istruzione e formazione professionale per le persone svantaggiate
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istruzione e formazione professionale per le persone svantaggiate
W orking papers della Fondazione G. Brodolini 1 W orking papers della Fondazione G. Brodolini ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE PER LE PERSONE SVANTAGGIATE a cura di Bruno Calvetta con il contributo di Paola Mengoli e Gia ncarlo Dente 1 Fondazione GiacomoBrodolini Fondazione Giacomo Brodolini 00187 Roma - Via Barberini, 50 tel. 0644249625 fax 0644249565 [email protected] www.fondazionebrodolini.it ISBN 978-88-95380-10-0 ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE PER LE PERSONE SVANTAGGIATE a cura di Bruno Calvetta con il contributo di Paola Mengoli e Giancarlo Dente Fondazione GiacomoBrodolini Prefazione La presente pubblicazione affronta il tema delle esigenze formative ed educative dei principali gruppi svantaggiati presenti sul mercato del lavoro, esaminando il ruolo della formazione professionale nel favorire l’inserimento lavorativo, ampliare la rete di contatti sociali, potenziare le abilità e le competenze richieste dal mercato del lavoro e promuovere una cittadinanza attiva. Essa contiene le metodologie e i risultati di un’indagine condotta in otto Paesi diversi (Romania, Portogallo, Polonia, Svezia, Spagna, Slovacchia, Italia e Regno Unito) su due campioni di soggetti coinvolti in attività di istruzione e formazione professionale per gruppi svantaggiati. L’intento è quello di fornire un contributo al dibattito politico sull’importanza dello sviluppo delle abilità per promuovere l’occupabilità e l’inclusione e coesione sociali, nonché di aumentare la consapevolezza generale di come viene e come dovrebbe venire progettata la formazione professionale, ispirando le azioni dei politici e stimolando ulteriori ricerche sull’istruzione e sulla formazione professionale per le principali fasce svantaggiate a livello nazionale ed europeo, nell’interesse delle nostre economie e società. Nel quadro dell’attuale situazione macroeconomica, gli Stati membri dell’Unione europea devono affrontare le sfide derivanti dalla crisi economica, nell’ottica di adeguare l’economia e i mercati del lavoro alle nuove domande e ai cambiamenti radicali in atto. Varie analisi socio-economiche ribadiscono l’importanza di investire nelle risorse umane. I politici si stanno impegnando per riformare e rinnovare i sistemi di istruzione nazionali. I ricercatori auspicano l’attivazione di sinergie tra le politiche in materia di innovazione, ricerca, imprenditoria e formazione al fine di sostenere l’inclusione sociale e la crescita del capitale umano, nonché di rafforzare il capitale sociale a livello locale, regionale, nazionale ed europeo. Lo sviluppo di conoscenze, abilità e competenze 5 migliora l’occupabilità, aumentando così la possibilità per le persone di rendersi indipendenti e di contribuire attivamente alla crescita economica. Le politiche sociali e formative dovrebbero essere sviluppate per ridurre le barriere che allontanano le fasce più deboli della popolazione dalle opportunità di formazione e lavoro. Gli sforzi mirati a promuovere le conoscenze, le abilità e le competenze dei lavoratori possono determinare un miglioramento delle prestazioni aziendali, favorendo così la ripresa economica, garantendo al contempo pari opportunità ed equità Considerata l’attuale situazione, non sembra che la formazione professionale stia promuovendo pienamente la partecipazione di tutti gli individui. Emergono spesso barriere che escludono i gruppi svantaggiati; vi è scarsa disponibilità di informazioni sulle barriere all’accesso alla formazione professionale per persone disabili, immigrati, minoranze, lavoratori anziani, lavoratori scarsamente qualificati e giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Struttura della pubblicazione Il primo capitolo identifica lo scenario europeo, facendo riferimento alle questioni politiche prese in esame e al quadro generale descritto nella letteratura sugli argomenti oggetto di analisi. I cambiamenti intervenuti nella composizione della popolazione e nel mercato del lavoro introducono la motivazione delle ipotesi e delle problematiche affrontate. Il secondo capitolo esamina le definizioni e il quadro teorico, in particolare in merito all’esclusione sociale e alle barriere all’accesso all’istruzione per le principali persone svantaggiate. Questa sezione tratta anche ciò che i ricercatori definiscono adeguatezza, efficacia, efficienza ed equità della formazione professionale per le persone svantaggiate. Il terzo capitolo illustra la metodologia di ricerca. Il primo obiettivo della ricerca era appunto quello di comprovare le azioni utili a illustrare, misurare e valutare la formazione professionale rivolta ai gruppi svantaggiati. A tal fine, vengono descritti gli obiettivi, il campo di studio, la metodologia, le classificazioni e i modelli adottati per l’analisi qualitativa e quantitativa dei dati, la definizione del campione e le principali caratteristiche dei due campioni selezionati. Infine, è riportata una breve conclusione sulla metodologia adottata. Il quarto capitolo è dedicato ai risultati dell’indagine condotta sui beneficiari delle attività di formazione professionale selezionati all’interno degli otto 6 Paesi partner oggetto dell’indagine. Questo capitolo descrive il tipo di formazione, il comportamento e l’autovalutazione dei partecipanti, la loro condizione occupazionale e l’analisi multivariata. Il capitolo cinque descrive i risultati dell’indagine svolta su otto campioni di imprese selezionate negli otto Paesi interessati dalla ricerca. Contiene una descrizione dei corsi di formazione organizzati, le differenze di trattamento dei vari gruppi svantaggiati, l’opinione delle imprese sulla formazione professionale per le persone svantaggiate, per poi illustrare l’analisi multivariata della serie di dati raccolti. Il sesto capitolo offre una sintesi delle informazioni qualitative raccolte, riportando in particolare le principali considerazioni emerse dalle relazioni dei gruppi di lavoro a livello nazionale. Il capitolo sette presenta un riepilogo delle principali risultanze e alcune osservazioni conclusive. Infine, il capitolo otto propone le raccomandazioni di politiche. 7 8 Sintesi Obiettivo della ricerca e fasi di lavoro La ricerca mirava a comprovare gli strumenti e le metodologie per l’analisi dell’accesso alla formazione professionale dei principali gruppi svantaggiati in otto Paesi europei (Italia, Spagna, Portogallo, Slovacchia, Polonia, Romania, Svezia e Regno Unito), tenendo conto sia del punto di vista delle imprese sia di quello dei beneficiari della formazione. Più specificamente, la ricerca aveva le seguenti finalità: (i) ridurre le lacune dei metodi di valutazione dell’efficacia dei sistemi di formazione professionale per soddisfare meglio le esigenze dei principali gruppi svantaggiati; (ii) raccogliere nuovi dati per analizzare la formazione professionale rivolta ai principali gruppi svantaggiati nel mercato del lavoro. I gruppi di persone svantaggiate esaminati erano composti da disabili, immigrati e minoranze, lavoratori scarsamente qualificati, giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e lavoratori anziani. Nella prima fase, tramite la raccolta e predisposizione di buone prassi, è stata organizzata una banca dati conoscitiva utile per creare contatti e assicurare la collaborazione con gli interlocutori nazionali. Tramite otto “Relazioni sull’analisi di fondo” sono stati descritti i sistemi di formazione professionale nazionali con specifico riferimento alla partecipazione dei gruppi a rischio di esclusione sociale (sia nella formazione iniziale sia nella formazione continua), alle attività svolte e alla coerenza con gli obiettivi prefissati. È stata poi condotta un’indagine qualitativa sugli attori chiave a livello nazionale al fine di sondare la percezione di queste tematiche a livello nazionale. Infine, tramite la condivisione di una serie dettagliata di criteri, si è proceduto a una valutazione delle prassi raccolte e a un confronto delle singole esperienze nazionali in materia di formazione professionale per gruppi svantaggiati. 9 Nella seconda fase della ricerca, è stata realizzata un’analisi approfondita dell’efficacia e dell’interesse delle attività di formazione professionale per le persone a rischio di esclusione sociale. In ogni Paese sono state condotte due indagini su un campione costituito da imprenditori da un lato e da beneficiari di attività formative dall’altro. L’obiettivo era di effettuare un’analisi della qualità e dell’efficacia della formazione professionale per aumentare l’occupabilità, migliorare l’inclusione sociale e ridurre il rischio di inattività. I campioni di persone appartenenti ai principali gruppi a rischio di esclusione sociale sono stati estrapolati dagli elenchi di partecipanti a corsi di formazione professionale rivolti a persone svantaggiate. Tramite la selezione dei corsi, delle iniziative e dei programmi esaminati si è cercato di fornire una panoramica generale sul tipo e sulla qualità della formazione a livello nazionale. I dati raccolti sono rappresentativi dei sottogruppi di beneficiari e sono utilizzabili per fornire delucidazioni sulla situazione generale dei destinatari della formazione. La quantità e la qualità delle interviste ha consentito di descrivere e confrontare i vari contesti. I campioni di imprese sono stati selezionati in maniera casuale dagli elenchi forniti dalle Camere di commercio o da enti simili. Tali dati sono stati ponderati sul tipo e sulla composizione delle imprese a livello nazionale e macroregionale. Le interviste sono state condotte tra l’estate del 2011 e l’inizio del 2012, in un periodo in cui la crisi economica aveva già colpito quasi tutti i Paesi coinvolti e i rispettivi mercati del lavoro erano interessati da un andamento negativo generale. Potrebbero però esistere mercati del lavoro locali in condizioni molto diverse rispetto all’andamento generale. Pertanto, gli indicatori di prestazione delle imprese intervistate e l’impatto della formazione sull’occupazione per i partecipanti alla formazione professionale potrebbero risultare positivi in alcuni territori e settori economici specifici, nonostante l’influsso di un andamento negativo generale. Benefici per i corsisti appartenenti a gruppi svantaggiati La ricerca era incentrata sulla formazione continua, escludendo invece la formazione iniziale e in particolare l’istruzione e la formazione professionale collegata all’obbligo scolastico. L’analisi ha riguardato due diversi aspetti. Innanzitutto, la ricerca ha esaminato le ricadute della partecipazione alla formazione professionale sulle condizioni dei corsisti prima, al termine e 10 dopo 8-12 mesi dal termine dell’esperienza formativa, indicando tre possibili esiti: inserimento lavorativo, disoccupazione e inattività. La soddisfazione dei partecipanti rispetto al loro attuale impiego, all’orario lavorativo, alla conservazione del posto di lavoro, alle prospettive di carriera e agli aspetti economici sono stati analizzati e confrontati con quelli di colleghi e superiori. Infine, la ricerca ha analizzato alcuni indicatori relativi all’inclusione sociale dei partecipanti alla formazione. Sono stati esaminati anche altri indicatori, come la soddisfazione per la possibilità di instaurare nuove relazioni sociali e allargare così la propria rete di contatti soprattutto con la prospettiva di trovare lavoro tramite sistemi informali. Inoltre, la ricerca ha esaminato la qualità della formazione professionale erogata a persone in situazioni di svantaggio, tenendo conto della valutazione espressa dagli stessi beneficiari. Gli indicatori di qualità della formazione professionale erogata comprendono il tipo e la durata del corso, l’acquisizione di nuove abilità, la possibilità di avere contatti utili per trovare lavoro, lo sviluppo di ambizioni personali, nonché l’ampliamento delle relazioni sociali. Le informazioni sui risultati occupazionali sono state messe in relazione con le variabili indipendenti costituite dalle caratteristiche personali (sesso, età, tipo di svantaggio, titolo di studio), ma anche con le specifiche condizioni del mercato del lavoro all’inizio e alla fine del corso frequentato. Un altro fattore altrettanto importante è rappresentato dalle motivazioni personali a seguire un corso di formazione professionale, utili per spiegare il comportamento individuale e indicative della situazione personale complessiva, prima e dopo la partecipazione al corso. In particolare, la decisione di partecipare a un corso di formazione per interesse personale anziché su suggerimento dell’agenzia per l’impiego, del datore di lavoro, di amici, familiari o perché era prevista l’assegnazione di un’indennità, potrebbe spiegare in parte e influenzare la probabilità di trovare un lavoro dignitoso dopo il periodo di formazione. In genere, il rapporto di probabilità è in linea con le aspettative. In particolare, a prescindere dal tipo di svantaggio, sembra che le donne abbiano minori probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione rispetto agli uomini. Analogamente, le persone con un livello di istruzione secondaria superiore potrebbero avere maggiori probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione rispetto a persone con un livello di istruzione terziaria, indipendentemente dal tipo di svantaggio. Al contrario, la probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione è positivamente legata all’età: i lavoratori più anziani hanno maggiori probabilità di inserimento lavorativo 11 dopo la formazione rispetto ai colleghi più giovani. In merito al tipo di svantaggio, i lavoratori svantaggiati a causa di caratteristiche occupazionali (scarsamente qualificati e giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi) mostrano maggiori probabilità di inserimento lavorativo dopo il corso rispetto al gruppo di lavoratori con svantaggio di tipo ascrittivo1 (generalmente immigrati o minoranze). Dall’analisi dei dati emergono chiare differenze geografiche; in particolare nell’Europa orientale e meridionale le probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione sono inferiori rispetto al nord. Questi risultati sono collegabili alla situazione generale del mercato del lavoro nei Paesi presi in esame (essendo i Paesi settentrionali in condizioni più favorevoli rispetto agli altri Paesi). L’efficacia della partecipazione alla formazione per aumentare le prospettive occupazionali deve essere confrontata con la qualità del lavoro ottenuto. Per misurare in maniera oggettiva la qualità di un posto di lavoro, la ricerca ha utilizzato come indicatori sia il tipo di contratto ottenuto dopo il corso, sia l’opinione dell’intervistato sul posto stesso. Tuttavia, si noti che la ricerca ha omesso di misurare le diverse forme di lavoro protetto estranee al mercato, della massima importanza soprattutto per i disabili. Le donne mostrano minori probabilità di ottenere un lavoro stabile a tempo indeterminato e di essere soddisfatte dell’aspetto retributivo. Al contrario, i lavoratori tra i 25 e i 34 anni di età mostrano maggiori probabilità di ottenere un lavoro stabile e a tempo pieno e di essere molto soddisfatti rispetto ai lavoratori più giovani (classe di età 15-19 anni), indipendentemente dal tipo di svantaggio. Lo stesso vale per i lavoratori appartenenti al gruppo “altro” (vale a dire, né occupazionale né ascrittivo), rispetto a persone con svantaggi di tipo ascrittivo; vale anche per i lavoratori con un livello di istruzione secondaria superiore rispetto ai lavoratori con un grado di istruzione più elevato, indipendentemente dal tipo di svantaggio. Per esempio, i soggetti che lavorano nell’azienda di famiglia e i soggetti con un contratto stabile a tempo pieno mostrano maggiori probabilità di essere molto soddisfatti 1 12 Il termine “ascrittivo” designa una società, un gruppo, ecc., la cui condizione viene definita da fattori predeterminati quali età, sesso o razza, e non in base a risultati conseguiti a livello individuale. Secondo il modello dello status attainment di Blau e Duncan (Blau e Duncan, 1967), la posizione nel mercato del lavoro e la classe sociale dei singoli sono condizionate dai titolo di studio e dal prestigio professionale del padre: entrambi stati di tipo ascrittivo (fissati dalla nascita). rispetto ai lavoratori assunti con altre forme contrattuali o senza contratto. Contrariamente alle aspettative, sembra che le persone svantaggiate residenti nell’Europa meridionale abbiano maggiori probabilità di essere molto soddisfatte per gli aspetti economici inerenti al proprio posto di lavoro, rispetto ai lavoratori dell’Europa settentrionale. L’analisi dei dati raccolti suggerisce che i lavoratori con svantaggi occupazionali hanno minori probabilità di essere molto soddisfatti per l’acquisizione di nuove competenze grazie alle partecipazione ad attività formative, rispetto ai lavoratori che hanno seguito un corso su consiglio altrui, perché era prevista un’indennità di frequenza o perché inattivi rispetto ad altri motivi. Altrettanto vale per i lavoratori residenti nell’Europa meridionale (rispetto a quelli residenti nell’Europa settentrionale), mentre la probabilità è più elevata per i lavoratori residenti nell’Europa orientale. Tali risultati sono collegabili alla qualità delle metodologie formative adottate per accrescere le abilità dei partecipanti. Tuttavia, esistono programmi formativi che risultano più efficaci nel migliorare la preparazione dei corsisti e programmi che danno più risultati nel promuovere l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Pare che i partecipanti scarsamente qualificati e i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, che per definizione avrebbero necessità di accrescere le proprie abilità, riconoscano meno tale aspetto in relazione al corso frequentato. Implicitamente, questo sembrerebbe indicare una scarsa qualità della formazione erogata e nessun adattamento alle esigenze dei partecipanti. Un secondo indicatore di qualità della formazione frequentata potrebbe essere il grado di soddisfazione dei partecipanti in merito alla creazione di reti. I partecipanti alle attività formative in possesso di un livello di istruzione primaria o secondaria inferiore (rispetto ai soggetti con un grado di istruzione post-secondaria o universitaria) e coloro che vivono nell’Europa orientale (rispetto agli abitanti dell’Europa settentrionale) hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatti dell’efficacia della formazione per quanto concerne il miglioramento dei contatti utili ai fini di un inserimento lavorativo. Dall’altro lato, i lavoratori con svantaggio occupazionale (rispetto ai soggetti con svantaggio di tipo ascrittivo) mostrano minori probabilità di essere molto soddisfatti sotto questo punto di vista. Anche questo indicatore pone il problema della qualità della formazione delle persone scarsamente qualificate e dei giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Dall’altra parte, si conferma una percezione complessivamente elevata della qualità delle attività formative frequentate dagli intervistati dell’Europa orientale. 13 Rispetto alla probabilità di essere soddisfatti per la creazione di nuove relazioni sociali grazie alla partecipazione alle attività formative, l’analisi ha evidenziato che le donne con un livello di istruzione primaria, secondaria inferiore e secondaria superiore hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatte rispetto ai soggetti con un grado di istruzione più elevato. Al contrario, si riscontrano minori probabilità di essere molto soddisfatti per la creazione di nuove relazioni sociali grazie alla partecipazione alle attività formative fra i lavoratori con svantaggi occupazionali, rispetto ai soggetti con svantaggi di tipo ascrittivo. Le differenze territoriali hanno un peso rilevante: le persone che vivono nell’Europa meridionale sono molto soddisfatte sul versante della socializzazione, mentre coloro che vivono nell’Europa orientale hanno minori probabilità di confermare queste condizioni. Inoltre, rispetto all’opinione generale sull’efficacia del corso frequentato, in tutti i gruppi svantaggiati tranne i disabili, solo una piccola percentuale (meno del 40%) degli intervistati ha ritenuto che il corso sia stato utile per il lavoro trovato. Questo è un risultato piuttosto sorprendente in quanto contraddice la sensazione generale e il contenuto di tutte le politiche attuate negli ultimi decenni. È probabile che la maggior parte dei gruppi svantaggiati abbia bisogno di maggior supporto e sostegno nella fase di transizione dalla formazione al lavoro; per alcuni soggetti (soprattutto per le persone con disabilità), le mansioni da svolgere andrebbero definite in collaborazione con le imprese, tenendo conto di eventuali lacune ed esigenze particolari. In definitiva, le ricadute della formazione sull’occupabilità sembrano più positive per alcuni gruppi svantaggiati piuttosto che per altri. In particolare, emergono cambiamenti davvero positivi per i disabili, così come per i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e per i soggetti scarsamente qualificati. Tuttavia, sembrerebbe che la formazione abbia avuto ripercussioni positive ma di minor entità per immigrati, minoranze e lavoratori anziani. A livello generale, per tutti i gruppi si è registrato un calo del tasso generale di disoccupazione. Le diminuzioni più evidenti riguardano i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, le persone scarsamente qualificate e i disabili. La condizione occupazionale all’epoca dell’intervista (ovvero 8-12 mesi dal termine dell’attività formativa) è l’unica informazione disponibile per calcolare in maniera approssimativa il perdurare nel tempo degli effetti della formazione ricevuta. Si potrebbe confrontare con il tasso di occupazione, il tasso di disoccupazione e il tasso di inattività (anche tenendo distinti coloro che non lavorano e coloro che non intendono cercare lavoro). L’aumento del tasso generale di occupati tra la fine dell’attività formativa e il momen14 to dell’intervista è minore rispetto all’aumento di questo tasso tra l’inizio e la fine del corso di formazione. Questo vale per tutti i gruppi tranne che per gli immigrati e le minoranze, il cui tasso occupazionale registra una flessione. La percentuale di persone escluse dal mondo del lavoro (ovvero disoccupati, persone in cerca del primo impiego e persone inattive che non cercano lavoro) diminuisce leggermente ma non per gli immigrati e le minoranze. Essenzialmente, le differenze più importanti tra i gruppi emergono nel momento in cui l’analisi si allontana dalla data di termine dell’attività formativa: la ricerca mostra infatti che, abbandonando la prospettiva di un effetto a breve termine, altri fattori tendono a sovrastare le ricadute della formazione, indebolendo la crescita delle abilità. Tali effetti incidono in maniera diversa sui vari gruppi oggetto di analisi. È molto importante tenere presente che i programmi formativi frequentati dagli intervistati hanno per lo più breve durata e obiettivi limitati. Spesso le attività formative non tengono conto del divario in termini di formazione iniziale, né dell’esigenza da parte degli immigrati di imparare la lingua del Paese ospitante per facilitare l’apprendimento. Pertanto è possibile accertare come la formazione abbia poche ricadute sulla condizione occupazionale dei partecipanti, a distanza dalla fine del corso, a causa della scarsa solidità di quanto appreso durante il corso. Alcuni indicatori suggeriscono di accettare con cautela i risultati dell’indagine concernenti la limitatezza degli effetti positivi della formazione continua per le persone svantaggiate, dal momento che i pareri dei partecipanti sono stati raccolti qualche tempo dopo il termine dell’attività formativa. Il perdurare nel tempo degli effetti dell’attività formativa sull’inserimento occupazionale dovrebbe essere analizzato in maniera più approfondita. Innanzitutto sarebbe importante considerare le altre caratteristiche personali dei soggetti appartenenti a ciascun gruppo svantaggiato, in modo tale da tener conto di abilità personali, qualità e durata delle precedenti esperienze lavorative, impegni familiari, ambiente culturale, sociale ed economico di ognuno. In secondo luogo, bisognerebbe fare di più per raccogliere dati sulla qualità e sulle altre caratteristiche delle attività formative frequentate. Infine, non tutte le caratteristiche necessarie sono facili da esaminare, soprattutto quando si tratta delle dimensioni regionali e locali, molto utili ai fini dell’analisi. I risultati a livello occupazionale sono influenzati dalle numerose e variegate condizioni dei mercati del lavoro locali. Nell’ambito della ricerca condotta, la valutazione delle singole condizioni del mercato del lavoro di ogni Paese è stata effettuata prendendo come riferimento i tassi di occupazione medi della popolazione di ogni macroregione. Ma è ben 15 risaputo quanto i singoli mercati del lavoro locali presentino caratteristiche molto specifiche e distinte, essendo stati colpiti dalla crisi più o meno pesantemente. Infine, la ricerca ha consentito di elaborare alcune considerazioni in merito ai servizi atti a favorire la partecipazione delle persone svantaggiate. Emergono profonde differenze tra i Paesi esaminati; in particolare, le problematiche sembrano riguardare la maniera migliore di erogare tali servizi. In particolare, il 64% dei beneficiari intervistati non ha pagato la quota di partecipazione ai corsi; questa forma di aiuto è ritenuta prioritaria sia da chi ha tratto beneficio dalla formazione sia da chi non ne ha tratto beneficio. Tuttavia, altre forme di aiuto non solo sembrano scarseggiare, ma appaiono anche distribuite in modo non efficace. I giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi apprezzano di più i servizi di assistenza infantile ma hanno meno probabilità di avere accesso a questi servizi, rispetto ad altri gruppi svantaggiati che apparentemente apprezzano meno queste forme di assistenza. Raro è il sostegno finanziario per l’acquisto di libri e altri materiali. I lavoratori scarsamente qualificati e i lavoratori anziani hanno più probabilità di ricevere questi contributi, anche se apparentemente non li trovano particolarmente utili. Dall’altra parte, immigrati e minoranze li apprezzano ma hanno meno probabilità di riceverli. La partecipazione delle imprese alla formazione professionale rivolta a gruppi svantaggiati L’indagine condotta sulle imprese era finalizzata a raccogliere elementi riguardanti le iniziative da esse condotte per la formazione dei lavoratori appartenenti a gruppi a rischio di esclusione dal mercato del lavoro. La ricerca ha tentato di individuare quali sono le aziende che effettivamente si impegnano e dedicano investimenti (pubblici e privati) necessari per impartire corsi formativi ai gruppi più svantaggiati, al fine di promuovere l’occupabilità e aumentare il rendimento di queste persone in azienda. La ricerca ha confermato l’assunto principale relativo alla partecipazione delle imprese alla formazione continua del proprio personale. Emergono alcune osservazioni e dati interessanti per i politici riguardanti la promozione della formazione mirata da parte delle imprese, allo scopo di migliorare il rendimento del personale in situazioni di svantaggio. Gli studiosi riconoscono da tempo che le imprese che investono nella formazione continua per il proprio personale sono le aziende più grandi, più 16 dinamiche, proiettate a livello internazionale o interessate a nuovi investimenti, nuovi prodotti o nuovi servizi, e a ingrandirsi. La ricerca ha evidenziato che questo vale anche per le imprese che coinvolgono nelle attività di formazione continua anche i membri del personale a rischio di esclusione sociale. In realtà, il numero di piccole e medie imprese che fanno formazione professionale rivolta anche ai lavoratori svantaggiati è più alto del previsto. Inoltre, benché le imprese appartenenti al macrosettore dei servizi siano molto rappresentate tra le imprese che fanno formazione, anche le imprese manifatturiere e di costruzioni (soprattutto quelle di medie e grandi dimensioni) sono coinvolte in maniera significativa nella formazione continua per le persone svantaggiate. Questa situazione è riscontrabile in tutti i Paesi esaminati. Vi sono elementi che comprovano un’esplicita discriminazione nei confronti dei lavoratori svantaggiati o di determinati gruppi svantaggiati rispetto ad altri? L’80% delle imprese intervistate fra quelle che offrono formazione ai propri dipendenti ha coinvolto almeno una persona proveniente dai gruppi svantaggiati presi in esame. Il 20% delle imprese intervistate fra quelle che offrono formazione non coinvolge nei programmi formativi persone provenienti dai gruppi presi in esame. Supponendo l’esistenza di solo poche aziende senza lavoratori svantaggiati in organico, si potrebbe sostenere con estrema cautela che questo indicatore conferma la tendenza limitata a inserire nei corsi di formazione aziendali anche le persone appartenenti a gruppi svantaggiati. La situazione è più critica nell’Europa orientale e meno critica nell’Europa meridionale, mentre nei Paesi dell’Europa settentrionale questa tendenza non è così evidente. Non è possibile confermare o smentire l’ipotesi in merito al coinvolgimento, o al mancato coinvolgimento, di specifici gruppi svantaggiati. Infatti, la normativa sulla protezione dei dati personali ha impedito la rilevazione del numero di immigrati e disabili occupati presso le imprese intervistate, e la raccolta del numero di eventuali persone escluse dalle attività di formazione professionale. La percentuale di imprese che offrono formazione continua incentrata sulle esigenze dei gruppi svantaggiati è di poco inferiore al 20% delle imprese che fanno formazione. La percentuale più alta di imprese attive nella formazione mirata ai gruppi svantaggiati si riscontra fra le imprese di grandi dimensioni operanti nel macrosettore dei servizi, seguita dalle aziende manifatturiere di medie dimensioni. Le piccole imprese sono quasi del tutto assenti. Le probabilità di offrire formazione mirata diminuiscono per le aziende del settore manifatturiero e aumentano in maniera significativa 17 per le aziende del settore delle costruzioni. Nel complesso, la percentuale di formazione mirata sul totale della formazione rivolta ai lavoratori svantaggiati cambia in maniera significativa a seconda del gruppo svantaggiato considerato. Le probabilità di partecipare ad attività formative mirate aumentano per i lavoratori anziani, i lavoratori scarsamente qualificati e i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Pochissime imprese che coinvolgono lavoratori disabili, immigrati e minoranze nelle attività formative organizzano programmi ad hoc per queste categorie. Questa situazione potrebbe essere dovuta al fatto che il primo gruppo ha più probabilità di presentare alcune lacune strettamente connesse alla specifica condizione aziendale. I disabili e gli immigrati potrebbero presentare esigenze primarie non direttamente legate alle specifiche abilità utilizzate sul luogo di lavoro e in seno all’impresa. Le aziende dimostrano maggiore interesse a una formazione specifica anziché a una formazione generica, in ragione del rischio di perdere l’investimento nella formazione a seguito delle dimissioni del personale. Infine, si osservano differenze significative fra i vari Paesi: mediamente le imprese che offrono formazione mirata nei Paesi dell’Europa orientale sono meno della metà della media registrata nell’Europa meridionale e settentrionale. Questo suggerisce una forte influenza esercitata dal contesto e dal quadro normativo di riferimento, oltre che dalla cultura imprenditoriale diffusa nei vari Paesi o territori all’interno dell’UE. Questa stessa influenza potrebbe spiegare gli investimenti delle imprese in corsi di formazione continua incentrati su specifici argomenti: per esempio quelli obbligatori per legge o richiesti da enti pubblici. La ricerca ha riscontrato che il tema principale dei corsi di formazione continua riguarda la sicurezza e la tutela dei lavoratori: oltre l’82% delle imprese organizza tali corsi nell’ambito della formazione non mirata, e l’85% nell’ambito della formazione mirata. A conferma di questi risultati, oltre la metà delle imprese dichiara di essere consapevole del fatto che gli argomenti dei corsi sono scelti per soddisfare un mero obbligo normativo. Si evidenziano solo poche differenze a livello di contenuti tra formazione continua generica (per tutti i dipendenti) e formazione mirata (per persone svantaggiate). Le lingue (lingua nazionale/lingue straniere), l’utilizzo dei macchinari e delle tecniche di produzione, nonché l’informatica costituiscono i temi più comuni nella formazione mirata che non nella formazione continua generica. Ciò potrebbe essere dovuto al tipo di mansione svolta dai lavoratori svantaggiati (più spesso inseriti nei reparti di produzione) o alle loro specifiche esigenze (ovvero la conoscenza delle lingue per gli immigra18 ti). Non si riesce a spiegare il motivo per cui la formazione mirata preveda spesso come temi la gestione delle risorse umane, la comunicazione, il marketing e la pubblicità. Le imprese che investono nella formazione continua coinvolgendo i dipendenti che appartengono a gruppi svantaggiati, sono molto probabilmente quelle imprese la cui formazione è finanziata integralmente o in parte dal governo o da altri enti pubblici. La ricerca ha riscontrato che i finanziamenti pubblici sono disponibili per quasi la metà delle imprese che offrono formazione mirata per i soggetti svantaggiati e solo per un terzo delle imprese che offrono formazione generica. Le imprese che offrono formazione mirata, per uno o più gruppi svantaggiati, hanno maggiori possibilità di ottenere finanziamenti pubblici, ma sono pochissime le imprese che dichiarano di ricevere finanziamenti pubblici specifici per promuovere interventi di formazione mirata per persone svantaggiate. È interessante notare la presenza di un numero consistente di imprese che finanziano la formazione con risorse proprie. La situazione varia da Paese a Paese, e dall’analisi effettuata sono emersi tre diversi contesti. In Romania, Slovacchia e Polonia, solo una piccola minoranza di imprese ha ricevuto sovvenzioni pubbliche. Dall’altra parte, in Spagna e Portogallo la grande maggioranza delle imprese ha ricevuto sovvenzioni pubbliche. In Italia e nel Regno Unito meno della metà delle imprese ha finanziato le attività di formazione professionale utilizzando risorse proprie, e solo una minoranza significativa delle imprese ha ricevuto sovvenzioni pubbliche. In Svezia, la grande maggioranza delle imprese finanzia la formazione continua con risorse proprie. Questo si fonda su un accordo con il quadro istituzionale della formazione continua e con la storia della gestione aziendale, soprattutto all’interno delle piccole e medie imprese in ogni Paese. Più di due terzi delle imprese riconoscono di aver ottenuto risultati molto positivi grazie alla formazione continua per i propri dipendenti; in genere le imprese ritengono che queste ricadute positive valgono sia per i lavoratori svantaggiati sia per gli altri addetti. Le aziende hanno dichiarato che la formazione continua dei dipendenti ha determinato vantaggi diretti riassumibili in aumenti di produttività e in una maggior accuratezza e qualità del lavoro svolto sul breve e medio periodo, e questo vale anche per le persone in condizioni di svantaggio. Le imprese con esperienza diretta di sviluppo di corsi mirati per uno o più gruppi di lavoratori svantaggiati sono più propense a esprimere un parere positivo sugli esiti della formazione, sulla realizzazione di specifici corsi e sulle sovvenzioni pubbliche. Tuttavia, hanno anche maggiori probabilità di 19 riconoscere che l’attuazione di corsi comporta costi più alti ma non eccessive difficoltà dovute a impedimenti burocratici. Le imprese ritengono spesso che i corsi di formazione mirati siano difficili da trovare e poco diffusi nel proprio settore di riferimento. Gli enti specializzati nella formazione continua possono fornire un utile contributo, anche se si tratta di una prassi meno comune per la formazione mirata rispetto alla formazione continua generale. Raccomandazioni di policy La ricerca ha approfondito due importanti aspetti relativi all’istruzione e alla formazione professionale per le persone svantaggiate: 1. ha messo in primo piano le persone svantaggiate già coinvolte in attività formative e con una molteplicità di situazioni occupazionali, dagli occupati ai disoccupati e ai soggetti in cerca del primo impiego. Tutto sommato queste persone sono “più vicine” al mercato del lavoro rispetto a persone che, per esempio, potrebbero essersi completamente allontanate dal mercato del lavoro formale; 2. tramite un’indagine presso le imprese, la ricerca approfondisce la situazione delle persone in condizioni di disagio sociale e già inserite nel mondo del lavoro. Questa indagine ha permesso di analizzare il ruolo che le imprese possono svolgere ora e quello che potranno fare in futuro. i Sviluppo della componente occupazionale della formazione professionale L’indagine sulle persone svantaggiate ha evidenziato che buona parte delle attività formative frequentate ha comportato una qualche forma di esperienza lavorativa o apprendimento sul luogo di lavoro. Tuttavia, il 42% del campione esaminato ha frequentato esclusivamente corsi in aula. Tendenzialmente, le persone disabili, gli immigrati e le minoranze etniche hanno avuto maggiori probabilità di seguire corsi in aula rispetto ad altri gruppi svantaggiati. Le politiche dovrebbero dunque concentrarsi sull’eliminazione di barriere che riducono l’offerta di formazione sul luogo di lavoro, in particolare per i soggetti che risentono della mancanza di questa opportunità. Tuttavia, una sfida che tali politiche probabilmente dovranno affrontare riguarda la difficoltà a trovare imprese propense e in grado di offrire questa opportunità. Le politiche finalizza- 20 te a incrementare le opportunità formative sul luogo di lavoro dovranno dunque prestare attenzione al reclutamento delle imprese. i Sviluppo del capitale sociale tramite la formazione professionale Il possesso di reti sociali ben sviluppate e di abilità per la ricerca del lavoro sono fondamentali per agire nel mercato del lavoro. La ricerca ha evidenziato come la possibilità di instaurare nuovi contatti e rapporti sociali sia ritenuta molto importante dalle persone svantaggiate iscritte a corsi di formazione. Tuttavia, ha anche evidenziato che le persone svantaggiate sono tendenzialmente meno soddisfatte dei fattori relazionali e sociali inerenti alla formazione rispetto alla formazione stessa. Lo sviluppo del capitale sociale dovrebbe quindi costituire una priorità dei programmi formativi al pari dell’apprendimento. i Migliorare l’incontro tra opportunità formative e opportunità occupazionali Sono state riscontrate notevoli differenze fra i gruppi svantaggiati a livello di percentuale di persone che hanno trovato lavoro dopo la formazione, e anche in merito all’aumento di occupati registrato subito dopo il corso oppure dopo 8-12 mesi. Tra l’altro, in tutti i gruppi svantaggiati tranne i disabili, solo una minoranza (inferiore al 40%) degli intervistati ha ritenuto che il corso seguito fosse attinente all’impiego trovato. Il miglioramento dell’equilibrio tra il sistema generale di formazione e le opportunità occupazionali è oggetto di grande attenzione da parte dei politici a livello europeo, ma costituisce una priorità ancora più stringente per le persone provenienti da contesti svantaggiati, tenuto conto delle maggiori difficoltà da loro incontrate. i Migliorare l’impatto a lungo termine della formazione professionale Nel complesso i maggiori benefici della formazione in termini di inserimento lavorativo tendono a verificarsi al termine del corso e non successivamente. Questo suggerisce che gli effetti occupazionali della formazione tendono ad avere breve durata. La scarsa attinenza di buona parte della formazione rispetto alle opportunità occupazionali suggerisce anche che numerosi corsi sono in effetti “una mera opera di contenimento” per tenere occupate le persone fino a quando non troveranno un impiego. Maggiore impegno deve essere dedicato allo sviluppo di un più ampio 21 bagaglio di competenze, onde consentire alle persone svantaggiate di disporre di risorse utili e rimanere così più a lungo nel mercato del lavoro. i Aumentare l’offerta formativa in funzione delle esigenze delle persone svantaggiate Solo un’impresa su cinque fra quelle che offrono formazione eroga anche una formazione mirata in funzione delle esigenze delle persone svantaggiate. Allo stesso tempo, queste imprese hanno maggiori probabilità di ritenere che questo tipo di formazione sia utile e soprattutto indispensabile per migliorare le prospettive delle persone provenienti da contesti svantaggiati. In altre parole, nel momento in cui si dedicano alla formazione mirata le imprese sono più propense a riconoscerne i benefici e a volere intensificare le attività. Le politiche dovrebbero quindi cercare di aumentare la diffusione della formazione mirata, promuovendo questo messaggio positivo presso le imprese. i Adottare un approccio diversificato per incentivare la partecipazione delle imprese La ricerca ha confermato che le imprese coinvolte nella formazione tendono a essere di grandi dimensioni, dinamiche e operanti nel settore dei servizi. Tuttavia, anziché adottare un approccio generalizzato per promuovere un più ampio coinvolgimento delle imprese, le politiche dovrebbero adottare un approccio diversificato: incoraggiare le aziende più piccole a collaborare tra loro per ripartire i costi; utilizzare la catena di approvvigionamento per diffondere le buone prassi della formazione; rivolgersi a quelle aziende che ancora non offrono formazione mirata ma che già ne riconoscono l’utilità. i Garantire che la formazione sia esaustiva dal punto di vista contenutistico La ricerca ha riscontrato che, in linea di principio, la formazione per le persone svantaggiate non è necessariamente esaustiva dal punto di vista contenutistico. Questo potrebbe dipendere dal tipo di imprese coinvolte ma anche da difficoltà nell’organizzazione di corsi incentrati su determinati argomenti, quali l’uso dei macchinari per le persone svantaggiate. I politici dovrebbero esaminare questa potenziale fonte di discriminazione non intenzionale. 22 i Adottare politiche più olistiche per coinvolgere le imprese Vi sono prove sostanziali che l’offerta formativa nelle imprese dipende in larga misura da “stimoli esterni” esercitati dal settore pubblico. Questo era prevedibile dato che non esiste un mercato della formazione per le persone svantaggiate analogo al mercato privato della formazione continua. Tuttavia è anche dimostrato che gli stimoli da parte del settore pubblico vengono esercitati tramite meccanismi poco coordinati tra loro, come per esempio la normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori, la grande varietà di fondi pubblici disponibili per le finalità più diverse, e l’altrettanto variegata presenza di organismi specializzati nella formazione per le persone svantaggiate. Le politiche a sostegno della formazione aziendale rivolta alle persone svantaggiate dovrebbero dunque puntare a diventare più organiche e meglio coordinate. i Far leva sull’entusiasmo delle imprese più intraprendenti Benché buona parte delle attività formative erogate sembri derivare da una risposta a sollecitazioni esterne, esiste comunque un nucleo centrale di imprese impegnate a offrire attività formative specificamente rivolte alle persone svantaggiate. In effetti l’evidenza suggerisce che queste imprese fanno spesso formazione non a causa ma malgrado gli strumenti messi a disposizione dalle politiche pubbliche. Queste imprese dovrebbero costituire una base su cui fare leva, agendo in qualità di pioniere o ambasciatrici presso altre imprese. i Sviluppare il ruolo degli enti di formazione e delle agenzie pubbliche per l’impiego Malgrado l’importanza degli strumenti di politica pubblica, solo una minima parte dei fondi pubblici per la formazione è destinata alla formazione mirata delle persone svantaggiate; una consistente minoranza di imprese ritiene che la formazione mirata sia troppo dispendiosa, poco utilizzata nel proprio settore e difficile da trovare. Inoltre, il ruolo degli enti di formazione è determinante per le decisioni di una minoranza di aziende che offrono formazione mirata; la maggior parte delle persone svantaggiate ha riferito di non aver usufruito di servizi di consulenza e orientamento da parte di esperti per quanto riguarda la decisione di partecipare al corso di formazione. Tali dati evidenziano l’opportunità di potenziare il ruolo degli enti di formazione quali intermediari con il mercato del lavoro. Gli enti di formazione dovrebbero intensificare le pro23 prie attività di assistenza e orientamento e per soddisfare le esigenze di sviluppo delle competenze delle persone svantaggiate. Tali enti dovrebbero prestare una maggiore attenzione alle esigenze delle imprese, al fine di garantire l’attinenza delle attività formative rispetto ai posti di lavoro disponibili. i Rimuovere gli ostacoli strutturali sul lato della domanda e dell’offerta Nel corso della ricerca le imprese hanno segnalato la presenza di una serie di ostacoli importanti all’organizzazione di attività formative. Questi ostacoli sono spesso causati da complessità burocratiche e da una scarsa collaborazione all’interno della stessa comunità imprenditoriale. Tali questioni strutturali rischiano di indebolire i benefici delle politiche sviluppate nelle raccomandazioni sopraesposte. Le istituzioni dell’UE dovrebbero prendere in esame tali ostacoli e impegnarsi ad affrontarli in collaborazione con i vari Stati membri. 24 Indice PREFAZIONE 5 SINTESI 9 Struttura della pubblicazione INDICE 1. Introduzione Scenario politico europeo 6 25 27 27 Scenario generale 30 Presupposti e domande della ricerca 32 Cambiamenti e tendenze nel mercato del lavoro 2. Definizioni e quadro teorico Esclusione sociale e barriere all’ingresso nel mercato del lavoro Disagio sociale e livello di istruzione Adeguatezza, efficacia ed equità della formazione professionale per le persone svantaggiate Appendice al capitolo 2. Definizioni 3. Metodologia di ricerca Metodologia generale Individuazione e classificazione dei gruppi svantaggiati Analisi della formazione professionale per i gruppi svantaggiati Dimensioni e caratteristiche principali del campione selezionato Punti di forza e di debolezza della metodologia adottata 31 35 35 40 44 48 49 51 52 55 60 69 25 Appendice 1 al capitolo 3. Identificazione dei gruppi svantaggiati Appendice 2 al capitolo 3. Fasi, strumenti e report 4. Indagine sui gruppi svantaggiati: principali risultati Tipo di formazione ricevuta dai beneficiari intervistati 71 73 75 75 Comportamento e autovalutazione 85 Condizioni occupazionali al momento dell’intervista 99 Situazione occupazionale all’inizio e alla fine del corso Appendice al capitolo 4. Dati e analisi multivariata 5. L’indagine sulle imprese: principali risultati Domande e ipotesi 91 104 121 121 Le attività di formazione professionale 122 Il parere delle imprese 144 Tra i gruppi svantaggiati Appendice al capitolo 5. Dati e analisi multivariata 141 152 6. La raccolta dati qualitativa: principali risultati 165 7. Riepilogo e osservazioni conclusive 179 Appendice al capitolo 6. Raccolta di prassi sulla formazione professionale 8. Documento sulle raccomandazioni di policy Appendice 1 al capitolo 8. Risultati emersi dai questionari raccolti presso gli interlocutori Appendice 2 al capitolo 8. Elenco di collaboratori che hanno contribuito alla stesura del documento sulle raccomandazioni di policy 9. Bibliografia 26 172 189 207 214 217 CAPITOLO 1. Introduzione Scenario politico europeo La prosperità dell’Unione europea è legata alle competenze della propria forza lavoro e all’innovatività e competitività delle proprie imprese. Dal 2000 l’Europa si sta impegnando per diventare un’economia della conoscenza, definendo come obiettivo la creazione di più numerosi e migliori posti di lavoro. L’inclusione e la coesione sociale sono priorità dell’agenda politica UE per innovare i sistemi educativi sia nel sistema di istruzione tramite la formazione lungo tutto l’arco della vita, sia nel sistema di welfare con l’obiettivo dell’allargamento della partecipazione al mercato del lavoro. Dopo Lisbona, la nuova strategia denominata “Europa 2020” (Commissione europea, 2010b) specifica gli obiettivi e le priorità per il decennio successivo (2010-20), stabilendo cinque obiettivi ambiziosi. Essi comprendono la riduzione del tasso di abbandono scolastico precoce al di sotto del 10%, l’aumento al 40% dei 30-34enni con un livello di istruzione terziaria e la partecipazione di almeno il 15% di adulti ad attività di formazione continua. La comunicazione “Un’agenda per nuove competenze e per l’occupazione” (Commissione europea, 2010a) evidenzia l’importanza di aumentare la partecipazione alla formazione continua. Malgrado le iniziative e le strategie delineate, vi è l’esigenza di un maggiore e più ampio coordinamento tra le varie politiche e misure per lo sviluppo e l’innovazione dell’istruzione e della formazione, nonché l’occupazione e le politiche sociali e sanitarie, al fine di superare le barriere responsabili del disagio sociale di parte della popolazione. Anche se nel corso degli ultimi anni la politica UE si è concentrata sul raggiungimento degli obiettivi di Lisbona e sul rafforzamento della formazione e dell’istruzione in generale, vi è ampio margine per ulteriori iniziative per promuovere una maggiore equità e uguaglianza. 27 La strategia “Europa 2020” considera la formazione professionale e l’istruzione strumenti indispensabili per trasformare l’Europa in un’economia più efficiente, verde, sostenibile e inclusiva entro il prossimo decennio. Nell’ambito di questa strategia, un adeguato sviluppo di competenze è ritenuto essenziale per far fronte ai profondi cambiamenti in atto prima e durante la crisi e alle sue conseguenze a livello socioeconomico. In questo contesto, la formazione professionale risponde alle esigenze della forza lavoro di integrare, ampliare o aggiornare le proprie conoscenze, abilità e competenze tenendo conto delle evoluzioni a livello tecnologico, organizzativo, nella richiesta di beni e servizi e nella distribuzione globale delle attività economiche. La formazione professionale si rivolge ai giovani, più predisposti a trovarsi in situazioni di fragilità per quanto riguarda la possibilità di trovare un lavoro soddisfacente e sicuro. Troppi giovani abbandonano la scuola prematuramente con competenze insufficienti dal punto di vista sociale e lavorativo. Inoltre, le statistiche evidenziano che in Europa sono ancora troppi i lavoratori giovani e adulti scarsamente qualificati; la loro partecipazione ad attività di formazione continua resta ancora troppo limitata. Agli Stati membri si chiede di sviluppare i sistemi di formazione e istruzione al fine di renderli più inclusivi e universali, vale a dire di soddisfare tanto la domanda degli studenti migliori e più brillanti quanto le esigenze dei gruppi a rischio di esclusione sociale. Non è facile dire se le recenti riforme dei sistemi di istruzione e formazione abbiano adeguatamente promosso la partecipazione e la qualità in Europa. Tra il 2002 e il 2010 si è registrato un calo complessivo delle iscrizioni nella scuola secondaria superiore (approssimativamente dal 60% al 50% nell’UE-27). Si rilevano anche alcuni miglioramenti, tuttavia la partecipazione degli adulti alle attività di formazione continua resta sempre al di sotto dell’obiettivo UE del 12,5%. Nella maggioranza dei Paesi, la partecipazione delle imprese e delle forze sociali alla formazione professionale è ancora insufficiente e i programmi di studio tendono a essere scollegati rispetto alle esigenze del mercato del lavoro. I motivi di queste tendenze non sono molto chiari, inoltre sussistono profonde differenze tra i vari Paesi dell’UE. La prima questione affrontata dalle riforme dell’istruzione riguarda la mancanza di comunicazione tra i programmi di formazione professionale da un lato, e altre parti del sistema di istruzione e formazione, soprattutto a livello superiore e terziario. Vari Paesi promuovono una transizione dalla formazione professionale all’istruzione terziaria, consentendo un accesso diretto o tramite un collegamento tra corsi. Gli strumenti di valutazione delle com28 petenze acquisite sul posto di lavoro sono spesso impiegati per promuovere un ritorno all’istruzione dei giovani e degli adulti privi di un titolo di scuola secondaria superiore. La seconda questione riguarda la “cattiva reputazione” della formazione professionale rispetto alla più generale formazione accademica. Quest’ultima viene ritenuta in grado di favorire una più vasta scelta occupazionale sul mercato del lavoro. La crescita nel settore dei servizi ha contribuito a creare un’esigenza percepita di competenze e conoscenze non tecniche e più generiche: sempre più giovani si iscrivono alla scuola superiore senza un’idea chiara del proprio futuro professionale, nel tentativo di tenere aperte più opzioni possibili. Pertanto è importante consentire agli studenti di trovare una propria direzione fornendo loro tutte le opzioni disponibili, e allo stesso tempo aumentare la rilevanza e l’attinenza dei programmi formativi, professionalizzanti e generici, rispetto al mercato del lavoro. La terza e ultima questione riguarda l’accesso alla formazione professionale per persone con esigenze speciali o in situazione di difficoltà. Tutti i Paesi incoraggiano la partecipazione dei giovani al sistema educativo e la partecipazione degli adulti alla formazione continua; tuttavia le azioni di sostegno non sembra abbiano favorito condizioni di accesso più eque. Persistono disuguaglianze a livello di accesso soprattutto per gli adulti scarsamente qualificati, i lavoratori più anziani, i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, gli immigrati, persone appartenenti a gruppi minoritari, infine i disabili. Le donne sono poi in condizione di svantaggio in tutte le categorie, a maggior ragione quando appartengono a uno dei gruppi appena citati. La formazione continua e l’apprendimento sul posto di lavoro incidono direttamente sulle imprese e sugli istituti di istruzione. Purtroppo la percentuale di aziende coinvolte in attività di formazione per i propri dipendenti è molto bassa, soprattutto tra le micro e piccole imprese. Le aziende dovrebbero tenere conto delle proprie esigenze di formazione sul breve e lungo periodo. Allo stesso tempo, le aziende dovrebbero fornire un proprio contributo ai corsi di formazione per i giovani, offrendo stage in azienda e migliorando le capacità dei propri addetti. Un ruolo molto importante viene svolto dai policy-makers a tutti i livelli territoriali. Occorre garantire un flusso di informazioni per migliorare la consapevolezza di ciò che si deve fare per rendere l’istruzione e la formazione coerenti con le esigenze delle imprese e delle persone. Questo è particolarmente importante nel quadro di sfide come la grave crisi economica, il flusso massiccio di immigrati, le nuove sfide poste dalla competitività internazionale e i cambiamenti culturali e sociali in atto. 29 Aumentare la partecipazione alla formazione iniziale e continua è una sfida per quasi tutti i Paesi europei. L’obiettivo è di incrementare la partecipazione di giovani, adulti e lavoratori anziani anche in considerazione dell’innalzamento generalizzato dell’età pensionabile. Sta diventando sempre più evidente che è necessario sostenere la partecipazione delle fasce di popolazione normalmente escluse dalla formazione e dall’istruzione, ai corsi di formazione. Questa è sicuramente una delle sfide più importanti per quasi tutti i Paesi europei. Scenario generale Numerose ricerche recenti sembrano essere incentrate sul confronto tra benefici sociali e benefici economici. Le ricadute più importanti della formazione riguardano l’occupabilità delle persone e la disponibilità di forza lavoro qualificata sul mercato. Cosa si intende per “ricadute sociali della formazione”? Una prima risposta a questa domanda considera l’inserimento sociale, in particolare dei gruppi più vulnerabili a rischio di esclusione. Come noto, la tendenza generale delle politiche sociali è transitata da un approccio “correttivo” a un approccio basato su “incentivi”. L’inserimento sociale diventerà dunque sostenibile e sarà ottenuto grazie alla partecipazione al mercato del lavoro. Per questo motivo le “politiche sociali attive” prestano attenzione alle esperienze formative in quanto esse possono aumentare le prospettive occupazionali delle persone, in particolare dei soggetti a rischio di esclusione sociale, tradizionalmente a carico dei servizi sociali. La ricerca condotta mette in chiaro che ad oggi l’istruzione determina in maniera significativa un aumento degli stipendi e delle prospettive occupazionali (cfr. ad esempio Card, 1999). Sappiamo bene quanto le esperienze formative condizionino i risultati individuali nel mercato del lavoro e quanto le esperienze formative disfunzionali o avverse delle fasce deboli incidano sull’inserimento lavorativo di queste persone. Inoltre, mettendo a confronto istruzione e crescita economica nei diversi Paesi, l’istruzione scolastica riveste un ruolo importante per favorire la crescita economica e la solidità dello stato sociale di un Paese (Barro, 1997; Barro & Lee, 1993; Krueger & Lindahl, 2001). Allo stesso tempo, l’inclusione sociale viene sostenuta innanzitutto mediante la partecipazione individuale al mercato del lavoro e conseguentemente tramite il grado di istruzione che favorisce l’occupabilità. 30 Una seconda risposta alla domanda mette in relazione il ruolo dell’istruzione nelle più importanti caratteristiche sociali. L’istruzione aumenta l’impegno civile e la cittadinanza attiva (Brehm & Rahn, 1997; Dee, 2004). Inoltre, esiste un rapporto diretto tra il grado di istruzione dei genitori e l’istruzione dei figli (Black, Devereux & Salvanes, 2005). Infine, la ricerca mostra l’impatto significativo sulla salute (Currie, 1995), sulla criminalità (Lochner & Moretti, 2004) e un’ampia gamma di ricadute sul capitale sociale (Hammond & Feinstein, 2004). Di recente studiosi e policy-makers hanno concordato sulla necessità di dedicare un’attenzione particolare alle esperienze educative delle persone svantaggiate, al fine di esaminare e promuovere azioni di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. Ci si riferisce qui a due principali categorie di politiche. Da una parte, le politiche educative dovrebbero offrire una via di uscita dal disagio sociale per i giovani, anche se alcuni Paesi hanno adottato politiche di ammissione scolastica più eque rispetto ad altri Paesi. Le scuole dovrebbero sostenere obiettivi cognitivi e non cognitivi, in particolare per gli studenti provenienti da contesti svantaggiati e in situazioni di disagio personale. Dall’altra parte, le politiche sociali per l’inclusione e la coesione sociale, l’equità e il benessere dovrebbero favorire l’accesso al sistema di istruzione e formazione. Alcuni esempi di queste politiche: trasferimento di fondi alle famiglie con figli in età scolare; programmi di istruzione per i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi; formazione per adulti scarsamente qualificati; bilancio delle competenze acquisite sul posto lavoro per facilitare il reinserimento nel sistema di istruzione. Fino a poco tempo fa, scarseggiavano le ricerche sul tema delle esperienze formative dei gruppi svantaggiati finalizzate a migliorarne l’occupabilità anche in termini di occupabilità, inclusione sociale, coesione, tutela sociale e cittadinanza attiva. La ricerca i cui risultati sono riportati nella presente pubblicazione punta a entrare a far parte di questo nuovo filone di studi. Cambiamenti e tendenze nel mercato del lavoro I recenti afflussi di stranieri (iper)qualificati disposti a svolgere i lavori ritenuti più umili, in termini di competenze, mansioni e retribuzione, ha determinato una maggiore pressione competitiva sui lavoratori “nativi” scarsamente qualificati o non qualificati. Si tratta di una situazione diffusa in vari Paesi dell’Europa orientale, settentrionale e occidentale. Essa riguarda sia i 31 giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, sia i lavoratori adulti e anziani prossimi all’età pensionabile. Le statistiche europee ufficiali mostrano una diminuzione della percentuale di forza lavoro scarsamente qualificata o priva di ogni qualifica. Questo per due ragioni: innanzi tutto le nuove generazioni hanno un livello di istruzione generalmente più elevato rispetto al passato; secondo, il mercato del lavoro ha sempre più bisogno di lavoratori qualificati. La recessione in atto ha provocato un aumento dei lavoratori in esubero scarsamente qualificati confermando una tendenza legata a cambiamenti sul lato della domanda. I datori di lavoro hanno cercato di trattenere i membri più qualificati della propria forza lavoro, cogliendo l’occasione per innalzare i propri standard di assunzione. La situazione ha peggiorato la drammatica riduzione di posti di lavoro per le persone più fragili, già colpite da una serie di difficoltà a migliorare la propria condizione socio-economica. Questo vale soprattutto per le persone disabili (in grado di lavorare), per i lavoratori anziani con problemi di salute, per le donne sole con figli e per i soggetti in condizioni di disagio multiplo. Presupposti e domande della ricerca Alla base dello studio condotto vi sono i seguenti presupposti: (a) la partecipazione e le ricadute dell’istruzione e della formazione sembrano condizionate dalle origini della famiglia, da etnia e disabilità e dal generale quadro istituzionale. Il capitale umano è strettamente correlato alle componenti del capitale culturale (Bourdieu & Passeron, 1964) e sociale (Putnam, 1993); (b) la mancata partecipazione ai sistemi di istruzione e formazione da parte delle persone appartenenti a gruppi svantaggiati a rischio di esclusione sociale dipende da due cause principali: la prima fa riferimento ai fattori insiti al sistema educativo e formativo, strutturato in maniera tale da escludere tendenzialmente le fasce più vulnerabili della popolazione. Il secondo insieme di cause fa riferimento alle caratteristiche personali, sociali ed economiche dei soggetti, vulnerabili al punto da sperimentare spesso un calo di motivazione rispetto alla partecipazione al sistema di istruzione e formazione; (c) alcuni importanti fattori allontanano i gruppi svantaggiati dal sistema di istruzione e formazione professionale: la tendenza a privilegiare 32 una formazione teorica a discapito dello svolgimento di attività pratiche, un sistema di selezione orientato agli studenti migliori con conseguente allontanamento delle persone con scarso rendimento, l’assenza o la penuria di programmi efficaci per il superamento delle barriere linguistiche, ma anche la carenza di servizi di tutoraggio, mentoring e orientamento; (d) tra i fattori principali che allontanano le persone dal sistema di istruzione vi sono la paura del fallimento, la scarsa fiducia nelle opportunità, la sottovalutazione delle proprie abilità personali, la presenza di barriere linguistiche, responsabilità familiari, difficoltà economiche, povertà sociale, il risiedere in quartieri degradati o aree periferiche, la presenza di barriere architettoniche, malattia o disabilità, e così via; (e) le probabilità che hanno le persone di trovare lavoro dipendono da un insieme di fattori complessi e dal possesso di capitale umano. Le abilità, capacità, competenze e conoscenze personali costituiscono l’insieme di elementi posseduti dai soggetti più studiato e dibattuto; in realtà anche i fattori economici, sociali, istituzionali, tecnologici e organizzativi sono estremamente importanti; (f) ai fini della creazione di capitale umano, l’apprendimento formale, non formale (soprattutto sul posto di lavoro) e informale contribuiscono allo sviluppo di abilità e competenze soprattutto per quanto riguarda la popolazione adulta; (g) vi sono imprese molto attive dal punto di vista formativo a fronte di altre imprese che non promuovono (se non di poco) lo sviluppo delle competenze: gli elementi centrali (Hackman and Oldham, 1974) determinanti la varietà o la complessità di una data mansione sono fondamentali in quanto strettamente connessi alle esigenze di apprendimento specifiche di un determinato posto di lavoro (Richter & Wardanjan, 2000); (h) le conoscenze utilizzate sul posto di lavoro non sono solo legate alla capacità di svolgere specifiche mansioni, ma vanno integrate anche da competenze relazionali e sociali, oltre che da competenze generali e di base. Per conservare un posto di lavoro decoroso per tutta la vita è importante essere in grado di creare adeguate reti di relazioni; (i) in questa epoca contrassegnata da vincoli di bilancio, è indispensabile fornire strumenti per l’individuazione delle politiche più efficaci 33 ed efficienti atte a promuovere solo le pratiche con ricadute positive. Questo studio intende chiarire alcune delle relazioni esistenti tra formazione professionale, occupazione e inclusione sociale per i principali gruppi svantaggiati a rischio di esclusione sociale. Qui di seguito sono indicate le principali domande dello studio, alle quali la presente pubblicazione cerca di dare risposta: (1) la partecipazione ai sistemi di istruzione e formazione può far aumentare la qualità della vita di persone fino ad oggi parzialmente escluse dall’apprendimento? È in grado di promuoverne l’occupabilità e di conseguenza una più efficace inclusione sociale? È in grado di aumentare il loro rendimento sul lavoro, promuovendo una cittadinanza attiva a sostegno della coesione sociale a livello locale/regionale? (2) la partecipazione ai sistemi di istruzione e formazione, e soprattutto alla formazione continua da parte dei gruppi più svantaggiati non dovrebbe essere l’unico intervento a sostegno della loro produttività, occupabilità e inclusione sociale (Preston & Green, 2008). È necessario prevedere uno stretto collegamento tra politiche educative per gruppi svantaggiati e politiche generali per l’occupazione, la salute e il welfare? (3) al fine di esaminare le competenze utili per l’occupabilità, è importante approfondire la connessione tra competenze sviluppate tramite la partecipazione al sistema di istruzione e formazione, e competenze maturate sul posto di lavoro, durante o dopo aver concluso l’esperienza formativa o scolastica? Sarebbe importante tenere conto del tipo di programma scolastico o formativo frequentato dalle persone? Quali sarebbero le implicazioni derivanti dal tener conto non solo del corso frequentato ma anche di precedenti esperienze lavorative? (4) gli investimenti pubblici e privati sono indispensabili per promuovere l’innovazione e l’inclusione dei principali gruppi svantaggiati nelle attività scolastiche e formative? Oppure potrebbe bastare la partecipazione delle imprese private per migliorare l’occupabilità di questa fascia di popolazione? 34 CAPITOLO 2. Definizioni e quadro teorico In questo capitolo viene presentato il quadro teorico di riferimento dello studio, costituito dalla formazione professionale per le persone svantaggiate e dagli aspetti chiave delle politiche attive del lavoro e delle attività di formazione continua. Inoltre vengono fornite alcune definizioni utili sulla formazione professionale, la formazione aziendale e i gruppi svantaggiati nel mercato del lavoro. Il quadro di riferimento della presente ricerca attinge a vari settori della letteratura, ovvero: esclusione, inclusione e coesione sociale da un punto di vista sociologico; equità nel sistema di istruzione e formazione; rapporto tra disagio sociale, grado di istruzione, occupabilità e carriera professionale. Infine, è riportata una breve disamina sull’efficacia ed efficienza della formazione professionale. Esclusione sociale e barriere all’ingresso nel mercato del lavoro Il disagio e l’esclusione sociale gravi rappresentano un tema cruciale per qualsiasi società. Il disagio sociale descrive una situazione in cui le persone soffrono di una “combinazione di problemi interconnessi e auto-rafforzanti”, quali disoccupazione, scarsità di competenze, basso reddito, condizioni abitative misere, criminalità, cattiva salute e disgregazione del nucleo familiare (Hills, Le Grand, Piachaud, 2002). Il disagio sociale è dunque un concetto dalle tante sfaccettature inerente alla scarsa o mancata partecipazione alle aree chiave della vita moderna, come i consumi, la ricchezza, la vita sociale e la cittadinanza attiva. Brandsma (2002) presenta un’analisi dettagliata dei vari significati attribuiti dagli studiosi al tema dell’esclusione sociale, suggerendo una definizione complessa e convincente di gruppi svantaggiati. La ricercatrice considera 35 l’esclusione sociale uno stato di negazione della partecipazione alla sfera sociale, culturale ed economica, comprendendo quindi anche l’istruzione, la formazione e il mercato del lavoro. Inoltre, aggiunge che l’esclusione sociale deve essere studiata prestando particolare attenzione ai momenti chiave di transizione nella vita. L’esclusione sociale e lavorativa si può verificare a qualsiasi età e non ha necessariamente un punto di inizio e/o di fine. È possibile individuare due categorie di fattori alla base dell’esclusione sociale. I fattori strutturali possono essere di natura economica, tecnologica, socio-demografica, istituzionale e politica. I fattori culturali riguardano il ruolo di opinioni comunemente accettate (es. in merito all’importo minimo delle sovvenzioni o al salario minimo); valori e norme (etica del lavoro, opinioni sulla solidarietà) e aspettative legate ai ruoli (es. uomini e donne); atteggiamenti verso le minoranze etniche (es. in merito al contesto di una società multiculturale) e verso fasce deboli in genere (stigmatizzazione sociale che impedisce l’esercizio dei diritti); sviluppo di una “cultura della povertà” all’interno di gruppi esclusi o isolati o di comunità ad alto rischio di trasmissione dell’esclusione da una generazione all’altra; percezione di povertà e disuguaglianze (Brandsma, 2002, p. 20). I membri delle minoranze etniche, le persone con disabilità o problemi di salute, gli anziani e i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi vengono spesso identificati come gruppi svantaggiati anche sotto il profilo istituzionale (es. EHRC, 2010). Occorre considerare che il disagio sociale non è osservabile direttamente ma lo sono le sue conseguenze, utilizzabili appunto per la rilevazione e la descrizione del disagio stesso. Le situazioni concrete di disagio solitamente sommano elementi appartenenti a varie aree di disagio, facendo emergere condizioni di bisogno molteplici. Le principali aree di disagio personale sono: 1. economico: generale povertà, interruzioni nella storia occupazionale, scarso o insufficiente sostegno da parte dei servizi pubblici; 2. educativo: dispersione scolastica, scarse qualifiche e competenze, scarsa comprensione della lingua parlata nel Paese di arrivo, riconoscimento dei diritti di cittadinanza; 3. sociale: origini e contesto familiare difficili, condizioni abitative e ambiente in generale, mancanza di reti di sostegno; 4. culturale: discriminazione sociale e lavorativa per il colore della pelle, disabilità, sesso, orientamento sessuale, religione, opinioni personali; 36 5. salute: malattia, disabilità, patologie e fragilità psicologiche; 6. caratteristiche personali: riluttanza personale agli spostamenti, scarsa motivazione al superamento delle barriere e così via. In alternativa, il concetto chiave di un’economia di mercato è il lavoro remunerato. L’esclusione dal lavoro remunerato (disoccupazione o inattività) e la segregazione in posti di lavoro di bassa qualità caratterizzati da stipendi bassi, condizioni lavorative scadenti, occupazione instabile e poche opportunità di crescita rappresentano aspetti cruciali sotto vari punti di vista, contribuendo a definire l’identità di una persona. Parimenti, anche lo standard familiare e la qualità della vita dipendono dal reddito guadagnato. Il disagio nel mercato del lavoro può anche dare origine a ulteriori forme di svantaggio ed esclusione sociale, tramite dipendenza dai sussidi, povertà, condizioni di salute precarie e persino comportamenti antisociali (inclusa la criminalità). Il gruppo dei soggetti svantaggiati nel mercato del lavoro potrebbe fare riferimento alla fascia di popolazione con opportunità occupazionali limitate a lavori di routine, molto semplici o sottopagati, oppure a persone escluse dal mercato, disoccupate o economicamente non attive. Per spiegare la posizione delle fasce deboli sul mercato del lavoro, è utile il concetto di labor queue, o graduatoria dei potenziali lavoratori. Questo concetto, ottimamente espresso da Thurow (1975), afferma che i datori di lavoro controllano gli accessi ai posti di lavoro. Essi stilano una graduatoria dei potenziali lavoratori in ordine di attrattiva per l’azienda e scorrono questo elenco, iniziando le assunzioni dal soggetto più attraente per poi passare al secondo più attraente e così via, fino ad aver soddisfatto le esigenze di forza lavoro dell’azienda. I lavoratori di maggior valore verranno messi all’inizio della graduatoria, mentre quelli meno validi (o più costosi) andranno a formare la fine della graduatoria. Il valore elevato è generalmente associato all’alto rendimento reso possibile dal possesso delle capacità o competenze base necessarie per ricoprire il posto di lavoro vacante, anche se un datore di lavoro potrebbe ritenere il possesso di qualifiche o di esperienze pregresse come segni o indicatori di tali capacità. Secondo i datori, i candidati di basso valore sono quelli non in possesso di queste capacità di base e dunque bisognosi di ulteriore preparazione per arrivare al livello standard richiesto per l’esecuzione del lavoro. La posizione del singolo in questo elenco (all’inizio, alla fine) determinerà le possibilità di assunzione. Quando la domanda di lavoro cresce, le assunzioni di lavoro verranno effettuate scorrendo verso il basso la graduatoria più di quanto non succederebbe in caso di rallentamento della domanda di 37 lavoro. Oltre al deficit di competenze, che per le imprese potrebbe significare la necessità di fare formazione aggiuntiva per i nuovi assunti, monitorare da vicino il lavoro svolto o persino modificare le procedure operative, altre caratteristiche che secondo il datore (a ragione o meno) potrebbero generare costi aggiuntivi (come la scarsa disciplina sul posto di lavoro, eventuali assenze per malattia, la necessità di fornire un alloggio, ecc.) contribuiranno a far scendere di graduatoria il lavoratore. Si presume che le persone appartenenti ai gruppi svantaggiati mostrino alcuni segni che determinano un loro posizionamento in fondo a questa graduatoria. Secondo la teoria, solo le persone con bassi livelli di competenze, scarsamente qualificate o prive di qualsiasi qualifica dovrebbero essere inserite in fondo alla graduatoria del lavoro. E invece vari fattori economici, culturali e linguistici, nonché la presenza di barriere psicologiche, possono impedire ai membri dei gruppi svantaggiati di occupare una buona posizione nella graduatoria dei potenziali lavoratori. La posizione nel mercato del lavoro dei soggetti svantaggiati per problemi di salute, disabilità o altri fattori culturali ed etnici discriminanti può venire ulteriormente indebolita. Ovviamente non tutti i soggetti appartenenti a questi gruppi sono svantaggiati dal punto di vista delle prospettive occupazionali o del grado di istruzione, ma le fasce di popolazione definite da determinate caratteristiche mostrano livelli molto più alti di disagio rispetto alla popolazione generale. Gli studi sulle barriere all’ingresso nel mercato del lavoro, oltre alla mera assenza o carenza di qualifiche, hanno preso in esame in particolare i disabili e le minoranze etniche. Questi soggetti, a parità di livello e tipo di qualifica, hanno più probabilità di subire discriminazioni rispetto ad altri gruppi svantaggiati. Barriere all’ingresso nel mercato del lavoro delle persone disabili Precedenti studi hanno individuato la presenza di diverse barriere all’ingresso nel mercato del lavoro delle persone disabili (Burchardt, 2001). Esse comprendono la mancanza di qualifiche, formazione ed esperienza, l’assenza di incentivi fiscali, difficoltà nella compilazione delle domande di lavoro e a sostenere un colloquio, trasporti non accessibili, scarsa comprensione da parte dei consulenti del lavoro, percezione dei datori secondo cui il lavoro non è eseguibile dal disabile, e discriminazioni da parte dei datori di lavoro. Naturalmente, alcuni disabili non inseriti nel mondo del lavoro potrebbero non essere in grado o non essere disposti a lavorare. Tuttavia, anche tenuto conto di ciò, rispetto ai disabili il tasso di transizione al lavo38 ro è quattro volte più alto tra i non disabili rispetto ai disabili, segno evidente di una asimmetria nelle barriere all’ingresso al lavoro di persone disabili e non disabili (Barret, 2010; Eurostat, 2002). Non soltanto le percentuali di accesso al lavoro sono più basse tra i disabili, ma anche le percentuali di permanenza in una situazione di impiego sono più basse tra i disabili, soprattutto immediatamente dopo il verificarsi della disabilità. Le persone con disabilità possono essere inserite in un posto di lavoro regolare o in un posto di lavoro sovvenzionato nell’ambito del collocamento obbligatorio o di forme di lavoro protetto. Il lavoro protetto consiste in diverse tipologie di laboratori che offrono opportunità di inserimento a persone affette da diversi livelli di disabilità. La distribuzione delle persone disabili nel lavoro ordinario per grado di disabilità indica che le persone con disabilità lieve o moderata sono generalmente inserite nel mercato ordinario, e al diminuire della cosiddetta “ridotta capacità lavorativa” aumenta la percentuale di inserimento nel mercato ordinario (Applica, Cesep & European Centre, 2007). Barriere all’ingresso nel mercato del lavoro di immigrati e minoranze I dati evidenziano che la discriminazione, in particolare la discriminazione razziale (basata su fattori etno-razziali socialmente prodotti come il colore della pelle, l’accento, l’affiliazione religiosa o culturale) rappresenta un fattore diffuso che ostacola la ricerca di un lavoro stabile da parte delle persone. Esso condiziona anche le esperienze professionali come ad esempio le tipologie di mansioni assegnate, la mobilità professionale e la conservazione del posto di lavoro. Vari studi documentano che il mancato riconoscimento di eventuali credenziali/esperienze svolte all’estero e l’obbligo di un’istruzione/esperienza acquisite nella nazione ospitante costituiscono la barriera più significativa che impedisce agli immigrati recenti di trovare un impiego stabile nel proprio settore. I risultati della presente ricerca indicano che gli immigrati hanno tuttora difficoltà a trovare un lavoro stabile nel proprio settore, anche dopo aver maturato esperienze formative o lavorative nella nazione di arrivo. I fattori etno-culturali socialmente costruiti come etnia, razza, religione, lingua, accento e Paese di origine hanno grande importanza nel definire gli accessi e gli esiti sul mercato del lavoro. Il crescente corpus di ricerche empiriche svolte, ad esempio in Germania, ha ripetutamente dimostrato che gli immigrati hanno prospettive più deboli sul mercato del lavoro rispetto ai tedeschi nativi. Gli immigrati sono ampia39 mente rappresentati tra i disoccupati e le fasce più basse della gerarchia occupazionale (Shima et al. 2008). Alcune spiegazioni teoriche suggeriscono che le differenze di retribuzione tra lavoratori nativi e immigrati sono determinate o dalle differenze nell’acquisizione di capitale umano o da specifiche forme di esclusione degli immigrati da sistemi retributivi equi. Le ipotesi sulla qualità del lavoro e sulle discriminazioni nel mercato del lavoro sono state esaminate nel 1995, tramite un corposo campione di lavoratori dipendenti svedesi. I dati mostrano che l’inserimento nel mercato del lavoro è relativamente poco problematico per gli immigrati dei Paesi occidentali, mentre gli immigrati di altri Paesi, soprattutto quelli provenienti da Africa, Asia e America Latina, una volta entrati nel mercato del lavoro svedese incontrano ostacoli considerevoli per quanto riguarda gli aumenti salariali. Per quest’ultimo gruppo di Paesi, l’esercizio di controlli sul capitale umano generico e specifico per Paese riduce le differenze di tipo salariale. Ciò nonostante permane un divario di dimensioni non trascurabili. Così, le ipotesi sulla qualità del lavoro spiegano in parte il divario retributivo osservato tra nativi e immigrati, ma le restanti differenze sono interpretabili solo in termini di discriminazione nel mercato del lavoro (Grand & Szulkin, 2002). Disagio sociale e livello di istruzione Brandsma (2002, p. 23) considera la relazione tra esclusione sociale e partecipazione ai sistemi di istruzione e formazione, concludendo che: “l’istruzione non è l’unica causa o l’unica soluzione per l’esclusione sociale. Ciononostante, vi sono buone ragioni per ritenere che il grado di istruzione o meglio l’accesso e l’utilizzo delle opportunità di istruzione, formazione e apprendimento costituiscono fattori chiave nel processo di esclusione”. In linea generale, le persone in una situazione di disagio hanno un grado di istruzione decisamente inferiore, e il disagio sociale agisce tramite l’istruzione generando redditi più bassi anche per le persone provenienti da ambienti meno svantaggiati. Questo perché le persone provenienti da situazioni di disagio investono meno nell’istruzione e solo alcune di queste persone ottengono stipendi più alti associati a tale investimento. La ricercatrice ha esaminato i benefici dell’istruzione in rapporto a salute, criminalità, impegno civile ed educazione dei figli. Vi sono prove di importanti effetti, in quanto l’istruzione migliora sensibilmente lo stato di salute (Grossman & Kaestner, 1997, Kitagawa & Hauser, 1973), riduce i livelli di 40 criminalità (Feinstein & Sabates, 2005) e promuove il grado di impegno e partecipazione civile (Dee, 2004). L’istruzione degli adulti provoca importanti effetti intergenerazionali sull’istruzione dei figli (Black, Devereux & Salvanes, 2005). La scarsa partecipazione al sistema di istruzione e formazione della popolazione svantaggiata produce un inasprimento del disagio proprio per la mancanza di questi benefici non economici. Recentemente, importanti istituzioni2 e ricercatori hanno messo in luce la grave situazione in cui versano alcuni gruppi svantaggiati privi delle tradizionali conoscenze e competenze offerte dall’istruzione iniziale obbligatoria. Le persone svantaggiate dal punto di vista sociale e lavorativo mostrano carenze a livello di conoscenza della lingua, capacità logiche e nozioni di materie scientifiche. Inoltre, la letteratura esamina la forte complementarità tra abilità, qualifiche e conoscenze maturate durante l’istruzione formale da un lato, e abilità, competenze e capacità acquisite durante la formazione sul lavoro. Le conoscenze e competenze pregresse offrono forti incentivi e maggiori opportunità per proseguire gli investimenti nell’istruzione e nella formazione. In pratica, sembra che la partecipazione degli adulti alla formazione professionale amplifichi il divario di competenze anziché compensare i bassi livelli di istruzione dei lavoratori. McCoshan et al. (2008) individuano e descrivono le principali barriere che i gruppi svantaggiati devono fronteggiare nel percorso di apprendimento e partecipazione al sistema di istruzione e formazione. Essi distinguono alcuni fattori comuni che ostacolano il raggiungimento di adeguati obiettivi formativi per sette gruppi di persone svantaggiate. Essi sono in particolare: abbandono dell’istruzione formale e scarsa motivazione; mancanza di opportunità formative per le persone scarsamente qualificate e bisognose di assistenza e orientamento; carenza di risorse e presenza di stereotipi; pregiudizi e discriminazioni. La tabella seguente riporta una descrizione delle barriere all’accesso all’istruzione e alla formazione per i gruppi oggetto della ricerca. Questa ha cercato di verificare i fattori più importanti individuati dalla letteratura come barriere alla partecipazione alla formazione per i gruppi svantaggiati, prestando particolare attenzione a controllare il peso della mancanza di risorse finanziarie rispetto ad altre tipologie di barriere. 2 Si fa riferimento all’indagine “Letteratismo e abilità per la vita” (ALL) condotta nel 2003 e alla Ricerca internazionale sulle competenze alfabetiche della popolazione adulta (IALS), condotta in tre fasi (1994, 1996 e 1998) in 20 nazioni tra cui gli Stati Uniti. 41 42 43 Adeguatezza, efficacia ed equità della formazione professionale per le persone svantaggiate La valutazione della formazione professionale per i gruppi svantaggiati costituisce un vasto campo di ricerca che esamina prima di tutto gli aspetti statistici quantitativi relativi alla quantità di formazione, al numero di partecipanti e ad altre misure dell’input. Altre misure sono necessarie nel processo decisionale: la qualità della formazione professionale erogata, i risultati, gli effetti e l’impatto del corso frequentato e i benefici economici complessivi per i singoli, le imprese e la comunità. Qui è riportato un estratto della letteratura disponibile. La qualità dell’istruzione e della formazione professionale è oggetto di numerosi studi di varia provenienza. Esiste una letteratura molto vasta in termini di qualità e quantità (Le Boterf et al., 1992; OCSE, 1995). Si parla spesso di “gestione totale della qualità” nei processi produttivi del settore privato, con un’attenzione alla qualità come metodo e processo (Hackman & Wageman, 1995). Malgrado ciò, vi sono diversi dubbi sull’adozione di questi approcci per la valutazione dei sistemi di istruzione e formazione professionale e delle relative pratiche operative (Van den Berghe, 1995). Sin dagli anni ‘90 l’UE ha colto l’importanza strategica dello sviluppo di sistemi di istruzione e formazione professionale (IFP) di qualità nei Paesi membri in una serie di documenti (risoluzioni, decisioni e conclusioni), puntando alla qualità del sistema di IFP (Faurschou, 2003). Il Cedefop ha altresì incaricato alcuni esperti di svolgere un’indagine iniziale sulla qualità dei sistemi di IFP in vari Paesi. Il concetto di qualità dell’istruzione e della formazione è stato definito in diversi documenti scientifici (uno per tutti Seyfried, 2007) come: (i) qualità come valore assoluto; (ii) qualità di prodotto; (iii) qualità intesa come soddisfazione del cliente; (iv) qualità di processo; (v) qualità intesa come ottimizzazione del rapporto qualità/prezzo. Ad oggi risulta difficile valutare l’efficienza della formazione continua e della formazione degli adulti: i dati statistici sui costi della formazione scarseggiano e le informazioni sulle ricadute positive della formazione professionale sulla produttività sono ancora limitate (Bassanini et al., 2005). Servirebbero maggiori analisi empiriche soprattutto per approfondire la questione dei gruppi di popolazione lontani dalla formazione continua, esaminando il tema dell’uguaglianza nella partecipazione alla formazione professionale. 44 Quale sarebbe la tipologia di formazione più appropriata ed efficace per le esigenze specifiche dei gruppi svantaggiati? I sistemi formativi più adatti a soddisfare le esigenze dei gruppi svantaggiati sono legati al tipo di disagio considerato, alle competenze mancanti e allo specifico corso progettato. Essi devono tener conto di aspetti quali eventuali esperienze pregresse, ambizioni, condizioni specifiche dei beneficiari tra i vari gruppi e all’interno degli stessi gruppi svantaggiati (es. stato di salute, impegni familiari, autosufficienza, ecc.) e di come le differenze nei vari contesti economici e sociali si incrociano alle variabili individuali. In particolare: (i) per quanto riguarda la popolazione target: si noti che non tutti i gruppi svantaggiati, e non tutti i soggetti appartenenti allo stesso gruppo, devono necessariamente partecipare ad attività di formazione professionale. Il fatto di essere immigrati e disoccupati non implica necessariamente che occorre frequentare un corso per ottenere un lavoro dignitoso. In questi casi, l’alternativa è rappresentata dall’accesso diretto al mondo del lavoro o ai servizi assistenziali. L’adeguamento della formazione professionale alle caratteristiche degli utenti finali potrebbe determinare la partecipazione di persone che non hanno necessariamente bisogno di formazione per migliorare la propria occupabilità o per facilitare la loro inclusione sociale. Al contrario dovrebbero venire escluse persone con altre caratteristiche. Preston & Green (2008, p. 121) sostengono che “primo, vari gruppi possiedono caratteristiche tipiche dell’esclusione sociale che potrebbero non venire raggiunte da un sistema di IFP mirato. Secondo, un sistema di IFP mirato potrebbe rafforzare l’esclusione sociale se non viene collegato ad azioni formative non mirate”; (ii) relativamente alle specifiche metodologie: è dimostrato che si ottengono migliori risultati con programmi mirati, accompagnati a metodologie diverse dai sistemi di IFP ordinari per soddisfare bisogni educativi speciali e non per segregare le persone svantaggiate. L’analisi delle opportunità e del rapporto costi/benefici suggerisce di evitare l’implementazione di azioni rivolte a un unico gruppo di soggetti svantaggiati. Al contrario, le persone svantaggiate dovrebbero essere inserite in un percorso formativo generalmente rivolto alla popolazione complessiva, tenendo conto delle loro specifiche esigenze; questa sembra la soluzione più efficace ed efficiente; 45 (iii) relativamente al contesto: i programmi di formazione professionale per le persone svantaggiate dovrebbero essere accompagnati da una serie di misure complementari. Gli studiosi e i valutatori di politiche pubbliche concordano sul fatto che la formazione professionale e gli altri aiuti sociali rivolti alle principali fasce deboli della popolazione producono effetti cumulativi (McCoshan et al., 2008); (iv) relativamente ai contenuti della formazione: secondo le teorie ufficiali, le aziende nei mercati del lavoro competitivi ottengono un vantaggio economico se promuovono lo sviluppo di competenze specifiche, mentre i lavoratori sono a favore del miglioramento delle competenze generali (Becker, 1964). Nei mercati del lavoro imperfetti, le aziende ottengono un ritorno economico dalla promozione della formazione generale nei casi in cui devono combinare tra loro varie competenze generiche (Lazear, 2003), con il rischio di un sottoinvestimento (Acemoglu & Pischke, 1999). Bassanini et al. (2005) puntualizzano che non vi sono prove certe di un sottoinvestimento nella formazione sul lavoro e che i reali livelli di investimento potrebbero non essere molto lontani dai livelli ideali in molti Paesi europei, ma è quasi impossibile misurare l’impatto sui gruppi svantaggiati. La teoria economica ufficiale afferma che i singoli sono disposti a frequentare attività di formazione e istruzione solo se i costi (quote di iscrizione e partecipazione, mancato guadagno durante la formazione e buste paga più basse durante il periodo formativo) vengono compensati da un futuro e adeguato aumento di stipendio (Becker, 1964, Mincer, 1974). È stata data ampia dimostrazione del fatto che la formazione professionale incide sugli stipendi dei lavoratori. Anche la distorsione da selezione e l’inversione del rapporto causa-effetto sono oggetto di analisi e il significato dei risultati ottenuti viene messo in discussione. Analogamente, la formazione più efficace non tiene conto delle ricadute sociali o non legate alla remunerazione ottenuta dai singoli tramite l’istruzione, come ad esempio il piacere dell’apprendimento, la possibilità di conoscere altre persone e di espandere la propria rete di contatti, e i vantaggi sociali derivanti dal trovare un lavoro più interessante. Ne deriva che la formazione più efficace (anche per le esigenze dei gruppi svantaggiati) dovrebbe limitare i costi fino a raggiungere il livello in cui tali costi non sono controbilanciati dall’aumento di stipendio, e questo sarà l’unico punto di cui tenere conto. Dall’altra parte, la teoria ufficiale accetta che il datore di lavoro finanzi la formazione dei propri dipendenti sperando di ottenere un ritorno sull’inve46 stimento in termini di aumento di produttività, maggior competitività e profitti attuali e futuri più alti. È molto complicato misurare i ritorni dell’istruzione e della formazione per le imprese, tanto è vero che gli studi su questo tema scarseggiano. Primo, è estremamente difficile ottenere i dati sulla produttività, sulla competitività e sulla redditività. Poi, è difficile rispondere alla domanda sulla causalità: il rendimento è migliorato grazie alle attività formative, oppure sono le capacità preesistenti a giustificare il livello di formazione dei lavoratori? Infine, pare che le imprese siano interessate solo a fare formazione attinente al proprio settore di attività, evitando di organizzare formazione generica o non specifica, nonostante le difficoltà a distinguere tra formazione specifica e formazione generica. È molto difficile misurare il vantaggio che hanno le aziende nell’attuare programmi di formazione per i propri dipendenti in situazioni di disagio, e spesso l’aumento salariale viene preso come riferimento. La formazione dei gruppi svantaggiati potrebbe richiedere maggiori investimenti senza venire controbilanciata da una certezza a livello di risultati. Occorre tenere presente che gli obiettivi di equità e uguaglianza non possono essere considerati parte integrante dei programmi aziendali. Tra i vari fattori non economici che giustificano l’investimento nella formazione per i gruppi più svantaggiati, si potrebbero citare la responsabilità sociale dell’imprenditore e il desiderio di favorire l’inclusione e il benessere della comunità circostante. Requisiti di adeguatezza, efficacia, equità ed efficienza Alla luce delle teorie ufficiali, è molto difficile stilare un elenco di caratteristiche che soddisfino i criteri di adeguatezza, efficacia, equità ed efficienza della formazione professionale per le persone svantaggiate. La valutazione della qualità e degli esiti dei programmi di formazione frequentati dai gruppi svantaggiati è più problematica rispetto alla valutazione della formazione ordinaria. Pertanto dobbiamo considerare che non possiamo utilizzare lo stesso metodo di valutazione per la formazione iniziale e per la formazione continua, vista la differenza a livello di obiettivi e destinatari. Rispetto alla formazione continua, dal punto di vista dei corsisti aspetti come qualità, efficienza ed equità andrebbero misurati a fronte dei risultati ottenuti nel mercato del lavoro e di altri fattori non strettamente economici: in particolare il grado di apprendimento delle conoscenze di base (se necessarie), l’inserimento delle persone svantaggiate nel gruppo classe, la rete di contatti utili per trovare lavoro (per i soggetti non occupati), una miglior 47 comprensione delle modalità di accesso ai sussidi e, non ultimo, la soddisfazione di aver dedicato tempo ed energie al proprio miglioramento personale. Tutte queste variabili pongono problemi di misurazione complessi e specifici, per questo sarebbe opportuno definire un modello analitico. Infine, in merito all’efficacia e all’efficienza della formazione organizzata dalle imprese, data la difficoltà di misurare l’incremento di produttività (spesso visto in termini di aumento di stipendio), si dovrebbe far riferimento ad altri tipi di misurazioni riguardanti sia la percezione delle ricadute positive della formazione, sia il bisogno di agire con equità e uguaglianza da parte del datore di lavoro. Appendice al capitolo 2. Definizioni Formazione e istruzione professionale iniziale e continua Nell’ottica di confrontare tra loro le varie situazioni nazionali, i ricercatori hanno accettato e adottato la definizione proposta dal Cedefop (2004) inerente alla formazione continua e l’istruzione e formazione iniziale. “Il sistema di istruzione e formazione professionale continua (IFPC) comprende le attività di istruzione e formazione successive all’istruzione e formazione iniziale, oppure successive all’ingresso nella vita lavorativa, finalizzate ad aiutare le persone a sviluppare o aggiornare le proprie conoscenze e competenze, oppure ad acquisire nuove competenze per un avanzamento di carriera, l’aggiornamento professionale e proseguire così nel proprio sviluppo personale o professionale. L’istruzione e la formazione continua rientrano nella formazione permanente e possono comprendere vari tipi di istruzione (generica, specializzata o professionalizzante, formale o non formale, ecc.). Esse sono cruciali per promuovere l’occupabilità delle persone”. (Cedefop, 2004). All’opposto, “il sistema di istruzione e formazione iniziale (IFPI) indica il sistema di istruzione e professionale generico svolto nel sistema educativo iniziale, solitamente precedente all’accesso nella vita lavorativa. Tuttavia (a) determinate attività formative svolte prima dell’ingresso nella vita lavorativa potrebbero essere considerate come attività di formazione iniziale (es. aggiornamento) e (b) determinate attività di istruzione e formazione iniziale potrebbero venire svolte in qualsiasi momento del percorso di istruzione e formazione professionale (formazione in aula a tempo pieno, oppure formazione in alternanza) o apprendistato” (Cedefop, 2004). 48 CAPITOLO 3. Metodologia di ricerca Questo capitolo descrive gli obiettivi, le fasi, la metodologia e gli strumenti utilizzati nella ricerca oggetto di questa pubblicazione. L’ultimo paragrafo considera e riepiloga i punti di forza e di debolezza della metodologia impiegata nello studio. Obiettivi Durante il lavoro di ricerca sono stati raccolti dati significativi sulla formazione professionale rivolta ai principali gruppi svantaggiati. Mediante un approccio comparativo, la ricerca ha messo a confronto otto Paesi UE: Italia, Spagna, Portogallo, Slovacchia, Polonia, Romania, Svezia e Regno Unito. Area di studio Nella fase iniziale della ricerca non è stata effettuata alcuna selezione sulle tipologie di programmi di formazione professionale su cui concentrare l’attenzione. Nella definizione dell’area di studio, i ricercatori hanno esaminato il sistema di istruzione e formazione nel suo complesso per le varie nazioni coinvolte. Successivamente si sono concentrati su quelle attività formative mirate a sviluppare competenze direttamente o indirettamente spendibili sul posto di lavoro, in particolare selezionando le attività rivolte, totalmente o in parte, ai soggetti svantaggiati sul mercato del lavoro. La ricerca ha evidenziato la necessità di tenere distinta l’analisi della formazione iniziale dall’analisi della formazione continua, viste le profonde differenze a livello di obiettivi, metodologie, destinatari e durata. Lo studio ha capitalizzato sui contributi prodotti ad oggi dal Cedefop, da Eurostat e dall’UNESCO sui sistemi di istruzione e formazionale iniziale, sulla capa49 cità di tali sistemi di includere (nella formazione ordinaria o speciale) persone con disabilità, immigrati e minoranze etniche e linguistiche, nonché giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. La ricerca ha cercato di limitare la variabilità delle attività di formazione considerate, al fine di migliorare la qualità dei risultati. Gli studi sul ritorno sull’investimento nella formazione e sulla partecipazione alla formazione hanno chiarito che l’utilizzo di descrizioni troppo aggregate della “formazione” possono nascondere importanti differenze a livello di fattori determinati e ricadute delle varie forme di formazione (Blundell, Dearden & Meghir, 1996). L’indagine ha preso in esame programmi di aggiornamento e miglioramento delle conoscenze e competenze di lavoratori o disoccupati, ad esclusione di tutti i tipi di programmi di formazione scolastica. La formazione professionale appartiene così alla vasta categoria della formazione continua3. I beneficiari intervistati hanno frequentato per lo più corsi di breve durata. La formazione continua coinvolge soggetti non più idonei ad accedere all’istruzione obbligatoria, fatta eccezione per i giovani con meno di 18 anni che hanno lasciato precocemente gli studi e senza considerare i “programmi della seconda opportunità” atti a compensare la fuoriuscita degli adulti dal sistema di istruzione. Sono illustrate tre categorie di programmi: quelli rivolti ai disoccupati o a soggetti anche in possesso di un titolo di studio elevato per il miglioramento di competenze e abilità necessarie per entrare nel mercato del lavoro; quelli rivolti ai lavoratori per il miglioramento della propria condizione occupazionale; infine, i programmi per i lavoratori generalmente definiti tramite accordi tra le parti sociali o promossi dalle aziende in totale autonomia. I programmi formativi previsti nell’ambito dei contratti di apprendistato non sono stati presi in esame. La formazione per i disoccupati viene erogata da enti pubblici o imprese private. La formazione per i lavoratori viene erogata da imprese private specializzate nel settore o dalle aziende che organizzano direttamente i corsi per i propri dipendenti. La formazione continua per disoccupati o lavoratori riguarda soprattutto i giovani con un grado di istruzione iniziale, secon3 50 La ricerca si è quindi concentrata sulla formazione continua solitamente organizzata al di fuori del sistema di istruzione e formazione ordinario. Solo in riferimento ai giovani e al fenomeno della dispersione scolastica sono state prese in esame attività che, rispetto alle tradizioni di ogni Paese, potrebbe essere considerate parte integrante del sistema di istruzione e formazione iniziale. daria o superiore e con caratteristiche che ne favoriscono l’occupabilità. Per questo motivo le politiche attive per il lavoro che spesso includono la formazione continua, sono rivolte innanzi tutto a persone prive di caratteristiche personali forti per il mercato del lavoro: soggetti scarsamente qualificati, con un basso livello di istruzione, donne, soggetti con difficoltà linguistiche, problemi personali, sanitari, fisici, psicologici o familiari. Ai fini dell’analisi prevista dalla ricerca, sono stati selezionati sei gruppi di soggetti svantaggiati nel mercato del lavoro. Essi sono: persone con disabilità, immigrati e persone appartenenti a minoranze etniche o linguistiche, lavoratori con oltre cinquant’anni di età, persone scarsamente qualificate e giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. A prescindere dall’ampia diffusione di condizioni di disagio multiplo, la ricerca ha cercato di individuare per quanto possibile gli elementi che caratterizzano la specifica condizione di ciascun gruppo svantaggiato. Infine, la ricerca ha messo a confronto le loro situazioni in otto Paesi UE: Italia, Spagna e Portogallo in rappresentanza dei Paesi UE del Mediterraneo, Slovacchia, Romania e Polonia per l’Europa dell’est e Regno Unito e Svezia come esempi di Paesi dell’Europa settentrionale. Metodologia generale Tenendo conto del quadro teorico e dei presupposti delineati nel capitolo 1, la ricerca effettuata ha collaudato una metodologia per affrontare un’area di studio non sufficientemente sviluppata. La ricerca si divide in tre parti: 1. analisi quantitative dei dati secondari raccolti a livello nazionale e confronto con le statistiche ufficiali UE sui sistemi di istruzione e formazione, la dimensione delle fasce deboli della popolazione per età e sesso; 2. analisi qualitative dei programmi di formazione professionale rivolti ai principali gruppi svantaggiati, in particolare: (*) individuazione dei programmi formativi e descrizione tra Paesi delle loro caratteristiche allo scopo di “misurare” e confrontare le varie pratiche per destinatari, tipi di interventi e obiettivi specifici; (**) interviste semistrutturate a 10 testimoni scelti tra stakeholder e policy-makers in ogni Paese per raccogliere analisi, riflessioni e osservazioni critiche sulla partecipazione della popolazione svantaggiata alla formazione professionale; 51 3. indagine telefonica tramite metodologia CATI (Computer-Assisted Telephone Interviewing) sui destinatari di attività formative e su imprenditori in ciascuno degli otto Paesi. Il database così costruito ha consentito l’effettuazione di analisi statistiche bivariate e multivariate. È stato adottato un approccio integrato. Tramite un’analisi quali-quantitativa, è stata realizzata un’approfondita analisi a più livelli sulla base delle presunte relazioni tra condizioni personali e situazione familiare, esperienze formative e lavorative pregresse e durata, qualità e argomenti dei corsi frequentati, condizione lavorativa al termine del corso e dopo un certo periodo, alcuni specifici aspetti del lavoro trovato (posto di lavoro dignitoso, lavoro protetto,...), gli obiettivi delle imprese coinvolte nell’erogazione di attività formative e nel riconoscimento delle ricadute positive della formazione professionale, indicatori sull’andamento economico generale di ogni Paese coinvolto. Per le interviste alle imprese è stata adottata la metodologia CATI, in ragione dell’efficacia e del buon rapporto costi/benefici, già sperimentati in numerosi altri studi. La stessa metodologia è stata adottata per intervistare le persone svantaggiate partecipanti ad iniziative di formazione professionale, con l’obiettivo di verificare l’efficacia di tale metodologia per intervistare e coinvolgere persone solitamente difficili da raggiungere. Ai fini della ricerca sono stati sviluppati appositi strumenti adattati alle esigenze degli otto Paesi coinvolti: strumenti di raccolta dati (questionari, tracce per le interviste semistrutturate, modelli di raccolta e valutazione delle buone prassi), strategie per il superamento dei problemi emersi durante le interviste delle persone svantaggiate, nonché uno schema per l’elaborazione dei dati quali-quantitativi. Tali strumenti sono ora a disposizione di futuri progetti di ricerca sulla formazione professionale rivolta ai gruppi svantaggiati sul mercato del lavoro. Individuazione e classificazione dei gruppi svantaggiati I gruppi svantaggiati oggetto della ricerca sono stati individuati tenendo conto di quanto già fatto nel settore delle ricerche sociali e nell’ambito di azioni politiche comuni a livello europeo. Il Glossario sulla protezione e integrazione sociale della DG Occupazione, affari sociali e inclusione della Commissione europea indica come gruppi svantaggiati: minoranze etniche, immigrati, disabili, senza tetto, soggetti con problemi di abuso di sostanze, anziani e bambini isolati. Tutte queste persone spesso devono far fronte a ostacoli che possono determinare un ina52 sprimento della loro condizione di emarginazione sociale, come ad esempio bassi livelli di istruzione, disoccupazione o sottoinquadramento professionale. Anche se il disagio non si presta a definizioni scevre da ambiguità, ai fini della ricerca viene considerato come una condizione di vulnerabilità di tipo occupazionale. Questo approccio alle fasce deboli comprende il rischio di emarginazione dal mercato del lavoro e di esclusione sociale (Eurofound, 2002). La ricerca ha selezionato cinque gruppi di persone svantaggiate nel mercato del lavoro: disabili, immigrati e minoranze, giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, soggetti scarsamente qualificati e lavoratori anziani. Il prossimo paragrafo descrive le caratteristiche di ciascun gruppo selezionato. I gruppi di ricerca nazionali hanno definito di comune accordo le caratteristiche specifiche delle persone appartenenti ai gruppi esaminati, prendendo una serie di decisioni al fine di evitare sovrapposizioni dovute a caratteristiche condivise tra più gruppi. Nell’appendice di questo capitolo sono riportate tutte le specifiche in termini di età, condizioni personali e grado di istruzione utilizzate per selezionare le persone identificate come disabili, immigrati e appartenenti a minoranze etniche, lavoratori anziani, soggetti scarsamente qualificati e giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. La ricerca ha ritenuto opportuno dividere i gruppi esaminati in due ampi aggregati al fine di elaborare i dati raccolti, fornire una descrizione migliore e più precisa e valutare le informazioni. I gruppi svantaggiati esaminati sono stati suddivisi in due categorie sulla base della loro condizione ascrittiva o acquisita. La prima categoria comprende tutte quelle situazioni e condizioni non modificabili in quanto definite da elementi immodificabili come sesso, età, razza, origine etnica e lingua madre. La seconda categoria comprende tutte quelle situazioni maturate nel corso della vita che condizionano la posizione occupazionale della persona. Esse comprendono il titolo di studio, le qualifiche e le capacità spendibili nel mercato del lavoro. Sostanzialmente si tratta di due categorie non separabili e con evidenti interconnessioni. In realtà le situazioni di tipo ascrittivo possono ostacolare le condizioni di tipo acquisito, nel senso che la persona potrebbe non aver accesso agli strumenti necessari per realizzare il pieno potenziale a causa dello stato ascrittivo. I ricercatori hanno accettato le dichiarazioni degli intervistati per registrare le caratteristiche ascrittive di età, disabilità, immigrazione e appartenenza a una minoranza. I livelli di istruzione utili per l’identificazione del tipo di 53 54 svantaggio tra i soggetti scarsamente qualificati e i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi fanno riferimento alla classificazione ISCED. Per concludere, ai fini dell’analisi lo stato ascrittivo è riferito ai disabili, immigrati e minoranze e lavoratori anziani, mentre lo stato acquisito è riferito ai lavoratori scarsamente qualificati e ai giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Analisi della formazione professionale per i gruppi svantaggiati Per illustrare e valutare l’efficacia della formazione professionale per i gruppi svantaggiati, la ricerca ha adottato un approccio integrato. Il lavoro può essere diviso in due parti principali: la prima dedicata a una descrizione dei programmi formativi per i gruppi svantaggiati, e all’individuazione di caratteristiche utili per ottenere una classificazione omogenea dei programmi formativi, individuando una serie di indicatori di qualità. La seconda parte del lavoro è dedicata alla discussione dei risultati originali elaborati in maniera descrittiva (tabelle e grafici) e con l’aiuto di regressioni logistiche binarie. È stata effettuata un’analisi multivariata dei dati raccolti tramite due indagini sui gruppi svantaggiati destinatari di attività formative, nonché sulle imprese coinvolte nell’implementazione di corsi di formazione e nell’assunzione di lavoratori con competenze sviluppate anche grazie alla partecipazione ad attività formative. Analisi quantitativa tramite indicatori La ricerca effettuata, sulla base della letteratura esistente, ha costruito un set di indicatori per misurare la qualità della formazione per le persone svantaggiate. Gli indicatori di qualità della formazione e istruzione professionale servono per facilitare la valutazione dei sistemi ad ogni livello: locale, regionale, nazionale ed internazionale. Gli indicatori sono utili per individuare temi da esaminare, consentendo ai ricercatori e ai policy-makers di approfondire le questioni più problematiche. La Tabella 2 riporta una sintesi degli indicatori di misurazione relativi alla formazione professionale per gruppi svantaggiati. 55 Modelli di regressione Il modello presuppone la seguente catena di effetti: le politiche costituiscono un quadro di riferimento per la progettazione di programmi a finanziamento pubblico (e i programmi a finanziamento privato sono influenzati dai programmi pubblici). In genere, tali programmi sono formati da una serie di progetti. Si presume che ogni progetto venga realizzato da un organismo responsabile della qualità, della durata e della metodologia del corso, ma anche della qualità degli stage in azienda svolti durante la formazione (in base alla più o meno buona collaborazione tra ente di formazione e impresa partner) e del sostegno all’inserimento al termine del progetto. Come vanno le cose dopo il corso dipende dalle caratteristiche personali non osservabili, dalle caratteristiche personali osservabili (come età, sesso, disabilità, etnia, lingua, esperienze lavorative, grado di istruzione,...), ma anche dalle condizioni del mercato del lavoro e dalle opportunità sociali e assistenziali disponibili a livello locale. Le ricadute della partecipazione delle persone ad attività di formazione professionale sono: 1. aumento delle probabilità di inserimento lavorativo: • alla fine del corso; • entro 8-12 mesi dalla fine del corso; • in un posto di lavoro stabile; • in posto di lavoro positivo per rapporti umani; • in un posto di lavoro coerente con i propri studi (o con aspettative e possibilità); 2. diminuzione delle probabilità di inattività o disoccupazione; 3. aumento delle probabilità di maggiori relazioni sociali; 4. aumento delle probabilità di maggiori contatti sociali utili per trovare e conservare il posto di lavoro. La decisione delle imprese di investire nella formazione dei dipendenti appartenenti a gruppi svantaggiati e il grado di soddisfazione rispetto a questa esperienza costituiscono le variabili dipendenti che la ricerca ha messo in relazione con caratteristiche autoriferite (dimensione, settore, posizionamento nel mercato, prospettive economiche, propensione all’innovazione, ecc.). La ricerca ha tenuto conto di altri indicatori relativi al contesto istituzionale nazionale e alla situazione economica a livello regionale e nazionale. 56 La definizione del campione La ricerca ha comportato la realizzazione di due indagini per ogni Paese: una sulle imprese e una sulle persone partecipanti a specifici percorsi di formazione professionale. Imprese e beneficiari sono stati ritenuti entrambi utenti finali della formazione professionale. Sono stati organizzati vari momenti di dibattito e confronto finalizzati a superare questioni metodologiche e problemi pratici emersi durante la progettazione e la realizzazione delle indagini, apportando alcuni aggiustamenti alla ricerca e alle attività programmate. I campioni di beneficiari appartenenti ai principali gruppi a rischio di esclusione sociale sono stati estratti dagli elenchi dei partecipanti a specifiche attività formative svolte nei Paesi oggetto della ricerca. Due sono le fasi di lavoro per la definizione strategica dei campioni. Nella prima fase, i ricercatori di ogni Paese coinvolto hanno individuato le attività formative di riferimento in base a una valutazione di tipo qualitativo. Le attività selezionate dovevano soddisfare i seguenti requisiti: (i) essere state realizzate e concluse nei 6-12 mesi precedenti il periodo delle interviste ai beneficiari; (ii) non trattarsi di attività sporadiche o rientranti in iniziative non organizzate. La priorità è stata assegnata alle azioni promosse dagli enti pubblici, anche a livello nazionale o regionale, o ad azioni implementate in uno specifico territorio o gestite da specifiche tipologie di enti di formazione. Nella seconda fase, i ricercatori hanno raccolto i nominativi dei partecipanti alle azioni formative precedentemente selezionate. Da questi elenchi di partecipanti, per ogni nazione è stato estratto a caso un campione, tenendo costante la composizione per sesso ed età. Nel caso di campioni composti da meno di cento unità, i ricercatori procedevano a intervistare tutti i partecipanti. La scelta del campione da intervistare è stata ostacolata da numerose barriere dovute alle stringenti normative nazionali sulla protezione e tutela dei dati personali relativi allo status di disabilità ed etnia. Tutti i team di ricerca hanno affrontato tale questione giuridica trasferendo i dati sensibili dall’ente autorizzato alla loro raccolta alla società incaricata di condurre le interviste tramite la metodologia CATI. La collaborazione con le istituzioni regionali e locali è stata spesso cruciale. Al fine di raccogliere elenchi con un numero sufficiente di candidati da intervistare (soprattutto relativamente ai disabili e ai giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi), sono state considerate più edizioni dello stesso corso di formazione, in maniera tale da comprendere programmi completati al massimo nei tre anni precedenti le interviste. Questa situa57 zione, se da un lato ha consentito la definizione di un campione sufficientemente numeroso, dall’altro ha determinato condizioni non uniformi per gli intervistati soprattutto in riferimento alla situazione economica presente all’inizio e alla fine del corso di formazione. Nell’analisi dei risultati si è cercato di tener conto di questo aspetto. Durante la creazione degli elenchi di persone da intervistare, sono emersi ulteriori problemi connessi con la loro disponibilità telefonica. Numerosi beneficiari inseriti negli elenchi si sono dimostrati impossibili da raggiungere telefonicamente, nonostante possedessero un numero di telefono o un cellulare. Le difficoltà nei contatti telefonici si sono registrate frequentemente tra gli immigrati e i Rom residenti nell’Europa dell’est. Per superare questi problemi, alcune interviste sono state condotte in modalità “faccia a faccia”. Infine, è stata prestata un’attenzione particolare alle abilità comunicative delle persone con disabilità. Nella conduzione delle interviste è stata spesso necessaria la presenza di intermediari, e nei casi di impossibilità a condurre l’intervista telefonica sono stati organizzati degli incontri diretti. L’incremento del costo della fase di indagine ha richiesto una revisione del budget previsto per l’attività di ricerca e una riduzione nel numero di interviste. I campioni di imprese sono stati individuati utilizzando i medesimi criteri per gli otto Paesi al fine di costruire un quadro rappresentativo delle varie situazioni nazionali e regionali, sia rispetto alla distribuzione per numero di addetti, sia rispetto alla distribuzione delle imprese in quattro macrosettori economici: manifatturiero, costruzioni, servizi 1 (commercio, hotel, ristorazione e trasporti) e servizi 2 (servizi postali e comunicazioni, servizi finanziari, assicurazioni, servizi immobiliari, informatica, ricerca e innovazione, istruzione, assistenza sanitaria e sociale). Alcuni partner hanno avuto alcune difficoltà nell’organizzazione delle interviste; infine i gruppi di ricerca di Spagna, Portogallo, Slovacchia e Regno Unito hanno ritenuto di non intervistare imprese con meno di 10 addetti (e nel caso del Portogallo, le imprese con meno di 20 addetti). Ulteriori complicazioni sono derivate dalla difficoltà a collaborare da parte delle agenzie pubbliche per l’impiego e delle società specializzate in possesso degli elenchi di imprese, comprensivi di indirizzi e numeri di telefono. Inoltre, alcune società specializzate hanno dimostrato scarsa capacità e poca dimestichezza nella gestione della metodologia CATI, necessaria per il completamento dell’indagine. Al termine, tutti i Paesi hanno realizzato un numero adeguato di interviste, mentre i soggetti che non hanno risposto sono rimasti mediamente sotto il 5%, consen58 tendo di analizzare i dati più rilevanti. La qualità del database creato è ritenuta di buon livello4. Significatività statistica Le maggiori problematiche riguardano il grado di significatività statistica e il grado di rappresentatività del campione di popolazione svantaggiata individuato. Innanzitutto, la ricerca mirava a intervistare persone che avessero frequentato un’attività formativa; pertanto gli intervistati devono essere considerati rappresentativi dei gruppi ai quali essi appartengono, in quanto hanno già partecipato ad attività di formazione professionale. Secondo la letteratura e le statistiche, il principale problema dei gruppi svantaggiati è costituito dalla difficoltà a essere inseriti nei corsi. Non è possibile respingere l’ipotesi secondo cui gli intervistati abbiano caratteristiche personali diverse dalla media del gruppo di popolazione cui appartengono, e che proprio il possesso di queste caratteristiche abbia consentito loro di prendere parte alla formazione professionale. Certamente la qualità del corso frequentato può aver determinato il coinvolgimento delle persone svantaggiate, ma i due fattori sono tra loro indissolubili, considerata la modalità con cui è stato estratto il campione e realizzate le interviste. In secondo luogo, la grande maggioranza delle persone intervistate è stata raggiunta telefonicamente, escludendo in tal modo i corsisti non in possesso di telefono: è probabile che questo abbia determinato l’esclusione delle fasce più deboli ed emarginate tra i gruppi svantaggiati partecipanti alla formazione. Oltre a queste considerazioni, interviene un altro fattore a rendere difficoltoso l’esame dei risultati della partecipazione ai corsi. Potrebbero essersi verificati cambiamenti nelle condizioni esterne, ad esempio a livello di situazione economica, durante lo svolgimento di più edizioni dello stesso corso, pertanto i soggetti intervistati provenienti da diverse sessioni formative potrebbero avere opinioni e risultati diversi. Pertanto si è reso necessario acquisire i destinatari di più edizioni dello stesso corso, in maniera da ottenere un campione statisticamente significativo. I beneficiari si sono inseriti nel mondo del lavoro al termine del corso non solo in mercati del lavoro diversi ma anche in momenti diversi, rapportandosi quindi con situazioni economiche più o meno favorevoli a seconda del periodo in cui si è svolto il corso. 4 Non sono state prodotte stime per integrare i dati mancanti. 59 Dimensioni e caratteristiche principali del campione selezionato I beneficiari dei programmi di formazione professionale I dati della sono stati raccolti tramite questionari somministrati ai campioni estratti da una selezione di gruppi svantaggiati a rischio di esclusione sociale. Tutti i soggetti inseriti nel campione e intervistati hanno frequentato attività di formazione professionale. La classificazione dei gruppi svantaggiati partecipanti ad attività di formazione professionale si basa sulle risposte fornite dai singoli durante le interviste in merito a età, sesso, stato di salute e grado di istruzione. La classificazione di natura amministrativa è stata fornita dall’ente di formazione e presenta alcune differenze in quasi tutti i Paesi. Nella seguente tabella viene mostrato il caso italiano a titolo esemplificativo. Al fine di costruire una classificazione uniforme dei gruppi negli otto Paesi considerati, i ricercatori hanno creato un nuovo gruppo denominato “altro” ove inserire tutti gli intervistati che non soddisfacevano i criteri di selezione applicati. Questo gruppo verrà utilizzato come punto di partenza per alcune specifiche analisi, pur sapendo che converrebbe escluderlo a causa della sua estrema eterogeneità. Tabella 3. Composizione del campione italiano di destinatari di attività di formazione professionale. Numero di questionari compilati secondo la classificazione amministrativa e la classificazione adottata dalla ricerca per gruppo di svantaggio Disabili Immigrati - Minoranze Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi Classificazione amministrativa Classificazione adottata dalla ricerca 116 111 63 31 113 31 Persone scarsamente qualificate 117 91 Altro 13 161 Lavoratori anziani Totale 60 93 515 90 515 Purtroppo la riclassificazione del tipo di svantaggio secondo le categorie adottate dalla ricerca ha ridotto il numero di questionari compilati dalle persone con disabilità, dai lavoratori scarsamente qualificati e dai lavoratori anziani. I questionari compilati sono quasi 4000 e solo per i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi il numero di questionari compilati scende a 400. Il gruppo denominato “altro” ha prodotto quasi 1000 questionari; escludendo tale gruppo, il numero totale di interviste scende a 3000 (cfr. Tabella 4). Sesso, età, etnia e disabilità Le donne intervistate costituiscono oltre la metà (53,6%) del campione ma solo il 39,8% tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e solo il 50,2% tra i disabili. Le donne sono più rappresentate degli uomini tra i lavoratori scarsamente qualificati e costituiscono il 60% del gruppo denominato “altro”. Emergono alcune differenze nei campioni selezionati dai Paesi coinvolti nello studio. I campioni di Spagna, Portogallo e Italia mostrano una percentuale più bassa di donne rispetto alla media degli Paesi coinvolti nella ricerca. Inoltre, i vari Paesi presentano anche alcune differenze a livello del rapporto uomini/donne per ogni gruppo svantaggiato. In particolare, solo in Italia e in Portogallo gli uomini superano le donne tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, mentre in tutti gli altri Paesi e nella media transnazionale si evidenzia una situazione opposta5. Le differenze nella composizione per sesso del campione intervistato influiscono sull’analisi dei risultati, soprattutto nel confronto tra macroregioni geografiche europee (cfr. Tabella 5). L’analisi per età mostra una percentuale quasi identica di lavoratori adulti (tra i 35 e i 50 anni) e di lavoratori anziani (oltre i 50 anni), attestandosi per entrambi i gruppi attorno al 30%. I giovanissimi con meno di 19 anni sono inferiori al 6,5% ma rappresentano il 31,7% dei giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. La percentuale di giovanissimi in ogni campione di intervistati è diversa per ogni Paese coinvolto nella ricerca e andrà tenuta in considerazione nella dis5 Le tabelle con le percentuali per sesso nei Paesi interessati dalla ricerca non sono riportate. 61 62 cussione dei dati presentata nei prossimi paragrafi. In particolare Portogallo, Regno Unito e Polonia hanno intervistato rispettivamente il 16%, 14% e 10% delle persone con meno di 19 anni. Al contrario, in Svezia e Italia è presente meno dell’1% di giovani in questa classe di età. Infine, oltre il 50% (52%) dei beneficiari di attività formative intervistati in Slovacchia ha oltre 50 anni. Nel Regno Unito e in Svezia la percentuale di intervistati oltre i 50 anni è superiore alla media del campione totale: rispettivamente il 36% e 34%. Di questo si terrà conto nell’analisi dei dati relativa a questi Paesi. La Tabella 6 mostra la distribuzione del tipo di disabilità tra i gruppi di disabili in ogni Paese coinvolto dalla ricerca. Il 42,5% dei disabili intervistati presenta una disabilità motoria, mentre il 22,7% una disabilità sensoriale. Oltre un terzo dei disabili presenta altre disabilità o rifiuta di dichiarare la propria disabilità. La situazione è alquanto diversa tra i singoli campioni intervistati in ogni Paese. In Polonia e Svezia, ad esempio, quasi il 90% degli intervistati ha ammesso la propria disabilità, senza però specificare se affetti da disabilità motoria o sensoriale. Oltre la metà dei disabili italiani ha fornito le stesse informazioni agli intervistatori. Il gruppo delle persone disabili comprende persone di tutte le classi di età. Gli adulti rappresentano oltre il 34% degli intervistati in quanto il gruppo dei disabili solitamente comprende anche persone con gravi limitazioni dell’autonomia personale dovute all’età avanzata, e vittime di incidenti e infortuni gravi6. Livello di istruzione e indicatori sullo status sociale ed economico Il 41,5% dei beneficiari (cfr. Tabella 7) ha solo un livello di istruzione primaria o secondaria inferiore, rispetto al 30% della media europea (UE27 nel 2011). Il sottogruppo di lavoratori anziani intervistati mostra una percentuale più bassa (18%) di persone poco istruite. Al contrario, il gruppo dei disabili ha la percentuale più alta di persone poco istruite (42,7%), seguito dagli immigrati e dalle minoranze (41,6%) e dai lavoratori scarsamente qualificati. Per definizione, i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi hanno un titolo di scuola secondaria inferiore o anche più basso. 6 La tabella dei disabili suddivisi per Paese e per età non è esposta nel presente rapporto. 63 64 La composizione del campione di corsisti conferma i dati forniti da altre importanti ricerche sulla formazione professionale. In effetti oltre la metà dei partecipanti ha un titolo di studio di livello medio o una qualifica di tipo accademico. La percentuale di partecipanti con un livello di istruzione iniziale aumenta tra i disabili e gli immigrati, poiché queste fasce di popolazione partecipano in misura minore al sistema di istruzione obbligatoria durante l’infanzia e l’adolescenza. È però interessante notare come la maggioranza dei disabili e degli immigrati intervistati abbia un livello di istruzione secondaria o più alto. La ricerca individua tre indicatori per descrivere la situazione socio-economica dei beneficiari delle iniziative formative (cfr. Tabella 8). Due terzi dei beneficiari possiedono una casa di proprietà, con il gruppo “altro”, i disabili e il lavoratori scarsamente qualificati che mostrano la percentuale più alta. Al contrario, una percentuale inferiore si registra tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, mentre immigrati e minoranze rappresentano la percentuale più bassa tra i proprietari di case. Nel campione dei beneficiari, il possesso di un computer e l’accesso a internet riguardano una percentuale più alta rispetto allo stesso indicatore Eurostat relativo alla situazione europea. Nel 2010, le persone che possiedono un computer rappresentavano il 71% a livello europeo e l’81,9% tra le categorie svantaggiate oggetto dell’indagine. Analogamente le persone con accesso a internet erano il 69% in Europa e l’83% tra gli intervistati nell’ambito dell’indagine. La percentuale più bassa di persone che possiedono un computer si riscontra tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Lo stesso gruppo mostra però una percentuale maggiore in termini di accesso a internet. La percentuale di disabili, immigrati e minoranze è inferiore alla media sia per possesso di computer sia per accesso a internet. La percentuale più alta di intervistati con accesso a internet si riscontra tra i lavoratori anziani e il gruppo “altro”. Rispetto ai lavoratori anziani, questo risultato non è confermato dai dati disponibili, e questo potrebbe essere un segnale a conferma del fatto che gli intervistati provengono da una selezione non casuale di persone partecipanti ad iniziative formative, e soprattutto da una selezione non casuale di lavoratori anziani. Mediamente il campione utilizzato dai ricercatori non mostra gravi problemi economici e sociali, a prescindere dalle caratteristiche non omogenee dei vari gruppi. Apparentemente disabili, immigrati e minoranze soffrono maggiori difficoltà di altri. 65 66 Il campione delle imprese: dimensione e settore di attività La Tabella 9 mostra la distribuzione percentuale per numero di addetti e Paese7 delle imprese intervistate. Le micro e piccole imprese (da 1 a 49 addetti) rappresentano il 51,0%, le imprese di medie dimensioni (da 50 a 250 addetti) il 30,3% e quelle con oltre 250 addetti il 18,6%. La distribuzione percentuale per dimensione dell’impresa nell’UE27 nel 2005 mostra una percentuale di piccole imprese superiore al campione della ricerca (84,2% contro il 47,5%). Nell’UE27, la percentuale di imprese di medie dimensioni era il 13,3% rispetto al 32,5% delle imprese della stessa classe di dimensione, interessate dallo studio. Le imprese con oltre 250 addetti erano solo il 2,6% delle imprese dell’UE27, contro il 19,9% nell’indagine condotta. Il campione ha reso possibile un numero elevato di interviste per ciascun gruppo di imprese; è dunque fattibile un’analisi tramite il confronto tra piccole, medie e grandi imprese, nonostante le differenze nella distribuzione delle imprese per dimensione nel campione di formazione continua e nell’UE27. Tabella 10. Confronto sulla composizione per classe di dimensione tra campione utilizzato dalla ricerca e dati UE27 2005 (Eurostat) N° imprese del campione utilizzato dalla ricerca % imprese del campione utilizzato dalla ricerca 100,0% % UE27 (2005) 100,0% 7 10-49 50-249 Oltre 250 Totale 975 667 409 2051 47,5% 32,5% 19,9% 84,2% 13,3% 2,6% Italia, Spagna e Portogallo hanno estratto un campione di 400 imprese, mentre gli altri Paesi coinvolti nella ricerca hanno estratto un campione di 200 imprese. Al fine di evitare la scarsa rappresentatività delle grandi imprese, il campione è stato costruito pesando il numero di imprese con il numero medio di addetti per la corrispondente classe. Tutti i dati riportati nel rapporto non sono stati ponderati. Sarà fornita una versione definitiva delle tabelle. 67 La distribuzione delle imprese esaminate nell’indagine mostra un’elevata rappresentatività delle imprese manifatturiere rispetto alla media dell’UE27 nel 2007. Nondimeno sono riscontrabili alcune differenze nella distribuzione per settore delle imprese del campione della ricerca nel Regno Unito, in Svezia e Spagna, mentre le imprese intervistate nel settore dei servizi rappresentano rispettivamente oltre il 65% (Spagna) e 77% (Regno Unito e Svezia). Tabella 11. Numero di imprese del campione utilizzato dalla ricerca per Paese e principale settore di attività Italia Manifaturiero Costruzioni Servizi Assente Totale 34 13 156 - 203 53 264 - 407 18,3% 37 96 - 200 9,0% - 400 18,0% 234 Regno Unito Svezia 21 23 72 18 Spagna 90 Romania 67 Slovacchia Portogallo 76 Polonia Totale % 32 168 762 34,3% 38 58 272 12,2% 138 154 110 - - - 97 1 1189 1 174 53,5% 0,0% % 404 18,2% 198 8,9% 200 212 2224 100,0% 9,1% 9,0% 9,5% 100,0% Tabella 12: Confronto nella composizione per settore principale di attività tra campione utilizzato dalla ricerca e statistica UE27 2007 (Eurostat) N° imprese del campione utilizzato dalla ricerca % imprese del campione utilizzato dalla ricerca 100,0% % imprese UE27 2007 100,0% 68 Manifatturiero Costruzioni Servizi Totale 762 272 1189 2223 34,3% 12,2% 53,5% 11,3% 14,8% 73,9% Punti di forza e di debolezza della metodologia adottata La metodologia utilizzata ha dimostrato sia aspetti positivi sia punti problematici. In particolare, la ricerca qualitativa ha consentito al gruppo di lavoro di esaminare gli argomenti della ricerca sulla base di dati concreti e condivisi, sia per quanto concerne le esperienze formative svolte dai gruppi svantaggiati, sia in riferimento alla percezione e ai pareri espressi da altri ricercatori, stakeholder e policy-makers in ogni Paese. Il gruppo di lavoro ha poi raccolto le diverse posizioni dei testimoni che suggerivano una molteplicità di punti di vista sulla situazione specifica di ogni Paese. La metodologia prevedeva che ogni fase della ricerca, compresa quella qualitativa, si dovesse svolgere sulla base di un quadro di riferimento condiviso: nella fattispecie un glossario, linee-guida, tracce per le interviste semistrutturate, questionari, tabelle, procedimenti e modelli per l’elaborazione dei dati. Questo insieme di strumenti potrà essere utilizzato da altri ricercatori. Lo scambio degli strumenti richiede tempo e fortunatamente la disponibilità di mezzi di comunicazione a distanza ha consentito numerosi scambi, richiedendo solo due incontri annuali. La rilevazione delle informazioni è avvenuta in maniera abbastanza omogenea in tutti i Paesi, malgrado le differenze a livello linguistico, nell’utilizzo delle risorse, nelle pratiche operative e nelle convinzioni, condizionando contenuti e risultati. Senza la raccolta di buone prassi e le interviste ai testimoni, utili per rendere più concreto il quadro descrittivo emerso dalle statistiche ufficiali, i ricercatori non sarebbero riusciti a produrre un’indagine così complessa e originale. Infatti, tramite la ricerca qualitativa il gruppo di lavoro ha potuto contattare direttamente le persone coinvolte nella progettazione, attuazione, finanziamento e controllo qualità delle attività formative rivolte alle persone svantaggiate. Queste molteplici relazioni hanno permesso di instaurare rapporti di fiducia utili sia per elaborare i questionari e prendere contatto con i corsisti da intervistare, sia per avere delucidazioni e chiarimenti in merito alle situazioni incontrate. La sfida maggiore è stata rappresentata dalla raccolta dati quantitativa tramite la metodologia CATI. Il questionario ha consentito di svolgere un’analisi approfondita e molto significativa della formazione professionale per i gruppi svantaggiati nei Paesi esaminati. Tuttavia l’esperienza ha evidenziato che sarebbe stato utile inserire nel questionario per entrambi i corsisti e le imprese alcune doman69 de aggiuntive, purtroppo omesse per tenere conto delle risorse disponibili e della durata massima consigliata di un’intervista telefonica. La metodologia CATI si è dimostrata estremamente efficace ed efficiente per lo svolgimento delle interviste alle imprese. Al contrario, quando utilizzata per le interviste ai beneficiari soprattutto se svantaggiati, occorrerebbero maggiori risorse e un tempo idoneo per integrare il campione con interviste faccia a faccia. Infatti, il campione degli intervistati estratto tra le persone raggiungibili telefonicamente non comprendeva parte della popolazione più svantaggiata, enfatizzando la problematica della distorsione da selezione. Ad esempio, i soggetti senza connessione telefonica, fissa o mobile, e quelli con numero di telefono sconosciuto costituiscono una fetta importante della popolazione svantaggiata non raggiunta dalle interviste telefoniche tramite CATI. Sia per le interviste CATI alle imprese sia per le interviste ai partecipanti di iniziative formative, è cruciale riuscire a selezionare una società specializzata con un’esperienza idonea nell’uso di questa metodologia. L’esperienza mostra che questa selezione richiede molta attenzione in quanto da essa dipende molto la qualità dei dati raccolti. Anche se la tecnologia e il software utilizzati per le rilevazioni CATI sono sempre più diffusi, potrebbe non esserci la competenza idonea per prendere contatto con aziende su tematiche che richiedono almeno due telefonate, o con persone con difficoltà linguistiche. La ricerca avrebbe poi tratto grande beneficio dalla possibilità di estendere le interviste anche a soggetti svantaggiati appartenenti a gruppi che non hanno partecipato ad attività formative. In questo modo sarebbe stato possibile misurare le ricadute della formazione, a parità di condizioni personali, tramite un confronto tra effetti positivi o negativi prodotti da altri fattori economici, sociali e istituzionali indipendenti e diversi dallo svolgimento di attività formative. Inoltre sarebbe stato possibile illustrare più approfonditamente le caratteristiche delle persone svantaggiate coinvolte in attività formative, rispetto alle caratteristiche di soggetti non partecipanti ad iniziative di formazione e istruzione. Questo aspetto della ricerca è necessario per compiere un passo avanti nella comprensione dei meccanismi di esclusione eventualmente presenti nel sistema di formazione professionale, nonché per favorire l’individuazione di politiche per la riduzione della selezione negativa di questa fascia della popolazione. Detto questo, si può concludere che: (i) una metodologia che integri analisi qualitativa e analisi quantitativa è molto utile nel caso di fenomeni complessi e sfaccettati; (ii) la tecnologia e il software per la realizzazione delle inter70 viste CATI con persone in situazioni di disagio sociale e con problemi di distorsione da selezione devono poter essere integrati da interviste faccia a faccia. Inoltre, questa metodologia dovrebbe essere utilizzata da personale altamente specializzato con esperienza nella conduzione di interviste telefoniche della durata superiore a 10 minuti; (iii) le interviste ai gruppi svantaggiati non coinvolti in attività formative vanno integrate alle interviste ai corsisti al fine di calibrare attentamente l’erogazione di appropriate risorse finanziarie. Appendice 1 al capitolo 3. Identificazione dei gruppi svantaggiati Le categorie di persone svantaggiate sono state regolarmente definite tra i vari Paesi coinvolti nella ricerca. I disabili sono stati individuati inizialmente sulla base di informazioni provenienti da archivi di proprietà di istituti o agenzie di formazione professionale. Durante le interviste, però, è stato chiesto ai partecipanti di dichiarare la propria condizione di disabilità. In Italia è emerso un sorprendente disequilibrio tra le due situazioni, quella amministrativa e quella dichiarata dai singoli, in quanto buona parte dei corsisti si è rifiutata di ammettere la propria condizione di disabilità. Ulteriori evidenze raccolte durante le interviste (es. un numero impressionante di disabili in possesso di laurea) hanno portato a ritenere che la classificazione amministrativa sia totalmente errata, evidenziando un conflitto tra requisiti burocratici e condizioni fisiche effettive. In definitiva, in tutti i Paesi coinvolti nella ricerca l’elaborazione dei dati è stata effettuata tenendo conto delle autodichiarazioni di disabilità, bypassando la definizione amministrativa sui partecipanti alle attività formative. In merito al gruppo degli immigrati, esso comprende tutte le persone nate nel Paese in cui è stata svolta la formazione, che si sono autodichiarate immigrate o nate in un altro Paese a prescindere dal possesso di cittadinanza. La ricerca identifica come “minoranze” quelle persone che si riconoscono appartenenti ad un altro Stato o minoranza etnica. Coloro i quali hanno dichiarato la propria condizione di disabilità sono stati esclusi dalla categoria degli immigrati e delle minoranze, e sono stati inseriti esclusivamente nella categoria dei disabili. In Romania, Regno Unito e Slovacchia le persone intervistate appartengono al gruppo “minoranze”, mentre in Italia, Regno Unito, Polonia, Svezia e Spagna i soggetti intervistati appartengono alla categoria “immigrati”. Con il termine “giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi” si intendono tutte quelle persone non disabili con un’età non superiore a 24 anni al momento della partecipazione alla formazione e con un titolo di studio non supe71 riore alla scuola secondaria di primo grado (ISCED 2)8. I giovani che hanno dichiarato di essere immigrati sono stati inseriti tra i giovani che hanno abbandonato gli studi anziché tra gli immigrati, a causa del numero esiguo di giovani da intervistare appartenenti al primo gruppo. Con “lavoratori scarsamente qualificati”9 si intendono tutte quelle persone non disabili e con un’età compresa tra i 25 e i 50 anni al momento della partecipazione alle iniziative di formazione professionale, con un livello di istruzione secondaria inferiore o ancora più basso (ISCED 2). Questa definizione è compatibile con la classificazione fornita dall’OCSE (1998). Tuttavia, soprattutto nei Paesi dell’Europa dell’est, questo gruppo comprende persone con un grado di istruzione pari al livello ISCED 3c, corrispondente alla frequenza di brevi percorsi di formazione professionale. Coloro i quali si sono dichiarati immigrati o appartenenti a minoranze etniche sono stati inseriti nel gruppo degli immigrati o delle minoranze etniche. Con “lavoratori anziani o senior”10 si intendono tutte quelle persone di età superiore ai 50 anni al momento della partecipazione ai programmi di formazione professionale e non in condizioni di disabilità. In genere sono le persone nate prima del 1961. Coloro i quali si sono dichiarati immigrati o appartenenti a minoranze etniche sono stati inseriti nel gruppo degli immigrati o delle minoranze etniche. 8 Con l’espressione “dispersione scolastica”, l’Unione europea intende tutti quei giovani tra i 18 e i 24 anni con un livello di istruzione secondaria inferiore o ancora più basso, e non inseriti in un ciclo di istruzione e formazione. Questa definizione è stata adottata dai Ministri europei dell’istruzione (Conclusioni del Consiglio in merito a “Livelli di riferimento del rendimento medio europeo nel settore dell’istruzione e della formazione. Parametri di riferimento”) nel maggio 2003. Sono giovani che hanno completato esclusivamente il ciclo pre-elementare, primario, secondario inferiore o che hanno frequentato la scuola superiore per un periodo non superiore a 2 anni. Livelli 0, 1, 2 o 3c della Classificazione internazionale standard dell’istruzione (ISCED) stabilita dalle Nazioni Unite. 9 Brandsma (2002, p. 91) ha adottato la definizione di lavoratori scarsamente qualificati suggerita da Hannan et al. (1998): “persone che hanno abbandonato il sistema di istruzione iniziale a tempo pieno senza aver raggiunto il primo momento utile (o la possibilità) di conseguire un diploma all’interno del sistema di istruzione secondaria superiore”. Questa definizione è strettamente connessa con i sistemi formativi e occupazionali nazionali. Steedman e McIntosh (2001) mostrano che il livello ISCED 2 costituisce la linea di demarcazione più appropriata per l’individuazione del gruppo dei lavoratori scarsamente qualificati. 10 Il Cedefop (2007, p. 96) ha evidenziato l’obiettivo UE di innalzare al 50% il tasso di occupati per le persone con oltre 55 anni entro il 2010, mentre la ricerca suggerisce che i lavoratori iniziano a subire discriminazioni nel mercato del lavoro fin dall’età di 40-45 anni. 72 Il gruppo denominato “altro” rappresenta un gruppo variegato. Include persone intervistate non rientranti in nessuno degli altri gruppi pur avendo partecipato ad iniziative formative rivolte alle persone svantaggiate sul mercato del lavoro. Nel Regno Unito, ad esempio, la categoria “altro” comprende “giovani in crescita sotto i 25 anni” e “lavoratori altamente qualificati”. I motivi che spiegano questa particolare decisione del gruppo di ricerca inglese sono illustrati in dettaglio nel relativo rapporto nazionale. I beneficiari di attività formative sono stati identificati tenendo conto della reale fattibilità delle interviste. In particolare, i ricercatori hanno valutato la disponibilità di elenchi di corsisti con l’indicazione dell’indirizzo e del numero di telefono. Appendice 2 al capitolo 3. Fasi, strumenti e report Il risultato della prima fase della ricerca è costituito da otto rapporti nazionali sull’analisi del Paese in oggetto, della letteratura e dei dati statistici europei. Questi i principali obiettivi: (i) definire l’area di studio; (ii) costruire un’agenda condivisa, definire lo scenario delle problematiche e un glossario di supporto per gli otto gruppi di lavoro. Successivamente, ciascun gruppo di lavoro nazionale ha condotto un numero minimo di dieci interviste con testimoni di rilievo che potessero offrire un’analisi della formazione professionale rivolta ai gruppi svantaggiati in ogni Paese. Sono stati coinvolti policy-makers, ricercatori, membri di ONG, educatori e progettisti di attività formative, assistenti sociali e imprenditori. Sono stati elaborati dei nuovi rapporti nazionali (rapporti nazionali sulle evidenze) sulla base di una nuova raccolta di testi e informazioni statistiche e soprattutto sulla base dei contributi ricevuti dai testimoni intervistati. Tramite un set condiviso di criteri specifici sono state raccolte e poi valutate le reali prassi sulla formazione professionale rivolta ai principali gruppi di persone svantaggiate. A questo punto l’obiettivo era di descrivere i metodi adottati nei vari Paesi fino a questo momento e ritenuti efficaci per il potenziamento delle competenze delle persone in situazione di disagio nel mercato del lavoro e quindi a rischio di esclusione dalla società. La letteratura in merito all’assenza di questi gruppi dal sistema educativo è molto più ampia rispetto a quella relativa alla descrizione delle opportunità concrete di inclusione nella formazione professionale. La raccolta di esempi di prassi formative rivolte a soggetti appartenenti ai gruppi svantaggiati sul mercato del lavoro ha comportato un lavoro intenso e impegnativo. È stato necessario infatti costruire e concordare un vocabolario e una griglia di osservazione che consentissero ai ricercatori di confrontare le varie prassi alla ricerca di invarianti e caratteristiche comuni o specifiche di programmi atti a soddisfare esigenze non sempre comparabili. Le interviste ai testimoni sono servite a descrivere le caratteristiche dei bisogni formativi dei gruppi svantaggiati, gli aspetti positivi e negativi di prassi non così diffuse ma comunque importanti e significative. 73 Infine, la ricerca ha tentato di realizzare un’analisi approfondita in merito all’efficacia e all’attrattiva delle attività di formazione professionale finalizzate allo sviluppo di competenze e alla promozione dell’occupabilità e dell’inclusione sociale di persone a rischio di esclusione sociale. In ciascun Paese sono state condotte due indagini su due campioni costituiti da imprenditori, da un lato, e beneficiari di attività formative, dall’altro. Il contributo più innovativo della ricerca è rappresentato dall’effettuazione di queste due indagini sui beneficiari della formazione professionale e sulle imprese. Qui di seguito è riportato un elenco degli strumenti che sono stati via via realizzati per la conduzione delle fasi della ricerca. Strumenti di lavoro 1. Nota metodologica per il rapporto sull’analisi di background 2. Linee-guida per la conduzione delle interviste semistrutturate per i rapporti nazionali basati sull’evidenza 3. Nota metodologica per i rapporti nazionali basati sull’evidenza 4. Linee-guida per l’identificazione degli elenchi da cui estrarre i campioni di beneficiari e imprese 5. Questionari dei beneficiari e delle imprese 6. Elenco delle tabelle per l’elaborazione dei dati statistici descritti e delle variabili per i modelli di regressione 7. Quadro di riferimento per il rapporto sull’indagine presso i datori di lavoro e i beneficiari 8. Modello per la definizione delle buone prassi 9. Modello di valutazione delle buone prassi 10. Questionario degli stakeholder sulle raccomandazioni di policy Infine, i rapporti prodotti nell’ambito della ricerca sono elencati qui di seguito. Rapporti 1. Analisi di background nazionale 2. Sintesi dell’analisi di background 3. Rapporti nazionali basati sulle evidenze 4. Rapporti nazionali sull’indagine sui datori di lavoro 5. Rapporti nazionali sull’indagine sui beneficiari 6. Rapporto comparativo sulle indagini nazionali 7. Documento sulle raccomandazioni di policy 8. Rapporto sui risultati emersi dai questionari agli stakeholder 74 CAPITOLO 4. Indagine sui gruppi svantaggiati: principali risultati Questo capitolo affronta il tema della partecipazione dei gruppi svantaggiati alla formazione continua. L’analisi mira ad evidenziare le differenze tra i vari gruppi di persone svantaggiate, presentando le ricadute di tipo occupazionale delle esperienze formative. La composizione generale del campione di beneficiari di corsi di formazione continua intervistati negli otto Paesi coinvolti nella ricerca è già stata descritta nel capitolo 3. Tipo di formazione ricevuta dai beneficiari intervistati Gli otto campioni di beneficiari sono stati selezionati tra i partecipanti di specifiche attività formative ritenute rappresentative della formazione continua. La selezione è stata effettuata seguendo i medesimi criteri in tutti i Paesi interessati dalla ricerca. Gli intervistati hanno frequentato in prevalenza corsi di formazione con caratteristiche assimilabili alla formazione continua. In genere, tranne alcuni rari casi descritti di seguito, la stragrande maggioranza dei programmi formativi aveva come obiettivo la riqualificazione di persone già inserite nel mercato del lavoro, di chi era alla ricerca di un lavoro o di chi intendeva migliorare la propria situazione lavorativa. In Spagna, Slovacchia e Polonia, i corsi di formazione sono individuati e suggeriti dalle agenzie per l’impiego. In Italia i corsi di formazione professionale rientrano nell’ambito delle politiche attive del lavoro, come ad esempio quelli promossi dalla Regione Marche. Una minoranza di intervistati all’interno del gruppo dei giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi in Slovacchia e Romania ha partecipato a corsi svolti nelle scuole appartenenti al sistema di istruzione generale, mirati a prevenire il fenomeno della dispersione scolastica. Infine, potrebbero essere considerate attività di formazione professionale iniziale i corsi di formazione frequentati da una parte degli intervistati, ancora una 75 76 Corsi terminati tra il 31/12/08 e il 01/03/10. Interviste effettuate a settembre 2011. Partecipanti a corsi di formazione professionale finanziati dalla Regione Marche tramite il Fondo sociale europeo. Si tratta principalmente di corsi di formazione continua svolti in parte all’interno delle imprese e rivolti ai dipendenti di singole aziende. Sono esclusi i corsi di tipo scolastico e i corsi in alternanza. Tipo di attività di formazione professionale considerato Svezia >>> Una larga fetta dei partecipanti è costituita da persone con disabilità e immigrati con una conoscenza insufficiente della lingua svedese. I nominativi delle persone con disabilità e i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi sono stati raccolti in tre comuni svedesi selezionati a caso: Umeå, Norrköping e Lund. Le Folk High School (folkhögskolor) sono istituzioni per l’istruzione degli adulti, rivolte a utenti con un’età minima di 18 anni per quanto riguarda i corsi generici. Generalmente le Folk High Schools danno la precedenza a domande di ammissione provenienti da soggetti con un livello di istruzione pregressa limitato. I lavoratori anziani e gli immigrati sono stati individuati consultando un elenco di tutti gli allievi di corsi di formazione (Kvalificerad yrkesutbildning e Yrkeshögskoleutbildning) acquisito presso il Ministero svedese per la formazione professionale (Myndigheten för yrkeshögskolan). Il grado di istruzione più alto dei lavoratori scarsamente qualificati è uguale o inferiore al livello ISCED 1. Regno Unito Attività svolte dal City of Bristol College per gli iscritti all’anno accademico 2011/2012. Corsi di lingua inglese per immigrati. Lavoratori anziani dipendenti del sindacato. Italia Paese Tabella 13. Attività di formazione professionale frequentate dal campione di beneficiari 77 Polonia Portogallo Romania Slovacchia Spagna Paese Corsisti indirizzati dalle Agenzie per l’impiego distrettuali di Rybnik e Gdansk. Organismi di formazione professionale: Escola das Profissões, FITI, Santa Casa de Misericórdia Amadora, AFID, tutti nella regione di Lisbona. Programmi di formazione iniziale e continua. La formazione professionale per le persone disabili (disabili mentali) comprende l’insegnamento di conoscenze di base, nonché competenze relazionali elaborate da un esperto in psicopedagogia per disabili mentali. I programmi contro la dispersione scolastica mirano a prevenire la fuoriuscita precoce tramite speciali corsi di doposcuola. Collaborazione dei seguenti istituti (alcuni pubblici ma la maggior parte provenienti dalla società civile): EcoConsult, Diakonia, CRFPA (Centro regionale per la formazione degli adulti) Cluj. Per i disabili: Gondviselés (Assistenza sociale), Centro diurno per disabili mentali “Saint Mary“, Motivation Foundation, Bioterra. Per quanto riguarda la dispersione scolastica, il programma di formazione era sostenuto dalle scuole al fine di prevenire l’abbandono e la formazione professionale per gli orfani. Gli allievi erano disabili non udenti che ricevevano una formazione specialistica per qualificarsi a lavorare con altri utenti non udenti. Agenzia per l’impiego dei seguenti distretti: Banská Bystrica, Luãenec, Revúca, Rimavská Sobota e Velki Krtis. Corsi di formazione realizzati tra il 2007 e il 2011, solitamente della durata di 1-3 mesi. La Fundación Andaluza Fondo de Formación y Empleo ha fornito alla società di rilevazioni statistiche Proyempleo S.L. i dati provenienti dal Servicio Andaluz de Empleo, ente della Junta de Andalucía, Governo regionale della Regione Andalusia. Il campione è costituito per il 60% da uomini e per il 40% da donne. Tipo di attività di formazione professionale considerato Tabella 13 (segue) 78 6,8% 38,0% 46,6% 7,5% 14,2% 31,6% Altre forme di aiuto Tutor per la formazione Contributi per spese di trasporto 25,7% 25,0% 11,7% 30,4% 4,6% 1,8% 24,0% 14,7% 16,9% 12,0% Assegno familiare durante il corso Contributi per l’alloggio Sovvenzioni per l’acquisto di materiale didattico 54,0% 71,3% 38,4% 45,2% Immigrati/ Minoranze Quote di partecipazione sostenute dalla pubblica amministrazione Sovvenzioni/Sostegno ai partecipanti Modalità mista Formazione in azienda Formazione in aula Tipo di formazione Disabili 8,1% 36,0% 19,7% 21,1% 2,7% 9,4% 24,3% 58,7% 48,7% 40,6% Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi Tabella 14. Tipo di formazione e sovvenzioni/sostegno ai partecipanti 8,4% 41,3% 16,5% 37,3% 4,6% 16,2% 20,8% 71,9% 48,6% 39,0% Persone scarsamente qualificate 3,1% 31,6% 21,4% 32,1% 0,8% 15,6% 15,2% 68,8% 47,8% 44,5% Lavoratori anziani 16,0% 33,5% 18,8% 30,2% 5,2% 12,6% 12,8% 64,0% 42,2% 36,8% Altro 9,0% 32,6% 18,8% 28,2% 3,4% 13,6% 18,0% 64,9% 43,3% 41,9% Totale volta prevalenti tra coloro che hanno abbandonato prematuramente la scuola, giovani e con un basso grado di istruzione iniziale. La Tabella 13 riporta una breve sintesi dei corsi frequentati dal campione intervistato nell’ambito della ricerca. In genere si trattava di programmi specifici, circoscritti nei contenuti e di breve durata, ad esempio un mese o meno di 100 ore. Non tutti i programmi comprendevano attività di orientamento e counselling. Tuttavia la presenza di attività formative svolte sul posto di lavoro costituisce l’aspetto più significativo della formazione professionale per la promozione dell’occupabilità11. Le attività formative oggetto delle interviste ai corsisti sono divisibili in tre gruppi in base alla metodologia utilizzata per lo svolgimento delle lezioni. Il primo gruppo comprende corsi di formazione professionale realizzati con una prevalenza di lezioni frontali, nella maniera più tradizionale. Il secondo gruppo comprende attività di formazione professionale che prevedono quasi esclusivamente formazione in azienda ed esercitazioni pratiche. Infine, un gruppo misto comprende attività formative svolte in parte in aula e in parte in azienda tramite esercitazioni pratiche, mentoring e coaching (cfr. Tabella 14).. Oltre il 40% (41,9%) dei destinatari ha partecipato ad attività formative svolte esclusivamente in aula; solo il 9% ha partecipato ad attività formative pratiche svolte soprattutto in azienda, mentre il 43,3% ha preso parte ad attività formative svolte in modalità mista. Purtroppo queste percentuali non possono essere ritenute rappresentative della formazione continua nei Paesi partner interessati dalla ricerca, in quanto i corsi sono stati selezionati più in base alla qualità che alla loro diffusione. È comunque importante sottolineare una piccola percentuale di attività formative svolte in stretta collaborazione con le imprese e realizzate nell’ambito di un’esperienza di formazione sul lavoro. È risaputo che l’inserimento di adulti fragili all’interno di attività corsuali richiede il passaggio da metodologie di insegnamento e apprendimento tradizionali verso altri meccanismi di apprendimento. Per questo le attività formative svolte esclusivamente in aula devono essere ritenute meno efficaci rispetto all’adozione di altre strategie organizzative. 11 La necessità imposta dalla tecnologia CATI di limitare il numero delle domande dei questionari ha costretto a ridurre le informazioni sulla durata dei corsi frequentati dagli intervistati e le informazioni sulla partecipazione ripetuta ai programmi di formazione. 79 80 90,6% 84,6% 83,6% Altre forme di aiuto Tutor 86,5% 76,0% 88,9% Assistenza infantile 89,7% 84,1% 84,3% Contributi per le spese di trasporto 86,1% 91,4% 83,3% 85,9% 85,6% Immigrati/ Minoranze Sovvenzioni per l’acquisto del materiale didattico Contributi per l’alloggio Sovvenzioni pubbliche per il pagamento delle rette Disabili 83,3% 86,0% 77,8% 100,0% 86,7% 78,4% 88,7% Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi 87,5% 88,3% 79,9% 78,3% 77,1% 81,3% 87,9% Persone scarsamente qualificate 79,1% 85,6% 81,5% 40,0% 67,3% 81,9% 86,4% Lavoratori anziani 76,5% 86,3% 77,7% 68,9% 86,1% 78,2% 90,2% Altro Tabella 15. Importanza molto elevata/elevata attribuita a sovvenzioni e forme di sostegno per la partecipazione alla formazione professionale 82,0% 86,2% 81,3% 74,1% 79,9% 82,3% 88,3% Totale I contributi e i sussidi finanziari per la partecipazione alla formazione sembrano ampiamente disponibili per tutte le persone, benché non generalizzati per tutti o uniformemente distribuiti in tutti i Paesi considerati. Oltre il 64% dei partecipanti non sostiene il costo per l’iscrizione ai corsi in quanto le rette sono sovvenzionate dalla pubblica amministrazione. Questa percentuale è più alta tra i disabili e i lavoratori scarsamente qualificati. Gli immigrati, le minoranze e i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi hanno relativamente meno probabilità di una riduzione o un esonero dal pagamento delle quote di iscrizione. I contributi per le spese di trasporto e alloggio sono molto importanti per la riduzione delle barriere per le persone provenienti da aree periferiche o scarsamente servite dai servizi pubblici. Questi contributi, tuttavia, riguardano solo una piccola parte dei partecipanti, rispettivamente il 28,2% e il 18,0% dei corsisti. Gli immigrati/minoranze e i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi ricevono la percentuale più alta di aiuti finanziari per le spese di trasporto. Solo il 32,6% del campione è stato affiancato da un insegnante di sostegno; la percentuale più bassa dei corsisti che hanno usufruito di questa opportunità si registra tra i disabili, mentre la percentuale più alta si registra tra i giovani che hanno abbandonato gli studi. Circa il 14% dei partecipanti ha ricevuto sovvenzioni per l’acquisto dei libri. Immigrati e minoranze, lavoratori scarsamente qualificati e lavoratori anziani hanno avuto tendenzialmente meno probabilità di ricevere questa forma di sovvenzione rispetto ad altre categorie di soggetti svantaggiati. In particolare, è difficile spiegare il motivo per cui il contributo per l’acquisto dei libri sia stato assegnato a una percentuale così bassa di giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Gli assegni familiari e altre forme di sostegno familiare hanno riguardato solo il 3,4% dei corsisti e sono più frequenti nei sottogruppi con una presenza più alta di donne: lavoratori scarsamente qualificati e “altro”. L’indagine ha anche cercato di cogliere il grado di importanza attribuito dai beneficiari ai contributi ricevuti per la partecipazione ai corsi. Queste risposte rappresentano utili indicatori sul significato di sovvenzioni, contributi e sussidi per favorire la partecipazione alla formazione professionale cfr. Tabella 15). In genere gli aiuti ricevuti (e soprattutto la possibilità di esonero dal pagamento delle rette) sono molto apprezzati dai partecipanti appartenenti a tutti i gruppi considerati. 81 82 90,5% 71,3% Tutti i Paesi 74,0% 56,9% Svezia Regno Unito 98,5% 77,6% Slovacchia Romania 12,2% Polonia Spagna 75,0% 64,5% Portogallo Italia Disabili 54,0% 65,1% 43,2% 100,0% 80,0% 51,6% 6,6% 80,2% 61,9% Immigrati/ Minoranze 58,7% 81,8% 48,8% 80,0% 93,0% 68,0% 5,6% 63,8% 70,0% Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi 71,9% 73,0% 97,2% 88,7% 66,7% 11,1% 79,5% 62,2% Persone scarsamente qualificate 68,8% 59,8% 97,5% 91,8% 58,0% 2,4% 40,3% 61,4% Lavoratori anziani 64,0% 44,2% 41,7% 98,3% 93,0% 49,2% 7,0% 90,0% 67,9% Altro 64,9% 46,6% 67,6% 97,8% 91,2% 59,7% 7,9% 73,2% 64,4% Totale Tabella 16. Percentuale di corsisti destinatari di contributi della pubblica amministrazione per il pagamento del corso, suddivisi per tipo di svantaggio e Paese La percentuale di pareri favorevoli diminuisce per quanto riguarda i contributi per l’acquisto del materiale didattico, soprattutto tra i lavoratori scarsamente qualificati e i lavoratori anziani, principali beneficiari in termini percentuali di questo tipo di sostegno. Questi aiuti sono maggiormente apprezzati dagli immigrati e dalle minoranze, i soggetti con maggiori probabilità di esserne destinatari. L’assistenza all’infanzia registra la percentuale più bassa tra i lavoratori anziani e nel gruppo “altro”, malgrado la grande presenza di donne in questi due gruppi e l’alta percentuale di persone destinatarie di questi aiuti. I soggetti che in percentuale sembrano gradire di più gli assegni di famiglia si riscontrano tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e i disabili, i gruppi meno interessati da questa forma di sostegno. Stando alle valutazioni, i beneficiari hanno dichiarato l’utilità delle forme di sostegno e aiuto ricevute, malgrado alcuni segnali evidenzino l’esigenza di un miglior incrocio tra destinatari e distribuzione degli aiuti. Infatti, alcuni contributi sono stati assegnati a soggetti meno bisognosi di altre categorie svantaggiate che non hanno avuto accesso a tali sovvenzioni. Due esempi a riprova di questo punto: le sovvenzioni per il materiale didattico sembrano meno utili per i lavoratori scarsamente qualificati e i lavoratori anziani rispetto a immigrati e minoranze. Gli assegni di famiglia e l’assistenza familiare, normalmente assegnati alle donne, tendenzialmente riguardano meno i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi nonostante siano i gruppi maggiormente bisognosi. Infine sussistono forti differenze tra un Paese e l’altro. Secondo la Tabella 16 a fianco, la percentuale di persone esonerate dal pagamento della quota di iscrizione ai corsi di formazione in Italia, Spagna, Romania e Regno Unito è inferiore alla media dei Paesi interessati dalla ricerca. Al contrario, Polonia e Slovacchia mostrano una percentuale più alta di persone nella stessa condizione. Italia, Polonia e Svezia presentano una percentuale molto alta di giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi assistiti dalla pubblica amministrazione, mentre Spagna e Regno Unito hanno la percentuale più bassa. Nel Regno Unito, i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e i disabili hanno più probabilità di essere esonerati dal pagamento delle quote di iscrizione rispetto ad altri gruppi svantaggiati. Ovviamente le politiche nazionali incidono sulla possibilità per i gruppi svantaggiati di ricevere contributi per la partecipazione alle attività formative. Nei Paesi considerati la quota di iscrizione è spesso coperta dalla pub83 84 36,0% 12,0% 5,4% 24,3% 5,4% 24,3% 6,9% 31,0% Ritirati per scarso interesse (% abbandoni) 13,8% 20,7% Ritirati per motivi di salute (% abbandoni) Ritirati per aver trovato lavoro (% abbandoni) 4,0% 8,0% 85,7% 86,9% 88,9% Ritirati per mancanza di aiuti (% abbandoni) Poche/Zero assenze Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi Disabili Frequenza Immigrati/ Minoranze 29,4% 0,0% 5,9% 11,8% 92,8% Persone scarsamente qualificate Tabella 17. Frequenza e decisione di interrompere la partecipazione al corso 30,8% 15,4% 15,4% 0,0% 96,1% Lavoratori anziani 34,8% 4,3% 4,3% 8,7% 92,4% Altro 22,9% 8,3% 21,5% 6,9% 91,2% Totale blica amministrazione tramite voucher individuali e finanziamenti diretti assegnati agli organismi di formazione o ai datori di lavoro che propongono corsi per i propri dipendenti. I dati dell’indagine non consentono di distinguere tra i due tipi di contribuito di cui hanno usufruito i beneficiari intervistati. Tranne l’esonero dal pagamento delle quote di partecipazione ai corsi, riguardanti dai 2/3 ai 3/4 dei beneficiari appartenenti a gruppi svantaggiati, il sostegno finanziario per la formazione professionale non è molto diffuso, interessando i vari gruppi in maniera non uniforme. Le differenze tra un Paese e l’altro sono profonde e vanno a incidere sulle disparità di trattamento riservate ai vari gruppi. Una maggior attenzione andrebbe riservata al servizio di assistenza infantile, perché a quanto pare non soddisfa le esigenze dei giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e delle giovani donne. Comportamento e autovalutazione Oltre il 90% degli intervistati ha partecipato con regolarità alle attività formative. Tuttavia l’effetto della distorsione da selezione potrebbe aver condizionato i dati, indebolendo il significato di questo risultato. Il campione di persone intervistate è stato estratto dagli elenchi dei corsisti a disposizione degli enti di formazione; è quindi difficile negare che comportamenti opportunistici possano aver influenzato i risultati effettivi, ad esempio l’archiviazione dei nominativi esclusivamente di quegli studenti che abbiano completato il corso o che abbiano frequentato un numero minimo di ore. Pertanto l’indagine non può misurare la regolarità della frequenza in maniera esatta (Tabella 17). I dati sulla regolarità della frequenza e i motivi del ritiro dal corso potrebbero essere indicativi del contenuto e dell’attinenza delle attività di formazione professionale. Tuttavia la raccolta dati non solo evidenza i limiti dell’indagine, ma mostra anche alcuni segnali relativi alla scarsa qualità della formazione professionale, soprattutto in riferimento alle esigenze dei gruppi svantaggiati più vulnerabili e impegnativi. La percentuale più bassa di persone che frequentano regolarmente si riscontra tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, le persone disabili e gli immigrati e le minoranze. Questo potrebbe dipendere dallo scarso interesse di questi gruppi nei confronti delle materie, degli obiettivi e delle metodologie formative, derivante dalle caratteristiche del corso fre85 86 Altro per ricevere un’indennità per interesse personale su suggerimento altrui Decisione di partecipare 0,6% 2,1% 11,8% 58,5% 49,7% 13,5% 29,1% Immigrati/ Minoranze 34,7% Disabili 0,6% 12,6% 55,3% 31,5% Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi 1,0% 14,5% 52,8% 31,7% Persone scarsamente qualificate Tabella 18. Decisione di partecipare ad attività di formazione professionale 1,9% 9,8% 62,9% 25,4% Lavoratori anziani 3,1% 15,9% 44,4% 36,6% Altro 1,8% 13,2% 53,1% 31,9% Totale quentato. Dall’altro lato, i lavoratori anziani sembrano più costanti e interessati alle attività formative. Sono l’8,3% ha smesso di frequentare la formazione quando è venuto meno l’interesse nel corso; questa percentuale è più alta tra i disabili, i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e i lavoratori anziani. Il 22,9% dei ritirati dal corso ha trovato un nuovo lavoro. Il 21,5% ha deciso di interrompere il corso per problemi di salute, soprattutto in riferimento ai disabili e ai giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Stando ai dati raccolti, i lavoratori scarsamente qualificati e i lavoratori anziani hanno interrotto il corso perché hanno trovato un nuovo lavoro. Ancora una volta, questo risultato mostra la grande disponibilità dei soggetti a continuare la formazione, tranne nel caso di un cambiamento drastico a livello di situazione personale o economica. Infine, la percentuale di ritirati a causa della mancanza di sovvenzioni si limita al 6,9%, con un aumento tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi (8%) e i lavoratori scarsamente qualificati (11,8%). Tuttavia la maggioranza di coloro che hanno dichiarato delle difficoltà a frequentare i corsi non sembra soffrire della mancanza di sostegno da parte dei servizi pubblici. Anche in questo caso, gli effetti della distorsione da selezione potrebbero condizionare la significatività del risultato. Riepilogando, in base all’indagine svolta la qualità della formazione professionale dovrebbe essere migliorata soprattutto per soddisfare i bisogni dei disabili, dei giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, e degli immigrati e minoranze. Non vi sono prove sufficienti per affermare che la carenza di contributi finanziari da parte della pubblica amministrazione abbia inciso sulla frequenza o sulla tendenza a ritirarsi a corso già iniziato Tabella 18). Oltre il 53% dei beneficiari ha deciso di partecipare alle attività formative per interesse personale. La percentuale è superiore alla media tra gli immigrati, le minoranze e i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, raggiungendo il valore massimo del 62,9% tra i lavoratori anziani. Questo dato è un chiaro indicatore dell’interesse nei confronti della formazione da parte degli intervistati. Vale la pena ricordare, però, che queste persone potrebbero avere caratteristiche personali diverse rispetto alla popolazione totale in situazione di svantaggio. Il 31,9% dei partecipanti ha deciso di frequentare un corso su suggerimento di conoscenti, agenzie pubbliche per l’impiego, altre agenzie per l’impiego, istituti e organizzazioni di tipo assistenziale. Questa percentuale è più alta tra 87 88 9,1% 10,4% Conseguenze negative 7,1 37,2% 6,2 Altri vantaggi 38,4% 6,8 6 5,9 5,9 7,3 6,9 Immigrati/ Minoranze Grado di socializzazione Ambizioni personali Contatti professionalmente utili Apprendimento Disabili 7,7% 7,2 35,6% 6,5 5,8 7 Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi 6,2% 6,3 36,4% 6,1 5,7 7 Persone scarsamente qualificate 7,4% 5,5 40,4% 5,7 5,3 6,6 Lavoratori anziani 5,8% 6,7 41,4% 6,4 6 7,5 Altro 7,6% 6,5 38,7% 6,2 5,8 7,1 Totale 5,5% 8,6% 20,4% 8,8% 11,5% 7,7% Assente Tabella 19. Grado di soddisfazione rispetto all’esperienza formativa sotto vari punti di vista (10 = punteggio massimo), percentuale di persone che ha tratto altri vantaggi o conseguenze negative. i disabili, i lavoratori scarsamente qualificati e nel gruppo “altro”. Solo tra gli immigrati, le minoranze e i lavoratori anziani si registra una percentuale più bassa di partecipanti iscritti ad attività di formazione professionale su consiglio altrui. Circa il 12% degli immigrati e delle minoranze e circa il 16% del gruppo “altro” ha partecipato ad attività formative per altri motivi. Ad esempio, immigrati e minoranze hanno frequentato un corso per imparare a parlare correttamente la lingua del Paese in cui vivono e lavorano. Una piccola minoranza (meno del 2%) di persone ha deciso di frequentare un corso di formazione grazie alla possibilità di ricevere un’indennità o altri incentivi. Questa percentuale aumenta tra i disabili (2,1%) e il sottogruppo “altro” (3,1%), pur rimanendo comunque una quota molto bassa. Il grado di soddisfazione rispetto alla formazione professionale (cfr. Tabella 19) si estende da sufficiente (circa 6/10) a buono (superiore a 7/10) a eccellente (superiore a 8/10). I lavoratori anziani hanno assegnato una valutazione inferiore alla media per tutti gli aspetti testati, apparentemente risultando il gruppo meno soddisfatto, pur essendo il gruppo meno numeroso della media ad aver partecipato ad attività formative non per interesse personale ma su consiglio altrui. I disabili hanno assegnato un punteggio inferiore per quanto riguarda l’apprendimento di nuove cose, il grado di socializzazione e le ambizioni personali12. Rispetto alla media, essi assegnano un punteggio leggermente più alto per quanto riguarda i contatti professionalmente utili. I giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi assegnano un punteggio più alto della media per quanto riguarda la socializzazione e le ambizioni personali. Immigrati e minoranze mostrano un grado di soddisfazione superiore alla media per quanto riguarda l’apprendimento, la socializzazione, le ambizioni personali e i contatti professionalmente utili. Circa il 38,7% del campione ha tratto altri vantaggi non menzionati nel questionario. Meno dell’8% degli intervistati ha rilevato delle conseguenze negative legate alla partecipazione ad attività formative. Questa percentuale aumenta tra i disabili, gli immigrati, le minoranze e i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Come risaputo, se la formazione è calibrata sulle esigenze dei gruppi svantaggiati, vi è una maggiore percezione delle conseguenze negative da parte dei corsisti e delle persone che essi incontrano nel mercato del lavoro, dopo aver partecipato a un corso. 12 Al contrario, Poleis (2004) ha indicato la socializzazione come fattore determinante per i disabili coinvolti in attività di formazione professionale. 89 90 4,6% 38,6% 34,1% Immigrati/ Minoranze 24,1% 1,6% 22,5% Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi 31,4% 7,8% 23,6% Persone scarsamente qualificate 9,8% 38,8% 29,0% Lavoratori anziani 7,2% 34,5% 27,3% Altro 5,7% 31,3% 25,6% Totale 29,9% Occupati 2,9% 27,0% Lavoratori autonomi Lavoratori dipendenti Disabili 40,7% 5,2% 35,5% Immigrati/ Minoranze 29,3% 2,3% 27,0% Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi 48,4% 11,1% 37,3% Persone scarsamente qualificate 47,5% 9,9% 37,6% Lavoratori anziani 39,2% 10,1% 29,2% Altro 39,6% 7,4% 32,2% Totale Tabella 21. Condizione occupazionale al termine del corso di formazione. Le percentuali si riferiscono alla totalità degli intervistati. 1,4% 15,9% Occupati Lavoratori autonomi 14,6% Lavoratori dipendenti Disabili Tabella 20. Condizione occupazionale all’inizio dei corsi di formazione. Le percentuali si riferiscono alla totalità degli intervistati. In genere, il grado di soddisfazione rispetto alla formazione professionale non raggiunge il punteggio eccellente in nessuno degli aspetti qualitativi sottoposti a verifica. La media dei punteggi raggiunge a malapena il livello sufficiente, soprattutto tra i disabili e i lavoratori anziani. La dimensione qualitativa resta mediamente insufficiente per quanto riguarda i contatti utili avuti durante il corso per la promozione dell’inserimento lavorativo; un’eccezione è costituita dalla valutazione sufficiente (6/10) dichiarata da immigrati e minoranze e dal gruppo “altro”. Pur trattandosi di una valutazione qualitativa effettuata solo sulla base di opinioni espresse dagli utenti finali di corsi, questi dati confermano la necessità di promuovere un miglioramento dei programmi di formazione. Situazione occupazionale all’inizio e alla fine del corso La ricerca intendeva misurare l’efficacia dei corsi di formazione professionale per i gruppi svantaggiati. In particolare, l’obiettivo era di rilevare eventuali differenze nelle condizioni occupazionali prima dell’avvio dei corsi, dopo la partecipazione ai corsi e al momento della rilevazione, al fine di testare l’ipotesi di una ricaduta positiva della formazione sull’occupabilità degli allievi. Le probabilità di rimanere disoccupati dovrebbero diminuire dopo la partecipazione ad attività formative, aumentando invece le prospettive occupazionali. Infine, la formazione professionale dovrebbe consentire una diminuzione del tasso di inattività, soprattutto tra i gruppi svantaggiati (come i disabili), spesso costretti all’inattività forzata, data l’impossibilità (effettiva o percepita) di trovare un impiego. La rilevazione della condizione occupazionale dei partecipanti costituisce il metodo di misurazione più diffuso in merito all’efficacia della formazione professionale. Tuttavia questa ricerca non sottovaluta altri risultati, in particolare l’aumento del livello di socializzazione e l’integrazione sociale dei partecipanti. Le due tabelle a fianco mostrano i risultati a livello di condizione occupazionale dei partecipanti intervistati, all’inizio e alla fine del corso di formazione professionale. Mediamente, il 31,3% degli intervistati era già occupato all’inizio del corso di formazione. La percentuale era più alta tra gli immigrati e minoranze e i lavoratori anziani. La percentuale più bassa di occupati prima dell’avvio del corso si registra tra le persone con disabilità (15,9%) e i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi (24,1%). 91 Al termine o verso la fine del corso, la media degli occupati è salita al 39,6%. La percentuale è più alta tra i lavoratori scarsamente qualificati (48,4%) e i lavoratori anziani (47,5%). La percentuale più bassa di occupati al termine del corso è del 29,3% tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e del 29,9% tra i disabili. Anche se queste ultime due categorie restano le più sofferenti in termini di tassi occupazionali, la partecipazione alle attività formative ha modificato positivamente le condizioni occupazionali di una buona parte di corsisti. Grafico 1. Percentuale di occupati all’inizio e al termine dei corsi di formazione Il tasso di occupazione sale di 14 punti percentuali per i disabili e di 17 punti percentuali per i lavoratori scarsamente qualificati. Questi ultimi due incrementi sono ritenuti più alti rispetto a quelli degli altri gruppi; in particolare immigrati e minoranze hanno mostrato un aumento del tasso di occupazione di soli due punti percentuali. Solo i lavoratori scarsamente qualificati e il gruppo “altro” mostrano un aumento di 3 punti percentuali per quanto riguarda il lavoro autonomo; in genere questo tipo di occupazione non è aumentato e rimane confinato a una piccolissima percentuale di intervistati13. 13 La percentuale di lavoratori autonomi tra i partecipanti alle attività formative aumenta in Slovacchia dall’1 al 9%, in Polonia dal 2 al 7%, nel Regno Unito dal 5 all’8%. La tabella dei lavoratori autonomi partecipanti ad attività formative non è esposta. 92 A questo punto è bene sottolineare che in merito all’occupazione dei disabili, la ricerca non è riuscita a identificare la proporzione tra lavoro protetto nel settore non-profit o in imprese che non sostengono costi per l’assunzione dei disabili, e lavoro in imprese a scopo di lucro che sostengono pienamente il costo per l’assunzione del disabile. Le ricerche precedenti mostrano che tale distinzione potrebbe essere di cruciale importanza per comprendere le problematiche relative all’inserimento lavorativo dei disabili14. La condizione occupazionale dei partecipanti alle attività formative varia notevolmente da Paese a Paese. Tabella 22. Tassi di occupazione all’inizio e al termine dei corsi di formazione, formative suddivisi per Paese Tasso di occupazione prima Tasso di occupazione al termine Differenze Italia 61,9% 69,5% 8 Spagna 4,2% 24,8% Portogallo Polonia (a) (b) (b-a)*100 52,5% 14 5,0% 27,5% 22 38,9% Romania 30,4% 2,7% 31,4% 29 Svezia 62,9% 73,2% 10 Tutti i Paesi 31,3% 39,6% 8 Slovacchia Regno Unito 58,7% 41,0% 21 73,8% 11 15 Slovacchia, Polonia e Spagna mostrano le differenze positive più significative nel tasso di occupazione dei partecipanti al termine e alla fine del corso. Regno Unito, Portogallo, Romania e Svezia mostrano una situazione intermedia. L’incremento più basso del tasso di occupati si è registrato in Italia. I dati relativi alla Spagna rivelano sia un aumento notevole del tasso di 14 Poleis (2004). 93 occupazione, sia una percentuale di occupati al termine dei corsi inferiore alla media rispetto agli altri Paesi coinvolti nella ricerca. A questo punto occorre ricordare che le interviste di raccolta dati sono state effettuate nei mesi centrali del 2011, mentre in molti casi i corsi di formazione sono terminati nel 2010. Ciò significa che i corsisti hanno iniziato a cercare lavoro in un periodo molto delicato, con l’Europa già colpita dalla crisi finanziaria pur con conseguenze non uniformi dal punto di vista occupazionale. Tra i Paesi interessati dalla ricerca, Spagna, Italia e Portogallo hanno subito il maggior calo del tasso di occupazione complessivo negli anni dal 2010 al 2011. L’analisi delle variazioni nel tasso di occupati tra i vari Paesi e rispetto a specifici gruppi svantaggiati evidenzia alcune importanti differenze. Solo in alcuni casi la percentuale di occupati è diminuita alla fine dei corsi rispetto all’inizio. In particolare, si è registrata una diminuzione della percentuale di occupati tra i lavoratori anziani in Italia e Svezia, e lo stesso per i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi in Portogallo. Non è dato sapere fino a che punto gli effetti negativi sui tassi di occupazione siano dovuti alla congiuntura economica e alla specifica situazione del mercato del lavoro nei vari Paesi interessati, e quanto questi risultati siano invece prodotti dalla formazione professionale. All’opposto, la quota di occupati tra i disabili sale in maniera significativa oltre la media in Romania, Italia e Slovacchia, e lo stesso avviene per gli immigrati nel Regno Unito e in Spagna, per i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi in Romania, Svezia e Polonia, per i lavoratori scarsamente qualificati in Slovacchia, Polonia e Portogallo. Infine, la percentuale di occupati tra i lavoratori anziani è salita oltre la media in Slovacchia e Spagna15. Tutte queste differenze sono interconnesse con le specifiche situazioni di ogni Paese esaminato. Tuttavia, in Europa orientale le probabilità di un inserimento lavorativo dei partecipanti al termine dei corsi sembrano più alte se confrontate con la condizione di questi soggetti prima della formazione. Questo vale in particolare per i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, i lavoratori scarsamente qualificati, gli immigrati, le minoranze e i disabili. Sembrerebbe che i lavoratori anziani scontino maggiori difficoltà in Italia e Svezia. Queste differenze sono forse attribuibili alle specifiche attività formative rivolte a questa fascia di popolazione. 15 Le tabelle sui tassi di occupazione per gruppi svantaggiati e Paesi non sono esposte nel presente rapporto. 94 Per comprendere appieno le ricadute della formazione sui gruppi svantaggiati, è utile misurare la relazione tra partecipazione alla formazione e riduzione dei tassi di disoccupazione e inattività (cfr. Tabella 23). Oltre la metà degli intervistati era disoccupata all’inizio del corso ma quasi tutti, tranne un 3,8%, erano alla ricerca di un impiego. La maggioranza dei disabili era senza lavoro (il 65% del gruppo) e l’8,1% non era interessato a cercare un impiego. La percentuale più alta di disoccupati si registra tra le persone scarsamente qualificate (64,6), con solo l’1,7% non interessato alla ricerca di un impiego. Per quanto riguarda immigrati/minoranze e giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, le percentuali di inoccupati all’inizio dei corsi sono le più basse di tutto il campione. Il 10% dei giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi dichiara di essere studente. I pensionati costituiscono una piccola percentuali all’interno dei gruppi dei disabili, dei lavoratori anziani e “altro”. Al termine delle attività formative, o nel periodo intorno a tale data, la percentuale di inoccupati scende al 37,5%, con un calo di oltre 15 punti percentuali (Tabella 24). La percentuale media di soggetti non interessati alla ricerca di un impiego scende da un quasi 4% al 2,2%. A livello generale, per tutti i gruppi si è registrato un calo generale del tasso di disoccupazione. Le diminuzioni più evidenti riguardano i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, le persone scarsamente qualificate e i disabili. Al termine del corso, i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi vedono scendere la probabilità di essere ancora in cerca di un impiego (quasi 20 punti percentuali), aumentare leggermente le prospettive occupazionali (5 punti percentuali) e ridurre il tasso di inattività dal 4,4% allo 0,8% del proprio gruppo. Questo risultato viene leggermente mitigato da un incremento delle mancate risposte al questionario sulla condizione occupazionale, salite al 34%. Il tasso di disoccupazione tra i disabili scende di 17 punti percentuali, mentre la percentuale di coloro che non sono interessati a cercare un impiego scende di soli 3 punti percentuali. Allo stesso tempo, il tasso di occupazione sale di 14 punti percentuali. È evidente quanto la formazione professionale abbia ricadute molto positive sulla condizione occupazionale dei disabili. Tuttavia occorre tenere presente che dopo la partecipazione ai corsi il tasso di occupati tra i disabili è di poco superiore al 30%, contro un 40% di disoccupati e un 10% di inattivi16. 16 La quota mancante per arrivare al 100% è la percentuale di risposte non ricevute alla domanda sulla condizione occupazionale. 95 96 70,3% 49,1% 64,1% 0,3% 10,8% 4,4% 48,7% Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi 67,3% 0,0% 1,0% 1,7% 64,6% Persone scarsamente qualificate 2,1% Pensionati Totale inoccupati 49,4% 36,3% 0,5% 3,5% 1,6% 2,4% 5,2% Studenti 30,7% 39,6% Immigrati/ Minoranze Disoccupati e non interessati a cercare un impiego Disoccupati ma in cerca di un impiego Disabili 35,3% 0,3% 0,8% 5,0% 29,3% Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi 47,4% 0,0% 1,2% 1,5% 44,8% Persone scarsamente qualificate Tabella 24. Tasso di partecipanti inoccupati al termine dell’attività formativa Totale inoccupati 0,3% 3,2% 1,2% Pensionati 4,4% 5,4% 8,1% Disoccupati e non interessati a cercare un impiego Studenti 40,2% Immigrati/ Minoranze 56,6% Disoccupati ma in cerca di un impiego Disabili Tabella 23. Tasso di partecipanti inoccupati all’inizio dell’attività formativa 48,1% 1,1% 2,5% 0,3% 44,3% Lavoratori anziani 58,4% 1,4% 0,5% 1,4% 55,2% Lavoratori anziani 42,7% 1,1% 1,7% 4,0% 35,8% Altro 62,4% 1,7% 7,7% 2,2% 50,8% Altro 43,5% 0,9% 2,2% 2,8% 37,5% Totale 61,5% 0,9% 4,5% 3,8% 52,3% Totale Dopo i corsi, la quota di lavoratori scarsamente qualificati inattivi è scesa di 18,5 punti percentuali. Dato l’aumento del tasso di occupazione di quasi 15 punti percentuali, i lavoratori scarsamente qualificati hanno ricevuto benefici significativi per la loro condizione occupazionale, subito dopo i disabili. Il calo del tasso di disoccupati è meno rilevante per immigrati e minoranze, lavoratori anziani e per il gruppo “altro”. In definitiva, è importante sottolineare che la quota di lavoratori anziani disoccupati e interessati a cercare un impiego aumenta leggermente al termine delle attività formative. Grafico 2. Differenze in percentuale tra inoccupati, persone alla ricerca di un impiego e persone non interessate a trovare un impiego, prima e dopo aver partecipato alle attività formative Si potrebbe tuttavia sostenere che coloro che hanno trovato lavoro dopo il corso, lo avrebbero trovato in ogni caso. L’analisi controfattuale, complessa e dispendiosa, esula dallo scopo di questa ricerca. Il questionario utilizzato ha permesso di raccogliere l’opinione degli intervistati in merito al rapporto diretto tra formazione ricevuta e primo lavoro trovato dopo aver frequentato il corso. A livello generale, è possibile fare alcune importanti considerazioni. In particolare, quasi la metà degli intervistati occupati al termine del corso afferma di aver trovato lavoro grazie ai contatti avuti durante il corso stesso. La percentuale di coloro che ha accettato questa dichiarazione sale al 100% tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, al 66,8% tra le persone disabili e all’89,4% nel gruppo “altro”. Solo il 35,6% degli intervistati occupati alla fine del corso sostiene di aver trovato un lavoro attinente 97 98 La formazione è stata utile per il lavoro Lavoro attinente alla formazione ricevuta Posto di lavoro trovato grazie a contatti avuti durante il corso di formazione 45,9% 29,2% 34,5% 70,6% 79,2% Immigrati/ Minoranze 66,8% Disabili 39,0% 28,0% 100,0% Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi 28,9% 25,3% 11,0% Persone scarsamente qualificate 36,2% 30,1% 6,8% Lavoratori anziani 50,7% 35,8% 89,4% Altro 44,1% 35,6% 49,8% Totale Tabella 25. Valutazione del posto di lavoro trovato al termine dell’attività formativa. Le percentuali si riferiscono al totale di occupati al termine dell’attività formativa. 70,1% 72,6% 59,2% Assente al corso frequentato. Questa percentuale sale al 70,6% tra i disabili e diminuisce al 25% tra i lavoratori scarsamente qualificati. L’impressione è che la formazione abbia ricadute positive per la possibilità di trarre vantaggio dai contatti personali avuti durante il corso di formazione. Al contrario, dal punto dei vista dei contenuti, la formazione sembra meno efficace per incrementare le capacità professionali dei partecipanti. Il 44% degli intervistati occupati al termine dell’attività formativa afferma che il corso frequentato è stato utile per trovare lavoro (cfr. Tabella 25). La percentuale è pari al 79% tra le persone con disabilità e al 50,7% nella categoria “altro”. Al contrario, la percezione che la formazione sia meno importante per trovare lavoro si riscontra tra i lavoratori scarsamente qualificati, immigrati e minoranze, e i lavoratori anziani. Riepilogando, gli effetti della formazione sull’occupabilità sembrano più positivi per alcuni gruppi di soggetti svantaggiati piuttosto che per altri. In particolare, emergono cambiamenti molto positivi per i disabili, i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e i soggetti scarsamente qualificati. Tuttavia l’impressione è che la formazione abbia avuto ricadute positive ma di minore portata per immigrati, minoranze e lavoratori anziani. Condizioni occupazionali al momento dell’intervista La condizione occupazionale dei corsisti al termine dell’attività formativa potrebbe essere transitoria, troppo legata all’influenza delle persone conosciute durante il corso o a competenze acquisite in maniera occasionale. Le interviste ai partecipanti sono state effettuate entro 8-12 mesi dal termine dell’esperienza formativa. La condizione occupazionale al momento dell’intervista misura a grandi linee le ricadute a medio e lungo termine della formazione ricevuta. Il tasso medio di occupati al momento dell’intervista è pari al 45,6%, con un 8,9% di lavoratori autonomi (Tabella 26). Il tasso di occupati tra i disabili è pari al 29,9%, mentre immigrati, minoranze e giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi mostrano un tasso non lontano dal 40%. I lavoratori scarsamente qualificati, i lavoratori anziani e il gruppo “altro” mostrano un tasso di occupati superiore al 50%. Le persone in cerca di un impiego sono il 28,5%, con notevoli differenze tra i vari gruppi. La percentuale di persone in cerca di un impiego sono oltre il 30% tra i disabili, i lavoratori scarsamente qualificati e i lavoratori anziani. La percentuale di persone inoccupate e in cerca di un impiego è inferiore 99 100 7,3% 100% Pensionati Totale Assente Studenti 20,1% 100% 22,6% 0,5% 7,4% 3,0% 5,0% Disoccupati e non interessati a cercare un impiego 6,5% 26,6% 31,2% Disoccupati ma in cerca di un impiego 5,7% 40,0% 5,3% 29,9% Occupati Lavoratori autonomi 34,2% 24,6% Immigrati/ Minoranze Lavoratori dipendenti Disabili 100% 11,9% 0,8% 13,9% 2,9% 29,6% 41,0% 4,7% 36,3% Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi 100% 9,4% 0,7% 3,2% 2,4% 34,0% 50,3% 14,0% 36,3% Persone scarsamente qualificate 11,6% 100% 10,3% 3,3% 0,9% 1,3% 31,3% 52,8% 41,2% Lavoratori anziani 10,6% 100% 9,8% 1,6% 7,9% 3,0% 22,9% 54,8% 44,1% Altro 8,9% 100% 14,0% 2,5% 6,4% 2,9% 28,5% 45,6% 36,8% Totale Tabella 26. Condizioni occupazionali al momento dell’intervista. Le percentuali si riferiscono alla totalità degli intervistati. alla media tra immigrati e minoranze, giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e nel gruppo “altro”. Per meglio comprendere i cambiamenti evidenziati dai dati raccolti, è utile mettere a confronto la situazione al momento dell’intervista con la situazione riscontrata al termine delle attività formative. Rispetto alla data di termine dei corsi, il tasso complessivo di occupati sale di 6 punti percentuali al momento dell’intervista. Tuttavia emergono importanti differenze tra i vari gruppi. Il tasso di occupati aumenta di quasi 12 punti percentuali tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, di oltre 15 punti percentuali per il gruppo “altro” e di 5 punti percentuali per i lavoratori anziani. Al contrario, il tasso di occupati diminuisce per gli immigrati e le minoranze e resta invariato per i disabili (cfr. Tabella 27). La percentuale di disoccupati ma in cerca di un impiego diminuisce in tutti i gruppi tranne i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, se si confronta la loro condizione occupazionale al termine della formazione e al momento dell’intervista. La diminuzione del tasso di disoccupati è molto alta tra i lavoratori anziani e i soggetti scarsamente qualificati (12 punti percentuali), meno importante ma comunque significativa tra i disabili (8 punti percentuali), e si limita a soli 4 punti percentuali tra gli immigrati e le minoranze. Infine, diminuisce in tutti i gruppi la quota di persone inattive. La condizione di inattività consiste in tre circostanze, diversamente combinate nei vari gruppi. Con “soggetti inattivi” si intendono gli studenti, i pensionati, nonché quei disoccupati che non cercano attivamente un lavoro. La media misurata sul totale dei dati del campione mostra un aumento nella quota di inattivi, fino a 6 punti percentuali, raddoppiando la quota del 6% registrata al termine delle attività formative. L’aumento di soggetti inattivi è più alto tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e le persone con disabilità. Il valore resta molto basso tra i lavoratori anziani, a smentita della tendenza ad anticipare la pensione quando questi soggetti faticano a trovare lavoro. Alcune considerazioni sui principali gruppi vengono presentate a sintesi di ciò che è già stato analizzato. Al termine dell’attività formativa, i disabili vedono un incremento molto significativo della probabilità di inserimento lavorativo e un calo della probabilità di essere ancora in cerca di lavoro. Dopo un periodo di circa 12 mesi dal termine dell’attività formativa, le probabilità di un inserimento 101 102 26,6% 30,7% 10,9% 5,5% 31,2% 39,6% 18,8% 9,8% d) Inoccupati al termine dell’attività formativa e) Nessun interesse, studenti o pensionati al momento dell’intervista e)-f) f) Nessun interesse, studenti o pensionati al termine dell’attività formativa c)-d) -9,0 -8,4 5,4 -4,2 -0,7 c) Inoccupati al momento dell’intervista 0 40,7% 29,9% a)-b) 40,0% 29,9% Immigrati/ Minoranze b) Occupati al termine dell’attività formativa a) Occupati al momento dell’intervista Disabili 11,5 6,0% 17,6% 0,3 29,3% 29,6% 11,7 29,3% 41,0% Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi 3,7 2,7% 6,4% -10,7 44,8% 34,0% 1,9 48,4% 50,3% Persone scarsamente qualificate 1,7 3,8% 5,6% -12,9 44,3% 31,3% 5,3 47,5% 52,8% Lavoratori anziani 5,6 6,9% 12,5% -12,9 35,8% 22,9% 15,6 39,2% 54,8% Altro Tabella 27. Condizione occupazionale al momento dell’intervista e al termine dell’attività formativa 5,8 6,0% 11,8% -9,0 37,5% 28,5% 6 39,6% 45,6% Totale lavorativo non cambiano rispetto al termine del corso, mentre continuano a diminuire le probabilità di essere ancora in cerca di lavoro. Col tempo aumentano le probabilità di pensionamento e di prosecuzione degli studi. Per quanto riguarda i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, al termine dell’attività formativa aumentano di 5 punti percentuali le probabilità di inserimento lavorativo e calano di quasi 20 punti percentuali le probabilità di essere ancora in cerca di lavoro. Terminata la formazione, le probabilità di inserimento lavorativo continuano ad aumentare in maniera significativa. Per buona parte di questi soggetti aumentano anche le possibilità di riprendere gli studi. In ogni caso, non si evidenziano particolari modifiche nell’incidenza delle persone ancora disoccupate. Per quanto riguarda i soggetti scarsamente qualificati, si registra un aumento delle probabilità di inserimento lavorativo di 17 punti percentuali rispetto alla condizione in cui si trovavano all’inizio del corso di formazione. Si riducono di 20 punti percentuali le possibilità di essere ancora in cerca di lavoro. Al momento dell’intervista, la loro condizione in termini di diminuzione delle probabilità di essere ancora in cerca di lavoro continua a migliorare. Le probabilità di inserimento lavorativo aumentano di solo pochi punti percentuali. Una certa tendenza all’aumento del tasso di inattività fa salire il tasso di disoccupazione, le probabilità di essere senza lavoro, di non essere interessati a cercare lavoro, nonché le probabilità di essere studenti o pensionati. Infine, per il gruppo immigrati/minoranze, si evidenzia il cambiamento meno significativo a livello di condizione occupazionale, sia tra l’inizio e la fine delle attività formative, sia riferendosi al momento dell’intervista. Le probabilità di inserimento lavorativo aumentano di 2 punti percentuali tra l’inizio e la fine del corso, e di 1 punto percentuale tra la fine del corso e l’intervista. Questo gruppo non mostra un cambiamento significativo a livello di condizione occupazionale, tuttavia – e questo vale anche per gli altri gruppi – considerando che la situazione economica ha determinato quasi ovunque una stagnazione o una notevole diminuzione del tasso di occupati, anche una costante potrebbe indicare un miglioramento delle condizioni per quanto riguarda l’occupazione. Rispetto al gruppo degli immigrati e delle minoranze, le possibilità di essere ancora in cerca di lavoro diminuiscono di 9 punti percentuali tra l’inizio e la fine del corso, e di 4 punti percentuali tra la fine del corso e l’intervista. Tra le fine del corso e l’intervista aumenta la quota di inattivi, con un aumento pur limitato a un solo punto percentuale, della quota di disoccupati non interessati a cercare lavoro. 103 Le ricadute a medio e lungo termine della partecipazione alle attività formative sull’ingresso nel mercato del lavoro devono essere analizzate separatamente per ciascun gruppo. Se possibile, sarebbe importante considerare anche le caratteristiche personali dei soggetti interessati in termini di capacità, esperienze lavorative, carichi familiari e contesto socioeconomico circostante. Inoltre, sarebbe utile considerare la qualità e i tratti distintivi delle attività formative frequentate. I dati raccolti durante le interviste sono influenzati dalle molteplici e più svariate condizioni del mercato del lavoro, governato da normative e pratiche operative specifiche di ogni Paese, e condizionati dal peso più o meno grave della crisi che ha colpito i territori in maniera tutt’altro che omogenea. Appendice al capitolo 4. Dati e analisi multivariata L’analisi delle regressioni è stata utilizzata con l’intento generale di valutare l’efficacia della formazione professionale frequentata dai soggetti intervistati per migliorarne l’occupabilità e l’inclusione sociale. A tal fine, dobbiamo considerare tre insiemi di regressioni, utilizzando le tecniche del modello logistico e della regressione logistica ordinale. Nel primo insieme di regressioni la variabile dipendente è costituita dalla probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione. Nel secondo insieme di regressioni, utilizziamo vari indicatori relativi alla soddisfazione dei lavoratori rispetto al loro attuale impiego: rapporti con colleghi e superiori, orario di lavoro, conservazione del posto di lavoro, prospettive di carriera e aspetti economici. Analogamente, nel terzo insieme di regressioni utilizziamo vari indicatori relativi alla valutazione dell’efficacia della formazione da parte dei lavoratori, facendo riferimento a diversi aspetti: acquisizione di nuove competenze, contatti utili per trovare lavoro, ambizioni personali, allargamento delle relazioni sociali. In questi tre insiemi di regressioni, sono state utilizzate le seguenti variabili indipendenti: - - 104 caratteristiche personali: • donna: la corrispondente variabile dicotomica assume valore 1 se il lavoratore è codificato come donna; • classe di età: sono state inserite le classi di età più elevate, escludendo dal confronto i soggetti più giovani; tipo di svantaggio: per tutte le regressioni è stata inserita una variabile per indicare se lo svantaggio caratterizzante il lavoratore è di tipo: ascrittivo (disabili, immigrati), occupazionale (giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, soggetti scarsamente qualificati, lavoratori anzia- - ni), altro. Il primo gruppo (svantaggio di tipo ascrittivo) è stato escluso dal confronto; capitale umano: • scuola primaria e scuola secondaria di primo grado: la corrispondente variabile dicotomica assume valore 1 se il livello di istruzione più alto è quello di scuola primaria o di scuola secondaria inferiore (ISCED livelli 1 e 2); • scuola secondaria di secondo grado: la corrispondente variabile dicotomica assume valore 1 se il livello di istruzione più alto è quello di scuola secondaria superiore (ISCED livello 3). Il gruppo escluso dal confronto corrisponde al titolo di istruzione post-secondaria o successiva alla scuola secondaria superiore. Relativamente al primo e al terzo insieme di regressioni considerato sono state prese in considerazione anche: - le motivazioni per aver partecipato alle attività formative: • suggerimento altrui: la decisione di frequentare il corso di formazione è stata presa su suggerimento dell’agenzia per l’impiego, del datore di lavoro, di amici, familiari, ecc.; • interesse personale: la decisione di frequentare il corso di formazione è stata presa sulla base di un interesse personale; • indennità: la decisione di frequentare il corso di formazione è stata presa per la possibilità di ricevere un’indennità di frequenza; • inattività: la decisione di frequentare il corso di formazione è stata presa in quanto la persona stava attraversando un periodo di inattività. Il gruppo escluso dal confronto è quello relativo ad “altri motivi” per aver frequentato il corso di formazione. Solo per il secondo insieme di regressioni considerato sono state considerate le variabili relative a: - tipo di contratto: • lavora nell’azienda di famiglia: il lavoratore dichiara di lavorare nell’azienda di un familiare o parente; • apprendistato; • contratto stabile (regolare contratto a tempo indeterminato); • autonomo/libero professionista; i gruppi esclusi dal confronto riguardano le voci “altro tipo di contratto” e “senza contratto”; - part-time: si è anche considerato se il lavoratore abbia o meno un contratto part-time. 105 Tabella 28. Probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione; modelli logistici, rapporto di probabilità stimato (il dataset comprende tutti i Paesi) Variabile dipendente: probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione Modello 1 Modello 2 Modello 3 Modello 4 Donna 0,708*** 0,711*** 0,722*** 0,776*** Età 25-34 1,952*** 2,161*** 2,288*** 2,783*** Età oltre 50 2,099*** 2,372*** 2,528*** 2,789*** Caratteristiche personali Età 20-24 Età 35-50 Tipo di svantaggio Occupazionale Altro Capitale umano 1,777** 2,309*** 1,513*** 1,466*** Scuola primaria e secondaria inferiore Scuola secondaria superiore 1,922** 2,543*** 1,952** 2,684*** 1,993** 3,043*** 1,454*** 1,453*** 1,480*** 1,2 1,211 1,124 1,165 1,212* 0,965 1,500*** 1,517*** Motivazioni per aver partecipato ad attività formative Suggerimento altrui 1,547 1,617*** 1,459 Interesse 1,842 1,579 Inattività 1,924 1,672 Indennità 1,031 Area geografica Sud Est Costante Oss. 0,350*** 1,006 3,250 Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01 0,837 3,227 Effetti fissi per Paese per il modello 1, il modello 2 e il modello 3 106 1,16 0,468 3 032 0,171*** 0,625 3 032 Per tutti i modelli di regressione, i risultati sono riportati in termini di rapporto di probabilità, mentre la significatività statistica dei coefficienti associati alle variabili è data dal numero di asterischi “*”, come riportato in legenda. I risultati del primo insieme di regressioni sono riportati nella Tabella 28. Sono stati sviluppati quattro modelli di regressione relativi a un dataset riferito all’insieme di tutti i Paesi. Nei primi tre modelli, mentre venivano progressivamente inserite ulteriori covariate, sono stati considerati gli effetti fissi per Paese, mentre nel quarto è stata inserita una variabile riferita all’area geografica di appartenenza dei soggetti: est (Slovacchia, Romania, Polonia) e sud (Italia, Portogallo, Spagna) entrano nelle regressioni, mentre il nord (Regno Unito, Svezia) è escluso dal confronto. Nel modello 1 le variabili indipendenti sono costituite solo dalle caratteristiche personali e dal tipo di svantaggio:?il modello sembra essere complessivamente significativo e l’interpretazione del rapporto di probabilità è tutto sommato in linea con le nostre previsioni. In particolare, sembrerebbe che il fatto di essere donna anziché uomo riduca la probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione. Al contrario, le probabilità di inserimento lavorativo sono connesse positivamente con l’età: i lavoratori anziani hanno maggiori probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione rispetto ai lavoratori più giovani. In merito al tipo di svantaggio, i lavoratori svantaggiati a causa di caratteristiche occupazionali o per altri motivi mostrano maggiori probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione rispetto al gruppo di lavoratori con svantaggio di tipo ascrittivo. I risultati del modello 2, che differisce dal modello 1 solo perché tiene conto anche di variabili legate al capitale umano, confermano i risultati del modello 1 e i coefficienti relativi al capitale umano non sono significativi. Nel modello 3 sono state aggiunte delle covariate inerenti alle motivazioni per aver deciso di partecipare ad attività formative. Non otteniamo coefficienti significativi per queste ulteriori variabili, mentre manteniamo gli stessi risultati per le variabili già considerate nei precedenti modelli (ad esclusione di una debole significatività del coefficiente legato al capitale umano, che suggerisce che i lavoratori con un livello di istruzione secondaria superiore potrebbero avere maggiori probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione rispetto ai lavoratori con un livello di istruzione ancora più alto). Infine nel modello 4 gli effetti fissi per Paese sono stati sostituiti con le variabili relative alle aree geografiche, mantenendo le stesse covariate usate nel modello 3: si riconfermano gli stessi risultati; in più, è stato riscontrato che il fatto di risiedere in Europa orientale e meridionale abbassa le probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione, rispetto al fatto di risiedere al nord. La Tabella 29 presenta i risultati di un modello di regressione dove la variabile dipendente è ancora una volta la probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione, sviluppato sui singoli dataset nazionali. 107 108 1,346 12,525** 496 167 0,153 1,069 2,114* 0,992 0,754 3,199** 2,945 17,708** 1,401 Regno Unito 1,214 2,091*** 5,256*** 3,500** 0,418*** Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01 Oss. Costante Scuola secondaria superiore Scuola primaria e secondaria inferiore Capitale umano Altro Occupazionale Tipo di svantaggio Età oltre 50 Età 25-50 Donna Caratteristiche personali Italia 1,028 485 1,841 1,662* 0,687 1,28 1,579* 0,708 1,594** Svezia 1,375 376 1,223 0,262*** 0,665 1,305 0,941 1,702 1,2 Spagna Variabile dipendente: probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione 0,599 481 0,868 1,139 0,799 1,318 1,043 0,564 0,659** Slovacchia 461 0,741 0,447** 0,947 0,554** 0,777 1,052 2,201*** 0,802 Romania 6,451*** 267 1,89 0,044** 0,070* 0,716 4,298*** 8,989*** 0,693 Portogallo 0,69 494 0,634 1,079 0,717 1,403 1,54 0,353** 0,412*** Polonia Tabella 29. Probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione; modelli logistici per Paese, rapporto di probabilità stimato (dataset nazionali) • • • • • Italia: il modello sembra nel complesso significativo e suggerisce che le donne hanno minori probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione. Al contrario, i lavoratori oltre i 50 anni mostrano probabilità più alte di trovare lavoro dopo la formazione rispetto ai lavoratori di età compresa tra i 15 e i 24 anni. Lo stesso si può dire per i lavoratori con svantaggio di tipo occupazionale o legato ad altri fattori, rispetto ai casi in cui esso dipende da caratteristiche ascrittive; questo potrebbe anche valere (ma con un livello di significatività minore) per i lavoratori con un livello di istruzione secondaria superiore rispetto ai lavoratori con un titolo di studio più alto. Regno Unito: se il sesso non sembra un fattore significativo, i lavoratori tra i 25 e i 50 anni e oltre i 50 anni mostrano una probabilità più alta di trovare lavoro dopo la formazione rispetto ai lavoratori nella classe di età 15-24 anni. Relativamente al tipo di svantaggio, lo stesso si può dire per la categoria di lavoratori con svantaggio “altro” rispetto ad altri lavoratori con svantaggi di tipo ascrittivo. Romania: i lavoratori nella classe di età 25-50 mostrano una probabilità più alta di trovare lavoro dopo la formazione rispetto ai lavoratori più giovani. Al contrario, i lavoratori che appartengono al gruppo “altro” quanto al tipo di svantaggio e con un livello di istruzione secondaria superiore potrebbero avere minori probabilità di trovare lavoro dopo la formazione, rispetto ai lavoratori con svantaggio di tipo ascrittivo e ai lavoratori con un titolo di studio più alto. Portogallo: si riscontrano gli stessi risultati italiani, fatta eccezione per due situazioni. Innanzitutto, il coefficiente relativo al gruppo “altro” quanto al tipo di svantaggio non è significativo e sembra che il livello di istruzione determini l’effetto opposto. In particolare, i lavoratori con un livello di istruzione secondaria superiore mostrano minori probabilità di trovare lavoro dopo la formazione rispetto ai lavoratori con un livello di istruzione più alto. Svezia, Spagna e Slovacchia: i risultati suggeriscono che tra le variabili considerate si riscontrano solo deboli connessioni. Se riconsideriamo il primo modello, quello relativo al dataset contenente tutti i Paesi, e sviluppiamo i modelli di regressione solo sui soggetti disoccupati prima del corso, otteniamo i risultati di cui alla Tabella 30. In questo caso, in tutti i modelli le donne hanno meno probabilità di trovare lavoro dopo la formazione. Succede il contrario per i lavoratori nella classe di età 2534 anni rispetto ai lavoratori nella classe di età 15-24 anni. Nel quarto modello, l’inserimento di variabili inerenti all’area geografica suggerisce che i lavoratori in Europa meridionale e orientale hanno minori probabilità di trovare lavoro dopo la formazione rispetto ai lavoratori in Europa settentrionale. 109 Tabella 30. Probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione per i soggetti disoccupati prima del corso; modelli logistici, rapporto di probabilità stimato (il dataset comprende tutti i Paesi). Variabile dipendente: probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione Caratteristiche personali Donna Classe di età Età 20-24 Modello I Modello II Modello III Modello IV 0,723*** 0,734*** 0,778** 0,832* 1,405 1,506 1,599 1,823** Età 25-34 1,601* 1,739** 1,951** 2,130*** Età oltre 50 1,071 1,149 1,306 1,549 1,156 1,168 1,234 1,072 1,059 0,938 1,185 1,235 1,22 3,115 3,475 3,709 4,203 Età 35-50 Tipo di svantaggio Occupazionale Altro Capitale umano 1,327 1,167 1,204 Scuola primaria e secondaria inferiore Scuola secondaria superiore 1,423 1,559 1,199 1,228 Motivazioni per aver partecipato ad attività formative Suggerimento altrui Interesse 3,059 Inattività 2,493 Indennità Area geografica Sud Est Costante Oss. 1,177 4,084 3,162 0,417*** 0,312*** 2180 Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01 0,280*** 2172 0,077** Effetti fissi per Paese per il modello 1, il modello 2 e il modello 3 110 1,780** 1986 0,359*** 0,127* 1986 Relativamente al secondo insieme di regressioni (cfr. Tabella 31), sono stati sviluppati diversi modelli logistici, considerando come variabili dipendenti due indicatori (aspetti economici e conservazione del posto di lavoro) che misurano la soddisfazione dei lavoratori rispetto all’attuale impiego. Ogni indicatore si basa sulle risposte date dai lavoratori alla seguente domanda: “Come valuterebbe su una scala da 1 a 10 questo aspetto della sua attuale situazione lavorativa (dove 10 indica la massima soddisfazione)?”. La scala da 1 a 10 è stata convertita nella scala “non molto soddisfatto” (1-4), “abbastanza soddisfatto” (5-7) e “molto soddisfatto” (8-10). Nella Tabella 31 sono riportati tre modelli per ciascuna variabile dipendente, riferiti al dataset comprensivo di tutti i Paesi. Complessivamente i risultati non suggeriscono un forte collegamento tra le variabili dipendenti e le variabili indipendenti considerate. Rispetto alle probabilità di essere soddisfatti degli aspetti economici, l’unico modello che sembra suggerire alcune relazioni significative tra covariate e dipendente variabile è il modello c. In particolare, le donne mostrano minori probabilità di essere molto soddisfatte degli aspetti economici del loro lavoro. Al contrario, i lavoratori nella classe di età 25-34 anni mostrano maggiori probabilità di essere molto soddisfatti rispetto ai lavoratori più giovani (classe di età 1519 anni). Lo stesso si può dire per i lavoratori appartenenti al gruppo “altro” quanto al tipo di svantaggio rispetto ai soggetti con svantaggi di tipo ascrittivo, e ai lavoratori con un livello di istruzione secondaria superiore rispetto ai lavoratori in possesso di un titolo di studio più alto. Inoltre, la probabilità di essere molto soddisfatti degli aspetti economici del proprio lavoro è maggiore per i lavoratori residenti nel sud dell’Europa rispetto ai lavoratori del nord. Relativamente alla conservazione del posto di lavoro, il modello t suggerisce che le donne hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatte, così come i lavoratori con un livello di istruzione secondaria superiore rispetto ai lavoratori con un livello più alto. Relativamente al tipo di contratto, abbastanza prevedibilmente, i soggetti che lavorano nell’azienda di famiglia e quelli con un contratto stabile mostrano maggiori probabilità di essere molto soddisfatti per quanto riguarda la conservazione del posto di lavoro, rispetto a soggetti occupati con altre forme contrattuali o senza contratto. I risultati del terzo insieme di regressioni sono riepilogati nelle Tabelle 32, 33 e 34. Anche in questo caso, come per gli insiemi precedenti, sviluppato sono stati sviluppati diversi modelli logistici ordinati considerando quattro indicatori (nuove competenze, nuovi contatti, realizzazione personale, nuove relazioni sociali) relativi alla valutazione da parte dei lavoratori dell’efficacia della formazione. Ogni indicatore si basa sulle risposte date dai lavoratori alla seguente domanda: “Quanto si ritiene soddisfatto, su una scala da 1 a 10, della sua partecipazione al corso di formazione relativamente ai seguenti aspetti (punteggio da 1 a 10, dove 10 indica la massima soddisfazione)?”. Anche in questo caso la scala da 1 a 10 è stata convertita nella scala “non molto soddisfatto” (1-4), “abbastanza soddisfatto” (5-7) e “molto soddisfatto” (8-10). 111 112 0,86 Scuola secondaria superiore Scuola primaria e secondaria inferiore Capitale umano Altro Occupazionale Tipo di svantaggio Età oltre 50 1,372** 1,207 1,122 1,01 0,768 1,407 Età 35-50 Età 25-34 1,356 0,839* Età 20-24 Donna Caratteristiche personali Modello o 1,334** 1,176 1,186 1 0,747 0,823 1,426 1,337 0,85 Modello p Aspetti economici 1,333 1,345** 1,284* 1,312** 0,918 0,854 0,913 1,538* 0,836* Modello q 1,375 1,502*** 1,172 0,895 1,128 0,865 1,132 1,524* 1,218** Modello r 1,188 1,439*** 1,143 0,86 1,075 0,759 0,983 1,445 1,206* Modello s 1,352 1,504*** 1,107 0,807 1,046 0,805 1,07 1,601* 1,249** Modello t Conservazione del posto di lavoro >>> Tabella 31. Soddisfazione per l’attuale impiego, modelli logistici ordinati, rapporto di probabilità stimato per i rapporti con colleghi/superiori e per la conservazione del posto di lavoro (il dataset comprende tutti i Paesi). 113 1681 1,867** 0,240*** 1561 2,058** 0,265*** 0,905 1,045 Gli effetti fissi per Paese sono considerati nei modelli o, p, r , s. Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01 Oss. cut 2 constant cut 1 constant Est Sud Area geografica Part-time Autonomo/libero professionista 0,961 1,206 Apprendistato Contratto stabile Modello p Aspetti economici 1,501 Modello o Lavora nell’azienda di famiglia Tipo di contratto Tabella 31 (segue) 1,035 0,85 1561 3,195*** 0,421*** 1,402** 1,026 1,087 1,222 1,574 Modello q 1713 1,406 0,271*** 1,501* 1594 1,863* 0,346*** 0,965 1,14 2,081*** 1,879** Modello s 1,357 1,248* 1594 1,792* 0,336*** 1,004 0,898 1,02 1,937*** 1,774** Modello t Conservazione del posto di lavoro Modello r 114 1,094 0,87 0,882 cut 2 constant 489 Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01 Oss. 446 0,300*** 0,057*** 0,466** 0,147*** 0,927 cut 1 constant Scuola secondaria superiore 1,164 0,897 0,934 0,864 0,935 0,599** 0,744 1,208 0,907 Regno Unito 0,987 Scuola primaria e secondaria inferiore Capitale umano Altro Occupazionale Tipo di svantaggio Età oltre 50 Età 25-50 Donna Caratteristiche personali Italia 1,546 461 1,659 1,898** 0,355*** 1,883** 0,719 0,994 1,435 1,121 Svezia 0,882 378 1,515 1,353 0,343*** 0,973 1,197 0,718 1,084 1,098 Spagna 0,921 492 0,585** 0,218** 1,102 1,03 1,329 0,452 1,884*** Slovacchia 440 0,438** 0,736 0,084*** 0,986 1,101 1,282 0,911 0,965 1,082 Romania 383 5,853*** 2,079 6,359*** 1,375 7,003*** 1,34 1,209 2,560*** 4,369*** Portogallo Variabile dipendente: probabilità di essere soddisfatti dell’efficacia della formazione per l’acquisizione di nuove competenze 0,791 500 1,216 1,44 0,343** 1,833* 1,087 1,046 0,542* 0,896 Polonia Tabella 32. Efficacia della formazione per l’acquisizione di nuove competenze, modelli logistici ordinati, rapporto di probabilità stimato (dataset nazionali) Nella Tabella 32 si è tenuto conto dell’indicatore sulla valutazione dell’efficacia formativa in termini di acquisizione di nuove competenze, sviluppando lo stesso modello di regressione su ciascun dataset nazionale. Nel complesso non sembrano esserci stretti collegamenti tra covariate e variabili dipendenti, in quanto per la maggior parte dei Paesi solo una o due di esse sono significative. L’unica eccezione è rappresentata dal modello del Portogallo, nel quale si ottengono alcuni interessanti collegamenti. In particolare, sembra che le probabilità di essere molto soddisfatti dell’efficacia della formazione rispetto all’acquisizione di nuove competenze siano più alte tra le donne, nella classe di età 25-50 anni (rispetto ai soggetti più giovani), per gli individui appartenenti al gruppo “altro” quanto al tipo di svantaggio (rispetto ai soggetti con svantaggi di tipo ascrittivo) e per i soggetti con un livello di istruzione secondaria superiore (rispetto ai soggetti con un grado di istruzione più alto). Nella Tabella 33 si è tenuto conto dell’indicatore sulla valutazione dell’efficacia formativa in termini di creazione di nuove relazioni sociali, sviluppando lo stesso modello di regressione su ciascun dataset nazionale. Come nel caso precedente, non sembrano esserci stretti collegamenti tra covariate e variabili dipendenti, in quanto per la maggior parte dei Paesi solo una o due di esse sono significative. Tuttavia per quanto riguarda il modello portoghese, i risultati suggeriscono che hanno più probabilità di essere molto soddisfatti dell’efficacia formativa per la creazione di nuove relazioni sociali le donne, i lavoratori appartenenti al gruppo “altro” quanto al tipo di svantaggio (rispetto ai soggetti con svantaggi di tipo ascrittivo) e i soggetti con un livello di istruzione secondaria superiore (rispetto ai soggetti con un livello di istruzione più alto). Il modello polacco suggerisce risultati analoghi salvo per le variabili legate al tipo di svantaggio, non molto significative, e per il fatto che anche i lavoratori con un livello di istruzione primaria o secondaria inferiore mostrano maggiori probabilità di essere molto soddisfatti dell’efficacia della formazione per la creazione di nuove relazioni sociali, rispetto ai lavoratori con un grado di istruzione postsecondaria o più alto. Nel Tabella 34 sono riportati i risultati di quattro regressioni, una per ogni indicatore di soddisfazione in merito all’efficacia formativa, sviluppate sul dataset comprensivo di tutti i Paesi. Relativamente all’acquisizione di nuove competenze, la variabile significativa indica che le donne potrebbero avere più probabilità di essere molto soddisfatte; lo stesso si può dire per i soggetti appartenenti al gruppo “altro” quanto al tipo di svantaggio (rispetto ai lavoratori con svantaggio di tipo ascrittivo), per i soggetti con un livello di istruzione primaria o secondaria inferiore rispetto ai soggetti con istruzione post-secondaria o più alto, e per i lavoratori dell’Europa orientale rispetto a quelli dell’Europa settentrionale. Al contrario, il modello suggerisce che hanno minori probabilità di essere molto soddisfatti dell’acquisizione di nuove competenze i lavoratori con svantaggio di tipo occupazionale e i lavoratori che hanno partecipato ad attività formative su suggeri115 116 0,755 0,488 0,581 cut 2 constant 489 Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01 Oss. 446 0,401* 0,110*** 1,307 0,088*** 1,076 cut 1 constant Scuola secondaria superiore 0,705 0,875 0,340** 1,056 1,296 0,713 0,67 0,501** 0,987 Regno Unito 1,145 Scuola primaria e secondaria inferiore Capitale umano Altro Occupazionale Tipo di svantaggio Età oltre 50 Età 25-50 Donna Caratteristiche personali Italia 461 0,931 1,389 0,170*** 0,864 0,668 0,746 0,682 0,652* 0,912 Svezia 1,118 378 1,17 1,243 0,243*** 1,029 1,126 0,859 1,084 1,622** Spagna 0,487 492 2,051* 6,609** 1,413 0,82 0,811 0,712 0,309*** Slovacchia 1,118 440 0,364** 0,398*** 0,048*** 0,681 0,775 0,713 0,788 0,87 Romania 1,476 383 4,375*** 1,709 5,177*** 1,347 5,582*** 1,541 1,172 3,351*** Portogallo Variabile dipendente: probabilità di essere soddisfatti dell’efficacia della formazione per la creazione di nuove relazioni sociali 0,966 0,983 500 3,239*** 1,677** 3,152*** 1,358 1,033 0,736 2,472*** Polonia Tabella 33. Efficacia della formazione per la creazione di nuove relazioni sociali, modelli logistici ordinati, rapporto di probabilità stimato (dataset nazionali) mento altrui, per ricevere un’indennità o perché inattivi, rispetto a lavoratori con altre motivazioni. Inoltre, tale probabilità è minore anche per i lavoratori residenti in Europa meridionale (rispetto a quelli residenti in Europa settentrionale), mentre è più elevata per i lavoratori residenti in Europa dell’est. Per quanto riguarda il modello sui nuovi contatti, da un lato hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatti dell’efficacia della formazione per il miglioramento dei contatti professionalmente utili le donne, i soggetti con un livello di istruzione primaria o secondaria inferiore (rispetto a soggetti con un livello di istruzione post-secondaria o più alto) e i soggetti che vivono in Europa orientale (rispetto ai lavoratori residenti in Europa settentrionale). Dall’altro lato, i lavoratori con svantaggio occupazionale (rispetto ai soggetti con svantaggio di tipo ascrittivo) mostrano minori probabilità di essere molto soddisfatti sotto questo punto di vista. Il modello relativo alla valutazione dell’efficacia formativa in termini di realizzazione personale mostra che le donne, i soggetti con un livello di istruzione primaria o secondaria inferiore e i soggetti con un livello di istruzione secondaria superiore (rispetto ai soggetti con un’istruzione post-secondaria o più alta) hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatti. Al contrario, tutte le classi di età considerate (ad esclusione della classe di età 15-19 anni, non considerata per il confronto) mostrano minori probabilità di essere molto soddisfatte di questo aspetto inerente all’efficacia formativa. Analogamente i lavoratori con svantaggio occupazionale e i soggetti che vivono in Europa orientale e meridionale (rispetto a coloro che vivono in Europa settentrionale) mostrano minori probabilità di essere molto soddisfatti. Infine, il modello relativo alle probabilità di essere molto soddisfatti della creazione di nuove relazioni sociali tramite la partecipazione ad attività di formazione professionale suggerisce che hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatti le donne, i soggetti con un livello di istruzione primaria/secondaria inferiore o secondaria superiore (rispetto ai soggetti con un livello di istruzione postsecondaria o più alto) e i soggetti che vivono nel sud dell’Europa. Al contrario, il modello suggerisce minori probabilità di essere molto soddisfatti della creazione di nuove relazioni sociali grazie alla partecipazione ad attività di formazione professionale per tutte le classi di età considerate nella regressione (rispetto alla classe di età 15-19 anni), per i lavoratori con svantaggio occupazionale (rispetto ai lavoratori con svantaggio di tipo ascrittivo), e per i soggetti che vivono in Europa orientale. Nel complesso, analizzando le regressioni emergono alcuni interessanti collegamenti tra le variabili dipendenti e le covariate considerate. Innanzitutto, si è riscontrato che le probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione potrebbero essere messe in relazione con alcune caratteristiche dei corsisti: sesso, classe di età, tipo di svantaggio, area geografica. Questo è il risultato principale dei modelli di regressione sviluppati sul dataset comprensivo di tutti i 117 Tabella 34. Efficacia della formazione, modelli logistici ordinati, rapporto di probabilità stimato (il dataset comprende tutti i Paesi) Caratteristiche personali Donna Età 20-24 Età 25-34 Età 35-50 Età oltre 50 Nuove competenze Nuovi contatti Realizzazione personale Modello aa Modello bb Modello cc Modello dd 1,240*** 1,395*** 1,335*** 1,210*** 0,84 0,986 0,699** 0,757 0,992 0,813 0,979 Nuove relazioni sociali 0,612*** 0,592*** 0,742* 0,481*** 0,591*** 0,909 0,968 0,653*** 0,771*** 0,772*** 0,793*** 0,727*** 1,376*** 1,256** 1,718*** 1,734*** 1,004 1,029 1,236** 1,499*** Suggerimento altrui 0,431** 0,808 0,574* 0,76 Indennità 0,441* 0,658 0,649 Tipo di svantaggio Occupazionale Altro Capitale umano Scuola primaria e secondaria inferiore Scuola secondaria superiore 1,301*** 1,079 Motivazioni per aver partecipato ad attività formative Interesse 0,609 Inattività 0,432** Sud 0,580*** cut 1 constant 0,098*** Area geografica Est cut 2 constant Oss. 0,569* 0,807 0,777 0,809 1,228 0,641 0,539*** 0,466** 0,166*** 0,166*** 3247 3326 3323 1,321*** 0,340*** 1,571 3354 1,001 0,941 1,307*** Legenda * p<.1, ** p<.05, *** p<.01 118 0,963 1,04 0,363*** 0,582*** 0,599 1,241** 0,463*** 0,544* Paesi. Rispetto ai modelli di regressione sviluppati sui singoli dataset nazionali, tali collegamenti restano validi in alcuni casi, anche se leggermente più deboli; questo potrebbe essere dovuto alla dimensione piuttosto limitata del campione. In secondo luogo, l’analisi della soddisfazione dei partecipanti rispetto a due aspetti del loro attuale impiego (aspetti economici e conservazione del posto di lavoro) non suggeriscono una stretta connessione tra variabili dipendenti e indipendenti considerate. Ciononostante, per quanto riguarda gli aspetti economici le donne mostrano minori probabilità di essere molto soddisfatte, mentre i lavoratori della classe di età 25-34 anni mostrano maggiori probabilità di essere molto soddisfatti rispetto ai lavoratori più giovani (classe di età 15-19 anni). Lo stesso vale per i lavoratori appartenenti al gruppo “altro” rispetto ai lavoratori con svantaggi di tipo ascrittivo e per i lavoratori con un livello di istruzione secondaria superiore rispetto ai lavoratori con un titolo di studio più alto. Inoltre, la probabilità di essere molto soddisfatti degli aspetti economici del proprio lavoro è maggiore per i lavoratori residenti nel sud dell’Europa rispetto ai lavoratori del nord. Relativamente alla conservazione del posto di lavoro, le donne hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatte, così come i lavoratori con un livello di istruzione secondaria superiore rispetto ai lavoratori con titoli di studio più alti. Inoltre, come previsto, i soggetti che lavorano nell’azienda di famiglia e i soggetti con un contratto stabile mostrano maggiori probabilità di essere molto soddisfatti per la conservazione del posto di lavoro rispetto ai lavoratori assunti con altre forme contrattuali o senza contratto. Infine, il terzo insieme di modelli di regressione ha messo in evidenza le connessioni tra soddisfazione dei partecipanti rispetto alle attività formative frequentate e profilo dei partecipanti (caratteristiche personali, tipo di svantaggio). Come nel caso del primo insieme di regressioni, i modelli sviluppati sul dataset comprensivo di tutti i Paesi mostra connessioni più strette tra covariate e variabili dipendenti, rispetto a quelle ottenute sviluppando i modelli sui singoli dataset nazionali. Tuttavia tali risultati potrebbero tornare utili per la progettazione di attività formative nel futuro, con l’obiettivo di migliorare sia l’occupabilità dei gruppi svantaggiati sia la loro inclusione sociale. 119 CAPITOLO 5. L’indagine sulle imprese: principali risultati Domande e ipotesi La finalità dell’indagine era di raccogliere evidenze quantitative sulle imprese con lavoratori appartenenti a uno o più gruppi di persone a rischio di esclusione dal mercato del lavoro17. Cinque le ipotesi formulate: Ipotesi 1: le imprese che investono in attività di formazione professionale per il proprio personale e che coinvolgono anche i lavoratori appartenenti ai gruppi a rischio di esclusione sociale sono soprattutto (o esclusivamente) le grandi imprese, quelle più dinamiche, quelle a vocazione internazionale o intenzionate a realizzare nuovi investimenti, nuovi prodotti e servizi, nonché al reclutamento di nuovo personale. Ipotesi 2: le imprese che hanno adottato una politica formativa inclusiva rivolta a tutti i dipendenti (compresi quindi i soggetti a rischio di esclusione o disagio sociale) offrono soprattutto (o esclusivamente) formazione generica non mirata, senza tenere conto delle particolari esigenze dei gruppi più svantaggiati. 17 Una trascurabile minoranza di imprese intervistate non ha tra il proprio personale lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati. Queste imprese dovrebbero venire escluse dai calcoli per la verifica delle ipotesi di ricerca. Ma, ad esempio, solo nove imprese italiane sulle 304 che hanno svolto attività di formazione per i propri dipendenti, non hanno tra il personale lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati. Detto questo, tutte le imprese non sono ritenute esentate dall’esigenza di promuovere la formazione professionale per almeno un gruppo di lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati esaminati. 121 Ipotesi 3: le imprese che investono in programmi di formazione professionale aperti anche ai lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati si concentrano su determinati gruppi svantaggiati escludendone altri. Disabili e lavoratori anziani hanno più probabilità di essere esclusi dall’offerta formativa rispetto ai giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, ai lavoratori scarsamente qualificati e al gruppo immigrati/minoranze. Ipotesi 4: le imprese che investono in programmi di formazione professionale non aperti ai lavoratori appartenenti a gruppi svantaggiati si interessano esclusivamente di determinate tipologie di formazione, ad esempio i corsi obbligatori per legge o perché imposti dalla pubblica amministrazione. Ipotesi 5: le imprese che investono in programmi di formazione professionale aperti anche ai lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati sono imprese le cui attività formative vengono (interamente o in parte) finanziate dal governo o da altri enti pubblici. Le attività di formazione professionale La letteratura disponibile (Behringer et al., 2009) fornisce alcune informazioni teoriche preliminari sulle modalità di progettazione dei corsi di formazione da parte delle imprese. Tali dati mostrano che il settore e la dimensione dell’impresa incidono profondamente sull’offerta formativa. Il 78% delle imprese esaminate nel quadro della ricerca ha svolto corsi di formazione per il proprio personale durante i 12 mesi che hanno preceduto la ricerca, superando la media UE27 pari al 60% (Cedefop, 2010). Le ragioni alla base della grande disponibilità di queste aziende a offrire attività di formazione ai propri dipendenti non sono molto chiare. Si potrebbe affermare che il miglioramento delle competenze dei lavoratori costituisce una strategia per far fronte alle sfide poste dalla crisi finanziaria, tuttavia sembra più probabile che questa particolarità derivi dal metodo utilizzato per la definizione del campione di indagine. In termini di copertura geografica, si è registrato un sensibile aumento delle imprese che offrono programmi di formazione professionale in Europa orientale e meridionale tra il 1999 e il 2005 (Eurostat, vari anni). Questo vale soprattutto per Portogallo e Romania, Paesi oggetto della ricerca. 122 Tabella 35. Percentuale di imprese analizzate dalla ricerca per numero di addetti e attività di formazione professionale Imprese che non fanno formazione Imprese che fanno formazione Assente Totale Riga % 21,8% 78,2% 1 0,0% 2 220 100,0% 1-50 addetti 69,7% 40,3% 100,0% 46,7% 21,3% - N° 483 1 736 51-249 addetti 17,4% 33,5% Assente 4,8% 4,9% Oltre 250 addetti Totale 8,0% 100,0% 100,0% - 30,0% - 4,9% 100,0% 18,4% 100,0% Come previsto, le piccole imprese sono largamente rappresentate tra le imprese che non hanno offerto programmi di formazione ai propri addetti nei 12 mesi precedenti l’indagine (esse costituiscono circa il 70% del campione, pur avendo un peso del 46,7%). Al contrario, le medie e grandi imprese sono ampiamente rappresentate tra le imprese che hanno svolto attività di formazione professionale: le medie imprese costituiscono il 33% di tutte le imprese con programmi di formazione, pur avendo un peso del 30% sul campione totale. Le imprese più grandi (da 250 addetti in su) rappresentano il 21% di tutte le imprese con programmi di formazione professionale, pur avendo un peso del 18,4% sul campione totale. Sulla base dei dati statistici e della letteratura generale (Cedefop, 2010), le imprese manifatturiere e di costruzioni sono ampiamente rappresentate tra le imprese che non offrono attività di formazione professionale alla propria forza lavoro. Questi risultati sono in linea con le previsioni (Tabella 36). Le aziende manifatturiere rappresentano il 38,5% di tutte le imprese che offrono formazione professionale a fronte di un peso di poco più del 33% sul campione totale, mentre le imprese di costruzione superano il 17%, a fronte di un peso totale del 16,2% del campione. Al contrario, le aziende nel settore dei servizi sono ampiamente rappresentate tra le imprese che fanno formazione e costituiscono oltre il 52% del gruppo. 123 Tabella 36. Percentuale di imprese analizzate dalla ricerca per macrosettore, numero di addetti e attività di formazione professionale N° Manifatturiero Micro e piccole imprese Medie imprese Imprese che non fanno formazione Imprese che fanno formazione Totale 38,5% 31,7% 33,2% 8,0% 13,2% 12,1% 483 29,4% Grandi imprese 0,9% Servizi 44,1% Assente 0,3% 1 736 13,7% 4,8% 0,1% 52,4% 2 219 17,1% 3,9% 0,2% 50,6% Micro e piccole imprese 31,5% 21,2% 23,4% Grandi imprese 5,0% 14,2% 12,2% Medie imprese Assente Altre imprese (costruzioni) Totale 7,5% 0,2% 17,4% 100,0% 17,1% 0,0% 15,9% 100,0% 15,0% 0,0% 16,2% 100,0% Un altro risultato atteso riguarda la dimensione delle imprese per settore. Si può osservare che le piccole imprese, sia nel settore manifatturiero sia nei servizi, hanno meno probabilità di offrire attività formative ai propri addetti. Le piccole imprese manifatturiere costituiscono quasi il 30% di tutte le imprese che non fanno formazione, ma rappresentano il 17% di tutte le imprese. La differenza di quasi 12 punti percentuali è notevole, superando il valore registrato per le piccole imprese nel settore dei servizi. Le piccole imprese nel settore dei servizi rappresentano il 32% delle imprese che fanno formazione, con un peso percentuale leggermente superiore al 23%. La differenza di 9 punti percentuali è significativa ma inferiore a quella relativa alle piccole imprese manifatturiere. Le imprese hanno risposto ad alcune domande, fornendo informazioni sul loro dinamismo economico. L’ipotesi da verificare afferma che le aziende più dinamiche offrono maggiori opportunità per la formazione del personale, aperte anche agli addetti appartenenti ai gruppi svantaggiati. 124 Questi sono gli indicatori: 1. la prospettiva di aumentare i profitti; 2. il lancio previsto di nuovi prodotti; 3. la previsione di cambiamenti organizzativi; 4. un aumento previsto nel numero di addetti; 5. una riduzione prevista nel numero di addetti. Tabella 37. Indicatori di performance delle imprese analizzate dalla ricerca N° % imprese che esportano % imprese che prevedono un aumento dei ricavi % imprese che prevedono il lancio di un nuovo prodotto % imprese che prevedono un cambiamento organizzativo % imprese che prevedono di aumentare il numero di addetti % imprese che prevedono di ridurre il numero di addetti Imprese che non fanno formazione Imprese che fanno formazione Totale 28,8% 37,2% 35,4% 3,1% 5,8% 5,2% 28,5% 37,0% 35,2% 15,5% 21,7% 20,4% 14,5% 21,1% 19,7% 14,5% 13,8% 14,0% 483 1736 2219 Le interviste sono state condotte tra l’estate del 2011 e l’inizio del 2012, quando la crisi economica aveva già mostrato la propria intensità in quasi tutti i settori in ogni Paese. Il campione di cui si è fatto uno nella ricerca, comprende oltre un terzo di imprese che esportano i propri prodotti e servizi (35,4%). Si può asserire che le imprese aperte alla concorrenza internazionale hanno più probabilità di essere attive sul fronte dell’innovazione, dei cambiamenti economici e dello sviluppo. La bassa percentuale di aziende che prevedono un aumento dei ricavi sul breve periodo (5,2%) può essere messa in relazione con la crisi generale che ha colpito l’intero continente. 125 Alcuni sottogruppi sono formati da un numero significativo di aziende che prevedono un aumento dell’occupazione (19,7%), il lancio di nuovi prodotti (35,2%) e l’attuazione di cambiamenti organizzativi (20,4%). Si è voluto verificare l’ipotesi relativa a un aumento di interesse, da parte delle imprese più dinamiche, nei confronti della creazione di occasioni formative per i lavoratori e in particolare per i gruppi svantaggiati e vulnerabili. Questa ipotesi può essere confermata: la percentuale di imprese con prospettive economiche migliori è più alta della media tra le imprese che fanno formazione, e più bassa della media tra quelle che non fanno formazione. Infine, le imprese che prevedono un aumento del personale sono ampiamente rappresentate tra le imprese che attuano programmi di formazione professionale. All’opposto, le imprese che prevedono una riduzione del personale sono molto rappresentate tra le imprese che non fanno formazione. Questo risultato conferma quanto affermato dalla letteratura generale, ovvero il compromesso tra formazione interna e assunzione di personale specializzato direttamente dal mercato del lavoro esterno. Infatti, i dati rilevati dalla ricerca mostrano che le imprese che prevedono un aumento nel numero di addetti hanno maggiori probabilità di formare internamente il personale. Nella sezione seguente si cercherà di confermare o smentire l’ipotesi secondo la quale le imprese più dinamiche sono anche le imprese più inclini a fare formazione. Formazione professionale per i gruppi svantaggiati La percentuale di imprese che offrono formazione anche ai gruppi svantaggiati è piuttosto elevata quando si tratta di lavoratori anziani, immigrati e minoranze, e lavoratori scarsamente qualificati. Il numero di imprese diminuisce rapidamente quando si considerano i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, arrivando alla quota più bassa quando si tratta dei disabili. Questi dati dipendono in misura massiccia dalla presenza di lavoratori svantaggiati tra il personale dell’impresa. In particolare, è risaputo che i lavoratori disabili rappresentano il gruppo meno numeroso tra le fasce deboli della popolazione, e questo è il motivo per cui le imprese con lavoratori disabili sono spesso in numero minore delle imprese con lavoratori immigrati o scarsamente qualificati. Purtroppo non è possibile fornire dati più precisi sulla maggiore o minore probabilità con cui i gruppi svantaggiati di lavoratori sono inseriti nei corsi di formazione professionale. Tale valutazione sarebbe fattibile solo registrando il numero esatto di dipendenti per ciascun gruppo svantaggiato in organico presso ogni azienda intervistata (informa126 Grafico 3. Numero di imprese che fanno formazione per tipo di gruppo svantaggiato coinvolto e tipo di formazione organizzata. zioni raccolte solo in parte nell’ambito dell’indagine italiana18). Le norme sulla protezione dei dati sensibili e soprattutto quelle a tutela dei disabili, immigrati e minoranze etniche e linguistiche hanno disincentivato la raccolta di questo tipo di informazioni19. L’80% delle imprese i cui programmi di formazione si rivolgono ad almeno un gruppo di lavoratori svantaggiati (rispetto al numero totale di imprese eroganti attività di formazione) costituisce il solo e unico indicatore disponibile della partecipazione dei lavoratori alla formazione continua. Come evidenziato dal grafico seguente, esistono enormi differenze tra i vari Paesi, anche tra quelli appartenenti alla stessa macroarea geografica. Nel Regno Unito e in Svezia, Portogallo e Spagna, tutte le aziende che offrono corsi di formazione coinvolgono i lavoratori svantaggiati. La percentuale diminuisce negli altri Paesi, fino a quasi 3 su 4 in Italia e Slovacchia, e con 18 Nell’indagine italiana, alle imprese è stato chiesto se tra i propri dipendenti fossero presenti lavoratori svantaggiati appartenenti a una delle categorie di cui sopra; alle imprese non è stato però chiesto di specificare il numero esatto di tali addetti. In base ai dati raccolti, la percentuale di imprese senza lavoratori disabili è inferiore all’1%. 19 Nei Paesi in cui esiste una normativa vigente a sostegno del lavoro dei disabili, l’indagine sui lavoratori potrebbe essere condizionata da comportamenti opportunistici difficilmente verificabili. 127 un 65,8% in Polonia. Il tasso più basso si registra in Romania, dove solo il 30,5% delle imprese che fanno formazione coinvolge lavoratori appartenenti a gruppi svantaggiati. Grafico 4. Percentuale di imprese che coinvolgono i gruppi svantaggiati nelle attività di formazione professionale (specifiche e non) suddivise per Paese Le politiche formative più eque dei Paesi dell’Europa settentrionale potrebbero essere alla base dei dati riportati nel grafico, come sostiene anche la letteratura disponibile (Bassanini et al., 2005). Tuttavia, essi potrebbero anche dipendere dal fatto che questi Paesi hanno un numero molto ridotto di imprese senza lavoratori svantaggiati; la percentuale più alta riscontrabile in Spagna e Portogallo potrebbe confermare questa ipotesi. Se questa situazione fosse stata verificata in tutti i Paesi coinvolti dalla ricerca, allora le percentuali riportate nelle tabelle di cui sopra fornirebbero una stima accurata dell’esistenza di pratiche non inclusive inerenti alla formazione continua dei gruppi svantaggiati. Le imprese intervistate che hanno offerto programmi di formazione ai propri dipendenti sono state raccolte in due gruppi non sovrapposti tra loro. Nel primo gruppo è stato inserito il 63% delle imprese intervistate e oltre l’80% delle imprese che hanno fatto formazione. Queste aziende hanno erogato corsi di formazione rivolti al personale interno, nell’ottica di aumentare i profitti o stimolare l’innovazione. Una parte di queste imprese ha coinvolto i lavoratori svantaggiati, senza però aver calibrato i corsi sulle esigenze specifiche di questi gruppi o soggetti. 128 Il secondo gruppo ha erogato programmi di formazione professionale attentamente calibrati sulle esigenze di uno o più gruppi di lavoratori svantaggiati. Questi programmi di formazione comprendono, ad esempio, corsi di lingue per immigrati, oppure moduli metodologici per rispondere alle esigenze dei lavoratori disabili. Sono compresi anche i programmi implementati in collaborazione con scuole ed enti di formazione professionale, rivolti ai giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Le imprese intervistate che presentavano queste caratteristiche rappresentano quasi il 15% del totale delle imprese e solo il 19% delle imprese che fanno formazione. La presenza di programmi di formazione professionale mirati non indicano necessariamente da parte delle imprese un maggiore o migliore coinvolgimento nella formazione dei lavoratori svantaggiati. Non tutti i lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati hanno la necessità di una formazione specifica mirata alle esigenze di singoli individui o gruppi. L’inserimento dei lavoratori svantaggiati (a rischio di esclusione sociale) nella formazione aziendale rivolta a tutto il personale è indicativa dell’integrazione sociale di questi soggetti e di un approccio inclusivo. Per valutare in maniera approfondita il livello qualitativo dei programmi di formazione implementati dalle imprese, occorrerebbe tenere conto delle specifiche condizioni della singola impresa. Tuttavia, l’implementazione di specifici programmi formativi rivolti a uno o più gruppi di lavoratori svantaggiati potrebbe essere l’indicatore di una maggiore sensibilità nei confronti dei bisogni dei gruppi svantaggiati, e pertanto di una maggiore qualità dei corsi di formazione erogati. Tabella 38. Imprese che fanno formazione e imprese che non fanno formazione per tipo di formazione: generica o mirata per i gruppi svantaggiati N° Imprese che Imprese che Imprese che non fanno fanno formazione fanno formazione formazione professionale professionale generica mirata per GS20 483 % di tutte le imprese 21,8% % di tutte le imprese che fanno formazione 1405 331 63,3% 14,9% 80,9% 19,1% Assente Totale 1 2220 0,0% 100,0% 20 Gruppi svantaggiati. 129 La rilevazione consente di analizzare da vicino le principali caratteristiche dei due gruppi di imprese che fanno formazione. La percentuale di imprese che attuano specifici programmi rivolti ai gruppi svantaggiati è più alta se si tratta di lavoratori anziani, lavoratori scarsamente qualificati e giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Pochissime imprese organizzano specifici programmi formativi rivolti a disabili, immigrati o lavoratori appartenenti a minoranze. La tabella seguente mostra che solo il 50,9% delle imprese intervistate coinvolge i lavoratori anziani, e quasi il 45% delle aziende coinvolge immigrati o persone appartenenti a minoranze. La quota più bassa si registra tra le imprese che coinvolgono i disabili (20,9%), seguita dalle aziende che coinvolgono i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi (23,2%) e i lavoratori scarsamente qualificati (35%). Tabella 39. Imprese che coinvolgono gruppi svantaggiati nella formazione professionale sul totale delle imprese analizzate dalla ricerca, per tipo di svantaggio e formazione (generica o mirata) Persone disabili Immigrati/Minoranze Lavoratori anziani Persone scarsamente qualificate Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi 100 = n. imprese intervistate (2219) Imprese che Imprese che Imprese che fanno formazione fanno formazione fanno professionale professionale formazione generica mirata per GS 14,7% 6,2% 20,9% 34,6% 10,3% 44,9% 24,3% 10,7% 35,0% 38,3% 14,1% 12,6% 9,1% 50,9% 23,2% La tabella seguente verte sul confronto tra le imprese che offrono formazione generica ai propri dipendenti (compresi i lavoratori svantaggiati) e le imprese che organizzano una formazione mirata per i gruppi svantaggiati. Le variabili sono costituite dalla dimensione dell’impresa, dal settore di attività e dalle condizioni finanziarie. 130 Tabella 40. Percentuale di imprese che fanno formazione per macrosettore, numero di addetti e tipo di attività formativa. Imprese che Imprese che Imprese che fanno formazione fanno formazione fanno professionale professionale formazione generica mirata per GS Manifatturiero Micro e piccole imprese Medie imprese Assente Servizi Grandi imprese Micro e piccole imprese Medie imprese Assente Grandi imprese Altre imprese (costruzioni) Totale 31,7% 31,7% 31,7% 12,4% 16,9% 13,2% 0,1% 0,0% 0,1% 15,1% 4,2% 7,6% 7,2% 13,7% 4,8% 52,1% 53,8% 52,4% 17,4% 15,8% 17,1% 0,0% 0,0% 0,0% 22,8% 11,9% 16,2% 100,0% 14,2% 23,8% 14,5% 100,0% 21,2% 14,2% 15,9% 100,0% I dati mostrano una scarsa correlazione tra macrosettore di attività e probabilità che l’impresa abbia organizzato programmi di formazione professionale mirata per i gruppi svantaggiati. Le imprese del settore manifatturiero sono rappresentate equamente tra le imprese che organizzano formazione generale e tra le quelle che organizzano formazione specifica per rispondere alle esigenze dei gruppi svantaggiati. Le probabilità di organizzare formazione specifica diminuiscono quando si tratta di imprese di costruzioni. Dall‘altro lato, si può notare una correlazione positiva tra le imprese che organizzano formazione specifica e la dimensione delle stesse. Le imprese che fanno formazione specifica per i gruppi svantaggiati sono di grandi dimensioni e operano nel macrosettore dei servizi, seguite dalle aziende manifatturiere di medie dimensioni. Se consideriamo le imprese che organizzano solo programmi di formazione generica, notiamo come le aziende di costruzioni e le piccole imprese manifatturiere e di servizi siano ampiamente rappresentate, come mostra il loro peso totale nel campione; questo indica, da parte loro, una scarsa probabilità di erogare corsi formativi mirati sulle esigenze dei gruppi svantaggiati. 131 Relativamente al dinamismo delle imprese, le rilevazioni mostrano chiaramente che le imprese apparentemente più dinamiche e di grandi dimensioni hanno maggiori probabilità di offrire programmi di formazione professionale ad hoc per gruppi svantaggiati. Le imprese che organizzano attività formative specifiche per i propri dipendenti (rispetto al numero totale di imprese che fanno formazione) sono in genere le imprese che esportano e quelle che prevedono un aumento dei ricavi, il lancio di nuovi prodotti, un cambiamento organizzativo o un incremento nel numero di addetti. Tabella 41. Indicatori di performance delle imprese che fanno formazione N° % imprese di esportazioni che prevedono un aumento dei ricavi che prevedono il lancio di un nuovo prodotto che prevedono un cambiamento organizzativo che prevedono un aumento nel numero di addetti che prevedono una riduzione nel numero di addetti Imprese che Imprese che Imprese che fanno formazione fanno formazione fanno professionale professionale formazione generica mirata per GS 1405 331 1736 35,4% 45,0% 37,2% 4,4% 12,1% 5,8% 36,0% 41,1% 37,0% 26,9% 35,0% 28,4% 20,4% 23,9% 21,1% 12,2% 20,8% 13,8% La quota di aziende che prevedono di ridurre il personale è superiore alla media tra le aziende che utilizzano la formazione specifica. Questo dato è in contrasto con l’intero campione di imprese esaminate, comprensivo di aziende non dotate di programmi di formazione. Pertanto, sembra che le imprese che prevedono di ridurre il personale siano tendenzialmente sotto rappresentate tra le imprese che fanno formazione ma ampiamente rappresentate tra le imprese che offrono formazione specifica per i gruppi svantaggiati. 132 L’impegno delle imprese nei confronti dell’organizzazione di formazione specifica per i soggetti svantaggiati non è omogeneo rispetto ai vari tipi di svantaggio. Nella seguente tabella, sono riportate le imprese che coinvolgono i lavoratori svantaggiati in rapporto al tipo di svantaggio. La percentuale di aziende che offrono formazione specifica costituisce quasi il 40% tra le imprese che coinvolgono i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Circa il 30% (29,5%) delle imprese organizza attività formative per i lavoratori disabili, mentre una percentuale simile (30,6%) si rivolge ai lavoratori scarsamente qualificati. Al contrario, solo il 22,8% delle imprese coinvolge nelle attività formative i lavoratori immigrati e le minoranze e solo il 24,8% delle imprese coinvolge i lavoratori anziani. Una possibile spiegazione per queste differenze potrebbe venire dalla grande diffusione di agenzie formative specializzate nell’istruzione dei giovani, dei lavoratori scarsamente qualificati e dei disabili. Si è anche riscontrato un incremento della presenza delle iniziative formative ad hoc per le categorie svantaggiate nell’ambito dei programmi a finanziamento pubblico. Spesso le iniziative formative per questi gruppi possono contare sulla collaborazione degli istituti scolastici per quanto riguarda la parte generale dei corsi. Una parte della formazione rivolta ai disabili e ai giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi non è legata alla soddisfazione di una qualche forma di obbligo. Più spesso che in altri casi, le imprese che fanno formazione ricevono un sostegno diretto da parte degli enti pubblici, i quali suggeriscono i contenuti da inserire nei corsi. Tabella 42. Imprese che fanno formazione per tipo di formazione e tipo di gruppo svantaggiato Persone disabili Immigrati/Minoranze Lavoratori anziani Persone scarsamente qualificate Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi Imprese che Imprese che Imprese che fanno formazione fanno formazione fanno professionale professionale formazione generica mirata per GS 70,5% 29,5% 100,0% 75,2% 24,8% 100,0% 60,8% 39,2% 100,0% 77,2% 69,4% 22,8% 30,6% 100,0% 100,0% 133 Solitamente le imprese che fanno formazione e quelle che fanno formazione ad hoc per il personale disabile sono di dimensioni più grandi e più dinamiche. Tuttavia questo non spiega del tutto la variabilità dei comportamenti osservati nelle imprese dislocate negli otto Paesi coinvolti nella ricerca. I lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati non hanno accesso alle stesse opportunità formative. Come si evince dal grafico di seguito riportato, le imprese che non fanno formazione sul totale degli intervistati vanno da un 8% in Slovacchia al 39% in Polonia. In Italia e Regno Unito la quota è del 25%. Inoltre, la percentuale di imprese che fanno formazione mirata è solo del 3% sul totale delle imprese intervistate in Romania, e il 7% in Polonia. Questa quota si attesta tra l’11% e il 15% in Italia, Spagna e Svezia, salendo al 19% e 26% rispettivamente in Slovacchia e Regno Unito. La percentuale più alta si riscontra in Portogallo, pari al 43%. Grafico 5. Percentuale di imprese per Paese e attività di formazione professionale La classificazione dei Paesi europei in macroaree mostra che la percentuale più bassa di imprese che non fanno formazione si riscontra nei tre Paesi dell’Europa meridionale (Italia, Spagna e Portogallo), seguiti dai due Paesi 134 dell’Europa settentrionale (Regno Unito e Svezia). La media più alta si registra in Europa orientale. I Paesi dell’Europa meridionale e settentrionale condividono la stessa quota di imprese (19%) che sostengono di offrire formazione mirata a uno o più gruppi svantaggiati, mentre questa quota è inferiore al 9% in Europa orientale. La quota di imprese che offrono formazione professionale generica (talvolta rivolta anche ai gruppi svantaggiati) è simile in tutte e tre le macroaree considerate. Questi dati consentono un confronto con i sistemi di istruzione e formazione, i sistemi inerenti alle relazioni industriali, il funzionamento del mercato del lavoro e la struttura dello stato sociale nelle macroaree interessate. Tuttavia, in questo caso non è facile collegare lo scostamento tra comportamento medio delle imprese in ogni Paese e caratteristiche associabili ai cluster territoriali in cui sono raggruppati i Paesi europei. Le profonde differenze tra un Paese e l’altro permangono anche raggruppando tali Paesi in macroaree geografiche: i dati emersi dall’indagine sulle aziende italiane, ad esempio, si discostano parecchio dai risultati medi di Spagna e Portogallo. Lo stesso si può dire mettendo a confronto i dati dei tre Paesi dell’Europa orientale, anche se con differenze statistiche apparentemente meno pronunciate rispetto ai tre Paesi del Mediterraneo. Solo nel caso dell’Europa nel nord, si nota una certa omogeneità. Grafico 6. Percentuale di imprese per tipo di formazione professionale e zona geografica in Europa 135 Riepilogando, si osserva che: 1. l’indagine non consente di fornire una valutazione quantitativa delle pratiche di formazione continua esplicitamente discriminatorie nei confronti delle persone svantaggiate. Tuttavia, possiamo affermare che circa il 20% delle imprese esaminate che fanno formazione non coinvolge nei corsi il personale appartenente ai gruppi considerati, malgrado la presenza di lavoratori svantaggiati nell’organico di quasi tutte queste imprese. La situazione è più critica in Europa dell’est e meno critica al sud, con un netto miglioramento nei Paesi dell’Europa settentrionale; 2. la quota di aziende che organizzano attività formative specifiche per rispondere ai bisogni dei lavoratori svantaggiati è di poco inferiore al 20% (19,1%) tra tutte le imprese che fanno formazione. Questo dato non è distribuito uniformemente in tutti i Paesi interessati e non riguarda allo stesso modo i vari gruppi considerati. I giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, i lavoratori disabili e i lavoratori scarsamente qualificati hanno maggiori probabilità di ricevere una formazione adeguata ai propri bisogni, rispetto a immigrati, minoranze e lavoratori anziani. Questa situazione è condizionata dalle politiche a sostegno della formazione sul posto di lavoro; 3. le imprese più attive dal punto di vista dell’inserimento dei lavoratori svantaggiati nelle attività formative sono in genere le imprese di medie e grandi dimensioni. Tuttavia, anche le piccole e medie imprese si occupano di formazione professionale per i gruppi svantaggiati. Viene dunque confermata l’ipotesi secondo la quale le imprese più dinamiche sono più propense a offrire formazione ai gruppi svantaggiati. Allo stesso modo, le imprese che prevedono di aumentare il personale sono più attive per quanto riguarda la formazione professionale, rivolta ai lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati. Contenuto dei corsi, risorse finanziarie e bisogni formativi In questo paragrafo si analizzano le risorse finanziarie, i contenuti dei corsi e i bisogni cui la formazione professionale intende rispondere. La finalità è di approfondire l’influenza degli enti pubblici e delle normative sul tipo e sui contenuti dei corsi organizzati dalle imprese. 136 Tabella 43. Contenuto dei corsi promossi dalle aziende intervistate nell’ambito della ricerca Imprese che fanno formazione professionale generica Imprese che fanno formazione professionale mirata per GS % salute e sicurezza sul lavoro 82,1% 85,3% % qualità e innovazione 49,4% N° % utilizzo dei macchinari, tecniche di produzione e trasformazione 1405 51,9% 331 58,3% 54,2% % amministrazione, contabilità e finanze 41,5% 54,3% % comunicazione, marketing, tecniche di vendita, pubblicità 33,7% 48,7% % lingue straniere 24,1% 34,9% % informatica % gestione delle risorse umane 34,7% 31,1% 53,1% 44,7% L’argomento principale dei corsi di formazione riguarda la sicurezza e la tutela dei lavoratori. Oltre l’82% delle imprese analizzate ha inserito questa tematica nei propri programmi formativi. La percentuale è ancora più alta tra le imprese che offrono attività formative ai gruppi svantaggiati (85,3%). Come noto, la formazione sulla sicurezza e la tutela dei lavoratori è sostenuta e finanziata dalla pubblica amministrazione nell’ottica di promuovere il rispetto delle norme e procedure di sicurezza sul posto di lavoro. Pertanto è evidente che una buona percentuale di imprese si preoccupa innanzi tutto di osservare le norme che impongono di informare e addestrare i lavoratori sulle procedure di sicurezza. Le altre tematiche sembrano più che altro connesse allo specifico knowhow delle singole imprese, a prescindere dal settore economico di attività. Ad esempio, l’utilizzo dei macchinari, le tecniche di produzione e trasformazione sono riscontrabili in qualsiasi processo produttivo. Circa la metà delle imprese analizzate ha offerto questo tipo di formazione, con una percentuale di quasi il 60% nel caso di imprese che offrono formazione professionale ad hoc per persone svantaggiate. Al contrario, le percentuali più basse si riscontrano per i corsi su informatica, comunicazione, marketing, pubblicità e gestione delle risorse umane. L’indagine sui contenuti della for137 mazione promossa dalle imprese per i propri addetti ha spesso evidenziato la diffusione di questi argomenti. All’opposto, tra tutte le imprese che organizzano formazione generica, solo una su tre affronta queste materie e la metà delle imprese che fanno formazione mirata dichiara di inserire queste materie tra i corsi. Una possibile spiegazione al declino dell’informatica nei corsi di formazione professionale viene dal fatto che il personale ha molto probabilmente acquisito queste competenze prima di entrare nel mondo del lavoro. Inoltre l’informatica, la comunicazione e la vendita sono attività più esposte alle contrazioni economiche. La formazione professionale sul tema della “gestione delle risorse umane” è più diffusa tra le imprese che offrono formazione mirata rispetto alle imprese che offrono solo formazione generica. Questo è un punto interessante perché solleva la questione dell’esigenza più o meno pronunciata, da parte del personale svantaggiato, di approfondire queste aree tematiche. Analogamente, la percentuale di aziende che organizzano corsi di lingue straniere è maggiore tra le imprese che offrono formazione mirata ai propri dipendenti rispetto alle imprese che fanno formazione generica (34% contro il 24%). La selezione degli argomenti potrebbe dipendere dal ruolo ricoperto in azienda dai lavoratori svantaggiati (nei casi in cui tali soggetti siano inseriti nelle attività di formazione professionale). Questa ipotesi trae origine dalle risposte date nell’ambito dell’indagine condotta. Oltre la metà (53,8%) di tutte le imprese che fanno formazione utilizza risorse proprie per finanziare i corsi per il proprio personale, e una percentuale leggermente inferiore (49,7%) si registra per le imprese che fanno formazione mirata. I finanziamenti pubblici sono disponibili per il 48,8% delle imprese che offrono formazione mirata ai soggetti svantaggiati e per il 34,2% delle imprese che offrono formazione generica. Il dato più importante riguarda la quota trascurabile di imprese (meno dell’1%) che afferma di aver ricevuto finanziamenti pubblici per promuovere e organizzare attività formative per rispondere ai bisogni delle persone appartenenti alle fasce deboli. La percentuale di mancate risposte alle domande sui finanziamenti pubblici è piuttosto elevata: quasi il 13% delle imprese che offrono formazione ad hoc e quasi il 15% delle imprese che offrono formazione generica. Queste cifre potrebbero essere indicative di una limitata diffusione delle informazioni utili sulle risorse pubbliche disponibili. 138 Tabella 44. Risorse finanziarie destinate alle attività di formazione professionale, per tipo di formazione N° % imprese con corsi di formazione interamente finanziati dall’impresa che ha ricevuto contributi da enti pubblici per la realizzazione di attività formative in generale che ha ricevuto contributi da enti pubblici per attività formative rivolte ai gruppi svantaggiati Imprese che Imprese che fanno che fanno formazione formazione professionale professionale generica mirata per GS Imprese che fanno formazione Valori Valori mancanti mancanti per la cat. per la cat. “formazione “formazione generica” mirata” 331 1405 1736 54,7% 49,7% 53,8% 5,7% 2,1% 34,2% 48,8% 37,0% 14,7% 12,7% 1,4% 0,7% 0,8% 14,7% 12,7% Benché le imprese attive nella formazione professionale per i gruppi svantaggiati abbiano maggiori possibilità di accedere ai finanziamenti pubblici, sono molto poche le imprese che colgono in maniera chiara l’impegno pubblico a sostenere la formazione mirata per i lavoratori svantaggiati. La maggioranza delle aziende finanzia le attività formative utilizzando risorse proprie. Questo vale sia per la formazione generica, sia per la formazione mirata. Il coinvolgimento degli enti pubblici nel finanziamento della formazione professionale varia da Paese a Paese. Si possono osservare tre scenari: • in Romania, Slovacchia e Polonia, solo un numero limitato di imprese afferma di aver ricevuto finanziamenti pubblici; • in Spagna e Portogallo, la maggioranza delle imprese ha ricevuto finanziamenti pubblici; • in Italia e Regno Unito, la maggioranza delle aziende finanzia la formazione professionale con mezzi propri, pur essendovi una discreta minoranza di aziende che ha ricevuto finanziamenti pubblici. 139 Grafico 7. Percentuale di imprese che fanno formazione per fonte di finanziamento (formazione professionale generica/formazione professionale mirata) (dati sui contributi pubblici assenti per la Svezia) Alle imprese che fanno formazione è stato chiesto di specificare il motivo per cui hanno attuato programmi di formazione professionale. Anche tra le imprese che fanno formazione, solo un 26% promuove la formazione a sostegno dei futuri bisogni di competenze (Cedefop, 2010). Le risposte confermano quanto già ampiamente dibattuto nella letteratura e permettono di sviscerare ulteriormente le esigenze delle aziende specificamente legate all’istruzione dei soggetti svantaggiati. Tabella 45. Percentuale di imprese che offrono formazione, per tipo di bisogno N° Imprese che Imprese che Imprese che fanno formazione fanno formazione fanno professionale professionale formazione generica mirata per GS 331 1405 1736 % esigenze dell’impresa 96,7% 93,1% 93,8% % su consiglio dell’ente di formazione 49,2% 42,6% 43,9% 30,5% 24,7% 25,8% % esigenze dei lavoratori % su consiglio dei fornitori/ clienti dell’azienda % novità legislativa 140 91,8% 49,8% 82,7% 51,4% 84,5% 51,1% Quasi tutte le attività formative sono atte a soddisfare i bisogni delle imprese. È interessante sottolineare come questa affermazione riguardi in misura minore le imprese che hanno svolto attività formative mirate per i gruppi svantaggiati. Le esigenze dei lavoratori sono tenute in grande considerazione: in media circa l’84% di tutte le imprese, e quasi il 92% delle imprese che fanno formazione generica, ma stranamente solo l’82,7% delle imprese che fanno formazione mirata. Oltre la metà delle imprese intervistate organizza corsi di formazione per soddisfare obblighi normativi, ad esempio in riferimento al tema della salute e tutela dei lavoratori, in particolare in caso di emanazione di nuove disposizioni. Le pressioni esercitate dagli enti di formazione rivestono un ruolo piuttosto importante e riguardano circa il 43,9% delle imprese, con una percentuale maggiore tra le imprese che fanno esclusivamente formazione generica rispetto alle imprese attive nell’organizzazione della formazione specifica. Queste considerazioni confermano l’importanza del sostegno pubblico alla formazione organizzata dalle aziende, soprattutto quando coinvolge direttamente i gruppi di lavoratori svantaggiati. I finanziamenti pubblici (a copertura del costo della formazione aziendale) e gli specifici corsi (promozione della sicurezza e della tutela dei lavoratori) caratterizzano la formazione professionale improntata ai bisogni dei gruppi svantaggiati. Le agenzie formative svolgono un ruolo importante, mettendo a disposizione competenze e programmi che le imprese non sarebbero diversamente in grado di realizzare con le proprie risorse. Tra i gruppi svantaggiati La tabella seguente contiene una ripartizione delle imprese che offrono formazione generica e formazione ad hoc per i gruppi svantaggiati, tenendo conto del tipo di svantaggio21. Anche se a un primo sguardo i risultati riproducono i dati forniti alla Tabella 27, si può osservare che: 1. le medie imprese sono più attive nella formazione per immigrati rispetto alla formazione di altro personale svantaggiato; 2. le grandi imprese sono generalmente più attive nella formazione dei disabili rispetto ad altre categorie svantaggiate; 21 La tabella è stata compilata dall’autore del presente rapporto. 141 142 % altre imprese (costruzioni) % grandi imprese di servizi % medie imprese di servizi 8,9% 22,5% 19,4% 14,5% 16,2% 19,2% 9,0% 7,3% % micro e piccole imprese di servizi 5,4% 44,4% 9,0% % imprese di servizi 49,2% 21,3% 14,4% 10,7% 22,2% 41,1% 27,6% 41,9% 36,2% 43,8% 28,5% 19,7% 44,1% 360 364 Immigrati/ Minoranze % grandi imprese manifatturiere % medie imprese manifatturiere % micro e piccole imprese manifatturiere % imprese manifatturiere % grandi imprese (>250 addetti) % medie imprese (51-249 addetti) % micro e piccole imprese (1-49 addetti) N° Disabili 36,8% 17,9% 10,5% 17,1% 21,0% 56,0% 5,0% 15,5% 13,0% 33,5% 24,3% 38,9% 892 Lavoratori anziani 34,3% 13,8% 12,7% 19,0% 13,9% 46,7% 5,1% 18,2% 17,1% 40,6% 29,4% 36,2% 614 Persone scarsamente qualificate 31,1% 12,3% 12,1% 25,9% 9,4% 47,7% 7,9% 17,3% 14,8% 40,2% 41,0% 27,7% 411 Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi Tabella 46. Caratteristiche delle imprese che offrono formazione (generica e/o mirata) ai gruppi svantaggiati, per tipo di svantaggio, dimensione e settore di attività 143 % imprese che prevedono una riduzione nel numero di addetti % imprese che prevedono un aumento nel numero di addetti % imprese che prevedono un cambiamento organizzativo % imprese che prevedono il lancio di un nuovo prodotto % imprese che prevedono un aumento dei ricavi % imprese di esportazioni N° 360 43,5% 10,9% 44,1% 32,7% 61,6% 38,4% 46,3% 11,2% 44,9% 35,7% 58,2% 41,8% Immigrati/ Minoranze 364 Disabili 41,0% 59,0% 29,5% 42,3% 9,1% 40,3% 892 Lavoratori anziani 43,8% 56,2% 32,4% 41,1% 10,9% 43,7% 614 Persone scarsamente qualificate 40,8% 59,2% 35,3% 48,3% 14,0% 49,5% 411 Giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi 13,8% 21,1% 28,4% 37,0% 5,8% 37,2% 1736 Imprese che fanno formazione Tabella 47. Indicatori di performance delle imprese che offrono formazione professionale e tipo di svantaggio 3. le aziende manifatturiere, soprattutto se di piccole o piccolissime dimensioni, mostrano una minore propensione a offrire formazione ai lavoratori anziani; 4. le micro e piccole imprese manifatturiere si mostrano più propense a offrire formazione ai lavoratori scarsamente qualificati; 5. le grandi imprese nel macrosettore dei servizi sono in genere più attive nella formazione professionale dei giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, rispetto ad altre categorie svantaggiate. L’analisi dei dati della Tabella 47 conferma l’ipotesi avanzata in merito alla correlazione positiva tra maggior dinamismo delle imprese e impegno alla formazione professionale per i gruppi svantaggiati. Tuttavia si può anche osservare che: 1. la percentuale di imprese che esportano costituisce il 50% delle imprese che coinvolgono nei corsi i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, ma solo il 40% delle imprese che fanno formazione per i lavoratori anziani; 2. le imprese che si occupano della formazione dei lavoratori anziani registrano le percentuali più basse tra le imprese che prevedono un incremento dei ricavi, il lancio di nuovi prodotti o l’implementazione di cambiamenti organizzativi; 3. le imprese che prevedono un aumento del personale hanno più probabilità di inserire gli immigrati e le minoranze nei corsi di formazione, a conferma delle effettive condizioni del mercato del lavoro nella stragrande maggioranza dei Paesi occidentali. Il parere delle imprese Il questionario ha permesso di definire un quadro abbastanza preciso delle opinioni delle imprese in merito alla formazione dei lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati. Oltre i due terzi delle imprese che offrono formazione riconoscono che la formazione indirizzata ai dipendenti ha avuto ricadute positive e molto positive. La risposta è molto positiva tra le imprese che offrono formazione mirata per il personale svantaggiato (80%). Questo risultato potrebbe dipendere indirettamente da una maggior efficienza delle attività formative mirate. Tuttavia, solo l’11% delle imprese che fanno formazione ritiene che la formazione sia più efficace per i lavoratori svantaggiati rispetto a tutti gli 144 Tabella 48. Imprese che fanno formazione: pareri sulla formazione professionale generica e mirata. % in cui la formazione professionale ha determinato un grande o sufficiente miglioramento per i lavoratori % in cui i gruppi svantaggiati trarrebbero più vantaggio da una formazione più mirata % indispensabile per ottenere il massimo dai lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati % in cui la formazione professionale ha aumentato le capacità dei gruppi svantaggiati % in cui la formazione professionale ha diminuito le capacità dei gruppi svantaggiati % in cui la formazione professionale ha mantenuto invariate le capacità dei gruppi svantaggiati Imprese che Imprese che Imprese che fanno formazione fanno formazione fanno professionale professionale formazione generica mirata per GS 75,9% 80,0% 76,8% 32,6% 53,2% 40,0% 42,0% 65,8% 51,3% 7,8% 19,7% 11,1% 4,4% 2,9% 4,2% 87,8% 77,4% 86,1% altri lavoratori. Al contrario, tra le imprese che fanno formazione, pochissime (il 4,2%) ritengono che la formazione professionale sia meno efficace per i lavoratori svantaggiati rispetto agli altri lavoratori, e questo vale in modo particolare per le imprese che fanno formazione mirata. La grande maggioranza (86,1%) delle imprese che fanno formazione ritiene che la formazione per i soggetti svantaggiati sia altrettanto efficace della formazione per tutti gli altri lavoratori. 145 Queste caratteristiche potrebbero suggerire che le opinioni sull’efficacia della formazione professionale per i lavoratori svantaggiati sono fortemente condizionate dalle esperienze delle imprese stesse. Circa il 40% delle imprese che fanno formazione ritiene più opportuno inserire i lavoratori svantaggiati all’interno di attività specificamente calibrate sulle loro esigenze. La percentuale sale al 53,2% tra le imprese che hanno esperienza diretta di questo tipo di formazione. Infine, il 51,3% delle imprese che fanno formazione ritiene altrettanto indispensabile formare il personale appartenente ai gruppi svantaggiati per aumentarne il rendimento. La percentuale diminuisce significativamente tra le imprese che non hanno avuto alcuna esperienza di formazione ad hoc per i gruppi svantaggiati. Tabella 49. Percentuale di imprese che fanno formazione e loro parere sulla formazione professionale mirata % in cui la formazione professionale ha apportato grandi o sufficienti miglioramenti % in cui i gruppi svantaggiati trarrebbero maggior beneficio da una formazione più mirata % indispensabile per ottenere il massimo dai lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati % in cui la formazione professionale ha aumentato le capacità dei gruppi svantaggiati % in cui la formazione professionale ha diminuito le capacità dei gruppi svantaggiati % in cui la formazione professionale ha mantenuto invariate le capacità dei gruppi svantaggiati 146 Imprese che Imprese che Imprese che fanno formazione fanno formazione fanno professionale professionale formazione generica mirata per GS 75,9% 80,0% 76,8% 32,6% 53,2% 40,0% 42,0% 65,8% 51,3% 7,8% 19,7% 11,1% 4,4% 2,9% 4,2% 87,8% 77,4% 86,1% Quasi il 40% delle imprese con esperienza di formazione ad hoc per i gruppi svantaggiati ha ritenuto che l’implementazione delle attività formative fosse troppo dispendiosa. La percentuale scende (32,8%) tra le imprese che offrono formazione generica, e ciò è probabilmente dovuto a una loro minore esperienza in questo campo. Anche se una parte delle imprese intervistate ritiene che i vincoli economici costituiscano degli ostacoli alle attività formative, è anche vero che la loro assenza potrebbe impedire la diffusione della formazione mirata per i soggetti svantaggiati o il loro inserimento nelle attività generiche organizzate dalle imprese, soprattutto quando sono presenti persone disabili. Questi ultimi richiedono spesso servizi integrativi di assistenza e le aziende devono acquisire dall’esterno attività formative calibrate. Una minoranza di imprese intervistate (43,2%) ritiene che la formazione specifica, mirata sulle particolari esigenze dei gruppi svantaggiati, sia difficile da trovare e poco diffusa nel loro settore di attività. Una percentuale leggermente più alta (48,2%) si riscontra tra le aziende che offrono formazione mirata. Inoltre, solo il 32,5% delle imprese che offrono formazione professionale generica ritiene che le opportunità formative adeguate per i gruppi svantaggiati siano di difficile individuazione. Inaspettatamente il 41,7% delle imprese che offrono formazione professionale mirata dichiara che le attività mirate sono difficili da trovare, segno che la maggioranza delle imprese è a conoscenza di iniziative in questo ambito, ma ha difficoltà nella definizione della formazione mirata. La situazione varia considerevolmente da un Paese all’altro. Portogallo, Polonia e Romania registrano la percentuale più alta di imprese che dichiarano di ritenere molto dispendiosa la formazione mirata (dal 45% al 58%). Questo potrebbe dipendere dalla grande varietà di situazioni presenti da un Paese all’altro. Infatti, Polonia e Romania hanno registrato la percentuale più bassa di imprese che inseriscono i gruppi svantaggiati nelle attività di formazione mirata. La loro opinione potrebbe dipendere dal fatto che esistono relativamente poche informazioni sulle reali difficoltà a fare formazione mirata. Al contrario, in Portogallo si è registrata la più alta percentuale di imprese che coinvolgono le persone svantaggiate nella formazione mirata, con oltre il 40% di imprese destinatarie di finanziamenti pubblici per la formazione. In questo caso, l’esperienza motiva il costo maggiore delle offerte di formazione professionale. 147 Grafico 8. Opinioni sull’implementazione di attività formative mirate da parte delle imprese attive nella formazione professionale Come precedentemente illustrato, le imprese che offrono formazione in Portogallo e Romania affermano più facilmente che la formazione mirata è difficile da trovare e poco diffusa nel loro settore, seguiti da Italia e Slovacchia. Al contrario, sembra che in Svezia e Regno Unito le attività formative rivolte alle persone svantaggiate siano più diffuse. Quasi tre aziende su quattro (74,7%) tra quelle che fanno formazione mirata si ritengono soddisfatte delle attività formative organizzate per il personale svantaggiato. La percentuale scende leggermente (al 70,9%) tra le imprese che hanno organizzato attività di formazione generica. Analogamente, l’88% delle imprese che offrono formazione mirata la ritiene indispensabile ai fini dell’organizzazione delle attività formative, registrando una percentuale più alta rispetto alle aziende che offrono solo formazione generica (80%). Rispetto all’alto numero di imprese che ritengono necessario organizzare attività formative integrative, la quota di imprese interessate a organizzare attività formative integrative scende al 41% tra le imprese con esperienze precedenti in questo ambito, e al 22,0% tra le imprese che offrono formazione generica (Tabella 50). Le imprese esperte nell’organizzazione di attività formative mirate risultano quelle più soddisfatte per la formazione del personale. Questo risultato potrebbe essere legato alla soddisfazione rispetto alle precedenti esperienze, alla disponibilità di fondi pubblici o al fatto di avere coinvolto più lavoratori svantaggiati nei corsi. 148 Tabella 50. Valutazione dell’importanza e della soddisfazione rispetto alla formazione del personale % grado di soddisfazione “eccellente” e “buono” rispetto alla formazione professionale per GS % necessità di organizzare ulteriori attività formative % necessità di organizzare attività formative più mirate Formazione professionale generica Formazione professionale mirata Imprese che fanno formazione 70,9% 74,7% 71,7% 80,0% 88,0% 81,6% 22,0% 41,0% 25,7% Tabella 51. Imprese non interessate a organizzare attività formative in futuro aperte alle persone svantaggiate % a causa dell’aumento dei costi della formazione % a causa di vincoli burocratici % a causa del rischio di dimissioni del personale dopo il corso Formazione professionale generica Formazione professionale mirata Imprese che fanno formazione 27,9% 35,1% 29,3% 43,3% 63,2% 47,1% 49,0% 46,6% 48,5% Oltre il 35% delle imprese che offre formazione mirata non considera la possibilità di organizzare altre attività in futuro, a causa dei costi sostenuti. La percentuale è minore per le imprese impegnate nella formazione generica (27,9%). Il 49% delle imprese che offrono formazione generica e il 46,6% di quelle che offrono formazione mirata non prende in considerazione l’ipotesi di organizzare ulteriori attività formative aperte alle persone svantaggiate, a causa di vincoli e impedimenti burocratici connessi all’implementazione dei corsi. Infine, il 63,2% delle imprese che fanno formazione mirata teme di non essere in grado di beneficiare dell’aumento di produttività dei lavoratori a causa di una loro fuoriuscita dall’azienda. La quota scende al 43,3% per le imprese che offrono formazione generica. 149 Emergono risultati diversi da Paese a Paese. In Romania, Slovacchia, Svezia e Regno Unito non sono previste ulteriori attività formative, soprattutto per il timore che il personale lasci l’azienda. Questo vale anche per le imprese portoghesi e polacche, meno per le aziende italiane e spagnole. Rispetto a queste ultime, il motivo principale alla base della decisione di interrompere l’organizzazione di attività formative è di natura burocratica. Grafico 9. Percentuale di imprese che fanno formazione non interessate a organizzare in futuro ulteriori attività formative aperte (non solo) ai gruppi svantaggiati, per Paese e motivo Grafico 10. Percentuale di imprese che fanno formazione, loro risposte alla domanda: “Ritiene che le attività di formazione professionale abbiano aumentato/diminuito/mantenuto invariate le competenze dei lavoratori svantaggiati rispetto agli altri lavoratori?” 150 A livello generale le imprese ritengono che la formazione professionale abbia un effetto positivo per entrambe le categorie di lavoratori, svantaggiati e non. Emergono alcune differenze tra un Paese e l’altro in merito alla valutazione dell’impatto della formazione professionale. Nel Regno Unito, in Slovacchia e in Portogallo, la percentuale di imprese che ritengono che la formazione professionale delle persone svantaggiate sia molto efficace è decisamente superiore alla media. Una minoranza (in media il 3%) delle imprese afferma che la formazione professionale è meno efficace per i lavoratori svantaggiati. La maggior parte delle imprese romene intervistate tra quelle che fanno formazione non ha espresso un’opinione in merito, probabilmente a causa della limitata esperienza nell’ambito della formazione mirata. Infine, la soddisfazione delle imprese sugli esiti della formazione organizzata per il personale appartenente ai gruppi svantaggiati varia da Paese a Paese. Slovacchia, Polonia (e in misura minore Portogallo) registrano una percentuale relativamente elevata di imprese con grado di soddisfazione “sufficiente”. Dall’altra parte, Spagna e Svezia mostrano la percentuale più alta di imprese con grado di soddisfazione “buono”. Grafico 11. Risposte alla domanda: “Qual è il suo grado di soddisfazione rispetto alle attività formative realizzate, soprattutto in riferimento ai lavoratori svantaggiati?” 151 Appendice al capitolo 5. Dati e analisi multivariata L’analisi della regressione è stata utilizzata con l’obiettivo di mettere in relazione le caratteristiche delle imprese con tre aspetti fondamentali: 1) la probabilità per un’impresa di svolgere attività di formazione professionale mirate sui gruppi svantaggiati; 2) la probabilità per un’impresa di ritenere importante la formazione professionale per i gruppi svantaggiati (importanza della formazione professionale mirata per GS) per ottenere il massimo da queste categorie di lavoratori; 3) la probabilità per un’impresa di dichiarare l’intenzione di offrire formazione professionale mirata per i gruppi svantaggiati nel futuro (intenzione di organizzare attività formative mirate per GS); 4) la probabilità per un’impresa di ritenersi soddisfatta rispetto alle attività formative svolte, soprattutto in riferimento ai gruppi svantaggiati (soddisfazione per l’attività formativa svolta). Le variabili indipendenti sono state individuate in base a: 1) caratteristiche delle imprese • settore: manifatturiero, servizi o costruzioni (il terzo dell’elenco è stato escluso dal confronto); • dimensione: nessun dipendente, micro/piccole imprese, medie/grandi imprese (la prima e la terza categoria sono state escluse dal confronto); 2) fattori specifici del settore e del mercato • attività di esportazione; • previsione dell’impresa sui ricavi futuri; • tipo di formazione (macchinari e processi produttivi, innovazione e qualità, salute e sicurezza sul lavoro, gestione risorse umane, comunicazione e marketing, amministrazione e contabilità, lingue straniere); • presenza più o meno diffusa della formazione mirata per i gruppi svantaggiati nel settore di appartenenza dell’impresa. Tra le variabili è stata inserita anche la voce “Paese”, al fine di tenere conto di modelli nazionali specifici e delle ricadute in Europa orientale e meridionale. L’Europa del nord è stata esclusa. Per tutti i modelli di regressione, i risultati sono riportati in termini di rapporto di probabilità22, mentre la significatività statistica dei coefficienti associati alle variabili è data dal numero di asterischi “*”, come riportato in legenda. 22 Quando il valore del rapporto di probabilità è superiore a 1, il coefficiente stimato ha segno positivo e dimostra che la covariata ha un effetto positivo sulla variabile dipendente. È vero il contrario quando il valore del rapporto di probabilità è inferiore a 1. 152 Tabella 52. Probabilità che un’impresa svolga attività formativa mirata per i gruppi svantaggiati (rapporto di probabilità), tutti i Paesi Variabile dipendente: Probabilità di svolgere attività formative mirate per i gruppi svantaggiati Caratteristiche dell’impresa Impresa di medie dimensioni (51-249 addetti) Impresa di grandi dimensioni (da 250 addetti) Impresa manifatturiera Modello 1 Modello 2 Modello 3 Modello 4 1,840*** 1,452* 1,313 1,105 2,140*** 1,722** 1,588* 1,790** 1,228 1,142 0,963 0,929 1,094 Impresa di servizi Fattori legati al mercato Esportazioni Nuovo prodotto Aumento dei ricavi 0,961 1,395** 1,055 0,897 1,521** 0,906 1,337 1,021 1,107 1,198 1,717** 2,746*** Macchinari/produzione 0,805 0,936 Salute e sicurezza sul lavoro 1,054 1,041 Finanziamenti pubblici 1.832** 0,912 1,493** Tipo di formazione Innovazione e qualità 1,327 0,833 Gestione risorse umane 1,243 Comunicazione e marketing 1,611** Amministrazione/contabilità 1,148 Lingue straniere 1,088 Informatica 1,463** Area geografica Est Sud costante Oss. 1,238 0,761 1,188 1,642** 1,302 0,86 1,462** 0,444*** 0,094*** Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01 1465 0,103*** 1079 0,102*** 1065 0,661 0,164*** 1065 Gli effetti fissi per Paese sono considerati nei modelli 1, 2, 3. 153 Tabella 53. Probabilità che un’impresa ritenga importante la formazione professionale per i gruppi svantaggiati (rapporto di probabilità), tutti i Paesi Variabile dipendente: Importanza della formazione professionale specifica per GS Caratteristiche dell’impresa Impresa di medie dimensioni (51-249 addetti) Impresa di grandi dimensioni (da 250 addetti) Impresa manifatturiera Impresa di servizi Fattori legati al mercato Esportazioni Aumento dei ricavi Modello a Modello b Modello c 1,377** 1,489*** 1,365** 1,395* 1,356 1,728*** 0,741 0,773 0,537*** 0,541*** 0,885 0,9 0,789 0,941 1,627* 2,308*** Macchinari/produzione 0,942 0,992 Salute e sicurezza sul lavoro 0,767 0,816 Tipo di formazione 1,537* 0,621** Innovazione e qualità 0,955 Gestione risorse umane 1,465*** Comunicazione e marketing 1,316* Amministrazione/contabilità 0,99 Lingue straniere 1,045 Informatica 0,865 Area geografica Est Sud costante Oss. Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01 1,345** 1,202 1,093 0,857 0,858 3,074*** 1,356 1455 Gli effetti fissi per Paese sono considerati nei modelli a e b. 154 1,002 1,438 1278 2,542*** 0,509** 1278 Nella Tabella 52 vengono presentati i risultati di quattro modelli di regressione per tutti i Paesi, ove la variabile dipendente è costituita dalla probabilità di svolgere attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati: • • • • nel modello 1, si è solo tenuto conto di alcune caratteristiche delle imprese e dei fattori legati al mercato. Nell’interpretazione del rapporto di probabilità, l’impressione è che le medie e grandi imprese abbiano maggiori probabilità di svolgere attività formative speciali per i gruppi svantaggiati rispetto alle micro/piccole imprese; nel modello 2, sono state aggiunte altre due variabili legate al mercato; i risultati suggeriscono che le imprese che prevedono un aumento dei ricavi (rispetto alle imprese che ne prevedono una diminuzione) e le imprese beneficiarie di finanziamenti pubblici per le attività formative hanno maggiori probabilità di svolgere attività di formazione professionale speciali per i gruppi svantaggiati; nel modello 3, sono state aggiunte le variabili relative al tipo di formazione. Ci sono due variabili significative: le imprese che offrono corsi di comunicazione, marketing o informatica mostrano maggiori probabilità di svolgere attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati; nel modello 4, sono stati esclusi gli effetti specifici per Paese, considerando come variabili le aree geografiche (est e sud). Di conseguenza, sembra che le imprese in Europa orientale (Polonia, Slovacchia e Romania) abbiano meno probabilità di svolgere attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati rispetto alle aziende in Europa del nord (Regno Unito e Svezia). Nella Tabella 53 viene presentata una serie di regressioni logistiche sulla probabilità che un’impresa giudichi importante la formazione ad hoc per i gruppi svantaggiati. • Nel modello a, sono state considerate come covariate solo alcune caratteristiche dell’impresa e del mercato, tenendo presente gli effetti fissi per Paese: apparentemente quattro variabili su sei presentano coefficienti significativi. Nell’interpretazione del rapporto di probabilità, l’impressione è che le medie e grandi imprese abbiano maggiori probabilità di giudicare importante l’attività formativa ad hoc per i gruppi svantaggiati, rispetto alle micro/piccole imprese. Relativamente al settore, le imprese manifatturiere sembrano meno propense a prendere in considerazione la formazione professionale mirata per i gruppi svantaggiati rispetto alle imprese di costruzioni (categoria esclusa dal confronto). Relativamente alle caratteristiche legate al mercato, le imprese che prevedono un aumento dei ricavi mostrano anche maggiori probabilità di prendere in considerazione la formazione professionale ad hoc per i gruppi svantaggiati. 155 Tabella 54. Probabilità che un’impresa dichiari l’intenzione di organizzare per il futuro formazione ad hoc per i gruppi svantaggiati (rapporto di probabilità), tutti i Paesi Variabile dipendente: Intenzione di svolgere attività formativa specifica per GS Caratteristiche dell’impresa Impresa di medie dimensioni (51-249 addetti) Impresa di grandi dimensioni (da 250 addetti) Impresa manifatturiera Impresa di servizi Fattori legati al mercato Esportazioni Aumento dei ricavi Altri fattori Modello z Modello v Modello w 1,149 1,372 1,019 1,543** 1,832** 2,518*** 0,381*** 0,325*** 0,300*** 0,843 0,709* 1,041 0,685** 2,918*** Soddisfazione per l’attività formativa svolta La formazione professionale specifica è poco diffusa Area geografica 0,680* 3,095*** 4,097*** 1,63 1,334 1,524** 1,281 Est Sud costante Oss. Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01 1,03 0,291*** 1743 Gli effetti fissi per Paese sono considerati nei modelli z e v. 156 0,547*** 0,120*** 1008 1,243 0,221** 1014 • • Nel modello b, sono state aggiunte alle variabili precedenti le variabili riferite al tipo di offerta formativa delle imprese. Pur ottenendo risultati simili sulle variabili contenute nel modello a (salvo che per la variabile relativa alle grandi aziende, il cui coefficiente non è più significativo), le variabili riguardanti il tipo di formazione non sono significative, tranne un paio. In particolare, le imprese che fanno formazione sulla gestione delle risorse umane e sul tema comunicazione e marketing hanno maggiori probabilità di ritenere importante la formazione professionale specifica per i gruppi svantaggiati. Nel modello c, sono state mantenute le stesse variabili del modello b, ma anziché considerare gli effetti fissi per Paese, sono state incluse le variabili dicotomiche relative alle aree geografiche est e sud. Il terzo modello logistico nel complesso conferma i risultati del modello a e b per quanto riguarda le variabili comuni (tuttavia il coefficiente per le grandi imprese è ancora significativo, mentre il coefficiente relativo alla formazione sul tema comunicazione e marketing non è più significativo). In più, sembra che le imprese situate nell’est (Polonia, Slovacchia, Romania) e sud (Italia, Portogallo, Spagna) d’Europa abbiano maggiori probabilità di ritenere importante la formazione specifica per i gruppi svantaggiati, rispetto alle aziende nel nord (Regno Unito, Svezia). Nella Tabella 54, è illustrata una seconda serie di regressioni logistiche sulla probabilità che un’impresa dichiari l’intenzione di organizzare per il futuro formazione specifica per i gruppi svantaggiati. • • Nel modello z, sono state considerate come covariate solo alcune caratteristiche dell’impresa e del mercato, tenendo presente gli effetti fissi per Paese; i coefficienti significativi sono 4 su 6. I risultati mostrano che le grandi imprese hanno maggiori probabilità di dichiarare di volere organizzare per il futuro formazione ad hoc per i gruppi svantaggiati, rispetto alle micro e piccole imprese. Al contrario, le imprese del settore manifatturiero e dei servizi mostrano minori probabilità di dichiarare l’intenzione di organizzare per il futuro formazione specifica, rispetto alle imprese di costruzioni. In più, le imprese che prevedono un aumento dei ricavi mostrano maggiori probabilità di dichiarare l’intenzione di organizzare per il futuro formazione specifica. Nel modello v, sono state mantenute le stesse variabili del modello z, salvo per altre due variabili: la prima è una variabile dicotomica relativa alla soddisfazione o meno dell’impresa rispetto alle attività formative svolte, in particolare rispetto ai risulti per gruppi svantaggiati (soddisfazione per l’attività formativa svolta). Il coefficiente associato a questa variabile non sembra essere significativo. La seconda variabile tiene conto del fatto che la formazione professionale mirata non è molto diffu- 157 158 Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01 Oss. costante La formazione professionale specifica è poco diffusa Aumento dei ricavi Esportazioni Fattori legati al mercato 352 0,125*** 3,845*** 0,693 0,344** 117 0,18 1,022 0,19 0,562 2,849 3,445 0,713 Impresa di servizi 0,6 0,226* 0,857 Impresa di grandi dimensioni (da 250 addetti) Impresa manifatturiera 0,976 0,592 125 1,26 3,168 1,705 2,746 0,869 2,371 1,858 Regno Unito Svezia 1,608 Impresa di medie dimensioni (51-249 addetti) Caratteristiche dell’impresa Italia 0,602 234 1,715 0,157*** (omissis) 3,198** 1,932 0,335** 0,270** Spagna 1,66 144 1,676 0,053*** 2,009 1,044 1,79 0,983 1,031 Slovacchia Variabile dipendente: Probabilità di organizzare attività formative mirate per i gruppi svantaggiati 0,313 138 0,051*** 11,772*** (omissis) 0,671 0,614 5,478* 0,897 Romania 0,067* 184 0,77 0,534 116 1,152 0,363* 0,294 0,951 0,976 0,56 0,618 Polonia 59,585*** 11,022** 0,718 0,101** 41,668*** 5,612 Portogallo Tabella 55. Probabilità che un’impresa dichiari l’intenzione di organizzare per il futuro formazione ad hoc per i gruppi svantaggiati (rapporto di probabilità), tutti i Paesi. Tutti i gruppi di imprese • sa nel settore in cui opera l’impresa (la formazione professionale è poco diffusa). Il coefficiente associato a questa variabile suggerisce che le imprese che dichiarano che la formazione professionale è poco diffusa nel loro settore hanno maggiori probabilità di dichiarare anche che intendono organizzare nel futuro attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati. Contrariamente al modello z, il coefficiente relativo alle imprese di esportazioni appare leggermente più significativo nel modello v. Nel modello w, sono state mantenute le stesse variabili del modello v, considerando però le variabili est e sud al posto degli effetti fissi per Paese. I coefficienti significativi sono gli stessi del modello v, salvo che per le esportazioni (leggermente significativo nel modello v e non significativo nel modello z). La Tabella 55 mostra i risultati delle regressioni logistiche sviluppate sui dataset nazionali. La variabile dipendente è ancora una volta costituita dalla probabilità che un’impresa dichiari l’intenzione di organizzare per il futuro formazione mirata per i gruppi svantaggiati. In questo caso non è stato inserito alcun controllo sul fatto che l’impresa abbia già svolto attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati o qualsiasi tipo di attività formativa generale. Sono stati presi in esame tutti i gruppi di imprese: • • • • Italia: le probabilità che un’impresa dichiari l’intenzione di organizzare attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati risultano maggiori per le imprese che lavorano nei settori in cui la formazione professionale è poco diffusa, e minori per le imprese che lavorano con l’estero; Spagna: le medie e grandi imprese mostrano una maggiore probabilità di dichiarare l’intenzione di organizzare attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati rispetto alle imprese di dimensioni più piccole. Al contrario, le imprese che lavorano con l’estero hanno maggiori probabilità; Portogallo: le grandi imprese mostrano maggiori probabilità di dichiarare di avere l’intenzione di organizzare attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati, rispetto alle imprese di piccole dimensioni. L’opposto si verifica per le imprese manifatturiere e di servizi, rispetto alle imprese di costruzioni. Inoltre, le imprese che prevedono un aumento dei ricavi mostrano anche maggiori probabilità di dichiarare di avere l’intenzione di organizzare attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati; Regno Unito, Svezia, Slovacchia, Romania e Polonia: i modelli non sembrano complessivamente significativi. 159 160 Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01 Oss. costante La formazione professionale specifica è poco diffusa Esperienza di formazione professionale per GS Altri fattori Aumento dei ricavi Esportazioni Fattori legati al mercato Impresa manifatturiera Impresa di grandi dimensioni (da 250 addetti) Impresa di medie dimensioni (51-249 addetti) Caratteristiche dell’impresa 0,976 253 117 0,343** 3,895*** 0,056*** 3,489** 0,63 0,150** 2,370* 0,213*** (omissis) 1,15 0,158** 1,606 0,874 0,901 86 2,322 3,490** 1,065 1,131 (omissis) 0,617 1,338 0,999 Regno Unito Svezia 2,436** Italia 211 1,869 0,119*** 4,766*** 2,414 (omissis) 0,464 0,556 0,468 Spagna 132 1,997 0,064*** 3,586** 2,011 1,313 0,701 0,75 0,965 Slovacchia 125 0,022*** 11,031** 12,079* 0,327 (omissis) 0,556 (omissis) 2,942 Romania 184 0,545 0,079* 1,936 0,367* 116 1,02 0,396** 0,381 0,246 1,135 0,549 0,679 Polonia 81,514*** 15,464*** 0,641 47,546*** 3,888 Portogallo Variabile dipendente: Probabilità di voler organizzare attività di formazione professionale ad hoc per gruppi svantaggiati Tabella 56. Probabilità che un’impresa dichiari l’intenzione di organizzare per il futuro formazione ad hoc per i gruppi svantaggiati (rapporto di probabilità), per Paese. La Tabella 56 mostra i risultati delle regressioni logistiche sviluppate sui singoli dataset nazionali, dove la dipendente variabile è ancora la probabilità che un’impresa dichiari l’intenzione di organizzare per il futuro attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati. In questo caso sono state considerate solo le imprese che avessero esperienza di formazione professionale, a prescindere dal fatto che si trattasse di formazione generica o specifica per i gruppi svantaggiati. A tal fine, è stata aggiunta come covariata la variabile dicotomica “esperienza nell’organizzazione di attività di formazione professionale per gruppi svantaggiati”. In questo modo si è tenuto conto o delle imprese con attività di formazione mirata (se il valore della variabile dicotomica “esperienza nell’organizzazione di attività di formazione professionale per gruppi svantaggiati” è uguale a 1), o generica (se il valore della variabile dicotomica “esperienza nell’organizzazione di attività di formazione professionale per gruppi svantaggiati” è uguale a 0). • • • • Italia: i risultati suggeriscono che le imprese di medie dimensioni hanno maggiori probabilità di dichiarare di voler organizzare attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati, rispetto alle imprese più piccole. Lo stesso si può affermare per le imprese che hanno già svolto attività formativa per i gruppi svantaggiati e per quelle imprese che hanno dichiarato che questo tipo di formazione non è diffuso nel proprio settore di riferimento. Al contrario, le imprese di esportazioni mostrano una minore probabilità. Regno Unito: le imprese di grandi dimensioni mostrano minori probabilità di dichiarare di voler organizzare attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati, rispetto alle imprese di piccole dimensioni. Lo stesso si può affermare per le imprese che prevedono un aumento dei ricavi. Come nel caso precedente, il fatto di avere maturato un’esperienza pregressa nell’ambito della formazione specifica per i gruppi svantaggiati aumenta le probabilità di dichiarare di voler organizzare tali attività. Portogallo: le grandi imprese mostrano maggiori probabilità di dichiarare di voler organizzare attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati, rispetto alle imprese di piccole dimensioni. Lo stesso si può affermare per le imprese che prevedono un aumento dei loro ricavi. Le esportazioni all’estero, tuttavia, incidono negativamente su tale probabilità. Svezia, Spagna, Slovacchia, Romania e Polonia: i modelli non sembrano complessivamente significativi. Nella Tabella 57, è riportata la terza serie di regressioni logistiche relative alla probabilità per un’impresa di ritenersi soddisfatta rispetto alle attività svolte, soprattutto in riferimento ai gruppi svantaggiati (Soddisfazione per l’attività formativa svolta). In questo caso, sono stati sviluppati dei modelli di regressione considerando l’insieme di tutti i Paesi e tenendo conto degli effetti fissi per Paese nei modelli x e y, inserendo invece la variabile geografica nel modello k. 161 Tabella 57. Probabilità per un’impresa di essere soddisfatta rispetto alle attività formative svolte, soprattutto in riferimento ai gruppi svantaggiati Variabile dipendente: Soddisfazione rispetto all’esperienza formativa Caratteristiche dell’impresa Impresa di medie dimensioni (51-249 addetti) Impresa di grandi dimensioni (da 250 addetti) Impresa manifatturiera Impresa di servizi Fattori legati al mercato Esportazioni Aumento dei ricavi Tipo di formazione Modello x Modello y Modello k 4,322*** 5,139*** 4,500*** 2,588 2,837* 3,366* 1,914 3,192** 3,197** 1,265 1,173 0,876 0,625 Macchinari/produzione 1,084 0,64 1,218 1,186 0,971 0,832 1,106 Innovazione e qualità 0,949 0,827 Gestione risorse umane 0,540* 0,509* Salute e sicurezza sul lavoro 1,68 Comunicazione e marketing 0,449** Amministrazione/contabilità 2,957** Lingue straniere 1,468 Informatica 0,74 Area geografica Est Sud costante Oss. Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01 0,417** 2,647** 1,8 0,73 1,155 9,283*** 1075 Gli effetti fissi per Paese sono considerati nei modelli x e y. 162 1,653 5,334** 1056 1,706 6,003* 1060 • • • Nel modello x, le cui covariate sono costituite solo dalle caratteristiche dell’impresa e del mercato, solo una variabile mostra un coefficiente significativo: le imprese di medie dimensioni mostrano maggiori probabilità di essere molto soddisfatte delle attività formative svolte, rispetto alle micro/piccole imprese. Nel modello y, sono state aggiunte le variabili relative al tipo di formazione offerta dall’impresa, ottenendo coefficienti significativi in cinque casi in più rispetto al modello x. Innanzitutto, il coefficiente sulle grandi imprese è abbastanza significativo e dimostra che le grandi imprese hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatte della formazione svolta, rispetto alle micro/piccole imprese. Lo stesso si può affermare per le imprese di servizi rispetto alle imprese di costruzioni. In più, le imprese che offrono formazione sulla gestione delle risorse umane e sul tema comunicazione e marketing mostrano minori probabilità di essere molto soddisfatte per le attività formative svolte, mentre vale il contrario per le imprese che hanno organizzato attività formative in materia di amministrazione e contabilità. Nel modello k, sono state mantenute le stesse variabili del modello y, eliminando gli effetti fissi per Paese e aggiungendo invece le due variabili est e sud, per tenere conto dell’area geografica interessata. Sono stati ottenuti gli stessi risultati del modello y per le altre variabili, mentre le due variabili riguardanti il territorio in cui hanno sede le imprese non sono significative. Nel complesso, l’analisi della regressione svolta suggerisce alcune connessioni tra le variabili associate alla probabilità di organizzare attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati, l’utilità delle attività formative per i gruppi svantaggiati (dal punto di vista delle imprese), l’intenzione da parte delle imprese di organizzare attività di formazione per i gruppi svantaggiati e la soddisfazione delle imprese rispetto alle attività svolte (soprattutto in riferimento ai gruppi svantaggiati), quando vengono considerate come variabili dipendenti in relazione alle caratteristiche delle imprese, ai fattori legati al mercato, al tipo di formazione erogata e all’area geografica. In particolare, dai modelli logistici sviluppati sul dataset comprensivo di tutti i Paesi, è emerso che le grandi imprese mostrano maggiori probabilità di organizzare attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati. Nel complesso, lo stesso si può affermare per le imprese che prevedono un aumento dei loro ricavi. In merito alla probabilità che un’impresa ritenga utili le attività di formazione professionale per i gruppi svantaggiati, le medie e grandi imprese mostrano maggiori probabilità rispetto alle micro/piccole imprese. Lo stesso si può affermare per le imprese operanti nel settore manifatturiero rispetto alle imprese di costruzioni, e per le imprese che prevedono un aumento dei ricavi. Inoltre, la stessa 163 relazione è riscontrabile per le imprese con sede in Europa meridionale e orientale. Rispetto all’intenzione di organizzare attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati, l’impressione è che le grandi imprese che prevedono un aumento dei ricavi e le imprese operanti in settori in cui la formazione professionale per i gruppi svantaggiati è poco diffusa, sono più propense a manifestare tale intenzione. L’opposto si verifica per le imprese manifatturiere e di servizi, rispetto alle imprese di costruzioni. Infine, rispetto alla probabilità che un’impresa sia soddisfatta per le attività formative svolte, apparentemente i risultati migliori si registrano tra le imprese di medie dimensioni. Lo stesso si può affermare per le imprese operanti nel settore dei servizi. In merito al tipo di formazione, le imprese che organizzano corsi sul tema amministrazione e contabilità mostrano maggiori probabilità di essere molto soddisfatte per le iniziative formative svolte, mentre quelle che organizzano corsi sulla gestione delle risorse umane e sul tema comunicazione e marketing mostrano probabilità più basse. 164 CAPITOLO 6. La raccolta dati qualitativa: principali risultati In questo capitolo sono illustrate le principali considerazioni emerse dall’indagine qualitativa svolta nell’ambito della ricerca. Fin dall’inizio, l’obiettivo principale era quello di creare una base comune di informazioni e definizioni sulla tematica e sulle problematiche in esame, al fine di colmare il divario esistente in questo ambito nei Paesi dell’UE (come ampiamente dimostrato da indagini statistiche e politiche). L’analisi del contesto ha permesso di esaminare il quadro legislativo, istituzionale ed economico nell’ambito del quale operano i programmi di IFP per le fasce deboli, la numerosità dei beneficiari interessati e le loro condizioni nel mercato del lavoro. Tramite una mappatura delle iniziative di istruzione e formazione professionale specificamente rivolte ai gruppi svantaggiati, è stato possibile descrivere le finalità e i limiti dei sistemi nazionali. Qui di seguito sono riportate le principali osservazioni emerse dopo la prima campagna realizzata dagli otto gruppi di lavoro sulla ricerca: 1. la partecipazione dei gruppi svantaggiati, in particolare dei disabili, al sistema di IFP viene gestita tramite programmi distinti, sotto forma di iniziative specifiche (Regno Unito, Italia, Svezia e Portogallo), oppure in maniera inclusiva (Italia, in atto in Svezia). In alcuni casi, soprattutto per i disabili, i programmi di istruzione e formazione sono strettamente connessi al welfare e ai servizi sanitari e socioassistenziali (Italia, Regno Unito); In Italia, la formazione iniziale svolta nell’ambito del sistema scolastico pubblico prevede un’organizzazione in classi in cui vengono inseriti anche eventuali disabili (a prescindere dal tipo o dalla gravità della disabilità), immigrati, giovani o adulti (questi ultimi solo nei corsi sera165 li) con problematiche di vario tipo e senza conoscenza della lingua italiana. D’altro canto, esiste un’offerta di programmi formativi regionali di durata circoscritta e di tirocinio per l’acquisizione di specifiche qualifiche professionali, che comprende anche (o soprattutto, in base alla situazione locale e regionale) l’erogazione di corsi specifici per disabili, immigrati o altri soggetti svantaggiati (tossicodipendenti, ex carcerati, ecc.). I servizi socioassistenziali o sanitari intervengono per la creazione di sinergie, collaborando alla fase di ricerca e conservazione del posto di lavoro. In Spagna, i sistemi della previdenza sociale e della formazione professionale interagiscono nell’ambito del sistema di istruzione formale. L’istruzione scolastica obbligatoria riguarda i ragazzi fino all’età di 16 anni e la sua applicazione viene garantita dalla previdenza sociale, soprattutto per quanto riguarda la scuola primaria (da 6 a 11 anni). 2. i programmi di formazione e aggiornamento specificamente rivolti a persone in situazione di disagio sono incentrati principalmente sull’esecuzione di semplici lavori manuali (Italia, Slovacchia, Polonia e Regno Unito); In Italia la maggioranza dei giovani disabili, immigrati e altri giovani svantaggiati si rivolgono agli enti di formazione professionale, dove possono seguire corsi incentrati su profili professionali a basso contenuto di competenze nell’ambito manifatturiero o dei servizi. Per quanto riguarda i disabili, al completamento dell’istruzione obbligatoria la maggior parte di loro può accedere a programmi formativi per lo più incentrati sull’esecuzione di semplici attività manuali che spesso non tengono conto delle effettive capacità delle persone. In Polonia, oltre a programmi incentrati sull’esecuzione di semplici lavori manuali, vi è anche la possibilità di partecipare a corsi di formazione di livello più avanzato, nonché di accedere a borse di studio a supporto della frequenza di corsi post-diploma. Questi programmi vengono finanziati tramite i fondi UE e il Fondo per il lavoro. In Slovacchia, la formazione professionale finalizzata all’inserimento lavorativo delle persone con disabilità risente della carenza di flessibilità a livello di programmi e di offerta. I programmi di specializzazione e aggiornamento professionale sono incentrati soprattutto su 166 semplici lavori manuali. L’offerta formativa è spesso obsoleta e poco appetibile, e gli allievi usciti dai corsi non hanno alcuna possibilità di accedere al mercato del lavoro non protetto. 3. ancora troppe persone disabili non riescono ad accedere al mercato del lavoro ordinario, e l’inserimento in laboratori protetti resta per loro l’unico modo per entrare nel mondo del lavoro. Tali laboratori svolgono una funzione terapeutica e riabilitativa, ma quanto a sviluppo di ambizioni personali, progetti o identità lavorativa le possibilità offerte sono molto limitate. Vi è dunque l’esigenza di calibrare la formazione continua all’interno delle imprese, soprattutto i corsi per lo sviluppo di un’autonomia attiva; In Italia e Slovacchia molti disabili, pur essendo in grado di lavorare, vengono inseriti all’interno di cooperative sovvenzionate dai fondi pubblici, svolgendo mansioni non correlate con il mercato del lavoro ufficiale. I laboratori protetti e le altre forme di impiego protetto svolgono funzioni di socializzazione e riabilitazione, in alcuni casi erogando anche corsi di formazione di base. Le attività di produzione e vendita svolgono un ruolo secondario. Per le persone inserite nei laboratori protetti, le possibilità di transizione nel mercato del lavoro ordinario sono generalmente scarse. 4. il fondamento dell’inclusione sociale nel sistema di istruzione e formazione professionale è costituito dall’aumento dell’occupabilità e dalla partecipazione attiva alla sfera privata e alla vita pubblica. I programmi di istruzione e formazione per gli adulti (compresi i gruppi svantaggiati) prevedono lo sviluppo dell’alfabetizzazione come elemento costitutivo della formazione (Spagna, Svezia); In Spagna, i programmi di IFP (Laboratori formativi, Corsi di qualifica e Stage in azienda) prevedono corsi di alfabetizzazione e preparano gli studenti a sostenere gli esami necessari per il conseguimento del diploma di istruzione secondaria o il diploma di istruzione degli adulti. Questi programmi si rivolgono in modo particolare ai gruppi svantaggiati. Il sistema di istruzione degli adulti prevede corsi di alfabetiz167 zazione e il conseguimento del diploma di istruzione secondaria. Il sistema spagnolo prevede anche un diploma equivalente: diploma di istruzione degli adulti. La Svezia è un Paese caratterizzato da un’importante tradizione di formazione continua a finanziamento pubblico. Sempre più l’accento viene posto sulla necessità di aprire il sistema di IFP anche agli adulti. Il Paese sta incrementando i fondi pubblici destinati alla formazione professionale degli adulti per contrastare gli effetti della crisi. L’Education Act ha esteso il diritto dell’istruzione a tutti gli adulti. Gli strumenti utilizzati sono costituiti dal sistema comunale di istruzione degli adulti e il sistema di istruzione degli adulti con disturbi dell’apprendimento. Il sistema di istruzione degli adulti è ben sviluppato e consente a coloro che non hanno completato l’istruzione obbligatoria o secondaria superiore di integrare la propria istruzione dopo i 19 anni. La formazione professionale si rivolge in particolare ai disoccupati e ai soggetti deboli in cerca di occupazione, privi delle necessarie competenze per un inserimento lavorativo. I programmi di istruzione hanno principalmente finalità professionalizzanti, pur proponendo anche moduli introduttivi teorici, a necessario complemento della preparazione. 5. i sistemi di istruzione generale nei Paesi partner contribuiscono ad aumentare i casi di disagio sociale (scarso rendimento, insufficiente qualità dei corsi, esclusione, ecc.). Questo è particolarmente evidente per quanto riguarda il fenomeno della dispersione scolastica. In buona parte, questo fenomeno trae origine dai meccanismi interni di funzionamento dei sistemi educativi, se troppo orientati a privilegiare gli studenti migliori trascurando gli allievi più vulnerabili; 6. in genere, i ricercatori hanno rilevato una scarsità di informazioni in merito alla presenza delle persone svantaggiate, in particolare i disabili, nei sistemi di istruzione e formazione (Svezia, Italia e anche in tutti gli altri Paesi). Le informazioni necessarie non erano completamente disponibili, e spesso risultavano frammentate tra vari istituti e ricercatori in diversi ambiti. Solo nel Regno Unito la quantità di informazioni sui disabili risulta adeguata. 168 Grazie alle interviste ai principali testimoni nell’ambito della formazione professionale, occupazione e integrazione sociale dei principali gruppi svantaggiati, è stato possibile raccogliere dati significativi utili per i gruppi di ricerca. I rapporti nazionali basati sulle evidenze sono stati realizzati nel corso di questa interessante fase della ricerca. Gli investimenti nelle attività di istruzione e formazione professionale rivolte ai gruppi svantaggiati sono realizzati soprattutto grazie al contributo dell’FSE. Tuttavia, anche in caso di disponibilità di fondi, le attività di istruzione e formazione professionale non vengono implementate in maniera omogenea e adeguata. Alcune categorie di lavoratori sono state particolarmente colpite dalla crisi; tra di loro sono compresi immigrati, giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e lavoratori anziani. In alcuni Paesi (Italia), l’FSE è stato utilizzato per l’attuazione di iniziative di aggiornamento professionale rivolte a soggetti che avevano perso il posto di lavoro, in cambio della concessione di un sostegno al reddito. D’altro canto, la riduzione dei finanziamenti ha comportato un ridimensionamento dei contributi destinati alle persone disabili, una categoria pesantemente colpita dai tagli al budget. È probabile che la cultura formativa orientata al mercato tipica del Regno Unito andrà a incidere sulle decisioni in merito ai destinatari della formazione nei Paesi dell’UE. È probabile che sarà la categoria dei lavoratori, maggiormente favorita dalla formazione in termini di aumento della produttività (con conseguenti benefici per l’azienda), a diventare la principale destinataria della formazione, data la volontà delle aziende di massimizzare il ritorno sull’investimento nella formazione. Avendo perseguito un modello economico relativamente “non interventistico” ispirato agli USA, i precedenti governi e l’attuale governo inglese (ma anche altri governi UE come ad esempio l’Italia) di rado hanno dimostrato un’attiva propensione a intervenire direttamente sull’economia. Un importante cambiamento di rotta si registra a livello degli investimenti sulla sicurezza sociale e la formazione dei soggetti svantaggiati. Oggi l’agenda politica globale sta rischiando di diventare più flessibile e aperta a livello locale, soprattutto per quanto riguarda l’erogazione dell’istruzione e della formazione professionale. Fenomeni come una maggior libertà per gli enti di formazione e un minore intervento da parte degli organi politici nazionali e locali sull’effettiva offerta e sulle attività formative potrebbero determinare tagli alla qualità e quantità di offerta formativa. Infine, in Paesi come la Svezia esiste ancora una linea politica molto diversa. In questo Paese la formazione per i disoccupati e per le altre categorie escluse dal mercato del lavoro è total169 mente a carico delle finanze pubbliche, nell’ambito dei programmi e delle politiche del lavoro. La crisi ha colpito violentemente i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e i lavoratori scarsamente qualificati, determinando un forte bisogno di formarsi professionalmente e riqualificarsi. Questo risulta particolarmente evidente in Spagna, Italia e Slovacchia. La crisi ha aggravato le condizioni delle principali fasce deboli della popolazione. Sarebbe opportuno esaminare i dati in merito alla severità dei controlli per l’applicazione della legge sulle quote d’obbligo d’assunzione e sugli accessi ai servizi assistenziali da parte dei soggetti che hanno maggiormente risentito dell’impatto della crisi economica. Secondo diversi testimoni chiave, si è registrato un peggioramento delle prospettive degli immigrati. A causa della crisi che li ha particolarmente colpiti, molti stanno tornando nei loro Paesi di origine. I lavoratori anziani hanno maggiori difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro. Infine, la crisi ha inasprito la competizione tra gruppi svantaggiati nel mercato del lavoro e altre categorie (in particolare le donne) per quanto riguarda l’accesso ai servizi sociali e alle risorse. In genere, sono pochi gli esempi di istituti formalmente incaricati di gestire la formazione professionale per le persone svantaggiate e in particolare per gli adulti. Questa situazione, soprattutto in un’epoca di crisi economica contrassegnata da pesanti livelli di disoccupazione, ha determinato un irrigidimento da parte delle imprese, disposte ad assumere solo lavoratori già qualificati e professionalmente competenti. I lavoratori scarsamente qualificati, i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, come anche i disabili e gli anziani hanno più difficoltà ad accedere alla formazione professionale, o per impedimenti di tipo individuale o perché il settore privato ha scarso interesse a investire nella loro formazione. Solo un solido quadro legislativo che favorisca la partecipazione delle imprese alla formazione professionale, tramite una strutturazione del sistema di istruzione e formazione, può invertire questa tendenza. Ad oggi questa opportunità non sembra essere molto diffusa: l’incertezza delle aziende circa la loro posizione sul mercato e il persistere degli effetti negativi della crisi economica sulle finanze pubbliche spiegano il motivo per cui i gruppi di lavoro hanno riscontrano in tutti i Paesi segnali di declino e degrado di una situazione già di per sé molto fragile. L’analisi delle prassi di formazione professionale rivolta alle persone svantaggiate ha permesso di raccogliere alcuni interessanti esempi di programmi. Tendenzialmente si tratta di programmi strettamente professionalizzanti, a fianco di altri programmi finalizzati all’apprendimento della lingua par170 lata nel Paese ospitante per i migranti, o per l’acquisizione di competenze non direttamente legate a profili professionali per le persone disabili, e infine azioni di sostegno, consulenza e orientamento per persone in situazione di grave disagio sociale. La compilazione del catalogo delle buone prassi ha costituito l’occasione per incontrare agenzie formative, ONG e istituzioni attive nell’ambito delle politiche per i gruppi svantaggiati. Ha inoltre permesso di costruire una nuova base conoscitiva sulla quale il gruppo di lavoro ha testato il modello di valutazione. In sintesi, gli esempi di buone prassi possono essere suddivisi in due macrocategorie: la prima categoria comprende le pratiche formative strettamente connesse ai servizi pubblici per l’impiego. La finalità principale di queste prassi è di promuovere il più rapidamente possibile l’inserimento lavorativo dei partecipanti in posizioni vacanti compatibili con le competenze acquisite durante i corsi. Tali prassi sono rivolte alle persone scarsamente qualificate, ai lavoratori anziani e agli immigrati, molto meno ai disabili e ai giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Il secondo gruppo di prassi riguarda invece lo sviluppo di competenze più generali o di competenze meno legate a uno specifico e definito profilo professionale, già rivolte ai partecipanti. Tra le prassi educative per gli immigrati, sono state inserite le iniziative per l’apprendimento della lingua del Paese ospitante, spesso integrate da attività orientative o consulenziali. Tra le prassi rivolte alle minoranze, vi sono alcuni validi esempi di formazione per la popolazione Rom, ritenuta carente in vari Paesi dell’Europa dell’est dal punto di vista dell’istruzione di base e della cultura generale. Gli esempi di buone prassi per gli ultracinquantenni sono numericamente ridotti e spesso confusi con attività non professionalizzanti rivolte a tutta la cittadinanza in generale. Apparentemente solo il gruppo dei lavoratori anziani è scarsamente coinvolto in attività formative calibrate sulle loro esigenze, forse per la loro grande eterogenità in termini di esperienze professionali pregresse. 171 Appendice al capitolo 6. Raccolta di prassi sulla formazione professionale Le seguenti tabelle riportano le dimensioni qualitative e i titoli delle esperienze svolte inserite nella raccolta di buone prassi. Tabella 58. Numero di prassi formative rivolte ai gruppi svantaggiati in ciascun Paese partecipante alla ricerca Immigrati/ Minoranze Disabili Lavoratori anziani Italia 3 3 2 Portogallo 4 2 Polonia Romania Slovacchia Spagna Svezia Regno Unito Totale 172 5 2 4 3 3 4 28 3 2 2 1 2 2 3 1 2 1 19 9 2 Giovani Persone che hanno scarsamente abbandonato qualificate precocemente gli studi 2 1 2 2 2 2 1 14 3 10 10 1 10 2 10 16 86 2 2 3 14 11 2 1 2 Totale 10 11 173 5. POLONIA 4 .POLONIA 3. ITALIA Formazione professionale per i giovani nei riformatori o nei carceri minorili Accesso al lavoro dei Rom Sartoria Romanì Corso di lingua italiana Corso sulla cittadinanza per immigrati 1. ITALIA 2. ITALIA Immigrati/ Minoranze PAESE Junior – Programma per la diffusione di notizie di ambito professionale per disabili diplomati Orientamento professionale inclusivo per l’attivazione dei lavoratori anziani Progetto di sostegno per persone con disabilità fisiche e mentali Accessibile. Trova te stesso nel Autonomia, famiglia, mercato del lavoro riabilitazione, istruzione, lavoro. Un sistema integrato Progetto INPSPromozione di una ASPHI per lavoratori vita lavorativa attiva svantaggiati per gli over 45 in Friuli-Venezia Giulia Lavoratori anziani Corsi di formazione ANCORA – Operai per giovani disabili comuni addetti alle comunità Capodarco pulizie e alla manutenzione degli ambienti Disabili Formazione professionale per i giovani nei riformatori o nelle carceri minorili Trova te stesso nel mercato del lavoro Scuola “I care” Progetto maestri di strada Formazione professionale per i giovani nei riformatori o nelle carceri minorili Trova te stesso nel mercato del lavoro Corsi di formazione per giovani disabili comunità Capodarco Giovani che hanno Persone abbandonato scarsamente precocemente gli studi qualificate Tabella 59. Titoli delle prassi formative rivolte ai gruppi svantaggiati, per tipo di svantaggio e Paese 174 11. PORTOGALLO 10. PORTOGALLO 9 .PORTOGALLO 8 .POLONIA 7 .POLONIA 6 .POLONIA PAESE Tabella 59 (segue) Cruz Vermelha Portuguesa (CVP) – Delegação da Amadora Centro de Reabilitação Profissional da Crinabel Formazione sulle abilità professionali, sociali e fisiche delle persone con disabilità Disabili AMUCIP – Quinta Essência Associação para o Desenvolvimento das Mulheres Ciganas Portuguesas ACIDI “Kxetanes – Insieme – Iniziativa di promozione della imprenditoria Rom” “Awazymyz” Pubblicazione per la minoranza caraimi in Polonia MuliQulti. Punto informativo specializzato per stranieri e Varsavia Immigrati/ Minoranze Lavoratori anziani Associação Humanidades – Percursos à medida Plano Integrado de Projecto “Ser Mais” Educação e (“Essere di più”) Formação Educação-Formação - Projecto Romi Escola da Floresta Giovani che hanno Persone abbandonato scarsamente precocemente gli studi qualificate 175 16. SLOVACCHIA 15. ROMANIA 14. ROMANIA 13. ROMANIA 12. PORTOGALLO PAESE Tabella 59 (segue) L’istruzione per combattere l’esclusione sociale e la disoccupazione a Zlaté Klasy Programma di istruzione per i Csángó ungheresi Step by step (“Passo dopo passo”) Valenza educativa e formativa della Caritas di Setúbal Immigrati/ Minoranze POINT – Corso di informatica per non udenti Inserimento sociolavorativo per persone con gravi disabilità mentali Centro di informazioni, consulenza e intermediazione professionale per persone disabili Disabili Nonni e nipoti al PC Promozione dell’agricoltura biologica in Transilvania, contee di Cluj e Bihor Lavoratori anziani Borse di studio per combattere la dispersione scolastica dovuta al disagio sociale Formazione e istruzione Sostegno a giovani in situazioni di disagio sociale e familiare Pratica per diplomati Pari opportunità di inserimento lavoro per persone provenienti da istituti psichiatrici Modernizzazione della segheria di Lunca Ilvei, contea di Bistrita-Nasaud, Romania Incontro tra forza lavoro e richieste del mercato nei territori dell’Oltenia sudoccidentale e nordoccidentale Giovani che hanno Persone abbandonato scarsamente precocemente gli studi qualificate 176 23. SVEZIA 22. SPAGNA 21. SPAGNA 20. SPAGNA 19. SLOVACCHIA 18. SLOVACCHIA 17. SLOVACCHIA PAESE Tabella 59 (segue) Insteget Programma Unità locali ACCEDER: Programma operativo multiregionale contro la discriminazione II Programma andaluso per l’integrazione degli immigrati La tua regione Spi‰. Partecipazione delle ONG all’economia sociale Il cavallo intelligente Lighthouse - Stiamo imparando a lavorare Immigrati/ Minoranze JobbNu Programma d’intervento sperimentale Progetto per l’occupabilità delle persone disabili in Andalusia Teatro del passaggio (Teatro di comunità) SIZAR Disabili Hemtjänst på hemspråk Merit.nu Jämlikt och jämställt skogsbruk Corsi di formazione al lavoro Programma di alternanza nelle scuole professionali e commerciali Giovani che hanno Persone abbandonato scarsamente precocemente gli studi qualificate Programma per le Programma per il persone disoccupate miglioramento over 45 dell’occupabilità dei giovani andalusi Programma di laboratori per l’occupazione Lavoratori anziani 177 29. REGNO UNITO 28. REGNO UNITO 27. REGNO UNITO 26. REGNO UNITO 25. SVEZIA 24. SVEZIA PAESE Tabella 59 (segue) The Matchmaker. Istruzione e formazione di nomadi e zingari adulti Open Doors Scuola internazionale di lingue Gloucestershire Works Organizzazione anglo-polacca di Tiverton Yrkesutbildning för romer Samisk mathållning (Gastronomia sami) Immigrati/ Minoranze Lavoro protetto tramite Pluss Getting A Life KomAn Disabili Lavoratori anziani LYSA-projektet Fifteen Cornwall TUC Unionlearn Cornwall (ente di formazione di ispirazione sindacale) Community and Trade Union Learning Centre Breakthrough AGELESS @ Transformation Trust WORK Navigatorcentrum i Östersund Giovani che hanno Persone abbandonato scarsamente precocemente gli studi qualificate CAPITOLO 7. Riepilogo e osservazioni conclusive La ricerca ha permesso di testare strumenti e metodologie per l’analisi della formazione professionale indirizzata ai principali gruppi svantaggiati nel mercato del lavoro, mettendo a confronto le situazioni di otto Paesi e prendendo in esame il punto di vista di entrambe le categorie, corsisti e imprese. Le due indagini condotte hanno consentito di evidenziare le metodologie e le ricadute delle iniziative di formazione professionale rivolte ai principali gruppi svantaggiati. L’analisi presentata in questa pubblicazione aveva come obiettivo l’individuazione di ricadute positive e negative per corsisti e imprese, come primo passo per valutare l’efficacia e l’efficienza dei programmi. Diverse problematiche hanno interessato la creazione del campione di beneficiari e di imprese, nonché la conduzione delle interviste. I ricercatori hanno affrontato e superato tali problematiche in maniera coerente, tenendo conto delle particolarità di ogni singola nazione coinvolta. L’ostacolo che ha maggiormente condizionato il lavoro di ricerca è legato alla normativa nazionale sulla tutela dei dati personali, che restringe la circolazione delle conoscenze e delle informazioni inerenti alle persone disabili e i soggetti appartenenti a minoranze etniche o linguistiche. In secondo luogo, è stato necessario ridefinire più volte i questionari usati per le interviste, successivamente testarli in vari ambienti e tradurli in otto lingue, tenendo conto delle molteplici diversità culturali. I campioni di persone appartenenti ai principali gruppi a rischio di esclusione sociale sono stati estratti da un numero limitato di elenchi di partecipanti a corsi di formazione professionale. La scelta dei corsi, delle iniziative e dei programmi ha soddisfatto i criteri di rappresentatività nazionale significativa in termini di qualità. I dati non potevano essere utilizzati per ricostruire la popolazione dei corsisti, ma solo per rappresentare i partecipanti ai programmi selezionati. 179 I campioni di imprese sono stati selezionati in maniera casuale dagli elenchi forniti dalle Camere di commercio o da enti simili, e successivamente utilizzati per ricostruire la situazione della popolazione delle imprese, così da rappresentare in maniera significativa ogni Paese e le rispettive regioni interessate. La valutazione dei dati raccolti in merito ai beneficiari delle attività formative presenta alcuni limiti importanti. Innanzitutto, le persone intervistate non possono essere assunte come rappresentative dei gruppi ai quali esse appartengono, avendo già partecipato ad attività di formazione professionale. La letteratura e le statistiche individuano come principale problema per i gruppi svantaggiati la loro difficoltà a essere coinvolti nelle attività formative. Non è possibile respingere l’ipotesi secondo cui gli intervistati abbiano caratteristiche personali diverse dalla media della popolazione cui appartengono, e che proprio il possesso di queste caratteristiche abbia consentito loro di partecipare a iniziative formative. Certamente il coinvolgimento dei soggetti svantaggiati potrebbe essere dipeso dalla qualità del corso frequentato, ma i due fattori sono tra loro indissolubili, a seconda delle modalità con cui sono stati estratti i campioni e realizzate le interviste. In secondo luogo, la grande maggioranza delle persone intervistate è stata raggiunta telefonicamente, escludendo in tal modo i corsisti non in possesso di telefono. È probabile che questo abbia determinato l’esclusione di persone appartenenti alle fasce più deboli e isolate tra i gruppi svantaggiati che hanno partecipato alla formazione. Infine, le condizioni degli intervistati in termini di situazione economica sono mutate tra il periodo di inizio del corso di formazione professionale, e il periodo di fine corso. Questa situazione è dipesa dalla decisione di inserire nella rilevazione più edizioni dello stesso corso, al fine di stilare un elenco di partecipanti sufficientemente numeroso. I beneficiari si sono inseriti nel mercato del lavoro al termine del corso, non solo in aree territoriali diverse ma anche in periodi diversi, rapportandosi quindi con situazioni economiche più o meno favorevoli a seconda dell’epoca in cui si è svolto il corso. Le interviste sono state condotte tra l’estate 2011 e l’inizio del 2012, in un periodo in cui la crisi economica aveva già colpito quasi tutti i Paesi interessati, pertanto è possibile che i rispettivi mercati del lavoro presentassero un generale andamento negativo. Potrebbero però esistere mercati del lavoro in condizioni divergenti rispetto all’andamento generale. Analogamente, se da un lato gli indicatori di performance delle imprese intervistate sono senza dubbio influenzati da questo andamento negativo, dall’altro i singoli territori e settori economici potrebbero mostrare una situazione molto positiva. 180 L’indagine condotta sulle imprese era finalizzata a raccogliere evidenze sulle iniziative aziendali per la formazione dei lavoratori, in particolare di quelli appartenenti a uno o più gruppi a rischio di esclusione dal mercato del lavoro. Le cinque ipotesi formulate all’inizio della ricerca sono state tutte confermate, con approfondimenti e specifiche potenzialmente molto interessanti per i policy-makers. La prima ipotesi sosteneva che le imprese che investono nella formazione continua per il proprio personale, compresi i lavoratori appartenenti ai gruppi a rischio di esclusione sociale, sono le aziende più grandi, quelle più dinamiche, quelle proiettate internazionalmente o interessate a nuovi investimenti, nuovi prodotti e servizi, e quelle che hanno esigenza di aumentare il personale. In realtà, il numero di piccole e medie imprese che organizzano formazione continua rivolta anche ai lavoratori svantaggiati, non è affatto trascurabile. Inoltre, benché le imprese appartenenti al macrosettore dei servizi siano quelle più rappresentate tra le imprese che fanno formazione, anche le imprese manifatturiere e di costruzioni (soprattutto medio-grandi) sono coinvolte in maniera significativa nella formazione continua per le persone svantaggiate. Questa situazione è riscontrabile in tutti i Paesi esaminati. L’indagine non ha consentito di misurare le eventuali pratiche discriminatorie nei confronti del personale in situazione di disagio in relazione ai programmi di formazione continua. Nondimeno, il 20% delle imprese intervistate tra quelle che fanno formazione non coinvolge nelle attività formative il personale appartenente ai gruppi svantaggiati, malgrado la presenza quasi universale di lavoratori appartenenti ad almeno uno dei gruppi svantaggiati considerati. La situazione è più critica nell’Europa dell’est e meno critica al sud, mentre si verifica l’esatto opposto nei Paesi dell’Europa settentrionale. È impossibile trovare conferme o smentite all’ipotesi secondo cui le imprese preferiscono esplicitamente offrire formazione ad alcuni gruppi svantaggiati, adottando invece pratiche discriminatorie nei confronti di persone appartenenti ad altri gruppi svantaggiati. In effetti, come anticipato in precedenza, la normativa sulla tutela dei dati personali ha impedito la rilevazione del numero di immigrati e disabili occupati presso le imprese intervistate e del numero di eventuali persone escluse dalle attività di formazione professionale. Tuttavia si è riscontrato che la percentuale delle imprese che hanno coinvolto i gruppi svantaggiati nei programmi formativi è piuttosto alta per quanto riguarda i lavoratori scarsamente qualificati, immigrati, minoranze e lavoratori anziani; diminuisce rapidamente per quanto riguarda i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, raggiungendo il livello minimo con i disabili. 181 In secondo luogo, si è ipotizzato che le imprese che hanno fatto formazione per tutti i dipendenti, coinvolgendo quindi anche i soggetti svantaggiati a rischio di esclusione sociale, abbiano organizzato esclusivamente corsi generici e non mirati, non tenendo conto delle speciali esigenze degli addetti più svantaggiati. Infatti, la percentuale di imprese che offrono formazione continua mirata sui bisogni dei gruppi svantaggiati è di poco inferiore al 20% delle imprese che fanno formazione. Questo valore varia in maniera significativa a seconda del gruppo svantaggiato considerato. Infatti, le probabilità di partecipare ad attività formative mirate aumentano per i lavoratori anziani, per i lavoratori scarsamente qualificati e per i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Pochissime tra le imprese che coinvolgono lavoratori disabili, immigrati e minoranze organizzano programmi ad hoc per queste categorie. Inoltre, la percentuale più alta di imprese che fanno formazione mirata per i gruppi svantaggiati si riscontra tra le imprese di grandi dimensioni operanti nel macrosettore dei servizi, seguite dalle aziende manifatturiere di medie dimensioni. Le imprese del settore manifatturiero sono rappresentate equamente sia tra le imprese che organizzano formazione generale sia tra quelle che organizzano formazione specifica mirata sulle esigenze dei gruppi svantaggiati. Le probabilità di organizzare formazione specifica diminuiscono notevolmente quando si tratta di imprese di costruzioni. Infine, si riscontrano ulteriori differenze tra i vari Paesi: la media delle imprese che offrono anche formazione mirata nei Paesi dell’Europa dell’est è meno della metà della media delle imprese in Europa meridionale e settentrionale. È stato ipotizzato che le imprese che investono in programmi di formazione professionale, includendo i lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati, si concentrino su determinate tipologie di formazione, ad esempio quelle obbligatorie per legge o richieste dagli enti pubblici. In effetti, gli argomenti più importanti per la formazione continua riguardano la sicurezza e la tutela dei lavoratori per oltre l’82% delle imprese nell’ambito della formazione non mirata. Tra le imprese che organizzano attività di formazione continua per i gruppi svantaggiati, questa quota aumenta leggermente, raggiungendo l’85%. A conferma di questi risultati, oltre la metà delle imprese dichiara di essere consapevole di aver scelto gli argomenti dei corsi per adempiere un mero obbligo normativo. Oltre a quest’ultima osservazione, un’ulteriore differenza tra formazione generica e formazione mirata riguarda l’aspetto dei contenuti. Lo studio delle lingue straniere, la gestione delle risorse umane, l’utilizzo dei macchinari e delle tecniche di produzione, temi come informatica, comunicazione, marke182 ting e pubblicità compaiono più frequentemente nella formazione mirata che non nella formazione generale. La scelta di questo particolare insieme di materie, nel caso di corsi rivolti ai gruppi svantaggiati, potrebbe dipendere dalle specifiche funzioni ricoperte in azienda da questi lavoratori. È stato ipotizzato che le imprese che investono in programmi di formazione professionale rivolti anche ai lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati, usufruiscono di finanziamenti pubblici a copertura, totale o parziale, delle attività formative. In effetti i finanziamenti pubblici sono disponibili per quasi la metà delle imprese che offrono formazione mirata per i soggetti svantaggiati e solo per un terzo delle imprese che offrono formazione generica. Benché le imprese che offrono formazione mirata per uno o più gruppi svantaggiati abbiano maggiori possibilità di ottenere finanziamenti pubblici, sono molto poche le imprese che dichiarano di ricevere finanziamenti pubblici specifici per promuovere interventi di formazione mirata per persone svantaggiate. È interessante notare la presenza di un numero consistente di imprese che finanzia la formazione con risorse proprie. La situazione varia da un Paese all’altro, e dall’analisi effettuata si sono delineati tre diversi scenari. In Romania, Slovacchia e Polonia, solo una piccola minoranza di imprese ha ricevuto sovvenzioni pubbliche. Dall’altra parte, in Spagna e Portogallo la grande maggioranza delle imprese ha ricevuto sovvenzioni pubbliche. In Italia e nel Regno Unito, meno della metà delle imprese ha finanziato le attività di formazione professionale utilizzando risorse proprie, e solo una minoranza significativa delle imprese ha ricevuto sovvenzioni pubbliche. In Svezia, la grande maggioranza delle imprese finanzia la formazione continua con risorse proprie. Oltre i due terzi delle imprese che fanno formazione riconoscono di aver tratto risultati molto positivi dalla formazione professionale indirizzata ai propri dipendenti. In genere, le imprese hanno riscontrato lo stesso miglioramento per tutti i dipendenti, compresi quelli in situazione di disagio. Le imprese con esperienza diretta di sviluppo di corsi mirati per uno o più gruppi di lavoratori svantaggiati sono più propense a esprimere un parere positivo sui risultati, sull’attuazione dei corsi e sulle sovvenzioni pubbliche. Tuttavia, hanno anche maggiori probabilità di riconoscere che la formazione mirata comporta costi più alti, ma non eccessive difficoltà dovute a impedimenti burocratici. Molte imprese ritengono che i corsi di formazione mirati siano difficili da trovare e poco diffusi nel proprio settore di riferimento. Gli enti specializzati nell’erogazione di formazione continua intervengono a for183 nire assistenza, anche se si tratta di una prassi meno comune per la formazione mirata rispetto alla formazione continua generale. La formazione continua dei lavoratori determina vantaggi diretti per le imprese, riassumibili in un aumento della produttività e in una maggior accuratezza e qualità del lavoro svolto sul breve e medio periodo. In sintesi, i risultati della ricerca sottolineano e confermano l’intenzione (talvolta circoscritta) delle imprese di investire anche risorse proprie nella formazione dei gruppi svantaggiati, sia per soddisfare gli obblighi normativi sulla sicurezza, sia per ottenere ricadute positive per lo meno analoghe a quelle dei lavoratori non appartenenti ai gruppi svantaggiati. Spostando la prospettiva e assumendo il punto di vista dei lavoratori, emergono altre problematiche e soprattutto altre finalità di cui tenere conto. L’oggetto della ricerca era costituito dalla formazione continua, tralasciando il sistema di formazione iniziale e soprattutto il sistema di istruzione e formazione professionale collegata all’obbligo scolastico. Sul lato dei lavoratori, i disoccupati e le persone che si affacciano sul mercato del lavoro per la prima volta entrano in gioco accanto agli occupati. Relativamente ai gruppi svantaggiati, assume particolare importanza la grande varietà di situazioni riconducibili all’inattività e alla mancata partecipazione al mercato del lavoro. L’analisi del dataset contenente le informazioni raccolte durante le interviste ai beneficiari affronta la questione degli esiti sul mercato del lavoro, ovvero la probabilità di trovare lavoro dopo il corso, oppure di essere disoccupati ma in cerca di lavoro, superando quindi una situazione di inattività rispetto al mercato. La soddisfazione dei partecipanti rispetto al loro attuale impiego è stata esaminata in termini di rapporti con colleghi e superiori, orario lavorativo, conservazione del posto di lavoro, prospettive di carriere e aspetti economici. L’analisi è stata dedicata anche ad approfondire la qualità della formazione professionale erogata a persone in situazione di disagio. Tra i vari indicatori di qualità della formazione professionale erogata, sono compresi il tipo e la durata del corso frequentato, nonché la valutazione dell’efficacia della formazione ricevuta da parte dei corsisti con riferimento a una serie di aspetti: acquisizione di nuove competenze, contatti utili per trovare lavoro, sviluppo di ambizioni personali, allargamento delle relazioni sociali. Le informazioni sui risultati occupazionali sono da collegare alle variabili indipendenti costituite dalle caratteristiche personali (sesso, età, tipo di svantaggio, titolo di studio), mentre la qualità della formazione professionale erogata viene considerata variabile strumentale in grado di produrre tali risultati, mitigati non solo dalle variabili indipendenti ma anche dalle specifiche 184 condizioni del mercato del lavoro nel periodo in cui è iniziato e successivamente terminato il corso. Un altro fattore altrettanto importante è rappresentato dalle motivazioni personali a seguire un corso di formazione professionale, utili per spiegare il comportamento individuale e in quanto indicative della situazione personale complessiva, prima e dopo la partecipazione al corso. In particolare, la decisione di partecipare a un corso di formazione per interesse personale anziché su suggerimento dell’agenzia per l’impiego, del datore di lavoro, di amici o familiari o perché era prevista l’assegnazione di un’indennità, si lega alla presenza di caratteristiche personali migliori, giustificando in parte la probabilità di trovare un lavoro dignitoso dopo il periodo di formazione. In genere, il rapporto di probabilità è in linea con le nostre aspettative. In particolare, a prescindere dal tipo di svantaggio, sembrerebbe che il fatto di essere donna anziché uomo riduca la probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione. Analogamente, le persone con un livello di istruzione secondaria superiore potrebbero avere maggiori probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione rispetto alle persone con livelli di istruzione più elevati, indipendentemente dal tipo di svantaggio. Al contrario, le probabilità di inserimento lavorativo sono connesse positivamente con l’età: i lavoratori anziani hanno maggiori probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione rispetto ai lavoratori più giovani. In merito al tipo di svantaggio, i lavoratori svantaggiati a causa di caratteristiche occupazionali (lavoratori scarsamente qualificati e giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi) mostrano maggiori probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione rispetto al gruppo di lavoratori con svantaggio di tipo ascrittivo. La ricerca ha omesso di tenere conto fino in fondo dell’impatto delle condizioni locali del mercato del lavoro sulle possibilità di un inserimento lavorativo dignitoso, e di poter tenere presenti le condizioni economiche, tecnologiche, organizzative e della congiuntura. Nondimeno, nell’Europa orientale e meridionale le probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione sono inferiori rispetto al nord. L’efficacia della formazione per l’inserimento lavorativo deve essere confrontata con la qualità del lavoro ottenuto. Ai fini della presente ricerca, il tipo di contratto lavorativo ottenuto dopo la formazione è stato ritenuto un indicatore per misurare la qualità in maniera oggettiva, mentre l’opinione dell’intervistato sul lavoro ottenuto vale come indicatore qualitativo. Tuttavia, è bene ricordare che la ricerca ha omesso di misurare le diverse forme di lavoro protetto considerate esterne al mercato, estremamente importanti soprattutto per i disabili. 185 Le donne mostrano minori probabilità di ottenere un posto fisso a tempo pieno, e di essere pienamente soddisfatte del lato economico del proprio lavoro. Al contrario, i lavoratori nella classe di età 25-34 anni mostrano maggiori probabilità di ottenere un contratto a tempo indeterminato full-time e di essere molto soddisfatti rispetto ai lavoratori più giovani (classe di età 15-19 anni). Lo stesso vale per i lavoratori appartenenti al gruppo “altro”, rispetto a persone con svantaggi di tipo ascrittivo; e vale anche per i lavoratori con un livello di istruzione secondaria superiore, rispetto ai lavoratori con un grado di istruzione più elevato, indipendentemente dal tipo di svantaggio. Relativamente al campione nel suo insieme e in riferimento al tipo di contratto, conformemente alle aspettative i soggetti che lavorano nell’azienda di famiglia e quelli con un contratto stabile a tempo pieno mostrano maggiori probabilità di essere molto soddisfatti, rispetto ai lavoratori con altri tipi di contratto o senza alcun contratto. Inoltre, contrariamente alle aspettative, sembra che le persone svantaggiate residenti in Europa meridionale abbiano maggiori probabilità di essere molto soddisfatte per gli aspetti economici del lavoro rispetto ai lavoratori nell’Europa settentrionale. L’analisi dei dati raccolti suggerisce che i lavoratori con svantaggi occupazionali hanno minori probabilità di essere molto soddisfatti per l’acquisizione di nuove competenze, rispetto ai lavoratori che hanno seguito un corso su suggerimento altrui, perché era prevista un’indennità di frequenza o perché inattivi rispetto ad altri motivi. Inoltre, tale probabilità è minore anche per i lavoratori residenti in Europa meridionale (rispetto a quelli residenti in Europa settentrionale), mentre è più elevata per i lavoratori residenti in Europa dell’est. Tali risultati sono collegabili alla qualità delle metodologie formative adottate nei corsi per favorire l’incremento di competenze dei partecipanti. Esistono programmi formativi atti a migliorare le competenze dei corsisti, che però risultano più efficaci nel promuovere l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Sembra che le persone scarsamente qualificate e i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, che per definizione avrebbero necessità di accrescere le proprie competenze, non riconoscano tale effetto al corso di formazione frequentato. Implicitamente, questo sembrerebbe indicare la scarsa qualità della formazione erogata e un insufficiente adattamento ai bisogni dei partecipanti. Un secondo indicatore di qualità della formazione frequentata dai partecipanti potrebbe essere il grado di soddisfazione per quanto riguarda la creazione di reti. I corsisti con un livello di istruzione primaria o secondaria inferiore (rispetto ai soggetti con un grado di istruzione post-secondaria o universitaria) e coloro che vivono in Europa dell’est (rispetto agli abitanti 186 dell’Europa del nord) hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatti dell’efficacia della formazione per quanto concerne il miglioramento dei contatti utili ai fini di un inserimento lavorativo. Dall’altro lato, i lavoratori con svantaggio occupazionale (rispetto ai soggetti con svantaggio di tipo ascrittivo) mostrano minori probabilità di essere molto soddisfatti sotto questo punto di vista. Anche questo indicatore pone il problema della qualità della formazione delle persone scarsamente qualificate e dei giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Dall’altra parte, si conferma una percezione complessivamente elevata della qualità delle attività formative frequentate dagli intervistati in Europa orientale. Rispetto alla probabilità di essere soddisfatti del corso frequentato per la creazione di nuove relazioni sociali, la ricerca ha suggerito che le donne con un livello di istruzione primaria, secondaria inferiore e secondaria superiore hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatte rispetto ai soggetti con un grado di istruzione più elevato. Al contrario, si riscontrano minori probabilità di essere molto soddisfatti del corso frequentato per la creazione di nuove relazioni sociali tra i lavoratori con svantaggi occupazionali (rispetto ai soggetti con svantaggi di tipo ascrittivo). Le differenze territoriali hanno un peso rilevante: le persone che vivono nel sud dell’Europa sono molto soddisfatte sul versante della socializzazione, mentre coloro che vivono in Europa orientale hanno minori probabilità di confermare queste condizioni. In definitiva, le ricadute della formazione sull’occupabilità sembrano più positive per alcuni gruppi di soggetti svantaggiati piuttosto che per altri. In particolare, rilevato sono stati rilevati cambiamenti davvero positivi per i disabili, così come per i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e per i soggetti scarsamente qualificati. Invece sembrerebbe che la formazione abbia avuto ricadute positive ma di minore portata per immigrati, minoranze e lavoratori anziani. A livello generale, per tutti i gruppi si è registrato un calo generale del tasso di disoccupazione. Le diminuzioni più evidenti riguardano i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, le persone scarsamente qualificate e i disabili. La condizione occupazionale al momento dell’intervista (ovvero 6-12 mesi dal termine dell’attività formativa) rappresenta l’unica informazione disponibile per valutare il perdurare sul medio periodo degli effetti della formazione ricevuta. Il tasso generale di occupati è salito meno nel lasso di tempo tra la fine dell’attività formativa e il momento dell’intervista, mentre è diminuito per immigrati e minoranze. Il tasso di persone escluse dal mercato è leggermente diminuito, ma non per immigrati e minoranze. Le differenze tra i gruppi diventano sempre più significative man mano che ci si allontana dalla 187 data di termine del corso. Abbandonando la prospettiva di un effetto a breve termine, altri fattori tendono a sovrastare le ricadute della formazione, a fronte di una già debole crescita di competenze promossa dalla partecipazione al corso. Le ricadute di medio e lungo termine, che la partecipazione alle attività formative produce sulla situazione nel mercato del lavoro dei beneficiari della formazione, devono essere analizzate separatamente per ciascun gruppo svantaggiato. Se possibile, sarebbe importante considerare anche le caratteristiche personali dei soggetti interessati in termini di capacità, esperienze lavorative, carichi familiari e ambiente socio-economico circostante. L’attività di ricerca condotta, pur sforzandosi di raggiungere questo obiettivo, rappresenta solo il punto d’inizio di un percorso necessario per il reperimento di dati il più possibile completi e affidabili. Inoltre, sarebbe utile prendere in esame la qualità e i tratti distintivi delle attività di formazione professionale frequentate. I dati raccolti durante le interviste sono influenzati dalle molteplici e più svariate condizioni del mercato del lavoro, governato da normative e pratiche operative specifiche di ogni Paese, e condizionati dal peso più o meno grave della crisi che ha colpito i territori in maniera tutt’altro che omogenea. Non è facile tenere conto di tutte queste specifiche, soprattutto nei casi in cui le dimensioni regionali e locali potrebbero fornire un contributo molto interessante all’analisi. Infine, si riportano qui alcune riflessioni in merito alle azioni di sostegno per favorire la partecipazione delle persone svantaggiate alle attività formative. Emergono profonde differenze tra i Paesi esaminati. Le maggiori problematiche, però, sembrano riguardare l’adozione di misure di supporto efficaci e adeguate ai bisogni. In particolare, il 64% dei partecipanti intervistati è stato esonerato dal pagamento della quota di partecipazione ai corsi; in genere questa misura di supporto è stata ritenuta indispensabile, a prescindere dal fatto che sia stata ricevuta o meno. Al contrario, altre forme di supporto non solo sembrano scarseggiare, ma a quanto pare risultano mal distribuite. I giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi apprezzano di più l’assistenza infantile ma hanno meno probabilità di avere accesso a questo servizio, rispetto ad altri gruppi svantaggiati che apparentemente apprezzano meno queste forme di assistenza. Raro è il sostegno finanziario per l’acquisto di libri e altri materiali. I lavoratori scarsamente qualificati e i lavoratori anziani hanno più probabilità di ricevere questi aiuti, anche se apparentemente non ne vedono l’utilità. Dall’altra parte, immigrati e minoranze li apprezzano ma hanno meno probabilità di poterne beneficiare. 188 CAPITOLO 8. Documento sulle raccomandazioni di policy La ricerca è finalizzata ad analizzare due importanti aspetti dell’istruzione e della formazione professionale legati alle persone svantaggiate. In primo luogo, essa fornisce informazioni su una certa sottocategoria di persone svantaggiate, ossia quelle che stanno già svolgendo un’attività formativa e che occupano varie tipologie di posizioni lavorative, in altre parole quelle che hanno già un impiego, che sono disoccupate e che stanno cercando il loro primo impiego. Tali dati sono rilevanti poiché questo gruppo di persone, essendo impiegato attraverso vari tipi di interventi statali, si può considerare in una posizione intermedia tra il settore della formazione e il mercato del lavoro. A parità di condizioni, queste persone dovrebbero avere bisogno di interventi meno significativi rispetto a quelle che per molti anni non hanno partecipato ad attività formative o di lavoro e che possono aver abbandonato completamente il mercato del lavoro vero e proprio. In secondo luogo, attraverso indagini a livello aziendale, la ricerca mette in luce la categoria di persone che si trovano in situazioni di svantaggio e che sono già inserite nel mondo del lavoro. Si acquisiscono così informazioni preziose che non solo rendono possibile analizzare il ruolo svolto dalle aziende oggi, ma anche quello che potrebbero avere in futuro. Infatti, sebbene sia un dato preso in esame raramente, la formazione presso le aziende delle persone in condizioni svantaggiate costituisce un’importante sottocategoria nel campo della formazione delle persone svantaggiate in genere. Inoltre, è necessario sottolineare che nonostante non vi sia alcuna connessione in termini di modalità di raccolta tra le informazioni relative a queste due componenti, insieme, esse rappresentano due diverse prospettive di uno stesso argomento più ampio, ossia come provvedere in maniera efficace ai bisogni relativi alla formazione e all’inclusione lavorativa delle persone in una condizione di svantaggio. 189 Lo scopo di questa sezione è utilizzare i risultati dello studio per sviluppare linee-guida e raccomandazioni sulle politiche. Per prima cosa, verranno presentate le linee-guida per le politiche basate sui risultati relativi alle persone svantaggiate in genere per poter così fornire una visione complessiva dell’attività formativa a cui esse partecipano. Successivamente, lo sguardo sarà rivolto alle aziende e al ruolo che svolgono. Entrambe le categorie di risultati permetteranno infine di elaborare importanti proposte per sviluppare l’offerta formativa futura. Possibilità di sviluppo di servizi di formazione con una componente legata all’ambito professionale La maggior parte delle attività formative svolte dalle categorie di persone svantaggiate coinvolte in questa indagine include un certo tipo di esperienze lavorative o di apprendimento sul posto di lavoro. Si tratta principalmente di una forma mista che include anche la formazione in aula, con solo una persona su dieci che svolge attività di formazione professionale esclusivamente sul posto di lavoro e basata su esperienze pratiche. Alla luce dei tanto decantati vantaggi che si attribuiscono oggi all’apprendimento sul lavoro, è quindi un dato positivo scoprire che l’apprendimento orientato al luogo di lavoro è una caratteristica abbastanza comune della formazione per persone in condizioni svantaggiate. Nonostante quanto appena indicato, ben il 42% del campione ha partecipato ad attività formative svoltesi esclusivamente in aula. Mancano comunque dei parametri di riferimento per giudicare se questa percentuale sia elevata o meno rispetto ai dati sulla formazione professionale del resto della popolazione. Inoltre, è necessario tenere conto della frequente rilevanza attribuita alla formazione in aula per alcune categorie di persone in condizione di svantaggio, in quanto questa permette loro di acquisire delle solide abilità di base prima di essere “esposte” alle aziende reali e a potenziali datori di lavoro. Nonostante ciò, è innegabile che le attività formative nell’ambiente lavorativo potrebbero essere rese disponibili in modo più ampio. Un tale aumento è ovviamente legato al reperimento di aziende che siano disponibili e in grado di partecipare. Nei Paesi europei non solo è difficile trovare aziende disponibili allo svolgimento di apprendistato, ma vi è una maggiore probabilità che queste considerino le persone svantaggiate più inclini ad abbandonare tali attività o che ritengano che la loro formazione possa richiedere sforzi e risorse maggiori. Trovare datori di lavoro disposti a formare persone in condizioni di svantaggio è dunque più difficile che tro190 varli per apprendistati normali. Questo dato potrebbe anche spiegare il perché della diffusione non omogenea della disponibilità delle opportunità di apprendimento sul posto di lavoro all’interno dei diversi gruppi di persone in condizione di svantaggio, inclusi nel campione. Ne consegue che i disabili, gli immigrati e le persone appartenenti a minoranze etniche abbiano maggiori probabilità di ricevere una formazione in aula rispetto agli altri gruppi. Raccomandazione sulle politiche 1: La possibilità di svolgere attività di apprendimento e di inserimento professionale nell’ambiente lavorativo dovrebbe essere incrementata specialmente per le persone con disabilità, gli immigrati e le persone che appartengono a minoranze etniche. Necessità di sviluppare elementi di formazione professionale al di là della componente di apprendimento Non c’è dubbio sul fatto che il valore di ogni sessione di formazione professionale non risiede solo in ciò che si apprende concretamente, ma anche in altri aspetti come per esempio la socializzazione e la creazione di contatti. Questo dato è confermato dalla maggiore importanza durante la ricerca di un impiego che i partecipanti attribuiscono ai contatti stabiliti durante tali attività, a discapito dell’effettiva pertinenza e attinenza tra tale formazione e il lavoro. Inoltre, vi sono sempre maggiori prove a sostegno dell’importanza di queste componenti non direttamente legate alla formazione. Trovare un impiego non dipende solo dall’avere le capacità più adatte per il lavoro giusto, ma anche dall’essere in grado di trovare effettivamente lavoro disponibile. Questo a sua volta dipende dal “capitale sociale”, ossia dall’aver stabilito contatti sociali solidi per avere supporto durante la formazione e la ricerca di lavoro, e per trovare opportunità lavorative in situazioni in cui “il passaparola” rimane un importante canale di comunicazione del mercato del lavoro. Al contrario, l’indagine svolta sulle persone svantaggiate mostra che, sebbene l’apprendimento sia stato giudicato da adeguato a buono, gli aspetti legati ai contatti e alla socializzazione per la ricerca di lavoro hanno ottenuto giudizi tendenzialmente meno positivi. In particolare, i livelli di socializzazione di solito hanno ottenuto risultati nettamente migliori rispetto ai con- 191 tatti professionali. Ciò indica che in molti programmi di formazione professionale vi sia ampio spazio per migliorare queste componenti, specialmente quelle che riguardano i contatti professionali. Infine, all’interno dei gruppi di persone svantaggiate sono state rilevate delle differenze, ma queste sono difficilmente interpretabili. Non è ancora chiaro se ciò sia dovuto alle differenze nei programmi di formazione e/o alle diverse “situazioni di partenza” dei gruppi svantaggiati. Queste potrebbero tuttavia rispecchiare in un certo qual modo i diversi modi in cui i gruppi sono svantaggiati nell’istruzione, nella formazione e sul mercato del lavoro. Coloro che hanno abbandonato gli studi prematuramente, gli immigrati e gli appartenenti a minoranze etniche hanno espresso tendenzialmente più soddisfazione per i livelli di socializzazione e dei contatti professionali raggiunti durante i loro programmi di formazione. Possiamo perciò facilmente presumere che una delle difficoltà che questi gruppi si trovano spesso a fronteggiare sono i loro limitati contatti sociali, tendendo così a giudicare molto favorevolmente qualsiasi genere di supporto in questo senso. Lo stesso vale per le persone disabili che, però, hanno mostrato meno soddisfazione per i loro livelli di socializzazione rispetto ai tre gruppi sopraccitati. Risulta quindi evidente che si tratta di un campo d’indagine complesso: ciò che è emerso sottolinea la necessità di svolgere ulteriori indagini e di analizzare più da vicino le dinamiche legate agli aspetti sociali e professionali della formazione professionale in relazione ai bisogni dei vari gruppi di persone svantaggiate. Raccomandazione sulle politiche 2: È necessario prendere in considerazione le componenti della formazione professionale legate ad aspetti occupazionali e di ricerca del lavoro che vanno oltre la semplice acquisizione di capacità per un lavoro specifico. Le persone svantaggiate dovrebbero essere aiutate e sviluppare il “capitale sociale”, necessario per instaurare contatti professionali e per la socializzazione. 192 L’efficacia della formazione per l’inserimento lavorativo Tra le percentuali di persone che entrano nel mondo del lavoro dopo un periodo di formazione, vi sono differenze notevoli a seconda dei gruppi di persone svantaggiate. Questo non vale solo per chi inizia a lavorare subito dopo un periodo di formazione, ma interessa anche l’andamento lavorativo diversi mesi dopo. Gruppi differenti mostrano, infatti, andamenti differenti in queste due situazioni. È impossibile valutare quanto questo avanzamento nel lavoro sia da attribuire alla formazione professionale oppure alla situazione del mercato del lavoro o ad altri fattori. Per certi versi, individuare questi elementi non ha comunque alcun valore: ciò che è davvero importante sembra, infatti, essere l’interazione tra loro, cosa che i risultati sembrano chiarire almeno in parte. Non vi sono dubbi sul fatto che la formazione professionale esercita effetti molto differenti a seconda dei gruppi di persone svantaggiate. In un certo senso, tali differenze stanno probabilmente a rappresentare le diverse situazioni di questi gruppi, sia rispetto alla formazione che al mercato del lavoro. Per questo motivo è necessario analizzare il cambiamento nello status occupazionale sia prima che dopo la fine del periodo di formazione, nonché tra la fine del periodo di formazione e gli 8-12 mesi successivi. Per quanto riguarda il cambiamento dello status occupazionale prima e al termine del periodo di formazione, la formazione professionale risulta meno efficace per coloro che hanno abbandonato prematuramente gli studi, per gli immigrati e per le minoranze etniche, anche se le motivazioni alla base sembrano essere differenti. Per coloro che hanno abbandonato gli studi prematuramente ciò potrebbe essere dovuto a problemi di iniziale inserimento nel mercato del lavoro, poiché risulta evidente che questo gruppo ha iniziato a trovare impiego da 8 a 12 mesi dopo il periodo di formazione. Questo andamento è supportato dal fatto che tra coloro che hanno abbandonato gli studi prematuramente e che hanno interrotto la formazione altrettanto presto, solo il 4% lo ha fatto per trovare lavoro (e il 23% sull’intero campione). In questo senso è interessante notare che coloro che hanno abbandonato gli studi prematuramente tendono a dare molto peso all’importanza di trovare un impiego attraverso i contatti instaurati durante il corso di formazione. Di conseguenza, è importante che le politiche che riguardano coloro che hanno abbandonato gli studi prematuramente non sia incentrata solo sullo sviluppo di capacità per un lavoro specifico, ma che si focalizzi anche (a) sul mondo del lavoro in una prospettiva più ampia, per aumentare il loro valore agli occhi dei datori di lavoro, e (b) sullo sviluppo del loro capitale sociale. 193 Per le comunità di immigrati/minoranze etniche il ridotto impatto iniziale della formazione professionale non è controbilanciato da miglioramenti successivi. Al contrario, si registra perfino un leggero calo dell’occupazione. Questo dato evidenzia le particolari difficoltà attraversate dalle comunità di immigrati/minoranze etniche nel trovare un impiego. I contatti sociali sono spesso limitati ai membri delle loro comunità, che offrono quindi opportunità occupazionali limitate, mentre l’inserimento nella più ampia comunità del lavoro rischia di essere ostacolato da pregiudizi e discriminazioni. Per questo motivo la sola formazione professionale potrebbe non essere sufficiente per fornire supporto per l’inclusione lavorativa di queste categorie svantaggiate. Di conseguenza, il fine di queste politiche è esaminare quali misure complementari siano necessarie, nello specifico relativamente al capitale sociale. Per le persone disabili la formazione professionale sembra invece avere un impatto iniziale relativamente forte. Come evidenziato nel diagramma seguente, è interessante notare che questo gruppo è, tra tutti, proprio quello che considera il periodo di formazione maggiormente attinente e in linea con il proprio lavoro. Tuttavia, negli 8-12 mesi successivi al periodo di formazione il tasso di occupazione risulta essere pari a quello alla conclusione del periodo di formazione, indicando così che nel lungo terPertinenza della formazione con il posto di lavoro rispetto al cambio di breve termine della condizione occupazionale 194 Pertinenza della formazione con il posto di lavoro rispetto al cambio di medio termine della condizione occupazionale mine questo non contribuisce al miglioramento della posizione delle persone disabili sul mercato del lavoro. Inoltre, il tasso di occupazione rimane tra i più bassi rispetto a tutti i gruppi di persone svantaggiate, confermando la presenza dei principali ostacoli sul mercato del lavoro. Queste politiche dovrebbero quindi assicurare l’ideazione di misure per le persone disabili, che offrano loro un tipo di supporto che vada ben oltre la semplice formazione. A differenza delle persone disabili, quelle meno qualificate mostrano il cambiamento percentuale più elevato nello status occupazionale prima e dopo il periodo di formazione, e nonostante ciò sono il gruppo più riluttante a riconoscere la pertinenza e l’attinenza della formazione al loro lavoro. Tra gli 8 e i 12 mesi successivi al periodo di formazione, il miglioramento che si registra nel tasso di occupazione è molto ridotto. Per questo motivo la formazione professionale per le persone meno qualificate sembra piuttosto costituire un’alternativa alla disoccupazione fino a quando non viene trovato un lavoro. A conferma della capacità di trovare un impiego, dimostrata da gran parte delle persone meno qualificate, vi è il fatto che una porzione relativamente elevata di queste ha interrotto il periodo di formazione in anticipo per intraprendere un nuovo impiego (il 29% rispetto al 23% sul195 l’intero campione). In questo caso le politiche dovrebbero tuttavia tenere conto della sostenibilità a lungo termine della formazione offerta ai lavoratori meno qualificati. Nonostante il (re)inserimento lavorativo rimanga una priorità, nel lungo termine, per l’occupazione è importante aver sviluppato ampie “capacità occupazionali”. Lo status occupazionale dei lavoratori più anziani mostra un miglioramento moderato sia prima che dopo la fine del periodo di formazione, nonché tra la fine del periodo di formazione e gli 8-12 mesi successivi. Anche il tasso di pertinenza della formazione al proprio lavoro è moderato. Per questo gruppo i contatti stabiliti nel corso della formazione hanno poca rilevanza. Queste caratteristiche riflettono la varietà di questo gruppo che può comprendere una vasta gamma di livelli di capacità e anche l’eventualità che abbiano sviluppato capitale sociale e contatti durante la loro vita lavorativa. La capacità di trovare lavoro è indicata dal fatto che il 31% dei componenti di questo gruppo ha abbandonato la formazione anticipatamente per un nuovo lavoro (nettamente al di sopra del 23% rispetto all’intero campione). È perciò importante che le esperienze probabilmente diverse di questo gruppo si riflettano anche in tutte le politiche rivolte ai lavoratori più anziani. Guardando a tutti i gruppi di persone svantaggiate nel loro insieme, ciò che colpisce maggiormente è che per tutti, tranne che per quello dei disabili, solo in pochissimi casi la formazione è stata considerata importante per l’impiego ottenuto. Questo indica che vi sia poca sintonia tra formazione professionale e impiego disponibile, rispecchiando così le condizioni economiche estremamente avverse che hanno caratterizzato il periodo di ricerca. Tuttavia, è anche un segnale della necessità di dare maggiore attenzione al miglioramento della sintonia tra il campo della formazione e il mercato del lavoro per quanto riguarda le persone svantaggiate. Raccomandazione sulle politiche 3: All’interno dell’Europa, il successo della formazione professionale nel favorire l’ingresso delle persone svantaggiate nel mondo del lavoro ha avuto un andamento disomogeneo e molto variabile a seconda dei diversi gruppi di persone svantaggiate. Risulta quindi evidente la necessità di maggiore sintonia tra formazione professionale e opportunità lavorative disponibili. 196 La necessità di sviluppare una formazione professionale che abbia un impatto a lungo termine In linea di massima qualsiasi vantaggio derivante dalla formazione professionale tende a manifestarsi alla fine del periodo di formazione piuttosto che in seguito. Questo indica che volendo individuare quali influenze la formazione eserciti sull’impiego, si può affermare che queste tendono a essere di breve durata, suggerendo di conseguenza che il periodo di formazione potrebbe non essere abbastanza efficace nel fornire ai suoi partecipanti le capacità necessarie per conseguire un impiego nel lungo periodo. Questo dato confermerebbe altre ricerche che sostengono che la maggior parte della formazione ideata per aiutare le persone a ottenere un impiego sia focalizzata sul breve periodo. È significativo il fatto che una proporzione così ampia dei partecipanti all’indagine non abbia ritenuto la formazione ricevuta rilevante ai fini dell’impiego ottenuto, in quanto sembra suggerire che persino una formazione focalizzata sul breve periodo non sia di per sé efficace, ma che rappresenti “un’operazione di trattenimento”, per tenere occupati finché non si ottiene il lavoro. L’aspetto positivo di tali attività formative consiste invece nell’offrire evidenti possibilità di sviluppare contatti e di socializzare, opportunità in grado di garantire benefici a più lungo termine, e che permettono di sviluppare competenze chiave. Questa ricerca non ha stabilito se la formazione incentra la sua attenzione su competenze legate a un lavoro specifico o su competenze chiave. Tuttavia, altre ricerche indicano la necessità di maggiore sviluppo di tali competenze chiave da parte della formazione professionale. Raccomandazione sulle politiche 4: L’impatto nel breve termine che ha gran parte della formazione professionale sulle persone svantaggiate sembra discutibile. È perciò compito di questa ricerca stabilire se la formazione si concentra troppo sulla priorità immediata di inserire le persone nel mondo lavorati- vo piuttosto che provvedere a formare una serie di competenze per aiutarle a mantenere un determinato impiego nel lungo termine. 197 Le persone svantaggiate nel lavoro: il ruolo delle aziende La ricerca mette in luce il ruolo che rivestono le aziende nella formazione professionale per le persone svantaggiate. È significativo notare come le persone svantaggiate che hanno un impiego tendono a partecipare a corsi di formazione a carattere generico piuttosto che a corsi che in qualche modo soddisfano le loro necessità specifiche (attraverso contenuti specifici come per esempio corsi di lingua per immigrati o metodi di insegnamento e ambienti di apprendimento specifici che potrebbero essere necessari per persone con disabilità fisiche). L’81% delle aziende fornisce al suo staff una formazione generica per persone svantaggiate, mentre solo il 19% fornisce formazione professionale specificatamente ideata per i bisogni dei gruppi svantaggiati. Questi dati, tuttavia, variano sostanzialmente da Paese a Paese: la percentuale di aziende che offre formazione specifica è pari al 4% in Romania, ma raggiunge il 48% in Portogallo. Nonostante la formazione specifica sia fornita da una minoranza, l’attenzione deve essere posta su di essa per due motivi: (a) la formazione generica non sarà assolutamente d’aiuto per avere informazioni sulla formazione delle persone svantaggiate in particolare; (b) le aziende considerano più efficace la formazione specifica. Di conseguenza, i dati forniti in questa sezione si riferiscono alla formazione specifica, a meno che non venga indicato diversamente. Le ragioni per aumentare la disponibilità di formazione specifica Nonostante tale formazione specifica sia offerta solo da un numero limitato di aziende, prendere in considerazione solo questi dati non è sufficiente per ricavare informazioni sulla necessità di intraprendere delle misure per aumentare la proporzione di aziende che offrono formazione specifica. Dopo tutto non tutti i lavoratori che appartengono a gruppi svantaggiati necessitano di programmi di formazione specifica. Tuttavia, le aziende che offrono questo tipo di attività formativa tendono a credere nei suoi benefici, ritenendo in particolare che essa sia essenziale per permettere a coloro che sono in situazioni di svantaggio di esprimere il meglio di sé. Le stesse aziende tendono di conseguenza a ritenere che migliori attività di formazione specifica apporterebbero ulteriori benefici a favore dei gruppi svantaggiati. Inoltre, quanto più le aziende partecipano ad attività di formazione specifica, tanto più tendono a esserne soddisfatte, a vederne la necessità e ad avere il desiderio di intensificarle. Ciò è prova del fatto che queste attività hanno ottenuto un feedback positivo: le aziende che vengono coinvolte in attività di formazione specifica ne vedono i vantaggi. 198 Raccomandazione sulle politiche 5: Solamente una su cinque tra le aziende che forniscono attività formative offre corsi specifici per le necessità delle persone svantaggiate, ma nonostante ciò, quelle che lo fanno, sono convinte della loro effi- cacia. Le politiche dovrebbero cercare di rendere le attività di formazione specifica più ampiamente disponibili e di diffondere questo feedback positivo tra un maggior numero di aziende. Dove concentrare gli sforzi? Dalla ricerca emerge conferma del fatto che le attività formative vengono offerte da aziende di grandi dimensioni, dinamiche e che appartengono al settore dei servizi, nonostante non sia da trascurare il numero di piccole e medie imprese e di aziende del settore manifatturiero ed edilizio che offrono attività simili. Sarebbe facile allora suggerire che gli sforzi per espandere la disponibilità di attività formative specifiche dovrebbero concentrarsi sui settori e sulle categorie di aziende che non le offrono ancora. Tuttavia, anche se una promozione a tutti i livelli, specialmente se low cost, avrebbe i suoi vantaggi, vi sono altri aspetti da non sottovalutare. I risultati evidenziano in particolare quanto segue. Per prima cosa, visti i costi elevati che comportano le attività formative specifiche, non è un caso che queste siano più diffuse nelle medie e grandi aziende. Tali aziende hanno sicuramente a disposizione dei budget tendenzialmente più elevati da investire nelle risorse umane, nonché attività e strategie di responsabilità sociale d’impresa ben sviluppate. Operando individualmente, le piccole imprese non sono invece in grado di superare simili ostacoli. Per questo motivo, è importante che si arrivi a trovare dei meccanismi che permettano alle piccole imprese di lavorare congiuntamente per ripartire i costi molto elevati che comporta questa tipologia di formazione. In secondo luogo, i risultati emersi dall’indagine sottolineano l’importanza per molte aziende del ruolo svolto dalla rete di agenzie formative nello sviluppo di queste attività. Un quarto di tutte le aziende che offrono periodi di formazione, infatti, si è avvalso di suggerimenti da parte di agenzie o clienti. Questi legami hanno un’importante valenza in quanto fungono da canali di diffusione per promuovere le attività di formazione per le persone svantaggiate. 199 In terzo luogo, solamente un quinto delle aziende che offrono attività di formazione generica sente la necessità di organizzare attività formative più specifiche. Questo indica l’esistenza di un certo grado di visioni opposte nelle prospettive e negli atteggiamenti nei confronti della formazione specifica tra i “convertiti”, e cioè chi è stato già testimone del valore della formazione specifica, e la gran parte delle aziende che offrono attività formative, che invece non lo riconosce. La maggior parte delle aziende sembra essere abbastanza soddisfatta già solo per il fatto che le persone che provengono da una situazione di svantaggio siano incluse nelle attività di formazione generica. Nonostante gli sforzi di promozione di attività generiche producano più risposte favorevoli, sarebbe preferibile adottare un approccio differenziato che concentri l’attenzione e le risorse nel fornire supporto alle aziende che sono coinvolte nell’offerta formativa seppur non ancora specifica, ma che ne riconoscono i vantaggi. Raccomandazione sulle politiche 6: Si dovrebbe sviluppare un approccio differenziato per incrementare il coinvolgimento delle aziende nella formazione delle persone svantaggiate, che permetta alle piccole imprese di lavorare insieme per ripartire i costi, si avvalga delle reti di agenzie formative per diffonde- re le buone prassi e abbia come target le aziende che non offrono ancora formazione specifica, ma che ne riconoscono i vantaggi. Alcuni contenuti formativi sembrano prestarsi meglio di altri ad essere svolti in maniera mirata In riferimento ai contenuti delle attività di formazione specifica, è evidente che su un piano generale questi siano simili a quelli offerti dalle attività di formazione generica, i cui temi più diffusi sono la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, seguiti dall’utilizzo di macchinari, tecniche di produzione e gestione, e infine qualità e innovazione. Alcuni temi sono tuttavia più diffusi nella formazione specifica23, come per esempio: IT, comunica23 Sulla base della differenza in punti percentuali con la formazione generica. 200 zione, marketing, vendite e pubblicità, gestione delle risorse umane, amministrazione, contabilità e finanza. La ragione alla base di queste differenze non è chiara: esse potrebbero rispecchiare l’importanza che le imprese appartenenti al settore dei servizi hanno nella formazione specifica, ma anche le differenze intrinseche nella facilità con cui alcuni temi si prestano più facilmente ad essere trattati in maniera mirata. Per esempio, la formazione specifica nell’utilizzo dei macchinari potrebbe costituire una sfida più impegnativa rispetto alla formazione specifica nell’amministrazione per alcuni gruppi di persone svantaggiate. Ciò rende necessarie ulteriori analisi per stabilire se per alcuni contenuti sia necessario fornire un supporto maggiore, al fine di assicurarsi che i gruppi di persone svantaggiate non vengano dalla stessa attività di formazione. Raccomandazione sulle politiche 7: I policy-makers dovrebbero indagare il motivo per cui alcuni temi sono più comuni di altri nella formazione specifica al fine di assicura- re che le persone svantaggiate non vengano inavvertitamente discriminate. Il ruolo delle aziende dovrebbe essere esposto in maniera migliore nelle politiche per la formazione di persone svantaggiate? È indubbio che le aziende rappresentano una fonte importante di domanda per la formazione in generale, e che creano mercati per questo settore. Tuttavia, la formazione specificatamente rivolta alle persone svantaggiate mostra una situazione differente e non regge alle regole di mercato: è ragionevole presumere che le motivazioni che spingono i datori di lavoro a offrire formazione specifica sono differenti da quelle di solito associate all’offerta di formazione, cioè sia il rispetto dell’equità sociale e la responsabilità sociale d’impresa, sia la produttività e i profitti. Ne consegue che per le persone svantaggiate non esiste un mercato come quello del settore privato per una formazione professionale continua, e ciò rende essenziale il coinvolgimento del settore pubblico. A supporto di quanto affermato, la ricerca fornisce testimonianze che evidenziano una spinta esterna significativa sulle aziende affinché forniscano attività formative. Anche se la forza motrice delle attività formative in quasi 201 tutte le aziende consiste chiaramente nel soddisfare le necessità di queste e dei loro dipendenti, più dell’80% di quelle che offrono formazione, lo fanno su temi quali la sicurezza e l’igiene, e più del 50% stanno agendo in linea con la nuova legislazione. Inoltre, il 44% delle aziende offre attività formative con il supporto di un’agenzia di formazione e il 37% riceve finanziamenti da parte del settore pubblico. Tali dati non solo variano notevolmente a seconda dei Paesi europei, ma indicano anche che la disponibilità di finanziamenti pubblici esercita una certa influenza sull’incidenza della formazione. Molte aziende in Portogallo e Spagna, Paesi in cui la proporzione di imprese che offrono attività formative è la più elevata all’interno del campione utilizzato dai ricercatori, utilizzano finanziamenti pubblici. In Romania e Polonia invece solo una minoranza ristretta di aziende utilizza i finanziamenti pubblici, con una conseguente minore diffusione della formazione professionale, specialmente di quella specifica. Per questo motivo è chiaro che i requisiti obbligatori stabiliti dal governo, i finanziamenti pubblici e l’influenza delle agenzie di formazione rappresentano tutte leve importanti nelle decisioni aziendali in materia di formazione per dipendenti in una situazione di svantaggio. Tuttavia è legittimo obiettare che il ruolo dei datori di lavoro nei confronti dei gruppi di persone svantaggiate non sia trattato in maniera completa da queste politiche. Tra le altre cose, queste politiche spesso affrontano questioni particolari come la disabilità. È però necessario un riconoscimento più ampio del ruolo rivestito dalle aziende? Per quale ragione la percentuale di finanziamento pubblico specificatamente destinata alla formazione specifica nelle aziende è così bassa? Potrebbero essere utilizzate altre misure, come per esempio agevolazioni fiscali e incentivi legati al programma della responsabilità sociale d’impresa? Raccomandazione sulle politiche 8: I policy-makers devono prendere in considerazione il ruolo che posso- no avere le aziende nella formazione di persone svantaggiate in gene- rale, piuttosto che in relazione a questioni particolari. Oltre che esercitare pressione sulle aziende in genere affinché formino i loro dipenden- ti, dovrebbe essere considerato anche lo sviluppo di una più ampia serie di incentivi, per assicurare un equilibrio tra “carota e bastone”. 202 Un’importante minoranza di aziende con spirito di iniziativa potrebbe assumere un ruolo-giuda Le testimonianze emergenti attestano allo stesso tempo anche l’esistenza di un nucleo di aziende impegnate a offrire periodi di formazione specificatamente rivolti alle persone svantaggiate, e molto attive nell’attuazione di tali attività. Inoltre, le aziende che offrono attività formative specifiche mostrano una maggiore tendenza a utilizzare finanziamenti pubblici rispetto a quelle che offrono attività formative generiche. Tuttavia, è un dato di fatto che la formazione specifica offerta non è supportata da finanziamenti pubblici specificatamente destinati a questo scopo. Meno dell’1% delle aziende che offrono attività formative affermano, infatti, di aver ricevuto contributi per la formazione specifica da enti pubblici. Inoltre, le aziende che offrono attività formative specifiche tendono a farlo più per la superiorità delle attività formative in sé che su suggerimento di un’agenzia di formazione, e infatti sembrano farlo nonostante gli ostacoli che si presentano loro (ciò è testimoniato dalle limitate differenze relative ai costi e alla facilità di accesso alle attività formative tra le aziende che forniscono formazione generica e quelle che forniscono formazione specializzata). Tutti questi dati suggeriscono l’esistenza di un gruppo di aziende che hanno un approccio abbastanza attivo nei confronti delle persone svantaggiate, che non si adeguano passivamente alle richieste e ai requisiti governativi e che non si affidano in maniera eccessiva ai finanziamenti del settore pubblico. Tali aziende hanno tutto ciò che serve per rappresentare e sostenere il valore delle attività formative rivolte alle persone svantaggiate. Raccomandazione sulle politiche 9: Sembra provata l’esistenza di un gruppo di aziende attive in questo campo. I policy-makers hanno il dovere di scoprire nuovi modi per servirsi dell’entusiasmo di queste aziende come base per costruire qualcosa, sviluppando il loro ruolo di rappresentanti e di sostenitrici del valore della formazione per le persone svantaggiate. 203 È necessario un miglioramento nell’offerta di formazione specifica Visto l’importante ruolo del settore pubblico, che cosa si può dire in merito a ciò che riguarda l’offerta vera e propria delle attività di formazione per le persone svantaggiate? Il dato evidente è che le aziende percepiscono l’esistenza di una certa quantità di limitazioni nell’offerta di attività formative specifiche. Quasi il 40% delle aziende con esperienza nella formazione specifica la ritiene troppo costosa, il 48% la ritiene inusuale nel settore, e il 42% difficile da trovare. È significativo che queste percentuali siano molto più elevate di quelle delle risposte provenienti da aziende che offrivano una formazione generica; in altre parole, le aziende con esperienza concreta nella formazione specifica avevano maggiore tendenza a indicare l’esistenza di limitazioni. La questione può essere analizzata anche dal punto di vista dello sviluppo. Più del 35% delle aziende che hanno offerto formazione professionale specifica al loro personale non intendono offrire altre attività simili nel prossimo futuro per via dei costi connessi ad esse. Il 47% lo esclude invece a causa degli ostacoli burocratici. Tali ostacoli sono veri e propri problemi in tutti gli otto Paesi dell’Europa centrale e orientale e nel Mediterraneo analizzati nella ricerca. Per questo motivo, agli occhi delle aziende sembra esserci un certo raggio d’azione per migliorare l’offerta formativa specifica, in altre parole per renderla più ampiamente disponibile, più facile da trovare, meno costosa e con meno cavilli amministrativi. Queste richieste non sono nuove, in quanto coincidono con quelle che tipicamente il settore privato fa nei confronti dei servizi pubblici. Tuttavia, non sembra esserci la possibilità di aumentare la quantità di finanziamenti pubblici destinati alla formazione specifica e ad accrescere l’influenza delle agenzie di formazione e di enti pubblici come per esempio i servizi pubblici per l’impiego. I consigli di un’agenzia di formazione sono stati fondamentali nella decisione del 49% delle aziende che offrono formazione generica, ma solo per il 43% di quelle che offrono formazione specializzata. Questo dato sorprende le aspettative, vista la potenziale esperienza dei fornitori di formazione nell’elaborazione e nell’attuazione di attività formative specifiche per le aziende. In questa sede è necessario considerare anche i risultati dell’indagine sulle persone svantaggiate che hanno evidenziato l’importanza di creare reti sociali e contatti con i datori di lavoro come parte integrante dei programmi di formazione. Hanno inoltre mostrato che solo un terzo del campione complessivo ha deciso di partecipare alla formazione professionale su suggerimento di qualcun altro, o di un ente pubblico come il servizio pubblico per l’impiego, o di chi si occupa di assistenza e pro204 tezione sociale. In altre parole, la maggior parte dei partecipanti non aveva usufruito dei consigli e delle indicazioni di professionisti del settore. Analizzati congiuntamente a ciò che è emerso dalle indagini sulle aziende, questi risultati indicano un’opportunità per i fornitori di servizi di incrementare la loro funzione di intermediari all’interno del mercato del lavoro, permettendo loro di ricoprire una posizione di mediazione tra le persone svantaggiate e i potenziali datori di lavoro. Questo richiederebbe loro di ampliare il proprio raggio d’azione, ben oltre la semplice formazione, per includere prospettive più ampie di armonia tra datori di lavoro e persone svantaggiate. Per esempio, un’importante ruolo potrebbe essere quello di segnalare ai datori di lavoro le persone che hanno difficoltà a ottenere colloqui di lavoro in quanto, pur possedendo determinate capacità, non sono in grado di attestarle con un certificato o una qualifica. Un ruolo simile potrebbe essere particolarmente vantaggioso per gli immigrati, le minoranze etniche e le persone con disabilità che sembrano incontrare le difficoltà maggiori nella ricerca di un impiego. Dal punto di vista dei datori di lavoro, il ruolo di intermediari nel mercato del lavoro potrebbe essere particolarmente vantaggioso per le piccole e medie imprese che non hanno le stesse risorse dei datori di lavoro più grandi per attuare le procedure di reclutamento, che ricercano attivamente persone in situazioni di svantaggio o che perlomeno permettono a persone con un capitale sociale limitato di diventare consapevoli delle opportunità di lavoro. Raccomandazione sulle politiche 10: È necessario prendere in considerazione l’ipotesi di incrementare il ruolo di intermediari del mercato di lavoro da parte delle agenzie di formazione e dei servizi pubblici per l’impiego. Questo, in particolare, si tradurrebbe nello sviluppo, da parte dei fornitori di formazione, di una gamma più ampia di funzioni oltre alla semplice offerta di formazione. Essi dovrebbero agire da canale di comunicazione chiave tra le persone svantaggiate e le aziende. I fornitori di formazione dovrebbero assumere un ruolo più attivo nell’offrire consulenza e guida alle persone svantaggiate, sostenendo la loro necessità di competenze più ampie. Essi dovrebbero anche occuparsi più da vicino dei bisogni delle aziende per assicurarsi che la formazione che forniscono sia effettivamente pertinente agli impieghi disponibili. 205 Le linee-guida delle politiche dovranno essere interpretate a seconda dei diversi contesti di ogni Paese Non è un caso che le limitazioni per le aziende non abbiano una distribuzione uniforme. Ulteriori informazioni a riguardo sono fornite dalla frequenza di due limitazioni in particolare: gli ostacoli burocratici e il poaching (ossia il rischio che il personale abbandoni un’azienda al termine del periodo di formazione). Questi due indicatori insieme definiscono molte differenze che si rilevano tra i principali gruppi di Paesi nel campione analizzato nella ricerca. Come si può vedere dal grafico sottostante, quattro Paesi in particolare, e cioè Portogallo, Polonia, Romania e Slovacchia, sembrano presentare problemi rilevanti sia rispetto alla burocrazia nel settore pubblico che al poaching in quello privato. Se il poaching rappresenta un potenziale problema di ogni Paese, in alcuni di essi questo problema è stato attenuato grazie a un forte consenso sociale sul valore dell’attività formativa (per il bene collettivo) e attraverso un sistema di formazione/qualificazione che assicura una forte connessione tra la formazione e l’occupazione. In tali Paesi (l’archetipo è probabilmente la Germania) un’elevata proporzione di aziende è coinvolta nella formazione e ciò riduce il rischio che si verifichi il poaching. Per quanto riguarda invece il problema della burocrazia, molte aziende in Portogallo, Polonia e Romania sono quelle che tra tutti i Paesi riportano con più frequenza i costi elevati delle attività formative e la loro difficile reperibilità. Inoltre, in Polonia, Romania e Slovacchia il numero di aziende che ha accesso a finanziamenti pubblici è molto limitato. Paesi a confronto in termini di vincoli burocratici e poaching 206 A differenza di questi Paesi, la Svezia e il Regno Unito evidenziano pochi problemi legati agli aspetti burocratici. Tuttavia, le aziende inglesi registrano problemi significativi relativi al poaching, problema che in genere si rileva dove i meccanismi di dialogo sociale sono deboli. In Italia e Spagna le aziende identificano come problema principale la burocrazia, ma molte aziende ammettono di ricevere finanziamenti pubblici. Da tutto ciò ne consegue che, sia dal punto di vista della domanda che dell’offerta di capacità e attività formative, le linee-guida generali per le politiche dovrebbero essere interpretate a seconda delle condizioni specifiche di ogni singolo Paese. Raccomandazione sulle politiche 11: Gli Stati membri dell’Unione europea si trovano ad affrontare diversi problemi che riguardano l’unione di domanda e offerta di attività forma- tiva per le persone svantaggiate. Le sfide sono particolarmente impegnative nei Paesi in cui le aziende stesse percepiscono l’esistenza di problemi legati sia alla complessità burocratica che alla mancanza di cooperazione all’interno della loro stessa comunità d’affari. Affrontare questi problemi strutturali dovrebbe costituire una parte importante dello sviluppo di qualsiasi politica in questo campo, dal momento che la persistenza di tali ostacoli continuerà a rappresentare un freno costante al successo degli sforzi a cui sono tese altre politiche. Appendice 1 al capitolo 8. Risultati emersi dai questionari raccolti presso gli interlocutori Indagine presso gli interlocutori sulle raccomandazioni politiche Il proposito di questa pubblicazione è di descrivere i risultati dell’indagine condotta tramite la somministrazione di un questionario predisposto dai ricercatori, per raccogliere suggerimenti e riscontri sulle raccomandazioni politiche. L’elenco sintetico di raccomandazioni riportato qui di seguito fissa le azioni rivolte direttamente alle persone e le misure specifiche per le imprese. 207 Raccomandazioni politiche indirizzate alle persone 1. Le esperienze di formazione iniziale e continua in azienda (IFPI e IFPC) sono cruciali per le persone svantaggiate come per tutte le altre persone. Attualmente alcuni gruppi, in particolare i disabili, gli immigrati e le persone provenienti da gruppi etnici risentono in modo particolare della mancanza di queste opportunità. Per questo motivo, sarebbe opportuno incrementare gli investimenti e la partecipazione delle imprese, degli enti di IFP e dei servizi per l’impiego (formazione in azienda). 2. Per le persone svantaggiate è fondamentale sviluppare un proprio “capitale sociale”: il miglioramento delle reti di contatti e delle abilità sociali costituisce un obiettivo primario di tutte le attività di IFP (capitale sociale). 3. È necessario migliorare la corrispondenza tra i contenuti delle attività di IFPI e IFPC rivolte alle persone svantaggiate, e le opportunità presenti nel mercato del lavoro (contenuti professionalmente più attinenti). 4. Le politiche dovrebbero aumentare la disponibilità di offerte formative per le persone svantaggiate, in entrambi i sistemi di IFPI e IFPC (formazione mirata). 5. Il sistema di IFPI (ma anche quello di IFPC) dovrebbe fornire alle persone un più ampio bagaglio di competenze, per consentire loro di restare più a lungo nel mercato del lavoro (ampliamento delle competenze). 6. I politici dovrebbero tenere monitorati gli argomenti della formazione continua per le persone svantaggiate, al fine di evitare eventuali discriminazioni non intenzionali (zero discriminazioni, ecc.). Politiche indirizzate alle imprese Le politiche dovrebbero puntare ad aumentare l’offerta formativa rivolta alle persone svantaggiate (in entrambi i sistemi di IFPI e IFPC), tenendo presente che le imprese si rendono più facilmente conto dei benefici della formazione mirata solo dopo averla sperimentata. Le politiche a sostegno della formazione continua mirata per le persone svantaggiate dovrebbero: 1. esortare le piccole imprese a collaborare tra loro, in maniera tale da ripartire i costi delle attività di IFPC per le persone svantaggiate (ripartizione dei costi); 2. utilizzare la catena di approvvigionamento per favorire la diffusione di buone prassi (catena di approvvigionamento); 3. sostenere le imprese interessate non ancora attive sul versante della formazione mirata ma già consapevoli della sua utilità (imprese interessate). 208 Inoltre: 4. le politiche sembrano poco organiche e scarsamente coordinate in termini di azioni di stimolo alle imprese ad agire coerentemente a favore della formazione delle persone svantaggiate (coordinamento politico); 5. i politici dovrebbero puntare sull’entusiasmo di alcuni gruppi di imprese per promuovere la formazione continua per i gruppi svantaggiati di lavoratori, tramite la diffusione di buone prassi (diffusione di BP); 6. gli enti di formazione e i servizi pubblici per l’impiego dovrebbero diventare più attivi per quanto riguarda l’offerta di attività di consulenza, orientamento e sostegno, sia per favorire l’allargamento delle competenze dei corsisti, sia per soddisfare le necessità delle imprese (enti di IFP e SPI); 7. le istituzioni dell’UE dovrebbero far fronte alle difficoltà delle imprese in termini di complessità burocratiche e di scarsa cooperazione all’interno della stessa comunità imprenditoriale (burocrazia). I risultati dell’indagine L’indagine è stata condotta tra l’ultima settimana di novembre e la prima settimana del dicembre 2012. I partecipanti sono stati selezionati fra gli interlocutori coinvolti durante i tre anni in cui è stata realizzata la ricerca. Sono state condotte 22 interviste e le risposte ricevute sono servite per perfezionare le raccomandazioni politiche. Le raccomandazioni politiche sono riepilogate nella Tabella 60, raggruppate in quattro categorie. Le raccomandazioni politiche cui la maggior parte degli intervistati ha assegnato il punteggio massimo quanto a importanza, o comunque un punteggio più alto sono: lo sviluppo del “capitale sociale”, delle competenze relazionali e sociali come finalità indispensabili delle attività di IFP, le esperienze di apprendimento in azienda come principale strategia didattica, la necessità di incrementare l’offerta di formazione ad hoc per le persone disabili, e l’importanza di tenere monitorate le materie dell’IFPC per le persone svantaggiate, al fine di evitare eventuali discriminazioni non intenzionali. Fra le politiche rivolte alle imprese, ne spiccano due in particolare: gli enti di formazione e i servizi per l’impiego dovrebbero puntare a rispondere meglio ai bisogni delle imprese; in secondo luogo, la necessità di promuovere l’IFPC per i gruppi svantaggiati tramite la diffusione di buone prassi. Si tratta di raccomandazioni della massima importanza, ritenute da un numero significativo di intervistati essere le più efficaci e più urgenti da adottare. D’altronde queste proposte hanno ricevuto una valutazione mediamente positiva da parte della totalità degli intervistati, anche da coloro i quali non le hanno ritenute altrettanto efficaci, urgenti e necessarie. 209 Un discreto numero di intervistati ha assegnato il punteggio più alto in termini di importanza e urgenza all’obiettivo di adattare i contenuti delle attività di IFPC (e IFPI) alle persone svantaggiate, al fine di favorire una migliore corrispondenza con le opportunità lavorative disponibili per queste categorie di persone. La media del campione di intervistati ha invece assegnato un punteggio inferiore alla media, mostrando una certa perplessità al riguardo. Nella stessa posizione vi sono altre due raccomandazioni politiche rivolte alle imprese: le politiche dovrebbero cercare di esortare le piccole imprese a collaborare tra loro per ripartire i costi dell’IFPC, e le istituzioni dell’UE dovrebbero far fronte alle difficoltà delle imprese in termini di complessità burocratiche e scarsa cooperazione all’interno della stessa comunità imprenditoriale. Maggiori dettagli su questo punto sono riportati più avanti. Infine, quattro raccomandazioni sono considerate da alcuni intervistati meno urgenti ed efficaci. Le raccomandazioni politiche ritenute altrettanto importanti (punteggio superiore alla media) ma non così indispensabili o urgenti sono: in primo luogo, le politiche pubbliche dovrebbero essere più organiche e coordinate per poter aiutare le imprese ad agire in maniera costante, e in secondo luogo, il sistema di IFP dovrebbe tenere conto della necessità di ampliare le competenze delle persone, per consentire loro di restare più a lungo nel mercato del lavoro. Tabella 60. Punteggi medi e percentuale di risposte che assegnano una valutazione eccellente a ciascuna raccomandazione politica: i quadranti sono identificabili tramite le medie. 210 È opportuno approfondire queste risposte. È evidente che l’adozione di politiche coerenti e coordinate, soprattutto se finalizzate a sostenere le imprese impegnate nella formazione professionale delle persone svantaggiate, è considerata importante ma non altrettanto prioritaria della promozione e diffusione di buone prassi o della valorizzazione del ruolo e delle capacità degli enti di IFP e SPI. L’acceso dibattito in corso sul tema della coerenza e del coordinamento delle politiche potrebbe aver influenzato queste risposte: è più facile pensare che gli interventi di miglioramento della situazione siano già disponibili, anziché rendersi conto della necessità di aggiungere ulteriori priorità. Alcuni intervistati hanno espresso dei dubbi in merito al tema dell’ampliamento delle competenze da parte della formazione continua e della formazione iniziale. In effetti, la domanda in merito a questo argomento ha ricevuto un certo numero di riscontri negativi. I motivi più importanti addotti per giustificare un disaccordo su questo punto sono: 1. considerando le risorse disponibili, la sostenibilità di un siffatto sistema di formazione continua non è credibile. Occorre un’analisi più approfondita per comprendere le eventuali implicazioni a livello di singoli individui e di organizzazioni; 2. le interazioni sociali sul posto di lavoro sono temi importanti da approfondire, ma ancora più urgente è la formazione mirata, capace di combinare le specificità delle persone svantaggiate con precisi profili professionali, assieme alle problematiche derivanti dall’adattamento al contesto lavorativo. Questo cambiamento può avvenire solo “facendosi carico” della formazione delle persone svantaggiate (utilizzando per esempio strumenti di tutoraggio, mentoring e orientamento), all’interno e all’esterno del contesto aziendale in maniera stratificata (aumento delle competenze, miglioramento delle relazioni con colleghi e superiori, miglioramento delle infrastrutture di trasporto, carichi familiari, carriera e così via); 3. i corsi di formazione continua hanno una durata mediamente troppo breve, idonea solo per promuovere un aggiornamento delle competenze; 4. la formazione professionale per le persone svantaggiate dovrebbe essere progettata esattamente come la formazione rivolta alle persone non svantaggiate. Le due raccomandazioni politiche che hanno raccolto i minori consensi da parte degli intervistati sono: le politiche a supporto della formazione continua per i gruppi svantaggiati dovrebbero far leva sulla catena di approvvigionamento per la diffusione delle buone prassi; dovrebbero puntare alle imprese che ancora non offrono formazione mirata ma che sono già consapevoli della sua utilità. Tali reazioni potrebbero dipendere dall’innovatività delle proposte e dalla necessità di articolarle e definirle meglio in termini pratici. Oppure potrebbero essere indicative di una minore importanza attribuita alle politiche per la diffusione della for211 mazione rivolta ai gruppi svantaggiati, dando la priorità alle imprese che offrono attività di formazione continua ai propri dipendenti. In questo periodo di recessione economica, viene data priorità alle persone in cerca di lavoro anziché alle persone già occupate. Per questo motivo, le politiche finalizzate a potenziare la formazione professionale per favorire l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate, dovrebbero concentrarsi maggiormente sulle persone disoccupate. In tempi di crisi, le persone svantaggiate si trovano spesso in condizione di disoccupazione o inattività, e la loro situazione potrebbe aggravarsi a causa della crisi. Finora le imprese sono rimaste al margine della formazione per i disoccupati, pertanto le politiche di incentivo alla formazione per il personale svantaggiato rischiano di essere poco efficaci per inserire le persone svantaggiate nel mercato del lavoro. Alla domanda sulle ripercussioni a lungo termine degli investimenti nella formazione professionale delle persone svantaggiate a causa della crisi, gli intervistati hanno risposto in maniera non uniforme. La maggioranza concorda sul fatto che la crisi induce a sospendere le misure a sostegno dell’occupabilità delle persone svantaggiate, a favore delle persone non svantaggiate che hanno perso il lavoro. Altri non vedono una connessione diretta tra crisi e riduzione degli investimenti per la formazione professionale dei gruppi svantaggiati. Anzi, essi ritengono che la crisi aumenterà gli interventi pubblici a favore delle fasce deboli, sovraccaricando i servizi sociali e ingrossando il debito pubblico. Una minoranza ritiene che i tagli agli investimenti pubblici, ivi compresi quelli per la formazione mirata per i gruppi svantaggiati, a lungo andare provocheranno un aumento della disoccupazione per queste categorie, una maggiore dipendenza nei confronti dei contributi pubblici e una più profonda sofferenza sociale. Punti di vista diversi: ricercatori e politici È interessante confrontare le differenze nelle risposte pervenute dai due gruppi più numerosi di persone intervistate: i ricercatori e i politici. Il numero di datori di lavoro e di enti di formazione è troppo ridotto per essere preso in considerazione a questo punto. Le risposte raccolte risultano abbastanza omogenee all’interno di ogni gruppo, ma alquanto diverse tra i due gruppi (Tabella 61). Innanzitutto, è interessante notare come i ricercatori intervistati si siano dimostrati molto più critici dei politici, oltre che meno disposti ad assegnare punteggi elevati alle proposte politiche. Si tratta di un risultato difficile da spiegare. Potrebbe essere indicativo di una diversa e opinabile percezione della situazione e dei problemi da risolvere, evidenziando la necessità di una più efficace diffusione dei risultati della ricerca oppure di ulteriori studi e analisi. I ricercatori intervistati hanno assegnato un punteggio più alto dei ricercatori solo alla necessità di sviluppare il “capitale sociale”, in quanto le capacità di fare rete e di socializzare sono ritenuti obiettivi fondamentali delle attività di formazione 212 Tabella 61. Punteggi medi per categoria di intervistati e tipo di raccomandazione politica Ricercatore Politico Punteggio medio Ampliamento delle competenze 7,0 8,2 7,5 Capitale sociale 8,3 7,7 8,3 Formazione mirata 7,1 8,2 7,3 Imprese mirate 5,2 7,7 6,0 Coordinamento politico 7,7 8,2 7,5 Diffusione BP 7,6 -9,0 7,7 Alleggerimento burocratico 7,4 6,7 7,2 Media 7,1 7,7 7,4 Politiche rivolte alle persone Nessuna discriminazione di origine contenutistica Contenuti adeguati ai profili richiesti dal mercato Formazione sul luogo di lavoro Politiche rivolte alle imprese Diffusione nella catena di approvvigionamento Ripartizione dei costi tra imprese Enti di formazione e SPI 7,0 6,3 8,2 6,5 6,7 7,8 8,8 7,2 6,7 7,0 7,2 8,2 7,5 6,6 7,9 6,6 6,8 8,0 per le persone svantaggiate, poi in grado di promuovere queste esperienze nei rispettivi posti di lavoro. Infine, contrariamente alle opinioni dei politici, i ricercatori ritengono che le politiche pubbliche siano indispensabili per alleggerire il peso burocratico gravante sulle imprese che organizzano attività formative per il personale svantaggiato. Secondo i politici, l’eccesso di burocrazia non rappresenta un’area di intervento prioritaria, probabilmente perché più di altri riconoscono e concordano sulla necessità di tenere sotto controllo le risorse pubbliche frequentemente utilizzate dalle imprese che fanno formazione per le persone svantaggiate. I ricercatori sembrerebbero condividere di più l’esigenza delle imprese di puntare a ridurre il carico di rapporti e verifiche, allentando i vincoli all’utilizzo di fondi pubblici. 213 Appendice 2 al capitolo 8. Elenco di collaboratori che hanno contribuito alla stesura del documento sulle raccomandazioni di policy Paese Nome Italia Giuseppe Fiorani Italia Sara Colombini Italia Patrizio Bianchi Italia Tiziana Bernardi Regno Unito Lisa Vernon Regno Unito Chrissie Upton Regno Unito Kevin Poulton Regno Unito Chris Evans Polonia Agnieszka Bartel Svezia Håkan Printz Svezia Pelle Persson Svezia Pelle Tjärnlund Svezia Kurt Johansson Polonia Svezia Svezia 214 Marcin Jaêwiec Karin Tjärnlund Ente Ricercatore – Università di Modena e Reggio Emilia Staff del Viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Assessore Scuola, formazione professionale, università e ricerca, lavoro della Regione EmiliaRomagna Responsabile Lifelong Learning Center, UniCredit Consorzio Learning & Development del Derbyshire Coordinatore regionale, ESF Works presso Tribal Group plc Consulente presso l’Improvement Advisor Service – ACL Consultant, Tribal Education Responsabile rigenerazione economica Consigli di Christchurch e East Dorset Direttore dell’Osservatorio Marchmont, Università di Exeter Ricercatrice Rettore dell’Università di Lodz Responsabile del Navigatorcentrum di Östersund Presidente del Partito Sociale Democratico Östersund CEO di Nivå2, Östersund Nivå2, Linköping, consulente Fondo sociale ed esperta in questioni legate al mercato del lavoro svedese Preside, Lärcentrum Östersund AnnSofie Andersson Sindaco del comune di Östersund >>> Paese Nome Svezia Henrietta Steein Svezia Tone Morseth Romania Sorina Poledna Romania Remus Oltean Romania Horea Camarasan Romania Kovács Melinda Romania Ancuta Mercea Romania Ioana Hossu Romania Lorin Ghiman Romania Pattantyus Agnes Spagna Alexia Puch Slovacchia Robert Kiãina Svezia Spagna Slovacchia Pär-Robert Liljefjäll Federico Pozo Klaudius ·ilhár Ente Responsabile del progetto FSE Solaris e capo del Dipartimento sociale del comune di Bräcke Capo di dipartimento, Servizio pubblico per l’impiego di Stoccolma Direttore dell’impresa sociale Govido per l’inserimento lavorativo di disabili mentali a Östersund Professore associato presso il Dipartimento di Servizi sociali della Facoltà di Sociologia e Servizi Sociali dell’Università di Babes-Bolyai, Cluj Sociologo presso l’Agenzia per l’impiego, contea di Cluj Camera di Commercio e dell’Industria, contea di Cluj Associazione per l’assistenza ai disabili – Gondviselés-Pro Sorge Associazione per l’assistenza ai disabili Santa Maria Sociologa ed esperta presso l’Institutul de Formare Economica si Sociala (Istituto per le riforme economiche e sociali), Cluj Sociologo ed esperto presso l’Institutul de Formare Economica si Sociala (Istituto per le riforme economiche e sociali), Cluj Responsabile del progetto “After School”, Fondazione Diakonia Esperta di istruzione degli adulti Esperto di istruzione degli adulti Alleanza imprenditoriale slovacca (PAS) Presidente di AIVID (Associazione degli istituti di istruzione degli adulti nella Repubblica Slovacca) e Direttore del Programme Centre dell’Accademia dell’istruzione (Akadémie vzdelávania) 215 CAPITOLO 9. 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