potw - benzoworld - 2006

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potw - benzoworld - 2006
POTW - BENZOWORLD - 2006
Picture Of A Thousand Worlds: già il solo monicker ed il doverlo ripetere,
occuperebbe una buona metà della mia recensione. Scherzi a parte, lo spazio
adeguato per complimenti (in netta maggioranza) e critiche da rivolgere a
questo vivace quintetto mantovano non manca di certo, e proprio come ci è
stato chiesto dalla stessa band, spero di riuscire ad essere il più obiettivo
possibile nell'esposizione. Nati nel 2002 per idea di Giac, Jaco e Gagi
(rispettivamente chitarre e basso) i POATW (così va meglio), dopo diversi
cambi di line-up ed una discreta esperienza live come cover band, hanno
cominciato a guadagnare i primi consensi "in proprio" nel 2004, con il premio
per il miglior pezzo inedito ('The Sidewinders's Swing') al Portiolo Freelive
2004. La loro musica, seppur costruita attorno ad una solida base hard-rock, è
il risultato dell'incontro di influenze anche apparentemente incompatibili, e che
già in questo interessante ep d'esordio sono portatrici di una genuina dose di
vitalità. Una sorta di "immagine di mille mondi", come loro stessi si sono non a
caso battezzati, che unisce all'hard rock settantiano elementi blues, heavy
metal, funky, rock 'n roll e non solo. L'esuberanza musicale sembra trovare
nell'ep in questione un terreno decisamente fertile, concimato a dovere da una
prova strumentale davvero buona da parte di tutta la band, con le due chitarre
di Giacomo e Jacopo impeccabili soprattutto da un punto di vista puramente
estetico. Se già con l'hard-rock piuttosto semplice e diretto di 'History (Of a
Name)' si può valutare la bravura dei cinque, è con la successiva 'The
Sidewinders's Swing' che i Poatw calano l'autentico pezzo da novanta. Qui,
riversato in oltre cinque minuti di pura libertà strumentale, troviamo infatti
tutto il background di questi ragazzi: il feeling rock 'n roll di certi riff
gentilmente presi in prestito dai Jet, il blues elettrico del break di sax a metà
canzone, ed un taglio molto soft, quasi funky, sono tutti ingredienti ad
altissimo potenziale esplosivo. In 'Rebirth' c'è spazio anche per l'amore
giovanile dei nostri: il metal. Il pezzo soffre purtroppo dei suoi eccessivi sei
minuti e mezzo di durata, e colpa anche di un songwriting poco accattivante ed
incisivo, risulta a conti fatti il brano meno riuscito dell'ep. Il lavoro svolto dalle
due asce è sempre e comunque notevole, sia che si tratti di funambolico
tapping che di parti soliste vere e proprie (Iron Maiden docet, come sempre).
Buono il lavoro della sezione ritmica, così come quello di Marco Vantini,
cantante dotato di un'impostazione vocale, chiara e squillante, che a livello
undeground in pochi possono permettersi. Dopo l'intrigante ballata semiacustica 'M'hellancholy', spremuta fino quasi all'esagerazione dai lunghi soli di
Giacomo e Jacopo, si arriva con 'Fingering Your Asshole' all'altra strumentale
dell'ep. Questa volta non siamo ai livelli di 'The Sidewinders's Swing', ma il tiro
di certi giri di chitarra è davvero ottimo, ed il fatto di potersi permettere
cavalcate strumentali di cotanta portata è la scientifica dimostrazione di come i
nostri vadano ben oltre a certi brufolosi ed immaturi copia incolla giovanili. Ora
non resta che perfezionare gli ultimi particolari, durata delle song (davvero
eccessiva in certi casi) e produzione (migliorare suoni ed arrangiamenti) in
primis, limando magari la presenza di alcuni cali piuttosto evidenti ('Rebirth').
Il resto verrà da sé.