Chicchi di Melagrana

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Chicchi di Melagrana
XIX numero 4 Aprile 2014
anno
Chicchi
di Melagrana
Un numero speciale per la Pasqua.
Storie di laici in Cristo, testimoni della Gioia nel nostro territorio
a cura di M. Parisi e A. Lanzieri
La Terza Pagina
mensile della Chiesa di Nola
Servire pensando a Dio
di Mariangela Parisi
Vite spese al servizio dell’uomo, vite che
raccontano la quotidianità della santità
troppo spesso invece pensata come meta
possibile solo per uomini e donne eccezionali.
Sono quelle dei testimoni presentati in
questo numero speciale di inDialogo, uomini
e donne “normali”, uomini e donne che non
hanno avuto timore di sporcarsi le mani,
che non hanno avuto paura di spalancare le
porte a Cristo, che non hanno avuto timore di
spalancare le porte all’uomo, ad ogni uomo
messo sulla loro strada.
Anna Vitiello, Filippo Massimo Lancellotti,
Luigi Basile, Luigi Cortile, Angelica Martinelli,
Domenico Beneventano, Sandra D’Alessandro:
sette volti per dire che la morte è stata vinta,
per dire che ancora oggi Cristo dice al cuore
di ognuno “Lazzaro, alzati e cammina”, per
dire che non c’è vita, non c’è sofferenza, non
c’è infelicità che non interessi a Dio e che non
interessi a chi, con cuore puro, abbia deciso
di servirlo.
Ma sette vite che dicono anche la bellezza del
Mistero che le ha caratterizzate. E nessuno può
di un artista può rendere visibile l’invisibile:
per questo le pagine che seguiranno saranno
caratterizzate dalla scelta – a cura di d. Lino
D’Onofrio – di sette opere pittoriche, ognuna
delle quali diviene emblema della scelta di
servizio fatta da ciascun testimone: amore
materno, bellezza, fratellanza, giustizia,
obbedienza, sacra scrittura, legalità; per
questo, l’articolo di terza pagina - a cura
della prof.ssa Anna Carotenuto - è dominato
da una riflessione sulla figura del Servo di Dio
attraverso un’opera di Sieger Köder.
Sette volti, sette scelte, sette chicci di
melagrana simbolo della dimensione ecclesiale
del martirio, cioè della testimonianza del
Vangelo: in queste pagine non ci sono le vite
di eroi isolati, ma quelle di uomini e donne ai
quali, come a tanti prima e dopo di loro, si
deve la vita della Chiesa, la sua sopravvivenza
alle accidentalità della storia umana, la sua
capacità di vincere il male - dato dal limite
degli stessi uomini che la compongono impotente davanti alla potenza dell’amore
che sgorga da un cuore capace di servire
pensando a Dio.
in Dialogo mensile della Chiesa di Nola
Redazione: via San Felice n.29 - 80035 Nola (Na)
Autorizzazione del tribunale di Napoli n. 3393 del 7 marzo 1985
Direttore responsabile: Marco Iasevoli
Condirettore: Luigi Mucerino
In redazione:Alfonso Lanzieri [333 20 42 148 [email protected]],
Mariangela Parisi [333 38 57 085 [email protected]], Mariano Messinese, Antonio Averaimo, Vincenzo Formisano
Copertina: acquerello di don Carlo Tarantini
Stampa: Giannini Presservice via San Felice, 27 - 80035 Nola (Na)
Chiuso in redazione il 24 aprile 2014
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IL SerVO DEL SIGNORE
di Anna Carotenuto
Nella seconda parte del libro
del profeta Isaia, chiamato comunemente Deutero-Isaia, incontriamo un personaggio enigmatico, sulla cui identità gli studiosi
stanno ancora lavorando: il Servo
di YHWH. L’appellativo con cui
viene definite, ebed ovvero servo, definisce non una condizione
servile, di inferiorità, ma piuttosto un ruolo unico, con un rapporto particolare con Dio: è il suo
diletto. Egli lo sostiene e di lui si
compiace.
Gli autori neotestamentari non
hanno avuto dubbi nell’identificare in questo enigmatico personaggio, descritto a vivi colori Misereor
dall’anonimo autore del VI seco- Sieger Köder
lo, Gesù. La sua nascita, il suo miL’artista ha strutturato la tela come
nistero, la sua sofferenza, il suo un trittico, al centro c’è il corpo del croamore radicale per gli altri, la cifisso, immerso in uno sfondo nero: è
sua morte, tutta la vita del naza- il momento più buio e più difficile del
reno sembra essere preannuncia- Servo di YHWH, ma anche il momento
ta, quasi sette secoli prima, nei del suo donarsi totalmente al Padre e
carmi del Servo di YHWH (Is 42,1- a tutti gli uomini. Ai lati due tende,
9; 49,1-7; 50,4-11; 52,13-53,12). come sipario, sopra le quali sono dipinte
Probabilmente lo stesso Gesù ha quattro scene: tutte esprimono dei vamaturato la sua identità e la sua lori fondamentali. La ‘scenografia può
missione alla luce di quelle paro- essere interpretata in due modi diversi:
le assumendole come progetto di c’è il palcoscenico dove va ‘in onda’ la
storia dell’uomo ma, aprendo il sipario,
vita.
scorgiamo chi sta all’origine di tutto;
oppure il contrario: il sacrificio del CriSieger Köder è un prete e
sto che, chiudendo il sipario, mi rimanpittore tedeso. Nasce il 3
da alla vita dei suoi discepoli. La prima
gennaio 1925 a Wasseralscena si ispira ad Es 15,19-21; raffigura
fingen. Durante la seconla profetessa Miriam, sorella di Aronne,
da guerra mondiale viene
che danza gioiosa, dopo la liberazione
mandato in Francia come
dalla schiavitu’. Indossa un vestito con
soldato di frontiera ed è
i colori dell’arcobaleno e si muove tra
fatto prigioniero di guerle enormi pareti di acque. La seconda
ra. Tornato dalla prigionia,
scena è ispirata a Gen 6-9: un’enorme
frequenta
l’Accademia
arca-cisterna galleggia nel bel mezzo di
dell’arte di Stoccarda; sucun diluvio, ma le acque sono formate da
cessivamente studia filoolio che ormai hanno catturato un cormorano morente. Dall’arca si intravede
logia inglese all’università
non solo Noè, ma volti di più nazionalidi Tubinga. Dopo 12 anni
tà. In primo piano la colomba: annunzia
d’insegnamento di arte e
il rinnovo dell’Allenanza. La terza scedi attività come artista,
na si ispira a Is 25,6-8: la promessa del
Köder intraprende gli studi
banchetto. Al tavolo imbandito siede il
teologici per il sacerdozio
mondo intero: il banchetto che Gesù ci
e, nel 1971, viene ordinaha preparato è infatti per tutti gli uomito prete cattolico. Dal 1975
ni. Infine l’ultima scena, molte sono le
al 1995, padre Köder esercitazioni a cui si riferisce, qui ricordiacita il suo ministero come
mo Gio 15,1-8: rimanete in me e le mie
parroco della parrocchia
parole rimangono in voi. E’ il giusto epiin Hohenberg e Rosenberg
logo del Servo del Signore: far comprene oggi vive in pensione a
dere a tutti che ciascuno di noi deve
Ellwangen.
diventare servo del suo prossimo.
Eri bello figlio dell’uomo,
Tu, eletto dall’Eterno come suo
Servo
Ricolmato del suo santo spirito,
Hai portato il diritto su tutta la
terra,
Senza violenza alcuna.
Grazie a Te possiamo cantare e
donare la vita
Come Anna, la profetessa
Al suono della libertà e della
giustizia.
Eri bello Figlio dell’uomo
Le tue ferite, il tuo sangue
Che sgorga dalla croce, ancora
Di più manifesta la Gloria del
Padre.
Ancora di più sei luce per tutte
Le genti, colomba di pace
Che porta la salvezza
Fino all’estremità della terra.
Eri bello Figlio dell’uomo
Nonostante il nostro disprezzo
Nonostante i nostri sputi e i
nostri insulti
Non ti sei tirato indietro:
Continui a donarti, nella nostra
storia, ogni giorno
Al sacro banchetto, per la vita
Di tutti gli uomini.
Sei bello Figlio dell’uomo,
Servo dell’Eterno.
Pur senza apparenza, nè bellezza,
Uomo del dolore!
Fa che anche noi possiamo
Diventare sempre più
Servi e segni viventi
Della misericordia del Padre.
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Chicchi
mensile della Chiesa di Nola
Braccia aperte per i piccoli indifesi
di
Melagrana
Anna Vitiello: serva dell’amore materno
“Con i giovani, protagonisti del futuro” è il tema della Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore
(www.giornatauniversitacattolica.it), domenica 4 maggio, promossa dall’Istituto Giuseppe Toniolo, ente
fondatore dell’Ateneo, quest’anno giunta alla novantesima edizione. Fondata a Milano nel 1921, l’Università
Cattolica vanta una presenza capillare sul territorio nazionale con le sue quattro sedi: Milano, Brescia, PiacenzaCremona e Roma, dove ha sede anche il Policlinico universitario “A. Gemelli”.
Furono proprio i fondatori, in primo luogo Padre Agostino Gemelli, a volere che l’Ateneo nascesse da un solido
legame con il territorio e da una vasta adesione di popolo. Per questo motivo fondarono l’Associazione Amici,
che oggi conta circa 15 mila iscritti, e lanciarono la Giornata nazionale per l’Università Cattolica. Un evento
che, dal 1924, si ripete negli anni, ma che non smette di offrire la possibilità di riflettere su alcuni percorsi
fondamentali del cattolicesimo in Italia, sulla natura dell’Università stessa, sull’essere, cioè, l’ espressione del
valore culturale della fede. La Giornata universitaria pone l’attenzione sui giovani.
Per il suo rapporto con l’Università, l’Istituto Toniolo ha un interesse particolare per il mondo giovanile,
sul quale oggi si riversano molte contraddizioni, alla ribalta più come segnale delle preoccupazioni del futuro
che come oggetto di scelte politiche, sociali, imprenditoriali, professionali che diano loro effettivamente un
futuro e che permettano alla società di acquisire le loro risorse di cultura, di preparazione, di sensibilità,
che consentano di accogliere in loro le novità del tempo. E’ costante, invece, grazie anche ai fondi raccolti
in occasione della Giornata universitaria, l’impegno dell’Istituto Toniolo a favore delle nuove generazioni.
Nel 2013 ha sostenuto oltre 1300 studenti con borse di studio, scambi con università straniere, progetti di
solidarietà internazionale, corsi di lingue e alta formazione. Fare qualcosa per i giovani significa offrire loro un
contesto interessante, utile a comprendere il mondo in cui vivono. Spesso i giovani sono considerati sulla base
di una conoscenza approssimativa e sfuocata. Da qui è nata l’idea di una ricerca rigorosa, il Rapporto Giovani
(www.rapportogiovani.it), che, con la collaborazione dell’Università Cattolica e il sostegno di Fondazione
Cariplo e di Intesa Sanpaolo, il Toniolo ha avviato nel 2012, della durata di cinque anni, aperta a continui
aggiornamenti, per una lettura dinamica del mondo giovanile.
Lo scopo fondamentale del Rapporto è quello, dunque, di conoscere il mondo giovanile a partire dalla
consapevolezza che i cambiamenti così rapidi che sono in corso bruciano velocemente la conoscenza delle
nuove generazioni. Il Rapporto Giovani, che vede l’appassionato e paziente lavoro di un gruppo di docenti e
ricercatori, è un’esperienza di ricerca condotta con lo spirito di chi sta in ascolto, per conoscere le loro attese
sulla vita e sulla società e per contribuire insieme a loro a preparare il futuro. E’ uno strumento per tutti coloro
– istituzioni, realtà sociali, economiche, ecclesiali - che sono interessati ai giovani, uno strumento per scelte
più rispondenti a ciò che i giovani effettivamente oggi sono e alle risorse che essi hanno da offrire per il bene
comune.
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Con lo sguardo sempre rivolto a Maria. Questo il tratto caratteristico
della vita di Anna Vitiello, la donna natia di Torre del Greco, fondatrice,
insieme a Padre Arturo D’Onofrio, delle Piccole apostole della Redenzione,
congregazione riconosciuta da Paolo VI solo il 5 luglio 1978, sebbene già da
molti anni operasse a sostegno e a difesa dei bimbi orfani della diocesi di
Nola. Ma la vita di Anna Vitiello non sembrava dovesse svolgersi in dedicazione
completa al Signore, almeno non lo sembrava alle piccole menti umane
chiamate a giudicare lo svolgersi dei giorni su questa terra. Infatti, quando
conosce Padre Arturo, Anna è già sposata con Angelo Maresca, «ragioniere di
ottimi costumi e religioso praticante»1 e, pur non avendo figli, con lui vive
in serenità e armonia.
L’incontro con il prete di Visciano avviene nel 1945, durante una visita di
questi alla parrocchia di San Francesco da Paola a Torre Annunziata – città
dove Anna Vitiello è nata il 19 marzo 1904 e dove vive - divenendo occasione
per la nascita di un secondo orfanotrofio – l’altro era quello di Visciano - la
cui responsabilità è affidata proprio ad Anna Vitiello, e ad Ida Gallo. Proprio
allora Padre Arturo comincia a pensare ad una congregazione di suore che dia
«stabilità e continuità al suo lavoro apostolico»2. Pensieri che si trasformano
in azione quando la signora Vitiello diviene vedova. Angelo Maresca infatti,
ferito per uno scambio di persona e muore, dopo due giorni di agonia, il
19 febbraio 1946. Prima di chiudere definitivamente gli occhi però, Angelo
vuole parlare con Padre Arturo al quale, dopo aver perdonato l’uomo che gli
ha sparato, disse «muoio sereno, non lascio mia moglie sola, ella resterà con
voi e con i vostri orfanelli»3.
Con una lunga lettera, datata 21 febbraio 1947, Anna Vitiello si mette al
servizio degli orfanelli e di Padre Arturo, avviandosi a divenire madre amata
da tutti i bambini che, abbandonati, avrebbero trovato speranza di vita fra
le sue braccia: nasceva la serva dell’amore materno.
Nel novembre del 1949, le Piccole apostole della Redenzione si trasferiscono
nel nascente Villaggio del Fanciullo di Visciano.
Nell’agosto del 1962, nella Cattedrale di Nola viene letto il Decreto di
riconoscimento di diritto diocesano della Congregazione delle Piccole
Apostole della Redenzione: Anna Vitiello e il Consiglio Generalizio emettono
i voti perpetui. Nel 1971, madre Anna, con tre suore, apre la prima missione
in Colombia cui seguiranno quelle di Città del Guatemala, nel 1980, di El
Salvador, nel 1986, dello Stato di Kèrala in India, nel 1989, in Messico, nel
19974.
Umile e forte, Anna Vitiello, muore il 23 luglio 2000, giorno in cui a Visciano
si festeggia la Vergine Consolatrice del Carpiniello. La sua figura dimostra
la possibilità di essere genitore pur senza generare, di essere moglie pur
essendo sposata con Dio, di avere una famiglia pur non avendo legami di
sangue con i proprio “parenti”.
Don Mario Fabbrocioni, nel necrologio di madre Anna scrive: «All’età di
quattordici anni, orfano di madre, ho incontrato a Torre Annunziata una
seconda mamma: Anna Vitielllo […] Una figura esile ma forte, dolce, con
un cuore grande e una carica di vitalità fino all’ultimo, nel martirio della
sofferenza, sempre con il viso sul volto. Si è spenta dopo aver ricevuto la
benedizione del padre in mezzo alle sue suore che da lei hanno imparato
ad amare i figli degli altri, abbandonati e poveri. Mi ha colpito sempre
la sua devozione a padre Arturo con cui era sempre in sintonia, anche
quando dissentiva in qualche cosa: la sua umiltà era vincente. Quando i
primi ex alunni dell’Opera venivano a trovarla, era felicissima e ricordava
perfettamente non solo i loro nomi ma anche fatti e vicende della loro
permanenza nel Villaggio del Fanciullo e la sua ricorrente raccomandazione
che faceva loro era l’invito a voler sempre bene a padre Arturo»5.
1.
2.
3.
4.
5.
Madonna de la guirlande
Pablo Picasso
Una cosa sola col figlio. Segno di
quell’amore che unisce per la vita
e per la morte, gli occhi negli occhi per scrutare il mistero dell’altro. Gesti di tenerezza: coprire col
manto il corpo nudo e toccare con
mano il volto della madre per imparare a scoprire i volti degli uomini. Fatti quasi di pietra, in una
cornice di intenso cielo per dire il
patto eterno di Dio con l’uomo.
V.Terrin, Padre Arturo D’Onofrio, Edizioni Messaggero Padova, 2008, p.52
Ivi, p.50
Ibidem
Per maggiori informazioni sull’opera Piccole apostole della Redenzione: http://www.c-mdr.org/
V. Terrin, op.cit., p. 53
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mensile della Chiesa di Nola
Costruire un canto di lode
Filippo Massimo Lancellotti: servo della bellezza
«È morto un giusto». Con queste parole inizia il ricordo, nel Bollettino diocesano
del 1916, n. 157, del principe di Lauro Filippo Massimo Lancellotti definito, subito
dopo, «benefattore di centinaia, di migliaia di famiglie […] un uomo dalla tempra
adamantina, cattolico papale nel più largo significato delle parole»1.
Nato nel 1844, figlio del principe Camillo Massimo, Filippo Massimo ha solo
diciotto anni quando, in virtù del testamento della zia paterna Donna Regina
Giuseppina Massimo, vedova ed erede beneficiaria del principe Ottavio Lancellotti,
diviene proprietario delle terre dell’ex feudo di Lauro con il castello.
Proprio al castello e alla sua ricostruzione, il giovane erede dirige gran parte
della sua attenzione e ed interesse. I lavori iniziano però solo nel 1870: prima, don
Filippo, compie viaggi in Toscana e in Umbria per visitare castelli, torri, fortezze
e cercare spunti per arricchire le proprie idee estetiche. Nè manca di volgere lo
sguardo a Roma, dove in particolare prende a modello la chiesa paleocristiana di
S.Clemente per la costruzione della cappella del castello. L’entusiasmo con cui
Filippo porta avanti la sua opera non si lega solo alla responsabilità che sente
nel rappresentare la discendenza dei Lancellotti, ma soprattutto all’amore
incondizionato che egli ha per la sua terra e per i suoi abitanti: il principe ben sa
che riportare in vita il castello darebbe possibilità di lavoro a donne e uomini di
Lauro e dintorni.
Il 25 agosto del 1872, quando il più è stato fatto, c’è l’inaugurazione. Una
lapide – scritta in latino -posta sull’architrave della porta della Sala d’Armi, ricorda
l’incendio e la ricostruzione del castello: «Filippo Lancellotti Principe di Lauro
restituì all’antica forma, questa rocca, saccheggiata e incendiata da soldatesche
francesi dopo una strenua difesa dei laureatosi il 30 aprile 1799 e l’affidò alla
tutela della Beata Vergine Maria – 25 agosto 1872»2.
Il richiamo alla Vergine lascia trasparire il profondo senso religioso di Filippo
Lancellotti confermato anche dall’attenzione dedicata alla costruzione della
cappella privata, intitolata oltre che alla Vergine, anche a San Filippo Neri del quale il principe era un fervente
discepolo. Sull’emiciclo dell’arco di accesso all’abside della cappella si può leggere inoltre quest’iscrizione «Ho
avuto cura o Signore della bellezza della tua casa affinché tu non perda l’anima mia con i cattivi»3 seguita da
un’altra posta nel catino absidale che così recita «Il Principe di Lauro fondò questa chiesa per ottenere il perdono
delle proprie colpe. Tu che metti piede in questo tempio prega spesso Dio affinché abbia misericordia di lui»4:
l’intera costruzione si presenta come un canto di gloria a Dio, il canto di un servo della bellezza.
Di qui alcune scelte architettoniche e decorative: la facciata presenta un portale marmoreo sul cui architrave è posta
una semiluna in marmo con scolpita la città di Nola, insieme ai Santi Felice e Paolino, per ricordare l’appartenenza
di Lauro e del Vallo alla Diocesi di cui i due santi sono protettori; le pareti interne sono affrescate con episodi legati
alla vita religiosa del principato narrati da Gian Stefano Remondini nel suo Della nolana ecclesiastica storia. La zona
absidale è invece dominata dal Cristo pantocratore innanzi al quale, oranti, sono rappresentati il principe, la moglie
e membri della famiglia alcuni dei quali sotto forma di angioletti in quanto defunti in età infantile. Nel coro, infine,
la cattedra vescovile riporta all’origine del cristianesimo: sullo schienale è infatti inciso l’incipit del vangelo di
Giovanni “In principio erat Verbum…”. «Religiosissimo, anzi anima ascetica»5, Filippo Lancellotti pensa addirittura
a ricreare uno spazio claustrale facendo costruire un piccolo chiostro attraverso il quale sia possibile passare dalla
cappella alla biblioteca e viceversa: uno spazio piccolissimo, illuminato solo da un piccolo pezzo di cielo, nel quale
poter meditare per rafforzare l’animo impegnato alla ricerca della verità.
Ma il principe non si limita a curare la sua anima innalzando opere a Dio e pregando: Filippo Massimo Lancellotti
vive mettendo a disposizione se stesso e i suoi averi per quello che oggi viene definito “bene comune”. Tale fu
il suo impegno di cittadino che il sindaco di Lauro Ferdinando Ziccardi, convocato il decurionato del 20 dicembre
1883, dà atto, in pubblica tornata consiliare, della magnanimità del principe i cui meriti sono stati riportati anche
nell’atto deliberativo6. Una lapide viene allora posta sulla facciata del palazzo municipale: è l’agosto del 1883.
Filippo Lancellotti si prodiga ancora per la sua terra fino al 30 dicembre del 1915, quando la morte lo coglie a Roma,
dove era nato 71 anni prima.
1. Cfr. «Bollettino Religioso per la Diocesi di Nola», XV, gennaio 1916, 157, pp.267-269.
2. «FHILIPPUS LANCELLOTTUS LAURI PRINCEPS ARCEM HANC A GALLICS COPIIS STRENUAM POST LAURINENSIUM DEFENSIONEM DIE XXX APRILIS. A. MDCCLXXXXIX FORMAM RESTITUIT EAMQUE BESTAE MARIAE VIRGINIS TUTELAE COMMENDAVIT DIE XXV AUGUSTI A. MDCCCLXXII».
3. «DILEXI DOMINE DECOREM DOMUS TUE NE PERDAS CUM INIQUIS ANIMAM MEA» .
4. «HANC UT CULPARUM LAURI DINASTIA SUARUM OBTINEAT VENIAM CONDIDIT ECCLESIAM. HANC HIC CIRCO PEDEM
SACRAM QUI PONIS IN EADEM UT MISERETUR EUM SAEPE PRAECARE DEUM» .
5. P. Moschiano, Castello Lancellotti, 2001, p. 74
6. cfr. P. Moschiano, Castello Lancellotti, 2001, p. 74
06
aprile 2014
Chicchi
di
Melagrana
La danza
Henri É. B. Matisse
È in uno stringersi di
mani o in una leggerezza dei corpi, o forse
in una diversità delle
pose o in un’armonia
delle forme…dove la
bellezza? Forse nei colori accesi o nel senso
di libertà eppure di legame, o ancora nell’inattesa naturalezza di
corpi senza veli…dove
la bellezza? In quella
musica che non senti
ma che risuona nel tuo
cuore, tanto da indurti a volerti unire alla
danza per vivere in
quella bellezza che è
complessa esperienza
di tanti frammenti di
luce e di vita.
membri della famiglia Lancellotti (il principe don FIlippo a sinistra ed il principe don Massimiliano a destra, a fianco
agli asinelli) con il reverendo don Romano Borrasi, seduto.
Contenuta in P. Moschiano, Castello Lancellotti, 2001
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Chicchi
mensile della Chiesa di Nola
La fede di un buon cittadino
Luigi Basile: servo della fratellanza
Terzogenito ed unico maschio di sei figli, Luigi Basile, nasce a Marigliano il 20 aprile 1897. Educato in famiglia al
rispetto delle leggi civili e religiose, giovanissimo prende parte alle attività della Collegiata e Chiesa Parrocchiale,
sua parrocchia. Si laurea in Lingue e Letteratura Francese nel 1918, vincendo poco dopo il concorso a cattedre
per la scuola media al quale però rinuncia per «non allontanarsi dalla famiglia e per assolvere ai suoi impegni di
apostolato»1.
Nel 1923 diventa Presidente diocesano della Gioventù Cattolica e, successivamente, durante la dittatura fascista,
Presidente della Giunta diocesana, organo comprendente i quattro rami dell’AC dell’epoca. Su richiesta del Vescovo,
nel 1946, si candida a Marigliano con la DC ed è chiamato a sostituire il sindaco eletto, il dott. Raffaele Tufano,
restando in carica fino alle elezioni del 1952 ed assumendo un secondo mandato dal 1956 al 1961.
Durante i due mandati, riesce a «trasfondere nell’impegno civico gli ideali di fraternità, condivisione e reciprocità
coltivati sin dalla giovinezza […] creando strutture capaci di soddisfare i diritti fondamentali dei cittadini»2, da
quello dell’istruzione a quello alle cure mediche: il primo cittadino si pose come servo della fratellanza.
Tenacia particolare, il prof. Basile, impiega nella lotta alla povertà: attraverso l’elenco dei poveri, «aggiornato
semestralmente, le persone in esso incluse che lo richiedono, vengono ammesse ad usufruire della somministrazione
gratuita dei medicinali, del trasporto gratuito degli infermi in ospedale, del trasporto gratuito dei figli alla colonia
estiva, del contributo per l’acquisto d’occhiali, panciere, cinti erniari, protesi e della fornitura gratuita della cassa
funebre».
Ma Basile sapeva che il miglior modo per combattere la povertà è quello di mettere i cittadini in condizione di
lavorare. Di qui la richiesta al Ministero del Lavoro dell’istituzione di due
cantieri per la realizzazione dei progetti del Ricavamneto fogne Marigliano
e del Ricavamento Alveo Campagna.
Gli incarichi a sindaco non lo sottraggono al servizio in AC ed alle altre
attività pastorali caritative in cui si impegna con passione come dimostra la
cura dei giovani del Convitto francescano del Convento di San Vito, che aiuta
anche nello studio della lingua francese: «in lui è vivissimo il senso della
consacrazione secolare, questo è il vero segreto della sua impostazione di
vita, basata sugli assoluti del Vangelo, vissuto da laico sulla scia luminosa di
S. Francesco»3.
Nel 1970, dopo quasi un cinquantennio di presidenza diocesana, il prof.
Basile lascia la guida dell’Associazione in mani più giovani. Trasferitosi a
Napoli, diventa Presidente dell’AC della sua nuova parrocchia di residenza.
Il suo servizio all’associazione rimane fedele e costante fino alla fine: un
malore avuto durante una riunione parrocchiale, mette fine ai sui giorni il
26 aprile 1977.
Così il prof. Alfonso Monsurrò ha ricordato la sua figura in occasione
del ventesimo anniversario della morte: «Conobbi il prof. Basile sul finire
dell’anno 1941, allorché fui chiamato a collaborare nel settore della Gioventù
Studentesca. Del Presidente ammirai subito la profonda spiritualità e restai
colpito da quel suo riserbo che poteva, forse, incutere un po’ di soggezione,
ma che si stemperava in un’accoglienza semplice e cordiale, in un sorriso
che accompagnava la compiacenza e l’incoraggiamento per chi, giovane
ed inesperto, si trovava avviato nei non facili sentieri dell’apostolato,
specificatamente in quella meravigliosa ed esigente scuola di vita che fu ed
è l’Azione Cattolica.
Il professor Basile era maestro ed esempio in quel principio che caratterizzò
dal suo nascere la Società della Gioventù Cattolica Italiana e che ancora
oggi è il fulcro del primo articolo dello Statuto: la collaborazione con la
Gerarchia per la realizzazione del fine generale apostolico della Chiesa[…]
Lo ascoltai nei vari incontri a livello diocesano e parrocchiale: era l’eco
fedele dell’insegnamento del Papa, che nei messaggi natalizi del 1941 e
1942 indicava con chiarezza e decisione le linee portanti di un ordine nuovo
fondato sulla libertà civile e religiosa, sulla dignità della persona e della
famiglia, sulla solidarietà tra le classi sociali. Il prof. Basile incarnò questo
messaggio nella sua missione di Presidente dell’AC e nella testimonianza
quotidiana alla quale ogni credente è chiamato[…] Nel secondo quinquennio
degli anni 50 e nel primo degli anni 60 l’Azione Cattolica, dopo gli inquietanti
segnali venuti dalla situazione politica ed amministrativa, chiese a molti suoi
dirigenti e agli aderenti più qualificati, una partecipazione diretta alla vita
pubblica, un coinvolgimento in prima persona nelle vicende amministrative
e politiche. Così il Presidente della Giunta Diocesana fu anche Sindaco della
sua città.
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di
Melagrana
Il prof. Basile, non più giovane, portò nella carica di Primo Cittadino
un fervore giovanile, un alto senso di responsabilità e, soprattutto, la
sua integrità morale. Conobbe anche le spine e i triboli insiti in quella
responsabilità. Lui, mite ed alieno ad ogni intemperanza verbale o di
comportamento, seppe fronteggiare con animo forte le circostanze
avverse, la durezza delle opposizioni, lo scetticismo che contagia…
Senza sottrarre tempo ed energie alla Presidenza diocesana di Azione
Cattolica[…] Oggi si fa più che mai vivo il ricordo di quest’ uomo esemplare,
che nella famiglia di origine fu circondato dall’immenso affetto delle
sorelle e dei familiari, ma che fece dell’Azione Cattolica la sua vera
famiglia, nella quale visse ed operò con fedeltà ed amore che non esito
a definire “sacerdotale”: una fedeltà ed un amore che conquistarono i
cuori nei lunghi anni della operosa militanza e che rifulsero più vivi e
preziosi nel tempo della solitudine orante, e dell’intimo dolore»4.
1. Ivi, p. 12
2. Ibidem
3. Il ricordo nella testimonianza personale del prof. Alfonso Monsurrò, in Presidenza Diocesana di Azione Cattolica (a
cura di), Luigi Basile, un laico di Azione Cattolica, atti del convegno (Marigliano, 26 aprile 1997), Istituto Anselmi,
Marigliano, 1998, pag. 21.
4. Il ricordo nella testimonianza personale del prof. Alfonso Monsurrò, in Presidenza Diocesana di Azione Cattolica
(a cura di), op cit, pp. 25-41.
Pentecoste
Emil Nolde
Volti
ancora
tesi fra paura e sgomento, mani che si
stringono e si
poggiano sugli
altri a rassicurare, per dire
una presenza.
Non è questo
però che li farà
uscire, coraggiosi, per dare
testimonianza,
le sole mani
non
bastano,
i soli sguardi
non inducono
a nuovi orizzonti, ma due
mani nel segno
della preghiera, appena una
fiammella ardente sul capo
di ciascuno la
presenza
di
uno spirito che
inatteso squarcia ogni timore e si fa servo
della loro fraternità e della
nostra famiglia.
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mensile della Chiesa di Nola
Al di là di ogni confine
Chicchi
di
Melagrana
Luigi Cortile: servo della giustizia
Luigi Cortile nasce a Nola (NA) l’8 aprile 1898 da
Crocifissione
Pasquale e da Stella Tuccillo. A 19 anni si arruola nella
Renato Guttuso
Regia Guardia di Finanza: è il 21 febbraio 1917, piena
prima guerra mondiale. Luigi vi prende attivamente
parte dal 1° ottobre, mobilitato con l’XI battaglione,
operante nei Balcani. Al termine del conflitto è ammesso
alla Scuola Sottufficiali di Caserta dalla quale esce
con il grado di sottobrigadiere il 10 settembre 1919.
Assegnato, per il servizio di prima nomina, presso la
Legione di Genova Cortile è addetto ai servizi di volante
fino al 1923, quando viene trasferito nella Polizia
Tributaria Investigativa. Luigi continua con successo la
sua carriera tanto che all’inizio del dicembre del 1930,
promosso al grado di maresciallo capo, viene trasferito
alla Legione di Milano ed assegnato al locale Nucleo
di Polizia Tributaria. Addetto al Servizio Sedentario
dal 1° giugno 1935, da maresciallo viene nominato
Comandante della Brigata di frontiera e “Reggente”
della Dogana di confine di Clivio. Dopo solo un anno
giunge una nuove promozione: maresciallo maggiore.
«Allo scoppio della seconda guerra mondiale –
ha raccontato il nipote del maresciallo, Antonio
Tra l’agitazione di destrieri e di corpi in tensione; tra
Romano – tutti i suoi familiari desideravano che lo zio
dolore, disperazione, manifestazione di forza e ultimi
abbandonasse il suo servizio e tornasse a Piazzolla,
spasmi di vita, lì, in secondo piano l’unica ferita da cui
1
perché avevano timore dei pericoli della guerra» .
sgorga la salvezza. Traccia di sangue, pronta ad essere
Ma Cortile non venne meno al suo dovere di soldato
coperta dal bianco lino in un gesto che nasce come cae di uomo. In seguito all’occupazione tedesca della
rità ma rischia di diventare dimenticanza, oblio, uscita
Provincia di Varese, il maresciallo entra a far parte
di scena di quella giustizia nuova che si chiama miseridell’organizzazione umanitaria, riconducibile a Don
cordia e dono.
Gilberto Pozzi, parroco di Clivio, particolarmente
attiva in favore dei profughi ebrei e dei perseguitati,
così come emerge dal libro dello di Francesco Scamazzon, Maledetti figli di Giuda, vi prenderemo!2. Il giovane
maresciallo è parte di un’eletta schiera di sottufficiali e finanzieri che, nel rendere grandi servigi al Movimento
di Liberazione Nazionale, si prodiga con tutte le proprie forze, offrendo disinteressatamente aiuti umanitari nei
riguardi di migliaia di «cittadini, ebrei e specialmente bambini, che amava tanto, per farli passare clandestinamente
in Svizzera per sfuggire alla caccia dei nazifascisti»3. Per essersi reso responsabile di: «far passare dall’Italia alla
Svizzera e viceversa della corrispondenza diretta ad internati e da questi alle loro famiglie», come emerge dal
Verbale di Irreperibilità redatto in data 16 luglio 1947, il maresciallo Luigi è tratto in arresto dai tedeschi, nella
stessa Clivio: è l’11 agosto 1944, inizia il calvario del maresciallo servo della giustizia.
«Dell’internamento e della causa del suo arresto, […] gli stessi suoi parenti, […] non sapevano. All’epoca essendo
l’Italia in guerra, si pensava fosse capitato qualcosa a zio Luigi, ma non si sapeva
nulla di preciso»4.
Inizialmente tradotto nel carcere di Varese, Cortile viene poi consegnato ad un
soldato tedesco per essere condotto a San Vittore, a Milano. Il 17 ottobre dello
stesso anno è quindi trasferito al campo di concentramento di Bolzano da dove
poi parte per Mauthausen il successivo 20 novembre e da cui non farà più ritorno.
Alla memoria dell’eroico maresciallo è stata concessa, con D.P.R. in data 16
giugno 2006, la Medaglia d’Oro al Merito Civile con la seguente motivazione: «Nel
corso dell’ultimo conflitto mondiale si prodigava, con eccezionale coraggio ed
encomiabile abnegazione, in favore dei profughi ebrei e dei perseguitati politici,
aiutandoli ad espatriare clandestinamente nella vicina Svizzera. Arrestato dai
nazifascisti veniva infine trasferito in Austria, perdendo la vita in un campo di
concentramento. Mirabile esempio di altissima dignità morale e di generoso
spirito di sacrificio ed umana solidarietà»5.
1. A.Romano, Zio Luigi: un punto di riferimento vivo da trasmettere ai nostri figli, in «l’Aia», VI, 1, nov. 2008, p.3
2. Francesco Scamazzon, Maledetti figli di Giuda, vi prenderemo! La caccia nazifascista agli ebrei in una terra di
confine: Varese 1943-1945, Arterigere-Chiarotto Editore, 2005.
3. A.Romano, Zio Luigi: un punto di riferimento vivo da trasmettere ai nostri figli, op. cit.
4.Ivi, p. 3
5. Consultabile sul sito della Guardia di Finanza – www.gdf.
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mensile della Chiesa di Nola
Solo un progetto d’amore
Chicchi
di
Melagrana
Angelica Martinelli: serva dell’obbedienza
La caritatevole opera di Angelica Martinelli è legata alla Casa e alla Chiesetta del Sacro Cuore da lei fondate a
Valle di Pompei, quando questa località era un comune della diocesi di Nola.
Nata a Monopoli (BA) il 22 dicembre 1822 da una famiglia nobile e molto cattolica, piccolissima, a seguito della
morte della madre, Benedetta Noia, viene affidata dal padre Clemente alle Suore Benedettine del Monastero di S.
Martino, dove rimane fino all’età di 16 anni, quando, ammalatasi decide di lasciare il chiostro per andare ad abitare
con il fratello maggiore – anche suo tutore per la sopraggiunta morte del padre – Francescopaolo.
Come era avvenuto in convento, anche in famiglia Angelica «si fa apprezzare per le sue virtù non comuni»1 che,
all’età di 19 anni la portarono in sposa a Giuseppe La Manica, con il quale si trasferisce a Corato dove si mette
in luce quale «vera donna forte [che] compie la sua missione santificando la sua anima, reggendo la famiglia con
prudenza, edificando il giovane cognato, che guida come figlio, mostrando ai servi la via della virtù»2.
Il tutto sempre riponendo massima fiducia nel Signore. Anche quando la morte porta via i due suoi figli,
rispettivamente di tre e nove mesi, ai quali, dopo poco, si aggiunge l’amato consorte al quale giura fedeltà eterna:
ancora una volta, così come in seguito, Angelica china il capo al progetto di Dio, mostrando a tutti la bellezza di
essere serva dell’obbedienza.
Da Corato si trasferisce così a Napoli dove vive per dodici anni con la Serva di Dio Caterina Volpicelli,
accompagnandola nella fondazione delle Ancelle e del Santuario del sacro
Cuore al Largo Petrone alla Salute per cui non esita ad impiegare parte delle
Croce
sue sostanze.
Kasimir Severinovitch Malevitch
«Iddio però le fè sentire pel suo confessore, cui prestava grande obbedienza,
di lasciare la Volpicelli e portarsi a Valle di Pompei, ove ella per nulla era
disposta ad andare, e pure vi andò per l’ubbidienza, che le disse: è questa la
volontà di Dio, sì a Valle di Pompei Iddio vuole»3.
Qui si occupa nelle opere del Santuario Pontificio, che allora iniziava a
sorgere, ma, il suo vero obiettivo era la fondazione di un orfanotrofio, per la
quale va ad abitare, per circa due anni in alcuni, bassi pianterreni, «angusti
e miserabili».
La nuova fondazione cresce nella struttura e nel numero di orfanelli e
volontari tanto che, con il consiglio di vari uomini di fede, Angelica fonda
la comunità delle Figlie del Sacro Cuore «per quelle giovani che vogliono
consacrarsi al Signore ed educare le orfane che sostiene col suo patrimonio.
[Successivamente] si adopera per accendere in tanti cuori la devozione
al Cuore SS. di Gesù, quindi affilia la sua Chiesa dedicata al Cuore SS. di
Gesù, all’Apostolato della preghiera in Roma per l’acquisto delle Indulgenze,
stabilisce la giornata di riparazione e sacro ritiro nella prima domenica del
mese, con solenne esposizione del Venerabile per tutto il giorno sino alla
sera»4.
La vita di Angelica è una vita di obbedienza, speranza, sacrificio ma
soprattutto preghiera. Avanti con gli anni e sofferente nel fisico, continua
a restare per ore ed ore in chiesa. E quando, costretta a letto, non può più
recarvisi, trasforma in chiesa la sua stanza, lì continua a pregare a lungo
innanzi all’immagine di Maria SS. della Madia, patrona di Monopoli, quadro
che aveva con sé dal’età di otto anni.
«La fama di virtù e rare prerogative della signora Angelica Martinelli giunge
sino al Vaticano, e Pio X […] le concede altra facoltà circa la Comunione
oltre lo stabilito […] in modo che non digiuna si comunica quasi ogni giorno.
Tutti edifica anche quando è costretta a letto piena di dolori, non potendo
muovere né il braccio destro né le gambe. Niuno lamento muove […] Il suo
letto è spesso circondato da Sacerdoti e tra questi Mons. Renzullo, Vescovo Un segno dove l’assenza di un cordi Nola»5.
po crocifisso mi provoca un sussulNei tre mesi trascorsi a letto chiede sempre la compagnia di almeno to: non c’è, è risorto! Ma perché
un’orfanella, e le bambine fanno a gara per trascorrere del tempo con lei il legno resta ancora lì, piantato
che riconoscono come madre.
nella storia, chi ancora dovrà saIl 26 maggio 1907 mentre tutte le suore e le orfanelle, intorno al suo letto lirvi, … e quella mandorla di rosso
sono a pregare, Angelica muore ripetendo «Dolce Cuore del mio Gesù, fa che mi dice quale sia stato il prezzo,
io ti ami sempre più».
chi ancora dovrà pagarlo? Chi sce1. Cfr. «Bollettino Religioso per la Diocesi di Nola», VII, 30 marzo 1908, 77, glierà di donarsi ancora? Tutti in
attesa…sapendo che Dio non farà
pp. 117- 123.
mancare la sua risposta e l’uomo
2. Ivi, p. 119
ancora saprà scegliere quella stes3. Ibidem
sa via nel suo nome.
4. «Bollettino Religioso per la Diocesi di Nola», op. cit., p. 120
Dal 21 al 26 agosto 2014, la Chiesa di Nola vivrà l’esperienza del pellegrinaggio diocesano a Santiago
de Compostela e Fatima, presieduto dal vescovo di Nola, mons. Beniamino Depalma.
Queste le tappe del viaggio
21 agosto (giovedì): Napoli/Porto/Santiago
22 agosto (venerdì): Santiago de Compostela
23 agosto (sabato): Santago/Braga/Coimbra/Fatima
24 agosto (domenica): Fatima
25 agosto (lunedì): Fatima/Lisbona
26 agosto (martedì): Lisbona/Napoli
Info: www.diocesinola.it
tel. 081 3114613 - Cell. 348 5184028
e-mail [email protected]
apertura ufficio: lunedì, mercoledì e venerdì, dalle 9.00 alle 12.00
5. Ivi, p. 123.
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Chicchi
mensile della Chiesa di Nola
Il coraggio di dire no
Domenico Beneventano: servo del bene comune
Cristo della periferia
Georges Henri Rouault
In luoghi dove la vita è parcheggiata tra caseggiati dove dormire e spazi vuoti perché si è sempre “altrove”, mentre neanche un segno di vita,
un albero, un fiore porta un messaggio che vivere
è bello, una luce improvvisa un bianco splendore
di vesti ci dice che tutto questo sta per essere
trasfigurato, se ci accorgiamo che lui cammina in
mezzo a noi. Non esistono periferie del mondo se
la giustizia porta il suo nome.
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Domenico Beneventano nasce l’11 luglio del 1948 a Petina
(Salerno), ai piedi dei monti Alburni. Il padre, guardia
forestale, è di Sasso di Castalda (PZ), la mamma di Polla
(Salerno).
Dal 1964, la famiglia Beneventano si trasferisce ad
Ottaviano, in provincia di Napoli, dove Mimmo - così
tutti lo chiamavano - dopo essersi laureato in medicina e
specializzato in chirurgia, svolge la professione medica e
l’attività di chirurgo presso l’ospedale S. Gennaro di Napoli.
Una specifica parola caratterizza la vita del giovane
medico: generosità. Per le persone e il territorio, Mimmo
non si risparmia. Da ragazzo frequenta la parrocchia,
è membro di Azione Cattolica, e la sua è – come sempre
sarà – una presenza significativa; sul lavoro è competente,
umile, cortese: la sua casa, come il suo studio medico, sono
sempre aperti, giorno e notte, chiunque lo chiami ha la sua
disponibilità. É nel Belice dopo il terremoto e a Firenze
dopo l’alluvione.
Diventato un riferimento importante per la sua gente,
vuole spendersi ancora di più in maniera concreta per il
bene comune.
Nel maggio del 1975 si candida, tra le file del Partito
Comunista italiano, a consigliere comunale ad Ottaviano e
viene eletto raccogliendo un grande consenso tra i cittadini;
cosa che si ripeterà anche alle elezioni del 1980.
La serietà con la quale Mimmo prende i suoi doveri non
gli sottrae la gioia di vivere: canta, suona, scrive poesie. Ma
l’esistenza di Mimmo deve fare i conti col potere di morte
del clan del Raffaele Cutolo, capo della Nuova Camorra
Organizzata, che proprio ad Ottaviano vede il centro del
suo potere.
Quel giovane consigliere disturba con la sua onestà, rompe
le scatole con la sua integrità e la sua parola instancabile: è
un vero e proprio servo del bene comune.
Mimmo denuncia soprattutto gli affari che il partito del
cemento tenterà di portare a termine nell’area protetta
del costituendo Parco del Vesuvio e parla dei rapporti tra
camorra e politica.
Così si arriva alla mattina del 7 novembre 1980. Mimmo
esce di casa prestissimo, come suo solito, va verso la sua
auto, la madre muove la mano dalla finestra per salutarlo e
poi rientra in casa.
Una 128 di colore blu elettrico in quel momento
sopraggiunge e inizia a sparare, Mimmo si accascia a terra e
muore. Ma quelle pallottole non spengono la fecondità della
sua esistenza.
Nel 1989, sulla scorta delle sue battaglie ambientaliste
in difesa del territorio vesuviano, nasce ad Ottaviano un
circolo di Legambiente a lui intitolato. E poi una sezione di
partito.
Nel 1998 il primo circolo didattico di Ottaviano cambia
nome in Direzione didattica “Mimmo Beneventano”. Il
comune di Giffoni Valle Piana nel 1992 gli intitolerà una
strada cittadina, così come i comuni di Pomigliano D’Arco
e Sant’Anastasia.
E così via. Insomma, dal sangue parso in quel 7 novembre,
lentamente ma inesorabilmente, inizia a germogliare vita
nuova: Mimmo diventa simbolo, esempio, ispirazione,
coraggio per altri. Le sue idee camminano sulle nostre
gambe.
Una laicità totalmente consacrata
di
Melagrana
Sandra D’Alessandro: serva della Sacra Scrittura
Amante dei segni perché rimandanti ad un significato altro, amante per questo
della Sacra Scrittura perché, studiandola, aveva la possibilità di svelare come
in quelle parole si celi l’amore di Dio per l’uomo, Sandra D’Alessandro nasce a
Mariglianella, comune a pochi chilometri da Nola, il 9 settembre 1953.
Dopo aver frequentato la scuola dell’obbligo, decide di frequentare il liceo
classico. Per questo si iscrive al Carducci di Nola dove conseguirà la maturità
nel 1972. Anni importanti per lo studio ma anche per lo sviluppo della sua fede
e della sua umanità.
Dopo aver infatti aderito al gruppo di Azione Cattolica della sua parrocchia
come ‘aspirante’, diviene presto membro attivo ed intelligente dell’associazione
tanto da entrare a far parte dell’equipe diocesana dell’Azione Cattolica Ragazzi
- ACR, dove comincia a coltivare la sua passione per l’educazione dei giovani.
Anche per seguire questa sua vocazione si iscrive alla facoltà di lettere
classiche dell’Università Federico II di Napoli che gli consentirà di partecipare al
concorso a cattedra per l’insegnamento nella scuola media statale: superatolo
inizia la sua missione proprio a Mariglianella. Come con i suoi ragazzi dell’AC anche con i suoi alunni Sandra ha un
atteggiamento amorevole e fermo allo stesso tempo. Costante il suoi invito ai ragazzi a non fermarsi mai alla prima
impressione sulla realtà, ma a distinguere di essa significante e significato, segno e senso. Deciso il suo invito a non
spendersi senza un perché, a fare senza essere spinti da una domanda sul suo senso ultimo. La sua determinazione
a trasmettere l’importanza di andare al cuore della realtà giungerà anche agli studenti degli istituti secondari.
Nel 1987 infatti supera il concorso per le scuole superiori e viene chiamata ad insegnare italiano e latino, prima
all’Istituto magistrale di Pomigliano d’Arco e poi al Liceo scientifico di Marigliano. Tutto senza mai abbandonare
lo studio per la sacra scrittura per il quale, dopo la laurea, si era trasferita a Roma per iscriversi alla Pontificia
Università Gregoriana. Dopo il normale corso accademico di studi teologici, ottiene la Licenza in Sacra Scrittura
presso il Pontificio Istituto Biblico. In virtù di questa specializzazione insegnerà anche presso l’Istituto Superiore di
Scienze Religiose della diocesi di Nola ed in seguito presso lo Studio francescano di S. Angelo in Palco. Impegni che
affronta con competenza e dedizione, e con in più l’importante esperienza della direzione della sezione femminile
per gli studi teologici dell’Istituto di Capranica a Roma, affidatole da Mons. Franco Gualdrini.
Nel frattempo diviene presidente parrocchiale della sua associazione di Mariglianella, divenendo punto di
riferimento per i più giovani. Ma l’Azione Cattolica non è l’unico luogo che la accoglie e che Sandra sceglie per
il suo cammino di fede: negli anni ’90 diventa infatti terziaria francescana completando il suo percorso di totale
dedizione al Signore al quale il 21 novembre del 1986 si era consacrata.
La serva della Sacra Scrittura, l’insegnante che aveva sempre spinto i suoi allievi a cercare la verità delle
cose, della realtà, la socia di Azione Cattolica che aveva sempre spinto l’associazione ad un agire non dimentico
dell’essenziale, la francescana che spesso si recava presso il convento di San Vito a Marigliano per fermarsi a
meditare sui suoi amati segni, si spegne il 17 novembre 2000 presso il II Policlinico di Napoli: nel giro di pochi giorni,
una leucemia fulminante la porta via.
Orfeo
Marc Chagall
Lui che si narra mentre l’uomo costruisce le sue torri, lui che ci canta il suo amore, lui che ci comunica i suoi sentimenti, che ci apre il cuore. Ora nelle vesti di un folle innamorato, ora di un eroico guerriero, ora con la dolcezza
di una madre, ora con la cordialità di un fratello…sempre con l’amore di un Padre.
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