Il percorso del Museo della Specola consiste di 24 sale dedicate

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Il percorso del Museo della Specola consiste di 24 sale dedicate
Il ruolo di un M useo di Storia Naturale nella didattica della scienza
Gianna Innocenti, con la collaborazione di Elisabetta Cioppi / Paolo Luzzi / Chiara Nepi / Monica Zavattaro
In generale…
Tra i compiti istituzionali di un Museo scientifico, sicuramente importanza fondamentale riveste la
didattica nella sua accezione più ampia, rivolta cioè ad un pubblico quanto più esteso possibile. Le scuole, di
ogni ordine e grado, le istituzioni universitarie, gli Enti pubblici o privati, tutta la galassia
dell’Associazionismo naturalistico e non solo, infine il pubblico in generale dai più piccoli fino alla terza età.
Una collezione museale deve rivolgersi al suo pubblico con allestimenti adeguati. Questo fatto
comporta due affermazioni: la prima, che il museo è un luogo di mediazione culturale; la seconda, che le
collezioni sono la base della didattica museale.
In Italia e più specificatamente in Toscana, per il grande patrimonio artistico che la caratterizza,
quando si parla di Musei si pensa inevitabilmente ai Musei d’Arte, alcuni dei quali sono famosi in tutto il Mondo, mentre i musei scientifici restano relegati in una posizione secondaria. Eppure la Toscana è stata
terra di grandi scienziati tanto quanto di grandi artisti, la cultura di questa regione porta la memoria non solo
del talento di Giotto o della maestria di Michelangelo ma dell’eclettismo di Leonardo, del genio intuitivo di Galileo e della forza innovatrice degli scienziati della sua scuola come Francesco Redi, Lorenzo Bellini,
Giovanni Caldesi. La tradizione scientifica toscana non si ferma al rinascimento, ma prosegue nel settecento,
con l’opera di grandi naturalisti come Pier Antonio Micheli e Giovanni Targioni Tozzetti, e ancora nel secolo successivo, con personalità come quelle di Odoardo Beccari, Igino Cocchi, Enrico Hyllier Giglioli.
La comprensione della scienza da parte del pubblico non specialista, soprattutto dei giovani, incontra
spesso un limite, che inevitabilmente risiede nell’approccio didattico imposto da libri di testo e programmi ministeriali: la scienza come insieme di nozioni riferibili a discipline circoscritte, che rappresentano un
mondo lontano, frutto di qualche inventore o scopritore, avulso dalla realtà della vita, che finisce per
intimorire ed allontanare i giovani, invece che coinvolgerli e appassionarli.
In questo senso i Musei scientifici possono e devono colmare la distanza che spesso si viene a creare
tra scienza e pubblico, possono riproporre quella visione olistica del sapere che permise il contemporaneo
fiorire, nella Toscana rinascimentale, dell’arte, della letteratura della filosofia e della scienza. I Musei scientifici sono detentori di un grande patrimonio, che non è solo quello costituito dalle loro collezioni, ma è
un patrimonio di conoscenza, di storia del pensiero, che documenta i tentativi che uomini vissuti in luoghi e
tempi diversi hanno intrapreso per darsi una spiegazione delle molteplici forme della vita, della costituzione
della materia, dello spazio, del tempo, del movimento degli astri, della natura dell’uomo stesso. Perché i
giovani, quando si avvicinano alla scienza, non dovrebbero provare quella stessa emozione che provano
guardando un’opera d’arte? Perché l’opera della natura non dovrebbe destare lo stesso (se non più grande) sentimento di meraviglia che destano le opere dell’uomo?
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Se i musei scientifici riusciranno a restituire al pubblico questo sentimento, avranno raggiunto un
importante obbiettivo. Un Museo della Scienza non può proporre solo di “guardare” degli oggetti o degli esemplari naturalistici o di “osservare” la riproduzione di un fenomeno naturale ma deve fornire al pubblico gli strumenti per comprendere il contesto culturale in cui l’oggetto è stato inventato, l’esemplare raccolto, il fenomeno osservato per la prima volta: in questo modo potrà essere comunicata la straordinarietà
dell’invenzione, lo stupore della scoperta. La Scienza è cultura, non un insieme di nozioni tecniche, non un
prontuario di formule. E’ comprensione del passato e aggiornamento sul presente e l’immediato futuro. Il ruolo dei Musei nella didattica delle Scienze si colloca qui: educare alla Scienza, suscitare nei
giovani ed in particolare negli studenti prossimi alle scelte universitarie un atteggiamento nuovo, una
condivisione della Scienza intesa come bene comune, non solo attraverso la comunicazione ma soprattutto
attraverso la partecipazione. In questo i Musei possono dare un contributo esclusivo, sollecitando diversi
livelli di apprendimento.
Nelle aule scolastiche gli studenti sono chiamati ad assimilare il sapere che viene loro trasmesso dai
docenti e dai libri di testo, viene sollecitata una comprensione organizzata, un apprendimento teorico. Nei
Musei, invece, esistono possibilità diverse di comunicazione, si può imparare attraverso l’interazione con le collezioni, attraverso l’esplorazione pratica, la sperimentazione, stimolando la curiosità e l’immaginazione, le facoltà sensoriali oltre che quelle cognitive.
Il Museo scientifico coglie così l’opportunità di diventare un luogo privilegiato della comunicazione
della Scienza, laboratorio di partecipazione, osservatorio sul passato, il presente, il futuro.
L’azione di mediazione culturale compiuta dal museo è rappresentata dal trasferimento di contenuti dal bene museale all’utente. Per raggiungere questo obiettivo si interviene con la selezione degli esemplari e
la disposizione di questi può determinare correlazioni diverse a seconda di come sono associati nel percorso
espositivo. Esiste quindi una trasmissibilità di contenuti dal bene museale all’utente e la valenza didattica di
una collezione consiste nel grado di trasmissibilità di questi contenuti. Quest’ultimo non è un valore assoluto - dipende, infatti, da quali contenuti si vogliono trasmettere e a quale utente ci si rivolge - si può comunque
aumentare la valenza didattica intervenendo sulla collezione e agendo sulla recettività dell’utente. Un allestimento museale deve comunque essere centrato sugli oggetti poiché non può fare a meno di
essi. L’ordinamento dei pezzi aggiunge valore in termini di conoscenza alla collezione, perché classificando
gli oggetti si mettono in evidenza delle analogie che altrimenti non sarebbero immediatamente percepibili.
L’ordinamento sistematico sussiste ancora nelle collezioni da studio e in musei più o meno antiquati o storici, in quest’ultimo caso si comprende anche la Sezione di Zoologia “La Specola” del Museo di Storia Naturale di Firenze.
Questo criterio risulta attualmente insufficiente, spesso quindi, con il materiale e spazio a
disposizione si ricorre a una serie di accorgimenti per far sì che i concetti che si vogliono trasmettere
vengano recepiti dal visitatore. L’attenzione di chi allestisce si allarga cioè a considerare l’utente e la sua prevedibile reazione di fronte alla vetrina.
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Una delle conseguenze più importanti è certamente quella di avere eliminato la ridondanza di
informazioni. Davanti a una vetrina stracolma, l’attenzione del visitatore si perde tra mille particolari e qualunque sia il messaggio che si vuole trasmettere, questo verrà recepito con più difficoltà. Se viceversa gli
oggetti sono pochi, il visitatore riuscirà più facilmente a coglierne gli aspetti significativi. Il “contenuto grezzo” di informazioni è maggiore nell’esposizione tradizionale sistematica, ma usando le moderne tecniche espositive il valore aggiunto in termini di conoscenza determinato dall’allestimento fa sì che giungano a segno, cioè siano ritenute dal visitatore, un maggior numero di informazioni utili. Il museo non è più
semplicemente un luogo dove si trasmettono dei contenuti, ma è un luogo progettato proprio perché questa
trasmissione di contenuti possa avvenire ad un massimo di intensità. Nel museo moderno il rapporto tra
allestimento e visitatore è dunque reciproco, nel senso che quest’ultimo eserciterà un’influenza sull’allestimento, che dovrà quindi venire rimodellato continuamente a seconda di come si evolveranno
l’atteggiamento e le reazioni del pubblico. Studi effettuati presso musei di storia naturale americani hanno dimostrato che l’attenzione del visitatore medio può essere di cinque tipi diversi: attenzione sull’oggetto (i primi 30-45 minuti dall’inizio della visita al museo); attenzione sull’ambiente (i successivi 15-30 minuti, poi subentra la cosiddetta “fatica da museo”); attenzione sul proprio gruppo; attenzione su altre persone; attenzione su se stessi (Angela,
1988). Nella prima parte del Museo, i visitatori si comportano per imparare e dopo per vedere.
L’informazione può essere assimilata subito (fenomeno ‘aha !’) o in un secondo momento (apprendimento ritardato). L’apprendimento consta di due componenti fondamentali: l’apporto cognitivo (intellettuale, assimilazione di una informazione) e l’apporto emotivo (ricordi, esperienze). Con la scelta di particolari esemplari, con l’ausilio delle ricostruzioni di ambiente e dei punti multimediali il visitatore imparerà
divertendosi e stimolerà emotività ed intelletto, ponendosi domande e riflettendo su cosa sta facendo.
Il Museo deve diventare un luogo che venga visitato più volte dall’utente, che lo realizzi come struttura accessibile, una struttura “propria”, aperta alla consultazione. Si auspica quindi un approccio tra Museo e scuola di tipo “integrato”, che diventi davvero educativo, con la formazione degli insegnanti all’uso dell’esposizione museale, alla conoscenza del tipo di pubblico e
dei meccanismi del “comprendere” e dell’“apprendere” da parte del museo (Giordan, 2003).
Il primo passo da affrontare è quello di capire e conoscere quale possa essere il tema che sappia
rivestire un interesse generale e veramente sentito. Il pericolo spesso infatti è di voler trasferire problemi
sicuramente interessanti per la comunità scientifica ma che non hanno risvolti pratici nella quotidianità del
gruppo di utenti a cui si vuole far riferimento. Un esempio: un lavoro fatto per il ripristino di un’area degradata come una discarica o quant’altro può sicuramente interessare una grande fascia di utenza, dagli specialisti del settore fino ai ragazzi o alle persone comuni che spesso si trovano, nelle loro zone, a fare i
conti con realtà simili; l’accortezza, in questo caso, è solo quella di modulare il linguaggio facendolo aderire più possibile alla sensibilità dell’ascoltatore. Al contrario un lavoro di sistematica su una particolare specie di pianta, se di grande interesse per gli specialisti, non riveste in genere alcun interesse per gli altri.
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Quindi se dobbiamo fare un programma di divulgazione occorre affrontarlo per avere il maggior
risultato possibile in termini quantitativi, di interesse e di sensibilizzazione sul problema. Infatti uno dei
compiti più importanti della didattica è, secondo me, quello di portare le persone a riflettere su problemi
concreti dal punto di vista naturale, riflessioni che siano capaci di formare, specialmente per le fasce di età
più piccole, dei cittadini futuri più coscienti e attenti alla qualità della vita nel loro mondo, agricolo o
cittadino.
Sicuramente si deve relazionare con la comunità scientifica e culturale di cui è uno dei soggetti
attivi; quindi deve essere sede di ricerca e di aggiornamento continuo, deve “assorbire” le novità e i problemi degli specialisti del settore e proporne, autonomamente, di nuovi.
Individuato il problema occorre selezionare l’utenza che dovrebbe esserne più coinvolta. Da questa selezione deriva tutta la metodologia didattica e ostensiva che dovremo approntare: linguaggio, più o meno
semplice, supporti cartacei più o meno tecnici, espressivi, al limite più o meno illustrati o colorati, supporti
multimediali. Spesso il Museo può essere chiamato anche a far fronte a programmi didattici molto particolari
rivolti a persone con handicap fisici o mentali più o meno accentuati. In questo caso occorre senz’altro anche la collaborazione di esperti del settore che individuino, insieme agli operatori del Museo, modalità corrette di
approccio ai problemi.
Occorre poi una pubblicizzazione su riviste del settore, mass-media, collaborazioni con Enti pubblici
(Comune, Regione, Provveditorato agli Studi, Ufficio Stampa dell’Università ecc.), in modo da rendere quanto più accessibile possibile l’informazione sulla Mostra, o Corsi o pubblicazioni che intendiamo divulgare.
Cambiamenti rapidi, radicali e continui nel modo di formarsi e trasmettersi dei saperi impongono ai
musei un rinnovamento. Ciò conduce ad una visione dinamica delle strutture museali, da interpretarsi come
condizione naturale e positiva. Di conseguenza anche la didattica museale deve proiettarsi verso sistemi
innovativi. Perché il rinnovamento non rimanga una questione di facciata, ma vada più nel profondo è
necessario integrare maggiormente scuola e museo affinché non risultino due mondi separati.
Qui di seguito vengono indicati alcuni obiettivi, da quelli più generali fino a quelli più pratici, che
potrebbero innalzare il livello qualitativo della didattica museale :

Rendere il mondo scolastico più partecipe della vita di un museo e viceversa.

Ampliare le funzioni del museo (funzione scientifica, culturale, educativa, ma anche sociale).

Ricercare collaborazioni con altri musei vicini e lontani (es. altri musei scientifici, di preistoria,
archeologia, ma anche d’arte).

Seminari (estivi, tipo summer school) sulla didattica museale, per docenti e operatori museali:
luogo per approfondire, pensare, pianificare, discutere, elaborare.

Sperimentare annualmente progettazioni didattiche con alcune classi delle varie fasce di età.

Programmare verifiche puntuali sugli alunni e sugli insegnanti partecipanti alle iniziative.
Dettagliando…
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Il Museo della Specola fu inaugurato il 21 febbraio 1775 per volere del Granduca Pietro Leopoldo,
come “Imperial Regio Museo di Fisica e Storia Naturale”. L’edificio infatti accoglieva le collezioni
naturalistiche iniziate dalla famiglia dei Medici e in seguito aumentate e potenziate dai Lorena.
Per la prima volta un museo scientifico veniva aperto al pubblico di qualsiasi censo, con il preciso
intento didattico di insegnare e mostrare il mondo naturale e l’anatomia umana. Nel museo si vennero così a raccogliere le collezioni mineralogiche, paleontologiche, botaniche, antropologiche, zoologiche ed
anatomiche. Tuttavia alla fine dell’Ottocento le varie sezioni del Museo si separarono spazialmente
dall’edificio e presso la Specola rimasero le cere anatomiche e le sole collezioni zoologiche.
Per attuare presso la Sezione qualsiasi percorso didattico, sono necessarie almeno un paio di visite
preliminari al Museo da parte degli insegnanti. L’insegnante deve infatti avere ben presente come il Museo è
strutturato, cosa vi è mostrato, come sono disposte le sale, in maniera da effettuare una visita con la classe il
più possibile proficua.
Il percorso espositivo del museo ha particolari caratteristiche (gli esemplari esposti con criterio
sistematico per la maggior parte), vi sono ben 22 sale dedicate alla zoologia, di cui 6 agli invertebrati (dai
Poriferi agli Echinodermi) e 16 ai vertebrati (dai Mammiferi ai Pesci), dopo l’ultima sala dedicata ai Pesci vi sono le sale delle cere anatomiche. Queste sale sono dedicate all’anatomia, di cui 6 all’anatomia umana e alle cere seicentesche dell’artista siciliano Gaetano Zumbo.
Il percorso ha purtroppo alcuni difetti perché in genere si comincia la visita dalle sale degli
invertebrati, che risultano meno “attraenti” per gli studenti. Molte sale hanno vetrine “affollate”, con molti esemplari per vetrina che presumono un tempo medio di visita di circa 1 ora e mezzo, 2 ore. Durante i mesi
invernali fa molto freddo e non esiste al momento un’aula attrezzata per le classi, dove poter manipolare o vedere più da vicino particolari esemplari, se non attraverso la visita guidata, dove gli operatori dei Servizi
Didattici predispongono reperti per l’osservazione da parte degli studenti.
Il percorso tuttavia, dopo gli invertebrati, continua con i Mammiferi, appariscenti e molto evocativi,
la sala delle scimmie permette una interazione con il visitatore (si può entrare dentro la vetrina), e tra le sale
dei Mammiferi e degli Uccelli si trova uno spazio che può essere usato per far riposare la classe (corridoio
dedicato alle mostre temporanee).
Il museo ha solamente 3 sale tematiche: una sala sulla Somalia e l’ambiente della boscaglia africana (savana), una sala sulle costruzioni e sulle uova degli uccelli ed una sala sugli Uccelli del Paradiso, gli
uccelli giardinieri e le loro strategie sessuali. L’esposizione ha come principale difetto il mostrare animali di
ambienti diversi tutti insieme, senza alcun riferimento al loro habitat; le vetrine sono inoltre piene di
esemplari (anche se negli anni passati è stato effettuato uno sfoltimento del materiale esposto) e poco
accessibili ai bambini (gli animali talvolta sono posizionati su scaffali alti, dunque poco visibili). Un ulteriore
limite del museo è che ovviamente non risulta possibile osservare il comportamento degli animali, con la
sola eccezione della sala degli Uccelli del Paradiso dove è possibile vedere un filmato sulla costruzione della
pergola nuziale dell’uccello di raso.
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Nondimeno nelle vetrine del percorso zoologico vi sono animali di medie-grandi dimensioni, molte
specie della fauna italiana ed esotica difficilmente osservabili in natura. Inoltre alcuni esemplari sono in
vetrine che possono essere osservate da tutti i punti di vista, vi sono esemplari cuccioli accanto agli adulti,
pannelli esplicativi e punti multimediali e modelli (di delfino bianco, focena, salamandra gigante, tritone,
rana, ecc.) riportati coi loro colori naturali e nelle dimensioni reali.
Il Salone degli Scheletri è uno spazio a pianterreno, dove è raccolta una interessante e cospicua
collezione osteologia. Può essere visitato a fine giro del Museo, previa prenotazione, per approfondimenti e
osservazioni ulteriori sulla morfologia di alcuni vertebrati.
In ogni caso, prima di prenotare la visita al museo si consiglia di visitare anche il sito del museo e in
particolare nella sezione dedicata ai Servizi Didattici e Divulgativi.
B ibliografia
Angela A. 1988. Musei (e mostre) a m isura d'uomo. Come comunicare attraverso gli oggetti. Armando
Editore, 167 pp.
Bianca M.(a cura di) 1989. La Scienza a Firenze. Firenze, Alinea Editrice, 136 pp.
Cerroni A. 2005. Percezione pubblica e comunicazione della Scienza . Museologia Scientifica, 22(1):127132.
Giordan A. 2003. Pensare un’educazione integrata scuola-museo. Quale pedagogia? Quale esposizione?
Museologia Scientifica 18(1-2): 43-54.
Kolb D.A. 1984. Experiential Learning. New Jersey, Prentice-Hall, 256 pp.
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