettronica. Il Comunicato integra e modifica il contenuto della determinazione n. 1/2013, che forniva indicazioni alle stazioni appaltanti concernenti la forma dei contratti pubblici, ai sensi dell’art. 11, comma 13, del Codice degli appalti. 19 1/2016 Editoriale In particolare, il Comunicato, dopo aver ribadito la volontà del legislatore di comminare la sanzione della nullità a tutti i casi di mancato utilizzo della “modalità elettronica” – che deve ritenersi obbligatoria sia per la forma pubblica amministrativa del contratto sia per la scrittura privata – precisa che anche la scrittura privata conclusa tramite scambio di lettere, ai sensi dell’art. 334, comma 2, del d.P.R. n. 207/2010, e relativa al cottimo fiduciario negli appalti di servizi e di forniture, dovrà essere redatta in modalità elettronica * * * * * La stessa Anac ha emanato la determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015, con la quale ha provveduto all’aggiornamento 2015 al Piano Nazionale Anticorruzione, approvato con delibera 11 settembre 2013, n. 72. Come noto si tratta del documento che ha, tra gli altri, l’obiettivo di fornire indicazioni per la predisposizione e gestione delle misure di prevenzione della corruzione nell’area di rischio relativa ai “contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”, quindi ben oltre sola fase di “affidamento”. Al riguardo, l’Autorità segnala che dalla valutazione dei PTPC (Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione) – vale a dire lo strumento attraverso il quale l’amministrazione sistematizza e descrive il processo finalizzato a definire una strategia di prevenzione del fenomeno corruttivo – è emersa l’esigenza di un intervento mirato sui contratti pubblici. La determinazione individua puntualmente sei fasi in cui si articolano i contratti pubblici (programmazione; progettazione della gara; gestione della procedura di selezione; verifica dell’aggiudicazione e stipula del contratto; esecuzione del contratto; rendicontazione del contratto) e, per ciascuna di esse, fornisce precise indicazioni metodologiche, cui le stazioni appaltanti devono attenersi, distinguendo tra: a) analisi del contesto esterno ed interno; b) mappatura dei processi; c) identificazione degli eventi rischiosi; d) trattamento del rischio. * 20 * * * * Editoriale 1/2016 Con Comunicato del Presidente del 3 febbraio 2016, viene riportato che il Consiglio dell’ANAC ha ritenuto di approfondire i diversi effetti della dichiarazione di decadenza dell’attestazione Soa, ove questa sia conseguenza della presentazione, da parte dell’impresa, di false dichiarazioni o documentazioni (ex art. 40, comma 9-quater, del Codice dei contratti). In particolare il Consiglio si sofferma sul caso di consapevole utilizzazione successiva dell’attestazione affetta da falsità, rilevando che ciò concreta un distinto ed autonomo fatto illecito, per il quale, per quanto concerne gli eventuali profili sanzionatori, ricorre l’applicazione dell’art. 48, del d.l.vo 163/2006. La finalità dell’intervento dell’Autorità sembra quello di rendere possibile l’esplicazione del potere sanzionatorio di carattere pecuniario della stessa ANAC nei confronti di quelle imprese che, scientemente, utilizzino un attestato Soa frutto di dichiarazioni/documentazioni non veritiere. Come noto, l’art. 48 del d.lgs. n. 163, in tema di controllo a campione sui requisiti di partecipazione, dispone che le stazioni appaltanti richiedano ad un numero di offerenti non inferiore al 10% delle offerte presentate di comprovare il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, richiesti nel bando di gara, e ove tale prova non sia fornita o non confermi le dichiarazioni presentate, il concorrente incorre in una triplice sanzione: l’esclusione dalla gara, l’escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione all’Autorità per i provvedimenti sanzionatori di competenza di cui art. 6, comma 11, del Codice. La norma de qua costituisce evidentemente una fattispecie molto ampia, nella quale manca un vero e proprio riferimento allo specifico caso, considerato dal Consiglio, dell’utilizzazione, da parte di un concorrente, di un’attestazione SOA intrinsecamente falsa. Poiché, a norma di legge, l’attestazione di qualificazione è condizione necessaria e sufficiente ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti a carattere speciale richiesti per la partecipazione alle gare pubbliche di lavori di importo superiore a euro 150.000, l’Autorità ha affermato che la decadenza dell’attestazione conseguita sulla base di falsa dichiarazione o falsa documentazione, possa produrre effetti anche ai fini di quanto previsto dall’art. 48, cc. 1 e 2, d.lgs. n. 163/2006, in quanto può essere contestata all’operatore economico la consapevole produzione di un’attestazione di qualificazione affetta da falsità. In tale circostanza (consapevole e volontaria utilizzazione di un’attestazione falsa) si profila, infatti, la fattispecie sanzionatoria prevista 21 1/2016 Editoriale 22 dall’art. 48, comma 1, d.lgs. n. 163/2006, con l’attivazione a carico della stazione appaltante sia degli obblighi sanzionatori previsti dalla norma, sia dell’obbligo di segnalazione all’Autorità, ove il soggetto non risulti già essere stato escluso dalla gara. Il Comunicato precisa peraltro che risulta indispensabile, ai fini presi in considerazione, che la condotta del concorrente sia già stata “profilata” come dolosa nell’ambito del procedimento ex art. 40, comma 9 quater, del Codice. Solo in tal caso, infatti, potrà concretarsi l’ipotesi sanzionatoria ex art. 48 d.lgs. n. 163/2006, che va infatti circoscritta ai soli casi di utilizzo della falsa attestazione consapevolmente conseguita con referenze false e, dunque, ai soli casi di imputabilità con dolo, ai sensi del 40, comma 9 quater, del Codice. In questo caso, pertanto, l’Autorità procederà all’analisi delle partecipazioni dell’impresa alle gare nell’ultimo quinquennio – decorrente dall’adozione del provvedimento di imputabilità ex art, 40, comma 9 quater – e procederà all’inoltro alle stazioni appaltanti che abbiano ricevuto la predette istanze di partecipazione, di una comunicazione finalizzata all’attivazione, a cura delle stesse stazioni appaltanti, della segnalazione necessaria ai fini dell’avvio del procedimento ex art. 48 del Codice, che rimarrà di competenza dell’Ufficio Sanzioni dell’Autorità medesima. Un successivo Comunicato del Presidente dell’ANAC, datato 17 febbraio 2016, ha fornito ulteriori indicazioni interpretative sull’applicazione della norma che, per gli appalti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, impone alle stazioni appaltanti di trasmettere all’ANAC le varianti in corso d’opera eccedenti il 10% dell’importo del contratto originario. Si tratta dell’art. 37, comma 1, d.l. n. 90/2014, convertito con L. n. 114/2014. Il Comunicato in comento costituisce un’integrazione del precedente Comunicato del Presidente dell’ANAC del 17 marzo 2015. Con particolare riferimento all’obbligo in questione nel settore delle infrastrutture strategiche e degli impianti produttivi, viene precisato che, relativamente alle varianti indotte da «forza maggiore, sorpresa geologica o sopravvenute prescrizioni di legge o di enti terzi o comunque richieste dal soggetto aggiudicatore», nel concetto di “sopravvenute prescrizioni (..) di enti terzi” devono ritenersi incluse anche le varianti determinate da prescrizioni del CIPE e approvate ai sensi dell’art. 169 d.lgs. n. 163/2006. Per tali varianti sussiste quindi l’obbligo di trasmissione all’ANAC ex art. 37 cit. È interessante il collegamento che l’Autorità stabilisce con la l. n. 11/2016 (legge delega per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, Editoriale 1/2016 2014/24/UE e 2014/25/UE), che prevede – art. 1, comma 1, lett. ee), ultimo periodo – uno specifico regime sanzionatorio per la mancata o tardiva comunicazione all’ANAC delle variazioni in corso d’opera per gli appalti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria senza distinguere, a questo riguardo, rispetto alle varianti nel settore delle infrastrutture strategiche e impianti produttivi. Il Comunicato del 17 febbraio contiene, anche, utili indicazioni: - sull’obbligo di trasmissione delle varianti rispetto ai contratti di concessione, incluse le concessioni autostradali: per tali contratti, in assenza di qualsivoglia deroga l’obbligo di trasmissione ricorre nella sua integrità e va assolto entro il termine di 30 giorni dall’approvazione della variante da parte del soggetto concedente; - sull’obbligo di trasmissione delle varianti nei contratti segretati, anch’essi non esonerati da tale adempimento; - sul criterio del cumulo con le varianti adottate prima dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 90/2014: a tal fine l’ANAC chiarisce che, ai fini dell’incidenza sulla soglia di rilevanza (10%), devono essere considerate anche le varianti adottate prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 90/2014, in quanto la cumulabilità consentirà di ottenere una rappresentazione corretta degli interventi in variante e dei maggiori costi sostenuti nella loro effettiva quantificazione nella fase esecutiva del contratto; - sul criterio di valutazione delle varianti anche rispetto al valore assoluto delle variazioni alle lavorazioni. 23 Dottrina Estinzione del reato oggetto di patteggiamento nel quadro delle diverse interpretazioni giurisprudenziali e relativa incidenza sui requisiti di partecipazione alle pubbliche gare Oliver Cristante (*) Talvolta il diritto si atteggia alla stregua di una volubile entità animata, facendo sembrare idealistica la supposta pretesa che esso possa appagare le istanze di stabilità e certezza cui idealmente dovrebbe essere informato. L’istituto considerato è, in tal senso, paradigmatico la dinamica estintiva del reato sanzionato con condanna “patteggiata” avendo attraversato ben differenti stagioni interpretative. All’originaria tesi dell’automaticità dell’estinzione al ricorrere delle condizioni di legge è invero subentrata la contraria impostazione postulante la necessità, all’uopo, di un provvedimento dichiarativo del giudice dell’esecuzione. Recenti pronunce delle supreme magistrature civile e amministrativa hanno, infine, sottoposto a revisione critica tale approdo ermeneutico. La propensione ad altalenanti assestamenti in sede applicativa si era, pervero, significativamente manifestata già in relazione all’impianto stesso del patteggiamento ed alla sua natura. Basti pensare che, di contro al principio di equiparazione della sentenza patteggiata a quella di condanna, stentoreamente enunciato dall’art. 445, comma 1, c.p.p., fino agli anni ’90 un diffuso orientamento dottrinale e giurisprudenziale (poi superato) aveva negato tale assimilabilità, la stessa Corte di Cassazione avendo inizialmente, a più riprese, ritenuto trattarsi, (*) Avvocato. 25 Dottrina 1/2016 piuttosto, di una pronuncia di sostanziale proscioglimento, tant’è che, per tale ragione, il rito in esame veniva sovente imboccato pur a scapito della concreta possibilità di dimostrare in sede ordinaria l’estraneità dell’imputato ai fatti1. Comune effetto collaterale di simili oscillazioni è stata la ripercussione in ambito amministrativo, in ispecie per ciò che attiene agli aspetti connessi alla verifica dei requisiti di idoneità morale/professionale valevoli nei differenti ambiti, tra cui, per ciò che qui precipuamente interessa, quello delle procedure volte all’aggiudicazione dei contratti pubblici. Va, peraltro, premesso che il perno normativo dell’istituto in commento, di per sé semplice ed essenziale, non fa percepire l’esigenza di particolari “aggiustamenti” di carattere ermeneutico. Così è a dirsi in relazione alla norma fondamentale, contenuta nell’art. 445, comma 3, c.p.p., ai sensi della quale “Il reato è estinto, ove sia stata irrogata una pena detentiva non superiore a due anni soli o congiunti a pena pecuniaria, se nel termine di cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero di due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione, l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale, e se è stata applicata una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva, l’applicazione non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena”. La circostanza che il legislatore abbia rapportato ad un fatto (mancata commissione, nel termine stabilito, di un reato analogo), in via diretta ed immediata, un ben individuato effetto giuridico (estinzione del reato), lascia ragionevolmente ritenere che la disposizione introduca e regoli un piano automatismo. 26 (1) Di tale quadro fornisce eloquente resoconto il noto parere del Consiglio di Stato n. 413/1998, che, richiamando “i numerosi interventi nomofilattici della Cassazione … nel corso del primo decennio di vita del nuovo procedimento disciplinato dagli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale”, ha evidenziato che “la tesi ora affermata dalla Cassazione tende a qualificare la pronuncia come una sentenza di proscioglimento, seppure caratterizzata da alcune peculiarità”, soggiungendo che “le conclusioni cui perviene la Cassazione sono sostanzialmente condivise dalla Corte Costituzionale, secondo la quale il profilo prevalentemente “negoziale” della sentenza di patteggiamento e la conseguente carenza di quella piena valutazione dei fatti e delle prove impedisce di attribuire alla pronuncia la natura di decisione di condanna (Corte cost. n. 25/1991; 22 maggio 1991, n. 251, 499/1995; 20 maggio 1996, n. 155). Dopo gli interventi delle Sezioni Unite, la Corte costituzionale ha pronunciato altre decisioni chiaramente orientate ad affermare che nell’attuale contesto normativo, la sentenza di patteggiamento non presuppone un accertamento della responsabilità dell’imputato (n. 399/1997 e 13 maggio 1998, n. 172)”. Infine, il Supremo Consesso ha dato conto dell’allora invalsa prevalenza dell’“indirizzo della Cassazione, condiviso, in larga misura, anche dalla Corte Costituzionale, diretto ad inquadrare la decisione di patteggiamento nell’ambito delle pronunce di proscioglimento”. 1/2016 Dottrina I diversificati esiti della sua applicazione, tuttavia, contraddicono tale assunto. Basti osservare, riprendendo quanto accennato in premessa, che la prima lettura affacciatasi (scandita nel sicuro senso dell’automaticità dell’iter estintivo, al punto da giudicare inammissibile per carenza di interesse la richiesta di un formale provvedimento dichiarativo dell’estinzione2) è stata scalzata dall’antitetico approccio alla stregua del quale risulta oggi indiscusso che l’estinzione possa essere oggetto di un provvedimento giudiziale ricognitivo, con la precisazione, però, che l’effetto estintivo decorre non già da tale pronuncia, bensì dal verificarsi della presupposta condizione, in quanto il provvedimento giudiziale ha natura dichiarativa e non costitutiva, operando retroattivamente. Peraltro, nello spartiacque tra l’indirizzo che escludeva finanche la possibilità di ottenere l’accertamento giudiziale dell’estinzione e quello che tale facoltà ha ammesso, si è, peraltro, innervato, in modo inatteso, il radicale ripensamento (prevalso nella giurisprudenza amministrativa) secondo cui la dichiarazione del g.e. è necessaria perché possa affermarsi l’estinzione del reato. L’inversione di rotta ha preso le mosse dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 11560/20023 che, si badi, aveva un oggetto circoscritto, trattando il ricorso avverso un provvedimento del g.e. che aveva rigettato l’istanza di declaratoria di estinzione del reato, per difetto di interesse, sul presupposto che tale evenienza, ai sensi del citato art. 445, non richiederebbe una formale pronunzia “ricognitiva”, difettando una esplicita disposizione normativa che ciò preveda. Il gravame è stato accolto dalla Corte valorizzando la circostanza che l’art. 676 c.p.p.4 devolve al g.e. il compito di dichiarare le cause di estinzione del reato che possono verificarsi dopo il passaggio in giudicato della condanna, e ritenendo che tra dette cause rientri quella prevista dall’art. 445, c. 2, c.p.p., al pari di quelle contemplate (2) In tal senso, ordinanza del Tribunale di Bologna in data 16 marzo 2001, riformata dalla Corte di Cassazione con la sentenza di cui alla nota seguente. (3) Sez. IV, dep. in d. 27.2.2002, in Cass. pen. 2003, 549, con nota di Nuzzo. (4) L’art. 676 (rubricato: “Altre competenze”) così dispone: 1. Il giudice dell’esecuzione è competente a decidere in ordine all’estinzione del reato dopo la condanna, all’estinzione della pena quando la stessa non consegue alla liberazione condizionale o all’affidamento in prova al servizio sociale, in ordine alle pene accessorie, alla confisca o alla restituzione delle cose sequestrate. In questi casi il giudice dell’esecuzione procede a norma dell’articolo 667, comma 4. 2. Qualora sorga controversia sulla proprietà delle cose confiscate, si applica la disposizione dell’articolo 263, comma 3. 3. Quando accerta l’estinzione del reato o della pena, il giudice dell’esecuzione la dichiara anche di ufficio adottando i provvedimenti conseguenti. 27 Dottrina 1/2016 dall’art. 1675 e dall’art. 556, comma terzo6, del codice penale. Tali assunti hanno guidato la conclusione secondo cui la situazione fattuale integrante la causa di estinzione del reato, per divenire condizione di diritto, abbisogna di un intervento “ricognitivo” del giudice penale. L’aspetto centrale della menzionata pronuncia sta, quindi, nell’aver condiviso la tesi che il g.e. sia tenuto ad emettere il provvedimento dichiarativo tanto più se sollecitato dalla parte che vi abbia interesse. La particolare valenza di tale intervento nomofilattico nell’evoluzione storica dell’istituto risiede nella circostanza che, seppure isolato e connotato da una motivazione essenziale e sbrigativa (come poi la stessa Cassazione ha riconosciuto7), esso ha costituito il cardine sulla base del quale si è formato l’orientamento della giurisprudenza amministrativa che ha sancito l’imprescindibilità dell’intervento del giudice dell’esecuzione ai fini della concreta riconoscibilità dell’estinzione e, per così dire, della neutralizzazione degli effetti extra-penali discendenti dal reato. Tale irrigidimento, peraltro, è valso a superare, ad un tempo, sia la precedente, distinta posizione dell’a.g.a., sia la stessa precisazione del giudice di legittimità, pur sempre ribadita dalla Corte, che la pronuncia del g.e. ha comunque natura meramente dichiarativa (e non costitutiva), con conseguente valenza retroattiva rispetto al fatto rilevato. Invero, sebbene valorizzando tale aspetto il giudice amministrativo abbia, in un primo momento, accordato dirimente rilievo all’intervenuta ricognizione dell’estinzione ed alla sua retroazione – riconoscendo la validità e veridicità della dichiarazione di insussistenza di reati ostativi pur antecedente al provvedimento del g.e., ma successiva al positivo decorso del periodo previsto dall’art. 445, comma 28 – in un 28 (5) Se, nei termini stabiliti, il condannato non commette un delitto, ovvero una contravvenzione della stessa indole, e adempie gli obblighi impostigli, il reato è estinto. In tal caso non ha luogo la esecuzione delle pene. (6) Se il matrimonio, contratto precedentemente dal bigamo, è dichiarato nullo, ovvero è annullato il secondo matrimonio per causa diversa dalla bigamia, il reato è estinto, anche rispetto a coloro che sono concorsi nel reato, e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali. (7) Sul punto specifico, vedi infra. (8) Così T.A.R. Sardegna, sez. I, 12 agosto 2009, n. 1443 (in Riv. giur. edilizia 2010, 1, I, 270), laddove, nel rilevare che in ordine alla sentenza di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. ivi trattata era intervenuto il provvedimento del giudice dell’esecuzione – con il quale era stata dichiarata l’estinzione del reato e degli effetti penali della condanna per l’intervenuto compimento della peculiare fattispecie estintiva di cui all’art. 445 del c.p.p. – si è ritenuto concludente il fatto che al tempo della presentazione della dichiarazione sostitutiva per la partecipazione alla gara si era già compiuto il periodo quinquennale di cui all’art. 445 del c.p.p. “Sul piano giuridico”, il T.A.R. ha considerato “essenziale valutare gli effetti della intervenuta dichiarazione di estinzione degli effetti penali della condanna di cui trattasi”, osservando che “secondo giurisprudenza pacifica (cfr. Cass. pen., sez. I, 7 luglio 2005, n. 32801), pur essendo necessario l’accertamento degli elementi costitutivi della fattispecie estintiva da parte del giudice dell’esecuzione, atteso che l’estin- 1/2016 Dottrina secondo tempo anche tale esimente è stata obliterata. Si è così giunti all’affermazione della irregolarità delle dichiarazioni sostitutive di insussistenza di precedenti penali ostativi anche nel caso in cui l’eventuale reato riportato fosse effettivamente estinto, ma tale non ancora accertato giudizialmente9, ovvero nell’ipotesi in cui fosse stato successivamente dichiarato (dal g.e.) estinto, ancorché con decorrenza anteriore alla data dell’autodichiarazione. L’estremo picco di tale tendenza è rinvenibile nella riconosciuta falsità di dichiarazioni di insussistenza del reato (solo) successivamente convalidate dal provvedimento giudiziale dichiarativo e nella individuazione di un termine entro il quale detto provvedimento dovrebbe intervenire, ravvisato, nelle pubbliche gare d’appalto, nel momento della scadenza fissata per la presentazione delle offerte10. zione del reato non opera ipso iure (così Cass. pen., sez. IV, 27 febbraio 2002, n. 11560), il provvedimento giurisdizionale ha natura dichiarativa, il che comporta la retroattività degli effetti estintivi i quali operano dal momento in cui si è perfezionata la fattispecie, cioè al termine del quinquennio fissato dal secondo comma dell’art. 445 c.p.p.”. (9) In tal senso cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 dicembre 2007, n. 6756 (in Ragiusan 2009, 297-298, 76): “Nei casi di applicazione della pena su richiesta, la successiva estinzione del reato, ai sensi dell’art. 445 c.p.p., pur operando “ope legis”, in presenza dei presupposti stabiliti da tale norma, richiede pur sempre che l’esistenza di tali presupposti sia accertata con una pronuncia del giudice dell’esecuzione su istanza dell’interessato; in difetto di tale pronuncia giudiziale, la sentenza ex art. 444, c.p.p., pronunciata per un reato che incide sull’affidabilità morale e professionale di colui nei cui confronti è pronunciata, costituisce, dunque, una causa di esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 75 d.P.R. n. 554 del 1999. Pertanto, la ditta concorrente, affermando la inesistenza nei suoi confronti (delle persone preposte ai suoi organi rappresentativi e tecnici) di sentenze penali di condanna o di sentenze pronunciate ai sensi dell’art. 444 c.p.p., ha effettuato una falsa dichiarazione che le ha consentito di partecipare alla gara alla quale non avrebbe dovuto partecipare, a norma dell’art. 75 d.P.R. n. 554 del 1999 che, disponendo le cause di esclusione dalla gara dei concorrenti i cui organi amministrativi o tecnici siano incorsi in condanne penali, pongono l’onere a carico delle imprese concorrenti di dichiarare la inesistenza delle stesse”. In termini analoghi Cons. Stato, sez. VI, 12 aprile 2011 n. 2257, in Foro amm. CDS 2011, 4, 1296, in rif. di T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. I, n. 434/2010), secondo cui “L’art. 38 comma 1, lett. c), ultima parte, d.lg. n. 163 del 2006, richiamando la riabilitazione e l’estinzione per mancata recidiva specifica di reato con condanna patteggiata, fa riferimento a casi di intervenuta estinzione del reato che rendono irrilevante la condanna. Tuttavia, anche in tali evenienze, l’estinzione non è automatica, ma richiede un’apposita pronuncia del giudice dell’esecuzione penale. In difetto di una siffatta declaratoria di estinzione, la condanna va dichiarata in autocertificazione con la domanda di partecipazione alla gara. L’omissione di siffatta dichiarazione determina l’esclusione dalla gara”. Così anche Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 2011, n. 1800, in Foro amm. CDS 2011, 3, 925 (Il partecipante ad una gara pubblica ha l’obbligo di dichiarare tutte le condanne penali riportate fin quando non intervenga una formale pronuncia di estinzione del reato per decorso del termine ex art. 460 c.p.p., e non è di per sé sufficiente ad esonerare da tale obbligo la sussistenza dei presupposti per la pronuncia accertativa fin quando, su richiesta dell’interessato, essa non sia intervenuta) e Cons. Stato, sez. VI, 21 dicembre 2010, n. 9324, in Foro amm. CDS 2010, 12, 2801 (Perché operi la causa estintiva del rato – anche quella prevista dall’art. 460 comma 5, c.p.p. – è necessario che essa sia dichiarata dal giudice dell’esecuzione penale e, a contrario, che sino a quando non sia reso il formale provvedimento di cui all’art. 676 c.p.p., non può farsi riferimento al concetto di “reato estinto”). (10) In tal senso cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 settembre 2011, n. 5406, in Redazione Giuffrè, 2011, laddove si precisa che “in tema di requisiti di partecipazione alle gare la mancata dichiarazione di condanne penali ha impedito il controllo dell’amministrazione sulla rilevanza e sulla gravità del fatto di reato mentre l’intervento della dichiarazione giudiziale di estinzione ex artt. 460 e 676 c.p.p., non vale a sanare la violazione dell’obbligo di dichiarazione in quanto il difetto sostanziale 29 Dottrina 1/2016 Ad arricchire il quadro è sopraggiunta nel 201111 la modifica dell’art. 38 (c. 2) del codice dei contratti pubblici, in virtù della quale i concorrenti alla procedura di gara sono stati espressamente esentati dall’indicare nella dichiarazione sui requisiti generali “le condanne per reati dichiarati estinti dopo la condanna stessa”: novella che, a ben vedere, si contestualizza in una sorta di rapporto rovesciato tra legislatore e giurisprudenza che, di fatto, ha visto il primo applicare gli esiti di un sostanziale riordino della materia scaturente dalla seconda. Al categorico approccio sopra descritto, costituente il portato di una complessa rielaborazione ermeneutica, è, da ultimo, seguito un ulteriore revirement, allorché la Corte di Cassazione12 ha ripreso in carico proprio il “tema centrale” afferente alla “circostanza se l’estinzione del reato, che ha costituito oggetto di sentenza di patteggiamento, in conseguenza del verificarsi delle condizioni previste dall’art. 445 c.p.p., comma 2 (cioè la mancata commissione nel termine previsto – cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione – di un delitto ovvero di una contravvenzione della stessa indole) operi “ipso iure” o richieda una formale pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione e ciò anche ai fini della recidiva”. È significativo che nell’esaminare, in una distinta ottica, tale oggetto d’indagine, la Suprema Corte abbia sottoposto a vaglio critico la sentenza n. 11560/2002 stigmatizzandone, tra l’altro, l’inconsistenza motivazionale e, nell’ambito della giurisprudenza di legittimità, il carattere sostanzialmente isolato, pur rilevando che “la questione è stata richiamata in una decisione (di annullamento con rinvio) del 200813 che ha chiamato il giudice di merito a tener conto “del problema relativo al fatto che “solo per via interpretativa …, a fronte della lettera della legge (appunto il ricordato art. 445 c.p.p., comma 2), si è giunti ad affermare la necessità di un intervento del g.e. – sia pure in funzione meramente ricognitiva – al fine della “dichiarazione” di estinzione del reato”. Congiungendo e coordinando tra loro gli esiti di uno scrutinio ad ampio raggio – includente l’apprezzamento della prevalente dottrina, del dato normativo testuale, dell’inclinazione espressa dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite in analoghe fattispecie, dei dettami evincibili dalla disciplina di rango costituzionale – la sentenza n. 20068/2015 è pervenuta alla conclusione che l’effetto estintivo si produce in via 30 del requisito deve essere apprezzato entro il termine di presentazione delle offerte”. (11) Ad opera del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito con modificazioni in l. 12 luglio 2011, n. 106. (12) Sez. V, 14 maggio 2015, n. 20068, in CED Cassazione penale 2015. (13) Sez. V, 24 giugno 2008-30 luglio 2008, n. 31970. 1/2016 Dottrina automatica (al ricorrere delle condizioni di legge) e senza necessità di un provvedimento dichiarativo del giudice penale. Tale approfondimento, peraltro, ha già avuto un primo riscontro in sede di giurisdizione amministrativa. In particolare, il Consiglio di Stato, raccordandosi al ripercorso, recente approccio del giudice di legittimità, e pur pronunciandosi in relazione ad una risalente condanna, soggetta quanto alla disciplina della estinzione del reato al codice processuale Rocco, ha acclarato che, in ogni caso, anche in vigenza dell’articolo 676 del codice penale Vassalli, l’effetto estintivo opera ex lege per effetto del decorso inattivo del tempo e non abbisogna di alcun provvedimento, non rilevando in contrario l’attribuzione al giudice dell’esecuzione della competenza a decidere in merito all’estinzione del reato dopo la condanna14. È stato, invero, puntualizzato che è maggiormente coerente con i criteri ermeneutici sottesi al codice processuale il principio secondo cui, quando un determinato effetto giuridico è posto in correlazione al decorso inattivo del tempo, esso si verifica ope legis al momento in cui ne siano per legge maturate le condizioni, con il “corollario … che il provvedimento dichiarativo dell’estinzione, successivo e ricognitivo di un effetto già verificatosi, resta estraneo ai fini dell’estinzione del reato e si pone in funzione meramente formale e ricognitiva di un effetto già verificato, nel mentre l’automatismo degli effetti dell’estinzione del reato si pone in coerenza con i principi comunitari di ragionevole durata dei processi, sollecita definizione e di minor sacrificio esigibile, evincibili dagli articoli 5 e 6 CEDU”. Ciò con l’importante conseguenza pratica che nel caso in cui la dichiarazione del privato presupponente l’estinzione del reato sia resa prima del conforme provvedimento del giudice dell’esecuzione, essa non può essere ritenuta falsa o non veritiera per il fatto stesso di non menzionare la condanna. Come opportunamente rilevato dalla Suprema Corte15, la decifrazione del dies a quo, in un sistema improntato sulla correlazione dell’effetto estintivo al pure decorso inattivo del tempo, non può che soggiacere al paradigma della tipicità, senza consentire l’ingresso, in via esegetica, di ricalibrazioni raccordate all’incidenza di fattori variabili (quali le non predeterminabili tempistiche richieste per la declaratoria giudiziale dell’estinzione) e, in una, tale conclusione salvaguarda l’allineamento agli imperativi costituzionali, tra cui il principio di (14) Si tratta della sentenza n. 5192 del 13 novembre 2015 (Sez. V), che richiama le sentenze della Cassazione Penale, sez. V, n. 20068/2015, cit. e 30 ottobre 2014, n. 2. (15) Sentenza n. 20068/2015, cit. 31 Dottrina 1/2016 uguaglianza, di effettività della tutela e di sollecita definizione del processo (anche in fase esecutiva e con riferimento alle finalità rieducative). D’altro canto, non ci si può esimere dal considerare che all’orientamento disapprovato dal giudice di legittimità è imputabile uno scostamento dal modello tipico, tradottosi nella sostanziale enunciazione di disposizioni non codificate quali, oltre alla postulata necessità dell’intervento giudiziale, l’asserito divieto di attestare l’estinzione del reato (ovvero, per effetto di essa, il pieno possesso dei requisiti di idoneità) mediante dichiarazione sostitutiva e, ancora, la presunta esigenza di acquisire il provvedimento ricognitivo entro il termine di scadenza delle domande di partecipazione alla gara. Va soggiunto che anche distinti profili di valutazione sembrano potersi associare agli esiti dei riferiti, recentissimi arresti giurisprudenziali. Sotto un primo aspetto, invero, la riconosciuta natura dichiarativa del provvedimento ricognitivo induce, logicamente, a opinare che esso possa, al più, essere valorizzato dall’amministrazione quale elemento confermativo, in sede di verifica dei requisiti, (della correttezza) delle dichiarazioni rese dai concorrenti, ma non certo quale condizione imprescindibile affinché il dichiarante possa attestare l’insussistenza di precedenti penali ostativi a proprio carico. Il destinatario di una sentenza penale “patteggiata”, infatti, è certamente il soggetto che meglio di chiunque sa se la condizione prevista dall’art. 445, c. 3, si è avverata o meno, ovvero se, nel periodo di tempo considerato, egli stesso ha (o meno) commesso altri reati della stessa indole. Non appare pertanto, fondatamente negabile la facoltà del diretto interessato di dichiarare l’insussistenza di circostanze negativamente incidenti sul possesso dei requisiti di idoneità, assumendosene la piena responsabilità, e pur fatte salve le verifiche di competenza dell’amministrazione (se del caso mediante richiesta del provvedimento confermativo al giudice penale). Tale conclusione, peraltro, è avallata dalla disciplina fondamentale sulle dichiarazioni sostitutive contenuta nel testo unico sulla documentazione amministrativa16, che non introduce, al riguardo, limitazioni di sorta. Vale rammentare che le dichiarazioni sostitutive non espletano funzione certificatoria, consistendo nell’allegazione infraprocedimentale di affermazioni circa fatti o stati di cui la p.a. chiede attestazione. 32 (16) D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445. 1/2016 Dottrina È stato, invero, puntualizzato che “l’autocertificazione non costituisce certezze pubbliche, ma solo attenua, e precariamente, all’interno del singolo procedimento, l’onere delle dimostrazioni che il privato sarebbe tenuto ad offrire tramite documenti pubblici” e che “in ragione di questa stretta finalità semplificatoria, il suo contenuto resta sempre necessariamente esposto alla prova contraria”17. Concludente nel senso qui prospettato risulta proprio la circostanza che lo strumento della dichiarazione sostitutiva, generalmente utilizzabile nell’ambito considerato18, miri a facilitare l’attività di documentazione di stati e fatti e ad agevolare l’istruttoria procedimentale alleggerendo il cittadino dall’onere di acquisire la documentazione concernente stati, qualità personali o fatti che siano a sua diretta conoscenza19 (e rispetto ai quali è sempre possibile alla p.a. svolgere le opportune verifiche20). Sia detto, d’altro canto, che nessuna controindicazione discende dall’esigenza, addotta dall’orientamento restrittivo, di garantire il celere svolgimento del procedimento amministrativo e la par condicio tra i concorrenti – dal che, secondo l’assunto, deriverebbe il presunto onere di acquisire il provvedimento del giudice penale, al più tardi, al momento della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, e non successivamente21. Invero, va osservato che, in coerenza con il principio secondo cui i requisiti partecipativi devono sussistere con riferimento a tale termine, il successivo provvedimento del g.e. che confermi l’avvenuta estinzione del reato, avendo natura dichiarativa e (quindi) effetto retroattivo, vale, ipso facto, a comprovare la veridicità della dichiarazione sul possesso dei requisiti precedentemente (e puntualmente) resa, non potendosi in ciò ravvisare alcuna discriminazione a scapito degli altri concorrenti-dichiaranti, né alcun aggravio del procedimento, atteso che le dichiarazioni sostitutive hanno valenza “provvisoria” e sono pur sempre soggette alle verifiche di rito. Né, a ben vedere, osta a ciò la citata previsione dell’art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163/2006 (risultante dalle modifiche introdotte nel 201122) che, in parte qua, esenta dall’obbligo dichiarativo le condanne per reati dichiarati estinti dopo la condanna. (17) Consiglio di Stato, sez. V, 14.4.2008, n. 1608, in Foro amm. CDS 2008, 4, II, 1114 (s.m.). (18) Quasi pleonasticamente l’art. 38, c. 2, del d.lgs. n. 163/2006 precisa che “il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle previsioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445”. (19) Cons. Stato, sez. II, 26 settembre 2011, n. 4457, in Foro amm. CDS 2011, 9, 2907. (20) T.A.R. Liguria, sez. II, 15 febbraio 2012, n. 290, in Foro amm. TAR 2012, 2, 408. (21) Cons. Stato, sez. VI, 14 luglio 2011, n. 4277, in Foro amm. CDS 2011, 7-8, 2520. (22) Cfr. nota 11. 33 Dottrina 1/2016 Invero, in disparte la genericità dell’inciso e il difetto di un esplicito corredo sanzionatorio, appare dirimente il fatto che il legislatore non abbia fissato una scadenza temporale per il rilascio e/o l’acquisizione del provvedimento giudiziale ricognitivo e, d’altro canto, una diversa lettura protesa ad affermare che si tratti di un’incombenza da assolvere entro il termine di presentazione delle domande partecipative, oltre a non trovare riscontro in una puntuale previsione di legge, esporrebbe la norma a possibili censure di incostituzionalità sotto i profili enucleati dalla Suprema Corte. I differenziati ordini di valutazioni dianzi accennati inducono, in definitiva, a confidare che il “ritorno alle origini”, ovvero alla formulazione testuale del precetto normativo, da ultimo verificatosi in subiecta materia, possa stabilizzarsi nella prassi, ponendo fine alle complicazioni ed iniquità derivanti dall’opposto orientamento sino ad oggi prevalso. 34 Giurisprudenza Revisione prezzi dei contratti d’appalto di beni e servizi tra principi consolidati (non condivisibili) e novità normative (art. 1, comma 511, L. n. 208/2015 “Legge di stabilità 2016”) di Franco Botteon CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 27 novembre 2015, n. 5375 Pres. FF. Saltelli, Est. Guadagno - GeSeNu s.p.a. Gestione Servizi Nettezza Urbana e Fallimento Co.Gei. Consorzio Gestione Impianti e Servizi Ecoambientali (Avv.ti Pallottino e Vagnozzi) c. Comune di Frascati (Avv. Di Rienzo) Contratti della p.a. – Appalto di forniture e servizi – Revisione prezzi – Diritto soggettivo dell’appaltatore all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale – Insussistenza – Facoltà discrezionale della stazione appaltante chiamata ad effettuare un bilanciamento tra l’interesse dell’appaltatore alla revisione e l’interesse pubblico connesso al risparmio di spesa ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato. L’art. 44, c. 4, l. n. 724/1994 prevede, per tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture, l’obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo da operare sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’amministrazione. Ne discende che sono nulle le clausole contrattuali che escludono la revisione del canone e si verifica l’eterointegrazione della disciplina di gara ai sensi degli artt. 1339 e 1419 c.c. Tuttavia tale principio non comporta anche il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto l’obbligo per l’amministrazione di procedere agli adempimenti istruttori normativamente sanciti. 35 Giurisprudenza 36 1/2016 FATTO e DIRITTO 1.- Con apposito ricorso giurisdizionale (n.6582/1997) il Cogei – Consorzio Gestione Impianti e Servizi Ecoambientali, avendo espletato nel comune di Frascati il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti solidi urbani fino al 30.6.1999, chiedeva il riconoscimento del proprio diritto ad ottenere la revisione periodica del canone ai sensi dell’art. 6, comma sesto, della l. n. 537/1993. Nelle more del giudizio il Consorzio ricorrente, con atto stipulato il 15 febbraio 1998 e notificato al Comune di Frascati il 13 gennaio 1999, cedeva alla Soc. Gesenu S.p.A. i crediti vantati nei confronti dell’amministrazione comunale di Frascati. Il T.A.R. Lazio, con sentenza n. 570/1999, accoglieva parzialmente il ricorso, dichiarando l’obbligo del Comune di Frascati di effettuare l’istruttoria prevista dall’art. 44, comma 4, della l. n. 724/1994 per verificare la sussistenza dell’obbligo di corrispondere gli importi per la revisione dei corrispettivi inizialmente convenuti. La sentenza passava in giudicato. 2.- Successivamente il suddetto Consorzio e la S.p.a. Ge.Se.N.U., quest’ultima in qualità di cessionaria dei crediti maturati dal primo nei confronti dell’amministrazione comunale, impugnavano avanti al T.A.R. Lazio la nota dell’8 novembre 1999 dell’Ufficio Tecnico Ambiente del Comune di Frascati, contenente relazione istruttoria con parere negativo in ordine alla spettanza della suddetta revisione, deducendo che l’amministrazione comunale non aveva ottemperato alla suindicata sentenza n. 570/1999 e chiedendo l’adozione dei provvedimenti necessari al fine di darvi attuazione, ovvero, in via subordinata, sul presupposto che la menzionata nota dell’8 novembre 1999, avesse natura autoritativa, ne chiedevano l’annullamento. 2.1- Il T.A.R. Lazio, sez. II, con sentenza n. 6187 del 24 giugno 2004 rigettava il ricorso proposto per l’ottemperanza, sul presupposto che la sentenza n. 570/1999 non richiedesse l’adozione di atti di natura vincolata, ma imponesse piuttosto lo svolgimento di un’attività istruttoria per la verifica della sussistenza dei presupposti della revisione prezzi, disponendo l’iscrizione del ricorso nei ruoli degli ordinari giudizi di legittimità al fine di esaminare la fondatezza delle censure mosse all’istruttoria espletata dall’amministrazione. 2.2- All’esito della trattazione del ricorso in sede di legittimità, il T.A.R. Lazio, con sentenza n. 12432/2005, dichiarava inammissibile il ricorso, in quanto l’atto impugnato aveva natura di atto interno infraprocedimentale, trattandosi della mera relazione di un funzionario preposto all’Ufficio tecnico ambiente senza alcun carattere provvedimentale, mentre non era stata impugnata la successiva nota dirigenziale n. 25875 dell’11 novembre 99 avente valore provvedi mentale di rigetto dell’istanza di riconoscimento della revisione. 3. Con il presente giudizio la società GE.SE.NU. Spa – Gestione Servizi Nettezza Urbana ed il e CO. GE.I.– Consorzio Gestione e Servizi Ecoambientali hanno proposto appello avverso la suddetta sentenza, deducendo: a) violazione dell’art. 6 della l. n. 537/1993 ed errore di motivazione e contraddittorietà, contestando la declaratoria di inammissibilità del ricorso, in quanto, avendo il giudizio ad oggetto pretese di contenuto patrimoniale derivanti dalla disciplina contrattuale in materia di giurisdizione esclusiva, il ricorso poteva essere proposto nel termine decennale di prescrizione e indipendentemente dall’impugnazione di provvedimenti comunali, in quanto ai sensi dell’art. 6 della l. n. 537/1993 poi modificato dall’art. 44 della l. n. 724/1994, normativamente è riconosciuto un vero e proprio diritto al compenso revisionale; b) violazione dell’art. 6 della l. n. 537/1993 e dell’art. 44 l. n. n. 724/1994, in quanto il diritto alla revisione del canone era fondato nel merito e l’impugnato atto del Co- 1/2016 Giurisprudenza mune di Frascati era illegittimo per carenza di istruttoria e violazione sia della legge n. 537/1993 che della sentenza n. 570/1999, tenuto anche conto che l’eventuale mancanza o indisponibilità delle rilevazioni Istat non rende inapplicabile il disposto dell’art. 6, 4 comma della l. n. 537/1993 e dell’art. 44 della l. n. 724/1994, avendo tali rilevazione carattere meramente orientativo. 4.- Si è costituito in giudizio il Comune di Frascati, chiedendo il rigetto dell’appello. 5. – All’udienza pubblica del 29 settembre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione. 6.- L’appello è infondato. 6.1- Preliminarmente va rilevato che va disattesa l’eccezione dell’appellata amministrazione comunale in ordine all’interruzione del giudizio per il sopravvenuto fallimento del Cogei – Consorzio Gestione Impianti e Servizi Ecoambientali, dichiarato con sentenza del tribunale di Roma n. 940/2013 , in quanto il curatore fallimentare si è costituito in giudizio su autorizzazione del giudice delegato del Tribunale in data 22 settembre 2015. Si prescinde invece dalla disamina dell’eccezione dell’appellata amministrazione comunale di Frascati di difetto di legittimazione dell’appellante Gesenu s.p.a., cessionaria del credito in base al contratto stipulato con la Co.Gei, mai accettato dall’appellata Amministrazione comunale, in quanto l’appello è infondato. 6.2- Passando alla disamina delle censure dedotte dalle appellanti, il Collegio rileva che la prospettazione di parte appellante si fonda sulla asserita titolarità di un diritto soggettivo alla revisione periodica in virtù del contratto stipulato tra Co.gei ed il Comune di Frascati in data 26 gennaio 1994. Il Comune non disporrebbe di alcun potere autoritativo con la conseguenza che la controparte contrattuale potrebbe agire in giudizio entro il termine di prescrizione decennale, in quanto il suddetto art. 6, comma 4, della l. n. 537/1993 sancirebbe il diritto al compenso revisionale. Tale assunto non può essere condiviso, in quanto il provvedimento dell’amministrazione comunale di Frascati non può essere qualificato atto paritetico e come tale impugnabile entro il termine prescrizionale a tutela dell’asserito diritto vantato degli appellanti. Parte appellante omette di considerare che l’iter procedimentale in subiecta materia è bifasico, cioè caratterizzato da due distinte fasi di diversa natura. In proposito si osserva che l’art. 44, 4 comma della l. n. 724/1994, di cui parte appellante deduce la violazione prevede, per tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture, l’obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo da operare sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’amministrazione. Conseguentemente sono nulle le clausole contrattuali che escludono la revisione del canone e si verifica l’eterointegrazione della disciplina di gara ai sensi degli artt. 1339 e 1419 cc., ma questo principio non comporta anche il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l’Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti. In tal senso si è ripetutamente pronunciata la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, sentt. 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013 n. 465, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, n. 222/2015, T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 21 ottobre 2010, n. 20632), rilevando che la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell’istruttoria, poiché questa è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008 n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse dell’appaltato- 37 Giurisprudenza 1/2016 re alla revisione e l’interesse pubblico connesso al risparmio di spesa da un lato, ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato. I risultati del procedimento di revisione prezzi sono quindi espressione di facoltà discrezionale, che sfocia in un provvedimento autoritativo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge. La posizione dell’appaltatore assume carattere di diritto soggettivo solo dopo che l’Amministrazione, in base alle risultanze istruttorie, abbia riconosciuto la sua pretesa, vertendosi solo allora in tema di “quantum” del compenso revisionale. Sia l’abrogato art. 6, comma 4, della legge 23 dicembre 1993 n. 537 (come modificato dall’art. 44 della legge 24 dicembre 1994 n. 724), che il vigente art. 115 del d.lgs. n. 163/2006 prevedono per la revisione prezzi un’istruttoria da parte dei dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi, sulla base in primo luogo dei dati forniti dalla sezione centrale dell’Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e dall’ISTAT (art. 7, comma 4, lett. c), e comma 5, del d.lgs. n. 163/2006). In base alle suesposte considerazioni non è configurabile alcuna contraddizione nelle pronunce del giudice amministrativo, che sanciscono, sotto un primo profilo, la sussistenza dell’obbligo di inserzione della clausola e quindi del corrispondente diritto della parte contraente (problematica esulante però dalla vicenda di cui è causa, in quanto la revisione era contrattualmente prevista) e, sotto un distinto e cronologicamente successivo profilo, ritengono che la situazione soggettiva dell’appaltatore in relazione alle modalità ed ai risultati della revisione sia di interesse legittimo in ragione della discrezionalità dell’Amministrazione sull’an debeatur (Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465). Tali considerazioni portano a disattendere entrambe le censure prospettate dagli appellanti, in quanto la mancata impugnazione del provvedimento di rigetto dell’istanza di revisione rende l’appello inammissibile, non potendo la relativa azione essere azionata nel termine decennale di prescrizione con la richiesta della declaratoria del relativo diritto. Infatti parte appellante ha impugnato la nota dell’8 novembre 1999 dell’Ufficio Tecnico Ambiente, avente carattere di atto interno ed infraprocedimentale senza alcun valore dispositivo, contenente un semplice parere del funzionario in base ai risultati dell’indagine conoscitiva effettuata in ordine alla sussistenza dei presupposti richiesti dalla normativa per la concessione della revisione del canone originariamente previsto in sede contrattuale per l’espletamento del servizio di raccolta di rifiuti solidi urbani, ma non ha invece proceduto all’impugnazione del formale provvedimento di diniego del Dirigente del IV Settore n.25875 dell’11 novembre 1999, mai ritualmente impugnato. Omissis Commento 38 In relazione ad un contratto d’appalto di servizi (raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti solidi urbani) risalente nientemeno che al 1994 ma soggetto a disciplina (art. 6, comma 4, l. n. 573/1993, come modificato dall’art. 44, comma 1, l. 23 dicembre 1994, n. 724) coincidente – nel suo elemento centrale che qui interessa (rinvio allo strumento civilistico) – con quella attualmente in vigore (v. art. 115 d.lgs. 1/2016 Giurisprudenza n. 163/2006), il Supremo Collegio giurisdizionale amministrativo, in ordine alla domanda dell’appaltatore di riconoscimento della revisione (si discuteva quindi dell’an, oltreché del quantum, della revisione) afferma: “la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell’istruttoria, poiché questa è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008, n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse dell’appaltatore alla revisione e l’interesse pubblico connesso al risparmio di spesa da un lato, ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato”. L’enunciato è presentato come corrispondente a giurisprudenza costante. Sembra, quindi, che, per tale giurisprudenza, la concessione o meno della revisione e quindi la modifica del contratto in punto prezzo, sia subordinata ad una valutazione dell’interesse pubblico tutta di spettanza della sola pubblica amministrazione e per nulla afferente alla valutazione dei diritti ed obblighi (nonché delle regole generali) del contratto. Sembra una valutazione del tutto eccentrica rispetto al “luogo” (rapporto contrattuale) e agli effetti (modifica di clausola essenziale del contratto qual è quella del prezzo) che la valutazione produce (o non produce, in caso di mancata concessione). Soprattutto, l’affermazione appare in contrasto con la disciplina positiva dei contratti pubblici di acquisizione di beni e servizi, sia quella allora vigente (art. 6, comma 4, l. n. 537/1993), sia quella contenuta nell’art. 115 d.lgs. n. 163/2006, che oggi regola la materia. Entrambe le norme affidano agli strumenti del diritto civile e non a quelli del diritto pubblico il soddisfacimento delle esigenze sottese all’aggiornamento dei prezzi di contratti di durata aventi ad oggetto l’acquisizione di beni e servizi da parte della p.a.: l’esigenza del migliore funzionamento del rapporto contrattuale, rispetto al quale l’equilibrio tra corrispettivo e prestazione è ritenuto strumentale e favorevole. Diversamente, per i lavori pubblici, la disciplina dell’art. 133 d.lgs. n. 163/2006 fissa direttamente regole imperative, le quali passano anche attraverso un provvedimento amministrativo generale di determinazione dei materiali soggetti a rilevanti variazioni di prezzo, nell’adozione del quale provvedimento sono concepibili valutazioni di interesse pubblico sull’adozione stessa del provvedimento. Vero è, peraltro, che la disciplina di legge sembra configurare in termini di attività vincolata nell’an quella posta a carico della p.a. in relazione al tema dell’adeguamento dei prezzi nel campo dei lavori, collocando più sul versante del diritto soggettivo, condizionato ad un accertamento tecnico-discrezionale della p.a., l’aspirazione dell’operatore all’aggiornamento del prezzo 39 Giurisprudenza 40 1/2016 (invero, la posizione è in astratto neutra, posto che non si escludono anche riduzioni dei prezzi che potrebbero fondare una pretesa della p.a. alla revisione – v. riduzione del prezzo del petrolio). Nel campo, invece, delle acquisizioni di beni e servizi, l’attuale disciplina (come quella anteriore), si limita a prevedere che il contratto d’appalto deve contenere una clausola contrattuale volta a regolare la tematica. Sono il contratto, e quindi le parti, nonché la relativa disciplina generale (codice civile in primo luogo), a disciplinare l’esigenza del mantenimento dell’equilibrio contrattuale pur nel rispetto dell’elemento insopprimibile del rischio di impresa affrontato volontariamente dall’appaltatore con la partecipazione alla gara e la stipula del contratto. Come possa rinvenirsi in un siffatto rinvio alle pattuizioni contrattuali delle parti e al momento del tutto paritario dell’esecuzione del contratto, uno spazio per una determinazione spiccatamente pubblicistica come quella evocata dal Supremo Collegio, per il quale la p.a. può decidere che l’interesse pubblico escluda nel singolo caso concreto l’applicazione di un meccanismo di aggiornamento dei prezzi, non è dato comprendere. È ben vero che una norma processuale, e cioè l’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, c.p.a., parla di “provvedimento” di applicazione della clausola revisionale ma la disciplina specifica dell’art. 115 d.lgs. 163/2006 incardina la materia nell’ambito strettamente contrattuale, non lasciando spazio a valutazioni di interesse pubblico (analoghe a quelle che sono invece ben configurabili rispetto alla fattispecie dell’autorizzazione al subappalto, per la quale la giurisprudenza parla abbastanza comprensibilmente di provvedimento amministrativo in considerazione delle esigenze di tutela dell’ordine pubblico sottese all’autorizzazione medesima, esigenze del tutto assenti in relazione a pattuizioni strettamente economico-contrattuali). Anche relativamente al “provvedimento” di nomina del dirigente previsto testualmente dalla l. n. 145/2002 (legge Frattini di riforma della dirigenza), la Corte Costituzionale (n. 103/2007) ha escluso che l’espressione voglia sempre dire “provvedimento amministrativo”. Si ricordi poi l’importante pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 14/2014, che, seppure con riguardo ai lavori pubblici, ha affermato un principio che appare di portata assolutamente generale, e cioè quello della esclusione di poteri pubblicistici (in particolare di revoca) su un rapporto contrattuale in essere, che sia munito di appositi strumenti sul punto (il tema era quello della cessazione del rapporto contrattuale). 1/2016 Giurisprudenza In altre parole, per l’Adunanza Plenaria, devono ritenersi del tutto eccezionali e quindi necessariamente legittimati da specifiche norme di legge, i casi di “intromissione” pubblicistica (nel senso del perseguimento di interessi pubblici) nell’ambito di rapporti contrattuali adeguatamente regolati. E una tale disciplina, in ordine alla problematica dell’adeguamento dei prezzi, sussiste con riguardo alle acquisizioni di beni e servizi (art. 115 cit.) e rimette alle parti e specificamente al contratto dalle stesse sottoscritto la regolamentazione nell’an e nel quantum della revisione del prezzo. A fronte della rinuncia dell’art. 115 d.lgs. n. 163/2006 alla fissazione di una generale e autonoma disciplina, si possono presentare due ipotesi generali: o la clausola di revisione è inserita in contratto, o non è inserita. Se è inserita, se ne applicano le previsioni sull’an, in ordine al quale è ben difficile (da quanto risulta dalla giurisprudenza e dalla prassi dei contratti pubblicati, si può dire che tale ipotesi è esclusa) che sia fatto riferimento ad una valutazione meramente pubblicistica ed imperativo-unilaterale dell’amministrazione, basata su una valutazione dell’interesse pubblico all’applicazione o meno di un aggiornamento del prezzo. Tanto più per il quantum, varranno le previsioni della clausola. Se, per ipotesi, fosse la clausola contrattuale a prevedere e quindi a fondare un siffatto potere della p.a. di valutazione circa la revisione o meno del prezzo, non sembra che possa dirsi che si tratta di potere pubblicistico, soggetto anche al regime giurisdizionale degli atti amministrativi e quindi al termine decadenziale di impugnazione della determinazione stessa (v. in tal senso Consiglio di Stato, sez. III, 18 dicembre 2015, n. 5779, che ritiene inammissibile in quanto tardiva per mancato rispetto del termine decadenziale di 30 giorni l’azione del contraente privato che contesta la decisione della p.a. di non procedere a revisione). Inimmaginabile che una clausola contrattuale, voluta dal legislatore come tale in luogo di una disciplina direttamente imposta dalla legge (come nel caso dell’art. 133 d.lgs. n. 163/2006 e della disciplina regolamentare dell’art. 171 d.P.R. n. 207/2010), fondi un potere pubblicistico non previsto da alcuna norma. Sul piano della tutela giurisdizionale, ciò vuol dire che i termini di azione devono considerarsi quelli prescrizionali (dieci anni, non essendo predicabile il termine quinquennale, non vertendosi in tema di somme da pagare ad anno o periodo inferiore all’anno) e non quelli decadenziali della richiamata giurisprudenza (v. Cons. Stato n. 5779/2015 cit.). 41 Giurisprudenza 42 1/2016 Per il caso che la clausola non sia introdotta, si deve dissentire con giurisprudenza prevalente per la quale la clausola dovrebbe considerarsi inserita di diritto ai sensi dell’art. 1339 c.c. Ciò, alla luce della giurisprudenza secondo cui l’inserzione è possibile solo ove sia rinvenibile una disciplina puntuale da incastonare nel regolamento contrattuale privo della clausola “obbligatoria”: “… alla luce del combinato disposto degli artt. 1339 e 1341 c.c., non ogni eterointegrazione è possibile in modo automatico. Infatti, il meccanismo sostitutivo di cui all’art. 1339 c.c. opera solo in presenza di norme imperative recanti una rigida predeterminazione dell’elemento destinato a sostituirsi alla clausola difforme, mentre non trova applicazione laddove siano comunque affidati alle parti la quantificazione e l’esatto corrispettivo, nonché il metodo e la concreta manifestazione degli elementi (i costi della sicurezza da rischio specifico) in questione” (Consiglio di Stato, sez. III, 18 ottobre 2013, n. 5069). Non risultano, invero, norme che stabiliscano in via generale il contenuto di clausole di revisione per i contratti relativi a beni e servizi, né per quanto riguarda l’an, né per quanto riguarda il quantum della revisione. Ne consegue che l’art. 1339 c.c. non appare applicabile. Non risultano disponibili nemmeno altri strumenti a favore del contraente privato (o anche della p.a., in caso di riduzione dei prezzi) che intenda(no) far valere la sopravvenienza destabilizzante per l’equilibrio contrattuale, se non quella dell’eccessiva onerosità di cui all’art. 1467 c.c.. Nemmeno nella recente disciplina normativa (passiamo così all’esame delle novità normative), si stabilisce una regolamentazione che affronta tale tema, seppure ci si avvicini alla definizione di una disciplina puntuale. Ci si riferisce all’art. 1, comma 511, L. n. 208 del 30 dicembre 2015, legge di stabilità per il 2016. Anche tale norma rinuncia a porre una disciplina generale della revisione nel campo delle acquisizioni di beni e servizi e fa rinvio alla clausola in concreto inserita nel singolo contratto. Il citato comma 511 prende in considerazione l’ipotesi che la clausola inserita in contratto sia “collegata o indicizzata al valore di beni indifferenziati”. Dispone la nuova norma, per tale ipotesi, che “qualora si sia verificata una variazione nel valore dei predetti beni, che abbia determinato un aumento o una diminuzione del prezzo complessivo in misura non inferiore al 10 per cento e tale da alterare significativamente l’originario equilibrio contrattuale, come accertato dall’autorità indipendente preposta alla regolazione del settore relativo allo specifico contratto ovvero, in mancanza, dall’Autorità garante della concor- 1/2016 Giurisprudenza renza e del mercato, l’appaltatore o il soggetto aggregatore hanno facoltà di richiedere, con decorrenza dalla data dell’istanza presentata ai sensi del presente comma, una riconduzione ad equità o una revisione del prezzo medesimo. In caso di raggiungimento dell’accordo, i soggetti contraenti possono, nei trenta giorni successivi a tale accordo, esercitare il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 1373 del codice civile. Nel caso di mancato raggiungimento dell’accordo le parti possono consensualmente risolvere il contratto senza che sia dovuto alcun indennizzo come conseguenza della risoluzione del contratto, fermo restando quanto previsto dall’articolo 1467 del codice civile. Le parti possono chiedere all’autorità che provvede all’accertamento di cui al presente comma di fornire, entro trenta giorni dalla richiesta, le indicazioni utili per il ripristino dell’equilibrio contrattuale ovvero, in caso di mancato accordo, per la definizione di modalità attuative della risoluzione contrattuale finalizzate a evitare disservizi”. Va ribadito, al riguardo, che la norma non sembra poter trovare applicazione laddove non vi sia una clausola di adeguamento prezzi, per il qual caso valgono le considerazioni formulate sopra. Se c’è la clausola e questa fa generico riferimento all’andamento dei prezzi, senza riferimento specifico ai prezzi di singoli materiali (come invece avviene nel campo dei lavori pubblici, in forza del ricordato art. 133, d.lgs. n. 163/2006), può intervenire su richiesta – deve ritenersi – delle parti (e non d’ufficio), l’autorità garante del singolo mercato o quella della concorrenza, le quali possono “accertare” due condizioni e cioè che i prezzi indifferenziati siano aumentati o diminuiti almeno del 10% e che ciò comporti una significativa alterazione dell’equilibrio contrattuale. Deve, in altre parole, ritenersi che la norma abbia configurato un intervento delle due autorità (in via successiva: in via generale l’autorità del singolo mercato; se questa non c’è, quella della concorrenza) solo ad istanza di parte, anche ai fini dell’accertamento della variazione dei prezzi e dello squilibrio del contratto. Proprio il fatto che sia richiesto un accertamento non solo di una circostanza generale, ma anche specifica, induce per l’appunto a ritenere disciplinato un procedimento ad istanza di parte. La norma affida poi alla medesima autorità anche la soluzione del conflitto derivante dal mancato accordo tra le parti sul ripristino delle condizioni di equilibrio contrattuale. Più in dettaglio, la disposizione sembra, da un lato e in prima battuta, affidare alle parti “da sole” la soluzione del problema derivante dall’«accertamento» di squilibrio operato dall’autorità di volta in volta competente; dall’altro, prevede un intervento, ancora a domanda del- 43 Giurisprudenza 1/2016 le parti, dell’autorità medesima a supporto delle stesse per l’individuazione delle condizioni di riequilibrio in funzione del mantenimento del contratto o, per l’ipotesi opposta, per l’individuazione delle condizioni di risoluzione del rapporto che evitino “disservizi”. Per il caso che le parti operino “da sole”, la norma configura, infine, un meccanismo piuttosto cervellotico in ordine all’ipotesi che esse trovino (per l’appunto, da sole) l’accordo sulle condizioni di riequilibrio: si ammette che una delle parti, che pure ha appena concordato sulle condizioni del riequilibrio, receda dal contratto (appare improbabile che una parte condivida condizioni di riequilibrio e poi se ne vada). Se appare appropriato l’intervento dell’autorità terza, vero è che tale intervento non risulta avere alcuna efficacia decisiva, potendo le parti assumere determinazioni del tutto autonome sulla prosecuzione o meno del rapporto. In sostanza, non sembra configurato alcun potere coercitivo dell’autorità, alla quale spetta sotto tale profilo (unilateralità) solo di “accertare – su domanda – il sopravvenuto squilibrio”. Anche tale provvedimento (accertamento tecnico-discrezionale) non sembra favorire la riduzione di contenziosi, ben potendo la parte che si ritiene danneggiata lamentarsi del provvedimento in giudizio. Dovrebbe al riguardo operare la giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2), c.p.a., il quale riguarda le controversie sull’applicazione della clausola di revisione e sul provvedimento applicativo. Si ritiene, peraltro, in materia di sopravvenienze incidenti sull’equilibrio contrattuale, in termini di de iure condendo, che o si lascia operare la norma generale dell’art. 1467 c.c. (risoluzione per eccessiva onerosità), con conseguente intervento necessario del giudice (ordinario) o si stabiliscano anche per i beni e servizi condizioni oggettive e quanto più possibile automatiche di operatività di previsioni di adeguamento di prezzi, risultando la rimessione all’accordo delle parti – anche se supportato da Autorità – possibile fonte di incremento di contenzioso, anche considerata la responsabilità contabile che “spaventa” il funzionario pubblico rispetto a siffatti accordi (con la conseguenza che si rinuncia alla pattuizione e si affida al giudice la definizione del contrasto di opinioni). 44 1/2016 Giurisprudenza Quali dichiarazioni rilevano ai fini del conseguimento dell’aggiudicazione di un appalto e quando una dichiarazione incompleta riferita ai precedenti penali può costituire legittima causa di esclusione? di Samanta Vianello CONSIGLIO DI STATO, sez. III, 17 novembre 2015, n. 3792 Pres. Romeo; Est. Ungari - Alliance Medical s.r.l. (Avv.ti Greco, Danusso, Bucchi) c. Azienda Sanitaria Locale AUSL 4 di Teramo (Avv. Bosco) Contratti della p.a. – Appalti pubblici – Gara – Requisiti generali – Procuratori speciali muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza – Obbligo dichiarativo - Va affermato Contratti della p.a. – Appalti pubblici – Gara – Dichiarazione non necessaria ai fini della partecipazione – Dichiarazione falsa – Non comporta applicazione dell’art. 75 d.P.R. n. 445/2000. I soggetti muniti di poteri di rappresentanza tenuti a rendere le dichiarazioni di cui all’art. 38, c. 2, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e s.m.i. sono anche i procuratori ad negotia, qualora muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza e riferiti ad una pluralità di oggetti, così che, per sommatoria, possono configurarsi omologhi, se non di spessore superiore, a quelli che lo statuto assegna agli amministratori. Stante questo assunto, qualora il procuratore ad negotia non possa esercitare ampi poteri decisionali, la dichiarazione da questo presentata in sede di gara ad abundantiam, ancorché imprecisa o incompleta o falsa, è come non resa, perché non necessaria al conseguimento del beneficio dell’aggiudicazione dell’appalto, quindi non può costituire causa di esclusione dalla gara. 45 Giurisprudenza 46 1/2016 FATTO e DIRITTO Si controverte sull’esito infruttuoso della procedura aperta indetta dalla ASL 4 di Teramo per l’affidamento del servizio di gestione e implementazione degli esami di RMN presso il p.o. di Giulianova, per cinque anni con opzione di rinnovo. Dopo che, con provvedimento n. 530 in data 25 maggio 2013, l’appalto era stato definitivamente aggiudicato (salvo verifica dei requisiti) all’unico concorrente, il r.t.i. costituendo tra l’odierna appellante Alliance Medical S.r.l. e la Fora S.r.l., è stata riscontrata l’esistenza di una sentenza di condanna (del GIP di Milano, ex art. 444 c.p.p., a 3 mesi e 24 giorni e 270.000 lire di multa, per violazione dell’art. 12 della legge 197/1991 sull’uso delle carte di credito, di pagamento e documenti che abilitano al prelievo di denaro contante, divenuta irrevocabile in data 23 giugno 1998) a carico di una procuratrice speciale della società, sig.ra L.I., la quale aveva presentato nell’ambito della gara la dichiarazione di assenza di cause ostative, ex art. 38 del Codice dei contratti pubblici. Ciò, nonostante i chiarimenti forniti dalla società, ha indotto la ASL a ravvisare una causa ostativa alla sottoscrizione del contratto ed a dichiarare l’inefficacia dell’aggiudicazione definitiva, mediante provvedimento n. 786 in data 10 luglio 2014, con conseguente comunicazione all’ANAC. Per far fronte alle esigenze operative, con provvedimento n. 817 in data 22 luglio 2014, la ASL ha affidato per sei mesi, rinnovabili per altri sei, a Mobile Diagnostic S.r.l. il servizio RMN su mezzo mobile, e a Modus FM S.p.a. i relativi lavori di installazione, ex art. 57, comma 2, lettera a), Cod. cit. Il T.A.R. Abruzzo, con la sentenza appellata (L’Aquila, n. 236/2015), ha respinto i due ricorsi di Alliance Medical avverso detti ultimi provvedimenti, affermando quanto appresso sintetizzato: (a) - il richiamo ai principi in tema di autotutela ed alle garanzie previste dagli artt. 7 ss della legge 241/1990 non è pertinente, trattandosi di verifica dei requisiti a fini di efficacia ex art. 11, comma 8, Cod. cit., segmento conclusivo della fase di scelta del contraente; e comunque è stato instaurato un contraddittorio procedimentale; (b) - anche i procuratori ad negotia, qualora muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza e riferiti ad una pluralità di oggetti, rientrano nelle figura cui si richiama l’art. 38, comma 1, Cod. cit. (cfr. A.P. n. 23/2013); L.I., per i poteri attribuiti, va considerata “soggetto munito di poteri di rappresentanza”; (c) – non può sostenersi l’esistenza di un “falso innocuo”, data la causa ostativa (falsa dichiarazione in merito a precedenti penali); la valutazione circa la gravità della condanna e la sua incidenza sulla moralità professionale spetta alla stazione appaltante; peraltro, l’inefficacia dell’aggiudicazione è stata disposta non già per l’esistenza di una condanna, ma per la violazione dell’obbligo di rendere autodichiarazioni veritiere; (d) – è irrilevante che L.I. non fosse ancora procuratrice al momento della presentazione della domanda, dovendo i requisiti essere posseduti anche al momento della verifica dei requisiti e per tutta la durata dell’appalto (cfr. A.P. n. 4/2011); (e) – né può ritenersi l’irrilevanza del reato, mancando una pronuncia di riabilitazione o di estinzione da parte del giudice dell’esecuzione; (f ) – avverso la proroga: sussistevano i presupposti per l’affidamento previsti dall’art. 57 (mancanza di un’offerta appropriata), non ostandovi la pendenza di contenzioso; in relazione alle circostanze, si giustifica l’affidamento per sei mesi del servizio “mobile” (anziché del servizio “statico”, con macchinario installato, per cinque anni); la presenza di un solo concorrente in gara giustifica che, ai fini dell’affidamento, non siano stati previamente interpellati i tre operatori, secondo quanto richiesto, “ove possibile”, dall’art. 57. 1/2016 Giurisprudenza Nell’appello, Alliance Medical prospetta le argomentazioni appresso sintetizzate. La verifica dei requisiti non esonera la stazione appaltante dal rispetto delle garanzie partecipative e dalla valutazione dei parametri di legittimità degli atti di ritiro, quali l’interesse pubblico al ritiro, il termine ragionevole e gli interessi configgenti dei privati; mentre assumevano concreta rilevanza il periodo di oltre un anno trascorso dall’aggiudicazione e l’assenza di altri concorrenti. La sig.ra L.I., quale procuratrice speciale munita di poteri di ordinaria amministrazione, non rientrava tra i soggetti di cui all’art. 38, comma 1, lettera c), Cod. cit., e non era tenuta alla relativa autodichiarazione, resa ad abundantiam. È comunque applicabile l’orientamento che nega rilevanza ostativa al c.d. falso innocuo. Non sussiste neanche una causa ostativa ex art. 38, in quanto si tratta di un reato irrilevante ai fini dell’appalto, commesso quindici anni prima, quando L.I. non aveva alcun rapporto con Alliance Medical, ecomunque consistente in un fatto di estrema tenuità. Quanto all’affidamento del servizio su mezzo mobile a Mobile Diagnostic, difettano i presupposti richiesti dall’art. 57, Cod. cit., poiché: (a) - l’insussistenza di un’offerta appropriata è legata ad un provvedimento ancora sub iudice, e comunque la procedura di affidamento è stata avviata in data 16 maggio 2014, allorché l’aggiudicazione era ancora pienamente valida; (b) – sono stati radicalmente modificati l’oggetto e la durata delle prestazioni; (c) – non sono stati interpellati almeno tre operatori, pur essendocene molti nel settore. Si è costituita in giudizio e controdeduce puntualmente la ASL. Per l’ANAC si è costituita con memoria formale l’Avvocatura Generale dello Stato. L’appello è fondato e deve pertanto essere accolto, nei sensi e limiti appresso indicati. Il Collegio ritiene infatti che il T.A.R. – dopo aver condivisibilmente escluso l’applicabilità dei principi in tema di autotutela – abbia individuato correttamente il principio applicabile alle false o incomplete dichiarazioni sull’assenza di cause ostative ex art. 38 del Codice, qualora effettuate da procuratori speciali, ma abbia poi errato nel qualificare la posizione della sig.ra L.I. Nel solco di A.P. n. 23/2013, è condivisibile che per i procuratori speciali muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza e riferiti a una pluralità di oggetti – così che, per sommatoria, possano configurarsi omologhi, se non di spessore superiore, a quelli che lo statuto assegna agli amministratori – debbano trovare applicazione le previsioni sull’obbligo di dichiarazione dell’assenza di cause ostative ex art. 38 del Codice dei contratti pubblici (anche se, qualora il bando non contenga specifiche comminatorie, l’esclusione dell’impresa può essere disposta non già per la mera omissione della dichiarazione, ma solo per l’effettiva assenza del requisito in capo a tali procuratori). Giova ricordare che tale interpretazione della portata applicativa dell’art. 38, alla luce del tenore testuale dell’art. 45 della direttiva 2004/18/CE, è improntata ad un’ottica sostanzialistica di matrice comunitaria, mira a tutelare l’interesse pubblico affinché l’amministrazione non contratti “con persone giuridiche governate in sostanza, per scelte organizzative interne, da persone fisiche sprovviste dei necessari requisiti di onorabilità ed affidabilità morale e professionale, che si giovino dello schermo di chi per statuto riveste la qualifica formale di amministratore con potere di rappresentanza” (A.P., cit.). Tuttavia, nel caso in esame, deve ritenersi che la dichiarazione sia stata resa da L.I. ad abundantiam rispetto agli obblighi di legge. Infatti, i poteri ad essa attribuiti (concernenti, in particolare: pagamenti ed operazioni bancarie e finanziarie a firma singola, fino a 2.000 euro; con firme congiunte con altri, fino a 10.000 euro; stipula di alcuni tipi di contratti fino a 250.000 euro, purché a firma congiunta con uno dei consiglieri di 47 Giurisprudenza 48 1/2016 amministrazione, e con esclusione dei contratti di acquisto di azioni e/o quote societarie e/o rami d’azienda, nonché di compravendita e/o affitti di beni immobili e/o acquisti di beni richiedenti investimenti in conto capitale; trasferimenti di importi fino a 500.000 euro, da un conto all’altro della società o di società controllate o collegate), se si considera che la società appellante appartiene ad un gruppo operativo in tutta Europa, e, con un fatturato 95 milioni di euro e 395 dipendenti nel 2013, afferma di essere la più grande realtà italiana nel settore dei servizi di diagnostica per immagini, non appaiono particolarmente significativi, e comunque non sono tali da potersi equiparare a quelli propri degli amministratori e a quelli concretamente attribuiti ai consiglieri di amministrazione dallo statuto. Quanto all’orientamento della giurisprudenza, secondo il quale l’esistenza di false dichiarazioni sul possesso dei requisiti, quali la mancata dichiarazione di sentenze penali di condanna, si configura come causa autonoma di esclusione, va osservato che l’art. 75, del d.P.R. 445/2000, commina la decadenza dai “benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera”; ma, qualora – come nel caso in esame per quanto sopra esposto – la dichiarazione non sia necessaria ai fini della partecipazione alla gara, viene meno quella stretta correlazione tra il beneficio (l’aggiudicazione) e la dichiarazione, che impone di sanzionarne la falsità. Si potrebbe sostenere che la dichiarazione comporti comunque l’obbligo di rispettare i principi di lealtà e trasparenza e che ciò giustifichi di per sé l’esclusione delle dichiarazioni non veritiere, anche se non necessarie. In tal caso, occorrerebbe però anche distinguere in relazione al contesto in cui è maturata la dichiarazione, e nel procedimento in esame potrebbe attribuirsi rilevanza esimente alle seguenti circostanze: - la dichiarazione è stata resa sul modulo predisposto dalla stazione appaltante, che, in modo fuorviante (nonostante sia ormai pacifico che ogni valutazione sulla rilevanza ostativa del reato sia demandata alla stazione appaltante), menzionava le (sole) condanne per “reati gravi … che incidono sulla moralità professionale …” (e la giurisprudenza di questo Consiglio non è aliena dal riconoscere che, allorché la dichiarazione sia resa sulla scorta di modelli predisposti dalla stazione appaltante ed il concorrente incorre in errore indotto dalla formulazione ambigua o equivoca del modello, non possa determinarsi l’esclusione dalla gara per l’incompletezza della dichiarazione resa: cfr.. Cons Stato, sez. III, n. 925/2015 e n. 507/2014; sez. IV, n. 25905/2015; sez. V, n. 550/2011; sez. VI, n. 1799/2012); - il reato consiste nell’uso da parte di L.I., nel 1997, quando aveva 21 anni, in concorso con un amica, di una carta di credito smarrita da un terzo, e dai certificati del casellario giudiziale in possesso di L.I. non risultava la condanna, risalente a 15 anni prima (e che avrebbe quindi potuto da tempo essere oggetto di una pronuncia di estinzione, ciò che è avvenuto subito dopo la contestazione da parte della ASL), così che ben poteva essere percepita dall’interessata come irrilevante ai fini della moralità professionale attuale e dell’obbligo di dichiarazione in gara. L’affidamento diretto del servizio (mobile) sostitutivo, che trova il suo fondamentale presupposto nella dichiarazione di inefficacia dell’aggiudicazione definitiva disposta in favore dell’appellante, risulta illegittimo a titolo di invalidità derivata. Può aggiungersi che, nei confronti di detto affidamento, risulta fondata la censura relativa alla omissione dell’interpello di almeno tre operatori, richiesto dall’art. 57 del Codice, non valendo l’esistenza di una sola offerta nella gara ad escludere la presenza sul mercato di altri operatori interessati ad espletare il servizio secondo la predetta diversa modalità (servizio mobile). Dall’accoglimento dell’appello, nei limiti indicati, discende, in riforma della sen- 1/2016 Giurisprudenza tenza appellata, l’accoglimento dei ricorsi proposti in primo grado ed il conseguente annullamento dei provvedimenti con essi impugnati. L’appellante, oltre all’annullamento dei provvedimenti impugnati in primo grado, ha chiesto anche la condanna al risarcimento del danno. Al riguardo, tuttavia, prospetta solo argomentazioni relative al danno da perdita di chance, al danno curriculare ed al danno di immagine. Poiché l’appellante non esplicita considerazioni sul danno da ritardo per il tempo trascorso (prima di poter conseguire il bene principale cui aspira, cioè la stipula del contratto), e poiché, per effetto della presente sentenza, l’appalto può essere affidato per l’intera durata, il Collegio ritiene non sussista in concreto un danno risarcibile legato all’esecuzione del contratto. Quanto al danno d’immagine, anche volendo ipotizzare che una lesione dell’immagine aziendale si sia determinata, poiché il comportamento della stazione appaltante è stato indotto da una dichiarazione non veritiera presentata dalla società, sembra evidente la rilevanza causale determinante del comportamento dell’appellante; ciò che conduce ad escludere la spettanza del risarcimento. Omissis Commento Nel variegato e nutrito panorama di sentenze aventi a tema esclusioni da gare d’appalto per false dichiarazioni, la sentenza in commento si distingue per l’obiettività dimostrata dai giudicanti nel valutare ed esaminare la fattispecie concreta nei suoi non obliabili dettagli. Fin troppo spesso si è assistito a decisioni palesemente frettolose in ordine al riconoscimento della legittimità dell’altrettanto sbrigativa esclusione da parte della stazione appaltante, di un operatore economico per non aver dichiarato tutte le sentenze pronunciate a suo carico, specie quelle non incidenti sulla propria moralità professionale. Nel caso in esame, il T.A.R. Abruzzo ha respinto il ricorso dell’unico partecipante alla procedura di affidamento, avverso il provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione definitiva precedentemente emessa in suo favore, sull’assunto che un procuratore ad negotia avesse reso falsa dichiarazione in ordine alle sentenze pronunciate a suo carico. La conferma dei giudici di prime cure dell’inefficacia dell’aggiudicazione è stata argomentata non già in ordine al disvalore del reato commesso, bensì per il sol fatto di non aver menzionato il precedente penale nella dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del d.P.R. n. 445/2000. Ma andiamo con ordine. Il Consiglio di Stato, ha esaminato innanzitutto la questione riferita ai soggetti tenuti, ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, a rendere le dichiarazioni sul possesso dei requisiti, con particolare riferimento alla categoria dei procuratori speciali. Testualmente, l’art. 38 impone detto obbligo agli amministratori 49 Giurisprudenza 1/2016 muniti di poteri di rappresentanza e ai direttori tecnici. Sull’ampiezza dell’accezione di amministratore munito di poteri di rappresentanza si è andato formando nel tempo un orientamento quanto mai ondivago. Una parte della giurisprudenza (e della dottrina) si è schierata per un’interpretazione più rigida e formalistica per cui l’obbligo “non opera per i procuratori speciali indipendentemente dall’ampiezza dei poteri rappresentativi di cui gli stessi sono investiti, essendo necessaria a tal fine la compresenza della qualifica di amministratore1”. Un’altra parte ha invece favorito un indirizzo più vicino ad una visione sostanzialistica di matrice comunitaria, al quale aderisce anche il Consiglio di Stato nella sentenza in commento, secondo il quale “la cerchia dei soggetti nei cui confronti vanno accertate le cause preclusive della partecipazione alla gara non va identificata solo in base alle qualifiche formali rivestite, ma anche alla stregua dei poteri sostanziali attribuiti, con conseguente inclusione nel novero dei soggetti muniti dei poteri di rappresentanza, delle persone fisiche in grado di impegnare la società verso i terzi e dei procuratori ad negotia, laddove a dispetto del nomen, l’estensione dei loro poteri li conduca a qualificarli come amministratori di fatto” (cfr. Ad. Plen. n. 23/2013). Dall’esame dei poteri conferiti ai procuratori ad negotia, è stato più volte rilevato che gli stessi finiscono col rientrare a pieno titolo nella figura degli amministratori muniti di rappresentanza, poiché da un lato si connotano come amministratori di fatto ai sensi dell’art. 2639, comma 1, c.c. e, d’altro lato, in forza della procura rilasciata, assommano in sè anche il ruolo di rappresentante della società, sia pure eventualmente solo per una serie determinata di atti di natura gestoria. La verifica dell’ampiezza dei poteri, tuttavia, va compiuta di volta in volta analizzando in concreto gli effettivi poteri attribuiti. Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato, il procuratore che, a detta dei giudici di prime cure, aveva reso falsa dichiarazione, non rientrava tra i soggetti di cui all’art, 38. Non era perciò tenuto a rendere alcuna dichiarazione ai fini partecipativi. A dovere i giudici amministrativi hanno osservato che, se l’art. 75 del d.P.R. n. 445/2000 commina la decadenza dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera, nessuna conseguenza dovrebbe subire il provvedimento di aggiudicazione conseguito a prescindere da detta dichiarazione. In altre parole, la circostanza che la dichiarazione resa, ad abundantiam, da un procuratore risulti non veritiera, non costituisce motivo 50 (1) M. Didonna, Institori, vice presidenti e procuratori speciali: gli incerti confini dell’obbligo di dichiarazione ex art. 38, in Urbanistica e appalti, 2012, 11, 1105. 1/2016 Giurisprudenza per escludere il concorrente dalla procedura, perché essa rappresenta un adempimento ultroneo, superfluo, in altri termini, estraneo al procedimento di aggiudicazione. Altro argomento trattato dal Consiglio di Stato riguarda gli elementi che integrano la fattispecie di false dichiarazioni rilevanti ai fini dell’esclusione. Sul tema occorre dare una sbirciata alla giurisprudenza penale in materia di falso. Per giurisprudenza costante, il dolo dei delitti di falso è generico, pertanto è sufficiente la consapevolezza della immutatio veri e non è richiesto l’animus nocendi vel decipiendi. Ma l’elemento soggettivo deve essere provato e va escluso tutte le volte che la falsità risulti essere oltre o contro la volontà dell’agente, come quando risulti dovuta soltanto ad una leggerezza o negligenza di costui, dato che il sistema ignora la figura del falso colposo. Deve perciò escludersi l’integrazione del reato ogniqualvolta venga provato che la falsità è dovuta ad una leggerezza dell’agente, come pure ad una incompleta conoscenza o ad errata interpretazione di disposizioni normative o, ancora, alla negligente applicazione di una prassi amministrativa (cfr. Cass. Pen., sez V, n. 25469, ud. 16 aprile 2009). Il Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, mette in evidenza che il modello predisposto dalla stazione appaltante menzionava solamente le condanne per gravi reati incidenti sulla moralità professionale. Come il più delle volte accade, la verifica postuma dei requisiti ha evidenziato la presenza di una sentenza del tutto avulsa dall’oggetto dell’appalto e del tutto irrilevante dal punto di vista della moralità professionale. La sola non corrispondenza di quanto dichiarato con l’esito della verifica ha condotto la stazione appaltante ad escludere il concorrente dalla gara per false dichiarazioni, sull’assunto che la valutazione dell’incidenza sulla moralità professionale spetta esclusivamente alla committenza, anche se non è dato scorgere alcun cenno in tal senso, dalla lettura testuale dell’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006. È plausibile pensare che, nel caso di specie, il concorrente sia stato indotto in errore dal tenore della formulazione del modello predisposto dalla stazione appaltante. In questo caso, non può dirsi integrata la fattispecie di false dichiarazioni in quanto il concorrente è incappato in un errore scusabile che, ai sensi dell’art. 47 c.p., esclude la punibilità dell’agente. È bene spendere ancora alcune parole sul tema in esame, anche in considerazioni delle gravi conseguenze che incombono sull’operatore economico in caso di false dichiarazioni. Con sentenza n. 19325/2012 (ud. 13 febbraio 2012) emessa dalla 51 Giurisprudenza 1/2016 Corte di Cassazione penale, sez. V, il momento consumativo del reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico di cui all’art. 483 c.p., nell’ambito del quale, per consolidata giurisprudenza, si sussume la fattispecie di false dichiarazioni rese ai sensi del d.P.R. 445/2000, è stato individuato non già nel momento della inveritiera dichiarazione, quanto piuttosto nel travaso del contenuto della medesima nell’atto pubblico da parte del pubblico ufficiale che l’ha ricevuta. Se viene accolto detto principio, è lecito affermare che l’atto pubblico nel quale, nelle procedure di affidamento, avviene il “travasamento” è costituito dal provvedimento di aggiudicazione che, secondo la sequenza procedimentale tipica del procedimento di affidamento delineata dagli articoli 11 e 12 del d.lgs. n. 163/2006 e s.m.i., non può che essere individuato nell’atto di aggiudicazione definitiva. È ormai condiviso dai più, infatti, che l’aggiudicazione provvisoria non ha alcuna valenza esterna e non origina alcuna aspettativa nei confronti del concorrente risultato primo in graduatoria, essendo un atto endo-procedimentale. Alla luce delle argomentazioni sopra esposte, tornando al caso in esame, una dichiarazione resa ad abundantiam, ancorché inveritiera, i cui contenuti, anche impliciti, non sono trasfusi nell’atto pubblico di aggiudicazione perché del tutto ininfluenti, non può certo integrare una causa autonoma di esclusione. Ora, senza voler approfondire in questa sede la configurabilità del c.d. “falso innocuo” o “inutile”, onde evitare la proliferazione di esempi come quello oggetto della sentenza in commento che tanto occupano le aule dei nostri tribunali, vale la pena ricordare che, nel previgente codice penale (codice Zanardelli), la punibilità del falso era limitata alle ipotesi in cui ne potesse derivare un danno pubblico o privato. La circostanza che detto inciso non sia più presente nel vigente codice penale non significa che, come si desume dai lavori preparatori allo stesso, ci si possa discostare dal principio secondo il quale non viene punita la falsità che non solo non ha nociuto, ma che non era neppure idonea a nuocere, che oggi ben si armonizza con il principio di offensività2. 52 (2) A. Cadoppi, P. Veneziani, Elementi di diritto penale, parte speciale, Padova, 2004, 179-180. 1/2016 Giurisprudenza La funzione della garanzia fideiussoria nelle gare aventi ad oggetto l’affidamento di contratti attivi ed il grado di vincolatività delle disposizioni della lex specialis concernenti la presentazione della predetta garanzia di Francesco Caliandro CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 7 dicembre 2015, n. 5554 Pres. Amicuzzi; Rel. Caputo – L’Erba Voglio s.r.l. (Avv. Masini) c. Comune di Tula (Avv. Azzena) e F.lli Massa s.r.l. (Avv. Martelli) Contratti della p.a. – Contratti attivi – Vendita di legname – Emptio rei speratae – Lex specialis – Interpretazione – In aderenza alla qualificazione del contratto – Alienazione beni – Garanzia provvisoria – Impegno alla presentazione della garanzia definitiva – Rinvio all’art. 75 Codice contratti – Applicazione avuto riguardo al tipo di contratto oggetto di affidamento. Le clausole del bando di gara devono essere interpretate ed applicate in stretta aderenza alla qualificazione del contratto oggetto dell’evidenza pubblica, ossia alla reale natura dell’operazione economica oggetto di disciplina. Pertanto, nell’ambito di una gara per l’affidamento di un contratto attivo avente ad oggetto la compravendita di legname e qualificabile come emptio rei speratae, anche in presenza di una norma di lex specialis che operi un rinvio all’art. 75 del d.lgs. n. 163/2006, richiedendo ai concorrenti di presentare in gara sia la garanzia provvisoria sia la dichiarazione di impegno alla presentazione della garanzia definitiva, può essere ammessa a partecipare un’impresa che abbia presentato soltanto un assegno circolare non accompagnato da una dichiarazione di impegno a presentare la cauzione definitiva. 53 Giurisprudenza 54 1/2016 FATTO e DIRITTO Con ricorso notificato il 6 ottobre 2014, Erba Voglio S.r.l., in proprio e quale capogruppo del costituendo Rti – Teconogarden Service S.r.l., ha impugnato l’aggiudicazione della gara d’appalto, indetta dal comune di Tula, per la vendita del materiale legnoso ritraibile dal bosco ceduo di leccio e dalla pineta di proprietà comunale in località ex Marsilvia. Nell’atto introduttivo premetteva in fatto che: la vendita era disciplinata dal r.d. n. 827/1924 e dalle norme del d.lgs. n. 163/2006, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta più alta rispetto al prezzo posto a base di gara, prefissato in 7,50 per tonnellata; in presenza di sole due offerte, quella presentata dalla ricorrente e quella dell’impresa controinteressata F.lli Massa s.r.l., la gara veniva aggiudicata a quest’ultima in base alla migliore offerta pari a 9, 79 euro/ton, senza considerare che l’aggiudicataria avrebbe violato la lex specialis, e l’art. 75 comma 8, d.lgs. n. 163/2006, con riguardo sia al versamento della cauzione provvisoria mediante assegno circolare che al mancato impegno a prestare la garanzia fideiussoria per l’esecuzione del contratto; conseguentemente, l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara o, in alternativa, all’esito dell’esame dell’istanza di autotutela presentata ex art. 243-bis d.lgs. n. 163/2006 dalla ricorrente, avrebbe dovuto essere disposta dalla stazione appaltante l’annullamento dell’aggiudicazione. Sicché, cumulando alla domanda d’annullamento quella di risarcimento danni, concludeva formulando le seguenti censure: violazione degli artt. 1, 2 e 75 d.lgs. n. 163/2006; dell’art. 97 Cost., degli artt. 65 e 83 r.d. 23 maggio 1924 n. 827 e della l. 241/1990, oltre la violazione dei principi che disciplinano l’evidenza pubblica. Si costituivano in giudizio il Comune di Tula e la controinteressata instando (il primo) per il difetto di giurisdizione del giudice adito e nel merito per l’infondatezza del gravame. Il T.A.R., rigettata la domanda cautelare, ritenuta la propria giurisdizione, pronunciandosi nel merito, respingeva il ricorso. Richiamato l’art. 54 r.d. 23 maggio 1924 n. 827, di cui al rinvio nella lex specialis, sulla cauzione in numerario o in titoli di Stato, riteneva raggiunto con la dazione dell’assegno circolare l’interesse sotteso al deposito della garanzia provvisoria. Mentre con riguardo alla censura sull’omesso impegno dell’aggiudicataria a prestare fideiussione per l’esecuzione delle prestazioni, il T.A.R. non assumeva alcuna espressa decisione. Si limitava a riprodurre (tal quale nel testo della sentenza) quanto già affermato nell’ordinanza cautelare di rigetto della domanda incidentale di sospensione: il pagamento del 30% del prezzo, prima rata del corrispettivo dovuto per l’acquisto del legname, corrisposto al momento della sottoscrizione del contratto, ha implicitamente surrogato la fideiussione. Appella la sentenza Erba Voglio s.r.l. Resistono il Comune di Tula e l’impresa aggiudicataria F.lli. Massa s.r.l. Con unico complesso motivo d’appello, Erba Voglio s.r.l., richiamando le censure già dedotte in prime cure, lamenta l’omesso scrutinio nella sentenza del T.A.R. della principale censura di ricorso incentrata sulla mancata presentazione dell’impegno dell’aggiudicataria al rilascio della garanzia fideiussoria definitiva. Che, unitamente al versamento dell’assegno circolare a titolo di cauzione provvisoria in luogo della prestazione della garanzia personale espressamente richiesta dal bando, avrebbero violato la lex specialis con la quale la stazione appaltante si era autovincolata, sì da doversi ritenere irrilevante l’equiparazione, operata in sentenza, della garanzia reale, effettivamente prestata, a quella personale, espressamente richiesta dal bando di gara. L’appello è infondato. 1/2016 Giurisprudenza Nell’economia della decisione è dirimente la qualificazione del contratto in ragione dell’oggetto della procedura di gara. Oltre a trattarsi di un contratto di vendita, rientrante nel genus dei c.d. contratti attivi in quanto preordinato ad assicurare un entrata a vantaggio del Comune, l’oggetto compravenduto è costituito dal legname ritraibile dalle piante in piedi messe a dimora nei terreni di proprietà comunale. Il prezzo offerto è a misura del legname ritratto dal taglio. Sicché si è in presenza di un contratto di vendita di bene futuro (alberi da tagliare di cui all’art. 820 cpv, c.c.) che, in ragione del prezzo convenuto a misura, si qualifica come emptio rei speratae. Trattandosi di vendita c.d. obbligatoria (cfr., art. 1478 c.c.), l’effetto reale, ossia il passaggio di proprietà del legame, è differito al momento del taglio con la conseguenza che il pagamento del corrispettivo può essere previsto dalle parti negoziali (anche dalla p.a. venditrice dei beni) in coincidenza delle fasi di progressione del taglio del legname. Corollario della sintetica ricostruzione della vicenda contrattuale dedotta in causa, ed in conformità al principio di economicità che governa le procedure negoziali e il procedimento amministrativo in genere (cfr., rispettivamente, art. 2, comma 2 d.lgs. n. 163 del 2006 e art. 1 l.241/1990), è che le clausole del bando di gara devono essere interpretate ed applicate in stretta aderenza alla qualificazione del contratto oggetto dell’evidenza pubblica, ossia alla reale natura dell’operazione economica oggetto di disciplina. In definitiva, le modalità di versamento della cauzione provvisoria e la prestazione della garanzia fideiussoria, che il bando prescriveva mediante il generico rinvio all’art. 75 del codice dei contratti, devono essere considerate in ragione, oltre che del tipo di contratto, dell’oggetto e delle prestazioni dedotte nell’evidenza pubblica. Non si tratta infatti di garantire il tempestivo ed esatto adempimento delle prestazioni da parte del contraente – selezionato all’esito della gara – che, chiamato ad eseguire l’appalto, riceverà il denaro pubblico, cui s’attaglia l’art. 75 d.lgs. n. 163/2006. Quanto piuttosto di assicurare l’effettivo pagamento di quanto alienato al privato dall’amministrazione, mediante gli istituti privatistici a ciò preordinati, costituente l’ubi consistam dell’interesse pubblico sotteso ai contratti c.d. attivi. Sicché, quanto alla cauzione provvisoria, finalizzata ad attestare la serietà della volontà negoziale del privato offerente, la presentazione dell’assegno circolare, che è mezzo ordinario di pagamento delle obbligazioni pecuniarie, integra il versamento in numerario di quanto dovuto al Comune (cfr. Cons., St., sez. IV, 28 aprile 2006 n. 2399). Tanto più in considerazione del fatto che l’art. 54 r.d. 23 maggio 1924 n. 827, richiamato dal bando, prevede espressamente che la cauzione possa essere prestata in numerario, oltre che in titoli di Stato o a mezzo di fideiussione. Alla stessa stregua, privilegiando sulla lettera del bando formalisticamente intesa, il principio di economicità – suscettibile, ai sensi dell’art. 2, comma 2, d.lgs. 163/2006, di essere subordinato solo a criteri ispirati ad esigenze sociali, alla tutela della salute e dell’ambiente che qui non ricorrono – va esaminata le censura sulla mancata prestazione della garanzia fideiussoria definitiva. L’avvenuto pagamento del 30% del corrispettivo del prezzo al momento della sottoscrizione del contratto assicura(va) l’immediata acquisizione alle casse comunali di una consistente parte del prezzo di vendita che altrimenti avrebbe potuto essere corrisposto – nell’ambito di un contratto di vendita commutativo ad effetto reale differito – in coincidenza dell’(effettivo) acquisto del legname tagliato da parte della società acquirente. E, in aggiunta, persegue il medesimo interesse della prestazione della fi- 55 Giurisprudenza 1/2016 deiussione definitiva in misura più satisfattiva per il Comune alienante solo che si abbia riguardo al fatto che il bando ragguagliava la fideiussione definitiva al solo 10% del prezzo complessivo. Né in contrario depongono le generiche considerazioni formulate dall’appellante, oltretutto sguarnite di allegazioni di fatto o indici probatori, su mancati versamenti o ipotetiche omissioni imputabili alla controinteressata che il Comune avrebbe ingiustificatamente avallato. Conclusivamente l’appello deve essere respinto. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. (Omissis) Commento 56 Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ha rigettato alcune censure formulate dal concorrente secondo classificato, volte a conseguire l’esclusione del concorrente aggiudicatario per violazione delle disposizioni della lex specialis che obbligavano i concorrenti a presentare, titolo di garanzia provvisoria, una garanzia di carattere personale (cioè una fideiussione bancaria o una polizza assicurativa), e, soprattutto, a presentare in gara un impegno a prestare la garanzia definitiva per l’esecuzione del contratto in caso di aggiudicazione. Al fine di pervenire a questa pronuncia reiettiva, il Consiglio di Stato ha preliminarmente svolto una lodevole attività ricostruttiva e qualificatoria del contratto oggetto di affidamento, rilevando in proposito che l’oggetto compravenduto è costituito dal “legname ritraibile dalle piante in piedi messe a dimora in una pineta di proprietà comunale”, che i privati partecipanti alla gara si sono impegnati ad acquistare formulando un’offerta in rialzo sul prezzo d’acquisto. Il contratto rientra quindi nel genus dei c.d. contratti attivi, in quanto preordinato ad assicurare un entrata patrimoniale a vantaggio del comune. In particolare, poiché il prezzo d’acquisto è convenuto a misura, si è in presenza di un contratto di vendita di bene futuro qualificabile come emptio rei speratae. A questo proposito, il Consiglio di Stato rammenta anche che l’articolo 820 del codice civile, al primo comma, individua i cc.dd. “frutti naturali”, ricomprendendo espressamente tra questi frutti la legna ritraibile dal taglio degli alberi e, al secondo comma, attribuisce al proprietario la facoltà di disporre di questi frutti prima che gli stessi vengano separati dagli alberi di provenienza “quale cosa mobile futura”. Il Consiglio di Stato osserva poi che “trattandosi di vendita c.d. ob- 1/2016 Giurisprudenza bligatoria (cfr., art. 1478 c.c.1), l’effetto reale, ossia il passaggio di proprietà del legame, è differito al momento del taglio”, come del resto si ricava dal primo comma dell’articolo 821 del codice civile. Sempre a detta del Supremo Collegio, ciò comporta “che il pagamento del corrispettivo può essere previsto dalle parti negoziali (anche dalla p.a. venditrice dei beni) in coincidenza delle fasi di progressione del taglio del legname”. Come anticipato in precedenza, si tratta di un lodevole inquadramento sistematico da parte del Collegio, che è auspicabile poter rinvenire più di frequente nelle motivazioni rese dai giudici amministrativi. Rispetto alla predetta attività di qualificazione, è possibile tuttavia osservare che, in altri casi, lo stesso Consiglio di Stato ha qualificato dei contratti analoghi a quello ora in esame alla stregua di “concessioni di servizi”, valorizzando anche il profilo concernente la gestione di un servizio in favore della committenza e non limitandosi quindi a considerare il contratto quale mera compravendita. A questo proposito, è possibile menzionare un affidamento avente ad oggetto l’acquisito di carta e cartone di proprietà dell’ente pubblico e dallo stesso ricavati a seguito dell’espletamento delle attività di raccolta differenziata, affidamento qualificato appunto (dalla stessa Quinta Sezione nell’ambito della sentenza n. 1896/2012), come concessione di servizi, proprio in considerazione del fatto che lo stesso conduceva alla valorizzazione di beni qualificabili come rifiuti (la carta ed il cartone provenienti dalla raccolta differenziata2), sebbene gli stessi avessero un valore commerciale e potessero essere venduti al miglior offerente. Si tratta, comunque, di questione non univocamente risolta dalla giurisprudenza, atteso che la Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1299/2015 ha invece qualificato come mera compravendita un contratto avente ad oggetto la “cessione a titolo oneroso […] di rifiuti costituiti da rottami ferrosi (rotaie, materiali d’armamento, ma- (1) Disposizione codicistica rubricata “vendita di cosa altrui” che è richiamata solo a titolo esemplificativo dal Consiglio di Stato in relazione al successivo prodursi dell’effetto reale, poiché la fattispecie non sembra strettamente riconducibile all’art. 1478, essendo il legame di proprietà del comune sino al momento della sua separazione, come espressamente previsto dall’articolo 821, primo comma, del codice civile richiamato nel testo. (2) “2. L’appellante ripropone in primo luogo l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sostenendo che la controversia non concernerebbe alcuna delle materie di cui all’art. 133 del c.p.a., in quanto la gara in questione sarebbe stata finalizzata alla scelta di un contraente al quale alienare beni consequenziali all’erogazione di un servizio pubblico (raccolta di rifiuti) dei quali l’appellante potrebbe liberamente disporre al termine dell’attività di raccolta. L’eccezione è infondata. Come bene è stato osservato dalla parte appellata, emerge da un ampio insieme di prescrizioni della lex specialis che la gara riguardava la realizzazione di una filiera finalizzata alla valorizzazione del rifiuto carta depositato in forma differenziata, non la semplice cessione economicamente vantaggiosa dei prodotti della raccolta” (Cons. Stato, sez. V, 31 marzo 2012, n. 1896). 57 Giurisprudenza 1/2016 teriali provenienti dall’elettrificazione, cuori in acciaio fuso al magnese, ghisa) e di rifiuti costituiti da rottami di alluminio e alluminio/acciaio in coda bimetallica, derivanti dall’attività di rinnovo dell’infrastruttura ferroviaria di RFI S.p.a. e localizzati sul territorio nazionale presso le Direzioni Territoriali Produzione”. Tornando al contratto oggetto di disamina nella presente sede, è possibile osservare che lo stesso, oltre a disciplinare i profili concernenti la vendita del legame, poneva degli obblighi a carico dell’affidatario, concernenti ad esempio l’esecuzione del taglio degli arbusti secondo tempistiche e modalità determinate, la “ripulitura della tagliata dai residui della lavorazione”, la raccolta e il trasporto del materiale di scarto ad impianti debitamente autorizzati e, più in generale, la rimozione dei rifiuti comunque rinvenuti (quali bottiglie, sacchetti di plastica, contenitori di olio ecc.). Anche nel caso di specie, vi erano dunque delle prestazioni concernenti un servizio svolto a beneficio del Comune. Occorre osservare comunque che in questa controversia non era indispensabile svolgere un approfondimento analogo a quello svolto con le sentenze n. 1896/2012 e n. 1299/2015, perché, mentre nell’ambito delle due sentenze del Consiglio di Stato da ultime menzionate, la predetta analisi risultava indispensabile al fine di accertare la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo (essendo la gara indetta da società per azioni soggette al rispetto dell’evidenza pubblica nei soli limiti di quanto previsto nei trattati e nel d.lgs. n. 163/20063), nel caso ora in esame è invece pacifica la sussistenza della giurisdizione amministrativa. Infatti, il committente è un comune, e quindi un ente pubblico che, sebbene non sia tenuto al rispetto integrale del d.lgs. n. 163/2006, è senz’altro tenuto ad indire una gara per l’affidamento di un contratto attivo avente le caratteristiche sopra illustrate ai sensi di diverse disposizioni normative, e più in generale al rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità, buon andamento e non discriminazione, anche nell’aggiudicazione di un “semplice” contratto di compravendita. Come noto, infatti, ai sensi dell’art. 3 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, recante “nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato” e dell’art. 37 del r.d. 23 maggio 1924, n. 827 recante il “regolamento per l’amministrazione del pa- 58 (3) Infatti, ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 163/2006, la disciplina del Codice dei contratti pubblici ha a oggetto l’attività contrattuale delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatori e dunque anche degli organismi di diritto pubblico, limitatamente ai soli contratti “aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere”. 1/2016 Giurisprudenza trimonio e per la contabilità generale dello Stato”4, anche i contratti dai quali derivi un entrata a favore dello Stato possono essere stipulati solo a seguito di “pubblici incanti” e quindi di procedure selettive/ competitive. Con riferimento alla normativa risalente agli anni venti del secolo scorso concernente l’amministrazione del patrimonio dello Stato, è utile rammentare che la giurisprudenza da tempo considera applicabile questa normativa agli enti locali ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 267/20005, osservando anche che il r.d. n. 2240/1923 e il r.d. n. 827/1924 facevano riferimento soltanto allo Stato perché all’epoca non erano state ancora istituite le Regioni e non era stata riconosciuta agli enti locali quella sfera di autonomia che avrebbe in seguito caratterizzato le stesse, e che all’epoca era vista con sfavore dal regime fascista. Le predette osservazioni in ordine alla qualificazione del contratto oggetto di affidamento ed alla soggezione del comune al rispetto delle norme e dei principi in materia di evidenza pubblica conducono a svolgere un’ulteriore considerazione in merito alla portata dell’autovincolo fissato dallo stesso comune in sede di lex specialis, e che il Consiglio di Stato ha ritenuto di poter superare nel caso di specie valorizzando l’oggetto dell’affidamento. Infatti, alla luce della giurisprudenza sopra citata, se da un lato è pacifico che l’autovincolo è inidoneo a determinare spostamenti della giurisdizione, con la conseguenza che non vale a radicare la giurisdizione in capo al giudice amministrativo la circostanza che nella lex specialis venga richiamato il d.lgs. n. 163/2006, dall’altro lato è altrettanto pacifico che il c.d. autovincolo è senz’altro idoneo a rendere applicabili le singole regole del codice dei contratti richiamate, anche se le stesse sarebbero inapplicabili al caso concreto (Consiglio di Stato, Ad. plen., sentenza 1 agosto 2011, n. 16; in motivazione punto 196). Pertanto, in presenza di una procedura rispetto alla quale non vi è l’obbligo di applicazione integrale del d.lgs. n. 163/2006, e che quindi è caratterizzata da una discrezionalità molto più ampia rispetto a (4) È utile osservare che gli articoli 20 e seguenti del citato r.d. n. 827/1924 ricomprendono nell’ambito di applicazione del regolamento anche i “beni mobili”, anch’essi quindi soggetti alla regola del pubblico incanto. (5) Cfr. in questo senso Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2015, n. 1299. È possibile richiamare anche l’identica disposizione in precedenza contenuta nell’abrogato articolo 56 della l. 8 giugno 1990, n. 142, in relazione alla quale la giurisprudenza amministrativa ha fornito la medesima interpretazione (cfr. T.A.R. Lazio, sez. II, 26 maggio 2006, n. 3921), e la disposizione di cui all’art. 87, primo comma, del r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (c.d. “legge comunale”) che in termini più espliciti stabiliva che “I contratti di comuni riguardanti alienazioni, locazioni, acquisti, somministrazioni od appalti di opere devono di regola essere preceduti da pubblici incanti con le forme stabilite pei contratti dello Stato”. (6) Per la conferma di questo principio in materia di concessioni di servizi è possibile richiamare anche Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 2011, n. 1784 e 18 giugno 2015, n. 3107. 59 Giurisprudenza 1/2016 quella rinvenibile nelle procedure integralmente assoggettate al Codice dei contratti7, proprio in ragione di quest’ampia discrezionalità bisogna ritenere che le prescrizioni che la pubblica amministrazione si è autoimposta, ed ha imposto ai concorrenti e che non siano oggetto di specifica censura, debbano essere rispettate da questi ultimi ed applicate dall’amministrazione con il massimo rigore, perché si deve ritenere che le stesse siano espressione delle specifiche e peculiari esigenze ravvisate nel caso di specie dall’ente pubblico. A ciò si aggiunga che è principio generale nel nostro ordinamento giuridico operante anche in materia di contrattualistica pubblica che la discrezionalità amministrativa possa essere limitata dalla stessa pubblica amministrazione, in via preventiva e generale, attraverso degli atti amministrativi di carattere generale, come un bando di gara. Tale predeterminazione delle regole dà luogo all’istituto dell’ “autolimite”, il quale, nell’ambito di un’azione connotata da discrezionalità amministrativa, ne limita l’esercizio e stabilisce previamente regole di condotta alle quali la pubblica amministrazione deve necessariamente attenersi, pena l’illegittimità dell’atto applicativo per eccesso di potere. È altrettanto noto che la giurisprudenza ha da sempre considerato pienamente applicabile questo principio in materia di gare pubbliche, affermando che l’ente pubblico è tenuto a dare integrale applicazione alle disposizioni della lex specialis alla quale si è autovincolato persino in presenza di clausole illegittime8, sino all’annullamento o quanto- 60 (7) A questo proposito, è possibile fare riferimento all’orientamento formatosi in materia di concessioni di servizi e, più in generale, in materia di affidamenti “parzialmente esclusi”, come le gare preordinate all’affidamento di servizi rientranti nell’allegato IIB del codice. Ad esempio, le sentenze 30 gennaio 2014, n. 7 e 7 maggio 2013, n. 13 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato hanno ribadito la possibilità per le stazioni appaltanti di strutturare delle gare nelle quali non trovino integrale applicazione le disposizioni di cui agli articoli 37 e 84 del d. lgs. n. 163/2006 in materia di r.t.i. e di commissione giudicatrice. La sentenza 13 luglio 2010, n. 4510 della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, ha sancito anche l’inapplicabilità dell’art. 75 in materia di cauzione provvisoria, se questa norma non viene espressamente richiamata nella lex specialis. Si segnala poi che, con riferimento alle gare d’appalto concernenti l’affidamento di servizi ricompresi nell’II B (parzialmente esclusi dall’applicazione del codice, giusta previsione dell’articolo 20 del d. lgs. n. 163/2006 del Codice dei contratti, del tutto analoga a quella di cui all’art. 30 concernente le concessioni), il T.A.R. Lombardia con la sentenza 4 gennaio 2008, n. 17 (adottata sulla scorta dell’orientamento espresso dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato con la decisione 16 ottobre 2006, n. 6146) ha espressamente riconosciuto la possibilità di strutturare una gara i cui requisiti di partecipazione si discostino in misura rilevante dagli artt. 41 e 42 del d.lgs. n. 163/2006, valorizzando ai fini del punteggio tecnico profili soggettivo–quantitativi e dimensionali – dei concorrenti che normalmente dovrebbero essere considerati ai soli fini dell’ammissione. (8) Si tratta di un principio del tutto pacifico in giurisprudenza, e che non consente deroghe, in particolar modo tutte le volte in cui la lex specialis fissa dei requisiti o degli oneri di partecipazione, la cui eventuale illegittimità deve essere censurata immediatamente nel rispetto del termine di 30 giorni dalla pubblicazione del bando (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 aprile 2014, n. 2201; sez. V, 20 aprile 2012, n. 2316; sez. V, 20 maggio 2002, n. 2717; sez. VI, n. 974/2005). 1/2016 Giurisprudenza meno sino all’accertamento giudiziale dell’illegittimità di queste clausole, che il soggetto leso può far valere anche attraverso lo strumento del ricorso incidentale9. A seguito dell’introduzione del principio di tassatività della cause di esclusione di cui all’art. 46 del d.lgs. n. 163/2006, il principio sopra richiamato è stato parzialmente attenuato dal legislatore che ha ulteriormente attenuato la discrezionalità delle stazioni appaltanti, sancendo la nullità delle clausole di lex specialis contenenti delle cause di esclusione non previste dal d.lgs. n. 163/2006, dal d.P.R. n. 207/2010 e più in generale “da altre disposizioni di legge vigenti”, e così consentendo alle stesse stazioni appaltanti e al giudice di disapplicare queste clausole. Le note considerazioni sopra svolte sono rilevanti nel caso di specie perché il comune, sebbene a ciò non fosse espressamente tenuto, ha operato un generale rinvio al d.lgs. n. 163/2006 ed un rinvio specifico ad alcune disposizioni del codice dei contratti, ed in particolare all’art. 75 dello stesso d.lgs. n. 163/2006, che il Consiglio di Stato, nel caso di specie, ha ritenuto di poter disapplicare, sebbene non risulti che siano state censurate le prescrizioni della lex specialis. I partecipanti alla gara erano tenuti quindi a presentare una garanzia provvisoria pari al 2% dell’importo posto a base di gara e a presentare una dichiarazione di impegno del fideiussore a rilasciare la garanzia definitiva, pari al 10% dell’importo offerto in caso di aggiudicazione. Questa prescrizione era assistita da una comminatoria di esclusione fissata dal bando, e, comunque da una comminatoria di esclusione sancita dall’art. 75, comma 8, del d.lgs. 163/2006, norma anch’essa richiamata dal bando. In presenza di simili disposizioni di lex specialis, la giurisprudenza solitamente ammette la presentazione in gara di una garanzia reale (e quindi nel caso di specie di un assegno circolare10) al posto della garanzia personale, poiché una siffatta facoltà risulta riconosciuta sia dall’articolo 75, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006 sia dall’art. 54 del r.d. n. 827/1924. Tuttavia, anche in simili ipotesi la giurisprudenza è rigorosa nell’esigere comunque, in aggiunta all’assegno circolare, la presentazione di un impegno da parte di un fideiussore al rilascio della garanzia definitiva in caso di aggiudicazione11. (9) Cfr. in tal senso Cons. Stato, sez. V, sent. 29 dicembre 2011, n. 6976. (10) La possibilità per i concorrenti di presentare in gara un assegno circolare al posto del denaro contante risulta pacificamente ammessa, poiché l’assegno circolare è un mezzo ordinario di pagamento delle obbligazioni pecuniarie (cfr. Cons., Stat, sez. IV, 28 aprile 2006, n. 2399; T.A.R. Toscana, sez. I, 27 ottobre 2011, n. 1584). (11) “4) nel caso di specie la dichiarazione di impegno, in relazione all’offerta aggiudicataria, non 61 Giurisprudenza 1/2016 In termini più generali, si rileva che le clausole oggetto di autovincolo sono da ritenersi legittime e non nulle anche a seguito dell’introduzione del principio di tassatività della cause di esclusione di cui all’art. 46 del d.lgs. n. 163/2006 (ed anche ove si voglia ritenere che questa disposizione fosse applicabile nel caso di specie12), perché tanto l’AVCP13 quanto la giurisprudenza amministrativa14 hanno riconosciuto che l’adempimento di cui all’art. 75, comma 8 del d.lgs. n. 163/2006 costituisce un “elemento essenziale” dell’offerta, la cui violazione deve necessariamente condurre all’esclusione del concorrente, anche qualora lo stesso non sia espressamente richiamato dalla lex specialis. Alla luce di quanto sino ad ora illustrato, suscita qualche perplessità la pronuncia in commento nella parte in cui, pur in presenza di un autovincolo del comune, ha sostanzialmente disapplicato la lex specia- 62 è stata rilasciata da un fideiussore, ma dall’amministratore della società aggiudicataria, ossia dal debitore medesimo; 5) tale modalità di prestazione della dichiarazione di impegno non trova giustificazione nella circostanza che la cauzione provvisoria sia stata prestata dall’aggiudicataria mediante assegno circolare, come consentito dal bando, atteso che, da un lato, la dichiarazione di impegno a prestare cauzione definitiva non deve necessariamente provenire dal medesimo garante che presta la cauzione provvisoria e che, dall’altro lato, è lo stesso bando che consente una deroga all’art. 75, co. 3, codice (consentendo l’assegno circolare in aggiunta alla cauzione prestata da garante), ma non anche all’art. 75, comma 8, codice (imponendo una dichiarazione di impegno proveniente da un fideiussore, e non dal concorrente)” (Cons. Stato, sez. VI, 13 luglio 2009, n. 4418). (12) Poiché non risulta che questa disposizione fosse richiamata nella lex specialis, la stessa non risultava quindi applicabile alla gara di cui si discute, come si ricava dalla sentenza n. 9/2014 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato: “7.4.3. Per completezza si evidenzia che queste clausole non possono ritenersi nulle e dunque inefficaci (e disapplicabili dall’Amministrazione procedente ovvero dal giudice amministrativo), a prescindere da una rituale impugnazione, perché: a) la sanzione della nullità è prevista espressamente dall’art. 46 cit. solo per le procedure di gara disciplinate dal medesimo codice (come si è già detto retro al § 6.2.); b) la nullità dell’atto amministrativo è eccezionale e sono di stretta interpretazione, ai sensi dell’art. 14 delle preleggi, le norme che la prevedono; c) non ricorrono le condizioni perché si possa configurare la nullità dell’atto amministrativo ai sensi dell’art. 21 septies, l. n. 241 del 1990, in quanto non si riscontrano, ictu oculi, gli indispensabili presupposti richiesti dalla norma: I) mancanza degli elementi essenziali del provvedimento; II) difetto assoluto di attribuzione; III) violazione o elusione del giudicato”. (13) “attesa la chiara disposizione normativa, qualora l’offerta presentata sia sprovvista dell’impegno del fideiussore, la stazione appaltante dovrà procedere all’esclusione automatica del concorrente, senza possibilità di richiederne la presentazione ex post” (AVCP, documento di consultazione del 29 settembre 2011). (14) “Al riguardo si osserva: - che la disposizione di cui al comma 8 dell’art. 75, cit. commina in modo espresso la conseguenza dell’esclusione dalla gara al comportamento del concorrente il quale abbia omesso di allegare alla domanda di partecipazione l’impegno di fideiussore a rilasciare la garanzia provvisoria per l’esecuzione del contratto per l’ipotesi in cui dovesse risultare aggiudicatario; - che la previsione normativa in parola, essendo finalizzata (nel suo combinato operare con il successivo art. 113) a garantire l’adempimento di tutte le obbligazioni scaturenti dal contratto e del risarcimento dei danni derivanti dall’eventuale inadempimento delle obbligazioni assunte, assume un carattere di imperatività e risulta idonea a governare la disciplina della gara (in funzione eterointegrativa), anche laddove non espressamente richiamata in sede di lex specialis” (Cons. Stato, sez. VI, n. 4122/2011). Più di recente, il medesimo principio è stato ribadito da Cons. Stato, sez. V, 3 giugno 2015, n. 2717). 1/2016 Giurisprudenza lis ritenendo che la controinteressata non fosse comunque meritevole di esclusione, proponendo un’interpretazione “funzionale” dell’intera lex specialis, sulla scorta del principio di economicità e dichiarando di voler ripudiare la “lettera del bando formalisticamente intesa”. In questa prospettiva, non pare condivisibile l’affermazione del Consiglio di Stato che ritiene di pervenire alla disapplicazione della lex specialis non impugnata nei termini sopra descritti in applicazione del “principio di economicità – suscettibile, ai sensi dell’art. 2, comma 2, d.lgs. 163/2006, di essere subordinato solo a criteri ispirati ad esigenze sociali, alla tutela della salute e dell’ambiente che qui non ricorrono”, proprio perché, a tutto concedere, il predetto principio avrebbe dovuto essere invocato dalla controinteressata in sede di impugnazione incidentale della lex specialis di gara, non potendo lo stesso giustificare un’interpretazione disapplicativa della lex specialis contraria al tenore letterale della stessa. Svolte queste considerazioni in ordine alle perplessità suscitate dalla sentenza in commento rispetto ai principi generali in materia di gare pubbliche posti a garanzia dei principi di trasparenza e parità di trattamento, è possibile esaminare le ulteriori affermazioni del Consiglio di Stato, che nell’ambito della gara posta alla sua attenzione ed avente ad oggetto l’affidamento di un contratto attivo, ha sostanzialmente ritenuto superflua la prestazione di una garanzia definitiva in favore del Comune, e conseguentemente, la presentazione in gara di una dichiarazione di impegno in tal senso da parte di un fideiussore. In questa prospettiva, il Consiglio di Stato, dopo aver osservato che “le clausole del bando di gara devono essere interpretate ed applicate in stretta aderenza alla qualificazione del contratto oggetto dell’evidenza pubblica, ossia alla reale natura dell’operazione economica oggetto di disciplina”, ha affermato che nel caso di specie “non si tratta infatti di garantire il tempestivo ed esatto adempimento delle prestazioni da parte del contraente – selezionato all’esito della gara – che, chiamato ad eseguire l’appalto, riceverà il denaro pubblico, cui s’attaglia l’art. 75 d.lgs. n. 163/2006” quanto piuttosto “di assicurare l’effettivo pagamento di quanto alienato al privato dall’amministrazione, mediante gli istituti privatistici a ciò preordinati, costituente l’ubi consistam dell’interesse pubblico sotteso ai contratti c.d. attivi”. Senza volersi eccessivamente soffermare sul fatto che, come in precedenza rilevato, il Comune ha posto a carico dell’aggiudicatario anche l’esecuzione di alcuni servizi in relazione ai quali la garanzia definitiva riveste la sua tradizionale funzione di garantire il Comune in caso di mancato o inesatto adempimento rispetto all’obbligo di ese- 63 Giurisprudenza 1/2016 guire questi servizi15, è necessario verificare quale sia la funzione della garanzia definitiva nell’ambito dei contratti attivi aventi ad oggetto la compravendita di un bene di proprietà della pubblica amministrazione, poiché, a parere di chi scrive, la prestazione della garanzia nell’ambito di questo tipo di affidamenti ha una sua utilità e rilevanza. In questa prospettiva, al fine di cercare di delineare la funzione della fideiussione prestata a titolo di garanzia definitiva nell’ambito dei contratti attivi, è doveroso partire dalle statuizioni della nota sentenza 18 febbraio 2010, n. 3947 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Le Sezioni Unite hanno infatti qualificato la polizza fideiussoria stipulata da un appaltatore ai sensi degli articoli 75, ottavo comma e 113 del d.lgs. n. 163/2006 (c.d. “performance bond”), alla stregua di una garanzia atipica, riconducibile al c.d. contratto autonomo di garanzia (“Garantievertrag”) ed espressione dell’autonomia negoziale di cui all’articolo 1322 del codice civile. La stessa ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, che può riguardare anche un fare infungibile (qual è l’obbligazione dell’appaltatore), contrariamente alla tipica obbligazione assunta dal fideiussore, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui (attesa l’identità tra prestazione del debitore principale e prestazione dovuta dal garante). Sulla scorta di queste considerazioni, le Sezioni Unite hanno osservato che la causa concreta del contratto autonomo è quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, mentre con la fideiussione, nella quale solamente ricorre l’elemento dell’accessorietà, è tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale. Ne deriva che, mentre il fideiussore è un “vicario” del debitore, l’obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all’obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita, perché non necessariamente sovrapponibile ad essa e non rivolta all’adempimento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore pubblico insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore. Certamente, nell’ambito dei contratti attivi, la fideiussione rila- 64 (15) Cfr. F. Delfino, Commento all’articolo 75, in AA.VV., Codice degli appalti pubblici e nuova Direttiva ricorsi (a cura di P. De Lise e R. Garofoli), Roma, 2009, 572 ss. 1/2016 Giurisprudenza sciata a titolo di garanzia definitiva ha una funzione diversa rispetto a quella relativa ai contratti d’appalto poiché la stessa, come riconosciuto nella stessa sentenza in commento, ha la funzione di assicurare l’effettivo pagamento di quanto alienato al privato dall’amministrazione. L’interesse dell’amministrazione a conseguire una simile polizza ha un sicuro rilievo, in particolar modo nell’attuale contingenza economica caratterizzata da una diffusa crisi di liquidità, e lo stesso può essere assicurato attraverso una polizza dal contenuto fideiussorio più tradizionale, rispetto a quanto avviene in materia di appalti pubblici e più in generale di contratti passivi. Infatti, in questo caso il fideiussore è tenuto nei confronti dell’amministrazione ad eseguire un’obbligazione di contenuto identico rispetto a quella propria del contraente in caso di inadempimento di quest’ultimo. Ciò fa sì che il rapporto di garanzia sia strutturato secondo uno schema più semplice e tradizionale, così potendosi escludere la ricorrenza di alcune delle problematiche che hanno portato a rimettere la questione alle Sezioni Unite16, potendosi al limite un problema di priorità di escussione del debitore principale, ove nel caso concreto si sia in presenza di una fattispecie non direttamente disciplinata dall’articolo 113, secondo comma, del d.lgs. n. 163/2006. Anche per queste ragioni in materia di contratti attivi è tradizionalmente richiesto ai concorrenti di presentare delle garanzie definitive a titolo di fideiussione, come si ricava dallo stesso art. 54 del r.d. n. 827/1924 –richiamato nella sentenza in commento – che prevede la presentazione di cauzioni a garanzia di qualsivoglia obbligazione contrattualmente assunta dai privati nei confronti dell’ente pubblico, e quindi anche delle obbligazioni di pagamento assunte nell’ambito dei contratti attivi. A ciò si aggiunga che l’art. 54 del r.d. n. 827/1924, al quarto comma, sembra dettare una disposizione specificatamente rilevante nell’ambito dell’affidamento in esame statuendo che “per il taglio dei boschi cedui, la fideiussione può accettarsi quando venga pagato per intero anticipatamente il prezzo pattuito”. Questa disposizione si inserisce in un contesto storico molto differente rispetto a quello attuale, in cui erano previste delle considerevoli limitazioni alla prestazione di garanzie personali a favore delle garanzie reali. Si tratta di un contesto profondamente diverso (16) Problematiche delle quali si dà atto sia nell’ordinanza interlocutoria n. 5326/2009 della Terza Sezione della Corte di Cassazione, sia nella stessa sentenza n. 3947/2010 delle Sezioni Unite (cfr. in particolare i punti 2-4 della motivazione). 65 Giurisprudenza 1/2016 rispetto a quello attuale nel quale deve invece ritenersi che le polizze fideiussorie rivestano un’importanza sempre crescente, e ciò anche alla luce dell’importante sentenza n. 3947/2010 delle Sezioni Unite che si sofferma anche sui fenomeni economici sottostanti alla necessità di fare ricorso a simili polizze, anche in ambiti diversi rispetto a quello degli appalti pubblici. È comunque interessante osservare come anche il legislatore del 1924, con la disposizione sopra richiamata, abbia previsto la prestazione di una fideiussione in aggiunta al pagamento del prezzo per intero. Ad ulteriore conferma di quanto sostenuto, è possibile richiamare anche le polizze fideiussorie rilasciate a garanzia delle obbligazioni assunte dai privati nell’ambito delle convenzioni urbanistiche, e quindi anche delle obbligazioni di carattere pecuniario, che hanno un’importanza fondamentale nell’ambito delle predette convenzioni, e che hanno caratteristiche analoghe alle polizze previste in materia di appalti17. Alla luce di quanto sopra illustrato, si può quindi ritenere che anche nei contratti attivi, la garanzia definitiva abbia una sua funzione ed una sua utilità a tutela dell’interesse pubblico. Questa considerazione porta a una riflessione conclusiva sull’ultima delle affermazioni del Consiglio di Stato volte a giustificare l’interpretazione “disapplicativa” delle clausole che imponevano di presentare in gara la dichiarazione di impegno a prestare una fideiussione di importo pari al 10% del prezzo del contratto e che imponevano di presentare materialmente questa fideiussione in caso di aggiudicazione, laddove lo stesso ha attribuito rilevanza all’ “avvenuto pagamento del 30% del corrispettivo del prezzo al momento della sottoscrizione del contratto” osservando che il predetto pagamento “assicura(va) l’immediata acquisizione alle casse comunali di una consistente parte del prezzo di vendita, che altrimenti avrebbe potuto essere corrisposto – nell’ambito di un contratto di vendita commutativo ad effetto reale differito – in coincidenza dell’(effettivo) acquisto del legname tagliato da parte della società acquirente”, aggiungendo che questo pagamento “persegue il medesimo interesse della prestazione della fideiussione definitiva in misura più satisfattiva per il Comune alienante solo che si abbia riguardo al fatto che il bando ragguagliava la fideiussione definitiva al solo 10% del prezzo complessivo”. A questo proposito, è possibile osservare che il Consiglio di Stato ha attribuito rilievo ad un elemento di fatto di per sé non suscet- 66 (17) In questa prospettiva, cfr. Cass. civ., SS.UU, 23 febbraio 2010, n. 4319. 1/2016 Giurisprudenza tibile di far venir meno la cogenza delle prescrizioni di lex specialis anche perché, assicurato al comune il pagamento del 30% del prezzo, è da ritenere che vi fosse un preciso interesse a garantire anche il 70% dei restanti pagamenti e che in caso di plurimi inadempimenti eccedenti il 10%, l’interesse del comune avrebbe potuto essere assicurato esigendo la c.d. “reintegrazione” della polizza. A ciò si aggiunga che nel caso di specie risulta che parte ricorrente/appellante avesse anche contestato questo pagamento affermato dal comune e dalla controinteressata, come si evince dall’ultima frase delle motivazioni della sentenza in commento, con cui il Consiglio di Stato ha osservato che “né in contrario depongono le generiche considerazioni formulate dall’appellante, oltretutto sguarnite di allegazioni di fatto o indici probatori, su mancati versamenti o ipotetiche omissioni imputabili alla controinteressata che il Comune avrebbe ingiustificatamente avallato”. A questo proposito, occorre osservare che, per il principio di vicinanza della prova18, deve ritenersi che debbano essere il comune o la controinteressata a fornire in giudizio prova dell’avvenuto pagamento, essendo praticamente impossibile per il ricorrente fornire la prova negativa del mancato pagamento. Quest’ultimo segmento motivazionale sembra essere ispirato dall’introduzione, da parte dell’art. 39 del d.l. n. 90/2014, del principio di “semplificazione degli oneri formali nella partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici”, in base al quale qualsiasi omissione in fase di gara possa e debba essere monetizzata e quindi sanata previo pagamento di una sanzione pecuniaria. A questo proposito, è possibile osservare che questa disposizione sembra inapplicabile alla controversia in esame ratione temporis19 e che, comunque, non risulta che il Comune abbia applicato sanzioni, né disposto regolarizzazioni nei confronti della controinteressata, la quale non sembra aver mai presentato la garanzia definitiva. Conclusivamente deve ritenersi che in ragione della funzione della garanzia definitiva e della sua utilità nella fase di esecuzione dei contratti attivi, anche al fine di garantire l’adempimento delle obbligazioni pecuniarie poste a carico del privato, la pubblica amministrazione in sede di gara debba verificare con rigore le dichiarazioni di impegno alla presentazione della stessa e che, a seguito (18) Che ha una sua rilevanza nel giudizio amministrativo, poiché il privato ricorrente in alcune ipotesi versa in una situazione di rilevante “asimmetria informativa” nei confronti della pubblica amministrazione, come riconosciuto nella sentenza n. 6487/2012 del Consiglio di Stato. (19) Cfr. a questo proposito, T.A.R. Campania, sez. I, 14 luglio 2015, n. 3762; Cons. Stato, sez. V, 17 marzo 2015, n. 1372. 67 Giurisprudenza 1/2016 dell’entrata in vigore dell’art. 39 del d.l. n. 90/2014, la mancata presentazione dell’impegno costituisca una “irregolarità essenziale” che obbliga l’ente a disporre la regolarizzazione previo pagamento della sanzione20. 68 (20) Come del resto sembra evincersi dai principi ricavabili dai primi pronunciamenti sul tema (cfr. determina dell’ANAC dell’8 gennaio 2015, comunicato del Presidente dell’ANAC del 25 marzo 2015; T.A.R. Toscana, sez. II, 18 marzo 2015, n. 8143; T.A.R. Lazio, sez., III-ter, sentenza 10 giugno 2015, n. 8143). In questa prospettiva, è utile segnalare anche un recente arresto del T.A.R. Abruzzo, secondo il quale, nelle gare d’appalto, ai fini dell’applicazione della c.d. regolarizzazione a pagamento di cui agli art. 38, comma 2-bis e 46, comma 1-ter, del d.lgs. n. 163/2006, il carattere essenziale delle irregolarità va individuato “in applicazione della disciplina sulla cause tassative di esclusione”, nel senso che esso ricorre quando le irregolarità attengono a dichiarazioni ed elementi che, precedentemente all’introduzione della nuova disciplina, avrebbero giustificato l’esclusione dalla procedura (T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 17 dicembre 2015, n. 833). Come indicato in precedenza, nel previgente regime, la mancata presentazione della garanzia provvisoria e dell’impegno alla presentazione della definitiva costituivano cause di esclusione. 1/2016 Giurisprudenza Sulla possibilità in sede di offerta di discostarsi dai costi medi del lavoro indicati nelle apposite tabelle, periodicamente predisposte dal Ministero del Lavoro in base ai valori previsti dalla contrattazione collettiva e dalle norme in materia di Raffaella Boscolo CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 2 dicembre 2015, n. 5449 Pres. FF. Caringella; Est. Lotti – Allegretto Traslochi s.a.s. (Avv.ti Zgagliardich, l. e A. Manzi) c. Comune di Trieste (Avv.ti Fontanelli, Giraldi e Filipuzzi) e Cooperativa Facchini Arianna soc. coop. a r.l. (Avv.ti De Marchi e D’Amario Pallottino) Contratti della p.a. – Appalti pubblici – Gara – Offerta – Valutazione dell’anomalia – Costo del lavoro – Tabelle ministeriali – Costi medi che non assumono valore inderogabile – Funzione indicativa suscettibile di scostamenti. In sede di valutazione dell’eventuale anomalia dell’offerta, con riferimento al costo del lavoro, è principio consolidato che i costi medi della manodopera indicati nelle tabelle ministeriali non assumono valore di parametro assoluto e inderogabile, ma svolgono una funzione indicativa, suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali che rivelino una particolare organizzazione in grado di giustificare la sostenibilità di costi inferiori. Infatti, la previsione legislativa di inderogabilità riguarda il trattamento normativo e retributivo del lavoratore in base ai minimi previsti dalla contrattazione collettiva e non anche il costo globale sostenuto dall’impresa in ordine al medesimo costo. 69 Giurisprudenza 70 1/2016 DIRITTO 1. Il Collegio rileva in punto di fatto che con bando di gara 18.7.2014 il Comune appellato aveva indetto una gara con procedura aperta e criterio di aggiudicazione al prezzo più basso per l’affidamento del servizio di facchinaggio tecnico e trasporto per un periodo di 18 mesi. Alla gara avevano partecipato due concorrenti, l’odierna appellante e l’appellata Cooperativa Facchini Arianna, Soc. Coop. a r.l. e quest’ultima era risultata la migliore offerente con il prezzo più basso. Tale offerta risultava anomala con specifico riferimento alle tariffe orarie degli operatori da impiegare nello svolgimento del servizio, tariffe che componevano le prime tre voci dell’offerta economica (costi orari bracciante e costi orari autocarro con autista fino e superiori a 35 quintali); conseguentemente, ai sensi dell’art. 86, comma 3, d.lgs. n. 163/2006, venivano richieste le giustificazioni dell’offerta ai sensi dei successivi artt. 87 e 88 del medesimo decreto. L’appellata Coop. Arianna rispondeva alla richiesta di giustificazioni con nota in data 8.9.2014 e la stazione appaltante, in data 15.09.2014 chiedeva ulteriori precisazioni alla Coop. Arianna, che rispondeva con nota in data 22.9.2014. A seguito delle giustificazioni fornite, la Coop. Arianna veniva convocata in audizione e, in data 30.9.2014, si svolgeva l’audizione per la valutazione in contraddittorio delle giustificazioni. La Coop. Arianna provvedeva altresì all’invio di un elaborato riassuntivo degli aspetti rilevanti ai fini delle giustificazioni, cui seguiva, in data 8.10.2014, un’ulteriore audizione in contraddittorio. All’esito di tale istruttoria, l’offerta veniva ritenuta attendibile e tecnicamente sostenibile, con conseguente aggiudicazione definitiva della gara in capo all’odierna appellata Coop. Arianna. 2. Nel merito, non si può che convenire con le considerazioni espresse dal giudice di primo grado che ha fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali in tema di verifica dell’anomalia di un’offerta nell’ambito del relativo sub procedimento (cfr., in particolare, Consiglio di Stato, sez. V, 26 settembre 2013, n. 4761 e Ad. Plen. 29 novembre 2012, n. 36). Infatti, in via generale, si deve considerare che l’appellante contesta singole voci dell’offerta che risultano del tutto inidonee a compromettere la sostenibilità e l’affidabilità dell’offerta risultata aggiudicataria; inoltre, come ben evidenziato dal T.A.R., tali contestazioni si spingono a mettere in dubbio le valutazioni tecniche compiute dall’Amministrazione che solo in caso di macroscopica illegittimità derivante da evidenti errori di valutazione o da errori di fatto, nella specie insussistenti, può attrarre il relativo giudizio nella sfera sindacabile dal Giudice Amministrativo. 3. Più in specifico, alla luce di tale premessa, si dimostra infondato il primo motivo d’appello, in cui si sostiene che il T.A.R. non avrebbe rilevato lo scostamento dalle Tabelle ministeriali del costo del lavoro dichiarato dall’aggiudicatario, ponendo l’accento su alcuni specifici elementi (già evidenziati nel ricorso originario) che sarebbero stati erroneamente valutati dalla Stazione Appaltante in sede di verificazione dell’anomalia, falsandone il giudizio. Secondo questo Collegio, per quanto attiene al costo del lavoro, giova ricordare che, con riferimento allo scostamento dalle tabelle ministeriali, è stato chiarito (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 14 giugno 2013, n. 3314) che i costi medi della manodopera, indicati nelle tabelle ministeriali, non assumono valore di parametro assoluto ed inderogabile, ma svolgono una funzione indicativa, suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali evidenzianti una particolare organizzazio- 1/2016 Giurisprudenza ne in grado di giustificare la sostenibilità di costi inferiori, secondo quanto previsto dagli artt. 87, comma 2, lett. g), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e 2 d.m. 8 luglio 2009. Infatti, la previsione di inderogabilità riguarda il trattamento normativo e retributivo del lavoratore in base ai minimi previsti dalla contrattazione collettiva e non anche il costo globale sostenuto dall’impresa in ordine al medesimo costo. Proprio in forza della corretta applicazione di questi consolidati principi ad opera della stazione appaltante, l’offerta della Coop. Arianna si è dimostrata congrua e sostenibile nel suo complesso, poiché l’abbattimento delle voci di costo, derivante da previsioni imprenditoriali che non sono da ritenersi illogiche e manifestamente erronee, connesse all’utile ricavabile dalla cessione di alcune tipologie di rifiuti riciclabili, ha permesso di giustificare adeguatamente l’offerta. Inoltre, dagli atti del giudizio si evince che la cooperativa Arianna ha erogato a tutti i soci-lavoratori l’indennità di vacanza contrattuale dal 1° gennaio al 31 maggio 2013, come contrattualmente previsto. Il 1° giugno è scattato l’aumento contrattuale, ma le retribuzioni sono state riadeguate, nel mese di marzo 2014, al vecchio contratto (doc. 11°, fascicolo di primo grado). Occorre ancora evidenziare che la tabella con i costi orari del CCNL Trasporto, logistica e spedizioni merci evidenzia, alla voce “istituti differiti”, il costo orario relativo alla tredicesima, quattordicesima, permessi, e festività, che risultano adeguatamente considerate dall’Amministrazione, così come le voci “ferie” e “TFR”, evidenziate all’Amministrazione in sede di giustificazione del costo orario. Peraltro, tutti i costi evidenziati e valutati dall’Amministrazione, incidenti sul costo del lavoro, appaiono congruamente giustificati dalla cooperativa Arianna, non evidenziando il relativo giudizio della p.a., alcun profilo di illogicità o macroscopica erroneità. Le stesse considerazioni devono essere spese con riguardo al secondo motivo d’appello in relazione alle voci “autocarro fino a 35 quintali complessivi con autista (pat. B)” ed “autocarro superiore ai 35 quintali complessivi con autista (pat. C)”, atteso che tutti i relativi costi sono stati oggetto di giustificazioni, da considerarsi congrue e immuni da vizi macroscopici, così com’è stato accertato dal T.A.R. Infine, si deve ritenere parimenti infondato il terzo motivo d’appello, connesso alla dedotta violazione della par condicio in relazione all’ultimo elemento costituente l’offerta economica, indicato nel “modulo B” allegato al capitolato speciale d’appalto, cioè il “costo smaltimento rifiuti”. Infatti, correttamente l’aggiudicataria non solo non ha indicato alcun costo per la voce di cui si tratta, bensì ha fornito, in sede di giustificazioni (Doc. 23, fascicolo primo grado), adeguata prova, in questa sede insindacabile in quanto non illogica né macroscopicamente erronea, del fatto che da tale voce, come pure dallo smaltimento di altri rifiuti riciclabili, riesce a ricavare un utile. 4. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto in quanto infondato. Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Commento La sentenza in commento consente di soffermarsi brevemente sull’importante tema della verifica dell’offerta anomala negli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, provvedendo a ribadire alcu- 71 Giurisprudenza 1/2016 ne asserzioni della giurisprudenza sulle giustificazioni relative al costo del lavoro. La fattispecie concreta offre al Consiglio di Stato lo spunto per confermare la valutazione dei giudici amministrativi in ordine al valore delle tabelle ministeriali relative al costo del lavoro nell’ambito della verifica di sostenibilità della proposta economica dell’imprenditore concorrente ad una selezione di evidenza pubblica. Come noto, con il vigente Codice dei contratti pubblici, compete all’operatore economico, in occasione delle verifiche d’ufficio eseguite dell’amministrazione appaltante, dimostrare l’esistenza di quelle specifiche condizioni che consentono di superare la presunzione di anomalia della propria offerta economica. In questo contesto, come si avrà modo di vedere, diviene rilevante attribuire il giusto peso ai valori ufficiali forniti da fonti certe e autorevoli, definendone l’ambito applicativo. Con la sentenza in rassegna il Consiglio di Stato conferma quanto affermato dal T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, sez. I, con la sentenza 20 febbraio 2015, n. 94, con la quale veniva respinto il ricorso proposto da un raggruppamento temporaneo di imprese che contestava gli esiti di una procedura di verifica della congruità dell’offerta. Nello specifico, il Comune di Trieste aveva indetto una gara con procedura aperta per l’affidamento del servizio di facchinaggio tecnico e trasporto per un periodo di 18 mesi. Alla gara avevano partecipato due concorrenti: un raggruppamento temporaneo di imprese e una cooperativa risultata aggiudicataria per aver proposto la migliore offerta determinata con il prezzo più basso. Tale ultima offerta risultava sospetta di anomalia con specifico riferimento alle tariffe orarie degli operatori da impiegare nello svolgimento del servizio, tariffe che componevano le prime tre voci dell’offerta economica (costi orari bracciante e costi orari autocarro con autista fino e superiori a 35 quintali). Per tale ragione, l’amministrazione comunale richiedeva alla cooperativa le giustificazioni relative all’offerta. A seguito delle giustificazioni fornite dalla cooperativa, nel corso di più fasi, ed in esito alle audizioni per la valutazione in contraddittorio delle giustificazioni stesse, l’offerta veniva ritenuta attendibile e tecnicamente sostenibile, con conseguente aggiudicazione definitiva della gara. In particolare, secondo l’amministrazione comunale, l’aggiudicataria provvisoria aveva legittimamente giustificato il costo del lavoro1 e 72 (1) Nello specifico, la cooperativa aveva evidenziato: - il suo obiettivo primario di reperire 1/2016 Giurisprudenza aveva altresì valorizzato il costo dello smaltimento rifiuti conferendo, a titolo oneroso, alcuni rifiuti ad operatori del settore del riciclo. Il comportamento del Comune e il giudizio di non anomalia dallo stesso espresso erano stati ritenuti corretti dal T.A.R. con argomentazioni pienamente condivise anche dal Consiglio di Stato. La sentenza, infatti, riconosce al tribunale amministrativo la “corretta applicazione dei principi giurisprudenziali in tema di verifica dell’anomalia di un’offerta nell’ambito del relativo sub procedimento (cfr., in particolare, Consiglio di Stato, sez. V, 26 settembre 2013, n. 4761 e Ad. Plen. 29 novembre 2012, n. 36)”. Sostanzialmente le argomentazioni dei giudici di Palazzo Spada si svolgono su due fronti. Anzitutto, il Consiglio di Stato ricorda come possano essere messe in dubbio le valutazioni tecniche compiute dall’amministrazione appaltante solo in caso di macroscopica illegittimità derivante da evidenti errori di valutazione o da errori di fatto. Tale posizione è confortata da concorde giurisprudenza. “Il giudizio che conclude il sub procedimento di verifica delle offerte anomale, di natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell’offerta nel suo insieme, costituisce espressione di un potere tecnico discrezionale dell’amministrazione, di per sé insindacabile salva l’ipotesi in cui le valutazioni ad esso sottese non siano abnormi o manifestamente illogiche o affette da errori di fatto”2. Su altro fronte, la pronuncia ricorda come lo scostamento dalle tabelle ministeriali del costo del lavoro non è di per se stesso sinonimo di anomalia. Precisa, infatti, la sentenza: “per quanto attiene al costo del lavoro, giova ricordare che, con riferimento allo scostamento dalle tabelle ministeriali, è stato chiarito (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 14 giugno 2013, n. 3314) che i costi medi della manodopera, indicati nelle tabelle ministeriali, non assumono valore di parametro assoluto ed inderogabile, ma svolgono una funzione indicativa, suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni statistiche ed analisi azienda- occupazione per tutti i soci-lavoratori, riducendo al minimo gli utili d’azienda; - l’intenzione di impiegare per l’espletamento del servizio in questione i soci-lavoratori con minore anzianità di servizio, con conseguente diminuzione del costo del lavoro indicato in offerta; - che alcuni costi, come ad es. quelli relativi alla formazione, alla sorveglianza sanitaria etc., sono già in gran parte ammortizzati; che sono state applicate tutte le voci e gli istituti contrattuali ai fini della quantificazione del costo del personale effettuato sulla base del contratto concretamente applicato ai propri soci-lavoratori, come ulteriormente comprovato anche dalla documentazione depositata dalla medesima e dalle tabelle illustrative, incluse quelle relative al costo orario relativo al CCNL Logistica – Trasporto Merci e Spedizioni attualmente applicato. (2) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 2010, n. 8148. 73 Giurisprudenza 1/2016 li evidenzianti una particolare organizzazione in grado di giustificare la sostenibilità di costi inferiori, secondo quanto previsto dagli artt. 87, comma 2, lett. g), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e 2 d.m. 8 luglio 2009”. Infatti, “la previsione di inderogabilità riguarda il trattamento normativo e retributivo del lavoratore in base ai minimi previsti dalla contrattazione collettiva e non anche il costo globale sostenuto dall’impresa in ordine al medesimo costo”3. In ordine a questo aspetto, occorre ricordare che secondo l’articolo 86, comma 3-bis del d.lgs. n. 163/2006, rubricato “Criteri di individuazione delle offerte anormalmente basse”, è il Ministero del lavoro e della previdenza sociale ad essere deputato a determinare, “periodicamente in apposite tabelle”, il costo del lavoro, “sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali”, che le stazioni appaltanti devono assumere per valutare la congruità dell’offerta. La corretta applicazione di tale disposizione del Codice dei contratti è stata ampliamente chiarita dalla giurisprudenza intervenuta sul tema, la quale ha affermato il principio che si può riassumere come segue. Nelle gare pubbliche, i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali non costituiscono un limite inderogabile, ma semplicemente un parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che l’eventuale scostamento da tali parametri delle relative voci di costo non legittima di per sé un giudizio di anomalia, dovendo considerarsi anormalmente basse solo le offerte che si discostino in modo evidente dai costi medi del lavoro indicati nelle tabelle predisposte dal Ministero del lavoro. Il limite allo scostamento consentito origina dalla necessità di salvaguardare le retribuzioni dei lavoratori. Sul punto vale precisare che “è ammissibile l’offerta che da essi si discosti, purché lo scostamento non sia eccessivo e vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori, così come stabilito in sede di contrattazione collettiva”, infatti, “un’offerta non può ritenersi anomala, ed essere esclusa da una gara, per il solo fatto che il costo del lavoro è stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi occorrendo, perché possa dubitarsi della sua congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata”4. 74 (3) Sul punto si veda anche Cons. Stato, sez. V, 13 marzo 2014, n. 1176. (4) Si veda fra le molte un recentissimo TAR Lazio, Roma, sez. II, 16 dicembre 2015, n. 14142 e Cons. 1/2016 Giurisprudenza In sintesi, a fronte di un accertato scostamento della previsione del costo del lavoro dai limiti tabellari ministeriali, la stazione appaltante dovrà verificare, in contraddittorio con l’offerente, se ci si trovi in presenza o meno di una offerta anomala poiché, come detto, lo scostamento non può essere di per sé causa di esclusione dell’offerente5. È pertanto rimessa alla stazione appaltante la valutazione della congruità e dell’affidabilità dell’offerta6. Perché si possa dubitare della congruità dell’offerta occorre quindi che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata7. Nel caso di specie, l’offerta dell’aggiudicatario era risultata “congrua e sostenibile nel suo complesso”. Risulta interessante evidenziare come, nel caso in esame, viene dato ampio riconoscimento alle scelte imprenditoriali compiute dal concorrente. L’impresa, infatti, aveva ipotizzato un abbattimento dei costi ricavando un utile dalla vendita di alcuni rifiuti riciclabili, tale soluzione aveva permesso di giustificare adeguatamente l’offerta. “Non possono non essere considerati, in sede di valutazione delle offerte, aspetti particolari che riguardano le diverse imprese, con la conseguenza che, ai fini di una valutazione sulla congruità dell’offerta, la stazione appaltante deve tenere conto anche delle possibili economie che le diverse singole imprese possono conseguire (anche con riferimento al costo del lavoro), nel rispetto delle disposizioni di legge e dei contratti collettivi”8. In conclusione, si può affermare che l’anomalia dell’offerta richiede una motivazione rigorosa ed analitica soltanto ove si concluda in senso sfavorevole all’offerente, essendo al contrario sufficiente, nell’ipotesi di esito positivo della verifica, una motivazione per relationem con riferimento alle giustificazioni presentate dal concorrente in sede di espletamento del sub procedimento di valutazione dell’anomalia9. Stato, sez. III, 3 luglio 2015, n. 3329. (5) Fra le molte, Cons. Stato, sez. IV, 23 luglio 2012, n. 4206; Cons. Stato, 29 maggio 2012, n. 3226; Cons. Stato, sez. III, 8 settembre 2015 n. 4210. (6) Cons. Stato, sez. VI, 21 luglio 2010, n. 4783; sez. III, 7 marzo 2011, n. 1419; sez. VI, 21 luglio 2010, n. 4783; sez. V, 7 ottobre 2008, n. 4847; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 4 novembre 2010, n. 22686. (7) Cfr. il recente Cons. Stato, sez. III, 9 dicembre 2015, n. 5597. (8) Cfr. Cons. Stato n. 5597 cit.; sez. III, 2 aprile 2015, n. 1743; T.A.R. Lazio n. 14142 e Cons. Stato, n. 3329 cit. (9) In relazione a questo aspetto si veda Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2011, n. 1090; sez. VI, 3 novembre 2010, n. 7759; T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 10 ottobre 2013, n. 4532. 75 Giurisprudenza 1/2016 Limiti del ricorso al “soccorso istruttorio” in caso di mancata dichiarazione di precedenti risoluzioni contrattuali di Emanuela Rizzi T.A.R. TOSCANA, Firenze, sez. II, 13 gennaio 2016, n. 11 Pres. Romano; Est. Testori – Edil Moter s.r.l. (Avv.ti Vagnucci e Cancrini) c. ANAS s.p.a. (Avvocatura Distrettuale dello Stato) e Sole Immomec s.p.a. ( n.c.) Contratti della p.a. – Appalto pubblico – Procedura aperta – Mancata dichiarazione di risoluzione di precedente contratto con diverso appaltante per gravi inadempimenti contrattuali – Esclusione per violazione dell’art. 38, comma 1, lett. f) del Codice dei contratti – Legittimità. L’omessa dichiarazione della precedente risoluzione contrattuale determina la falsità della dichiarazione resa in proposito dalla società ricorrente e ne legittima, di per sé sola, l’esclusione. In tal caso non c’è spazio per il “soccorso istruttorio” perché tale istituto può essere invocato in caso di dichiarazione incompleta, irregolare o addirittura mancante, non già nell’ipotesi – totalmente diversa – di una dichiarazione esistente, ma scientemente difforme dalla realtà. 76 DIRITTO Omissis 5. La causa va decisa seguendo il percorso argomentativo tracciato da questa Sezione nella sentenza 5 dicembre 2014, n. 1990, pronunciata in relazione ad una vicenda analoga. Come in quel caso, anche nella presente controversia si discute di un provvedimento di esclusione da una procedura concorsuale indetta da ANAS, disposto sulla base di un duplice ordine di motivi: la sussistenza di una causa ostativa ex art. 38 comma 1, lett. f ) del codice dei contratti pubblici, connessa ad una precedente risoluzione contrattuale disposta da altra stazione appaltante e la falsa dichiarazione resa in proposito dal concorrente. Come in quel caso, il Collegio ritiene decisivo per respingere il ricorso esaminare la questione relativa al secondo motivo di esclusione, di per sé sufficiente a legittimare l’adozione del provvedimento impugnato. Il disciplinare di gara indicava al paragrafo I) i documenti che dovevano “essere inseriti, a pena di esclusione” nella “Busta A - Documentazione Amministrativa”; tra que- 1/2016 Giurisprudenza sti figurava una dichiarazione sostitutiva riguardante, tra l’altro: “j. di non aver commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate della stazione appaltante che bandisce la gara, né errore grave nell’esercizio della propria attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante. A tale specifico riguardo il concorrente elenca dettagliatamente tutti gli episodi per i quali le stazioni appaltanti (e quindi non solo ANAS spa) hanno rilevato ipotesi riconducibili alle fattispecie di cui all’art. 38, comma 1, lettera f ) del d.gls. 163/2006; tale elencazione deve essere operata, al fine di non incorrere nell’ipotesi di dichiarazione mendace, indipendentemente dalle controversia al riguardo insorte, dal loro esito e dal tempo in cui gli inadempimenti, le negligenze, gli errori e/o ritardi sono state formalmente contestate al concorrente”. Tale dichiarazione è stata resa in termini negativi da Edil Moter s.r.l., che dunque non ha fatto cenno alla risoluzione contrattuale disposta il 5.12.2013 da Autostrade per l’Italia s.p.a. per “un grave ritardo nell’esecuzione dei lavori dovuto esclusivamente a grave inadempimento dell’Appaltatore”. Detta risoluzione contrattuale è evidentemente riconducibile alla previsione di cui all’art. 38 comma 1 lett. f ), posto che il “grave ritardo” e il “grave inadempimento” addebitati da A.S.P.I. all’odierna ricorrente integrano la “grave negligenza” a cui fa riferimento la disposizione citata (impregiudicato l’esito della causa pendente davanti al Tribunale di Roma); e dunque doveva essere dichiarata in sede di gara, a pena di esclusione, stante l’inequivoca previsione del disciplinare. Come chiarito nella sentenza di questo T.A.R., sez. I, 30 marzo 2015 n. 545 la norma in questione “è costantemente interpretata dalla giurisprudenza, in combinato disposto con il comma secondo del medesimo art. 38, nel senso di imporre ai soggetti che concorrono per l’affidamento di contratti pubblici l’onere, a pena di esclusione, di dichiarare l’esistenza a proprio carico di pregresse risoluzioni contrattuali, ovvero, più in generale, di tutti i precedenti professionali dai quali desumere, secondo l’apprezzamento discrezionale dell’amministrazione procedente, l’(in)affidabilità del concorrente. Questi, in ossequio ai principi di lealtà, diligenza e buona fede che presiedono ai reciproci rapporti delle parti nella disciplina degli appalti pubblici, non può peraltro operare, in sede di domanda di partecipazione, alcun “filtro” sulle circostanze potenzialmente rilevanti ai fini delle valutazioni che incidono sulla sua moralità professionale ed affidabilità, trattandosi di valutazioni di esclusiva pertinenza della stazione appaltante: il giudizio di rilevanza di quelle circostanze non può, cioè, essere rimesso alla stessa parte interessata, che ne deve comunque fare dichiarazione in gara (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. III, 5 maggio 2014, n. 2289; id., sez. V, 14 maggio 2013, n. 2610, e 15 marzo 2010, n. 1500); e l’omessa dichiarazione di tali vicende comporta la sanzione dell’esclusione, stante l’impossibilità per l’amministrazione di effettuare le proprie valutazioni circa la possibilità o meno di ammettere alla gara l’impresa (così Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 2012, n. 3666)”. L’omessa dichiarazione della precedente risoluzione contrattuale determina dunque la falsità della dichiarazione resa in proposito dalla società ricorrente e ne legittima, di per sé sola, l’esclusione. In tal caso non c’è spazio per il “soccorso istruttorio” invocato nel ricorso perché “tale istituto può essere invocato in caso di dichiarazione incompleta, irregolare o addirittura mancante, non già nell’ipotesi – totalmente diversa – di una dichiarazione esistente, ma scientemente difforme dalla realtà” (così questa Sezione si è espressa nella sentenza 31 luglio 2015 n. 1133; cfr., nel medesimo senso, la già citata sentenza 5 dicembre 2014, n. 1990). Omissis 77 Giurisprudenza 1/2016 Commento La sentenza annotata interviene sulla possibilità di ricorrere all’istituto del c.d. “soccorso istruttorio”, in difetto di dichiarazione indicante intervenute risoluzioni contrattuali, con committenti diversi dalla stazione appaltante1. La conclusione raggiunta dal Collegio conferma un recente orientamento determinatosi sulla questione e consente di riassumere i tratti salienti della problematica che ci occupa, richiamando i molteplici precedenti che si sono succeduti nel tempo. Vale la pena di ricordare che sull’argomento è diffusamente intervenuta l’Autorità Anticorruzione2. Preliminarmente corre l’obbligo di sottolineare che lo strumento del soccorso istruttorio3 è stato codificato (art. 38, comma 2-bis, del codice dei contratti) dalla normativa4 il cui precipuo scopo, riconosciuto nella necessità di semplificare gli adempimenti per rendere più trasparente ed efficiente l’azione amministrativa, risiede nella volontà di evitare che oneri meramente formali rendano di fatto non adeguatamente perseguibile il fondamentale principio di salvaguardia della maggior partecipazione alle procedure concorsuali, senza intaccare la par condicio dei concorrenti, in un’ottica deflattiva del contenzioso amministrativo. Come l’A.N.A.C. ha efficacemente ribadito nella propria determinazione n. 1/2015, “la novella... non incide sulla disciplina delle false dichiarazioni in gara, che resta confermata”. Infatti, la nuova previsione legislativa trova applicazione nelle ipotesi in cui si riscontri mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità 78 (1) Secondo quanto statuito dal Consiglio di Stato, sez. III, 5 maggio 2014, n. 2289, anche se riguardo a fattispecie antecedente la novella, “si tratta di dichiarazione/prescrizione essenziale che prescinde dalla stazione appaltante, la stessa o altra, perché attiene ai principi di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale che presiedono agli appalti e ai rapporti con la stazione stessa, né si rilevano validi motivi per non effettuare tale dichiarazione, posto che spetta comunque all’Amministrazione la valutazione dell’errore grave che può essere accertato con qualsiasi mezzo di prova. La circostanza pertanto assume il carattere di elemento sintomatico in ogni caso apprezzabile, anche se proveniente da altra Amministrazione, e che può fornire elementi oggettivi per le determinazioni della stazione appaltante”. (2) A.N.A.C. Determinazione n. 1 dell’8 gennaio 2015, recante Criteri interpretativi in ordine alle disposizioni dell’art. 38, comma 2-bis, e dell’art. 46, comma 1-ter, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. (3) Come già precisato dalla citata sentenza del Consiglio di Stato n. 2289/2014, il soccorso istruttorio “è volto a chiarire e completare dichiarazioni o documenti comunque esistenti ma non certo a consentire integrazioni o modifiche della domanda (cfr. anche Ad. Plen. n. 9/2014)”. (4) Art. 39, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, dal titolo Misure urgenti per la semplificazione la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari, convertito con modificazioni in l. 11 agosto 2014, n. 114. La rubrica del citato art. 39 recita: Semplificazione degli oneri formali nella partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici. 1/2016 Giurisprudenza essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive. Già l’indagine letterale della norma consente di affermare la necessaria insussistenza dei requisiti ostativi all’affidamento dei contratti, puntualmente previsti dall’art. 38 del codice, e la sola difficoltà di ritenere assolto l’onere dichiarativo secondo la formula adottata dall’offerente5. Emerge ictu oculi che la situazione prefigurata dalla norma non è propriamente quella della fattispecie in indagine. Nel caso che ci occupa, infatti, non si tratta di mero difetto dichiarativo, bensì della mancata dichiarazione di un’intervenuta risoluzione contrattuale, da parte di amministrazione diversa dall’appaltante, che incide significativamente sulla lealtà, diligenza e buona fede e che inficia l’affidabilità del concorrente, per la presenza della causa ostativa prevista dall’art. 38, comma 1, lett. f ). È stato precisato che risulta irrilevante la circostanza “che le pregresse infrazioni siano state oggetto di accertamento in sede giurisdizionale”, essendo “sufficiente il verificarsi del fatto storico della risoluzione del contratto per essere richiesta una simile condizione dall’art. 38 comma 1 lett. f ) limitatamente ad altre cause di esclusione e non con riferimento a quella dell’errore professionale”6. Sulla questione si è efficacemente espresso altro precedente7 che ha confermato che il fatto che la risoluzione contrattuale sia sottoposta al vaglio giudiziale “non sposta i termini della questione in quanto nella fattispecie assumono rilevanza, ai fini del diniego di aggiudicazione, le false dichiarazioni rese in ordine alle condizioni generali di partecipazione alla gara, considerate nella loro oggettività e quindi indipendentemente da qualsiasi indagine sull’elemento soggettivo riguardante l’autore della condotta”. Quindi, la non veridicità del contenuto della dichiarazione conduce, ai sensi dell’art. 75 del d.P.R. n. 445/2000, alla sanzione della decadenza del dichiarante dai benefici conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione falsa8, sanzione che può consistere, a seconda della fase del procedimento in cui si rileva il mendacio, (5) Come già aveva avuto modo di anticipare il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2289/2014, cit. “Le valutazioni che incidono sulla moralità professionale spettano alla stazione appaltante e non di certo al concorrente, che non può quindi operare alcun proprio “filtro” in sede di domanda di partecipazione e quindi di dichiarazione in proposito”; nel medesimo senso cfr. anche T.A.R. Piemonte, Torino, 10 luglio 2015, n. 1175; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II bis, 16 gennaio 2015, n. 690 e Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 2014, n. 5763. (6) Così si esprime T.A.R. Piemonte, Torino, n. 1175/2015 cit., che richiama T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 30 ottobre 2014, n. 1041; Cons. Stato, sez. V, 21 gennaio 2011, n. 409. (7) Cfr. T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 21 maggio 2014, n. 517. (8) Così T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, n. 517/2014 cit. 79 Giurisprudenza 1/2016 nell’esclusione dalla gara o nella decadenza dall’aggiudicazione o ancora nella risoluzione del contratto stipulato nelle more delle verifiche. Il T.A.R. Emilia-Romagna si spinge a statuire l’assoluta irrilevanza dell’eventuale assoluzione in sede penale del legale rappresentante della società concorrente “dal momento che l’esclusione della predetta è stata determinata esclusivamente dalle dichiarazioni mendaci rese in sede di ammissione alla gara e quindi a prescindere da ogni aspetto concernente la colpevolezza o meno in ordine ai fatti contestati”9. È necessario, a questo punto, dare contezza di un diverso avviso espresso dal Consiglio di Stato10, secondo il quale la mancata indicazione di un determinato elemento, intesa come omissione totale, deve essere ovviata con il soccorso istruttorio, in quanto normativa introdotta successivamente al d.P.R. n. 445/2000 e norma speciale dettata in materia di appalti. Tale lettura, secondo il collegio giudicante si pone in linea con l’interpretazione conferita alla norma che ha codificato il soccorso istruttorio, anticipata dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 16 del 2014. Secondo l’intervento da ultimo citato, per il Supremo Consesso “la qualificazione come dichiarazione non veritiera o mendacio è, invece, una qualificazione giuridica che riguarda un momento giuridicamente successivo, ossia quello della valutazione dell’ordinamento sull’intento che ha mosso la parte, e non vale a escludere la rilevanza in sé della situazione a monte ai fini del citato comma 2-bis”11. Contraria giurisprudenza, invece, ha affermato che neppure rileva l’eventuale “insussistente annotazione del fatto nel casellario informatico di cui all’art. 7, comma 10 del d.lgs. n. 163 del 2006, limitando la norma ad altri casi l’imprescindibilità di tale presupposto formale ed operando quindi quell’annotazione come mera forma di pubblicità di per sé non ostativa ad una diversa valutazione in concreto della stazione appaltante circa la rilevanza dei precedenti atti di risoluzione contrattuale”12. Il percorso argomentativo svolto nel precedente da ultimo citato conduce quindi il collegio all’adesione “all’interpretazione ormai maggioritaria e più rigorosa per la quale l’art. 38 comma 1 lettera f ) prescrive ai concorrenti un adempimento doveroso, quello di comunicare alla stazione appaltante tutte le risoluzioni per errore grave nell’esercizio dell’attività professionale intervenute nei rapporti con la p.a., compre- 80 (9) Sempre T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, n. 517/2014 cit. (10) Sez. IV, 25 maggio 2015, n. 2589. (11) Cons. Stato, Adunanza Plenaria, n. 16/2014. (12) Cfr. T.A.R. Piemonte, Torino, n. 1175/2015 cit., ed ivi richiamato T.A.R. Emilia Romagna, Bologna n. 1041/2014 cit. 1/2016 Giurisprudenza se quelle con Amministrazioni diverse da quella che ha bandito la gara (che proprio per questo ben potrebbe non essere a conoscenza di tali fatti)”. Pertanto, anche il T.A.R. Piemonte ritiene che la violazione di tale obbligo direttamente imposto dalla norma, consistendo non in una semplice omissione “ma in una dichiarazione non veritiera (quella di non trovarsi nelle situazioni previste dall’art. 38, comma 1, lett. f ), ricorrenti, invece nel caso di specie) non risulta emendabile con il soccorso istruttorio, ... e non può che condurre, per diretta dell’art. 46, comma 1-bis del d.lgs. n. 163/2006, all’esclusione dalla gara”13. Come ampiamente precisato dall’A.N.A.C., il soccorso istruttorio operato dalla disposizione del citato art. 38, comma 2-bis, è finalizzato a far prevalere un’interpretazione sostanzialistica per quanto concerne i requisiti posseduti dai concorrenti, individuando un’agevole modalità di integrazione di tutte quelle carenze formali e riservando la sanzione espulsiva, oltre che ai casi che non rientrano nelle ipotesi legislativamente indicate, all’eventualità che la richiesta di regolarizzazione venga disattesa. Peraltro, la fattispecie di omessa indicazione di una precedente risoluzione contrattuale non può essere sussunta nel novero delle ipotesi emendabili poiché inibisce alla stazione appaltante di apprezzare la rilevanza o meno di precedenti risoluzioni contrattuali e quindi impedisce di ritenere integrata l’insussistenza di un requisito ostativo alla partecipazione alla gara. Considerata la valenza del contrario avviso espresso dalla citata Adunanza Plenaria, seppur con riferimento a caso specifico non inquadrabile nell’applicazione della novella, perché temporalmente antecedente, si auspica un chiarimento legislativo proprio per evitare pronunce fra loro confliggenti e stante il contrario orientamento che si va formando nelle sentenze di primo grado. (13) Mentre nella fattispecie indagata dalla sentenza T.A.R. Piemonte, Torino n. 1175/2015 cit., la conseguenza consiste nella risoluzione del rapporto contrattuale per annullamento in autotutela dell’aggiudicazione. 81 Formulario Protocollo di legalità con schema atto Maurizio Lucca Il “protocollo di legalità” o “patto d’integrità” è uno strumento negoziale (consensuale) finalizzato a mettere in atto, nell’esecuzione di prestazioni rivolte alla P.A., una serie di “misure” per contrastare le attività illecite (infiltrazioni criminali)1 e assicurare - nell’esecuzione dei contratti pubblici (appalti o concessioni) - regole chiare e trasparenti, in grado di garantire il pieno rispetto dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità (ex art. 97 Cost.), oltre a promuovere una strategia di controllo e monitoraggio dei lavori (di tutta la filiera), pena la risoluzione di diritto del rapporto2. L’operatore economico che, sottoscrive il “protocollo” o “patto”, si obbliga da una parte, ad assolvere una serie di attività e adempimenti per contrastare il rischio della corruzione (nelle sue più estese connotazioni, maladministration) e infiltrazione mafiose, dall’altra, a recedere dal contratto una volta che siano venute meno le condizioni individuate all’interno dell’accordo: in sede di offerta, il concorrente si impegna, nei confronti della stazione appaltante, di assumere alcuni comportamenti virtuosi, anche in aggiunta a quelli già imposti dalla legge, finalizzati a consentire e ad agevolare gli interventi repressivi delle pubbliche Autorità in relazione a eventuali tentativi, posti in essere da sodalizi criminosi, allo scopo di turbare o di distorcere lo svolgimento delle gare o di intimidire i titolari delle imprese ad esse partecipanti. (1) La connotazione tipica dell’associazione mafiosa va ricercata nella metodologia di tipo mafioso e cioè nell’intenzionalità di usare la forza intimidatrice e ciò che da essa, direttamente o indirettamente, ne consegue. Perché la stessa si delinei “è sufficiente il mostrare di volersi avvalere, il tentare di avvalersi di tale metodologia. Assoggettamento ed omertà sono le conseguenze prevedibili e possibili dell’uso di tale forza intimidatrice, indicano l’obiettivo che l’associazione tende a realizzare, costituiscono un possibile posterius non un prius logico o cronologico”, Cass. Pen., sez. VI, 9 giugno 2015, n. 24535. (2) I “Protocolli di Legalità” traggono inizialmente origine nell’ordinamento dalle speciali disposizioni in materia di grandi infrastrutture: l’art. 176, comma 3 lett. e) del D.Lgs. n. 163/2006 prescrive che i soggetti aggiudicatori sottoscrivano “appositi accordi con gli organi competenti in materia di sicurezza nonché di prevenzione e repressione della criminalità, finalizzati alla verifica preventiva del programma di esecuzione dei lavori in vista del successivo monitoraggio di tutte le fasi di esecuzione delle opere e dei soggetti che le realizzano”. 82 1/2016 Formulario Con l’adozione e la sottoscrizione degli accordi (di legalità), si crea un sistema di controlli riguardanti l’affidamento e l’esecuzione dei contratti pubblici (soprattutto, nel settore del public procurement), preordinato a garantire l’interesse, pubblico e generale, alla legalità delle procedure di gara, anche ai fini di prevenzione, controllo e contrasto dei tentativi di infiltrazione mafiosa (e delle organizzazioni criminali) e di verifica della sicurezza e della regolarità dei cantieri di lavoro, ponendo al centro dell’azione amministrativa il principio di legalità, di cui la legittimità amministrativa è un essenziale, ma non esaustivo, complemento, dovendo salvaguardare l’intera vita/ciclo di un’opera pubblica. I “protocolli di legalità” assolvono in questa prospettiva positiva a una duplice funzione: sono strumentali alla lotta ai fenomeni di devianza criminale e, in forza di tale azione di contrasto, risultano altresì funzionali alla tutela dei fondamentali principi di concorrenza e di trasparenza che presidiano la disciplina europea e italiana dei pubblici appalti3. La copertura normativa di tali atti è avvenuta a cura della Legge n. 190/2012 che nel comma 17 dell’art. 1 ha statuito che “le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara”, ammettendo, nell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza4, il disposto della norma letto come possibilità di pretendere l’accettazione di tali protocolli, con apposita dichiarazione da allegare agli atti di gara, a pena di esclusione. La previsione normativa va, dunque, intesa alla stregua di una misura integrata nella disciplina finalizzata a realizzare l’obiettivo perseguito dal legislatore, cioè “assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”: una dichiarazione espressiva dell’assunzione di un tassativo obbligo di fronteggiare e reprimere la corruzione e il malaffare5. L’accettazione degli obblighi in materia di contrasto alla criminalità e alla mafia (ex art. 416 bis c.p.) negli appalti pubblici previsti nell’ambito di protocolli di legalità/patti di integrità, è stato oggetto di apposita determinazione dell’ANAC6, dove si è chiarito che i cd. proto- (3) C.G.A.R.S., ordinanza, 12 settembre 2014, n. 534. (4) T.A.R. Sicilia, ordinanza, 11 settembre 2013, n. 585. (5) T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 20 aprile 2015, n. 974. (6) ANAC, Determinazione n. 4 del 10 ottobre 2012, “BANDO - TIPO. Indicazioni generali per la redazione dei bandi di gara ai sensi degli articoli 64, comma 4-bis e 46, comma 1-bis, del Codi- 83 Formulario 1/2016 colli di legalità/patti di integrità sanciscono un comune impegno ad assicurare la legalità e la trasparenza nell’esecuzione di un dato contratto pubblico, in particolar modo per la prevenzione, il controllo ed il contrasto dei tentativi di infiltrazione mafiosa, nonché per la verifica della sicurezza e della regolarità dei luoghi di lavoro. Nei protocolli, quindi, la P.A. assume, di regola, l’obbligo di inserire nei bandi di gara, quale condizione per la partecipazione, l’accettazione preventiva, da parte degli operatori economici, di determinate clausole che rispecchiano le finalità di prevenzione indicate7, con la conseguenza che deve ritenersi legittima tale previsione sia al momento della presentazione dell’offerta8 che in sede di esecuzione del contratto, in quanto le condizioni previste sono poste a tutela di interessi di rango sovraordinato e gli obblighi in tal modo assunti discendono dall’applicazione di norme imperative di ordine pubblico, con particolare riguardo alla legislazione in materia di prevenzione e contrasto della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici. Mediante l’accettazione delle clausole sancite nei protocolli di legalità al momento della presentazione della domanda di partecipazione e/o dell’offerta, infatti, l’impresa concorrente accetta, in realtà, regole che rafforzano comportamenti già doverosi per coloro che sono ammessi a partecipare alla gara e che prevedono, in caso di violazione di tali doveri, sanzioni di carattere patrimoniale, oltre alla conseguenza, comune a tutte le procedure concorsuali, della estromissione dalla gara9. Volendo qualificare i protocolli di legalità, sotto il profilo formale, sono accordi fra pubbliche amministrazioni (ex art. 15 della Legge n. 241/1990) o accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento (ex art. 11 della Legge n. 241/1990), per disciplinare e sviluppare la collaborazione in attività riguardanti l’attuazione di una corretta ed efficace politica di prevenzione antimafia, mediante la predisposizione di modalità e strumenti appropriati a contrastare l’inquinamento della criminalità organizzata10. 84 ce dei contratti pubblici”. (7) La revoca dell’aggiudicazione della gara motivata in base alla presunta violazione del protocollo di legalità della Stazione appaltante può assumersi legittima nei limiti in cui il precetto violato risulti determinato ed interpretato con rigore, pena la violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, Cons. Stato, sez. V, 31 agosto 2015, n. 4042. (8) La violazione del protocollo di legalità da parte di un’impresa non rende illegittima l’aggiudicazione dell’appalto a favore di quella stessa impresa, a meno che la violazione non sia accertata durante la fase pubblicistica dell’affidamento, né può rilevare sotto il profilo della falsità delle dichiarazioni rese in sede di gara, perché, trattandosi di condotte poste in essere dallo stesso soggetto, osta il principio nemo tenetur se detegere, Cons. Stato, sez. IV, 20 gennaio 2015, n. 143. (9) Cons. Stato, sez. VI, 8 maggio 2012, n. 2657 e 9 settembre 2011, n. 506. (10) T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 3 agosto 2006, n.784. 1/2016 Formulario L’inevitabile conseguenza alla sua mancata adesione è l’impossibilità di poter validamente concorrere alla gara (lex specialis) o la risoluzione di diritto del contratto (ex art. 1456 c.c.)11: “negli avvisi, nei bandi di gara o nelle lettere di invito” è stato previsto che “la mancata accettazione, da parte delle imprese, delle clausole contenute nei protocolli di legalità stipulati con le competenti prefetture-uffici territoriali del Governo, riferite alle misure di prevenzione, controllo e contrasto dei tentativi di infiltrazione mafiosa, nonché per la verifica della sicurezza e della regolarità dei luoghi di lavoro, costituisce causa di esclusione dalla gara e che il mancato adempimento degli obblighi previsti dalle clausole medesime, nel corso dell’esecuzione del contratto, comporta la risoluzione del contratto stesso”12. I “protocolli di legalità” o i “patti di integrità” costituiscono un insieme di norme consensuali che integrano il contratto originario e assumono una funzione causale (scopo e contenuto meritevole di tutela da parte dell’ordinamento) nel rapporto sinallagmatico tra P.A. ed operatore economico, quali strumenti di legalità in adesione ai principi di tutela della trasparenza dell’azione amministrativa nella sua esecuzione pratica, contrastando e prevenendo i fenomeni criminali: sono condizioni accidentali che le parti volontariamente inseriscono perseguendo entrambi un medesimo interesse al corretto esercizio di un funzione pubblica e alla realizzazione della concorrenza. (11) Va annotato che, con riferimento alle informative atipiche, l’efficacia interdittiva collegata all’eventuale risoluzione può eventualmente scaturire soltanto da una valutazione autonoma e discrezionale dell’Amministrazione destinataria, Cons. Stato, sez. III, 12 settembre 2013, n. 4511. (12) Art.1, comma 2, della Legge n.164/2014 di conversione D.L. n.133/2014 “Sblocca Italia”. 85 Formulario 1/2016 SCHEMA DI PROTOCOLLO DI LEGALITÀ L’anno … il giorno … del mese di …, in … (presso … ) si sono costituiti i signori: DA UNA PARTE: - Amministrazione di … ( … ) C.F. … P.IVA …, in persona del sig. …, nato a … (…) il …, il quale dichiara di costituirsi ed agire in nome, conto ed interesse dell’Amministrazione di …, che rappresenta e domiciliato per la carica presso … in qualità di …, di seguito denominato “…”, autorizzato con …, pec …; - Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di …, nella persona del Prefetto …, pec ... DA UNA PARTE: - il Soggetto aggiudicatore …, nella persona di …, nato a … il …, C.F. …, il quale dichiara di costituirsi ed agire in nome, conto ed interesse della Ditta …, con sede in …, via …, CAP …, C.F. – P. IVA …, che rappresenta in qualità di …, giusto atto di … (procura) di seguito denominato “Ditta”, nella sua funzione di … (Contraente Generale, ovvero di Concessionario), pec... LE PARTI COME SOPRA COSTITUITE PREMETTONO CHE: - l’intervento rientra nel programma … (indicare provvedimenti di riferimento, codice identificativo CUP, Linee-guida per la stipula di accordi in materia di sicurezza e lotta alla mafia)13; - l’art. 176, comma 3, del Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e s.m.i., provvede alla stipula di appositi accordi con gli organi competenti in materia di sicurezza nonchè di prevenzione e repressione della criminalità, finalizzati alla verifica preventiva del programma di esecuzione dei lavori e al successivo monitoraggio di tutte le fasi di esecuzione delle opere e dei soggetti che le realizzano; - in data … è stato stipulato il contratto di … (indicare lavoro, il codice identificativo di gara (CIG) e, ove obbligatorio, il CUP …) rep n. …. racc. n. …, tra l’Amministrazione di … e la Ditta … (contraente generale/concessionario) per un valore di € … (in lettere). - i lavori ricadono nel territorio della provincia di …, sicché l’Autorità competente è da individuare nel Prefetto della provincia di …; - è volontà dei firmatari del presente Protocollo di legalità (di seguito “Protocollo”) assicurare la realizzazione del preminente interesse pubblico alla legalità ed alla trasparenza in relazione alla realizzazione dell’opera sopra richiamata, esercitando appieno i poteri di monitoraggio e vigilanza attribuiti dalla legge, anche ai fini di prevenzione, 86 (13) Cfr. Deliberazione CIPE, 3 agosto 2011, n. 58. 1/2016 Formulario controllo e contrasto dei tentativi di infiltrazione mafiosa e di verifica della sicurezza e della regolarità dei cantieri di lavoro; - ai fini di garantire più elevati livelli di prevenzione antimafia nella esecuzione delle opere, il regime delle informazioni antimafia, di cui all’art. 91 del D.Lgs. n. 159/2009 e s.m.i., è esteso a tutti i soggetti appartenenti alla “filiera delle imprese”14 come definita al successivo articolo 1 del Protocollo; - il Comitato … (indicare autorità) ha approvato nella seduta del … il presente di Protocollo; - è necessario attivare un flusso di informazioni che possa garantire, tra l’altro, l’alimentazione di una banca dati web e, anche attraverso le informazioni in essa contenute, consentire il monitoraggio: a) nella fase di esecuzione dei lavori, dei soggetti che realizzano le opere, compresi i parasubordinati e i titolari delle “Partite IVA senza dipendenti”; b) dei flussi finanziari connessi alla realizzazione delle opere; c) delle condizioni di sicurezza dei cantieri e del rispetto dei diritti contrattuali dei lavoratori impiegati; - gli oneri derivanti dall’attuazione del Protocollo sono all’interno dei costi dell’appalto15. TUTTO CIÒ PREMESSO, LE PARTI RICONOSCIUTA, ACCETTATA E RATIFICATA LA PRECEDENTE NARRATIVA COME PARTE INTEGRANTE E SOSTANZIALE DEL PRESENTE ACCORDO, CONVENGONO E SOTTOSCRIVONO QUANTO SEGUE ART. 1. DEFINIZIONI E CABINA DI REGIA 1. Ai fini del Protocollo devono intendersi: a) Protocollo: il presente “Protocollo di legalità”. b) Prefettura: l’Ufficio Territoriale di Governo di … c) Pubblica Amministrazione: la Stazione Appaltante di … d) Ditta: contraente … (soggetto attuatore o concessionario). e) Affidatario: ciascun soggetto che ha sottoscritto e/o contratto rapporti con la Ditta. f ) Intervento: l’esecuzione dell’opera pubblica ... (indicare lavori). g) Codice dei Contratti: D.Lgs. n. 163/2006 (Codice Antimafia: il “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonchè nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia a norma (14) L’espressione: “filiera delle imprese”, di cui ai commi 1 e 9 dell’articolo 3 della Legge 13 agosto 2010, n. 136, si intende riferita ai subappalti come definiti dall’articolo 118, comma 11, del D.Lgs. n. 163/2006, nonché ai subcontratti stipulati per l’esecuzione, anche non esclusiva, del contratto, ex art. 6, comma 3 del D.L. n. 187/2010. (15) Cfr. comma 20 dell’art. 176 del D.Lgs. n. 163/2006. 87 Formulario 1/2016 degli artt. 1 e 2 della legge 13 agosto 2010 n. 136”, adottato con D.Lgs. n. 159/2011 e s.m.i.). 2. La Prefettura istituirà, entro … giorni dalla stipula del Protocollo, una “Cabina di regia” a cui potranno partecipare … (indicare soggetti) allo scopo di effettuare, mediante incontri periodici o appositamente convocati, un monitoraggio congiunto ed una valutazione complessiva della situazione o di specifiche problematiche di rilievo. ART. 2. OBBLIGHI E CONFERIMENTO DATI 1. La Ditta si obbliga a inserire nei contratti stipulati e/o da stipulare una clausola negoziale espressa che tutti i soggetti interessati nell’esecuzione dei lavori e delle opere aderiscono al Protocollo, pena la risoluzione del contratto e/o del rapporto, ai sensi dell’art. 1456 c.c.16. 2. La Ditta assume tutti gli obblighi di fornire i dati e la tracciabilità dei flussi finanziari relativi ai subappaltatori, ai subcontraenti, subfornitori interessati, a qualunque titolo all’esecuzione dell’intervento, entro ... (indicare termini); allo stesso tempo, si obbliga ad effettuare i pagamenti o le transazioni finanziarie esclusivamente per il tramite di istituti di credito o Poste Italiane S.p.A. e custodire in maniera ordinata e diligente la documentazione. 3. L’Amministrazione di … è tenuta ad inserire nei contratti di appalto o di concessione o nei capitolati, l’obbligo a carico dell’appaltatore o concessionario di effettuare i pagamenti o le transazioni finanziarie, relative all’esecuzione del contratto di appalto o della concessione, esclusivamente per il tramite degli intermediari autorizzati e provvederà, altresì, a verificare l’inserimento da parte della Ditta nei contratti sottoscritti con i subappaltatori ed i subcontraenti di analoga clausola. In caso di violazione, si procederà alla risoluzione immediata del vincolo contrattuale, nonché alla revoca dell’autorizzazione al subappalto e/o al subcontratto. 4. La Ditta si obbliga a comunicare i dati relativi alle società e alle imprese/ditte chiamate a realizzare, a qualunque titolo, l’intervento, anche con riferimento ai loro assetti societari ed a eventuali successive variazioni. 88 (16) Le norme fondamentali e i principi generali del Trattato FUE, segnatamente i principi di parità di trattamento e di non discriminazione nonché l’obbligo di trasparenza che ne deriva, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una disposizione di diritto nazionale in forza della quale un’amministrazione aggiudicatrice possa prevedere che un candidato sia escluso automaticamente da una procedura di gara relativa a un appalto pubblico per non aver depositato, unitamente alla sua offerta, un’accettazione scritta degli impegni e delle dichiarazioni contenuti in un protocollo di legalità, finalizzato a contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici, Corte giustizia Unione Europea, sez. X, 22 ottobre 2015, n. 425/14. 1/2016 Formulario 5. Le Ditta e l’Amministrazione di … si obbligano a non offrire, accettare o richiedere somme di denaro o qualsiasi altra ricompensa vantaggio o beneficio, sia direttamente che indirettamente tramite intermediari, al fine del rilascio di provvedimenti/autorizzazioni/titoli abilitativi/amministrativi o al fine di distorcere l’espletamento corretto della successiva attività o valutazione da parte dell’Amministrazione concedente. 6. La Ditta garantisce il flusso informativo relativo ai soggetti di cui ai commi precedenti (“Filiera delle Imprese”) alle Autorità deputate ai controllo antimafia e agli adempimenti del presente Protocollo. 7. La trasmissione dei Dati e il conseguente inserimento nella Banca Dati deve avvenire entro … (inserire termine) dalla data di acquisizione delle informazioni. ART. 3. DISCIPLINA DEI CONTROLLI ANTIMAFIA 1. La Ditta si impegna ad acquisire le informazioni antimafia, di cui all’art. 91 del Codice Antimafia, a tutti soggetti individuati all’art. 2 (appartenenti alla “Filiera delle Imprese”), indipendentemente dal loro importo, oggetto, durata e da qualsiasi condizione e modalità di esecuzione, ad esclusione dei seguenti casi … (delle acquisizione di materiali per limite di € … (in lettere), per operatore economico, inserimento nella cd. White list). 2. In caso di esito positivo delle verifiche antimafia non si procederà alla sottoscrizione del contratto, ovvero alla sua risoluzione; tale ultima clausola risolutiva espressa dovrà essere obbligatoriamente inserita nel contratto. 3. L’obbligo di richiesta informazioni antimafia si applica anche a particolari tipologie di contratti e subcontratti aventi ad oggetto le seguenti tipologie di prestazione … (trasporto di materiale a discarica; smaltimento rifiuti; fornitura e/o trasporto terra e/o calcestruzzo e/o bitume ed asfalti; noli a freddo di macchinari; fornitura di ferro lavorato; servizi di guardiania di cantiere; servizi di logistica, di supporto, di vitto e alloggiamento del personale; acquisizioni, dirette o indirette, di materiale da cava per inerti e di materiali da cave di prestito per realizzazione di opere in terra; fornitura con posa in opera). ART. 4. PREVENZIONE INTERFERENZE ILLECITE 1. La Ditta e l’Amministrazione di … si impegnano a inserire nella documentazione di gara e/o sottoscrizione dei contratti (con i fornitori, sub fornitori, sub contratti), nonchè a verificare l’inserimento, le seguenti dichiarazioni: a) Clausola n. 1: l’affidatario o il contraente, a qualsiasi titolo, si impegna al rispetto del Protocollo, dichiarando espressamente di essere 89 Formulario 90 1/2016 pienamente consapevole e di accettare il sistema sanzionatorio ivi previsto, non anteponendo alcuna riserva di fatto e/o di diritto; b) Clausola n. 2: l’affidatario o il contraente, a qualsiasi titolo, si impegna a informare immediatamente la Prefettura di ogni tentativo di concussione, estorsione, intimidazione o condizionamento di natura criminale (richiesta di tangenti, pressioni per indirizzare l’assunzione di personale o l’affidamento di lavorazioni, forniture, servizi o simili a determinate imprese, danneggiamenti o furti di beni personali o in cantiere, richieste improprie di dazione di denaro ecc…), con contestuale denuncia all’Autorità giudiziaria e all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) di ogni illecita richiesta di denaro, prestazione o altra utilità ad essa formulata prima della gara e/o dell’affidamento o nel corso dell’esecuzione del contratto e dei lavori: in ogni caso e comunque ogni illecita interferenza nelle procedure di aggiudicazione o nella fase di esecuzione dei lavori. Tali informazioni dovranno essere fornite entro … (indicare termini) dal fatto; c) Clausola n. 3: l’affidatario o il contraente, a qualsiasi titolo, si impegna a denunciare all’A.G. o agli organi di P.G. ogni tentativo di estorsione, ogni illecita richiesta di denaro, di prestazioni o di altra utilità (quali pressioni per assumere personale o affidare lavorazioni, forniture o servizi), ogni atto intimidatorio ed ogni altra forma di condizionamento criminale che si manifesti nei confronti dell’operatore economico, dei componenti la compagine sociale, dei dipendenti o dei loro familiari, sia nella fase dell’aggiudicazione sia in quella dell’esecuzione. Tali informazioni dovranno essere fornite entro … (indicare termini) dal fatto; d) Clausola n. 4: la Ditta dichiara di essere a conoscenza di tutte le norme pattizie di cui al Protocollo di legalità, sottoscritto in data dall’Amministrazione di … con la Prefettura di …, consultabili al sito … e che qui si intendono integralmente riportate e di accettarne incondizionatamente il contenuto e gli effetti; e) Clausola n. 5: le parti dichiarano di conoscere e di accettare la clausola espressa che prevede la risoluzione immediata ed automatica del contratto, ovvero la revoca dell’autorizzazione al subappalto o subcontratto, qualora dovessero essere comunicate dalla Prefettura, successivamente alla stipula del contratto o subcontratto, informazioni interdittive, ovvero la sussistenza di ipotesi di collegamento formale e/o sostanziale o di accordi con altre imprese partecipanti alle procedure concorsuali d’interesse; f ) Clausola n. 6: le parti dichiarano di conoscere e di accettare la clausola risolutiva espressa che prevede la risoluzione immediata ed automatica del contratto, ovvero la revoca dell’autorizzazione al 1/2016 Formulario subappalto o subcontratto, in caso di grave e reiterato inadempimento delle disposizioni in materia di collocamento, igiene e sicurezza sul lavoro anche con riguardo alla nomina del responsabile della sicurezza e di tutela dei lavoratori in materia contrattuale e sindacale; g) Clausola n. 7: le parti del contratto/rapporto si obbligano … (ad approvare preventivamente gli eventuali subappalti per l’esecuzione dei lavori o per la prestazione di servizi o forniture, a comunicare le generalità del/i proprietario/i e dei soggetti che hanno a qualsiasi titolo la disponibilità degli immobili su cui verranno realizzati gli interventi infrastrutturali e/o esercitate le attività imprenditoriali autorizzate, abilitate e/o concesse. Il sottoscritto operatore economico dichiara di conoscere e di accettare incondizionatamente tutte le clausole del bando di gara/lettera d’invito, ivi comprese le clausole pattizie di cui al Protocollo di legalità). 2. Le clausole sopra espresse hanno natura essenziale ai fini dell’individuazione del contraente e della esecuzione del contratto e il relativo inadempimento darà luogo alla risoluzione espressa del contratto stesso, salvo diverse determinazioni da parte dell’ANAC17. ART. 5. COSTITUZIONE BANCA DATI E ANAGRAFE ESECUTORI 1. Ai fini dell’applicazione degli articoli previsti nel Protocollo la Ditta di obbliga a costituire e rendere immediatamente disponibile on line una “Banca Dati” relativa a tutti i soggetti convolti nell’esecuzione dell’intervento (Filiera delle Imprese), in grado di assicurare: a. il monitoraggio finanziario18; b. le condizioni di sicurezza dei cantieri; c. il rispetto dei diritti dei lavoratori impiegati; d. i dati relativi alla forza lavoro presente in cantiere e relativi alla somministrazione di manodopera, in qualsiasi modo organizzata ed eseguita. 2. La Baca Dati è suddivisa: a. “Anagrafe degli esecutori”; b. “Piano di controllo coordinato del cantiere e del subcantiere”. 3. L’infrastruttura informatica è messa a disposizione dei seguenti soggetti … (Prefettura, Forze di Polizia, DIA, ANAC). 4. Il flusso informativo della Banca Dati deve consentire il monitoraggio, sicché la Ditta e le imprese esecutrici dei lavori dovranno (17) Cfr. l’art. 32 “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari” del D.L. n. 90/2014 convertito, con modificazioni, in Legge n. 114/2014. (18) Cfr. l’art. 36 “Monitoraggio finanziario dei lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi” del D.L. n. 90/2014 convertito, con modificazioni, in Legge n. 114/2014. 91 Formulario 1/2016 impegnarsi a comunicare tempestivamente all’Amministrazione di ... ogni eventuale variazione dei dati riportati nei certificati camerali propri e delle loro imprese sub-contraenti e, in particolare, ogni variazione intervenuta dopo la produzione del certificato stesso relativa ai soggetti che hanno la rappresentanza legale e/o l’amministrazione dell’impresa e al direttore tecnico. Inoltre, si impegnano a comunicare, ad inizio lavori, l’elenco di tutte le imprese, anche con riferimento agli assetti societari, che intende coinvolgere direttamente e indirettamente nella realizzazione dell’opera a titolo di subappaltatori, nonché a titolo di subcontraenti con riguardo alle forniture ed ai servizi, altresì a comunicare ogni eventuale variazione al predetto elenco successivamente intervenuta per qualsiasi motivo. ART. 6. SANZIONI 1. L’inosservanza dell’obbligo di comunicazione dei dati, entro i termini previsti dall’art. 2 del Protocollo e delle clausole inserite nei contratti, di cui all’art. 4 e 5, è sanzionata con l’applicazione di una penale pari a .. % (per cento, può essere previsto un sistema di gradualità in relazione al numero di accertate violazioni) dell’importo del contratto di cui non si è proceduto a dare le preventive comunicazioni e comunque in misura non superiore ad € … (lettere/00). 2. L’accertata violazione per un numero di … comporta la risoluzione del contratto, ai sensi dell’art. 1456 c.c., così come il mancato inserimento da parte della Ditta, ovvero dell’affidatario o del subcontraente, delle clausole di cui agli articoli 3, 4 e 5 del Protocollo comporta la risoluzione del contratto, sensi del medesimo articolo19. 3. Le sanzioni economiche sono applicate da … (indicare soggetto) e vengono comunicate alle Parti del Protocollo. 4. Nei contratti sottoscritti dalla Ditta con i fornitori (sub fornitori, sub contratti) dovrà essere inserita in modo esplicito l’accettazione della presente clausola del Protocollo. ART. 7. SICUREZZA NEI CANTIERI E MISURE DI PREVENZIONE CONTRO I TENTATIVI DI CONDIZIONAMENTO CRIMINALE 1. Fatte salve le competenze istituzionali attribuite dalla legge agli 92 (19) La risoluzione del contratto d’appalto, prevista nel protocollo di legalità nel caso di violazione degli obblighi assunti dall’aggiudicatario con l’adesione a tale atto, è demandata alla stazione appaltante, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 9 luglio 2014, n. 1802. Si evidenzia, sul punto, che una corretta applicazione del protocollo di legalità comporta che la risoluzione immediata e automatica del contratto stipulato con l’impresa aggiudicataria può essere disposta solo in presenza di cause interdittive tipiche, per esse intendendosi quelle fondate su elementi precisi, comprovanti le infiltrazioni mafiose nelle attività economiche, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 18 ottobre 2010, n. 32839. 1/2016 Formulario organi di vigilanza, ai fini dell’applicazione del Protocollo, la Ditta si obbliga a comunicare … (indicare periodo, settimanalmente) il referente di cantiere, i nominativi dei dipendenti presenti nel cantiere e/o sub-cantieri con riferimento alle lavorazioni, i titolari di “partite IVA”, i mezzi che hanno accesso all’area dei lavori e le imprese presenti, anche con la possibilità di eseguire un “rapporto di cantiere” (potrà aggiungersi, il c.d. “rapporto di cantiere” dovrà contenere ogni utile e dettagliata indicazione relativa alle opere da realizzare con l’indicazione della ditta incaricata, delle targhe (o telai) dei mezzi giornalmente presenti in cantiere, dell’impresa e/o di eventuali altre ditte che operano in regime di affidamento, subappalto o assimilabile nella settimana di riferimento, e degli ulteriori veicoli che comunque avranno accesso al cantiere, nel quale si dovranno altresì indicare i nominativi di tutti i dipendenti che saranno impegnati nelle lavorazioni all’interno del cantiere, nonché delle persone autorizzate all’accesso per altro motivo. I mezzi dei fornitori e dei terzi trasportatori per le forniture necessarie ai cantieri le cui targhe non sono preventivamente note, saranno identificati mediante il documento di trasporto ed il referente di cantiere giustificherà, ove necessario, la ragione delle forniture alle Forze di Polizia ). 2. Tutto il personale presente in cantiere dovrà esporre costantemente la tessera di riconoscimento, nonché dovrà essere assicurato che la bolla di consegna del materiale indichi il numero di targa e il nominativo del proprietario degli automezzi adibiti al trasporto dei materiali. 3. Le informazioni acquisite sono necessarie alle Autorità preposte ai controlli per verificare la proprietà dei mezzi, la posizione del personale, la regolarità degli accessi e delle presenza. ART. 8 MANODOPERA TRACCIAMENTO, A FINI DI TRASPARENZA, DEI FLUSSI DI MANODOPERA 1. La Direzione Territoriale del Lavoro e i rappresentanti delle Associazioni datoriali e delle Organizzazioni sindacali costituiscono, presso la Prefettura, un tavolo di monitoraggio dei flussi di manodopera con lo scopo di contrastare qualsiasi infiltrazione mafiosa e regolare le modalità di assunzione nella massima trasparenza. Al tavolo potranno partecipare … (indicare soggetti). ART. 9. ATTIVITÀ DI VIGILANZA E RESPONSABILITÀ AZIENDALE 1. La Ditta provvede a riferire sulla propria attività di vigilanza derivante dall’applicazione del Protocollo, inviando alla Prefettura con cadenza … (indicare periodo) un proprio rapporto. 93 Formulario 1/2016 2. Tutte i soggetti che sottoscrivono contratti e/o in rapporto obbligatorio diretto/indiretto con la Ditta si obbligano ad osservare il Protocollo. ART. 10. DURATA DEL PROTOCOLLO Il Protocollo opera fino al collaudo finale dell’opera o alla sua accettazione qualora avvenga successivamente al collaudo. Letto, sottoscritto con firma digitale. 94 Quesiti Risposte ai lettori a cura di Antonio Vespignani, Stefano Sacchetto e Arianna Fuser Subappalto e settori speciali Opera anche nei settori speciali la riduzione al 20% della quota di categoria prevalente subappaltabile laddove si tratti di procedure negoziate di importo inferiore al milione di euro? L’art. 122, comma 7, secondo periodo del Codice dei contratti prevede una deroga a quanto stabilito dall’art. 118, comma 2, dello stesso d.lgs. n. 163/2006, stabilendo che, nel caso di procedura negoziata di importo inferiore a un milione di euro, la quota di categoria prevalente subappaltabile a terzi sia fissata al 20%, anziché al 30%. Il quesito riguarda l’applicabilità di tale disposizione anche ai settori speciali, per i quali non esiste una norma espressa di analogo tenore. Posto che la ratio della norma – quella di assicurare il maggiore coinvolgimento diretto dell’appaltatore nell’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’affidamento principale, in considerazione della scelta discrezionale dei soggetti da invitare alla gara, che si suppone ispirata a criteri di accertata competenza, serietà e professionalità – è evidentemente unica quale che sia il settore in cui ricade l’appalto, la risposta non può che scaturire da un’indagine di ordine logico-sistematico. Come noto, l’art. 122 in esame è compreso nella Parte II del Codice, relativa ai contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture nei settori ordinari. È l’art. 206 del d.lgs. n. 163 che stabilisce quali norme del Codice stesso siano applicabili ai contratti nei settori speciali. In particolare, con riferimento alla Parte II, l’art. 206 procede alla puntuale (e tassativa) elencazione delle disposizioni cui sono soggetti anche gli appalti nei settori speciali. Ebbene, non solo tra le norme richiamate non figura l’art. 122, ma vi è altresì un puntuale riferimento all’art. 118, in materia di 95 Quesiti 1/2016 subappalto, che fissa nel 30% la percentuale di categoria prevalente affidabile a terzi. Né indicazioni di segno diverso si possono ricavare dal Regolamento (d.P.R. n. 207/2010). Qui infatti l’individuazione delle disposizioni relative agli appalti “ordinari” estensibili ai settori speciali è affidata all’art. 339, la cui lett. p) (subappalto e cottimo) fa espresso richiamo all’art. 170 dello stesso Regolamento, che a sua volta, al comma 1, dispone che “la percentuale di lavori della categoria prevalente subappaltabile (…) è stabilita nella misura del trenta per cento dell’importo della categoria”. Posta quindi la non applicabilità ex se alle procedure negoziate di importo inferiore al milione di euro contratti nei settori speciali della previsione normativa (art. 122, comma 7) di una quota subappaltabile del 20% della categoria prevalente, tale possibilità non è tuttavia da considerarsi inesorabilmente preclusa. Rimane infatti aperta per gli enti aggiudicatori nei settori speciali la facoltà di cui al comma 3 dell’art. 206 citato, che consente loro, nel rispetto del principio di proporzionalità, di “applicare altre disposizioni della parte II, alla cui osservanza non sono obbligati in base al presente articolo, indicandolo nell’avviso di gara, ovvero, nelle procedure in cui manchi l’avviso con cui si indice la gara, nell’invito a presentare un’offerta”. Garanzie La riduzione delle cauzione provvisoria per le imprese in possesso di certificazione ambientale opera per le gare di qualsiasi natura o solo per quelle in qualche modo correlate alla tutela dell’ambiente? La legge 28 dicembre 2015, n. 221 – recante “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali” – ha apportato alcune modifiche al Codice dei contratti. Ai fini che qui interessano, viene in rilievo l’art. 16 della legge de qua, che, al primo comma, è intervenuto sull’art. 75 del d. lgs. n. 163/2006, in materia di garanzia a corredo dell’offerta. In particolare, la novella di fine anno ha ampliato le ipotesi di riduzione della cauzione provvisoria, prevedendo ulteriori sconti, suscettibili di essere cumulati con il dimezzamento della garanzia legato al possesso della certificazione di qualità aziendale. Tali sconti sono correlati al possesso, da parte del concorrente, di regi- 96 1/2016 Quesiti strazioni o certificazioni ambientali o di marchi di qualità ambientali o di ulteriori elementi di valorizzazione di profili ambientali dell’azienda. Si chiede se tali riduzioni abbiano valenza generale – id est valgano per la partecipazione alle gare d’appalto quale che ne sia l’oggetto – ovvero se operino esclusivamente laddove si tratti di procedure d’appalto correlate a tematiche di carattere ambientale, e ciò in considerazione del fatto che la rubrica del citato art. 16 recita “Disposizioni per agevolare il ricorso agli appalti verdi”. Al riguardo occorre osservare che, a seguito della novella legislativa, il testo dell’art. 75 del Codice – integrato con la previsione di ulteriori casi di riduzione della cauzione provvisoria – non contiene alcuna specificazione o limitazione delle ipotesi alle quali l’agevolazione si riferisce, facendo pertanto ritenere che essa costituisca un aspetto premiale da riconoscersi alle imprese più attente ai profili ambientali, che potranno quindi valersene per tutte le procedure di gara alle quali partecipino. Quanto alla rubrica dell’art. 16 della l. n. 221, si può ragionevolmente sostenere che essa trova verosimile giustificazione nel comma 2 della norma che, modificando l’art. 83 del Codice dei contratti, in tema di offerta economicamente più vantaggiosa, aggiunge ai preesistenti una ulteriore serie di criteri di valutazione dell’offerta legati alla natura green dell’appalto. Riunioni temporanee In un’associazione temporanea di tipo verticale, l’impresa mandante che assume l’esecuzione della categoria scorporabile a qualificazione obbligatoria, ma non superspecializzata, può subappaltare le lavorazioni della suddetta categoria integralmente oppure nel limite del 30%? Su questo tema è intervenuta l’Autorità per la Vigilanza sui lavori pubblici (ora ANAC), con la determinazione n. 25 del 20 dicembre 2001, recante “Profili interpretativi in materia di bandi di gara e di esecuzione dei lavori”. In quella determina si legge: “le lavorazioni delle categorie scorporabili sono tutte anche totalmente subappaltabili (articolo 73, comma 1 del d.P.R. 554/1999), fatto salvo il caso che sia da applicarsi la norma sullo speciale divieto di subappalto. Tale disposizione non pone problemi se l’aggiudicatario è un soggetto singolo oppure un’associazione temporanea di tipo orizzontale. Qualora, invece, l’aggiudicatario è un’associazione temporanea di tipo verticale, occorre tenere conto che 97 Quesiti 1/2016 ciascuna delle mandanti assume l’esecuzione di lavorazioni di una particolare categoria e, pertanto, non vi è dubbio che sono da considerarsi assimilabili al soggetto che assume le lavorazioni della categoria prevalente. Ne consegue che esse possono subappaltare le lavorazioni esclusivamente entro il limite del 30% dell’importo delle lavorazioni assunte”. Lo stesso principio è stato più recentemente ribadito dall’Autorità all’interno del parere di precontenzioso n. 171 del 6 ottobre 2011 che richiama la citata determinazione n. 25/2001 aggiungendo che “Più specificamente, le lavorazioni categorie scorporabili sono tutte subappaltabili (art. 73, comma 1, d.P.R. 554/1999). Tuttavia, nel caso di RTI verticale ogni mandante, rispetto alla sua categoria scorporabile è assimilabile alla mandataria rispetto alla prevalente. Ergo ogni mandante può subappaltare le lavorazioni della categoria scorporabile alla cui esecuzione è preposta nei limiti del 30%, anche nel caso di divieto di subappalto (cfr. art. 37, comma 11 del Codice)”. 98 I lettori possono rivolgere quesiti alla Redazione della Rivista, indirizzando via e-mail a: [email protected]. Il testo del quesito non potrà superare la mezza pagina a stampa corrispondente a 1.000 caratteri. La risposta sarà pubblicata compatibilmente con le esigenze redazionali. Rassegne a cura di Pietro De Franciscis Rassegna normativa LEGGI ED ALTRI ATTI NORMATIVI • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 giugno 2015, n. 184 Regolamento riguardante l’individuazione del responsabile del procedimento amministrativo e del titolare del potere sostitutivo, ai sensi dell’art.4 e dell’art.2, comma 9-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, per i procedimenti amministrativi di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri (G.U. n. 274 del 24 novembre 2015). • Decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156 Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario, in attuazione degli artt. 6, comma 6, e 10, comma 1 – lett. a) e b), della legge 11 marzo 2014, n. 23 (G.U. del 7.10.2015 – Suppl. Ord. n. 55/L). • Decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 157 Misure per la revisione della disciplina dell’organizzazione delle agenzie fiscali, in attuazione dell’art.9, comma 1 – lett. h) della legge 11.3.2014, n. 23 (G.U. del 7.10.2015 – Suppl. Ord. n. 55/L). • Decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’art.8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23 (G.U. del 7.10.2015 – Suppl. Ord. n. 55/L). • Decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159 Misure per la semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione, in attuazione dell’art. 3, comma 1, lett. a) della legge 11 marzo 2014, n. 23 (G.U. del 7.10.2015 – Suppl. Ord. n. 55/L). • Decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 160 Stima e monitoraggio dell’evasione fiscale e monitoraggio e riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale, in attuazione degli articoli 3 e 4 della legge 11 marzo 2014, n. 23 (G.U. del 7.10.2015 – Suppl. Ord n. 55/L). • Decreto-legge 1° ottobre 2015, n. 154 Disposizioni urgenti in materia economico-sociale (G.U. n. 228 del 1.10.2015). • Legge 2 ottobre 2015, n. 170 Rendiconto generale dell’Amministrazione dello Stato per l’esercizio finanziario 2014 (G.U. del 26.10.2015 – Suppl. Ord. n. 58/L). • Legge 2 ottobre 2015, n. 171 Disposizioni per l’assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l’anno finanziario 2015 (G.U. del 26.10.2015 – Suppl. Ord. n. 58/L). 99 Rassegna Normativa 1/2016 • Decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 2015, n. 177 Regolamento recante disposizioni in materia di modalità di calcolo e liquidazione dei compensi degli amministratori giudiziari iscritti nell’albo di cui al decreto legislativo 4 febbraio 2010, n. 14 (G.U. n. 262 del 10.11.2015). • Legge 12 novembre 2015, n. 182 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 settembre 2015, n. 146, recante misure urgenti per la fruizione del patrimonio storico e artistico della Nazione (testo coordinato in G.U. n. 269 del 18.11.2015). • Decreto-legge 13 novembre 2015, n. 179 Disposizioni urgenti in materia di contabilità e di concorso all’equilibrio della finanza pubblica delle Regioni (G.U. n. 266 del 14.11.2015). • Decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183 Disposizioni urgenti per il settore creditizio (G.U. n. 273 del 23.11.2015). • Decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185 Misure urgenti per interventi nel territorio (G.U. n. 275 del 25.11.2015). • Decreto legislativo 4 novembre 2015, n. 186 Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche e integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari (G.U. n. 275 del 25.11.2015). • Legge 20 novembre 2015, n. 187 Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 30 settembre 2015, n. 153, recante misure urgenti per la finanza pubblica (testo coordinato in G.U. n. 277 del 27.11.2015). • Legge 29 novembre 2015, n. 189 Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 1° ottobre 2015, n. 154, recante disposizioni urgenti in materia economico-sociale (testo coordinato in G.U. n. 279 del 30.11.2015 • Decreto del Presidente della Repubblica 17 settembre 2015, n. 201 Regolamento recante l’individuazione degli aeroporti d’interesse nazionale, a norma dell’art. 698 del codice della navigazione (G.U. n. 294 del 18.12.2015). • Legge 28 dicembre 2015, n. 208 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge stabilità 2016) (G.U. del 30.12.2015 – Suppl. Ord. n. 70/L) • Legge 28 dicembre 2015, n. 209 Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (G.U. del 30.12.2015 – Suppl. Ord. n. 71/L). • Decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210 Proroga di termini previsti da disposizioni legislative (G.U. n. 302 del 30.12.2015). 100 1/2016 Rassegna Normativa DECRETI PRESIDENZIALI • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 agosto 2015 Approvazione del Regolamento di organizzazione dell’Agenzia per la coesione territoriale (G.U. n. 246 del 22.10.2015). • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 agosto 2015 Approvazione del Regolamento di contabilità dell’Agenzia per la coesione territoriale (G.U. n. 254 del 31.10.2015). • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 agosto 2015 Approvazione del Piano di gestione dei bacini idrografici del distretto della Sicilia (G.U. n. 258 del 5.11.2015). • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 settembre 2015 Fondo di solidarietà comunale. Definizione e ripartizione delle risorse spettanti per l’anno 2015 (G.U. del 5.10.2013 – Suppl. Ord. n. 54). • Decreto del Presidente della Repubblica 24 settembre 2015 Approvazione del programma statistico nazionale per il triennio 2014-2016 (G.U. del 5.11.2015 – Suppl. Ord. n. 62). • Decreto del Presidente della Repubblica 24 settembre 2015 Approvazione del Programma statistico nazionale per il triennio 2014-2016. Aggiornamento 2015-2016 (G.U. n. 262 del 10.11.2015). • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 ottobre 2015 Definizione dei termini e delle modalità di attuazione degli interventi di adeguamento strutturale e antisismico, in attuazione dell’art.1, comma 160, della legge 13 luglio 2015, n. 107 (G.U. n. 282 del 3.12.2015). • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 ottobre 2015 Approvazione del modello unico di dichiarazione ambientale per l’anno 2016 (G.U. n. 300 del 28.12.2015). • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 ottobre 2015 Modifiche al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° ottobre 2012, concernente l’ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei ministri (G.U. n. 294 del 18.12.2015). • Decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2015 Scioglimento dell’Assemblea Capitolina di Roma Capitale e nomina del commissario straordinario (G.U. n. 262 del 10.11.2015). • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 novembre 2015 Disciplina della firma digitale dei documenti classificati (Decreto n. 4/2015) – (G.U. del 5.12.2015 – Suppl. Ord. n. 65). • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 novembre 2015 Disposizioni per la tutela amministrativa del segreto di Stato e delle informazioni classificate e a diffusione esclusiva (Decreto n. 5/2015) – (G.U. del 5.12.2015 – Suppl. Ord. n. 65). 101 Rassegna Normativa 1/2016 DECRETI, DELIBERE E ORDINANZE MINISTERIALI Presidenza del consigli dei ministri Dipartimento per le riforme istituzionali • Decreto 21 settembre 2015 Organizzazione del Dipartimento per le riforme istituzionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri (G.U. n. 270 del 19.11.2015). Dipartimento della funzione pubblica • Decreto 17 novembre 2015 Organizzazione interna del Dipartimento della funzione pubblica (G.U. n. 303 del 31.12.2015). Ministero dell’interno • Decreto 29 settembre 2015 Ripartizione e attribuzione del Fondo sperimentale di riequilibrio per le città metropolitane e le province delle regioni a statuto ordinario, per l’anno 2015 (G.U. n. 234 dell’8.10.2015) • Decreto 21 ottobre 2015 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione costruzione ed esercizio delle metropolitane (G.U. n. 253 del 30.10.2015). • Decreto 3 dicembre 2015 Anticipazione delle somme da destinare ai comuni in stato di dissesto finanziario (G.U. n. 293 del 17.12.2015).). Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca • Decreto 7 agosto 2015 Ripartizione delle risorse e definizione dei criteri per la costruzione di scuole innovative (G.U. n. 239 del 14.10.2015). • Decreto 1° settembre 2015 Autorizzazione all’utilizzo da parte delle Regioni di contributi pluriennali (G.U. del 27.10.2015 – Suppl. Ord. n. 59). • Decreto 10 dicembre 2015 Schemi di budget economico e budget degli investimenti (G.U. n. 300 del 28.12.2015). Ministero dell’economia e delle finanze 102 • Decreto 21 ottobre 2015 Ripartizione, in capitoli ed articoli, delle unità di voto parlamentare disposte dalla 1/2016 Rassegna Normativa legge di approvazione delle disposizioni per l‘assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l’anno finanziario 2015 (G.U. del 28.10.2015 – Suppl. Ord n. 60) – • Decreto 9 dicembre 2015 Piano degli indicatori e dei risultati attesi di bilancio delle Regioni delle Province autonome di Trento e di Bolzano e dei loro organismi ed enti strumentali (G.U. del 21.12.2015 – Suppl. Ord. n. 68). • Decreto 11 dicembre 2015 Modifica del saggio di interesse legale (G.U. n. 291 del 15.12.2015). • Decreto 16 dicembre 2015 Criteri di ripartizione delle risorse del Fondo per l’aggregazione degli acquisti di beni e servizi per l’anno 2015 (G.U. n. 299 del 24.12.2015). • Decreto 28 dicembre 2015 Ripartizione in capitoli delle Unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018 (G.U. del 31.12.2015 – Suppl Ord. n. 72). Ministero delle infrastrutture e dei trasporti • Decreto 19 giugno 2015 Disposizioni in merito alla sottoposizione dei progetti alla valutazione tecnicoeconomica del Consiglio superiore dei lavori pubblici (G.U. n. 257 del 4.11.2015). Ministero dello sviluppo economico • Decreto 30 ottobre 2015 Modifiche al decreto 17 luglio 2014 di individuazione degli uffici dirigenziali di livello non generale (G.U. n. 277 del 27.11.2015). DECRETI E DELIBERE DI ALTRE AUTORITA’ C.I.P.E. • Delibera 20 febbraio 2015 Programma delle infrastrutture strategiche (Legge n. 443/2001). Dorsale stradale interna “Rieti - L’Aquila - Navelli”. S.S. n. 260 Picente: Lotto 3 da S.Pelino a Marana di Montereale. Approvazione progetto definitivo (CUP F41B98000000001). (Delibera n. 20/2015) – (G.U. n. 254 del 31.10.2015). • Delibera 6 agosto 2015 Fondo sviluppo e coesione 2014-2020: piano investimenti per la diffusione della banda ultra larga (Delibera n. 65/2015) – (G.U. n. 239 del 14.10.2015). • Delibera 6 agosto 2015 Fondo sviluppo e coesione 2014-2020: misura di riqualificazione e decoro degli edifici scolastici statali (Delibera n. 73/2015) – (G.U. n. 243 del 19.10.2015). 103 Rassegna Normativa 1/2016 • Delibera 6 agosto 2015 Art.128 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Programma triennale 20152017 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali e il personale. Verifica di compatibilità con i documenti programmatici vigenti. (Delibera n. 87/2015) – (G.U. n. 255 del 2.11.2015). • Delibera 6 agosto 2015 Art.128 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Programma triennale 20152017 degli Enti Parco nazionali dell’Arcipelago toscano, dell’Asinara e delle Dolomiti bellunesi. Verifica di compatibilità con i documenti programmatici vigenti. (Delibera n. 88/2015) – (G.U. n. 255 del 2.11.2015). • Delibera 6 agosto 2015 Art.128 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Programma triennale 20152017 delle Università degli studi di Genova e di Bergamo. Verifica di compatibilità con i documenti programmatici vigenti (Delibera n. 89/2015) – (G.U. n. 255 del 2.11.2015). • Delibera 6 agosto 2015 Articolo 128 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Programma triennale 2015-2017 dell’Istituto Nazionale di Fisica nucleare. Verifica di compatibilità con i documenti programmatori vigenti (Delibera n. 90/2015) – (G.U. n. 256 del 3.11.2015). • Delibera 6 agosto 2015 Fondo sanitario nazionale 2014 – Ripartizione tra le regioni delle risorse destinate al finanziamento della sanità penitenziaria (Delibera n. 85/2015) – (G.U. n. 262 del 10.11.2015). • Delibera 6 agosto 2015 Fondo per lo sviluppo e la coesione (F.S.C.) 2014-2020 – Assegnazione per il completamento della Cittadella Giudiziaria di Salerno (Art.1, comma 181, della legge n. 147/2013). (Delibera n. 72/2015) – (G.U. n. 264 del 12.11.2015). • Delibera 6 agosto 2015 Sisma Regione Abruzzo – Assegnazione delle risorse per le spese obbligatorie – (decreto-legge n. 43/2013 e legge di stabilità n. 190/2014). (Delibera n. 78/2015) – (G.U. n. 264 del 12.11.2015). • Delibera 6 agosto 2015 Sisma Regione Abruzzo: assegnazione al Gran Sasso Science Istitute (GSSI) di risorse residue di cui alle delibere n. 35/2009 e n. 23/2015, relative alla ricostruzione post-sisma nella Regione Abruzzo (Delibera n. 76/2015) – (G.U. n. 267 del 16.11.2015). • Delibera 6 agosto 2015 Sisma Regione Abruzzo: Interventi di edilizia pubblica – Assegnazione di ulteriori risorse e rimodulazione delle assegnazioni di cui alla delibera CIPE 135/2012 – Tabella 2. (Delibera n. 77/2015) – (G.U. n. 268 del 17.11.2015). 104 1/2016 Rassegna Normativa • Delibera 6 agosto 2015 Programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443/2001 e s.m.i.). Approvazione schema protocollo di legalità (Delibera n. 62/2015) – (G.U. n. 271 del 20.11.2015). • Delibera 6 agosto 2015 Relazione sull’attività svolta dall’Unità Tecnica Finanza di Progetto nell’anno 2014 (Delibera n. 92/2015) – (G.U. n. 283 del 4.12.2015). • Delibera 6 agosto 2015 Contratto di programma ANAS S.p.a. 2015 e piano pluriennale degli investimenti 2015-2019 (Delibera n. 63/2015) – (G.U. n. 296 del 21.12.2015). • Delibera 6 agosto 2015 Programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443/2001). Accordo per l’iter di definizione dell’intesa tra Governo e Provincia autonoma di Trento sulla realizzazione dell’autostrada A31 Valdastico Nord – 2° lotto di completamento (CUP G86G14000280007). (Delibera n. 94/2015) – (G.U. n. 297 del 22.12.2015). • Delibera 6 novembre 2015 Regione Siciliana – Programma di azione e coesione 2014-2020 programma complementare – prima assegnazione di risorse (Delibere n. 94/2015) – (G.U. n. 297 del 22.12.2015). Agenzia del Demanio • Decreto 14 dicembre 2015 Determinazione dei canoni di gestione aeroportuale per il triennio 2016-2018 (G.U. n. 296 del 21.12.2015). Corte dei conti • Delibera 21 ottobre 2015 Prime regole tecniche ed operative per l’utilizzo della posta elettronica certificata nei giudizi dinanzi alla Corte dei conti (G.U. n. 256 del 3.11.2015). • Delibera 9 novembre 2015 Linee di indirizzo in tema di gestione di cassa delle entrate vincolate e destinate, alla luce della disciplina dettata dal testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali e del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Delibera n. 31/ SEZAUT/2015/INPR) – (G.U. n. 281 del 2.12.2015). CIRCOLARI Ministero dell’economia e delle finanze • Circolare 22 luglio 2015, n. 23 Decreto 30 aprile 2015, concernente la dematerializzazione degli ordinativi di contabilità speciale. Presentazione del progetto e prime istruzioni (G.U. n. 247 del 23.10.2015). 105 1/2016 Rassegna Normativa • Circolare 7 settembre 2015, n. 25 Modalità di utilizzo delle somme messe a disposizione dei funzionari delegati con ordini di accreditamento di contabilità ordinaria ordinativi e buoni informatici – Completamento del passaggio alla procedura telematica (G.U. n. 271 del 20.11.2015). • Circolare 9 settembre 2015, n. 26/RGS Istruzioni per il rinnovo degli inventari dei beni mobili di proprietà dello Stato, con riferimento al 31 dicembre 2015 – Art.17, comma 5, del regolamento emanato con il D.P.R. 4 settembre 2002, n. 254 (G.U. n. 238 del 13.10.2015). • Circolare 26 ottobre 2015, n. 29 Chiusura delle contabilità dell’esercizio finanziario 2015, in attuazione delle vigenti disposizioni in materia contabile (G.U. n. 267 del 16.11.2015). • Circolare 16 novembre 2015, n. 30 Dematerializzazione degli ordinativi di contabilità speciale. Aspetti amministrativi e operativi (G.U. n. 290 del 14.12.2015). LEGGI REGIONALI (*) Trentino-Alto Adige Provincia autonoma di Trento • Legge provinciale 3 aprile 2015, n. 7 Riordino della dirigenza e dell’organizzazione della Provincia: modificazioni della legge sul personale della Provincia 1997, della legge finanziaria provinciale 2015 e della legge provinciale sull’Europa 2015 (G.U. n. 38 del 3.10.2015). Friuli-Venezia Giulia • Legge regionale 17 luglio 2015, n. 18 La disciplina della finanza locale del Friuli-Venezia Giulia, nonché modifiche a disposizioni delle leggi regionali 19/2013, 9/2009 e 26/2014 concernenti gli enti locali (G.U. n. 47 del 5.12.2015). Emilia-romagna • Legge regionale 30 luglio 2015, n. 13 Riforma del sistema di governo regionale e locale e disposizioni su città metropolitana di Bologna, province, comuni e loro unioni (G.U. n. 39 del 10.10.2015) Toscana • Legge regionale 13 aprile 2015, n. 48 106 N.B. - I dati relativi alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale si riferiscono alla 3^ Serie Speciale - Regioni (*) 1/2016 Rassegna Normativa Istituzione del sistema informativo del catasto delle infrastrutture di rete (G.U. n. 39 del 10.10.2015). • Legge regionale 20 aprile 2015, n. 49 Modifiche alla legge regionale 10 novembre 2014, n. 65 (Norme per il governo del territorio) – (G.U. n. 40 del 17.10.2015). Abruzzo • Legge statutaria regionale 15 settembre 2015, n. 2 Modifica dello Statuto (G.U. n. 44 del 14.11.2015). Sicilia • Legge 10 luglio 2015, n. 13 Norme per favorire il recupero del patrimonio edilizio di base dei centri storici (G.U.n. 42 del 31.10.2015). • Legge 4 agosto 2015, n. 9 Disposizioni in materia di liberi Consorzi comunali e Città metropolitane (G.U. n. 48 del 12.12.2015). 107 Osservatorio ANAC 1/2016 Osservatorio ANAC DELIBERE E DETERMINAZIONI Autorità Nazionale Anticorruzione • Determina 23 settembre 2015 Linee guida per l’affidamento delle concessioni di lavori pubblici e di servizi, ai sensi dell’art.153 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Determina n.10/2015) – (G.U. n. 241 del 16.10.2015). • Determina 21 ottobre 2015 Modifiche al Regolamento sul funzionamento del Consiglio dell’Autorità nazionale anticorruzione (Delibera n. 115) – (G.U. n. 265 del 13.11.2015). • Determina 28 ottobre 2015 Piano Nazionale Anticorruzione – Aggiornamento 2015 (Determina n. 12) – (G.U. n. 267 del 16.11.2015). • Determina 10 dicembre 2015 Aggiornamento della determina n.6 del 18 dicembre 2013 recante indicazioni interpretative concernenti le modifiche apportate alla disciplina dell’arbitrato nei contratti pubblici dalla legge 6 novembre 2012, n.190, recante disposizione per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione (Determina n.13) – (G.U. n. 300 del 28.12.2015). 108