Rapporto sulla casistica 1988-2006
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Rapporto sulla casistica 1988-2006
CENTRO OPERATIVO REGIONALE ARCHIVIO TOSCANO DEI MESOTELIOMI MALIGNI RAPPORTO SULLA CASISTICA 1988-2006 La stesura di questo volume è stata curata da: Elisabetta Chellini, Stefano Silvestri, Adele Seniori Costantini. UO Epidemiologia Oncologica (CSPO) Ambientale-Occupazionale, Istituto Scientifico Prevenzione Brunella Sorso ha curato l’editing del testo. Si ringraziano le Unità Funzionali PISLL ed i Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende USL della Toscana per aver gestito assieme a noi i casi di mesotelioma oggetto del sistema di sorveglianza epidemiologico del COR toscano del mesoteliomi L'impegno della Regione Toscana nell'attività di prevenzione e sicurezza per contrastare i rischi derivanti dall'amianto è oramai attuata da più di venti anni. L’attività di prevenzione già attiva in alcuni Servizi di Pisll nei primissimi anni ’80 si concretizzò e si diffuse in tutta la regione a seguito della emanazione della Circolare 45 del Ministero della Sanità nel luglio 1986 che riguardava il controllo della presenza di amianto nelle scuole e negli ospedali. Nella seconda metà del 1986 fu istituita la prima Commissione Tecnica Regionale sulle problematiche inerenti il rischio amianto. Negli anni seguenti furono poi avviate numerose iniziative che riguardarono un primo censimento delle aziende che utilizzavano amianto, la stesura di protocolli tecnici e per la bonifica in specifiche attività produttive che vennero utilizzati dai Servizi di Prevenzione e che anticiparono nei contenuti la normativa tecnica emanata dallo Stato negli anni ’90. L’attenzione a questo problema da parte di tutte le strutture Regionali di prevenzione, ha di fatto trasmesso ai lavoratori possibilmente esposti, alle loro rappresentanze ed ai datori di lavoro la cultura della prevenzione che si è successivamente diffusa ai cittadini ed alle loro associazioni, ai tecnici ed amministratori privati. Anche da un punto di vista normativo gli atti regionali, a seguito delle iniziative nazionali degli anni ‘90, non sono mancate. Con la delibera di Consiglio Regionale n. 102 dell’8 aprile 1997 (Piano regionale Amianto) e con la delibera di Giunta n. 692 del 6 giugno 2001, si sono affrontati a livello regionale le questioni della protezione ambientale, della decontaminazione, dello smaltimento e della bonifica dei materiali contenenti amianto, con un atto specifico di indirizzo e coordinamento per i servizi di prevenzione delle Aziende sanitarie volto a favorire il rapporto fra operatori e cittadini, per informare ed orientare su percorsi diagnostico-assistenziali e per sviluppare programmi di sorveglianza epidemiologica. La programmazione regionale è stata di sostegno ed indirizzo. I Piani Sanitari regionali 2002–2004 e 2005–2007 hanno dato ampio spazio a questa problematica, arrivando a programmare momenti di riflessione regionale culminati in iniziative come la Conferenza Regionale sull’amianto, svoltasi a Pistoia il 16 e 17 giugno del 2005. Ma è soprattutto attraverso la delibera di Giunta n. 1252 del 24 novembre 2003, con la quale si individuava l’allora CSPO (Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica) come Centro Operativo Regionale, che si è attuata l’operatività degli indirizzi regionali. Questo volume riporta i risultati del lavoro ventennale di sorveglianza del mesotelioma maligno, considerato “evento sentinella” di pregresse esposizioni ad amianto. E’ importante ricordare che si tratta del primo registro di questa patologia attivato in Italia. Questo sistema di registrazione alimenta, assieme a quelli definiti nelle altre Regioni, il Registro Nazionale dei Mesotelioma (RENAM) istituito presso l’ISPESL in attuazione del DPCM 308/2002. Il lavoro di questi centri permette di mantenere alto il livello di attenzione su tale patologia, incentivando anche quelle azioni di giustizia sociale, sul fronte assicurativo, nei confronti di tutti coloro che sono stati esposti ad amianto in ambiente di lavoro. Il cerchio però deve essere necessariamente chiuso anche in ambito clinico. Vanno in direzione di integrazione tra prevenzione, diagnosi e cura le linee guida cliniche del mesotelioma pleurico recentemente messe a punto dall’ITT, che rappresentano un segnale importante di una presa d’atto, anche da parte del mondo clinico, della necessità e del dovere di porre attenzione al problema medico-legale e assicurativo che la diagnosi di questa patologia solleva. Enrico Rossi Assessore Diritto alla Salute Regione Toscana Da sempre la Regione Toscana si è attivata per prevenire il rischio di contrarre patologie legate all’esposizione di fibre d’amianto. Le leggi nazionali che sono state emanate negli anni passati ed i vari Piani Sanitari Regionali che si sono succeduti negli ultimi due decenni hanno sempre portato in primo piano la pericolosità di questo agente, e sempre, sia a livello regionale che di singola azienda USL, sono state avviate attività volte a ridurre il rischio di esposizione in modo considerevole. Oggi fortunatamente l’esposizione ad amianto riguarda essenzialmente i soli addetti alle scoibentazioni e bonifiche dei siti ancora inquinati e allo smaltimento del minerale e di tutti quei materiali che lo contengono. La legge 257 del 1992 ne ha di fatto bandito l’uso e la commercializzazione. Proprio questa legge ha fatto dello Stato italiano il paese all’avanguardia nel trattamento dei materiali contenenti amianto, ed ha anticipato di almeno 10 anni la messa al bando da parte della comunità europea di questi materiali. La Regione Toscana ha continuato a finanziare e sviluppare assieme ai Dipartimenti di Prevenzione ed al CSPO metodi di rilevazione sulla dismissione di materiali contenenti amianto. In questa ottica, e per facilitare il monitoraggio dei materiali rimossi, sono state realizzate le nuove schede per la dichiarazione annuale di uso diretto ed indiretto di amianto (articolo 9 Legge 257 del 1992) che consentono una più puntuale rilevazione. In questo contesto anche gli ambienti di vita non sono stati trascurati; l’art. 20 della Legge 23 marzo 2001 n. 93 ed il D.M. 18 marzo 2003 n. 101, regolamento attuativo dello stesso, stabilivano che le Regioni e le Province Autonome dovevano provvedere ad effettuare la mappatura completa della presenza di amianto sul territorio nazionale con lo scopo ultimo di definire una lista di priorità secondo la quale dovranno essere svolte eventuali operazioni di bonifica. Tale lavoro è stato portato a compimento dalla Regione Toscana in collaborazione con ARPAT. Il COR, Centro Operativo Regionale della Toscana è parte integrante di tutto questo disegno preventivo e permette una integrazione tra gli attori del processo che altrimenti risulterebbe complessa. Con queste premesse il volume riporta i risultati del lavoro ventennale di sorveglianza del mesotelioma maligno, considerato “evento sentinella” di pregresse esposizioni ad amianto. Il lavoro non è certo terminato ma grazie a tutte le persone che hanno collaborato al progetto di cui questa pubblicazione è un risultato evidente, si è consolidato nella nostra regione un sistema a rete, a tutela della salute delle lavoratrici e dei lavoratori. Marco Masi Settore Sicurezza e Salute sui luoghi di lavoro Direzione Generale del Diritto alla Salute e delle Politiche di Solidarietà, Regione Toscana INDICE 7 pag PARTE PRIMA: Il rapporto sulla casistica 1988-2006 del COR mesoteliomi della Toscana E. Chellini, S. Silvestri, A M. Badiali, A. Benvenuti, V. Cacciarini, G. Gorini, A. Querci, M. Pinelli, A. Seniori Costantini . 9 Riassunto 11 Summary 15 1 - Introduzione 19 2 – La rete informativa e la qualità dei dati del COR toscano dei mesoteliomi maligni 23 2.1 La rilevazione dei casi di mesotelioma 2.2 La rilevazione dell’anamnesi professionale e l’attribuzione dell’esposizione ad amianto 2.3 L’archiviazione dei casi 2.4 La qualità dei dati - I controlli sulla completezza della casistica - La qualità delle interviste - La qualità dell’attribuzione dell’esposizione 3 – I casi del periodo 1988-2006 37 3.1 Mesoteliomi a sede pleurica 1988-2006 3.2 Mesoteliomi a sede diversa da quella pleurica 1988-2006 3.3 Stime di incidenza del mesotelioma pleurico 4- L’esposizione ad amianto in Toscana dai dati del COR 4.1 I casi 1988-2006 per classe di esposizione ad amianto 4.2 Casi 1988-2006 per classe di esposizione, settore e/o comparto produttivo e ASL 4.3 Esposizione ad amianto per motivi extra-professionali - Casi familiari - Casi ambientali - Casi extra-professionali 4.4 I risultati del progetto di ricerca ISPESL sui casi ignoti 4.5 La durata dell’esposizione professionale ad amianto 4.6 L’età alla diagnosi e la latenza dei casi con esposizione professionale ad amianto 47 5 – Considerazioni conclusive 65 Bibliografia 69 Appendice 1- Lista delle pubblicazioni del COR mesoteliomi della Toscana 71 Appendice 2 – Scheda di segnalazione 77 Appendice 3 – Il questionario per la raccolta della storia di vita e lavoro dei casi di mesotelioma maligno 81 Appendice 4 – Criteri di definizione dell’esposizione secondo le Linee guida RENAM 2003 109 Appendice 5 – Revisione della classificazione dei casi esposti per motivi familiari, ambientali, ed extralavorativi, a seguito del progetto di studio nazionale sui casi ignoti 111 PARTE SECONDA Contributi di riflessione sul mesotelioma maligno e la prevenzione delle esposizioni ad amianto La sorveglianza epidemiologica dei casi di mesotelioma maligno in Italia. Il registro nazionale (RENAM) A. Marinaccio Le più recenti modalità di intervento diagnostico e terapeutico sul mesotelioma maligno a sede pleurica A. Lopes Pegna Mesotelioma maligno caratterizzazione immunoistochimica C.E. Comin Denunce assicurative INAIL di mesoteliomi da amianto: confronto con i casi valorizzati dal COR toscano dei mesoteliomi maligni V. Calabretta I dati sui mesoteliomi maligni raccolti dal centro regionale infortuni e malattie professionali (CERIMP) della regione Toscana A. Baldasseroni L’amianto dopo il bando dell’amianto: considerazioni svolte dall’interno di un servizio di prevenzione igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro della regione Toscana F. Capacci e F. Carnevale La mappatura dell’amianto in Toscana G. Fornaciai e F. Di Benedetto Il nuovo Testo Unico: prime riflessioni sul Capo terzo “amianto” S. Silvestri 115 Parte prima Il rapporto sulla casistica 1988-2006 del COR mesoteliomi della Toscana Elisabetta Chellini, Stefano Silvestri, Anna Maria Badiali, Alessandra Benvenuti, Valentina Cacciarini, Giuseppe Gorini, Andrea Querci, Marco Pinelli, Adele Seniori Costantini UO Epidemiologia Ambientale-Occupazionale Istituto Scientifico Prevenzione Oncologica (CSPO) Riassunto La rete di rilevazione dei casi di mesotelioma maligno del Centro Operativo Regionale della Toscana è attiva dal 1988. La casistica annuale è all’incirca raddoppiata dai primi agli ultimi anni di registrazione: da circa 30 casi all’anno nel 1988-1993 siamo passati a poco più di 60 nel 2001-2004 (ultimo periodo con casistica consolidata). Sono aumentati i casi con diagnosi istologica suffragata da esami immunoistochimici e contemporaneamente sono diminuiti i casi con sola diagnosi citologica o clinica. Complessivamente i casi in archivio, diagnosticati nel periodo 1988-2006, a residenti in Toscana sono 954. Le principali fonti informative sono rappresentate dai presidi ospedalieri regionali, ed in particolare dai servizi ospedalieri e universitari di Anatomia Patologica, Chirurgia Toracica, Pneumologia, e Oncologia. Nelle strutture ospedaliere di Pisa è stato diagnosticato il maggior numero di casi (32%), seguono quelle di Firenze con poco più del 20% di casi, e quindi tutte le altre strutture. Il tasso standardizzato di incidenza (standard: popolazione europea), calcolabile solo per i mesoteliomi a sede pleurica, che rappresentano la stragrande maggioranza dei casi (93,1%), e per il periodo di casistica consolidata (1988-2004), è risultato nei maschi in crescita fino al 2000 per poi iniziare a flettersi; nell’ultimo periodo 2001-2004 è pari a 1,94/100.000 (IC 95%: 1,91-1,97). Per le donne, a fronte di una numerosità della casistica decisamente minore, si nota una tendenza ancora all’aumento (tasso di incidenza 20012004: 0,45/100.000; IC 95%: 0,43-0,46). Il rapporto maschi/femmine attualmente pari a 3,1:1 aveva subito un incremento nel 1998-2000 riflettendo il maggior incremento di casi nei maschi in quel periodo. Il 38,4% dei casi pleurici ha meno di 65 anni, con un’età alla diagnosi più elevata nelle donne. Il tasso standardizzato più elevato di mesotelioma pleurico si osserva nella ASL 6 Livorno. Un tasso superiore a quello medio regionale si osserva anche nella ASL 1 Massa Carrara, nella ASL 3 Pistoia, nella ASL 2 Lucca e nella ASL 12 Versilia. L’andamento temporale della patologia mostra un trend in aumento in quasi tutte le Aziende, eccetto in quelle che negli anni precedenti avevano tassi particolarmente elevati, e cioè la ASL 1 Massa Carrara, la ASL 4 Prato e la ASL 6 Livorno. I casi a sede extrapleurica registrati in toscani sono 66 (6,9%), di cui 60 peritoneali, 4 pericardici e 2 della tunica vaginale del testicolo. Il flusso informativo per la raccolta di questi casi è meno strutturato di quello dei casi a sede pleurica, ed è quindi probabile che il loro numero sia sottostimato. Negli ultimi anni sono migliorati i sistemi di segnalazione e raccolta dei casi tanto che nel 2001-2004, per entrambi i generi, si sono osservati, come atteso, tassi età specifici in crescita nelle età più anziane, a differenza di quanto si osservava negli anni precedenti. La messa a regime dei flussi stabiliti tra il COR e le varie fonti di segnalazione ha inoltre determinato una più tempestiva registrazione dei casi, rendendo possibile l’effettuazione di un numero maggiore di interviste direttamente ai pazienti per la ricostruzione della loro eventuale esposizione ad amianto. Data la pessima prognosi della patologia, caratterizzata da una sopravvivenza mediana di circa 8 mesi, è infatti importante effettuare la rilevazione dell'anamnesi professionale, delle abitudini di vita e della storia residenziale di ciascun caso tramite l’intervista diretta al soggetto. Permangono criticità nel sistema di segnalazione in alcune aree imputabili talora ad una scarsa qualità organizzativa delle strutture di diagnosi e talaltra ad una mancanza di sensibilità verso una patologia che in tre casi su quattro risulta essere di origine professionale. Ancora nel 2001-2004 per ben 6 delle 12 Aziende ASL si evidenziano tempi medi di segnalazione dei casi pleurici superiori ai 5 mesi (ASL 4 Prato; ASL 9 Grosseto; ASL 11 Empoli; ASL 6 Livorno; ASL 7 Siena; ASL 5 Pisa). Protocolli diagnostici di riferimento per la standardizzazione dei criteri di diagnosi di mesotelioma consentono di definire il diverso livello di certezza diagnostica raggiunto, come pure protocolli di definizione dell’esposizione ad amianto consentono di definire il livello di certezza dell’esposizione rilevata. Nel periodo 1988-2006, sui 954 casi identificati le interviste sono state 858 (89,9%). I rifiuti sono stati pari al 2,6%, mentre per impossibilità di intervistare il soggetto o suoi parenti non è stato effettuato il 4,1% delle interviste. L’84,7% delle interviste effettuate sono complete, e negli anni 2001-2004 tale percentuale è salita al 96,1%. L’esposizione ad amianto è stata attribuita a 671 casi. Per 642 (95,7%) tale esposizione è avvenuta in ambito occupazionale. In 18 casi (2,7%) l’esposizione è avvenuta in ambiente domestico (esposizione familiare) a causa della convivenza con persone che lavoravano in comparti a rischio amianto, mentre in 4 casi (0,6%) l’esposizione è stata definita “ambientale”, e in 7 casi (1%) è stata dovuta ad esposizioni subite durante attività extra-lavorative. Per i casi con esposizione ignota, abbastanza stabili nel tempo, si è osservata una flessione per quelli identificati nel 1988-2000 a seguito di uno studio specifico, effettuato a livello nazionale e coordinato proprio dal COR toscano, che ha permesso di ridurre questa casistica di 29 unità, che sono passate dalla classe 8 (esposizione ignota) principalmente alla classe 3 (professionale possibile). Il miglioramento del sistema informativo ha determinato nel tempo un aumento dei casi classificati con esposizione certa ed una sensibile e parallela diminuzione dei casi con classificazione probabile e possibile. Riguardo ai casi con esposizione professionale, questa è avvenuta per lo più in Toscana (84,3%) ed in particolare in aziende ubicate a Nord Ovest lunga la costa, dove peraltro sono concentrate le industrie di dimensione più ampia per le quali è noto che nel passato vi è stato un uso di amianto o materiali contenenti amianto nel ciclo produttivo. L’85% dei casi ha subito la prima esposizione in anni antecedenti il 1965. Molti sono i settori produttivi che hanno espresso casi. Da ricordare: - il settore delle costruzioni e riparazioni di rotabili ferroviari, con 66 casi, di cui 49 in addetti alla costruzione e 17 alla riparazione di rotabili; - la cantieristica navale, con 93 casi; - l’edilizia, con 127 casi; - la metalmeccanica, con 81 casi; - il tessile, con 93 casi. Data l’importante frazione dei casi con esposizione occupazionale e la prevalente lunga permanenza in lavori a rischio, si consolida l’ipotesi che il rischio di contrarre questa patologia sia correlata alla dose assorbita, ma che comunque nel contempo non sia possibile stabilire una soglia al disotto della quale vi sia assenza di rischio. La progressiva introduzione di presidi di prevenzione, di regolamenti restrittivi all’uso dell’amianto fino alla Legge 257/1992 di bando totale dell’amianto ha reso oggi residuali le occasioni di esposizione occupazionale a questo minerale e si prevede che negli anni a venire l’epidemia di casi di mesoteliomi registrerà una flessione, come pare indicare l’allungamento della latenza media e l’innalzamento dell’età media dei casi diagnosticati più recentemente. Summary The Tuscan surveillance system on malignant mesotheliomas, named “COR toscano dei mesoteliomi” (Tuscan Regional Operational Centre on mesotheliomas), is on going since 1988. The average annual registered cases are nowadays doubled since the first registration period: 30 cases have been registered yearly in 1988-1993 and just over 60 in 2001-2004. Histology and immuno-histochemical markers diagnoses are gradually replacing the cytological and clinical ones. The total registered cases among Tuscan residents are 954 in the period 1988-2006. The most important sources of cases are the hospitals operating in Tuscany, mainly Pathology Institutes and wards, such as Thoracic Surgery, Pneumology and Oncology wards. The higher number of cases has been diagnosed in the hospitals located in Pisa (32% of cases), followed by those in Florence (20%) and the rest in other hospitals. The male standardized (standard: European population) incidence rates, available only for the pleural cases, which represent the vast majority of cases (93,1%), and for the period characterized by complete case record (1988-2004), grew up until 2000 followed by a slow decline; in 2001-2004 the male incidence rate is 1,94/100.000 (IC 95%: 1,91-1,97). Females cases are far less numerous; the female standardized incidence rates are still increasing; in 2000-2004 the female incidence rate is 0,45/100.000 (IC 95%: 0,43-0,46). The male/female ratio is at present equal to 3,1:1; in the period 1998-2000 it was registered an increase of this ratio in relation to the growing number of male cases. Pleural cases aged less than 65 years old are 38,4%; the age at diagnosis is higher in females compared to males. The highest standardized incidence rate for pleural mesothelioma in both gender is observed in the Local Health Unit (ASL) 6 Leghorn, the ASL 1 Massa Carrara, the ASL 3 Pistoia, the ASL 2 Lucca and the ASL 12 Versilia have a male incidence rate higher than that observed at regional level. A growing incidence trend in almost all Local Health Unit, with the exception of those ASL characterized, in the past, by high incidence rates (ASL 1 Massa Carrara, ASL 4 Prato and ASL 6 Leghorn) was also observed. A small number of mesothelioms have been diagnosed in other anatomical sites: 60 cases in the peritoneum, 4 in the pericardium and 2 in the vaginal membrane of testis. The surveillance system appointed to collect these cases is less well structured than that one for pleural cases, and therefore an underestimation of cases is likely to happen. During the most recent years the case collection system improved: this has been confirmed by the observation of age specific incidence rates, for both genders, in 20012004, higher in the older age groups, as expected, meanwhile in the previous years an inverse phenomenon was observed for the same age groups. The improvements in the surveillance system determined also a more prompt report of cases and consequently a higher numbers of interviews with cases instead their next-of-kin. Due to the low prognosis of mesotheliomas, characterized by a median survival of about 8 months, it is very important to collect information on occupational and life histories directly from cases instead from proxies. There are still problems in the case reporting system in some geographical areas due to the low organizational quality of local diagnostic centres and/or to the lack of knowledge of the legal aspects (more than ¾ cases are attributable to occupational exposure). During 2001-2004 the average time between diagnosis and report to the COR is still above 5 months for cases resident in 6 ASL out of 12 (ASL 4 Prato; ASL 9 Grosseto; ASL 11 Empoli; ASL 6 Leghorn; ASL 7 Siena; ASL 5 Pisa). The levels of diagnostic certainty and asbestos exposure are assessed according to national protocols and guidelines. In the period 1988-2006, 858 interviews (89,9%) have been performed out of 954 registered cases. Refusals were 2,6%; for 4,1% of cases, no contact with his/her next-of-kin was possible. Most interviews (84,7%) are complete, and this percentage is higher (96,1%) for cases diagnosed more recently, in 2001-2004. For 671 cases the asbestos exposure during their life was defined; for 642 (95,7%) cases the asbestos exposure happened in occupational settings. Eighteen cases (2,7%) were exposed at home (familial exposure), mainly in relation to the occupational asbestos exposure of their next-of-kin. Four cases (0,6%) had and environmental exposure; and 7 cases (1%) have been exposed to asbestos during “do it yourself” activities. Few cases have been defined with unknown exposure due to the incompleteness of the collected information. A recent national study, coordinated by the Tuscan COR, on cases with “unknown exposure” managed to reduce the number of these cases, shifting 25% of the whole group to the “class of possible occupational exposure”. The improvement in the surveillance system increased the number of cases with certain occupational exposure with a concurrent decline of cases with a lower level of certainty. A high percentage of the cases with occupational exposure occurred in Tuscany (84,3%); 40% of this exposures occurred in industries located in the North-Western regional areas along the coast, where big plants using asbestos or materials containing asbestos were operating in the past. The vast majority of occupational exposures (85%) started before 1965. Several industrial activities have produced the epidemic, the main ones are listed as following: - the construction and maintenance of railway stock, with 66 cases (49 workers employed in the construction and 17 in maintenance shops); - the naval shipyards, with 93 cases; - the building industry, with 127 cases; - the metal engineering industry, with 81 cases; - the textile industry, with 93 cases. The observed high percentage of occupationally exposed cases and the observed long duration of exposures suggest that the risk of mesothelioma might be correlated to dose of asbestos exposure; anyway, at the same time, the occurrence of cases with probably low levels of asbestos exposure does not allow to set up a risk threshold. The legislation issued in the last two decades limiting the occupational use of asbestos or material containing asbestos, and the Law no. 257/1992 banning asbestos, made possible the current situation characterized by a very low residual asbestos exposures at workplaces and in the general life environment. A decreasing trend in mesotheliomas is expected during the next decade, and the increasing mean latency and age at diagnosis of more recent cases support this hypothesis. -1INTRODUZIONE Il mesotelioma è una neoplasia rara che riconosce nell’esposizione ad amianto una causa certa ed evitabile. Nel periodo 2001-2004 l’incidenza del mesotelioma pleurico (la sede di gran lunga più frequente) è, in Toscana, pari a 1,94 casi per 100.000 residenti negli uomini. Si osservano importanti differenze geografiche riconducibili alla presenza nel territorio di settori lavorativi in cui l’amianto è stato utilizzato. Un’esposizione ad amianto per motivi di lavoro è rilevabile in circa il 70-90 % dei casi, negli uomini, nelle varie casistiche nazionali ed internazionali; il mesotelioma è quindi definibile come tumore ad alta frazione eziologica professionale. L’incidenza del mesotelioma è molto più bassa nelle donne, ed in meno della metà dei soggetti di sesso femminile affetti da questa patologia è individuabile un’esposizione ad amianto. L’uso dell’amianto è stato oggetto di progressive restrizioni ed è stato infine messo al bando in diversi paesi. La comunità europea ha promulgato al messa la bando dell’amianto solo nel 1999. In Italia la legge che mette al bando l’amianto (impedendone l’estrazione, l’importazione, l’impiego nei nuovi prodotti e la commercializzazione) è del 1992 (Legge 257/92) ed ha sostanzialmente ridotto le esposizioni, che oggi possono essere definite residuali tanto che si prevede di assistere progressivamente ad un calo importante del mesotelioma. Registri mesoteliomi basati sulla ricerca “attiva”, cioè basata sulla raccolta dei casi presso le strutture di diagnosi e cura sono stati istituiti, oltre che in Italia, in Francia, Australia e Nuova Zelanda. In altri paesi invece (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia, Gran Bretagna, USA ) dove non sono stati attivati registri specifici, l’andamento di questo tumore è rilevato tramite i Registri Tumori di popolazione e i Registri delle cause di morte della popolazione La Regione Toscana è stata una delle prime regioni italiane a sviluppare programmi di sorveglianza delle esposizioni ad amianto già negli anni ’80, e successivamente, dando seguito al Decreto Legislativo 277/91 ed alla legge di messa al bando dell’anno successivo, ha anticipato di qualche anno il sistema di sorveglianza epidemiologica del mesotelioma. L’Archivio Regionale Toscano dei Mesoteliomi è stato infatti il primo registro italiano basato sulla rilevazione “attiva” di casi e sulla definizione delle occasioni di esposizione ad amianto tramite intervista ai soggetti stessi o a loro parenti. Tale attività di sorveglianza epidemiologica fu avviata nelle province di Firenze e Prato grazie alla collaborazione tra il Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica (CSPO) e l’Istituto di Anatomia Patologica dell’Università di Firenze e al sostegno finanziario della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (LILT) di Firenze. La rilevazione dei casi di mesotelioma fu poi estesa, con il sostegno della Regione Toscana e grazie alla collaborazione degli Istituti Universitari di Anatomia Patologica di Firenze, Pisa e Siena, ad altre aree toscane e, dal 1987, a tutto il territorio regionale. La Regione Toscana ha assegnato al CSPO la realizzazione e la tenuta del Centro Operativo Regionale (COR) del Registro Nazionale (RENAM) che è stato istituito presso l’ISPESL, a seguito del DPCM 308/2002. Il COR Mesoteliomi toscano è, ad oggi, strutturalmente parte del Centro Operativo Regionale Toscano per i Tumori Professionali che gestisce, oltre al registro dei mesoteliomi, anche quello dei tumori naso-sinusali. Gli obbiettivi fondanti della rilevazione del mesotelioma sono la valutazione dell’andamento (incidenza e mortalità) nel territorio regionale, la definizione delle esposizioni ad amianto nei soggetti affetti da questa patologia finalizzata alla valutazione dei rischi per settore lavorativo e per la tutela assicurativa. Essendo il primo registro nato in Italia ha contribuito in modo importante a definire le modalità di rilevazione della patologia e a definire i criteri per la classificazione delle esposizioni ad amianto (Chellini, 1996; Nesti, 2003) che sono state adottate dal RENAM. Nel presente rapporto sono presentati i dati raccolti dal 1988 al 2006. Nel leggere le descrizioni e tabelle che seguiranno il lettore deve avere presente che la casistica degli ultimi due anni (2005 e 2006) è incompleta: sono infatti ancora in corso le verifiche di completezza della casistica di questi due anni (verifiche sulle schede di dimissione ospedaliera), come pure è ancora in corso per taluni casi la raccolta delle informazioni sulla storia di possibile pregressa esposizione ad amianto. Si è comunque ritenuto opportuno inserire la casistica 2005-2006 per il livello di informatività della stessa e per alcune considerazioni che consente di effettuare indipendentemente dalla sua completezza. Occorre tenere presente inoltre che la casistica degli anni precedenti considerata “consolidata” e quindi completa, in realtà è suscettibile di essere ulteriormente valorizzata dall’acquisizione di ulteriori informazioni. Alcune variazioni sono evidenziabili infatti rispetto a quanto descritto nei rapporti stilati in precedenza relativamente alla casistica degli anni passati. Sono presentate elaborazioni che permettono di valutare i flussi e le procedure (la coerenza tra le fonti, tempestività nella rilevazione e nell’effettuazione delle interviste), l’andamento della patologia nel tempo, le differenze geografiche, le differenze tra comparti lavorativi. Come dato generale vogliamo sottolineare che si è osservata una crescita di casi nel periodo 1998-2004 rispetto al precedente 1988-1997. L’anno di picco nel nostro archivio è stato il 2001 e, contrariamente alle stime effettuate per l’Italia (Marinaccio, 2005), come peraltro anche in alti paesi (Peto, 1999; La Vecchia, 2000), non si registra, da quella data un ulteriore incremento di casi; si assiste invece ad un appiattimento della curva di crescita, ma non ancora ad un’inversione di tendenza. Ci auguriamo che tale appiattimento prefiguri un calo di crescita nei prossimi anni, più precoce di quanto stimato; ci auguriamo anche di poter verificare che questo rappresenti il frutto dell’attività di prevenzione sviluppatasi già a partire dalla metà degli anni ’70. Le analisi per settore lavorativo offrono spunti in tal senso segnalando una riduzione di casi proprio in quelle aree e in quei settori ove più precoce è stata la cessazione di uso dell’amianto. La nostra casistica confluisce in quella del RENAM che allo stato attuale ha registrato più di 5.000 casi diagnosticati in varie regioni italiane, come sottolineato da Alessandro Marinaccio, responsabile del RENAM, nel contributo da lui presentato nella seconda parte di questo volume. Ciò consente la possibilità di un’analisi più precisa di questi fenomeni, perché basata su numeri maggiori. A questo proposito si ricorda che negli ultimi anni sono stati pubblicati su riviste internazionali vari lavori di approfondimento su questa ampia casistica italiana, ed in particolare: sulla sopravvivenza (Marinaccio, 2003), sulla stima degli andamenti temporali previsti nei prossimi anni (Marinaccio, 2005) e sulla latenza (Marinaccio, 2007). Altri approfondimenti, peraltro oggetto di riflessione anche all’interno del COR toscano come testimoniano le varie pubblicazioni e presentazioni a convegni sui dati toscani di cui all’Appendice 1, sono tuttora in corso, come quello ad esempio sui casi a sede extrapleurica e quello sui casi ignoti, di cui alcuni primi risultati sulla casistica toscana sono presentati nel capitolo 4. Ci preme anche segnalare una casistica di casi definiti “ambientali” e “familiari”, di casi cioè insorti in persone che risiedevano in aree ove erano ubicate aziende che avevano utilizzato amianto o conviventi con persone che lavoravano in presenza di amianto e che venivano indirettamente esposti alle fibre portate a casa sui capelli e su gli indumenti di lavoro. Questa casistica, seppur non molto ampia, fornisce elementi utili per una maggiore comprensione del rischio amianto. Come nel precedente rapporto vogliamo ribadire che la presentazione di numeri, tabelle e grafici, non deve fare perdere la percezione del dramma umano che ogni singolo caso rappresenta. Il fatto che si tratti di una patologia “prevenibile”, cioè spesso determinata dal non avere messo in atto le misure necessarie per proteggere i lavoratori, rende questi dati ancora più drammatici. -2LA RETE INFORMATIVA E LA QUALITA’ DEI DATI DEL COR TOSCANO DEI MESOTELIOMI MALIGNI Le attuali procedure seguite dal COR mesoteliomi della Toscana per l’identificazione, la raccolta, definizione, classificazione e codifica dei casi e delle loro storie di esposizione, sono definite dalle Linee Guida nazionali del Registro Nazionale dei Mesoteliomi Maligni (RENAM), aggiornate nel 2003 (http://www.ispesl.it/ispesl/sitorenam/lineeguida.htm), alla cui stesura ha contribuito anche il COR toscano facente parte del RENAM stesso. Nel corso degli anni, sono stati effettuati studi di approfondimento di alcuni aspetti della casistica raccolta, in collaborazione con i COR mesoteliomi di altre regioni italiane nell’ambito dell’attività del RENAM. Questi approfondimenti hanno affrontato alcuni problemi emersi nell’ambito dell’attività di sorveglianza epidemiologica in continuo dei COR mesoteliomi e hanno indotto alcuni aggiustamenti nelle modalità di lavoro al fine di aumentare la qualità dei dati raccolti. 2.1 La rilevazione dei casi di mesotelioma La rilevazione dei casi di mesotelioma maligno (MM) viene effettuata dal COR regionale presso quelle strutture sanitarie, presenti in Toscana, che diagnosticano e trattano casi di mesotelioma. La rete dei servizi segnalatori dei casi di mesotelioma è attiva da quasi 20 anni e rileva circa 50 casi ogni anno tra i residenti nella regione, oltre a circa 10 casi tra non residenti che vengono diagnosticati o trattati presso queste stesse strutture sanitarie regionali. In particolare, le principali fonti informative sono rappresentate dai presidi ospedalieri anche universitari, ed in particolare dai servizi e istituti di Anatomia Patologica, dai reparti di Chirurgia Toracica, Pneumologia, Chirurgia Generale, Oncologia, Radiodiagnostica e Radioterapia ospedalieri e universitari. Le segnalazioni giungono in genere dai medici di queste strutture utilizzando una specifica scheda (Appendice 2). Altre fonti informative sono rappresentate dai servizi di Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (PISLL) delle ASL, dal Registro Tumori Toscano, dal Registro di Mortalità Regionale toscano, dall’archivio delle Schede di Dimissione Ospedaliera e dall’INAIL. I casi segnalati e ritenuti casi certi o sospetti di mesoteliomi maligno, secondo i criteri diagnostici previsti dalle Linee Guida nazionali, vengono iscritti nella rubrica del registro secondo una numerazione progressiva che conferisce al caso un identificativo numerico (ID). Se il caso rispetta i criteri diagnostici ma è residente in altra regione, viene catalogato come “fuori regione” (FR), e segnalato al COR di competenza. Per ogni caso viene raccolta tutta la documentazione clinica disponibile e viene attribuito il miglior livello raggiunto di definizione diagnostica. La qualità della diagnosi di MM pleurico dipende essenzialmente dagli esami effettuati, come evidenziabile dalla tabella 2.1 che riporta lo schema utilizzato per la classificazione diagnostica. La diagnosi di mesotelioma è considerata “certa” se vi è o un esame istologico di materiale proveniente da biopsia pleurica o pezzo operatorio o da riscontro autoptico, oppure un esame su materiale citologico incluso in paraffina, entrambi accompagnati o meno da esami immunoistochimici. Di minor livello di certezza è la diagnosi di mesotelioma, definita in questo caso “probabile”, effettuata tramite esame citologico del sedimento di versamento pleurico oppure tramite accertamenti strumentali, di solito rappresentati da tomografia assiale computerizzata (TAC) o da esami radiografici. Ancora più incerta (mesotelioma “possibile”) risulta infine la diagnosi qualora siano presenti solo dati indicativi, non certi, da cartella clinica o da esami strumentali o dati desunti dal solo certificato di decesso (DCO). 2.2 La rilevazione dell’anamnesi professionale e l’attribuzione dell’esposizione ad amianto La rilevazione dell’anamnesi professionale, delle abitudini di vita e della storia residenziale di ciascun caso viene effettuata tramite l’intervista al soggetto (intervista diretta) oppure, verificata la indisponibilità, ad una persona a lui vicina (intervista indiretta) in grado di fornire informazioni sulla storia lavorativa e di vita con un questionario standard (Appendice 3) per l’uso del quale l’intervistatore è stato addestrato. Il COR si avvale, per l’acquisizione dei dati relativi all’esposizione professionale e residenziale dei casi identificati, della collaborazione, oltre che di personale proprio (assistenti sanitarie con una formazione specifica alla raccolta delle informazioni di interesse), anche del personale dei Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende Sanitarie toscane, ed in particolare delle Unità Funzionali di PISLL. La classificazione della probabilità di esposizione ad amianto viene effettuata da uno degli autori del presente rapporto (S.S.), igienista industriale esperto, sulla base delle informazioni raccolte sull’attività lavorativa, sulla storia personale e le eventuali condizioni ambientali di vita del soggetto, secondo un sistema di codifica concordato a livello nazionale e riportato sulle Linee guida RENAM del 2003 (Appendice 4). 2.3 L’archivio dei casi Tutta la documentazione raccolta sui casi di mesotelioma maligno viene mantenuta in due archivi: un archivio cartaceo ed uno informatizzato. L’archivio cartaceo contiene i dossier relativi a ciascun soggetto, individuabile dal proprio ID attribuitogli al momento della rilevazione. I dossier contengono copia della documentazione relativa sia alla patologia sia alla storia di esposizione. L’archivio informatizzato è suddiviso in più archivi in modo da mantenere il dato nominativo separato dal resto delle informazioni raccolte sulla storia della malattia e sulla storia di esposizione, come previsto dall’art.6 del DPCM 308/2002. L’accesso alle funzioni del sistema di archiviazione, sia cartaceo che informatizzato, è consentito solo al personale del COR espressamente abilitato a farlo. Ogni anno, alcuni dati archiviati vengono inviati, seguendo modalità standard di salvaguardia della privacy, al RENAM implementato presso l’ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione nei Luoghi di Lavoro), e vengono elaborati congiuntamente con quelli Tabella 2.1 - Criteri di classificazione dei casi*. 1. Mesotelioma maligno CERTO TIPO DIAGNOSI Materiale istologico incluso in paraffina 1.1 QMC Sì 1.2 QMC Sì 2. Mesotelioma maligno PROBABILE 1.3 QMC Sì 2.1 QMD Sì Materiale citologico incluso in paraffina QMC (Sì in mancanza del precedente) QMC (Sì in mancanza del precedente) - QMD (Sì in mancanza del precedente) Materiale citologico non incluso in paraffina - - - - Immunoistochimica con quadro immunofenotipico Diagnosi per immagine Diagnosi clinica o SDO Diagnosi autoptica Certificato di decesso C C Sì Sì C (Sì in mancanza della precedente) C (Sì in mancanza della precedente) - C Sì C (Sì in mancanza della precedente) C (Sì in mancanza della precedente) - QMC: Quadro Morfologico Caratteristico * Fonte: Linee guida RENAM, 2003 - - C 3.1 3.2 - - - QMD - - - - QMD - - - - - - - Non effettuata o esito dubbio - - - - - - Indicativa (Sì in mancanza della precedente) - - Solo SDO - - - - - - - Con dizione di mesotelioma Sì - - Solo codice ICD IX Sì - Sì C (Sì in mancanza della precedente) C (Sì in mancanza della precedente) - 2.2 QMC - 4. Mesotelioma maligno SOSPETTO o DA DEFINIRE 4.1 4.2 4.3 3. Mesotelioma maligno POSSIBILE C - Sì C (Sì in mancanza della precedente) C (Sì in mancanza della precedente) - QMD: Quadro Morfologico Dubbio Indicativa Sì C: Certa Sì: Necessario - che arrivano dai COR delle altre regioni italiane, al fine di produrre statistiche a livello nazionale. 2.4 La qualità dei dati La qualità dei dati raccolti viene monitorata effettuando annualmente controlli sulla completezza della casistica raccolta e controlli sull’accuratezza della modalità di identificazione dei casi e sulle informazioni necessarie per l’identificazione dell’eventuale pregressa esposizione ad amianto. I controlli sulla completezza della casistica La segnalazione di un caso di mesotelioma arriva in genere al COR da più fonti; viene registrata nell’archivio informatizzato come la “fonte di segnalazione”, che ha segnalato per prima il caso. In tabella 2.2 sono presentati i casi identificati per fonte di segnalazione e per periodo (1988-1993; 1994-1997; 1998-2000; 2001-2004; 2005-2006). La principale fonte considerando il periodo complessivo è rappresentata dai servizi di Anatomia Patologica (38,2%), seguiti dalle UF di PISLL (16,3%) e dai reparti ospedalieri di ricovero dei soggetti affetti da mesotelioma maligno pleurico, essenzialmente i reparti di Chirurgia Toracica (11,3%), ed altri reparti quali quelli di Pneumologia, Oncologia e Medicina Generale (15,4%) complessivamente. Nel corso degli anni si è assistito ad un incremento delle segnalazioni da parte delle strutture ospedaliere: dal 17,6% nel primo periodo al 32% (15,4% dai reparti di Chirurgia Toracica ed il resto da altri reparti) nell’ultimo periodo di casistica consolidata (2001- 2004), riducendosi così nel contempo la quota di casi segnalati dai servizi PISLL delle ASL. Con l’attivazione di COR mesoteliomi in altre regioni italiane si sono anche aggiunte queste fonti per i casi di residenti in Toscana diagnosticati in strutture ospedaliere di altre regioni. I casi così segnalati si attestano su circa 2 all’anno. Al fine di effettuare controlli sulla completezza della casistica raccolta vengono utilizzate fonti correnti di dati sanitari, quali l’archivio delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) relativo ai ricoveri in strutture ospedaliere toscane, il Registro Tumori della Regione Toscana (RTRT) ed il Registro di Mortalità Regionale (RMR) toscano. L’archivio delle SDO viene utilizzato a partire dai casi incidenti nel 1997. In particolare ogni anno vengono selezionati tutti i ricoveri ospedalieri avvenuti in Toscana che presentano i seguenti codici ICD-IX di dimissione ospedaliera, sia come diagnosi principale sia come diagnosi secondaria: - 163: tumore della pleura - 158.8: tumore del peritoneo - 158.9: tumore del peritoneo non specificato - 164.1: tumore del cuore - 187.8: tumore della tunica vaginale. Per i casi per i quali viene identificato un primo ricovero per mesotelioma viene richiesta copia della cartella clinica. Riguardo alla casistica consolidata, 1998-2004, sono risultati ben 63 i casi identificati dall’archivio SDO e non segnalati in precedenza da alcuna struttura ospedaliera. Da notare che le SDO vengono anche utilizzate al fine di definire meglio la Tabella 2.2 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi a sede pleurica per periodo (1988-1993; 1994-1997; 19982000; 2001-2004; 2005-2006) e fonte di prima segnalazione. Fonte di prima segnalazione 1988-1999 1994-1997 1998-2000 2001-2004 Serv. di Anatomia Patologica U.O. di Chirurgia Toracica Altre U.O. ospedaliere PISLL SDO** RTT RMR COR di altre regioni Altro Totale n. 95 -30 28 -3 12 -2 170 n. 70 -22 43 -13 1 5 3 157 n. 42 55 22 27 31 6 -7 2 192 n. 90 39 42 31 32 7 -8 4 253 * % 55,9 -17,6 16,5 -1,8 7,0 -1,2 100,0 % 44,6 -14,0 27,4 -8,3 0,6 3,2 1,9 100,0 casistica ancora in fase di completamento ** recupero dei casi da questa fonte attivato dalla casistica diagnosticata nel 1997 % 21,9 28,6 11,5 14,1 16,1 3,1 -3,6 1,1 100,0 % 35,6 15,4 16,6 12,3 12,6 2,7 -3,2 1,6 100,0 2005-2006* n. 42 6 21 16 2 -1 5 23 116 % 36,2 5,2 18,1 13,8 1,7 -0,9 4,3 19,8 100,0 totale 1988-2006 n. % 339 38,2 100 11,3 137 15,4 145 16,3 65 7,3 26 2,9 14 1,6 25 2,8 37 4,2 888 100,0 diagnosi dei casi segnalati da altre fonti, come descritto in precedenza nella tabella 2.1. Il RTRT, che raccoglie i casi di tumore diagnosticati tra i residenti delle province di Firenze e Prato dal 1985, e che dal 2004 raccoglie la casistica relativa a tutta la popolazione toscana, ha permesso l’identificazione di 26 casi, più della metà dei quali precedenti al 1998, quando l’acquisizione dei casi da parte del registro mesoteliomi avveniva in maniera attiva solo in alcune delle possibili fonti di casi. Per quanto concerne il RMR, che raccoglie i certificati di morte ISTAT di tutti i residenti in Toscana dal 1987, solo occasionalmente risulta essere la prima e unica fonte di segnalazione dei casi. Qualora un caso venga identificato per la prima volta dal certificato di decesso si procede al recupero di possibili ricoveri al fine di migliorarne la classificazione diagnostica nel COR; solo quando non si recuperino ulteriori informazioni sulla storia della malattia, il caso viene mantenuto come tale in archivio ma a condizione che sul certificato di decesso il medico certificatore abbia menzionato esplicitamente il “mesotelioma maligno” quale causa di morte. I casi così identificati vengono definiti DCO (Death Certificate Only), cioè definiti sulla base del solo certificato di decesso. Dal 1988 al 2004, 11 casi sono stati registrati come DCO. La messa a regime dei flussi stabiliti tra il COR e le più importanti fonti di segnalazione, ha determinato oltre all’incremento delle segnalazioni da parte di queste strutture anche una riduzione notevole del tempo medio intercorrente tra la data della diagnosi e la data di segnalazione dei casi al COR (tabella 2.3), rendendo così possibile l’effettuazione di un numero maggiore di interviste direttamente ai pazienti. La fonte di segnalazione più tempestiva nella segnalazione risulta rappresentata dai reparti ospedalieri e universitari di diagnosi e cura. Nell’ultimo periodo con dati consolidati (2001-2004) i tempi medi intercorrenti dalla diagnosi alla segnalazione al COR risultano infatti pari a 1-2 mesi dai reparti di diagnosi e cura, 2-3 mesi dai servizi e istituti di Anatomia Patologica, poco più di 5 mesi dai PISLL e 4 mesi da COR mesoteliomi di altre regioni. Considerando che la sopravvivenza mediana della casistica toscana 1988-2000 è risultata pari a 8 mesi (Gorini, 2005), risulta possibile intervistare il paziente solo quando i casi vengono segnalati o recuperati da queste fonti. Negli altri casi (pari a circa il 20% della casistica) il recupero avviene a distanza media di 2-3 anni con una conseguente minore qualità della ricostruzione della storia di esposizione che avviene, qualora possibile, mediante intervista di familiari e/o compagni di lavoro (“proxy”). Un ulteriore indicatore di qualità del flusso informativo è rappresentato dal rapporto mortalità/incidenza che è stato calcolato solo per i casi a sede pleurica. Teoricamente, data la breve sopravvivenza di questi casi il rapporto mortalità/incidenza (mortalità desunta dal RMR e incidenza dal flusso informativo del COR) dovrebbe tendere all’unità. La tabella 2.4 indica che l’attuale flusso della casistica pleurica è di buona qualità dato che tale rapporto si è effettivamente spostato negli anni verso l’unità per entrambi i sessi. Negli ultimi anni, 2001-2004, per entrambi i generi si osservano inoltre tassi età specifici che non si riducono considerevolmente nei soggetti di età >75 anni come invece si evidenziava negli anni precedenti. Questo andamento dei tassi età specifici delle età più avanzate sta ad indicare che negli ultimi anni si è attuata una migliore procedura di raccolta dei casi, in quanto non si vengono a perdere quelli con basso livello di definizione diagnostica che in grande maggioranza riguardano proprio soggetti anziani. Tabella 2.3 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Tempo medio (in mesi) dalla data della diagnosi alla data della segnalazione al COR toscano dei casi a sede pleurica per periodo e fonte di prima segnalazione. Fonte di 1° segnalazione Serv.di Anatomia Patologica U.O. di Chirurgia Toracica Altre U.O. ospedaliere Servizi PISLL SDO** RTT RMR COR di altre regioni Altro * 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 2005-2006* 27,2 36,1 60,3 60,1 29,8 56,2 13,2 6,9 14,6 43,8 30,6 33,2 37,6 3,6 1,8 3,1 8,3 20,6 13,4 5,4 25,2 2,4 1,5 1,4 5,2 20,6 35,8 4,1 19,0 3,6 0,3 1,7 2,9 15,6 5,1 4,5 casistica ancora in fase di completamento ** recupero dei casi da questa fonte attivato dalla casistica diagnosticata nel 1997 Tabella 2.4 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2004. Tassi (per 100.000) di incidenza e mortalità standardizzati (TS) sulla popolazione europea e rapporto mortalità/incidenza (M/I) per tumore pleurico in Toscana per sesso e periodo. Periodo 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 Maschi TS TS mortalità incidenza (M) (I) 1,54 0,99 1,54 1,41 2,16 2,26 2,05 1,94 M/I 1,6 1,1 1,0 1,1 Femmine TS TS mortalità incidenza (M) (I) 0,46 0,23 0,57 0,25 0,43 0,32 0,50 0,45 M/I 2,0 2,3 1,3 1,1 La qualità delle interviste La ricostruzione tramite intervista delle eventuali pregresse esposizioni ad amianto dei casi di mesoteliomi maligno ha diverse finalità: favorire il riconoscimento della causa professionale della malattia, valutare gli effetti complessivi dell’impatto sanitario che l’uso di questo minerale ha provocato, identificare eventuali fonti di inquinamento tuttora presenti, contribuire alla ricerca su questa patologia. La valutazione di qualità delle interviste (in termini di contenuti, tempi e modi) è pertanto importante per comprendere l’utilizzabilità delle informazioni di interesse. Alcuni indicatori di qualità, quali la distribuzione dei casi per soggetto intervistato o per tipo di intervista, sono stati calcolati a partire dall’intera casistica (1988-2006) per la quale sono disponibili informazioni sulle esposizioni ad amianto, per altri indicatori è stata considerata solo la casistica consolidata fino al 2004, quali ad esempio il tempo medio intercorrente tra la diagnosi e la segnalazione dei casi. Tra le 858 interviste disponibili, relative ai casi diagnosticati dal 1988 e il 2006 e sinora segnalati, quelle effettuate direttamente al paziente sono 422 (49,2%) mentre le altre 436 interviste (50,8%) sono state effettuate a parenti o colleghi di lavoro (proxy) per intervenuto decesso del caso o a seguito di una richiesta della famiglia di non coinvolgere il paziente. L’intervista al paziente nella maggior parte dei casi è condotta «faccia a faccia», mentre quella a parenti è condotta per telefono per oltre il 50% circa dei casi (tabella 2.5). Tabella 2.5 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi intervistati per soggetto intervistato (Caso: intervista diretta al caso; Proxy: intervista ai parenti o colleghi di lavoro) e per tipo di intervista (diretta, telefonica, altro). Tipo di intervista Diretta Telefonica Altro Totale Caso n. 373 42 7 422 % 88,4 9,9 1,7 100,0 Soggetto intervistato Proxy n. % 128 29,3 245 56,2 63 14,5 436 100,0 Totale n. % 501 58,4 287 33,5 70 8,1 858 100,0 L’intervista non viene mai comunque effettuata al paziente quando questo si trovi nello stadio terminale della malattia. La proporzione di interviste dirette a pazienti affetti da mesotelioma è un indicatore della qualità della intervista; infatti il paziente può fornire informazioni più precise sulla propria storia lavorativa e su altre occasioni di esposizione ad amianto rispetto al proxy. La figura 2.1 mostra la distribuzione delle interviste dirette e proxy nel corso degli anni. Da notare che la percentuale di interviste dirette risulta più elevata nel 2005-2006 poiché si riferisce a casistica in fase di completamento ed è altamente probabile che si ridurrà una volta effettuati gli usuali controlli sulle fonti correnti di dati sanitari (SDO, RTT e RMR). La tabella 2.6 mostra la distribuzione per periodo delle interviste in base alla loro completezza: l’84,7% delle interviste effettuate sono complete, cioè il questionario è stato riempito in tutte le sue parti; da notare che la proporzione di interviste complete passa dal 59,5% nel periodo 1988-1993 al 96,1% per gli anni 2001-2004, segno evidente di una migliorata capacità di raccolta informazioni nel tempo. Il tipo di soggetto intervistato ha comunque influenza sulla completezza dell’intervista come si osserva nella tabella 2.7, oltre che sulla definizione dell’esposizione ad amianto come successivamente descritto nel capitolo 4. Anche il modo con cui l’intervista viene effettuata influisce sulla sua completezza. L’intervista diretta resta sempre la più efficace in termini di raccolta di informazioni. Nella tabella 2.8 si può notare che l’intervista telefonica comporta un calo di ben 13 punti percentuali sulla completezza. Frequenza % Figura 2.1 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Proporzione di interviste dirette/proxy per periodo. . 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 41 57 59 27 67 80 73 Proxy Dirette 33 20 19881993 43 19941997 19982000 20012004 20052006* Periodi di calendario * casistica ancora in fase di completamento Tabella 2.6 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2004. Distribuzione dei casi per completezza dell’intervista e periodo di calendario. Completezza dell’intervista Periodo 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-2004 Si n. 88 111 169 244 612 Totale No % 59,5 75,0 90,9 96,1 83,2 n. 60 37 17 10 124 % 40,5 25,0 9,1 3,9 16,8 n. 148 148 186 254 736 % 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Tabella 2.7 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi per completezza dell’intervista e soggetto intervistato (Caso: intervista diretta al caso; Proxy: intervista ai parenti o colleghi di lavoro). Completezza Si No Totale n. 401 21 422 Soggetto intervistato Caso Proxy % n. % 95,0 326 74,8 5,0 110 25,2 100,0 436 100,0 Totale n. % 727 84,7 131 15,3 858 100,0 Tabella 2.8 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi per completezza dell’intervista e modalità di intervista. Completezza Si No Totale Modalità di intervista Diretta Telefonica Altro* n. % n. % n. % 478 95,4 238 82,3 11 15,7 23 4,6 49 17,7 59 84,3 501 100,0 287 100,0 70 100,0 Totale n. % 727 84,7 131 15,3 858 100,0 *(notizie recuperate da altra documentazione cartacea, es. dall’INAIL) Data la breve sopravvivenza di casi di mesoteliomi maligno, l’intervista diretta del caso è possibile solo se la segnalazione dalla struttura di diagnosi al COR avviene in tempi brevi (entro 4-5 mesi dalla diagnosi). Il tempo in mesi intercorrente tra la diagnosi e la segnalazione al COR rappresenta quindi non solo un importante indicatore di qualità del flusso informativo ma di tutto il lavoro svolto dal COR sul singolo caso che si conclude con la definizione dell’esposizione. Dalla tabella 2.9 si evidenzia che il tempo medio tra la diagnosi e la segnalazione si è ridotto sensibilmente. I casi extrapleurici, per le modalità di raccolta della casistica, presentano mediamente tempi più lunghi di individuazione (anche nel periodo 2001-2004 è pari a 9 mesi per i casi extrapleurici e a 5,6 mesi per i casi pleurici). Permangono quindi criticità nel sistema di segnalazione che non hanno alcuna giustificazione di tipo tecnico; sono imputabili ad una scarsa attenzione al problema da parte delle strutture di diagnosi e alla mancanza di sensibilità verso la registrazione di una patologia che in tre casi su quattro risulta essere di origine professionale. In qualche caso si tratta di vera e propria omissione di referto, omissione perseguibile per legge (Art 334/CPP). Esaminando i soli casi pleurici per i quali il flusso è assestato, si segnala una differenza di comportamento nelle diverse ASL, si evidenziano tempi medi di segnalazione superiori ai 5 mesi ancora nel 2001-2004: la ASL 4 con 10,6 mesi, la ASL 9 con 9,4 mesi, la ASL 11 con 9,1 mesi, la ASL 6 con 8,6 mesi, la ASL 7 con 7,9 mesi, e quindi per ultima la ASL 5 con 5,7 mesi. Negli anni, come conseguenza della riduzione del tempo medio intercorrente tra la data di diagnosi e quella di segnalazione, si è ridotto anche il tempo intercorrente tra la data della diagnosi e la data dell’intervista (tabella 2.10), e questo indipendentemente dal fatto che l’intervista venga effettuata al caso o ai parenti, da personale del CSPO o dei PISLL. Il tempo medio tra la data della diagnosi e l’intervista risulta più lungo se l’intervista è effettuata ai parenti; questo è dovuto al fatto che per prassi vengono attesi almeno 6 mesi per il primo contatto con i parenti dal momento del decesso del paziente. Da notare i tempi particolarmente brevi registrati per la casistica 2005-2006, ancora in fase di completamento: tali tempi è presumibile si attesteranno su quelli del 2001-2004 una volta conclusa la fase di recupero dei casi dalle fonti correnti di dati sanitari. Tabella 2.9 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2004. Tempo medio (in mesi) tra la diagnosi e la segnalazione al COR dei casi, per sede anatomica, periodo e ASL. ASL 1 Massa C. 2 Lucca 3 Pistoia 4 Prato 5 Pisa 6 Livorno 7 Siena 8 Arezzo 9 Grosseto 10 Firenze 11 Empoli 12 Versilia Toscana 19881993 61,7 24,7 26,7 24,8 68,5 38,6 32,8 1,5 7,5 5,0 16,5 73,7 36,0 Casi pleurici 199419981997 2000 19,3 4,7 16,9 18,1 6,1 7,2 22,1 7,5 29,4 11,7 13,8 6,0 8,2 6,2 12,7 7,9 4,4 13,0 16,0 4,9 4,0 4,7 25,4 5,2 15,7 7,1 20012004 2,8 2,2 1,4 10,6 5,7 8,6 7,9 3,3 9,4 4,9 9,1 3,6 5,6 19881993 131,6 87,0 38,0 54,7 55,8 62,3 Casi non pleurici 199419981997 2000 9,6 59,5 14,5 48,0 8,3 13,6 6,0 16,1 3,3 2,8 29,2 6,9 20012004 46,3 13,2 24,5 4,8 4,1 1,7 9,8 9,0 19881993 61,7 46,1 36,7 24,8 68,5 38,5 32,8 1,5 7,5 19,6 34,4 73,7 39,2 Tutti i casi 199419981997 2000 19,3 4,7 16,9 18,1 6,1 7,2 22,1 7,6 33,1 12,0 15,6 6,0 8,2 6,2 12,8 7,9 4,4 11,8 16,0 4,7 3,8 4,7 25,4 5,2 16,3 7,1 20012004 4,6 2,2 2,4 10,6 7,6 8,2 7,4 3,0 8,2 5,1 9,1 3,6 5,9 Se l’intervista è effettuata da personale del CSPO, una volta definita l’esposizione, la documentazione relativa al caso viene inviata al Servizio PISLL di competenza. Il tempo medio dalla data dell’intervista alla data di invio della documentazione è risultato pari a circa 2-3 mesi nel periodo 1994-1997, a 1-2 mesi nel periodo 1998-2000 e si mantiene tale nel 2001-2004. Tabella 2.10 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Tempo medio (in mesi) tra la data di diagnosi e quella dell’intervista per soggetto intervistato (Diretta: intervista diretta al caso; Proxy: intervista ai parenti o colleghi di lavoro), intervistatore (CSPO: personale del CSPO; PISLL: personale delle UF di PISLL) e periodo. Periodo 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 2005-2006* Intervistatore CSPO PISLL Diretta Proxy Diretta Proxy 14,4 53,9 14,1 40,9 11,6 33,7 5,1 15,0 4,1 18,6 3,7 17,9 4,2 14,4 3,1 18,1 3,5 8,1 3,0 4,7 *casistica ancora in fase di completamento La qualità dell’attribuzione dell’esposizione La qualità delle informazioni raccolte durante l’intervista risulta di fondamentale importanza per l’attribuzione dell’esposizione. È interessante notare quanto presentato nella tabella 2.11, che riporta le differenze di classe di esposizione a seconda che le informazioni provengano dal paziente stesso (caso) o da una persona vicina (proxy). L’esposizione professionale certa viene più frequentemente attribuita in caso di intervista diretta (56,4%) rispetto ad intervista effettuata a proxy (35,8%). Diversamente l’attribuzione della esposizione professionale “possibile” viene data nel 21,1% dei casi in cui l’intervista è stata fatta a persone vicine (proxy) e solo nel 13,3% dei casi in cui l’intervista è stata fatta direttamente al soggetto (caso), e così pure nel caso di esposizione ignota (intervista diretta: 19%; intervista a proxy: 25%). Infatti il proxy in genere è in grado di indicare l’attività lavorativa e la ditta, ma non è a conoscenza dei materiali che venivano impiegati, condizione che si verifica frequentemente, ad esempio, per gli addetti al comparto edilizia. Il miglioramento del sistema informativo, caratterizzato da un più rapido contatto con il caso ed un conseguente incremento del numero di interviste dirette, ha determinato un aumento dei casi pleurici classificati con esposizione certa ed una sensibile e parallela diminuzione dei casi con classificazione probabile e possibile (figura 2.2). Rimangono pressochè stabili i casi con esposizione ignota, anche se si nota una flessione per quelli identificati nel 1998-2000 a seguito di uno studio specifico descritto più avanti nel capitolo 4 (paragrafo 4.4). Tabella 2.11 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi per classe di esposizione ad amianto e soggetto intervistato (Diretta: caso; Proxy: parente, convivente, collega di lavoro). Esposizione Prof. Certa Prof. Probabile Prof. Possibile Familiare Ambientale Extra prof. Improbabile Ignota Totale Diretta n. % 238 56,4 34 8,1 56 13,3 6 1,4 1 0,2 3 0,7 4 0,9 80 19,0 422 100,0 Intervista Proxy n. % 156 35,8 58 13,3 92 21,1 12 2,8 3 0,7 4 0,9 2 0,5 109 25,0 436 100,0 Totale n. % 394 45,9 92 10,7 148 17,2 18 2,1 4 0,5 7 0,8 6 0,7 189 22,0 858 100,0 Figura 2.2 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2004. Percentuale (%) dei casi a sede pleurica intervistati per tipo di esposizione attribuita (professionale “certa”; professionale “probabile”; professionale “possibile”; “ignota”) e per periodo (solo casistica consolidata). 60 50 % 40 certa probabile 30 possibile ignota 20 10 0 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 -3I CASI DEL PERIODO 1988-2006 Al giugno 2007 risultano registrati dal COR mesoteliomi della Toscana 1.042 casi di mesotelioma maligno (MM) diagnosticati con vario livello di certezza diagnostica nel periodo 1988-2006, di cui 954 in residenti in Toscana e 88 relativi a soggetti residenti in altre regioni italiane. Di seguito saranno descritti solo i casi relativi a soggetti residenti in Toscana. Le due tabelle che seguono mostrano la distribuzione dei 954 casi registrati tra i residenti in Toscana e diagnosticati nel periodo 1988-2006. La tabella 3.1 mostra la casistica per sede anatomica. La maggior parte (888 casi) è a sede pleurica e pertanto questi casi verranno descritti separatamente e più estesamente rispetto ai casi a sede extra-pleurica. La tabella 3.2 mostra la casistica per sesso e area geografica di residenza al momento della diagnosi: oltre la metà dei casi (494 casi pari al 51,8%) risulta residente nelle province del Nord Ovest della Toscana ed una metà di questi nella provincia di Livorno. Tabella 3.1 – COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi per sede topografica del tumore. Sede del mesotelioma Pleura Peritoneo* Pericardio^ Tunica vaginale del testicolo Totale n. 888 60 4 2 954 % 93,1 6,3 0,4 0,2 100,0 * un caso fra quelli inseriti a sede peritoneale in realtà è un doppio mesotelioma: peritoneale e pericardio ^ tra i casi del pericardio non è qui conteggiato quello a sede anche peritoneale 3.1 Mesoteliomi a sede pleurica 1988-2006 I casi a sede pleurica diagnosticati nel periodo 1988-2006 sono stati complessivamente 888. La casistica annuale è all’incirca raddoppiata dai primi anni di registrazione agli ultimi: da circa 30 casi all’anno nel primo periodo (1988-1993) a poco più di 60 nell’ultimo con casistica consolidata (2001-2004). Come evidenziabile nella tabella 3.3 la gran parte dei casi (69%) ha una diagnosi di tipo istologico. Questo tipo di diagnosi è in aumento in tutto il periodo di osservazione: dal 65,3% nel primo periodo 1988-93 all’85,4% nel periodo 20012004. La percentuale ancora maggiore (88,8%) di casi istologici nel biennio 2005-2006 potrà non essere quella finale una volta completato il recupero e la registrazione dei casi di questi Tabella 3.2 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi per sesso e provincia di residenza al momento della diagnosi. Provincia residenza Massa Lucca Pistoia Prato Pisa Livorno Siena Arezzo Grosseto Firenze n.n. Totale Casi totali N. %* 101 10,6 86 9,0 81 8,5 67 7,0 74 7,8 233 24,4 36 3,8 68 7,1 27 2,8 179 18,8 2 0,2 954 100,0 Maschi N. %^ 93 92,1 69 80,2 63 77,8 50 74,6 54 73,0 197 84,5 26 72,2 58 85,3 20 74,1 122 68,2 1 50,0 753,0 78,9 Femmine N. %^ 8 7,9 17 19,8 18 22,2 17 25,4 20 27,0 36 15,5 10 27,8 10 14,7 7 25,9 57 31,8 1 50,0 201 21,1 * percentuale di colonna; ^ percentuale di riga Tabella 3.3 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi a sede pleurica per periodo e tipo di diagnosi. Tipo di diagnosi N. casi Istologia 19881993 19941997 19982000 20012004 20052006* 111 115 156 216 103 701 30 72 121 206 100 529 81 43 35 10 3 172 18 15 14 13 10 70 36 23 22 22 3 106 5 4 - 2 - 11 170 157 192 253 116 888 65,3 73,3 81,2 85,4 88,8 69,0 17,6 45,9 63,0 81,4 86,2 59,6 47,6 27,4 18,2 4,0 2,6 9,4 10,6 9,6 7,3 5,1 8,6 7,9 21,2 14,6 11,5 8,7 2,6 1,9 2,9 2,5 - 0,8 - 1,2 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 - con esami IIC - senza esami IIC Citologica Clinica DCO Totale % casi Istologia - con esami IIC - senza esami IIC Citologica Clinica DCO Totale *casistica in corso di completamento Totale 1988-2006 anni. Sono aumentate in particolare quelle diagnosi suffragate da esami immunoistochimici (IIC): nel 1988-1993 erano il 17,6% delle diagnosidi MM, nel 1994-1997 il 45,9%, nel 19982000 il 63,0%, e nel 2001-2004 l’81,4%. Le indagini IIC sono diventate infatti esami di routine per la diagnosi istologica di mesotelioma. Contemporaneamente sia le diagnosi citologiche sia quelle cliniche sono diminuite passando le prime dal 10,6% nel primo periodo al 5,1% nel 2001-2004, e le seconde dal 21,2% all’8,7%. Le procedure seguite dal COR toscano per la definizione diagnostica sono quelle riportate sulle linee guida RENAM (2003), riportate anche sinteticamente nel capitolo precedente. Da notare che la qualità della diagnosi risulta correlata con l’età del paziente al momento della diagnosi: i casi che presentano un basso livello di definizione diagnostica sono rappresentati per lo più da soggetti ultra75enni (il 41% dei casi tra i maschi ed il 58,8% tra le femmine che hanno più di 75 anni presentano un mesotelioma definito dal COR come “possibile”). Evidentemente procedure diagnostiche invasive (biopsia pleurica) o trattamenti chirurgici demolitivi (pleurectomia, con o senza decorticazione, oppure pneumonectomia extrapleurica), tramite i quali è possibile prelevare materiale per l’esame istologico, vengono attuati prevalentemente in soggetti più giovani. Da ciò consegue che una percentuale troppo elevata di casi definiti su base istologica potrebbe indicare una perdita selettiva di casi in età più avanzata. Nella tabella 3.4 sono illustrati i casi suddivisi per modalità di esame diagnostico e per area geografica di ubicazione della struttura sanitaria dove la diagnosi è stata effettuata. Il maggior numero di casi (32%) è stato diagnosticato nelle strutture ospedaliere di Pisa, seguono quelle di Firenze con poco più del 20% di casi e quindi tutte le altre strutture. Tra queste ultime sono da citare: a) l’ospedale di Siena, sede anche di una delle tre facoltà universitarie mediche della Toscana, a cui affluiscono prevalentemente i casi del Sud Est della regione; e b) l’ospedale di Livorno, ubicato in un’area ad elevata incidenza della casistica (che comunque per la gran parte gravita sulle strutture ospedaliere di Pisa, e che, se viene trattata solo a Livorno, rimane per il 50% con un basso livello di certezza diagnostica). Nella tabella 3.5 viene presentata la distribuzione dei casi per classi di età e sesso. Il 38,4% dei casi di mesotelioma pleurico ha meno di 65 anni; l’età alla diagnosi è più elevata nelle femmine (età media nelle femmine 69,7 anni; nei maschi 66,5 anni), in analogia a quanto osservato da altri registri regionali italiani dei mesoteliomi (ISPESL, 2006). Nelle classi di età <44 e >75 anni il numero dei casi tra gli uomini è circa il doppio di quello riscontrato tra le donne, nelle classi di età intermedie invece passa a valori più elevati (fino a circa 6 volte nella classe di età 55-64 anni), a fronte di una maggiore esposizione ad amianto registrata tra gli uomini per motivi occupazionali. Se si stratifica il numero dei casi per anno di diagnosi e sesso (dati non riportati in tabella)si osserva: - per i maschi una tendenza all’aumento dei casi a partire dal 1995 con un range 18-38 casi all’anno nel periodo 1988-1997, e 43-56 nel periodo 1998-2004; - per le femmine un aumento a partire dal 2000, con un range di 4-10 casi l’anno nel 19881997, e 7-22 nel periodo 1998-2004. Il rapporto maschi/femmine passa da 3,1:1 nel periodo 1988-1993, a 4,4:1 per gli anni 1994-1997, a 5,9:1 per il periodo 1998-2000, riflettendo il maggior incremento di casi Tabella 3.4 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi a sede pleurica per tipo di diagnosi (istologica, citologica, clinica o DCO) e per area geografica di diagnosi. Area geogr. sede di diagnosi Pisa Firenze Livorno Siena Massa Carrara Arezzo Prato Lucca Pistoia Versilia Grosseto Empoli Fuori Toscana n.n. Totale Tipo di diagnosi Citologica Clinica o DCO n. %^ n. %^ 16 5,5 10 3,6 20 10,1 20 10,2 18 25,0 17 23,6 1 1,6 3 8,6 1 2,8 1 2,9 1 3,0 6 18,2 2 7,7 7 35,0 1 5,0 1 20,0 1 20,0 2 40,0 3 5,7 3 5,7 53 100,0 70 7,9 117 13,2 Istologica n. %^ 260 90,9 157 79,7 37 51,4 62 98,4 31 88,6 33 97,1 26 78,8 24 92,3 12 60,0 6 100,0 4 80,0 2 40,0 47 88,6 701 78,9 Totale n. 286 197 72 63 35 34 33 26 20 6 5 5 53 53 888 ^percentuale di riga Tabella 3.5 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi a sede pleurica per sesso e classi di età, e rapporto maschi/femmine (M/F). Classi di età < 44 45-54 55-64 65-74 75-84 > 85 Totale Maschi Femmine Totale n. % n. % n. % 8 74 206 268 135 17 708 1,1 10,4 29,1 37,9 19,1 2,4 100,0 4 14 35 61 54 12 180 2,2 7,8 19,4 33,9 30,0 6,7 100,0 12 88 241 329 189 29 888 1,4 9,9 27,1 37,0 21,3 3,3 100,0 M/F 2,0 5,3 5,9 4,4 2,5 1,4 3,9 nei maschi, per poi tornare successivamente nel 2001-2004 al valore iniziale di 3,1:1. L’aumento del numero dei casi negli anni ’90 sembra dipendere da un reale aumento della frequenza di questa patologia tra gli uomini toscani e non tanto dalle variazioni nelle modalità di ricerca dei casi, attuate dal COR toscano proprio nel corso di quegli anni, dato che negli anni successivi, a sistema consolidato, tale rapporto si abbassa. Questo andamento si ritrova sia in altri paesi europei, ad esempio, in Inghilterra, il rapporto maschi/femmine passa dal 3:1 nel 1974 al 7:1 nel 1997 (HSE, 1998/99), sia in altre regioni italiane (ISPESL, 2006): dal periodo 1993-1997 a quello successivo 1998-2000 si assiste ad un incremento del 17,4% in Emilia Romagna, del 14,7% in Puglia e del 5,4% in Liguria; in Piemonte invece il rapporto M/F mostra una tendenza alla diminuzione. La tabella 3.6 mostra la distribuzione dei casi per ASL di residenza al momento del ricovero. Per l’intero periodo considerato oltre la metà dei casi risulta residente nell’Area Vasta (AV) Nord Ovest a fronte di circa il 35 % di popolazione toscana residente in quell’area. La metà di questi casi è residente nella ASL 6 Livorno, nella quale risiede il 27,5% della popolazione dell’AV Nord Ovest. Tabella 3.6 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi a sede pleurica per sesso, ASL e Area Vasta di residenza. Azienda USL Maschi Totale % n. % 92 31 47 182 37 389 13,0 4,4 6,6 25,7 5,2 54,9 8 12 17 33 5 75 4,4 6,7 9,5 18,3 2,8 41,7 100 43 64 215 42 464 11,3 4,8 7,2 24,2 4,7 52,3 ASL 3 – Pistoia ASL 4 – Prato ASL 10 – Firenze ASL 11 – Empoli 59 47 92 21 8,3 6,6 13,0 3,0 16 18 41 8 8,9 10,0 22,8 4,4 75 65 133 29 8,4 7,3 15,0 3,3 AV Centro 219 30,9 83 46,1 302 34,0 ASL 7 – Siena ASL 8 – Arezzo ASL 9 – Grosseto 25 54 21 3,5 7,6 3,0 9 8 5 5,0 4,4 2,8 34 62 26 3,8 7,0 2,9 100 14,1 22 12,2 122 13,7 708 100,0 180 100,0 888 100,0 ASL 1 - Massa e Carrara ASL 2 - Lucca ASL 5 – Pisa ASL 6 - Livorno ASL 12 - Versilia AV Nord Ovest AV Sud Est Totale n. Femmine n. % 3.2 Mesoteliomi a sede diversa da quella pleurica 1988-2006 In totale i casi a sede extrapleurica, registrati nel periodo 1988-2006, sono 66 , di cui 21 in soggetti di sesso femminile e 45 di sesso maschile (tabella 3.7). Quelli a sede peritoneale sono i più frequenti: sono 60 casi, di cui l’81,7% diagnosticati istologicamente. Sia i 4 casi a sede pericardica che i 2 a livello della vaginale del testicolo sono invece tutti stati diagnosticati istologicamente. Il flusso informativo per la raccolta di questi casi di MM è meno adeguato rispetto a quello del MM pleurico, e quindi va ipotizzato che il numero di questi casi possa essere sottostimato. Complessivamente si nota una certa stabilità della casistica per classe di età, con un rapporto maschi/femmine pari a 2,1:1. Fino al 2000 i casi extrapleurici risultano mediamente 2-3 all’anno, successivamente sono aumentati di circa 2 unità per anno. La distribuzione dei casi extrapleurici per AV non è dissimile da quella della popolazione ivi residente: il 33,3% dei casi nell’AV Nord Ovest a fronte di un 34,6% di popolazione residente, nell’AV centro il 48,5% dei casi a fronte del 42,8% di popolazione residente e nell’AV Sud Est, dove risiede il rimanente 22,6% della popolazione toscana, il rimanente 18,2% dei casi. Tabella 3.7 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi a sede extra-pleurica per sesso e classi di età, e rapporto maschi/femmine (M/F). Classi di età < 54 55-64 65-74 > 75 Totale Maschi Femmine Totale n. % n. % n. % 11 11 15 8 45 24,5 24,4 33,3 17,8 100,0 4 6 5 6 21 19,0 28,6 23,8 28,6 100,0 15 17 20 14 66 22,7 25,8 30,3 21,2 100,0 M/F 2,7 1,8 3,3 1,3 2,1 3.3 Stime di incidenza del mesotelioma pleurico Nelle tabelle 3.8 e 3.9 sono riportati i tassi di incidenza grezzi e standardizzati sulla popolazione europea, per periodo, ASL di residenza e genere in Toscana. Nei quattro periodi in cui la casistica si può considerare consolidata (1988-1993; 1994-1997; 1998-2000; 2001-2004) il tasso annuale di incidenza regionale nei maschi risulta rispettivamente pari a 0,99/100.000 (IC 95%: 0,97-1,01); 1,41/100.000 (IC 95%: 1,39-1,43); 2,26/100.000 (IC 95%: 2,22-2,29); 1,94/100.000 (IC 95%: 1,91-1,97). Nelle femmine il tasso standardizzato risulta per i quattro periodi rispettivamente pari a 0,23/100.000 (IC 95%: 0,22-0,23); 0,25/100.000 (IC 95%: 0,24-0,26); 0,32/100.000 (IC 95%: 0,30-0,33); 0,45/100.000 (IC 95%: 0,43-0,46), con un aumento progressivo tra il primo e l’ultimo tasso. A differenza di quanto presentato nel rapporto precedente del COR toscano (Archivio Regionale Toscano dei Mesoteliomi Maligni, 2002) sono stati qui considerati tutti i casi e non solo quelli istologici. Come si può infatti evidenziare dalla figura 3.1 negli ultimi anni l’incidenza negli ultra75enni non cala come si evidenziava solo prendendo in considerazione i casi istologici. Nella figura sono presentati i tassi specifici di tutti i casi definiti come certi, probabili o possibili seguendo i criteri RENAM, per sesso, classi di età e periodo. Si osserva un aumento considerevole dei tassi specifici per periodo, soprattutto nei maschi: tale aumento riguarda in particolar modo le classi di età tra 45 e 74 anni; nel periodo 1998-2000 i tassi specifici in queste classi di età all’incirca raddoppiano rispetto ai tassi del periodo precedente, mentre nel 2001-2004 nei maschi i tassi età specifici si riducono rispetto al periodo precedente, ad eccezione di quelli registrati nella classe di età 55-64 anni; nelle donne ultra65enni continuano invece ad aumentare. Da sottolineare che sia nei maschi sia nelle femmine i tassi età specifici per soggetti >75 anni non si riducono considerevolmente come evidenziato considerando solo i casi definiti istologicamente. Utilizzando infatti tutta la casistica si è in grado di valutare la qualità della procedura di raccolta dei casi, in quanto non si vengono a perdere quelli con basso livello di definizione diagnostica che in grande maggioranza riguardano soggetti anziani. Le modifiche nelle modalità di reperimento di casi del COR toscano attuate nel corso degli anni ’90 spiegano solo parte della crescita osservata, e non tutto l’aumento dei tassi osservato negli ultimi periodi. La stabilizzazione nel 2001-2004 è simile a quella osservata a livello nazionale. I tassi standardizzati di incidenza di MM pleurico con diagnosi certa, probabile o possibile, calcolati dal RENAM, che raccoglie la casistica di 12 COR mesoteliomi di varie regioni italiane mostra per gli anni dal 1998 al 2000 una tendenza all’aumento, ed una successiva flessione nel 2001 per entrambi i sessi (ISPESL, 2006). Per quanto riguarda i maschi, il trend in aumento dell’incidenza si nota in quasi tutte le Aziende, eccetto in quelle che già negli anni precedenti avevano tassi particolarmente elevati e cioè la ASL 1 Massa Carrara, la ASL 4 Prato e la ASL 6 Livorno. La ASL 1 Massa Carrara e la ASL 6 Livorno hanno presentato sempre tassi significativamente più elevati rispetto al tasso medio regionale, contendendosi il primato: fino al 1997 il tasso di occorrenza più elevato è stato appannaggio della ASL 1 e successivamente della ASL 6. Per la ASL 5 Pisa, la ASL 7 Siena, la ASL 9 Grosseto, la ASL 10 Firenze e la ASL 11 Empoli si sono sempre registrati tassi significativamente inferiori a quello medio regionale. Anche la ASL 8 Arezzo, ad eccezione del primo periodo 1988-93 si mantiene a livelli inferiori a quelli medi regionali. Per la ASL 4 Prato solo nell’ultimo periodo 2001-2004 si è registrato un tasso significativamente inferiore a quello medio regionale dopo che nei periodi precedenti il tasso si poneva sempre significativamente al di sopra. Una situazione opposta a quella pratese si osserva per la ASL 2 Lucca, con un tasso significativamente superiore a quello medio regionale solo nell’ultimo periodo, mentre nei precedenti periodi era significativamente inferiore. Infine per le due ASL rimanenti (la ASL 3 Pistoia e la ASL 12 Versilia) si osservano tassi significativamente superiori sia nel primo che nell’ultimo periodo. Per le donne, a differenza di quanto visto per gli uomini, a fronte di una numerosità della casistica decisamente minore, si nota una tendenza ancora all’aumento del tasso di incidenza. Analizzando gli andamenti per area geografica invece la situazione è pressochè analoga a quella registrata per i maschi: le aree del Nord-Ovest si presentano con tassi quasi sempre superiori a quello medio regionale, nell’ultimo periodo 2001-2004 il tasso più Tabella 3.8 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2004. Maschi. Tassi di incidenza (per 100.000) grezzi (TGrezzo) e standardizzati sulla popolazione europea (TStdEU), e relativi intervalli di confidenza al 95% (IC 95%) per ASL, per la Toscana e per periodo . ASL 1 Massa Carrara 2 Lucca 3 Pistoia 4 Prato 5 Pisa 6 Livorno 7 Siena 8 Arezzo 9 Grosseto 10 Firenze 11 Empoli 12 Versilia Toscana Periodo 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 Casi 14 21 28 19 2 3 8 14 13 7 13 18 9 10 13 10 12 3 8 12 24 36 48 46 3 5 5 9 13 10 10 16 3 4 4 7 22 21 16 24 6 3 4 7 8 5 7 9 129 128 164 191 TGrezzo 2,40 5,44 9,74 5,00 0,32 0,72 2,55 3,42 1,70 1,37 3,35 3,44 1,42 2,32 3,89 2,21 1,29 0,49 1,74 1,95 2,38 5,41 9,70 7,12 0,41 1,02 1,36 1,82 1,41 1,62 2,13 2,51 0,47 0,97 1,28 1,71 0,94 1,38 1,40 1,61 0,98 0,73 1,26 1,62 1,75 1,65 3,07 2,91 1,26 1,89 3,21 2,81 TStEU 2,12 4,18 6,96 3,70 0,22 0,56 1,74 2,17 1,29 1,07 2,18 2,36 1,34 1,95 2,96 1,55 0,96 0,32 1,29 1,38 1,85 4,03 6,99 4,62 0,26 0,71 0,92 1,04 1,16 1,24 1,41 2,02 0,43 0,84 0,81 1,09 0,70 0,92 1,03 1,15 0,71 0,52 0,97 1,09 1,49 1,41 2,12 2,17 0,99 1,41 2,26 1,94 IC 95% 2,01 - 2,23 4,00 - 4,36 6,70 - 7,22 3,53 - 3,87 0,19 - 0,26 0,50 - 0,63 1,62 - 1,87 2,05 - 2,28 1,22 - 1,36 0,99 - 1,16 2,06 - 2,30 2,25 - 2,47 1,25 - 1,43 1,83 - 2,07 2,79 - 3,12 1,46 - 1,65 0,90 - 1,01 0,28 - 0,36 1,20 - 1,38 1,30 - 1,46 1,77 - 1,92 3,90 - 4,16 6,79 - 7,19 4,49 - 4,76 0,23 - 0,29 0,65 - 0,78 0,84 - 1,00 0,97 - 1,12 1,10 - 1,23 1,16 - 1,32 1,32 - 1,50 1,92 - 2,12 0,38 - 0,48 0,76 - 0,93 0,72 - 0,89 1,00 - 1,17 0,67 - 0,73 0,88 - 0,96 0,98 - 1,08 1,10 - 1,20 0,66 - 0,77 0,46 - 0,58 0,87 - 1,07 1,01 - 1,17 1,39 - 1,59 1,29 - 1,54 1,96 - 2,27 2,03 - 2,31 0,97 - 1,01 1,39 - 1,43 2,22 - 2,29 1,91 - 1,97 Tabella 3.9 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2004. Femmine. Tassi di incidenza (per 100.000) grezzi (TGrezzo) e standardizzati sulla popolazione europea (TStdEU), e relativi intervalli di confidenza al 95% (IC 95%) per ASL, per la Toscana e per periodo. ASL 1 Massa Carrara 2 Lucca 3 Pistoia 4 Prato 5 Pisa 6 Livorno 7 Siena 8 Arezzo 9 Grosseto 10 Firenze 11 Empoli 12 Versilia Toscana Periodo 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 Casi 2 5 2 1 3 6 3 4 1 5 8 3 6 1 5 4 1 7 6 2 3 14 2 4 2 1 1 4 1 2 1 9 10 8 12 2 2 1 2 1 2 1 41 29 28 62 TGrezzo 0,48 1,21 0,29 0,22 0,89 1,36 0,36 0,72 0,24 0,88 1,19 0,66 1,71 0,21 0,50 0,61 0,20 1,06 0,55 0,28 0,56 1,99 0,26 0,76 0,21 0,15 0,20 0,59 0,15 0,60 0,23 0,35 0,60 0,64 0,73 0,31 0,46 0,30 0,44 0,20 0,81 0,29 0,37 0,40 0,51 0,85 TStEU 0,34 0,68 0,17 0,14 0,34 0,62 0,21 0,54 0,23 0,60 0,82 0,38 1,14 0,12 0,25 0,47 0,05 0,55 0,38 0,17 0,32 0,83 0,14 0,47 0,09 0,07 0,13 0,38 0,13 0,31 0,10 0,21 0,35 0,46 0,41 0,22 0,30 0,16 0,24 0,15 0,57 0,08 0,23 0,25 0,32 0,45 IC 95% 0,29 – 0,40 0,61 – 0,75 0,15 – 0,20 0,11 – 0,17 0,30 – 0,38 0,57 – 0,67 0,19 – 0,23 0,48 – 0,60 0,18 – 0,27 0,54 – 0,65 0,76 – 0,88 0,34 – 0,42 1,05 – 1,24 0,10 – 0,15 0,22 – 0,27 0,42 – 0,52 0,04 – 0,06 0,51 – 0,60 0,34 – 0,41 0,15 – 0,20 0,28 – 0,36 0,78 – 0,88 0,12 - 0,16 0,42 - 0,52 0,08 - 0,11 0,06 - 0,09 0,11 - 0,16 0,34 - 0,42 0,11 - 0,16 0,27 - 0,36 0,08 - 0,12 0,20 - 0,23 0,33 - 0,38 0,43 - 0,50 0,38 - 0,44 0,19 - 0,25 0,25 - 0,34 0,13 - 0,19 0,20 - 0,27 0,12 - 0,18 0,49 - 0,66 0,06 - 0,09 0,22 – 0,23 0,24 – 0,26 0,30 – 0,33 0,43 – 0,46 elevato (0,83/100.000) si registra nella ASL 6 Livorno a cui segue quello della ASL 1 Massa Carrara (0,68/100.000); per la ASL 4 Prato solo nell’ultimo periodo 2001-2004 si è registrato un tasso significativamente inferiore a quello medio regionale dopo che nei periodi precedenti il tasso si poneva sempre significativamente al di sopra; e per la ASL 2 Lucca si registra una tendenza al rialzo, con un tasso significativamente superiore a quello medio regionale proprio nell’ultimo periodo. Figura 3.1 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2004. Tassi di incidenza (per 100.000) specifici per sesso (m:maschi; f:femmine), classi di età (≤44 anni; 45-54; 55-64; 6574; ≥75) e periodo (1988-1993; 1994-1997; 1998-2000; 2001-2004). 13,00 12,00 11,00 10,00 9,00 1988-1993m 1994-1997m 1998-2000m 2001-2004m 1988-1993f 1994-1997f 1998-2000f 2001-2004f 8,00 7,00 6,00 5,00 4,00 3,00 2,00 1,00 0,00 0-44 45-54 55-64 65-74 75+ -4L’ESPOSIZIONE AD AMIANTO IN TOSCANA DAI DATI DEL COR In questo capitolo sono presi in considerazione tutti i casi presenti in archivio indipendentemente dalla sede anatomica, anche se più avanti sono espresse alcune considerazioni separatamente per i casi a sede pleurica ed extrapleurica. Nel periodo 1988-2006 le interviste sono state 858 (89,9%), su un totale di 954 casi identificati di MM; su 201 casi di sesso femminile ne sono stati intervistati 165 pari al 82,1%, su 753 casi di sesso maschile ne sono stati intervistati 693 pari al 92,0%. I rifiuti sono stati 25 (2,6%), mentre per impossibilità di intervistare il soggetto o suoi parenti non sono state effettuate 39 interviste (4,1%). La tabella 4.1 mostra la distribuzione delle interviste per tipo di intervistatore: dopo una prima fase di accentramento delle interviste attorno alla fine degli anni ’90, e quindi con un aumento percentuale dei casi intervistati da personale CSPO, si sta osservando, negli ultimi 7 anni, un progressivo decentramento delle interviste verso le U.F. PISLL; rimane comunque elevata la quota di interviste condotte da personale del CSPO. Tabella 4.1 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi intervistati per intervistatore (CSPO: personale del CSPO; PISSL: personale dei servizi di medicina del lavoro; Altro) totali e disaggregati per periodo. Periodo 1988-1993 1994-1997 1998-2000 2001-2004 2005-2006* 1988-2006 CSPO % n. 48,6 72 62,2 92 81,7 152 71,7 182 56,6 69 66,1 567 PISLL % n. 45,3 67 32,4 48 17,2 32 27,2 69 32,8 40 29,8 256 Altro % n. 6,1 9 5,4 8 1,1 2 1,1 3 10,6 13 4,1 35 Totale % n. 148 100,0 148 100,0 186 100,0 254 100,0 122 100,0 858 100,0 *casistica ancora in fase di completamento 4.1 I casi 1988-2006 per classe di esposizione ad amianto La classificazione di esposizione utilizzata è quella RENAM 2003 di cui all’Appendice 4. Negli ultimi anni sono stati effettuati approfondimenti dei casi la cui esposizione era definita “ignota” (paragrafo 4.4) che hanno permesso di rivedere e proporre aggiustamenti alla classificazione 2003 (Appendice 5). Il COR continua ad applicare la classificazione del 2003 prendendo nota di quei casi che potrebbero avere una diversa classificazione applicando i nuovi criteri. Nell’intero periodo 1988-2006 è stata attribuita un'esposizione ad amianto al 70,3% dei casi dei quali si hanno notizie anamnestiche occupazionali e non (tabella 4.2). Tra i casi a cui è stata attribuita una esposizione ad amianto, per 642, pari al 95,7%, è avvenuta in ambito occupazionale. In 18 casi (1,9%) l’esposizione è avvenuta in ambiente domestico (esposizione familiare) a causa della convivenza con persone che lavoravano in comparti a rischio amianto, mentre in 4 casi (0,4%) l’esposizione è stata definita "ambientale"; in 7 casi (0,7%) è stata dovuta ad esposizioni subite durante attività extralavorative. Soltanto per 6 casi è stata esclusa ogni forma di esposizione superiore a quella della popolazione generale (esposizione improbabile), mentre per ben 184 casi (pari al 19,3 %) le informazioni raccolte non sono risultate sufficienti per ricostruire una eventuale pregressa esposizione (esposizione ignota). Per 18 (1,9%) dei 954 casi totali le informazioni sono in via di acquisizione (esposizione da definire), mentre per 75 (7,9%) vi è ragionevole certezza che non sarà più possibile acquisire informazioni utili alla definizione anamnestica (esposizione non classificabile). Tabella 4.2 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi (tutte le sedi) per sesso e per classificazione di esposizione ad amianto. Tipo di esposizione 1 2 3 4 5 6 - Professionale certa - Professionale probabile - Professionale possibile - Familiare - Ambientale - Da attività extra-lavorat. Con esposizione 1– 6 7 - Improbabile 8 - Ignota 9 - Da definire 10 - Non classificabile Totale Maschi n. % 397 52,7 81 10,8 121 16,1 4 0,5 1 0,1 5 0,7 609 80,9 3 0,4 82 10,9 15 2,0 44 5,8 753 100,0 Femmine n. % 3 1,5 12 6,0 28 13,9 14 7,0 3 1,5 2 1,0 62 30,8 3 1,5 102 50,7 4 2,0 30 14,9 201 100,0 Totale n. % 400 41,9 93 9,7 149 15,6 18 1,9 4 0,4 7 0,7 671 70,3 6 0,6 184 19,3 18 1,9 75 7,9 954 100,0 Nella tabella 4.3 sono riportate le interviste suddivise per provincia di residenza e sesso. Le percentuali si riferiscono alle interviste effettuate sul totale dei casi incidenti, sia totali, sia suddivisi per sesso. L’intervista è stata effettuata a 858 casi, pari al 90%; di questi l’80,9% sono maschi. L’89,9% degli uomini sono stati intervistati. Tale percentuale si riduce all’82,1% nel sesso femminile: questa differenza non trova al momento alcuna motivazione, mentre si riflette negativamente sulla definizione dell’esposizione, solitamente più problematica per i casi di sesso femminile. Tabella 4.3 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione delle interviste per provincia di residenza sul totale dei casi e per sesso. Provincia di residenza Massa Lucca Pistoia Prato Pisa Livorno Siena Arezzo Grosseto Firenze ND Totale Casi totali n. 101 86 81 67 74 233 36 68 27 179 2 954 Maschi n. 88 62 60 47 48 183 25 58 19 102 1 693 Casi intervistati Femmine Totale n. n. %^ 7 95 94,1 15 77 89,5 17 77 95,1 15 62 92,5 14 62 83,8 29 212 91,0 8 33 91,7 9 67 98,5 6 25 92,6 44 146 81,6 1 2 100,0 165 858 89,9 ^Percentuale sui casi totali 4.2 Casi 1988-2006 per classe di esposizione, settore e/o comparto produttivo e ASL La frequenza di casi con esposizione ad amianto nelle ASL toscane è illustrata nella tabella 4.4. Da sottolineare l'elevato numero di casi con esposizione nota ad amianto tra gli uomini rispetto ai casi registrati tra le donne: il range delle percentuali di casi con esposizione nota ad amianto è pari a 70,0-94,8 per i maschi e 8,3-61,1 per le donne. In alcune ASL (ASL 1 Massa Carrara, ASL 3 Pistoia, ASL 6 Livorno, ASL 8 Arezzo) dove erano presenti grandi aziende per le quali l'uso di amianto è stato ben documentato, l'assegnazione di una classe di esposizione professionale per i casi relativi a soggetti che hanno lavorato in tali aziende è risultata indubbiamente facilitata. In altre zone, fra le quali la ASL 10 Firenze e la ASL 11, solo il 60% dei casi, considerando i maschi e le femmine insieme, ha un'esposizione definita ad amianto. L’area della provincia di Firenze, che comprende la ASL 10 e la ASL 11, è infatti caratterizzata da una molteplicità di comparti produttivi nei quali l'amianto può essere stato presente nel processo lavorativo, ma generalmente non come materiale peculiare del ciclo produttivo. In questa area un dato significativo emerge per i casi osservati nelle donne per le quali l’esposizione ad amianto è stata documentata solo in una quota esigua (5 casi su 59 totali). Dalla tabella 4.5 appare con evidenza una sostanziale differenza della proporzione di esposti tra i casi pleurici (circa tre su quattro) e quelli extra pleurici (meno della metà). Non si rilevano particolari caratteristiche, ad esempio il rapporto interviste dirette/proxy, che giustifichino tale differenza. La diversa patogenesi del mesotelioma a sede extra pleurica da esposizione ad amianto potrebbe essere alla base di tale diversità (Boffetta, 2007). La descrizione successiva della casistica per settore e comparto produttivo viene comunque Tabella 4.4 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi con valutazione dell’esposizione ad amianto suddivisi per ASL e sesso sul totale dei casi per singola ASL. ASL 1 Massa C. 2 Lucca 3 Pistoia 4 Prato 5 Pisa 6 Livorno 7 Siena 8 Arezzo 9 Grosseto 10 Firenze 11 Empoli 12 Versilia Totale Maschi Femmine Esposizione Esposizione Esposizione Esposizione n. n. amianto ignota amianto ignota casi casi n. % n. % n. % n. % 93 79 84,9 8 8,6 8 4 50,0 3 37,5 31 20 64,5 13 25,8 13 7 53,8 5 38,5 64 53 82,8 18 14,1 18 11 61,1 5 27,8 49 43 87,8 18 4,1 18 9 50,0 7 38,9 50 35 70,0 18 18,0 18 7 38,9 7 38,9 195 176 90,3 36 3,1 36 12 33,3 17 47,2 28 22 78,6 10 14,3 10 2 20,0 5 50,0 58 55 94,8 10 5,2 10 1 10,0 8 80,0 22 19 86,4 6 9,1 6 2 33,3 4 66,7 99 63 63,6 48 18,2 48 4 8,3 32 66,7 27 16 59,3 11 25,9 11 1 9,1 7 63,6 37 28 75,7 5 16,2 5 2 40,0 2 40,0 753 609 80,9 201 10,9 201 62 30,8 102 50,7 Tabella 4.5 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi per classe di esposizione, sesso e sede anatomica. Tipo di esposizione Maschi Pleura Femmine Non pleura Pleura % n. % 378 53,4 19 42,2 3 1,7 0 2 - Professionale Probabile 77 10,9 4 8,9 12 6,7 3 - Professionale Possibile 115 16,2 6 13,3 26 4 - Familiare 4 0,6 0 0,0 5 - Ambientale 1 0,1 0 6 - Da attività extra-lavorat. 5 0,7 Con esposizione 1-6 580 % n. Non pleura n. % 0,0 381 42,9 19 28,8 0 0,0 89 10,0 4 6,1 14,4 2 9,5 141 15,9 8 12,1 14 7,8 0 0,0 18 2,0 0 0,0 0,0 3 1,7 0 0,0 4 0,5 0 0,0 0 0,0 2 1,1 0 0,0 7 0,8 0 0,0 81,9 29 64,4 60 33,3 2 9,5 640 72,1 31 47,0 3 0,4 0 0,0 2 1,1 1 4,8 5 0,6 1 1,5 8 - Ignota 73 10,3 9 20,0 91 50,6 11 52,4 164 18,5 20 30,3 9 - Da definire 14 2,0 1 2,2 2 1,1 1 4,8 16 1,8 2 3,0 10 - Non classificabile 38 5,4 6 13,3 25 13,9 6 28,6 63 7,1 12 18,2 708 100,0 45 100,0 180 100,0 21 100,0 888 100,0 66 100,0 Totale n. Pleura % 7 - Improbabile % Non pleura n. 1 - Professionale Certa n. Totale riportata per tutta la casistica definita nel suo complesso. Nella tabella 4.6 è riportata la casistica suddivisa per settore e comparto nei quali sono state attribuite le esposizioni di qualunque classe. Riguardo alle classi di esposizione non occupazionali il criterio di inclusione prende in considerazione il settore o il comparto origine dell’inquinamento extra-aziendale. Ciò significa che i 4 casi di esposizione “familiare” nel settore della cantieristica navale sono stati esposti a causa della convivenza con persone che lavoravano in un cantiere navale, lo stesso vale per l’esposizione “ambientale”, il settore o comparto è quella a cui appartiene l’azienda che ha causato le emissioni inquinanti nell’area di residenza del soggetto. Riguardo alla classe extra-lavorativa il comparto è quello che include la lavorazione che il caso effettuava e durante la quale ha subito esposizione. La struttura produttiva della Toscana è caratterizzata da una massiccia presenza di industrie di medie dimensioni contemplando al tempo stesso settori produttivi con industrie di dimensione più ampia concentrate principalmente lungo la costa tirrenica. Si annoverano tra queste: industrie chimiche, siderurgiche e cantieristica navale per costruzione e riparazione di grandi navi in metallo e, non secondaria, la costruzione e la riparazione di rotabili ferroviari. La casistica di mesoteliomi insorti in queste industrie viene classificata come esposta ad amianto sulla base di quanto dichiarato dai casi stessi, ma anche per conoscenza storica dei processi produttivi ed i materiali utilizzati, sia come materia prima che come oggetti di consumo di ausilio al processo produttivo. Tra i comparti con casistiche importanti, la costruzione di rotabili ferroviari, esclusa quindi la manutenzione e riparazione dei suddetti, presenta alcune peculiarità nei riguardi dell’esposizione: è noto l’anno d’inizio del lavoro con amianto, il 1957, ed è noto il tipo di amianto applicato a spruzzo: la crocidolite. Un po’ più incerto risulta l’anno di dismissione della crocidolite e della sua sostituzione con altri tipi di amianto, ma il periodo è individuabile nei primissimi anni Settanta. E’ inoltre noto l’anno di cessazione dell’applicazione a spruzzo, il 1979, che rappresenta anche l’anno d’interruzione di esposizioni importanti sebbene queste avessero conosciuto una riduzione nel corso degli anni ‘70. Nel settore della cantieristica navale le conoscenze sui determinanti dell’esposizione non sono altrettanto approfondite e la situazione si fa ancora più confusa nelle attività di riparazione navale dove è presumibile che esposizioni importanti, e con molta probabilità ad anfiboli, siano perdurate fino ai primi anni ‘90. E’ comunque noto che negli anni ‘70 vi siano stati miglioramenti delle condizioni di lavoro, almeno nella costruzione di grandi navi in ferro. La Toscana ospita il settore tessile nella zona pratese. La cernita di stracci è il comparto che nel passato ha consentito in quella zona il grande sviluppo del tessile, che si basava sostanzialmente sul riciclaggio delle fibre, in particolare della lana. L’ipotesi più acclarata di esposizione dei cernitori, tra i quali si registra ad oggi un cluster importantissimo di 51 casi, è quella dovuta al riciclaggio di sacchi in juta naturale e sintetica che avevano contenuto fibra di amianto come materia prima. La loro presenza è stata documentata alla fine degli anni ’80; notizie sull’esposizione in tempi remoti, anche nel periodo tra le due guerre, sono praticamente inesistenti. Il riflesso di questa incertezza si riscontra nel dato sulla latenza particolarmente lunga, perché calcolata dall’anno di inizio lavoro che verosimil- Tabella 4.6 – COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Casistica per settore produttivo, comparto e classe di esposizione ad amianto (solo settori e comparti con più di 5 casi). Settore produttivo Comparto Edilizia Costruzioni Coibentazione Termoidraulica Altro Cantieri navali Tessile Filatura-Tessitura Cernita Confezioni Metalmeccanica Siderurgia Altro Rotabili ferroviari Produzione Riparazione Trasporto Marittimo Cemento amianto Chimica Prod.energia Difesa Nazionale Vetrerie Portuali Trasporto Ferroviario Zuccherifici Autoriparazioni Manut.acquedotti Totale Classi di esposizione ad amianto* 1 2 3 4 5 6 79 4 37 3 0 4 24 3 31 3 2 21 2 18 2 16 1 4 70 18 4 1 10 8 75 0 0 0 4 8 23 6 45 7 46 17 15 3 0 0 11 2 2 35 15 13 3 54 9 0 2 1 0 39 8 1 1 15 1 1 23 3 1 22 3 13 5 3 1 15 4 1 1 1 10 2 8 1 1 14 6 2 11 2 2 5 4 1 4 4 1 3 2 3 5 1 573 130 274 25 4 9 Tot. comparto Tot. settore 127 63 23 20 21 93 93 35 51 7 81 15 66 66 49 17 27 25 22 22 22 22 15 10 9 8 6 555 27 25 22 22 22 22 15 10 9 8 6 648 * Classi di esposizione ad amianto : 1 = professionale certa; 2 = professionale probabile; 3 = professionale possibile; 4 = familiare; 5 = ambientale; 6 = da attività extra-lavorativa mente non rappresenta l’anno di inizio dell’esposizione. Più difficoltosa risulta la determinazione dell’esposizione nel comparto della filatura e tessitura; le ultime definizioni e ipotesi di esposizione dovute all’usura degli apparati frenanti necessitano di ulteriori verifiche. Se questa ipotesi di esposizione fosse confermata, potremmo affermare che sia continuata per molti anni, sicuramente fino alla messa al bando dell’amianto e successivamente fino all’esaurimento delle scorte di materiali da attrito. Il comparto edile presenta ad oggi un elevato numero di casi (127 casi), dovuto all’altissima diffusione dell’uso di amianto nei materiali da costruzione e all’elevato numero di addetti nel comparto. Le esposizioni a polveri provenienti dal taglio di materiali in cemento amianto è continuata per lungo tempo e con molta probabilità perdura tutt’oggi nelle ristrutturazioni e demolizioni edilizie, anche se con frequenza e numero di esposti decisamente minori che in passato. La tabella 4.7 mostra la distribuzione geografica dei casi con esposizione occupazionale per provincia in cui hanno sede le aziende nelle quali si è verificata la prima esposizione o quella a più alto grado di certezza. Si tratta di un’elaborazione nuova rispetto a quelle riportate nei rapporti precedenti: le aziende della costa hanno prodotto circa il 40% dei casi con esposizione in Toscana; poco più del 15 % dei casi ha subito esposizione fuori regione o all’estero. Tabella 4.7 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi per sede geografica (Regione e Provincia) dell’azienda dove è avvenuta la prima esposizione o quella con il più alto grado di certezza. Sede ditta n. % 646 84,3 Massa 38 5,0 Lucca 50 6,5 Pistoia 50 6,5 Prato 64 8,4 Pisa 46 6,0 193 25,2 Siena 19 2,5 Arezzo 58 7,6 Grosseto 12 1,6 Firenze 91 11,9 n.n. 25 3,3 103 13,5 La Spezia 30 3,9 Altre province 73 9,5 766 100,0 Toscana Livorno In altra regione Totale 4.3 Esposizione ad amianto per motivi extra-professionali Casi familiari Tra le esposizioni non occupazionali classificate e registrate nell’archivio la tipologia che comprende il maggior numero di casi è quella “familiare” (18 casi). Sono collocati in questa classe i casi che hanno riferito di aver convissuto con persone che hanno svolto lavori con impiego diretto/indiretto di amianto. Sono in maggioranza casi di sesso femminile in conviventi con lavoratori esposti ad amianto. Non sono noti i determinanti dell’esposizione, infatti non sono mai stati effettuati monitoraggi di fibre aerodisperse in ambiente domestico; non è noto quindi neanche l’ordine di grandezza dei livelli di inquinamento. I conviventi hanno generalmente portato a casa gli abiti da lavoro per il lavaggio, ma non è escluso che un certo trasporto di fibre sia avvenuto anche attraverso i capelli. Nella tabella 4.8 sono riportati i casi ed il settore lavorativo in cui era impiegato il convivente, nonché la provincia dove era ubicata l’azienda esportatrice del rischio fuori dall’azienda. Tabella 4.9 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Casi con esposizione subita in ambiente domestico (esposizione familiare). Settore produttivo Sede ditta n.casi Maschi Femmine Totale Massa - 2 2 Arezzo - 1 1 Livorno - 1 1 Livorno 1 1 2 Massa 1 - 1 Pistoia - 1 1 Manutenzione rotabili Firenze 1 - 1 Produzione energia Pisa - 1 1 Portuali Livorno - 2 2 Livorno - 1 1 Siena 1 - 1 Firenze - 1 1 Lucca - 1 1 Massa - 1 1 Pistoia - 1 1 4 14 18 Cemento amianto Metalmeccanica Cantieri navali Costruzione rotabili Edilizia Marina Militare Edilizia Industriale Totale Casi ambientali Sono inseriti in questa classe di esposizione i casi che hanno riferito di aver risieduto nei pressi di aziende che hanno con molta probabilità causato emissioni di amianto (caso di Pistoia-Produzione rotabili), svolto attività lavorative in ambiente esterno inquinato da terzi (caso di Pisa-zona geotermica), frequentato con assiduità locali di pubblico spettacolo inquinati da amianto (caso di Firenze-Teatro), o svolto attività sportiva in campo da calcio inquinato (caso di Alessandria-Casale Monferrato). La numerosità di questa casistica (tabella 4.9) risulta alquanto contenuta, del resto, in analogia con quanto già scritto sui casi familiari (Mirabelli, 1991), la classificazione si basa sostanzialmente su descrizioni degli stessi casi o proxy non essendo disponibili dati ambientali comprovanti tali inquinamenti. Tabella 4.9 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Casi con esposizione subita in ambiente esterno o in locali non di lavoro (esposizione ambientale). Settore Sede ditta produttivo N. casi Maschi Femmine Totale Costruzione rotabili Pistoia - 1 1 Spettacolo Firenze - 1 1 Cemento amianto Alessandria 1 - 1 - 1 1 1 3 4 Produzione energia Pisa Totale Casi extra-professionali Sono inseriti in questa classe i casi che hanno riferito di aver manipolato o lavorato su materiali contenenti amianto non nell’ambito della loro principale occupazione. Nella tabella 4.10 è descritta l’attività che ha comportato esposizione e l’area geografica in cui si è svolta tale esposizione. Questa classificazione è attribuita in base alle dichiarazioni dei casi o proxy e, ad eccezione dell’attività edile, senza alcun supporto di dosaggi di fibre aerodisperse effettuati in situazioni analoghe. Tabella 4.10 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Casi con esposizione subita durante attività svolte nel tempo libero (Esposizione extra lavorativa). Attività Coibentazione in casa Manutenzione imbarcazione Edilizia Stiratura abiti Totale Sede N.casi Maschi Femmine Totale Firenze 1 - 1 Prato 1 - 1 Firenze 1 - 1 Firenze 1 - 1 Massa 1 - 1 Firenze - 2 2 5 2 7 4.4 I risultati del progetto di ricerca ISPESL sui casi ignoti Il progetto di ricerca nazionale coordinato dal COR della Toscana ha riguardato i casi di mesotelioma per i quali l’incompletezza e l’insufficienza delle informazioni raccolte nell’anamnesi fisiologica e lavorativa o il livello delle conoscenze, non avevano consentito di assegnare una categoria di esposizione, definiti pertanto con esposizione ignota. Gli obiettivi del progetto hanno riguardato il miglioramento dei metodi di raccolta e di analisi delle anamnesi lavorative, l’approfondimento delle abitudini di vita con la raccolta di informazioni sulla convivenza con eventuali esposti ad amianto per motivi professionali e l’acquisizione di informazioni su possibili esposizioni di tipo ambientale fino ad oggi sconosciute. Un altro importante approfondimento ha riguardato alcuni comparti produttivi che continuano a produrre numerosi casi di mesotelioma senza altresì conoscere ancora nel dettaglio le condizioni che abbiano comportato esposizione ad amianto. Questi comparti sono individuabili nel tessile non amianto e nell’agricoltura: sono state approfondite in particolare le caratteristiche produttive e dei macchinari nel comparto tessile confermando in parte l’utilizzazione in esse di materiali di attrito in amianto; per l’agricoltura sono emerse prove concrete del riciclaggio dei sacchi in juta che avevano contenuto amianto. La casistica di “ignoti da esaminare” è stata stabilita con i seguenti parametri: - periodi lavorativi svolti precedentemente agli ultimi 10 anni prima della diagnosi; - diagnosi istologica, con e senza indagine immunoistochimica; - definizione anamnestica mediante intervista diretta o a proxy o dati ricavati da altra fonte caratterizzata da un alto grado di affidabilità riguardo all'attività lavorativa. Per quanto concerne la casistica toscana, l’alta percentuale di casi con esposizione ignota che a suo tempo stimolò lo studio era dovuta a molteplici fattori. Il primo poteva, ma il problema presenta ancora aspetti di attualità, essere ricercato proprio nella struttura produttiva che fa capo alla piccola e media industria dove le utilizzazioni di amianto non facevano parte della routine giornaliera e che difficilmente possono essere individuate a posteriori, in particolare quando le interviste sono somministrate a proxy. Un altro importante motivo di tale elevata percentuale derivava dalla scelta di valutare le esposizioni con criteri restrittivi al fine di incoraggiare l’effettuazione di indagini più approfondite sulla anamnesi lavorative e di vita dei casi. D’altro canto la scelta di utilizzare criteri restrittivi non doveva indurre a sottostimare le esposizioni per le quali vige ancora un criterio di attribuzione qualitativo. Le esposizioni vengono infatti attribuite quando si può ragionevolmente stimare che l’esposizione subita sia stata superiore, anche di poco, a quella della popolazione generale così come definito nelle Linee guida RENAM. Da non dimenticare inoltre, sempre in questo ambito, il fatto che l’INAIL prende oggi in grande considerazione il giudizio di esposizione espresso dal COR per decidere sull’eventuale indennizzo. L’altro ed ultimo fattore peculiare per la Toscana, può essere individuato nella massiccia presenza dell’industria tessile, che tradizionalmente non utilizzava amianto, concentrata nell’area pratese, e nella quale sono insorti numerosi casi che, salvo poche eccezioni, non hanno mai riferito di aver utilizzato fibre minerali naturali come materia prima nel processo produttivo. Nella tabella 4.11 viene proposta una descrizione dei casi toscani con esposizione ignota per provincia di residenza: si nota un ampio range di variazione che va dal 9% a Livorno al 34,6% a Firenze. Complessivamente inoltre tra gli ignoti la proporzione di interviste a proxy, pari al 57,7%, è di circa 10 punti percentuali in più rispetto a quella degli esposti pari a 49,0%. I dati per singola provincia presentati in tabella indicano però che non necessariamente sono le interviste a proxy a produrre un più alto numero di ignoti; il dato della provincia di Firenze lo dimostra, e sta ad indicare che in aree con tessuto produttivo variegato, con un numero ridotto di comparti classicamente a rischio, l’individuazione dell’esposizione risulta particolarmente difficoltosa. L’attività di approfondimento nella quale il COR toscano si è impegnato ha riguardato in particolare il settore tessile con attività sul campo nell’area pratese. Sono state effettuate numerose visite in aziende tessili, presso officine di costruzione e di riparazione di macchinari tessili e colloqui con addetti nel settore. Si è così trovata conferma a quanto già segnalato e pubblicato da altri COR sull’utilizzazione diffusa di materiali da attrito contenenti amianto nei macchinari tessili. E’ stato possibile inoltre precisare il periodo in cui sono stati tessuti circa 450 chilometri di pezza in lana cardata e amianto per essere esportata negli Stati Uniti. Questa operazione, comprovata da documenti originali, si svolse su richiesta di importatori americani che, per un breve periodo di tempo, riuscirono ad aggirare una legge protezionistica nei confronti di prodotti tessili americani varata proprio per salvaguardare il mercato della lana prodotta negli stessi USA. La legge imponeva dazi elevati per l’importazione di manufatti in lana, e alquanto bassi per tessuti misti con altre fibre che potevano caratterizzarne il valore principale (la legge era appunto riferita al “chief value”). Il calcolo per arrivare al computo del chief value era piuttosto complicato, ma, in altre parole, l’aggiunta alla lana cardata di altre fibre tipo lino ed anche amianto, potevano costituirne il valore principale con una conseguente riduzione sull’ammontare dei dazi di importazione. Fu così che l’amianto fu aggiunto alla lana in ragione dell’8%, ma alcuni addetti hanno sostenuto che l’aggiunta in peso al momento della mescola doveva essere comunque superiore per garantire il tenore stabilito. La tessitura comportava una certa perdita di fibre di amianto a causa della loro lunghezza, minore rispetto a quella della lana. Erano gli anni 1970-71. Non sono state ancora chiarite alcune circostanze circa i fornitori della fibra minerale e la sua tipologia. Ciò sarà oggetto di ulteriori ricerche: queste ulteriori precisazioni su quanto sia accaduto nell’industria tessile pratese potrà servire ad assegnare livelli di esposizione più solidi della classe “possibile” nella quale sono stati inseriti attualmente alcuni casi presenti in archivio e a completare la descrizione storica sull’argomento già oggetto di precedenti pubblicazioni. Riguardo all’esposizione, questo uso di amianto appare già comunque più convincente che lo “spolverio” prodotto dall’usura dei materiali da attrito. All’interno del progetto di ricerca sui casi ignoti sono state inoltre elaborate due proposte di revisione delle Linee Guida 2003. La prima ha riguardato i criteri di classificazione della esposizione non occupazionali. Questa è stata disaggregata in “certa”, “probabile” e “possibile” in analogia con la classificazione occupazionale; 13 casi del COR toscano risulterebbero riclassificabili da “ignoti” a possibilmente o probabilmente esposti nelle classi non occupazionali qualora i nuovi criteri fossero inseriti nelle linee guida ufficiali del RENAM. La seconda è relativa all’introduzione di criteri clinici per lo spostamento e l’inserimento di casi non ben classificabili nei tre livelli di esposizione occupazionale. Scarse purtroppo sono le informazioni disponibili sul contenuto minerale del tessuto polmonare, dato il bassissimo numero di casi che vengono sottoposti ad autopsia e l’indisponibilità, a livello regionale, di una struttura analitica di riferimento che effettui questo tipo di indagine. Tabella 4.11 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi con esposizione ignota per provincia di residenza, proporzione sul totale dei casi per provincia e sul totale degli ignoti di tutto l’archivio. % sui Tipo intervista Provincia n. di casi residenza totali n. %* ignoti n. %^ n. %^ Massa 101 11 10,9 6,1 4 36,4 7 63,6 Lucca 86 21 24,4 11,7 7 33,3 14 66,7 Pistoia 81 14 17,3 7,8 6 42,9 8 57,1 Prato 67 8 11,9 4,5 2 25,0 6 75,0 Pisa 74 15 20,3 8,4 6 40,0 9 60,0 233 21 9,0 11,7 5 23,8 16 76,2 Siena 36 9 25,0 5,0 1 11,1 8 88,9 Arezzo 68 11 16,2 6,1 7 63,6 4 36,4 Grosseto 27 6 22,2 3,4 4 66,7 2 33,3 179 62 34,6 34,6 31 50,0 31 50,0 2 1 50,0 0,6 0 0,0 1 100,0 Totale 954 179 * Percentuali sui casi totali ^ Percentuali di riga sui casi ignoti 18,8 100,0 73 40,8 106 59,2 Livorno Firenze n.n. Casi ignoti casi Diretta Proxy Per il COR toscano questo progetto di ricerca ha permesso di ridurre la casistica degli ignoti di 29 unità che sono passate dalla classe 8 (esposizione ignota) principalmente alla classe 3 (esposizione professionale possibile). Altri 13 casi sarebbero riclassificabili tra gli esposti non occupazionali probabili o possibili, qualora le nuove classificazioni fossero inserite nelle linee guida nazionali. E’ stato inoltre giudicato con favore il metodo di ricerca attiva di esposizioni prima sconosciute che prevede l’approfondimento per comparto produttivo. L’attivazione della consultazione in linea del database nazionale delle Camere di Commercio e dei rapporti con gli altri enti, in particolare INAIL, sta inoltre facilitando il recupero di informazioni sulle anamnesi lavorative. 4.5 La durata dell’esposizione professionale ad amianto La classificazione dell’esposizione, condotta in base al contenuto delle Linee Guida RENAM del 2003, viene assegnata soltanto in termini qualitativi. La durata del periodo lavorativo a rischio non prevede alcuna soglia temporale per l’assegnazione dell’esposizione. Tuttavia l’archivio dispone di informazioni circa la durata dei singoli periodi di lavoro dei casi intervistati ed essendo ciascun periodo classificato in base all’esposizione, è possibile estrapolare il dato complessivo per singolo caso, relativo alla quantificazione temporale dei periodi a rischio di esposizione. Complessivamente i 738 casi con esposizione occupazionale presentano una durata media di esposizione pari a 24,1 anni (range: 1-70 anni). La maggior parte di questi è rappresentata da casi con esposizione professionale certa (429 casi) che presentano una durata media di esposizione leggermente inferiore: 21,3 anni, con un range pari a 1-53 anni. Nella tabella 4.12 viene descritta la numerosità della casistica suddivisa per intervalli di durata dell’esposizione. Come si può notare circa il 50% dei casi si colloca nell’intervallo da 20 a 39 anni di durata dell’esposizione sia soltanto di classe 1 (esposizione occupazionale certa) sia delle classi occupazionali riunificate 1 (certa), 2 (probabile), 3 (possibile). Nel contempo è degno di nota anche il dato sulle esposizioni di breve durata che interessa poco meno del 10% dei casi. Tabella 4.12 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Distribuzione dei casi con esposizione professionale ad amianto per durata dell’esposizione. Durata in anni Casi con esposizione Tutti i casi con esposizione occupazionale certa occupazionale n. % % cum ≤4 41 9,7 9,7 5-9 55 13,0 10-14 37 15-19 % % cum 60 8,2 8,2 22,7 77 10,6 18,8 8,8 31,5 67 9,2 28 47 11,0 42,5 60 8,2 36,2 20-24 54 12,8 55,3 91 12,5 48,7 25-29 61 14,4 69,7 88 12,1 60,8 30-34 63 14,9 84,6 98 13,5 74,3 35-39 32 7,6 92,2 83 11,4 85,7 40-44 19 4,4 96,6 49 6,7 92,4 45-49 10 2,4 99,0 31 4,3 96,7 4 1,0 100,0 24 3,3 100,0 ≥50 n. Nella figura 4.1 è inoltre riportata la percentuale di casi per periodo di inizio esposizione. L’anno indicato è quello in cui ha avuto inizio l’esposizione con il più elevato grado di certezza, di conseguenza vi è la possibilità che il dato complessivo risulti lievemente spostato verso anni più recenti, in relazione alle considerazioni già espresse nel capitolo 2 sulla qualità del dato relativo all’inizio dell’esposizione. Da notare che l’85% dei casi ha subito la prima esposizione in anni antecedenti il 1965 e tale percentuale si mantiene (88%) se si escludono i casi insorti in anni recenti (2000-2006). I circa 330 casi accumulati negli anni 2000 non hanno quindi sostanzialmente modificato questa frazione a significare che anche gran parte dei casi recenti risultano esposti prima del 1965. 4.6 L’età alla diagnosi e la latenza dei casi con esposizione professionale ad amianto La classificazione delle esposizioni ad amianto, con la relativa individuazione dei settori o comparti produttivi in cui questa è avvenuta per la maggior parte dei casi registrati, consente di osservare l’andamento nel tempo di parametri che possono descrivere a posteriori i determinanti dell’esposizione stessa. Ogni situazione produttiva possiede proprie Figura 4.1 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Percentuale di casi con esposizione occupazionale ad amianto per periodo di inizio dell’esposizione. 25 % casi 20 15 10 5 19 15 19 -192 21 0 19 1925 26 19 1930 31 19 1935 36 19 1940 41 19 1945 46 19 1950 51 19 -195 56 5 19 1960 61 19 1965 66 19 1970 71 19 1975 76 19 1980 81 -19 85 0 Anni di calendario peculiarità riconducibili sostanzialmente alle condizioni igienistiche in cui si sono svolte le lavorazioni, il tipo di materiali ed il tipo di fibra di amianto impiegato nei manufatti. La latenza e l’età alla diagnosi sono informazioni presenti in archivio per tutti quei casi che sono registrati e classificati come «esposti». L’analisi di tali variabili per settore produttivo e comparto consente di avere indicazioni sull’andamento temporale della casistica in relazione alle conoscenze disponibili sulle esposizioni in quei settori e comparti. Nella tabella 4.13 sono riportati i risultati di una selezione di 700 casi presenti in archivio con attribuzione delle classi di esposizione occupazionale e suddivisi per appartenenza a settori lavorativi che hanno avuto un gettito importante di casi e per periodo di incidenza (fino a tutto il 1996 e successivamente dal 1997 al 2006). I due periodi sono stati scelti a priori dividendo in due parti il periodo di osservazione della casistica. I risultati del calcolo delle medie nei due gruppi sono stati confrontati utilizzando il t-test. Si evidenziano differenze temporali significative per tutta la casistica e per alcuni settori produttivi e comparti (edilizia, produzione e riparazione di rotabili ferroviari, e cernita di stracci). Nella cantieristica navale l’insignificante incremento della latenza e dell’età alla diagnosi tra i due gruppi potrebbe essere dovuto al ricambio nella popolazione a rischio senza che questo si sia interrotto. Nell’edilizia l’incremento significativo della latenza ed il più lieve aumento dell’età alla diagnosi potrebbero essere indice di esposizioni importanti avvenute a cavallo degli anni ’60, in piena epoca di boom delle costruzioni edilizie civili ed industriali. Per il settore della produzione, riparazione ed uso di rotabili ferroviari è nota la data di introduzione del minerale nel ciclo produttivo e di conseguenza è ben individuabile la data di inizio dell’esposizione indipendentemente dalla data di inizio del lavoro; per altri Tabella 4.13 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Casistica, latenza media ed età alla diagnosi con relativa deviazione standard (DS), per settore produttivo o comparto (solo settori e comparti con più di 5 casi) e periodo di incidenza. SETTORE PRODUTTIVO o COMPARTO Edilizia Termoidraulica Coibentazione Cantieri navali Tessile Cernita Metalmeccanica Siderurgia Prod.rotabili Riparaz.rotabili Trasp.marittimo Cemento amianto Chimica Prod.energia Difesa Nazionale Vetrerie Portuali Trasp.ferroviario Prod.zucchero Autoriparazioni Manut.acquedotti TOTALE Periodo Casi incidenza n. <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 <=1996 >1996 48 79 7 13 9 12 40 52 14 28 33 18 22 59 3 12 21 28 8 9 7 20 5 17 8 14 11 11 7 15 10 12 5 10 3 7 7 2 2 6 2 4 272 428 Latenza media 36,2 43,4 38,1 45,2 35,9 40,8 44,1 44,8 45,0 43,6 46,1 54,4 38,2 41,6 37,0 39,0 34,2 44,5 33,8 45,8 42,9 46,9 34,2 42,5 38,3 45,1 52,4 38,4 41,9 51,7 37,9 41,0 36,8 43,6 30,7 41,9 34,3 46,5 38,0 44,8 23,0 33,5 39,9 44,0 DS p 11,4 <0,0001 10,7 6,2 0,13 10,7 7,7 0,16 7,5 12,7 0,78 12,0 14,0 0,77 14,4 8,8 0,001 6,8 12,8 0,26 11,1 7,8 0,78 11,4 5,6 <0,0001 4,7 8,9 0,008 7,3 11,1 0,32 8,3 7,0 0,03 7,2 17,4 0,26 10,4 13,9 0,02 12,0 14,4 0,13 13,2 14,7 0,54 8,5 9,4 0,15 7,4 5,5 0,02 5,8 4,9 0,01 3,5 26,9 0,56 8,8 1,4 0,12 7,0 12,1 <0,0001 10,7 Età media 61,5 65,1 55,7 61,8 62,7 64,4 64,9 65,9 62,9 70,0 64,1 69,2 63,8 63,9 68,0 68,2 62,5 71,3 65,0 69,2 61,4 68,9 6,05 63,4 64,9 68,4 71,9 66,3 61,9 71,1 57,5 69,7 58,6 68,0 61,3 69,9 55,6 69,0 55,0 62,5 61,0 63,3 62,9 66,6 DS P 9,0 0,04 9,9 6,5 0,18 10,6 8,5 0,70 11,3 9,8 0,76 10,1 12,7 0,05 9,9 8,0 0,02 6,6 12,0 0,98 12,0 2,6 0,97 7,2 9,1 <0,01 10,4 7,8 0,31 8,5 11,9 0,08 8,0 8,2 0,71 8,2 12,8 0,46 8,8 9,1 0,22 11,7 12,3 0,13 12,9 13,4 0,03 10,6 11,8 0,07 7,1 8,5 0,21 9,2 4,2 <0,01 1,4 31,1 0,6 11,6 15,6 0,84 10,2 10,2 <0,0001 10,1 settori (cemento-amianto, coibentazione) la data di inizio del lavoro coincide con la data di inizio dell’esposizione. La casistica con esposizione occupazionale è stata pertanto suddivisa in due gruppi: il gruppo “A” nel quale sono compresi quei settori in cui vi è ragionevole certezza sulla data di inizio dell’esposizione (cemento amianto, coibentazione, rotabili ferroviari), e il gruppo “B” che comprende tutti gli altri settori. La latenza media e l’età alla diagnosi è stata quindi calcolata per ciascuno dei due gruppi e per i due periodi di incidenza, ed i risultati sono mostrati nella tabella 4.14. Degni di nota sono i dati sulla latenza media dei due gruppi che differiscono di 6,8 anni. E’ verosimile che in generale i dati sulla latenza siano sovrastimati, qualora venga calcolata con l’anno di ingresso al lavoro. Da notare nel gruppo A con incidenza successiva al 1996 l’aumento, statisticamente significativo, di circa nove anni del tempo di latenza rispetto a quello osservati nei casi del gruppo A diagnosticati prima del 1996. Questo fenomeno è verosimilmente dovuto all’invecchiamento del gruppo di esposti, verificabile anche nell’aumento dell’età media alla diagnosi, se pur ai limiti della significatività. Un analogo fenomeno si osserva anche nel gruppo B seppur meno marcato. Tabella 4.14 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Latenza media ed età alla diagnosi della casistica per gruppi di settori produttivi e periodo di incidenza. Periodo Casi Latenza Età DS^ p DS p incidenza n. media media <=1996 46 34,2 6,6 63,2 8,3 A* <0,0001 0,009 >1996 73 43,3 6,3 67,9 10,1 <=1996 226 41,0 12,7 62,9 10,5 B** 0,002 <0,0001 >1996 355 44,1 11,4 66,3 10,1 * gruppo A: cemento amianto, coibentazione, produzione riparazione ed uso di rotabili ferroviari; ** gruppo B: settori non inclusi nel gruppo A ^ DS: deviazione standard Settori Tabella 4.15 - COR toscano dei mesoteliomi maligni 1988-2006. Latenza media della casistica con età alla diagnosi < 65 anni per gruppi di settori produttivi e periodo di incidenza. Periodo Casi Latenza DS^ p incidenza n. media <=1996 24 31,9 6,2 A* <0,0001 >1996 34 39,7 5,4 <=1996 132 35,8 10,5 B** 0,31 >1996 155 36,9 8,0 * gruppo A: cemento amianto, coibentazione, produzione riparazione ed uso di rotabili ferroviari; ** gruppo B: non inclusi nel gruppo A ^ DS: deviazione standard Settori Al fine di verificare se questo effetto sulla latenza sia dovuto all’accresciuta capacità di individuazione e di registrazione di casi in persone anziane si è ritenuto opportuno suddividere ulteriormente la casistica procedendo con la medesima analisi per i casi con età alla diagnosi inferiore-uguale a 65 anni (tabella 4.15). La conferma dell’incremento del periodo di latenza anche nei soggetti più giovani rafforza l’ipotesi dell’invecchiamento del gruppo di esposti e lascia presupporre un lento decremento dell’incidenza nei prossimi anni. -5CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Negli anni di osservazione del registro toscano sono stati raccolti 1.045 casi di cui 954 in residenti in Toscana, la gran parte dei quali in soggetti di sesso maschile (753 casi in uomini e 201 in donne). Nei maschi si è osservata una tendenza all’aumento dei casi a partire dal 1995 con un range 18-38 casi all’anno nel periodo 1988-1997, e 43-56 nel periodo 1998-2004; i casi in soggetti di sesso femminile hanno invece mostrato un aumento solo a partire dal 2000, con un range di 4-10 casi l’anno nel 1988-1999, e 9-22 nel periodo 2000-2004. I casi pleurici rappresentano la stragrande maggioranza della casistica (888 casi pari al 93,1% dei casi in toscani) e per la loro identificazione è stato possibile mettere a punto una procedura di flusso che allo stato attuale risulta abbastanza ben consolidata al fini della completezza della casistica stessa. Nei prossimi anni, con l’ampliamento del Registro Tumori all’intera regione Toscana è presumibile che anche per la casistica a sede extrapleurica, in particolare quella a sede peritoneale, il flusso informativo per la identificazione dei casi potrà consentirci di avere maggiori certezze sulla sua completezza. Solo per i casi a sede pleurica è stato possibile stimare l’incidenza. Nel periodo di osservazione del registro, il tasso standardizzato di incidenza per mesotelioma maligno pleurico è significativamente aumentato, raddoppiando sia nel sesso maschile (da un valore di 0,99/100.000 nel primo periodo 1988-1993 a 1,94/100.000 nel 2001-2004) sia nel sesso femminile (con valori nei due periodi pari a 0,23/100.000 e 0,45/100.000). Nel corso degli anni si è osservato anche un aumento generalizzato nella qualità delle procedure diagnostiche: per i casi pleurici si è osservato un aumento dei casi definiti istologicamente dal 65,3% di cui il 27% suffragati da esami immonoistochimici (IIC) nel 1988-1993 all’88,8% di cui il 95,4% con esami IIC nel 2001-2004. A questo proposito occorre ricordare che quest’anno, su mandato dell’Istituto Tumori Toscano, sono state stilate, per la prima volta in Toscana, Linee guida cliniche per la diagnosi ed il trattamento dei casi pleurici. Da ricordare che ad oggi sono state prodotte solo altre due linee guida cliniche sul mesotelioma pleurico, entrambe nel 2007: una da parte della French Speaking Society for Chest Medicine (Scherpeerel 2007) e l’altra da parte dell’European Society of Medical Oncology (ESMO, 2007). La metà dei casi è stata osservata tra i residenti dell’Area Vasta Nord Ovest a fronte di circa il 35% di popolazione toscana residente in quell’area. E’ nelle attività lavorative ubicate sulla costa che infatti negli anni passati si sono verificate più frequentemente importanti occasioni di esposizione ad amianto. Le informazioni raccolte con i questionari, nonché quelle presenti nell’archivio del COR accumulate negli anni di attività e quelle aggiuntive pervenute da terze parti (ASL e INAIL) hanno consentito di assegnare l’esposizione ad amianto a circa tre casi su quattro. Naturalmente il giudizio non è stato espresso in senso dicotomico, ed infatti le Linee Guida RENAM utilizzate allo scopo prevedono diversi gradi di certezza per l’assegnazione delle esposizioni occupazionali. L’amianto è considerato un inquinante “ubiquitario”, presente cioè sia in ambienti di lavoro sia nell’aerosol esterno delle città e fuori da esse. Tuttavia la stragrande maggioranza delle esposizioni rivelate dal sistema di sorveglianza sono avvenute in ambito occupazionale. Questo fatto autorizza la formulazione di una prima considerazione generale: il mesotelioma è in larga misura causato da esposizioni di una certa intensità e che sono perdurate in periodi piuttosto lunghi; in altri termini, la maggioranza dei casi di mesotelioma ha inalato «dosi» consistenti di fibre. Ciò si è verificato per una carenza, in molti casi assenza, dell’applicazione delle norme riguardanti la prevenzione del rischio di esposizione a polveri, non soltanto in quelle realtà produttive dove l’amianto era usato come ausilio allo svolgimento del lavoro, classico esempio sono i guanti del fonditore, ma anche in quelle aziende dove l’amianto costituiva una delle materie prime di produzione. L’incidenza del mesotelioma in Toscana ha registrato un picco nel 2000-2001: il fenomeno può essere messo in relazione con quanto è avvenuto in passato in termini di esposizione quanti-qualitativa. Gli anni in cui si sono verificate le esposizioni più importanti sono quelli del periodo tra il 1950 ed il 1965: un numero importante di casi riferisce infatti di aver subito la prima esposizione proprio in quel periodo. Durante gli anni ‘70 si è assistito a un progressivo miglioramento delle condizioni igieniche nei luoghi di lavoro e in alcuni comparti produttivi sono stati presi provvedimenti anche per la riduzione dell’esposizione a polveri di amianto. Nel comparto della costruzione di rotabili ferroviari nei primi anni ‘70 la crocidolite è stata sostituita con altri tipi di amianto; meno chiara risulta la situazione della cantieristica navale dove nello stesso periodo vi sono stati alcuni cambiamenti sui sistemi di coibentazione con l’introduzione di materiali non contenenti amianto, ma l’attività di riparazione navale ha verosimilmente protratto esposizioni importanti almeno per tutti gli anni ’80. Da un punto di vista della diversità nella potenza cancerogena dei vari tipi di amianto si consolida la nozione che le casistiche importanti derivino da settori o comparti produttivi, dove è stato fatto uso di un mix di tipi di amianto e in particolare anche della crocidolite. Gli utilizzatori di grandi quantità di materiali di consumo in crisotilo senza alcun presidio di prevenzione, individuabili in Toscana nel comparto dei vetrai artistici della zona empolese, per il momento non presentano un gettito importante di casi. Da questa analisi appare al momento che l’introduzione di sistemi di controllo della polverosità e dell’utilizzazione di amianti diversi dalla crocidolite nel corso degli anni ’70 abbiano contribuito alla riduzione del rischio di contrarre mesotelioma tra gli esposti. Complessivamente, vista l’importante frazione dei casi con esposizione occupazionale o comunque di origine industriale, e la prevalente lunga permanenza in lavori a rischio, si consolida l’ipotesi che il rischio di contrarre questa patologia sia correlata alla dose assorbita, ma che nel contempo non sia possibile stabilire una soglia al disotto della quale vi sia assenza di rischio. Per i prossimi anni l’impegno del sistema di sorveglianza attivato sul mesoteliomi maligno sarà sicuramente quello di mantenere gli elevati standard procedurali raggiunti, anche in relazione al lavoro di network svolto con i servizi pubblici di prevenzione locali e con gli analoghi gruppi di ricerca presenti in Italia operanti nell’ambito del RENAM. Sempre in questo ambito è da non dimenticare il fatto che l’INAIL prende oggi in grande considerazione il giudizio di esposizione espresso dal COR per decidere sull’eventuale indennizzo. Inoltre tra gli aspetti di approfondimento previsti dal COR toscano vi sono la ricostruzione delle situazioni di rischio ancora poco chiare tramite il collegamento delle varie informazioni raccolte da più fonti, e gli aspetti clinico-assistenziali legati alla diagnosi e ai trattamenti terapeutici oggi disponibili in Toscana. Saranno esaminate le varie fonti sanitarie correnti regionali, dall’archivio delle SDO a quello delle prestazioni ambulatoriali, e saranno messe a punto delle procedure ad hoc con i clinici che operano nelle strutture sanitarie regionali al fine di stadiare la casistica e valutarne meglio la sopravvivenza allo scopo di garantire alle persone affette da tale patologia la migliore assistenza e cura possibili. BIBLIOGRAFIA Boffetta P. Epidemiology of peritoneal mesothelioma: a review. Ann of Oncol 2007, 18: 985-990. Chellini E, Merler E, Bruno C, Comba P, Crosignani C, Magnani C, Nesti M, Scarselli R, Marconi M, Fattorini E, Toti G. Linee guida per la rilevazione e la definizione dei casi di mesotelioma maligno e la trasmissione delle informazioni all’ISPESL da parte dei Centri Operativi Regionali. ISPESL Fogli d’Informazione 1996, 1:19-106; European Society for Medical Oncology. Malignant pleural mesothelioma: ESMO Clinical Recommendations for diagnosis, treatment and follow-up. 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Epid Prev 2007, 31 (suppl.4): 75-80 Appendice 2 Scheda di segnalazione dei casi al COR mesoteliomi della Toscana Appendice 3 Il questionario per la raccolta della storia di vita e lavoro dei casi di mesoteliomi maligno Appendice 4 CRITERI DI DEFINIZIONE DELL'ESPOSIZIONE secondo le Linee guida RENAM 2003 Codice 1 = PROFESSIONALE CERTA. Soggetti che hanno svolto un'attività lavorativa implicante l'uso/esposizione ad amianto. La presenza di amianto deve essere documentata da almeno una delle seguenti condizioni: z dichiarazione esplicita del soggetto intervistato qualora si tratti del caso stesso; z indagini ambientali, relazioni degli organi di vigilanza, documentazione amministrativa aziendale; dichiarazione dei colleghi/datore di lavoro; z dichiarazione del parente/convivente per periodi di lavoro svolti in comparti in cui vi era certa utilizzazione di amianto; Codice 2 = PROFESSIONALE PROBABILE. Soggetti che hanno lavorato in un industria o in un ambiente di lavoro in cui l’amianto veniva sicuramente utilizzato o era presente, ma per i quali non è possibile documentare l’esposizione 1. Codice 3 = PROFESSIONALE POSSIBILE. Soggetti che hanno lavorato in un'industria o in un ambiente di lavoro appartenente ad un settore economico in cui generalmente si è riscontrata presenza/uso di amianto, ma non vi sono notizie sull’utilizzazione o meno di amianto da parte degli stessi1. Codice 4 = FAMILIARE. Soggetti non esposti professionalmente ed esposti in ambiente domestico perché conviventi con almeno un lavoratore assegnabile alle categorie 1 o 2. Codice 5 = AMBIENTALE. Soggetti non esposti professionalmente e che hanno vissuto in vicinanza di insediamenti produttivi che lavoravano o utilizzavano amianto (o materiali contenenti amianto) oppure hanno frequentato ambienti con presenza di amianto per motivi non professionali. Codice 6 = EXTRA LAVORATIVA. Soggetti non esposti professionalmente, ma che sono stati esposti ad amianto durante attività svolte in ambiente domestico (uso di suppellettili in amianto) o nel tempo libero (bricolage, riparazioni idrauliche, di auto, operazioni di muratura ecc.). Codice 7 = IMPROBABILE. Soggetti per i quali sono disponibili informazioni di buona qualità sulle loro attività lavorative svolte e sulla loro vita e dalle quali possa escludersi un 1 Sono da spostare nella classe certa i soggetti la cui ricostruzione dell’esposizione li includa in questa classe, ma che risultano già affetti da patologie asbesto correlate, quali placche pleuriche o asbestosi parenchimale. Vale altresì come criterio di inclusione nella classe certa anche il contenuto nel tessuto polmonare di corpuscoli dell’asbesto e di fibre minerali seguendo i riferimenti del Consensus Report di Helsinki del 1997 esposizione ad amianto superiore ai livelli del cosiddetto "fondo naturale ambientale". Sono da includere in questa classe soltanto i casi con intervista diretta. Codice 8 = IGNOTA. Soggetti per i quali l’incompletezza e l’insufficienza delle informazioni raccolte o il livello delle conoscenze non consentono di assegnare una categoria di esposizione. Codice 9 = DA DEFINIRE. Soggetti per i quali è in corso la raccolta delle informazioni per la valutazione dell’esposizione. Codice 10 = NON CLASSIFICABILE. Soggetti per i quali non sono e non saranno più disponibili informazioni (casi chiusi). Appendice 5 REVISIONE DELLA CLASSIFICAZIONE dei casi esposti per motivi FAMILIARI, AMBIENTALI, ed EXTRALAVORATIVI, a seguito del progetto di studio nazionale sui casi ignoti Esposizione FAMILIARE Familiare Certa: z casi che hanno abitato con familiare o convivente al quale verrebbe attribuita una esposizione ad amianto certa, anche sulla base di essere stato esposto in un’azienda nella quale sono insorti casi di mesotelioma, per il quale il trasporto del rischio in ambiente domestico sia desumibile con certezza dall’intervista o da altre fonti; Familiare Probabile: z casi che hanno abitato con familiare o convivente al quale verrebbe attribuita una esposizione ad amianto certa, ma per il quale il trasporto del rischio in ambiente domestico non sia desumibile con certezza dall’intervista o da altre fonti1 ; Familiare Possibile: z casi che hanno abitato con familiare o convivente al quale verrebbe attribuita una esposizione ad amianto non certa, ma solo probabile o possibile, per il quale il trasporto dell’eventuale rischio, qualora sia stato effettivamente presente, in ambiente domestico sia desumibile con certezza dall’intervista o da altre fonti1,2. Esposizione AMBIENTALE Ambientale Certa: z casi che hanno vissuto3 per residenza o per motivi professionali, di studio o altri4 in ambienti con affaccio su, o adiacenti ad aziende, attività industriali o in generale “antropiche” che hanno contaminato con certezza le matrici ambientali circostanti o aerodisperso fibre provenienti da contaminazioni naturali del terreno5. Ambientale Probabile: z casi che hanno vissuto per residenza o per motivi professionali, di studio o altri, in ambienti situati in prossimità di aziende, attività industriali o in generale “antropiche” che hanno con certezza utilizzato amianto o aerodisperso fibre provenienti da contaminazioni naturali del terreno, ma per cui non siano documentabili con certezza contaminazioni delle matrici ambientali circostanti; z casi che hanno fatto un utilizzo regolare e non sporadico di mezzi di trasporto con presenza certa di amianto in matrice friabile nella coibentazione; z casi che hanno vissuto per residenza o per motivi professionali, di studio o altri, in ambienti con affaccio su strade ferrate in un periodo non antecedente alla fine degli anni ’50 . Ambientale Possibile: z casi che hanno vissuto per residenza o per motivi professionali, di studio o altri, in ambienti situati in prossimità di aziende, attività industriali o più in generale “antropiche” sulle quali non sono disponibili informazioni dettagliate, ma che comunque appartengono a comparti in cui l’amianto veniva utilizzato. Esposizione EXTRA LAVORATIVA: Extra lavorativa certa z Casi che hanno dichiarato di aver manipolato in prima persona manufatti o materiali contenenti amianto in ambiente domestico o di vita, oppure durante attività svolte nel tempo libero non finalizzate ad alcuna attività lavorativa6. Data la natura dei manufatti o materiali, e sulla base delle circostanze riferite nel questionario, il valutatore ha gli elementi per desumere con certezza che: 1) contenessero amianto, 2) vi sia stata esposizione a causa della loro manipolazione7. z Casi che, per motivi non professionali, hanno frequentato regolarmente e non sporadicamente ambienti nei quali è documentata la presenza di amianto in matrice friabile. Data la natura dei manufatti o materiali, e sulla base delle circostanze riferite nel questionario, il valutatore ha gli elementi per desumere con certezza che: 1) contenessero amianto, 2) vi sia stata esposizione a causa della loro presenza8. Extra lavorativa probabile z Casi che hanno manipolato in prima persona manufatti o materiali contenenti amianto in ambiente domestico o di vita, oppure durante attività svolte nel tempo libero non finalizzate ad alcuna attività lavorativa. Data la natura dei manufatti o materiali, e sulla base delle circostanze riferite nel questionario, il valutatore ha gli elementi per desumere con probabilità e non con certezza che vi sia stata esposizione a causa della loro manipolazione. L’incertezza può dipendere dalla imprecisione del ricordo da parte dell’intervistato, specie nelle interviste a proxy, ma non dalla natura intrinseca dei manufatti e materiali9. z Casi che, per motivi non professionali, hanno frequentato regolarmente e non sporadicamente ambienti nei quali vi è stata presenza di amianto in matrice friabile. Data la natura dei manufatti o materiali, e sulla base delle circostanze riferite nel questionario, il valutatore ha gli elementi per desumere con probabilità e non con certezza che vi sia stata esposizione a causa della loro presenza. L’incertezza può dipendere dalla imprecisione del ricordo da parte dell’intervistato, specie nelle interviste a proxy, ma non dalla natura intrinseca dei manufatti e materiali10. Extra lavorativa possibile z Casi che hanno manipolato in prima persona manufatti o materiali che potevano contenere amianto in ambiente domestico o di vita, oppure durante attività svolte nel tempo libero non finalizzate ad alcuna attività lavorativa. Data la natura dei manufatti o materiali, e sulla base delle circostanze riferite nel questionario, il valutatore ha gli elementi per desumere che materiali analoghi contenessero con certezza amianto ma non ha precise informazioni su quelli di cui trattasi. L’incertezza dipende dalla imprecisione del ricordo sulla natura intrinseca dei manufatti e materiali11. z Casi che, per motivi non professionali, hanno frequentato regolarmente e non sporadicamente ambienti nei quali è possibile che vi sia stata presenza di amianto in matrice friabile. Data la natura dei manufatti o materiali, e sulla base delle circostanze riferite nel questionario, il valutatore ha gli elementi per desumere che materiali analoghi contenessero amianto ma non ha informazioni precise su quelli di cui trattasi. L’incertezza dipende dalla imprecisione del ricordo sulla natura intrinseca dei manufatti e materiali12. 1 Supponiamo di raccogliere un’intervista a proxy, ad esempio la figlia di una donna, e che emerga che il padre della proxy, marito del caso, ha fatto l’edile ed ha lavorato, in particolare, negli anni ’50 alla manutenzione edile di edifici industriali, usando sicuramente lastre di cemento amianto; si trattava di una ditta piccola di cui non è rintracciabile documentazione d’archivio. Sia il padre che la madre al momento dell’intervista sono deceduti. La proxy sa dell’uso del cemento amianto, che riferisce, dai racconti del padre. Non è però sicura che gli abiti da lavoro fossero portati a casa per essere puliti. Considerando le piccole dimensioni della ditta, il valutatore ritiene che sia improbabile che questa mettesse a disposizione dei suoi muratori spogliatoi adeguati ed un servizio di lavanderia industriale, e che sia pertanto probabile che gli abiti da lavoro fossero portati a casa e puliti dalla moglie. 2 Supponiamo di trovarci di fronte ad un’intervista molto simile a quella dell’esempio precedente. In questo caso tuttavia la figlia da un lato non è sicura che il padre abbia installato/rimosso manufatti in cemento amianto, dall’altro riferisce che i suoi abiti da lavoro erano regolarmente portati a casa per la pulizia, eseguita di regola dalla madre (cioè dal caso). 3 E’ usato il termine “vivere” invece di “abitare” perché ha un significato più ampio, e può comprendere chi ha lavorato o studiato in un luogo o lo ha comunque frequentato. 4E’ logico poter prendere in considerazione anche persone che hanno vissuto in collegi, seminari, caserme, o anche che hanno frequentato scuole o quant’altro. Non sembra infatti qui rilevante né il tipo di edificio frequentato, né le ragioni della frequenza, ma la sua prossimità a fonti di inquinamento da amianto. 5 Per la ricostruzione di inquinamenti pregressi può essere di aiuto il dosaggio della presenza di fibre nelle polveri depositate su superfici orizzontali “remote” per evidenziare eventuali concentrazioni superiori a quelle rilevabili in polveri depositate in luoghi non specificatamente contaminati da amianto. 6 Ricordando che sono attività lavorative anche quelle svolte in assenza di un formale contratto di lavoro e/o al di fuori di un tradizionale luogo di lavoro. Sono pertanto escluse dalla classe delle extra-lavorative le seguenti attività : il lavoro “nero”, il lavoro a domicilio, la collaborazione all’attività (agricola, commerciale, o altro) di un familiare, il volontariato, il servizio militare o quello civile. Vi sono invece incluse: bricolage, riparazioni - idrauliche, di muratura ecc. - alla propria abitazione, riparazioni della propria auto e simili. 7 Un esempio: il caso dichiara di aver installato personalmente una tettoia in cemento amianto per la copertura di un capanno per attrezzi agricoli di circa 30 metri quadrati, usando un trapano elettrico per forare le lastra ed un flessibile per sagomarle. Lo stesso vale se queste circostanze sono riferite da un proxy. 8 Un esempio: il caso dichiara di aver frequentato due volte alla settimana per diversi anni una palestra scolastica in cui è oggi nota la presenza di amianto a spruzzo; riferisce che si distaccavano pezzi di intonaco in seguito ai colpi portati per gioco dai ragazzi. 9 Un esempio: un proxy dichiara che il caso ha installato personalmente una tettoia costituita da lastre di cemento amianto, ma non fornisce dettagli sulla modalità di esecuzione del lavoro. 10 Un esempio: il caso dichiara di aver frequentato regolarmente per tre anni una scuola in prefabbricato, di cui è oggi noto che i tamponamenti esterni ed i tramezzi interni erano costituiti da intelaiature metalliche sulle quali erano montati pannelli a sandwich, costituiti da due lastre di materiale plastico con crisotilo in fiocco nell’intercapedine. Riferisce di aver visto talora sfondare i pannelli da suoi compagni, ma nega di averlo fatto personalmente o di aver manipolato il materiale che fuoriusciva dal pannello. 11 Un esempio: un proxy dichiara che il caso ha installato personalmente una tettoia per la copertura di un capanno per attrezzi agricoli di circa 30 metri quadrati. Gli sembra che la tettoia fosse in cemento amianto, ma non ne è sicuro. 12 Un esempio: il caso dichiara di aver frequentato regolarmente per tre anni una scuola in prefabbricato; è oggi noto che in una scuola simile i tamponamenti esterni ed i tramezzi interni erano costituiti da intelaiature metalliche sulle quali erano montati pannelli a sandwich, costituiti da due lastre di materiale plastico con crisotilo in fiocco nell’intercapedine. Non abbiamo tuttavia informazioni sull’edificio scolastico effettivamente frequentato dal caso. Parte seconda Contributi di riflessione sul mesotelioma maligno e la prevenzione delle esposizioni ad amianto LA SORVEGLIANZA EPIDEMIOLOGICA DEI CASI DI MESOTELIOMA MALIGNO IN ITALIA. IL REGISTRO NAZIONALE (RENAM) Alessandro Marinaccio Dipartimento di Medicina del Lavoro, ISPESL Roma Il tema della sorveglianza epidemiologica dei tumori occupazionali è rilevante per la prevenzione e la sanità pubblica in primo luogo per le dimensioni del fenomeno. In Italia sono stati stimati 4.2 milioni di lavoratori esposti (il 24% degli occupati) ad agenti cancerogeni (139 agenti inclusi nel gruppo 1, 2A o 2B della classificazione IARC) tra cui i fumi di scarico dei diesel, asbesto, polveri di legno, silice cristallina, benzene, cromo esavalente e suoi composti, idrocarburi policiclici aromatici, piombo e composti inorganici (Mirabilli, 2005). Recentemente per la Gran Bretagna, con riferimento al 2004, il 4,9% dei decessi per tumore (limitando le neoplasie considerate al tumore della vescica, del polmone, del naso, al mesotelioma, leucemie e al tumore della pelle non melanoma) è stato attribuito ad esposizioni occorse in ambito lavorativo. L’esposizione ad amianto è responsabile di più della metà dei casi stimati (Rushton, 2007). L’Italia è stata fino alla fine degli anni ’80 il secondo maggiore produttore europeo di amianto in fibra dopo l’Unione Sovietica e il maggiore della Comunità Europea. Dal dopoguerra al bando del 1992 sono state prodotte 3.748.550 tonnellate di amianto grezzo. Il periodo tra il 1976 ed il 1980 è quello di picco nei livelli di produzione con più di 160.000 tonnellate/anno prodotte. Fino al 1987 la produzione non è mai scesa sotto le 100.000 tonnellate-anno per poi decrescere rapidamente fino al bando. Le importazioni italiane di amianto grezzo si mantengono superiori alle 50.000 tonnellate/anno fino al 1991 (figura 1). La curva dei consumi in Italia mostra un ritardo temporale consistente se comparata con quella di numerosi altri paesi industrializzati; in particolare nei paesi scandinavi (Finlandia, Norvegia, Svezia e Danimarca) – che sono quasi esclusivamente importatori (se si fa eccezione per modeste quantità di antofillite in Finlandia) - le importazioni raggiungono il picco fra il 1967 e il 1971, mentre erano già in calo a quella data nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America (Virta, 1983). La comparazione fra le curve di consumo procapite di amianto grezzo di alcuni Paesi occidentali (inclusa l’Italia) riportate in figura 2 consente di avere un’immagine immediata del lag temporale nella distribuzione di tali consumi per il nostro paese. In questo preoccupante quadro (sia rispetto alle quantità di amianto consumate che alla distribuzione nel tempo di tali quantità) il Decreto Legislativo n. 277 del 1991 ha previsto l’istituzione presso l’ISPESL del Registro Nazionale dei Mesoteliomi asbestocorrelati. La norma delegava ad un decreto attuativo del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, la determinazione del modello e delle modalità di tenuta del registro, nonché delle modalità di trasmissione della documentazione. La gestazione del decreto attuativo è stata particolar- Figura 1- Produzione nazionale ed importazioni di amianto in fibra. Italia, anni: 19461992. produzione nazionale 250000 importazioni Tonnellate 200000 150000 100000 50000 0 1 9 4 5 1 9 5 0 1 9 5 5 1 9 6 0 1 9 6 5 1 9 7 0 1 9 7 5 1 9 8 0 1 9 8 5 1 9 9 0 1 9 9 5 Anno Fonte Marinaccio A et al. Registro Nazionale dei Mesoteliomi, II rapporto. Fonte: Marinaccio A. et al. Registro Nazionale dei Mesoteliomi, II rapporto. Monografia ISPESL, Roma 2006. mente lunga. Nel frattempo è andato consolidandosi il rapporto di confronto e collaborazione fra ISPESL e quelle Regioni che, prima delle altre, hanno dato vita a sistemi di registrazione dei casi di mesotelioma con modalità di ricerca attiva e di analisi tramite intervista delle modalità di esposizione. Le prime esperienze di sorveglianza epidemiologica dei casi incidenti di mesotelioma maligno si sono sviluppate infatti a livello regionale fin dalla fine degli anni ’80. Nel 1988 nasce il Registro toscano, nel 1989 il Registro pugliese e nel 1990 quello del Piemonte. In Liguria ed Emilia-Romagna la sorveglianza epidemiologica si sviluppa prima a livello comunale, poi provinciale e nel 1996 si estende all’intero territorio regionale. Le “Linee Guida nazionali per la rilevazione e la definizione dei casi di mesotelioma maligno e la trasmissione delle informazioni all’ISPESL” edite nel 1996 a cura dell’ISPESL hanno rappresentato il primo risultato di questa attività di collaborazione (Chellini, 1996). Il documento ha fissato l’architettura della rete di rilevazione identificando negli istituti di anatomia patologica di pneumologia le fondamentali fonti informative. Sono stati indicati quindi i criteri di riferimento per la definizione diagnostica secondo livelli di probabilità. Per un Registro specializzato di natura occupazionale come il RENAM la definizione delle modalità di esposizione ha sempre rappresentato l’elemento più caratterizzante ed un Figure 2: Consumi pro capite di amianto grezzo (1960-1990) in Francia, Italia, Svezia, Stati Uniti d’America e Regno Unito (tonnellate per 100.000 abitanti). USA 400,0 ITA UK FR Tonnellate * 100.000 abitanti SW 300,0 200,0 100,0 0,0 1 9 6 0 1 9 6 6 1 9 7 2 1 9 7 8 1 9 8 4 1 9 9 0 imprescindibile valore aggiunto rispetto alle esperienze di registrazione degli eventi patologici sia di incidenza (registri tumori) che di mortalità. Il “questionario sulla storia di lavoro e sulle abitudini di vita” è stato definito per la prima volta nelle Linee Guida del 1996 e successivamente aggiornato ed implementato più volte fino a diventare uno strumento di riconosciuta utilità a livello non solo nazionale. Nel 2001 è stato possibile documentare con il Primo Rapporto l’attività fin allora svolta nel circuito formato dalle Regioni del Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana e Puglia (Nesti, 2001). Sono stati presentati e discussi i dati relativi ai casi incidenti nel periodo 1993-1996 e, per la prima volta nel nostro paese, riferiti i tassi di incidenza e il catalogo delle modalità di esposizione con riferimento ad un territorio assai ampio e, per ragioni di storia industriale, con un gettito elevato di casi. Il territorio monitorato infatti comprendeva le aree della cantieristica navale in Liguria e Toscana (Genova, Savona, La Spezia, Livorno), dell’industria del cemento amianto in Piemonte e Puglia (Casale Monferrato e Bari), della riparazione e manutenzione dei rotabili ferroviari in Emilia-Romagna e Toscana (Reggio Emilia e Pistoia). Il “Regolamento per il modello e le modalità di tenuta del registro…” è stato emanato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 308 del 10 dicembre 2002 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 31 del 7 febbraio 2003; ha reso le procedure di raccolta e di trasmissione dei dati fissate da una legge dello Stato in termini ineludibili. Il provvedimento ha dato ulteriore slancio alla costituzione dei Centri Operativi Regionali (COR), che nel frattempo erano sorti in importanti regioni (per popolazione residente e gettito di casi) come il Friuli-Venezia Giulia, il Veneto, la Lombardia, le Marche, la Campania e la Sicilia ed oggi il panorama è pressoché completo con la partecipazione al circuito del RENAM anche della Valle d’Aosta, della Provincia Autonoma di Trento, dell’Umbria, del Lazio, della Basilicata, della Calabria e della Sardegna. All’inizio del 2008 quindi, le sole porzioni di territorio nazionale dove non è operativo un Centro Regionale sono il Molise e la Provincia Autonoma di Bolzano. I nuovi protocolli diagnostici e le acquisizioni scientifiche sulla possibilità di esposizioni professionali ed ambientali meno “tradizionali” hanno determinato la necessità di una revisione delle Linee Guida che ha visto la partecipazione di un assai nutrito gruppo redazionale con il coinvolgimento di tutte le Regioni e che si è concluso nel 2003 con la stesura della II edizione delle Linee Guida nazionali (Nesti, 2003). Lo sviluppo ed il consolidamento della rete è stato documentato nel II rapporto edito a ottobre del 2006 (Marinaccio, 2006). Il volume ha fornito documentazione della casistica segnalata al RENAM con un periodo di incidenza dal 1993 al 2001 (tabella 1). Sono inoltre documentati per la prima volta i consumi di amianto in Italia dal secondo dopoguerra al Tabella 1- Tassi standardizzati di mesotelioma maligno (x 100.000 abitanti) per genere e sede anatomica. Casi segnalati al RENAM dai COR del Piemonte, Veneto, Liguria, EmiliaRomagna, Toscana, Marche, Puglia e Sicilia. Anno di incidenza 2001. Sede anatomica Pleura Peritoneo Pericardio Testicolo Genere Tassi standardizzati (*100.000) Uomini 2,98 Donne 0,98 Uomini 0,18 Donne 0,06 Uomini 0,01 Donne - Uomini 0,01 Fonte: Marinaccio A. et al. Registro Nazionale dei Mesoteliomi, II rapporto. Monografia ISPESL, Roma 2006. bando del 1992 ricostruendo le quantità annue di amianto importato, prodotto ed esportato. L’analisi ha consentito di dimostrare con criterio statistico la rilevanza della “questione amianto” in Italia che presenta caratteristiche particolari per entità e distribuzione temporale dei consumi. Sono state passate in rassegna le esperienze di sorveglianza epidemiologica dei casi di mesotelioma in corso negli altri paesi e sono state presentate le stime di sopravvivenza oggi disponibili in studi di popolazione o su campioni di soggetti ammalati reclutati in ambito di studi analitici. L’analisi delle modalità di esposizione è stata affidata ad un approfondimento per i settori della cantieristica navale, dei rotabili ferroviari, dei marittimi, dell’industria tessile, dell’agricoltura, dei casi con esposizione ambientale o familiare. La seconda sezione del volume è invece dedicata alla presentazione dei vari COR regionali che hanno descritto le specifiche caratteristiche della loro attività. L’archivio del Registro Nazionale contiene, a dicembre 2006, informazioni relative a più di 5.000 casi di mesotelioma maligno rilevati in ragione di un sistema di ricerca attiva e di analisi standardizzata delle storie residenziali e professionali. Tale database costituisce una preziosa base per la ricerca epidemiologica sia di tipo eziologico che descrittivo. Nel corso degli ultimi anni sono stati approfonditi numerosi ambiti di ricerca. E’ stato dimostrato come la sopravvivenza si mantenga assai breve dalla diagnosi (intorno ai 9-12 mesi) ed identificati nel tipo istologico e nell’età i fattori prognostici determinanti (Marinaccio, 2003). La latenza (misurata come il tempo che è intercorso fra l’inizio dell’esposizione e la diagnosi) è molto lunga (più di 40 anni) e sono assai rari i casi per i quali risulta più breve di 10 anni; mentre rimane ancora controverso il tema della relazione fra intensità (e lunghezza) dell’esposizione e periodo di latenza (Marinaccio, 2007). L’archivio del RENAM è stato poi utilizzato per discutere ed interpretare le previsioni dei decessi per tumore della pleura formulate a partire dalla dinamica dei consumi di amianto e dall’analisi dei dati di mortalità per tumore della pleura. Tali previsioni inducono a ritenere che la riduzione del gettito di casi debba essere attesa a partire dal 2010-2015 (Marinaccio, 2005). Gli approfondimenti di ricerca sul versante delle ipotesi eziologiche hanno riguardato in particolare l’analisi dei casi per i quali l’esposizione è stata definita “ignota” vale a dire per i quali non è stata identificata (almeno in una prima fase) la fonte di esposizione ad amianto. Si tratta di una percentuale consistente (intorno al 15% dei casi approfonditi) di particolare interesse per la verifica di eventuali altri fattori di rischio sia per la possibile segnalazione di situazioni di contaminazione inattesa, e quindi in potenza ancora attuale. La discussione sulla quota di soggetti ammalati senza evidenza di esposizione pregressa ad amianto (lavorativa e non) deve sempre tenere presente alcuni elementi di accortezza. Si tratta di indagare anamnesi lavorative, familiari e residenziali molto lontane nel tempo di soggetti in cattive (spesso drammatiche) condizioni di salute. La capacità, non solo tecnica ma anche relazionale, dell’intervistatore sono cruciali. Inoltre per la storia industriale del nostro paese, per il costo contenuto e l’ampia disponibilità, l’utilizzo dell’amianto è avvenuto in numerosissime applicazioni industriali (sfruttando le proprietà di resistenza al fuoco e di insonorizzazione) e spesso la sua presenza può risultare inattesa. Le caratteristiche eziologiche della malattia sono tali per cui è diffusa fra i ricercatori l’opinione che non sia possibile fissare un livello di esposizione sotto il quale l’amianto non sia in grado di indurre l’insorgenza di mesotelioma. La circostanza di un possibile effetto patogeno anche in conseguenza di esposizioni brevi e lievi non significa che il livello e l’intensità dell’esposizioni non siano correlate al rischio di malattia. E’ indubitabile ed ampiamente dimostrato che il rischio di mesotelioma cresce al crescere dell’intensità e della durata dell’esposizione e quindi della somma cumulata delle fibre inalate. L’insieme di queste considerazioni consigliano di avere sempre accortezza nell’escludere la possibilità di un’esposizione ad amianto anche laddove non esistano elementi di prima evidenza. L’approfondimento dei casi con esposizione “ignota”, condotto nell’ambito del RENAM con il contributo determinante e la conduzione del COR della Regione Toscana, ha consentito di ridefinire con successo l’esposizione per un numero molto rilevante di casi e di identificare situazioni di rischio di esposizione nelle attività del tessile e dell’agricoltura (RENAM, 2007a). Il mandato di legge prevede la sorveglianza dei casi di mesotelioma insorti in tutte le sedi anatomiche. L’analisi dei dati acquisiti dal RENAM nella fase iniziale della sua attività, ha mostrato una quota di pazienti ammalati con localizzazione extrapleura inferiore rispetto a quanto generalmente riportato negli studi analitici pubblicati in letteratura e nelle esperienze di sorveglianza di popolazione analoghe per metodi (Registro dei mesoteliomi australiano, tedesco, francese). Questa evidenza ha indotto ad un approfondimento che si è sviluppato nell’ambito del RENAM con il contributo determinante e la conduzione del COR dell’Emilia-Romagna. I risultati di questa attività hanno consentito di fornire indicazioni innanzitutto sulla necessità di rafforzare la rete di segnalazione. Infatti mentre tale rete per i casi di mesotelioma della pleura, come si è già accennato, è costituita essenzialmente dai reparti ospedalieri di anatomia-patologica, chirurgia toracica e pneumologia, risulta invece più differenziata per i mesoteliomi del peritoneo, del pericardio e della tunica vaginale del testicolo. I risultati della ricerca, disponibili in dettaglio sul sito web del RENAM, hanno inoltre permesso di comparare la distribuzione per tipo di esposizione fra mesoteliomi della pleura ed extrapleurici portando alla luce differenze significative che sarà necessario verificare ed interpretare (RENAM, 2007b). Attualmente il RENAM ed i COR hanno stabilito un programma di ricerca che prevede l’approfondimento dei temi delle circostanze di esposizione domestica ed ambientale, dei casi di mesotelioma nelle donne, dei casi con una esposizione ad amianto particolarmente breve e dei casi che hanno contratto la malattia a seguito di un periodo di lavoro all’estero. Questi argomenti e la verifica delle stime di latenza e sopravvivenza consentiranno auspicabilmente di offrire un contributo rilevante per la comunità scientifica, ma costituiscono anche un patrimonio conoscitivo per ambiti non accademici. Si tratta infatti di argomenti che si correlano a questioni di rilevanza generali su cui la discussione è aperta. Quale tipo di tutela è necessario prevedere per coloro che si ammalano in ragione di un’esposizione ad amianto non di tipo professionale? Recentemente nel Regno Unito si è verificato il primo caso di una donna di Plymouth alla quale è stato riconosciuto dal Ministero della difesa britannico un indennizzo per un carcinoma polmonare che è stato giudicato correlato all’esposizione all’amianto subita dalla donna abbracciando il padre, operaio nei cantieri navali ed esposto per motivi professionali. Si tratta di un caso rarissimo di indennizzo per esposizione non lavorativa diretta che costituisce un precedente assai rilevante sul quale sarebbe utile si aprisse una discussione nel nostro paese. Ogni anno si ammalano e muoiono in Italia un numero considerevole di persone che hanno subito un esposizione indiretta e per le quali non è previsto dalle norme nessun tipo di tutela. Parimenti rilevante è il tema della tutela di coloro che si sono ammalati in Italia, dove sono rientrati al temine di un periodo lavorativo come immigrati in altri paesi (Belgio, Francia, Germania,…). Per essi la questione del riconoscimento dei loro diritti è resa ancora più complessa dal fatto che l’analisi del nesso causale deve avvenire rispetto ad un luogo di lavoro estero. Sul versante della ricerca eziologica, il ruolo delle esposizioni brevi può fornire elementi per l’analisi della relazione dose/risposta e per la verifica della non plausibilità di una dose soglia di assenza di rischio. Sul versante della ricerca scientifica sono quindi aperti numerosi ambiti di sviluppo per l’attività del RENAM. Si tratta in gran parte di temi di ricerca sui quali un sistema come il RENAM - di sorveglianza epidemiologica che indaga direttamente le modalità di esposizione su base non distorta (di popolazione) – è in grado di fornire elementi di risposta con più efficacia rispetto agli altri strumenti disponibili (sorveglianza dei decessi, studi analitici, registrazione dei tumori). Rimane aperto un secondo versante di sviluppo che riguarda il riconoscimento assicurativo. Il mesotelioma (come il tumore del polmone riconosciuto indotto da esposizione ad amianto) sono indennizzati dall’Istituto assicuratore dal 1994; fino ad allora (dal 1946) erano indennizzati i soli casi di asbestosi. A partire dal 1994 il numero di casi di neoplasie da amianto indennizzato dall’INAIL è cresciuto con regolarità passando dai 142 casi del 1995 ad una media di circa 550 casi negli anni più recenti per i quali i dati possono considerarsi quasi definitivi (2002-2005) (INAIL, 2005). Si tratta di una crescita regolare che solo in parte dipende dalla dinamica della malattia nella popolazione, ma alla quale certamente ha contribuito il mondo della ricerca epidemiologica in tema di malattie asbesto-correlate. In particolare deve essere rivolta attenzione alla circostanza che l’istituzione e lo sviluppo (in termini territoriali e di produzione scientifica) di un sistema epidemiologico autonomo di ricerca attiva dei casi di mesotelioma, e di analisi dell’esposizione, ha consentito di disporre di informazioni preziose anche per il versante assicurativo. In molte realtà territoriali lo scambio e l’interazione fra COR e Istituto assicurativo è una realtà che è certamente necessario rafforzare, pure mantenendo la diversità di approccio metodologico ed istituzionale (epidemiologico prevenzionale da una parte, assicurativo dall’altra). I risultati positivi in questo senso suggeriscono di sviluppare i sistemi di sorveglianza epidemiologica anche ad altre patologie occupazionali evitando di caratterizzare i dati dell’attività di indennizzo di una connotazione epidemiologica che per loro natura non possono avere. Il bando dell’amianto risale al 1992, la lunga latenza della malattia induce a ritenere che le conseguenze in termini di sanità pubblica del massiccio utilizzo del materiale nel nostro paese non possano considerarsi esaurite. Tuttavia non può essere considerato scontato il ruolo della sorveglianza epidemiologica per la prevenzione primaria che è in relazione con la possibilità di occasioni di esposizione in attualità. Oggi sono certamente cessate tutte le attività che comportano l’uso diretto (come materia prima) di amianto, ma rimane la presenza del materiale sia in ambiente di lavoro (soprattutto laddove è stato utilizzato per la coibentazione e non rimosso) sia in ambiente di vita (manufatti, rifiuti, edilizia residenziale). L’epidemiologia delle malattie asbesto correlate (e in qualche caso l’attività dei registri dei mesoteliomi) ha portato alla luce situazioni di contaminazione che né le attività di censimento dei siti a rischio né il monitoraggio corrente degli eventi patologici, aveva evidenziato. Il caso del paese di Biancavilla Etnea è, in questo senso, esemplare del ruolo della sorveglianza epidemiologica per la prevenzione primaria (Comba, 2003). Restano numerosi gli aspetti critici dell’attività del RENAM e su cui è necessario innalzare il livello di qualità. Malgrado l’istituzione di un COR sia ormai avvenuta per tutte le Regioni (con l’eccezione del Molise e della Provincia Autonoma di Bolzano), in molti casi questo non si è accompagnato ad un concreto impegno finanziario regionale e questo ha di fatto rallentato o addirittura impedito la reale operatività delle strutture. La figura 3 consente di verificare come l’istituzione del COR in qualche caso non si è ancora tradotta Figura 3 - Centri Operativi Regionali istituiti sul territorio nazionale. Nelle parentesi è indicato il periodo per il quale sono stati trasmessi i dati al Registro Nazionale dei Mesoteliomi. Per qualche Regione non si tratta di dati di incidenza regionale. in una reale produzione e trasmissione di dati all’ISPESL. Deve ancora diffondersi evidentemente la consapevolezza che le informazioni prodotte dal COR sono innanzitutto un patrimonio della sanità pubblica regionale. Per la stessa ragione, vale a dire la scarsa disponibilità di mezzi, in altri casi la rilevazione, pur producendo dati importanti, di incidenza regionale non può essere considerata esaustiva. Questo riduce a livello nazionale la possibilità di procedere ad analisi comparative sia nello spazio (confronti geografici) sia nel tempo (analisi di trend). Sussistono differenze significative anche riguardo la capacità di approfondimento dei casi rispetto alle anamnesi lavorative e residenziali. La quota di casi approfonditi che nel pooled delle regioni è pari al 70% dei casi rilevati, non è omogenea. Tale disomogeneità, per una patologia con una fortissima caratterizzazione territoriale (in conseguenza della localizzazione delle situazioni di rischio di esposizione), riduce la rappresentatività e la non distorsione nelle analisi aggregate. Il tema della omogeneità interregionale nelle attività di classificazione e codifica è un altro elemento critico del sistema nazionale. Sono in corso di redazione delle specifiche linee guida operative che avranno l’obiettivo di renderle il più possibili uniformi. La sorveglianza epidemiologica dei casi di mesotelioma è in corso con modalità diverse in numerosi paesi. In Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia la sorveglianza non deriva dall’attivazione di un registro specializzato ma si avvale della registrazione dell’incidenza di tutti i tumori a livello di popolazione sull’intero territorio nazionale. Le informazioni sulla incidenza dei mesoteliomi e l’analisi dei rischi per settore economica avviene attraverso procedure di linkage fra registri tumori di popolazione, dati censuari ed archivi dei dati professionali. In Gran Bretagna il sistema si basa sui certificati di decesso nei quali viene richiesto di riferire dell’attività lavorativa prevalente svolta in vita dal soggetto. Analogamente negli Stati Uniti il “work-related Lung Diseases Program”, promosso dalla Division of Respiratory Disease del National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH) analizza la diffusione del mesotelioma a partire dai certificati di decesso mentre in Germania il Registro è orientato prevalentemente a definire i criteri per l’indennizzo. In Francia (analogamente ad Australia e Nuova Zelanda) la sorveglianza epidemiologica del mesotelioma si basa su una ricerca attiva dei casi attraverso una rete delle strutture sanitarie dove la malattia è diagnosticata e trattata (istituti di anatomiapatologica, di chirurgia toracica, reparti di oncologia, ecc.) e sull’attribuzione delle modalità di esposizione dopo l’analisi della storia lavorativa, residenziale ed ambientale in relazione alla possibile esposizione ad amianto, di ciascun soggetto colpito dalla malattia. E’ assolutamente auspicabile costruire una rete di confronto e di dialogo fra queste diverse esperienze che consentirebbe di mettere a vantaggio di ciascuno gli aspetti più utili delle esperienze altrui. Questa rete è ancora del tutto da costruire a meno dei contatti in corso con il Registro Mesoteliomi Francese, che opera in un paese con una distribuzione nel tempo e un’intensità di consumo di amianto che è piuttosto simile a quella italiana. Il quadro legislativo italiano in tema di salute e sicurezza dei luoghi di lavoro sarà presto ridefinito dal “Testo Unico”. Il sistema di sorveglianza epidemiologica delle malattie professionali, ed in particolare dei tumori, dovrà certamente tenere conto delle esperienze maturate in questi anni. L’attività ed i risultati del RENAM hanno dimostrato che il modello di collaborazione fra Ente di ricerca nazionale e Regioni consente di sviluppare nel modo più adeguato le rispettive competenze. In questi anni la collaborazione è stata proficua. L’ISPESL ha coordinato le attività di standardizzazione delle metodiche di ricerca attiva dei casi, di definizione dell’esposizione, di classificazione e codifica, ha definito e realizzato il software operativo che consente di salvaguardare ogni esigenza di riservatezza, ha condotto i gruppi di lavoro che hanno dato luogo alla reportistica e agli approfondimenti scientifici. Le Regioni hanno in piena autonomia sviluppato la sorveglianza nel proprio territorio approfondendo i temi che la specifica storia industriale dei rispettivi territori suggeriva. Il modello di ricerca attiva dei casi è stato possibile, oltre che dall’efficacia del modello operativo, dalla relativamente modesta dimensione del fenomeno e dalla caratteristiche eziologiche della malattia. L’insieme di queste valutazioni rende auspicabile che il nuovo quadro legislativo consenta di affiancare al Registro Mesoteliomi, un analoga rete per i tumori del naso-sinusali. Questa patologia infatti, che colpisce con un incidenza pari a un terzo di quella dei mesoteliomi, presenta una assai elevata componente occupazionale (per esposizioni a polveri di legno e cuoio) e la sorveglianza epidemiologica attraverso la ricerca attiva dei casi e l’analisi delle modalità di esposizione fornirebbe un rilevante contributo alle conoscenze sull’eziologia della malattia, alla sua occorrenza per settore di attività e si configurerebbe come un utile strumento per la prevenzione. Per le neoplasie con una meno elevata componente professionale e con un gettito di casi considerevole, le modalità del sistema RENAM sono certamente improponibili. Da tempo sono stati sviluppate procedure e metodi epidemiologici di analisi e monitoraggio dei rischi di neoplasia professionale sulla base di un articolato sistema di linkage fra gli archivi amministrativi correnti (in particolare l’archivio delle prestazioni e dei contributi previdenziali). Il sistema (denominato OCCAM – Occupational Cancer Monitoring) è oggi in corso di valutazione in numerosi regioni con risultati di grande interesse. La completa diffusione sul territorio nazionale e l’applicazione periodica di tali metodi rappresenta una nuova sfida che consentirà di completare e rendere stabile il quadro della sorveglianza epidemiologica dei tumori professionali in Italia. In questo ambito la Regione Toscana rappresenta per efficacia e tempestività un modello di riferimento. Il Registro dei Mesoteliomi ha trovato in Toscana la sua prima realizzazione a livello regionale e recentemente sono stati sviluppati anche la rete di rilevazione dei casi di tumore del naso-sinusali e l’architettura del progetto OCCAM. Il COR della Toscana rappresenta inoltre, per le competenze sia di carattere epidemiologico che di igiene industriale, un punto di riferimento essenziale della rete nazionale. Ringraziamenti. Il Registro Nazionale dei Mesoteliomi ha un grande debito di riconoscenza a Massimo Nesti che ha dedicato alla sua costruzione e al suo sviluppo molti anni di lavoro paziente ed intelligente. Oggi il RENAM è costituito dai Centri Operativi Regionali (COR) istituiti nelle regioni del Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Veneto, provincia autonoma di Trento, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. L’attività di tutti gli operatori dei COR nella ricerca attiva dei casi e nell’identificazione delle modalità di esposizione costituisce il patrimonio più prezioso del RENAM per la prevenzione della malattia e la sanità pubblica. BIBLIOGRAFIA Chellini E, Merler E, Bruno C, Comba P, Crosignani C, Magnani C, Nesti M, Scarselli R, Marconi M, Fattorini E, Toti G. Linee guida per la rilevazione e la definizione dei casi di mesotelioma maligno e la trasmissione delle informazioni all’ISPESL da parte dei Centri Operativi Regionali. ISPESL Fogli d’Informazione 1996;1:19-106; Comba P, Gianfagna A, Paoletti L. Pleural mesothelioma cases in Biancavilla are related to a new fluoro-edenite fibrous amphibole. Archives of Environmental Health. 2003;58:22932. INAIL. Rapporto annuale 2005. Disponibile al sito: http://www.inail.it/pubblicazionieriviste/tuttititoli/rapporti/rapportoannuale/2005/rappo rtoannuale.htm Marinaccio A, Nesti M & Regional Operational Centers. Analysis of survival for mesothelioma cases in the Italian register (ReNaM). European Journal of Cancer 2003 Jun; 39(9):1290-5 Marinaccio A, Montanaro F, Mastrantonio M, Uccelli R, Altavista P, Nesti M, Seniori Costantini A, Gorini G. Predictions of mortality from pleural mesothelioma in Italy: a model based on asbestos consumption figures supports results from age-period-cohort models. 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Worldwide asbestos supply and consumptions trends from 1900 to 2000. Openfile report 03-83. U.S. Department of interior – U.S. Geological Survey LE PIÙ RECENTI MODALITÀ DI INTERVENTO DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO SUL MESOTELIOMA MALIGNO A SEDE PLEURICA Andrea Lopes Pegna SOD Pneumologia 1 AOU Careggi Firenze L’Istituto Tumori Toscano nel giugno del 2007 ha elaborato le “Raccomandazioni cliniche per il Mesotelioma Pleurico Maligno (MPM)” che sono scaturite dalla discussione comune delle linee guida attualmente esistenti da parte degli specialisti toscani coinvolti nella diagnosi e terapia del MPM (vedi appendice). Il carattere più peculiare del MPM è riconducibile alla stretta correlazione fra pregressa esposizione ad asbesto e l’insorgenza della neoplasia. Altra caratteristica del MPM è il lungo periodo di latenza (20-50 anni) che spesso intercorre fra l’esposizione all’asbesto e l’insorgenza della malattia. Dal punto di vista clinico è un tumore estremamente aggressivo, quasi sempre refrattario a qualsiasi tipo di terapia convenzionale. Ad oggi sono state prodotte linee guida solo da parte della SPLF (French Speaking Society for Chest Medicine) (Scherpereeel, 2007) e dell’European Society of Medical Oncology (ESMO, 2007). Diagnosi Valutazione dell’esposizione all’asbesto La probabilità che il MPM si sia sviluppato a seguito dell’esposizione di asbesto dipende da due fattori: a) il tempo che è passato dalla prima esposizione all’asbesto b) la dose cumulativa di asbesto espressa come fibre/ml di aria x numero di anni di esposizione Due metodi possono essere usati per stimare questi due parametri: - l’anamnesi occupazionale e ambientale rappresenta un elemento essenziale per determinare l’esposizione ad asbesto e deve essere effettuata sistematicamente per ogni paziente con MPM (Raccomandazione A) (tabella 1). Esistono procedure validate che si avvalgono di competenze specifiche di igiene industriale per la ricostruzione della storia di esposizione ad amianto, sia in ambito lavorativo che extra-lavorativo, procedure standardizzate a livello nazionale utilizzate dai COR mesoteliomi e dal Re.Na.M. Quando l’esposizione all’asbesto non appare ovvia può essere utile la consulenza del Medico del Lavoro. - la biometrologia che consiste nella misurazione dell’asbesto (corpi di asbesto identificato alla microscopia ottica e fibre di asbesto identificate con microscopia elettronica) nei campioni biologici. Questa tecnica consente di identificare i soggetti che hanno ritenzione nel tratto respiratorio di livelli elevati di asbesto e identifica precedenti elevate esposizioni indipendentemente dalla loro origine. La biometrologia non è da considerare elemento essenziale nella pratica clinica. Test di biometrologia negativi non eliminano la possibilità che vi sia stata nel passato una esposizione ad amianto sufficiente da indurre il MPM. Tab. 1:– Grado delle raccomandazioni Grado delle Raccomandazioni A B C D E Descrizione L’esecuzione di quella particolare procedura o test diagnostico è fortemente raccomandata. Indica una particolare raccomandazione sostenuta da prove scientifiche e di buona qualità, anche se non necessariamente di tipo I o II Si nutrono dei dubbi sul fatto che quella particolare procedura o intervento debba essere sempre raccomandata, ma si ritiene che la sua esecuzione debba essere attentamente considerata Esiste una sostanziale incertezza a favore o contro la raccomandazione di eseguire la procedura o l’intervento L’esecuzione della procedura non è raccomandata Si sconsiglia fortemente l’esecuzione della procedura Presentazione clinica I sintomi di presentazione clinica presenti nella maggior parte dei pazienti sono rappresentati: a) dalla dispnea all’inizio conseguenza solitamente dell’abbondante versamento pleurico e successivamente per la sindrome restrittiva che si sviluppa per ispessimento pleurico; b) dal dolore toracico non pleuritico determinato dall’interessamento della parete toracica. Si può avere anche tosse secca, perdita di peso, febbre, astenia, sudorazione notturna. La malattia si presenta per lo più unilateralmente (95%), localizzata a destra (60%) e prevalentemente nei soggetti di sesso maschile tra i 60 e 80 anni di età. I sintomi del MPM possono essere insidiosi e non specifici cosicché il tempo tra la presentazione clinica iniziale e la diagnosi è spesso di 3-6 mesi. A volte la malattia si presenta con dolore toracico acuto di tipo pleuritico e modesto versamento pleurico; questa sintomatologia si può successivamente risolvere e poi recidivare dopo alcuni mesi di assenza sintomatologica. Il MPM raramente metastatizza a distanza, ma la maggior parte dei pazienti si presentano con malattia localmente avanzata. L’esame obiettivo e l’Rx torace dimostrano la presenza di versamento pleurico nel 80-95%; nel 10-29% dei casi il versamento è minimo o assente. Con l’evoluzione della malattia il versamento tende a diminuire: da versamento libero a versamento saccato. Dolore toracico localizzato e massa palpabile della parete toracica indicano invasione della parete toracica e non resecabilità. La diagnosi di MPM non si può basare unicamente su criteri clinici (dolore toracico, retrazione toracica o massa toracica monolaterale in soggetti con storia di passata esposizione all’amianto) (Raccomandazione A). Indagini diagnostiche 1. Imaging a) Rx torace nelle 2 proiezioni ortogonali, indispensabile per l’inquadramento iniziale; nella maggioranza dei casi evidenzia però solo un versamento pleurico monolaterale aspecifico. Non è raccomandato utilizzare l’Rx torace per diagnosticare il MPM (Raccomandazione A) b) TC torace - procedura diagnostica chiave per la diagnosi di MPM (orientativi sono l’ispessimento pleurico diffuso o la presenza di masse pleuriche con la loro estensione ad un anello intorno il polmone e all’interno delle scissure e lungo la pleura mediastinica, il pericardio e il diaframma) anche se non consente una sua diagnosi definitiva (Raccomandazione A) - indispensabile prima di eseguire la toracoscopia perchè consente di valutare l’estensione della neoplasia alla parete toracica, pericardio, diaframma, strutture mediastiniche e linfonodi locoregionali (Raccomandazione A) - TC torace e addome superiore con m.c. con ricostruzione tridimensionale per pericardio e diaframma è particolarmente utile per valutare la diffusione transdiaframmattica della neoplasia (Raccomandazione A) - raccomandata dopo la rimozione del liquido pleurico, per eseguire il follow-up con TC torace e addome con ricostruzione tridimensionale sia per la diagnosi che per la stadiazione del MPM (Raccomandazione A) c) RNM - superata per l’impiego della TC con ricostruzione tridimensionale d) PET - utile in quanto offre ulteriori informazioni: ° un SUV elevato indica una maggior attività proliferativa, informazione utile a fini prognostici ° per la stadiazione del MPM in quanto può indicare (Raccomandazione B): ▪ l’interessamento dei linfonodi mediastinici e retroperitoneali (con possibilità di evitare il loro accertamento istologico preoperatorio) ▪ l’interessamento pleurico controlaterale ▪ la presenza di metastasi extratoraciche (come i linfonodi sovraclaveari) 2. Indagini cito-istologiche a) toracentesi con citologia del liquido pleurico - può portare alla diagnosi nel 20-33% dei casi - non è raccomandato eseguire la diagnosi di MPM sulla base dell’analisi di marker nel liquido pleurico (mesotelina, osteopontina) (Raccomandazione A) b) agobiopsia transparietale con guida TC o ecografica - indicata in assenza di versamento pleurico e di neoplasia voluminosa - diagnostica nell’87% dei casi - la biopsia transparietale (con guida TC o ecografica) non è raccomandata per la diagnosi di MPM ad eccezione dei pazienti nei quali sia controindicata la toracoscopia (Raccomandazione A) c) biopsia diretta in toracoscopia - diagnostica nel 95% dei casi - nel caso di lesioni pleuriche non specifiche le biopsie dovrebbero essere eseguite sulla pleura parietale intorno alle placche e nelle zone pleuriche marcate da antracosi - è raccomandato eseguire la toracoscopia per la diagnosi di MPM eccetto che nei casi di controindicazione preoperatoria o di sinfisi pleurica (Raccomandazione A) - consente di eseguire oltre all’esame bioptico anche il talcaggio ° pleurodesi a scopo preventivo per le recidive di versamento ° utile come procedura propedeutica all’intervento di EPP - possibilità di crescita tumorale lungo le incisioni chirurgiche e i drenaggi pleurici (20% dei casi) - tecniche toracoscopiche ° VATS ° Toracoscopia con unico accesso del toracoscopio in anestesia locale in caso di versamento pleurico ▪ da preferire alla VATS perchè si riduce ad un solo accesso il rischio di crescita tumorale (Raccomandazione B) d) biopsia chirurgica a cielo aperto con toracotomia - indispensabile nel 5% dei casi in cui non si arriva alla definizione istologica con le indagini precedenti - la biopsia toracotomica è riservata ai casi con potenziale sinfisi pleurica che portano all’insuccesso delle procedure toracoscopiche (Raccomandazione A) - la diagnosi di mesotelioma all’esame estemporaneo intraoperatorio è pressoché impossibile; è accordo unanime di confermare la diagnosi sempre con esami immunoistochimici; si raccomanda di non fare la diagnosi di MPM all’esame estemporaneo intraoperatorio (Raccomandazione A) 3. Diagnosi patologica a) esame citologico - l’immunoistochimica è necessaria per la diagnosi differenziale con adenocarcinoma; più difficile è la diagnosi differenziale con cellule mesoteliali reattive - si raccomanda di non formulare la diagnosi di MPM sulla base del solo esame citologico a causa dell’elevato rischio di errore diagnostico (Raccomandazione A) b) esame istologico di materiale bioptico - maggior resa diagnostica - falso negativo o reperto dubbio quando: 1) la biopsia è troppo superficiale e non si documenta il rapporto con gli stromi connettivo-adiposi-muscolari che permette di documentare il carattere infiltrante della neoplasia consentendo la diagnosi differenziale con l’iperplasia mesoteliale reattiva; 2) marcata desmoplasia degli stromi che pone il problema diagnostico differenziale con pleuriti sclerosanti c) Istotipi tumorali (si raccomanda di usare la classificazione WHO 2004 (Travis, 2004) che fornisce basi comparative per la diagnosi, prognosi e terapia dei pazienti: Raccomandazione A) - epiteliomorfo ° istotipo più frequente (50-70% nelle diverse casistiche) ° diagnosi differenziale con adenocarcinomi infiltranti la pleura - sarcomatoide (mesenchimomorfo) ° riscontrato nel 16% dei casi (la % è molto variabile nelle diverse casistiche: 510%) ° istotipo dalla prognosi peggiore - desmoplastico ° quando più del 50% del tumore è rappresentato da tessuto collageno denso con aspetto “stromiforme” frammisto a rari elementi cellulari atipici - bifasico (o misto) ° riscontrato nel 30-40% dei casi ° di più facile diagnosi per la presenza concomitante di componenti epiteliomorfe e sarcomatoidi d) Tecniche immunoistochimiche: si raccomanda di utilizzare sempre un “panel” di anticorpi con marcatori positivi e negativi per il mesotelio (Raccomandazione A). Nella diagnostica differenziale con gli adenocarcinomi si raccomanda l’uso di almeno 2-3 marcatori positivi per il mesotelio e 2-3 marcatori positivi per il carcinoma. Dai dati della letteratura i più sensibili e specifici risultano essere i seguenti: ° Marcatori mesoteliali positivi: ▪ calretinina (positività nucleare e citoplasmatica) ▪ citocheratina 5/6 ▪ D2-40 ▪ WT-1 (positività nucleare) ▪ trombomodulina ▪ vimentina °Marcatori mesoteliali negativi: ▪ CEA ▪ TTF-1 (marker nucleare per la diagnosi differenziale con adenocarcinomi polmonari) ▪ CD15 ▪ Ber-Ep4 (marker di membrana) ▪ B72.3 Ovviamente l’utilizzo dei diversi marcatori sarà tanto più esteso quanto più anaplastico è l’aspetto morfologico della neoplasia. I marcatori mesoteliali sopra indicati sono perlopiù applicabili ai mesoteliomi epiteliomorfi e risultano negativi negli istotipi mesenchimomorfi. Per quest’ultima categoria si raccomanda l’uso delle citocheratine e della vimentina ed eventualmente di tutta una serie di marcatori (muscolari, vascolari, istiocitari,ecc) che permettano di escludere la presenza di una neoplasia mesenchimale pleurica primitiva o secondaria. e) Le tecniche di microscopia elettronica in trasmissione sono ancor oggi considerate importanti: ° quando i risultati delle reazioni immunoistochimiche sono contrastanti ° negli istotipi cosiddetti atipici (mesotelioma linfoistiocitoide, anaplastico, ecc.) ° quando il materiale in esame è molto scarso f) Biomarker - Acido ialuronico - Mesotelina (soluble mesothelin-related protein: SMRP) ° positiva nel siero nell’84% dei pazienti con MPM ° positiva in solo il 2% dei pazienti con altra patologia pleurica ° possibile il suo utilizzo nella diagnosi di MPM e negli studi di screening nei soggetti a rischio ° può essere utile per monitorizzare la risposta alla terapia - Osteopontina ° aumenta nel siero dei pazienti con MPM o fibrosi da esposizione di asbesto ° potrà essere utile nella diagnosi precoce di MPM dei soggetti esposti ad asbesto - Non è raccomandato usare i livelli di acido ialuronico del liquido pleurico per la diagnosi di MPM, ma i nuovi marker solubili quali SMRP e osteopontina dovrebbero essere oggetto di ulteriore ricerca per determinare il loro ruolo nella diagnosi di MPM (Raccomandazione A) Algoritmo diagnostico La figura 1 mostra l’algoritmo diagnostico. Una storia professionale dettagliata dovrebbe far sospettare il MPM: nei soggetti con sintomatologia di richiamo deve essere considerato una malattia professionale sospetta e in quanto tale attivare le procedure di refertazione e denuncia previste dalla normativa in vigore. L’acquisizione di una storia di esposizione professionale o extraprofessionale ad amianto può permettere di definire il nesso causale tra la malattia e l’esposizione indagata; analogamente dovrebbe essere accurata la storia per identificare l’esposizione ambientale (ad esempio per i parenti di soggetti professionalmente esposti). L’approccio iniziale dipende dall’Rx torace e dalla presentazione clinica: 1. in presenza di versamento pleurico a. eseguire toracentesi per esame citologico ° se l’esame citologico è positivo Æeseguire le indagini di stadiazione ° se l’esame citologico è negativo Æ TC torace con m.c. 2. in presenza di ispessimento pleurico a. eseguire TC torace con m.c. ° di fronte a lesione biopsiabile ▪ eseguire biopsia TC guidata - se la biopsia è positiva Æcompletare le indagini di stadiazione Figura 1: Algoritmo diagnostico Sospetto clinico - Sintomatologia di richiamo y Dolore toracico non pleuritico y Dispnea - Sospetta esposizione all’amianto Rx torace nelle 2 p.o. Versamento pleurico SI Ispessimento pleurico senza versamento Toracentesi Citologia neg. TC torace con m. c. Citologia pos. Lesione non biopsiabile Lesione biopsiabile Stadiazione MPM e studio funzionale Stadiazione MPM e studio funzionale Agobiopsia TC guidata POS. NEG. Biopsia toracoscopica e/o Biopsia chirurgica con toracotomia* POS. Se non già eseguita la stadiazione NEG. Folow-up * far precedere alla biopsia chirurgica, nei casi eventualmente resecabili, il completamento della stadiazione - se la biopsia è negativa Æbiopsia toracoscopica ° di fronte a lesione non biopsiabile Æbiopsia toracoscopica 3. se viene eseguita biopsia toracoscopica a. se la biopsia toracoscopica è positiva Æcompletare la stadiazione b. se la biopsia toracoscopica è negativa o la toracoscopia non è possibile (pachipleurite o assenza di versamento pleurico) ° eseguire biopsia chirurgica a cielo aperto con toracotomia ° far precedere alla biopsia chirurgica, nei casi eventualmente resecabili, il completamento della stadiazione, perchè è possibile procedere con intervento di resezione chirurgica ° se la biopsia chirurgica è negativa far seguire follow-up clinico Stadiazione Un’accurata stadiazione è indispensabile per una razionale pianificazione terapeutica; con la stadiazione può essere valutata l’operabilità; nei casi ritenuti inoperabili la stadiazione può fornire informazioni prognostiche. In passato molto usata è stata la classificazione di Butchart (1976) (Butchart, 1976); oggi il sistema di stadiazione più ampiamente accettato è il sistema tipo TNM dell’International Mesothelioma Interest Group (IMIG) (1995) (Rusch, 2004); si raccomanda l’uso della classificazione IMIG finché un nuovo sistema classificativo meglio si adatti al MPM (Raccomandazione B). Sintesi della classificazione IMIG Tumori resecabili □ Stadio I Stadio IA: solo pleura parietale limitato + N0 Stadio IB: anche foci di interessamento della pleura viscerale + N0 □ Stadio II Esteso interessamento pleurico viscerale Muscolo diaframma Parenchima polmonare sottostante + N0 Tumori avanzati ma potenzialmente resecabili □ Stadio III Ogni N1 – N2 Ogni T3 □ Interessamento dei tessuti molli della parete toracica □ Interessamento della fascia endotoracica □ Grasso mediastinico □ Interessamento non transmurale del pericardio Tumori avanzati non resecabili □ Stadio IV Ogni T4 □ Invasione delle vertebre o coste □ Esteso interessamento della parete toracica □ Diffusione transdiaframmatica □ Diffusione pleurica controlaterale □ Diffusione ad uno o più organi mediastinici □ Interessamento transmurale del pericardio o al miocardio Ogni N3 Ogni M1 Inquadramento pre-terapeutico necessario del paziente Si raccomanda di comprendere nel minimo inquadramento pre-terapeutico del paziente (Raccomandazione A): l’esame clinico l’rx torace la TC torace e addome con m.c. (dopo la rimozione del liquido pleurico) la toracoscopia l’esame istopatologico per precisare il sottotipo del MPM Fattori prognostici Età Performance Status Perdita di peso Conta dei G.B. Valutazione preoperatoria Per l’appropriata selezione dei pazienti che potranno essere sottoposti alla terapia chirurgica si basa oltre che sulla corretta stadiazione anche sulla valutazione del Performance Status (PS), della presentazione clinica e sull’esame della funzionalità respiratoria, della funzionalità cardiaca e sulla presenza di comorbilità. □ Valutazione clinica preliminare Anamnesi per intervento di bypass coronarico PS Presenza di dolore toracico □ Indagini diagnostiche di inquadramento generale preoperatorio Valutazione della funzionalità renale ed epatica ECG + Ecocardiogramma con valutazione della FE Test di funzionalità respiratoria □ EGA □ Volumi statici, dinamici e DLCO □ Scintigrafia polmonare funzionale di perfusione □ Test da sforzo □ Accertamento dell’istotipo del MPM □ Indagini diagnostiche di stadiazione TC torace e addome superiore con m.c. con ricostruzione tridimensionale per pericardio e diaframma PET Terapia Il MPM non ha un’unica modalità terapeutica ampiamente accettata per la mancanza di sicuri risultati della terapia. Colpisce inoltre la mancanza di studi clinici randomizzati che confrontano diversi regimi terapeutici; questo in parte è dovuto alla relativa bassa incidenza di questa neoplasia. Gli studi clinici sono al massimo trial di fase II con un solo regime terapeutico o reviews retrospettive di casistiche di piccoli numeri di pazienti trattati per lunghi periodo di tempo. I significativi miglioramenti dei risultati della terapia che si sono avuti negli ultimi anni offrono un raggio di speranza per questa aggressiva neoplasia. Chirurgia La resezione chirurgica completa rappresenta teoricamente la terapia più efficace. Comunque a causa della diffusa estensione del MPM all’emitorace, raramente si ottiene la completa resezione di questa neoplasia con margini negativi. Le procedure chirurgiche usate per la palliazione e/o terapia del MPM sono rappresentate da: 1. Talcaggio in toracoscopia 2. Pleurectomia 3. Pleurectomia/decorticazione (P/D) 4. Pneumonectomia extrapleurica (EPP) Talcaggio in toracoscopia Di fronte alla presenza di versamento pleurico non è indicato eseguire ripetute toracentesi col rischio di diffusione della malattia lungo il tramite dell’ago; per questo è utile eseguire una precoce pleurodesi (Raccomandazione A). La toracoscopia non solo consente la diretta biopsia del MPM, ma, durante la stessa procedura, è possibile drenare il versamento pleurico, resecare le aderenze di versamento pleurico saccato ed eseguire la pleurodesi con talco. Questa procedura non impedisce un eventuale successivo intervento di EPP. La pleurodesi non prolunga di per sé la sopravvivenza, ma può migliorare la qualità della vita per il miglioramento della dispnea ed è specialmente indicata nei pazienti con comorbilità o con malattia avanzata (III stadio) che possono eseguire chemioterapia sistemica. La pleurodesi è utile anche nel I e II stadio, come procedura propedeutica all’intervento di EPP. Il talcaggio non è comunque raccomandato se l’aspetto macroscopico della pleura non è evocativo di lesione maligna, cosicché sia possibile eseguire se necessario un secondo esame toracoscopico senza che questo venga ostacolato dalla sinfisi pleurica. Pleurectomia La pleurectomia consiste nell’asportazione dell’intera pleura parietale, della pleura diaframmatica e mediastinica. Viene raccomandato di eseguire la pleurectomia eventualmente solo di fronte allo Stadio IA (Raccomandazione B). Questa raccomandazione rappresenta solo il consiglio di esperti; in effetti la chirurgia è utilizzata per questo stadio precoce quando la storia naturale della malattia è sconosciuta senza terapia e potrebbe essere spontaneamente lunga. Impossibile stabilire un grado di raccomandazione per la difficoltà a realizzare uno studio clinico randomizzato. Pleurectomia/Decorticazione (P/D) La P/D rappresenta l’unica procedura terapeutica eseguita con lo scopo di determinare la citoriduzione del tumore. La P/D è indicata nel I stadio in presenza di limitazioni funzionali e nel II e III stadio di fronte a gravi essudazioni (Raccomandazione B). Questa procedura è eseguita attraverso la toracotomia a cielo aperto e consiste nel rimuovere la pleura parietale inclusa la sua porzione al di sopra del mediastino, pericardio e diaframma (spesso richiedendo l’asportazione di parte del diaframma) e nell’asportazione della pleura viscerale con la decorticazione polmonare. A confronto dell’EPP, questa procedura determina un minor danno funzionale per il paziente, rimanendo il polmone in situ ed è gravata da un minor tasso di mortalità (1.5% - 5%). I comuni svantaggi della P/D sono rappresentati dalla perdita di aria, dall’empiema, dall’emorragia, dall’impossibilità di rimuovere il tumore dalle scissure, dalla riduzione o perdita completa della funzione diaframmatica e dall’ovvia limitazione ad eseguire un trattamento radioterapico postoperatorio essendo il polmone ancora in sede. Residua un tumore macroscopico al termine della procedura nell’80% dei casi. Di per sé la P/D offre una buona palliazione dei sintomi e previene la recidiva di versamento pleurico, ma solitamente si ha una recidiva locoregionale nell’80-90% dei casi e per questo non è considerata una procedura potenzialmente curativa. Pneumonectomia extrapleurica (EPP) L’EPP rappresenta la procedura chirurgica più aggressiva; consiste nella resezione in blocco della pleura parietale e viscerale insieme al polmone coinvolto, nell’asportazione dei linfonodi mediastinici, del diaframma e del pericardio. Il diaframma e il pericardio sono ricostruiti con protesi di PTFE (Goretex); a destra viene ricostruito sia il diaframma che il pericardio, mentre a sinistra solo il diaframma. L’intervento prevede anche la recentazione dei tragitti dei drenaggi. Quantunque questa procedura abbia un importante impatto funzionale per il paziente dato che è asportato l’intero polmone, può essere eseguita in centri di provata esperienza con una mortalità inferiore al 5% (Raccomandazione A). L’EPP rappresenta la più completa procedura citoriduttiva ed essenzialmente rappresenta l’unico intervento col quale sono state riscontrate sopravvivenze a lungo termine (Sugarbaker, 1999) (25% a 5 anni), anche se rimane incerto che questa chirurgia “radicale” offra un reale miglioramento della sopravvivenza (in media da 17 a 23 mesi), dato che il suo beneficio è rivolto solo a una popolazione selezionata (circa il 10% del totale). Al di là della strategia terapeutica prevista, la terapia chirurgica del MPM dovrebbe essere considerata una parte di un approccio multidisciplinare al trattamento (Raccomandazione A) ( Zellos, 2002). Per questo tipo di intervento è fondamentale la selezione dei pazienti: □ Selezione dei pazienti per EPP PS: ECOG 0-1 Stadio I-II (raramente III) IMIG Non precedente intervento di bypass coronarico (perchè non possibile l’asportazione completa del tumore) FE > 45%, non aritmia o disfunzione cardiaca Adeguata funzionalità respiratoria per pneumonectomia □ FEV1 predetto > 1.3 lt □ Sat > 94%, O2 > 70 mmHg, CO2 < 40 mmHg Non alterata funzione renale, epatica o comorbilità Dolore toracico assente o minimo spesso espressione di MPM sarcomatoide o bifasico (dovuto a profonda invasione della parete toracica da parte del tumore) Istotipo epiteliomorfo; gli altri istotipi non sono controllati dall’EPP □ È importante avere l’accertamento dell’istotipo prima dell’intervento perchè l’accertamento istologico intraoperatorio non è dirimente in assoluto anche se un referto di istotipo epiteliale può giustificare, a discrezione del chirurgo, un intervento di EPP Non precedente pleurectomia (possibile precedente talcaggio) L’età non rappresenta di per sé un criterio di esclusione Circa il 10-15% dei pazienti con MPM sono eleggibili per questa terapia chirurgica; considerando l’insuccesso di questa terapia quando è presente l’interessamento dei linfonodi mediastinici, se rimangono dubbi di stadiazione pur con l’esecuzione della PET è consigliato eseguire la mediastinoscopia per i pazienti che devono essere sottoposti a EPP. Radioterapia La RT è stata per lungo tempo considerata un utile mezzo palliativo in grado di controllare il dolore (Raccomandazione B) e/o prevenire le recidive cutanee sui tramiti chirurgici ma incapace di adeguato controllo locale della malattia. Potenziali cause di insuccesso della RT sono rappresentate da: 1) copertura inadeguata del bersaglio, 2) rischio di severi effetti radio-indotti sui tessuti sani adiacenti, 3) dose totale insufficiente a eradicare la malattia. Recentemente, alla luce dei progressi tecnici nel campo della Chirurgia e della Radioterapia e dei risultati positivi sulla sopravvivenza ottenuti con la terapia multimodale (CHIR+RT+CT), hanno ripreso vigore gli studi sul trattamento curativo con RT adiuvante dopo Chirurgia nei MPM. Promettente è l’uso di tecniche radioterapiche complesse quale l’IMRT (Intensity-Modulated Radiotherapy), che consente, con il suo piano di trattamento conformazionale tridimensionale, di creare distribuzioni di dose di forma irregolare, ma omogenea così da poter trattare anche volumi di forma complessa o tumori situati a ridosso di strutture critiche dal punto di vista della radiosensibilità, come nel caso del MPM. La RT per il MPM è usata, oltre che per trattare le recidive che si possono presentare lungo il tratto dei drenaggi e la ferita chirurgica (utile il trattamento radioterapico precoce) (Raccomandazione A), sull’emitorace come terapia adiuvante dell’EPP. Anche per la RT adiuvante non esistono studi randomizzati che dimostrino che la RT aggiunga qualche vantaggio rispetto alla sola chemioterapia adiuvante per le neoplasie completamente resecate. In assenza di trials randomizzati di fase III si raccomandano studi prospettici controllati per valutare l’efficacia e la tollerabilità della radioterapia adiuvante post-EPP (con dose minima di 50 Gy) (Raccomandazione C). La tecnica della radioterapia postoperatoria è complicata e dovrebbe quindi essere eseguita in Centri specializzati. Chemioterapia Il ruolo della chemioterapia nel MPM è oggi stabilito al di là di ogni ambiguità. Gli analoghi del platino, doxorubicina e alcuni antimetaboliti (pemetrexed o raltitrexed) hanno mostrato modesta efficacia come agenti singoli (Raccomandazione B). Il recente trial di fase III con cisplatino + pemetrexed ha dimostrato un vantaggio significativo per la sopravvivenza per la combinazione rispetto al solo cisplatino; per questo l’associazione di cisplatino + pemetrexed col supporto vitaminico di acido folico e vitamina B12 rappresenta il trattamento di prima linea correntemente accettato per il MPM. Si raccomanda l’associazione di cisplatino + antimetabolita (pemetrexed o raltitrexed) nel trattamento di prima linea (Raccomandazione A). A volte, per le condizioni cliniche del paziente, può essere utile sostituire il carboplatino al cisplatino. Non si hanno trattamenti standard di seconda linea per il MPM avanzato; sono usati in seconda linea la gemcitabina, vinorelbina, doxorubicina e irinotecan (CPT-11). Nessun studio randomizzato ha dimostrato il beneficio di una chemioterapia di seconda linea per quanto riguarda la sopravvivenza o la qualità della vita dopo l’insuccesso di un trattamento chemioterapico di prima linea; per i pazienti che non hanno eseguito trattamento di prima linea con cisplatino, può essere proposta chemioterapia con cisplatino in seconda linea. È raccomandato che la chemioterapia non sia ritardata fino all’insorgenza dei disturbi funzionali (Raccomandazione C). Si raccomanda che la chemioterapia sia interrotta in caso di progressione di malattia, grado 3-4 di tossicità o dosi tossiche cumulative (Raccomandazione A), e dopo 6 cicli nei pazienti che rispondono o hanno stabilità di malattia (Raccomandazione C). Il ranpirnase (Onconase) è un nuovo agente antitumorale in valutazione nel trattamento di seconda linea; egualmente promettente è l’impiego di farmaci antiangiogenici (bevacizumab) in associazione al trattamento chemioterapico. Terapia multimodale Per migliorare la sopravvivenza sono stati prospettati trattamenti multimodali che coinvolgono i trattamenti chirurgici citoriduttivi (P/D o EPP). Il più noto trattamento multimodale (studio del Brigham and Women’s Hospital) (Grondin, 1999) ha associato alla EPP un trattamento adiuvante chemio-radioterapico. Con la resezione tumorale macroscopica completa non si hanno, però, dati convincenti che suggeriscano l’impiego di due modalità di terapia adiuvante rispetto ad una sola modalità. In alcuni centri viene utilizzata la chemioterapia intrapleurica e/o sistemica + immunoterapia (IL2) intrapleurica in associazione a P/D e ± a trattamento radioterapico (trattamento quadrimodale e trimodale). Il ruolo degli agenti immunomodulanti (anche per quanto riguarda il loro uso nella somministrazione intrapleurica) è comunque non noto e si raccomanda il loro uso solo all’interno di trial clinici controllati (Raccomandazione A). In corso il trial MARS (Treasure, 2006) del Regno Unito: studio randomizzato che mette a confronto il trattamento chemioterapico neoadiuvante ± trattamento chirurgico (EPP) + successivo trattamento radioterapico. In Svizzera lo studio di fase III del gruppo SAKK (Weder, 2006) esplora in modo comparativo il valore della radioterapia dell’emitorace dopo il trattamento primario con cisplatino/pemetrexed seguito da chirurgia. La perfusione ipertermica (40- 41°C) di farmaci chemioterapico, la terapia fotodinamica, la terapia intracavitaria, la terapia vaccinica e la terapia genica sono ancora sotto studio. Terapia Palliativa Importante è il controllo dei sintomi legati al MPM per il miglioramento della qualità della vita. 1. Controllo del dolore Il dolore associato al MPM inizialmente è di tipo nocicettivo; molto più tardi con la progressione della malattia può insorgere un dolore di tipo neurogeno a seguito dell’invasione delle strutture nervose. Il dolore del MPM dovrebbe essere trattato in generale come dolore da cancro (Raccomandazione B). Può essere controllato nel 90% dei casi con terapia orale; la decisione per una tecnica antalgica di tipo neurochirurgico dovrebbe essere presa solo da un team di esperti nella terapia del dolore dopo attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio (Raccomandazione B). 2. Terapia della dispnea Il principale trattamento della dispnea è rappresentato dal controllo del versamento pleurico. Le toracentesi ripetute aumentano il rischio di diffusione della malignità lungo il tramite delle punture, portando alla diffusione della malattia a livello sottocutaneo. Il talcaggio rappresenta il metodo di scelta per il trattamento del versamento pleurico recidivante nel paziente con MPM (Raccomandazione B). È consigliato eseguire precocemente il talcaggio almeno che non pregiudichi la strategia terapeutica oncologica. In caso di fallimento del talcaggio e per i pazienti con scarso PS o limitata aspettativa di vita si raccomanda l’inserzione cronica di un catetere in cavità pleurica (Raccomandazione C). La scelta del trattamento chemioterapico si può basare, almeno in parte, sull’obiettivo di migliorare la dispnea, dato che questa terapia può migliorare la sintomatologia (Raccomandazione C). L’ossigenoterapia di lunga durata (OTLT) può essere considerata nella pratica clinica corrente per migliorare la sintomatologia del paziente ipossiemico. Gli analgesici a base di morfina hanno dimostrato efficacia nel miglioramento della dispnea. Algoritmo terapeutico La figura 2 mostra l’algoritmo terapeutico. In presenza di versamento pleurico il MPM viene trattato con pleurodesi con talco che non pregiudica la terapia successiva. A seguito della stadiazione della malattia, nel solo caso di Stadio IA può essere indicata la pleurectomia. Nello Stadio I e II è comunque indicata la EPP se esistono i criteri di selezione favorevole per la sua esecuzione. In caso positivo l’EPP può essere preceduta da trattamento adiuvante chemioterapico e seguita da trattamento adiuvante radioterapico ± chemioterapico. In caso negativo va valutata la possibilità, come per lo Stadio III, della esecuzione della P/D. In caso positivo il trattamento chirurgico di P/D può essere preceduto da trattamento con IL2 e seguito da terapia adiuvante oltre che con IL2, da chemioterapia sistemica o intrapleurica o da radioterapia. Nel caso di mancata indicazione alla P/D va valutata la possibilità di trattamento chemioterapico sistemico come nello Stadio IV. In caso di mancata indicazione può essere eseguita solo la terapia palliativa. Figura 2: Algoritmo terapeutico In presenza di versamento pleurico Pleurodesi con talco Stadiazione del MPM Stadio I e II Stadio IA Stadio IV Valutazione criteri per EPP Stadio III Pleurectomia Positiva ± CT di induzione Negativa Valutazione per P/D EPP Positiva RT ± CT ± IL2 Negativa Valutazione per CT P/D Positiva Negativa ± RT ± CT IP ± CT ± IL2 CT Terapia palliativa BIBLIOGRAFIA Butchart EG, Ashcroft T, Barnsley WC e Coll. Pleuropneumonectomy in the management of diffuse malignant mesothelioma of the pleura. Thorax 1976, 31: 15-24 European Society for Medical Oncology. 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Semin Oncol 2002, 29:41-50 Appendice Hanno curato le relazioni della discussione che ha contribuito alla stesura delle raccomandazioni Paolo Bastiani Elisabetta Chellini Maurizio Di Bisceglie Giuseppe Gotti Andrea Lopes Pegna di Marco Lucchi Alfredo Mussi Leonardo Politi AOUC Firenze CSPO Firenze AOU Siena AOU Siena AOUC Firenze Radioterapia Epidemiologia Chirurgia Chirurgia Coordinatore gruppo lavoro MPM ITT Chirurgia Chirurgia Chirurgia AOU Pisa AOU Pisa AOUC Firenze Gruppo ITT Mesotelioma Abrami Fiamma Aiosa Carlo Amadei Lucia Amoroso Domenico Anzalone Giuseppe Archinucci Ivano Baglioni Tiziana Baldini Editta Bastiani Paolo Bianchi Roberto Boldrini Laura Caldarella Adele Canari Barbara Carozzi Francesca Carrozzi Laura Casamassima Franco Chellini Elisabetta Ciatto Stefano Collodoro Angelo Comin Camilla Confortini Massimo Crisci Clemente De Francisci Agostino Di Bisceglie Maurizio Doni Laura Falaschi Fabio Ferrari Katia Fontanini Gabriella Gigli Paolo Gisfredi Silvia Giusti Francesco Gonfiotti Alessandro Gotti Giuseppe Grazzini Michela chirurgia toracica AOU Careggi oncologia medica Azienda USL 12 oncologia medica Azienda USL 12 oncologia medica Azienda USL 12 GOM Polmone Azienda USL 4 GOM Polmone Azienda USL 8 GOM Polmone + GOM Ginecologici Azienda USL 7 Oncologia medica AOU Pisa radioterapista AOU Careggi pneumologo AOU Careggi anatomia patologica AOU Pisa patologa CSPO Firenze ASL 2 Lucca laboratorio CSPO Firenze pneumologo AOU Pisa radioterapista c/o S. Chiara epidemiologo CSPO Firenze radiologo CSPO Firenze pneumologo AOU Senese anatomopatologo AOU Careggi laboratorio CSPO Firenze chirurgo toracico AOU Careggi radiologo AOU Careggi chirurgia toracica AOU Siena Oncologia medica AOU Careggi Attiv.Diagnostiche radiologiche AOU Pisa pneumologo AOU Careggi anatomia patologica AOU Pisa chirurgia toracica AOU Careggi anatomia patologica AOU Pisa statistico CSPO Firenze chirurgia toracica AOU Careggi chirurgia toracica AOU Senese pneumologo ASL 3 Pistoia Grosso Anna Maria Innocenti Florio Janni Alberto Lopes Pegna Andrea Lucchi Marco Marinozzi Claudio Martini Tiziano Mazzoni Francesca Mugnai Mauro Mussi Alfredo Nutini Sandra Paci Eugenio Panella Mauro Perri Francesco Politi Leonardo Puccinelli Paolo Rinaldini Michela Roggi Guido Rossi Francesca Rossi Marcello Rossi Susanna Salani Anna Santomaggio Carmine Secci Stefano Spina Donatella Taccola Mauro Tavanti Laura Maria Tibaldi Carmelo Tucci Enrico Ursino Silvia Vaggelli Luca Voltolini Luca pneumologo AOU Careggi GOM Polmone Azienda USL 3 chirurgia toracica AOU Careggi GOM Polmone AOU Careggi Coordinatore del gruppo di lavoro ITT sulle neoplasie polmonari e pleuriche chirurgia toracica AOU Pisa oncologia medica Azienda USL 10 pneumologo AOU Careggi oncologia medica AOU Careggi MMG MMG chirurgia toracica AOU Pisa pneumologo AO Careggi epidemiologo CSPO Firenze Responsabile CORD Azienda USL 4 pneumologo AOU Careggi chirurgo toracico AOU Careggi oncologia medica Azienda USL 12 Responsabile CORD Azienda USL 8 Direttore Dip. Oncologico Azienda USL 2 radioterapista AOU Careggi GOM Polmone AOU Senese GOM Polmone Azienda USL 11 chirurgia toracica AOU Careggi pneumologo AOU Careggi GOM Polmone Azienda USL 10 anatomia patologica AOU Senese ASL 5 Pontedera AOU Pisa oncologia medica Azienda USL 6 Direttore Dip. Oncologico Azienda USL 9 anatomia patologica AOU Pisa medico nucleare AOU Careggi GOM Polmone AOU Senese MESOTELIOMA MALIGNO CARATTERIZZAZIONE IMMUNOISTOCHIMICA Camilla E. Comin Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia, Università degli Studi di Firenze La diagnosi e la terapia del mesotelioma maligno (MM) rappresentano tuttora un problema molto importante sia per i clinici che per i patologi. L’accuratezza della diagnosi istopatologica di questa neoplasia ha un’importanza cruciale per la corretta valutazione di “trials” clinici nonché dal punto di vista medico-legale. Nonostante la grande quantità di letteratura circa i caratteri istomorfologici del MM, non è tuttora sempre possibile formulare una diagnosi di certezza basata esclusivamente sull’esame in microscopia ottica dei preparati istologici in ematossilina-eosina. L’intrinseca capacità delle cellule mesoteliali di assumere aspetti morfologici diversi e di esprimere diversi profili immunofenotipici, contribuiscono ad aumentare le difficoltà diagnostiche. Fra le principali caratteristiche del MM sono, infatti, l’estrema variabilità citomorfologica ed architetturale. I MM con architettura tubulare o papillare simulano gli adenocarcinomi; quelli con morfologia sarcomatoide ricordano e mimano i carcinomi sarcomatoidi, i sarcomi a cellule fusate ed i sarcomi pleomorfi. Secondo i più recenti criteri classificativi dei tumori del polmone e della pleura del “World Health Organization” (WHO), il MM viene distinto in quattro principali categorie(Travis, 2004): epiteliomorfo, sarcomatoide, bifasico e desmoplastico. Questo schema classificativo può sembrare estremamente semplice rispetto alla moltitudine di quadri morfologici con i quali può esprimersi il MM epiteliomorfo (vedi il MM a piccole cellule, a cellule chiare, secernente mucine, deciduale) ma anche il MM sarcomatoide e bifasico (vedi MM linfoistiocitoide). Infatti, mentre il termine di “mesotelioma desmoplastico” è unanimemente accettato per indicare un particolare sottotipo di MM sarcomatoide altamente aggressivo, non c’è tuttora accordo circa la terminologia da adottare per gli altri numerosi sottotipi tumorali. Il riconoscimento delle diverse varianti istomorfologiche del MM è importante ai fini diagnostici, tuttavia, non avendo ciascuna di esse diverso significato prognostico, si raccomanda di utilizzare le categorie sopraindicate senza ulteriori sottotipizzazioni (Travis, 2004). Inoltre, l’analisi di abbondante materiale chirurgico evidenzia molto spesso un’ampia variabilità di differenziazione morfologica nel contesto dello stesso tumore. Il principale problema diagnostico differenziale si pone essenzialmente quando ci troviamo di fronte a piccoli frammenti bioptici ed in particolare e più frequentemente nella corretta differenziazione fra MM epiteliomorfo e adenocarcinoma polmonare coinvolgente la pleura e fra MM epiteliomorfo e i carcinomi metastatici di organi a distanza quali, ad esempio, il rene. Più raramente, la diagnosi differenziale si pone fra MM sarcomatoide e carcinoma sarcomatoide o fra MM sarcomatoide e/o bifasico con altri tumori rari primitivi pleurici quali ad esempio, tumore fibroso solitario, sarcoma sinoviale monofasico o bifasico, emangioendotelioma epitelioide, tumore desmoplastico a piccole cellule rotonde. A livello peritoneale, il principale problema diagnostico differenziale è fra MM epiteliomorfo e carcinoma sieroso papillare del peritoneo oltre che con le ben più frequenti metastasi peritoneali da carcinoma sieroso ovarico. Le tecniche speciali associate all’esame morfologico in ematossilina-eosina utilizzate nella diagnostica del MM sono l’istochimica, la microscopia elettronica e, principalmente, l’immunoistochimica. L’utilità diagnostica dell’istochimica ha in parte perso il suo originario significato: la regola generale è che i MM epiteliomorfi non esprimono mucine e quindi risultano PAS-diastasi, mucicarminio e alcian blu negativi in contrasto con gli adenocarcinomi che producono mucine. Oggi è ben noto che il 2%-5% dei MM epiteliomorfi si colorano con i reagenti per le mucine e sono denominati “mesoteliomi epiteliomorfi mucine-secernenti” (Hammar, 1996). L’esame in microscopia elettronica può essere di grande utilità ed è da molti tuttora considerato il “gold standard” nella diagnosi di questo tumore, tuttavia, è raro predisporre di materiale adeguato per la microscopia elettronica, inoltre, i caratteri morfologici ultrastrutturali di differenziazione mesoteliale possono non essere apprezzabili nei tumori meno differenziati. Senza dubbio, l’immunoistochimica è la metodica più utile nel differenziare il MM da altri tipi di neoplasia primitiva o secondaria delle sierose. Nell’ultimo decennio sono stati proposti numerosi marcatori potenzialmente utili nella diagnosi di MM (in particolare per la diagnosi differenziale fra MM epiteliomorfo pleurico e adenocarcinoma polmonare) che possono essere schematicamente suddivisi in tre principali categorie: 1) anticorpi che reagiscono con antigeni specifici del mesotelio, utili nella identificazione positiva del MM; 2) anticorpi che reagiscono con antigeni di cellule non mesoteliali (ad esempio, adenocancerigne), utili per l’esclusione della diagnosi di MM; 3) un gruppo eterogeneo di anticorpi fra i quali quelli che reagiscono con marcatori organo-specifici particolarmente utili per la diagnosi negativa di MM. Marcatori mesoteliali positivi Il riconoscimento di marcatori positivi per il mesotelio è relativamente recente. I marcatori più noti e studiati attualmente sono: trombomodulina, calretinina, citocheratina 5/6, WT1 e podoplanina. Del tutto recentemente, inoltre, il nostro gruppo ha dimostrato l’utilità di h-caldesmone (h-CD) nella diagnosi positiva di MM (Comin, 2006; Comin, 2007). La trombomodulina (CD141) è stato il primo marcatore mesoteliale considerato utile nella diagnosi positiva di MM. Essa è una glicoproteina transmembranale di 25-kDA con attività anti-coagulante, espressa dalle cellule mesoteliali, endoteliali, mesangiali, sinoviali, trofoblastiche, megacariocitarie e da alcune cellule epiteliali squamose. I dati della letteratura circa l’utilizzo di questo marcatore sono controversi, in quanto, la reattività della trombomodulina nei tessuti fissati in formalina e inclusi in paraffina tende ad essere focale, potendo dare così origine a falsi negativi in piccoli frammenti bioptici (Ordoñez, 2007); un altro motivo di divergenza nei risultati dei vari studi con questo marcatore potrebbe essere riconducibile all’interpretazione dell’immunocolorazione che deve essere di membrana nel MM mentre è perlopiù citoplasmatica nei rari casi positivi di adenocarcinoma. La trombomodulina è spesso espressa nei carcinomi a cellule squamose quindi non utile per la diagnosi differenziale fra questi tumori e il MM (Ordoñez, 2006). Inoltre, la trombomodulina è anche espressa negli angiosarcomi ed emangioendoteliomi: entrambe queste neoplasie possono originare dalle membrane sierose e ricordare morfologicamente il MM epiteliomorfo. L’uso della trombomodulina è oggi assai ridotto data la recente identificazione di marcatori mesoteliali più sensibili e specifici. La calretinina è una proteina di 29-kDa, legante il calcio, diffusamente espressa nel tessuto nervoso centrale e periferico e in alcune cellule non neurali quali gli adipociti, le cellule di Leydig e di Sertoli, le ghiandole eccrine e le cellule mesoteliali. La calretinina è il marcatore mesoteliale positivo più frequentemente utilizzato in quanto altamente specifico e sensibile. Essa viene sempre inclusa nei “panel” immunoistochimici per la diagnosi di MM. La positività alla calretinina è generalmente intensa e diffusa con un pattern di colorazione nucleare e citoplasmatico altamente specifico (figura 1). Figura 1 - Calretinina: intensa e diffusa immunocolorazione nucleare e citoplasmatica. Secondo alcuni autori la calretinina risulterebbe positiva anche nei mesoteliomi sarcomatoidi, secondo altri, così come nella nostra esperienza, l’espressione di questo antigene è tipica solo dell’istotipo epiteliomorfo. La positività per la calretinina è stata dimostrata nell’88%-100% dei mesoteliomi epiteliomorfi (Ordoñez, 2007). E’ importante ribadire che l’elevata sensibilità e specificità di questo marcatore sono in funzione dell’anticorpo utilizzato: anticorpo policlonale anti-calretinina umana. Studi recenti hanno riportato positività alla calretinina nel 6%-10% degli adenocarcinomi polmonari, nel 31%38% dei carcinomi sierosi e nel 0%-10% dei carcinomi a cellule renali (Ordoñez, 2007). Anche i carcinomi a cellule squamose possono essere calretinina-positivi (Miettinen, 2003). La positività nei carcinomi è comunque quasi sempre debole e focale a differenza di quanto si osserva nel MM. In sintesi, possiamo affermare che la calretinina è marcatore molto utile nella diagnosi differenziale fra MM e adenocarcinoma polmonare e fra MM e carcinoma a cellule renali, meno utile nella diagnostica differenziale fra MM e carcinoma sieroso e fra MM e carcinoma a cellule squamose. L’anticorpo anti-citocheratina 5/6 (CK 5/6) (anticorpo monoclonale D5/16B4) è entrato in commercio subito dopo la calretinina. Anche questo marcatore ha dimostrato elevata specificità per il mesotelio ma rispetto alla calretinina e alla podoplanina, esso è risultato essere molto meno sensibile, l’immunoreattività è spesso debole e focale con conseguenti possibili falsi negativi nel materiale bioptico (Ordoñez, 2007). Le percentuali di positività alla CK 5/6 riportate dalla letteratura sono: 64%-100% nei MM epiteliomorfi, 019% negli adenocarcinomi polmonari, 22%-35% nei carcinomi sierosi5. I carcinomi a cellule renali non esprimono questo marcatore mentre dobbiamo ricordare la positività diffusa alla citocheratina 5/6 nei carcinomi a cellule squamose e nei carcinomi transizionali. I MM sarcomatoidi non esprimono questa citocheratina.. Quindi, molto utile per distinguere il MM dall’adenocarcinoma polmonare e dal carcinoma a cellule renali, di nessuna utilità nella diagnosi differenziale fra MM e carcinoma sieroso e fra MM e carcinoma a cellule squamose. La proteina WT1 è stata solo recentemente riconosciuta come marcatore mesoteliale positivo. La positività dei MM epiteliomorfi è stata riportata nel 43%-93% dei casi in funzione del diverso tipo di anticorpo utilizzato nei diversi studi (Ordoñez, 2007). E’ stato infatti dimostrato che l’alta sensibilità di questo marcatore è legata solo all’utilizzo dell’anticorpo monoclonale. L’immunocolorazione è nucleare, intensa e diffusa (figura 2). Sia gli adenocarcinomi polmonari che i carcinomi a cellule squamose non esprimono questa proteina che risulta quindi utile per differenziare queste neoplasie dal MM epiteliomorfo. Diversamente, la positività per WT1 è stata riportata nell’83%-100% dei carcinomi sierosi peritoneali e ovarici (Hashi, 2003; Ordoñez, 2007). Rarissima l’espressione di WT1 nei carcinomi a cellule renali. Attualmente, i dati della letteratura indicano questo marcatore molto utile nella differenziazione fra MM epiteliomorfo e adenocarcinoma polmonare e fra MM epiteliomorfo e carcinoma a cellule squamose; di nessuna utilità nella diagnostica differenziale fra MM epiteliomorfo peritoneale e carcinomi sierosi primitivi o metastatici del peritoneo. La proteina WT1 non è espressa nei mesoteliomi sarcomatoidi. La podoplanina è il marcatore mesoteliale positivo più recentemente studiato. E’ una glicoproteina transmembranale di 38kd riconosciuta dall’anticorpo monoclonale D2-40, espressa dalle cellule germinali e dagli endoteli linfatici (Chu, 2005; Ordoñez, 2007). Il suo utilizzo diagnostico comprende la dimostrazione dell’invasione tumorale dei vasi linfatici, il riconoscimento di tumori di origine linfatica (linfangioma, sarcoma di Kaposi, angiosarcoma) e, attualmente, la diagnosi positiva di MM (Chu, 2005; Ordoñez, 2007). Gli studi sull’utilizzo della podoplanina nella diagnosi di MM hanno tutti fino ad ora dimostrato elevata sensibilità e specificità soprattutto nella diagnosi differenziale fra MM e adenocarcinoma polmonare (Ordoñez, 2007). Ancora discordanti i pochi dati della letteratura circa il suo utilizzo nella diagnostica differenziale fra MM peritoneale e carcinoma sieroso. Figura 2 - Intensa e diffusa immunocolorazione nucleare per la proteina WT-1. La positività per quest’ultima neoplasia è stata riportata nello 0%-65% dei casi (20% nella nostra esperienza) ( Chu, 2005; Ordoñez, 2006; Comin, 2007). Risultati variabili sono stati altresì riportati per i carcinomi a cellule squamose, con percentuali variabili dallo 0% al 44% (Sienko, 2005; Ordoñez, 2006; Müller, 2006). In base ai dati pubblicati fino ad oggi, la podoplanina risulta essere marcatore molto utile nella diagnosi differenziale fra MM e adenocarcinoma polmonare, meno utile per differenziare il MM dal carcinoma a cellule squamose e dai carcinomi sierosi. Per quanto riguarda i MM sarcomatoidi e la componente a cellule fusate dei MM bifasici, i dati della letteratura sono ancora contrastanti. Nella nostra esperienza, la podoplanina è risultata positiva nella componente sarcomatoide dei MM bifasici e soprattutto abbiamo osservato un elevata sensibilità di questo marcatore nei casi di MM epiteliomorfo poco differenziato o pleomorfo (figura 3.) Sempre nel contesto dei marcatori mesoteliali positivi, vorrei solo brevemente accennare all’emergente importanza di h-caldesmone (h-CD). h-CD, è l’isoforma ad alto peso molecolare del caldesmone, proteina associata al citoscheletro coinvolta nei meccanismi di contrazione cellulare, espressa dalle cellule muscolari lisce e dalle cellule mioepiteliali, utilizFigura 3 - Podoplanina: tipica immunocolorazione di membrana zata come marcatore dei tumori a cellule muscolari lisce. Di recente, testando diversi marcatori muscolari in una serie di lesioni pleuriche, abbiamo riscontrato l’espressione di hCD nelle cellule mesoteliali neoplastiche e non neoplastiche (figura 4). Dallo studio dell’espressione di h-CD su 70 casi di MM epiteliomorfo e 70 casi di adenocarcinoma polmonare abbiamo dimostrato l’elevata sensibilità (97,1%) e specificità (100%) di questo marcatore nella diagnosi positiva di MM (Comin, 2006). Successivamente, abbiamo dimostrato l’importanza dell’utilizzo di h-CD nella diagnostica differenziale fra MM peritoneale e carcinoma sieroso papillare ovario (Comin, 2007). I nostri risultati necessitano comunque di essere validati da successivi studi. Marcatori mesoteliali negativi Fra i marcatori negativi per il mesotelio, i più utilizzati sono quelli più comunemente espressi dai carcinomi. Fra questi, le molecole di adesione delle cellule epiteliali (gli anticorpi monoclonali MOC-31 e Ber-EP4), l’antigene carcinoembrionario (CEA), l’anticorpo monoclonale B72.3 e l’antigene CD15. MOC-31 è un anticorpo monoclonale anti-Ep-CAM (molecola di adesione espressa nella maggior parte delle cellule epiteliali) ampiamente studiato nella diagnostica del MM. L’immunoreattività a questo anticorpo è stata evidenziata nel 90%-100% degli adenocarcinomi polmonari, nel 97% dei carcinomi a cellule squamose del polmone, nel 98% Figura 4 - h-CD: Intensa e diffusa colorazione citoplasmatica. dei carcinomi sierosi dell’ovaio e del peritoneo e nel 50% dei carcinomi a cellule renali. Al contrario, una focale e debole immunoreattività è stata dimostrata solo nel 2%-10% dei MM epiteliomorfi (Ordoñez, 2007). Data l’elevata specificità e sensibilità, MOC-31 è attualmente considerato il migliore marcatore positivo per i carcinomi: molto utile nella diagnosi differenziale fra MM epiteliomorfo versus adenocarcinoma polmonare versus carcinoma polmonare a cellule squamose versus carcinomi sierosi dell’ovaio e del peritoneo. Di scarso valore pratico nel differenziare il MM dal carcinoma a cellule renali. Ber-EP4 è un altro anticorpo monoclonale anti-Ep-CAM ampiamente studiato nella diagnosi di MM. L’immunoreattività dei carcinomi a questo marcatore è pressoché sovrapponibile a quanto osservato per MOC-31. I risultati della letteratura mostrano rispetto a MOC-31 solo valori lievemente più bassi di specificità (focale positività nel 1318% dei MM epiteliomorfi) (Ordoñez, 2007). Anche per Ber-EP4, nessuna utilità nella diagnostica differenziale fra MM e carcinoma a cellule renali. CEA è stato il primo marcatore immunoistochimico ritenuto di grande utilità per la diagnosi differenziale fra MM e adenocarcinoma polmonare. Questo marcatore è inoltre espresso in una elevata percentuale (77%) di carcinomi polmonari a cellule squamose mentre la sua espressione è molto bassa nei carcinomi sierosi e nulla nei carcinomi a cellule renali (Ordoñez, 2007). Rispetto a MOC-31 e Ber-EP4, la sensibilità per gli adenocarcinomi polmonari è minore (immunoreattività nel 50%-90% dei casi) (Ordoñez, 2007) . B72.3 è un anticorpo monoclonale che reagisce con una proteina tumore-associata nota come TAG-72. L’immunoreattività per questo anticorpo è stata riportata nel 75%-85% degli adenocarcinomi polmonari e nel 70%-75% dei carcinomi sierosi mentre i MM sono generalmente negativi così come i carcinomi a cellule squamose e i carcinomi a cellule renali (Ordoñez, 2007). CD15 è un marcatore molto specifico ma poco sensibile rispetto a quelli precedentemente citati. Solo i carcinomi a cellule renali (convenzionali e papillari) esprimono quasi sempre CD15, utile dunque nella diagnostica differenziale fra questo tipo di neoplasie e il MM (Ordoñez, 2007) . Miscellanea Thyroid transcriptor factor-1 (fattore di trascrizione tiroideo-1) (TTF-1): è un fattore di trascrizione organo-specifico espresso nel polmone normale (pneumociti), nella tiroide, così come nei tumori derivati da questi organi. Il principale uso di TTF-1 è nella diagnosi differenziale fra MM e adenocarcinoma polmonare (Ordoñez, 2007; Ordoñez, 2006). Recettori per gli estrogeni e il progesterone: particolarmente utili i recettori per gli estrogeni nella diagnosi differenziale fra MM peritoneale e carcinoma sieroso ovarico e fra MM peritoneale e carcinoma sieroso peritoneale (Trupiano, 2004; Ordoñez, 2005; Barnetson, 2006; Comin, 2007). I recettori per il progesterone sono risultati essere altamente specifici ma molto poco sensibili. p63: è un fattore di trascrizione nucleare recentemente descritto espresso nelle cellule basali degli epiteli stratificati, nella prostata, ghiandole salivari, mammella e cellule mioepiteliali (Au, 2004). E’ stato dimostrato che il gene di questo fattore è frequentemente amplificato e la proteina espressa in una elevatissima percentuale (80%-100%) di carcinomi a cellule squamose (Ordoñez, 2006). Da qui consegue la sua utilità nella diagnostica differenziale fra MM e carcinoma a cellule squamose infiltrante gli stromi pleurici. Infine, il marcatore del carcinoma a cellule renali (RCC Ma) altamente specifico e sensibile per il carcinoma a cellule renali di tipo convenzionale e papillare e dunque utile limitatamente alla diagnostica differenziale fra queste neoplasie e il MM (Ordoñez, 2007). Per quanto riguarda i MM sarcomatoidi, estremamente più rari delle forme epiteliomorfe e bifasiche, la scelta di marcatori mesoteliali positivi è assai più limitata. I MM sarcomatoidi sono caratterizzati dalla co-espressione di citocheratine (in particolare CAM 5.2), vimentina e talora trombomodulina. Le cellule fusate raramente esprimono la citocheratina 5/6 e sono negative agli altri marcatori mesoteliali più noti (calretinina, WT1). Tuttora oggetto di studio è l’immunoreattività dei MM sarcomatoidi a D2-40 e h-CD. Per questi istotipi, la scelta dei diversi marcatori, perlopiù negativi per il mesotelio, varierà in base al problema diagnostico differenziale: MM sarcomatoide versus tumore fibroso solitario (citocheratine, CD34, bcl-2, CD99), MM sarcomatoide versus sarcoma sinoviale monofasico (citocheratine, EMA, bcl-2, CD99), ecc. Molto più difficile la diagnosi differenziale fra MM sarcomatoide e carcinomi sarcomatoidi nel caso questi ultimi non mostrino alcuna differenziazione in senso ghiandolare o squamoso come quanto si osserva in alcuni carcinomi pleomorfi del polmone. Considerazioni conclusive Sulla base delle attuali conoscenze, riporto brevemente quelle che sono le batterie di anticorpi più frequentemente raccomandate nella più comune diagnostica differenziale fra MM epiteliomorfo e carcinoma. MM epiteliomorfo. versus adenocarcinoma polmonare: sulla base dei valori di sensibilità e specificità, calretinina, citocheratina 5/6, podoplanina e WT-1 sono i marcatori mesoteliali positivi migliori, mentre MOC-31, Ber-EP4, B72.3, CEA e TTF-1 sono i migliori marcatori per il carcinoma. L’immunocolorazione per TTF-1 è altamente specifica per l’adenocarcinoma polmonare permettendo di confermare l’origine polmonare della neoplasia. Dal punto di vista pratico, è comunemente suggerito l’uso di un panel costituito da 4 marcatori (2 positivi per il mesotelio e 2 positivi per il carcinoma), che permette nella maggior parte dei casi di la distinzione fra MM e adenocarcinoma polmonare. MM epiteliomorfo versus carcinoma a cellule squamose: i marcatori positivi per il mesotelio più utili sembrano essere attualmente WT-1 e calretinina, quelli negativi: p63, MOC-31 e/o BerEP4. MM epiteliomorfo peritoneale versus carcinoma sieroso: MOC-31, Ber-EP4, i recettori per gli estrogeni e calretinina sono i marcatori più utili per differenziare queste neoplasie. Nella nostra esperienza, che ovviamente necessita di ulteriori conferme, h-CD sembra essere ancora più specifico di calretinina; quest’ultimo marcatore è infatti talora espresso, seppure focalmente, nei carcinomi sierosi. MM epiteliomorfo versus carcinoma a cellule renali: calretinina, citocheratina 5/6 e podoplanina, come marcatori mesoteliali positivi, CD15 e RCC. Ma come marcatori mesoteliali negativi. Da quanto emerge da questa breve revisione possiamo concludere che attualmente esistono svariati marcatori mesoteliali con alta specificità e sensibilità utili per la diagnosi positiva di MM; tuttavia non esiste un unico marcatore con specificità e sensibilità assolute. Da ciò la necessità di avvalersi sempre di un panel di anticorpi che comprenda sia marcatori mesoteliali positivi che negativi. La selezione dei marcatori da utilizzare è strettamente correlata a svariati fattori, quali, la sede della neoplasia, il profilo istomorfologico del tumore, il sesso del paziente. Sulla base di queste informazioni il patologo può individuare il problema diagnostico differenziale. Ad esempio, se il tumore coinvolge gli stromi pleurici e presenta istologicamente un “pattern” papillare o tubulare, in assenza di neoplasie in sedi a distanza, il principale quesito diagnostico differenziale sarà fra adenocarcinoma polmonare e MM epiteliomorfo. Diversamente, un tumore peritoneale, con morfologia papillare, in una donna, porrà il problema diagnostico differenziale fra MM e carcinoma sieroso ovarico o carcinoma sieroso primitivo peritoneale. Se il tumore è composto perlopiù da cellule chiare o se mostra aspetti ad architettura solida o a differenziazione squamoide la diagnosi differenziale dovrebbe includere rispettivamente una metastasi da carcinoma a cellule renali o un carcinoma a cellule squamose. Quindi la selezione dei diversi marcatori varierà in relazione al problema diagnostico differenziale. Il valore di ciascun anticorpo, così come la scelta della migliore combinazione di anticorpi, sono tematiche tuttora molto discusse, oggetto di numerose pubblicazioni scientifiche. Inoltre, nonostante l’utilizzo di ampi panel anticorpali, il profilo immunoistochimico del MM non è sempre caratteristico e univoco, da cui deriva la continua ricerca di nuovi marcatori positivi per il mesotelialio. BIBLIOGRAFIA Au NHC, Gown AM, Cheang M, et al. p63 expression in lung carcinoma: a tissue microarray study of 408 cases. Appl Immunohistochem Mol Morphol 2004; 12:240-247. Barnetson RJ, Burnett RA, Downie I, Harper CM, Roberts F. 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Nella presente occasione è stato ritenuto significativo operare un confronto fra i casi pervenuti al COR toscano e dallo stesso “classificati” in base ai questionari somministrati e quelli denunciati all’INAIL; questo al fine di verificare se e quanti eventi di possibili Malattie Professionali (MP) tumorali da amianto fossero stati “perduti” per “difetti di giudizi”, “difetti o ritardi di accertamenti istruttori” o “difetti di denunce” all’Istituto Assicuratore. Relativamente alle definizioni dell’Ente sul nesso causale dei Mesoteliomi v’è da dire che, trattandosi di Malattia Tabellata alla voce 56 del DPR 336/94, l’identificazione di un rischio al di sopra di quello della popolazione generale, indipendentemente, quindi, dalla reale dose espositiva, rende la professionalità della malattia “presunta per legge” e quindi, difficilmente, si potrebbe operare il rifiuto amministrativo, a meno dell’esistenza di una prova contraria, ovvero della dimostrazione di altra causa della malattia che, stante la sua specificità, appare del tutto improbabile. Ne risulta che, in questi casi, una eventuale sottostima delle MP potrebbe verificarsi sostanzialmente per la mancata denuncia. Il confronto è stato operato sui dati “nominativi” forniti dal COR toscano all’Ente Assicuratore, relativi ai casi con definita esposizione professionale certa, probabile o possibile. La disponibilità da parte della Direzione Sanitaria Regionale INAIL di accedere al sistema informatico clinico (CARCLI) di tutte le sedi della Toscana ha consentito di verificare quanti e quali fra i casi presenti nel COR toscano erano stati denunciati. Il periodo di osservazione ha riguardato i mesoteliomi maligni diagnosticati nei 5 anni compresi dal 2002 al 2006, proseguendo un precedente nostro lavoro che aveva analizzato, seppur in maniera generica, i dati degli anni precedenti e adeguandosi alla banca dati INAIL (consultabile via web) che contiene ad oggi i dati relativi alle MP denunciate nel periodo sopradetto e indennizzate a tutto il 31/12/2007. Passando alla verifica preannunciata si può cominciare dall’osservazione che i casi pervenuti al COR toscano negli anni considerati e classificati come più o meno correlabili al lavoro (esposizione certa, probabile e possibile) si sono mantenuti stabilmente sopra ai 40 casi annui (figura 1), con un incremento nell’ultimo anno, mentre analizzando le tre fattispecie si nota una tendenza a ridursi il giudizio di probabilità, con un proporzionale incremento di quelli di certezza e di possibilità (figura 2). Figura 1 – Casi 2002-2006 del COR toscano dei mesoteliomi maligni con esposizione professionale per anno di diagnosi. 60 50 40 30 20 10 0 2002 2003 2004 2005 2006 Figura 2 – Casi 2002-2006 del COR toscano dei mesoteliomi maligni con esposizione professionale per livello espositivo e anno di diagnosi. 40 35 30 25 20 15 10 5 0 2002 2003 ESPOSIZIONE CERTA 2004 PROBABILE 2005 2006 POSSIBILE Andando a ricercare nell’archivio INAIL i casi nominativi del COR toscano e riportando in istogramma quelli denunciati all’Ente Assicuratore si nota come per almeno il 40% delle fattispecie classificate dal COR toscano come correlate a una compatibile esposizione lavorativa non sono state richieste le prestazioni assicurative e per i casi diagnosticati nell’anno 2005 si è persa una quota superiore al 50% (figura 3). Si evidenzia, anche, dall’istogramma di figura 3 che quasi la totalità delle domande pervenute all’INAIL hanno ricevuto le prestazioni indennitarie; il fatto dimostra che l’annoso problema delle cosiddette MP perdute, almeno in questo campo, deriva da un difetto di conoscenza e non da un difetto di giudizio o un difetto di istruttoria. Figura 3 – Confronto tra i casi identificati nella banca dati INAIL e quelli con esposizione professionale del COR toscano dei mesoteliomi maligni per anno di diagnosi. MESOTELIOMI ARMMT CORRELABILI AL LAVORO 60 DI CUI DENUNCIATI ALL'INAIL AMMESSI IN CORSO 50 40 30 20 10 0 2002 2003 2004 2005 2006 Se si considerano solo i casi classificati dal COR toscano come certamente esposti si nota che la quota di denunce all’INAIL cresce ma è sempre deficitaria e, particolarmente per l’anno 2005, è stata molto inferiore rispetto all’atteso (figura 4). Figura 4 – Confronto tra i casi denunciati all’INAIL e quelli con esposizione professionale del COR toscano dei mesoteliomi maligni per livello espositivo certo attribuito dal COR e anno di diagnosi. 40 35 30 25 20 15 10 5 0 2002 2003 MESOTELIOMI ARMM A ESPOSIZIONE CERTA 2004 2005 2006 DI CUI DENUNCIATI ALL'INAIL Dalla banca dati statistica INAIL (consultabile al sito web: www.inail.it) si sono estrapolati i casi complessivi di tumori da asbesto (figura 5) denunciati negli anni di riferimento e definiti al 31/12/2007. Si rileva come gli stessi appaiono accresciuti, rispetto a quanto visto nelle precedenti figure, della quota relativa ai tumori polmonari. Ma la minore specificità della suddetta patologia rispetto a quella pleurica determina anche un minore indice di accoglimento che, per il mesotelioma, come visto, era praticamente totale. Figura 5 – Casi di tumore da asbesto denunciati all’INAIL per anno di denuncia e indice di accoglimento A 60 50 40 30 20 10 0 2002 2003 2004 ACCOLTI NON ACCOLTI 2005 2006 I DATI SUI MESOTELIOMI MALIGNI RACCOLTI DAL CENTRO REGIONALE INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI (CERIMP) DELLA REGIONE TOSCANA Alberto Baldasseroni Responsabile operativo del CeRIMP-Regione Toscana. Il CeRIMP agisce come organo tecnico della Regione Toscana per la gestione, elaborazione e diffusione dei dati relativi a infortuni e malattie professionali che si verificano tra i lavoratori della nostra regione. In particolare tra i compiti del CeRIMP c’è anche quello di curare il sistema di registrazione delle segnalazioni di malattie da lavoro che pervengono ai servizi di prevenzione delle ASL. Tale sistema, noto sotto il nome di Mal.Prof., è attivo fin dal 2000 e, parallelamente a quanto realizzato in Lombardia, provvede a fornire una base conoscitiva ad un fenomeno, quello delle malattie possibilmente attribuite al lavoro, che non trova una fonte esauriente nei dati raccolti dall’ente unico assicurativo INAIL. Peraltro i dati dell’INAIL su questo fenomeno sono anch’essi resi disponibili attraverso i flussi informativi INAIL-ISPESL-Regioni che giungono da alcuni anni sia in forma aggregata alla regione, sia in forma disaggregata per territorio alle singole ASL. Si configura così per le malattie da lavoro un doppio sistema di registrazione, indipendente, dal cui incrocio è meglio descrivibile l’entità del carico di malattie dovute alle esposizioni lavorative. Il primo sistema, Mal.Prof., si basa sulle segnalazioni che pervengono, a norma di legge, all’Autorità Giudiziaria, rappresentata dagli UPG dei servizi di prevenzione nei luoghi di lavoro. Il secondo, come noto, è alimentato dalle denunce che pervengono all’INAIL a fini assicurativi. Per una completa, nei limiti del possibile, descrizione delle malattie da lavoro, anche altre sono le fonti consultabili, tra le quali spiccano senza dubbio i Registri di patologia come il Registro dei mesoteliomi. Dati di Mal.Prof. sui mesoteliomi In questa sede ci preme sottolineare che il grado di copertura del fenomeno avverso per la salute rappresentato dai mesoteliomi è inevitabilmente differente nelle varie fonti informative. Mal.Prof. riceve solamente le segnalazioni di quei casi per i quali un medico abbia formulato l’ipotesi che si tratti di patologia conseguente ad una esposizione lavorativa. INAIL, a sua volta, riceve le denunce di quei casi che abbiano avuto un rapporto di lavoro tale da essere stati sottoposti ad assicurazione. Per esempio sfuggono casi di datori di lavoro che abbiano esercitato in proprio attività con esposizione a fattori di rischio causali per lo sviluppo del mesotelioma, ma che non abbiano mai dovuto pagare il premio assicurativo all’ente. In teoria il Registro dei mesoteliomi, che non limita l’inserimento dei casi ad una difficile definizione di esposizione lavorativa o ad una copertura assicurativa, ampia, ma non totale, dovrebbe contenere l’universo dei casi d’interesse. In pratica tale risultato è raggiunto con difficoltà variabili da situazione a situazione. Ciò che abbiamo realizzato nel corso degli anni è stato un lavoro di cross-linkage tra le diverse fonti disponibili (Mal.Prof., INAIL, Registro dei mesoteliomi), al fine di garantire al meglio la copertura del fenomeno. Naturalmente le due fonti INAIL e Mal.Prof. hanno integrato, completandone il data-base, l’elenco dei casi presenti nel Registro, fonte, come visto, da considerare senz’altro prioritaria. Nel futuro è auspicabile che questo lavoro divenga sistematico e che report congiunti sui fenomeni descritti possano essere prodotti al fine di documentare in maniera migliore le reali condizioni di malattia della popolazione lavorativa. A completamento dell’informazione derivante da queste fonti informative, presentiamo due tabelle relative la prima alle segnalazioni di mesoteliomi della pleura registrati nel sistema Mal.Prof. negli anni 2000-2006, la seconda relativa ai dati delle patologie manifestatesi negli anni 2000-2006 e definite dall’INAIL al 30/04/2007. Tabella 1 - Distribuzione di frequenza dei casi di mesotelioma della pleura segnalati al sistema di registrazione Mal.Prof. nel corso degli anni 2000-2006, secondo il tipo di giudizio di attribuibilità all’esposizione lavorativa (Nesso Positivo= Esposizione probabile o certa; Nesso negativo= Esposizione improbabile o esclusa). MESOTELIOMI MAL.PROF. ANNO 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 TOTALE NESSO NESSO NEGATIVO O POSITIVO MANCANTE 43 13 33 9 38 12 27 6 34 9 29 2 48 8 252 59 TOTALE 56 42 50 33 43 31 56 311 Tabella 2 - Distribuzione di frequenza dei casi di Mesotelioma della pleura (codice sanitario 063) manifestatisi negli anni 2000-2006 e definite al 30/04/2007 dall’INAIL, secondo il tipo di definizione (Indennizzate: Morte-Permanente; Non Indennizzate: Regolare senza indennizzo-Negative) Anno Denuncia 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 TOTALE Indennizzate Non TOTALE MORTE PERMANENTE Indennizzate 15 8 8 31 21 13 11 45 31 11 4 46 19 11 3 33 26 13 7 46 15 16 2 33 7 22 3 32 134 94 38 266 Bibliografia Baldasseroni A., Ciani Passeri A., Bianchini E. Le malattie Professionali. Sesto Report Anno 2005 con in appendice: Report 2000-2004. Dicembre 2007. Centro Stampa, Giunta Regione Toscana. http://www.salute.toscana.it/prevenzione/ambientilavoro/report2005.pdf e http://www.salute.toscana.it/prevenzione/ambientilavoro/report-2000-04.pdf Baldasseroni A., Ciani Passeri A., Vivoli S. Azione Programmata: Le malattie professionali Settimo Report Anno 2006. http://www.salute.toscana.it/prevenzione/ambientilavoro/report2006.pdf L’AMIANTO DOPO IL BANDO DELL’AMIANTO: CONSIDERAZIONI SVOLTE DALL’INTERNO DI UN SERVIZIO DI PREVENZIONE IGIENE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO DELLA REGIONE TOSCANA Fabio Capacci e Franco Carnevale U.F. Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro “G. Pieraccini”, Dipartimento di Prevenzione, Azienda Sanitaria di Firenze Il ruolo delle istituzioni regionali e gli interventi per la “fuoriuscita” dall’amianto La fine degli anni ‘80, precedenti il varo della legge 257 del 1992 che ha bandito l’uso dell’amianto, hanno visto in Italia e specialmente in Toscana un impegno delle strutture pubbliche tale da arrivare alla scadenza legislativa con una ricca messe di competenze già maturate e di strumenti di lavoro. L’avvento del Dlgs 277 del 1991, che per la prima volta in Italia ha fornito una norma tecnica per lavorare con ed in presenza di amianto, non ha fatto che rafforzare tali competenze. Questo fervore di attività e di attenzione per il problema amianto, palestra alla quale molti professionisti si sono specializzati, ha fatto sì che in Toscana più che in altre regioni, si realizzasse anche un controllo precoce, rispetto alla norma del 1991, ed una raccolta di conoscenze ed esperienze che costituiranno una base di informazioni e di pratiche utilizzate in maniera sicura, anche per valutare a posteriori le esposizioni ad amianto, sia a fini scientifici e preventivi che giudiziari. L’impegno dei servizi PISLL per la materia amianto in Toscana è documentato anche in numerose iniziative e pubblicazioni culminate nella Conferenza Regionale sull’amianto di Pistoia nel 2005 (Carnevale, 1992; Silvestri, 1995; AA.VV., 2005). All’attivismo istituzionale corrisponde, alla fine degli anni ’80 e nei primissimi anni ’90, il tempestivo liberarsi dell’amianto da parte di alcune aziende più “avvertite”, non sempre in maniera corretta o completa, almeno nel senso in cui lo pretenderanno le norme tecniche predisposte specificatamente in seguito per le tipologie più diffuse di impieghi di amianto e di prodotti che lo contenevano, negli ambienti di lavoro e di vita. Non si può escludere che anche dopo tale data sia proseguita in alcune aziende la frettolosa eliminazione del pesante fardello dell’amianto, ma è certo che la norma e l’attività dei servizi delle Aziende Sanitarie Locali (ASL), in collaborazione con le strutture dell’ARPAT, hanno contribuito attivamente ad un ampio processo di scoibentazione o di allontanamento e smaltimento (in discariche situate prevalentemente al di fuori dalla Regione Toscana) che ha assunto anche, a tratti, i connotati del grande business, ma che non pare abbia prodotto un incremento di rischi per i lavoratori addetti e per la sanità pubblica. Il controllo del processo di scoibentazione, nonostante la semplificazione introdotta nei pareri dalla nuova norma del 2006 (Dlgs 257/06), fa ancora parte integrante dell’attività di routine dei servizi delle ASL, tramite la valutazione dei numerosi piani di lavoro (circa 400 all’anno nel solo comune di Firenze), quasi tutti relativi all’allontanamento di materiali compatti in cemento amianto. Dall’esame complessivo di questi piani si deve dedurre che, in Toscana, relativamente pochi erano i siti con amianto spruzzato, oggetto degli interventi più impegnativi, come del resto risulta anche dai dati del censimento attivo dei siti con amianto friabile previsto dall’art. 9 della L 257/92, pur nella probabile carente osservanza di questa norma. Non dissimile sembra anche il risultato del più recente censimento regionale dell’amianto finanziato ad ARPAT che, per opportunità, è stato ampliato anche ai materiali compatti contenenti amianto (http://www.arpat.toscana.it/amianto). Tra gli interventi tecnici di scoibentazione più emblematici sono da ricordare quello dei veicoli ferroviari a Livorno, la scoibentazione dello stabilimento Breda di Pistoia, la scoibentazione del teatro comunale e del CTO a Firenze; più indecisi e rallentati sono risultati invece gli interventi tendenti ad un controllo sicuro del residuo di amianto presente nei cantieri navali e nelle navi, comprese quelle militari. E’ da notare come in Toscana si è cercato di “semplificare”, in parte, l’imponente processo di allontanamento del cemento amianto anticipando l’applicazione della nozione delle cosiddette “esposizioni sporadiche e di debole intensità” (ESEDI) annunciata ma lasciata sospesa dalla più recente norma sull’amianto. Molte amministrazioni comunali e Società per la raccolta dei rifiuti hanno facilitato gli interventi di conferimento di piccole quantità di amianto in matrice compatta da parte dei privati direttamente interessati (adeguatamente “informati” tramite campagne ad hoc condotte dalle ASL), con lo scopo di garantirne l’allontanamento con le dovute misure di prevenzione e per evitare che venisse disperso impropriamente nell’ambiente. L’intero processo scoibentazione-conferimento-smaltimento è stato monitorato dalla Regione che mantiene sotto osservazione le ditte autorizzate alla scoibentazione ed allo smaltimento, censisce gli interventi effettuati ed ha anche costituito una sorta di coorte dei lavoratori direttamente impegnati nelle scoibentazioni. Si tratta ormai di alcune migliaia di lavoratori (circa 2.000 quelli che sono stati attivi a Firenze), “specializzati” e particolarmente “formati”, sicuramente sottoposti ad una intensa sorveglianza sanitaria, di cui una quota di circa il 20% proviene da paesi diversi dall’Italia, che svolgono il lavoro per periodi generalmente non prolungati. Anche nel caso di questi lavoratori si è accesa la discussione (fomentata più che conclusa nelle varie sedi istituzionali) se debbano essere inscritti nel registro degli “esposti a cancerogeni” (e non solo in un “elenco di addetti a …”), nonostante le procedure di prevenzione che, se accuratamente applicate ed escludendo “incidenti non previsti” di carente protezione, dovrebbero contenere la loro esposizione ad un livello non dissimile a quello della popolazione generale. Gli aspetti epidemiologici e di ricerca: la nascita del Registro mesoteliomi Alla particolare e precoce sensibilità al problema amianto dimostrata in Toscana, deve essere attribuita l’altrettanto precoce attenzione agli aspetti epidemiologici delle patologie associate all’amianto ed all’esposizione alle basse dosi. In Toscana è stato istituito il primo registro mesoteliomi in Italia che ha subito mostrato un forte impegno anche sugli aspetti di valutazione delle esposizioni e sulla gestione dell’archivio regionale delle scoibentazioni (art. 9, L. 257/92), oltre che grande attenzione a situazioni specifiche di esposizione, come, esemplari, quelle riguardanti due aziende di produzione o manutenzione di carrozze ferroviarie, le vetrerie, con particolare riguardo a quelle artistiche dell’empolese, e almeno due aziende di produzione del cemento-amianto. I risultati dell’attività dei registri dei mesoteliomi (sulla quasi totalità dei casi incidenti) operanti in molti paesi ed anche in Toscana (Gorini, 2002) non ha mancato di confermare e rafforzare le caratteristiche già note dei mesoteliomi e che rappresentano un solido background culturale per i medici del lavoro e non solo per questi: y la ricerca, alle volte, bisogna riconoscerlo, “accanita”, mette in evidenza una esposizione ad amianto nel 75-90 % dei casi, anche se a dosi cumulative non elevate; y a stragrande maggioranza delle esposizioni rilevabili sono di carattere professionale, a carico di lavoratori che non mostrano contemporaneamente segni clinicoradiologici di asbestosi; y tra le professioni sono più interessate quelle che negli anni ’50-’60, ma anche ’70 del Novecento, dovevano essere svolte, anche se non continuativamente, con o in presenza di amianto o di prodotti che lo contenevano, sempre però condotti in carenza di rigorose misure capaci di evitare la dispersione di fibre e nell’ignoranza del rischio comportante l’esposizione alle stesse; y per alcuni casi viene messo in evidenza il carattere ambientale, “di vicinanza” in relazione ad insediamenti produttivi (produzione di energia elettrica e di rotabili ferroviari) o, più frequentemente, la “contaminazione” familiare, più spesso da marito a moglie, ma anche da padre a figli; y in nessun caso vengono individuate ipotesi consistenti di causalità alternative a quella dell’amianto; il Registro non cataloga casi con “assenza di esposizione” bensì un certo numero con “esposizione ignota” (“soggetti per i quali l’incompletezza e l’insufficienza delle informazioni raccolte o il livello delle conoscenze non consentono di assegnare una categoria di esposizione”) o con “esposizione non classificabile” (“soggetti per i quali non sono e non saranno più disponibili informazioni”) o ancora con “esposizione improbabile” (“soggetti per i quali sono disponibili informazioni di buona qualità sulle loro attività lavorative svolte e sulla loro vita e dalle quali possa escludersi un esposizione ad amianto superiore ai livelli del cosiddetto fondo naturale ambientale”); y considerando tutti i dati disponibili del registro italiano dei mesoteliomi non emerge in maniera convincente il fatto che “l’inquinamento urbano” di fibre di amianto (quello generale che interessa tutti i cittadini e che è stato ben connotato in alcune realtà) possa essere chiamato in causa per epidemie di mesoteliomi e neppure per giustificare quella proporzione del 10-25% di casi classificati dai registri ad “esposizione ignota”. Prevenzione secondaria a favore degli ex esposti Tra le attività assegnate alle UF PISLL nel campo dell’amianto c’è quella della sorveglianza sanitaria degli ex esposti a cancerogeni e, tra questi, agli ex esposti all’amianto; anche questo argomento, periodicamente, assume il carattere di vivace discussione. A differenza delle iniziative assunte da altre Regioni, quali in particolare quella del Veneto, e nonostante l’impianto teorico ampio ed articolato previsto (Delibera n. 692/2001), con poche eccezioni, almeno tre, condotte in via “sperimentale” o “per forza maggiore” (quella di Arezzo, Livorno e Pistoia), nella regione Toscana si è affermata la posizione secondo la quale per gli ex esposti ad amianto la sorveglianza sanitaria debba concentrarsi in particolare su una azione di counseling volta a controllare abitudini voluttuarie e di vita, in particolare il fumo. La generica bontà di queste iniziative le rende difficilmente criticabili, ma altrettanto difficilmente valutabili in termini di specifica efficacia. D’altra parte alcuni gruppi di lavoratori richiederebbero piuttosto di essere tranquillizzati, tramite accertamenti sanitari, sull’assenza di patologie legate ad esposizione ad amianto; diagnosi precoce che, in realtà, non appare ancora in grado di modificare positivamente la storia naturale delle patologie tumorali correlate con l’asbesto mentre può incidere pesantemente sulla qualità della vita. Anche il fervore di interesse su possibili indicatori sierici precoci di malattia sembra al momento più di natura accademica ed ancora lontano da efficaci obbiettivi di benessere e prevenzione. A proposito della sorveglianza sanitaria agli ex esposti, il Registro Toscano dei Mesoteliomi fornisce informazioni utili da offrire opportunamente ai lavoratori in sede di counseling. I cluster segnalati dal Registro in numero relativamente limitato, rimandano a gruppi di lavoratori difficilmente reclutabili ai fini dell’attuazione di un programma di sorveglianza sanitaria, come nel caso dei cernitori di Prato e dintorni, oppure suggeriscono, con la loro evoluzione, l’avvento di una fase di decremento, come nel caso dei lavoratori dei veicoli ferroviari, che potrebbe testimoniare dell’esaurimento graduale ma deciso di una fase più “efficace” di esposizioni, quella che arriva alla fine degli anni ’60 del Novecento. I dati disponibili, infine, non depongono con chiarezza per inferenze causali a carico di esposizioni sia “antiche” che relativamente più recenti, diverse da quelle professionali, in particolare di quelle così dette ambientali, e che avrebbero dovuto avere come target la popolazione generale, cioè un numero molto grande di soggetti dove una proporzione anche estremamente piccola di effetti sarebbe facilmente apprezzabile anche attraverso il computo di numeri assoluti. Ciò appare in linea con quel processo che Irving Selikoff ha messo ben in evidenza illustrando il “razionale” della conferenza di New York del 1990 (Landrigan, 1991); egli sosteneva che da tempo era iniziata una fase diversa di esposizione ad amianto che chiamava “la terza fase”. La prima era da associare all’estrazione ed alla manifattura (in particolare alla tessitura) dell’amianto. Essa era iniziata nella seconda decade del 20° secolo e continuata sino agli anni ’80; secondo Selikoff le malattie associate con queste attività erano ancora attuali anche se con il tempo si erano ridotte in maniera considerevole. La seconda fase risultava dominata dall’impiego di amianto e di materiali che contengono amianto dovendo considerare in primo luogo i coibentatori ed i lavoratori della cantieristica navale operanti durante la seconda guerra mondiale. La terza fase ha riguardato e riguarda le esposizioni all’amianto da mettere in sede o già messo in sede (asbestos in place), magari molto tempo prima; il rischio si è trasferito su chi deve lavorare intervenendo su o con questi materiali o semplicemente in presenza di essi. Aspetti giudiziari Ammessa la strettissima correlazione con l’amianto, è ormai prassi consolidata in molti servizi pubblici di prevenzione Toscani quella di redigere sia il referto che il primo certificato medico di malattia professionale all’Istituto Assicuratore per ogni caso di lavoratore affetto da mesotelioma. Dal punto di vista assicurativo, i casi che oggi giungono a buon fine per l’assicurato sono sicuramente in numero maggiore che in un passato anche recente. Rispetto alla comunicazione e gestione dei referti, la collaborazione tra Registro Mesoteliomi e UF PISLL risulta, alla fine, più attivo di quanto non sia quello con l’Autorità Giudiziaria. Basti pensare che su ogni referto interviene sia il Registro, con le sue procedure di ricostruzione dell’esposizione pregressa, che il PISLL, spesso in coordinamento. Mentre dalla attività del registro scaturiscono le notizie utili alla gestione epidemiologica del caso e per rafforzare possibili associazioni tra amianto e patologie attribuibili in gruppi di lavoratori o per corroborare la probabilità di una esposizione a fini previdenziali, pochi, al contrario, sono i risultati, agli effetti pratici, che emergono dall’attività di polizia giudiziaria vera e propria. In Toscana le inchieste avviate dalla Magistratura su casi di mesoteliomi sono un numero molto limitato (Breda, S. Lucia, Toremar, Cantiere Navale Aprano, Solvay) e ancor meno quelle giunte a giudizio ma in maniera da escludere qualsiasi responsabilità penale da parte dei soggetti aziendali perseguiti per aver causato danni da amianto ai lavoratori. E’ da far notare che dal dibattito giudiziario, e non solo in Toscana, sono emerse conclusioni a volte stupefacenti per niente supportate dalle conoscenze scientifiche disponibili. Una di queste, sostenuta nei tribunali e poi anche su una rivista (Chiappino, 2005), porta a dire che è da escludere qualsiasi ipotesi di evitabilità del mesotelioma “essendo le fibre ultrafini le sole a provocare la malattia”; le fibre ultrafini non visibili al microscopio ottico, non misurabili, non eliminabili dagli ambienti di lavoro avrebbero avuto modo di agire sia dove venivano adottate misure di prevenzione adeguate come dove veniva disattesa la normativa vigente in tema di polveri pericolose, almeno, si dice, fino alla seconda metà degli anni 80, quando si sono diffusi sistemi di filtrazione adeguati alle dimensioni di quelle fibre. Una tale posizione è contraddetta in primo luogo dalla letteratura internazionale più recente; vana infatti risulta la ricerca di autori che hanno pubblicato in riviste importanti, quelle con effettive revisioni tra pari, lavori con argomentazioni tendenti a concludere che solo le fibre sottili (e solo queste) causano il mesotelioma. La “teoria” è contraddetta poi, sia dal fatto che una quota di fibre più sottili e più corte diventa tale per trasformazioni che avvengono all’interno dell’organismo, sia dalla dimostrata efficacia (anche nei confronti di fibre più sottili e più corte) dei sistemi di aspirazione e di abbattimento delle polveri (e non soltanto di quelli di ultrafiltrazione), sistemi disponibili e spesso adottati molti decenni prima degli anni ’80 del Novecento (Tomatis, 2006). E’ utile segnalare al proposito che, negli Stati Uniti, il National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH) del Centers for Disease Control and Prevention (CDC), Department of Health and Human Services (HHS), ha diffuso nel febbraio 2007 un “draft document” dal titolo "Amianto ed altre Fibre Minerali, un programma (roadmap) per la ricerca scientifica" (http://www.cdc.gov/niosh/review/public/099) ammettendo con ciò, in particolare, che dubbi e non tanto sicurezze esistono oggi sul ruolo svolto da particelle di più piccola dimensione derivanti dalla frammentazione di fibre di maggiore lunghezza (“fiber-like cleavage fragments”) e sulla “frazione toracica” (“thoracic-sized fibers”) delle stesse fibre. Appare ragionevole, in sintesi, esporre nella maniera seguente le acquisizioni “sociali” prevalenti in tema di impiego dell’amianto e dei suoi effetti sui lavoratori (Carnevale, 2007): y le grandi compagnie che detenevano il monopolio dell’amianto nel mercato globale possedevano anche il monopolio delle conoscenze scientifiche sulla cancerogenicità dell’amianto; y tra le conoscenze scientifiche disponibili negli anni ’60 ed i ’70 del Novecento c’era quella che il mesotelioma poteva essere correlato con esposizioni a dosi anche non molto elevate di amianto; y proprio quando più solide sono apparse le conoscenze sulla cancerogenicità dell’amianto, tra la fine degli anni ’60 ed i ’70, maggiore è stata la produzione ed il consumo di amianto in ognuno dei paesi industrializzati; y in quegli stessi anni l’amianto veniva impiegato per circa l’80% nella produzione del cemento amianto ed il resto come coibente in vari cicli lavorativi, di più in aziende di grandi dimensioni, in un circuito cioè in cui abbondavano medici e tecnici che non potevano ignorare le caratteristiche principali con le quali si esprimeva la pericolosità delle fibre; tecnici e medici che non potevano ignorare le conseguenze di coibentazioni fatte a spruzzo in reparti dove i coibentatori (di ditte in appalto) magari erano protetti, mentre non protetti dall’inquinamento generale erano i lavoratori (dipendenti dell’azienda) addetti ad altre mansioni; y in molti paesi industrializzati, ma non in Italia, grandi aziende utilizzatrici avevano escluso l’impiego della crocidolite con una autoregolamentazione, già negli anni ’60; y a partire dagli anni ’70 generalmente maggiori e più efficaci sono risultate le misure capaci di proteggere i lavoratori direttamente impegnati nella manipolazione dell’amianto, nella produzione del cemento amianto e tra i coibentatori; y negli anni ’60-‘70 lo standard generale impiegato per la lotta contro le polveri di ogni genere, compreso l’amianto, era generalmente più basso in Italia che in altri paesi industrializzati, sia nelle grandi che nelle piccole aziende, e ciò nonostante la normativa prevedesse misure molto rigorose e fosse disponibile la tecnologia per attuarle. Aspetti previdenziali Molto più vivace deve essere descritta l’attività giudiziaria sul versante dei benefici previdenziali previsti dalla legge 27 marzo 1992 n. 257 “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto” per i lavoratori che rivendicano una esposizione ultradecennale ad amianto. Il contenzioso su questo tema ed il numero di casi che dopo il fallimento della richiesta per via amministrativa, giungono di fronte al Giudice del Lavoro è tale da costituire ormai esso stesso un business per studi legali e consulenti di ogni tipo e, d’altra parte, una mina vagante per le casse dello Stato. La norma, come è noto, aveva l’obbiettivo di indicare modalità tecniche e procedurali per la cessazione dell’impiego dell’amianto e per la bonifica delle aziende dove questo veniva usato, lavorato e commercializzato e di ammortizzare la crisi occupazionale prevista nei settori dell’estrazione e lavorazione dell’amianto come conseguenza della imminente attuazione del divieto di importazione e lavorazione dell’amianto stesso (“Bando dell’amianto”). Dopo circa un anno dall'entrata in vigore della 257 viene varata una integrazione della norma che dà una nuova interpretazione dell'art. 13 riguardo alla rivalutazione dei contributi pensionistici, allargandone la fruizione ai lavoratori che abbiano contratto malattie asbesto-correlate, indipendentemente dal settore lavorativo in cui hanno lavorato, ed include nella fruizione tutti i lavoratori che siano stati “esposti” all'amianto per più di 10 anni, in qualunque settore lavorativo. Gli estensori del provvedimento altro non fanno che rispondere positivamente a gruppi di pressione organizzati, sperando in un buon ritorno elettorale. Pochi al quel momento si rendono conto delle ricadute economiche e sociali che questa "leggina" avrà in futuro, compreso il coinvolgimento della sanità in una partita che era tutta giocata sulla previdenza sociale. Negli atti parlamentari di preparazione delle citate leggi, ed in alcuni passi di vari atti e documenti (compresa la sentenza delle Corte Costituzionale 5/2000), si incontra l’ipotesi che in sede legislativa vi fosse l’idea che l’anticipazione del pensionamento avesse anche un intento “compensativo” per una possibile riduzione di attesa di vita dovuta al rischio di decesso per malattie connesse con l’esposizione ad amianto. Molte sono però le perplessità sulla fondatezza scientifica di questa ipotesi interpretativa e se era sicuramente fondata l’intenzione del legislatore di introdurre con questa norma un indennizzo per la prospettiva della perdita del posto di lavoro, non era invece fondata su dati oggettivi e su criteri di proporzionalità l’intenzione di introdurre una compensazione per un rischio alla salute, né simili meccanismi di compensazione attraverso un bonus pensionistico sono usuali nelle legislazioni dei paesi industrializzati. In ogni caso la norma, interpretata quale norma previdenziale rivolta a tutti i lavoratori che dell’amianto avessero sperimentato una “esposizione”, ha richiesto la definizione non più di tipologie di lavoro a rischio ma bensì di limiti di esposizione la cui scelta, in mancanza di indiscussi criteri logici e coerenti con l’obbiettivo legislativo previdenziale, ha dato di continuo origine a contenziosi relativi non solo alla valutazione delle esposizioni ma anche al significato da attribuire al limite di esposizione prescelto. Se consideriamo che le domande dei riconoscimenti previdenziali sono arrivate alla quota di circa 250.000 nell’anno 2005, termine ultimo per la presentazione della domanda di beneficio, possiamo stimare che l’Italia si sia ritrovata di colpo con 125.000 pensionati in più, senza che questi avessero versato contributi proporzionali nella loro vita lavorativa e senza che le aziende avessero per loro versato il sovrappremio INAIL (ex dlgs 1124 silicosi – asbestosi), pagato soltanto da poche aziende che impiegavano amianto come materia prima. L'organo tecnico dell’INAIL (CONTARP), coinvolto nel processo, ha proposto una linea guida per definire quantitativamente il termine "esposto all'amianto" fissando la soglia minima di 100 fibre/litro, intesa come esposizione ponderata continuativa per più di 10 anni, una quota piuttosto rilevante in termini di dose (intensità X tempo). C'è però un problema: il monitoraggio dell'amianto ha in Italia una storia recente e non vi sono dati "misurati", se non in pochissimi comparti produttivi. Negli anni successivi la CONTARP "stimerà" le esposizioni del passato servendosi di dati rilevati, anche all'estero, negli stessi comparti produttivi. Il Decreto del Ministro della Sanità 6 settembre 1994 indica in 2 ff/l in SEM (20 ff/l in MOCF) i limiti che garantiscono ragionevolmente l’assenza di effetti sanitari da amianto e questo dovrebbe essere, secondo le attuali conoscenze, il limite da adottare sulla base di considerazioni sanitarie, per considerare il rischio di contrarre patologie da amianto tanto basso quanto quello della popolazione “non esposta”. L’adozione di tale limite condurrebbe ad assegnare gli stessi benefici a soggetti con livelli di esposizione profondamente distanti e, di conseguenza, con livelli di rischio profondamente differenti mentre ne sarebbero esclusi i lavoratori esposti a cancerogeni altrettanto temibili dell’amianto (ad esempio, cromo, CVM, arsenico, ecc.) che pure potrebbero correre un rischio per la loro salute di gran lunga maggiore rispetto a coloro che hanno subito basse esposizioni ad amianto. Oltre alle contestazioni sui numeri vi sono due palesi contraddizioni nella legge 271/93: prima, il mantenimento della soglia di almeno dieci anni di esposizione, seconda la presenza al lavoro nel 1992. Riconoscere un beneficio per l'esposizione ad un cancerogeno che può manifestare il suo effetto negativo anche per esposizioni minime, contraddice con i dieci anni mentre nessun senso logico sembra avere il requisito di trovarsi ancora al lavoro nel 1992. Nel complesso, dunque, si può definire un vero pastrocchio giuridico, costellato da pronunce, a tutti i livelli giudiziari, spesso in netta antitesi fra di loro. Si accavalleranno nel tempo decreti più o meno favorevoli alla concessione dei benefici per arrivare al 27 ottobre 2004 quando il Governo emette il DM che stabilisce alcuni punti fermi, tra cui una data, il 15 giugno 2005, come termine ultimo per la presentazione delle domande di riconoscimento dell'esposizione. Bibliografia AA.VV., Amianto. Atti della Conferenza Regionale Pistoia 16 – 17 giugno 2005. ASL di Pistoia, Pistoia 2005. Carnevale F., Chellini E. (a cura di). Amianto: miracoli, virtù e vizi. Editoriali Tosca, Firenze 1992 Carnevale F., Amianto: una tragedia di lunga durata. Argomenti utili per una ricostruzione storica dei fatti più rilevanti, Epidemiol Prev, 2007, 31, 53-74 Chiappino G., Mesotelioma: il ruolo delle fibre ultrafini e conseguenti riflessi in campo preventivo e medico legale, Med Lav, 2005, 96, 3-23. Gorini G., Merler E., Silvestri S. et al. Archivio Regionale Toscano dei mesoteliomi maligni. Edizioni TiConErre Sicurezza Sociale. Regione Toscana, Firenze 2002. Landrigan P.J., Kazemi H. (eds.), The 3rd wave of asbestos disease: exposure to asbestos in place, Ann NY Acad Sci, 643, 1991. Linee guida per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori ex-esposti a cancerogeni occupazionali. Delibera GR n. 692/2001 rivolte a Servizi di Prevenzione delle Aziende U.S.L.. Silvestri S., Merler E., (a cura di). C’era una volta l’amianto. Edizione TiConErre Sicurezza Sociale. Regione Toscana, Firenze 1995. Tomatis L., Cantoni S., Carnevale F., et al., Il ruolo delle dimensioni delle fibre di amianto nella patogenesi e nella prevenzione del mesotelioma, Epidemiol Prev, 2006, 30, 289-294. LA MAPPATURA DELL’AMIANTO IN TOSCANA Gabriele Fornaciai, Dipartimento di Firenze, ARPAT Francesco Di Benedetto, Università di Firenze Il progetto Il progetto “Mappatura dell’amianto in Toscana”, è stato affidato da Regione Toscana ad ARPAT, in accordo con le disposizioni della legge 2 marzo 2001 n. 93 e del decreto ministeriale 18 marzo 2003 n. 101. Il progetto, finanziato dal Ministero dell’Ambiente, ha coinvolto luoghi pubblici e privati di primario interesse per la gestione del problema amianto, tenendo conto delle specificità del territorio regionale. In particolare l’indagine si è orientata su: edifici pubblici o aperti al pubblico, siti dismessi, siti estrattivi, siti oggetto di attività geotermica, grandi impianti industriali, impianti a pressione. Del protocollo d’intesa originario stipulato tra Regione e ARPAT, costituito da tre distinte fasi temporali, il gruppo di lavoro (stabilito presso il Dipartimento ARPAT di Firenze, in collaborazione con personale degli altri Dipartimenti, degli informatici del SIRA, dei Servizi di Prevenzione delle Aziende USL, del Museo di Storia Naturale, Università di. Firenze, e di un Gruppo di Coordinamento che ha visto coinvolti la stessa Regione Toscana ed il CSPO) è stato in grado di svolgere sia la prima fase, che la seconda (ancorché non finanziata), grazie alla omogeneità delle azioni da percorrere per le categorie specifiche considerate. Le categorie degli edifici pubblici o aperti al pubblico, dei grandi impianti industriali e degli impianti a pressione sono state censite mediante l’invio di schede di autonotifica, in accordo con le disposizioni ministeriali. A fronte di tale azione, è stato predisposto un indirizzario contenente oltre 17.000 edifici o proprietà pubbliche/private potenzialmente contenenti amianto con modalità di risposta in formato cartaceo o elettronico. Il dato finale (al 30 di Settembre) vede inviate 17.264 schede, delle quali ne sono rientrate 4.106. Il destinatario ha preferito la risposta elettronica solo nel 20% dei casi, e la percentuale di schede positive alla presenza di amianto (friabile e/o compatto) è pari al 23,5% equivalente a 1.145 casi (figura 1). Per le categorie siti estrattivi, grandi impianti industriali, impianti a pressione sono stati disposti sopralluoghi in siti di specifica rilevanza ambientale e sanitaria (in particolare sono stati visitati 20 grandi impianti e 3 impianti a pressione): le schede, in questo caso, sono state compilate dal personale del Progetto insieme ai referenti locali (ARPAT, ASL) e ai responsabili delle aziende, previa ispezione dell’impianto. Per quanto riguarda la presenza naturale di amianto sul territorio, sono stati individuati 51 siti di estrazione di rocce ofiolitiche, nei quali potenzialmente sono contenuti minerali classificati come amianto; nei dieci siti caratterizzati mediante indagine di laboratorio, si osserva la costante presenza di fibre asbestiformi (sia di crisotilo che di anfiboli), anche se raramente in concentrazione rilevante oppure associate a caratteristiche meccaniche della roccia ospite che facciano presupporre un rilascio significativo durante le varie fasi di estrazione, movimentazione e lavorazione. Figura 1 - Confronto questionari spediti (17.264 - verde), risposte pervenute (4.104 - blu) e siti con presenza di amianto (1.145 - rosso) I dati relativi ai siti dismessi sono stati reperiti presso gli archivi presenti presso i Dipartimenti ARPAT, individuando 50 casi positivi, rappresentati per lo più dalla presenza di vecchie coperture in cemento-amianto e più raramente dalla contaminazione del terreno. Per quanto riguarda infine la geotermia, sono stati identificati, in collaborazione con ENEL tutti i vapordotti ancora contenenti parti o coibentazioni in amianto, valutabili in alcune decine di chilometri di tracciato, quasi per intero con l’amianto segregato da un rivestimento in lamiera. Più carente è risultata l’informazione in merito ai siti contaminati dai “vecchi abbandoni”, per i quali non esiste ad oggi una mappa definitiva. Il totale dei dati raccolti è stato formalizzato in un database georeferenziato, omogeneo al protocollo richiesto dal Ministero, che è stato trasmesso da ARPAT nei termini della scadenza del progetto. La situazione in Toscana La situazione fotografata dalla presente Mappatura appare in linea con quella di altre Regioni, per le quali si osserva una notevole distribuzione di materiale contenente amianto, ma in definitiva una limitata pericolosità dello stesso, a causa di una limitata esposizione o ad un buono stato di conservazione. I valori ottenuti per il punteggio possono nella maggior parte dei casi essere considerati “bassi”. A nostro avviso, il metodo di calcolo del punteggio proposto dal ministero non riesce a discriminare alcune situazioni specifiche del territorio toscano, in particolare risultando poco efficace nel distinguere le situazioni in cui l’amianto non è accessibile, da quelle in cui esso è stato incapsulato permanentemente. I valori ottenuti appaiono dunque schiacciati troppo verso il basso. Un possibile correttivo da apportare al database, quindi, potrebbe essere quello di rivalutare alcuni indici di rischio, in modo da avere una maggiore discriminazione delle situazioni più confuse. In ogni caso, questo non comporta una variazione della valutazione della situazione toscana, che può essere definita sotto controllo, con una classificazione dei siti contenenti amianto a “rischio medio-basso”. E’ importante anche sottolineare che delle 1.145 situazioni contenenti amianto, 472 presentano misure di prevenzione attive come il confinamento delle superfici dei materiali contenenti amianto. E’ inoltre importante osservare come questa fase della mappatura non abbia ad oggi interessato la presenza di amianto nell’edilizia privata, rappresentata quasi per intero da manufatti in cemento-amianto. Bisogna sottolineare che la presenza di questi manufatti quali coperture, serbatoi, canne fumarie, è l’oggetto di oltre il 90 % degli esposti da parte dei cittadini, e questo sta a dimostrare quanto sia percepito dalla popolazione il rischio ad essi connesso. E’ auspicabile che in tempi brevi la Regione dia mandato per procedere ad integrare la presente Mappatura con il progetto relativo a questo settore di così elevata rilevanza per i cittadini. Infine, la presenza diffusa di materiali contenenti amianto sul territorio regionale, sia in locali di pubblico accesso che in edifici privati, ripropone il problema delle modalità di smaltimento; tale presenza diffusa può modulare in modo determinante la tempistica di smaltimento di questi materiali. In tal senso, l’agevolazione delle modalità di conferimento dei rifiuti, anche da parte del cittadino, e la riduzione dei relativi costi sono obiettivi da tenere presente nella futura gestione del problema amianto. Si ricorda infatti che ad oggi il materiale contenente amianto viene smaltito quasi per intero al di fuori del territorio regionale, con costi di stoccaggio e trasporto a nostro avviso troppo elevati per la comunità. Il nuovo Decreto Legislativo sull’igiene e la sicurezza del lavoro: prime riflessioni sul Capo terzo “amianto” Stefano Silvestri UO Epidemiologia Ambientale-Occupazionale, Istituto Scientifico Prevenzione Oncologica (CSPO) La stesura del cosiddetto “nuovo Testo Unico” sull’igiene e la sicurezza nei luoghi di lavoro poteva essere una buona occasione per rivedere e migliorare le leggi e decreti esistenti in materia. Lo è stata solo in parte ed alcuni nodi strutturali della vecchia normativa sono rimasti tali. In particolare il Decreto Legislativo 257/06, che recepiva la Direttiva Europea 2003/18/CE in materia di amianto, aveva creato non poche difficoltà nella sua applicazione pratica e quindi, indipendentemente dal lavoro di riunificazione delle leggi, sarebbe stato comunque necessario apporvi dei correttivi. La compilazione dell’intero Decreto Legislativo ha subito negli ultimi mesi un’accelerazione a causa della crisi di governo ed ha costretto i tecnici impegnati nel lavoro ad un vero tour de force che non ha certo aiutato a concludere nel miglior modo possibile un lavoro di notevole complessità. Non è quindi da escludere che l’applicazione pratica del provvedimento evidenzi criticità che rendano necessari ulteriori interventi correttivi che il nuovo Governo potrà apportare, in virtù della delega che durerà per un altro anno. Nell’ultimo anno la discussione tecnica sulla normativa in materia di amianto era già stata indotta dallo stesso articolato del DLgs 257 che rinviava alla Commissione Consultiva Permanente (ex DPR 547/55) la definizione degli orientamenti pratici per la determinazione delle esposizioni sporadiche e di debole intensità. I lavori del gruppo tecnico incaricato dalla Commissione Consultiva si sono appena conclusi. Le revisioni del DLgs 257/06 per l’inserimento nel nuovo DLgs. proposte dal gruppo tecnico del Coordinamento delle Regioni avevano riguardato argomenti che possiamo definire di “sostanza” e di “contorno”, ma tutte comunque elaborate in conformità con quanto dettato dalla norma europea di riferimento. Il nuovo testo aveva passato indenne l’approvazione della Conferenza Stato Regioni e delle Commissioni Parlamentari di Camera e Senato, ma purtroppo ha subito decurtazioni importanti prima dell’ingresso nel Consiglio dei Ministri, forse all’insaputa dello stesso Governo. Un vero e proprio “giallo” che solo in futuro, forse, potrà avere una spiegazione. Riguardo all’esposizione dei lavoratori era stata introdotta una nuova terminologia tesa a fare, una volta per tutte, chiarezza sul significato di “esposizione”. Fermo restando che per “esposizione” si è sempre intesa “la concentrazione dell’inquinante nella zona di respirazione del potenziale esposto” ci si è sempre chiesti come si sarebbe definita la “reale esposizione”, cioè la concentrazione di fibre nella trachea di un potenziale esposto quando protetto da dispositivi di protezione individuale respiratoria (DPI). La nuova terminologia che sostituiva il termine “esposizione” con “contaminazione aerea” non è passata. Questo, che a prima vista poteva apparire soltanto una semplice questione terminologica, rappresentava in realtà un enorme cambiamento concettuale. Negli ultimi 15 anni, stando a quanto dichiarato dai datori di lavoro delle ditte autorizzate alle opere di bonifica nelle relazioni annuali ex Art. 9 Legge 257/92, ma anche da quanto direttamente rilevato dagli operatori dei Servizi di Prevenzione, le indagini ambientali non venivano regolarmente effettuate in ogni cantiere di bonifica. Molti si basavano sul proprio pregresso oppure per la valutazione del rischio si utilizzavano misure fatte in situazioni analoghe, del resto il vecchio DLgs 277 del ‘91 lo autorizzava in maniera esplicita. Quindi soltanto i titolari di imprese più “sensibili” effettuavano qualche misura spot ogni tanto, giusto per comprendere un po’ meglio le condizioni di lavoro, ma senza porsi nell’ottica di una effettiva valutazione del rischio di esposizione né tanto meno di valutare il rispetto del valore limite. Per inciso, a mia conoscenza, nessuno ha mai comunicato il superamento del TLV, né durante gli anni di applicazione del DLgs 277/91 né negli ultimi due anni del DLgs. 257/06. Il superamento di tale valore veniva dato per scontato all’interno delle zone confinate durante le rimozioni di amianto friabile, ma ciò non rappresentava un problema dato che gli addetti erano dotati di DPI. Tant’è vero che nelle migliaia di relazioni ex art. 9 ormai accumulate non ve n’è una che indichi una esposizione dei lavoratori maggiore di “zero” proprio perché veniva dichiarato che gli addetti lavoravano soltanto con la protezione respiratoria. In virtù di questo uso continuo di DPI si è sempre creduto, e purtroppo fatto anche credere, che l’esposizione dei lavoratori fosse zero e comunque inferiore al valore limite. Effettuare un bilancio delle esposizioni professionali ad amianto in termini quantitativi in questi primi quindici anni di attività di rimozioni e manutenzioni è praticamente impossibile, nonostante il grande investimento di personale dell’Organo di Vigilanza e quello delle aziende in attrezzature e formazione del personale. Sicuramente le esposizioni degli scoibentatori sono state molto contenute, se si eccettuano quelle probabilmente occorse a causa di infortuni igienistici. Supponendo che in un futuro non prossimo si volesse procedere ad una indagine epidemiologica sugli attuali addetti alle rimozioni di amianto, dovremmo assegnare loro una esposizione “d’ufficio”, cioè soltanto in base alla mansione perché non vi sono numeri. La stima, perché soltanto di questo si può parlare, si collocherebbe sicuramente su intensità basse, ma certamente superiori a quelle a cui è stata o è esposta, la popolazione generale. E’ noto agli addetti ai lavori, ma dovrebbe esserlo a tutti, che i DPI non rappresentano una barriera “assoluta” contro l’inquinamento, nonostante la denominazione dei filtri “assoluti” appunto. Il loro Fattore di Protezione, ed in particolare quello Operativo (FPO) è definito nel DM del 20 agosto 1999 quello massimo tecnicamente raggiungibile con le protezioni è 400, corrispondente alle maschere in pressione positiva alimentate da un elettroventilatore con filtro assoluto. Questo significa che la concentrazione di fibre stimabile all’interno della maschera, cioè quella all’interno della trachea, è ricavabile dal rapporto tra la concentrazione aerea ed il FPO. Per esemplificare supponiamo che durante una scoibentazione la contaminazione aerea sia di 4.000 ff/litro; dentro la maschera, cioè in trachea, avrò 10 ff/litro. Il nuovo decreto fa comunque chiarezza definitiva su un punto: i lavori in presenza di amianto o di materiali contenenti amianto si effettuano soltanto con idonei DPI; il passato DLgs. 257/06 lasciava margini di interpretazione sull’obbligatorietà o meno dei DPI per concentrazioni inferiori al valore limite. E sempre nel nuovo Decreto si legge che il FPO dovrà essere tale che all’interno della maschera la concentrazione non superi un decimo del Valore Limite, quindi 10 ff/litro considerato che il Valore Limite è rimasto a 100 ff/litro. Concettualmente la “concessione” per legge di una esposizione reale ad un cancerogeno ad un decimo del Valore Limite rappresenta un problema di estrema delicatezza, in particolare se questo concetto venisse ripreso e mutuato anche per gli altri cancerogeni per i quali le stime di rischio sono ancora molto imprecise. Per l’amianto, il fattore di rischio cancerogeno forse più studiato al mondo, le stime di rischio sono state pubblicate da vari autori, ma in particolare anche dall’Organizzazione Mondiale delle Sanità (OMS). Quest’ultima nel 2000 ha emanato gli Standard di qualità dell’Aria per la popolazione generale e per l’amianto: ha stimato che per una esposizione vera ad 1 f/litro continuativa per una intera vita il rischio di mesotelioma si colloca in un valore intermedio tra 1 su 100.000 ed 1 su 10.000. Quindi da 100 a 10 volte inferiore al rischio che viene osservato oggi per l’intera popolazione di 30 40 anni fa composta di esposti professionali e non. Considerato che una vita lavorativa è, in termini di durata complessiva, circa un decimo della intera vita e che al giorno d’oggi la concentrazione di amianto nell’aerosol cittadino si è ridotta considerevolmente grazie alla messa al bando, una esposizione continuativa per tutta la vita lavorativa a 10 ff/litro pone la stima del rischio ad un livello pari a quello stabilito dall’OMS per la popolazione generale. Lo “scippo” finale del nuovo decreto ha però cancellato, e forse stupidamente, il riferimento agli Standard di Qualità dell’aria stabiliti dall’OMS a Copenhagen nel 2000. Altra innovazione, passata nella versione finale soltanto a metà, riguarda la sorveglianza sanitaria ed il registro degli esposti. Questi due aspetti, così come formulati nella precedente normativa, erano in netta contraddizione con l’articolato che riguardava le misure igieniche di prevenzione nel loro insieme. Iscrivere un lavoratore nel registro degli “esposti” al suo primo ingresso al lavoro equivaleva ad affermare che lavorando con l’amianto non vi era alcuna possibilità di prevenire l’esposizione. Da questo derivava il concetto di “professionalmente esposto” e veniva dato per scontato che questi lavoratori fossero in qualche modo “autorizzati”, nonché “condannati”, ad essere esposti ad un agente cancerogeno ad una intensità superiore a quella a cui è mediamente esposta la popolazione generale. Conseguente a questa assunzione a priori era l’attività di sorveglianza sanitaria che doveva mirare ad evidenziare i segnali di una esposizione in atto, dando la possibilità al medico competente di valutare l’opportunità di sottoporre il lavoratore all’esame citologico dell’espettorato o all’esame radiografico del torace, ricorrendo anche alla TAC. In ultima analisi i “professionalmente esposti” potevano stare tranquilli perché erano comunque, da un punto di vista sanitario, tenuti sotto controllo. L’eredità culturale lasciata dal controllo sanitario per il rischio dell’asbestosi era stata inserita nella normativa senza procedere ad alcuna riflessione sulla modifica del rischio intervenuta a seguito della drastica riduzione delle esposizioni rispetto al passato. Potenziando gli strumenti di verifica della possibile esposizione ed una conseguente riduzione di quella reale, la nuova normativa cancella l’iscrizione d’ufficio nel registro degli esposti cambiandone il concetto: un lavoratore dovrà essere iscritto nel registro soltanto qualora la sua esposizione reale accertata sia stata superiore a 10 ff/litro. Questo capiterà soltanto se si sono trovati in una condizione di esposizione anomala a causa di infortunio igienistico o qualora la concentrazione aerea sia stata superiore a quella sopportabile dai DPI. L’iscrizione nel registro dovrà riportare soltanto quell’evento, al pari di ciò che avviene già per la registrazione degli infortuni. Il registro dovrà essere inviato in copia agli organi di vigilanza ed all’ISPESL e conservato per almeno 40 anni. Per fare un esempio: la concentrazione aerea in una zona confinata per la rimozione dell’amianto friabile non potrà essere superiore a 4000 ff/litro se i DPI utilizzati saranno quelli che normalmente vengono utilizzati oggi cioè FFP3 a ventilazione assistita. Per concentrazioni superiori si dovranno utilizzare sistemi più protettivi e sofisticati e difficoltosi da usare come ad esempio gli autorespiratori, il che favorirà il percorso che prevede una maggiore attenzione alle procedure e metodi di lavoro che dovranno limitare al massimo la produzione di polvere in fase di rimozione, con risvolti positivi anche in fase di “restituibilità” delle aree scoibentate. Per la sorveglianza sanitaria lo “scippo” finale ha avuto conseguenze peggiori. Nella proposta delle Regioni questa doveva mirare essenzialmente al controllo per verificare l’idoneità del lavoratore ad indossare i DPI seguendo il concetto della sorveglianza sanitaria per l’attuazione delle prevenzione, senza indicare il protocollo da seguire e lasciando quindi al medico competente piena libertà di azione. Il testo finale ha purtroppo reintrodotto gli obsoleti ed inutili accertamenti diagnostici, peraltro molto invasivi come la TAC. Per quanto riguarda altri argomenti l’operazione di “copia-incolla” dal DLgs. 257/06 ha purtroppo dato continuità alla scarsa chiarezza che lo stesso Decreto presentava. Ad esempio la valutazione preliminare della presenza dell’amianto che nella proposta delle Regioni veniva estesa in modo molto chiaro anche alle opere di scavo e perforazione è tornata a citare soltanto i “locali”, come se l’amianto fosse solo nelle costruzioni edilizie, e solo una lettura analitica del comma 2 consentirà l’applicazione del decreto anche in quelle aree molto contestate della costruenda TAV. Inoltre il nuovo testo sarà applicabile soltanto alle operazioni “residuali” in cui si possa ancora presentare il rischio amianto e c’è da chiedersi se sarà applicabile ad esempio in occasione di scavi per grandi opere oppure anche nelle cave di pietre verdi contaminate con amianto che, a quanto risulta, non sono certo operazioni “residuali”. Infine un elemento di chiarezza è stato introdotto: è stato cancellato l’aggettivo “asbesto correlati” nell’articolato che riguarda la registrazione dei mesoteliomi. E’ pur vero che i Registri regionali , nonché quello nazionale hanno sempre registrato tutti i soggetti con diagnosi di mesotelioma, indipendentemente dalla loro accertata esposizione ad amianto, ma interpretando alla lettera la vecchia normativa si poteva anche ipotizzare di cancellare dai registri quei casi per i quali l’accertamento dell’esposizione aveva dato esito negativo. In conclusione le novità provocheranno certamente un dibattito tra tutti gli attori del processo di fuoriuscita dall’amianto. Gli organi di controllo saranno in grado di esigere la valutazione dell’inquinamento anche durante i lavori nelle zone di massima sicurezza affinché i datori di lavoro possano procedere alla scelta di “adeguati“ DPI. Il limitato fattore di protezione di quest’ultimi, anche dei più sofisticati, imporrà il mantenimento dell’inquinamento ai più bassi livelli cambiando il modo di lavorare anche di coloro che erano convinti che con una buona maschera si potesse lavorare anche nelle nuvole di polvere. I lavoratori addetti alle scoibentazioni di amianto friabile verranno finalmente ed ufficialmente a conoscenza che le maschere gli danno una protezione limitata e proporzionale alla quantità di polvere che sviluppano durante il loro lavoro. La necessità di procedere alla valutazione del rispetto del Valore Limite, anche all’interno delle zone confinate, moltiplicherà le occasioni in cui dovranno essere effettuati monitoraggi; conseguentemente dovranno al più presto essere stabiliti in concreto i criteri di certificazione dei laboratori e la rete di controllo qualità delle analisi che attendono un provvedimento effettivo da ormai più di dieci anni. La precisazione delle modalità di inserimento dei lavoratori nel registro degli esposti sarà accolta favorevolmente dai datori di lavoro, anche se le possibilità di elusione di questo adempimento risulteranno sicuramente aumentate ed in questo contesto la vigilanza non dovrà abbassare la guardia. La formazione dei lavoratori dovrà infine assumere un ruolo molto impegnativo: con molta insistenza dovranno essere trattati gli argomenti di prevenzione primaria consistenti in modalità di lavoro con il massimo contenimento della polvere prodotta, ma forse la difficoltà maggiore sarà quella di far comprendere che la prevenzione primaria li tutela molto più che una radiografia del torace.