Catalogo “Prometeo”

Transcript

Catalogo “Prometeo”
DINO PEDRIALI
Prometeo
GALLERIA
L’ O P E R A
DINO PEDRIALI
a cura di Laura Cherubini
Prometeo
GALLERIA
L’ O P E R A
INTERVISTA A DINO PEDRIALI
LAURA CHERUBINI
22 Febbraio 2014
Dino Pedriali
Prometeo | Prometheus
7 marzo - 5 aprile 2014
7th march - 5th april 2014
Coordinamento | Coordination
Luca Maria Spagnuolo
Grafica | Graphics
Giuseppe Fadda
Allestimento | Installation
Marianna Fonzo
Cornici | Frames
Fabrizio Fraboni
Galleria L’Opera
Via di Monserrato, 40
00186 Roma
T. 06.68802469
[email protected]
www.gallerialopera.com
Stampa
ASprint, Roma
Incontriamo Dino Pedriali nel quartiere romano di Prati, ci accoglie nell’intimità di
spazi e oggetti da lui fotografati per la serie “Prometeo”: È la prima volta che espone
il colore, ci confessa. Ma prima di parlare del suo ultimo lavoro artistico, ci interessa
ripercorrere la storia di Dino Pedriali come fotografo. E l’inizio non può che essere
l’incontro, decisivo, con Man Ray.
D.P. Si. Nel ’75 sono io a fotografare l’Atelier Man Ray, perché forse lui aveva intuito
qualcosa… Man Ray non voleva altri che me per fotografarlo. E io non avevo mai
preso una macchina fotografica…
L.C. Quindi è Man Ray in realtà che ha visto in te il fotografo?
situazione pratica.
L.C. Lo so perché l’ho conosciuto pure io allora. Era molto speciale.
D.P. È stato un po’ il mio maestro. Mi ha insegnato nella maniera più incredibile
come si diventa fotografi. Non facendomi permettere di accendere le luci, non toccare
niente, mi esaspera per tre giorni. Mi fa stare in giro per Parigi a nulla fare… E poi mi
da poche ore di lavoro… Alla fine mi ha esasperato e io ho cominciato a lavorare…
Lo dice il testo che Man Ray scrive quando ha visto le foto e i provini: “Abbiamo
realizzato un lavoro dove io ci avrei messo molto più tempo. Tu sei giovane…” Ho
sempre avuto insegnanti molto severi… Te lo dico a parole mie. Abbiamo fatto un
libro fuori dalla norma, fuori dalle regole. E fosse poi solo quello! Quello è sempre la
punta dell’iceberg! Perché io devo dire che niente è a caso. Cosa devo dirti Laura? Non
può una generazione, e cioè come la nostra, ignorare. E chi non è stato ambizioso?
Ma io non potevo fare una carriera… Che carriera faccio se io devo ingannare Tizio,
Caio e Sempronio, avendo conosciuto il meglio del meglio del mondo dell’arte. Io
ho avuto un grande rapporto con gli artisti. C’è un cambiamento nella storia che
inizia probabilmente dal ’72 in avanti… tutto torna nella vita! Come si dice: io vivo
per l’arte? L’arte vive senza di me. È un mio motto, uno dei miei motti. Perciò non è
che questa cosa a me dà fastidio. Io non avrei mai scelto di fare l’artista convinto se il
piacere di fare l’artista vuol dire sentirsi liberi.
D.P. Di tutta la mostra di Fagiolo Dell’Arco, io mi sono occupato tantissimo di tutta la
situazione pratica.
L.C. Si dice che tu abbia cominciato a fotografare nello studio di Andy Warhol. È
giusto?
L.C. La mostra era nel luglio del 1975.
D.P. È parallelo. Io conoscendo Man Ray ero a New York. New York-Torino. TorinoParigi. Parigi- New York… È contemporaneo! Io lavoro per la galleria e mi occupo
di Man Ray, di Andy Warhol… grandissimo guru. È lui che è venuto ad incontrare,
a voler incontrare Man Ray. Perché sapeva chi era Man Ray, e che cosa rappresentava
nel mondo dell’arte, nel dadaismo e soprattutto nella fotografia. Con tutto il rispetto:
Andy Warhol non è niente di fronte a Man Ray! Chi è Andy Warhol come fotografo?
Ha fatto un po’ tabula rasa, Andy Warhol. Io lo considero un uomo che ho guardato,
ma non l’ho mai sentito un maestro, rispetto a… faccio un nome: Henry Moore.
Uno sculture, non c’entra niente. Sutherland. Salvador Dalì… Anche la stessa Leonor
Fini… acqua di rosa come dico io, molto leggera. Però… Warhol ha una storia
incredibile, di cui io sono stato veramente testimone.
L.C. Dino, noi ci conosciamo da un sacco di anni, da quando eravamo ragazzini.
Ci siamo conosciuti alla mostra di Man Ray a Roma, quando io lavoravo con il mio
maestro Maurizio Fagiolo Dell’Arco che curava la mostra. Tu eri venuto a Roma con
Luciano Anselmino per la mostra e conoscevi già Man Ray. Parliamo di questo tuo
rapporto con Man Ray, mi sembra molto importante.
D.P. L’ho conosciuto tramite Anselmino, quando sono andato a vivere con lui a
Torino. Facevo un po’ da spola, venivo a Roma, andavo a Parigi. Facevo il ragazzo di
bottega. Mi occupavo di tutta la parte pratica delle situazioni. E da lì sono entrato
dalla porta principale, nel mondo dell’arte. Da lì ho avuto la prima grande occasione
di conoscere Andy Warhol che arrivò improvvisamente. Lo stesso Picasso nel ’72 ho
conosciuto, proprio in una toccata e fuga. Perché Man Ray era un punto di riferimento
per la storia dell’arte del ‘900. Parliamo di un qualcosa che non esiste più.
D.P. Noi siamo venuti anche a Fregene…
L.C. Man Ray compiva gli anni il 27 agosto. E fece la festa di compleanno a Fregene.
Io non ci sono potuta venire, ma lo ricordo perché compio gli anni il 28 agosto.
D.P. Quella casa a Fregene che ho trovato io. Insomma… anni belli. Anni belli dal
punto di vista delle atmosfere.
L.C. Atmosfere molto belle. A quei tempi a Roma passava chiunque. Era un luogo di
incontri pazzesco…
D.P. Sono cambiati i metodi, i sistemi. Ma Roma resta sempre una città emblematica.
Un punto comunque inevitabile di incontri… io li definisco quasi massonici.
L.C. Hai lavorato con Man Ray?
L.C. Come era lo studio di Warhol?
D.P. L’Andy Warhol che io ho conosciuto era già un Andy Warhol molto, troppo
europeo. Lo studio era nel cuore di Manhattan, liberty. Ultimo piano. Straordinario
lusso, lusso inteso come struttura di edificio. Una factory come si dice. Tutto quello
che Andy Warhol ha fatto non so se si possa chiamare un’invenzione. Voglio dire
5
l’incisione è stata inventata da Rembrandt. E già basta quello. Andy Warhol è un uomo
che ha capito che poteva essere lui il protagonista di tutto. Un art director! Come ho
sempre detto: il più grande art director dell’arte contemporanea. Andy Warhol resta
un grande mistero, ma non per me. Nel ’75 io ero in Sicilia, in vacanza con degli
amici. E chiamo Luciano Anselmino perché ero a ridosso del mio compleanno, e non
avevo detto niente a nessuno, nemmeno a mia madre, dove stavo. Allora chiamo. E
Anselmino mi dice: “È venuto Pasolini”. “Ah!” ho detto. “Non lo volevi conoscere?”
“Si mi interessa molto”. Allora io ho un incontro con lui, il 25 che era il giorno del
mio compleanno.
L.C. Il 25 di che mese?
D.P. Settembre, del 1975. Tre anni vertiginosi sono stati ’72, ’73, ’74! Le basi, le
fondamenta.
L.C. Per fortuna hai chiamato Luciano Anselmino, che ti ha detto di questo incontro!
D.P. Era una mia enorme voglia, l’idea di voler incontrare Pasolini. Perciò mi
precipitai. Ma non avevo il tempo di arrivare, ero in macchina. È buffo quello che ti
sto per dire, ma ha un suo significato. Io avevo una macchina “ministeriale”, con dei
permessi speciali che mi aveva dato il Ministro dei Beni Culturali Spadolini. Mi aveva
dato il bollo tricolore del Ministero. E perciò potevo fare quello che volevo in tutta
Italia. Non lo usavo mai. Era raro, se non era per servizio.
L.C. Perché magari tu con la macchina portavi delle opere…
D.P. Portavo de Chirico… La macchina era equipaggiata anche per una eventuale
fuga. E quindi sono corso all’aeroporto. Mi sono trovato a bordo dell’aereo ma solo
quando sono arrivato a Roma mi sono reso conto che avevo lasciato le chiavi della
macchina, documenti libretto, tutto, all’aeroporto di Palermo. Sono andato dai
carabinieri. Questo è un aneddoto ma è importante! Segna un qualcosa, un destino.
Vado dai carabinieri ai quali dico semplicemente che purtroppo avevo un incontro
importantissimo di lavoro e che “ho fatto una fatica a trovare il posto, l’ho trovato
all’ultimo momento in prima classe e quando sono arrivato a Roma, mettendo le mani
in tasca non ho trovato né i documenti né tantomeno le chiavi della macchina. È una
Alfa 2000, ho detto, del Ministero dei Beni Culturali. Ho lasciato il tricolore e di
questo mi preoccupo. Ci dovrebbe essere un intervento immediato dei carabinieri. Vi
ho avvertito, io rientro, sto rientrando in Sicilia, a Palermo. Ma se intanto volete dare
un allarme, mandare una pattuglia a controllare che la macchina stia lì, a quel punto
togliete le chiavi. Io arrivo, mi faccio subito vivo al comando dell’aeroporto…”. E sono
stati anche molto carini. Arrivato all’aeroporto ho trovato proprio la macchina dei
carabinieri. Sono venuti… m’hanno scortato praticamente.
lui fa una parte, Leandro il Monco mi sembra si chiamasse. Mi è rimasto impresso per
tutta la vita per la bellissima faccia scavata che aveva.
D.P. Laura te lo dico…se sei un’amica, fai una riflessione perché nella vita non
lo merito. E rifarei esattamente quello che ho fatto… la critica non mi ha mai
considerato.
D.P. A Mussolini si può dire tutto quello che ti pare…
D.P. Fammi parlare, io non sto parlando di adesso. Mi sono trovato da giovane con
una via obbligatoria. La critica l’ho sempre osservata, e devo dire che o nel bene o
nel male, a parte le ultime generazioni che non c’è bisogno che te lo dico Laura. Dei
critici che senza fare dei nomi…giovani che oggi avranno forse raggiunto i quaranta
anni…ignoranti. Io gli ho sempre detto “voi non sapete niente dell’arte” - voi vi volete
sostituire alla vostra frustrazione creativa, non siete nemmeno creativi, non avete
fantasia. Il critico è una figura fondamentale: primo perché intuisce. Secondo, perché
ha una poesia nella passione. A volte quello che l’artista non capisce, glielo fa capire il
critico. L’ignoranza più profonda Laura. Senza fare nomi… e questo è grave.
L.C. …però l’architettura di quegli anni bisogna lasciarla stare!
L.C. Quindi tu arrivi e conosci Pasolini…
D.P. Ho questo incontro con Pasolini. Parliamo, lui vede questa cosa. E io gli
propongo che volevo fare un lavoro su di lui. Lui dice “Va bene chiamami”. Nel
frattempo noi c’eravamo trasferiti a Milano e da lì lo chiamo. È stato molto, molto
faticoso. Ma la fatica è semplicemente mestiere, ognuno ha il suo mestiere. Abituato
io ad aver incontrato vere e proprie icone, so bene che i veri grandi artisti cedono.
Quei cinque minuti te li danno. E Pasolini fa “No, No, No. Però, fai una cosa. Vieni
in sala montaggio, sto finendo di montare Salò”. E io sto zitto. Pasolini dopo un po’ fa
“Pronto? Allora” “Allora no!” “Come no?” Pasolini m’ha fatto morì! “Come no?” “Non
mi interessa il regista! Non mi interessa venire a fare degli scatti in sala montaggio di lei
che sta montando un film. Lasci perdere. A me interessa lo scrittore”.
L.C. Tu avevi letto già delle cose sue?
D.P. Si certo. Avevo letto “Ragazzi di vita”. Parte lo conoscevo per protagonismo, non
io di ragazzo di vita…
L.C. Conoscevi alcuni dei protagonisti…
D.P. Abitavamo a Monteverde.
L.C. Perché Pasolini ha abitato a Monteverde per un periodo, con la mamma.
D.P. Si nel ’55. A via Giacinto Carini.
D.P. Ecco, io arrivo a Roma ed incontro Pasolini, sì. Il quale Pasolini osserva il lavoro
che avevo fatto su Man Ray. L’episodio è assurdo. Mi guarda e mi dice “Ma l’hai fatto
tu?”. Io l’ho guardato “Signor Pasolini, come l’ho fatto io? Certo che l’ho fatto io!”. Si
mette a ridere… mi ricordo che guardava così… con questi occhiali. Molto duro…un
uomo di pietra.
L.C. Lì vicino c’era anche Attilio Bertolucci, con la moglie Ninette e figli Bernardo e
Giuseppe.
D.P. Nel marmo!
L.C. Mi ricordo che ero piccola e avevo visto il film “Il gobbo del Quarticciolo” dove
6
L.C. Sabaudia è un microcosmo di architettura degli anni ’30… è molto metafisica.
Bellissima.
L.C. Ma non mi sembra, ho visto un sacco di bei testi su di te.
L.C. E quindi tu arrivi a Roma e conosci Pasolini.
L.C. Aveva un viso che sembrava scavato nella pietra.
giriamo per le strade di Sabaudia, all’ora in cui la gente sta pranzando. Perché io possa
prendere quest’aria, questa situazione metafisica molto bella dechirichiana…perché io
conoscevo de Chirico”.
D.P. Si. Sono gli anni ’50. Poi io ho cinque anni quando Pasolini comincia la sua
ascesa, con quel libro “Ragazzi di vita”. Mi ricordo che lo portai, lui me lo dedicò.
Lui lo guardò… lo sfogliò e io, nonostante lo avessi letto gli dissi: “Non l’ho letto.
L’ho comprato adesso prima di arrivare da lei. Non ho bisogno di leggerlo. Però me
lo leggo, stia tranquillo. Conosco tutto, io essendo stato un ragazzo che ha vissuto in
mezzo a tutti questi ragazzetti”. E questo ha fatto sì che lui mi propone di fare queste
fotografie che tu conosci. Così ci siamo incontrati a Sabaudia. A Sabaudia c’è stato un
preludio, anticamera, perché io ad un certo punto dico a Pasolini “Facciamo una cosa,
Era solo, proprio. Disperatamente solo. Che poi era un uomo che non sapeva neanche
farsi un caffè, per dire. Ed è stato un po’ bello. Petrarca per dare un senso letterario
del termine. Sono stato un giovane che ha avuto la fortuna di incontrare Petrarca,
o Boccaccio. I grandi del pensiero. Non so Dante. Non credo, perché io non sono
dantesco. Non amo Dante.
L.C. Nel suo film “I Racconti di Canterbury” fa la parte di Geoffrey Chaucer, lo
scrittore inglese.
Quindi tu hai incontrato Petrarca…
D.P. L’Eur è bellissimo.
D.P. Si. Senza ombra di dubbio. NON è UN CASO: Petrarca/Petrolio. Io mi sono
fatto uno studio, come diceva Roland Barthes, della semiotica mia.
L.C. Pasolini andrà a vivere proprio all’Eur…
L.C. Lui ti parlò di “Petrolio”?
D.P. Si. E così abbiamo fatto questa prima stesura. E basta. Il problema avviene
quando noi andiamo a Chia.
D.P. Certo. Mi parlò di tutto. So tutto io.
L.C. Quindi voi siete andati prima a Sabaudia.
D.P. La prima tappa è Sabaudia.
L.C. E tu hai fatto delle foto a Sabaudia.
D.P. Certo. Dopodiché ci siamo dati l’appuntamento… Abbiamo dormito una notte
lì a Sabaudia. Abbiamo fatto delle foto… In una villa appena finita dove Pasolini si
appoggiava, di Moravia. Il periodo è la seconda settimana di ottobre. Dopodiché ci
diamo l’appuntamento al campetto, perché lui doveva andare a Francoforte. Doveva
fare dei giri… io rimasi esterrefatto. Non ho proprio parole. Io ho visto un uomo che
non c’era più. Non esisteva. Era un uomo assente.
L.C. Quando lui è tornato da Francoforte l’hai trovato diverso?
D.P. Più che diverso… qualcosa era successo. Diverso no, da quel punto di vista di
marmo, io dico. Proprio la forza del marmo, o la roccia! SI fondeva con le pietre.
L.C. L’hai rivisto a Chia o l’hai rivisto a Roma e siete andati insieme a Chia?
D.P. No. Io l’ho rivisto… l’ho raggiunto al campetto di Nettuno. Da lì siamo poi
andati a Sabaudia. Abbiamo terminato poi il giorno dopo il servizio. E dopo da lì, nel
rientrare… io e Pasolini ci siamo conosciuti meglio, e si è stabilito di andare a Chia.
Ora mi confondo… perché lui ha fatto questo viaggio nel frattempo, e credo che forse
lui veniva da Francoforte perché portò le sigarette. Poi c’è un viaggio di mezzo…
L.C. Quindi hai avuto l’impressione che fosse successo qualcosa…
D.P. Si.
L.C. Forse era preoccupato?
D.P. Ti ripeto, non c’era più.
L.C. Cioè tu da fotografo hai notato lo sguardo?
D.P. Certo, ci sono le foto, le vedi… Non c’era più. Cosa pensi Laura? Che io non lo
vivo sulla mia pelle adesso? Che forse è arrivato il turno mio? Un uomo diverso però.
L.C. Era il libro che stava scrivendo…
D.P. Lavorava di notte. Allora… che cosa succede? Che io mi fermo. È molto
preoccupato Pasolini. Che poi questa preoccupazione la sappiamo subito dopo, con le
interviste che lui fa a “Le Monde”.
L.C. E’ una delle ultime, no?
D.P. La penultima.
L.C. La penultima, si. L’ultima è quella di Furio Colombo.
D.P. Brava. Perciò quello che io ti dico è detto in anticipo. Il fatto che ti dico
semplicemente quello che resta indelebile come espressione visiva, è quello che ho
detto. Era successo qualcosa. Cosa, non si sa. Questo libro della Johan & Levi è stata
una battaglia che ho combattuto.
L.C. Il libro della Johan è Levi è quello in cui tu hai pubblicato queste ultime
immagini.
D.P. Io mi ero rivolto ad Achille. Achille lo avrebbe fatto il testo.
Io ho fatto questa cosa bellissima con Achille, che è la mostra che hai visto da Pio
Monti. Guarda mi devi credere. A Pio l’ho tagliato come un salame. Ma se l’ho fatto,
l’ho fatto per grande stima e rispetto di Achille. Se no io non l’avrei fatta quella mostra.
Ma è un grande gallerista. Non sto facendo critiche negative. È stato faticosissimo.
L.C. Torniamo alle foto di Pasolini.
D.P. Era successo qualcosa, di serio a Pasolini. Non c’era Pasolini. Pasolini era già
morto sotto un aspetto psicologico, non fisico. Non ho sentito drammi, pericolosità,
agguati… no. Ma la risposta la dà lui, sul ponte di Sabaudia…
Allora noi andiamo a Chia. E a Chia l’incontro diventa fatale. Ho fatto l’impossibile
a non accettare che io illustrassi il romanzo Petrolio, dicendogli chiaramente che non
ero all’altezza della situazione. Per tanti, tanti motivi. “Prima di tutto, io tento. Non so
proprio da dove si comincia. Sono all’inizio di un mestiere e interpretare un romanzo
come Petrolio non credo proprio che sia possibile da parte mia”. “No tu sbagli. Tu
riuscirai a fare molto di più di quello che immagini” “Va bene Signor Pasolini. Se lo
dice lei. Ma non sono bravo. Non so fare fotografie”. “Nemmeno io so girare un film”.
Io lo guardo e “Si? E allora cosa vuole dirmi?” “Vuol dire che io ho le idee. Tu guarda
7
sempre il mondo così, non lo guardare mai con il sistema americano. Vai avanti, se
vuoi prendere un dettaglio. Ti allontani, se vuoi avere qualcosa di panoramico. Basta”.
“Cosa vuol dire?” ho detto. “L’obiettivo migliore che si possa mettere è quello normale.
Quello dell’occhio. Che adesso non ti so dire fotograficamente…” “Si, Si, ho capito.
Diciamo l’80, il 50”. “Nella cinematografia è lo stesso. Il 50 per intenderci. E basta”
“Va bene” gli ho detto “d’accordo”.
avviene… ma che non si sia capito che forse il lavoro di Man Ray è più importante di
quello di Pasolini, per la critica del ‘900! Perché abbiamo una visione importante per
gli studiosi, gli storici. Oltre ad essere l’unico… L’Atelier Man Ray è fotografato da
Dino Pedriali e tutto il resto che è uscito fuori è falso. Come per Carol Rama: è stata
ri-fotografata tutta la casa, tutta ricostruita. Io ho le foto originali della casa. La storia
restituisce tutto.
L.C. Voi da dove eravate partiti per andare a Chia? Da Roma o da Sabaudia?
L.C. Secondo te come mai Pasolini avrebbe fatto fare queste foto di nudo per
“Petrolio”? Potrebbe forse avere a che fare con la verità, l’idea di verità? La verità anche
nell’iconografia classica è rappresentata nuda, perché il tempo scopre la verità. La verità
è nuda. Era forse questo quello che pensava di dire?
D.P. Da Sabaudia siamo rientrati a Roma, dopodiché siamo andati a Chia. Ed
è avvenuto quello che ti ho detto un attimo fa, e ci saremmo dovuti vedere il 2
novembre.
L.C. Vi dovevate vedere il 2 novembre perché tu dovevi fargli vedere le foto?
D.P. Lui voleva vedere il risultato del lavoro dei provini, dei nudi. Ho avuto la regia
di tutto. Pasolini ha fatto tutto quello che io gli ho detto. Io capendo questo scandalo
annunciato, questo mettere il proprio corpo in visione, suggerii a Pasolini di rifare la
ripresa. Identica però con la luce artificiale elettrica dentro, perché io potessi entrare
con molta più aggressività e determinazione nella nudità di Pasolini, rispetto a questo
acquario, a questa trasparenza che io davo di questo vetro che al tramonto rifletteva il
paesaggio.
L.C. Mi sembra di ricordare che tu lo fotografi da fuori. Lui è dentro casa e tu lo
fotografi attraverso il vetro.
D.P. Si. Quando c’eravamo preparati avevamo fatto questa prima scena. Poi io mi
sono precipitato entrando dentro. Lui si era già messo i pantaloni. Io gli ho detto
“Pasolini senta, le volevo dire. Dobbiamo ripetere il tutto” “Perché?” “Perché vorrei
rifare l’azione che ho fatto, però con la nudità più leggibile, in modo che sia molto più
forte” “Bella la tua idea, mi piace. Quando vuoi dimmelo. Io sono pronto.” E si mette
a scrivere, e lavora su Petrolio. Lavorava tantissimo.
Io non ho avuto paure. Sono stato molto ben addestrato da Pasolini, avvertito. Nomi
e cognomi. Moravia, l’entourage dei suoi amici “ti presento io quando è il momento.
Dobbiamo andare a fare il contratto con Garzanti, perché voglio che sia Garzanti”, mi
mette in guardia sulla galera, il pericolo della galera. E lì ho trovato una certa vitalità
di Pier Paolo Pasolini. Questa idea. Ci siamo lasciato bene io e Pasolini, con l’idea che
sarei andato a vivere a Chia per tutto il periodo del lavoro.
L.C. Quindi il lavoro era solo iniziato.
D.P. Era iniziato, con i nudi.
L.C. Dovevate proseguire.
D.P. Certo. Doveva durare cinque anni il lavoro. Lui aveva in progetto di fare un
film, con Andy Warhol. Voleva incontrare Warhol. Sarei stato l’assistente, tra l’altro,
di Pasolini. Ho fatto da trait d’union tra i due, telefonicamente. E poi… niente. Poi la
storia avrebbe fatto il resto.
L.C. Lui doveva fare un film con Warhol?
D.P. Lui voleva fare un ultimo film, dopodiché si ritirava. Lui disse “con Salò la
censura non ha più senso di esistere. Così io ho abbattuto la censura”. Però ha un
desiderio… poi si ritirava anima e corpo per la stesura del suo ultimo romanzo. Me
lo diceva senza nasconderlo. Era la sua ultima opera, questa. Ma avviene quello che
8
D.P. Io poi ne ho fatto una mia arte, perché in fondo Pasolini mi dà il coraggio di
affrontare un tema, per certi versi più difficile di scrivere “Ragazzi di vita”, perché io
lavoro su quello che chiamo rinculo storico: questi ragazzi di vita, disperati, drogati,
la droga, lo sfacelo, tutti quegli anni che Pasolini ha denunciato sul “Corriere della
Sera”… di conseguenza faccio un percorso tutto mio… Poi escono fuori personaggi,
artisti come Mapplethorpe che il mondo intero decanta. Io ammiro quel fotografo,
anzi lo ammiro tanto, ma è molto lontano di quello che è la plasticità e il nudo.
Straordinario nei fiori…
L.C. Infatti secondo me la cosa più bella sua sono i “Fiori”. E sono anche più sensuali
i “Fiori” dei “Nudi”.
D.P. Io infatti gliel’ho proprio detto nell’83. Arrivato drogato a dei livelli… era
già malato… Io ho avuto tutti contro quando l’ho fermato e ho detto: “Mr.
Mapplethorpe! Very Stupid!”. Forte: “Mapplethorpe! Very Stupid!” E poi lo traducevo
in italiano. “I Fiori sono capolavori”. E poi gli ho detto “Voi, signori, traduceteglielo
perché se lo merita. Ma con quale criterio tu grande maestro vieni a dire che non hai
tempo di studiare la luce fotografando un corpo, e fai l’esercizio sui fiori?”. E infatti è
così perché se tu oggi guardi l’opera di Mapplethorpe ti accorgi che si ferma, in senso
tecnico, e la riproducibilità è identica. Ci troviamo d’accordo. Grandissimo. Ma da lì a
consacrarlo pure nel 2004 a Torino, da Caravaggio a Rodin, a…
L.C. Fermiamoci a Caravaggio! Dunque molte foto tue di quegli anni sono appunto
delle foto di nudi, di adolescenti e di ragazzi. Sono molto caravaggesche. Sia come
soggetto, ma soprattutto come linguaggio. Perché il linguaggio è basato tutto sul
chiaroscuro e sul contrasto tra luce ed ombra. In questo senso, la tua fotografia di
quegli anni è molto ispirata a Caravaggio. E’ un Caravaggio riletto attraverso Pasolini?
D.P. No. Questa lettura l’ha fatta la storia, nei confronti di Pasolini facendo per me un
grandissimo errore. Allora Caravaggio è un uomo molto turbolento, rissoso, rabbioso,
insomma il personaggio Caravaggio come carattere… è un caratteraccio brutto.
Attaccabrighe, litigioso. Ammalato. Un po’ come il Bacco. L’opera di Caravaggio, tutta
la pittura di Caravaggio ha qualcosa di malato, per me.
L.C. Ha fatto il “Bacchino Malato”, è emblematico.
D.P. Poi ci sono delle cose che sono inquietanti. La Medusa è un’opera impressionante.
Però Caravaggio è un passaggio obbligatorio per un fotografo. Ovviamente l’elemento
che a me fa scoprire Caravaggio attraverso il dipinto che io vedo a Roma, è che con
tutte le tecniche, con tutte le luci, io non riesco a trovare quel pathos, quella vibrazione
che ho di fronte quando osservo il modello della strada, sporco, non pulito. Non me
la restituisce la fotografia la luce. Ma perché? E così comincio a fare degli esperimenti,
a capire con una sola fonte di luce. E colgo praticamente l’immaginario. La grandezza
di Caravaggio è questa. Caravaggio lavora con una luce. Lavora con dei chiaroscuri.
Poi le ricostruzioni, sono tutte balle: hanno fatto tutta un’operazione delle opere di
Caravaggio prendendo virtualmente vita e facendo vedere lo studio e immaginando
come Caravaggio realizzava i dipinti… Una follia. Un pittore con una sola luce può già
dare i chiaroscuri. Se ne mette un’altra accanto, raddoppia questa luce, ma resta sempre
quel chiaroscuro. Ma a Caravaggio serviva poco. Era proprio di getto. Grandissimo.
L.C. Ma quando prima paravo di Caravaggio e Pasolini, non intendevo affatto il
personaggio rissoso, scandaloso, eccetera… Intendevo riferirmi a questo tipo di
soggetti che spesso Pasolini cita anche da Caravaggio. Perché Pasolini ha studiato Storia
dell’Arte. Era allievo di Longhi, stava per dare la tesi in Storia dell’Arte, anzi l’aveva
scritta quasi tutta, poi è andata persa quando lui, dopo l’8 settembre, è dovuto fuggire
a piedi da Livorno fino al Friuli, a Casarsa. Stava facendo una tesi sulla pittura italiana
del ‘900, su Morandi… Per tutta la vita Pasolini ha parlato di Longhi. Per questo io
pensavo a film come “Mamma Roma” quando lui mette Ettore Garofolo che fa il
figlio della Magnani a fare il cameriere al ristorante con in mano il canestro di frutta…
Pensavo a Pasolini allievo di Longhi che ha guardato soprattutto Masaccio, ma
anche per certi versi Caravaggio. Il riferimento centrale per Pasolini resta comunque
Masaccio.
D.P. Ma Caravaggio è, come diceva Pasolini “io sono l’uomo moderno più dei
moderni” detto da Orson Welles… è inevitabile. Ma io non ti ho fatto una correzione.
Philippe Daverio, non so, Calvesi e via dicendo… non so perché negli ultimi anni si è
caricato nella figura di questo grandissimo uomo, questo abbinamento col Caravaggio
come se fosse il suo maestro e lui un po’ allievo…
L.C. Io il parallelo lo vedo a livello del linguaggio cinematografico e dello stile. Non
a livello del personaggio scandaloso o trasgressivo, non intendevo parlare di questo
aspetto.
D.P. E non ho capito perché hanno voluto abbinare Pasolini come una specie di allievo
caravaggesco. Ma è ovvio! Hai risposto te. Il più grande pittore della storia dell’arte
italiana non è nemmeno Michelangelo…
L.C. Quello a cui Pasolini guarda più profondamente è Masaccio, non c’è dubbio.
D.P. Io che cosa ho fatto nel mio percorso? Chiudo il periodo del chiaroscuro, ribalto
il tutto! Chiudo il periodo del chiaroscuro intorno al 2002, 2003, 2004… Lo scultore
Oliviero Rainaldi venne a vedere questa mostra su Nike, una modella, rimanendo
esterrefatto. Allora io “Ma che hai” gli ho detto “Oliviero? Sei stato assorbito dalla
passione sensuale di questa modella dannata e di annata?” “Ma come hai fatto” “Fatto
cosa?” “Ma sembrano disegnati” “È tutto lì il segreto. Non sono disegni. È fotografia
pura. In bianco e nero”.
L.C. Dove l’avevi fatta questa mostra?
D.P. Al Ponte. Ed ebbe anche un notevole successo. Andarono tutti. Io quando ho
visto… il mio percorso artistico che è anche il mio simbolo, i miei tre cerchi che
uso quando firmo, ha un significato quel logo che è il mio sogno di poter sempre
firmare… che brutta la firma non serve a niente! Serve il segno, che è l’opera. Ho fatto
un percorso molto difficile io perché debbo assorbire Caravaggio, anche ammalarmi se
vogliamo dei suoi caratteri - perché io non vado a raccogliere un modello diciamo in
putrefazione, cosa che lui ha fatto -… però non si può giudicare o dare un pensiero. Si
tratta che io come contemporaneo devo capire il mio maestro e dire cosa devo fare o
cosa non va più fatto. Non vanno più fatte oggi determinate cose, ma bisogna riportare
il concetto della plasticità. Così io ho avuto come guida Caravaggio… che poi non
fanno altro che dire il Caravaggio della fotografia italiana…
L.C. Ma perché poi chiudi il capitolo chiaroscuro? Per questa ragione?
D.P. Io chiudo il capitolo chiaroscuro per aprire il capitolo vero della plasticità. Allora
Michelangelo, che io ho studiato tantissimo dagli originali - perché io ho avuto il
permesso di osservare i suoi disegni -… a me quello serviva. A me serviva il piano.
La tridimensionalità non serve. Io dovevo capire come Michelangelo riuscisse a dare
quello pur facendo capire attraverso le tensioni la forma che c’è dietro. Io ho dei
problemi per esempio. In tante mie foto ero costretto a togliere la testa. Perché la testa
è un’altra cosa e io dovevo ricostruire. È fotografia. Che non ha niente a che vedere
con la pittura e con il disegno, ma ha un grande ruolo. Il ruolo che ha è che nella
storia…allora io ricostruisco quello che dal ‘500 esiste. Oggi comunica a sparire, ma
io lo trovo, anche nelle figure, nei rumeni nella mappa genetica del genere umano.
Però senza dubbio è una popolazione che è andata ad estendersi ma che però ‘400
anni possono sembrare tanti, ma non sono tanti. Ci vuole un secolo, due secoli, tre
secoli…però ti ritornano. Devi avere l’occhio perché poi si mescolano tante culture
importanti… Per esempio la Tuscia è importantissima, la Puglia è un altro punto
nevralgico, la Calabria. Io in questi territori ritrovo le figure che ti riportano alla figura
antica di un popolo. Un popolo si rigenera. Allora Michelangelo mi permetteva di fare
i vari studi di tonalità, ma non andava bene perché l’elemento che aveva Michelangelo
è questa esaltazione del corpo maschile, come forza, che invece per me è sbagliato.
Intendo dire, l’uomo è come la donna. Qui abbiamo l’elemento maschile e femminile
che si devono fondere.
L.C. C’è un lavoro dove tu hai fatto una sorta di fusione tra maschile e femminile.
D.P. Si. “La Metamorfosi”.
L.C. Ci parli di questo lavoro?
D.P. Questo lavoro è un lavoro del ’90… Si perdevano i connotati della sessualità di
un secolo, di vari secoli… che siano esistiti i travestiti, che siano travestiti le femmine,
cosiddette, non è cosa di oggi. Esisteva al tempo dei greci, è sempre esistito. Nel tema
moderno è veramente l’inferno. Diciamo che è proprio Dante, in qualche modo,
attraverso il suo scrivere, punto di vista mio, che ha influito molto nelle arti. Però
punti di vista, io non amo Dante, ma io non mi permetterei mai a dire che Dante
non è grande. Non mi interessa. Però io ho cominciato a vedere l’inferno moderno.
E tanto è vero…se vai a guardare, siamo nel ’90, non anticipo Serrano, non anticipo
vari strani fenomeni che sono diventati poi icone… Ma io non è che anticipo. Io dico
semplicemente, nella mappa genetica del mio popolo. Perché io sono italiano. Non
posso improvvisamente dire: “Io sono europeo”. Si sono europeo, ma sono italiano.
Ho notato questa perdita della sessualità, dei cambiamenti dei ruoli, l’annullamento
maschile, perché è quello che è avvenuto…non lo so. Mi pare che i risultati si vedano
a livello sociale. Drammi psicologici. Sono situazioni serie queste. Questo inizia nel
’90… Loro quantificano in denaro, in droga, in fumo.
L.C. Loro chi?
D.P. I modelli. Il modello non è un’arte che tu puoi insegnare. È un’arte che tu devi
vivere, o per lo meno spiegare, anche io quando io cercavo in Accademia, ma perché
ho tentato anche, no? Così magari sopravvivo con i miei 500 faccio per dire… Ma
perché questi danno degli insegnamenti sulla maniera del nudo, sulla ripresa…
assolutamente sbagliato. Faccio una parentesi: un corso per diventare disegnatori
comporta che il maestro che insegna deve spiegare, deve dare un tema. Un tema libero,
fai conto: le mani. Allora sono fondamentali: piedi, mani. Perché tu mi devi ridare
quella mano così come la natura l’ha data. In base a quello poi apriamo la scheda e
9
dico “adesso ripeti questo, considera questo un bozzetto e fai”. Adesso perché devi
modificare? Nella realtà non avrai mai quello che tu voi, lo devi modificare tu. Come
lo modifichi? Un esempio. Questa è la mano. Questa mano, tozza o piccola… io gli
posso dare tante posizioni. E devi innanzi tutto eliminare le tensioni, renderla amorfa,
inerte.
L.C. Ne devi fare una natura morta.
D.P. E’ lì la composizione. Lì è il maestro che ama il nudo e che magari ha anche
quello che si dice il dono. Ecco perché è difficile… perché a volte la foto col nudo
viene di getto. Ed è un esercizio continuo e costante che fai mentalmente. Io
mentalmente fotografo… la macchina fotografia mi dà fastidio… Perciò ci vuole
tanta passione. Io ho detto che grazie a tutte le tonalità del chiaroscuro del disegno,
della matita per intenderci, di cui Michelangelo ne è, lui ma non solo, ma prendiamo
Michelangelo che ha dedicato tutti gli studi di quelli che poi sono i suoi grandi
capolavori, le sculture, perciò quello che conta è la scultura. E quello serve molto come
canovaccio. E quello io ho. E poi ho una tecnica che in alcune foto tu puoi vedere. Ci
sono delle mie fotografie che tu vedi che parto da un bianco e do varie tonalità. E mi
avvicino a quella che è la fotografia contemporanea. Il grigio di Mapplethorpe…
L.C. Fino al periodo di cui stiamo parlando tu hai in genere hai fotografato sempre in
bianco e nero. Adesso invece queste ultime foto che andiamo a presentare alla Galleria
di Andrea Iezzi sono a colori. Si tratta di una sorta di autoritratto indiretto attraverso
gli oggetti della tua casa, ed è a colori. Quando avviene questo passaggio dal bianco e
nero al colore?
D.P. ti ricordi, quello delle ombre. Hai visto che giochetto ho fatto con quella
macchinetta quando ti ho fatto una foto in cui sembravi orientale?
L.C. Si. Da Pio Monti. Il gioco delle ombre cinesi.
D.P. In teoria è l’ombra cinese, ma non è ombra cinese. Comunque allora io mi sono
messo lì e mi sono studiato il cosiddetto digitale che ha sovrastato l’intero… cercando
di far capire anche a Pio che la fotografia classica, oltre ad essere troppo cara adesso:
quelle stampe le hai viste? Sono costose. Ma giustamente… perché è puro mercato.
Allora io l’ho studiata. C’è una frazione di secondo in cui io non catturo quello che io
vedo. Non so se ti capita. Non ti sei mai accorta che quando scatti dopo un attimo ti
ritorna ma vedi un leggero movimento? Non è mai quello che tu hai visto. Mentre io
catturo proprio. Fermo. Ha la modernità di fare delle cose importanti rapide veloci ma
che si consumano subito. E che possono avere un grande valore. Tanto è vero che ne
hanno fatto vari scoop…
non faccio i test. Però col digitale lo puoi fare. Allora non mi serviva fare il test se è
messo a fuoco o non è messo a fuoco. Lo so. Mi interessava semplicemente sapere
cogliere il centro su alcuni punti che dovevano essere messi a fuoco, non in maniera
ultra perfetta. Non amando il colore io. Non perché non mi piace, ma perché non lo
posso elaborare. Non lo posso sciacquare, non lo posso rendere trasparente… Non mi
piace. E comunque non mi dà niente. Mi restituisce la realtà vista dalla tecnica. Cosa
c’è di mio? Non posso lavorare in camera oscura, o quello che poi chiedo, come tu hai
visto per esempio in una foto, quel mio autoritratto dove c’è Galileo. Io ho lavorato
con la luce accesa che mi ha permesso di tirare fuori un colore…ma un bianco e nero
nello stesso tempo. Quando lavoro poi alla fine sono perfetto, preciso, ma non vado
mai a rischio che per diventare bravo o perfezionista “ah che bella! come è bella la
foto!”, io perdo il pathos. Allora a me piace questo impasto di colori. E attraverso tutte
queste pubblicità che hanno una loro efficacia. Così mettevo, guardavo, osservavo
e scattavo. “Ah no, è troppo messo a fuoco”. Creavo le vibrazioni, ma è per dare
un’astrazione e nello stesso tempo i colori cambiano però. Ho fatto quasi una bandiera
quando stavo sul letto. Ma io lo farei tantissimo il colore. Ma il colore richiede, se
ho una stanza, ho bisogno di un’altra stanza, mi richiede una esigenza noiosa non
fondamentale per creare un’opera. Perché proprio questa idea che il colore…il rosso è
rosso, il giallo è giallo… allora volevo creare proprio questa specie di confusione, non
so come posso dire, come è poi è stato il titolo: fondere il tutto. E questa cosa mi è
piaciuta. E tanto è vero che io ho fatto questi 17 scatti… l’esigenza è stata questa. Poi
devo dirti la verità. Io ero in Spagna e ho parlato con il mio fotografo. Sapevo della
carta cotone. La carta cotone è una carta spettacolare, perché dà già una preziosità.
Io ho visto tutti i fotografi, anche quelli dilettanti che usano la carta cotone… si
imbevono dentro…fanno tanto lavoro di ricerca, per rifare che? Per rifare niente,
perché quando tu mi rifai un lavoro cercando di dare i vari colori del Rinascimento…
No. Deve essere molto moderno. Poi sai è veramente la mia prima mostra che io la
firmo in questo senso, perché le cose che ho fatto da Pio mi sono servite come banco
ma ho cestinato tutto.
L.C. Quindi è la prima volta che presenti il colore?
D.P. Si. È la prima volta. Perché mi diverte, perché… non lo so. Potrebbe nascere
qualcosa. Dipende molto da Andrea. Dipende da tante cose perché ho preso possesso
di questo strumento che non mi serve a niente, ma mi serve come taccuino.
L.C. Ha molto del taccuino questa serie di foto.
D.P. E deve essere così. E sono andato sicuro.
L.C. Tu parli della modernità della tecnica digitale?
D.P. Però si accorgeranno nel tempo che purtroppo gli resterà in mano un foglio
bianco. Scompare tutto. Lo dico da tecnico più che da artista. Contenti loro?
Io devo dire la verità. È venuta fuori tutta questa passione, questa voglia. Andrea, sai,
mi ha stimolato… è uscito con la situazione che io sto vivendo che non è certo tra le
più rosee. Anche perché si dovrebbe vivere un po’ del proprio mestiere. Andrea se ne
è uscito fuori “Ma perché non fotografi questo spazio, perché in questo momento sei
qui, che poi lascerai…?”
L.C. Io le ho trovate molto interessanti le fotografie. Questi oggetti che ti circondano
in questo momento.
D.P. Io gli ho detto ad Andrea “Ci penso”, però mi ha stimolato. E ho guardato. Io
10
Prometeo n.1
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
11
Prometeo n.2
12
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
Prometeo n.3
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
13
Prometeo n.4
14
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
Prometeo n.5
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
15
Prometeo n.6
16
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
Prometeo n.7
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
17
Prometeo n.8
18
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
Prometeo n.9
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
19
Prometeo n.10
20
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
Prometeo n.11
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
21
Prometeo n.12
22
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
Prometeo n.13
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
23
Prometeo n.14
24
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
Prometeo n.15
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
25
Prometeo n.16
26
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
Prometeo n.17
2014
Stampa digitale su carta cotone
Digital print on cotton paper
48x33 cm - 1/3
27
SOFFIO
Da “Soffio”
n.3
28
2004
Stampa ai sali d’argento
Salt print
30x40 cm - 1/3
29
LA DROGA 1977
Da “La Droga 1977”
n.1
1977
Stampa ai sali d’argento
Salt print
30x40 cm - 1/3
Da “La Droga 1977”
n.4
30
1977
Stampa ai sali d’argento
Salt print
30x40 cm - 1/3
Da “La Droga 1977”
n.3
1977
Stampa ai sali d’argento
Salt print
30x40 cm - 1/3
31
PASOLINI A CHIA
Da “Pasolini a Chia”
1975
Stampa ai sali d’argento
Salt print
28x41 cm
Tiratura del 2007
Edition 2007
Da “Pasolini a Chia”
32
1975
Stampa ai sali d’argento
Salt print
28x41 cm
Tiratura del 2007
Edition 2007
Da “Pasolini a Chia”
1975
Stampa ai sali d’argento
Salt print
28x41 cm
Tiratura del 2007
Edition 2007
33
mio caro Dio,
ecco! abbiamo creato un’opera. Anche grazie al mio comportamento passivo e di apparente ostruzionismo che la si è potuta realizzare. Pensavo da diverso tempo allo stesso progetto, ma non ho
trovato l’energia, che invece tu hai, per renderlo possibile.
Ed è per questo motivo che considero l’opera fatta insieme. Quando lavoravi, vedevo che ti muovevi
con un certo timore. Quale è stato il risultato?, non abbiamo realizzato un qualsiasi libro di informazione come la maggior parte di quelli che si vedono abitualmente, bensì un’opera che riesce a
provocare “ispirazione”: io stesso sono stato il primo ad esserlo.
Se l’avessi eseguita io mi sarebbero occorsi diversi giorni, mentre, con grande piacere, ho visto il
mio stesso pensiero concretizzarsi in un solo pomeriggio.
Spostandoti nel mio studio, sembrava che tu avessi quasi paura ed eri intimidito. Anch’io ho provato quella tua stessa sensazione; quando frequentavo la scuola, mi applicavo molto di più a contatto
con professori che mi mettevano timore, quasi paura.
Ti assicuro però che questo genere di timore non mi ha fatto del male, al contrario, mi ha aiutato a
superare ostacoli e situazioni che altrimenti non avrei affrontato che molto tempo dopo.
Ti abbraccio affettuosamente, il tuo amico,
Man Ray
Parigi, 29 ottobre 1976
34
Da “Atelier Man Ray 1975” – Provino n.13
1975
Provino fotografico | Photographic specimen, 30x40 cm
35
Dino Pedriali. Nato a Roma nel 1950. Vive e lavora a Roma.
Mostre Personali:
2013 - ”Sulla Pelle”, Galleria Pio Monti, Roma, Testo di Achille Bonito Oliva
2011 - “Pier Paolo Pasolini. Fotografie di Dino Pedriali”, Triennale di Milano, Milano
2009 - “Dino Pedriali ed i suoi amici”, Toningallery, Torino
2008 - “Romae”, Galleria Anna D’Ascanio, Roma
2007 - “Il Velodromo”, Ikona Gallery, Venezia
2007 - “Dino Pedriali”, Galleria Luxardo, Roma
2006/07 - “Pasolini anno 1975”, Museo Provinciale, Potenza
2006 - “Pasolini anno 1975”, Mairie du 10è Arrondissement, Parigi
2005 - “Pasolini ultimo atto?”, Fondazione Alda Fendi, Roma
“Pasolini corpo intatto”, Galleria d’Arte Moderna, Spoleto
2004 - “Dino Pedriali, nudi ritratti fotografie 1975 2003”
Villa delle Rose - Galleria d’Arte Moderna, Bologna
2002 - “Nike”, Il Ponte Contemporanea, Roma
“Officina del corpo”, 2RC, Roma
“Eco”, 2RC, Roma
“Friends”, Luciano Inga-Pin, Milano
2000 - “Non vendibile singolarmente”, Il Ponte Contemporanea, Roma
1998/99 - “Atelier Man-Ray” Fondazione Mazzotta, Milano
“Visioni” The British School at Rome, Roma
1998 - “Atelier Man-Ray”
Galerie der Stadt, Stoccarda
Stadtisches Museum Abteiberg, Mönchengladbach
Wilhelm Lehmbruck Museum, Duisburg
1997 - “Dino Pedriali: Pier Paolo Pasolini. Testamento del Corpo” Volksbühne, Berlino
“Atelier Man-Ray”, Musée d’Art Moderne et Contemporain, Nizza
“ Nureyev Corpo Pregiato”, Palazzo Marini, Milano
1996 - “Dino Pedriali: Pier Paolo Pasolini. Testamento del corpo”. Schauspielhaus, Amburgo
“Atelier Man-Ray” Galleria Giò Marconi, Milano
1995 - “Testamento del corpo”, Ernest Barlach Museum Wedel, Amburgo
“Pier Paolo Pasolini: Testamento del corpo”, Museo di Roma, Roma
1994 - “Hammamet - Il Bagno del Piacere”, Il Ponte Contemporanea, Roma
“ Volti Nudi”, Galleria Acta International, Roma
1993 - “Camera Oscura”, Apeiron F.F.Club, Roma
“Dark-Room”, Teatro Colosseo, Roma
“ArteRoma ‘93”, Il Ponte, Roma
1989 - “L’Annunciazione”, Galleria Il Ponte, Roma
“Testamento del Corpo”, Museum voor Moderne Kunst, Arnhem, Olanda
1988 - Pinacoteca Comunale, Ravenna
Santa Maria delle Croci, Ravenna
“Pier Paolo Pasolini: Testamento del Corpo”, Schauspilhaus, Düsseldorf, Berlino
1987 - “Silenzioso Abbraccio”, Galleria La Bezuga, Firenze
Il Triangolo Rosa, Torino
“La Cacciata” Centro di Cultura Ausoni, Roma
“Omaggio a Andy Warhol”, Galleria Target, Torino
1986 - “Dino Pedriali” Frankfurter Kunstverein, Francoforte
Kunsthalle, Basilea
Centro Culturale “Pier Paolo Pasolini”, Agrigento
1985 - Margaret Gallery, Taormina
1984 - Galleria Il Ponte, Roma
“George Seagal-Dino Pedriali”, Accademia Americana, Roma
1983 - Galleria Il Ponte, Roma
Frankfurter Kunstverein, Francoforte
Centro Culturale San Fedele, Milano
Forum Stadtpark, Graz
Galleria Il Modulo, Terni
1982 - Galleria Marginalia, Torino
Galleria Pan, Roma
Ikona Photo Gallery, Venezia
Palazzo Corvaja, Taormina
1981 - Museo Civico, Palazzo dei Diamanti, Ferrara
Galleria Ugo Ferranti, Roma
1980 - Galleria Il Fotogramma, Roma
1978 - Galleria Inga-Pin, Milano
Il Diagramma, Milano
1976 - Galleria Romani Adami, Roma
Galleria Barozzi, Venezia
36
Mostre Collettive:
2009 - “La Camera dello Sguardo” - La grande Fotografia Italiana- Palazzo S. Elia, Palermo,
Curatore Achille Bonito Oliva
2009 - Premio Terna 02- Menzione Speciale della Giuria per l’alto livello dell’opera ed alla
carriera. Curatore Gianluca Marziani
2009 - “Sursum Corda” - Galleria Interno Ventidue, Roma. Curatrice Cinzia Fratucello
2009 - “Mitografie”- Museo Carlo Bilotti-Aranciera di Villa Borghese, Roma. Curatori Peter Weiermair - Andrea
Fogli
2009 - “A Bartolo” - Chiostro del Bramante, Roma - Sala delle Capriate, Curatore Achille Bonito Oliva
2008 - Premio Terna 01 - Palazzo delle Esposizioni, Roma. Curatore Gianluca Marziani
2008 - “Primavera del Bianco”, in collaborazione con Istituto Italiano di Cultura, New Delhi, India
Curatrice Vittoria Biasi
2007 - “Interrotti Transiti”, Loggia della Mercanzia, Genova (La Fotografia Italiana negli anni Settanta)
2006 - “Andy Warhol”, Museu Diocesà de Barcelona
“Andy Warhol”, Es Baluard Museu d’Art Modern i Contemporani de Palma
2005 - “Pier Paolo Pasolini - Palabra de Corsario”, Circulo de Bellas Artes, Madrid
“Andy Warhol - Private collection & Dino Pedriali - Anticamera con Andy Warhol” Cervia, Magazzini del Sale
2004/05 - “Andy Warhol- La Filosofia dell’Estetica”, Palazzo Racani - Arroni, Spoleto
Antico Castello sul mare, Rapallo
2004 - “Il Nudo tra Ideale e Realtà”, Galleria d’Arte Moderna, Bologna
“A Nudo”, Centro d’Arte Contemporanea, San Benedetto del Tronto (AP)
2003 - “Andy Warhol - Artista Globale”, Complesso di Santa Sofia, Salerno. Curatore Achille Bonito Oliva
2002 - “George Seagal - The Artist Studio”, MACRO Museo d’Arte Contemporanea, Roma
“Andy Warhol”, Chiostro del Bramante, Roma
2000 - “Anableps”, Studio Miscetti, Roma
1998 - “Photo Roma Show”, Stand S.I.A.E., Roma
1997 - “Il Paparazzo 1954-1964 - I Paparazzi 1964-1997”, Robert Miller Gallery, New York
1996 - “Martiri e Santi”, Galleria Sargentini, Roma
“Vietato Proibire”, Galleria d’Arte de’ Serpenti, Roma
“La Politica del Cuore”, Galleria d’Arte de’ Serpenti, Roma
“Warhol, Viaggio in Italia”, Museo civico di Castel Nuovo, Napoli. (Catalogo Mazzotta, Milano)
1995 - “Riparte ‘95”, Ripa Residence, Il Ponte Contemporanea, Roma
1994 - “Attualissima”, Il Ponte, Firenze
“Art Chicago ‘94”, Il Ponte, Chicago
“UmbriaArtAffair”, Il Ponte, Trevi
“Ritratto/Autoritratto”, Trevi Flash Art Museum, Trevi
“Art Energy”, Passage de Retz, Parigi
1993 - Galleria “La Mente e l’Immagine”, Roma
1990 - “Arte Fiera Bologna”, Il Ponte, Roma
“Chicago International Art Expo”, Il Ponte, Chicago
“Arte Fiera Stoccolma”, Ugo Ferranti, Stoccolma
1989 - “Chicago International Art Expo”, Il Ponte, Chicago
“Art 20”, Ugo Ferranti, Basilea
“Köln Art Fair”, Ugo Ferranti, Colonia
1988 - “Nuove Acquisizioni”, Pinacoteca Comunale, Ravenna
“D’Annunziana”, Università ”G. D’Annunzio”, Pescara
1987 - “Manner schen Manner”, Forum Böttcherstrasse, Brema
“Neoclassicismo - Goethe in Italia” Centro di Cultura Ausoni, Roma
“Ignoto a me stesso”, Mole Antonelliana, Torino
“Fotografia ‘87”, Biennale ’87, Torino
“Nuove Acquisizioni”, Pinacoteca Comunale, Ravenna
“Il Nudo Maschile nella fotografia del XX Secolo” Pinacoteca Comunale, Ravenna
1986 - “Oggetto Uomo”, Castello Monumentale, Portovenere
“Manner schen Manner” Galerie Hans Christian Hoschek, Graz
1985 - “Das Aktfoto”, Münchner Stadtmuseum, Monaco
Frankfurter Kunstverein, Francoforte
“Selfportrait”, Musée des Beaux Arts, Losanna
1984 - “Nuove Immagini Italiane”, Museo di Staten Island, New York
“Foto ‘84”, Stichting Amsterdam Foto, Amsterdam
1983 - “Critica ad Arte: Panorama della post-critica”, Palazzo Lanfranchi, Pisa
“Body Beautiful”, Studio La Città, Verona .
“Nuove Immagini Italiane”, Il Ponte, Roma
1982 - “Avanguardia/Transavanguardia”, Spazio Giovani, Mura Aureliane, Roma
“Avventura - L’Incisione”, Chiesa di Palazzo Begni, San Martino
1981 - “Fotografia e Teatro, una busca parallela”, Istituto Italiano di Cultura, Brasilia
“Taormina fin de siécle”, Biblioteca Comunale, Taormina
“Fotografia e Teatro - immagini della ricerca teatrale”, Studio Carriri, Martina Franca
1978 - “La Mano”, Galleria dei Bibliofili, Milano
1977 - Galleria Lastaria, Roma
Monografie Fotografiche:
“Pier Paolo Pasolini. Fotografie di Dino Pedriali” - Ed. Johan & Levi srl., 2011
“Dino Pedriali” - Ed. Stemmle, Zurigo 1994
“Dino Pedriali” - Ed. Art-Random, Giappone 1989
“Andy Warhol” - Ed. Magma, Roma 1976
“Pier Paolo Pasolini” - Ed. Magma, Roma 1975
“Man-Ray” - Ed. Magma, Roma 1975 ,
Cataloghi:
“Dino Pedriali - Pasolini Corpo Intatto” - Ed. ARTime Spoleto, 2005
“Andy Warhol - Private collection / Dino Pedriali - Anticamera con Andy Warhol” - Ed. MARE,
Riccione, 2005
“A Nudo” - Centro d’Arte Contemporanea, San Benedetto del Tronto, 2004 (a cura di Gloria Gradassi)
“Il Nudo fra Ideale e Realtà” - Ed. Artificio Skira, Galleria d’Arte Moderna, Bologna, 2004
(a cura di Peter Weiermair)
“Andy Warhol, artista globale” - Ed. Electa, Complesso di S.Sofia, Salerno, 2003 (a cura di Achille Bonito Oliva)
“Andy Warhol” - Canale Alte Ed., Chiostro del Bramante, Roma, 2002
“Hammamet - Il Bagno del Piacere”, Galleria ll Ponte Contemporanea, Roma, l995
“La Cacciata”, Centro di Cultura Ausoni, Roma, 1987 (a cura di Italo Mussa)
“Silenzioso Abbraccio”, Galleria La Bezuga, Firenze, 1987 (a cura di Italo Mussa)
“Omaggio a Pier Paolo Pasolini”, Agrigento, 1986 (a cura di Giuliana Scimé)
“Dino Pedriali”, Kunsthalle, Basilea, 1986 (a cura di Peter Weiermair e Jean-Christophe Ammann)
“Dino Pedriali”, Frankfurter Kunstverein, Francoforte 1986 (a cura di Peter Weiermair e Jean-Christophe
Ammann)
“Critica ad Arte: panorama della post-critica”, Palazzo Lanfranchi, Pisa, 1983 (a cura di Achille Bonito Oliva)
lkona Photo Gallery, Venezia, 1982
Galleria Pan, (a cura di Luigi Berettoni), Roma, 1982
“Taormina fin de siècle”, Biblioteca Comunale, Taormina, 1981 (a cura di Italo Mussa)
Palazzo Diamanti, Ferrara, 1981 (a cura di Piero Berengo Gardin)
Galleria Inga-Pin, Il Diagramma, Ed. Raron Book, Milano, 1978
Bibliografia:
Patrizio Barbaro “Gli scatti corsari, i giornali pirata”, Vita, 27 gennaio 1996
Laura Pertico “Pasolini foto d’autore”, La Repubblica, 1 dicembre 1995
Maurizio Marini “Pasolini: ultima provocazione”, Il Tempo, 28 novembre 1995
Natalia Lombardo “Pasolini cammeo della Poesia sullo sfondo della Vita”, l’Unità,
12 dicembre 1995
Simonetta Desi e Andrea Purgatori “Pasolini nudo”, Corriere della Sera, Sette, 7 settembre 1995
Mario Codognato “Dino Pedriali”, Artforum, febbraio 1995
Ivan Teobaldelli “C’era una volta Hammamet”, Babilonia, febbraio 1995
Gianluca Marziani “Dino Pedriali”, Flash Art, gennaio 1995
Lucia Spadano “Dino Pedriali”, Segno, gennaio 1995
Dino Pedriali “L’arte un corsa infinita senza traguardi”, La Repubblica, Trovaroma,
12 gennaio 1995
Natalia Lombardo “Volti che pesano denudati in uno scatto”, l’Unità, 13 dicembre 1994
Mario De Candia “Pedriali e l’idea di uomo”, La Repubblica, Trovaroma, 1 dicembre 1994
Domenico D’Antuono “La mostra. Un artista. La vita. ll Nudo”, Corriere delle Saune,
dicembre 1994
Peter Weiermair “L’opera di Dino Pedriali”, ”Dino Pedriali”, Edizioni Stemmmle, Zurigo 1994
Maurizio Marini “Rappresentazione di anima e di corpo”, Catalogo “Dino Pedriali” Edizioni Stemmle, Zurigo 1994
Nico Garrone “Obiettivo su Pier Paolo Pasolini”, La Repubblica, 23 giugno 1993
Mario De Candia “Una geografia dell’uomo creata con l’obiettivo”, Trovaroma, 25 febbraio 1993
“Dark-room”, Trovaroma, 17 giugno 1993
Daniela Treveri “La verità in camera oscura”, Il Tempo, 16 febbraio 1993
G. Gigliotti “Corpi di Luce che accendono la notte”, Cultura, Paese Sera, 17 maggio 1989
Z. Tentella “Rarità in bianco e nero”, Il Tempo, 05 maggio 1989
P. Balmas “Un’Annunciazione nuda per Dino Pedriali”, ll piacere dell’occhio, Trovaroma,
La Repubblica, 29 aprile 1989
Dino Pedriali “Tweede week Van october” (seconda settimana d’ottobre) Arturist, Arnhem 1989
Peter Weiermair “Dino Pedriali in Santa Maria delle Croci”, Catalogo Mostra, Ravenna, Ed. Essegi 1988
Catalogo Artefiera, Bologna, Ed. Faenza 1989, Faenza
E. Battarra “D’Annunziana”, Segno n°78, Pescara, ottobre 1988
A. Romani Brizzi “D’Annunziana”, Contemporanea International, Ed. Il Quadrante, Torino
R. Musappi “D’Annunzio e il puer”, Catalogo D’Annunziana, Gruppo Ed. Fabbri, - Milano 1988
Cecilia Casorati “D’Annunziana”, Catalogo Mostra Università “G. D’Annunzio”, Pescara
Gruppo Editoriale Fabbri, Miano, luglio 1988
Peter Weiermair “Nuove Acquisizioni”, Catalogo Pinacoteca Comunale di Ravenna, 1988
P. Bandini “Nuove Acquisizioni”, Catalogo Pinacoteca Comunale di Ravenna, 1988
A. Bonito Oliva “L’Essere dipende dall’apparire”, Catalogo D’Annunziana, Gruppo Editoriale Fabbri, Milano 1988
P. Citati “Narciso notturno in cerca di un io”, Catalogo D’Annunziana, Gruppo Editoriale Fabbri, Milano 1988
D. Fernandez Recatala “La mort parfumée”, Catalogo D’Annunziana, Gruppo Editoriale Fabbri, Milano 1988
A. Gareffi “Frate Gabry de Coty”, Catalogo D’Annunziana, Gruppo Editoriale Fabbri, Milano 1988
Italo Mussa “Dino Pedriali La Cacciata”, Catalogo Mostra Centro di Cultura Ausoni, De Luca Editore, Roma 1987
I. Teobaldelli “Intervista a Dino Pedriali”, Babilonia, Milano, maggio 1987
D. Mormorio “Pasolini a nudo”, Giornale di Sicilia, Catania, 14 novembre 1986
Peter Weiermair “Manner schen Manner”, Verlag Photographie, AG Schaffhausen, Svizzera, ottobre 1986
Dino Pedriali “Seconda settimana d’ottobre”, Catalogo Centro Culturale Editoriale “Pier Paolo Pasolini”, Agrigento,
ottobre 1986
G. Scimé Catalogo Centro Culturale Editoriale “Pier Paolo Pasolini”, Agrigento, ottobre 1986
L. Berettoni “Dino Pedriali”, Catalogo Frankfurter Kunstverein, marzo 1986
J. C. Amman “Für Dino Pedriali”, Catalogo Frankfurter Kunstverein, marzo 1986
D. Mormorio “Il Nudo delle Aquile”, Il Messaggero, Roma, 31 maggio 1985
Dino Pedriali “Nureyev un mito denudato”, Nuovi argomenti, n°30, 3° serie,
Edizioni A. Mondadori, Milano, aprile/giugno 1984
G. Scimé “Il Volto o il Corpo, nudi?” Progresso Fotografico, Milano, luglio/agosto 1984
G. Patroni Griffi, Catalogo, Galleria Il Modulo, Terni, novembre 1983
“Ragazzi di vita”, Wolkenkratzer, Francoforte, febbraio/marzo 1984
I. Mussa “Dino Pedriali”, Presentazione della cartella “Nuove immagini Italiane” Il Ponte Editrice d’Arte, Roma, 9
giugno 1983
D. Mormorio “Ti voglio fotografare nudo”, Il Manifesto, Roma, 9 giugno 1983
G.Gargiulo “Un occhio magico”, Il Mattino, Napoli, 2 giugno 1983
G. Tutrone “Moravia, by Pedriali”, Corriere della Sera, Milano, 8 maggio 1983
G. Scimé “Il Corpo come Simbolo”, Zoom, Milano, gennaio 1983
R. Alfonso “Dino Pedriali”, Segno, Pescara, maggio/giugno 1982
E. Siciliano “Visi Nudi”, Nuovi Argomenti, Milano, dicembre 1982
M. Falzone del Barbarò “Pedriali mette a nudo il nudo”, Il Giornale Nuovo, Milano, 16 luglio 1982
D. Micacchi “Un fotogramma di luce per i volti tragici di giovani pasoliniani”, l’Unità, Roma, 11 giugno 1982
F. Vincitorio “Fotografia”, L’Espresso, Roma, 23 maggio 1982
L. Berettoni “La luce come ragione d’essere”, Catalogo Galleria Pan, Roma, maggio 1982
L. Carluccio “Dino Pedriali, Il Corpo Umano”, Panorama, Milano, 29 giugno 1981
G. Semerano “Inquadrature ravvicinate”, Il Tempo, Roma, 10 giugno 1981
P. Berengo Gardin “Un Fotografo che rifiuta il realismo”, Paese Sera, Roma, 7 giugno 1981
V. Morelli “Fotografia/Dino Pedriali”, Corriere della Sera, Roma, 26 maggio 1981
I. Mussa “La Ricerca di Pedriali procede di volta in volta per scatti improvvisi”, L’Avanti, 29 marzo 1981
P. Berengo Gardin “Piero Berengo Gardin e Dino Pedriali in parallelo”, Catalogo Palazzo dei Diamanti, Ferrara,
gennaio 1981
G. Scimé “Dino Pedriali”, Fotozoom, Citta del Messico, maggio 1978
M. L. Agnese “Pasolini era d’accordo?”, Panorama, Milano, 14 marzo 1978
Programmi radio-tv:
1981 - Presenza nella trasmissione televisiva
“TG2 Spazio Aperto Foto”:
- “Morire a Milano, cronaca di un omicidio”
- “Man-Ray, un provocatore”
- “Memoria di un uomo scandaloso, Pier Paolo Pasolini”
- “Rudolf Nureyev”
- “Ritratti di ragazzi”
1993 - Intervista a TG2 Dossier- RAI- “Pier Paolo Pasolini, Poeta, Corsaro, Profeta” a cura Giorgio De Luca- Roma
6 agosto 1993 ore 10.00 a Villa Pamphili
1998 - RadioTre: “Viaggio dentro l’Immagine”
Francesca Vitale, intervista a Dino Pedriali. (Messa in onda: 16 gennaio 1998)
Dal 1998 non ho piu‘ curato la Bibliografia, non mi sono piu‘ interessato di riviste, magazine, periodici.
Dino Pedriali
37
GALLERIA
L’ O P E R A
galleria l’opera via di monserrato 40
00186 Roma tel+39 0668802469 wgallerialopera.com