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ANTONIO SARCINA
ENDOLEAK
di II TIPO POST-EVAR
EDIZIONI MINERVA MEDICA
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Con il contributo incondizionato di
ISBN 978-88-7711-839-4
© 2015 – EDIZIONI MINERVA MEDICA S.p.A. – Corso Bramante 83/85 – 10126 Torino
Sito Internet: www.minervamedica.it / e-mail: [email protected]
I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi
mezzo (compresi microfilm e copie fotostatiche), sono riservati per tutti i Paesi.
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Al professor Giorgio Agrifoglio,
mio maestro di chirurgia vascolare,
e a tutti i miei collaboratori.
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PREFAZIONE
Il trattamento chirurgico degli aneurismi aortici è cambiato drammaticamente nel corso
degli ultimi vent’anni. Parodi nel 1991 descrisse per la prima volta il trattamento endovascolare dell’aneurisma dell’aorta addominale (endovascular aortic repair - EVAR) come un metodo
meno invasivo per prevenire la rottura di un aneurisma aortico in alternativa alla correzione
chirurgica (open repair - OR), che nei pazienti a elevato rischio chirurgico presenta alti tassi sia
di complicanze che di mortalità.
Grazie al continuo miglioramento dei materiali, delle metodiche diagnostiche e dell’esperienza degli operatori, attualmente l’EVAR può risultare il trattamento di prima scelta in molti
centri di chirurgia vascolare con alti volumi di attività.
Tempi più lunghi di follow-up e un numero sempre crescente di pazienti trattati hanno reso
possibili analisi a medio e lungo termine dei dati di sopravvivenza e di complicanze, consentendo una migliore valutazione dei reali vantaggi e svantaggi dell’EVAR rispetto all’OR.
I criteri primari di outcome per la correzione endovascolare dell’aneurisma aortico includono
la prevenzione della rottura e l’eventuale morte, così come la morte aneurisma-correlata che
possa conseguire al trattamento: tuttavia, la semplice presenza di una endoprotesi non impedisce necessariamente la rottura dell’aneurisma. Quindi, indicatori di un continuo o crescente
rischio di rottura come l’aumento dimensionale dell’aneurisma o l’endoleak, anche se sono considerati come criteri secondari di outcome, svolgono un ruolo critico nella valutazione complessiva dell’efficacia delle strategie del trattamento endovascolare.
Definire il successo della correzione endovascolare aortica rimane strettamente dipendente da
una serie di criteri sia clinici che di imaging, che evidenzino l’esclusione completa dell’aneurisma dal circolo sistemico. Secondo quest’ottica, il ruolo dell’endoleak di II tipo nell’ingrandimento della sacca aneurismatica fa emergere una problematica aperta nel trattamento endovascolare.
Infatti al successo tecnico (primario o secondario), correlato agli eventi peri-procedurali che
possono presentarsi dall’inizio della procedura fino alle 24 ore postoperatorie, deve essere associato un successo clinico, che richiede il corretto rilascio del dispositivo nella sede prevista in
assenza di mortalità correlata al trattamento, assenza di endoleak di I, III o IV tipo, infezione,
trombosi, rottura e migrazione del graft, espansione dell’aneurisma (≥5 mm del diametro oppure ≥5% del volume), rottura aneurismatica o conversione a OR.
Il successo clinico può essere sostenuto anche in presenza di un endoleak di II tipo solo nei
casi in cui non si associ a un’espansione dell’aneurisma; tuttavia nel momento in cui l’evolutività dell’endoleak di II tipo (ELII) non risulta chiaramente prevedibile, diventa importante
identificare la popolazione di pazienti classificata come successo clinico che presenta tale tipo di
endoleak.
L’endoleak è la complicanza più peculiare correlata alla tecnica, conseguente al principio
stesso del trattamento endovascolare aortico e fattore diagnostico e prognostico maggiormente
discusso nella letteratura recente.
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VI
Endoleak di II tipo post-EVAR
In particolare l’ELII di cui ci occupiamo in questo volume è attribuito a un flusso ematico
retrogrado nella sacca aneurismatica attraverso le arterie lombari, l’arteria mesenterica inferiore
o altre; generalmente non è attribuibile al tipo di endoprotesi usata. È il più comune e si presenta nel 10-30% dei pazienti sottoposti a EVAR; è “transitorio” quando si risolve entro 6 mesi
mentre diventa “persistente” (da diversi autori denominato “PT2”) quando permane oltre 6
mesi postoperatori. La maggior parte degli ELII si risolve spontaneamente entro 6 mesi risultando quindi transitoria, con un’incidenza di PT2 con ampia variabilità dal 4% al 22%.
Nell’intento di definire i pazienti a maggior rischio di sviluppare un ELII, sono stati indagati i fattori che maggiormente si correlano con la sua comparsa o con l’aumento della sacca
aneurismatica, analizzando quindi il significato delle diverse afferenze aortiche nell’ottica di
attuare la loro obliterazione prima o durante il trattamento EVAR per una prevenzione della
complicanza.
Nell’ambito delle discussioni in seguito al ruolo dell’endoleak di II tipo, risulta controversa
anche l’indicazione al suo trattamento, soprattutto in relazione agli elevati costi di prolungati
follow-up e a ripetute procedure endovascolari, spesso non risolutive. La maggior parte degli autori concorda nel trattare l’endoleak (sia esso transitorio o persistente) solamente quando questo
si associ a un aumento del diametro della sacca aneurismatica >5 mm; altri, riconoscendo al
PT2 un andamento “maligno”, suggeriscono un atteggiamento più aggressivo, indicandone
il trattamento indipendentemente dall’incremento dimensionale, con diversi approcci: transarterioso diretto, mediante puntura trans-lombare o trans-cavale, con legatura laparoscopica
delle arterie afferenti; solo dopo l’insuccesso delle metodiche endovascolari si deve prendere
in considerazione la conversione chirurgica con conservazione o espianto dell’endoprotesi, che
risulta inevitabile nei, seppur rari, casi di rottura dell’aneurisma.
Il contenuto di questo volume raccoglie la descrizione accurata delle tecniche diagnostiche, preventive e terapeutiche degli ELII post-EVAR, senza tralasciare considerazioni finali sulla sostenibilità economica di queste procedure. Spero che incontri l’interesse di giovani
chirurghi vascolari, endovascolari, radiologi interventisti ed emodinamisti che hanno iniziato
l’affascinante pratica del trattamento endovascolare degli aneurismi dell’aorta addominale.
A tutti coloro che hanno collaborato alla stesura di questo volume va il mio ringraziamento;
con alcuni, ai quali sono legato da una sincera amicizia, ho condiviso molti anni di attività
presso l’Istituto di Chirurgia Vascolare dell’Università di Milano diretto dal professor Giorgio
Agrifoglio, dove già nel 1994 si facevano i primi impianti di endoprotesi aortiche.
Un riconoscimento particolare va alle Edizioni Minerva Medica, da anni leader dell’editoria
medico-scientifica italiana.
Ant onio Sar c ina
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AUTORI
Iacopo Barbetta
UO di Chirurgia Vascolare, Università degli Studi e AO Spedali Civili di Brescia
Fabiane Barbosa
Radiologia Interventistica, AO Ospedale Niguarda Cà Granda, Milano
Giuseppe Battaglia
Radiologia, Università degli Studi e AO Spedali Civili di Brescia
Raffaello Bellosta
UO di Chirurgia Vascolare, Fondazione Poliambulanza, Istituto Ospedaliero di Brescia
Stefano Bonardelli
UO di Chirurgia Vascolare, Università degli Studi e AO Spedali Civili di Brescia
Luigi Boni
Chirurgia Generale 1, Centro di Ricerche in Chirurgia Mini-Invasiva, Dipartimento di Scienze
Chirurgiche e Morfologiche, Università degli Studi dell’Insubria,
AOU Ospedale di Circolo e “Fondazione Macchi”, Varese
Francesca Bontempi
UO di Chirurgia Vascolare, Fondazione Poliambulanza, Istituto Ospedaliero di Brescia
Pietro Brambillasca
Radiologia Interventistica, AO Ospedale Niguarda Cà Granda, Milano
Adelaide Buora
Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Università degli Studi di Milano
Giampaolo Carrafiello
SSD Radiologia Interventistica, AOU Ospedale di Circolo e “Fondazione Macchi”, Dipartimento
di Scienze Chirurgiche e Morfologiche, Università degli Studi dell’Insubria, Varese
Elisa Cassinotti
Chirurgia Generale 1, Centro di Ricerche in Chirurgia Mini-Invasiva, Dipartimento di Scienze
Chirurgiche e Morfologiche, Università degli Studi dell’Insubria,
AOU Ospedale di Circolo e “Fondazione Macchi”, Varese
Patrizio Castelli
Centro di Ricerche per lo Studio e Applicazione delle Nuove Tecnologie in Chirurgia Vascolare
ed Endovascolare, AOU Ospedale di Circolo e “Fondazione Macchi”, Dipartimento di Scienze
Chirurgiche e Morfologiche, Università degli Studi dell’Insubria, Varese
Edoardo Cervi
UO di Chirurgia Vascolare, Università degli Studi e AO Spedali Civili di Brescia
Gioachino Coppi
Università degli Sudi di Modena e Reggio Emilia. UO di Chirurgia Vascolare, Nuovo Ospedale Civile
S. Agostino-Estense, Modena
Giovanni Coppi
UO di Chirurgia Vascolare, Nuovo Ospedale Civile S.Agostino-Estense, Modena
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VIII
Endoleak di II tipo post-EVAR
Raffaele Cuomo
Radiologia, Università degli Studi e AO Spedali Civili di Brescia
Stefano A. Ferrari
UO di Chirurgia Vascolare, AO della Provincia di Lecco, Ospedale A. Manzoni, Lecco
Stefania Ferraro
Centro di Ricerche per lo Studio e Applicazione delle Nuove Tecnologie in Chirurgia Vascolare
ed Endovascolare, AOU Ospedale di Circolo e “Fondazione Macchi”, Dipartimento di Scienze
Chirurgiche e Morfologiche, Università degli Studi dell’Insubria, Varese
Chiara Floridi
SSD Radiologia Interventistica, AOU Ospedale di Circolo e “Fondazione Macchi”, Dipartimento
di Scienze Chirurgiche e Morfologiche, Università degli Studi dell’Insubria, Varese
Federico Fontana
SSD Radiologia Interventistica, AOU Ospedale di Circolo e “Fondazione Macchi”, Dipartimento
di Scienze Chirurgiche e Morfologiche, Università degli Studi dell’Insubria, Varese
Marco Franchin
Centro di Ricerche per lo Studio e Applicazione delle Nuove Tecnologie in Chirurgia Vascolare
ed Endovascolare, AOU Ospedale di Circolo e “Fondazione Macchi”, Dipartimento di Scienze
Chirurgiche e Morfologiche, Università degli Studi dell’Insubria, Varese
Livio Gabrielli
Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Università degli Studi di Milano
Mario Galli
Emodinamica, AO Ospedale S. Anna, Como
Anna Maria Ierardi
SSD Radiologia Interventistica, AOU Ospedale di Circolo e “Fondazione Macchi”, Dipartimento
di Scienze Chirurgiche e Morfologiche, Università degli Studi dell’Insubria, Varese
Giovanni Lorenzi
UO di Chirurgia Vascolare, AO della Provincia di Lecco, Ospedale A. Manzoni, Lecco
Luca Luzzani
UO di Chirurgia Vascolare, Fondazione Poliambulanza, Istituto Ospedaliero di Brescia
Filippo Piacentino
SSD Radiologia Interventistica, AOU Ospedale di Circolo e “Fondazione Macchi”, Dipartimento
di Scienze Chirurgiche e Morfologiche, Università degli Studi dell’Insubria, Varese
Gabriele Piffaretti
Centro di Ricerche per lo Studio e Applicazione delle Nuove Tecnologie in Chirurgia Vascolare
ed Endovascolare, AOU Ospedale di Circolo e “Fondazione Macchi”, Dipartimento di Scienze
Chirurgiche e Morfologiche, Università degli Studi dell’Insubria, Varese
Antonio Rampoldi
Radiologia Interventistica, AO Ospedale Niguarda Cà Granda, Milano
Giovanni Rossi
UO di Chirurgia Vascolare, AO della Provincia di Lecco, Ospedale A. Manzoni, Lecco
Giuseppe Saitta
UO di Chirurgia Vascolare, Nuovo Ospedale Civile S.Agostino-Estense, Modena
Antonio Sarcina
UO di Chirurgia Vascolare, Fondazione Poliambulanza, Istituto Ospedaliero di Brescia
Roberto Silingardi
UO di Chirurgia Vascolare, Nuovo Ospedale Civile S. Agostino-Estense, Modena
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INDICE
Prefazione .......................................................................................................................................................................................... V
Autori .......................................................................................................................................................................................................... VII
ENDOLEAK DI II TIPO DOPO EVAR
1
Diagnosi e indicazione al trattamento  ..........................................................................
3
G. Piffaretti, M. Franchin, S. Ferraro, P. Castelli
2 Imaging con CEUS, angio-RMN, angio-TC  ..........................................................................
F. Piacentino, A.M. Ierardi, C. Floridi, F. Fontana, G. Carrafiello
11
PREVENZIONE DELL’ENDOLEAK DI II TIPO
3 Individuazione di pazienti “a rischio” ...................................................................................
G. Lorenzi, G. Rossi, S.A. Ferrari
19
4Tecniche pre-procedurali ...................................................................................................................... 25
Embolizzazione preventiva dell’arteria mesenterica
inferiore e delle arterie lombari ............................................................................................ 25
R. Bellosta, A. Sarcina, F. Bontempi, L. Luzzani
Embolizzazione preventiva delle arterie ipogastriche ................. 32
A. Rampoldi, F. Barbosa
5Tecniche intra-procedurali. Embolizzazione della sacca
in corso di EVAR ........................................................................................................................................................... 37
M. Galli
TRATTAMENTO DELL’ENDOLEAK DI II TIPO
6Embolizzazione endovascolare della arteria mesenterica
inferiore e delle lombari ........................................................................................................................ 45
G. Battaglia, R. Cuomo, E. Cervi, I. Barbetta, S. Bonardelli
7Embolizzazione trans-lombare e trans-cavale della sacca .. 53
A. Rampoldi, F. Barbosa, P. Brambillasca
8Embolizzazione della sacca con tecnica “Transealing”................ 57
Gioachino Coppi, G. Saitta, Giovanni Coppi, R. Silingardi
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X
Endoleak di II tipo post-EVAR
9 Procedure laparoscopiche. ................................................................................................................. 65
E. Cassinotti, L. Boni
10Chirurgia “open”........................................................................................................................................................ 69
A. Sarcina, L. Luzzani, R. Bellosta, F. Bontempi
CONSIDERAZIONI SOCIALI E SOSTENIBILITÀ ECONOMICA
DEL TRATTAMENTO EVAR
11
Valutazione costo-beneficio delle procedure EVAR ............................ 79
A. Buora, L. Gabrielli
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Endoleak
di II tipo dopo EVAR
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Diagnosi e indicazione
al trattamento
2
1
G. Piffaretti, M. Franchin, S. Ferraro, P. Castelli
Lo sviluppo e l’applicazione delle metodiche endovascolari hanno portato un sostanziale miglioramento dei risultati clinici e della sopravvivenza peri-operatoria dei pazienti
trattati per aneurisma dell’aorta addominale
(AAA) 1. L’avvento di questa nuova metodica tuttavia ha comportato la valutazione e la
gestione di nuove situazioni cliniche, conseguenze e complicanze, che hanno richiesto
un protocollo di follow-up più specifico rispetto ai pazienti trattati con tecnica open 2.
Spesso questi quadri clinici hanno richiesto un numero non indifferente e non occasionale di re-interventi (fino al 33% dopo
3 anni), che hanno portato a ripensare alla
persistenza nel tempo del successo tecnico
del trattamento endovascolare 3, 4. È esperienza comune che la più frequente tra le
complicanze riferite, diagnosticate e trattate
dopo trattamento endovascolare dell’aorta
addominale (EVAR) sia l’endoleak di II tipo
(ELII), ovvero la persistenza di rifornimento
della sacca aneurismatica da parte di arterie
lombari, dell’arteria mesenterica inferiore, e
meno frequentemente dall’arteria sacrale media, da arterie renali accessorie o in talune
circostanze dall’arteria ipogastrica (Fig. 1.1).
(19%) di follow-up 5. Sebbene i dati estrapolati dal registro EUROSTAR abbiano indicato una ridotta incidenza di ELII e conseguentemente di re-intervento con l’avvento
delle endoprotesi di nuova generazione, tutte
le più ampie casistiche confermano un tasso
non irrilevante di ELII, tendenzialmente invariata negli ultimi anni e per alcuni aspetti
indipendente rispetto all’endoprotesi utilizzata 6. Il dato numerico consolidato emerge
dai gruppi che hanno attuato un rigoroso e
puntuale follow-up clinico-strumentale; la
persistenza di tale riscontro epidemiologico
ha portato alcuni autori a considerare l’ELII
non sempre come complicanza del trattaFigura 1.1 Ricostruzione
volume
rendering di
un’endoprotesi
biforcata
transrenale:
le frecce
evidenziano la
presenza di un
endoleak di II
tipo.
Identificazione e tipizzazione
dell’endoleak di II tipo
L’endoleak di II tipo rappresenta circa il
40% di tutti gli endoleak descritti: la loro
diagnosi è particolarmente frequente nei primi 30 giorni (10-25%) e nei primi 12 mesi
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mento endovascolare, ma anche come conseguenza non necessariamente maligna della
procedura EVAR 7-13. Nello studio EVAR 1,
nel gruppo di pazienti che hanno sviluppato
una complicanza dopo EVAR, il 54% di esse
era ELII (62% di tutti gli endoleak); se si volesse l’ELII come complicanza, rimuovendo
questo dato dall’analisi, la differenza tra i pazienti trattati con tecnica open ed endovascolare in termini di complicanze si ridurrebbe
drasticamente 1. Peraltro è da ricordare che
nel medesimo studio non è stata considerata l’incidenza di re-admission o re-intervento
dopo procedura open per laparocele, occlusione intestinale, complicanze tardive di ferite e quindi nemmeno misurate nell’analisi
statistica 1.
Oltre a essere l’evenienza più frequente, la
caratterizzazione diagnostica e l’indicazione
al trattamento dell’ELII rimangono argomenti dibattuti e controversi 6. Uno dei problemi principali è certamente rappresentato
dalla classificazione dell’ELII 10. Infatti se nei
primi report veniva segnalata solo la presenza
o l’assenza di un ELII, in seguito si è cercato,
soprattutto in relazione a una valutazione di
gravità e quindi di necessità di trattamento,
di valutare l’aspetto non solo morfologico
dell’ELII, ma di descriverne gli aspetti emodinamici, come via di efflusso di un endoleak
prossimale, oppure come “primum movens”
per la formazione di un endoleak a più elevato flusso (tipo I e III), oppure ancora di identificare la via di afflusso e quella di efflusso 5.
Si è cercato cioè di tipizzare l’ELII, per meglio valutarne la natura clinica di potenziale
benignità o malignità, correlata anche ad altri elementi quali la variazione dimensionale
della sacca riperfusa e l’eventuale presenza del
segno clinico di pulsazione centro-addominale 11-13.
Il processo di tipizzazione diagnostica ha
reso possibile valutare i vantaggi delle diverse
metodiche diagnostiche di imaging (angioTC, angio-RM, eco-color-Doppler con mezzo di contrasto 2D e 3D) e ha anche permes-
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Endoleak di II tipo post-EVAR
so, accanto ai miglioramenti strutturali delle
più recenti endoprotesi con la riduzione della
porosità del tessuto utilizzato, di ridimensionare il concetto di “endotension“, che nella
gran parte dei casi è da considerare espressione di un endoleak mal diagnosticato 5.
L’importanza del dibattito non ancora
completamente esaurito sugli ELII ha favorito lo sviluppo in campo tecnologico di diverse soluzioni, come i device per la diagnosi
precoce della pressione endosacculare, la costruzione di un’endoprotesi specifica per la
prevenzione dell’endoleak, la rivalutazione
delle metodiche di embolizzazione dei rami
aortici efferenti nella fase pre-impianto 5.
I programmi di follow-up proposti hanno
indicato diverse metodiche radiologiche per
lo studio del successo tecnico della procedura, dalla più semplice radiografia standard
del­l’addome utile per lo studio dell’integrità
della struttura scheletrica dell’endoprotesi
alle più complesse metodiche tomografiche.
Attualmente nel follow-up delle procedure EVAR l’esame di imaging considerato
gold standard (elevata sensibilità e specificità) è rappresentato dall’angio-TC, in grado
di fornire utili informazioni sull’integrità
strutturale dell’endoprotesi, sul suo corretto
posizionamento, sull’evoluzione morfologica
della sacca, sulla presenza di endoleak, sulla
vascolarizzazione delle arterie viscerali e periferiche 14-16.
Per quanto riguarda in particolare la valutazione e la sorveglianza dell’ELII, evidenziato o confermato durante i periodici
controlli post-EVAR, l’utilizzo preferenziale
dell’angio-TC, specie se richiesta a intervalli
più ravvicinati rispetto al follow-up stabilito,
è stato messo in discussione sia in rapporto
all’uso ripetuto di radiazioni e di mezzo di
contrasto potenzialmente nefrotossico, sia
perché metodica complessa e costosa (analoghe considerazioni possono essere fatte per
l’utilizzo di angio-RM).
Per questi motivi ha assunto sempre maggiore importanza per la valutazione specifica
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1 • Diagnosi e indicazione al trattamento
del­­l’ELII l’impiego dell’eco-color-Doppler
con mezzo di contrasto (CEUS). Questa
metodica di imaging, in 2D o in 3D, oltre
a tutti i vantaggi delle indagini ecografiche,
permette uno studio morfologico e dinamico
dell’endoleak, grazie soprattutto al maggior
tempo di permanenza in circolo del mezzo
di contrasto, potendo quindi ottenere una visualizzazione precoce e anche tardiva della riperfusione della sacca, caratterizzando la presenza dei rami arteriosi come via di afflusso
e di efflusso 14, 15. Nella nostra esperienza un
elevato grado di accuratezza è stato raggiunto
utilizzando l’esame ecografico in associazione
alle variazioni della titolazione di due marcatori biologici quali D-dimero e metalloproteinasi-9 (MMP-9), indicatori rispettivamente del rimodellamento del tromboateroma e
della stabilità della sacca aneurismatica sollecitata dalla presenza di un’eventuale riperfusione 17. Questi dati, integrati dalla valutazione del grado di riduzione dimensionale
della sacca (shrinkage), sono generalmente
sufficienti per tipizzare, fin dalla prima comparsa, un ELII con tendenza alla persistenza
e all’accrescimento, offrendo elementi sicuri
per l’eventuale correzione.
Storia naturale dell’endoleak
di II tipo
Concordando con i molti che considerano
l’ELII una complicanza, riteniamo che debba
comunque essere catalogato come un insuccesso tecnico della procedura endovascolare,
in quanto permane la pressurizzazione della
sacca aneurismatica la cui esclusione rappresenta lo scopo della metodica EVAR, per eliminare il rischio di rottura 18, 19.
Peraltro la rottura dopo ELII rappresenta
un’evenienza statisticamente definibile come
occasionale, dato che si manifesta con una
frequenza inferiore al 2%, nella quasi totalità dei casi in ELII a comparsa tardiva (dopo
6-12 mesi dalla procedura), e in molti casi in
associazione a un endoleak di I tipo. In realtà,
dalle casistiche più numerose e dalle metana-
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5
lisi emergono elementi e dati non sempre coerenti e omogenei, a differenza degli altri tipi
di endoleak 5, 10. Per quanto riguarda la storia naturale dell’ELII è esperienza condivisa
che l’80% dei casi vada incontro a risoluzione/trombosi spontanea: quelli diagnosticati
“persistenti” sarebbero perciò in termini assoluti una piccola quota, ma in termini percentuali comunque il 20% del totale 11-13, 18-20.
Tra gli ELII “persistenti” non è agevole poi
distinguere nelle casistiche riportate quelli
“stabili“ rispetto a quelli “instabili“ o meglio
in accrescimento, proprio per le caratteristiche dinamiche con cui il dato patologico
viene colto e osservato durante il follow-up;
generalmente vengono riportati i casi di ELII
trattati, focalizzando l’attenzione soprattutto
sulle procedure chirurgiche ed endovascolari
impiegate, mentre l’indicazione più condivisa
alla correzione dell’ELII è la sua persistenza
associata all’accrescimento, scegliendo come
indice l’aumento del diametro della sacca
>5 mm in due controlli consecutivi o un incremento assoluto del diametro di almeno
10 mm rispetto al valore preoperatorio (Fig.
1.2) 9, 11-13, 18-20.
È esperienza personale che, oltre alla misurazione dell’incremento del diametro, proprio per dinamicità del fenomeno di riperfusione, sia più significativo valutare la modificazione del volume della sacca aneurismatica
come parametro di accrescimento, indicando
un incremento della sacca pari o maggiore al
2% come suggestivo per ELII persistente in
accrescimento (Fig. 1.3) 16.
Da alcuni viene sottolineato il ruolo dei
diversi afferenti arteriosi nel condizionare la
persistenza dell’ELII: in particolare, è stato
evidenziato che la presenza degli ELII al termine della procedura EVAR da arteria mesenterica inferiore si associ a una percentuale
significativamente superiore di endoleak persistente rispetto a quelli di origine lombare 20.
Tuttavia, il trattamento dell’ELII da arteria
mesenterica inferiore è stato risolutivo in una
quota significativamente superiore (72%) ri-
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6
A
Endoleak di II tipo post-EVAR
B
C
Figura 1.2 Angio-TC di follow-up dopo EVAR con evidenza di progressivo incremento dimensionale
della sacca aneurismatica.
Figura 1.3 Angio-TC di
follow-up e
valutazione
volumetrica
della sacca
aneurismatica:
incremento
>2% tra T1 (30
giorni, A1) e T12
(12 mesi, A2),
determinato da
un ELII (A3) da
arteria lombare
(freccia).
spetto a quanto occorso per il trattamento di
ELII lombari (17%). Questi riscontri sono
indipendenti dal tipo di trattamento (endovascolare videolaparoscopico) e relativi a un
singolo re-intervento. Al contrario, il trattamento di ELII è caratterizzato da plurime
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recidive per cui è spesso necessario ricorrere
a più trattamenti. A fronte di questi dati potremmo supportare il trattamento immediato dell’ELII da arteria mesenterica inferiore
all’atto del primo riscontro.
Fattori predittivi
Di recente si è iniziato a porre attenzione
all’analisi dei fattori che possano essere predittivi dello sviluppo dell’ELII 21-23. L’identificazione di parametri demografici, morfologici, emodinamici potrebbe ulteriormente affinare la stratificazione del rischio nei pazienti trattati con EVAR ed evidenziare quei casi
più facilmente pronti a sviluppare un ELII,
in particolare quelli persistenti; a loro volta
questi dati, se assumessero rilevanza statistica e non solo aneddotica, potrebbero indurre
a proporre l’associazione di procedure propedeutiche per la prevenzione dell’ELII o a
modificare l’indicazione al tipo di trattamento dell’aneurisma, preferendo la sostituzione
protesica open all’esclusione endovascolare.
Nella nostra esperienza, i principali fattori
evidenziati come predittivi dello sviluppo di
un ELII sono risultati: la pervietà di più coppie di arterie lombari e le loro dimensioni (>3
mm per le lombari), le dimensioni dell’arteria
mesenterica inferiore pervia (>6 mm), l’età
(>70 anni), il diametro massimo dell’aneuri-
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1 • Diagnosi e indicazione al trattamento
Figura 1.4 Fattore
morfologico
preoperatorio
predittivo
di ELII:
tromboateroma.
sma, la volumetria totale della sacca e le dimensioni del tromboateroma parietale. È significativamente elevato il rischio di sviluppo
dell’ELII quando due o più di questi fattori
sono compresenti. In particolare, l’associazione tra il numero delle efferenze aortiche con
il diametro massimo dell’aneurisma è il dato
che più frequentemente si è verificato nella
nostra esperienza. La presenza di un voluminoso tromboateroma parietale si è invece inversamente correlato alla comparsa dell’ELII,
mentre il solo dato della numerosità delle collaterali lombari non sembra giocare un ruolo
significativo (Fig. 1.4).
Tra i fattori predittivi invece della persistenza (e dell’accrescimento) dell’ELII, si
sono evidenziati: le dimensioni del “nidus”
ovvero della sede della risacca di riperfusione
(>15 mm) (Fig. 1.5); e ancora, l’aumento volumetrico della sacca >2%, rispetto al valore
basale o al valore calcolato al momento della
prima identificazione.
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7
Figura 1.5 Fattore
morfologico
preoperatorio
predittivo di
ELII: “nidus”
dell’endoleak.
La valutazione con CEUS ha permesso ad altri autori di considerare la presenza
all’interno della sacca di un segnale Doppler
bidirezionale come fattore emodinamico significativo di accrescimento dell’ELII (Fig.
1.6). Sicuramente più invasivo ma altrettanto
significativo il dato relativo alla misurazione
della pressione intra-sacculare: è stato utilizzato come indicatore un indice di pressione
media (MPI) calcolato come percentuale di
pressione media intra-sacculare rispetto alla
pressione media simultaneamente misurata
in aorta. Lo sviluppo di un ELII è stato correlato a un range ampio di MPI (22-92%) ma
un valore di MPI del 63%, equivalente a una
pressione di 12 mmHg, è stato associato alla
persistenza ed espansione della sacca.
L’incertezza della natura evolutiva e
del comportamento degli ELII assume un
aspetto più problematico nel follow-up dopo
EVAR per aneurisma rotto 24. Le esperienze
al riguardo, sebbene sporadiche, concordano
nel ritenerli quasi innocenti da un punto di
vista clinico, in relazione alle caratteristiche
di estremo basso flusso che li contraddistin-
15/05/15 12:17
8
Endoleak di II tipo post-EVAR
di correzione di endoleak eseguite in queste
casistiche sia stata chiaramente determinata
da complicanze correlate al II tipo 25.
Key point intra-operatori
–– Di fronte a un ELII l’atteggiamento “wait
and see” è certamente auspicabile.
–– L’80% degli ELII va incontro a una risoluzione spontanea.
–– Le rotture determinate da ELII isolato
sono aneddotiche.
–– I risultati promettenti dell’embolizzazione
preventiva della sacca e lo sviluppo di nuovi materiali “sigillanti” non sono ancora
confermati.
Figura 1.6 Fattore morfologico predittivo di
accrescimento dell’ELII: flusso Doppler bidirezionale.
Key point del trattamento
guono. Pertanto, la correzione degli ELII
dovrebbe seguire, nei casi non complicati
dall’accrescimento dell’ematoma, le stesse
regole degli endoleak per gli aneurismi intatti.
Menzione a parte merita l’osservazione degli ELII dopo trattamento di aneurismi complessi con le tecniche di “chimney/snorkel” o
“periscope”: sebbene una recente revisione
delle casistiche comprendenti almeno 10 casi
(Tab. 1-I) abbia evidenziato un’incidenza al
follow-up del 10%, va soprattutto ricordato
che in tutti i casi riportati l’ELII è generalmente parte di una più complessa situazione,
rappresentata da endoleak di tipo I e III, in
rapporto alla presenza dei “gutter spaces” tra i
diversi componenti endoprotesici. Ciò è confermato dal fatto che nessuna delle procedure
–– Il riscontro di un ELII da arteria mesenterica inferiore al primo controllo di followup è stato significativamente associato alla
persistenza dell’endoleak; in considerazione degli ottimi risultati ottenuti dal trattamento (legatura laparoscopica o embolizzazione) di questo tipo di endoleak di II
tipo, è consigliabile la correzione precoce
una volta tipizzato.
–– Per gli ELII la correzione è condivisa per
incrementi dimensionali della sacca >5
mm in due controlli successivi.
–– Per gli endoleak persistenti, l’incremento
volumetrico >2% della sacca aneurismatica, lo spettro bidirezionale del segnale
Doppler e la recidiva dopo due tentativi di
embolizzazione sono gli indicatori più si-
Tabella 1-I Incidenza di endoleak dopo EVAR con “chimney/snorkel”.
Anno
Casi
(n°)
Mortalità
(% a 30 gg)
ELII
(%)
Larzon et al.
2008
13
0
15
Donas et al.
2010
72
0
8
Coscas et al.
2011
16
13
0
Bruen et al.
2011
21
5
14
Lee et al.
2012
28
7
14
150
3,5
10
Autore
Totale
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1 • Diagnosi e indicazione al trattamento
gnificativi associati all’accrescimento della
sacca e quindi utili per prendere in considerazione la correzione chirurgica dell’endoleak persistente.
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