XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

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XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
OGGI CON ME SARAI IN PARADISO
XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – anno C – LUCA 25, 35-43
In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] 35. il popolo stava a vedere; i capi invece lo
deridevano dicendo: "Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto".
Oggi è la solennità di Cristo, Re dell’Universo, Re che viene proclamato tale sulla croce. La scritta
sul cartiglio lo riconosce come re dei Giudei. Proprio nel momento in cui viene deriso dai capi
religiosi, il popolo comincia a capire di aver commesso un enorme peccato crocifiggendo l’Autore
della Vita; dimostra un atteggiamento che prepara al pentimento, espresso dal fatto che si
allontaneranno percuotendosi il petto.
Letteralmente il verbo utilizzato per i capi del popolo vorrebbe dire “arricciare il naso”: dubitano
che egli possa salvare se stesso e l’umanità. Vorrebbero che egli desse un segno per dimostrarsi
veramente tale e nello stesso tempo usano il sarcasmo “Medico, cura te stesso”.
In realtà non hanno capito che c’è qualcosa che vale di più del salvare la propria vita e questo
qualcosa è l’AMORE. Dare la vita per amore degli altri è il massimo della dilatazione di una
persona che, espropriata di tutto, dà tutto. Ecco l’esempio di Cristo.
Gesù sta per morire e tanti sono lì che lo guardano, chi con odio, chi con derisione, chi con
indifferenza, chi con curiosità, chi con dolore e partecipazione come la Madre e come Giovanni.
Qual è il nostro atteggiamento nei confronti di Gesù che muore per salvarci?
36. Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto
I militari romani scherniscono Gesù e gli offrono vino acidulo, un dissetante usato comunemente
dai soldati e dai contadini. Alcuni interpretano questo gesto come un atto di compassione per
alleviare le sofferenze, altri lo giudicano una crudeltà in più per rianimare il condannato e
prolungarne l’agonia.
Anche secondo il salmo 69,21 l’aceto ha un significato molto negativo, di avversione. Nella Bibbia
mentre il vino è visto come il simbolo dell’amore, l’aceto è il suo contrario, il simbolo dell’odio.
Cristo è un uomo rigettato e odiato. Cristo risponde all’odio con l’amore, non risponde alla violenza
con la violenza perché sa che il cuore dell’uomo può essere guarito solo da un supplemento di
amore. È solo così che Dio conquista l’uomo: amandolo fino alle estreme conseguenze.
37. e dicevano: "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso".
I soldati romani leggono quanto è scritto nel cartiglio (titulus) e incalzano la derisione verso Gesù,
chiedendogli di salvare se stesso, se è veramente il re dei Giudei. La provocazione e la tentazione
sono molto sottili e crudeli.
Il tentatore si fa ancora una volta accanto a Gesù anche nel momento della morte. Gesù subisce un
nuovo assalto, ma vince: non usa il potere divino per salvarsi dalla tortura e dalla morte, ma si offre
fino all’ultimo respiro.
38. Sopra di lui c'era anche una scritta: "Costui è il re dei Giudei".
La tavoletta con l’iscrizione era posta al collo del condannato quando si recava al luogo del
supplizio. L’iscrizione è l’unico testo scritto su Gesù durante tutta la sua vita ed è riportata da tutti i
quattro evangelisti.
39. Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!".
Non sappiamo se i briganti crocifissi con Gesù fossero pagani, o giudei, o zeloti, o ladri.
Luca è l’evangelista che ci riporta la diversa reazione dei crocifissi accanto a Gesù. Mentre Marco
ci dice che anche gli altri crocifissi lo insultavano, Luca ci dice che uno lo insultava e l’altro no.
Il primo condannato schernisce Gesù con le parole “Salva te stesso” come i giudei e come i romani.
Aggiunge punto “e salva anche noi” dal momento che la situazione è drammatica e sente che sta
perdendo anche l’ultima speranza di non morire.
Gesù non si salva da se stesso, ma attende la salvezza dal Padre e vive, coerente fino in fondo,
quanto ha insegnato: “Chi perde la propria vita… la salverà”.
40. L'altro invece lo rimproverava dicendo: "Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato
alla stessa pena?
Luca ora ci presenta il secondo malfattore, aperto alla salvezza. È vicino alla morte e rimprovera il
compagno di sventura, dicendogli di temere Dio.
Il timore di Dio nella Bibbia implica il riconoscimento della sua potenza che incute fiducia e
obbedienza. È un atteggiamento religioso in modo autentico che non si identifica con la paura, ma
con la riverenza e il riconoscimento della proprio piccolezza. Chi non teme Dio, pertanto, non è
cosciente della propria creaturalità.
41. Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli
invece non ha fatto nulla di male".
Il malfattore che si converte è esempio per noi: riconosce il proprio peccato e accetta la propria
condanna che riconosce giusta. Tutti elementi che rivelano pentimento e penitenza. Anch’egli, pur
peccatore, riconosce l’innocenza di Gesù e la proclama.
La salvezza è aperta a chiunque, anche all’ultimo momento. Incoraggiante anche per noi questa
misericordia che interviene come manifestazione piena dell’onnipotenza di Dio che si esprime in
paziente attesa della conversione.
Il buon ladrone proclama che Gesù è innocente a differenza dei capi che lo hanno condannato.
Quale testimonianza più veritiera data da un uomo morente?
42. E disse: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno".
Il malfattore pentito prima si era rivolto al suo compagno di condanna. Ora si rivolge direttamente a
Gesù che chiama con il suo nome proprio: “Dio salva”. Riconosce la messianicità di Cristo in un
rapporto personale di intensa fiducia e di totale abbandono, come può essere l’atteggiamento di un
uomo morente, verso un altro Uomo, morente anch’egli, ma che riconosce Salvatore.
L’uomo crocifisso accanto a Gesù riconosce di non avere alcun merito, ma Dio non guarda ai
meriti, Dio guarda al bisogno dei propri figli che gridano a lui, guarda alle necessità e li soccorre
come fa una madre, come fa un padre, innamorati delle loro creature.
La preghiera del buon ladrone utilizza le categorie della preghiera giudaica e giudeo cristiana: si
rivolge a Dio chiedendo di RICORDARSI di lui. Come l’orante dei salmi, chiede a Dio di posare il
suo sguardo di bontà, ricordandogli di essere fedele alla sua alleanza e alle sue promesse di salvezza
verso l’uomo bisognoso.
Il buon ladrone fa una solenne professione di fede nella regalità di Cristo: “Ricordati di me quando
sarai nel tuo regno”. Gesù è proclamato re da una persona che nella vita ha fatto del male, ma che
ha saputo confidare nella misericordia.
43. Gli rispose: "In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso".
Luca pone l’accento sull’OGGI della salvezza: OGGI alla nascita di Gesù, OGGI all’inizio del
ministero pubblico, OGGI nel momento della morte. La salvezza avviene nell’OGGI, adesso, non
alla fine dei tempi. Gesù salva tutti coloro che ripongono la fiducia in lui e che muoiono confidando
nella sua misericordia.
Gesù promette subito all’uomo pentito di essere in comunione con lui, Cristo risorto, che dà la piena
salvezza grazie alla sua risurrezione. Se lo carica sulla spalle, come il pastore che va in cerca e trova
la pecora smarrita, e lo porta con sé nella gloria.
La salvezza è gratuita, un dono, non un merito. Il buon ladrone entra in paradiso non perché ne ha i
meriti, ma perché è bisognoso di salvezza, di una salvezza che ha invocato, nella quale ha creduto,
aggrappandosi al Dio crocifisso accanto a lui per amore. Con sincerità si è riconosciuto bisognoso
ed ha ottenuto il perdono pieno.
Il termine paradiso deriva dalla lingua persiana e indica “parco”, giardino chiuso. Viene utilizzato
nella Bibbia per indicare il giardino dell’Eden dove è stato collocato Adamo. In una terra desertica,
parlare di giardino, con piante, acqua e serenità indica felicità, quella felicità che alla fine dei tempi
scenderà anche in terra e che ora è in cielo.
Invochiamo il Padre che ci liberi dal potere della morte e del male per camminare sulle ore di Cristo
e donare la nostra vita per amore dei fratelli, nella certezza di condividere la gloria in cielo. Il nostro
sarà un regnare con Cristo, nostro Re e Salvatore.
Quando ci sentiamo condannati a morte, senza speranza, senza consolazione, volgiamo lo sguardo
al Cristo crocifisso accanto a noi e nel suo sguardo misericordioso ritroveremo il coraggio di
riconoscere il nostro male e di annientarlo con la confidenza nell’Onnipotente che non desidera
altro che abbracciarci nella sua misericordia.
Suor Emanuela Biasiolo