Rapporto sulla casistica 1988-2006

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Rapporto sulla casistica 1988-2006
CENTRO OPERATIVO REGIONALE
ARCHIVIO TOSCANO DEI MESOTELIOMI MALIGNI
RAPPORTO SULLA CASISTICA 1988-2006
La stesura di questo volume è stata curata da:
Elisabetta Chellini, Stefano Silvestri, Adele Seniori Costantini.
UO Epidemiologia
Oncologica (CSPO)
Ambientale-Occupazionale,
Istituto
Scientifico
Prevenzione
Brunella Sorso ha curato l’editing del testo.
Si ringraziano le Unità Funzionali PISLL ed i Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende
USL della Toscana per aver gestito assieme a noi i casi di mesotelioma oggetto del sistema
di sorveglianza epidemiologico del COR toscano del mesoteliomi
L'impegno della Regione Toscana nell'attività di prevenzione e sicurezza per
contrastare i rischi derivanti dall'amianto è oramai attuata da più di venti anni. L’attività di
prevenzione già attiva in alcuni Servizi di Pisll nei primissimi anni ’80 si concretizzò e si
diffuse in tutta la regione a seguito della emanazione della Circolare 45 del Ministero della
Sanità nel luglio 1986 che riguardava il controllo della presenza di amianto nelle scuole e
negli ospedali. Nella seconda metà del 1986 fu istituita la prima Commissione Tecnica
Regionale sulle problematiche inerenti il rischio amianto. Negli anni seguenti furono poi
avviate numerose iniziative che riguardarono un primo censimento delle aziende che
utilizzavano amianto, la stesura di protocolli tecnici e per la bonifica in specifiche attività
produttive che vennero utilizzati dai Servizi di Prevenzione e che anticiparono nei
contenuti la normativa tecnica emanata dallo Stato negli anni ’90. L’attenzione a questo
problema da parte di tutte le strutture Regionali di prevenzione, ha di fatto trasmesso ai
lavoratori possibilmente esposti, alle loro rappresentanze ed ai datori di lavoro la cultura
della prevenzione che si è successivamente diffusa ai cittadini ed alle loro associazioni, ai
tecnici ed amministratori privati.
Anche da un punto di vista normativo gli atti regionali, a seguito delle iniziative
nazionali degli anni ‘90, non sono mancate. Con la delibera di Consiglio Regionale n. 102
dell’8 aprile 1997 (Piano regionale Amianto) e con la delibera di Giunta n. 692 del 6 giugno
2001, si sono affrontati a livello regionale le questioni della protezione ambientale, della
decontaminazione, dello smaltimento e della bonifica dei materiali contenenti amianto, con
un atto specifico di indirizzo e coordinamento per i servizi di prevenzione delle Aziende
sanitarie volto a favorire il rapporto fra operatori e cittadini, per informare ed orientare su
percorsi diagnostico-assistenziali e per sviluppare programmi di sorveglianza
epidemiologica.
La programmazione regionale è stata di sostegno ed indirizzo. I Piani Sanitari
regionali 2002–2004 e 2005–2007 hanno dato ampio spazio a questa problematica,
arrivando a programmare momenti di riflessione regionale culminati in iniziative come la
Conferenza Regionale sull’amianto, svoltasi a Pistoia il 16 e 17 giugno del 2005.
Ma è soprattutto attraverso la delibera di Giunta n. 1252 del 24 novembre 2003, con
la quale si individuava l’allora CSPO (Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica)
come Centro Operativo Regionale, che si è attuata l’operatività degli indirizzi regionali.
Questo volume riporta i risultati del lavoro ventennale di sorveglianza del
mesotelioma maligno, considerato “evento sentinella” di pregresse esposizioni ad amianto.
E’ importante ricordare che si tratta del primo registro di questa patologia attivato in Italia.
Questo sistema di registrazione alimenta, assieme a quelli definiti nelle altre Regioni,
il Registro Nazionale dei Mesotelioma (RENAM) istituito presso l’ISPESL in attuazione
del DPCM 308/2002. Il lavoro di questi centri permette di mantenere alto il livello di
attenzione su tale patologia, incentivando anche quelle azioni di giustizia sociale, sul fronte
assicurativo, nei confronti di tutti coloro che sono stati esposti ad amianto in ambiente di
lavoro.
Il cerchio però deve essere necessariamente chiuso anche in ambito clinico. Vanno in
direzione di integrazione tra prevenzione, diagnosi e cura le linee guida cliniche del
mesotelioma pleurico recentemente messe a punto dall’ITT, che rappresentano un segnale
importante di una presa d’atto, anche da parte del mondo clinico, della necessità e del
dovere di porre attenzione al problema medico-legale e assicurativo che la diagnosi di
questa patologia solleva.
Enrico Rossi
Assessore Diritto alla Salute
Regione Toscana
Da sempre la Regione Toscana si è attivata per prevenire il rischio di contrarre
patologie legate all’esposizione di fibre d’amianto. Le leggi nazionali che sono state emanate
negli anni passati ed i vari Piani Sanitari Regionali che si sono succeduti negli ultimi due
decenni hanno sempre portato in primo piano la pericolosità di questo agente, e sempre, sia
a livello regionale che di singola azienda USL, sono state avviate attività volte a ridurre il
rischio di esposizione in modo considerevole.
Oggi fortunatamente l’esposizione ad amianto riguarda essenzialmente i soli addetti
alle scoibentazioni e bonifiche dei siti ancora inquinati e allo smaltimento del minerale e di
tutti quei materiali che lo contengono. La legge 257 del 1992 ne ha di fatto bandito l’uso e
la commercializzazione. Proprio questa legge ha fatto dello Stato italiano il paese
all’avanguardia nel trattamento dei materiali contenenti amianto, ed ha anticipato di almeno
10 anni la messa al bando da parte della comunità europea di questi materiali.
La Regione Toscana ha continuato a finanziare e sviluppare assieme ai Dipartimenti
di Prevenzione ed al CSPO metodi di rilevazione sulla dismissione di materiali contenenti
amianto. In questa ottica, e per facilitare il monitoraggio dei materiali rimossi, sono state
realizzate le nuove schede per la dichiarazione annuale di uso diretto ed indiretto di
amianto (articolo 9 Legge 257 del 1992) che consentono una più puntuale rilevazione.
In questo contesto anche gli ambienti di vita non sono stati trascurati; l’art. 20 della
Legge 23 marzo 2001 n. 93 ed il D.M. 18 marzo 2003 n. 101, regolamento attuativo dello
stesso, stabilivano che le Regioni e le Province Autonome dovevano provvedere ad
effettuare la mappatura completa della presenza di amianto sul territorio nazionale con lo
scopo ultimo di definire una lista di priorità secondo la quale dovranno essere svolte
eventuali operazioni di bonifica. Tale lavoro è stato portato a compimento dalla Regione
Toscana in collaborazione con ARPAT.
Il COR, Centro Operativo Regionale della Toscana è parte integrante di tutto questo
disegno preventivo e permette una integrazione tra gli attori del processo che altrimenti
risulterebbe complessa.
Con queste premesse il volume riporta i risultati del lavoro ventennale di sorveglianza
del mesotelioma maligno, considerato “evento sentinella” di pregresse esposizioni ad
amianto. Il lavoro non è certo terminato ma grazie a tutte le persone che hanno collaborato
al progetto di cui questa pubblicazione è un risultato evidente, si è consolidato nella nostra
regione un sistema a rete, a tutela della salute delle lavoratrici e dei lavoratori.
Marco Masi
Settore Sicurezza e Salute sui luoghi di lavoro
Direzione Generale del Diritto alla Salute e delle
Politiche di Solidarietà, Regione Toscana
INDICE
7
pag
PARTE PRIMA:
Il rapporto sulla casistica 1988-2006 del COR mesoteliomi della Toscana
E. Chellini, S. Silvestri, A M. Badiali, A. Benvenuti, V. Cacciarini, G. Gorini, A. Querci, M. Pinelli,
A. Seniori Costantini
.
9
Riassunto
11
Summary
15
1 - Introduzione
19
2 – La rete informativa e la qualità dei dati del COR toscano dei mesoteliomi maligni
23
2.1 La rilevazione dei casi di mesotelioma
2.2 La rilevazione dell’anamnesi professionale e l’attribuzione dell’esposizione ad
amianto
2.3 L’archiviazione dei casi
2.4 La qualità dei dati
- I controlli sulla completezza della casistica
- La qualità delle interviste
- La qualità dell’attribuzione dell’esposizione
3 – I casi del periodo 1988-2006
37
3.1 Mesoteliomi a sede pleurica 1988-2006
3.2 Mesoteliomi a sede diversa da quella pleurica 1988-2006
3.3 Stime di incidenza del mesotelioma pleurico
4- L’esposizione ad amianto in Toscana dai dati del COR
4.1 I casi 1988-2006 per classe di esposizione ad amianto
4.2 Casi 1988-2006 per classe di esposizione, settore e/o comparto produttivo e ASL
4.3 Esposizione ad amianto per motivi extra-professionali
- Casi familiari
- Casi ambientali
- Casi extra-professionali
4.4 I risultati del progetto di ricerca ISPESL sui casi ignoti
4.5 La durata dell’esposizione professionale ad amianto
4.6 L’età alla diagnosi e la latenza dei casi con esposizione professionale ad amianto
47
5 – Considerazioni conclusive
65
Bibliografia
69
Appendice 1- Lista delle pubblicazioni del COR mesoteliomi della Toscana
71
Appendice 2 – Scheda di segnalazione
77
Appendice 3 – Il questionario per la raccolta della storia di vita e lavoro dei casi di
mesotelioma maligno
81
Appendice 4 – Criteri di definizione dell’esposizione secondo le Linee guida RENAM
2003
109
Appendice 5 – Revisione della classificazione dei casi esposti per motivi familiari,
ambientali, ed extralavorativi, a seguito del progetto di studio nazionale sui casi
ignoti
111
PARTE SECONDA
Contributi di riflessione sul mesotelioma maligno e la prevenzione delle esposizioni
ad amianto
La sorveglianza epidemiologica dei casi di mesotelioma maligno in Italia. Il registro
nazionale (RENAM)
A. Marinaccio
Le più recenti modalità di intervento diagnostico e terapeutico sul mesotelioma
maligno a sede pleurica
A. Lopes Pegna
Mesotelioma maligno caratterizzazione immunoistochimica
C.E. Comin
Denunce assicurative INAIL di mesoteliomi da amianto: confronto con i casi
valorizzati dal COR toscano dei mesoteliomi maligni
V. Calabretta
I dati sui mesoteliomi maligni raccolti dal centro regionale infortuni e malattie
professionali (CERIMP) della regione Toscana
A. Baldasseroni
L’amianto dopo il bando dell’amianto: considerazioni svolte dall’interno di un
servizio di prevenzione igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro della regione Toscana
F. Capacci e F. Carnevale
La mappatura dell’amianto in Toscana
G. Fornaciai e F. Di Benedetto
Il nuovo Testo Unico: prime riflessioni sul Capo terzo “amianto”
S. Silvestri
115
Parte prima
Il rapporto sulla casistica 1988-2006
del COR mesoteliomi della Toscana
Elisabetta Chellini, Stefano Silvestri, Anna Maria Badiali, Alessandra
Benvenuti, Valentina Cacciarini, Giuseppe Gorini, Andrea Querci,
Marco Pinelli, Adele Seniori Costantini
UO Epidemiologia Ambientale-Occupazionale
Istituto Scientifico Prevenzione Oncologica (CSPO)
Riassunto
La rete di rilevazione dei casi di mesotelioma maligno del Centro Operativo
Regionale della Toscana è attiva dal 1988. La casistica annuale è all’incirca raddoppiata dai
primi agli ultimi anni di registrazione: da circa 30 casi all’anno nel 1988-1993 siamo passati
a poco più di 60 nel 2001-2004 (ultimo periodo con casistica consolidata). Sono aumentati i
casi con diagnosi istologica suffragata da esami immunoistochimici e contemporaneamente
sono diminuiti i casi con sola diagnosi citologica o clinica. Complessivamente i casi in
archivio, diagnosticati nel periodo 1988-2006, a residenti in Toscana sono 954. Le principali
fonti informative sono rappresentate dai presidi ospedalieri regionali, ed in particolare dai
servizi ospedalieri e universitari di Anatomia Patologica, Chirurgia Toracica, Pneumologia,
e Oncologia. Nelle strutture ospedaliere di Pisa è stato diagnosticato il maggior numero di
casi (32%), seguono quelle di Firenze con poco più del 20% di casi, e quindi tutte le altre
strutture.
Il tasso standardizzato di incidenza (standard: popolazione europea), calcolabile solo
per i mesoteliomi a sede pleurica, che rappresentano la stragrande maggioranza dei casi
(93,1%), e per il periodo di casistica consolidata (1988-2004), è risultato nei maschi in
crescita fino al 2000 per poi iniziare a flettersi; nell’ultimo periodo 2001-2004 è pari a
1,94/100.000 (IC 95%: 1,91-1,97). Per le donne, a fronte di una numerosità della casistica
decisamente minore, si nota una tendenza ancora all’aumento (tasso di incidenza 20012004: 0,45/100.000; IC 95%: 0,43-0,46). Il rapporto maschi/femmine attualmente pari a
3,1:1 aveva subito un incremento nel 1998-2000 riflettendo il maggior incremento di casi
nei maschi in quel periodo. Il 38,4% dei casi pleurici ha meno di 65 anni, con un’età alla
diagnosi più elevata nelle donne. Il tasso standardizzato più elevato di mesotelioma pleurico
si osserva nella ASL 6 Livorno. Un tasso superiore a quello medio regionale si osserva
anche nella ASL 1 Massa Carrara, nella ASL 3 Pistoia, nella ASL 2 Lucca e nella ASL 12
Versilia. L’andamento temporale della patologia mostra un trend in aumento in quasi tutte
le Aziende, eccetto in quelle che negli anni precedenti avevano tassi particolarmente elevati,
e cioè la ASL 1 Massa Carrara, la ASL 4 Prato e la ASL 6 Livorno.
I casi a sede extrapleurica registrati in toscani sono 66 (6,9%), di cui 60 peritoneali, 4
pericardici e 2 della tunica vaginale del testicolo. Il flusso informativo per la raccolta di
questi casi è meno strutturato di quello dei casi a sede pleurica, ed è quindi probabile che il
loro numero sia sottostimato.
Negli ultimi anni sono migliorati i sistemi di segnalazione e raccolta dei casi tanto che
nel 2001-2004, per entrambi i generi, si sono osservati, come atteso, tassi età specifici in
crescita nelle età più anziane, a differenza di quanto si osservava negli anni precedenti. La
messa a regime dei flussi stabiliti tra il COR e le varie fonti di segnalazione ha inoltre
determinato una più tempestiva registrazione dei casi, rendendo possibile l’effettuazione di
un numero maggiore di interviste direttamente ai pazienti per la ricostruzione della loro
eventuale esposizione ad amianto. Data la pessima prognosi della patologia, caratterizzata
da una sopravvivenza mediana di circa 8 mesi, è infatti importante effettuare la rilevazione
dell'anamnesi professionale, delle abitudini di vita e della storia residenziale di ciascun caso
tramite l’intervista diretta al soggetto. Permangono criticità nel sistema di segnalazione in
alcune aree imputabili talora ad una scarsa qualità organizzativa delle strutture di diagnosi e
talaltra ad una mancanza di sensibilità verso una patologia che in tre casi su quattro risulta
essere di origine professionale. Ancora nel 2001-2004 per ben 6 delle 12 Aziende ASL si
evidenziano tempi medi di segnalazione dei casi pleurici superiori ai 5 mesi (ASL 4 Prato;
ASL 9 Grosseto; ASL 11 Empoli; ASL 6 Livorno; ASL 7 Siena; ASL 5 Pisa).
Protocolli diagnostici di riferimento per la standardizzazione dei criteri di diagnosi di
mesotelioma consentono di definire il diverso livello di certezza diagnostica raggiunto,
come pure protocolli di definizione dell’esposizione ad amianto consentono di definire il
livello di certezza dell’esposizione rilevata.
Nel periodo 1988-2006, sui 954 casi identificati le interviste sono state 858 (89,9%). I
rifiuti sono stati pari al 2,6%, mentre per impossibilità di intervistare il soggetto o suoi
parenti non è stato effettuato il 4,1% delle interviste. L’84,7% delle interviste effettuate
sono complete, e negli anni 2001-2004 tale percentuale è salita al 96,1%.
L’esposizione ad amianto è stata attribuita a 671 casi. Per 642 (95,7%) tale
esposizione è avvenuta in ambito occupazionale. In 18 casi (2,7%) l’esposizione è avvenuta
in ambiente domestico (esposizione familiare) a causa della convivenza con persone che
lavoravano in comparti a rischio amianto, mentre in 4 casi (0,6%) l’esposizione è stata
definita “ambientale”, e in 7 casi (1%) è stata dovuta ad esposizioni subite durante attività
extra-lavorative. Per i casi con esposizione ignota, abbastanza stabili nel tempo, si è
osservata una flessione per quelli identificati nel 1988-2000 a seguito di uno studio
specifico, effettuato a livello nazionale e coordinato proprio dal COR toscano, che ha
permesso di ridurre questa casistica di 29 unità, che sono passate dalla classe 8 (esposizione
ignota) principalmente alla classe 3 (professionale possibile).
Il miglioramento del sistema informativo ha determinato nel tempo un aumento dei
casi classificati con esposizione certa ed una sensibile e parallela diminuzione dei casi con
classificazione probabile e possibile. Riguardo ai casi con esposizione professionale, questa
è avvenuta per lo più in Toscana (84,3%) ed in particolare in aziende ubicate a Nord Ovest
lunga la costa, dove peraltro sono concentrate le industrie di dimensione più ampia per le
quali è noto che nel passato vi è stato un uso di amianto o materiali contenenti amianto nel
ciclo produttivo. L’85% dei casi ha subito la prima esposizione in anni antecedenti il 1965.
Molti sono i settori produttivi che hanno espresso casi. Da ricordare:
- il settore delle costruzioni e riparazioni di rotabili ferroviari, con 66 casi, di cui 49 in
addetti alla costruzione e 17 alla riparazione di rotabili;
- la cantieristica navale, con 93 casi;
- l’edilizia, con 127 casi;
- la metalmeccanica, con 81 casi;
- il tessile, con 93 casi.
Data l’importante frazione dei casi con esposizione occupazionale e la prevalente
lunga permanenza in lavori a rischio, si consolida l’ipotesi che il rischio di contrarre questa
patologia sia correlata alla dose assorbita, ma che comunque nel contempo non sia possibile
stabilire una soglia al disotto della quale vi sia assenza di rischio.
La progressiva introduzione di presidi di prevenzione, di regolamenti restrittivi all’uso
dell’amianto fino alla Legge 257/1992 di bando totale dell’amianto ha reso oggi residuali le
occasioni di esposizione occupazionale a questo minerale e si prevede che negli anni a
venire l’epidemia di casi di mesoteliomi registrerà una flessione, come pare indicare
l’allungamento della latenza media e l’innalzamento dell’età media dei casi diagnosticati più
recentemente.
Summary
The Tuscan surveillance system on malignant mesotheliomas, named “COR toscano
dei mesoteliomi” (Tuscan Regional Operational Centre on mesotheliomas), is on going
since 1988. The average annual registered cases are nowadays doubled since the first
registration period: 30 cases have been registered yearly in 1988-1993 and just over 60 in
2001-2004. Histology and immuno-histochemical markers diagnoses are gradually replacing
the cytological and clinical ones. The total registered cases among Tuscan residents are 954
in the period 1988-2006. The most important sources of cases are the hospitals operating
in Tuscany, mainly Pathology Institutes and wards, such as Thoracic Surgery, Pneumology
and Oncology wards. The higher number of cases has been diagnosed in the hospitals
located in Pisa (32% of cases), followed by those in Florence (20%) and the rest in other
hospitals.
The male standardized (standard: European population) incidence rates, available
only for the pleural cases, which represent the vast majority of cases (93,1%), and for the
period characterized by complete case record (1988-2004), grew up until 2000 followed by
a slow decline; in 2001-2004 the male incidence rate is 1,94/100.000 (IC 95%: 1,91-1,97).
Females cases are far less numerous; the female standardized incidence rates are still
increasing; in 2000-2004 the female incidence rate is 0,45/100.000 (IC 95%: 0,43-0,46). The
male/female ratio is at present equal to 3,1:1; in the period 1998-2000 it was registered an
increase of this ratio in relation to the growing number of male cases. Pleural cases aged
less than 65 years old are 38,4%; the age at diagnosis is higher in females compared to
males. The highest standardized incidence rate for pleural mesothelioma in both gender is
observed in the Local Health Unit (ASL) 6 Leghorn, the ASL 1 Massa Carrara, the ASL 3
Pistoia, the ASL 2 Lucca and the ASL 12 Versilia have a male incidence rate higher than
that observed at regional level. A growing incidence trend in almost all Local Health Unit,
with the exception of those ASL characterized, in the past, by high incidence rates (ASL 1
Massa Carrara, ASL 4 Prato and ASL 6 Leghorn) was also observed.
A small number of mesothelioms have been diagnosed in other anatomical sites: 60
cases in the peritoneum, 4 in the pericardium and 2 in the vaginal membrane of testis. The
surveillance system appointed to collect these cases is less well structured than that one for
pleural cases, and therefore an underestimation of cases is likely to happen.
During the most recent years the case collection system improved: this has been
confirmed by the observation of age specific incidence rates, for both genders, in 20012004, higher in the older age groups, as expected, meanwhile in the previous years an
inverse phenomenon was observed for the same age groups. The improvements in the
surveillance system determined also a more prompt report of cases and consequently a
higher numbers of interviews with cases instead their next-of-kin. Due to the low
prognosis of mesotheliomas, characterized by a median survival of about 8 months, it is
very important to collect information on occupational and life histories directly from cases
instead from proxies. There are still problems in the case reporting system in some
geographical areas due to the low organizational quality of local diagnostic centres and/or
to the lack of knowledge of the legal aspects (more than ¾ cases are attributable to
occupational exposure). During 2001-2004 the average time between diagnosis and report
to the COR is still above 5 months for cases resident in 6 ASL out of 12 (ASL 4 Prato;
ASL 9 Grosseto; ASL 11 Empoli; ASL 6 Leghorn; ASL 7 Siena; ASL 5 Pisa).
The levels of diagnostic certainty and asbestos exposure are assessed according to
national protocols and guidelines.
In the period 1988-2006, 858 interviews (89,9%) have been performed out of 954
registered cases. Refusals were 2,6%; for 4,1% of cases, no contact with his/her next-of-kin
was possible. Most interviews (84,7%) are complete, and this percentage is higher (96,1%)
for cases diagnosed more recently, in 2001-2004.
For 671 cases the asbestos exposure during their life was defined; for 642 (95,7%)
cases the asbestos exposure happened in occupational settings. Eighteen cases (2,7%) were
exposed at home (familial exposure), mainly in relation to the occupational asbestos
exposure of their next-of-kin. Four cases (0,6%) had and environmental exposure; and 7
cases (1%) have been exposed to asbestos during “do it yourself” activities. Few cases have
been defined with unknown exposure due to the incompleteness of the collected
information. A recent national study, coordinated by the Tuscan COR, on cases with
“unknown exposure” managed to reduce the number of these cases, shifting 25% of the
whole group to the “class of possible occupational exposure”.
The improvement in the surveillance system increased the number of cases with
certain occupational exposure with a concurrent decline of cases with a lower level of
certainty. A high percentage of the cases with occupational exposure occurred in Tuscany
(84,3%); 40% of this exposures occurred in industries located in the North-Western
regional areas along the coast, where big plants using asbestos or materials containing
asbestos were operating in the past. The vast majority of occupational exposures (85%)
started before 1965.
Several industrial activities have produced the epidemic, the main ones are listed as
following:
- the construction and maintenance of railway stock, with 66 cases (49 workers
employed in the construction and 17 in maintenance shops);
- the naval shipyards, with 93 cases;
- the building industry, with 127 cases;
- the metal engineering industry, with 81 cases;
- the textile industry, with 93 cases.
The observed high percentage of occupationally exposed cases and the observed
long duration of exposures suggest that the risk of mesothelioma might be correlated to
dose of asbestos exposure; anyway, at the same time, the occurrence of cases with probably
low levels of asbestos exposure does not allow to set up a risk threshold.
The legislation issued in the last two decades limiting the occupational use of
asbestos or material containing asbestos, and the Law no. 257/1992 banning asbestos,
made possible the current situation characterized by a very low residual asbestos exposures
at workplaces and in the general life environment. A decreasing trend in mesotheliomas is
expected during the next decade, and the increasing mean latency and age at diagnosis of
more recent cases support this hypothesis.
-1INTRODUZIONE
Il mesotelioma è una neoplasia rara che riconosce nell’esposizione ad amianto una
causa certa ed evitabile. Nel periodo 2001-2004 l’incidenza del mesotelioma pleurico (la
sede di gran lunga più frequente) è, in Toscana, pari a 1,94 casi per 100.000 residenti negli
uomini. Si osservano importanti differenze geografiche riconducibili alla presenza nel
territorio di settori lavorativi in cui l’amianto è stato utilizzato.
Un’esposizione ad amianto per motivi di lavoro è rilevabile in circa il 70-90 % dei
casi, negli uomini, nelle varie casistiche nazionali ed internazionali; il mesotelioma è quindi
definibile come tumore ad alta frazione eziologica professionale.
L’incidenza del mesotelioma è molto più bassa nelle donne, ed in meno della metà
dei soggetti di sesso femminile affetti da questa patologia è individuabile un’esposizione ad
amianto.
L’uso dell’amianto è stato oggetto di progressive restrizioni ed è stato infine messo al
bando in diversi paesi. La comunità europea ha promulgato al messa la bando dell’amianto
solo nel 1999. In Italia la legge che mette al bando l’amianto (impedendone l’estrazione,
l’importazione, l’impiego nei nuovi prodotti e la commercializzazione) è del 1992 (Legge
257/92) ed ha sostanzialmente ridotto le esposizioni, che oggi possono essere definite
residuali tanto che si prevede di assistere progressivamente ad un calo importante del
mesotelioma.
Registri mesoteliomi basati sulla ricerca “attiva”, cioè basata sulla raccolta dei casi
presso le strutture di diagnosi e cura sono stati istituiti, oltre che in Italia, in Francia,
Australia e Nuova Zelanda. In altri paesi invece (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia,
Svezia, Gran Bretagna, USA ) dove non sono stati attivati registri specifici, l’andamento di
questo tumore è rilevato tramite i Registri Tumori di popolazione e i Registri delle cause di
morte della popolazione
La Regione Toscana è stata una delle prime regioni italiane a sviluppare programmi di
sorveglianza delle esposizioni ad amianto già negli anni ’80, e successivamente, dando
seguito al Decreto Legislativo 277/91 ed alla legge di messa al bando dell’anno successivo,
ha anticipato di qualche anno il sistema di sorveglianza epidemiologica del mesotelioma.
L’Archivio Regionale Toscano dei Mesoteliomi è stato infatti il primo registro italiano
basato sulla rilevazione “attiva” di casi e sulla definizione delle occasioni di esposizione ad
amianto tramite intervista ai soggetti stessi o a loro parenti. Tale attività di sorveglianza
epidemiologica fu avviata nelle province di Firenze e Prato grazie alla collaborazione tra il
Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica (CSPO) e l’Istituto di Anatomia
Patologica dell’Università di Firenze e al sostegno finanziario della Lega Italiana per la
Lotta contro i Tumori (LILT) di Firenze. La rilevazione dei casi di mesotelioma fu poi
estesa, con il sostegno della Regione Toscana e grazie alla collaborazione degli Istituti
Universitari di Anatomia Patologica di Firenze, Pisa e Siena, ad altre aree toscane e, dal
1987, a tutto il territorio regionale.
La Regione Toscana ha assegnato al CSPO la realizzazione e la tenuta del Centro
Operativo Regionale (COR) del Registro Nazionale (RENAM) che è stato istituito presso
l’ISPESL, a seguito del DPCM 308/2002. Il COR Mesoteliomi toscano è, ad oggi,
strutturalmente parte del Centro Operativo Regionale Toscano per i Tumori Professionali
che gestisce, oltre al registro dei mesoteliomi, anche quello dei tumori naso-sinusali.
Gli obbiettivi fondanti della rilevazione del mesotelioma sono la valutazione
dell’andamento (incidenza e mortalità) nel territorio regionale, la definizione delle
esposizioni ad amianto nei soggetti affetti da questa patologia finalizzata alla valutazione dei
rischi per settore lavorativo e per la tutela assicurativa. Essendo il primo registro nato in
Italia ha contribuito in modo importante a definire le modalità di rilevazione della patologia
e a definire i criteri per la classificazione delle esposizioni ad amianto (Chellini, 1996; Nesti,
2003) che sono state adottate dal RENAM.
Nel presente rapporto sono presentati i dati raccolti dal 1988 al 2006. Nel leggere le
descrizioni e tabelle che seguiranno il lettore deve avere presente che la casistica degli ultimi
due anni (2005 e 2006) è incompleta: sono infatti ancora in corso le verifiche di
completezza della casistica di questi due anni (verifiche sulle schede di dimissione
ospedaliera), come pure è ancora in corso per taluni casi la raccolta delle informazioni sulla
storia di possibile pregressa esposizione ad amianto. Si è comunque ritenuto opportuno
inserire la casistica 2005-2006 per il livello di informatività della stessa e per alcune
considerazioni che consente di effettuare indipendentemente dalla sua completezza.
Occorre tenere presente inoltre che la casistica degli anni precedenti considerata
“consolidata” e quindi completa, in realtà è suscettibile di essere ulteriormente valorizzata
dall’acquisizione di ulteriori informazioni. Alcune variazioni sono evidenziabili infatti
rispetto a quanto descritto nei rapporti stilati in precedenza relativamente alla casistica degli
anni passati.
Sono presentate elaborazioni che permettono di valutare i flussi e le procedure (la
coerenza tra le fonti, tempestività nella rilevazione e nell’effettuazione delle interviste),
l’andamento della patologia nel tempo, le differenze geografiche, le differenze tra comparti
lavorativi.
Come dato generale vogliamo sottolineare che si è osservata una crescita di casi nel
periodo 1998-2004 rispetto al precedente 1988-1997. L’anno di picco nel nostro archivio è
stato il 2001 e, contrariamente alle stime effettuate per l’Italia (Marinaccio, 2005), come
peraltro anche in alti paesi (Peto, 1999; La Vecchia, 2000), non si registra, da quella data un
ulteriore incremento di casi; si assiste invece ad un appiattimento della curva di crescita, ma
non ancora ad un’inversione di tendenza. Ci auguriamo che tale appiattimento prefiguri un
calo di crescita nei prossimi anni, più precoce di quanto stimato; ci auguriamo anche di
poter verificare che questo rappresenti il frutto dell’attività di prevenzione sviluppatasi già a
partire dalla metà degli anni ’70. Le analisi per settore lavorativo offrono spunti in tal senso
segnalando una riduzione di casi proprio in quelle aree e in quei settori ove più precoce è
stata la cessazione di uso dell’amianto.
La nostra casistica confluisce in quella del RENAM che allo stato attuale ha registrato
più di 5.000 casi diagnosticati in varie regioni italiane, come sottolineato da Alessandro
Marinaccio, responsabile del RENAM, nel contributo da lui presentato nella seconda parte
di questo volume. Ciò consente la possibilità di un’analisi più precisa di questi fenomeni,
perché basata su numeri maggiori. A questo proposito si ricorda che negli ultimi anni sono
stati pubblicati su riviste internazionali vari lavori di approfondimento su questa ampia
casistica italiana, ed in particolare: sulla sopravvivenza (Marinaccio, 2003), sulla stima degli
andamenti temporali previsti nei prossimi anni (Marinaccio, 2005) e sulla latenza
(Marinaccio, 2007). Altri approfondimenti, peraltro oggetto di riflessione anche all’interno
del COR toscano come testimoniano le varie pubblicazioni e presentazioni a convegni sui
dati toscani di cui all’Appendice 1, sono tuttora in corso, come quello ad esempio sui casi a
sede extrapleurica e quello sui casi ignoti, di cui alcuni primi risultati sulla casistica toscana
sono presentati nel capitolo 4.
Ci preme anche segnalare una casistica di casi definiti “ambientali” e “familiari”, di
casi cioè insorti in persone che risiedevano in aree ove erano ubicate aziende che avevano
utilizzato amianto o conviventi con persone che lavoravano in presenza di amianto e che
venivano indirettamente esposti alle fibre portate a casa sui capelli e su gli indumenti di
lavoro. Questa casistica, seppur non molto ampia, fornisce elementi utili per una maggiore
comprensione del rischio amianto.
Come nel precedente rapporto vogliamo ribadire che la presentazione di numeri,
tabelle e grafici, non deve fare perdere la percezione del dramma umano che ogni singolo
caso rappresenta. Il fatto che si tratti di una patologia “prevenibile”, cioè spesso
determinata dal non avere messo in atto le misure necessarie per proteggere i lavoratori,
rende questi dati ancora più drammatici.
-2LA RETE INFORMATIVA E LA QUALITA’ DEI DATI
DEL COR TOSCANO DEI MESOTELIOMI MALIGNI
Le attuali procedure seguite dal COR mesoteliomi della Toscana per l’identificazione,
la raccolta, definizione, classificazione e codifica dei casi e delle loro storie di esposizione,
sono definite dalle Linee Guida nazionali del Registro Nazionale dei Mesoteliomi Maligni
(RENAM), aggiornate nel 2003 (http://www.ispesl.it/ispesl/sitorenam/lineeguida.htm), alla cui
stesura ha contribuito anche il COR toscano facente parte del RENAM stesso. Nel corso
degli anni, sono stati effettuati studi di approfondimento di alcuni aspetti della casistica
raccolta, in collaborazione con i COR mesoteliomi di altre regioni italiane nell’ambito
dell’attività del RENAM. Questi approfondimenti hanno affrontato alcuni problemi emersi
nell’ambito dell’attività di sorveglianza epidemiologica in continuo dei COR mesoteliomi e
hanno indotto alcuni aggiustamenti nelle modalità di lavoro al fine di aumentare la qualità
dei dati raccolti.
2.1 La rilevazione dei casi di mesotelioma
La rilevazione dei casi di mesotelioma maligno (MM) viene effettuata dal COR
regionale presso quelle strutture sanitarie, presenti in Toscana, che diagnosticano e trattano
casi di mesotelioma. La rete dei servizi segnalatori dei casi di mesotelioma è attiva da quasi
20 anni e rileva circa 50 casi ogni anno tra i residenti nella regione, oltre a circa 10 casi tra
non residenti che vengono diagnosticati o trattati presso queste stesse strutture sanitarie
regionali. In particolare, le principali fonti informative sono rappresentate dai presidi
ospedalieri anche universitari, ed in particolare dai servizi e istituti di Anatomia Patologica,
dai reparti di Chirurgia Toracica, Pneumologia, Chirurgia Generale, Oncologia,
Radiodiagnostica e Radioterapia ospedalieri e universitari. Le segnalazioni giungono in
genere dai medici di queste strutture utilizzando una specifica scheda (Appendice 2). Altre
fonti informative sono rappresentate dai servizi di Prevenzione Igiene e Sicurezza nei
Luoghi di Lavoro (PISLL) delle ASL, dal Registro Tumori Toscano, dal Registro di
Mortalità Regionale toscano, dall’archivio delle Schede di Dimissione Ospedaliera e
dall’INAIL.
I casi segnalati e ritenuti casi certi o sospetti di mesoteliomi maligno, secondo i criteri
diagnostici previsti dalle Linee Guida nazionali, vengono iscritti nella rubrica del registro
secondo una numerazione progressiva che conferisce al caso un identificativo numerico
(ID). Se il caso rispetta i criteri diagnostici ma è residente in altra regione, viene catalogato
come “fuori regione” (FR), e segnalato al COR di competenza.
Per ogni caso viene raccolta tutta la documentazione clinica disponibile e viene
attribuito il miglior livello raggiunto di definizione diagnostica. La qualità della diagnosi di
MM pleurico dipende essenzialmente dagli esami effettuati, come evidenziabile dalla tabella
2.1 che riporta lo schema utilizzato per la classificazione diagnostica. La diagnosi di
mesotelioma è considerata “certa” se vi è o un esame istologico di materiale proveniente da
biopsia pleurica o pezzo operatorio o da riscontro autoptico, oppure un esame su materiale
citologico incluso in paraffina, entrambi accompagnati o meno da esami
immunoistochimici. Di minor livello di certezza è la diagnosi di mesotelioma, definita in
questo caso “probabile”, effettuata tramite esame citologico del sedimento di versamento
pleurico oppure tramite accertamenti strumentali, di solito rappresentati da tomografia
assiale computerizzata (TAC) o da esami radiografici. Ancora più incerta (mesotelioma
“possibile”) risulta infine la diagnosi qualora siano presenti solo dati indicativi, non certi, da
cartella clinica o da esami strumentali o dati desunti dal solo certificato di decesso (DCO).
2.2 La rilevazione dell’anamnesi professionale e l’attribuzione dell’esposizione ad
amianto
La rilevazione dell’anamnesi professionale, delle abitudini di vita e della storia
residenziale di ciascun caso viene effettuata tramite l’intervista al soggetto (intervista diretta)
oppure, verificata la indisponibilità, ad una persona a lui vicina (intervista indiretta) in grado
di fornire informazioni sulla storia lavorativa e di vita con un questionario standard
(Appendice 3) per l’uso del quale l’intervistatore è stato addestrato. Il COR si avvale, per
l’acquisizione dei dati relativi all’esposizione professionale e residenziale dei casi identificati,
della collaborazione, oltre che di personale proprio (assistenti sanitarie con una formazione
specifica alla raccolta delle informazioni di interesse), anche del personale dei Dipartimenti
di Prevenzione delle Aziende Sanitarie toscane, ed in particolare delle Unità Funzionali di
PISLL.
La classificazione della probabilità di esposizione ad amianto viene effettuata da uno
degli autori del presente rapporto (S.S.), igienista industriale esperto, sulla base delle
informazioni raccolte sull’attività lavorativa, sulla storia personale e le eventuali condizioni
ambientali di vita del soggetto, secondo un sistema di codifica concordato a livello
nazionale e riportato sulle Linee guida RENAM del 2003 (Appendice 4).
2.3 L’archivio dei casi
Tutta la documentazione raccolta sui casi di mesotelioma maligno viene mantenuta in
due archivi: un archivio cartaceo ed uno informatizzato.
L’archivio cartaceo contiene i dossier relativi a ciascun soggetto, individuabile dal
proprio ID attribuitogli al momento della rilevazione. I dossier contengono copia della
documentazione relativa sia alla patologia sia alla storia di esposizione.
L’archivio informatizzato è suddiviso in più archivi in modo da mantenere il dato
nominativo separato dal resto delle informazioni raccolte sulla storia della malattia e sulla
storia di esposizione, come previsto dall’art.6 del DPCM 308/2002.
L’accesso alle funzioni del sistema di archiviazione, sia cartaceo che informatizzato, è
consentito solo al personale del COR espressamente abilitato a farlo.
Ogni anno, alcuni dati archiviati vengono inviati, seguendo modalità standard di
salvaguardia della privacy, al RENAM implementato presso l’ISPESL (Istituto Superiore
per la Prevenzione nei Luoghi di Lavoro), e vengono elaborati congiuntamente con quelli
Tabella 2.1 - Criteri di classificazione dei casi*.
1. Mesotelioma maligno
CERTO
TIPO DIAGNOSI
Materiale istologico
incluso in paraffina
1.1
QMC
Sì
1.2
QMC
Sì
2. Mesotelioma maligno
PROBABILE
1.3
QMC
Sì
2.1
QMD
Sì
Materiale citologico
incluso in paraffina
QMC
(Sì in mancanza
del precedente)
QMC
(Sì in mancanza
del precedente)
-
QMD
(Sì in mancanza
del precedente)
Materiale citologico
non incluso in
paraffina
-
-
-
-
Immunoistochimica
con quadro
immunofenotipico
Diagnosi per
immagine
Diagnosi clinica o
SDO
Diagnosi autoptica
Certificato di decesso
C
C
Sì
Sì
C
(Sì in mancanza
della precedente)
C
(Sì in mancanza
della precedente)
-
C
Sì
C
(Sì in mancanza
della precedente)
C
(Sì in mancanza
della precedente)
-
QMC: Quadro Morfologico Caratteristico
* Fonte: Linee guida RENAM, 2003
-
-
C
3.1
3.2
-
-
-
QMD
-
-
-
-
QMD
-
-
-
-
-
-
-
Non
effettuata
o esito
dubbio
-
-
-
-
-
-
Indicativa
(Sì in mancanza
della precedente)
-
-
Solo
SDO
-
-
-
-
-
-
-
Con dizione
di
mesotelioma
Sì
-
-
Solo
codice
ICD IX
Sì
-
Sì
C
(Sì in mancanza
della precedente)
C
(Sì in mancanza
della precedente)
-
2.2
QMC
-
4. Mesotelioma maligno
SOSPETTO o DA
DEFINIRE
4.1
4.2
4.3
3. Mesotelioma maligno
POSSIBILE
C
-
Sì
C
(Sì in mancanza
della precedente)
C
(Sì in mancanza
della precedente)
-
QMD: Quadro Morfologico Dubbio
Indicativa
Sì
C: Certa
Sì: Necessario
-
che arrivano dai COR delle altre regioni italiane, al fine di produrre statistiche a livello
nazionale.
2.4 La qualità dei dati
La qualità dei dati raccolti viene monitorata effettuando annualmente controlli sulla
completezza della casistica raccolta e controlli sull’accuratezza della modalità di
identificazione dei casi e sulle informazioni necessarie per l’identificazione dell’eventuale
pregressa esposizione ad amianto.
I controlli sulla completezza della casistica
La segnalazione di un caso di mesotelioma arriva in genere al COR da più fonti;
viene registrata nell’archivio informatizzato come la “fonte di segnalazione”, che ha
segnalato per prima il caso.
In tabella 2.2 sono presentati i casi identificati per fonte di segnalazione e per periodo
(1988-1993; 1994-1997; 1998-2000; 2001-2004; 2005-2006). La principale fonte
considerando il periodo complessivo è rappresentata dai servizi di Anatomia Patologica
(38,2%), seguiti dalle UF di PISLL (16,3%) e dai reparti ospedalieri di ricovero dei soggetti
affetti da mesotelioma maligno pleurico, essenzialmente i reparti di Chirurgia Toracica
(11,3%), ed altri reparti quali quelli di Pneumologia, Oncologia e Medicina Generale
(15,4%) complessivamente. Nel corso degli anni si è assistito ad un incremento delle
segnalazioni da parte delle strutture ospedaliere: dal 17,6% nel primo periodo al 32%
(15,4% dai reparti di Chirurgia Toracica ed il resto da altri reparti) nell’ultimo periodo di
casistica consolidata (2001- 2004), riducendosi così nel contempo la quota di casi segnalati
dai servizi PISLL delle ASL. Con l’attivazione di COR mesoteliomi in altre regioni italiane
si sono anche aggiunte queste fonti per i casi di residenti in Toscana diagnosticati in
strutture ospedaliere di altre regioni. I casi così segnalati si attestano su circa 2 all’anno.
Al fine di effettuare controlli sulla completezza della casistica raccolta vengono
utilizzate fonti correnti di dati sanitari, quali l’archivio delle Schede di Dimissione
Ospedaliera (SDO) relativo ai ricoveri in strutture ospedaliere toscane, il Registro Tumori
della Regione Toscana (RTRT) ed il Registro di Mortalità Regionale (RMR) toscano.
L’archivio delle SDO viene utilizzato a partire dai casi incidenti nel 1997. In
particolare ogni anno vengono selezionati tutti i ricoveri ospedalieri avvenuti in Toscana
che presentano i seguenti codici ICD-IX di dimissione ospedaliera, sia come diagnosi
principale sia come diagnosi secondaria:
- 163: tumore della pleura
- 158.8: tumore del peritoneo
- 158.9: tumore del peritoneo non specificato
- 164.1: tumore del cuore
- 187.8: tumore della tunica vaginale.
Per i casi per i quali viene identificato un primo ricovero per mesotelioma viene richiesta
copia della cartella clinica. Riguardo alla casistica consolidata, 1998-2004, sono risultati ben
63 i casi identificati dall’archivio SDO e non segnalati in precedenza da alcuna struttura
ospedaliera. Da notare che le SDO vengono anche utilizzate al fine di definire meglio la
Tabella 2.2 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi a sede pleurica per periodo (1988-1993; 1994-1997; 19982000; 2001-2004; 2005-2006) e fonte di prima segnalazione.
Fonte di prima segnalazione
1988-1999
1994-1997
1998-2000
2001-2004
Serv. di Anatomia Patologica
U.O. di Chirurgia Toracica
Altre U.O. ospedaliere
PISLL
SDO**
RTT
RMR
COR di altre regioni
Altro
Totale
n.
95
-30
28
-3
12
-2
170
n.
70
-22
43
-13
1
5
3
157
n.
42
55
22
27
31
6
-7
2
192
n.
90
39
42
31
32
7
-8
4
253
*
%
55,9
-17,6
16,5
-1,8
7,0
-1,2
100,0
%
44,6
-14,0
27,4
-8,3
0,6
3,2
1,9
100,0
casistica ancora in fase di completamento
** recupero dei casi da questa fonte attivato dalla casistica diagnosticata nel 1997
%
21,9
28,6
11,5
14,1
16,1
3,1
-3,6
1,1
100,0
%
35,6
15,4
16,6
12,3
12,6
2,7
-3,2
1,6
100,0
2005-2006*
n.
42
6
21
16
2
-1
5
23
116
%
36,2
5,2
18,1
13,8
1,7
-0,9
4,3
19,8
100,0
totale
1988-2006
n.
%
339
38,2
100
11,3
137
15,4
145
16,3
65
7,3
26
2,9
14
1,6
25
2,8
37
4,2
888
100,0
diagnosi dei casi segnalati da altre fonti, come descritto in precedenza nella tabella 2.1.
Il RTRT, che raccoglie i casi di tumore diagnosticati tra i residenti delle province di
Firenze e Prato dal 1985, e che dal 2004 raccoglie la casistica relativa a tutta la popolazione
toscana, ha permesso l’identificazione di 26 casi, più della metà dei quali precedenti al 1998,
quando l’acquisizione dei casi da parte del registro mesoteliomi avveniva in maniera attiva
solo in alcune delle possibili fonti di casi.
Per quanto concerne il RMR, che raccoglie i certificati di morte ISTAT di tutti i
residenti in Toscana dal 1987, solo occasionalmente risulta essere la prima e unica fonte di
segnalazione dei casi. Qualora un caso venga identificato per la prima volta dal certificato di
decesso si procede al recupero di possibili ricoveri al fine di migliorarne la classificazione
diagnostica nel COR; solo quando non si recuperino ulteriori informazioni sulla storia della
malattia, il caso viene mantenuto come tale in archivio ma a condizione che sul certificato
di decesso il medico certificatore abbia menzionato esplicitamente il “mesotelioma
maligno” quale causa di morte. I casi così identificati vengono definiti DCO (Death
Certificate Only), cioè definiti sulla base del solo certificato di decesso. Dal 1988 al 2004, 11
casi sono stati registrati come DCO.
La messa a regime dei flussi stabiliti tra il COR e le più importanti fonti di
segnalazione, ha determinato oltre all’incremento delle segnalazioni da parte di queste
strutture anche una riduzione notevole del tempo medio intercorrente tra la data della
diagnosi e la data di segnalazione dei casi al COR (tabella 2.3), rendendo così possibile
l’effettuazione di un numero maggiore di interviste direttamente ai pazienti. La fonte di
segnalazione più tempestiva nella segnalazione risulta rappresentata dai reparti ospedalieri e
universitari di diagnosi e cura. Nell’ultimo periodo con dati consolidati (2001-2004) i tempi
medi intercorrenti dalla diagnosi alla segnalazione al COR risultano infatti pari a 1-2 mesi
dai reparti di diagnosi e cura, 2-3 mesi dai servizi e istituti di Anatomia Patologica, poco più
di 5 mesi dai PISLL e 4 mesi da COR mesoteliomi di altre regioni. Considerando che la
sopravvivenza mediana della casistica toscana 1988-2000 è risultata pari a 8 mesi (Gorini,
2005), risulta possibile intervistare il paziente solo quando i casi vengono segnalati o
recuperati da queste fonti. Negli altri casi (pari a circa il 20% della casistica) il recupero
avviene a distanza media di 2-3 anni con una conseguente minore qualità della
ricostruzione della storia di esposizione che avviene, qualora possibile, mediante intervista
di familiari e/o compagni di lavoro (“proxy”).
Un ulteriore indicatore di qualità del flusso informativo è rappresentato dal rapporto
mortalità/incidenza che è stato calcolato solo per i casi a sede pleurica. Teoricamente, data
la breve sopravvivenza di questi casi il rapporto mortalità/incidenza (mortalità desunta dal
RMR e incidenza dal flusso informativo del COR) dovrebbe tendere all’unità. La tabella 2.4
indica che l’attuale flusso della casistica pleurica è di buona qualità dato che tale rapporto si
è effettivamente spostato negli anni verso l’unità per entrambi i sessi.
Negli ultimi anni, 2001-2004, per entrambi i generi si osservano inoltre tassi età
specifici che non si riducono considerevolmente nei soggetti di età >75 anni come invece si
evidenziava negli anni precedenti. Questo andamento dei tassi età specifici delle età più
avanzate sta ad indicare che negli ultimi anni si è attuata una migliore procedura di raccolta
dei casi, in quanto non si vengono a perdere quelli con basso livello di definizione
diagnostica che in grande maggioranza riguardano proprio soggetti anziani.
Tabella 2.3 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Tempo medio (in mesi)
dalla data della diagnosi alla data della segnalazione al COR toscano dei casi a sede pleurica
per periodo e fonte di prima segnalazione.
Fonte di 1° segnalazione
Serv.di Anatomia Patologica
U.O. di Chirurgia Toracica
Altre U.O. ospedaliere
Servizi PISLL
SDO**
RTT
RMR
COR di altre regioni
Altro
*
1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 2005-2006*
27,2
36,1
60,3
60,1
29,8
56,2
13,2
6,9
14,6
43,8
30,6
33,2
37,6
3,6
1,8
3,1
8,3
20,6
13,4
5,4
25,2
2,4
1,5
1,4
5,2
20,6
35,8
4,1
19,0
3,6
0,3
1,7
2,9
15,6
5,1
4,5
casistica ancora in fase di completamento
** recupero dei casi da questa fonte attivato dalla casistica diagnosticata nel 1997
Tabella 2.4 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2004. Tassi (per 100.000) di
incidenza e mortalità standardizzati (TS) sulla popolazione europea e rapporto
mortalità/incidenza (M/I) per tumore pleurico in Toscana per sesso e periodo.
Periodo
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
Maschi
TS
TS
mortalità incidenza
(M)
(I)
1,54
0,99
1,54
1,41
2,16
2,26
2,05
1,94
M/I
1,6
1,1
1,0
1,1
Femmine
TS
TS
mortalità incidenza
(M)
(I)
0,46
0,23
0,57
0,25
0,43
0,32
0,50
0,45
M/I
2,0
2,3
1,3
1,1
La qualità delle interviste
La ricostruzione tramite intervista delle eventuali pregresse esposizioni ad amianto
dei casi di mesoteliomi maligno ha diverse finalità: favorire il riconoscimento della causa
professionale della malattia, valutare gli effetti complessivi dell’impatto sanitario che l’uso di
questo minerale ha provocato, identificare eventuali fonti di inquinamento tuttora presenti,
contribuire alla ricerca su questa patologia. La valutazione di qualità delle interviste (in
termini di contenuti, tempi e modi) è pertanto importante per comprendere l’utilizzabilità
delle informazioni di interesse.
Alcuni indicatori di qualità, quali la distribuzione dei casi per soggetto intervistato o
per tipo di intervista, sono stati calcolati a partire dall’intera casistica (1988-2006) per la
quale sono disponibili informazioni sulle esposizioni ad amianto, per altri indicatori è stata
considerata solo la casistica consolidata fino al 2004, quali ad esempio il tempo medio
intercorrente tra la diagnosi e la segnalazione dei casi.
Tra le 858 interviste disponibili, relative ai casi diagnosticati dal 1988 e il 2006 e
sinora segnalati, quelle effettuate direttamente al paziente sono 422 (49,2%) mentre le altre
436 interviste (50,8%) sono state effettuate a parenti o colleghi di lavoro (proxy) per
intervenuto decesso del caso o a seguito di una richiesta della famiglia di non coinvolgere il
paziente. L’intervista al paziente nella maggior parte dei casi è condotta «faccia a faccia»,
mentre quella a parenti è condotta per telefono per oltre il 50% circa dei casi (tabella 2.5).
Tabella 2.5 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi
intervistati per soggetto intervistato (Caso: intervista diretta al caso; Proxy: intervista ai
parenti o colleghi di lavoro) e per tipo di intervista (diretta, telefonica, altro).
Tipo di intervista
Diretta
Telefonica
Altro
Totale
Caso
n.
373
42
7
422
%
88,4
9,9
1,7
100,0
Soggetto intervistato
Proxy
n.
%
128
29,3
245
56,2
63
14,5
436
100,0
Totale
n.
%
501
58,4
287
33,5
70
8,1
858
100,0
L’intervista non viene mai comunque effettuata al paziente quando questo si trovi
nello stadio terminale della malattia. La proporzione di interviste dirette a pazienti affetti da
mesotelioma è un indicatore della qualità della intervista; infatti il paziente può fornire
informazioni più precise sulla propria storia lavorativa e su altre occasioni di esposizione ad
amianto rispetto al proxy. La figura 2.1 mostra la distribuzione delle interviste dirette e
proxy nel corso degli anni. Da notare che la percentuale di interviste dirette risulta più
elevata nel 2005-2006 poiché si riferisce a casistica in fase di completamento ed è altamente
probabile che si ridurrà una volta effettuati gli usuali controlli sulle fonti correnti di dati
sanitari (SDO, RTT e RMR).
La tabella 2.6 mostra la distribuzione per periodo delle interviste in base alla loro
completezza: l’84,7% delle interviste effettuate sono complete, cioè il questionario è stato
riempito in tutte le sue parti; da notare che la proporzione di interviste complete passa dal
59,5% nel periodo 1988-1993 al 96,1% per gli anni 2001-2004, segno evidente di una
migliorata capacità di raccolta informazioni nel tempo.
Il tipo di soggetto intervistato ha comunque influenza sulla completezza
dell’intervista come si osserva nella tabella 2.7, oltre che sulla definizione dell’esposizione
ad amianto come successivamente descritto nel capitolo 4.
Anche il modo con cui l’intervista viene effettuata influisce sulla sua completezza.
L’intervista diretta resta sempre la più efficace in termini di raccolta di informazioni. Nella
tabella 2.8 si può notare che l’intervista telefonica comporta un calo di ben 13 punti
percentuali sulla completezza.
Frequenza %
Figura 2.1 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Proporzione di interviste
dirette/proxy per periodo.
.
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
41
57
59
27
67
80
73
Proxy
Dirette
33
20
19881993
43
19941997
19982000
20012004
20052006*
Periodi di calendario
* casistica ancora in fase di completamento
Tabella 2.6 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2004. Distribuzione dei casi per
completezza dell’intervista e periodo di calendario.
Completezza dell’intervista
Periodo
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-2004
Si
n.
88
111
169
244
612
Totale
No
%
59,5
75,0
90,9
96,1
83,2
n.
60
37
17
10
124
%
40,5
25,0
9,1
3,9
16,8
n.
148
148
186
254
736
%
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Tabella 2.7 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi per
completezza dell’intervista e soggetto intervistato (Caso: intervista diretta al caso; Proxy:
intervista ai parenti o colleghi di lavoro).
Completezza
Si
No
Totale
n.
401
21
422
Soggetto intervistato
Caso
Proxy
%
n.
%
95,0
326
74,8
5,0
110
25,2
100,0
436
100,0
Totale
n.
%
727
84,7
131
15,3
858
100,0
Tabella 2.8 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi per
completezza dell’intervista e modalità di intervista.
Completezza
Si
No
Totale
Modalità di intervista
Diretta
Telefonica
Altro*
n.
%
n.
%
n.
%
478
95,4 238
82,3
11
15,7
23
4,6
49
17,7
59
84,3
501 100,0 287 100,0
70 100,0
Totale
n.
%
727
84,7
131
15,3
858 100,0
*(notizie recuperate da altra documentazione cartacea, es. dall’INAIL)
Data la breve sopravvivenza di casi di mesoteliomi maligno, l’intervista diretta del
caso è possibile solo se la segnalazione dalla struttura di diagnosi al COR avviene in tempi
brevi (entro 4-5 mesi dalla diagnosi). Il tempo in mesi intercorrente tra la diagnosi e la
segnalazione al COR rappresenta quindi non solo un importante indicatore di qualità del
flusso informativo ma di tutto il lavoro svolto dal COR sul singolo caso che si conclude
con la definizione dell’esposizione. Dalla tabella 2.9 si evidenzia che il tempo medio tra la
diagnosi e la segnalazione si è ridotto sensibilmente. I casi extrapleurici, per le modalità di
raccolta della casistica, presentano mediamente tempi più lunghi di individuazione (anche
nel periodo 2001-2004 è pari a 9 mesi per i casi extrapleurici e a 5,6 mesi per i casi pleurici).
Permangono quindi criticità nel sistema di segnalazione che non hanno alcuna
giustificazione di tipo tecnico; sono imputabili ad una scarsa attenzione al problema da
parte delle strutture di diagnosi e alla mancanza di sensibilità verso la registrazione di una
patologia che in tre casi su quattro risulta essere di origine professionale. In qualche caso si
tratta di vera e propria omissione di referto, omissione perseguibile per legge (Art
334/CPP). Esaminando i soli casi pleurici per i quali il flusso è assestato, si segnala una
differenza di comportamento nelle diverse ASL, si evidenziano tempi medi di segnalazione
superiori ai 5 mesi ancora nel 2001-2004: la ASL 4 con 10,6 mesi, la ASL 9 con 9,4 mesi, la
ASL 11 con 9,1 mesi, la ASL 6 con 8,6 mesi, la ASL 7 con 7,9 mesi, e quindi per ultima la
ASL 5 con 5,7 mesi.
Negli anni, come conseguenza della riduzione del tempo medio intercorrente tra la
data di diagnosi e quella di segnalazione, si è ridotto anche il tempo intercorrente tra la data
della diagnosi e la data dell’intervista (tabella 2.10), e questo indipendentemente dal fatto
che l’intervista venga effettuata al caso o ai parenti, da personale del CSPO o dei PISLL. Il
tempo medio tra la data della diagnosi e l’intervista risulta più lungo se l’intervista è
effettuata ai parenti; questo è dovuto al fatto che per prassi vengono attesi almeno 6 mesi
per il primo contatto con i parenti dal momento del decesso del paziente. Da notare i tempi
particolarmente brevi registrati per la casistica 2005-2006, ancora in fase di completamento:
tali tempi è presumibile si attesteranno su quelli del 2001-2004 una volta conclusa la fase di
recupero dei casi dalle fonti correnti di dati sanitari.
Tabella 2.9 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2004. Tempo medio (in mesi) tra la diagnosi e la segnalazione al COR dei casi, per
sede anatomica, periodo e ASL.
ASL
1 Massa C.
2 Lucca
3 Pistoia
4 Prato
5 Pisa
6 Livorno
7 Siena
8 Arezzo
9 Grosseto
10 Firenze
11 Empoli
12 Versilia
Toscana
19881993
61,7
24,7
26,7
24,8
68,5
38,6
32,8
1,5
7,5
5,0
16,5
73,7
36,0
Casi pleurici
199419981997
2000
19,3
4,7
16,9
18,1
6,1
7,2
22,1
7,5
29,4
11,7
13,8
6,0
8,2
6,2
12,7
7,9
4,4
13,0
16,0
4,9
4,0
4,7
25,4
5,2
15,7
7,1
20012004
2,8
2,2
1,4
10,6
5,7
8,6
7,9
3,3
9,4
4,9
9,1
3,6
5,6
19881993
131,6
87,0
38,0
54,7
55,8
62,3
Casi non pleurici
199419981997
2000
9,6
59,5
14,5
48,0
8,3
13,6
6,0
16,1
3,3
2,8
29,2
6,9
20012004
46,3
13,2
24,5
4,8
4,1
1,7
9,8
9,0
19881993
61,7
46,1
36,7
24,8
68,5
38,5
32,8
1,5
7,5
19,6
34,4
73,7
39,2
Tutti i casi
199419981997
2000
19,3
4,7
16,9
18,1
6,1
7,2
22,1
7,6
33,1
12,0
15,6
6,0
8,2
6,2
12,8
7,9
4,4
11,8
16,0
4,7
3,8
4,7
25,4
5,2
16,3
7,1
20012004
4,6
2,2
2,4
10,6
7,6
8,2
7,4
3,0
8,2
5,1
9,1
3,6
5,9
Se l’intervista è effettuata da personale del CSPO, una volta definita l’esposizione, la
documentazione relativa al caso viene inviata al Servizio PISLL di competenza. Il tempo
medio dalla data dell’intervista alla data di invio della documentazione è risultato pari a circa
2-3 mesi nel periodo 1994-1997, a 1-2 mesi nel periodo 1998-2000 e si mantiene tale nel
2001-2004.
Tabella 2.10 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Tempo medio (in mesi)
tra la data di diagnosi e quella dell’intervista per soggetto intervistato (Diretta: intervista
diretta al caso; Proxy: intervista ai parenti o colleghi di lavoro), intervistatore (CSPO:
personale del CSPO; PISLL: personale delle UF di PISLL) e periodo.
Periodo
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
2005-2006*
Intervistatore
CSPO
PISLL
Diretta Proxy Diretta Proxy
14,4
53,9
14,1
40,9
11,6
33,7
5,1
15,0
4,1
18,6
3,7
17,9
4,2
14,4
3,1
18,1
3,5
8,1
3,0
4,7
*casistica ancora in fase di completamento
La qualità dell’attribuzione dell’esposizione
La qualità delle informazioni raccolte durante l’intervista risulta di fondamentale
importanza per l’attribuzione dell’esposizione. È interessante notare quanto presentato
nella tabella 2.11, che riporta le differenze di classe di esposizione a seconda che le
informazioni provengano dal paziente stesso (caso) o da una persona vicina (proxy).
L’esposizione professionale certa viene più frequentemente attribuita in caso di intervista
diretta (56,4%) rispetto ad intervista effettuata a proxy (35,8%). Diversamente l’attribuzione
della esposizione professionale “possibile” viene data nel 21,1% dei casi in cui l’intervista è
stata fatta a persone vicine (proxy) e solo nel 13,3% dei casi in cui l’intervista è stata fatta
direttamente al soggetto (caso), e così pure nel caso di esposizione ignota (intervista diretta:
19%; intervista a proxy: 25%). Infatti il proxy in genere è in grado di indicare l’attività
lavorativa e la ditta, ma non è a conoscenza dei materiali che venivano impiegati,
condizione che si verifica frequentemente, ad esempio, per gli addetti al comparto edilizia.
Il miglioramento del sistema informativo, caratterizzato da un più rapido contatto
con il caso ed un conseguente incremento del numero di interviste dirette, ha determinato
un aumento dei casi pleurici classificati con esposizione certa ed una sensibile e parallela
diminuzione dei casi con classificazione probabile e possibile (figura 2.2). Rimangono
pressochè stabili i casi con esposizione ignota, anche se si nota una flessione per quelli
identificati nel 1998-2000 a seguito di uno studio specifico descritto più avanti nel capitolo
4 (paragrafo 4.4).
Tabella 2.11 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi per
classe di esposizione ad amianto e soggetto intervistato (Diretta: caso; Proxy: parente,
convivente, collega di lavoro).
Esposizione
Prof. Certa
Prof. Probabile
Prof. Possibile
Familiare
Ambientale
Extra prof.
Improbabile
Ignota
Totale
Diretta
n.
%
238
56,4
34
8,1
56
13,3
6
1,4
1
0,2
3
0,7
4
0,9
80
19,0
422
100,0
Intervista
Proxy
n.
%
156
35,8
58
13,3
92
21,1
12
2,8
3
0,7
4
0,9
2
0,5
109
25,0
436
100,0
Totale
n.
%
394
45,9
92
10,7
148
17,2
18
2,1
4
0,5
7
0,8
6
0,7
189
22,0
858
100,0
Figura 2.2 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2004. Percentuale (%) dei casi a
sede pleurica intervistati per tipo di esposizione attribuita (professionale “certa”;
professionale “probabile”; professionale “possibile”; “ignota”) e per periodo (solo casistica
consolidata).
60
50
%
40
certa
probabile
30
possibile
ignota
20
10
0
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
-3I CASI DEL PERIODO 1988-2006
Al giugno 2007 risultano registrati dal COR mesoteliomi della Toscana 1.042 casi di
mesotelioma maligno (MM) diagnosticati con vario livello di certezza diagnostica nel
periodo 1988-2006, di cui 954 in residenti in Toscana e 88 relativi a soggetti residenti in
altre regioni italiane. Di seguito saranno descritti solo i casi relativi a soggetti residenti in
Toscana.
Le due tabelle che seguono mostrano la distribuzione dei 954 casi registrati tra i
residenti in Toscana e diagnosticati nel periodo 1988-2006. La tabella 3.1 mostra la casistica
per sede anatomica. La maggior parte (888 casi) è a sede pleurica e pertanto questi casi
verranno descritti separatamente e più estesamente rispetto ai casi a sede extra-pleurica. La
tabella 3.2 mostra la casistica per sesso e area geografica di residenza al momento della
diagnosi: oltre la metà dei casi (494 casi pari al 51,8%) risulta residente nelle province del
Nord Ovest della Toscana ed una metà di questi nella provincia di Livorno.
Tabella 3.1 – COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi per
sede topografica del tumore.
Sede del mesotelioma
Pleura
Peritoneo*
Pericardio^
Tunica vaginale del testicolo
Totale
n.
888
60
4
2
954
%
93,1
6,3
0,4
0,2
100,0
* un caso fra quelli inseriti a sede peritoneale in realtà è un doppio mesotelioma:
peritoneale e pericardio
^ tra i casi del pericardio non è qui conteggiato quello a sede anche peritoneale
3.1 Mesoteliomi a sede pleurica 1988-2006
I casi a sede pleurica diagnosticati nel periodo 1988-2006 sono stati complessivamente
888. La casistica annuale è all’incirca raddoppiata dai primi anni di registrazione agli ultimi:
da circa 30 casi all’anno nel primo periodo (1988-1993) a poco più di 60 nell’ultimo con
casistica consolidata (2001-2004). Come evidenziabile nella tabella 3.3 la gran parte dei casi
(69%) ha una diagnosi di tipo istologico. Questo tipo di diagnosi è in aumento in tutto il
periodo di osservazione: dal 65,3% nel primo periodo 1988-93 all’85,4% nel periodo 20012004. La percentuale ancora maggiore (88,8%) di casi istologici nel biennio 2005-2006 potrà
non essere quella finale una volta completato il recupero e la registrazione dei casi di questi
Tabella 3.2 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi per
sesso e provincia di residenza al momento della diagnosi.
Provincia
residenza
Massa
Lucca
Pistoia
Prato
Pisa
Livorno
Siena
Arezzo
Grosseto
Firenze
n.n.
Totale
Casi totali
N.
%*
101
10,6
86
9,0
81
8,5
67
7,0
74
7,8
233
24,4
36
3,8
68
7,1
27
2,8
179
18,8
2
0,2
954
100,0
Maschi
N.
%^
93
92,1
69
80,2
63
77,8
50
74,6
54
73,0
197
84,5
26
72,2
58
85,3
20
74,1
122
68,2
1
50,0
753,0
78,9
Femmine
N.
%^
8
7,9
17
19,8
18
22,2
17
25,4
20
27,0
36
15,5
10
27,8
10
14,7
7
25,9
57
31,8
1
50,0
201
21,1
* percentuale di colonna; ^ percentuale di riga
Tabella 3.3 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi a
sede pleurica per periodo e tipo di diagnosi.
Tipo di diagnosi
N. casi
Istologia
19881993
19941997
19982000
20012004
20052006*
111
115
156
216
103
701
30
72
121
206
100
529
81
43
35
10
3
172
18
15
14
13
10
70
36
23
22
22
3
106
5
4
-
2
-
11
170
157
192
253
116
888
65,3
73,3
81,2
85,4
88,8
69,0
17,6
45,9
63,0
81,4
86,2
59,6
47,6
27,4
18,2
4,0
2,6
9,4
10,6
9,6
7,3
5,1
8,6
7,9
21,2
14,6
11,5
8,7
2,6
1,9
2,9
2,5
-
0,8
-
1,2
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
- con esami IIC
- senza esami IIC
Citologica
Clinica
DCO
Totale
% casi
Istologia
- con esami IIC
- senza esami IIC
Citologica
Clinica
DCO
Totale
*casistica in corso di completamento
Totale
1988-2006
anni. Sono aumentate in particolare quelle diagnosi suffragate da esami immunoistochimici
(IIC): nel 1988-1993 erano il 17,6% delle diagnosidi MM, nel 1994-1997 il 45,9%, nel 19982000 il 63,0%, e nel 2001-2004 l’81,4%. Le indagini IIC sono diventate infatti esami di
routine per la diagnosi istologica di mesotelioma. Contemporaneamente sia le diagnosi
citologiche sia quelle cliniche sono diminuite passando le prime dal 10,6% nel primo
periodo al 5,1% nel 2001-2004, e le seconde dal 21,2% all’8,7%.
Le procedure seguite dal COR toscano per la definizione diagnostica sono quelle
riportate sulle linee guida RENAM (2003), riportate anche sinteticamente nel capitolo
precedente. Da notare che la qualità della diagnosi risulta correlata con l’età del paziente al
momento della diagnosi: i casi che presentano un basso livello di definizione diagnostica
sono rappresentati per lo più da soggetti ultra75enni (il 41% dei casi tra i maschi ed il
58,8% tra le femmine che hanno più di 75 anni presentano un mesotelioma definito dal
COR come “possibile”). Evidentemente procedure diagnostiche invasive (biopsia pleurica)
o trattamenti chirurgici demolitivi (pleurectomia, con o senza decorticazione, oppure
pneumonectomia extrapleurica), tramite i quali è possibile prelevare materiale per l’esame
istologico, vengono attuati prevalentemente in soggetti più giovani. Da ciò consegue che
una percentuale troppo elevata di casi definiti su base istologica potrebbe indicare una
perdita selettiva di casi in età più avanzata.
Nella tabella 3.4 sono illustrati i casi suddivisi per modalità di esame diagnostico e per
area geografica di ubicazione della struttura sanitaria dove la diagnosi è stata effettuata. Il
maggior numero di casi (32%) è stato diagnosticato nelle strutture ospedaliere di Pisa,
seguono quelle di Firenze con poco più del 20% di casi e quindi tutte le altre strutture. Tra
queste ultime sono da citare: a) l’ospedale di Siena, sede anche di una delle tre facoltà
universitarie mediche della Toscana, a cui affluiscono prevalentemente i casi del Sud Est
della regione; e b) l’ospedale di Livorno, ubicato in un’area ad elevata incidenza della
casistica (che comunque per la gran parte gravita sulle strutture ospedaliere di Pisa, e che, se
viene trattata solo a Livorno, rimane per il 50% con un basso livello di certezza
diagnostica).
Nella tabella 3.5 viene presentata la distribuzione dei casi per classi di età e sesso. Il
38,4% dei casi di mesotelioma pleurico ha meno di 65 anni; l’età alla diagnosi è più elevata
nelle femmine (età media nelle femmine 69,7 anni; nei maschi 66,5 anni), in analogia a
quanto osservato da altri registri regionali italiani dei mesoteliomi (ISPESL, 2006). Nelle
classi di età <44 e >75 anni il numero dei casi tra gli uomini è circa il doppio di quello
riscontrato tra le donne, nelle classi di età intermedie invece passa a valori più elevati (fino a
circa 6 volte nella classe di età 55-64 anni), a fronte di una maggiore esposizione ad amianto
registrata tra gli uomini per motivi occupazionali.
Se si stratifica il numero dei casi per anno di diagnosi e sesso (dati non riportati in
tabella)si osserva:
- per i maschi una tendenza all’aumento dei casi a partire dal 1995 con un range 18-38 casi
all’anno nel periodo 1988-1997, e 43-56 nel periodo 1998-2004;
- per le femmine un aumento a partire dal 2000, con un range di 4-10 casi l’anno nel 19881997, e 7-22 nel periodo 1998-2004.
Il rapporto maschi/femmine passa da 3,1:1 nel periodo 1988-1993, a 4,4:1 per gli
anni 1994-1997, a 5,9:1 per il periodo 1998-2000, riflettendo il maggior incremento di casi
Tabella 3.4 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi a
sede pleurica per tipo di diagnosi (istologica, citologica, clinica o DCO) e per area
geografica di diagnosi.
Area geogr.
sede di
diagnosi
Pisa
Firenze
Livorno
Siena
Massa Carrara
Arezzo
Prato
Lucca
Pistoia
Versilia
Grosseto
Empoli
Fuori Toscana
n.n.
Totale
Tipo di diagnosi
Citologica
Clinica o DCO
n.
%^
n.
%^
16
5,5
10
3,6
20
10,1
20
10,2
18
25,0
17
23,6
1
1,6
3
8,6
1
2,8
1
2,9
1
3,0
6
18,2
2
7,7
7
35,0
1
5,0
1
20,0
1
20,0
2
40,0
3
5,7
3
5,7
53
100,0
70
7,9
117
13,2
Istologica
n.
%^
260
90,9
157
79,7
37
51,4
62
98,4
31
88,6
33
97,1
26
78,8
24
92,3
12
60,0
6
100,0
4
80,0
2
40,0
47
88,6
701
78,9
Totale
n.
286
197
72
63
35
34
33
26
20
6
5
5
53
53
888
^percentuale di riga
Tabella 3.5 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi a
sede pleurica per sesso e classi di età, e rapporto maschi/femmine (M/F).
Classi di età
< 44
45-54
55-64
65-74
75-84
> 85
Totale
Maschi
Femmine
Totale
n.
%
n.
%
n.
%
8
74
206
268
135
17
708
1,1
10,4
29,1
37,9
19,1
2,4
100,0
4
14
35
61
54
12
180
2,2
7,8
19,4
33,9
30,0
6,7
100,0
12
88
241
329
189
29
888
1,4
9,9
27,1
37,0
21,3
3,3
100,0
M/F
2,0
5,3
5,9
4,4
2,5
1,4
3,9
nei maschi, per poi tornare successivamente nel 2001-2004 al valore iniziale di 3,1:1.
L’aumento del numero dei casi negli anni ’90 sembra dipendere da un reale aumento della
frequenza di questa patologia tra gli uomini toscani e non tanto dalle variazioni nelle
modalità di ricerca dei casi, attuate dal COR toscano proprio nel corso di quegli anni, dato
che negli anni successivi, a sistema consolidato, tale rapporto si abbassa. Questo
andamento si ritrova sia in altri paesi europei, ad esempio, in Inghilterra, il rapporto
maschi/femmine passa dal 3:1 nel 1974 al 7:1 nel 1997 (HSE, 1998/99), sia in altre regioni
italiane (ISPESL, 2006): dal periodo 1993-1997 a quello successivo 1998-2000 si assiste ad
un incremento del 17,4% in Emilia Romagna, del 14,7% in Puglia e del 5,4% in Liguria; in
Piemonte invece il rapporto M/F mostra una tendenza alla diminuzione.
La tabella 3.6 mostra la distribuzione dei casi per ASL di residenza al momento del
ricovero. Per l’intero periodo considerato oltre la metà dei casi risulta residente nell’Area
Vasta (AV) Nord Ovest a fronte di circa il 35 % di popolazione toscana residente in
quell’area. La metà di questi casi è residente nella ASL 6 Livorno, nella quale risiede il
27,5% della popolazione dell’AV Nord Ovest.
Tabella 3.6 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi a
sede pleurica per sesso, ASL e Area Vasta di residenza.
Azienda USL
Maschi
Totale
%
n.
%
92
31
47
182
37
389
13,0
4,4
6,6
25,7
5,2
54,9
8
12
17
33
5
75
4,4
6,7
9,5
18,3
2,8
41,7
100
43
64
215
42
464
11,3
4,8
7,2
24,2
4,7
52,3
ASL 3 – Pistoia
ASL 4 – Prato
ASL 10 – Firenze
ASL 11 – Empoli
59
47
92
21
8,3
6,6
13,0
3,0
16
18
41
8
8,9
10,0
22,8
4,4
75
65
133
29
8,4
7,3
15,0
3,3
AV Centro
219
30,9
83
46,1
302
34,0
ASL 7 – Siena
ASL 8 – Arezzo
ASL 9 – Grosseto
25
54
21
3,5
7,6
3,0
9
8
5
5,0
4,4
2,8
34
62
26
3,8
7,0
2,9
100
14,1
22
12,2
122
13,7
708
100,0
180
100,0
888
100,0
ASL 1 - Massa e Carrara
ASL 2 - Lucca
ASL 5 – Pisa
ASL 6 - Livorno
ASL 12 - Versilia
AV Nord Ovest
AV Sud Est
Totale
n.
Femmine
n.
%
3.2 Mesoteliomi a sede diversa da quella pleurica 1988-2006
In totale i casi a sede extrapleurica, registrati nel periodo 1988-2006, sono 66 , di cui
21 in soggetti di sesso femminile e 45 di sesso maschile (tabella 3.7). Quelli a sede
peritoneale sono i più frequenti: sono 60 casi, di cui l’81,7% diagnosticati istologicamente.
Sia i 4 casi a sede pericardica che i 2 a livello della vaginale del testicolo sono invece tutti
stati diagnosticati istologicamente.
Il flusso informativo per la raccolta di questi casi di MM è meno adeguato rispetto a
quello del MM pleurico, e quindi va ipotizzato che il numero di questi casi possa essere
sottostimato. Complessivamente si nota una certa stabilità della casistica per classe di età,
con un rapporto maschi/femmine pari a 2,1:1. Fino al 2000 i casi extrapleurici risultano
mediamente 2-3 all’anno, successivamente sono aumentati di circa 2 unità per anno.
La distribuzione dei casi extrapleurici per AV non è dissimile da quella della
popolazione ivi residente: il 33,3% dei casi nell’AV Nord Ovest a fronte di un 34,6% di
popolazione residente, nell’AV centro il 48,5% dei casi a fronte del 42,8% di popolazione
residente e nell’AV Sud Est, dove risiede il rimanente 22,6% della popolazione toscana, il
rimanente 18,2% dei casi.
Tabella 3.7 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi a
sede extra-pleurica per sesso e classi di età, e rapporto maschi/femmine (M/F).
Classi di età
< 54
55-64
65-74
> 75
Totale
Maschi
Femmine
Totale
n.
%
n.
%
n.
%
11
11
15
8
45
24,5
24,4
33,3
17,8
100,0
4
6
5
6
21
19,0
28,6
23,8
28,6
100,0
15
17
20
14
66
22,7
25,8
30,3
21,2
100,0
M/F
2,7
1,8
3,3
1,3
2,1
3.3 Stime di incidenza del mesotelioma pleurico
Nelle tabelle 3.8 e 3.9 sono riportati i tassi di incidenza grezzi e standardizzati sulla
popolazione europea, per periodo, ASL di residenza e genere in Toscana. Nei quattro
periodi in cui la casistica si può considerare consolidata (1988-1993; 1994-1997; 1998-2000;
2001-2004) il tasso annuale di incidenza regionale nei maschi risulta rispettivamente pari a
0,99/100.000 (IC 95%: 0,97-1,01); 1,41/100.000 (IC 95%: 1,39-1,43); 2,26/100.000 (IC
95%: 2,22-2,29); 1,94/100.000 (IC 95%: 1,91-1,97). Nelle femmine il tasso standardizzato
risulta per i quattro periodi rispettivamente pari a 0,23/100.000 (IC 95%: 0,22-0,23);
0,25/100.000 (IC 95%: 0,24-0,26); 0,32/100.000 (IC 95%: 0,30-0,33); 0,45/100.000 (IC
95%: 0,43-0,46), con un aumento progressivo tra il primo e l’ultimo tasso.
A differenza di quanto presentato nel rapporto precedente del COR toscano
(Archivio Regionale Toscano dei Mesoteliomi Maligni, 2002) sono stati qui considerati tutti
i casi e non solo quelli istologici. Come si può infatti evidenziare dalla figura 3.1 negli ultimi
anni l’incidenza negli ultra75enni non cala come si evidenziava solo prendendo in
considerazione i casi istologici. Nella figura sono presentati i tassi specifici di tutti i casi
definiti come certi, probabili o possibili seguendo i criteri RENAM, per sesso, classi di età e
periodo. Si osserva un aumento considerevole dei tassi specifici per periodo, soprattutto nei
maschi: tale aumento riguarda in particolar modo le classi di età tra 45 e 74 anni; nel
periodo 1998-2000 i tassi specifici in queste classi di età all’incirca raddoppiano rispetto ai
tassi del periodo precedente, mentre nel 2001-2004 nei maschi i tassi età specifici si
riducono rispetto al periodo precedente, ad eccezione di quelli registrati nella classe di età
55-64 anni; nelle donne ultra65enni continuano invece ad aumentare. Da sottolineare che
sia nei maschi sia nelle femmine i tassi età specifici per soggetti >75 anni non si riducono
considerevolmente come evidenziato considerando solo i casi definiti istologicamente.
Utilizzando infatti tutta la casistica si è in grado di valutare la qualità della procedura di
raccolta dei casi, in quanto non si vengono a perdere quelli con basso livello di definizione
diagnostica che in grande maggioranza riguardano soggetti anziani.
Le modifiche nelle modalità di reperimento di casi del COR toscano attuate nel corso
degli anni ’90 spiegano solo parte della crescita osservata, e non tutto l’aumento dei tassi
osservato negli ultimi periodi. La stabilizzazione nel 2001-2004 è simile a quella osservata a
livello nazionale. I tassi standardizzati di incidenza di MM pleurico con diagnosi certa,
probabile o possibile, calcolati dal RENAM, che raccoglie la casistica di 12 COR
mesoteliomi di varie regioni italiane mostra per gli anni dal 1998 al 2000 una tendenza
all’aumento, ed una successiva flessione nel 2001 per entrambi i sessi (ISPESL, 2006).
Per quanto riguarda i maschi, il trend in aumento dell’incidenza si nota in quasi tutte
le Aziende, eccetto in quelle che già negli anni precedenti avevano tassi particolarmente
elevati e cioè la ASL 1 Massa Carrara, la ASL 4 Prato e la ASL 6 Livorno. La ASL 1 Massa
Carrara e la ASL 6 Livorno hanno presentato sempre tassi significativamente più elevati
rispetto al tasso medio regionale, contendendosi il primato: fino al 1997 il tasso di
occorrenza più elevato è stato appannaggio della ASL 1 e successivamente della ASL 6. Per
la ASL 5 Pisa, la ASL 7 Siena, la ASL 9 Grosseto, la ASL 10 Firenze e la ASL 11 Empoli si
sono sempre registrati tassi significativamente inferiori a quello medio regionale. Anche la
ASL 8 Arezzo, ad eccezione del primo periodo 1988-93 si mantiene a livelli inferiori a
quelli medi regionali. Per la ASL 4 Prato solo nell’ultimo periodo 2001-2004 si è registrato
un tasso significativamente inferiore a quello medio regionale dopo che nei periodi
precedenti il tasso si poneva sempre significativamente al di sopra. Una situazione opposta
a quella pratese si osserva per la ASL 2 Lucca, con un tasso significativamente superiore a
quello medio regionale solo nell’ultimo periodo, mentre nei precedenti periodi era
significativamente inferiore. Infine per le due ASL rimanenti (la ASL 3 Pistoia e la ASL 12
Versilia) si osservano tassi significativamente superiori sia nel primo che nell’ultimo
periodo.
Per le donne, a differenza di quanto visto per gli uomini, a fronte di una numerosità
della casistica decisamente minore, si nota una tendenza ancora all’aumento del tasso di
incidenza. Analizzando gli andamenti per area geografica invece la situazione è pressochè
analoga a quella registrata per i maschi: le aree del Nord-Ovest si presentano con tassi quasi
sempre superiori a quello medio regionale, nell’ultimo periodo 2001-2004 il tasso più
Tabella 3.8 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2004. Maschi. Tassi di incidenza
(per 100.000) grezzi (TGrezzo) e standardizzati sulla popolazione europea (TStdEU), e
relativi intervalli di confidenza al 95% (IC 95%) per ASL, per la Toscana e per periodo .
ASL
1
Massa
Carrara
2
Lucca
3
Pistoia
4
Prato
5
Pisa
6
Livorno
7
Siena
8
Arezzo
9
Grosseto
10
Firenze
11
Empoli
12
Versilia
Toscana
Periodo
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
Casi
14
21
28
19
2
3
8
14
13
7
13
18
9
10
13
10
12
3
8
12
24
36
48
46
3
5
5
9
13
10
10
16
3
4
4
7
22
21
16
24
6
3
4
7
8
5
7
9
129
128
164
191
TGrezzo
2,40
5,44
9,74
5,00
0,32
0,72
2,55
3,42
1,70
1,37
3,35
3,44
1,42
2,32
3,89
2,21
1,29
0,49
1,74
1,95
2,38
5,41
9,70
7,12
0,41
1,02
1,36
1,82
1,41
1,62
2,13
2,51
0,47
0,97
1,28
1,71
0,94
1,38
1,40
1,61
0,98
0,73
1,26
1,62
1,75
1,65
3,07
2,91
1,26
1,89
3,21
2,81
TStEU
2,12
4,18
6,96
3,70
0,22
0,56
1,74
2,17
1,29
1,07
2,18
2,36
1,34
1,95
2,96
1,55
0,96
0,32
1,29
1,38
1,85
4,03
6,99
4,62
0,26
0,71
0,92
1,04
1,16
1,24
1,41
2,02
0,43
0,84
0,81
1,09
0,70
0,92
1,03
1,15
0,71
0,52
0,97
1,09
1,49
1,41
2,12
2,17
0,99
1,41
2,26
1,94
IC 95%
2,01 - 2,23
4,00 - 4,36
6,70 - 7,22
3,53 - 3,87
0,19 - 0,26
0,50 - 0,63
1,62 - 1,87
2,05 - 2,28
1,22 - 1,36
0,99 - 1,16
2,06 - 2,30
2,25 - 2,47
1,25 - 1,43
1,83 - 2,07
2,79 - 3,12
1,46 - 1,65
0,90 - 1,01
0,28 - 0,36
1,20 - 1,38
1,30 - 1,46
1,77 - 1,92
3,90 - 4,16
6,79 - 7,19
4,49 - 4,76
0,23 - 0,29
0,65 - 0,78
0,84 - 1,00
0,97 - 1,12
1,10 - 1,23
1,16 - 1,32
1,32 - 1,50
1,92 - 2,12
0,38 - 0,48
0,76 - 0,93
0,72 - 0,89
1,00 - 1,17
0,67 - 0,73
0,88 - 0,96
0,98 - 1,08
1,10 - 1,20
0,66 - 0,77
0,46 - 0,58
0,87 - 1,07
1,01 - 1,17
1,39 - 1,59
1,29 - 1,54
1,96 - 2,27
2,03 - 2,31
0,97 - 1,01
1,39 - 1,43
2,22 - 2,29
1,91 - 1,97
Tabella 3.9 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2004. Femmine. Tassi di
incidenza (per 100.000) grezzi (TGrezzo) e standardizzati sulla popolazione europea
(TStdEU), e relativi intervalli di confidenza al 95% (IC 95%) per ASL, per la Toscana e per
periodo.
ASL
1
Massa
Carrara
2
Lucca
3
Pistoia
4
Prato
5
Pisa
6
Livorno
7
Siena
8
Arezzo
9
Grosseto
10
Firenze
11
Empoli
12
Versilia
Toscana
Periodo
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
Casi
2
5
2
1
3
6
3
4
1
5
8
3
6
1
5
4
1
7
6
2
3
14
2
4
2
1
1
4
1
2
1
9
10
8
12
2
2
1
2
1
2
1
41
29
28
62
TGrezzo
0,48
1,21
0,29
0,22
0,89
1,36
0,36
0,72
0,24
0,88
1,19
0,66
1,71
0,21
0,50
0,61
0,20
1,06
0,55
0,28
0,56
1,99
0,26
0,76
0,21
0,15
0,20
0,59
0,15
0,60
0,23
0,35
0,60
0,64
0,73
0,31
0,46
0,30
0,44
0,20
0,81
0,29
0,37
0,40
0,51
0,85
TStEU
0,34
0,68
0,17
0,14
0,34
0,62
0,21
0,54
0,23
0,60
0,82
0,38
1,14
0,12
0,25
0,47
0,05
0,55
0,38
0,17
0,32
0,83
0,14
0,47
0,09
0,07
0,13
0,38
0,13
0,31
0,10
0,21
0,35
0,46
0,41
0,22
0,30
0,16
0,24
0,15
0,57
0,08
0,23
0,25
0,32
0,45
IC 95%
0,29 – 0,40
0,61 – 0,75
0,15 – 0,20
0,11 – 0,17
0,30 – 0,38
0,57 – 0,67
0,19 – 0,23
0,48 – 0,60
0,18 – 0,27
0,54 – 0,65
0,76 – 0,88
0,34 – 0,42
1,05 – 1,24
0,10 – 0,15
0,22 – 0,27
0,42 – 0,52
0,04 – 0,06
0,51 – 0,60
0,34 – 0,41
0,15 – 0,20
0,28 – 0,36
0,78 – 0,88
0,12 - 0,16
0,42 - 0,52
0,08 - 0,11
0,06 - 0,09
0,11 - 0,16
0,34 - 0,42
0,11 - 0,16
0,27 - 0,36
0,08 - 0,12
0,20 - 0,23
0,33 - 0,38
0,43 - 0,50
0,38 - 0,44
0,19 - 0,25
0,25 - 0,34
0,13 - 0,19
0,20 - 0,27
0,12 - 0,18
0,49 - 0,66
0,06 - 0,09
0,22 – 0,23
0,24 – 0,26
0,30 – 0,33
0,43 – 0,46
elevato (0,83/100.000) si registra nella ASL 6 Livorno a cui segue quello della ASL 1 Massa
Carrara (0,68/100.000); per la ASL 4 Prato solo nell’ultimo periodo 2001-2004 si è
registrato un tasso significativamente inferiore a quello medio regionale dopo che nei
periodi precedenti il tasso si poneva sempre significativamente al di sopra; e per la ASL 2
Lucca si registra una tendenza al rialzo, con un tasso significativamente superiore a quello
medio regionale proprio nell’ultimo periodo.
Figura 3.1 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2004. Tassi di incidenza (per
100.000) specifici per sesso (m:maschi; f:femmine), classi di età (≤44 anni; 45-54; 55-64; 6574; ≥75) e periodo (1988-1993; 1994-1997; 1998-2000; 2001-2004).
13,00
12,00
11,00
10,00
9,00
1988-1993m
1994-1997m
1998-2000m
2001-2004m
1988-1993f
1994-1997f
1998-2000f
2001-2004f
8,00
7,00
6,00
5,00
4,00
3,00
2,00
1,00
0,00
0-44
45-54
55-64
65-74
75+
-4L’ESPOSIZIONE AD AMIANTO IN TOSCANA
DAI DATI DEL COR
In questo capitolo sono presi in considerazione tutti i casi presenti in archivio
indipendentemente dalla sede anatomica, anche se più avanti sono espresse alcune
considerazioni separatamente per i casi a sede pleurica ed extrapleurica.
Nel periodo 1988-2006 le interviste sono state 858 (89,9%), su un totale di 954 casi
identificati di MM; su 201 casi di sesso femminile ne sono stati intervistati 165 pari al
82,1%, su 753 casi di sesso maschile ne sono stati intervistati 693 pari al 92,0%. I rifiuti
sono stati 25 (2,6%), mentre per impossibilità di intervistare il soggetto o suoi parenti non
sono state effettuate 39 interviste (4,1%).
La tabella 4.1 mostra la distribuzione delle interviste per tipo di intervistatore: dopo
una prima fase di accentramento delle interviste attorno alla fine degli anni ’90, e quindi con
un aumento percentuale dei casi intervistati da personale CSPO, si sta osservando, negli
ultimi 7 anni, un progressivo decentramento delle interviste verso le U.F. PISLL; rimane
comunque elevata la quota di interviste condotte da personale del CSPO.
Tabella 4.1 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi
intervistati per intervistatore (CSPO: personale del CSPO; PISSL: personale dei servizi di
medicina del lavoro; Altro) totali e disaggregati per periodo.
Periodo
1988-1993
1994-1997
1998-2000
2001-2004
2005-2006*
1988-2006
CSPO
%
n.
48,6
72
62,2
92
81,7
152
71,7
182
56,6
69
66,1
567
PISLL
%
n.
45,3
67
32,4
48
17,2
32
27,2
69
32,8
40
29,8
256
Altro
%
n.
6,1
9
5,4
8
1,1
2
1,1
3
10,6
13
4,1
35
Totale
%
n.
148 100,0
148 100,0
186 100,0
254 100,0
122 100,0
858 100,0
*casistica ancora in fase di completamento
4.1 I casi 1988-2006 per classe di esposizione ad amianto
La classificazione di esposizione utilizzata è quella RENAM 2003 di cui all’Appendice
4. Negli ultimi anni sono stati effettuati approfondimenti dei casi la cui esposizione era
definita “ignota” (paragrafo 4.4) che hanno permesso di rivedere e proporre aggiustamenti
alla classificazione 2003 (Appendice 5). Il COR continua ad applicare la classificazione del
2003 prendendo nota di quei casi che potrebbero avere una diversa classificazione
applicando i nuovi criteri.
Nell’intero periodo 1988-2006 è stata attribuita un'esposizione ad amianto al 70,3%
dei casi dei quali si hanno notizie anamnestiche occupazionali e non (tabella 4.2).
Tra i casi a cui è stata attribuita una esposizione ad amianto, per 642, pari al 95,7%, è
avvenuta in ambito occupazionale. In 18 casi (1,9%) l’esposizione è avvenuta in ambiente
domestico (esposizione familiare) a causa della convivenza con persone che lavoravano in
comparti a rischio amianto, mentre in 4 casi (0,4%) l’esposizione è stata definita
"ambientale"; in 7 casi (0,7%) è stata dovuta ad esposizioni subite durante attività extralavorative.
Soltanto per 6 casi è stata esclusa ogni forma di esposizione superiore a quella della
popolazione generale (esposizione improbabile), mentre per ben 184 casi (pari al 19,3 %) le
informazioni raccolte non sono risultate sufficienti per ricostruire una eventuale pregressa
esposizione (esposizione ignota). Per 18 (1,9%) dei 954 casi totali le informazioni sono in
via di acquisizione (esposizione da definire), mentre per 75 (7,9%) vi è ragionevole
certezza che non sarà più possibile acquisire informazioni utili alla definizione anamnestica
(esposizione non classificabile).
Tabella 4.2 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi
(tutte le sedi) per sesso e per classificazione di esposizione ad amianto.
Tipo di esposizione
1
2
3
4
5
6
- Professionale certa
- Professionale probabile
- Professionale possibile
- Familiare
- Ambientale
- Da attività extra-lavorat.
Con esposizione 1– 6
7 - Improbabile
8 - Ignota
9 - Da definire
10 - Non classificabile
Totale
Maschi
n.
%
397
52,7
81
10,8
121
16,1
4
0,5
1
0,1
5
0,7
609
80,9
3
0,4
82
10,9
15
2,0
44
5,8
753
100,0
Femmine
n.
%
3
1,5
12
6,0
28
13,9
14
7,0
3
1,5
2
1,0
62
30,8
3
1,5
102
50,7
4
2,0
30 14,9
201 100,0
Totale
n.
%
400
41,9
93
9,7
149
15,6
18
1,9
4
0,4
7
0,7
671
70,3
6
0,6
184
19,3
18
1,9
75
7,9
954 100,0
Nella tabella 4.3 sono riportate le interviste suddivise per provincia di residenza e
sesso. Le percentuali si riferiscono alle interviste effettuate sul totale dei casi incidenti, sia
totali, sia suddivisi per sesso. L’intervista è stata effettuata a 858 casi, pari al 90%; di questi
l’80,9% sono maschi. L’89,9% degli uomini sono stati intervistati. Tale percentuale si riduce
all’82,1% nel sesso femminile: questa differenza non trova al momento alcuna motivazione,
mentre si riflette negativamente sulla definizione dell’esposizione, solitamente più
problematica per i casi di sesso femminile.
Tabella 4.3 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione delle
interviste per provincia di residenza sul totale dei casi e per sesso.
Provincia di residenza
Massa
Lucca
Pistoia
Prato
Pisa
Livorno
Siena
Arezzo
Grosseto
Firenze
ND
Totale
Casi totali
n.
101
86
81
67
74
233
36
68
27
179
2
954
Maschi
n.
88
62
60
47
48
183
25
58
19
102
1
693
Casi intervistati
Femmine
Totale
n.
n.
%^
7
95
94,1
15
77
89,5
17
77
95,1
15
62
92,5
14
62
83,8
29
212
91,0
8
33
91,7
9
67
98,5
6
25
92,6
44
146
81,6
1
2
100,0
165
858
89,9
^Percentuale sui casi totali
4.2 Casi 1988-2006 per classe di esposizione, settore e/o comparto produttivo e ASL
La frequenza di casi con esposizione ad amianto nelle ASL toscane è illustrata nella tabella
4.4. Da sottolineare l'elevato numero di casi con esposizione nota ad amianto tra gli uomini
rispetto ai casi registrati tra le donne: il range delle percentuali di casi con esposizione nota
ad amianto è pari a 70,0-94,8 per i maschi e 8,3-61,1 per le donne. In alcune ASL (ASL 1
Massa Carrara, ASL 3 Pistoia, ASL 6 Livorno, ASL 8 Arezzo) dove erano presenti grandi
aziende per le quali l'uso di amianto è stato ben documentato, l'assegnazione di una classe di
esposizione professionale per i casi relativi a soggetti che hanno lavorato in tali aziende è
risultata indubbiamente facilitata. In altre zone, fra le quali la ASL 10 Firenze e la ASL 11,
solo il 60% dei casi, considerando i maschi e le femmine insieme, ha un'esposizione
definita ad amianto. L’area della provincia di Firenze, che comprende la ASL 10 e la ASL
11, è infatti caratterizzata da una molteplicità di comparti produttivi nei quali l'amianto può
essere stato presente nel processo lavorativo, ma generalmente non come materiale
peculiare del ciclo produttivo. In questa area un dato significativo emerge per i casi osservati
nelle donne per le quali l’esposizione ad amianto è stata documentata solo in una quota
esigua (5 casi su 59 totali).
Dalla tabella 4.5 appare con evidenza una sostanziale differenza della proporzione di
esposti tra i casi pleurici (circa tre su quattro) e quelli extra pleurici (meno della metà). Non
si rilevano particolari caratteristiche, ad esempio il rapporto interviste dirette/proxy, che
giustifichino tale differenza. La diversa patogenesi del mesotelioma a sede extra pleurica da
esposizione ad amianto potrebbe essere alla base di tale diversità (Boffetta, 2007).
La descrizione successiva della casistica per settore e comparto produttivo viene comunque
Tabella 4.4 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi con
valutazione dell’esposizione ad amianto suddivisi per ASL e sesso sul totale dei casi per
singola ASL.
ASL
1 Massa C.
2 Lucca
3 Pistoia
4 Prato
5 Pisa
6 Livorno
7 Siena
8 Arezzo
9 Grosseto
10 Firenze
11 Empoli
12 Versilia
Totale
Maschi
Femmine
Esposizione Esposizione
Esposizione Esposizione
n.
n.
amianto
ignota
amianto
ignota
casi
casi
n.
%
n.
%
n.
%
n.
%
93
79
84,9
8
8,6
8
4 50,0
3 37,5
31
20
64,5
13 25,8
13
7 53,8
5 38,5
64
53
82,8
18 14,1
18
11 61,1
5 27,8
49
43
87,8
18
4,1
18
9 50,0
7 38,9
50
35
70,0
18 18,0
18
7 38,9
7 38,9
195 176
90,3
36
3,1
36
12 33,3
17 47,2
28
22
78,6
10 14,3
10
2 20,0
5 50,0
58
55
94,8
10
5,2
10
1 10,0
8 80,0
22
19
86,4
6
9,1
6
2 33,3
4 66,7
99
63
63,6
48 18,2
48
4
8,3
32 66,7
27
16
59,3
11 25,9
11
1
9,1
7 63,6
37
28
75,7
5 16,2
5
2 40,0
2 40,0
753 609
80,9 201 10,9
201
62 30,8
102 50,7
Tabella 4.5 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi per
classe di esposizione, sesso e sede anatomica.
Tipo di
esposizione
Maschi
Pleura
Femmine
Non pleura
Pleura
%
n.
%
378
53,4
19
42,2
3
1,7
0
2 - Professionale Probabile
77
10,9
4
8,9
12
6,7
3 - Professionale Possibile
115
16,2
6
13,3
26
4 - Familiare
4
0,6
0
0,0
5 - Ambientale
1
0,1
0
6 - Da attività extra-lavorat.
5
0,7
Con esposizione 1-6 580
%
n.
Non pleura
n.
%
0,0 381
42,9
19
28,8
0
0,0
89
10,0
4
6,1
14,4
2
9,5 141
15,9
8
12,1
14
7,8
0
0,0
18
2,0
0
0,0
0,0
3
1,7
0
0,0
4
0,5
0
0,0
0
0,0
2
1,1
0
0,0
7
0,8
0
0,0
81,9
29
64,4
60
33,3
2
9,5 640
72,1
31
47,0
3
0,4
0
0,0
2
1,1
1
4,8
5
0,6
1
1,5
8 - Ignota
73
10,3
9
20,0
91
50,6
11
52,4 164
18,5
20
30,3
9 - Da definire
14
2,0
1
2,2
2
1,1
1
4,8
16
1,8
2
3,0
10 - Non classificabile
38
5,4
6
13,3
25
13,9
6
28,6
63
7,1
12
18,2
708 100,0
45
100,0 180 100,0
21
100,0 888 100,0
66
100,0
Totale
n.
Pleura
%
7 - Improbabile
%
Non pleura
n.
1 - Professionale Certa
n.
Totale
riportata per tutta la casistica definita nel suo complesso.
Nella tabella 4.6 è riportata la casistica suddivisa per settore e comparto nei quali sono
state attribuite le esposizioni di qualunque classe. Riguardo alle classi di esposizione non
occupazionali il criterio di inclusione prende in considerazione il settore o il comparto
origine dell’inquinamento extra-aziendale. Ciò significa che i 4 casi di esposizione
“familiare” nel settore della cantieristica navale sono stati esposti a causa della convivenza
con persone che lavoravano in un cantiere navale, lo stesso vale per l’esposizione
“ambientale”, il settore o comparto è quella a cui appartiene l’azienda che ha causato le
emissioni inquinanti nell’area di residenza del soggetto. Riguardo alla classe extra-lavorativa
il comparto è quello che include la lavorazione che il caso effettuava e durante la quale ha
subito esposizione.
La struttura produttiva della Toscana è caratterizzata da una massiccia presenza di
industrie di medie dimensioni contemplando al tempo stesso settori produttivi con industrie
di dimensione più ampia concentrate principalmente lungo la costa tirrenica. Si annoverano
tra queste: industrie chimiche, siderurgiche e cantieristica navale per costruzione e
riparazione di grandi navi in metallo e, non secondaria, la costruzione e la riparazione di
rotabili ferroviari. La casistica di mesoteliomi insorti in queste industrie viene classificata
come esposta ad amianto sulla base di quanto dichiarato dai casi stessi, ma anche per
conoscenza storica dei processi produttivi ed i materiali utilizzati, sia come materia prima
che come oggetti di consumo di ausilio al processo produttivo. Tra i comparti con casistiche
importanti, la costruzione di rotabili ferroviari, esclusa quindi la manutenzione e riparazione
dei suddetti, presenta alcune peculiarità nei riguardi dell’esposizione: è noto l’anno d’inizio
del lavoro con amianto, il 1957, ed è noto il tipo di amianto applicato a spruzzo: la
crocidolite. Un po’ più incerto risulta l’anno di dismissione della crocidolite e della sua
sostituzione con altri tipi di amianto, ma il periodo è individuabile nei primissimi anni
Settanta. E’ inoltre noto l’anno di cessazione dell’applicazione a spruzzo, il 1979, che
rappresenta anche l’anno d’interruzione di esposizioni importanti sebbene queste avessero
conosciuto una riduzione nel corso degli anni ‘70.
Nel settore della cantieristica navale le conoscenze sui determinanti dell’esposizione
non sono altrettanto approfondite e la situazione si fa ancora più confusa nelle attività di
riparazione navale dove è presumibile che esposizioni importanti, e con molta probabilità ad
anfiboli, siano perdurate fino ai primi anni ‘90. E’ comunque noto che negli anni ‘70
vi siano stati miglioramenti delle condizioni di lavoro, almeno nella costruzione di grandi
navi in ferro.
La Toscana ospita il settore tessile nella zona pratese. La cernita di stracci è il
comparto che nel passato ha consentito in quella zona il grande sviluppo del tessile, che si
basava sostanzialmente sul riciclaggio delle fibre, in particolare della lana. L’ipotesi più
acclarata di esposizione dei cernitori, tra i quali si registra ad oggi un cluster importantissimo
di 51 casi, è quella dovuta al riciclaggio di sacchi in juta naturale e sintetica che avevano
contenuto fibra di amianto come materia prima. La loro presenza è stata documentata alla
fine degli anni ’80; notizie sull’esposizione in tempi remoti, anche nel periodo tra le due
guerre, sono praticamente inesistenti. Il riflesso di questa incertezza si riscontra nel dato
sulla latenza particolarmente lunga, perché calcolata dall’anno di inizio lavoro che verosimil-
Tabella 4.6 – COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Casistica per settore
produttivo, comparto e classe di esposizione ad amianto (solo settori e comparti con più di
5 casi).
Settore produttivo
Comparto
Edilizia
Costruzioni
Coibentazione
Termoidraulica
Altro
Cantieri navali
Tessile
Filatura-Tessitura
Cernita
Confezioni
Metalmeccanica
Siderurgia
Altro
Rotabili ferroviari
Produzione
Riparazione
Trasporto Marittimo
Cemento amianto
Chimica
Prod.energia
Difesa Nazionale
Vetrerie
Portuali
Trasporto Ferroviario
Zuccherifici
Autoriparazioni
Manut.acquedotti
Totale
Classi di esposizione ad amianto*
1
2
3
4
5
6
79
4
37
3
0
4
24
3
31
3
2
21
2
18
2
16
1
4
70
18
4
1
10
8
75
0
0
0
4
8
23
6
45
7
46
17
15
3
0
0
11
2
2
35
15
13
3
54
9
0
2
1
0
39
8
1
1
15
1
1
23
3
1
22
3
13
5
3
1
15
4
1
1
1
10
2
8
1
1
14
6
2
11
2
2
5
4
1
4
4
1
3
2
3
5
1
573 130
274 25
4
9
Tot.
comparto
Tot.
settore
127
63
23
20
21
93
93
35
51
7
81
15
66
66
49
17
27
25
22
22
22
22
15
10
9
8
6
555
27
25
22
22
22
22
15
10
9
8
6
648
* Classi di esposizione ad amianto : 1 = professionale certa; 2 = professionale probabile; 3 = professionale
possibile; 4 = familiare; 5 = ambientale; 6 = da attività extra-lavorativa
mente non rappresenta l’anno di inizio dell’esposizione. Più difficoltosa risulta la
determinazione dell’esposizione nel comparto della filatura e tessitura; le ultime definizioni
e ipotesi di esposizione dovute all’usura degli apparati frenanti necessitano di ulteriori
verifiche. Se questa ipotesi di esposizione fosse confermata, potremmo affermare che sia
continuata per molti anni, sicuramente fino alla messa al bando dell’amianto e
successivamente fino all’esaurimento delle scorte di materiali da attrito.
Il comparto edile presenta ad oggi un elevato numero di casi (127 casi), dovuto
all’altissima diffusione dell’uso di amianto nei materiali da costruzione e all’elevato numero
di addetti nel comparto. Le esposizioni a polveri provenienti dal taglio di materiali in
cemento amianto è continuata per lungo tempo e con molta probabilità perdura tutt’oggi
nelle ristrutturazioni e demolizioni edilizie, anche se con frequenza e numero di esposti
decisamente minori che in passato.
La tabella 4.7 mostra la distribuzione geografica dei casi con esposizione
occupazionale per provincia in cui hanno sede le aziende nelle quali si è verificata la prima
esposizione o quella a più alto grado di certezza. Si tratta di un’elaborazione nuova rispetto
a quelle riportate nei rapporti precedenti: le aziende della costa hanno prodotto circa il 40%
dei casi con esposizione in Toscana; poco più del 15 % dei casi ha subito esposizione fuori
regione o all’estero.
Tabella 4.7 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi per
sede geografica (Regione e Provincia) dell’azienda dove è avvenuta la prima esposizione o
quella con il più alto grado di certezza.
Sede ditta
n.
%
646
84,3
Massa
38
5,0
Lucca
50
6,5
Pistoia
50
6,5
Prato
64
8,4
Pisa
46
6,0
193
25,2
Siena
19
2,5
Arezzo
58
7,6
Grosseto
12
1,6
Firenze
91
11,9
n.n.
25
3,3
103
13,5
La Spezia
30
3,9
Altre province
73
9,5
766
100,0
Toscana
Livorno
In altra regione
Totale
4.3 Esposizione ad amianto per motivi extra-professionali
Casi familiari
Tra le esposizioni non occupazionali classificate e registrate nell’archivio la tipologia che
comprende il maggior numero di casi è quella “familiare” (18 casi). Sono collocati in questa
classe i casi che hanno riferito di aver convissuto con persone che hanno svolto lavori con
impiego diretto/indiretto di amianto. Sono in maggioranza casi di sesso femminile in
conviventi con lavoratori esposti ad amianto. Non sono noti i determinanti dell’esposizione,
infatti non sono mai stati effettuati monitoraggi di fibre aerodisperse in ambiente
domestico; non è noto quindi neanche l’ordine di grandezza dei livelli di inquinamento. I
conviventi hanno generalmente portato a casa gli abiti da lavoro per il lavaggio, ma non è
escluso che un certo trasporto di fibre sia avvenuto anche attraverso i capelli. Nella tabella
4.8 sono riportati i casi ed il settore lavorativo in cui era impiegato il convivente, nonché la
provincia dove era ubicata l’azienda esportatrice del rischio fuori dall’azienda.
Tabella 4.9 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Casi con esposizione subita
in ambiente domestico (esposizione familiare).
Settore produttivo
Sede ditta
n.casi
Maschi Femmine Totale
Massa
-
2
2
Arezzo
-
1
1
Livorno
-
1
1
Livorno
1
1
2
Massa
1
-
1
Pistoia
-
1
1
Manutenzione rotabili Firenze
1
-
1
Produzione energia
Pisa
-
1
1
Portuali
Livorno
-
2
2
Livorno
-
1
1
Siena
1
-
1
Firenze
-
1
1
Lucca
-
1
1
Massa
-
1
1
Pistoia
-
1
1
4
14
18
Cemento amianto
Metalmeccanica
Cantieri navali
Costruzione rotabili
Edilizia
Marina Militare
Edilizia Industriale
Totale
Casi ambientali
Sono inseriti in questa classe di esposizione i casi che hanno riferito di aver risieduto
nei pressi di aziende che hanno con molta probabilità causato emissioni di amianto (caso di
Pistoia-Produzione rotabili), svolto attività lavorative in ambiente esterno inquinato da terzi
(caso di Pisa-zona geotermica), frequentato con assiduità locali di pubblico spettacolo
inquinati da amianto (caso di Firenze-Teatro), o svolto attività sportiva in campo da calcio
inquinato (caso di Alessandria-Casale Monferrato). La numerosità di questa casistica (tabella
4.9) risulta alquanto contenuta, del resto, in analogia con quanto già scritto sui casi familiari
(Mirabelli, 1991), la classificazione si basa sostanzialmente su descrizioni degli stessi casi o
proxy non essendo disponibili dati ambientali comprovanti tali inquinamenti.
Tabella 4.9 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Casi con esposizione subita
in ambiente esterno o in locali non di lavoro (esposizione ambientale).
Settore
Sede ditta
produttivo
N. casi
Maschi
Femmine
Totale
Costruzione rotabili Pistoia
-
1
1
Spettacolo
Firenze
-
1
1
Cemento amianto
Alessandria
1
-
1
-
1
1
1
3
4
Produzione energia Pisa
Totale
Casi extra-professionali
Sono inseriti in questa classe i casi che hanno riferito di aver manipolato o lavorato su
materiali contenenti amianto non nell’ambito della loro principale occupazione. Nella tabella
4.10 è descritta l’attività che ha comportato esposizione e l’area geografica in cui si è svolta
tale esposizione. Questa classificazione è attribuita in base alle dichiarazioni dei casi o proxy
e, ad eccezione dell’attività edile, senza alcun supporto di dosaggi di fibre aerodisperse
effettuati in situazioni analoghe.
Tabella 4.10 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Casi con esposizione
subita durante attività svolte nel tempo libero (Esposizione extra lavorativa).
Attività
Coibentazione in casa
Manutenzione imbarcazione
Edilizia
Stiratura abiti
Totale
Sede
N.casi
Maschi Femmine Totale
Firenze
1
-
1
Prato
1
-
1
Firenze
1
-
1
Firenze
1
-
1
Massa
1
-
1
Firenze
-
2
2
5
2
7
4.4 I risultati del progetto di ricerca ISPESL sui casi ignoti
Il progetto di ricerca nazionale coordinato dal COR della Toscana ha riguardato i casi
di mesotelioma per i quali l’incompletezza e l’insufficienza delle informazioni raccolte
nell’anamnesi fisiologica e lavorativa o il livello delle conoscenze, non avevano consentito
di assegnare una categoria di esposizione, definiti pertanto con esposizione ignota. Gli
obiettivi del progetto hanno riguardato il miglioramento dei metodi di raccolta e di analisi
delle anamnesi lavorative, l’approfondimento delle abitudini di vita con la raccolta di
informazioni sulla convivenza con eventuali esposti ad amianto per motivi professionali e
l’acquisizione di informazioni su possibili esposizioni di tipo ambientale fino ad oggi
sconosciute. Un altro importante approfondimento ha riguardato alcuni comparti
produttivi che continuano a produrre numerosi casi di mesotelioma senza altresì conoscere
ancora nel dettaglio le condizioni che abbiano comportato esposizione ad amianto. Questi
comparti sono individuabili nel tessile non amianto e nell’agricoltura: sono state
approfondite in particolare le caratteristiche produttive e dei macchinari nel comparto
tessile confermando in parte l’utilizzazione in esse di materiali di attrito in amianto; per
l’agricoltura sono emerse prove concrete del riciclaggio dei sacchi in juta che avevano
contenuto amianto.
La casistica di “ignoti da esaminare” è stata stabilita con i seguenti parametri:
- periodi lavorativi svolti precedentemente agli ultimi 10 anni prima della diagnosi;
- diagnosi istologica, con e senza indagine immunoistochimica;
- definizione anamnestica mediante intervista diretta o a proxy o dati ricavati da altra fonte
caratterizzata da un alto grado di affidabilità riguardo all'attività lavorativa.
Per quanto concerne la casistica toscana, l’alta percentuale di casi con esposizione
ignota che a suo tempo stimolò lo studio era dovuta a molteplici fattori. Il primo poteva,
ma il problema presenta ancora aspetti di attualità, essere ricercato proprio nella struttura
produttiva che fa capo alla piccola e media industria dove le utilizzazioni di amianto non
facevano parte della routine giornaliera e che difficilmente possono essere individuate a
posteriori, in particolare quando le interviste sono somministrate a proxy. Un altro
importante motivo di tale elevata percentuale derivava dalla scelta di valutare le esposizioni
con criteri restrittivi al fine di incoraggiare l’effettuazione di indagini più approfondite sulla
anamnesi lavorative e di vita dei casi. D’altro canto la scelta di utilizzare criteri restrittivi
non doveva indurre a sottostimare le esposizioni per le quali vige ancora un criterio di
attribuzione qualitativo. Le esposizioni vengono infatti attribuite quando si può
ragionevolmente stimare che l’esposizione subita sia stata superiore, anche di poco, a quella
della popolazione generale così come definito nelle Linee guida RENAM. Da non
dimenticare inoltre, sempre in questo ambito, il fatto che l’INAIL prende oggi in grande
considerazione il giudizio di esposizione espresso dal COR per decidere sull’eventuale
indennizzo. L’altro ed ultimo fattore peculiare per la Toscana, può essere individuato nella
massiccia presenza dell’industria tessile, che tradizionalmente non utilizzava amianto,
concentrata nell’area pratese, e nella quale sono insorti numerosi casi che, salvo poche
eccezioni, non hanno mai riferito di aver utilizzato fibre minerali naturali come materia
prima nel processo produttivo.
Nella tabella 4.11 viene proposta una descrizione dei casi toscani con esposizione
ignota per provincia di residenza: si nota un ampio range di variazione che va dal 9% a
Livorno al 34,6% a Firenze. Complessivamente inoltre tra gli ignoti la proporzione di
interviste a proxy, pari al 57,7%, è di circa 10 punti percentuali in più rispetto a quella degli
esposti pari a 49,0%. I dati per singola provincia presentati in tabella indicano però che non
necessariamente sono le interviste a proxy a produrre un più alto numero di ignoti; il dato
della provincia di Firenze lo dimostra, e sta ad indicare che in aree con tessuto produttivo
variegato, con un numero ridotto di comparti classicamente a rischio, l’individuazione
dell’esposizione risulta particolarmente difficoltosa.
L’attività di approfondimento nella quale il COR toscano si è impegnato ha riguardato in
particolare il settore tessile con attività sul campo nell’area pratese. Sono state effettuate
numerose visite in aziende tessili, presso officine di costruzione e di riparazione di
macchinari tessili e colloqui con addetti nel settore. Si è così trovata conferma a quanto già
segnalato e pubblicato da altri COR sull’utilizzazione diffusa di materiali da attrito
contenenti amianto nei macchinari tessili. E’ stato possibile inoltre precisare il periodo in
cui sono stati tessuti circa 450 chilometri di pezza in lana cardata e amianto per essere
esportata negli Stati Uniti. Questa operazione, comprovata da documenti originali, si svolse
su richiesta di importatori americani che, per un breve periodo di tempo, riuscirono ad
aggirare una legge protezionistica nei confronti di prodotti tessili americani varata proprio
per salvaguardare il mercato della lana prodotta negli stessi USA. La legge imponeva dazi
elevati per l’importazione di manufatti in lana, e alquanto bassi per tessuti misti con altre
fibre che potevano caratterizzarne il valore principale (la legge era appunto riferita al “chief
value”). Il calcolo per arrivare al computo del chief value era piuttosto complicato, ma, in
altre parole, l’aggiunta alla lana cardata di altre fibre tipo lino ed anche amianto,
potevano costituirne il valore principale con una conseguente riduzione sull’ammontare dei
dazi di importazione. Fu così che l’amianto fu aggiunto alla lana in ragione dell’8%, ma
alcuni addetti hanno sostenuto che l’aggiunta in peso al momento della mescola doveva
essere comunque superiore per garantire il tenore stabilito. La tessitura comportava una
certa perdita di fibre di amianto a causa della loro lunghezza, minore rispetto a quella della
lana. Erano gli anni 1970-71. Non sono state ancora chiarite alcune circostanze circa i
fornitori della fibra minerale e la sua tipologia. Ciò sarà oggetto di ulteriori ricerche: queste
ulteriori precisazioni su quanto sia accaduto nell’industria tessile pratese potrà servire ad
assegnare livelli di esposizione più solidi della classe “possibile” nella quale sono stati
inseriti attualmente alcuni casi presenti in archivio e a completare la descrizione storica
sull’argomento già oggetto di precedenti pubblicazioni. Riguardo all’esposizione, questo uso
di amianto appare già comunque più convincente che lo “spolverio” prodotto dall’usura dei
materiali da attrito.
All’interno del progetto di ricerca sui casi ignoti sono state inoltre elaborate due
proposte di revisione delle Linee Guida 2003.
La prima ha riguardato i criteri di classificazione della esposizione non occupazionali.
Questa è stata disaggregata in “certa”, “probabile” e “possibile” in analogia con la
classificazione occupazionale; 13 casi del COR toscano risulterebbero riclassificabili da
“ignoti” a possibilmente o probabilmente esposti nelle classi non occupazionali qualora i
nuovi criteri fossero inseriti nelle linee guida ufficiali del RENAM.
La seconda è relativa all’introduzione di criteri clinici per lo spostamento e
l’inserimento di casi non ben classificabili nei tre livelli di esposizione occupazionale. Scarse
purtroppo sono le informazioni disponibili sul contenuto minerale del tessuto polmonare,
dato il bassissimo numero di casi che vengono sottoposti ad autopsia e l’indisponibilità, a
livello regionale, di una struttura analitica di riferimento che effettui questo tipo di indagine.
Tabella 4.11 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi con
esposizione ignota per provincia di residenza, proporzione sul totale dei casi per provincia e
sul totale degli ignoti di tutto l’archivio.
% sui
Tipo intervista
Provincia
n.
di
casi
residenza
totali
n.
%*
ignoti
n.
%^
n.
%^
Massa
101
11
10,9
6,1
4
36,4
7
63,6
Lucca
86
21
24,4
11,7
7
33,3
14
66,7
Pistoia
81
14
17,3
7,8
6
42,9
8
57,1
Prato
67
8
11,9
4,5
2
25,0
6
75,0
Pisa
74
15
20,3
8,4
6
40,0
9
60,0
233
21
9,0
11,7
5
23,8
16
76,2
Siena
36
9
25,0
5,0
1
11,1
8
88,9
Arezzo
68
11
16,2
6,1
7
63,6
4
36,4
Grosseto
27
6
22,2
3,4
4
66,7
2
33,3
179
62
34,6
34,6
31
50,0
31
50,0
2
1
50,0
0,6
0
0,0
1
100,0
Totale
954
179
* Percentuali sui casi totali
^ Percentuali di riga sui casi ignoti
18,8
100,0
73
40,8
106
59,2
Livorno
Firenze
n.n.
Casi ignoti
casi
Diretta
Proxy
Per il COR toscano questo progetto di ricerca ha permesso di ridurre la casistica degli
ignoti di 29 unità che sono passate dalla classe 8 (esposizione ignota) principalmente alla
classe 3 (esposizione professionale possibile). Altri 13 casi sarebbero riclassificabili tra gli
esposti non occupazionali probabili o possibili, qualora le nuove classificazioni fossero
inserite nelle linee guida nazionali. E’ stato inoltre giudicato con favore il metodo di ricerca
attiva di esposizioni prima sconosciute che prevede l’approfondimento per comparto
produttivo. L’attivazione della consultazione in linea del database nazionale delle Camere di
Commercio e dei rapporti con gli altri enti, in particolare INAIL, sta inoltre facilitando il
recupero di informazioni sulle anamnesi lavorative.
4.5 La durata dell’esposizione professionale ad amianto
La classificazione dell’esposizione, condotta in base al contenuto delle Linee Guida
RENAM del 2003, viene assegnata soltanto in termini qualitativi. La durata del periodo
lavorativo a rischio non prevede alcuna soglia temporale per l’assegnazione
dell’esposizione. Tuttavia l’archivio dispone di informazioni circa la durata dei singoli
periodi di lavoro dei casi intervistati ed essendo ciascun periodo classificato in base
all’esposizione, è possibile estrapolare il dato complessivo per singolo caso, relativo alla
quantificazione temporale dei periodi a rischio di esposizione. Complessivamente i 738 casi
con esposizione occupazionale presentano una durata media di esposizione pari a 24,1 anni
(range: 1-70 anni). La maggior parte di questi è rappresentata da casi con esposizione
professionale certa (429 casi) che presentano una durata media di esposizione leggermente
inferiore: 21,3 anni, con un range pari a 1-53 anni.
Nella tabella 4.12 viene descritta la numerosità della casistica suddivisa per intervalli
di durata dell’esposizione. Come si può notare circa il 50% dei casi si colloca nell’intervallo
da 20 a 39 anni di durata dell’esposizione sia soltanto di classe 1 (esposizione occupazionale
certa) sia delle classi occupazionali riunificate 1 (certa), 2 (probabile), 3 (possibile). Nel
contempo è degno di nota anche il dato sulle esposizioni di breve durata che interessa poco
meno del 10% dei casi.
Tabella 4.12 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi
con esposizione professionale ad amianto per durata dell’esposizione.
Durata in anni
Casi con esposizione
Tutti i casi con esposizione
occupazionale certa
occupazionale
n.
%
% cum
≤4
41
9,7
9,7
5-9
55
13,0
10-14
37
15-19
%
% cum
60
8,2
8,2
22,7
77
10,6
18,8
8,8
31,5
67
9,2
28
47
11,0
42,5
60
8,2
36,2
20-24
54
12,8
55,3
91
12,5
48,7
25-29
61
14,4
69,7
88
12,1
60,8
30-34
63
14,9
84,6
98
13,5
74,3
35-39
32
7,6
92,2
83
11,4
85,7
40-44
19
4,4
96,6
49
6,7
92,4
45-49
10
2,4
99,0
31
4,3
96,7
4
1,0
100,0
24
3,3
100,0
≥50
n.
Nella figura 4.1 è inoltre riportata la percentuale di casi per periodo di inizio
esposizione. L’anno indicato è quello in cui ha avuto inizio l’esposizione con il più elevato
grado di certezza, di conseguenza vi è la possibilità che il dato complessivo risulti
lievemente spostato verso anni più recenti, in relazione alle considerazioni già espresse nel
capitolo 2 sulla qualità del dato relativo all’inizio dell’esposizione. Da notare che l’85% dei
casi ha subito la prima esposizione in anni antecedenti il 1965 e tale percentuale si mantiene
(88%) se si escludono i casi insorti in anni recenti (2000-2006). I circa 330 casi accumulati
negli anni 2000 non hanno quindi sostanzialmente modificato questa frazione a significare
che anche gran parte dei casi recenti risultano esposti prima del 1965.
4.6 L’età alla diagnosi e la latenza dei casi con esposizione professionale ad amianto
La classificazione delle esposizioni ad amianto, con la relativa individuazione dei
settori o comparti produttivi in cui questa è avvenuta per la maggior parte dei casi registrati,
consente di osservare l’andamento nel tempo di parametri che possono descrivere a
posteriori i determinanti dell’esposizione stessa. Ogni situazione produttiva possiede proprie
Figura 4.1 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Percentuale di casi con
esposizione occupazionale ad amianto per periodo di inizio dell’esposizione.
25
% casi
20
15
10
5
19
15
19 -192
21
0
19 1925
26
19 1930
31
19 1935
36
19 1940
41
19 1945
46
19 1950
51
19 -195
56
5
19 1960
61
19 1965
66
19 1970
71
19 1975
76
19 1980
81
-19
85
0
Anni di calendario
peculiarità riconducibili sostanzialmente alle condizioni igienistiche in cui si sono svolte le
lavorazioni, il tipo di materiali ed il tipo di fibra di amianto impiegato nei manufatti. La
latenza e l’età alla diagnosi sono informazioni presenti in archivio per tutti quei casi che
sono registrati e classificati come «esposti». L’analisi di tali variabili per settore produttivo e
comparto consente di avere indicazioni sull’andamento temporale della casistica in relazione
alle conoscenze disponibili sulle esposizioni in quei settori e comparti.
Nella tabella 4.13 sono riportati i risultati di una selezione di 700 casi presenti in
archivio con attribuzione delle classi di esposizione occupazionale e suddivisi per
appartenenza a settori lavorativi che hanno avuto un gettito importante di casi e per
periodo di incidenza (fino a tutto il 1996 e successivamente dal 1997 al 2006). I due periodi
sono stati scelti a priori dividendo in due parti il periodo di osservazione della casistica. I
risultati del calcolo delle medie nei due gruppi sono stati confrontati utilizzando il t-test. Si
evidenziano differenze temporali significative per tutta la casistica e per alcuni settori
produttivi e comparti (edilizia, produzione e riparazione di rotabili ferroviari, e cernita di
stracci).
Nella cantieristica navale l’insignificante incremento della latenza e dell’età alla
diagnosi tra i due gruppi potrebbe essere dovuto al ricambio nella popolazione a rischio
senza che questo si sia interrotto.
Nell’edilizia l’incremento significativo della latenza ed il più lieve aumento dell’età
alla diagnosi potrebbero essere indice di esposizioni importanti avvenute a cavallo
degli anni ’60, in piena epoca di boom delle costruzioni edilizie civili ed industriali.
Per il settore della produzione, riparazione ed uso di rotabili ferroviari è nota la data
di introduzione del minerale nel ciclo produttivo e di conseguenza è ben individuabile la
data di inizio dell’esposizione indipendentemente dalla data di inizio del lavoro; per altri
Tabella 4.13 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Casistica, latenza media ed
età alla diagnosi con relativa deviazione standard (DS), per settore produttivo o comparto
(solo settori e comparti con più di 5 casi) e periodo di incidenza.
SETTORE
PRODUTTIVO
o COMPARTO
Edilizia
Termoidraulica
Coibentazione
Cantieri navali
Tessile
Cernita
Metalmeccanica
Siderurgia
Prod.rotabili
Riparaz.rotabili
Trasp.marittimo
Cemento amianto
Chimica
Prod.energia
Difesa Nazionale
Vetrerie
Portuali
Trasp.ferroviario
Prod.zucchero
Autoriparazioni
Manut.acquedotti
TOTALE
Periodo Casi
incidenza n.
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
<=1996
>1996
48
79
7
13
9
12
40
52
14
28
33
18
22
59
3
12
21
28
8
9
7
20
5
17
8
14
11
11
7
15
10
12
5
10
3
7
7
2
2
6
2
4
272
428
Latenza
media
36,2
43,4
38,1
45,2
35,9
40,8
44,1
44,8
45,0
43,6
46,1
54,4
38,2
41,6
37,0
39,0
34,2
44,5
33,8
45,8
42,9
46,9
34,2
42,5
38,3
45,1
52,4
38,4
41,9
51,7
37,9
41,0
36,8
43,6
30,7
41,9
34,3
46,5
38,0
44,8
23,0
33,5
39,9
44,0
DS
p
11,4
<0,0001
10,7
6,2
0,13
10,7
7,7
0,16
7,5
12,7
0,78
12,0
14,0
0,77
14,4
8,8
0,001
6,8
12,8
0,26
11,1
7,8
0,78
11,4
5,6
<0,0001
4,7
8,9
0,008
7,3
11,1
0,32
8,3
7,0
0,03
7,2
17,4
0,26
10,4
13,9
0,02
12,0
14,4
0,13
13,2
14,7
0,54
8,5
9,4
0,15
7,4
5,5
0,02
5,8
4,9
0,01
3,5
26,9
0,56
8,8
1,4
0,12
7,0
12,1
<0,0001
10,7
Età
media
61,5
65,1
55,7
61,8
62,7
64,4
64,9
65,9
62,9
70,0
64,1
69,2
63,8
63,9
68,0
68,2
62,5
71,3
65,0
69,2
61,4
68,9
6,05
63,4
64,9
68,4
71,9
66,3
61,9
71,1
57,5
69,7
58,6
68,0
61,3
69,9
55,6
69,0
55,0
62,5
61,0
63,3
62,9
66,6
DS
P
9,0
0,04
9,9
6,5
0,18
10,6
8,5
0,70
11,3
9,8
0,76
10,1
12,7
0,05
9,9
8,0
0,02
6,6
12,0
0,98
12,0
2,6
0,97
7,2
9,1
<0,01
10,4
7,8
0,31
8,5
11,9
0,08
8,0
8,2
0,71
8,2
12,8
0,46
8,8
9,1
0,22
11,7
12,3
0,13
12,9
13,4
0,03
10,6
11,8
0,07
7,1
8,5
0,21
9,2
4,2
<0,01
1,4
31,1
0,6
11,6
15,6
0,84
10,2
10,2
<0,0001
10,1
settori (cemento-amianto, coibentazione) la data di inizio del lavoro coincide con la data di
inizio dell’esposizione. La casistica con esposizione occupazionale è stata pertanto suddivisa
in due gruppi: il gruppo “A” nel quale sono compresi quei settori in cui vi è ragionevole
certezza sulla data di inizio dell’esposizione (cemento amianto, coibentazione, rotabili
ferroviari), e il gruppo “B” che comprende tutti gli altri settori. La latenza media e l’età alla
diagnosi è stata quindi calcolata per ciascuno dei due gruppi e per i due periodi di incidenza,
ed i risultati sono mostrati nella tabella 4.14. Degni di nota sono i dati sulla latenza media
dei due gruppi che differiscono di 6,8 anni. E’ verosimile che in generale i dati sulla latenza
siano sovrastimati, qualora venga calcolata con l’anno di ingresso al lavoro. Da notare nel
gruppo A con incidenza successiva al 1996 l’aumento, statisticamente significativo, di circa
nove anni del tempo di latenza rispetto a quello osservati nei casi del gruppo A diagnosticati
prima del 1996. Questo fenomeno è verosimilmente dovuto all’invecchiamento del gruppo
di esposti, verificabile anche nell’aumento dell’età media alla diagnosi, se pur ai limiti della
significatività. Un analogo fenomeno si osserva anche nel gruppo B seppur meno marcato.
Tabella 4.14 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Latenza media ed età alla
diagnosi della casistica per gruppi di settori produttivi e periodo di incidenza.
Periodo
Casi Latenza
Età
DS^
p
DS
p
incidenza
n.
media
media
<=1996
46
34,2
6,6
63,2
8,3
A*
<0,0001
0,009
>1996
73
43,3
6,3
67,9
10,1
<=1996
226
41,0
12,7
62,9
10,5
B**
0,002
<0,0001
>1996
355
44,1
11,4
66,3
10,1
* gruppo A: cemento amianto, coibentazione, produzione riparazione ed uso di rotabili ferroviari;
** gruppo B: settori non inclusi nel gruppo A
^ DS: deviazione standard
Settori
Tabella 4.15 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Latenza media della
casistica con età alla diagnosi < 65 anni per gruppi di settori produttivi e periodo di
incidenza.
Periodo
Casi
Latenza
DS^
p
incidenza
n.
media
<=1996
24
31,9
6,2
A*
<0,0001
>1996
34
39,7
5,4
<=1996
132
35,8
10,5
B**
0,31
>1996
155
36,9
8,0
* gruppo A: cemento amianto, coibentazione, produzione riparazione ed uso di rotabili
ferroviari;
** gruppo B: non inclusi nel gruppo A
^ DS: deviazione standard
Settori
Al fine di verificare se questo effetto sulla latenza sia dovuto all’accresciuta capacità di
individuazione e di registrazione di casi in persone anziane si è ritenuto opportuno
suddividere ulteriormente la casistica procedendo con la medesima analisi per i casi con età
alla diagnosi inferiore-uguale a 65 anni (tabella 4.15). La conferma dell’incremento del
periodo di latenza anche nei soggetti più giovani rafforza l’ipotesi dell’invecchiamento del
gruppo di esposti e lascia presupporre un lento decremento dell’incidenza nei prossimi anni.
-5CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Negli anni di osservazione del registro toscano sono stati raccolti 1.045 casi di cui
954 in residenti in Toscana, la gran parte dei quali in soggetti di sesso maschile (753 casi in
uomini e 201 in donne). Nei maschi si è osservata una tendenza all’aumento dei casi a
partire dal 1995 con un range 18-38 casi all’anno nel periodo 1988-1997, e 43-56 nel
periodo 1998-2004; i casi in soggetti di sesso femminile hanno invece mostrato un aumento
solo a partire dal 2000, con un range di 4-10 casi l’anno nel 1988-1999, e 9-22 nel periodo
2000-2004.
I casi pleurici rappresentano la stragrande maggioranza della casistica (888 casi pari al
93,1% dei casi in toscani) e per la loro identificazione è stato possibile mettere a punto una
procedura di flusso che allo stato attuale risulta abbastanza ben consolidata al fini della
completezza della casistica stessa. Nei prossimi anni, con l’ampliamento del Registro
Tumori all’intera regione Toscana è presumibile che anche per la casistica a sede
extrapleurica, in particolare quella a sede peritoneale, il flusso informativo per la
identificazione dei casi potrà consentirci di avere maggiori certezze sulla sua completezza.
Solo per i casi a sede pleurica è stato possibile stimare l’incidenza. Nel periodo di
osservazione del registro, il tasso standardizzato di incidenza per mesotelioma maligno
pleurico è significativamente aumentato, raddoppiando sia nel sesso maschile (da un valore
di 0,99/100.000 nel primo periodo 1988-1993 a 1,94/100.000 nel 2001-2004) sia nel sesso
femminile (con valori nei due periodi pari a 0,23/100.000 e 0,45/100.000).
Nel corso degli anni si è osservato anche un aumento generalizzato nella qualità delle
procedure diagnostiche: per i casi pleurici si è osservato un aumento dei casi definiti
istologicamente dal 65,3% di cui il 27% suffragati da esami immonoistochimici (IIC) nel
1988-1993 all’88,8% di cui il 95,4% con esami IIC nel 2001-2004. A questo proposito
occorre ricordare che quest’anno, su mandato dell’Istituto Tumori Toscano, sono state
stilate, per la prima volta in Toscana, Linee guida cliniche per la diagnosi ed il trattamento
dei casi pleurici. Da ricordare che ad oggi sono state prodotte solo altre due linee guida
cliniche sul mesotelioma pleurico, entrambe nel 2007: una da parte della French Speaking
Society for Chest Medicine (Scherpeerel 2007) e l’altra da parte dell’European Society of
Medical Oncology (ESMO, 2007).
La metà dei casi è stata osservata tra i residenti dell’Area Vasta Nord Ovest a fronte
di circa il 35% di popolazione toscana residente in quell’area. E’ nelle attività lavorative
ubicate sulla costa che infatti negli anni passati si sono verificate più frequentemente
importanti occasioni di esposizione ad amianto.
Le informazioni raccolte con i questionari, nonché quelle presenti nell’archivio del
COR accumulate negli anni di attività e quelle aggiuntive pervenute da terze parti (ASL e
INAIL) hanno consentito di assegnare l’esposizione ad amianto a circa tre casi su quattro.
Naturalmente il giudizio non è stato espresso in senso dicotomico, ed infatti le Linee Guida
RENAM utilizzate allo scopo prevedono diversi gradi di certezza per l’assegnazione delle
esposizioni occupazionali. L’amianto è considerato un inquinante “ubiquitario”, presente
cioè sia in ambienti di lavoro sia nell’aerosol esterno delle città e fuori da esse. Tuttavia la
stragrande maggioranza delle esposizioni rivelate dal sistema di sorveglianza sono avvenute
in ambito occupazionale. Questo fatto autorizza la formulazione di una prima
considerazione generale: il mesotelioma è in larga misura causato da esposizioni di una
certa intensità e che sono perdurate in periodi piuttosto lunghi; in altri termini, la
maggioranza dei casi di mesotelioma ha inalato «dosi» consistenti di fibre. Ciò si è verificato
per una carenza, in molti casi assenza, dell’applicazione delle norme riguardanti la
prevenzione del rischio di esposizione a polveri, non soltanto in quelle realtà produttive
dove l’amianto era usato come ausilio allo svolgimento del lavoro, classico esempio sono i
guanti del fonditore, ma anche in quelle aziende dove l’amianto costituiva una delle materie
prime di produzione.
L’incidenza del mesotelioma in Toscana ha registrato un picco nel 2000-2001: il
fenomeno può essere messo in relazione con quanto è avvenuto in passato in termini di
esposizione quanti-qualitativa. Gli anni in cui si sono verificate le esposizioni più importanti
sono quelli del periodo tra il 1950 ed il 1965: un numero importante di casi riferisce infatti
di aver subito la prima esposizione proprio in quel periodo. Durante gli anni ‘70 si è
assistito a un progressivo miglioramento delle condizioni igieniche nei luoghi di lavoro e in
alcuni comparti produttivi sono stati presi provvedimenti anche per la riduzione
dell’esposizione a polveri di amianto. Nel comparto della costruzione di rotabili ferroviari
nei primi anni ‘70 la crocidolite è stata sostituita con altri tipi di amianto; meno chiara
risulta la situazione della cantieristica navale dove nello stesso periodo vi sono stati alcuni
cambiamenti sui sistemi di coibentazione con l’introduzione di materiali non contenenti
amianto, ma l’attività di riparazione navale ha verosimilmente protratto esposizioni
importanti almeno per tutti gli anni ’80. Da un punto di vista della diversità nella potenza
cancerogena dei vari tipi di amianto si consolida la nozione che le casistiche importanti
derivino da settori o comparti produttivi, dove è stato fatto uso di un mix di tipi di amianto
e in particolare anche della crocidolite. Gli utilizzatori di grandi quantità di materiali di
consumo in crisotilo senza alcun presidio di prevenzione, individuabili in Toscana nel
comparto dei vetrai artistici della zona empolese, per il momento non presentano un gettito
importante di casi. Da questa analisi appare al momento che l’introduzione di sistemi di
controllo della polverosità e dell’utilizzazione di amianti diversi dalla crocidolite nel corso
degli anni ’70 abbiano contribuito alla riduzione del rischio di contrarre mesotelioma tra gli
esposti.
Complessivamente, vista l’importante frazione dei casi con esposizione
occupazionale o comunque di origine industriale, e la prevalente lunga permanenza in
lavori a rischio, si consolida l’ipotesi che il rischio di contrarre questa patologia sia correlata
alla dose assorbita, ma che nel contempo non sia possibile stabilire una soglia al disotto
della quale vi sia assenza di rischio.
Per i prossimi anni l’impegno del sistema di sorveglianza attivato sul mesoteliomi
maligno sarà sicuramente quello di mantenere gli elevati standard procedurali raggiunti,
anche in relazione al lavoro di network svolto con i servizi pubblici di prevenzione locali e
con gli analoghi gruppi di ricerca presenti in Italia operanti nell’ambito del RENAM.
Sempre in questo ambito è da non dimenticare il fatto che l’INAIL prende oggi in grande
considerazione il giudizio di esposizione espresso dal COR per decidere sull’eventuale
indennizzo. Inoltre tra gli aspetti di approfondimento previsti dal COR toscano vi sono la
ricostruzione delle situazioni di rischio ancora poco chiare tramite il collegamento delle
varie informazioni raccolte da più fonti, e gli aspetti clinico-assistenziali legati alla diagnosi e
ai trattamenti terapeutici oggi disponibili in Toscana. Saranno esaminate le varie fonti
sanitarie correnti regionali, dall’archivio delle SDO a quello delle prestazioni ambulatoriali,
e saranno messe a punto delle procedure ad hoc con i clinici che operano nelle strutture
sanitarie regionali al fine di stadiare la casistica e valutarne meglio la sopravvivenza allo
scopo di garantire alle persone affette da tale patologia la migliore assistenza e cura
possibili.
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Silvestri S, Benvenuti A. Tipologia di esposizione all’amianto e casistica dell’Archivio
Toscano dei mesoteliomi maligni. Epid Prev 2007, 31 (suppl.4): 75-80
Appendice 2
Scheda di segnalazione dei casi
al COR mesoteliomi della Toscana
Appendice 3
Il questionario per la raccolta della storia di vita e lavoro
dei casi di mesoteliomi maligno
Appendice 4
CRITERI DI DEFINIZIONE DELL'ESPOSIZIONE
secondo le Linee guida RENAM 2003
Codice 1 = PROFESSIONALE CERTA. Soggetti che hanno svolto un'attività lavorativa
implicante l'uso/esposizione ad amianto. La presenza di amianto deve essere documentata
da almeno una delle seguenti condizioni:
z dichiarazione esplicita del soggetto intervistato qualora si tratti del caso stesso;
z indagini ambientali, relazioni degli organi di vigilanza, documentazione
amministrativa aziendale; dichiarazione dei colleghi/datore di lavoro;
z dichiarazione del parente/convivente per periodi di lavoro svolti in comparti
in cui vi era certa utilizzazione di amianto;
Codice 2 = PROFESSIONALE PROBABILE. Soggetti che hanno lavorato in un industria o in
un ambiente di lavoro in cui l’amianto veniva sicuramente utilizzato o era presente, ma per i
quali non è possibile documentare l’esposizione 1.
Codice 3 = PROFESSIONALE POSSIBILE. Soggetti che hanno lavorato in un'industria o in
un ambiente di lavoro appartenente ad un settore economico in cui generalmente si è
riscontrata presenza/uso di amianto, ma non vi sono notizie sull’utilizzazione o meno di
amianto da parte degli stessi1.
Codice 4 = FAMILIARE. Soggetti non esposti professionalmente ed esposti in ambiente
domestico perché conviventi con almeno un lavoratore assegnabile alle categorie 1 o 2.
Codice 5 = AMBIENTALE. Soggetti non esposti professionalmente e che hanno vissuto in
vicinanza di insediamenti produttivi che lavoravano o utilizzavano amianto (o materiali
contenenti amianto) oppure hanno frequentato ambienti con presenza di amianto per
motivi non professionali.
Codice 6 = EXTRA LAVORATIVA. Soggetti non esposti professionalmente, ma che sono
stati esposti ad amianto durante attività svolte in ambiente domestico (uso di suppellettili in
amianto) o nel tempo libero (bricolage, riparazioni idrauliche, di auto, operazioni di
muratura ecc.).
Codice 7 = IMPROBABILE. Soggetti per i quali sono disponibili informazioni di buona
qualità sulle loro attività lavorative svolte e sulla loro vita e dalle quali possa escludersi un
1
Sono da spostare nella classe certa i soggetti la cui ricostruzione dell’esposizione li includa in questa
classe, ma che risultano già affetti da patologie asbesto correlate, quali placche pleuriche o asbestosi
parenchimale. Vale altresì come criterio di inclusione nella classe certa anche il contenuto nel tessuto
polmonare di corpuscoli dell’asbesto e di fibre minerali seguendo i riferimenti del Consensus Report di
Helsinki del 1997
esposizione ad amianto superiore ai livelli del cosiddetto "fondo naturale ambientale". Sono
da includere in questa classe soltanto i casi con intervista diretta.
Codice 8 = IGNOTA. Soggetti per i quali l’incompletezza e l’insufficienza delle
informazioni raccolte o il livello delle conoscenze non consentono di assegnare una
categoria di esposizione.
Codice 9 = DA DEFINIRE. Soggetti per i quali è in corso la raccolta delle informazioni per
la valutazione dell’esposizione.
Codice 10 = NON CLASSIFICABILE. Soggetti per i quali non sono e non saranno più
disponibili informazioni (casi chiusi).
Appendice 5
REVISIONE DELLA CLASSIFICAZIONE
dei casi esposti per motivi FAMILIARI, AMBIENTALI,
ed EXTRALAVORATIVI,
a seguito del progetto di studio nazionale sui casi ignoti
Esposizione FAMILIARE
Familiare Certa:
z casi che hanno abitato con familiare o convivente al quale verrebbe attribuita una
esposizione ad amianto certa, anche sulla base di essere stato esposto in un’azienda
nella quale sono insorti casi di mesotelioma, per il quale il trasporto del rischio in
ambiente domestico sia desumibile con certezza dall’intervista o da altre fonti;
Familiare Probabile:
z casi che hanno abitato con familiare o convivente al quale verrebbe attribuita una
esposizione ad amianto certa, ma per il quale il trasporto del rischio in ambiente
domestico non sia desumibile con certezza dall’intervista o da altre fonti1 ;
Familiare Possibile:
z casi che hanno abitato con familiare o convivente al quale verrebbe attribuita una
esposizione ad amianto non certa, ma solo probabile o possibile, per il quale il
trasporto dell’eventuale rischio, qualora sia stato effettivamente presente, in
ambiente domestico sia desumibile con certezza dall’intervista o da altre fonti1,2.
Esposizione AMBIENTALE
Ambientale Certa:
z casi che hanno vissuto3 per residenza o per motivi professionali, di studio o altri4 in
ambienti con affaccio su, o adiacenti ad aziende, attività industriali o in generale
“antropiche” che hanno contaminato con certezza le matrici ambientali circostanti o
aerodisperso fibre provenienti da contaminazioni naturali del terreno5.
Ambientale Probabile:
z casi che hanno vissuto per residenza o per motivi professionali, di studio o altri, in
ambienti situati in prossimità di aziende, attività industriali o in generale
“antropiche” che hanno con certezza utilizzato amianto o aerodisperso fibre
provenienti da contaminazioni naturali del terreno, ma per cui non siano
documentabili con certezza contaminazioni delle matrici ambientali circostanti;
z casi che hanno fatto un utilizzo regolare e non sporadico di mezzi di trasporto con
presenza certa di amianto in matrice friabile nella coibentazione;
z casi che hanno vissuto per residenza o per motivi professionali, di studio o altri, in
ambienti con affaccio su strade ferrate in un periodo non antecedente alla fine degli
anni ’50 .
Ambientale Possibile:
z casi che hanno vissuto per residenza o per motivi professionali, di studio o altri, in
ambienti situati in prossimità di aziende, attività industriali o più in generale
“antropiche” sulle quali non sono disponibili informazioni dettagliate, ma che
comunque appartengono a comparti in cui l’amianto veniva utilizzato.
Esposizione EXTRA LAVORATIVA:
Extra lavorativa certa
z Casi che hanno dichiarato di aver manipolato in prima persona manufatti o materiali
contenenti amianto in ambiente domestico o di vita, oppure durante attività svolte
nel tempo libero non finalizzate ad alcuna attività lavorativa6. Data la natura dei
manufatti o materiali, e sulla base delle circostanze riferite nel questionario, il
valutatore ha gli elementi per desumere con certezza che: 1) contenessero amianto,
2) vi sia stata esposizione a causa della loro manipolazione7.
z Casi che, per motivi non professionali, hanno frequentato regolarmente e non
sporadicamente ambienti nei quali è documentata la presenza di amianto in matrice
friabile. Data la natura dei manufatti o materiali, e sulla base delle circostanze riferite
nel questionario, il valutatore ha gli elementi per desumere con certezza che: 1)
contenessero amianto, 2) vi sia stata esposizione a causa della loro presenza8.
Extra lavorativa probabile
z Casi che hanno manipolato in prima persona manufatti o materiali contenenti
amianto in ambiente domestico o di vita, oppure durante attività svolte nel tempo
libero non finalizzate ad alcuna attività lavorativa. Data la natura dei manufatti o
materiali, e sulla base delle circostanze riferite nel questionario, il valutatore ha gli
elementi per desumere con probabilità e non con certezza che vi sia stata
esposizione a causa della loro manipolazione. L’incertezza può dipendere dalla
imprecisione del ricordo da parte dell’intervistato, specie nelle interviste a proxy, ma
non dalla natura intrinseca dei manufatti e materiali9.
z Casi che, per motivi non professionali, hanno frequentato regolarmente e non
sporadicamente ambienti nei quali vi è stata presenza di amianto in matrice friabile.
Data la natura dei manufatti o materiali, e sulla base delle circostanze riferite nel
questionario, il valutatore ha gli elementi per desumere con probabilità e non con
certezza che vi sia stata esposizione a causa della loro presenza. L’incertezza può
dipendere dalla imprecisione del ricordo da parte dell’intervistato, specie nelle
interviste a proxy, ma non dalla natura intrinseca dei manufatti e materiali10.
Extra lavorativa possibile
z Casi che hanno manipolato in prima persona manufatti o materiali che potevano
contenere amianto in ambiente domestico o di vita, oppure durante attività svolte
nel tempo libero non finalizzate ad alcuna attività lavorativa. Data la natura dei
manufatti o materiali, e sulla base delle circostanze riferite nel questionario, il
valutatore ha gli elementi per desumere che materiali analoghi contenessero con
certezza amianto ma non ha precise informazioni su quelli di cui trattasi.
L’incertezza dipende dalla imprecisione del ricordo sulla natura intrinseca dei
manufatti e materiali11.
z Casi che, per motivi non professionali, hanno frequentato regolarmente e non
sporadicamente ambienti nei quali è possibile che vi sia stata presenza di amianto in
matrice friabile. Data la natura dei manufatti o materiali, e sulla base delle circostanze
riferite nel questionario, il valutatore ha gli elementi per desumere che materiali
analoghi contenessero amianto ma non ha informazioni precise su quelli di cui
trattasi. L’incertezza dipende dalla imprecisione del ricordo sulla natura intrinseca dei
manufatti e materiali12.
1 Supponiamo di raccogliere un’intervista a proxy, ad esempio la figlia di una donna, e che emerga che il padre della
proxy, marito del caso, ha fatto l’edile ed ha lavorato, in particolare, negli anni ’50 alla manutenzione edile di edifici
industriali, usando sicuramente lastre di cemento amianto; si trattava di una ditta piccola di cui non è rintracciabile
documentazione d’archivio. Sia il padre che la madre al momento dell’intervista sono deceduti. La proxy sa dell’uso del
cemento amianto, che riferisce, dai racconti del padre. Non è però sicura che gli abiti da lavoro fossero portati a casa per
essere puliti. Considerando le piccole dimensioni della ditta, il valutatore ritiene che sia improbabile che questa mettesse a
disposizione dei suoi muratori spogliatoi adeguati ed un servizio di lavanderia industriale, e che sia pertanto probabile che
gli abiti da lavoro fossero portati a casa e puliti dalla moglie.
2 Supponiamo di trovarci di fronte ad un’intervista molto simile a quella dell’esempio precedente. In questo caso tuttavia
la figlia da un lato non è sicura che il padre abbia installato/rimosso manufatti in cemento amianto, dall’altro riferisce che i
suoi abiti da lavoro erano regolarmente portati a casa per la pulizia, eseguita di regola dalla madre (cioè dal caso).
3 E’ usato il termine “vivere” invece di “abitare” perché ha un significato più ampio, e può comprendere chi ha lavorato o
studiato in un luogo o lo ha comunque frequentato.
4E’ logico poter prendere in considerazione anche persone che hanno vissuto in collegi, seminari, caserme, o anche che
hanno frequentato scuole o quant’altro. Non sembra infatti qui rilevante né il tipo di edificio frequentato, né le ragioni
della frequenza, ma la sua prossimità a fonti di inquinamento da amianto.
5 Per la ricostruzione di inquinamenti pregressi può essere di aiuto il dosaggio della presenza di fibre nelle polveri
depositate su superfici orizzontali “remote” per evidenziare eventuali concentrazioni superiori a quelle rilevabili in polveri
depositate in luoghi non specificatamente contaminati da amianto.
6 Ricordando che sono attività lavorative anche quelle svolte in assenza di un formale contratto di lavoro e/o al di fuori di
un tradizionale luogo di lavoro. Sono pertanto escluse dalla classe delle extra-lavorative le seguenti attività : il lavoro
“nero”, il lavoro a domicilio, la collaborazione all’attività (agricola, commerciale, o altro) di un familiare, il volontariato, il
servizio militare o quello civile. Vi sono invece incluse: bricolage, riparazioni - idrauliche, di muratura ecc. - alla propria
abitazione, riparazioni della propria auto e simili.
7 Un esempio: il caso dichiara di aver installato personalmente una tettoia in cemento amianto per la copertura di un
capanno per attrezzi agricoli di circa 30 metri quadrati, usando un trapano elettrico per forare le lastra ed un flessibile per
sagomarle. Lo stesso vale se queste circostanze sono riferite da un proxy.
8 Un esempio: il caso dichiara di aver frequentato due volte alla settimana per diversi anni una palestra scolastica in cui è
oggi nota la presenza di amianto a spruzzo; riferisce che si distaccavano pezzi di intonaco in seguito ai colpi portati per
gioco dai ragazzi.
9 Un esempio: un proxy dichiara che il caso ha installato personalmente una tettoia costituita da lastre di cemento
amianto, ma non fornisce dettagli sulla modalità di esecuzione del lavoro.
10 Un esempio: il caso dichiara di aver frequentato regolarmente per tre anni una scuola in prefabbricato, di cui è oggi
noto che i tamponamenti esterni ed i tramezzi interni erano costituiti da intelaiature metalliche sulle quali erano montati
pannelli a sandwich, costituiti da due lastre di materiale plastico con crisotilo in fiocco nell’intercapedine. Riferisce di aver
visto talora sfondare i pannelli da suoi compagni, ma nega di averlo fatto personalmente o di aver manipolato il materiale
che fuoriusciva dal pannello.
11 Un esempio: un proxy dichiara che il caso ha installato personalmente una tettoia per la copertura di un capanno per
attrezzi agricoli di circa 30 metri quadrati. Gli sembra che la tettoia fosse in cemento amianto, ma non ne è sicuro.
12 Un esempio: il caso dichiara di aver frequentato regolarmente per tre anni una scuola in prefabbricato; è oggi noto che
in una scuola simile i tamponamenti esterni ed i tramezzi interni erano costituiti da intelaiature metalliche sulle quali erano
montati pannelli a sandwich, costituiti da due lastre di materiale plastico con crisotilo in fiocco nell’intercapedine. Non
abbiamo tuttavia informazioni sull’edificio scolastico effettivamente frequentato dal caso.
Parte seconda
Contributi di riflessione sul mesotelioma maligno
e la prevenzione delle esposizioni ad amianto
LA SORVEGLIANZA EPIDEMIOLOGICA DEI CASI DI
MESOTELIOMA MALIGNO IN ITALIA. IL REGISTRO
NAZIONALE (RENAM)
Alessandro Marinaccio
Dipartimento di Medicina del Lavoro, ISPESL Roma
Il tema della sorveglianza epidemiologica dei tumori occupazionali è rilevante per la
prevenzione e la sanità pubblica in primo luogo per le dimensioni del fenomeno. In Italia
sono stati stimati 4.2 milioni di lavoratori esposti (il 24% degli occupati) ad agenti
cancerogeni (139 agenti inclusi nel gruppo 1, 2A o 2B della classificazione IARC) tra cui i
fumi di scarico dei diesel, asbesto, polveri di legno, silice cristallina, benzene, cromo
esavalente e suoi composti, idrocarburi policiclici aromatici, piombo e composti inorganici
(Mirabilli, 2005). Recentemente per la Gran Bretagna, con riferimento al 2004, il 4,9% dei
decessi per tumore (limitando le neoplasie considerate al tumore della vescica, del polmone,
del naso, al mesotelioma, leucemie e al tumore della pelle non melanoma) è stato attribuito
ad esposizioni occorse in ambito lavorativo. L’esposizione ad amianto è responsabile di più
della metà dei casi stimati (Rushton, 2007).
L’Italia è stata fino alla fine degli anni ’80 il secondo maggiore produttore europeo di
amianto in fibra dopo l’Unione Sovietica e il maggiore della Comunità Europea. Dal
dopoguerra al bando del 1992 sono state prodotte 3.748.550 tonnellate di amianto grezzo.
Il periodo tra il 1976 ed il 1980 è quello di picco nei livelli di produzione con più di 160.000
tonnellate/anno prodotte. Fino al 1987 la produzione non è mai scesa sotto le 100.000
tonnellate-anno per poi decrescere rapidamente fino al bando. Le importazioni italiane di
amianto grezzo si mantengono superiori alle 50.000 tonnellate/anno fino al 1991 (figura 1).
La curva dei consumi in Italia mostra un ritardo temporale consistente se comparata con
quella di numerosi altri paesi industrializzati; in particolare nei paesi scandinavi (Finlandia,
Norvegia, Svezia e Danimarca) – che sono quasi esclusivamente importatori (se si fa
eccezione per modeste quantità di antofillite in Finlandia) - le importazioni raggiungono il
picco fra il 1967 e il 1971, mentre erano già in calo a quella data nel Regno Unito e negli
Stati Uniti d’America (Virta, 1983). La comparazione fra le curve di consumo procapite di
amianto grezzo di alcuni Paesi occidentali (inclusa l’Italia) riportate in figura 2 consente di
avere un’immagine immediata del lag temporale nella distribuzione di tali consumi per il
nostro paese.
In questo preoccupante quadro (sia rispetto alle quantità di amianto consumate che
alla distribuzione nel tempo di tali quantità) il Decreto Legislativo n. 277 del 1991 ha
previsto l’istituzione presso l’ISPESL del Registro Nazionale dei Mesoteliomi asbestocorrelati. La norma delegava ad un decreto attuativo del Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, la
determinazione del modello e delle modalità di tenuta del registro, nonché delle modalità di
trasmissione della documentazione. La gestazione del decreto attuativo è stata particolar-
Figura 1- Produzione nazionale ed importazioni di amianto in fibra. Italia, anni: 19461992.
produzione nazionale
250000
importazioni
Tonnellate
200000
150000
100000
50000
0
1
9
4
5
1
9
5
0
1
9
5
5
1
9
6
0
1
9
6
5
1
9
7
0
1
9
7
5
1
9
8
0
1
9
8
5
1
9
9
0
1
9
9
5
Anno
Fonte Marinaccio A et al. Registro Nazionale dei Mesoteliomi, II rapporto.
Fonte: Marinaccio A. et al. Registro Nazionale dei Mesoteliomi, II rapporto.
Monografia ISPESL, Roma 2006.
mente lunga. Nel frattempo è andato consolidandosi il rapporto di confronto e
collaborazione fra ISPESL e quelle Regioni che, prima delle altre, hanno dato vita a sistemi
di registrazione dei casi di mesotelioma con modalità di ricerca attiva e di analisi tramite
intervista delle modalità di esposizione. Le prime esperienze di sorveglianza epidemiologica
dei casi incidenti di mesotelioma maligno si sono sviluppate infatti a livello regionale fin
dalla fine degli anni ’80. Nel 1988 nasce il Registro toscano, nel 1989 il Registro pugliese e
nel 1990 quello del Piemonte. In Liguria ed Emilia-Romagna la sorveglianza epidemiologica
si sviluppa prima a livello comunale, poi provinciale e nel 1996 si estende all’intero
territorio regionale.
Le “Linee Guida nazionali per la rilevazione e la definizione dei casi di mesotelioma
maligno e la trasmissione delle informazioni all’ISPESL” edite nel 1996 a cura dell’ISPESL
hanno rappresentato il primo risultato di questa attività di collaborazione (Chellini, 1996). Il
documento ha fissato l’architettura della rete di rilevazione identificando negli istituti di
anatomia patologica di pneumologia le fondamentali fonti informative. Sono stati indicati
quindi i criteri di riferimento per la definizione diagnostica secondo livelli di probabilità.
Per un Registro specializzato di natura occupazionale come il RENAM la definizione delle
modalità di esposizione ha sempre rappresentato l’elemento più caratterizzante ed un
Figure 2: Consumi pro capite di amianto grezzo (1960-1990) in Francia, Italia, Svezia,
Stati Uniti d’America e Regno Unito (tonnellate per 100.000 abitanti).
USA
400,0
ITA
UK
FR
Tonnellate * 100.000 abitanti
SW
300,0
200,0
100,0
0,0
1
9
6
0
1
9
6
6
1
9
7
2
1
9
7
8
1
9
8
4
1
9
9
0
imprescindibile valore aggiunto rispetto alle esperienze di registrazione degli eventi
patologici sia di incidenza (registri tumori) che di mortalità. Il “questionario sulla storia di
lavoro e sulle abitudini di vita” è stato definito per la prima volta nelle Linee Guida del
1996 e successivamente aggiornato ed implementato più volte fino a diventare uno
strumento di riconosciuta utilità a livello non solo nazionale. Nel 2001 è stato possibile
documentare con il Primo Rapporto l’attività fin allora svolta nel circuito formato dalle
Regioni del Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana e Puglia (Nesti, 2001). Sono stati
presentati e discussi i dati relativi ai casi incidenti nel periodo 1993-1996 e, per la prima
volta nel nostro paese, riferiti i tassi di incidenza e il catalogo delle modalità di esposizione
con riferimento ad un territorio assai ampio e, per ragioni di storia industriale, con un
gettito elevato di casi. Il territorio monitorato infatti comprendeva le aree della cantieristica
navale in Liguria e Toscana (Genova, Savona, La Spezia, Livorno), dell’industria del
cemento amianto in Piemonte e Puglia (Casale Monferrato e Bari), della riparazione e
manutenzione dei rotabili ferroviari in Emilia-Romagna e Toscana (Reggio Emilia e
Pistoia).
Il “Regolamento per il modello e le modalità di tenuta del registro…” è stato
emanato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 308 del 10 dicembre 2002
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 31 del 7 febbraio 2003; ha reso le procedure di
raccolta e di trasmissione dei dati fissate da una legge dello Stato in termini ineludibili. Il
provvedimento ha dato ulteriore slancio alla costituzione dei Centri Operativi Regionali
(COR), che nel frattempo erano sorti in importanti regioni (per popolazione residente e
gettito di casi) come il Friuli-Venezia Giulia, il Veneto, la Lombardia, le Marche, la
Campania e la Sicilia ed oggi il panorama è pressoché completo con la partecipazione al
circuito del RENAM anche della Valle d’Aosta, della Provincia Autonoma di Trento,
dell’Umbria, del Lazio, della Basilicata, della Calabria e della Sardegna. All’inizio del 2008
quindi, le sole porzioni di territorio nazionale dove non è operativo un Centro Regionale
sono il Molise e la Provincia Autonoma di Bolzano.
I nuovi protocolli diagnostici e le acquisizioni scientifiche sulla possibilità di esposizioni
professionali ed ambientali meno “tradizionali” hanno determinato la necessità di una
revisione delle Linee Guida che ha visto la partecipazione di un assai nutrito gruppo
redazionale con il coinvolgimento di tutte le Regioni e che si è concluso nel 2003 con la
stesura della II edizione delle Linee Guida nazionali (Nesti, 2003). Lo sviluppo ed il
consolidamento della rete è stato documentato nel II rapporto edito a ottobre del 2006
(Marinaccio, 2006). Il volume ha fornito documentazione della casistica segnalata al
RENAM con un periodo di incidenza dal 1993 al 2001 (tabella 1). Sono inoltre
documentati per la prima volta i consumi di amianto in Italia dal secondo dopoguerra al
Tabella 1- Tassi standardizzati di mesotelioma maligno (x 100.000 abitanti) per genere e
sede anatomica. Casi segnalati al RENAM dai COR del Piemonte, Veneto, Liguria, EmiliaRomagna, Toscana, Marche, Puglia e Sicilia. Anno di incidenza 2001.
Sede anatomica
Pleura
Peritoneo
Pericardio
Testicolo
Genere
Tassi
standardizzati
(*100.000)
Uomini
2,98
Donne
0,98
Uomini
0,18
Donne
0,06
Uomini
0,01
Donne
-
Uomini
0,01
Fonte: Marinaccio A. et al. Registro Nazionale dei Mesoteliomi, II
rapporto. Monografia ISPESL, Roma 2006.
bando del 1992 ricostruendo le quantità annue di amianto importato, prodotto ed
esportato. L’analisi ha consentito di dimostrare con criterio statistico la rilevanza della
“questione amianto” in Italia che presenta caratteristiche particolari per entità e
distribuzione temporale dei consumi. Sono state passate in rassegna le esperienze di
sorveglianza epidemiologica dei casi di mesotelioma in corso negli altri paesi e sono state
presentate le stime di sopravvivenza oggi disponibili in studi di popolazione o su campioni
di soggetti ammalati reclutati in ambito di studi analitici. L’analisi delle modalità di
esposizione è stata affidata ad un approfondimento per i settori della cantieristica navale,
dei rotabili ferroviari, dei marittimi, dell’industria tessile, dell’agricoltura, dei casi con
esposizione ambientale o familiare. La seconda sezione del volume è invece dedicata alla
presentazione dei vari COR regionali che hanno descritto le specifiche caratteristiche della
loro attività.
L’archivio del Registro Nazionale contiene, a dicembre 2006, informazioni relative a
più di 5.000 casi di mesotelioma maligno rilevati in ragione di un sistema di ricerca attiva e
di analisi standardizzata delle storie residenziali e professionali. Tale database costituisce
una preziosa base per la ricerca epidemiologica sia di tipo eziologico che descrittivo. Nel
corso degli ultimi anni sono stati approfonditi numerosi ambiti di ricerca. E’ stato
dimostrato come la sopravvivenza si mantenga assai breve dalla diagnosi (intorno ai 9-12
mesi) ed identificati nel tipo istologico e nell’età i fattori prognostici determinanti
(Marinaccio, 2003). La latenza (misurata come il tempo che è intercorso fra l’inizio
dell’esposizione e la diagnosi) è molto lunga (più di 40 anni) e sono assai rari i casi per i
quali risulta più breve di 10 anni; mentre rimane ancora controverso il tema della relazione
fra intensità (e lunghezza) dell’esposizione e periodo di latenza (Marinaccio, 2007).
L’archivio del RENAM è stato poi utilizzato per discutere ed interpretare le previsioni dei
decessi per tumore della pleura formulate a partire dalla dinamica dei consumi di amianto e
dall’analisi dei dati di mortalità per tumore della pleura. Tali previsioni inducono a ritenere
che la riduzione del gettito di casi debba essere attesa a partire dal 2010-2015 (Marinaccio,
2005).
Gli approfondimenti di ricerca sul versante delle ipotesi eziologiche hanno riguardato
in particolare l’analisi dei casi per i quali l’esposizione è stata definita “ignota” vale a dire
per i quali non è stata identificata (almeno in una prima fase) la fonte di esposizione ad
amianto. Si tratta di una percentuale consistente (intorno al 15% dei casi approfonditi) di
particolare interesse per la verifica di eventuali altri fattori di rischio sia per la possibile
segnalazione di situazioni di contaminazione inattesa, e quindi in potenza ancora attuale.
La discussione sulla quota di soggetti ammalati senza evidenza di esposizione pregressa ad
amianto (lavorativa e non) deve sempre tenere presente alcuni elementi di accortezza. Si
tratta di indagare anamnesi lavorative, familiari e residenziali molto lontane nel tempo di
soggetti in cattive (spesso drammatiche) condizioni di salute. La capacità, non solo tecnica
ma anche relazionale, dell’intervistatore sono cruciali. Inoltre per la storia industriale del
nostro paese, per il costo contenuto e l’ampia disponibilità, l’utilizzo dell’amianto è
avvenuto in numerosissime applicazioni industriali (sfruttando le proprietà di resistenza al
fuoco e di insonorizzazione) e spesso la sua presenza può risultare inattesa. Le
caratteristiche eziologiche della malattia sono tali per cui è diffusa fra i ricercatori l’opinione
che non sia possibile fissare un livello di esposizione sotto il quale l’amianto non sia in
grado di indurre l’insorgenza di mesotelioma. La circostanza di un possibile effetto
patogeno anche in conseguenza di esposizioni brevi e lievi non significa che il livello e
l’intensità dell’esposizioni non siano correlate al rischio di malattia. E’ indubitabile ed
ampiamente dimostrato che il rischio di mesotelioma cresce al crescere dell’intensità e della
durata dell’esposizione e quindi della somma cumulata delle fibre inalate.
L’insieme di queste considerazioni consigliano di avere sempre accortezza
nell’escludere la possibilità di un’esposizione ad amianto anche laddove non esistano
elementi di prima evidenza. L’approfondimento dei casi con esposizione “ignota”,
condotto nell’ambito del RENAM con il contributo determinante e la conduzione del COR
della Regione Toscana, ha consentito di ridefinire con successo l’esposizione per un
numero molto rilevante di casi e di identificare situazioni di rischio di esposizione nelle
attività del tessile e dell’agricoltura (RENAM, 2007a).
Il mandato di legge prevede la sorveglianza dei casi di mesotelioma insorti in tutte le
sedi anatomiche. L’analisi dei dati acquisiti dal RENAM nella fase iniziale della sua attività,
ha mostrato una quota di pazienti ammalati con localizzazione extrapleura inferiore rispetto
a quanto generalmente riportato negli studi analitici pubblicati in letteratura e nelle
esperienze di sorveglianza di popolazione analoghe per metodi (Registro dei mesoteliomi
australiano, tedesco, francese). Questa evidenza ha indotto ad un approfondimento che si è
sviluppato nell’ambito del RENAM con il contributo determinante e la conduzione del
COR dell’Emilia-Romagna. I risultati di questa attività hanno consentito di fornire
indicazioni innanzitutto sulla necessità di rafforzare la rete di segnalazione. Infatti mentre
tale rete per i casi di mesotelioma della pleura, come si è già accennato, è costituita
essenzialmente dai reparti ospedalieri di anatomia-patologica, chirurgia toracica e
pneumologia, risulta invece più differenziata per i mesoteliomi del peritoneo, del pericardio
e della tunica vaginale del testicolo. I risultati della ricerca, disponibili in dettaglio sul sito
web del RENAM, hanno inoltre permesso di comparare la distribuzione per tipo di
esposizione fra mesoteliomi della pleura ed extrapleurici portando alla luce differenze
significative che sarà necessario verificare ed interpretare (RENAM, 2007b). Attualmente il
RENAM ed i COR hanno stabilito un programma di ricerca che prevede
l’approfondimento dei temi delle circostanze di esposizione domestica ed ambientale, dei
casi di mesotelioma nelle donne, dei casi con una esposizione ad amianto particolarmente
breve e dei casi che hanno contratto la malattia a seguito di un periodo di lavoro all’estero.
Questi argomenti e la verifica delle stime di latenza e sopravvivenza consentiranno
auspicabilmente di offrire un contributo rilevante per la comunità scientifica, ma
costituiscono anche un patrimonio conoscitivo per ambiti non accademici. Si tratta infatti
di argomenti che si correlano a questioni di rilevanza generali su cui la discussione è aperta.
Quale tipo di tutela è necessario prevedere per coloro che si ammalano in ragione di
un’esposizione ad amianto non di tipo professionale? Recentemente nel Regno Unito si è
verificato il primo caso di una donna di Plymouth alla quale è stato riconosciuto dal
Ministero della difesa britannico un indennizzo per un carcinoma polmonare che è stato
giudicato correlato all’esposizione all’amianto subita dalla donna abbracciando il padre,
operaio nei cantieri navali ed esposto per motivi professionali. Si tratta di un caso rarissimo
di indennizzo per esposizione non lavorativa diretta che costituisce un precedente assai
rilevante sul quale sarebbe utile si aprisse una discussione nel nostro paese. Ogni anno si
ammalano e muoiono in Italia un numero considerevole di persone che hanno subito un
esposizione indiretta e per le quali non è previsto dalle norme nessun tipo di tutela.
Parimenti rilevante è il tema della tutela di coloro che si sono ammalati in Italia, dove
sono rientrati al temine di un periodo lavorativo come immigrati in altri paesi (Belgio,
Francia, Germania,…). Per essi la questione del riconoscimento dei loro diritti è resa
ancora più complessa dal fatto che l’analisi del nesso causale deve avvenire rispetto ad un
luogo di lavoro estero.
Sul versante della ricerca eziologica, il ruolo delle esposizioni brevi può fornire
elementi per l’analisi della relazione dose/risposta e per la verifica della non plausibilità di
una dose soglia di assenza di rischio.
Sul versante della ricerca scientifica sono quindi aperti numerosi ambiti di sviluppo
per l’attività del RENAM. Si tratta in gran parte di temi di ricerca sui quali un sistema come
il RENAM - di sorveglianza epidemiologica che indaga direttamente le modalità di
esposizione su base non distorta (di popolazione) – è in grado di fornire elementi di
risposta con più efficacia rispetto agli altri strumenti disponibili (sorveglianza dei decessi,
studi analitici, registrazione dei tumori). Rimane aperto un secondo versante di sviluppo
che riguarda il riconoscimento assicurativo. Il mesotelioma (come il tumore del polmone
riconosciuto indotto da esposizione ad amianto) sono indennizzati dall’Istituto assicuratore
dal 1994; fino ad allora (dal 1946) erano indennizzati i soli casi di asbestosi. A partire dal
1994 il numero di casi di neoplasie da amianto indennizzato dall’INAIL è cresciuto con
regolarità passando dai 142 casi del 1995 ad una media di circa 550 casi negli anni più
recenti per i quali i dati possono considerarsi quasi definitivi (2002-2005) (INAIL, 2005). Si
tratta di una crescita regolare che solo in parte dipende dalla dinamica della malattia nella
popolazione, ma alla quale certamente ha contribuito il mondo della ricerca epidemiologica
in tema di malattie asbesto-correlate. In particolare deve essere rivolta attenzione alla
circostanza che l’istituzione e lo sviluppo (in termini territoriali e di produzione scientifica)
di un sistema epidemiologico autonomo di ricerca attiva dei casi di mesotelioma, e di analisi
dell’esposizione, ha consentito di disporre di informazioni preziose anche per il versante
assicurativo. In molte realtà territoriali lo scambio e l’interazione fra COR e Istituto
assicurativo è una realtà che è certamente necessario rafforzare, pure mantenendo la
diversità di approccio metodologico ed istituzionale (epidemiologico prevenzionale da una
parte, assicurativo dall’altra). I risultati positivi in questo senso suggeriscono di sviluppare i
sistemi di sorveglianza epidemiologica anche ad altre patologie occupazionali evitando di
caratterizzare i dati dell’attività di indennizzo di una connotazione epidemiologica che per
loro natura non possono avere.
Il bando dell’amianto risale al 1992, la lunga latenza della malattia induce a ritenere
che le conseguenze in termini di sanità pubblica del massiccio utilizzo del materiale nel
nostro paese non possano considerarsi esaurite. Tuttavia non può essere considerato
scontato il ruolo della sorveglianza epidemiologica per la prevenzione primaria che è in
relazione con la possibilità di occasioni di esposizione in attualità. Oggi sono certamente
cessate tutte le attività che comportano l’uso diretto (come materia prima) di amianto, ma
rimane la presenza del materiale sia in ambiente di lavoro (soprattutto laddove è stato
utilizzato per la coibentazione e non rimosso) sia in ambiente di vita (manufatti, rifiuti,
edilizia residenziale). L’epidemiologia delle malattie asbesto correlate (e in qualche caso
l’attività dei registri dei mesoteliomi) ha portato alla luce situazioni di contaminazione che
né le attività di censimento dei siti a rischio né il monitoraggio corrente degli eventi
patologici, aveva evidenziato. Il caso del paese di Biancavilla Etnea è, in questo senso,
esemplare del ruolo della sorveglianza epidemiologica per la prevenzione primaria (Comba,
2003).
Restano numerosi gli aspetti critici dell’attività del RENAM e su cui è necessario
innalzare il livello di qualità. Malgrado l’istituzione di un COR sia ormai avvenuta per tutte
le Regioni (con l’eccezione del Molise e della Provincia Autonoma di Bolzano), in molti
casi questo non si è accompagnato ad un concreto impegno finanziario regionale e questo
ha di fatto rallentato o addirittura impedito la reale operatività delle strutture. La figura 3
consente di verificare come l’istituzione del COR in qualche caso non si è ancora tradotta
Figura 3 - Centri Operativi Regionali istituiti sul territorio nazionale. Nelle parentesi è
indicato il periodo per il quale sono stati trasmessi i dati al Registro Nazionale dei
Mesoteliomi. Per qualche Regione non si tratta di dati di incidenza regionale.
in una reale produzione e trasmissione di dati all’ISPESL. Deve ancora diffondersi
evidentemente la consapevolezza che le informazioni prodotte dal COR sono innanzitutto
un patrimonio della sanità pubblica regionale. Per la stessa ragione, vale a dire la scarsa
disponibilità di mezzi, in altri casi la rilevazione, pur producendo dati importanti, di
incidenza regionale non può essere considerata esaustiva. Questo riduce a livello nazionale
la possibilità di procedere ad analisi comparative sia nello spazio (confronti geografici) sia
nel tempo (analisi di trend). Sussistono differenze significative anche riguardo la capacità di
approfondimento dei casi rispetto alle anamnesi lavorative e residenziali. La quota di casi
approfonditi che nel pooled delle regioni è pari al 70% dei casi rilevati, non è omogenea.
Tale disomogeneità, per una patologia con una fortissima caratterizzazione territoriale (in
conseguenza della localizzazione delle situazioni di rischio di esposizione), riduce la
rappresentatività e la non distorsione nelle analisi aggregate. Il tema della omogeneità
interregionale nelle attività di classificazione e codifica è un altro elemento critico del
sistema nazionale. Sono in corso di redazione delle specifiche linee guida operative che
avranno l’obiettivo di renderle il più possibili uniformi.
La sorveglianza epidemiologica dei casi di mesotelioma è in corso con modalità
diverse in numerosi paesi. In Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia la
sorveglianza non deriva dall’attivazione di un registro specializzato ma si avvale della
registrazione dell’incidenza di tutti i tumori a livello di popolazione sull’intero territorio
nazionale. Le informazioni sulla incidenza dei mesoteliomi e l’analisi dei rischi per settore
economica avviene attraverso procedure di linkage fra registri tumori di popolazione, dati
censuari ed archivi dei dati professionali. In Gran Bretagna il sistema si basa sui certificati
di decesso nei quali viene richiesto di riferire dell’attività lavorativa prevalente svolta in vita
dal soggetto. Analogamente negli Stati Uniti il “work-related Lung Diseases Program”,
promosso dalla Division of Respiratory Disease del National Institute for Occupational
Safety and Health (NIOSH) analizza la diffusione del mesotelioma a partire dai certificati di
decesso mentre in Germania il Registro è orientato prevalentemente a definire i criteri per
l’indennizzo. In Francia (analogamente ad Australia e Nuova Zelanda) la sorveglianza
epidemiologica del mesotelioma si basa su una ricerca attiva dei casi attraverso una rete
delle strutture sanitarie dove la malattia è diagnosticata e trattata (istituti di anatomiapatologica, di chirurgia toracica, reparti di oncologia, ecc.) e sull’attribuzione delle modalità
di esposizione dopo l’analisi della storia lavorativa, residenziale ed ambientale in relazione
alla possibile esposizione ad amianto, di ciascun soggetto colpito dalla malattia. E’
assolutamente auspicabile costruire una rete di confronto e di dialogo fra queste diverse
esperienze che consentirebbe di mettere a vantaggio di ciascuno gli aspetti più utili delle
esperienze altrui. Questa rete è ancora del tutto da costruire a meno dei contatti in corso
con il Registro Mesoteliomi Francese, che opera in un paese con una distribuzione nel
tempo e un’intensità di consumo di amianto che è piuttosto simile a quella italiana.
Il quadro legislativo italiano in tema di salute e sicurezza dei luoghi di lavoro sarà
presto ridefinito dal “Testo Unico”. Il sistema di sorveglianza epidemiologica delle malattie
professionali, ed in particolare dei tumori, dovrà certamente tenere conto delle esperienze
maturate in questi anni. L’attività ed i risultati del RENAM hanno dimostrato che il
modello di collaborazione fra Ente di ricerca nazionale e Regioni consente di sviluppare nel
modo più adeguato le rispettive competenze. In questi anni la collaborazione è stata
proficua. L’ISPESL ha coordinato le attività di standardizzazione delle metodiche di ricerca
attiva dei casi, di definizione dell’esposizione, di classificazione e codifica, ha definito e
realizzato il software operativo che consente di salvaguardare ogni esigenza di riservatezza,
ha condotto i gruppi di lavoro che hanno dato luogo alla reportistica e agli
approfondimenti scientifici. Le Regioni hanno in piena autonomia sviluppato la
sorveglianza nel proprio territorio approfondendo i temi che la specifica storia industriale
dei rispettivi territori suggeriva. Il modello di ricerca attiva dei casi è stato possibile, oltre
che dall’efficacia del modello operativo, dalla relativamente modesta dimensione del
fenomeno e dalla caratteristiche eziologiche della malattia. L’insieme di queste valutazioni
rende auspicabile che il nuovo quadro legislativo consenta di affiancare al Registro
Mesoteliomi, un analoga rete per i tumori del naso-sinusali. Questa patologia infatti, che
colpisce con un incidenza pari a un terzo di quella dei mesoteliomi, presenta una assai
elevata componente occupazionale (per esposizioni a polveri di legno e cuoio) e la
sorveglianza epidemiologica attraverso la ricerca attiva dei casi e l’analisi delle modalità di
esposizione fornirebbe un rilevante contributo alle conoscenze sull’eziologia della malattia,
alla sua occorrenza per settore di attività e si configurerebbe come un utile strumento per la
prevenzione. Per le neoplasie con una meno elevata componente professionale e con un
gettito di casi considerevole, le modalità del sistema RENAM sono certamente
improponibili. Da tempo sono stati sviluppate procedure e metodi epidemiologici di analisi
e monitoraggio dei rischi di neoplasia professionale sulla base di un articolato sistema di
linkage fra gli archivi amministrativi correnti (in particolare l’archivio delle prestazioni e dei
contributi previdenziali). Il sistema (denominato OCCAM – Occupational Cancer
Monitoring) è oggi in corso di valutazione in numerosi regioni con risultati di grande
interesse. La completa diffusione sul territorio nazionale e l’applicazione periodica di tali
metodi rappresenta una nuova sfida che consentirà di completare e rendere stabile il quadro
della sorveglianza epidemiologica dei tumori professionali in Italia.
In questo ambito la Regione Toscana rappresenta per efficacia e tempestività un
modello di riferimento. Il Registro dei Mesoteliomi ha trovato in Toscana la sua prima
realizzazione a livello regionale e recentemente sono stati sviluppati anche la rete di
rilevazione dei casi di tumore del naso-sinusali e l’architettura del progetto OCCAM. Il
COR della Toscana rappresenta inoltre, per le competenze sia di carattere epidemiologico
che di igiene industriale, un punto di riferimento essenziale della rete nazionale.
Ringraziamenti.
Il Registro Nazionale dei Mesoteliomi ha un grande debito di riconoscenza a
Massimo Nesti che ha dedicato alla sua costruzione e al suo sviluppo molti anni di lavoro
paziente ed intelligente. Oggi il RENAM è costituito dai Centri Operativi Regionali (COR)
istituiti nelle regioni del Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Veneto, provincia
autonoma di Trento, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria,
Lazio, Abruzzo, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. L’attività di tutti
gli operatori dei COR nella ricerca attiva dei casi e nell’identificazione delle modalità di
esposizione costituisce il patrimonio più prezioso del RENAM per la prevenzione della
malattia e la sanità pubblica.
BIBLIOGRAFIA
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Virta R. Worldwide asbestos supply and consumptions trends from 1900 to 2000. Openfile report 03-83. U.S. Department of interior – U.S. Geological Survey
LE PIÙ RECENTI MODALITÀ DI INTERVENTO
DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO SUL MESOTELIOMA
MALIGNO A SEDE PLEURICA
Andrea Lopes Pegna
SOD Pneumologia 1 AOU Careggi Firenze
L’Istituto Tumori Toscano nel giugno del 2007 ha elaborato le “Raccomandazioni
cliniche per il Mesotelioma Pleurico Maligno (MPM)” che sono scaturite dalla discussione
comune delle linee guida attualmente esistenti da parte degli specialisti toscani coinvolti
nella diagnosi e terapia del MPM (vedi appendice). Il carattere più peculiare del MPM è
riconducibile alla stretta correlazione fra pregressa esposizione ad asbesto e l’insorgenza
della neoplasia. Altra caratteristica del MPM è il lungo periodo di latenza (20-50 anni) che
spesso intercorre fra l’esposizione all’asbesto e l’insorgenza della malattia. Dal punto di
vista clinico è un tumore estremamente aggressivo, quasi sempre refrattario a qualsiasi tipo
di terapia convenzionale.
Ad oggi sono state prodotte linee guida solo da parte della SPLF (French Speaking
Society for Chest Medicine) (Scherpereeel, 2007) e dell’European Society of Medical
Oncology (ESMO, 2007).
Diagnosi
Valutazione dell’esposizione all’asbesto
La probabilità che il MPM si sia sviluppato a seguito dell’esposizione di asbesto
dipende da due fattori:
a) il tempo che è passato dalla prima esposizione all’asbesto
b) la dose cumulativa di asbesto espressa come fibre/ml di aria x numero di anni di
esposizione
Due metodi possono essere usati per stimare questi due parametri:
- l’anamnesi occupazionale e ambientale rappresenta un elemento essenziale per
determinare l’esposizione ad asbesto e deve essere effettuata sistematicamente per
ogni paziente con MPM (Raccomandazione A) (tabella 1). Esistono procedure
validate che si avvalgono di competenze specifiche di igiene industriale per la
ricostruzione della storia di esposizione ad amianto, sia in ambito lavorativo che
extra-lavorativo, procedure standardizzate a livello nazionale utilizzate dai COR
mesoteliomi e dal Re.Na.M.
Quando l’esposizione all’asbesto non appare ovvia può essere utile la consulenza del
Medico del Lavoro.
- la biometrologia che consiste nella misurazione dell’asbesto (corpi di asbesto
identificato alla microscopia ottica e fibre di asbesto identificate con microscopia
elettronica) nei campioni biologici. Questa tecnica consente di identificare i soggetti
che hanno ritenzione nel tratto respiratorio di livelli elevati di asbesto e identifica
precedenti elevate esposizioni indipendentemente dalla loro origine. La
biometrologia non è da considerare elemento essenziale nella pratica clinica. Test di
biometrologia negativi non eliminano la possibilità che vi sia stata nel passato una
esposizione ad amianto sufficiente da indurre il MPM.
Tab. 1:– Grado delle raccomandazioni
Grado delle
Raccomandazioni
A
B
C
D
E
Descrizione
L’esecuzione di quella particolare procedura o test diagnostico è
fortemente raccomandata. Indica una particolare raccomandazione
sostenuta da prove scientifiche e di buona qualità, anche se non
necessariamente di tipo I o II
Si nutrono dei dubbi sul fatto che quella particolare procedura o
intervento debba essere sempre raccomandata, ma si ritiene che la
sua esecuzione debba essere attentamente considerata
Esiste una sostanziale incertezza a favore o contro la
raccomandazione di eseguire la procedura o l’intervento
L’esecuzione della procedura non è raccomandata
Si sconsiglia fortemente l’esecuzione della procedura
Presentazione clinica
I sintomi di presentazione clinica presenti nella maggior parte dei pazienti sono
rappresentati: a) dalla dispnea all’inizio conseguenza solitamente dell’abbondante
versamento pleurico e successivamente per la sindrome restrittiva che si sviluppa per
ispessimento pleurico; b) dal dolore toracico non pleuritico determinato dall’interessamento
della parete toracica. Si può avere anche tosse secca, perdita di peso, febbre, astenia,
sudorazione notturna. La malattia si presenta per lo più unilateralmente (95%), localizzata a
destra (60%) e prevalentemente nei soggetti di sesso maschile tra i 60 e 80 anni di età. I
sintomi del MPM possono essere insidiosi e non specifici cosicché il tempo tra la
presentazione clinica iniziale e la diagnosi è spesso di 3-6 mesi. A volte la malattia si
presenta con dolore toracico acuto di tipo pleuritico e modesto versamento pleurico; questa
sintomatologia si può successivamente risolvere e poi recidivare dopo alcuni mesi di
assenza sintomatologica. Il MPM raramente metastatizza a distanza, ma la maggior parte
dei pazienti si presentano con malattia localmente avanzata.
L’esame obiettivo e l’Rx torace dimostrano la presenza di versamento pleurico nel
80-95%; nel 10-29% dei casi il versamento è minimo o assente. Con l’evoluzione della
malattia il versamento tende a diminuire: da versamento libero a versamento saccato.
Dolore toracico localizzato e massa palpabile della parete toracica indicano invasione della
parete toracica e non resecabilità.
La diagnosi di MPM non si può basare unicamente su criteri clinici (dolore toracico,
retrazione toracica o massa toracica monolaterale in soggetti con storia di passata
esposizione all’amianto) (Raccomandazione A).
Indagini diagnostiche
1. Imaging
a) Rx torace nelle 2 proiezioni ortogonali, indispensabile per l’inquadramento iniziale;
nella maggioranza dei casi evidenzia però solo un versamento pleurico monolaterale
aspecifico. Non è raccomandato utilizzare l’Rx torace per diagnosticare il MPM
(Raccomandazione A)
b) TC torace
- procedura diagnostica chiave per la diagnosi di MPM (orientativi sono l’ispessimento
pleurico diffuso o la presenza di masse pleuriche con la loro estensione ad un anello
intorno il polmone e all’interno delle scissure e lungo la pleura mediastinica, il
pericardio e il diaframma) anche se non consente una sua diagnosi definitiva
(Raccomandazione A)
- indispensabile prima di eseguire la toracoscopia perchè consente di valutare
l’estensione della neoplasia alla parete toracica, pericardio, diaframma, strutture
mediastiniche e linfonodi locoregionali (Raccomandazione A)
- TC torace e addome superiore con m.c. con ricostruzione tridimensionale per
pericardio e diaframma è particolarmente utile per valutare la diffusione
transdiaframmattica della neoplasia (Raccomandazione A)
- raccomandata dopo la rimozione del liquido pleurico, per eseguire il follow-up con
TC torace e addome con ricostruzione tridimensionale sia per la diagnosi che per la
stadiazione del MPM (Raccomandazione A)
c) RNM
- superata per l’impiego della TC con ricostruzione tridimensionale
d) PET
- utile in quanto offre ulteriori informazioni:
° un SUV elevato indica una maggior attività proliferativa, informazione utile a fini
prognostici
° per la stadiazione del MPM in quanto può indicare (Raccomandazione B):
▪ l’interessamento dei linfonodi mediastinici e retroperitoneali (con possibilità di
evitare il loro accertamento istologico preoperatorio)
▪ l’interessamento pleurico controlaterale
▪ la presenza di metastasi extratoraciche (come i linfonodi sovraclaveari)
2. Indagini cito-istologiche
a) toracentesi con citologia del liquido pleurico
- può portare alla diagnosi nel 20-33% dei casi
- non è raccomandato eseguire la diagnosi di MPM sulla base dell’analisi di marker nel
liquido pleurico (mesotelina, osteopontina) (Raccomandazione A)
b) agobiopsia transparietale con guida TC o ecografica
- indicata in assenza di versamento pleurico e di neoplasia voluminosa
- diagnostica nell’87% dei casi
- la biopsia transparietale (con guida TC o ecografica) non è raccomandata per la
diagnosi di MPM ad eccezione dei pazienti nei quali sia controindicata la
toracoscopia (Raccomandazione A)
c) biopsia diretta in toracoscopia
- diagnostica nel 95% dei casi
- nel caso di lesioni pleuriche non specifiche le biopsie dovrebbero essere eseguite
sulla pleura parietale intorno alle placche e nelle zone pleuriche marcate da
antracosi
- è raccomandato eseguire la toracoscopia per la diagnosi di MPM eccetto che nei casi
di controindicazione preoperatoria o di sinfisi pleurica (Raccomandazione A)
- consente di eseguire oltre all’esame bioptico anche il talcaggio
° pleurodesi a scopo preventivo per le recidive di versamento
° utile come procedura propedeutica all’intervento di EPP
- possibilità di crescita tumorale lungo le incisioni chirurgiche e i drenaggi pleurici
(20% dei casi)
- tecniche toracoscopiche
° VATS
° Toracoscopia con unico accesso del toracoscopio in anestesia locale in caso di
versamento pleurico
▪ da preferire alla VATS perchè si riduce ad un solo accesso il rischio di crescita
tumorale (Raccomandazione B)
d) biopsia chirurgica a cielo aperto con toracotomia
- indispensabile nel 5% dei casi in cui non si arriva alla definizione istologica con le
indagini precedenti
- la biopsia toracotomica è riservata ai casi con potenziale sinfisi pleurica che portano
all’insuccesso delle procedure toracoscopiche (Raccomandazione A)
- la diagnosi di mesotelioma all’esame estemporaneo intraoperatorio è pressoché
impossibile; è accordo unanime di confermare la diagnosi sempre con esami
immunoistochimici; si raccomanda di non fare la diagnosi di MPM all’esame
estemporaneo intraoperatorio (Raccomandazione A)
3. Diagnosi patologica
a) esame citologico
- l’immunoistochimica è necessaria per la diagnosi differenziale con adenocarcinoma;
più difficile è la diagnosi differenziale con cellule mesoteliali reattive
- si raccomanda di non formulare la diagnosi di MPM sulla base del solo esame
citologico a causa dell’elevato rischio di errore diagnostico (Raccomandazione A)
b) esame istologico di materiale bioptico
- maggior resa diagnostica
- falso negativo o reperto dubbio quando: 1) la biopsia è troppo superficiale e non si
documenta il rapporto con gli stromi connettivo-adiposi-muscolari che permette di
documentare il carattere infiltrante della neoplasia consentendo la diagnosi
differenziale con l’iperplasia mesoteliale reattiva; 2) marcata desmoplasia degli
stromi che pone il problema diagnostico differenziale con pleuriti sclerosanti
c) Istotipi tumorali (si raccomanda di usare la classificazione WHO 2004 (Travis, 2004)
che fornisce basi comparative per la diagnosi, prognosi e terapia dei pazienti:
Raccomandazione A)
- epiteliomorfo
° istotipo più frequente (50-70% nelle diverse casistiche)
° diagnosi differenziale con adenocarcinomi infiltranti la pleura
- sarcomatoide (mesenchimomorfo)
° riscontrato nel 16% dei casi (la % è molto variabile nelle diverse casistiche: 510%)
° istotipo dalla prognosi peggiore
- desmoplastico
° quando più del 50% del tumore è rappresentato da tessuto collageno denso con
aspetto “stromiforme” frammisto a rari elementi cellulari atipici
- bifasico (o misto)
° riscontrato nel 30-40% dei casi
° di più facile diagnosi per la presenza concomitante di componenti epiteliomorfe e
sarcomatoidi
d) Tecniche immunoistochimiche: si raccomanda di utilizzare sempre un “panel” di
anticorpi con marcatori positivi e negativi per il mesotelio (Raccomandazione A).
Nella diagnostica differenziale con gli adenocarcinomi si raccomanda l’uso di almeno
2-3 marcatori positivi per il mesotelio e 2-3 marcatori positivi per il carcinoma. Dai
dati della letteratura i più sensibili e specifici risultano essere i seguenti:
° Marcatori mesoteliali positivi:
▪ calretinina (positività nucleare e citoplasmatica)
▪ citocheratina 5/6
▪ D2-40
▪ WT-1 (positività nucleare)
▪ trombomodulina
▪ vimentina
°Marcatori mesoteliali negativi:
▪ CEA
▪ TTF-1 (marker nucleare per la diagnosi differenziale con adenocarcinomi
polmonari)
▪ CD15
▪ Ber-Ep4 (marker di membrana)
▪ B72.3
Ovviamente l’utilizzo dei diversi marcatori sarà tanto più esteso quanto più
anaplastico è l’aspetto morfologico della neoplasia.
I marcatori mesoteliali sopra indicati sono perlopiù applicabili ai mesoteliomi
epiteliomorfi e risultano negativi negli istotipi mesenchimomorfi. Per quest’ultima
categoria si raccomanda l’uso delle citocheratine e della vimentina ed eventualmente
di tutta una serie di marcatori (muscolari, vascolari, istiocitari,ecc) che permettano di
escludere la presenza di una neoplasia mesenchimale pleurica primitiva o secondaria.
e) Le tecniche di microscopia elettronica in trasmissione sono ancor oggi considerate
importanti:
° quando i risultati delle reazioni immunoistochimiche sono contrastanti
° negli istotipi cosiddetti atipici (mesotelioma linfoistiocitoide, anaplastico, ecc.)
° quando il materiale in esame è molto scarso
f) Biomarker
- Acido ialuronico
- Mesotelina (soluble mesothelin-related protein: SMRP)
° positiva nel siero nell’84% dei pazienti con MPM
° positiva in solo il 2% dei pazienti con altra patologia pleurica
° possibile il suo utilizzo nella diagnosi di MPM e negli studi di screening nei
soggetti a rischio
° può essere utile per monitorizzare la risposta alla terapia
- Osteopontina
° aumenta nel siero dei pazienti con MPM o fibrosi da esposizione di asbesto
° potrà essere utile nella diagnosi precoce di MPM dei soggetti esposti ad asbesto
- Non è raccomandato usare i livelli di acido ialuronico del liquido pleurico per la
diagnosi di MPM, ma i nuovi marker solubili quali SMRP e osteopontina
dovrebbero essere oggetto di ulteriore ricerca per determinare il loro ruolo nella
diagnosi di MPM (Raccomandazione A)
Algoritmo diagnostico
La figura 1 mostra l’algoritmo diagnostico. Una storia professionale dettagliata
dovrebbe far sospettare il MPM: nei soggetti con sintomatologia di richiamo deve essere
considerato una malattia professionale sospetta e in quanto tale attivare le procedure di
refertazione e denuncia previste dalla normativa in vigore. L’acquisizione di una storia di
esposizione professionale o extraprofessionale ad amianto può permettere di definire il
nesso causale tra la malattia e l’esposizione indagata; analogamente dovrebbe essere
accurata la storia per identificare l’esposizione ambientale (ad esempio per i parenti di
soggetti professionalmente esposti). L’approccio iniziale dipende dall’Rx torace e dalla
presentazione clinica:
1. in presenza di versamento pleurico
a. eseguire toracentesi per esame citologico
° se l’esame citologico è positivo Æeseguire le indagini di stadiazione
° se l’esame citologico è negativo Æ TC torace con m.c.
2. in presenza di ispessimento pleurico
a. eseguire TC torace con m.c.
° di fronte a lesione biopsiabile
▪ eseguire biopsia TC guidata
- se la biopsia è positiva Æcompletare le indagini di stadiazione
Figura 1: Algoritmo diagnostico
Sospetto clinico
- Sintomatologia di richiamo
y Dolore toracico non pleuritico
y Dispnea
- Sospetta esposizione all’amianto
Rx torace nelle 2 p.o.
Versamento pleurico
SI
Ispessimento pleurico senza
versamento
Toracentesi
Citologia neg.
TC torace con m. c.
Citologia pos.
Lesione non biopsiabile
Lesione
biopsiabile
Stadiazione
MPM e studio
funzionale
Stadiazione MPM e studio
funzionale
Agobiopsia
TC guidata
POS.
NEG.
Biopsia toracoscopica
e/o
Biopsia chirurgica con
toracotomia*
POS.
Se non già
eseguita la
stadiazione
NEG.
Folow-up
* far precedere alla biopsia chirurgica, nei casi eventualmente resecabili, il completamento della stadiazione
- se la biopsia è negativa Æbiopsia toracoscopica
° di fronte a lesione non biopsiabile Æbiopsia toracoscopica
3. se viene eseguita biopsia toracoscopica
a. se la biopsia toracoscopica è positiva Æcompletare la stadiazione
b. se la biopsia toracoscopica è negativa o la toracoscopia non è possibile
(pachipleurite o assenza di versamento pleurico)
° eseguire biopsia chirurgica a cielo aperto con toracotomia
° far precedere alla biopsia chirurgica, nei casi eventualmente resecabili, il
completamento della stadiazione, perchè è possibile procedere con intervento di
resezione chirurgica
° se la biopsia chirurgica è negativa far seguire follow-up clinico
Stadiazione
Un’accurata stadiazione è indispensabile per una razionale pianificazione terapeutica;
con la stadiazione può essere valutata l’operabilità; nei casi ritenuti inoperabili la stadiazione
può fornire informazioni prognostiche. In passato molto usata è stata la classificazione di
Butchart (1976) (Butchart, 1976); oggi il sistema di stadiazione più ampiamente accettato è
il sistema tipo TNM dell’International Mesothelioma Interest Group (IMIG) (1995)
(Rusch, 2004); si raccomanda l’uso della classificazione IMIG finché un nuovo sistema
classificativo meglio si adatti al MPM (Raccomandazione B).
Sintesi della classificazione IMIG
Tumori resecabili
□ Stadio I
„ Stadio IA: solo pleura parietale limitato + N0
„ Stadio IB: anche foci di interessamento della pleura viscerale + N0
□ Stadio II
„ Esteso interessamento pleurico viscerale
„ Muscolo diaframma
„ Parenchima polmonare sottostante + N0
Tumori avanzati ma potenzialmente resecabili
□ Stadio III
„ Ogni N1 – N2
„ Ogni T3
□ Interessamento dei tessuti molli della parete toracica
□ Interessamento della fascia endotoracica
□ Grasso mediastinico
□ Interessamento non transmurale del pericardio
Tumori avanzati non resecabili
□ Stadio IV
„ Ogni T4
□ Invasione delle vertebre o coste
□ Esteso interessamento della parete toracica
□ Diffusione transdiaframmatica
□ Diffusione pleurica controlaterale
□ Diffusione ad uno o più organi mediastinici
□ Interessamento transmurale del pericardio o al miocardio
„ Ogni N3
„ Ogni M1
Inquadramento pre-terapeutico necessario del paziente
Si raccomanda di comprendere nel minimo inquadramento pre-terapeutico del
paziente (Raccomandazione A):
„ l’esame clinico
„ l’rx torace
„ la TC torace e addome con m.c. (dopo la rimozione del liquido pleurico)
„ la toracoscopia
„ l’esame istopatologico per precisare il sottotipo del MPM
Fattori prognostici
„ Età
„ Performance Status
„ Perdita di peso
„ Conta dei G.B.
Valutazione preoperatoria
Per l’appropriata selezione dei pazienti che potranno essere sottoposti alla terapia
chirurgica si basa oltre che sulla corretta stadiazione anche sulla valutazione del
Performance Status (PS), della presentazione clinica e sull’esame della funzionalità
respiratoria, della funzionalità cardiaca e sulla presenza di comorbilità.
□ Valutazione clinica preliminare
„ Anamnesi per intervento di bypass coronarico
„ PS
„ Presenza di dolore toracico
□ Indagini diagnostiche di inquadramento generale preoperatorio
„ Valutazione della funzionalità renale ed epatica
„ ECG + Ecocardiogramma con valutazione della FE
„ Test di funzionalità respiratoria
□ EGA
□ Volumi statici, dinamici e DLCO
□ Scintigrafia polmonare funzionale di perfusione
□ Test da sforzo
□ Accertamento dell’istotipo del MPM
□ Indagini diagnostiche di stadiazione
„ TC torace e addome superiore con m.c. con ricostruzione tridimensionale per
pericardio e diaframma
„ PET
Terapia
Il MPM non ha un’unica modalità terapeutica ampiamente accettata per la mancanza
di sicuri risultati della terapia. Colpisce inoltre la mancanza di studi clinici randomizzati che
confrontano diversi regimi terapeutici; questo in parte è dovuto alla relativa bassa incidenza
di questa neoplasia. Gli studi clinici sono al massimo trial di fase II con un solo regime
terapeutico o reviews retrospettive di casistiche di piccoli numeri di pazienti trattati per
lunghi periodo di tempo. I significativi miglioramenti dei risultati della terapia che si sono
avuti negli ultimi anni offrono un raggio di speranza per questa aggressiva neoplasia.
Chirurgia
La resezione chirurgica completa rappresenta teoricamente la terapia più efficace.
Comunque a causa della diffusa estensione del MPM all’emitorace, raramente si ottiene la
completa resezione di questa neoplasia con margini negativi.
Le procedure chirurgiche usate per la palliazione e/o terapia del MPM sono
rappresentate da:
1. Talcaggio in toracoscopia
2. Pleurectomia
3. Pleurectomia/decorticazione (P/D)
4. Pneumonectomia extrapleurica (EPP)
Talcaggio in toracoscopia
Di fronte alla presenza di versamento pleurico non è indicato eseguire ripetute
toracentesi col rischio di diffusione della malattia lungo il tramite dell’ago; per questo è utile
eseguire una precoce pleurodesi (Raccomandazione A).
La toracoscopia non solo consente la diretta biopsia del MPM, ma, durante la stessa
procedura, è possibile drenare il versamento pleurico, resecare le aderenze di versamento
pleurico saccato ed eseguire la pleurodesi con talco. Questa procedura non impedisce un
eventuale successivo intervento di EPP. La pleurodesi non prolunga di per sé la
sopravvivenza, ma può migliorare la qualità della vita per il miglioramento della dispnea ed
è specialmente indicata nei pazienti con comorbilità o con malattia avanzata (III stadio) che
possono eseguire chemioterapia sistemica. La pleurodesi è utile anche nel I e II stadio,
come procedura propedeutica all’intervento di EPP. Il talcaggio non è comunque
raccomandato se l’aspetto macroscopico della pleura non è evocativo di lesione maligna,
cosicché sia possibile eseguire se necessario un secondo esame toracoscopico senza che
questo venga ostacolato dalla sinfisi pleurica.
Pleurectomia
La pleurectomia consiste nell’asportazione dell’intera pleura parietale, della pleura
diaframmatica e mediastinica. Viene raccomandato di eseguire la pleurectomia
eventualmente solo di fronte allo Stadio IA (Raccomandazione B). Questa
raccomandazione rappresenta solo il consiglio di esperti; in effetti la chirurgia è utilizzata
per questo stadio precoce quando la storia naturale della malattia è sconosciuta senza
terapia e potrebbe essere spontaneamente lunga. Impossibile stabilire un grado di
raccomandazione per la difficoltà a realizzare uno studio clinico randomizzato.
Pleurectomia/Decorticazione (P/D)
La P/D rappresenta l’unica procedura terapeutica eseguita con lo scopo di
determinare la citoriduzione del tumore. La P/D è indicata nel I stadio in presenza di
limitazioni funzionali e nel II e III stadio di fronte a gravi essudazioni (Raccomandazione
B). Questa procedura è eseguita attraverso la toracotomia a cielo aperto e consiste nel
rimuovere la pleura parietale inclusa la sua porzione al di sopra del mediastino, pericardio e
diaframma (spesso richiedendo l’asportazione di parte del diaframma) e nell’asportazione
della pleura viscerale con la decorticazione polmonare. A confronto dell’EPP, questa
procedura determina un minor danno funzionale per il paziente, rimanendo il polmone in
situ ed è gravata da un minor tasso di mortalità (1.5% - 5%). I comuni svantaggi della P/D
sono rappresentati dalla perdita di aria, dall’empiema, dall’emorragia, dall’impossibilità di
rimuovere il tumore dalle scissure, dalla riduzione o perdita completa della funzione
diaframmatica e dall’ovvia limitazione ad eseguire un trattamento radioterapico
postoperatorio essendo il polmone ancora in sede. Residua un tumore macroscopico al
termine della procedura nell’80% dei casi. Di per sé la P/D offre una buona palliazione dei
sintomi e previene la recidiva di versamento pleurico, ma solitamente si ha una recidiva
locoregionale nell’80-90% dei casi e per questo non è considerata una procedura
potenzialmente curativa.
Pneumonectomia extrapleurica (EPP)
L’EPP rappresenta la procedura chirurgica più aggressiva; consiste nella resezione in
blocco della pleura parietale e viscerale insieme al polmone coinvolto, nell’asportazione dei
linfonodi mediastinici, del diaframma e del pericardio. Il diaframma e il pericardio sono
ricostruiti con protesi di PTFE (Goretex); a destra viene ricostruito sia il diaframma che il
pericardio, mentre a sinistra solo il diaframma. L’intervento prevede anche la recentazione
dei tragitti dei drenaggi. Quantunque questa procedura abbia un importante impatto
funzionale per il paziente dato che è asportato l’intero polmone, può essere eseguita in
centri di provata esperienza con una mortalità inferiore al 5% (Raccomandazione A).
L’EPP rappresenta la più completa procedura citoriduttiva ed essenzialmente rappresenta
l’unico intervento col quale sono state riscontrate sopravvivenze a lungo termine
(Sugarbaker, 1999) (25% a 5 anni), anche se rimane incerto che questa chirurgia “radicale”
offra un reale miglioramento della sopravvivenza (in media da 17 a 23 mesi), dato che il suo
beneficio è rivolto solo a una popolazione selezionata (circa il 10% del totale). Al di là della
strategia terapeutica prevista, la terapia chirurgica del MPM dovrebbe essere considerata
una parte di un approccio multidisciplinare al trattamento (Raccomandazione A) ( Zellos,
2002).
Per questo tipo di intervento è fondamentale la selezione dei pazienti:
□ Selezione dei pazienti per EPP
„ PS: ECOG 0-1
„ Stadio I-II (raramente III) IMIG
„ Non precedente intervento di bypass coronarico (perchè non possibile
l’asportazione completa del tumore)
„ FE > 45%, non aritmia o disfunzione cardiaca
„ Adeguata funzionalità respiratoria per pneumonectomia
□ FEV1 predetto > 1.3 lt
□ Sat > 94%, O2 > 70 mmHg, CO2 < 40 mmHg
„ Non alterata funzione renale, epatica o comorbilità
„ Dolore toracico assente o minimo spesso espressione di MPM sarcomatoide o
bifasico (dovuto a profonda invasione della parete toracica da parte del tumore)
„ Istotipo epiteliomorfo; gli altri istotipi non sono controllati dall’EPP
□ È importante avere l’accertamento dell’istotipo prima dell’intervento perchè
l’accertamento istologico intraoperatorio non è dirimente in assoluto anche
se un referto di istotipo epiteliale può giustificare, a discrezione del chirurgo,
un intervento di EPP
„ Non precedente pleurectomia (possibile precedente talcaggio)
„ L’età non rappresenta di per sé un criterio di esclusione
Circa il 10-15% dei pazienti con MPM sono eleggibili per questa terapia chirurgica;
considerando l’insuccesso di questa terapia quando è presente l’interessamento dei
linfonodi mediastinici, se rimangono dubbi di stadiazione pur con l’esecuzione della PET è
consigliato eseguire la mediastinoscopia per i pazienti che devono essere sottoposti a EPP.
Radioterapia
La RT è stata per lungo tempo considerata un utile mezzo palliativo in grado di
controllare il dolore (Raccomandazione B) e/o prevenire le recidive cutanee sui tramiti
chirurgici ma incapace di adeguato controllo locale della malattia. Potenziali cause di
insuccesso della RT sono rappresentate da: 1) copertura inadeguata del bersaglio, 2) rischio
di severi effetti radio-indotti sui tessuti sani adiacenti, 3) dose totale insufficiente a eradicare
la malattia. Recentemente, alla luce dei progressi tecnici nel campo della Chirurgia e della
Radioterapia e dei risultati positivi sulla sopravvivenza ottenuti con la terapia multimodale
(CHIR+RT+CT), hanno ripreso vigore gli studi sul trattamento curativo con RT adiuvante
dopo Chirurgia nei MPM. Promettente è l’uso di tecniche radioterapiche complesse quale
l’IMRT (Intensity-Modulated Radiotherapy), che consente, con il suo piano di trattamento
conformazionale tridimensionale, di creare distribuzioni di dose di forma irregolare, ma
omogenea così da poter trattare anche volumi di forma complessa o tumori situati a ridosso
di strutture critiche dal punto di vista della radiosensibilità, come nel caso del MPM.
La RT per il MPM è usata, oltre che per trattare le recidive che si possono presentare
lungo il tratto dei drenaggi e la ferita chirurgica (utile il trattamento radioterapico precoce)
(Raccomandazione A), sull’emitorace come terapia adiuvante dell’EPP. Anche per la RT
adiuvante non esistono studi randomizzati che dimostrino che la RT aggiunga qualche
vantaggio rispetto alla sola chemioterapia adiuvante per le neoplasie completamente
resecate. In assenza di trials randomizzati di fase III si raccomandano studi prospettici
controllati per valutare l’efficacia e la tollerabilità della radioterapia adiuvante post-EPP
(con dose minima di 50 Gy) (Raccomandazione C). La tecnica della radioterapia postoperatoria è complicata e dovrebbe quindi essere eseguita in Centri specializzati.
Chemioterapia
Il ruolo della chemioterapia nel MPM è oggi stabilito al di là di ogni ambiguità. Gli
analoghi del platino, doxorubicina e alcuni antimetaboliti (pemetrexed o raltitrexed) hanno
mostrato modesta efficacia come agenti singoli (Raccomandazione B). Il recente trial di
fase III con cisplatino + pemetrexed ha dimostrato un vantaggio significativo per la
sopravvivenza per la combinazione rispetto al solo cisplatino; per questo l’associazione di
cisplatino + pemetrexed col supporto vitaminico di acido folico e vitamina B12 rappresenta
il trattamento di prima linea correntemente accettato per il MPM. Si raccomanda
l’associazione di cisplatino + antimetabolita (pemetrexed o raltitrexed) nel trattamento di
prima linea (Raccomandazione A). A volte, per le condizioni cliniche del paziente, può
essere utile sostituire il carboplatino al cisplatino. Non si hanno trattamenti standard di
seconda linea per il MPM avanzato; sono usati in seconda linea la gemcitabina, vinorelbina,
doxorubicina e irinotecan (CPT-11). Nessun studio randomizzato ha dimostrato il
beneficio di una chemioterapia di seconda linea per quanto riguarda la sopravvivenza o la
qualità della vita dopo l’insuccesso di un trattamento chemioterapico di prima linea; per i
pazienti che non hanno eseguito trattamento di prima linea con cisplatino, può essere
proposta chemioterapia con cisplatino in seconda linea. È raccomandato che la
chemioterapia non sia ritardata fino all’insorgenza dei disturbi funzionali
(Raccomandazione C). Si raccomanda che la chemioterapia sia interrotta in caso di
progressione di malattia, grado 3-4 di tossicità o dosi tossiche cumulative
(Raccomandazione A), e dopo 6 cicli nei pazienti che rispondono o hanno stabilità di
malattia (Raccomandazione C). Il ranpirnase (Onconase) è un nuovo agente antitumorale
in valutazione nel trattamento di seconda linea; egualmente promettente è l’impiego di
farmaci antiangiogenici (bevacizumab) in associazione al trattamento chemioterapico.
Terapia multimodale
Per migliorare la sopravvivenza sono stati prospettati trattamenti multimodali che
coinvolgono i trattamenti chirurgici citoriduttivi (P/D o EPP). Il più noto trattamento
multimodale (studio del Brigham and Women’s Hospital) (Grondin, 1999) ha associato alla
EPP un trattamento adiuvante chemio-radioterapico. Con la resezione tumorale
macroscopica completa non si hanno, però, dati convincenti che suggeriscano l’impiego di
due modalità di terapia adiuvante rispetto ad una sola modalità. In alcuni centri viene
utilizzata la chemioterapia intrapleurica e/o sistemica + immunoterapia (IL2) intrapleurica
in associazione a P/D e ± a trattamento radioterapico (trattamento quadrimodale e
trimodale). Il ruolo degli agenti immunomodulanti (anche per quanto riguarda il loro uso
nella somministrazione intrapleurica) è comunque non noto e si raccomanda il loro uso
solo all’interno di trial clinici controllati (Raccomandazione A). In corso il trial MARS
(Treasure, 2006) del Regno Unito: studio randomizzato che mette a confronto il
trattamento chemioterapico neoadiuvante ± trattamento chirurgico (EPP) + successivo
trattamento radioterapico. In Svizzera lo studio di fase III del gruppo SAKK (Weder, 2006)
esplora in modo comparativo il valore della radioterapia dell’emitorace dopo il trattamento
primario con cisplatino/pemetrexed seguito da chirurgia. La perfusione ipertermica (40-
41°C) di farmaci chemioterapico, la terapia fotodinamica, la terapia intracavitaria, la terapia
vaccinica e la terapia genica sono ancora sotto studio.
Terapia Palliativa
Importante è il controllo dei sintomi legati al MPM per il miglioramento della qualità
della vita.
1. Controllo del dolore
Il dolore associato al MPM inizialmente è di tipo nocicettivo; molto più tardi con la
progressione della malattia può insorgere un dolore di tipo neurogeno a seguito
dell’invasione delle strutture nervose.
Il dolore del MPM dovrebbe essere trattato in generale come dolore da cancro
(Raccomandazione B). Può essere controllato nel 90% dei casi con terapia orale; la
decisione per una tecnica antalgica di tipo neurochirurgico dovrebbe essere presa solo da
un team di esperti nella terapia del dolore dopo attenta valutazione del rapporto
rischio/beneficio (Raccomandazione B).
2. Terapia della dispnea
Il principale trattamento della dispnea è rappresentato dal controllo del versamento
pleurico.
Le toracentesi ripetute aumentano il rischio di diffusione della malignità lungo il
tramite delle punture, portando alla diffusione della malattia a livello sottocutaneo. Il
talcaggio rappresenta il metodo di scelta per il trattamento del versamento pleurico
recidivante nel paziente con MPM (Raccomandazione B). È consigliato eseguire
precocemente il talcaggio almeno che non pregiudichi la strategia terapeutica oncologica. In
caso di fallimento del talcaggio e per i pazienti con scarso PS o limitata aspettativa di vita si
raccomanda l’inserzione cronica di un catetere in cavità pleurica (Raccomandazione C).
La scelta del trattamento chemioterapico si può basare, almeno in parte, sull’obiettivo di
migliorare la dispnea, dato che questa terapia può migliorare la sintomatologia
(Raccomandazione C). L’ossigenoterapia di lunga durata (OTLT) può essere considerata
nella pratica clinica corrente per migliorare la sintomatologia del paziente ipossiemico. Gli
analgesici a base di morfina hanno dimostrato efficacia nel miglioramento della dispnea.
Algoritmo terapeutico
La figura 2 mostra l’algoritmo terapeutico. In presenza di versamento pleurico il
MPM viene trattato con pleurodesi con talco che non pregiudica la terapia successiva. A
seguito della stadiazione della malattia, nel solo caso di Stadio IA può essere indicata la
pleurectomia. Nello Stadio I e II è comunque indicata la EPP se esistono i criteri di
selezione favorevole per la sua esecuzione. In caso positivo l’EPP può essere preceduta da
trattamento adiuvante chemioterapico e seguita da trattamento adiuvante radioterapico ±
chemioterapico. In caso negativo va valutata la possibilità, come per lo Stadio III, della
esecuzione della P/D. In caso positivo il trattamento chirurgico di P/D può essere
preceduto da trattamento con IL2 e seguito da terapia adiuvante oltre che con IL2, da
chemioterapia sistemica o intrapleurica o da radioterapia. Nel caso di mancata indicazione
alla P/D va valutata la possibilità di trattamento chemioterapico sistemico come nello
Stadio IV. In caso di mancata indicazione può essere eseguita solo la terapia palliativa.
Figura 2: Algoritmo terapeutico
In presenza di
versamento pleurico
Pleurodesi con talco
Stadiazione del MPM
Stadio I e II
Stadio IA
Stadio IV
Valutazione
criteri per EPP
Stadio III
Pleurectomia
Positiva
± CT di
induzione
Negativa
Valutazione per P/D
EPP
Positiva
RT ± CT
± IL2
Negativa
Valutazione per CT
P/D
Positiva
Negativa
± RT
± CT IP
± CT
± IL2
CT
Terapia
palliativa
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Appendice
Hanno curato le relazioni della discussione che ha contribuito alla stesura delle
raccomandazioni
Paolo Bastiani
Elisabetta Chellini
Maurizio Di Bisceglie
Giuseppe Gotti
Andrea Lopes Pegna
di
Marco Lucchi
Alfredo Mussi
Leonardo Politi
AOUC Firenze
CSPO Firenze
AOU Siena
AOU Siena
AOUC Firenze
Radioterapia
Epidemiologia
Chirurgia
Chirurgia
Coordinatore gruppo
lavoro MPM ITT
Chirurgia
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Chirurgia
AOU Pisa
AOU Pisa
AOUC Firenze
Gruppo ITT Mesotelioma
Abrami Fiamma
Aiosa Carlo
Amadei Lucia
Amoroso Domenico
Anzalone Giuseppe
Archinucci Ivano
Baglioni Tiziana
Baldini Editta
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Bianchi Roberto
Boldrini Laura
Caldarella Adele
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Carozzi Francesca
Carrozzi Laura
Casamassima Franco
Chellini Elisabetta
Ciatto Stefano
Collodoro Angelo
Comin Camilla
Confortini Massimo
Crisci Clemente
De Francisci Agostino
Di Bisceglie Maurizio
Doni Laura
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Ferrari Katia
Fontanini Gabriella
Gigli Paolo
Gisfredi Silvia
Giusti Francesco
Gonfiotti Alessandro
Gotti Giuseppe
Grazzini Michela
chirurgia toracica
AOU Careggi
oncologia medica
Azienda USL 12
oncologia medica
Azienda USL 12
oncologia medica
Azienda USL 12
GOM Polmone
Azienda USL 4
GOM Polmone
Azienda USL 8
GOM Polmone + GOM Ginecologici
Azienda USL 7
Oncologia medica
AOU Pisa
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AOU Careggi
pneumologo
AOU Careggi
anatomia patologica
AOU Pisa
patologa
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laboratorio
CSPO Firenze
pneumologo
AOU Pisa
radioterapista
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pneumologo
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anatomopatologo
AOU Careggi
laboratorio
CSPO Firenze
chirurgo toracico
AOU Careggi
radiologo
AOU Careggi
chirurgia toracica
AOU Siena
Oncologia medica
AOU Careggi
Attiv.Diagnostiche radiologiche
AOU Pisa
pneumologo
AOU Careggi
anatomia patologica
AOU Pisa
chirurgia toracica
AOU Careggi
anatomia patologica
AOU Pisa
statistico
CSPO Firenze
chirurgia toracica
AOU Careggi
chirurgia toracica
AOU Senese
pneumologo
ASL 3 Pistoia
Grosso Anna Maria
Innocenti Florio
Janni Alberto
Lopes Pegna Andrea
Lucchi Marco
Marinozzi Claudio
Martini Tiziano
Mazzoni Francesca
Mugnai Mauro
Mussi Alfredo
Nutini Sandra
Paci Eugenio
Panella Mauro
Perri Francesco
Politi Leonardo
Puccinelli Paolo
Rinaldini Michela
Roggi Guido
Rossi Francesca
Rossi Marcello
Rossi Susanna
Salani Anna
Santomaggio Carmine
Secci Stefano
Spina Donatella
Taccola Mauro
Tavanti Laura Maria
Tibaldi Carmelo
Tucci Enrico
Ursino Silvia
Vaggelli Luca
Voltolini Luca
pneumologo
AOU Careggi
GOM Polmone
Azienda USL 3
chirurgia toracica
AOU Careggi
GOM Polmone
AOU Careggi
Coordinatore del gruppo di lavoro ITT sulle neoplasie
polmonari e pleuriche
chirurgia toracica
AOU Pisa
oncologia medica
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pneumologo
AOU Careggi
oncologia medica
AOU Careggi
MMG
MMG
chirurgia toracica
AOU Pisa
pneumologo
AO Careggi
epidemiologo
CSPO Firenze
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Azienda USL 4
pneumologo
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chirurgo toracico
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Responsabile CORD
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Direttore Dip. Oncologico
Azienda USL 9
anatomia patologica
AOU Pisa
medico nucleare
AOU Careggi
GOM Polmone
AOU Senese
MESOTELIOMA MALIGNO
CARATTERIZZAZIONE IMMUNOISTOCHIMICA
Camilla E. Comin
Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia, Università degli Studi di Firenze
La diagnosi e la terapia del mesotelioma maligno (MM) rappresentano tuttora un
problema molto importante sia per i clinici che per i patologi. L’accuratezza della diagnosi
istopatologica di questa neoplasia ha un’importanza cruciale per la corretta valutazione di
“trials” clinici nonché dal punto di vista medico-legale. Nonostante la grande quantità di
letteratura circa i caratteri istomorfologici del MM, non è tuttora sempre possibile formulare
una diagnosi di certezza basata esclusivamente sull’esame in microscopia ottica dei preparati
istologici in ematossilina-eosina. L’intrinseca capacità delle cellule mesoteliali di assumere
aspetti morfologici diversi e di esprimere diversi profili immunofenotipici, contribuiscono
ad aumentare le difficoltà diagnostiche. Fra le principali caratteristiche del MM sono, infatti,
l’estrema variabilità citomorfologica ed architetturale. I MM con architettura tubulare o
papillare simulano gli adenocarcinomi; quelli con morfologia sarcomatoide ricordano e
mimano i carcinomi sarcomatoidi, i sarcomi a cellule fusate ed i sarcomi pleomorfi.
Secondo i più recenti criteri classificativi dei tumori del polmone e della pleura del
“World Health Organization” (WHO), il MM viene distinto in quattro principali
categorie(Travis, 2004): epiteliomorfo, sarcomatoide, bifasico e desmoplastico. Questo
schema classificativo può sembrare estremamente semplice rispetto alla moltitudine di
quadri morfologici con i quali può esprimersi il MM epiteliomorfo (vedi il MM a piccole
cellule, a cellule chiare, secernente mucine, deciduale) ma anche il MM sarcomatoide e
bifasico (vedi MM linfoistiocitoide). Infatti, mentre il termine di “mesotelioma
desmoplastico” è unanimemente accettato per indicare un particolare sottotipo di MM
sarcomatoide altamente aggressivo, non c’è tuttora accordo circa la terminologia da adottare
per gli altri numerosi sottotipi tumorali. Il riconoscimento delle diverse varianti
istomorfologiche del MM è importante ai fini diagnostici, tuttavia, non avendo ciascuna di
esse diverso significato prognostico, si raccomanda di utilizzare le categorie sopraindicate
senza ulteriori sottotipizzazioni (Travis, 2004). Inoltre, l’analisi di abbondante materiale
chirurgico evidenzia molto spesso un’ampia variabilità di differenziazione morfologica nel
contesto dello stesso tumore.
Il principale problema diagnostico differenziale si pone essenzialmente quando ci
troviamo di fronte a piccoli frammenti bioptici ed in particolare e più frequentemente nella
corretta differenziazione fra MM epiteliomorfo e adenocarcinoma polmonare coinvolgente
la pleura e fra MM epiteliomorfo e i carcinomi metastatici di organi a distanza quali, ad
esempio, il rene. Più raramente, la diagnosi differenziale si pone fra MM sarcomatoide e
carcinoma sarcomatoide o fra MM sarcomatoide e/o bifasico con altri tumori rari primitivi
pleurici quali ad esempio, tumore fibroso solitario, sarcoma sinoviale monofasico o bifasico,
emangioendotelioma epitelioide, tumore desmoplastico a piccole cellule rotonde. A livello
peritoneale, il principale problema diagnostico differenziale è fra MM epiteliomorfo e
carcinoma sieroso papillare del peritoneo oltre che con le ben più frequenti metastasi
peritoneali da carcinoma sieroso ovarico.
Le tecniche speciali associate all’esame morfologico in ematossilina-eosina utilizzate
nella diagnostica del MM sono l’istochimica, la microscopia elettronica e, principalmente,
l’immunoistochimica. L’utilità diagnostica dell’istochimica ha in parte perso il suo originario
significato: la regola generale è che i MM epiteliomorfi non esprimono mucine e quindi
risultano PAS-diastasi, mucicarminio e alcian blu negativi in contrasto con gli
adenocarcinomi che producono mucine. Oggi è ben noto che il 2%-5% dei MM
epiteliomorfi si colorano con i reagenti per le mucine e sono denominati “mesoteliomi
epiteliomorfi mucine-secernenti” (Hammar, 1996). L’esame in microscopia elettronica può
essere di grande utilità ed è da molti tuttora considerato il “gold standard” nella diagnosi di
questo tumore, tuttavia, è raro predisporre di materiale adeguato per la microscopia
elettronica, inoltre, i caratteri morfologici ultrastrutturali di differenziazione mesoteliale
possono non essere apprezzabili nei tumori meno differenziati. Senza dubbio,
l’immunoistochimica è la metodica più utile nel differenziare il MM da altri tipi di neoplasia
primitiva o secondaria delle sierose. Nell’ultimo decennio sono stati proposti numerosi
marcatori potenzialmente utili nella diagnosi di MM (in particolare per la diagnosi
differenziale fra MM epiteliomorfo pleurico e adenocarcinoma polmonare) che possono
essere schematicamente suddivisi in tre principali categorie: 1) anticorpi che reagiscono con
antigeni specifici del mesotelio, utili nella identificazione positiva del MM; 2) anticorpi che
reagiscono con antigeni di cellule non mesoteliali (ad esempio, adenocancerigne), utili per
l’esclusione della diagnosi di MM; 3) un gruppo eterogeneo di anticorpi fra i quali quelli che
reagiscono con marcatori organo-specifici particolarmente utili per la diagnosi negativa di
MM.
Marcatori mesoteliali positivi
Il riconoscimento di marcatori positivi per il mesotelio è relativamente recente. I
marcatori più noti e studiati attualmente sono: trombomodulina, calretinina, citocheratina
5/6, WT1 e podoplanina. Del tutto recentemente, inoltre, il nostro gruppo ha dimostrato
l’utilità di h-caldesmone (h-CD) nella diagnosi positiva di MM (Comin, 2006; Comin, 2007).
La trombomodulina (CD141) è stato il primo marcatore mesoteliale considerato utile nella
diagnosi positiva di MM. Essa è una glicoproteina transmembranale di 25-kDA con attività
anti-coagulante, espressa dalle cellule mesoteliali, endoteliali, mesangiali, sinoviali,
trofoblastiche, megacariocitarie e da alcune cellule epiteliali squamose. I dati della letteratura
circa l’utilizzo di questo marcatore sono controversi, in quanto, la reattività della
trombomodulina nei tessuti fissati in formalina e inclusi in paraffina tende ad essere focale,
potendo dare così origine a falsi negativi in piccoli frammenti bioptici (Ordoñez, 2007); un
altro motivo di divergenza nei risultati dei vari studi con questo marcatore potrebbe essere
riconducibile all’interpretazione dell’immunocolorazione che deve essere di membrana nel
MM mentre è perlopiù citoplasmatica nei rari casi positivi di adenocarcinoma. La
trombomodulina è spesso espressa nei carcinomi a cellule squamose quindi non utile per la
diagnosi differenziale fra questi tumori e il MM (Ordoñez, 2006). Inoltre, la
trombomodulina è anche espressa negli angiosarcomi ed emangioendoteliomi: entrambe
queste neoplasie possono originare dalle membrane sierose e ricordare morfologicamente il
MM epiteliomorfo. L’uso della trombomodulina è oggi assai ridotto data la recente
identificazione di marcatori mesoteliali più sensibili e specifici.
La calretinina è una proteina di 29-kDa, legante il calcio, diffusamente espressa nel
tessuto nervoso centrale e periferico e in alcune cellule non neurali quali gli adipociti, le
cellule di Leydig e di Sertoli, le ghiandole eccrine e le cellule mesoteliali. La calretinina è il
marcatore mesoteliale positivo più frequentemente utilizzato in quanto altamente specifico e
sensibile. Essa viene sempre inclusa nei “panel” immunoistochimici per la diagnosi di MM.
La positività alla calretinina è generalmente intensa e diffusa con un pattern di colorazione
nucleare e citoplasmatico altamente specifico (figura 1).
Figura 1 - Calretinina: intensa e diffusa immunocolorazione nucleare e citoplasmatica.
Secondo alcuni autori la calretinina risulterebbe positiva anche nei mesoteliomi
sarcomatoidi, secondo altri, così come nella nostra esperienza, l’espressione di questo
antigene è tipica solo dell’istotipo epiteliomorfo. La positività per la calretinina è stata
dimostrata nell’88%-100% dei mesoteliomi epiteliomorfi (Ordoñez, 2007). E’ importante
ribadire che l’elevata sensibilità e specificità di questo marcatore sono in funzione
dell’anticorpo utilizzato: anticorpo policlonale anti-calretinina umana. Studi recenti hanno
riportato positività alla calretinina nel 6%-10% degli adenocarcinomi polmonari, nel 31%38% dei carcinomi sierosi e nel 0%-10% dei carcinomi a cellule renali (Ordoñez, 2007).
Anche i carcinomi a cellule squamose possono essere calretinina-positivi (Miettinen, 2003).
La positività nei carcinomi è comunque quasi sempre debole e focale a differenza di quanto
si osserva nel MM. In sintesi, possiamo affermare che la calretinina è marcatore molto utile
nella diagnosi differenziale fra MM e adenocarcinoma polmonare e fra MM e carcinoma a
cellule renali, meno utile nella diagnostica differenziale fra MM e carcinoma sieroso e fra
MM e carcinoma a cellule squamose.
L’anticorpo anti-citocheratina 5/6 (CK 5/6) (anticorpo monoclonale D5/16B4) è
entrato in commercio subito dopo la calretinina. Anche questo marcatore ha dimostrato
elevata specificità per il mesotelio ma rispetto alla calretinina e alla podoplanina, esso è
risultato essere molto meno sensibile, l’immunoreattività è spesso debole e focale con
conseguenti possibili falsi negativi nel materiale bioptico (Ordoñez, 2007). Le percentuali di
positività alla CK 5/6 riportate dalla letteratura sono: 64%-100% nei MM epiteliomorfi, 019% negli adenocarcinomi polmonari, 22%-35% nei carcinomi sierosi5. I carcinomi a cellule
renali non esprimono questo marcatore mentre dobbiamo ricordare la positività diffusa alla
citocheratina 5/6 nei carcinomi a cellule squamose e nei carcinomi transizionali. I MM
sarcomatoidi non esprimono questa citocheratina.. Quindi, molto utile per distinguere il
MM dall’adenocarcinoma polmonare e dal carcinoma a cellule renali, di nessuna utilità nella
diagnosi differenziale fra MM e carcinoma sieroso e fra MM e carcinoma a cellule squamose.
La proteina WT1 è stata solo recentemente riconosciuta come marcatore mesoteliale
positivo. La positività dei MM epiteliomorfi è stata riportata nel 43%-93% dei casi in
funzione del diverso tipo di anticorpo utilizzato nei diversi studi (Ordoñez, 2007). E’ stato
infatti dimostrato che l’alta sensibilità di questo marcatore è legata solo all’utilizzo
dell’anticorpo monoclonale. L’immunocolorazione è nucleare, intensa e diffusa (figura 2).
Sia gli adenocarcinomi polmonari che i carcinomi a cellule squamose non esprimono
questa proteina che risulta quindi utile per differenziare queste neoplasie dal MM
epiteliomorfo. Diversamente, la positività per WT1 è stata riportata nell’83%-100% dei
carcinomi sierosi peritoneali e ovarici (Hashi, 2003; Ordoñez, 2007). Rarissima l’espressione
di WT1 nei carcinomi a cellule renali. Attualmente, i dati della letteratura indicano questo
marcatore molto utile nella differenziazione fra MM epiteliomorfo e adenocarcinoma
polmonare e fra MM epiteliomorfo e carcinoma a cellule squamose; di nessuna utilità nella
diagnostica differenziale fra MM epiteliomorfo peritoneale e carcinomi sierosi primitivi o
metastatici del peritoneo. La proteina WT1 non è espressa nei mesoteliomi sarcomatoidi.
La podoplanina è il marcatore mesoteliale positivo più recentemente studiato. E’ una
glicoproteina transmembranale di 38kd riconosciuta dall’anticorpo monoclonale D2-40,
espressa dalle cellule germinali e dagli endoteli linfatici (Chu, 2005; Ordoñez, 2007). Il suo
utilizzo diagnostico comprende la dimostrazione dell’invasione tumorale dei vasi linfatici, il
riconoscimento di tumori di origine linfatica (linfangioma, sarcoma di Kaposi,
angiosarcoma) e, attualmente, la diagnosi positiva di MM (Chu, 2005; Ordoñez, 2007). Gli
studi sull’utilizzo della podoplanina nella diagnosi di MM hanno tutti fino ad ora dimostrato
elevata sensibilità e specificità soprattutto nella diagnosi differenziale fra MM e
adenocarcinoma polmonare (Ordoñez, 2007). Ancora discordanti i pochi dati della
letteratura circa il suo utilizzo nella diagnostica differenziale fra MM peritoneale e carcinoma
sieroso.
Figura 2 - Intensa e diffusa immunocolorazione nucleare per la proteina WT-1.
La positività per quest’ultima neoplasia è stata riportata nello 0%-65% dei casi (20% nella
nostra esperienza) ( Chu, 2005; Ordoñez, 2006; Comin, 2007). Risultati variabili sono stati
altresì riportati per i carcinomi a cellule squamose, con percentuali variabili dallo 0% al 44%
(Sienko, 2005; Ordoñez, 2006; Müller, 2006). In base ai dati pubblicati fino ad oggi, la
podoplanina risulta essere marcatore molto utile nella diagnosi differenziale fra MM e
adenocarcinoma polmonare, meno utile per differenziare il MM dal carcinoma a cellule
squamose e dai carcinomi sierosi. Per quanto riguarda i MM sarcomatoidi e la componente a
cellule fusate dei MM bifasici, i dati della letteratura sono ancora contrastanti. Nella nostra
esperienza, la podoplanina è risultata positiva nella componente sarcomatoide dei MM
bifasici e soprattutto abbiamo osservato un elevata sensibilità di questo marcatore nei casi di
MM epiteliomorfo poco differenziato o pleomorfo (figura 3.)
Sempre nel contesto dei marcatori mesoteliali positivi, vorrei solo brevemente
accennare all’emergente importanza di h-caldesmone (h-CD). h-CD, è l’isoforma ad alto peso
molecolare del caldesmone, proteina associata al citoscheletro coinvolta nei meccanismi di
contrazione cellulare, espressa dalle cellule muscolari lisce e dalle cellule mioepiteliali, utilizFigura 3 - Podoplanina: tipica immunocolorazione di membrana
zata come marcatore dei tumori a cellule muscolari lisce. Di recente, testando diversi
marcatori muscolari in una serie di lesioni pleuriche, abbiamo riscontrato l’espressione di hCD nelle cellule mesoteliali neoplastiche e non neoplastiche (figura 4). Dallo studio
dell’espressione di h-CD su 70 casi di MM epiteliomorfo e 70 casi di adenocarcinoma
polmonare abbiamo dimostrato l’elevata sensibilità (97,1%) e specificità (100%) di questo
marcatore nella diagnosi positiva di MM (Comin, 2006). Successivamente, abbiamo
dimostrato l’importanza dell’utilizzo di h-CD nella diagnostica differenziale fra MM
peritoneale e carcinoma sieroso papillare ovario (Comin, 2007). I nostri risultati necessitano
comunque di essere validati da successivi studi.
Marcatori mesoteliali negativi
Fra i marcatori negativi per il mesotelio, i più utilizzati sono quelli più comunemente
espressi dai carcinomi. Fra questi, le molecole di adesione delle cellule epiteliali (gli anticorpi
monoclonali MOC-31 e Ber-EP4), l’antigene carcinoembrionario (CEA), l’anticorpo
monoclonale B72.3 e l’antigene CD15.
MOC-31 è un anticorpo monoclonale anti-Ep-CAM (molecola di adesione espressa
nella maggior parte delle cellule epiteliali) ampiamente studiato nella diagnostica del MM.
L’immunoreattività a questo anticorpo è stata evidenziata nel 90%-100% degli
adenocarcinomi polmonari, nel 97% dei carcinomi a cellule squamose del polmone, nel 98%
Figura 4 - h-CD: Intensa e diffusa colorazione citoplasmatica.
dei carcinomi sierosi dell’ovaio e del peritoneo e nel 50% dei carcinomi a cellule renali. Al
contrario, una focale e debole immunoreattività è stata dimostrata solo nel 2%-10% dei MM
epiteliomorfi (Ordoñez, 2007). Data l’elevata specificità e sensibilità, MOC-31 è attualmente
considerato il migliore marcatore positivo per i carcinomi: molto utile nella diagnosi
differenziale fra MM epiteliomorfo versus adenocarcinoma polmonare versus carcinoma
polmonare a cellule squamose versus carcinomi sierosi dell’ovaio e del peritoneo. Di scarso
valore pratico nel differenziare il MM dal carcinoma a cellule renali.
Ber-EP4 è un altro anticorpo monoclonale anti-Ep-CAM ampiamente studiato nella
diagnosi di MM. L’immunoreattività dei carcinomi a questo marcatore è pressoché
sovrapponibile a quanto osservato per MOC-31. I risultati della letteratura mostrano
rispetto a MOC-31 solo valori lievemente più bassi di specificità (focale positività nel 1318% dei MM epiteliomorfi) (Ordoñez, 2007). Anche per Ber-EP4, nessuna utilità nella
diagnostica differenziale fra MM e carcinoma a cellule renali.
CEA è stato il primo marcatore immunoistochimico ritenuto di grande utilità per la
diagnosi differenziale fra MM e adenocarcinoma polmonare. Questo marcatore è inoltre
espresso in una elevata percentuale (77%) di carcinomi polmonari a cellule squamose
mentre la sua espressione è molto bassa nei carcinomi sierosi e nulla nei carcinomi a cellule
renali (Ordoñez, 2007). Rispetto a MOC-31 e Ber-EP4, la sensibilità per gli adenocarcinomi
polmonari è minore (immunoreattività nel 50%-90% dei casi) (Ordoñez, 2007) .
B72.3 è un anticorpo monoclonale che reagisce con una proteina tumore-associata
nota come TAG-72. L’immunoreattività per questo anticorpo è stata riportata nel 75%-85%
degli adenocarcinomi polmonari e nel 70%-75% dei carcinomi sierosi mentre i MM sono
generalmente negativi così come i carcinomi a cellule squamose e i carcinomi a cellule renali
(Ordoñez, 2007).
CD15 è un marcatore molto specifico ma poco sensibile rispetto a quelli
precedentemente citati. Solo i carcinomi a cellule renali (convenzionali e papillari)
esprimono quasi sempre CD15, utile dunque nella diagnostica differenziale fra questo tipo
di neoplasie e il MM (Ordoñez, 2007) .
Miscellanea
Thyroid transcriptor factor-1 (fattore di trascrizione tiroideo-1) (TTF-1): è un fattore
di trascrizione organo-specifico espresso nel polmone normale (pneumociti), nella tiroide,
così come nei tumori derivati da questi organi. Il principale uso di TTF-1 è nella diagnosi
differenziale fra MM e adenocarcinoma polmonare (Ordoñez, 2007; Ordoñez, 2006).
Recettori per gli estrogeni e il progesterone: particolarmente utili i recettori per gli estrogeni
nella diagnosi differenziale fra MM peritoneale e carcinoma sieroso ovarico e fra MM
peritoneale e carcinoma sieroso peritoneale (Trupiano, 2004; Ordoñez, 2005; Barnetson,
2006; Comin, 2007). I recettori per il progesterone sono risultati essere altamente specifici
ma molto poco sensibili.
p63: è un fattore di trascrizione nucleare recentemente descritto espresso nelle cellule
basali degli epiteli stratificati, nella prostata, ghiandole salivari, mammella e cellule
mioepiteliali (Au, 2004). E’ stato dimostrato che il gene di questo fattore è frequentemente
amplificato e la proteina espressa in una elevatissima percentuale (80%-100%) di carcinomi
a cellule squamose (Ordoñez, 2006). Da qui consegue la sua utilità nella diagnostica
differenziale fra MM e carcinoma a cellule squamose infiltrante gli stromi pleurici.
Infine, il marcatore del carcinoma a cellule renali (RCC Ma) altamente specifico e
sensibile per il carcinoma a cellule renali di tipo convenzionale e papillare e dunque utile
limitatamente alla diagnostica differenziale fra queste neoplasie e il MM (Ordoñez, 2007).
Per quanto riguarda i MM sarcomatoidi, estremamente più rari delle forme
epiteliomorfe e bifasiche, la scelta di marcatori mesoteliali positivi è assai più limitata. I MM
sarcomatoidi sono caratterizzati dalla co-espressione di citocheratine (in particolare CAM
5.2), vimentina e talora trombomodulina. Le cellule fusate raramente esprimono la
citocheratina 5/6 e sono negative agli altri marcatori mesoteliali più noti (calretinina, WT1).
Tuttora oggetto di studio è l’immunoreattività dei MM sarcomatoidi a D2-40 e h-CD. Per
questi istotipi, la scelta dei diversi marcatori, perlopiù negativi per il mesotelio, varierà in
base al problema diagnostico differenziale: MM sarcomatoide versus tumore fibroso solitario
(citocheratine, CD34, bcl-2, CD99), MM sarcomatoide versus sarcoma sinoviale monofasico
(citocheratine, EMA, bcl-2, CD99), ecc. Molto più difficile la diagnosi differenziale fra MM
sarcomatoide e carcinomi sarcomatoidi nel caso questi ultimi non mostrino alcuna
differenziazione in senso ghiandolare o squamoso come quanto si osserva in alcuni
carcinomi pleomorfi del polmone.
Considerazioni conclusive
Sulla base delle attuali conoscenze, riporto brevemente quelle che sono le batterie di
anticorpi più frequentemente raccomandate nella più comune diagnostica differenziale fra
MM epiteliomorfo e carcinoma.
MM epiteliomorfo. versus adenocarcinoma polmonare: sulla base dei valori di sensibilità e
specificità, calretinina, citocheratina 5/6, podoplanina e WT-1 sono i marcatori mesoteliali
positivi migliori, mentre MOC-31, Ber-EP4, B72.3, CEA e TTF-1 sono i migliori marcatori
per il carcinoma. L’immunocolorazione per TTF-1 è altamente specifica per
l’adenocarcinoma polmonare permettendo di confermare l’origine polmonare della
neoplasia. Dal punto di vista pratico, è comunemente suggerito l’uso di un panel costituito
da 4 marcatori (2 positivi per il mesotelio e 2 positivi per il carcinoma), che permette nella
maggior parte dei casi di la distinzione fra MM e adenocarcinoma polmonare.
MM epiteliomorfo versus carcinoma a cellule squamose: i marcatori positivi per il mesotelio più
utili sembrano essere attualmente WT-1 e calretinina, quelli negativi: p63, MOC-31 e/o BerEP4.
MM epiteliomorfo peritoneale versus carcinoma sieroso: MOC-31, Ber-EP4, i recettori per gli
estrogeni e calretinina sono i marcatori più utili per differenziare queste neoplasie. Nella
nostra esperienza, che ovviamente necessita di ulteriori conferme, h-CD sembra essere
ancora più specifico di calretinina; quest’ultimo marcatore è infatti talora espresso, seppure
focalmente, nei carcinomi sierosi.
MM epiteliomorfo versus carcinoma a cellule renali: calretinina, citocheratina 5/6 e
podoplanina, come marcatori mesoteliali positivi, CD15 e RCC. Ma come marcatori
mesoteliali negativi.
Da quanto emerge da questa breve revisione possiamo concludere che attualmente
esistono svariati marcatori mesoteliali con alta specificità e sensibilità utili per la diagnosi
positiva di MM; tuttavia non esiste un unico marcatore con specificità e sensibilità assolute.
Da ciò la necessità di avvalersi sempre di un panel di anticorpi che comprenda sia marcatori
mesoteliali positivi che negativi. La selezione dei marcatori da utilizzare è strettamente
correlata a svariati fattori, quali, la sede della neoplasia, il profilo istomorfologico del
tumore, il sesso del paziente. Sulla base di queste informazioni il patologo può individuare il
problema diagnostico differenziale. Ad esempio, se il tumore coinvolge gli stromi pleurici e
presenta istologicamente un “pattern” papillare o tubulare, in assenza di neoplasie in sedi a
distanza, il principale quesito diagnostico differenziale sarà fra adenocarcinoma polmonare e
MM epiteliomorfo. Diversamente, un tumore peritoneale, con morfologia papillare, in una
donna, porrà il problema diagnostico differenziale fra MM e carcinoma sieroso ovarico o
carcinoma sieroso primitivo peritoneale. Se il tumore è composto perlopiù da cellule chiare
o se mostra aspetti ad architettura solida o a differenziazione squamoide la diagnosi
differenziale dovrebbe includere rispettivamente una metastasi da carcinoma a cellule renali
o un carcinoma a cellule squamose. Quindi la selezione dei diversi marcatori varierà in
relazione al problema diagnostico differenziale. Il valore di ciascun anticorpo, così come la
scelta della migliore combinazione di anticorpi, sono tematiche tuttora molto discusse,
oggetto di numerose pubblicazioni scientifiche. Inoltre, nonostante l’utilizzo di ampi panel
anticorpali, il profilo immunoistochimico del MM non è sempre caratteristico e univoco, da
cui deriva la continua ricerca di nuovi marcatori positivi per il mesotelialio.
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DENUNCE ASSICURATIVE INAIL DI MESOTELIOMI DA
AMIANTO: CONFRONTO CON I CASI VALORIZZATI
DAL COR TOSCANO DEI MESOTELIOMI MALIGNI
Vincenzo Calabretta
Sovrintendenza Medica Regionale Toscana, INAIL
Un rapporto sinergico fra la Direzione Regionale Sanitaria INAIL della Toscana e il
registro toscano dei mesoteliomi maligni (COR toscano) è già da tempo in atto e consente,
in casi controversi di denunce di Mesoteliomi da asbesto, lo scambio di informazioni
relative al rischio durante l’istruttoria delle pratiche.
Nella presente occasione è stato ritenuto significativo operare un confronto fra i casi
pervenuti al COR toscano e dallo stesso “classificati” in base ai questionari somministrati e
quelli denunciati all’INAIL; questo al fine di verificare se e quanti eventi di possibili
Malattie Professionali (MP) tumorali da amianto fossero stati “perduti” per “difetti di
giudizi”, “difetti o ritardi di accertamenti istruttori” o “difetti di denunce” all’Istituto
Assicuratore.
Relativamente alle definizioni dell’Ente sul nesso causale dei Mesoteliomi v’è da dire
che, trattandosi di Malattia Tabellata alla voce 56 del DPR 336/94, l’identificazione di un
rischio al di sopra di quello della popolazione generale, indipendentemente, quindi, dalla
reale dose espositiva, rende la professionalità della malattia “presunta per legge” e quindi,
difficilmente, si potrebbe operare il rifiuto amministrativo, a meno dell’esistenza di una
prova contraria, ovvero della dimostrazione di altra causa della malattia che, stante la sua
specificità, appare del tutto improbabile. Ne risulta che, in questi casi, una eventuale
sottostima delle MP potrebbe verificarsi sostanzialmente per la mancata denuncia.
Il confronto è stato operato sui dati “nominativi” forniti dal COR toscano all’Ente
Assicuratore, relativi ai casi con definita esposizione professionale certa, probabile o
possibile. La disponibilità da parte della Direzione Sanitaria Regionale INAIL di accedere al
sistema informatico clinico (CARCLI) di tutte le sedi della Toscana ha consentito di
verificare quanti e quali fra i casi presenti nel COR toscano erano stati denunciati.
Il periodo di osservazione ha riguardato i mesoteliomi maligni diagnosticati nei 5 anni
compresi dal 2002 al 2006, proseguendo un precedente nostro lavoro che aveva analizzato,
seppur in maniera generica, i dati degli anni precedenti e adeguandosi alla banca dati INAIL
(consultabile via web) che contiene ad oggi i dati relativi alle MP denunciate nel periodo
sopradetto e indennizzate a tutto il 31/12/2007.
Passando alla verifica preannunciata si può cominciare dall’osservazione che i casi
pervenuti al COR toscano negli anni considerati e classificati come più o meno correlabili al
lavoro (esposizione certa, probabile e possibile) si sono mantenuti stabilmente sopra ai 40
casi annui (figura 1), con un incremento nell’ultimo anno, mentre analizzando le tre
fattispecie si nota una tendenza a ridursi il giudizio di probabilità, con un proporzionale
incremento di quelli di certezza e di possibilità (figura 2).
Figura 1 – Casi 2002-2006 del COR toscano dei mesoteliomi maligni con esposizione
professionale per anno di diagnosi.
60
50
40
30
20
10
0
2002
2003
2004
2005
2006
Figura 2 – Casi 2002-2006 del COR toscano dei mesoteliomi maligni con esposizione
professionale per livello espositivo e anno di diagnosi.
40
35
30
25
20
15
10
5
0
2002
2003
ESPOSIZIONE CERTA
2004
PROBABILE
2005
2006
POSSIBILE
Andando a ricercare nell’archivio INAIL i casi nominativi del COR toscano e
riportando in istogramma quelli denunciati all’Ente Assicuratore si nota come per almeno il
40% delle fattispecie classificate dal COR toscano come correlate a una compatibile
esposizione lavorativa non sono state richieste le prestazioni assicurative e per i casi
diagnosticati nell’anno 2005 si è persa una quota superiore al 50% (figura 3).
Si evidenzia, anche, dall’istogramma di figura 3 che quasi la totalità delle domande
pervenute all’INAIL hanno ricevuto le prestazioni indennitarie; il fatto dimostra che
l’annoso problema delle cosiddette MP perdute, almeno in questo campo, deriva da un
difetto di conoscenza e non da un difetto di giudizio o un difetto di istruttoria.
Figura 3 – Confronto tra i casi identificati nella banca dati INAIL e quelli con esposizione
professionale del COR toscano dei mesoteliomi maligni per anno di diagnosi.
MESOTELIOMI ARMMT CORRELABILI AL LAVORO
60
DI CUI DENUNCIATI ALL'INAIL
AMMESSI
IN CORSO
50
40
30
20
10
0
2002
2003
2004
2005
2006
Se si considerano solo i casi classificati dal COR toscano come certamente esposti si
nota che la quota di denunce all’INAIL cresce ma è sempre deficitaria e, particolarmente
per l’anno 2005, è stata molto inferiore rispetto all’atteso (figura 4).
Figura 4 – Confronto tra i casi denunciati all’INAIL e quelli con esposizione professionale
del COR toscano dei mesoteliomi maligni per livello espositivo certo attribuito dal COR e
anno di diagnosi.
40
35
30
25
20
15
10
5
0
2002
2003
MESOTELIOMI ARMM A ESPOSIZIONE CERTA
2004
2005
2006
DI CUI DENUNCIATI ALL'INAIL
Dalla banca dati statistica INAIL (consultabile al sito web: www.inail.it) si sono
estrapolati i casi complessivi di tumori da asbesto (figura 5) denunciati negli anni di
riferimento e definiti al 31/12/2007. Si rileva come gli stessi appaiono accresciuti, rispetto a
quanto visto nelle precedenti figure, della quota relativa ai tumori polmonari. Ma la minore
specificità della suddetta patologia rispetto a quella pleurica determina anche un minore
indice di accoglimento che, per il mesotelioma, come visto, era praticamente totale.
Figura 5 – Casi di tumore da asbesto denunciati all’INAIL per anno di denuncia e indice di
accoglimento
A
60
50
40
30
20
10
0
2002
2003
2004
ACCOLTI
NON ACCOLTI
2005
2006
I DATI SUI MESOTELIOMI MALIGNI RACCOLTI DAL CENTRO
REGIONALE INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI
(CERIMP) DELLA REGIONE TOSCANA
Alberto Baldasseroni
Responsabile operativo del CeRIMP-Regione Toscana.
Il CeRIMP agisce come organo tecnico della Regione Toscana per la gestione,
elaborazione e diffusione dei dati relativi a infortuni e malattie professionali che si
verificano tra i lavoratori della nostra regione. In particolare tra i compiti del CeRIMP c’è
anche quello di curare il sistema di registrazione delle segnalazioni di malattie da lavoro che
pervengono ai servizi di prevenzione delle ASL. Tale sistema, noto sotto il nome di
Mal.Prof., è attivo fin dal 2000 e, parallelamente a quanto realizzato in Lombardia, provvede
a fornire una base conoscitiva ad un fenomeno, quello delle malattie possibilmente
attribuite al lavoro, che non trova una fonte esauriente nei dati raccolti dall’ente unico
assicurativo INAIL. Peraltro i dati dell’INAIL su questo fenomeno sono anch’essi resi
disponibili attraverso i flussi informativi INAIL-ISPESL-Regioni che giungono da alcuni
anni sia in forma aggregata alla regione, sia in forma disaggregata per territorio alle singole
ASL. Si configura così per le malattie da lavoro un doppio sistema di registrazione,
indipendente, dal cui incrocio è meglio descrivibile l’entità del carico di malattie dovute alle
esposizioni lavorative.
Il primo sistema, Mal.Prof., si basa sulle segnalazioni che pervengono, a norma di
legge, all’Autorità Giudiziaria, rappresentata dagli UPG dei servizi di prevenzione nei luoghi
di lavoro. Il secondo, come noto, è alimentato dalle denunce che pervengono all’INAIL a
fini assicurativi. Per una completa, nei limiti del possibile, descrizione delle malattie da
lavoro, anche altre sono le fonti consultabili, tra le quali spiccano senza dubbio i Registri di
patologia come il Registro dei mesoteliomi.
Dati di Mal.Prof. sui mesoteliomi
In questa sede ci preme sottolineare che il grado di copertura del fenomeno avverso
per la salute rappresentato dai mesoteliomi è inevitabilmente differente nelle varie fonti
informative. Mal.Prof. riceve solamente le segnalazioni di quei casi per i quali un medico
abbia formulato l’ipotesi che si tratti di patologia conseguente ad una esposizione
lavorativa. INAIL, a sua volta, riceve le denunce di quei casi che abbiano avuto un rapporto
di lavoro tale da essere stati sottoposti ad assicurazione. Per esempio sfuggono casi di
datori di lavoro che abbiano esercitato in proprio attività con esposizione a fattori di rischio
causali per lo sviluppo del mesotelioma, ma che non abbiano mai dovuto pagare il premio
assicurativo all’ente. In teoria il Registro dei mesoteliomi, che non limita l’inserimento dei
casi ad una difficile definizione di esposizione lavorativa o ad una copertura assicurativa,
ampia, ma non totale, dovrebbe contenere l’universo dei casi d’interesse. In pratica tale
risultato è raggiunto con difficoltà variabili da situazione a situazione.
Ciò che abbiamo realizzato nel corso degli anni è stato un lavoro di cross-linkage tra
le diverse fonti disponibili (Mal.Prof., INAIL, Registro dei mesoteliomi), al fine di garantire
al meglio la copertura del fenomeno. Naturalmente le due fonti INAIL e Mal.Prof. hanno
integrato, completandone il data-base, l’elenco dei casi presenti nel Registro, fonte, come
visto, da considerare senz’altro prioritaria.
Nel futuro è auspicabile che questo lavoro divenga sistematico e che report congiunti
sui fenomeni descritti possano essere prodotti al fine di documentare in maniera migliore le
reali condizioni di malattia della popolazione lavorativa.
A completamento dell’informazione derivante da queste fonti informative,
presentiamo due tabelle relative la prima alle segnalazioni di mesoteliomi della pleura
registrati nel sistema Mal.Prof. negli anni 2000-2006, la seconda relativa ai dati delle
patologie manifestatesi negli anni 2000-2006 e definite dall’INAIL al 30/04/2007.
Tabella 1 - Distribuzione di frequenza dei casi di mesotelioma della pleura segnalati al
sistema di registrazione Mal.Prof. nel corso degli anni 2000-2006, secondo il tipo di giudizio
di attribuibilità all’esposizione lavorativa (Nesso Positivo= Esposizione probabile o certa;
Nesso negativo= Esposizione improbabile o esclusa).
MESOTELIOMI MAL.PROF.
ANNO
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
TOTALE
NESSO
NESSO
NEGATIVO O
POSITIVO
MANCANTE
43
13
33
9
38
12
27
6
34
9
29
2
48
8
252
59
TOTALE
56
42
50
33
43
31
56
311
Tabella 2 - Distribuzione di frequenza dei casi di Mesotelioma della pleura (codice
sanitario 063) manifestatisi negli anni 2000-2006 e definite al 30/04/2007 dall’INAIL,
secondo il tipo di definizione (Indennizzate: Morte-Permanente; Non Indennizzate:
Regolare senza indennizzo-Negative)
Anno Denuncia
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
TOTALE
Indennizzate
Non
TOTALE
MORTE PERMANENTE Indennizzate
15
8
8
31
21
13
11
45
31
11
4
46
19
11
3
33
26
13
7
46
15
16
2
33
7
22
3
32
134
94
38
266
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L’AMIANTO DOPO IL BANDO DELL’AMIANTO:
CONSIDERAZIONI SVOLTE DALL’INTERNO DI UN
SERVIZIO DI PREVENZIONE IGIENE E SICUREZZA NEI
LUOGHI DI LAVORO DELLA REGIONE TOSCANA
Fabio Capacci e Franco Carnevale
U.F. Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro “G. Pieraccini”,
Dipartimento di Prevenzione, Azienda Sanitaria di Firenze
Il ruolo delle istituzioni regionali e gli interventi per la “fuoriuscita” dall’amianto
La fine degli anni ‘80, precedenti il varo della legge 257 del 1992 che ha bandito l’uso
dell’amianto, hanno visto in Italia e specialmente in Toscana un impegno delle strutture
pubbliche tale da arrivare alla scadenza legislativa con una ricca messe di competenze già
maturate e di strumenti di lavoro. L’avvento del Dlgs 277 del 1991, che per la prima volta
in Italia ha fornito una norma tecnica per lavorare con ed in presenza di amianto, non ha
fatto che rafforzare tali competenze. Questo fervore di attività e di attenzione per il
problema amianto, palestra alla quale molti professionisti si sono specializzati, ha fatto sì
che in Toscana più che in altre regioni, si realizzasse anche un controllo precoce, rispetto
alla norma del 1991, ed una raccolta di conoscenze ed esperienze che costituiranno una
base di informazioni e di pratiche utilizzate in maniera sicura, anche per valutare a
posteriori le esposizioni ad amianto, sia a fini scientifici e preventivi che giudiziari.
L’impegno dei servizi PISLL per la materia amianto in Toscana è documentato anche
in numerose iniziative e pubblicazioni culminate nella Conferenza Regionale sull’amianto di
Pistoia nel 2005 (Carnevale, 1992; Silvestri, 1995; AA.VV., 2005).
All’attivismo istituzionale corrisponde, alla fine degli anni ’80 e nei primissimi anni
’90, il tempestivo liberarsi dell’amianto da parte di alcune aziende più “avvertite”, non
sempre in maniera corretta o completa, almeno nel senso in cui lo pretenderanno le norme
tecniche predisposte specificatamente in seguito per le tipologie più diffuse di impieghi di
amianto e di prodotti che lo contenevano, negli ambienti di lavoro e di vita. Non si può
escludere che anche dopo tale data sia proseguita in alcune aziende la frettolosa
eliminazione del pesante fardello dell’amianto, ma è certo che la norma e l’attività dei
servizi delle Aziende Sanitarie Locali (ASL), in collaborazione con le strutture dell’ARPAT,
hanno contribuito attivamente ad un ampio processo di scoibentazione o di
allontanamento e smaltimento (in discariche situate prevalentemente al di fuori dalla
Regione Toscana) che ha assunto anche, a tratti, i connotati del grande business, ma che
non pare abbia prodotto un incremento di rischi per i lavoratori addetti e per la sanità
pubblica.
Il controllo del processo di scoibentazione, nonostante la semplificazione introdotta nei
pareri dalla nuova norma del 2006 (Dlgs 257/06), fa ancora parte integrante dell’attività di
routine dei servizi delle ASL, tramite la valutazione dei numerosi piani di lavoro (circa 400
all’anno nel solo comune di Firenze), quasi tutti relativi all’allontanamento di materiali
compatti in cemento amianto. Dall’esame complessivo di questi piani si deve dedurre che,
in Toscana, relativamente pochi erano i siti con amianto spruzzato, oggetto degli interventi
più impegnativi, come del resto risulta anche dai dati del censimento attivo dei siti con
amianto friabile previsto dall’art. 9 della L 257/92, pur nella probabile carente osservanza di
questa norma. Non dissimile sembra anche il risultato del più recente censimento regionale
dell’amianto finanziato ad ARPAT che, per opportunità, è stato ampliato anche ai materiali
compatti contenenti amianto (http://www.arpat.toscana.it/amianto).
Tra gli interventi tecnici di scoibentazione più emblematici sono da ricordare quello
dei veicoli ferroviari a Livorno, la scoibentazione dello stabilimento Breda di Pistoia, la
scoibentazione del teatro comunale e del CTO a Firenze; più indecisi e rallentati sono
risultati invece gli interventi tendenti ad un controllo sicuro del residuo di amianto presente
nei cantieri navali e nelle navi, comprese quelle militari.
E’ da notare come in Toscana si è cercato di “semplificare”, in parte, l’imponente
processo di allontanamento del cemento amianto anticipando l’applicazione della nozione
delle cosiddette “esposizioni sporadiche e di debole intensità” (ESEDI) annunciata ma
lasciata sospesa dalla più recente norma sull’amianto. Molte amministrazioni comunali e
Società per la raccolta dei rifiuti hanno facilitato gli interventi di conferimento di piccole
quantità di amianto in matrice compatta da parte dei privati direttamente interessati
(adeguatamente “informati” tramite campagne ad hoc condotte dalle ASL), con lo scopo di
garantirne l’allontanamento con le dovute misure di prevenzione e per evitare che venisse
disperso impropriamente nell’ambiente.
L’intero processo scoibentazione-conferimento-smaltimento è stato monitorato dalla
Regione che mantiene sotto osservazione le ditte autorizzate alla scoibentazione ed allo
smaltimento, censisce gli interventi effettuati ed ha anche costituito una sorta di coorte dei
lavoratori direttamente impegnati nelle scoibentazioni. Si tratta ormai di alcune migliaia di
lavoratori (circa 2.000 quelli che sono stati attivi a Firenze), “specializzati” e
particolarmente “formati”, sicuramente sottoposti ad una intensa sorveglianza sanitaria, di
cui una quota di circa il 20% proviene da paesi diversi dall’Italia, che svolgono il lavoro per
periodi generalmente non prolungati. Anche nel caso di questi lavoratori si è accesa la
discussione (fomentata più che conclusa nelle varie sedi istituzionali) se debbano essere
inscritti nel registro degli “esposti a cancerogeni” (e non solo in un “elenco di addetti a
…”), nonostante le procedure di prevenzione che, se accuratamente applicate ed
escludendo “incidenti non previsti” di carente protezione, dovrebbero contenere la loro
esposizione ad un livello non dissimile a quello della popolazione generale.
Gli aspetti epidemiologici e di ricerca: la nascita del Registro mesoteliomi
Alla particolare e precoce sensibilità al problema amianto dimostrata in Toscana,
deve essere attribuita l’altrettanto precoce attenzione agli aspetti epidemiologici delle
patologie associate all’amianto ed all’esposizione alle basse dosi. In Toscana è stato istituito
il primo registro mesoteliomi in Italia che ha subito mostrato un forte impegno anche sugli
aspetti di valutazione delle esposizioni e sulla gestione dell’archivio regionale delle
scoibentazioni (art. 9, L. 257/92), oltre che grande attenzione a situazioni specifiche di
esposizione, come, esemplari, quelle riguardanti due aziende di produzione o manutenzione
di carrozze ferroviarie, le vetrerie, con particolare riguardo a quelle artistiche dell’empolese,
e almeno due aziende di produzione del cemento-amianto.
I risultati dell’attività dei registri dei mesoteliomi (sulla quasi totalità dei casi incidenti)
operanti in molti paesi ed anche in Toscana (Gorini, 2002) non ha mancato di confermare e
rafforzare le caratteristiche già note dei mesoteliomi e che rappresentano un solido
background culturale per i medici del lavoro e non solo per questi:
y la ricerca, alle volte, bisogna riconoscerlo, “accanita”, mette in evidenza una
esposizione ad amianto nel 75-90 % dei casi, anche se a dosi cumulative non elevate;
y a stragrande maggioranza delle esposizioni rilevabili sono di carattere professionale,
a carico di lavoratori che non mostrano contemporaneamente segni clinicoradiologici di asbestosi;
y tra le professioni sono più interessate quelle che negli anni ’50-’60, ma anche ’70 del
Novecento, dovevano essere svolte, anche se non continuativamente, con o in
presenza di amianto o di prodotti che lo contenevano, sempre però condotti in
carenza di rigorose misure capaci di evitare la dispersione di fibre e nell’ignoranza del
rischio comportante l’esposizione alle stesse;
y per alcuni casi viene messo in evidenza il carattere ambientale, “di vicinanza” in
relazione ad insediamenti produttivi (produzione di energia elettrica e di rotabili
ferroviari) o, più frequentemente, la “contaminazione” familiare, più spesso da marito
a moglie, ma anche da padre a figli;
y in nessun caso vengono individuate ipotesi consistenti di causalità alternative a
quella dell’amianto; il Registro non cataloga casi con “assenza di esposizione” bensì
un certo numero con “esposizione ignota” (“soggetti per i quali l’incompletezza e
l’insufficienza delle informazioni raccolte o il livello delle conoscenze non
consentono di assegnare una categoria di esposizione”) o con “esposizione non
classificabile” (“soggetti per i quali non sono e non saranno più disponibili
informazioni”) o ancora con “esposizione improbabile” (“soggetti per i quali sono
disponibili informazioni di buona qualità sulle loro attività lavorative svolte e sulla
loro vita e dalle quali possa escludersi un esposizione ad amianto superiore ai livelli
del cosiddetto fondo naturale ambientale”);
y considerando tutti i dati disponibili del registro italiano dei mesoteliomi non emerge
in maniera convincente il fatto che “l’inquinamento urbano” di fibre di amianto
(quello generale che interessa tutti i cittadini e che è stato ben connotato in alcune
realtà) possa essere chiamato in causa per epidemie di mesoteliomi e neppure per
giustificare quella proporzione del 10-25% di casi classificati dai registri ad
“esposizione ignota”.
Prevenzione secondaria a favore degli ex esposti
Tra le attività assegnate alle UF PISLL nel campo dell’amianto c’è quella della
sorveglianza sanitaria degli ex esposti a cancerogeni e, tra questi, agli ex esposti all’amianto;
anche questo argomento, periodicamente, assume il carattere di vivace discussione. A
differenza delle iniziative assunte da altre Regioni, quali in particolare quella del Veneto, e
nonostante l’impianto teorico ampio ed articolato previsto (Delibera n. 692/2001), con
poche eccezioni, almeno tre, condotte in via “sperimentale” o “per forza maggiore” (quella
di Arezzo, Livorno e Pistoia), nella regione Toscana si è affermata la posizione secondo la
quale per gli ex esposti ad amianto la sorveglianza sanitaria debba concentrarsi in
particolare su una azione di counseling volta a controllare abitudini voluttuarie e di vita, in
particolare il fumo. La generica bontà di queste iniziative le rende difficilmente criticabili,
ma altrettanto difficilmente valutabili in termini di specifica efficacia. D’altra parte alcuni
gruppi di lavoratori richiederebbero piuttosto di essere tranquillizzati, tramite accertamenti
sanitari, sull’assenza di patologie legate ad esposizione ad amianto; diagnosi precoce che, in
realtà, non appare ancora in grado di modificare positivamente la storia naturale delle
patologie tumorali correlate con l’asbesto mentre può incidere pesantemente sulla qualità
della vita. Anche il fervore di interesse su possibili indicatori sierici precoci di malattia
sembra al momento più di natura accademica ed ancora lontano da efficaci obbiettivi di
benessere e prevenzione.
A proposito della sorveglianza sanitaria agli ex esposti, il Registro Toscano dei
Mesoteliomi fornisce informazioni utili da offrire opportunamente ai lavoratori in sede di
counseling. I cluster segnalati dal Registro in numero relativamente limitato, rimandano a
gruppi di lavoratori difficilmente reclutabili ai fini dell’attuazione di un programma di
sorveglianza sanitaria, come nel caso dei cernitori di Prato e dintorni, oppure suggeriscono,
con la loro evoluzione, l’avvento di una fase di decremento, come nel caso dei lavoratori
dei veicoli ferroviari, che potrebbe testimoniare dell’esaurimento graduale ma deciso di una
fase più “efficace” di esposizioni, quella che arriva alla fine degli anni ’60 del Novecento.
I dati disponibili, infine, non depongono con chiarezza per inferenze causali a carico
di esposizioni sia “antiche” che relativamente più recenti, diverse da quelle professionali, in
particolare di quelle così dette ambientali, e che avrebbero dovuto avere come target la
popolazione generale, cioè un numero molto grande di soggetti dove una proporzione
anche estremamente piccola di effetti sarebbe facilmente apprezzabile anche attraverso il
computo di numeri assoluti. Ciò appare in linea con quel processo che Irving Selikoff ha
messo ben in evidenza illustrando il “razionale” della conferenza di New York del 1990
(Landrigan, 1991); egli sosteneva che da tempo era iniziata una fase diversa di esposizione
ad amianto che chiamava “la terza fase”. La prima era da associare all’estrazione ed alla
manifattura (in particolare alla tessitura) dell’amianto. Essa era iniziata nella seconda decade
del 20° secolo e continuata sino agli anni ’80; secondo Selikoff le malattie associate con
queste attività erano ancora attuali anche se con il tempo si erano ridotte in maniera
considerevole. La seconda fase risultava dominata dall’impiego di amianto e di materiali che
contengono amianto dovendo considerare in primo luogo i coibentatori ed i lavoratori della
cantieristica navale operanti durante la seconda guerra mondiale. La terza fase ha riguardato
e riguarda le esposizioni all’amianto da mettere in sede o già messo in sede (asbestos in place),
magari molto tempo prima; il rischio si è trasferito su chi deve lavorare intervenendo su o
con questi materiali o semplicemente in presenza di essi.
Aspetti giudiziari
Ammessa la strettissima correlazione con l’amianto, è ormai prassi consolidata in
molti servizi pubblici di prevenzione Toscani quella di redigere sia il referto che il primo
certificato medico di malattia professionale all’Istituto Assicuratore per ogni caso di
lavoratore affetto da mesotelioma. Dal punto di vista assicurativo, i casi che oggi giungono
a buon fine per l’assicurato sono sicuramente in numero maggiore che in un passato anche
recente.
Rispetto alla comunicazione e gestione dei referti, la collaborazione tra Registro
Mesoteliomi e UF PISLL risulta, alla fine, più attivo di quanto non sia quello con l’Autorità
Giudiziaria. Basti pensare che su ogni referto interviene sia il Registro, con le sue procedure
di ricostruzione dell’esposizione pregressa, che il PISLL, spesso in coordinamento. Mentre
dalla attività del registro scaturiscono le notizie utili alla gestione epidemiologica del caso e
per rafforzare possibili associazioni tra amianto e patologie attribuibili in gruppi di
lavoratori o per corroborare la probabilità di una esposizione a fini previdenziali, pochi, al
contrario, sono i risultati, agli effetti pratici, che emergono dall’attività di polizia giudiziaria
vera e propria. In Toscana le inchieste avviate dalla Magistratura su casi di mesoteliomi
sono un numero molto limitato (Breda, S. Lucia, Toremar, Cantiere Navale Aprano,
Solvay) e ancor meno quelle giunte a giudizio ma in maniera da escludere qualsiasi
responsabilità penale da parte dei soggetti aziendali perseguiti per aver causato danni da
amianto ai lavoratori.
E’ da far notare che dal dibattito giudiziario, e non solo in Toscana, sono emerse
conclusioni a volte stupefacenti per niente supportate dalle conoscenze scientifiche
disponibili. Una di queste, sostenuta nei tribunali e poi anche su una rivista (Chiappino,
2005), porta a dire che è da escludere qualsiasi ipotesi di evitabilità del mesotelioma
“essendo le fibre ultrafini le sole a provocare la malattia”; le fibre ultrafini non visibili al
microscopio ottico, non misurabili, non eliminabili dagli ambienti di lavoro avrebbero
avuto modo di agire sia dove venivano adottate misure di prevenzione adeguate come dove
veniva disattesa la normativa vigente in tema di polveri pericolose, almeno, si dice, fino alla
seconda metà degli anni 80, quando si sono diffusi sistemi di filtrazione adeguati alle
dimensioni di quelle fibre. Una tale posizione è contraddetta in primo luogo dalla
letteratura internazionale più recente; vana infatti risulta la ricerca di autori che hanno
pubblicato in riviste importanti, quelle con effettive revisioni tra pari, lavori con
argomentazioni tendenti a concludere che solo le fibre sottili (e solo queste) causano il
mesotelioma. La “teoria” è contraddetta poi, sia dal fatto che una quota di fibre più sottili e
più corte diventa tale per trasformazioni che avvengono all’interno dell’organismo, sia dalla
dimostrata efficacia (anche nei confronti di fibre più sottili e più corte) dei sistemi di
aspirazione e di abbattimento delle polveri (e non soltanto di quelli di ultrafiltrazione),
sistemi disponibili e spesso adottati molti decenni prima degli anni ’80 del Novecento
(Tomatis, 2006). E’ utile segnalare al proposito che, negli Stati Uniti, il National Institute
for Occupational Safety and Health (NIOSH) del Centers for Disease Control and
Prevention (CDC), Department of Health and Human Services (HHS), ha diffuso nel
febbraio 2007 un “draft document” dal titolo "Amianto ed altre Fibre Minerali, un
programma
(roadmap)
per
la
ricerca
scientifica"
(http://www.cdc.gov/niosh/review/public/099) ammettendo con ciò, in particolare, che
dubbi e non tanto sicurezze esistono oggi sul ruolo svolto da particelle di più piccola
dimensione derivanti dalla frammentazione di fibre di maggiore lunghezza (“fiber-like
cleavage fragments”) e sulla “frazione toracica” (“thoracic-sized fibers”) delle stesse fibre.
Appare ragionevole, in sintesi, esporre nella maniera seguente le acquisizioni “sociali”
prevalenti in tema di impiego dell’amianto e dei suoi effetti sui lavoratori (Carnevale, 2007):
y le grandi compagnie che detenevano il monopolio dell’amianto nel mercato globale
possedevano anche il monopolio delle conoscenze scientifiche sulla cancerogenicità
dell’amianto;
y tra le conoscenze scientifiche disponibili negli anni ’60 ed i ’70 del Novecento c’era
quella che il mesotelioma poteva essere correlato con esposizioni a dosi anche non
molto elevate di amianto;
y proprio quando più solide sono apparse le conoscenze sulla cancerogenicità
dell’amianto, tra la fine degli anni ’60 ed i ’70, maggiore è stata la produzione ed il
consumo di amianto in ognuno dei paesi industrializzati;
y in quegli stessi anni l’amianto veniva impiegato per circa l’80% nella produzione del
cemento amianto ed il resto come coibente in vari cicli lavorativi, di più in aziende di
grandi dimensioni, in un circuito cioè in cui abbondavano medici e tecnici che non
potevano ignorare le caratteristiche principali con le quali si esprimeva la pericolosità
delle fibre; tecnici e medici che non potevano ignorare le conseguenze di
coibentazioni fatte a spruzzo in reparti dove i coibentatori (di ditte in appalto) magari
erano protetti, mentre non protetti dall’inquinamento generale erano i lavoratori
(dipendenti dell’azienda) addetti ad altre mansioni;
y in molti paesi industrializzati, ma non in Italia, grandi aziende utilizzatrici avevano
escluso l’impiego della crocidolite con una autoregolamentazione, già negli anni ’60;
y a partire dagli anni ’70 generalmente maggiori e più efficaci sono risultate le misure
capaci di proteggere i lavoratori direttamente impegnati nella manipolazione
dell’amianto, nella produzione del cemento amianto e tra i coibentatori;
y negli anni ’60-‘70 lo standard generale impiegato per la lotta contro le polveri di
ogni genere, compreso l’amianto, era generalmente più basso in Italia che in altri
paesi industrializzati, sia nelle grandi che nelle piccole aziende, e ciò nonostante la
normativa prevedesse misure molto rigorose e fosse disponibile la tecnologia per
attuarle.
Aspetti previdenziali
Molto più vivace deve essere descritta l’attività giudiziaria sul versante dei benefici
previdenziali previsti dalla legge 27 marzo 1992 n. 257 “Norme relative alla cessazione
dell’impiego dell’amianto” per i lavoratori che rivendicano una esposizione ultradecennale
ad amianto. Il contenzioso su questo tema ed il numero di casi che dopo il fallimento della
richiesta per via amministrativa, giungono di fronte al Giudice del Lavoro è tale da
costituire ormai esso stesso un business per studi legali e consulenti di ogni tipo e, d’altra
parte, una mina vagante per le casse dello Stato.
La norma, come è noto, aveva l’obbiettivo di indicare modalità tecniche e procedurali
per la cessazione dell’impiego dell’amianto e per la bonifica delle aziende dove questo
veniva usato, lavorato e commercializzato e di ammortizzare la crisi occupazionale prevista
nei settori dell’estrazione e lavorazione dell’amianto come conseguenza della imminente
attuazione del divieto di importazione e lavorazione dell’amianto stesso (“Bando
dell’amianto”).
Dopo circa un anno dall'entrata in vigore della 257 viene varata una integrazione
della norma che dà una nuova interpretazione dell'art. 13 riguardo alla rivalutazione dei
contributi pensionistici, allargandone la fruizione ai lavoratori che abbiano contratto
malattie asbesto-correlate, indipendentemente dal settore lavorativo in cui hanno lavorato,
ed include nella fruizione tutti i lavoratori che siano stati “esposti” all'amianto per più di 10
anni, in qualunque settore lavorativo. Gli estensori del provvedimento altro non fanno che
rispondere positivamente a gruppi di pressione organizzati, sperando in un buon ritorno
elettorale. Pochi al quel momento si rendono conto delle ricadute economiche e sociali che
questa "leggina" avrà in futuro, compreso il coinvolgimento della sanità in una partita che
era tutta giocata sulla previdenza sociale.
Negli atti parlamentari di preparazione delle citate leggi, ed in alcuni passi di vari atti
e documenti (compresa la sentenza delle Corte Costituzionale 5/2000), si incontra l’ipotesi
che in sede legislativa vi fosse l’idea che l’anticipazione del pensionamento avesse anche un
intento “compensativo” per una possibile riduzione di attesa di vita dovuta al rischio di
decesso per malattie connesse con l’esposizione ad amianto. Molte sono però le perplessità
sulla fondatezza scientifica di questa ipotesi interpretativa e se era sicuramente fondata
l’intenzione del legislatore di introdurre con questa norma un indennizzo per la prospettiva
della perdita del posto di lavoro, non era invece fondata su dati oggettivi e su criteri di
proporzionalità l’intenzione di introdurre una compensazione per un rischio alla salute, né
simili meccanismi di compensazione attraverso un bonus pensionistico sono usuali nelle
legislazioni dei paesi industrializzati.
In ogni caso la norma, interpretata quale norma previdenziale rivolta a tutti i
lavoratori che dell’amianto avessero sperimentato una “esposizione”, ha richiesto la
definizione non più di tipologie di lavoro a rischio ma bensì di limiti di esposizione la cui
scelta, in mancanza di indiscussi criteri logici e coerenti con l’obbiettivo legislativo
previdenziale, ha dato di continuo origine a contenziosi relativi non solo alla valutazione
delle esposizioni ma anche al significato da attribuire al limite di esposizione prescelto.
Se consideriamo che le domande dei riconoscimenti previdenziali sono arrivate alla
quota di circa 250.000 nell’anno 2005, termine ultimo per la presentazione della domanda
di beneficio, possiamo stimare che l’Italia si sia ritrovata di colpo con 125.000 pensionati in
più, senza che questi avessero versato contributi proporzionali nella loro vita lavorativa e
senza che le aziende avessero per loro versato il sovrappremio INAIL (ex dlgs 1124 silicosi
– asbestosi), pagato soltanto da poche aziende che impiegavano amianto come materia
prima.
L'organo tecnico dell’INAIL (CONTARP), coinvolto nel processo, ha proposto una
linea guida per definire quantitativamente il termine "esposto all'amianto" fissando la soglia
minima di 100 fibre/litro, intesa come esposizione ponderata continuativa per più di 10
anni, una quota piuttosto rilevante in termini di dose (intensità X tempo). C'è però un
problema: il monitoraggio dell'amianto ha in Italia una storia recente e non vi sono dati
"misurati", se non in pochissimi comparti produttivi. Negli anni successivi la CONTARP
"stimerà" le esposizioni del passato servendosi di dati rilevati, anche all'estero, negli stessi
comparti produttivi.
Il Decreto del Ministro della Sanità 6 settembre 1994 indica in 2 ff/l in SEM (20 ff/l
in MOCF) i limiti che garantiscono ragionevolmente l’assenza di effetti sanitari da amianto
e questo dovrebbe essere, secondo le attuali conoscenze, il limite da adottare sulla base di
considerazioni sanitarie, per considerare il rischio di contrarre patologie da amianto tanto
basso quanto quello della popolazione “non esposta”. L’adozione di tale limite
condurrebbe ad assegnare gli stessi benefici a soggetti con livelli di esposizione
profondamente distanti e, di conseguenza, con livelli di rischio profondamente differenti
mentre ne sarebbero esclusi i lavoratori esposti a cancerogeni altrettanto temibili
dell’amianto (ad esempio, cromo, CVM, arsenico, ecc.) che pure potrebbero correre un
rischio per la loro salute di gran lunga maggiore rispetto a coloro che hanno subito basse
esposizioni ad amianto.
Oltre alle contestazioni sui numeri vi sono due palesi contraddizioni nella legge
271/93: prima, il mantenimento della soglia di almeno dieci anni di esposizione, seconda la
presenza al lavoro nel 1992. Riconoscere un beneficio per l'esposizione ad un cancerogeno
che può manifestare il suo effetto negativo anche per esposizioni minime, contraddice con i
dieci anni mentre nessun senso logico sembra avere il requisito di trovarsi ancora al lavoro
nel 1992.
Nel complesso, dunque, si può definire un vero pastrocchio giuridico, costellato da
pronunce, a tutti i livelli giudiziari, spesso in netta antitesi fra di loro. Si accavalleranno nel
tempo decreti più o meno favorevoli alla concessione dei benefici per arrivare al 27 ottobre
2004 quando il Governo emette il DM che stabilisce alcuni punti fermi, tra cui una data, il
15 giugno 2005, come termine ultimo per la presentazione delle domande di
riconoscimento dell'esposizione.
Bibliografia
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Carnevale F., Chellini E. (a cura di). Amianto: miracoli, virtù e vizi. Editoriali Tosca,
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storica dei fatti più rilevanti, Epidemiol Prev, 2007, 31, 53-74
Chiappino G., Mesotelioma: il ruolo delle fibre ultrafini e conseguenti riflessi in campo
preventivo e medico legale, Med Lav, 2005, 96, 3-23.
Gorini G., Merler E., Silvestri S. et al. Archivio Regionale Toscano dei mesoteliomi maligni.
Edizioni TiConErre Sicurezza Sociale. Regione Toscana, Firenze 2002.
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Silvestri S., Merler E., (a cura di). C’era una volta l’amianto. Edizione TiConErre Sicurezza
Sociale. Regione Toscana, Firenze 1995.
Tomatis L., Cantoni S., Carnevale F., et al., Il ruolo delle dimensioni delle fibre di amianto
nella patogenesi e nella prevenzione del mesotelioma, Epidemiol Prev, 2006, 30, 289-294.
LA MAPPATURA DELL’AMIANTO IN TOSCANA
Gabriele Fornaciai, Dipartimento di Firenze, ARPAT
Francesco Di Benedetto, Università di Firenze
Il progetto
Il progetto “Mappatura dell’amianto in Toscana”, è stato affidato da Regione
Toscana ad ARPAT, in accordo con le disposizioni della legge 2 marzo 2001 n. 93 e del
decreto ministeriale 18 marzo 2003 n. 101. Il progetto, finanziato dal Ministero
dell’Ambiente, ha coinvolto luoghi pubblici e privati di primario interesse per la gestione
del problema amianto, tenendo conto delle specificità del territorio regionale.
In particolare l’indagine si è orientata su: edifici pubblici o aperti al pubblico, siti
dismessi, siti estrattivi, siti oggetto di attività geotermica, grandi impianti industriali,
impianti a pressione.
Del protocollo d’intesa originario stipulato tra Regione e ARPAT, costituito da tre
distinte fasi temporali, il gruppo di lavoro (stabilito presso il Dipartimento ARPAT di
Firenze, in collaborazione con personale degli altri Dipartimenti, degli informatici del
SIRA, dei Servizi di Prevenzione delle Aziende USL, del Museo di Storia Naturale,
Università di. Firenze, e di un Gruppo di Coordinamento che ha visto coinvolti la stessa
Regione Toscana ed il CSPO) è stato in grado di svolgere sia la prima fase, che la seconda
(ancorché non finanziata), grazie alla omogeneità delle azioni da percorrere per le categorie
specifiche considerate.
Le categorie degli edifici pubblici o aperti al pubblico, dei grandi impianti industriali e
degli impianti a pressione sono state censite mediante l’invio di schede di autonotifica, in
accordo con le disposizioni ministeriali. A fronte di tale azione, è stato predisposto un
indirizzario contenente oltre 17.000 edifici o proprietà pubbliche/private potenzialmente
contenenti amianto con modalità di risposta in formato cartaceo o elettronico. Il dato finale
(al 30 di Settembre) vede inviate 17.264 schede, delle quali ne sono rientrate 4.106. Il
destinatario ha preferito la risposta elettronica solo nel 20% dei casi, e la percentuale di
schede positive alla presenza di amianto (friabile e/o compatto) è pari al 23,5% equivalente
a 1.145 casi (figura 1).
Per le categorie siti estrattivi, grandi impianti industriali, impianti a pressione sono
stati disposti sopralluoghi in siti di specifica rilevanza ambientale e sanitaria (in particolare
sono stati visitati 20 grandi impianti e 3 impianti a pressione): le schede, in questo caso,
sono state compilate dal personale del Progetto insieme ai referenti locali (ARPAT, ASL) e
ai responsabili delle aziende, previa ispezione dell’impianto. Per quanto riguarda la presenza
naturale di amianto sul territorio, sono stati individuati 51 siti di estrazione di rocce
ofiolitiche, nei quali potenzialmente sono contenuti minerali classificati come amianto; nei
dieci siti caratterizzati mediante indagine di laboratorio, si osserva la costante presenza di
fibre asbestiformi (sia di crisotilo che di anfiboli), anche se raramente in concentrazione
rilevante oppure associate a caratteristiche meccaniche della roccia ospite che facciano
presupporre un rilascio significativo durante le varie fasi di estrazione, movimentazione e
lavorazione.
Figura 1 - Confronto questionari spediti (17.264 - verde), risposte pervenute (4.104 - blu) e
siti con presenza di amianto (1.145 - rosso)
I dati relativi ai siti dismessi sono stati reperiti presso gli archivi presenti presso i
Dipartimenti ARPAT, individuando 50 casi positivi, rappresentati per lo più dalla presenza
di vecchie coperture in cemento-amianto e più raramente dalla contaminazione del terreno.
Per quanto riguarda infine la geotermia, sono stati identificati, in collaborazione con
ENEL tutti i vapordotti ancora contenenti parti o coibentazioni in amianto, valutabili in
alcune decine di chilometri di tracciato, quasi per intero con l’amianto segregato da un
rivestimento in lamiera. Più carente è risultata l’informazione in merito ai siti contaminati
dai “vecchi abbandoni”, per i quali non esiste ad oggi una mappa definitiva.
Il totale dei dati raccolti è stato formalizzato in un database georeferenziato,
omogeneo al protocollo richiesto dal Ministero, che è stato trasmesso da ARPAT nei
termini della scadenza del progetto.
La situazione in Toscana
La situazione fotografata dalla presente Mappatura appare in linea con quella di altre
Regioni, per le quali si osserva una notevole distribuzione di materiale contenente amianto,
ma in definitiva una limitata pericolosità dello stesso, a causa di una limitata esposizione o
ad un buono stato di conservazione. I valori ottenuti per il punteggio possono nella
maggior parte dei casi essere considerati “bassi”.
A nostro avviso, il metodo di calcolo del punteggio proposto dal ministero non riesce
a discriminare alcune situazioni specifiche del territorio toscano, in particolare risultando
poco efficace nel distinguere le situazioni in cui l’amianto non è accessibile, da quelle in cui
esso è stato incapsulato permanentemente. I valori ottenuti appaiono dunque schiacciati
troppo verso il basso. Un possibile correttivo da apportare al database, quindi, potrebbe
essere quello di rivalutare alcuni indici di rischio, in modo da avere una maggiore
discriminazione delle situazioni più confuse.
In ogni caso, questo non comporta una variazione della valutazione della situazione
toscana, che può essere definita sotto controllo, con una classificazione dei siti contenenti
amianto a “rischio medio-basso”. E’ importante anche sottolineare che delle 1.145
situazioni contenenti amianto, 472 presentano misure di prevenzione attive come il
confinamento delle superfici dei materiali contenenti amianto.
E’ inoltre importante osservare come questa fase della mappatura non abbia ad oggi
interessato la presenza di amianto nell’edilizia privata, rappresentata quasi per intero da
manufatti in cemento-amianto.
Bisogna sottolineare che la presenza di questi manufatti quali coperture, serbatoi,
canne fumarie, è l’oggetto di oltre il 90 % degli esposti da parte dei cittadini, e questo sta a
dimostrare quanto sia percepito dalla popolazione il rischio ad essi connesso.
E’ auspicabile che in tempi brevi la Regione dia mandato per procedere ad integrare
la presente Mappatura con il progetto relativo a questo settore di così elevata rilevanza per i
cittadini.
Infine, la presenza diffusa di materiali contenenti amianto sul territorio regionale, sia
in locali di pubblico accesso che in edifici privati, ripropone il problema delle modalità di
smaltimento; tale presenza diffusa può modulare in modo determinante la tempistica di
smaltimento di questi materiali. In tal senso, l’agevolazione delle modalità di conferimento
dei rifiuti, anche da parte del cittadino, e la riduzione dei relativi costi sono obiettivi da
tenere presente nella futura gestione del problema amianto. Si ricorda infatti che ad oggi il
materiale contenente amianto viene smaltito quasi per intero al di fuori del territorio
regionale, con costi di stoccaggio e trasporto a nostro avviso troppo elevati per la
comunità.
Il nuovo Decreto Legislativo sull’igiene e la sicurezza del lavoro:
prime riflessioni sul Capo terzo “amianto”
Stefano Silvestri
UO Epidemiologia Ambientale-Occupazionale, Istituto Scientifico Prevenzione
Oncologica (CSPO)
La stesura del cosiddetto “nuovo Testo Unico” sull’igiene e la sicurezza nei luoghi di
lavoro poteva essere una buona occasione per rivedere e migliorare le leggi e decreti
esistenti in materia. Lo è stata solo in parte ed alcuni nodi strutturali della vecchia
normativa sono rimasti tali. In particolare il Decreto Legislativo 257/06, che recepiva la
Direttiva Europea 2003/18/CE in materia di amianto, aveva creato non poche difficoltà
nella sua applicazione pratica e quindi, indipendentemente dal lavoro di riunificazione delle
leggi, sarebbe stato comunque necessario apporvi dei correttivi.
La compilazione dell’intero Decreto Legislativo ha subito negli ultimi mesi
un’accelerazione a causa della crisi di governo ed ha costretto i tecnici impegnati nel lavoro
ad un vero tour de force che non ha certo aiutato a concludere nel miglior modo possibile
un lavoro di notevole complessità. Non è quindi da escludere che l’applicazione pratica del
provvedimento evidenzi criticità che rendano necessari ulteriori interventi correttivi che il
nuovo Governo potrà apportare, in virtù della delega che durerà per un altro anno.
Nell’ultimo anno la discussione tecnica sulla normativa in materia di amianto era già
stata indotta dallo stesso articolato del DLgs 257 che rinviava alla Commissione Consultiva
Permanente (ex DPR 547/55) la definizione degli orientamenti pratici per la
determinazione delle esposizioni sporadiche e di debole intensità. I lavori del gruppo
tecnico incaricato dalla Commissione Consultiva si sono appena conclusi.
Le revisioni del DLgs 257/06 per l’inserimento nel nuovo DLgs. proposte dal
gruppo tecnico del Coordinamento delle Regioni avevano riguardato argomenti che
possiamo definire di “sostanza” e di “contorno”, ma tutte comunque elaborate in
conformità con quanto dettato dalla norma europea di riferimento. Il nuovo testo aveva
passato indenne l’approvazione della Conferenza Stato Regioni e delle Commissioni
Parlamentari di Camera e Senato, ma purtroppo ha subito decurtazioni importanti prima
dell’ingresso nel Consiglio dei Ministri, forse all’insaputa dello stesso Governo. Un vero e
proprio “giallo” che solo in futuro, forse, potrà avere una spiegazione.
Riguardo all’esposizione dei lavoratori era stata introdotta una nuova terminologia
tesa a fare, una volta per tutte, chiarezza sul significato di “esposizione”. Fermo restando
che per “esposizione” si è sempre intesa “la concentrazione dell’inquinante nella zona di
respirazione del potenziale esposto” ci si è sempre chiesti come si sarebbe definita la “reale
esposizione”, cioè la concentrazione di fibre nella trachea di un potenziale esposto quando
protetto da dispositivi di protezione individuale respiratoria (DPI).
La nuova terminologia che sostituiva il termine “esposizione” con “contaminazione
aerea” non è passata. Questo, che a prima vista poteva apparire soltanto una semplice
questione terminologica, rappresentava in realtà un enorme cambiamento concettuale.
Negli ultimi 15 anni, stando a quanto dichiarato dai datori di lavoro delle ditte
autorizzate alle opere di bonifica nelle relazioni annuali ex Art. 9 Legge 257/92, ma anche
da quanto direttamente rilevato dagli operatori dei Servizi di Prevenzione, le indagini
ambientali non venivano regolarmente effettuate in ogni cantiere di bonifica. Molti si
basavano sul proprio pregresso oppure per la valutazione del rischio si utilizzavano misure
fatte in situazioni analoghe, del resto il vecchio DLgs 277 del ‘91 lo autorizzava in maniera
esplicita. Quindi soltanto i titolari di imprese più “sensibili” effettuavano qualche misura
spot ogni tanto, giusto per comprendere un po’ meglio le condizioni di lavoro, ma senza
porsi nell’ottica di una effettiva valutazione del rischio di esposizione né tanto meno di
valutare il rispetto del valore limite. Per inciso, a mia conoscenza, nessuno ha mai
comunicato il superamento del TLV, né durante gli anni di applicazione del DLgs 277/91
né negli ultimi due anni del DLgs. 257/06. Il superamento di tale valore veniva dato per
scontato all’interno delle zone confinate durante le rimozioni di amianto friabile, ma ciò
non rappresentava un problema dato che gli addetti erano dotati di DPI. Tant’è vero che
nelle migliaia di relazioni ex art. 9 ormai accumulate non ve n’è una che indichi una
esposizione dei lavoratori maggiore di “zero” proprio perché veniva dichiarato che gli
addetti lavoravano soltanto con la protezione respiratoria. In virtù di questo uso continuo
di DPI si è sempre creduto, e purtroppo fatto anche credere, che l’esposizione dei
lavoratori fosse zero e comunque inferiore al valore limite.
Effettuare un bilancio delle esposizioni professionali ad amianto in termini
quantitativi in questi primi quindici anni di attività di rimozioni e manutenzioni è
praticamente impossibile, nonostante il grande investimento di personale dell’Organo di
Vigilanza e quello delle aziende in attrezzature e formazione del personale. Sicuramente le
esposizioni degli scoibentatori sono state molto contenute, se si eccettuano quelle
probabilmente occorse a causa di infortuni igienistici. Supponendo che in un futuro non
prossimo si volesse procedere ad una indagine epidemiologica sugli attuali addetti alle
rimozioni di amianto, dovremmo assegnare loro una esposizione “d’ufficio”, cioè soltanto
in base alla mansione perché non vi sono numeri. La stima, perché soltanto di questo si
può parlare, si collocherebbe sicuramente su intensità basse, ma certamente superiori a
quelle a cui è stata o è esposta, la popolazione generale.
E’ noto agli addetti ai lavori, ma dovrebbe esserlo a tutti, che i DPI non
rappresentano una barriera “assoluta” contro l’inquinamento, nonostante la denominazione
dei filtri “assoluti” appunto. Il loro Fattore di Protezione, ed in particolare quello
Operativo (FPO) è definito nel DM del 20 agosto 1999 quello massimo tecnicamente
raggiungibile con le protezioni è 400, corrispondente alle maschere in pressione positiva
alimentate da un elettroventilatore con filtro assoluto. Questo significa che la
concentrazione di fibre stimabile all’interno della maschera, cioè quella all’interno della
trachea, è ricavabile dal rapporto tra la concentrazione aerea ed il FPO. Per esemplificare
supponiamo che durante una scoibentazione la contaminazione aerea sia di 4.000 ff/litro;
dentro la maschera, cioè in trachea, avrò 10 ff/litro.
Il nuovo decreto fa comunque chiarezza definitiva su un punto: i lavori in presenza
di amianto o di materiali contenenti amianto si effettuano soltanto con idonei DPI; il
passato DLgs. 257/06 lasciava margini di interpretazione sull’obbligatorietà o meno dei
DPI per concentrazioni inferiori al valore limite. E sempre nel nuovo Decreto si legge che
il FPO dovrà essere tale che all’interno della maschera la concentrazione non superi un
decimo del Valore Limite, quindi 10 ff/litro considerato che il Valore Limite è rimasto a
100 ff/litro. Concettualmente la “concessione” per legge di una esposizione reale ad un
cancerogeno ad un decimo del Valore Limite rappresenta un problema di estrema
delicatezza, in particolare se questo concetto venisse ripreso e mutuato anche per gli altri
cancerogeni per i quali le stime di rischio sono ancora molto imprecise.
Per l’amianto, il fattore di rischio cancerogeno forse più studiato al mondo, le stime
di rischio sono state pubblicate da vari autori, ma in particolare anche dall’Organizzazione
Mondiale delle Sanità (OMS). Quest’ultima nel 2000 ha emanato gli Standard di qualità
dell’Aria per la popolazione generale e per l’amianto: ha stimato che per una esposizione
vera ad 1 f/litro continuativa per una intera vita il rischio di mesotelioma si colloca in un
valore intermedio tra 1 su 100.000 ed 1 su 10.000. Quindi da 100 a 10 volte inferiore al
rischio che viene osservato oggi per l’intera popolazione di 30 40 anni fa composta di
esposti professionali e non. Considerato che una vita lavorativa è, in termini di durata
complessiva, circa un decimo della intera vita e che al giorno d’oggi la concentrazione di
amianto nell’aerosol cittadino si è ridotta considerevolmente grazie alla messa al bando, una
esposizione continuativa per tutta la vita lavorativa a 10 ff/litro pone la stima del rischio ad
un livello pari a quello stabilito dall’OMS per la popolazione generale.
Lo “scippo” finale del nuovo decreto ha però cancellato, e forse stupidamente, il
riferimento agli Standard di Qualità dell’aria stabiliti dall’OMS a Copenhagen nel 2000.
Altra innovazione, passata nella versione finale soltanto a metà, riguarda la
sorveglianza sanitaria ed il registro degli esposti. Questi due aspetti, così come formulati
nella precedente normativa, erano in netta contraddizione con l’articolato che riguardava le
misure igieniche di prevenzione nel loro insieme. Iscrivere un lavoratore nel registro degli
“esposti” al suo primo ingresso al lavoro equivaleva ad affermare che lavorando con
l’amianto non vi era alcuna possibilità di prevenire l’esposizione. Da questo derivava il
concetto di “professionalmente esposto” e veniva dato per scontato che questi lavoratori
fossero in qualche modo “autorizzati”, nonché “condannati”, ad essere esposti ad un
agente cancerogeno ad una intensità superiore a quella a cui è mediamente esposta la
popolazione generale. Conseguente a questa assunzione a priori era l’attività di sorveglianza
sanitaria che doveva mirare ad evidenziare i segnali di una esposizione in atto, dando la
possibilità al medico competente di valutare l’opportunità di sottoporre il lavoratore
all’esame citologico dell’espettorato o all’esame radiografico del torace, ricorrendo anche
alla TAC. In ultima analisi i “professionalmente esposti” potevano stare tranquilli perché
erano comunque, da un punto di vista sanitario, tenuti sotto controllo. L’eredità culturale
lasciata dal controllo sanitario per il rischio dell’asbestosi era stata inserita nella normativa
senza procedere ad alcuna riflessione sulla modifica del rischio intervenuta a seguito della
drastica riduzione delle esposizioni rispetto al passato.
Potenziando gli strumenti di verifica della possibile esposizione ed una conseguente
riduzione di quella reale, la nuova normativa cancella l’iscrizione d’ufficio nel registro degli
esposti cambiandone il concetto: un lavoratore dovrà essere iscritto nel registro soltanto
qualora la sua esposizione reale accertata sia stata superiore a 10 ff/litro. Questo capiterà
soltanto se si sono trovati in una condizione di esposizione anomala a causa di infortunio
igienistico o qualora la concentrazione aerea sia stata superiore a quella sopportabile dai
DPI. L’iscrizione nel registro dovrà riportare soltanto quell’evento, al pari di ciò che
avviene già per la registrazione degli infortuni. Il registro dovrà essere inviato in copia agli
organi di vigilanza ed all’ISPESL e conservato per almeno 40 anni. Per fare un esempio: la
concentrazione aerea in una zona confinata per la rimozione dell’amianto friabile non potrà
essere superiore a 4000 ff/litro se i DPI utilizzati saranno quelli che normalmente vengono
utilizzati oggi cioè FFP3 a ventilazione assistita. Per concentrazioni superiori si dovranno
utilizzare sistemi più protettivi e sofisticati e difficoltosi da usare come ad esempio gli
autorespiratori, il che favorirà il percorso che prevede una maggiore attenzione alle
procedure e metodi di lavoro che dovranno limitare al massimo la produzione di polvere in
fase di rimozione, con risvolti positivi anche in fase di “restituibilità” delle aree scoibentate.
Per la sorveglianza sanitaria lo “scippo” finale ha avuto conseguenze peggiori. Nella
proposta delle Regioni questa doveva mirare essenzialmente al controllo per verificare
l’idoneità del lavoratore ad indossare i DPI seguendo il concetto della sorveglianza sanitaria
per l’attuazione delle prevenzione, senza indicare il protocollo da seguire e lasciando quindi
al medico competente piena libertà di azione. Il testo finale ha purtroppo reintrodotto gli
obsoleti ed inutili accertamenti diagnostici, peraltro molto invasivi come la TAC.
Per quanto riguarda altri argomenti l’operazione di “copia-incolla” dal DLgs. 257/06
ha purtroppo dato continuità alla scarsa chiarezza che lo stesso Decreto presentava. Ad
esempio la valutazione preliminare della presenza dell’amianto che nella proposta delle
Regioni veniva estesa in modo molto chiaro anche alle opere di scavo e perforazione è
tornata a citare soltanto i “locali”, come se l’amianto fosse solo nelle costruzioni edilizie, e
solo una lettura analitica del comma 2 consentirà l’applicazione del decreto anche in quelle
aree molto contestate della costruenda TAV. Inoltre il nuovo testo sarà applicabile soltanto
alle operazioni “residuali” in cui si possa ancora presentare il rischio amianto e c’è da
chiedersi se sarà applicabile ad esempio in occasione di scavi per grandi opere oppure
anche nelle cave di pietre verdi contaminate con amianto che, a quanto risulta, non sono
certo operazioni “residuali”.
Infine un elemento di chiarezza è stato introdotto: è stato cancellato l’aggettivo
“asbesto correlati” nell’articolato che riguarda la registrazione dei mesoteliomi. E’ pur vero
che i Registri regionali , nonché quello nazionale hanno sempre registrato tutti i soggetti
con diagnosi di mesotelioma, indipendentemente dalla loro accertata esposizione ad
amianto, ma interpretando alla lettera la vecchia normativa si poteva anche ipotizzare di
cancellare dai registri quei casi per i quali l’accertamento dell’esposizione aveva dato esito
negativo.
In conclusione le novità provocheranno certamente un dibattito tra tutti gli attori del
processo di fuoriuscita dall’amianto. Gli organi di controllo saranno in grado di esigere la
valutazione dell’inquinamento anche durante i lavori nelle zone di massima sicurezza
affinché i datori di lavoro possano procedere alla scelta di “adeguati“ DPI. Il limitato
fattore di protezione di quest’ultimi, anche dei più sofisticati, imporrà il mantenimento
dell’inquinamento ai più bassi livelli cambiando il modo di lavorare anche di coloro che
erano convinti che con una buona maschera si potesse lavorare anche nelle nuvole di
polvere. I lavoratori addetti alle scoibentazioni di amianto friabile verranno finalmente ed
ufficialmente a conoscenza che le maschere gli danno una protezione limitata e
proporzionale alla quantità di polvere che sviluppano durante il loro lavoro.
La necessità di procedere alla valutazione del rispetto del Valore Limite, anche
all’interno delle zone confinate, moltiplicherà le occasioni in cui dovranno essere effettuati
monitoraggi; conseguentemente dovranno al più presto essere stabiliti in concreto i criteri
di certificazione dei laboratori e la rete di controllo qualità delle analisi che attendono un
provvedimento effettivo da ormai più di dieci anni.
La precisazione delle modalità di inserimento dei lavoratori nel registro degli esposti
sarà accolta favorevolmente dai datori di lavoro, anche se le possibilità di elusione di questo
adempimento risulteranno sicuramente aumentate ed in questo contesto la vigilanza non
dovrà abbassare la guardia.
La formazione dei lavoratori dovrà infine assumere un ruolo molto impegnativo: con
molta insistenza dovranno essere trattati gli argomenti di prevenzione primaria consistenti
in modalità di lavoro con il massimo contenimento della polvere prodotta, ma forse la
difficoltà maggiore sarà quella di far comprendere che la prevenzione primaria li tutela
molto più che una radiografia del torace.