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Progetto:
Direzione:
A cura di:
Gianfranco Matarazzo
Ivan Quaroni
Testo:
Ivan Quaroni
Traduzione:
Benedetta Del Buono
Grafica e crediti fotografici:
GiaMaArt studio - Vitulano (BN)
Allestimento:
Achille Capobianco
Si ringrazia:
Luigi Bucciano
Marco De Filippo
Tommaso De Maria
Nicola Frattasi
Salvatore Iadanza
Antonio Limata
Fortunato Mastrocinque
Antonio Mauro
In copertina
IL PAVONE, LA TEIERA E LA BAMBINA
Olio su tela, cm 100x100, 2011, PARTICOLARE
Si ringrazia altresi:
Studio legale Tomasso - Grande, Roma
Ivan Quaroni
Altarie e simulacri
Differenza e ripetizione nella pittura di Marco Demis
Ivan Quaroni
"La visione che in tal modo otteniamo, sia della forma, sia delle sue affezioni,
per un atto di apprensione della mente o dei sensi, è la forma stessa del corpo solido
risultante dalla presenza compatta del simulacro o dai residui di esso"
(Epicuro - Lettera ad Erodoto)
L'ossessione è un pensiero che ritorna continuamente in modo assillante, penoso, una
condizione esistenziale che può trasformarsi in patologia e coazione a ripetere. Nell'arte
sono molti i casi in cui l'ossessione è divenuta un modus operandi, una procedura di ricerca
formale dove la variazione sul tema genera nuovi spunti e significati. Amedeo Modigliani,
con i suoi numerosi ritratti di Jeanne Hébuterne, sua modella e amante, mette a punto
un'ideale di bellezza arcaica, influenzata dagli idoli e dalle maschere primitive. Più indietro
nel tempo, Sandro Botticelli aveva coltivato un'adorazione per Simonetta Vespucci, che
aveva ritratto molte volte in vita e perfino post mortem, fino a farne il soggetto del suo
capolavoro del 1485, La Nascita di Venere. Per la giovane, morta di tisi a soli ventidue anni
e amata anche da Giuliano De Medici che la fece immortalare in un poemetto delle Stanze
di Angelo Poliziano, Botticelli aveva sviluppato una vera e propria mania, tanto da chiedere
di essere seppellito ai suoi piedi nella Chiesa di Ognissanti, patrocinata dalla famiglia
Vespucci.
L'ossessione, sotto forma di ricorrenza di soggetti, attraversa tutta la storia dell'arte moderna.
La ritroviamo nelle nature morte di Giorgio Morandi, nel Monet più tardo e velleitario dei
Covoni, delle Cattedrali e delle Ninfee, nelle plurime versioni della Camera da letto di Arles
di Vincent Van Gogh.
Ruota attorno a un assillo, almeno iconograficamente, anche il lavoro di Marco Demis, che
reitera il motivo della bellezza pubescente come una sorta di matrice originaria, un modulo
da ripetere ad libitum. Le sue bambine hanno l'aspetto di bambole, di manichini assenti,
perfino ieratici. La ricorrenza tematica produce nella pittura dell'artista uno scarto, un
dispendio entropico che genera quella che Derrida definisce "differenza irriducibile". La
differance di Derrida attiene all'impossibilità del linguaggio di esprimere l'essere se non
attraverso tracce, che sono appunto il portato della ripetizione.
Insistendo sul motivo delle sue aristocratiche vergini dalla pelle nivea e dagli eleganti abiti
retrò, di fatto, Demis costruisce tale possibilità. Il suo non è un lavoro attorno all'identità
- poiché le sue bambole ne sono prive - e nemmeno sulla serialità. Piuttosto, esse svolgono
la funzione di simulacri, idoli che non rimandano ad alcun significato ulteriore.
Baudrillard definisce il simulacro (eidôlon) una "verità che nasconde il fatto che non ne ha
alcuna", mentre a proposito delle sue bambole Marco Demis parla di una "intima fissità,
priva di referente". È, infatti, nella variazione, semmai, che si formula la possibilità di un
referente, di un significato, nel confronto tra simulacri apparentemente simili il differenziale
si trasforma in bellezza. In una recente intervista, l'artista dichiara che "la confidenza col
linguaggio nasce dalla ricorrenza" poiché "conoscere è ri-conoscere" e, poco dopo, afferma
che "la bellezza si evince da un criterio di confronto".
Già qualche tempo fa, leggendo il lavoro di Marco Demis, avevo notato che esso "ruota
attorno a un'assenza, a un vuoto prodotto dalla sottrazione d'espressività" e definivo questo
artificio retorico come "un espediente che ha come effetto la creazione di un mistero e
quindi di una seduzione che obbliga l'osservatore a colmare questo vulnus attraverso
l'immaginazione" . Così, se da un lato i suoi soggetti negano la possibilità di un referente,
di un nesso soggiacente, dall'altro, la loro reiterazione contribuisce a instillare nel riguardante
una sensazione (più che un sentimento) di confidenza.
1 Ivan
Quaroni, Italian Newbrow, pag. 111, Giancarlo Politi Editore, Milano, 2010.
È, infatti, l'apparente serialità e quindi la visione consequenziale delle sue opere a produrre
una relazione con l'osservatore. Senza enumerazione, la "differenza" diventa "indifferenza".
Non sono solo le bambole-bambine ad entrare nel loop della ripetizione, ma anche altri
oggetti, segni e tracce che contribuiscono a creare un senso di "familiarità". Oggetti come
vecchi giocattoli, gabbie o voliere, cancelli di ferro battuto diventano attributi del soggetto,
estensioni periferiche del simulacro, un po' come i simboli che accompagnano la
rappresentazione di divinità pagane e santi cristiani. Si tratta di oggetti privi di autonomia,
feticci referenziali che hanno una funzione decorativa.
Marco Demis è un architetto, per definizione interessato ai rapporti tra forma e funzione,
tra struttura e ornamento. Nel suo monumentale De Architectura, Vitruvio attribuiva all'ornato
un ruolo essenziale, a patto che non si trasformasse in decorazione ridondante e sfarzosa.
Più tranciante a tal proposito era Adolf Loos, per il quale "ornamentare" significava "insozzare
i muri con disegni osceni". Invece, per Henri Focillon la decorazione è "il primo alfabeto del
pensiero umano alle prese con lo spazio". Nelle opere di Demis gli oggetti decorativi sono,
oltre che attributi del soggetto, anche elementi che definiscono il paesaggio, il quale è esso
stesso oggetto privo di autonomia. Il cielo eternamente plumbeo, gli alberi nodosi, come
arabeschi fossili e il terreno coperto di brina sono estensioni del simulacro, ma è pur vero
che contribuiscono a creare un'atmosfera malinconica, confermata da una gamma cromatica
limitata prevalentemente ai soli toni del blu e del grigio.
La questione della riduzione cromatica è un altro elemento fondante dell'opera di Demis,
che, evidentemente, oltre a disporre sulle sue rappresentazioni un filtro malinconico, esplora
la dimensione evocativa di certa pittura tonale, quella stessa che da Giovanni Bellini,
passando per Giorgione e Tiziano, traccia i confini di un certo modo, tipicamente veneto
di "sentire" la pittura. Il tono cromatico è quindi un espediente per la trasmissione di effetti
suggestivi, che sopperiscono alla carenza espressiva dei soggetti.
Da Vasari in poi la ricerca pittorica occidentale si è biforcata nelle due correnti del disegno
e del colore, che facevano capo rispettivamente all'esemplarità di Michelangelo e Tiziano.
Nel suo "Dialogo della pittura", pubblicato a Venezia nel 1548, il critico Paolo Pino, un pittore
di esigua fama, affermava per bocca di uno dei protagonisti del suo scritto, che se Michelangelo
e il Tiziano fossero un corpo solo sarebbe personificato "il Dio della pittura" . Nella pittura
di Marco Demis la propensione tonale si sposa con la tradizione del disegno, secondo una
linea che da Botticelli approda fino a Modigliani. Le figure disegnate dall'artista sono, infatti,
perfettamente contornate, con linee che impediscono al soggetto di sconfinare atmosfericamente
nello spazio circostante. Si tratta di una sensibilità che risponde all'esigenza di mantenere
i soggetti nel campo dell'idealità, in una dimensione impalpabile, epifanica. Le sue bambine
non si fondono mai con ciò che le circonda, ma anzi ogni oggetto è circoscritto sul piano
semantico, poiché si offre allo sguardo come un'apparizione impermanente. Il meccanismo
attorno al quale ruota il linguaggio di Demis è quello dell'evocazione, intesa come pratica
che sottende un'impalpabile rete di connessione tra le cose, qualcosa che "chiama" l'invisibile
nella struttura del visibile. Evocazione significa, infatti, "chiamare fuori" o meglio "chiamare
da fuori" qualcosa che suscita un senso d'insopprimibile nostalgia. Come gli altari e le are
sacrificali, le immagini dipinte dall'artista sono soglie dimensionali, ambiguamente sospese
tra il mondo materiale e quello immateriale. In questo limen non vi è possibilità di narrazione,
ma solo pura potenzialità. Guardando queste figure ci è impossibile immaginare un racconto,
delineare un episodio. Demis sembra occultare ogni traccia biografica, ogni segno di vissuto,
congelando la rappresentazione in una sfera perfetta quanto l'Empireo dantesco. E tuttavia,
questo regno d'immobilità ieratica sembra subire ora una lieve increspatura. Qualcosa
finalmente imprime un moto ai corpi. Una sottile vibrazione percorre le linee degli idoli e
le posture divengono più plastiche, sinuose, le figure si ammorbidiscono e infine si avverte,
come nel mito di Pigmaglione, un anelito a trasmutare il simulacro in carne viva.
2 Julius
Shlosser Magnino, La Letteratura artistica, pag. 242, La Nuova Italia Editrice, 1996, Scandicci (Firenze).
Alters and Simulacrum
Differences and repetition in Marco Demis' art
Ivan Quaroni
"The vision that we somehow gain, whether of its form or of its affections
for an act of apprehension of the mind or of the senses is the form itself of the solid body
resulting from the compacted presence of the simulacrum or of its residues"
(Epicurus - Letter to Herodotus)
Obsession is a thought that continually returns in a harassing way, distressing, an existential
condition that can transform itself into a pathology and repeated coactions. In art, there
are numerous cases in which obsession has become a modus operandi, a procedure of
formal research where the variation on the theme generates new ideas and meanings.
Amedeo Modigliani, with his numerous portraits of Jeanne Hébuterne, his model and lover,
highlights an ideal of archaic beauty, influenced by idols and primitive masks. Going further
back in time, Sandro Botticelli had nurtured adoration for Simonetta Vespucci, whom he
had painted many times whilst she had lived and even post mortem, to the point of making
her the subject of the 1485 masterpiece, The Birth of Venus. The young woman had died
of phthisis at twenty-two and had also been loved by Giuliano De Medici who had her
immortalized in a poem of Stanze by Angelo Poliziano. Botticelli had developed a true and
proper obsession asking to be buried at her feet in the Ognissanti Church, sponsored by
the Vespucci family.
Obsession can also be seen under the form of recurrence of subjects, throughout the history
modern art. We come across them in Giorgio Morandi's still life, in the later and unrealistic
Monet dei Covoni, of the Cathedrals and of the Nymphs and in the multiple versions of
Vincent Van Gogh's Bedroom in Arles.
Marco Demis' work also revolves around an obsession, at least iconographically it reiterates
the theme of pubescent beauty as a sort of original matrix, a module to repeat ad libitum.
His girls have the aspect of dolls, of absent mannequins, even hieratic.
The on-going theme produces in the painting of the artist a waste-margin, an entropic
expenditure which generates that which Derrida defines as "irreducible difference". Derrida's
difference regards the impossibility of language to express the being if not across traces,
that are actually the leads to the repetition.
Insisting on the theme of his aristocratic virgins with nivea skin and with elegant retro
clothes, in fact, Demis constructs such a possibility. His is not a work around identity because his dolls are lacking identity - and it is not even around seriality. Rather, they have
the function of simulacrum, idols that do not have any other meaning at all.
Baudrillard defines the simulacrum (eidolon) a "truth which hides the fact that it does not
have any"; whilst as to his dolls Marco Demis speaks of a "fixed intimacy, lacking a referent".
In fact, in the variations that possibility of a referent formulates a meaning in the comparisons
between apparently similar simulacrums. The differential transforms into beauty. In a recent
interview, the artist declared that "the confidence with language is born from reoccurrence"
because of "knowing and re-knowing" and soon after, affirms that "beauty comes out of a
criterion of confrontation".
Already some time ago, reading Marco Demis' work, I noted that it "revolves around an
absence, an emptiness produced by the subtraction of expressivity" and I defined this
rhetorical artifice as "an expedient that has as affect, the creation of a mystery and so a
seduction that obliges the observer to calm this vulnus via imagination" . Thus, if on one
hand he denies his subjects the possibility of a referent, of an underlying link, on the other
hand, their reiteration contributes to instill in the viewer a sensation (more than a feeling)
of confidence.
1 Ivan
Quaroni, Italian Newbrow, pag. 111, Giancarlo Politi Editor, Milan, 2010.
And in fact, the apparent servility and so the consequential vision of his work produces a
relationship with the observer. Without enumeration, the "difference" becomes "indifference".
It is not only the girl-dolls to enter into in the loop of the repetition, but also other objects,
signs and traces that contribute to create a sense of "familiarity". Objects come from old
toys, cages or boilers, wrought-iron gates become attributes of the subjects, peripheral
extensions of the simulacrum, a little like the symbols that accompany the representation
of the pagan divinities and Christian saints. They are objects without autonomy, referential
fetishes that have a decorative function.
Marco Demis is an architect, interested in the relationship between form and function,
between structure and ornament. In his monumental De Architectura, Vitruvio attributed
to the ornate an essential role, a pact that would not transform itself in a rounded ornate
decoration. Adolf Loos, felt that to "ornate" meant "dirten walls with obscene drawings".
Instead, for Henri Focillon the decoration is "the first alphabet of human thought concerned
with space". In Demis' artwork the decorative objects are, in addition to attributes of the
subjects, also elements that define the landscape, which is itself lacking autonomy. The
sky eternally heavy, the trees knotty like arabesque fossils and the earth covered by frost
are extensions of the simulacrum. But it is also true that they contribute in creating a
melancholic atmosphere, confirmed by a limited range of colours prevalently shades of blue
and grey.
The question of the reduction in colour is another element in Demis' work that evidentially,
gives to his representations a melancholic filter, exploring the evocative dimension of a
certain tonal art. The same that comes from Giovanni Bellini passing across Giorgione and
Tiziano and tracing the boundaries of a certain type practice typically Veneto of "hearing"
art. The chromatic shade is thus an expedient of the conveyance of suggestive affects, that
make up for the expressive cadence of the subjects.
From Da Vasari onwards western pictorial research has diverged into two currents of drawing
and colour that adhered to respectively the exemplarity of Michelangelo and Tiziano. In his
"Dialogo della pittura", published in Venice in 1548, the critic Paolo Pino, a painter of little
fame, affirmed through one of the protagonists of his work, that if Michelangelo and Tiziano
had been only one body they would have personified "the god of art" . In Marco Demis'
artwork the propulsion of the shades and tones mingles with the tradition of the design
adhering to a line of thought that leads from Botticelli and anchors up to Modigliani. The
figures drawn by the artist are in fact perfectly contoured by lines which impede the subject
to atmospherically transcend the space that surrounds them. It is about a sensitivity that
answers to the need of keeping the subjects in the field of idealism, in an impalpable
epiphanic dimension.Ê
The mechanisms that sift through Demis' language are that of evocation intended as the
practice that underlines an impalpable network of connection amongst things, something
that "calls" the invisible into the structure of the visible. Evocation means in fact, "calling
out" or better still, "calling from the outside" something that evokes a sense of insuppressible
nostalgia. Like the alters and the sacrificial areas, the images painted by the artist are
dimensional thresholds, ambiguously suspended between the material world and the
immaterial one. In this limen, there is no possibility of narration but just pure potentiality.
Looking at these figures it is impossible to imagine a story that outlines an episode. Demis
seems to occult every biographical data; every sign of something lived, freezing the
representation in a perfect sphere like that of Dante's Empyrean. However, this reign of
heretic immobility seems to now undergo a slight ripple. Something finally gives motion
to the bodies. A subtle vibration follows the lines of their idols and their postures become
more plastic and sinuous. The figures become softer and finally one feels, as in the Pygmalion
myth, the longing to transmute the simulacrum into living flesh.
2 Julius
Shlosser Magnino, La Letteratura artistica, pag. 242, La Nuova Italia Editrice, 1996, Scandicci (Florence).
IL PASTO DEL PAVONE
Olio su tela, cm 100x100, 2011
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 50x60, 2010
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 85x100, 2010
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 40x50, 2011
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 50x60, 2011
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 30x40, 2010
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 85x100, 2011
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 40x50, 2011
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 100x100, 2011
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 30x30, 2010
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 35x45, 2010
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 24x30, 2011
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 35x45, 2011
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 24x30, 2011
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 24x30, 2010
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 24x30, 2011
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 24x30, 2011
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 24x30, 2010
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 24x30, 2011
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 30x40, 2011
SENZA TITOLO
Olio su tela, cm 75x75, 2011
MARCO DEMIS
Nasce a Milano il 14 maggio 1982, vive e lavora a Milano. Dal 2001 studia all'Accademia di belle arti
di Brera. Nel 2007 consegue la Laurea specialistica in Architettura al Politecnico di Milano.
Was born in Milan, May 14th 1982, he lives and works in Milan. From 2001 he studied at the Brera
Academy of Fine Arts in Milan and he graduates with a Bachelor's Degree in Architecture from the
Politecnico di Milano.
Mostre Personali / Solo exhibitions
2011
"Altari", a cura di Ivan Quadroni, GiaMaArt studio, Vitulano;
2008
"Rag dolls", a cura di Gabriella d'Amico, Glenda Cinquegrana: The Studio, Milano.
Mostre Collettive / Group exhibitions
2011
"AAM" Arte Accessibile, sede del Gruppo 24 Ore, Milano;
"Asta UMAV", Christie's Milano;
"Sto disegnando!", a cura di Michael Rotondi, Underdog Studio Modena;
2010
"Sotheby's e Adisco", Palazzo Broggi 19, Milano;
"Folk Tales", a cura di Ivan Quaroni, Area/B, Milano;
"Tratti tangenti", a cura di Anna Lisa Ghirardi, GiaMaArt studio, Vitulano (BN);
"Premio Combat", Bottini dell'Olio, Livorno;
"Message out a bottle", a cura di Ivan Quaroni, Galleria Spazioinmostra, Milano;
"cARTacea", Galleria delle Battaglie, Brescia;
"Premio Italian Factory", First Gallery, Roma;
"Step09", Museo della scienza e della tecnica, Milano;
"Marylin no more", Wannabee Gallery, Milano;
"Microcose", a cura di Donatella Giordano, Pro Loco, Onna (AQ);
"Wannabee Prize", Wannabee Gallery, Milano;
2009
"Kindergarten", a cura di Ivan Quadroni, Galleria l'Immagine, Milano;
"Imagine" la nuova visione della generazione anni '80, GiaMaArt studio, Vitulano (BN);
"Premio Celeste", Fabbrica Borroni, Bollate (MI);
"Berliner Liste 2009", Haus Cumberland, Berlino;
"Collettiva", Wannabee Gallery, Milano;
2008
"Out let", Glenda Cinquegrana: The Studio, Milano;
"Just Painting", a cura di Victor Cortina, Ego Gallery, Barcellona;
"Berliner Liste 2008", Haus Cumberland, Berlino;
2002
"Umanidi", a cura di Roberto Borghi, Quintocortile, Milano;
"Expo Brera", Accademia di Belle Arti di Brera, Milano.