edward ripper delizie d`acciaio

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edward ripper delizie d`acciaio
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CONTENUTI SPECIALI DI QUESTO E-BOOK:
Lo “Spizz”
L’appetito dei sensi
Antonio Schiena
Sexy Thriller per adulti
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romanzo (circa il 20%
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all’ebook principale.
Un ragazzo che non si piace e che sta per
ripetere per la terza volta il primo anno di
università. Una ragazza affascinante che si
è appena trasferita in città con la sua
migliore amica. Si incontrano. Lei cerca
maschi con cui potersi divertire, lui vuole
trovare una persona con cui allacciare
un’unione più seria e duratura. Le loro
strade si incroceranno, ma non riusciranno
a correre parallele.
EDWARD RIPPER DELIZIE D’ACCIAIO ROMANZO HOT SPLATTER PER ADULTI TRADUZIONE DI VALENTINO SERGI Serie Big‐C Grandi Caratteri www.0111edizioni.com www.0111edizioni.com www.ilclubdeilettori.com DELIZIE D’ACCIAIO Copyright © 2011 Zerounoundici Edizioni Copyright © 2011 Valentino Sergi ISBN: 978‐88‐6578‐091‐6 In copertina: Immagine fornita dall’Autore DELIZIE D'ACCIAIO Titolo originale: Steel Delights di Edward Ripper Traduzione di Valentino Sergi A Dante, scusami. Prefazione di Cristiana Astori Prima che un lettore sconsiderato si avvicini a Delizie d'acciaio, è opportuno mettere in chiaro un paio di avvertimenti. Innanzitutto mai dare questo libro da leggere a una rossa. Specie se sogna di fare la valletta in tivù e possiede una motosega. E mai presentarle il suo folle autore. Entrambe le cose potrebbero rivelarsi estremamente pericolose. Io, che sono rossa, per fortuna non ho mai avuto ambizioni televisive né posseduto un attrezzo simile, anche se, dopo aver conosciuto Edward Ripper, un pensierino ammetto che l'ho fatto. E non mi riferisco al diventare velina. Immaginate me a Lucca Comics 2010 che sono appena riuscita a conquistare l'ultimo tavolo al riparo dalla pioggia in un bar sovraffollato e vengo raggiunta da Valentino e da questo tale suo amico scrittore di Belfast. Nel giro di una ventina di minuti, dopo che Ed ha rovesciato a terra un paio di boccali e deliziato il pubblico con un nutrito repertorio di pezzi punk e tradizionali irlandesi, ci ritroviamo sbattuti fuori con un improbabile mix di Chianti e Guinness nello stomaco, in mezzo al diluvio e senza nessun barista sano di mente che voglia ospitarci nel suo locale, neanche se gli assicuriamo che è tutto uno scherzo e Ed è il cosplay di Shane McGowan. Quella volta ammetto di essermi piuttosto innervosita, più che altro perché sono una dannata freddolosa, e poi portavo con me un'ingombrante action figure di Saw l'Enigmista che la mia anima nerd non gradiva prendesse la pioggia. Però il gioco ne è valso la candela. Anzi, la motosega. Perché Ed si è messo a raccontare. E sentir raccontare Edward Ripper è come saltare su un treno in corsa che non sai quando e, soprattutto, se si fermerà. Dopo di che ti ritrovi sbattuto in un mondo surreale, circondato da fate puttane, angeli della morte, calamari in sedia a rotelle, sergenti squali, satiri perversi, Meduse ninfomani. Un mondo weirdissimo in cui tutto può diventare folle, ma soprattutto letale, a partire da una suora spogliarellista in un bordello di fate, fino a un misterioso foruncolo sulla fronte di una studentessa Erasmus allo IULM. Perché Edward Ripper è una testa calda, dotato di uno spirito caustico e di un'immaginazione fuori dal normale. Senza contare che, nonostante l'apparenza rude, è un vero galantuomo. Infatti, non ricordo di aver mai pagato nessuna birra in sua compagnia, anche se non ricordo nemmeno cos'ho bevuto. Ma è come se me lo vedessi davanti, quando inarca il sopracciglio, trattiene il fiato per un istante e se ne salta su con il classico: “Sentite ragazzi, questa è roba forte.” Potresti sentirlo raccontare per ore e ore senza mai annoiarti, anche se piove che Dio la manda e tu hai i piedi inzuppati nel fango oppure sei dal medico e la coda non finisce più o c'è sciopero degli autobus ed è ora di cena e tu sogni una pizza capricciosa fumante. Insomma, tu sei incazzato/scazzato nero, poi incontri Edward Ripper e le tue prospettive cambiano. E se non hai ancora avuto la fortuna di farlo, è tempo di rimediare. Delizie d'acciaio ti aspetta. Cristiana Astori, agosto 2011 I Roma, 30 febbraio 2012. San Pietro, nella cripta. Primo pomeriggio. Gli angeli della morte hanno una faccia da poker anche quando inietti loro mezzo litro di acido di batteria nelle palle. «E urla, cazzo!» Niente... posso sentire il suo scroto liquefarsi, ma lui continua a fissare il vuoto, con quella maschera di gesso adunca che si ritrova. Allungo una mano sul tavolino metallico per prendere una cesoia, ma un megafono gracchia che il round è finito. La suppliziante del Vaticano si agita alle mie spalle impaziente, mentre la pelle della nostra vittima si ricompone. La troia ha tanti di quei ferri chirurgici nella carne da sembrare una scultura astratta di Meccano. Mentre prende posizione con un bisturi stretto tra le dita rotte, mi indirizza un sorriso sghembo e un bullone le si svita dalla mandibola per scivolare lento su una bava di sangue e olio nero fino alla cicatrice incrostata dove un tempo c'era stato un seno. Poi, sconfitto dalla forza di gravità, l'anello di ferro cade sul pavimento. Il sergente Squalo mi aspetta nel nostro angolo, dietro all'altare. Quando è incazzato si tormenta i bottoni della giacca. Ne ha già staccati due ed è un modello di Armani. Il superiore mi trasmette il suo disappunto per via telepatica data la sua incapacità fisica di articolare le sillabe: “Bella figura di merda!” «Non alzare la voce nella mia testa.» I miei neuroni friggono al contatto mentale. «O mi parte un embolo.» L'umanoide apre le fauci con stanchezza, sospirando. Tra le zanne ha impigliati dei tentacoli di piovra. In effetti, è l'ora dell'aperitivo. «Posso avere uno spritz?» L'abitudine mi è rimasta dopo la missione a Trieste, un buco di città sporca e umida di piscio di gatto. “Non si beve in servizio... tu fai cantare l'angelo e poi potrai sfondarti il fegato come meglio credi!” L'anfibio agita l'enorme testa di pesce. Il mio cervello traduce il senso di delusione trasmesso in stimolo alla vescica e devo stringere le gambe per non pisciarmi addosso. Maledetta incompatibilità psichica interspecie. «Posso chiamare mia figlia, almeno? Se perdiamo il volo mancherò al suo compleanno!» Il sergente non risponde, i suoi occhi viscidi sono concentrati sul corpo della creatura incatenata alla colonna. La troia cattolica gli sta bruciando le ali con la fiamma ossidrica, ma l'angelo resta immobile. Le penne ricrescono non appena il fuoco si sposta e lo stesso vale per i tessuti delle spalle. Anch'io voglio quel fattore rigenerante... “Per poi diventare un'idiota svolazzante affamata di anime? Accomodati... A Pola, in Slovenia, ce n'è uno stormo stanziale, magari puoi presentargli domanda d'iscrizione.” Ho l'impulso di tirargli un pugno sul naso, ma un ringhio è sufficiente a farmi capire che il tentativo finirebbe con la mano tranciata di netto nel suo stomaco. «Ti farebbe acidità, stronzo.» D'un tratto, tra le pareti sacre dell'edificio, si leva l'eco di un'ovazione, interrompendo il nostro qui pro quo mentale. Un vescovo goblin si rotola in mezzo alla sala, mentre i suoi colleghi esultano di gioia. La suppliziante si asciuga sangue e sudore dalla fronte suturata e alza il pugno deforme in segno di vittoria. Il nostro schermo levitante si avvicina e proietta un ologramma con l'ingrandimento del viso dell'angelo. Il culturista alato ha contratto l'angolo della bocca per un decimo di secondo, mentre la mia avversaria gli trapanava la spina dorsale. I giudici, spiriti dell'aria simili a meduse fluttuanti, misurano tramite i loro tentacoli il grado empatico di sofferenza raggiunto. Su un display digitale appeso a un crocifisso d'ebano appare il verdetto: 1.6 della scala Vischer‐Ramah; più o meno il fastidio che può provare un essere umano al posarsi di una mosca sul gomito, ma è un record considerata la ridotta funzionalità dei circuiti dolorifici degli angeli. Squalo batte il palmo sulla parete di marmo con esasperazione. Ultimo round, cinque minuti, non ho speranze. Afferro svogliata la motosega e mi avvicino all'amico incatenato. L'annuale confronto tra Guardia Vaticana e Dipartimento per l'Integrazione sta per chiudersi con la nostra sconfitta. Quest'anno, in premio, i baciapile si aggiudicheranno un lotto di antiche statue pornografiche sui monti iperborei per farne un'attrazione turistica. Il bestione è alto almeno un paio di metri, le ali nere stanno terminando di ricrescere. Il viso cereo di nuovo impassibile, immobile, come il suo corpo massiccio. Mi ci farei volentieri un giretto. La suppliziante s'immerge in una vasca di acqua ghiacciata per festeggiare il trionfo, il suo unico seno, appassito e trafitto da ferri da calza, s'intirizzisce al contatto con i cubetti gelidi. I giudici aggiornano il punteggio sui monitor, assegnandole il vantaggio. Tanto vale godersi questi ultimi minuti... Mi strappo via la canottiera lorda del sangue nero della vittima e avvicino le tette alla sua faccia di bronzo, con buona pace di Gesù Bambino che si gode la vista dall'alto della cupola con i suoi occhi di porfido. «Sei stato un duro, sai? Ti meriti un premio.» Scendo languida, accarezzandogli i muscoli. Gli sfioro i capezzoli, sono gelidi come il pavimento di marmo. Avvio la motosega al minimo e gli massaggio i testicoli appena riformati con le vibrazioni della lama, mentre avvolgo il suo pene moscio con la bocca. Lo stimolo con rapide flessioni della lingua e dopo pochi istanti sento la cappella gonfiarsi tra le tonsille. Almeno venticinque centimetri di piacere maschio percorsi dalle oscillazioni della mia arma. Quand'è eretto lo faccio scorrere fuori lentamente. Riprendo fiato, leccando quel monumento: magari non vincerò il trofeo della ragazza più cattiva, ma sfido quella stronza anoressica e mutilata a fare un pompino così. Quasi non me ne accorgo, ma i giudici si sono raccolti attorno a noi. I loro tentacoli ondeggiano agitati mentre analizzano l'angelo tramite le ventose. I numeri rossi sul display lampeggiano, in rapido aumento: 0.8, 1.1, 1.9, 2.4... Lo masturbo con entrambe le mani bagnate di saliva e succhio così forte da tirargli fuori l'anima, se ne avesse una. Le sue cosce si contraggono tendendo le catene. Il ragazzone trema, suda, si contorce sotto di me. Me lo stantuffo in gola, aumentando la velocità della motosega. Ritraggo il capo appena in tempo quando viene con un lamento, spruzzando un getto di acido di batteria che mi sfiora lo zigomo. L’angelo digrigna i denti per il dolore, mentre il pene si consuma in fiotti grumosi. Il suo fattore rigenerante non era riuscito a espellere dai coglioni tutto il liquido corrosivo e l’orgasmo gli sta sciogliendo i corpi cavernosi. Abbiamo vinto. Il sergente Squalo non sta nelle squame... trotterella verso di me facendo tremare le pareti. “Grandiosa! Sei stata grandiosa!” Mi porge un asciugamano. Sorrido, nonostante la sua eccitazione mi sprema le tempie. «Posso avere il mio spritz, adesso?» Il mezzo pesce mi fa segno di seguirlo. “Hanno chiamato dal Dipartimento: due casi di Sindrome di Medusa a Milano.” La mia bambina dovrà trascorrere di nuovo la sua festa di compleanno in compagnia di una fottuta baby‐
sitter troll. I Due mesi prima, 31 dicembre 2011. Belpasso, sulle pendici dell'Etna. Studi TeleTrinacria, in diretta. La star della serata è al centro del palcoscenico, bruciata dalla luce dei riflettori. Sorride ebete, vestita solo di un tanga di seta, mentre le truccatrici le brulicano intorno come formiche affamate. Riesco a intravederla dall'ingresso dietro le quinte, mentre corro verso il camerino. Mancano pochi minuti alla diretta e sono in ritardo, ma nessuno sembra farci caso. Meglio così, non posso perdere un altro lavoro. Mi toglierebbero la custodia di Licia. Quel bastardo del mio ex non aspetta altro. Il posto a TeleTrinacria me l’ha procurato uno zio deputato. Trecento euro a serata per girare mezza nuda, sculettare e fare ciò che ti dicono, tutto quello che ti dicono. Un lavoretto facile, se non scazzassi con gli orari. Eravamo quasi un migliaio alla selezione aperta solo alle femmine umane. Carne fresca da tutto il meridione. Ce n'erano pure un paio di Pordenone, ma un gruppetto di calabresi cavò loro gli occhi prima che iniziassero i provini. Molte candidate sapevano già che il concorso era truccato, ma speravano lo stesso di cambiare la propria vita da cassiera precaria con un soffocone al tecnico del suono. Tra i selezionatori c’erano l'elfo Ydl'winn, che aveva fatto qualche comparsata su Ciao Darwin diventando celebre per la sua imitazione di Don Vito