pipilotti rist - D`ARS MAGAZINE

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pipilotti rist - D`ARS MAGAZINE
PIPILOTTI RIST:
Pour you body out (7534 Cubic Meters)
IMMAGINATE DI ESSERE CIRCONDATI DA UN PRATO IMMENSO, da un campo di tulipani, da
alberi, da fiori, dai frutti. Di nuotare e di planare all’improvviso su una distesa verde. Di percepire
all’unisono l’alto e il basso, il dentro e il fuori. Immaginate di essere nell’Eden. No, non è un sogno
guidato da svegli. E’ la video installazione di Pipillotti Rist: Pour your body out (7534 Cubic Meters),
un invito ad andare oltre, ad uscire dal proprio corpo, ma rimanendo consapevoli con lo sguardo. Dal
momento in cui entri nel Marrion Atrium del Moma, che è anche uno spazio di passaggio dove i
visitatori si dirigono verso le altre gallerie, ti trovi immerso o meglio circondato da un video che
occupa tutte le pareti, ti avvolge e all’istante senti che l’artista ha organizzato e pensato l’ambiente
video affinché tu possa lasciare andare almeno per un po’ le tensioni, gli affollamenti di pensieri, il
calvario quotidiano. Basta togliersi le scarpe e già con questo gesto ti scrolli di dosso tutte le fatiche
e i pesi. Ed è quello che ho fatto, avendo l’accortezza di lasciare le scarpe in un punto riconoscibile
per poterle ritrovare all’uscita. Perché questa più che una video proiezione è stata un evento
“umano”. Difficile trovare un metro quadrato per godersi lo spettacolo, vista la calca e la marea di
gente che affollava il luogo. In mezzo all’immensa sala è stata creata una zona, un sit-in con divano
circolare sul quale ci si poteva sdraiare, totalmente circondati da una fantastica e realistica
narrazione come se ci si trovasse nel mezzo di una sala cinematografica con tre schermi giganteschi,
non solo ad osservare, ma a tuffarsi nelle immagini che fluivano ininterrotte. E’ una curiosità quasi
ossessiva sul vivente, mossa dal desiderio di vedere oltre, come mettere una web-cam all’interno
degli organismi che ne registri le crescite. Tutta la natura è umanizzata: sembra d’un tratto che i
fiori, i frutti, ci guardino, che le piante pensino. Già! E cosa penseranno di noi umani? Facciamo
ancora parte dell’armonia cosmica, oppure ci stiamo irreparabilmente allontanando? Pipillotti Rist
mette in scena l’ontologia dell’ecosistema: tutto è uno, anche le cellule pensano, e non esiste
nessuna separatezza tra noi e il mondo perché siamo fatti, in una visione olistica, della stessa
sostanza.
Installazione di Pippilotti Rist al MOMA, ph Stefania Carrozzini
Le sequenze cambiano, sembra di scivolare sui prati e poi di immergersi in un lago, all’improvviso
tutto si tinge di rosa e poi di blu. L’acqua poi sommerge tutto, colori e corpi. Pare di riaffiorare
finalmente da quello che potrebbe essere un incubo, e con un forte respiro sentire la vita che ti
avvolge e che ti entra dentro. In un’altra sequenza una donna rotola, cerca di liberarsi, quasi fosse
vittima di un’aggressione. Striscia sull’erba di un prato e poi un torrente rosso invade di nuovo la
scena, macchiando quel campo immacolato.
C’è un continuo alternarsi tra purezza e violazione, tra caos e ordine, tra delizia e disgusto. Ci sono
tracce di rifiuti, segni evidenti di una gratuita indifferenza verso l’ambiente.
Il video proiettato su larga scala ti permette un’esperienza visiva ed emozionale che non si può certo
avere con You Tube! Come ha detto Pipillotti Rist, pioniera nel campo dell’installazione multimediale,
“i visitatori portano i loro corpi nel museo, e questo non è ciò che accade quando invece i mass
media, al contrario, irrompono nella tua stanza e nel tuo mondo !”.
Pipillotti Rist che ha rappresentato la Svizzera alla Biennale di Venezia nel 2005 e ha cominciato ad
essere riconosciuta come video artista nel 1990, non è nuova a questo tipo d’esperimenti in cui
architettura e video sono concepiti come un corpo unico. Qui al Moma sono stati enfatizzati gli
aspetti emozionali con una visione ripetuta: di fatto, il ciclo musicale e video hanno differenti
lunghezze (16 minuti e 10 minuti).
Installazione di Pippilotti Rist al MOMA, ph Stefania Carrozzini
L’artista ha utilizzato lo spazio dell’Atrium del Moma (che misura circa 7345 metri cubi) per creare
un’esperienza multisensoriale. L’incredibile varietà di proiezioni producono una totale sensazione
d’avvolgimento e di stupore. Ci si sente risucchiati nel vortice delle immagini, sempre diverse, e tutti
i visitatori riuniti nel centro del grande spazio vivono un’esperienza collettiva, sentono d’essere
parte dell’ “opera”. L’immagine-video non è più un qualcosa da guardare e basta. Infatti, dall’istante
in cui entri nell’enorme sala ti trovi catapultato in un altro mondo, ti senti una sorta di Alice nel
Paese delle Meraviglie. La frase posta all’ingresso è esplicativa: “Sentiti libero il più possibile,
muoviti liberamente. Guarda il video e ascolta la musica in ogni posizione. Pratica lo streching. È
permesso cantare e rotolarsi”. L’effetto sonoro è un mantra ripetuto, con un tono basso produce
un’onda energetica che ti riporta alla terra e ti fa sentire in un’altra dimensione. Tutto è pensato e
progettato affinché l’esperienza estetica sia fatta col corpo, quasi fosse un sogno collettivo in cui
ognuno proietta le proprie paure, o la propria liberazione. L’estetica si spinge oltre fino a
raggiungere un atteggiamento estatico. E di fatto estetico ed estatico è il pensiero dell’artista
elvetica che sogna un mondo in cui l’arte abbracci l’umanità intera, in cui l’arte torni ad essere
condivisibile.
Nello spazio indivisibile di corpo e mente nel volume di luce, colori e suoni, ci si sente per un attimo
tutt’uno con il mondo.
L’essere umano contemporaneo sta pagando un prezzo altissimo per allontanarsi dalla propria
natura in un processo tecnologico esasperato che tende sempre di più a razionalizzare percezioni e
sentimenti. In tutta umiltà possiamo dire che la grandezza della creazione superi ogni tentativo di
avvicinarsi alla sua perfezione. Mi sembra che sia proprio questo il punto sul quale questo lavoro di
Pipillotti Rist faccia riflettere: scacciati dal Paradiso gli esseri umani cercano nell’arte l’antico
linguaggio perduto, quello delle passioni che ci spingono ad uscire da noi stessi e che legittimano
ogni audacia espressiva.
Stefania Carrozzini