TARGA FLORIO 1906 - Museo dell`automobile
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TARGA FLORIO 1906 - Museo dell`automobile
TARGA FLORIO 1906 "Tutto, nella esistenza umana, diventa ogni giorno più veloce e febbrile. Ciascun uomo moderno vive dieci vite, e ciascun punto della terra partecipa contemporaneamente all'esistenza di mille altri". Lo afferma "Rapiditas", la più bella e lussuosa rivista "universale d'automobilismo" d'inizio secolo, fondata a Roma da Vincenzo Florio e che ci racconta le avventure e i fasti del Circuito Siciliano, ossia di quella splendida gara, unica al mondo, che nacque esattamente 90 anni fa, il 6 maggio 1996: la Targa Florio. Di questo slancio positivista, di questa fede nel progresso tecnologico e nel futuro, si era fatto portavoce il cavaliere Vincenzo Florio, armatore, industriale e grande signore siciliano, amante del progresso e della modernità, sportivo e pilota egli stesso, che con la sua innata capacità di animatore e creatore di grandi eventi diede vita alla gara che porta il suo nome. Come Florio stesso racconta, nel libro "La Favolosa Targa Florio", di Giovanni Canestrini, l'idea di organizzare una corsa in Italia che potesse sostituirsi alla Coppa Gordon Bennett, riservata alle sole rappresentanze dei club automobilistici nazionali, gli venne a ventitré anni, mentre si trovava a Parigi, dopo aver partecipato alla Settimana di Brescia per la Coppa Florio, organizzata insieme ad un gruppo di amici. Evidentemente il successo di quella prima Coppa Florio (premi per 50.000 lire) balzata di colpo tra le grandi competizioni internazionali, non gli era bastato. Doveva nascere in Italia qualcosa di assolutamente ineguagliabile, ma che allo stesso tempo si potesse sottrarre alle accuse di spargere terrore e morte e minacciare l'incolumità delle popolazioni. Nacque l'idea di una gara che si svolgesse in Sicilia, su un percorso necessariamente difficile ed accidentato: un atto di coraggio e allo stesso tempo un'idea geniale, perché dava realizzazione al concetto di circuito, contrapposto alle corse cosiddette a percorso, traversanti più province e magari differenti stati, non a torto spesso battezzate "corse della morte", come la tragica Parigi-Madrid del 1903. Organizzare un servizio di sicurezza, e magari chiudere al traffico determinate strade, risultava infinitamente più agevole se la corsa si ripeteva per un certo numero di volte sullo stesso percorso; altrettanto impossibile diventava invece su una distanza come quella che generalmente separa due capitali di stato. Inoltre un percorso misto, di curve, di salite e di discese, di vie a mezza costa, di rettilinei e di attraversamenti di centri abitati, poneva le vetture di fronte alle difficoltà di un vero viaggio, e perciò poteva a tutti gli effetti diventare un test di affidabilità e resistenza. Per questo, fin dalla sua prima edizione, la Targa Florio nacque come gara riservata alle vetture da turismo. Come recita l'art. 2 del regolamento 1906, erano ammesse tutte le vetture il cui prezzo di catalogo dello chassis fosse inferiore alle ventimila lire, e costruite per lo meno in dieci esemplari. Quest'ultima precisazione provocò una decisa diminuzione delle iscrizioni effettive. A gennaio infatti le adesioni erano circa trenta. Ad aprile, all'approssimarsi della chiusura delle iscrizioni, questo vincolo le fece ridurre a ventidue. Ulteriore moria di partecipanti fu provocata da due scioperi che si svolsero in contemporanea, a ridosso della data della gara: uno in alcuni cantieri in Francia, l'altro tra il personale della Navigazione Generale Italiana, cosicché le vetture che arrivarono in Sicilia si ridussero a dieci. Lo sforzo organizzativo messo in campo per la prima Targa fu davvero ponderoso. Il Comitato per l'incremento Feste e Riunioni sportive (già una definizione invitante, bisogna riconoscerlo), non lesinò spese. La cittadina di Termini Imerese, a quel tempo priva di insediamenti industriali, e nota soltanto per le sue terme e per l'inevitabile Albergo delle Terme, divenne il quartiere generale degli organizzatori, commissari, rappresentanti delle case, corridori, fornitori, giornalisti. 3000 uomini di fanteria di linea furono schierati lungo il percorso, oltre a 200 carabinieri e a un gran numero di agenti di polizia. Il servizio di staffetta fu invece affidato ad una compagnia di bersaglieri ciclisti. Gli 8 uffici telegrafici esistenti nei paesi attraversati dal percorso furono allacciati ad un ufficio provvisorio dotato di ben quattro macchine Morse, ed installato nelle tribune, in modo che queste fossero in comunicazione con l'intero circuito. 12 posti di soccorso erano pronti a fronteggiare eventuali emergenze infortunistiche. L'Amministrazione delle Ferrovie aveva accordato una riduzione del 75% sul prezzo del biglietto ed approntato diversi treni speciali; disgraziatamente, da Palermo a Bonfornello, punto di partenza della gara, la linea era ad un solo binario e perciò fu soltanto grazie alla "devozione superiore ad ogni elogio del personale delle Ferrovie", come ci racconta "Rapiditas", che le diverse migliaia di spettatori furono trasportate in tempo a destinazione. Il che non é poco, in quanto l'ora della partenza era fissata alle sei del mattino. Il percorso era lungo 146 km, da compiersi tre volte (curiosamente, su Rapiditas viene citata una lunghezza complessiva di 587,604 km, anziché 446, 469. Forse la ragione sta nell'art. 1 del Regolamento, che dice che il circuito dovrà essere da "550 a 750 km") e, partendo da Bonfornello, attraversava Cerda, Caltavuturo, Castellana, Petralia Sottana e Soprana, Geraci, Castelbuono, Isnello, Collesano, Campofelice. I partecipanti erano: con il n. 1 Lancia su Fiat; n. 2 Le Blon su Hotchkiss, che si faceva acompagnare nientemeno che dalla moglie; n. 3 Cagno su Itala; n. 4 Fournier su Bayard Clément; n. 5 Bablot su Berliet; n. 6 Pope su Itala, accanito fumatore al punto che prese la partenza con il sigaro tra le labbra; n. 7 Le Tellier su Bayard Clément; n. 8,9,10 De Caters, Rigal e Graziani, tutti su Itala. Un undicesimo concorrente, Mottard su La Buire, il giorno prima, durante le prove, aveva sbagliato una curva e completamente distrutto la sua vettura, per fortuna senza serie conseguenze per sé. I concorrenti partirono distanziati l'uno dall'altro di dieci minuti; l'ordine era stato deciso in precedenza da un sorteggio. Al primo giro già conduceva Cagno, seguito da Lancia (allora ancora pilota Fiat, ma in procinto di fondare la sua azienda il 29 novembre di quell'anno) e da Bablot, Questi fu tra i conducenti più sfortunati della gara: perché quando si fermò insieme a Rigal per rifornirsi di benzina, i suoi meccanici versarono nei serbatoi di entrambi dell'acqua che avevano presa alla fontana vicina e che per sbaglio era stata messa dentro i bidoni di benzina...Anche la stella di Lancia non brillava quel mattino: perché già al secondo giro dovette ritirarsi per rottura di due cilindri. Fino a quel momento era stato tra i più applauditi, nonostante un serbatoio difettoso lo avesse costretto al rifornimento già tre volte. Altri incidenti toccarono in sorte a Pope, a cui si ruppe il tubo della benzina, e Fournier, che uscì di strada danneggiando l'assale anteriore. Ma nel complesso le vetture e i piloti si comportarono molto bene: su dieci partiti si classificarono in sei, nonostante le strade impossibili, la polvere (anche se il circuito era stato sottoposto ad un processo di vestrumitaggio con Fix), il calore, lo sforzo di reggere la guida per un numero così elevato di ore. Vinse la gara Cagno, dopo nove ore e trentadue minuti. L'ultimo, l'intrepido Le Blon con la moglie, arrivò circa tre ore dopo, a dodici ore e nove minuti dalla partenza. Gli altri, nell'ordine di arrivo, furono Graziani, Bablot, Rigal e De Caters: dunque quattro Itala ai primi cinque posti. Non si può neanche affermare che questo sforzo immane fu premiato granché, perché per il primo arrivato erano previste 25.000 lire ... ma da consegnarsi al proprietario, e £ 5.000 al conduttore, oltre alla consegna della targa in oro, tra l'altro disegnata dalla inimitabile mano di Lalique. Questa curiosa predilezione per il proprietario, rispetto al pilota, fu osservata per tutti i premi: 8.000 e 2.000 lire per il secondo; 4.000 e 1.000 lire al terzo; il quarto e il quinto premio non prevedono più nulla per il pilota, ma soltanto rispettivamente £ 3.000 e £ 2.000 al proprietario. Con buona pace di chi aveva lottato dieci ore per arrivare al traguardo. Donatella Biffignandi Centro di Documentazione del Museo Nazionale dell’Automobile di Torino