La formazione come cammino che dura tutta la vita nella logica
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La formazione come cammino che dura tutta la vita nella logica
La formazione come cammino che dura tutta la vita nella logica pasquale Contenuti e metodologia per una possibile elaborazione di un progetto formativo dell’Ordine (rapporto e continuità tra FI. e FP; eventuale relazione o tavola rotonda con gli incaricati della FP) . Lindor Alcides Tofful Introduzione Vorrei cogliere l’occasione di questo primo convengo Europeo CEC, CEO, CIMP con i Ministri, Custodi, Delegati generali e provinciali e i Formatori delle tre COnferenze, per condividere alcune riflessioni su un tema che interessa e occupa tutti e ciascuno dei presenti a secondo del servicio que l’Ordine, la Provincia o la Custodia ci hanno affidato: il tema della formazione . Ci coinvolte tutti perché é stato lo stesso Capitolo generale ordinario di Assisi (2007) che ha stabilito la prioritá della· “ formazione alla missone ( mozione n.2) per tutto l’Ordine e perché nel progetto sessenale dell’Ordine ci sismo proposti di “ rendere prioritaria la formazione permanente ( mozione n.3.2). La prima cosa che dobbiamo fare é di chiarire che cosa vogliamo dire con “ formazione”, che signifcato diamo a questo concetto. Visitando le diverse circoscrizioni dell’Ordine constato , e credo che se sismo sinceri con noi stessi dobbiamo tutti ammetterno, vi sono alcune realtá di questo tipo: Una certa identificazione tra formazione e osservanza: si considera la persona “formata” perché osserva gli orari, le formalitá, gli impegni esterni, personali e comunitari... che sono stati decisi...“ É un buon frate”. Esiste una certa identificazione tra k studi accademici e formazione: si considera la persona “ formata” perché ha concluso gli studi di filosofia e teologia, o perché ha conseguito un determinato titolo academico o sólo perché è “molto intelligente”. Esiste certa identificazione tra formazione e carriera: si considera la persona come “ formata” perché giá ha tanti anni di professione semplice alle spalle, é giá professo solemne o ha ricevuto l’ordinazione presbiterale. Ha osservato fedelmente quello che le norme della Chiesa e dell’Ordine stabiliscono. Ha fatto una buona” carriera” ed é un religioso-sacerdote professionista. * Certa identificazione tra formazione e informazione: si considera la persona formata perché ha ricevuto una quantitá suficiente e persino necesaria di informazione su… realtá umana, doctrina della Chiesa, vita religiosa, i voti, la misisone, etc. É stato informato, quinde “formato”. La di ció lo constatiamo nelle nostre comunitá conventuali o nelle richieste di abbandonare l’Ordine. Serie difficoltá nella vita di orazione, di fraternitá e/o di missione, con caratteristiche differenti fra loro. Richieste di lasciare l’Ordine che richiamano l’attenzione sia nel modo como nel contenuto (le motivazioni). A) La formazione permanente in alcuni Documenti della Chiesa. Prendo in considerazione solo alcuni dei principali documenti della Chiesa degli ultimi anni ( dopo la pubblicazione del Codice di Diritto Canonico), miranti a riproporre gli orientamenti e i contenuti fondamentali della formazione. 1. La CIVCSVA 1983: cerca di fare sintesi del pensiero della Chiesa dopo il Concilio Vaticano II, facendo riferimento esplicito alla formazione ( nn.44-48). Possiamo mettere in evidenza i seguenti concetti: * La formazione alimenta la crescita della vita de consacrazione al Signore, dai primi momento del cammino vocazionale sino alla morte ( n. 44). La chiamata di Dios y la sua consacrazione continuano lungo tutta la vita, in una crescita e approfondimento permanente ( n.44). * I due aspetti principali della formazione sono: discernere l’attitudine e accompagnare l’evoluzione personale ( n.44). 1 ¨* La formazione consiste nel divenire sempre piú un disceplo di Cristo, creceré nell’uione con Lui e nella configurazione a Lui (n. 45). Questo processo richiede una conversione continua, uno spogliarsi di sé, del propio egoismo (n.45), camminare secondo lo Spirito, rivestirsi di Cristo, verso la pienezza di Cristo. *La configurazione a Cristo si realiza nella coniformita al proprio carisma e alle indicazioni del propio Istituto ( n. 46): spirito, caratteristicche, finalitá, tradizioni. * Dio stesso é il primo e principale agente nella formazione del religioso che agisce attraverso di mezzi quali: la sua parola, i sacramenti, la preghiera e la liturgia, il magistero della chiesa e il carisma dei fondatori ( n. 47)La principale responsabilitá dei formatori sono: discernere l’azione di Dios, acompagnare il fratello nelle vie del Signore, nutrire la vita di doctrina solida e di orazione vissuta, valutare il cammino percorso. ( n.47). L’intero processo formativo si sviluppa nella comunitá ( n.47). La formazione é un cammino che si puó dividere in 5 fasi ( n.48) dalla prima all’ultima risposta, con una finalitá, contenuto e disposizioni particolari. 2. La CIVCSVA 1990: anche questa Istruzione ci offre elementi molto interessanti. Ne sígnalo alcuni: * Il rinnovamento degli Istituti religiosi depende principalmente dalla formazione dei suoi membri (n.1). * Il fine inmediato della formazione dei candidati è: iniziare alla vita religiosa e far prendere coscienza della sua specificitá nella Chiesa; aiutare ai religiosi a realizzare la sua unitá in Cristo per mezzo dello Spirito. ( n.1) * Il fine principale della formazione consiste in: descrivere, assimilare e approfondire l’identitá del religioso ( n.6). *La formazione integrale della persona significa una dimensione fisica, morale, intellettuale e spirituale ( n.34, 66). Quest’ultima é prioritaria. ( n.35) * Il cammino si sequela di Cristo conduce a condividere sempre piú coscientemente e concretamente il misterio della passione, morte e Resurrezione di Cristo. Il miserio pasquale deve essere il cuore dei programmi di formazione, in quanto fonte della vita e della maturitá ( n.36). * La formazione continua é un processo globale di rinnovamento che si estende a tutti gli aspetti della persona del religioso y anche allo stesso Istituto ( n.68) e fra gli aspetti ricorda la prioritá della “ vita secondo lo Spirito” o spiritualitá. * Fra i momenti forti della formazione continua, si ricorda il pasaggio dalla formazione iniziale alla “ prima esperienza di vita piú autonoma” e anche la tapa “ finale” come possibilitá di lasciarsi penetrare per la esperienza pasquale di Gesú Cristo: partecipazione al suo soffrimento, conformarsi a Lui nella morte, con la speranza di arrivare alla resurrezione dei morti ( n.70).* Lo Spirito Santo ha il primato fra gli agenti della formazione, perché la formazione é opera eminentemente teologale, nella sua fonte e nel suo obiettivo ( n.110) 3. Vita Consecrata (VC) : Giovanni Paolo II ci propone in questo documento una esposizione sistematica sopra la vita religiosa e la sua missione nella Chiesa en el mondo, sopratutto a partire dalla Icona del Cristo trasfigurato ( nn. 14 ss). Prendiamo alcun elementi del tema che fanno al caso nostro: Il religioso é colu che segue a Cristo con la adesione “ di conformazione” a Lui in tutta la sua esistenza, attraverso la professione dei consigli evangelici ( n.16, 18); guidati per lo Spirito arrivano ad essere “ persona cristiformi” prolugamento nella storia della speciale presenza di Cristo risorto. ( n.19). * La dimensione pasquale della vita consacrata ( n. 24) Obiettivo centrale della formazione é la preparazione della persona alla totale consacrazione di sé a Dio nelal sequela di Cristo, al servizio della missione. Il fine della vita consacrata consiste nella configurazione al Signore Gesú e alla sua totale donazione di sé ( n.65). La formazione é un itinerario di progresiva assimilazione dei sentimenti di Cristo verso il Padre (obiettivo ). Se questo é l’obiettivo della formazione, il metodo che prepara dovrá assumere y esprimere la caratteristica della totalitá: tutta la persona, ogni aspetto della sua individualitá ( comportamente, intenzioni) tutti i campi della vita cristiana e della vita consacrata; preparazione umana, culturale, spirituale, pastorale. ( n.65). * Strumento prezioso della formazione é il colloquio personale, realizzado con regolaritá, con frequenza, come abitudine di insostituibile e riconosciuta efficacia ( n.66). 2 La formazione debe essere comunitaria, per questo, il luogo privilegiato é la comunitá ( n.67). La necesitá e l’urgenza di elaborare una “ ratio institutionis”, cioé un progetto formativo ispirato al proprio carisma, la capacitá di proporre un metodo ricco di sapienza spirituale e pedagogica che porti progressivamente ad assumere i sentimenti di Cristo Signore ( n.68). La formazione é un processo vitale attraverso del quale la persona si convertek a Dio dalla profonditá del suo essere e impara l’arte di trovare i segni di Dio nella realtá del mondo. ( n.68). * La formazione permanente é una esigenza intrinseca alla consacrazione religiosa. Il religioso non potrá considerare di aver completato la gestazione dell’uomo nuovo che esperimenta dentro di sé, in ogni circostanza della vita, gli stessi sentimenti di Cristo ( n. 69). “La formazione iniziale deve, pertanto, saldarsi con quella permanente, creando nel soggetto la disponibilità a lasciarsi formare in ogni giorno della vita sarà molto importante, di conseguenza, che ogni Istituto preveda, come parte della ratio institutionis, la definizione, per quanto possibile precisa e sistematica, di un progetto di formazione permanente, il cui scopo primario sia quello di accompagnare ogni persona consacrata con un programma esteso all'intera esistenza. Nessuno può esimersi dall'applicarsi alla propria crescita umana e religiosa; così come nessuno può presumere di sé e gestire la propria vita con autosufficienza. Nessuna fase della vita può considerarsi tanto sicura e fervorosa da escludere l'opportunità di specifiche attenzioni per garantire la perseveranza nella fedeltà, così come non esiste età che possa vedere esaurita la maturazione della persona” (n. 69). * Fra le differenti tappe o fasi del dinamismo personale, la fase della “ etá avanzata” offre l’opportunitá di lasciarsi plasmare per la esperienza pasquale, configurandosi a Cristo crocifisso che compie in tutto la volontá del Padre e si abbandona nelle sue mani ( n.70), peró anche puó sperimentare in qualsiasi momento della vita personale. Soggetto della formazione permanente é la persona en ogni fase della su avita; punto di conclusione della formazione é la totalitá dell’essere umano: amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze e al prossimo con a sé stesso. ( n.71). Primato della “ vita nell Spirito “ ( n.71). La vita nello Spirito ha la sua preminenza. “La dimensione umana e fraterna richiede la conoscenza di sé e dei propri limiti, per trarne opportuno stimolo e sostegno nel cammino verso la piena liberazione. Particolarmente importanti, nel contesto odierno, sono la libertà interiore della persona consacrata, la sua integrazione affettiva, la capacità di comunicare con tutti, specialmente nella propria comunità, la serenità dello spirito e la sensibilità verso chi soffre, l'amore per la verità, la coerenza lineare tra il dire e il fare” (n. 71). Igualmente importante son las dimensiones: apostólica, cultural y profesional, del carisma (cf. n. 71) 5. LA CIVCSVA 2002: questa Istruzione é stata scritta in occasione dei cinque anni della pubblicazione dell’Esortazione Apotolica C e dopo della esperienza del Giubileo del 2000, invitando tutti i consacrati/e a centrare tutto nella spiritualitá. Alcune delle affermazioni piú importanti que fanno riferimento al nuestro tema sono: ¨* Se la vita consacrata é in se stessa una “ progresiva assimilazione dei sentimenti dei Cristo “ ( VC 65), tale cammino dura tutta l’esistenza, per coinvolgere tutta la persona: cuore, mente, forze ( cfr. Mt 22, 37) e renderla simile al Figlio che si dona al Padre per l’umanitá. ( n.15). * La formazione é un “ modo teologico” di pensare la vita consacrata stessa ( n.15) que mai si conclude. Per tanto, il religioso de e essere formato alla libertá di apprendere per tutta la vita, in tutte le etá e stagioni, en ogni ambiente e contesto umano, in ogni persona e cultura; lasciarsi formare per la vita di ogni giorni, per la propria comunitá, per i suoi fratelli e sorelle, per le cose di sempre, ordinarie e straordinarie, per la preghiera e le fatiche apostóliche, nell allegría e sofferenza, sino al momento della morte (n.15). 3 Se il fine della vita consacrata é la configurazione con Cristo, sará necessario mettere in atto un itinerario di progressiva assimilazione dei sentimenti di Cristo verso il Padre ( n.18). La vita spirituale deve stare al primo posto di ogni programmazione; spiritualitá intesa come vita secondo lo Spirito ( v.20) , una spiritualitá di comuniones ( n.28ss.). La Parola é la prima fonte di tutta la spiritualitá, colei che educa il cuore e la mente ( n.24). La Eucaristía é il luogo privilegiato per l’incontro con il Signore ( n.26), fonte e culmine della esistenza e della azione apostolica, dove si realizza pienamente la conformazione totale a Cristo ( n.26). B) La Formazione Permanente nei Documenti dell’Ordine. Nei documenti del nostro Ordine incontriamo alcuni elementi che possono orientare la nostra riflessione. Anche se certamente tutti voi giá li conoscete, é utile ricordarli in forma breve e sintetica. 1. COSTITUZIONI ( Cost.): le nostre Costituzioni parlano della necessitá di raggiungere un grado conveniente di formazione secondo le esigenze dei luoghi e i tempi ( Cost. 47.1); di maturiá umana, cristian, religiosa e clericale ( Cost 47.2), e spirituale ( Cost. 54 ss.),dottrinale, tecnica e pastorale ( Cost. 57 ss). 2. IL DISCEPOLATO FRANCESCANO (DF): alcuni concetti di questo Documeto: n.101: La formazione é un processo vitale per mezzo del quale la persona si converte a Dios e apprende a cercare i segni della sua presenza nella realtá del mondo. La Formazione é una esigenza intrinseca della consacrazione religiosa, un processo di conformazione a Cristo; é una conversione continua, una identificazione sempre piú grande a Cristo; la sua finalitá è: mantenere vivo questo anelo di conformazione a Cristo nelle distinte tappe della vita. n.102: parla della necessitá di seguire interiorizzando i valori evangelici como una forma dicrescita costante e di rinnovamento continuo. n.103: accentuare “l’essere” prima que il “ fare”, chiama l’attenzione sopra l’eccesivo attivismo e il timore di lasciarsi interrogare e mettere in discussione. n. 104 ss.: si dice che nella Formazione Permanente ( FP) si deveno tenere in conto le diverse dimensioni: vita spirituale ( direzione spirituale, retiri in eremo ); la dimensione umana e fraterna ( conoscenza di sél relazioni fraterne di confidenza e respeto, funzioen del guardiano, valore spirituale del capitolo conventuale ) del carisma francescano ( corsi di formazione permanente, progetto annuale di FP) culturale intellettuale, ministeriale e professionale . n.107: secondo le diverse tappe della vita. 3. LA FORMAZIONE NELL’ORDINE ( FO) : questo Documento del Capitolo Generale straordinario di Ariccio 1998, seguendo lo schema di VC, sottolinea l’importanza della formazione nelle tre dimensioni fondamentali della nostra vita consacrata: nn. 20ss: Formare uomini di orazione e la FP: sottolinea l’importanza della dimensione spirituale, del primato di Dio nella vita consacrata. I mezzi sono: il capitolo conventuale, gli spazi e i tempi di silenzio, l’esperienza di “ vita negli eremi” o luoghi di orazione, esercizi spirituali, corsi di formazione francescana, progetti comunitari, progetti di vita personale – annuale. nn.33 ss: Formare alla vita fraterna e la FP: la vita fraterna é il luogo privilegiato nel quale i fratelli crescono umanamente e nella fedeltá alla vocazione. I mezzi formativi proposti sono: il capitolo conventuale, il guardiano, i corsi etc.. nn.80ss<. 4 Come possiamo constatare, parlare della formazione e particularmente della FP risulta molto ampio e complesso, Tenendo in conto tutto quello che la Chiesa e l’Ordine ci propongono ( contenuti, metodo, orientamenti, sfide) vorrei che mirassimo anche a Francesco, e in lui trovassimo y scoprissimo uniti un itinerario di FP per tutto l’Ordine. Prima di fare la proposta di un possibile itinerario, vorrei chiarire alcuni presuposti: L’itinerario “ formativo” vissuto per Francesco, cammino di santitá, non solo é valido ma anche posibile per tutti noi francescani. Questo itinerario é frutto di un incontro: Dios e l’uomo ( Francesco, io, ognuno di noi). L’iniziativa é sempr di Dio. Egli, il Dios Trinitario, ( Padre, figlio, Spirito santo) é il protagonista principale dal principio sino alla fine. La formazione é fondamentalmente “chiamata”. Questo lo vediamo con chiarezza nella vita di Francsco. La risposta corrisponde alla persona umana. La formazione é anche “ risposta”. Non cé un verdo itinerario formativo senza la risposta libera, consciente, volontaria, generosa, da parte della persona ( il sí di Maria, di Francesco, di ciascuno di noi). Questa persona concreta ( non la persona ideale, astratta..) Questo incontro o vocazione (chiamata/risposta) si realizza in forma di un itinerario o processo dinamico: la Grazia, lo Spirito realizza la sua opera nella realtá storica di una perosna/societá/Chiesa ( momento storico determinato; fase, tappe, momenti, circostanze, della vita personale). No si da “ tutto” allo stesso tempo, nello stesso momento se non in forma “ narrattiva”. Non é un processo lineare. In questo itinerario formativo non tutto ha lo stesso valore e importanza. É piú una opera di Dio ( Bontá, generositá, Misericordia, Spirito) che meirto della persona umana; piú un processo interiore ( la azione della Grazie dentro dell’essere umano) che una esprssine esteriore ( formale); piú un itinerario spirituale che una cronología di cose vissute o realizzate. *Un itinerario formativo franciscano ( alla maniera di Francesco ) non é “ misurabile” ( solamente si puó misurar l’aspetto esteriore, ció che é manifesto): non si puó misurare quello che é opera dello Spirito (della Grazia) quello che succede nelle profonditá dell’essere umano. La formazione é fondamentalmente esperienza esistenziale del Mistero. * Quello che sí possiamo fare, sopratutto attraverso i “ frutti “ é: percepire, vedere “ conoscere” intuire, credere e sopratutto amare. Ció che di piú ci comunica ( ci forma per l’incontro) con il Misterio di Dio é il linguaggio dell’amore, nel suo sendo piú vero e profondo: dono di Dio e pertanto, capacitá umana. Tenendo presenti questi presupposti fondamenti ( insieme ad altri che si potrebbero elencare) vorrei condividere adesso una proposta di Itinerario di Formazione Permanente per tutti noi come Ordine. Seguendo quello che potrebbe essere ( giacché non si puó misurare) l’itinerario spirituale di Francesco, cioé la sua esperienza esistenziale dell’opera di Dio nella sua vita, vita secondo lo Spirito, la FP dell’Ordine potrebbe avere tre grandi momenti tra di loro in relazione: la conversione, la vita evangelica e la configurazione con il Cristo Pasquale. 1.CONVERSIONE : CAMMINO DI PENITENZA Alla fien della sua vita Francesco ricorda vivamente gli inizi del suo processo personale o conversione, come un momento molto importante, della seguente forma: “1 Il Signore concesse a me, frate Francesco, d’incominciare così a far penitenza, poiché, essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; 2 e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia . 3 E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo. 4 E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo. (Test. 1-4). É una sintesi di tutto il processo interiore o tappa iníciale: prima, durante, dopo. 5 Prima: viveva nel peccato, gli sembrava molto amaro vedere i lebbrosi... Durante: Il Signore gli concede la grazia di iniziare a fare penitenza, il Signore lo conduce fra i lebbrosi, Francesco usa loro misericordia: quello che gli sembraba amaro si cambia in dolcezza dell’anima e del corpo. Dopo: esce dal mondo. Francesco é stato sempre molto discreto, pieno di pudore nel raccontare la sua esperienza di Dio, la sua conversione. Saranno i suoi biografi che ci daranno alcuni dati sopra questo prima della sua conversione, della sua vita “ nei peccati”. Fra i molti testi possibili possiamo prendere quello de la Prima Celano che dal principio fa riferimento alla cattiva educazione ricevuta, inspirata alle vanitá del mondo; una pessima mentalitá che si trasforma in un funesto sistema educativo: “da una radice guasta cresce un albero difettoso”, es decir, porque “è permesso fare tutto quello che piace, si abbandonano senza riguardo ad una vita depravata. Facendosi così volutamente schiavi del peccato, trasformano le loro membra in strumenti di iniquità; cancellano in se stessi, nella condotta e nei costumi, ogni segno di fede cristiana.” (I,1 : 317-319). Fra gli aspetti “ positivi” il Celano ricorda: “E veramente era molto ricco ma non avaro, anzi prodigo; non avido di denaro, ma dissipatore; mercante avveduto, ma munificentissimo per vanagloria; di più, era molto cortese, accondiscendente e affabile, sebbene a suo svantaggio. Appunto per questi motivi, molti, votati all’iniquità e cattivi istigatori, si schieravano con lui (…) fino a quando Dio, nella sua bontà, posando il suo sguardo su di lui, non allontanò da lui la sua ira e non mise in bocca al misero il freno della sua lode, perché non perisse del tutto. La mano del Signore si posò su di lui e la destra dell’Altissimo lo trasformò, perché, per suo mezzo, i peccatori ritrovassero la speranza di rivivere alla grazia, e restasse per tutti un esempio di conversione a Dio” (I,2 : 320-321 Potremmo sintesizzare tutto questo dicendo che si tratta di un prima totalmente en sé stesso, nel suo io: pensando, vivendo, cercando, desiderando, volendo, realizzando, vivendo solo la propria vanagloria, considerandosi autosufficiente. Il durante é esclusiva iniciativa di Dio che, nella sua Bontá, nella sua misericordia, posa il suo sguardo, la sua mano in Francesco e los trasforma, non come fine a se stesso, ma perché sia esempio di conversione a Dio per tutti, speranza per i peccatori. Francesco non incontra Dios, ma é incontrado da Dio. “ Essendo nei peccati” fui raggiunto dalla bontá, misericordia dell’Altissimo. Questa sará l’esperienza che fará cambiare tutta la sua mente, il suo cuore, la volontá, i suoi comportamenti; que lo porterá a praticare anche la bontá e la misericordia con gli altri, specialmente con i “ peccatori” ( Test. CtaM) come lui. Il dopo si traduce nell’essere esempio” di conversione per gli altri attraverso il “ cammino di penitenza”, la sua vita evangelica, la sua conformazione a Cristo Pasquale. Non potremmo comprendere la totalitá del cammino o itinerario spirituale di Francesco senza questo” primo “ momento di incontro personale con Dio nella sua Bontá Misericordiosa, senza questo que noi chiamiamo “ esperienza di Dio” che trasforma le profonditá dell’essere umano: mente, cuore, volontá. Questa esperienza dell’Amore misericordioso di Dio si costituisce in fondamento solido per il resto del cammino come penitente. 1.1. Conversione della mente Per Francesco, essere incontrato per Dio, sommo bene, significó in primo luogo una conversione della mente, un cambio radicale nel suo modo di pensare. Forse possiamo sintetizzarlo in questo modo: il passaggio da un modo di pensare centrato su propio IO ( sé stesso, per sé) ad un modo di pensare centrato in Gesú Cristo povero e crocifisso: conosco sólo a Cristo e Cristo povero e crocifisso (1Cor 2,2; 1Cel 105:692; LM IX,2:1163), centrado in Dio. Amare a Dio, per Francesco, significa “ pensare sempre in Lui”, con tutta la mente; orientare a Lui tutte le intenzioni “ (ParPN 8:270) Nelle Ammonizioni di Francesco incontriamo alcune espressioni che possono aiutarci a comprendere questa realtá della conversione nel modo di pensare. Adm 5.12.17.20: una mente convertita é legata strettamente all’umitá, non solo a livello della proprio intellingenza ma anche in tutta la realtá personale: solo si gloria nel “portare ogni giorni la croce del Signore, si considera vile, “ minore” a tutti, semplice, disprezzabile, anche quanto é onorato ed esaltato per gli altri, si rallegra di piú per il bene che Dios opera per mezzo degli altri che di sé. L’uomo vale solamente quello che vale davanti a Dio: 6 2 E tutte le creature, che sono sotto il cielo, ciascuna secondo la sua natura, servono e conoscono e obbediscono al loro Creatore meglio di te. 3 E anche i demoni non lo crocifissero, ma tu con essi lo crucifiggesti e ancora lo crucifiggi col dilettarti nei vizi e nei peccati. 4 Di che dunque puoi gloriarti? 5 Infatti se tu fossi tanto intelligente e sapiente che tu avessi tutta la scienza e tu sapessi interpretare tutte le lingue e acutamente perscrutare le cose celesti (Cfr 1Cor 13,1-4), in tutto questo non ti puoi gloriare; 6 poiché un solo demonio seppe delle cose celesti e ora sa di quelle terrene più di tutti gli uomini insieme; benché ci sia stato qualche uomo che ricevette dal Signore una speciale cognizione della somma sapienza. 7 Ugualmente se tu fossi più bello e più ricco di tutti e anche se tu facessi cose mirabili, come scacciare i demoni, tutte queste cose ti sono d’ostacolo e non sono di tua pertinenza e in queste non ti puoi gloriare per niente; 8 ma in questo possiamo gloriarci, nelle nostre infermità (Cfr 2Cor 12,5) e portare ogni giorno la santa croce del Signore nostro Gesù Cristo (Adm 5) 1 Così il servo di Dio può riconoscere se ha lo spirito di Dio: 2 quando il Signore fa, per mezzo di lui, qualcosa di buono, se la carne non se ne inorgoglisce, poiché la carne è sempre contraria ad ogni bene; 3 ma piuttosto si ritiene ancora più vile ai propri occhi, e si stima minore di tutti gli uomini (Adm 12) 1 Beato quel servo che non si inorgoglisce del bene che il Signore dice e opera per mezzo di lui, più di quello che dice e opera per mezzo di altri (Adm 17) 1 Beato il servo, che non si ritiene migliore, quando è onorato e esaltato dagli uomini, di quando è ritenuto vile e semplice e disprezzato, 2 poiché l’uomo quanto vale davanti a Dio, tanto vale e non più (Adm 20) Ammonizione 7: nella contrapposizione letrera/spirito una mente convertida non si appropria per sé ( al propio corpo: proprio io egoista) quello che conosce o desidera conoscere, se non che unendo la volontá e il desiderio all’intellingenza, tutto lo restituisce, lo da, attraverso della parola e l’esempio, all’Altissimo, Sommo Bene, a Cui appartiene ogni bene. 1 Dice l’Apostolo: La lettera uccide, lo spirito invece vivifica (2Cor 3,6). 2 Sono uccisi dalla lettera coloro che desiderano sapere soltanto parole in modo da essere ritenuti più sapienti degli altri e possano acquistare grandi ricchezze e darle ai parenti e agli amici. 3 Sono uccisi dalla lettera quei religiosi che non vogliono seguire lo spirito della divina Scrittura, ma desiderano sapere solo parole e spiegarle agli altri. 4 E sono vivificati dallo spirito della divina Scrittura quelli che ogni cosa che sanno e desiderano sapere, non l’attribuiscono al loro corpo, ma con la parola e con l’esempio la rendono all’Altissimo al quale appartiene ogni bene (Adm 7). Adm 10: una mente convertita é arrivata a quella sapienza che sa, conosce quale e doce sta il vero nemico: non fuori, non sono gli altri, ma é il proprio corpo ( sé stesso),l’unico sopra il quale ha potere per “ custodirlo”. 1 Ci sono molti che, mentre peccano o ricevono un’ingiuria, spesso incolpano il nemico e il prossimo. 2 Ma non è così: poiché ognuno ha in sua potestà il nemico, cioè il corpo, per mezzo del quale pecca. 3 Perciò è beato quel servo che terrà sempre prigioniero il nemico affidato alla sua potestà e sapientemente si custodirà dal medesimo; 4 poiché, finché farà questo, nessun altro nemico visibile o invisibile gli potrà nuocere (Adm 10). Adm 27: una mente convertita é sapienza legata alla caritá, dove non entra né il timore né l’ignoranza. 1 Dove è amore e sapienza, ivi non è timore né ignoranza (Cfr 1Gv 4,18) (Adm 27,1). 7 Queste sono solo alcune delle indicazioni che ci ha lasciato Francesco nei suoi Scritti, sulla necessitá di una conversione nel modo di pensare. Sempre di dover sottolineare specialmente il vincolo che tiene la mente ( intellingenza, pensiero, modo di pensare) sia con la umiltá/senza niente di proprio cosí con l’amore/caritá. A questo punto, ed anche partendo dalla mia breve esperienza come Ministro generale, credo che é imporante che ci facciamo alcune domande, perché insieme riflettiamo, cerchiamo e troviamo alcuni itinerari formativi della necessaria conversione a livello delle “ mente”. En nuestro itinerario di vita, abbiamo convertito la nostra mente? Abbiamo cambiato il nostro modo di pensare? IL nostro sistema formativo (FI e FP) hanno promosso o promuove questa convaersione, questo cambio nel modo di pensare, dall’inizio sino alla morte? No sará che nel nostro sistema formativo abbiamo promosso e valorizzato quelloc he la societá postmoderna promuove e valorizza: l’intellingenza, la conoscenza, la scienza, la capacitá di interpretare ,la preparazione accademica? Di che cosa ci gloriamo esiamo orgogliosi, di che cosa si gloria e sono orgogliosi i frati in formazione iniziale e permanente? Non sará che gli studi/ formazione académica che realizziamo ci lasciano solo con la “ letrera” con un sapere solo per trasmetterlo agli altri, per essere considerati piú intelligenti, capaci, migliori che gli altri; per il vantaggio proprio o di un piccolo circlo afettivo di amici? Che cosa pensiamo quando il Signore dice/opera bene attraverso degli altri fratelli? Pensiamo che quello che ( Dios attraversdo di) me dico/faccio a è meglio di quello che Dio dice o fa attraverso gli altri? Che cosa pensiamo/crediamo su chi e dove é il vero “ nemico”? Per caso non pensiamo che sono “ gli altri” ( confratelli guardiani, ministri/custodi; la societá, i medi di comunicazione, internet) i colpevoli del “ mio peccato”, di quello che mi hanno detto/fatto? Como cerchiamo di superare il timore/paura e la ignoranza/incertezza? Considero che nella formazione (FI como FP) dobbiamo preoccuparci di questa dimensione nella nostra vita: il modo di pensare. Promuovere, accompagnare i processi di conversione a livello della mente ( cfr. Rom 12,2; Ef 5,17).La conversione nel modo di pensare é relazionata, secondo Francesco, con il “sine proprio”, l’umiltá e l’amore/caritá, per tanto, parte importante della integritá della opzione di vita evangelica. 1.2. Conversione del cuore Nella stessa maniera che la dimensione dell’intelligenza, il cammino di penetenza o di conversione di Francesco, significó un cambio profondo e radiale a livello di “ cuore”, la dimensione delle emozioni/sentimenti ( cfr. Test). Sicuramente tutti noi conosciamo l’importanza degli affetti nella vita pesonale e nelle relazioni fraterne. Peró, che significa la “conversione del cuore” in Francesco ( e per noi?) Ha a che vedere con i sentimenti, nel modo di sentire. Seguiamo le indicazioni che Francesco ci lascia sopratutto nelle Ammonizioni. Adm 4: un cuore convertito significa non appropiarsi del servizio dell’autoritá/superiorato (cariche): esto dipende dal “ grado “ di turbamento, malestare, fastidio che si sente, si experimenta, quando si tolgono le persone da tali incarichi o servizi fraterni. 3 e quanto più si turbano per esser tolto loro la carica che se fosse loro tolto il servizio di lavare i piedi, tanto più ammassano un tesoro fraudolento (Cfr Gv 12,6) a pericolo delle loro anime (Adm 4) Ad 6: un cuore convertito significa imitare e seguire al Signore nella sua Passione e alle sue pecore nel cammino della vita eterna; e sentire “ vergogna” se pretendiamo lo stesso premio senza sperimentare e vivere quello che essi vissero. 8 4 Perciò è grande vergogna per noi servi del Signore il fatto che i santi operarono con i fatti e noi raccontando e predicando le cose che essi fecero ne vogliamo ricevere onore e gloria (Adm 6,4). Adm 8: un cuore convertito significa non sentire “ invidia” per i fratelli, per il bene che Dio opera in e attraverso diloro. L’invidia é un sentimento, un desiderio profondo di avere, possedere, il “ bene” ( possibilitá, capacitá, attivitá, carica etc..) che il fratello ha ( dono di Dios). Generalmente, tale sentimento o desiderio si trasforma, si manifesta inuna aggressione diretta o indiretta, cosciente o incosciente, verso il fratello :” parlare male di...” ( contro la sua immagine o fama), risaltare gli aspetti negativi, svalutare o minimizzare il “ bene” del fratello etc. Significa avere una aggressivitá che suole essere distruttiva non solo del fratello, ma anche del “ bene- dono” di Dio nel fratello, e per tanto, contro lo stesso Dio, Sommo Bebne. Rispetto a questo ci previene Francesco: 3 Chiunque invidierà il suo fratello per il bene che il Signore dice e fa in lui, commette peccato di bestemmia, 4 poiché invidia lo stesso Altissimo che dice e fa ogni bene (Adm 8,3-4). Adm 9 ( cfr. También Adm 10): un cuore convertito non sente “ dolore” ( dolet) nel profondo del suo cuore per quello che il nemico o gli altri gli dicono o fanno, con ragione o senza ragione. E non sente dolore perché incontra una motivazione” piú forte” o piú importante per “ superarla” e transformarla ( autotrascendenza) in qualche cosa di “positivo”: il proprio cammino di conversione a Dios, purificazione dei propri peccati, che incluso arriva a vivere evangelicamente “ l’amore per i nemici”. 1 Dice il Signore nel Vangelo: Amate i vostri nemici, ecc.(Mt 5,44) 2 Veramente ama il suo nemico colui che non si duole dell’ingiuria che gli è fatta, ma brucia del peccato dell’anima di lui per amore di Dio 3 e gli mostra amore con i fatti (Adm 9). Adm 11: un cuore convertito é un “ cuore espropriato”, vive sine proprio. Questo significa che l’unico che gli “ dispiace” é il proprio peccato, e non si lascia portare per i sentimenti di ira, indignazione o turbamento per il peccato “ degli altri”. Il cuore convertito é motivato solo pe l’amore/caritá, dono di Dio. 1 Al servo di Dio nessuna cosa deve dispiacere eccetto il peccato. 2 E in qualunque modo una persona pecchi, il servo di Dio che si lasciasse prendere dall’ira o dallo sdegno per questo, a meno che non lo faccia per carità, accumula per sé – come un tesoro – (Cfr Rm 2,5) la colpa degli altri. 3 Quel servo di Dio che non si adira né si turba per alcunché, vive giustamente e senza nulla di proprio (Adm 11). Adm 12: un cuore convertito si percepisce/considera “ minore” a tutti ( cfr. Piú sopra la citazione di Adm 12 e anche di Adm 17.20. 27,6). In ció si riconosce lo Spirito del Signore. Anche quando il Signore opera qualche cosa di buono per suo mezzo, non se ne inorgoglisce, cioé, non se ne appropria “per sé”, perché tutto il bene, e le cose buone appartengono a Dio. Se Dio opera il bene, la bontá, attraverso di lui, non per questo deve sentirsi “migliore”che gli altri. Inoltre é capace di riconoscere/sentire come “ migliore” quello che lo stesso Dio dice e opera attraverso il bene che fanno gli altri. Adm 14: un cuoren convertito é un cuore “povero”, che non si appropria. Questo si manifesta quando non ci si irrita o si reagisce di forma irritata, no si scandalizza, non si turba, quando vede o gli sembra ( videtur) qualcosa di ingiurioso per la sua persona in quello che l’altro dice o gli viene tolto. Un cuore povero e convertito odia se stesso e ama quelli che lo colpiscono nella guancia. Questo é quello che ci dice Francesco. 1 Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3). 2 Ci sono molti che applicandosi insistentemente a preghiere ed uffici, fanno molte astinenze e molte mortificazioni nei loro corpi; 3 ma per una sola parola che sembra ingiuria della loro persona, o per qualsiasi 9 altra cosa che è loro tolta, scandalizzati, tosto si irritano. 4 Questi non sono poveri di spirito, poiché chi è veramente povero di spirito odia sé (Cfr Lc 14,26) e ama quelli che lo percuotono nella guancia (Cfr Mt 5,39) (Adm 14). Adm 15: un cuore convertito é un cuore pacificato. Si tratta di coloro che , con e per motivazioni vere e profonde ( l’amore a Gesús Cristo), riescono a sopportare tutte le cose di questa vita, conservando la pace dell’anima e del corpo. Nonostante le difficoltá, i problemi, le avversitá e/o i conflitti, aspetto inevitabile e qualche volta necessario nelle nostra realtá storica, apoggiati e sostenuti nelle motivazioni di fe evangelica, mantiene la pace dentro e fuori di sé. 1 Beati i pacifici, poiché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9). 2 Sono veri pacifici quelli che di tutte le cose che sopportano in questo mondo, per amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell’anima e nel corpo (Adm 15). Adm 16: un cuore convertito é un cuore limpido/puro. Si tratta di coloro che, disprezzando le cose “ terrene”, cercano, desiderano le”cose celesti”, hanno il cuore sempre e totalmente orientato verso Dio, in un atteggiamento di adorazione per poter vedere il Signore con purezza di cuore. Ci sono cose che sono un cuore”amante” ( amore totale e esclusivo) puó “ vedere”, come il cuore di Francesco che cosí si esprime:” Dio mio e mio tutto”. 1 Beati i puri di cuore, poiché essi, vedranno Dio (Mt 5,8). 2 Puri di cuore sono coloro che disprezzano le cose terrene e cercano le celesti e non cessano mai di adorare e di vedere il Signore Dio vivo e vero con cuore ed animo puro (Adm 16). Adm 22: un cuore convertito custodisce i bene del Signore ( cfr. Anche la Adm 28). Il frate é come Maria, che “ conserva con diligenza e vigilanza” conserva nel suo cuore i beni, la grazie, il dono di Dio nella sua vita e lo da a conoscere attraverso le opere e il testimonio di vita evangelica. É Dio stesso che si da a conoscere a chi vuole. 2 Guai a quel religioso che non custodisce nel suo cuore i beni che il Signore gli mostra e non li mostra agli altri nelle opere, ma piuttosto con la speranza della mercede desidera manifestarli agli uomini a parole (Adm 22,2). Adm 24: un cuore convertito é un cuore che si “ castiga” ( interius punire) interiormente a sé stesso, attraverso della contrizione, per tutti i suoi peccati. Significa non lasciare spazio, non lasciare abitare il peccato dentro di sé, se non che lo rifiuta decisamente e rapidamente. Incontriamo qui solo alcuni orientamenti che Francesco ci ha lasciato sulla necessitá di una conversione anche nel modo di sentire/vivere. Si tratta di quel modo personale dell’esperienza emotiva, affettiva, sia nella relazione con sé stesso (carica, auto stima, il proprio peccato, controllo delle proprie emozioni) agli altri ( nemico/i, quell che ci colpiscono la guangia, invidia di, il peccato degli altri, il bene che Dio manifesa attraverso degli altri), alla vita ( cose terrene, cose di questo mondo) o a lo stesso Dio ( i suoi beni, le cose celesti). Convertire il cuore! Il proprio mondo emotivo, affettivo, non é cosa semplice, non si ottiene ne facilmente ne una volta per sempre. Esige una vigilanza ( formazione) permanente. Possiamo farci qualche domanda perché noi qui presenti, come anche in relazione al nostro servizio di formazione come Ministri, guardiani, formatori o semplicemnte frate minore: Nel nostro itinerario di vita, abbiamo convertito il nostro cuore? Abbiamo cambiato e trasformato il nostro modo di sentire? Il nostro sistema formativo ( FI e FP) hanno promosso o promuovono questa conversione, questo cambio nel modo di sentire, dal principio sino... alla morte?Che cosa pensiamo, sentiamo o facciamo 10 di fronte a realtá emotive/affettive poche evangeliche, proprie degli “ altri”? Che cos sente di fronte al peccato proprio o al peccado degli altri? -Che cosa sento dentro di me quando qualcuno mi critica ( ruolo, funzione, carica, decisioni, iniziativa, proposte etc..?). Che cosa sento quando qualcuno pensa diverso da me,” non mi obedisce”? -Con quante “ facce” ( modi, forme) appare il sentimento di invidia nella nostra vita di frati minori: criticando al fratello, parlando male di lui, desiderando il male, facendo danno, distruggendolo, togliendomelo “ da mezzo”, non dando permessi, facendo il contrario, non considerandolo, svalutandolo, etc.? -Quali sono le motivazioni reali e profonde, vere, del nostro mondo emotivo/affettiv) I valori evangelici ( Dio, Cristo, l’amore/caritá etc.) attraggono, orientano, guidano veramente i nostri sentimenti i nostri affetti? Cono capaci di ottenere/trasformare, convertire il nostro modo di sentire quando sperimentiamo i problemi, i conflitti, le contrarietá della vita, le crisi esistenziali etc? -Il nostro mondo affettivo ( sentimenti/emozioni) é totalmente e esclusivamente diretto a Dio ( nelle cose celesti) per vederLo, amarLo, adorarLo? É il vero tesoro del nostro cuore? Quante domande ancora potremmo farsi sul nostro modo di vivere, sopra la nostra realtá affettiva ( sentimenti/emozioni), per constatare l’importanza e la necessitá delal conversione del cuore. É una sfida e un compito ineludibile di tutto l’itinerario formativo ( FI e FP). Soltanto se lasciamo che la grazia del Signore arrivi, agisca e trasformi anche il nostro mondo affettivo, la nostra vita come frati minori sará veramente vita “ secondo lo Spirito”, vita evangelica, conformitá a Cristo, avere gli stessi sentimenti. Altrimenti, sará una pura “illusione”, un auto inganno, una menzogna che ci diciamo a noi stessi e anche agli altri, giacché a Dio non possiamo ingannarlo ne possiamo mentirgli. In definitiva: necessitiamo scoprire e incontrare insiemee le modalitá che ci aiutino a convertire il nostro modo di sentire come parte ( dimensione affettiva) del nostro itinerario spirituale ( l’opera di Dio nella nostra vita), come anche per accompagnare ad altri fratelli che ci sono stati affidati dal Signore, nel loro processo diformazione iniziale e/o permanente ( l’opera di Dio nella loro vita). 1.3. Conversione della volontá Allo stesso modo che le due dimensioni anteriori, la conversione di Francesco significó anche un cambio nella dimension volitiva: nel modo di agire, di volere, di spendere le energie poste al servicio del Vangelo di nostro Signore GesúCristo. Francesco desidera, vuole fare solamente e sempre la volontá del padre (cfr. RnB 22,9: FF 57; 23,23: FF 69; CtaF 62: FF 233; ParPN 8: FF 270; 2Cel 2,92: FF 482). Dove e come si manifesta la conversione della volontá? Alcune indicazioni le possiamo incontrare una volta di piú nelle Ammonizioni. Adm 2.3: conversione della volontá significa espropriarsi di sé stesso, della propria volontá ( vómito). Significa non appropriari “ per sé” el proprio volere, i propri desideri, i beni/doni che il Signore opera e manifesta en lui e attraverso di lui. Significa orientarsi liberamente e coscientemente ( adherir) alla volontá di Dio e rinunciare ( abandonar) “ tutto” ( internamente ed esternamente) quello che si possiede. Significa perdere la propria vita( corpo e anima) per salvarla, attraverso della obbedienza: vera, caritativa, perfetta. Obbedienza che si manifesta attraverso dei segni concreti ed evidenti, interni ( offerta di sé, confidenza, sacrificio, rinuncia) ed esterna ( dire, fare, compiere, sopportare persecuzioni, permanere nella fraternitá, amare). Solo allora il frate puó essere( é discepolo dl Signore, vive evangelicamente. É cosí che Francesco tocca le radici profonde e sottili della volontá umana. 3 Mangia infatti dell’albero della scienza del bene colui che si appropria la sua volontà e si esalta dei beni che il Signore manifesta e opera in lui (Adm 2,3). 1 Dice il Signore nel Vangelo: Chi non avrà rinunciato a tutto ciò che possiede non può essere mio discepolo (Lc 14,33); 2 e: Chi vorrà salvare la sua anima, la perderà (Mt 16,25). 3 Abbandona tutto quello che possiede e perde il suo corpo e la sua anima l’uomo che totalmente 11 si affida all’obbedienza nelle mani del suo superiore, 4 e qualunque cosa fa o dice e che egli stesso sa che non è contro la volontà di lui, purché sia bene quello che fa, è vera obbedienza. 5 E se anche il suddito vede cose migliori e più utili all’anima sua di quelle che gli ordina il superiore, sacrifichi le cose proprie a Dio e cerchi di adempiere con l’opera quelle del superiore. 6 Infatti questa è la vera e caritativa obbedienza che soddisfa Dio e il prossimo. 7 Se poi il superiore comanda al suddito qualcosa contro la sua coscienza, pur non obbedendogli, tuttavia non lo abbandoni; 8 e se per questo dovrà sostenere persecuzioni da alcuni, li ami di più per amore di Dio. 9 Infatti, chi vorrà piuttosto sostenere la persecuzione anziché separarsi dai suoi fratelli, rimane veramente nella perfetta obbedienza, poiché pone la sua anima (Cfr Gv 15,13) per i suoi fratelli. 10 Vi sono infatti molti religiosi che, col pretesto di vedere cose migliori di quelle che ordinano i loro superiori, guardano indietro (Lc 9,62) e ritornano al vomito della propria volontà (Cfr Pr 26,11). 11 Questi sono degli omicidi e per i loro cattivi esempi fanno perdere molte anime. Adm 4: conversione della volontá significa anche desapropriarsi della carica ( ruolo, funzione) ricevuto. Significa vivere la carica (la autoritá) con lo stesso spirito di colui che serve, di colui che lava i piedi ai suoi fratelli. 1 Non sono venuto per essere servito ma per servire (Mt 20,28), dice il Signore. 2 Quelli che sono costituiti in autorità sopra gli altri, tanto si glorino del loro ufficio prelatizio come se fossero incaricati di lavare i piedi dei fratelli (Cfr Gv 13,14); 3 e quanto più si turbano per esser tolto loro la carica che se fosse loro tolto il servizio di lavare i piedi, tanto più ammassano un tesoro fraudolento (Cfr Gv 12,6) a pericolo delle loro anime (Adm 4). Adm 5: conversione della volontá significa gloriarse solamente delle proprie infermitá e portare ogni giorno la croce del Signore. 8 ma in questo possiamo gloriarci, nelle nostre infermità (Cfr 2Cor 12,5) e portare ogni giorno la santa croce del Signore nostro Gesù Cristo (Adm 5,8). Adm 7: conversione della volontá significa volere/desiderare lo spirito e non solo la lettera della Parola di Dio, e restituirla ( atto di volontá) al Sommo Bene, con la parola e con l’esempio , fonte di tutti i beni. 3 Sono uccisi dalla lettera quei religiosi che non vogliono seguire lo spirito della divina Scrittura, ma desiderano sapere solo parole e spiegarle agli altri. 4 E sono vivificati dallo spirito della divina Scrittura quelli che ogni cosa che sanno e desiderano sapere, non l’attribuiscono al loro corpo, ma con la parola e con l’esempio la rendono all’Altissimo al quale appartiene ogni bene (Adm 7,3-4). Adm 9.25: ( cfr.anche Ad 14) conversione della volontá significa amare (caritá) con fatti concreti ( dimostrare) ai nemici, a quelli che ti colpiscono in faccia “ e gli mostra amore con i fatti “ ( Adm 9,3). Significa amare sempre e gratuitamente, tanto al fratello malato che non puó ricompensarlo como al sano dal quale puó ricevere ricompensa; amare al fratello che sta lontano come si fosse presente, non dire niente de lui che caritativamente non si possa dire anche di fronte a lui ( Adm 25). Adm 10: conversione della volontá significa avere il potere di controllare il vero nemico: “ il corpo “ attraverso il quale si pecca. 12 1 Ci sono molti che, mentre peccano o ricevono un’ingiuria, spesso incolpano il nemico e il prossimo. 2 Ma non è così: poiché ognuno ha in sua potestà il nemico, cioè il corpo, per mezzo del quale pecca. 3 Perciò è beato quel servo che terrà sempre prigioniero il nemico affidato alla sua potestà e sapientemente si custodirà dal medesimo; 4 poiché, finché farà questo, nessun altro nemico visibile o invisibile gli potrà nuocere (Adm 10). Adm 17: conversione della volontá significa dare gratuitamente, significa “ darsi” totalmente al Signore senza sperare niente in cambio. 2 Pecca l’uomo che vuol ricevere dal suo prossimo più di quanto non voglia dare di sé al Signore Dio (Adm 17,2). Adm 18: conversione della volontá significa essere compassionevoli, comprensivi, misericordiosi con gli altri, specialmente nelle loros debolezze ( fisiche, psicologiche, spirituali), della stessa maniera ( empatia: intellettiva, emotiva e volitiva) come vorrei essere compreso, aiutato, soccoso, sostenuto, se mi incontrassi nella stessa situazione di debolezza ( in consimili casu esset). Beato l’uomo che sostiene il suo prossimo nelle sue debolezze come vorrebbe essere sostenuto dal medesimo, se fosse in caso simile (Adm 18). Adm 19: conversione della volontá significa restituire, dare di nuovo ( reddit: atto della volontá e della libertá) tutti i beni al Signore, Sommo Bene. 1 Beato il servo che rende tutti i suoi beni al Signore Iddio; 2 perché chi riterrà qualche cosa per sé, nasconde dentro di sé il denaro del suo Signore (Mt 25,18), e ciò che crede di avere gli sarà tolto (Lc 8,18) (Adm 19). Adm 20: conversione della volontá significa voler quello che i fratelli vogliono ( per decisione fraterna) significa non essere ambicioso ( voler essere o stare “ sopra” gli altri per se stessi), ma piuttosto essere umile, auntentico servitore di tutti , degli altri fartelli ( sub pedibus aliorum). 3 Guai a quel religioso, che è posto dagli altri in alto e per sua volontà non vuol discendere. 4 E beato quel servo, che non si pone in alto di sua volontà e sempre desidera mettersi sotto i piedi degli altri (Adm 20,3-4). Adm 23.24: conversione della volontá significa dominio di sé o disciplina ( disiplinam) di fronte alle osservazioni, correzioni, accuse, rimproveri ricevuti per parte di un fratello “ come se fosse da se stesso “ ( sicut a semetipso): Auto dominio che deve manifestarsi attraverso della accettazione benigna, la sottomissione rispettosa, il pentimento interiore/ contrizione, la confessione umile e la penitenza/riparazione libera e volontaria; auto dominio che non cerca la auto difesa o di scolparsi; ma al contrario assume/accetta la riprensione del peccato senza averne colpa. 1 Beato il servo che sopporta così pazientemente da un altro la correzione, le accuse e i rimproveri come se se li facesse da sé. 2 Beato il servo che, rimproverato, benignamente tace, rispettosamente si sottomette, umilmente confessa e volentieri ripara. 3 Beato il servo che non è pronto a scusarsi e umilmente sostiene la vergogna e la riprensione per un peccato, mentre non ha commesso colpa (Adm 23). 1 Beato quel servo che sarà trovato così umile tra i suoi sudditi come quando fosse tra i suoi signori. 2 Beato il servo che rimane sempre sotto la verga della correzione. 3 É servo fedele e saggio (Mt 24,45) colui che di tutti i peccati non tarda interiormente a pentirsi con la contrizione e esteriormente con la confessione e la penitenza (Adm 24). 13 Adm 26: conversione della volontá significa creedere/amare ai sacerdoti “ cattolici” a motivo del mistero de esercitano. Questo si manifesta nella comprensione: non disprezzarli, non giudicarli, anche quando sono peccatori. 1 Beato il servo di Dio che ha fede nei sacerdoti che vivono rettamente secondo le norme della santa romana Chiesa. 2 E guai a coloro che li disprezzano; quand’anche, infatti, siano peccatori, nessuno li deve giudicare, poiché solo il Signore si è riservato di giudicarli (Adm 26,1-2). Come possiamo notare nelle Ammonizioni di Francesco possiamo incontrare alcuni orientamenti molto chiari e concreti sulla necessitá di una conversione nella dimensione della volontá. Si tratta di un processo profondo di trasformazione della propria volontá in relazione a sé stesso ( espropriarsi, rinunciare, abbandonare, sacrificare, sopportare, perdere, caricare con la propria croce, autocontrollo, autodominio, darsi, confidare etc.)degli altri ( obbedienza vera, caritativa, perfetta; compiere agire, essere umile, comprendere, non giudicare, servire, compassione/misericordia, amore/caritá) e a Dio ( aderire, obbedire, desiderare lo spirito della sua Parola, restituire tutti i beni, donarsi totalmente). A q uesto punto é oportuno che ci facciamo alcune domande: Nel nostro itinerario di vita, abbiamo convertito la nostra volontá? Abbiamo cambiato e trasformato il nostro modo di volere, desiderare? Il nostro sistema formativo ( FI e FP) hanno promosso o promuovono questa conversione, questo cambio nel modo di volere, dal principio sino... alla morte? Ci siamo espropriati di noi stessi, della nostro propria volontá? Come viviamo l’obbedienza ( vera, caritativa, perfetta)? A chie e a che cosa obbediamo? Che cosa penso, sento, dico, faccio quando “ il superiore” mi comanda qualcosa distinto, “ peggiore” a quello che vedo, incluso “ contro” la mia stessa coscienza? Non siamo tra quelli che guardano indietro e ritornano al” vomito” della propria volontá? -Com e viviamo concretamente ( non in teoria, come nei libri) la autoritá ( a livello dei pensieri, desideri, intenzioni, sentimenti, informazioni, decisioni, azioni, relazioni?). Restituiamo tutti i beni al Signore? Diamo al Altissimo ( attaverso della parola e l’esempio) tutti i beni che riceviamo diariamente e permanentemente: Eucaristía, Parola, fratelli..? - Come ci relazioniamo e trattiamo i nostri “ nemici” ( quelli che ci dicono e fanno male, che non pensano come noi?) ¿ -Come reagiamo ( pensieri, sentimenti, intenzioni, desideri, azioni) di fronte alle osservazioni, critiche, correzini, accuse, reciproche… dei fratelli? -Come ci relazioniamo con il nostro corpo con el quale pecchiamo? O forse incompiamo agli altri del nostro peccato? -Che facciamo, come agiamo con il fratello “ debole, fragile, peccatore? Mi metto nella sua situazione ( comprensione empatica) come se io fossi nella stessa situazione? - Come trattiamo i sacerdoti peccatori? Sentiamo e li trattiamo con disprezzo? Ci convertiamo in giudici? Ci crediamo e sentiamo migliori di loro? Sono sufficienti i testi e le domande per riconoscere l’importanza della conversione nel modo di agire, nella dimensione della volontá, durante tutto il processo formativo ( FI e FP). Questo modo di agire ha a che vedere con noi , con gli altri, con il mondo/la vita e sopratutto con Dio. Ancora una volta sembra che la chiave di tutto sia il sine propio per vivere la “ obbedienza” evangelica come la visse e la propone Francesco. 14