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S&P declassa in massa
Ci sono pure Italia e Francia
la Germania resta indenne
Taglio dei treni
Il governatore
si scaglia
contro Moretti
A Rosarno
una tendopoli
per 300 immigrati
Requisita l’area
Sulle liberalizzazioni si decide il 19
Si studia anche un ticket sui ricoveri
Laratta conferma
Lunedì doppia
protesta sui binari
Iniziativa del prefetto
Martedì arriva
il ministro Riccardi
a pagina 16
KETY GALATI a pagina 18
alle pagine 4, 5 e 14
Tassisti in rivolta: assemblea a Torino
Sabato 14 gennaio 2012
www.ilquotidianodellacalabria.it
Il sindaco, Elisabetta Tripodi
Giuseppe Trichilo sarebbe referente di un clan della Locride. Ad Amantea confisca da 15 milioni
Sigilli alle attività legate ai boss
Sequestrati aziende e beni di un imprenditore lametino per 55 milioni
BENI aziendali e personali
di un imprenditore di Lamezia, Giuseppe Trichilo, coinvolto nell’operazione antimafia “Crimine” sono stati
posti sotto sequestro per un
valore di 55 milioni di euro.
Trichilo sarebbe referente
degli Aquino di Marina di
Gioiosa. Ad Amantea sono
stati confiscati beni per 15
milioni, mentre a Cesena è finito in manette il consuocero di Pasquale Condello.
Reggio Calabria
Sonnoli
Un designer
per un museo
che sappia
“parlare”
G. BALDESSARRO, P. OROFINO
e P. VILARDI
alle pagine 6 e 7
A. CATANESE a pagina 51
A “Presa diretta”
Lettera aperta a Bersani
Prima volta
in video
del pentito
Varacalli
Legge elettorale
Il Pd deve avere
un grande ruolo
Il pentito
Rocco
Varacalli
a pagina 9
Il luogo vicino a un fiume dove è stato trovato il corpo carbonizzato
Roberto Benigni sul palcoscenico del Festival di Sanremo
Rossano. Forse è quello di un clochard
Rende. Presentata la cerimonia del 17
Trovato carbonizzato
il corpo di un uomo
Dall’Unical un premio
al Benigni che unisce
Ancora ignote le cause delle fiamme
Gli studenti: «Vogliamo esserci»
CARO Pierluigi, come tu
ben sai, la decisione della
Consulta di dichiarare
inammissibili i quesiti
posti a base della richiesta di referendum per la
modifica della legge elettorale, pone problemi di
grande rilevanza politica
GIUSEPPE SAVOIA a pagina 18
M. CLAUSI, A. GUALTIERI e S. NEGRELLI a pagina 10
continua a pagina 17
di MARIO OLIVERIO
Reggio. Il vertice della Regione ha nominato nel consiglio d’amministrazione un consigliere provinciale
Sombrero
Referendum
L'EFFETTUAZIONE del
referendum sulla legge
elettorale avrebbe portato a una scelta obbligata:
o l'attuale sistema, o quello precedente. Peggio il
Porcellum, ma sono entrambi lacunosi perché
non mettono il cittadino
in condizione di scegliere
davvero e di fatto nullificano milioni di voti. Ecco
dunque un'ottima occasione: dopo il no della Corte per ragioni giuridiche,
il Parlamento dovrebbe
interpretare la volontà di
1200000 cittadini firmatari del referendum, e fare una buona legge elettorale. Già, ma come fidarsi di questi qua, che
credono che Ruby è la nipote di Mubarak?
Sorical, Raffa escluso: riaffiora lo scontro con Scopelliti
RIAFFIORA lo scontro tra il
presidente della Provincia di
Reggio, Raffa, e il governatore Scopelliti. Questa volta
è sulle nomine alla Sorical.
CATERINA TRIPODI
a pagina 17
Coinvolto il sindaco
Discarica
di Casignana
Concluse
le indagini
G. VERDUCI a pagina 19
20114
9
771128
022007
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
ANNO 18 - N. 13 - € 1,20
6 Primo piano
Sabato 14 gennaio 2012
Primo piano 7
Sabato 14 gennaio 2012
La Procura di Forli: gestiva ancora i beni sequestrati
I tesori dei boss
Arrestato Alfredo Ionetti
cassaforte dei Condello
Sigilli a due aziende del Lametino
Bloccati titoli finanziari e denaro
Un sequestro
da 55 milioni
Colpito un imprenditore ritenuto referente della cosca Aquino
di Marina di Gioiosa in manette per l’operazione Crimine
L’indagine coinvolge gli appalti
per i lavori sulla statale 106
I Trichilo colpiti da una tragedia due mesi prima dell’arresto di Giuseppe
Una famiglia storica e molto conosciuta
LAMEZIA TERME - E’ molto conosciuta in città l’azienda della famiglia Trichilo, toccata da una disgrazia prima ancora dell’arresto
di Giuseppe Trichilo.
Due mesi prima infatti, appena
usciti dal cancello d’ingresso della sede del Rettifilo Bagni, morirono a bordo di una Fiat 500 il papà e una sorella di Giuseppe Trichilo. Una tragedia per la famiglia che scosse molto la città, soprattutto l’ex comune di Sambiase
dove appunto i Trichilo sono molto conosciuti anche per essere stati impegnati come sponsor nella
squadra di calcio del Sambiase
che milita nel campionato di serie
D.
Un’azienda infatti impegnata
su più fronti in tutta la Calabria e
non solo e che nel corso degli ultimi anni si è sempre di più fatta
avanti dando anche occupazione
a più di 50 lavoratori.
L'azienda - si legge nel sito della
società - nasce intorno agli anni
'50 grazie all'iniziativa del signor
Francesco, operaio di lunga esperienza nella produzione di solai
prefabbricati.
E' però nel 1958 che l'azienda,
dopo essersi allargata, inizia ad
assumere un ruolo rilevante tra i
commercianti del settore fino a
raggiungere in parte le dimensioni attuali.
Nel corso degli anni a seguire,
tutta la famiglia padre e tre figli,
creano tutti i presupposti affinché l'azienda raggiunga le dimensioni attuali, introducendo nelle
loro tradizionali produzioni, la lavorazione del ferro per cemento
armato.
Oggi - si legge sempre nel sito - il
cuore dell'azienda è uno stabilimento posto su un'area di 10.000
metri quadri di cui 1.200 coperti,
ove operano 10 addetti. Forte della tradizione manifatturiera locale e grazie all'inserimento di nuove tecnologie, la Edil Trichilo si e
posizionata tra le prime aziende
del circondario.
Tale ascesa e risultata possibile
soprattutto garantendo un ottimo rapporto qualità-prezzo ma
anche curando un ottimo servizio
per il cliente fino al trasporto a domicilio del materiale.
E la notizia del sequestro a Giuseppe Trichilo ha fatto subito ieri
il giro della città, così come quando era stato arrestato Giuseppe
Trichilo che nel corso del suo interrogatorio di garanzia, assistito dal suo legale di fiducia, l’avvocato Francesco Gambardella, non
mancò di urlare la sua innocenza.
p. re.
Gli uomini
della Dia
davanti
alla sede
di una
delle
imprese
sequestrate
a Lamezia
|
DALLA SICILIA
|
rici per associazione a delinquere finalizzata «alla commissione di una serie indeterminata di reati di appropriazione indebita,
abusivismo finanziario e violazioni agli obblighi e alle prescrizioni inerenti la misura
di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza». Nell’operazione, denominata “Trasporto scelto”, è
indagato anche un 67enne funzionario di
una nota banca locale. La vicenda prese il
via nel 2006, quando Ionetti fu colpito da
un provvedimento di custodia cautelare in
carcere emessa dal gip di Reggio Calabria.
Secondo gli inquirenti l’imprenditore, originario di Reggio Calabria ma residente a
Cesena, era il tesoriere della cosca capeggiata da Pasquale Condello ( tra l’altro il figlio diIonetti hasposato lafiglia diCondello), e nella città romagnola, attraverso un
istituto di credito locale, riciclava i soldi
“sporchi”delle varie attività illecite, per poi
riversarli nei conti correnti della cosca. Nel
2008Ionettifu proscioltodalleipotesid’accusa, rimanendo solo l’obbligo della dimora a Cesena. Inoltre due aziende, fra cui la
Sor-Nova, a lui riconducibili, vennero messe in amministrazione giudiziaria, in
quanto beni sottoposti a confisca non definitiva. L’operazione in corso parte da una
recente segnalazione della Banca d’Italia
su presunte operazioni sospette su un conto corrente intestato ad Alfredo Ionetti utilizzato per l’incasso di cambiali provenienti
da Calabria e Sicilia per conto di imprese di
autotrasporti. Secondo i magistrati, come
riportato nell’ordinanza, dalle indagini sarebbe emerso come Ionetti «conservava un
pieno potere decisionale e di direzione dell’
impresa, nell’esercizio del quale si appropriava dei titoli e delle somme di denaro». In
sostanza i due amministratori giudiziali
avrebbero di fatto lasciato continuare a Ionetti e figli la gestione dell’azienda e dei
clienti (tutti calabresi e in gran parte con
precedenti di mafia)».
g. bal.
Valgono oltre 15 milioni: appartenevano alla cosca Gentile-Besaldo Nel 2007 l’operazione che sconvolse la città
Il sindaco: «Vogliamo dare
l’edificio che era dei clan
Ad Amantea confisca dei beni connessi all’operazione Nepetia alla caserma dei carabinieri»
Ville e navi passano allo Stato
di PAOLO VILARDI
Una condotta del gas
A Palermo scattano i sigilli su proprietà per 13 milioni di euro
Fornivano gas anche in Calabria
le ditte «amiche» di Provenzano
PALERMO – Avevano ottenuto
commesse importanti per la gestione del servizio di distribuzione di gas naturale anche in
Calabria. Ma dietro ai loro affari, secondo l’accusa, c’erano i
padrini della mafia. Quelli più
temibili, a partire da Bernardo
Provenzano.
Ieri è scattato un sequestro di
beni per un valore di oltre 13 milioni di euro. Lo hanno eseguito
i militari del Nucleo polizia tributaria della Guardia di finanza
e del Reparto operativo nucleo
investigativo dei carabinieri di
Palermo. Si tratta di società, immobili e veicoli riconducibili a
imprenditori palermitani ritenuti vicini a esponenti mafiosi
del calibro di Benedetto Spera e
appunto Bernardo Provenzano, che avrebbero assicurato loro l’aggiudicazione di lavori e
l’apertura di cantieri in territori
controllati da Cosa nostra. Gli
imprenditori nel settembre
2011, oltre a essere sottoposti
alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale, erano stati destinatari di
un provvedimento di confisca di
patrimoni di derivazione illecita, tra i quali alcune società attive nel settore della costruzione e
manutenzione di opere pubbliche. Le investigazioni hanno, in
particolare, evidenziato la loro
infiltrazione in settori economici strategici, mediante la gestione occulta di una nuova società,
fittiziamente intestata ai figli,
operante nel medesimo settore
di quelle precedentemente confiscate. Attraverso la nuova società, hanno quindi, di fatto,
continuato a operare nel medesimo settore economico, aggiudicandosi immediatamente importanti commesse pubbliche
per la costruzione e manutenzione di reti di gas naturali e per
la gestione del servizio di distribuzione di gas in Sicilia, Calabria e Abruzzo. I beni complessivamente sequestrati comprendono: un’impresa con sede a Milazzo, attiva nella costruzione di
opere pubbliche per il trasporto
di fluidi, 12 terreni ubicati nel
territorio di Milazzo, 16 autoveicoli e 37 autocarri, per un valore complessivo superiore a 13
milioni di euro.
AMANTEA - Il sequestro
preventivo dei beni era stato eseguito a luglio del
2010. Ieri la confisca, ovvero l'espropriazione definitiva. Si tratta di oltre 15 milioni di euro, tra ville, automobili, navi, e conti bancari, appartenenti ai principali esponenti della cosca
Gentile-Besaldo di Amantea, che perde il frutto di
anni e anni di grossi illeciti. Un duro colpo inflitto al
clan, già sventrato dalla
maxioperazione Nepetia Enigma, condotta dalla
Dda di Catanzaro, che a dicembre del 2010 aveva
comportato l'arresto di ben
39 presunti appartenenti a
tale associazione mafiosa.
Il provvedimento di confisca è stato emesso dalla
sezione “misure di prevenzione” del Tribunale di Cosenza, che ha accolto la richiesta formulata dal procuratore della Repubblica
di Catanzaro, Antonio Vincenzo Lombardo, dopo una
lunga e minuziosa attività
investigativa di natura patrimoniale principalmente
delle fiamme gialle, basata
su riscontri bancari che
hanno accertato per taluni
casi la fittizia intestazione
dei beni ad altri soggetti
che hanno fatto da prestanome.
Gran lavoro è stato dunque svolto per risalire e chi
era effettivamente riconducibile la proprietà dei beni, appunto agli esponenti
della consorteria malavitosa che operava nel basso
Tirreno cosentino.
La confisca è stata ese-
Due delle ville confiscate ad Amantea
guita dalla stessa guardia
di finanza, dal Gico del nucleo di polizia tributaria di
Catanzaro.
Si tratta di beni preziosi,
in particolare colpiscono le
quattro ville di lusso ubicate nel comune di Amantea e
che spiccano per lo sfarzo.
Ma tra le proprietà che passano allo Stato ci sono anche un fabbricato costruito
nel centro storico del comune di Belmonte Calabro;
la motonave Benedetta II,
che era ormeggiata nel
porto di Campora San Giovanni; sei attività commerciali; diverse quote sociali
di aziende; due automobili
e alcuni conto correnti bancari.
Tale patrimonio era stato
posto a sequestro preventivo nel 2010. Il suo valore
era risultato sproporzionato rispetto alle effettive capacità economiche, valuta-
te in base ai redditi percepiti e dichiarati, degli intestatari. Da qui l'accurata
attività investigativa che
ha condotto ai provvedimenti. L'associazione mafiosa del comprensorio di
Amantea aveva a capo
Tommaso Gentile, coadiuvato da fidi sodali come
Giacomino Guido, alias
“Gianni Pantera”, ed i fratelli Guido e Massimo Africano. I quattro, che scelsero il rito abbreviato, furono
definitivamente condannati il 24 novembre del
2010, insieme ad altre 7
persone.
Per Gentile i giudici della
corte d'Appello di Catanzaro pronunciarono la condanna di 10 anni e 8 mesi di
reclusione; per Guido e
Massimo Africano rispettivamente 6 anni e mezzo e 7
anni e 8 mesi. Sei anno e
mezzo anche per Guido. Le
accuse erano di associazione a delinquere di stampo
mafioso e di associazione
finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, nonché di singoli reati contro il patrimonio. In Appello le condanne
furono pressoché dimezzate rispetto al primo grado
in quanto fu riconosciuta
l'insussistenza del reato
associativo per il narcotraffico, chiesta dalla difesa e accolta dalla procura
generale. A Paola, invece, è
in corso in questi mesi il
processo per gli 11 imputati da giudicare con il rito ordinario, tra cui l'ex latitante di Rosarno Giovanni
Amoroso, che il 5 gennaio
del 2006 ferì due carabinieri in uno scontro a fuoco.
di PAOLO OROFINO
AMANTEA – «Ci faremo la caserma dei carabinieri». Il sindaco di Amantea, Francesco
Tonnara, dopo aver saputo la
notizia della confisca delle ville dei boss non ha dubbi: «Ad
Amantea –ci dice –attualmente manca una caserma dei militari dell’Arma, in quanto
sull’attuale sede è in atto un
sfratto. Formare la caserma
dei carabinieri in una delle case confiscate avrebbe un forte
significato simbolico».
Gli elicotteri dei carabinieri
sulle ville dei boss illuminate a
giorno dai riflettori e quel rumore assordante delle eliche
furono una scena da film, che
rimarrà il simbolo dell’operazione antimafia Nepetia, scattata all’alba del 21 dicembre
del 2007. Lo Stato è sceso
dall’alto per sopprime il potere mafioso la cui faccia esterna era rappresentata proprio
da quelle megaville realizzate
dal boss Tommaso Gentile e
dagli altritre esponentidi primo piano della cosca amanteana, decapitata dalla Dda di Catanzaro, con l’inchiesta coordinata dall’allora procuratore
aggiunto Mario Spagnuolo e
dal pm Domenico Fiordalisi
oraprocuratore aLanusei ein
quel periodo in servizio presso la procura di Paola, che ora
riferendosi alla confisca afferma: «È una svolta di legalità per l’intero territorio di
Amantea. Da decenni, infatti,
la popolazione manifestava
segni di grave sofferenza e di
oppressione in un’area, che
nonera statotoccato daefficaci indagini
no in tutto i 39 fermi. Venne
arrestato anche l’assessore
comunale Tommaso Signo-
relli, che ricopriva l’incarico
in giunta dal giungo del 2006,
quando le elezioni ad Amantea furono decise proprio dai
suoi novecento voti di preferenza, che consentirono alla
lista capeggiata da Francesco
Tonnara di imporsi sulla compagine antagonista. L’arresto dell’assessore Signorelli
causò l’arrivo in municipio
della commissione d’accesso
inviata dal prefetto di Cosenza, per valutare l’operato
dell’esecutivo comunale e soprattutto se vi erano stata interferenze nell’attività amministrativa da parte del clan
Gentile-Africano. Alla fine
della verifica la commissione
sollecitò lo scioglimento del
consiglio comunale per infiltrazione mafiosa, che fu disposto nell’agosto del 2008,
con atto del ministero dell’Interno e della presidenza della
Repubblica. La presenza in
giunta di Signorelli, accusato
di essere il politico di riferimento della ‘ndrina, per i commissari aveva permesso alla
sodalizio malavitoso di condizionare l’amministrazione comunale. Da ciò la drastica decisione, all’epoca senza precedenti nella provincia di Cosenza. In seguito il sindaco Tonnara e gli altri consiglieri della maggioranza sciolta si rivolsero agli organi della giustizia amministrativa per impugnare il decreto di scioglimento. Il ricorso fu respinto
dal Tar della Calabria, ma in
seconda battuta accolto dal
Consiglio di Stato, che
nell’aprile del 2010, reintegrò
sindaco e consiglio comunale.
La vittoria della causa ha riabilitato la squadra di Tonnara, che l’anno scorso si è ripresentata vincendo le elezioni.
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ro Sud, la Laterizi Archinà, la Ediltrichilo, la General Apdi GIUSEPE BALDESSARRO
palti, Hotel Ristorante Miramare s.a.s.) imposte alla
REGGIO CALABRIA - Dopo l’arresto è arrivata anche la “Gioiosa Società Consortile”. Il tutto secondo l’indagine
scure del sequestro dei beni. Ieri mattina infatti la Dia di della Dda di Reggio Clabria sarebbe avvenuta «sulla base
Catanzaro ha sequestrato il patrimonio aziendale e per- di una logica spartitoria dettata dagli equilibri mafiosi
sonale dell’imprenditore, Giuseppe Trichilo, per un va- esistenti nel territorio sito del cantiere e, quindi, anche
lore di oltre 55 milioni di euro. Tra i beni sequestrati due sulla base di accordi collusivi con esponenti di altre realaziende con sede a Lamezia Terme, diversi beni mobili ed tà criminali della zona (famiglia Mazzaferro), attività ilimmobili, svariati rapporti finanziari, oltre ad ingente lecita resa possibile dallo spessore mafioso della familiquidità. Il provvedimento è stato adottato dalla Sezione glia degli Aquino di Marina di Gioiosa Ionica». Che TriMisure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria colo non fosse uno stinco di santo lo dimostra anche un
secondo capo d’imputazione, secondo cui avrebbe «misu proposta del direttore della Dia, Alfonso D’Alfonso.
Trichilo, imprenditore del settore edile, è stato arre- nacciato il geometra Michele Capasso (Presidente Consistato nell’operazione Crimine condotta contro le cosche glio d’Amministrazione della Gioiosa Scarl), da cui si era
calabresi dalle Dda di Reggio Calabria e Milano con l’ar- recato per chiedere il pagamento di una fattura di 110
resto di oltre 300 persone. Per lui, il procuratore aggiun- mila europer lafornitura diferro relativaall’esecuzione
dell’appalto Anas». Esplicitato della Dda di Reggio Calabria
mente avrebbe detto «Ma amNicola Gratteri, nell’ottobre
mazzo pure mio padre per queste
scorso, a conclusione della sua
cose io… attenzione geometra
requisitoria, ha chiesto la conCapasso … se non ci venite a
danna a 6 anni di reclusione.
Gioiosa! … non ci venite che mo
Giuseppe Trichilo, di 37 anni, di
questa è l’ultima … entro lunedì
Crotone ma residente a Lamezia
…midovete darel’assegno! …se
Terme, è stato arrestato nell’openo va a finire malamente questo
razione Crimine con l’accusa di
fatto… se no succede la fine del
avere posto in essere atti di illecimondo, andatevene da Gioiota concorrenza volti a controllasa… tutti quanti ve ne dovete anre o comunque condizionare ladare». Quanto basta per fargli
vori e servizi relativi all’esecuportare via dalla Dia di Catanzazione di un contratto di appalto
ro il capitale sociale e l’intero
per opere pubbliche. In particocompendio aziendale della Edil
lare, secondo l’accusa, avrebbe
Trichilosrl con sede a Lamezia e
agito per agevolare la cosca di
dedita alla fabbricazione di
’ndrangheta degli Aquino di
strutture e parti assemblate meMarina di Gioiosa Jonica di cui
talliche ed al commercio di matesarebbe stato un imprenditore di
riale da costruzione; il capitale
riferimento.
L’imprenditore
sociale e l’intero compendio
avrebbe lavorato per accaparaziendale della C.T. Costuzioni
rarsi illegittimamente il consrl, con sede a Falerna e dedita altrollo o comunque il condizionala costruzione di edifici residenmento dei lavori e servizi (forniziali; il 50% del capitale sociale e
ture e offerte commerciali in ge- Un cantiere stradale in un’immagine d’archivio
del corrispondente compendio
nere) relativi all’esecuzione del
contratto d’appalto concluso tra la Anas e la “Gioisa So- aziendale della Magma srl con sede a Lamezia Terme e
cietà Consortile a.r.l.”, per la realizzazione del tratto del- dedita alla compravendita, locazione, gestione e ammila Statale 106 – Variante al centro abitato di Marina di nistrazione di beni immobili di qualsiasi specie e tipo; il
Gioiosa Jonica (RC). Trichilo secondo l’inchiesta Crimi- 50% del capitale sociale e del corrispondente compendio
ne si sarebbe «arrogato la facoltà di scelta delle ditte de- aziendale della Caraffa Costruzioni srl con sede a Gizzestinate ad aggiudicarsi i contratti di fornitura (ferro, ria e dedita alla costruzione di edifici, strade ed autostracalcestruzzo) e servizi di cantiere in genere (movimento de. Inoltre sono stati sequestrati decine di beni autovetterra, mensa) connessi ai lavori, ditte (tra queste, la Fer- ture e mezzi industriali.
REGGIO CALABRIA - Avrebbe dovuto essere in soggiorno obbligato a Cesena ma
contemporaneamente, secondo l’accusa,
continuava a gestire gli affari della cosca
calabrese di Pasquale Condello, suo consuocero. E’ finito così in manette l’imprenditoreAlfredoIonetti,79 anni,edifigliDaniele e Paolo, con l’accusa di associazione
mafiosa finalizzata al riciclaggio di denaro
proveniente da estorsioni ed usura.
Ionetti, imputato nel processo Vertice,
nel 2009 era stato assolto
dalle accuse, ma il tribunale
aveva poi disposto con un
nuovo provvedimento la
confisca dei beni e l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza
speciale con l’obbligo di soggiorno a Cesena. Di fatto però, secondo gli investigatori, continuava ad avere pieno potere decisionale all’internodelle impreseche iltribunale di Reggio Calabria
aveva affidato ai custodi giudiziali. Per questo è stato arrestato dalla squadra Mobile
di Forlì, su ordinanza di custodia cautelare in carcere
ottenuta dai Pm Fabio Di Vizio, Marco Forte e Sergio
Sottani della Procura di Forlì. Oltre ai due
figli, di 28 e 27 anni, è stata arrestata anche
la «storica» segretaria 45enne di Ionetti.
Secondo quanto raccolto dalle indagini, i
custodi giudiziali avevano di fatto lasciato
nelle mani di Ionetti e dei figli la gestione
delle imprese e dei rapporti con i clienti,
quasi tutti pregiudicati e alcuni con reati
legati alla malavita organizzata.
Alfredo Ionetti, era amministratore di
fatto della Sor-Nova, società specializzata
nella vendita di camion e tir in Calabria. Le
ordinanze di custodia cautelare in carcere
sono state emesse dal Gip di Forlì Rita Chie-
8 Primo piano
Sabato 14 gennaio 2012
Il pentito che fa tremare il Piemonte per la prima volta in video
Lotta ai clan
Le verità di Varacalli
La Direzione investigativa antimafia vuole
un nuovo centro operativo a Bologna
A “Presa diretta” racconta 12 anni di ’ndrine a Torino
Nuova frontiera
sotto le 2 torri
|
lontano dalla casa madre.
«Oggi - ha proseguito il generale Alfonso D'Alfonso - non possiamo sostenere che la Toscana,
l'Umbria e le Marche siano esenti
da questo fenomeno, ma attenzione a non cadere nell'opposto,
nel senso che, se tutto è mafia,
nulla è mafia. Allora, dobbiamo
essere concreti nell'affrontare,
con ragionevolezza, le emergenze che in ogni territorio vanno affrontate con il dovuto equilibrio,
per evitare di cadere nell'errore
di ritrovarci di fronte a situazioni quasi insuperabili. Io sono un
ottimista per natura e dico che
questo fenomeno si può contrastare efficacemente. Non lo risolveremo mai, ma l'importante è
metterlo all'angolo. Già questo
per noi sarebbe una conquista
importante. Secondo me, lo dico
sulla base di tutta la mia esperienza passata, lo possiamo fare».
ALLARME NUOVI ATTENTATI
|
Strategia di insabbiamento
per non frenare gli affari
SIDERNO - La strategia principale
di Cosa Nostra resta quella della
«non belligeranza» con lo Stato,
per continuare a fare affari senza
troppi fastidi. Ma non è escluso un
«possibile ricorso a efferati atti dimostrativi» da parte delle cosche.
Lo scrivono gli analisti della Direzione investigativa antimafia nella relazione semestrale - riferita ai
primi sei mesi mesi
del 2011 - consegnata al Parlamento. Un documento
nel quale si ribadisce il tentativo di infiltrazione di tutte
le principali organizzazioni criminali, e in particolare della 'Ndrangheta, nella pubblica
amministrazione e
negli appalti pubblici.
L'analisi su Cosa
Nostra parte dai
successi ottenuti Il Parlamento
dalle forze dell'ordine in questi anni. Arresti che
hanno scardinato i vecchi assetti e
che, scrive la Dia, hanno fatto sì
che «i principali aggregati mafiosi
abbiamo mutato la propria architettura organizzativa rivisitando
in alcuni casi le proprie strategie e
in altri ridefinendo le alleanze tattiche».Inquesto quadro,nonsono
esclusi possibili atti dimostrativi.
Senza contare che «anche l'attenuazione degli storici equilibri tra
fazioni una volta alleate» può diventare elemento di «destabilizzazione». Diverso il quadro relativo
alla 'Ndrangheta, che rimane la
prima organizzazione criminale
del paese e che prosegue nella sua
opera di infiltrazione nella pubblica amministrazione, soprattutto
per quanto riguarda le amministrazioni locali calabresi. Una
prassi utilizzata anche dalla camorra che,grazie “al moltiplicarsi
di intrecci e commistioni che inquinano la vita politica ed economica degli enti locali», è di
fatto in grado di controllare, in alcune
aree della Campania, «le diverse forme di intervento
pubblico». In Calabria è in particolare
la sanità uno dei settori maggiormente
esposto, “al punto da
essere - afferma la
Dia - considerata in
permanente emergenza, anche in ragione degli elevati
deficit finanziari che
l'affliggono».
Ma le 'ndrine non si fermano alla
Calabria: l'espansione continua
sia in Italia sia all'estero. Nel Lazio,
ad esempio, l'organizzazione è in
grado di «inquinare» comparti
economici e produttivi come quello della ristorazione, dell'edilizia
residenziale, delle sale dal gioco e
del mercato ortofrutticolo. E nel
Lazio come in Lombardia, Emilia
Romagna e Toscana, vi sono decine di ditte «contigue alla 'ndrangheta o emanazione di essa», estremamente competitive.
Preoccupa
l’espansione
della criminalità
organizzata
in Emilia
Romagna
|
LE ’NDRINE NELLA RELAZIONE DIA
|
Pubblica amministrazione
e sanità nel core business
Continua anche l'espansione
SIDERNO - La pressione mafiosa
della 'ndrangheta si esprime al di fuori della Calabria, all'estesempre di più «nell'inquinamen- ro e in altre regioni italiane, a coto di settori della pubblica ammi- minciare dal Lazio dove storiche
nistrazione locale, con particola- articolazioni delle principali 'nre riguardo all'utilizzo di raffi- drine inquinano comparti econati sistemi intrusivi della sfera nomici e produttivi come quelli
politico-amministrativa in enti della ristorazione, dell'edilizia
territoriali caratterizzati da esi- residenziale, delle sale da gioco e
gua popolazione e bassa densità del mercato ortofrutticolo. A Roma, in particolare,
abitativa».
«il numero e la rileÈ uno dei pasvanza delle attività
saggi della Relaimprenditoriali fazione alle Camere
voriscono la mimesull'attività della
tizzazione delle ricDia nei primi sei
chezze acquisite e
mesi del 2011. Retendono a ritardalazione che ribadire la percezione delsce «la centralità
le anomalie di credella minaccia»
scita economica».
rappresentata
Il Nord produttidall'organizzaziovo, poi, interessata
ne. La sanità, in
particolarmente
particolare,
si
gli investigatori
conferma uno dei
della Dia. La collasettori maggiorborazione fra le
mente esposti al
Procure antimafia
condizionamento Un agente della Dia
di Milano e Reggio
mafioso, «al punto
da essere considerata in perma- Calabria ha portato alla luce gli
nente emergenza, anche in ra- interessi delle cosche e la loro orgione degli elevati deficit finan- ganizzazione criminale.
«In Lombardia - conclude la
ziari che l'affliggono». Gli analisti segnalano anche «il tentativo Relazione - la realizzazione degli
di incidere sulla efficienza del si- obiettivi criminali, gestita da
stema giudiziario reggino, con soggetti di seconda o addirittura
azioni violente contro 'obiettivi terza generazione, non passa nesimbolò» e la posizione egemone cessariamente per l'occupazione
conquistata sul mercato tran- del territorio e l'intimidazione
snazionale della cocaina «grazie ma si declina nella pratica delalla forte coesione tra i sodali ed l'avvicinamento-assoggettaalla credibilità finanziaria delle mento di figure professionali lecosche presso i cartelli sudame- gate da comunanza di interessi».
ricani produttori».
gio.ve.
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L’INCHIESTA
Iannacone intervista Varacalli
settimana mi diedero un milione e mezzo di lire». Varacalli non era neppure
maggiorenne. Inizia così la sua ascesa:
da corriere della droga. Periodicamente scende in Calabria, va a Natile, ad
Africo, a San Luca a prendere la droga
che porta al Nord dove c’è chi è pronto a
piazzarla sul mercato. E arrivano i soldi «in un mese riuscivo a guadagnare
fino a 100 milioni di lire», che negli anni successivi diventeranno «centomila
euro». Rocco è uno serio, affidabile, ed
arriva l’affiliazione. A Natile la sorpresa: «Quando entrai nella stanza c’era
anche il sindaco Salvatore Giugno,
quando lo vidi rimasi di stucco: era il
capolocale». Da picciotto a sgarrita,
una carriera di 12 anni nel locale di Torino. Fino al 2004 giorno in cui decide
di iniziare il suo percorso nella giustizia. Pentito. Da quel momento saranno
guai per i clan. Varacalli fa oltre 450
nomi e grazie ai riscontri che verranno
fatti successivamente finiscono in manette a centinaia.
«Ho aperto il libro della ‘ndrangheta», dice a Iannacone. Oggi Varacalli è
fuori dal programma di protezione, fa
l’allevatore. Facendo una scelta impor-
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Voto di scambio, indagato Sciarrone
Per i magistrati di Palmi il consigliere provinciale del Pri avrebbe ottenuto
dalla comunità rom voti in cambio della promessa di riparare una strada
di FRANCESCO PAPASIDERO
GIOIA TAURO - È accusato di voto di scambio il consigliere provinciale Rocco Sciarrone. E insieme a lui a finire nel mirino degli inquirenti anche Giuseppe
Sciarrone e Antonio Rocco Zito.
La Procura della Repubblica di
Palmi ha avviato da tempo l'attività investigativa sul conto dell'esponente del Pri, notificandogli l'avviso di conclusione delle
indagini preliminari.
Per i Pm palmesi, in pratica,
Sciarrone avrebbe ottenuto dalla comunità Rom di Gioia Tauro
il proprio voto in cambio della
promessa di riparare una strada, piuttosto malconcia che interessa il quartiere Ciambra dove
risiede la comunità rom gioiese.
Secondo la magistratura Rocco
Sciarrone, per ottenere i voti in
questione si sarebbe impegnato
in prima persona promettendo
un intervento risolutivo ai disagi che la strada in questione procurava ai cittadini.
E sempre secondo le ipotesi accusatorie, subito dopo essersi
assicurato le preferenze dei
rom, Giuseppe Sciarrone avrebbe dato il via a dei lavori abusivi
di canalizzazione delle acque,
procurando ad Antonio Rocco
Zito un escavatore per poterli
concludere. Ad accorgersi del
tutto è stata la Polizia Provinciale, coordinata dal comandante
Domenico Crupi.
Immediato l'avvertimento alla
Procura della Repubblica di Palmi, che ha immediatamente
aperto le indagini, terminate
con l'avviso di conclusione notificato ai tre
Nello specifico, Rocco e Giuseppe Sciarrone sono accusati di
aver violato l'articolo 110 del codice penale e l'articolo 96 del dpr
361 del 1957 «perché in concorso morale e materiale tra loro,
per ottenere il voto degli elettori
della comunità Rom residente in
contrada Ciambra di Gioia Tau-
ro a favore di Sciarrone Rocco,
candidato alle ultime elezioni
provinciali, promettevano agli
stessi di effettuare lavori di sistemazione della strada comunale di accesso al complesso residenziale popolare sito in Gioia
Tauro, contrada Ciambra».
Ma oltre a questo, i due Sciarrone, insieme a Zito, sono accusati di aver violato l'articolo 635
del codice penale, comma 2 e 3
perché «perché in concorso morale e materiale tra loro, danneggiavano la strada comunale di
accesso al complesso residenziale popolare sito in Gioia Tauro,
contrada Ciambra, cosa destina-
ta a pubblico servizio e pubblica
utilità; in particolare, Antonio
Rocco Zito, su mandato di Rocco
Sciarrone e Giuseppe Sciarrone,
mediante un miniescavatore
fornitogli da Giuseppe Sciarrone, realizzava, senza la prescritta autorizzazione, quattro scavi
in trincea posti trasversalmente
sulla predetta strada comunale
della larghezza e profondità di
circa un metro».
Tutto ciò, per i pubblici ministeri della Procura di Palmi,
avrebbe permesso al consigliere
provinciale di ottenere, nella sezione dove esercitano il proprio
diritto di voto i rom residenti a
Gioia Tauro, una percentuale
del 30,15 per cento, con ben 159
preferenze, risultando il primo
per voti contro le 40 del secondo
candidato.
IL PROFILO
Alla prima vera esperienza elettorale
conquista Palazzo Foti con 1738 voti
ERA alla prima esperienza in una tornata elettorale importante come
può essere quella delle “provinciali”. Da molti era considerato un vero e
proprio outsider. Rocco Sciarrone, nonostante lo scorso anno avesse
“solo” 25 anni, era riuscito a raccogliere una valanga di consensi. Il collegio 6, formato dai comuni di Gioia Tauro e San Ferdinando, lo ha visto
trionfare con ben 1738 voti di preferenza. Primo in assoluto degli eletti,
Sciarrone. Primo tra le fila del suo partito, il Partito Repubblicano. Una
percentuale molto alta, il 16,09 per cento, che gli ha permesso di entrare
dalla porta principale a Palazzo Foti, in consiglio provinciale. Nella “sua”
Gioia Tauro, Sciarrone era riuscito a raccogliere, nelle venti sezioni elettorali, 1579 voti, mentre nella vicina San Ferdinando, invece, è riuscito
ad accaparrarsi 159 preferenze.
Rocco Sciarrone
tante: «Parlo a viso aperto perchè la
gente deve sapere cosa è la ‘ndrangheta. Non ho paura perchè io ho solo detto
la verità». E che verità. Criminalità organizzata e non solo.
Dice ai microfoni di “Presa diretta”:
«La ‘ndrangheta ha bisogno della politica, e la politica ha bisogno della
‘ndrangheta. Gli accordi si fanno prima. A loro i voti, ai clan invece vanno
tutti gli appalti pubblici». Lo sa bene
Varacalli, lui stesso nonostante fosse
pregiudicato era titolare di un’impresa
edile. «Ci sono molte aziende di pregiudicati che lavorano sui cantieri pubblici a Torino. Alcune sono persino di ergastolani». Ed i politici «non facciano
finta di non sapere niente, perchè gli
‘ndranghetisti li conoscono tutti e bene». La domanda finale porta poi a
quello che è il cuore del problema. Iannacone chiede: «In Piemonte la ‘ndrangheta è stata debellata?». Risposta del
pentito: «No, ce ne sono tanti ancora
fuori. Diciamo che ha subito un duro
colpo. Ma la ‘ndrangheta non finirà
mai».
g. bal.
Si consegna
il ragioniere
di Condotte
REGGIO CALABRIA Si è consegnato ieri sera Rinaldo Strati. È il
ragioniere della Condotte, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa nell'ambito dell'inchiesta “Bellu lavuru 2”coordinata
dal sostituto procuratore della Dda
Giuseppe Lombardo che ha fatto
luce sull'appalto di ammodernamento della statale 106 nel tratto
che riguardava la variante di Palizzi.
L’uomo ha trovato ad aspettarlo
all’aeroporto di Reggio i carabinieri che lo hanno arrestato. Fino a ieri
si trovava in Algeria (paese che non
prevede l’estradizione) per motivi
di lavoro, impegnato sempre in un
cantiere della Condotte. Venuto a
conoscenza dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa
dal gip Domenico Santoro, Strati è
rientrato in Italia e, dopo aver fatto
scalo a Roma, ha preso il primo aereo per Reggio dove domani molto
probabilmente sarà sottoposto
all’interrogatorio di garanzia.
Stando alla ricostruzione della
Direzione distrettuale antimafia,
l’indagato avrebbe favorito la cosca
Morabito di Africo. In particolare,
assieme al capocantiere Pasquale
Carrozza, avrebbe consentito alla
consorteria mafiosa della Locride
di inserire tra le maestranze assunte un numero elevato di operai generici direttamente o indirettamente riconducibili ai MorabitoBruzzaniti-Palamara. In più avrebbe evitato di dare seguito alla segnalazione della Prefettura che imponeva alla società di rescindere il
contratto con la società intestata a
Costantino Stilo, titolare della fornitura di calcestruzzo.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
SIDERNO - Nella battaglia del
“Risiko” criminale la mafia conquista altre regioni del produttivo Nord d'Italia. Umbria, Marche, Toscana ed Emilia Romagna sono diventati i nuovi paradisi per gli investimenti dei boss
ed il riciclaggio dei lucrosi proventi del narcotraffico. Si vanno
ad aggiungere alla Lombardia,
al Piemonte, alla Liguria e alla
Valle d'Aosta. Regioni in cui i
boss hanno passato decine di anni al confino e nelle quali l'insediamento calabrese è presente
dalla prima emigrazione di massa.
Quello che alcune inchiesti recenti avevano solamene accennato, adesso ha trovato un riscontro nelle parole del capo della Direzione investigativa antimafia: il generale Alfonso d'Alfonso.
Il coordinatore nazionale della
Direzione investigativa antimafia ha illustrato la sua analisi criminologica davanti ai componenti della Commissione parlamentare che si occupa del fenomeno mafioso.
La crisi economica, poi, sta offrendo nuovi spazi di manovra
alle cosche che, grazie alle loro
casseforti piene pezze di denaro,
sono pronti a comprarsi l'economia legale dei territori sui quali
si è deciso di appuntare la bandierina.
E la Dia sta provando ad organizzarsi per mettere un freno a
questa espansione e sta progettando di aprire un centro operativo anche a Bologna, per seguire
da presso l'evoluzione criminale
di un territorio ricco quale è quello dell'Emilia Romagna. «A tale
proposito, intorno alla fine di ottobre - ha spiegato il capo della
Direzione investigativa antimafia - ho avuto modo di parlare anche con il procuratore generale
di Bologna. Speriamo che tale ulteriore iniziativa possa rafforzare sul territorio la presenza di
questi centri, considerato che la
situazione dell'area dell'Emilia
Romagna ci preoccupa in maniera particolare».
«Io ho la netta percezione - ha
detto Alfondo D'Alfonso davanti
ai componenti della Commissione parlamentare antimafia - che
in questo momento di grave crisi
economica, non per una sottovalutazione dell'autorità giudiziaria e delle forze di polizia, tanto
meno per una mancanza di sensibilità del Parlamento, ci troviamo di fronte ad un fenomeno, mi
riferisco a quello specifico della
criminalità organizzata di tipo
mafioso, che deve essere guardato con maggiore attenzione».
Le organizzazioni criminali
hanno mutato pelle, si sono adattate ai cambiamenti registrati
dal mondo dell'economia ed hanno superato la prova meglio delle
borse mondiali. «Il fenomeno - ha
spiegato il comandante della Dia
- ha superato secondo me due sta-
di (il primo era quello, per alcuni
versi, anche tribale). Nel periodo
tra la fine degli anni '70 e la fine
anni '80, attraverso i sequestri di
persona e la pratica dell'estorsione (attività storica), la 'ndrangheta ha accumulato ingenti risorse finanziarie, poi investite
nel traffico di sostanze stupefacenti, che hanno dato una svolta
ad una organizzazione che è molto più robusta e coriacea delle altre (che pure non sono meno insidiose), anche perché è stata più
carsica rispetto alle manifestazioni siciliane, che si sono esposte di più sotto il profilo operativo. Quindi sul territorio c'è stata
una risposta diversa rispetto alle
manifestazioni della 'ndrangheta, che è stata molto più difficile
da aggredire».
Una mutazione genetica che
ha consentito ai boss di svestire
la coppola e indossare abiti firmati, girare in ventiquattrore
REGGIO CALABRIA - I capelli che un
tempo erano biondicci sono oggi brizzolati. Il voto è sereno, contiene uno
sguardo determinato. Anche la voce è
ferma. Parla lento Rocco Varacalli,
scandisce le parole. Il pentito della
‘ndrangheta che fa tremare il Piemonte ha deciso di parlare, oltre che con i
magistrati, anche in televisione. Per la
prima volta ha affidato il suo racconto
alle telecamere, in una lunga intervista che “Presa diretta”, il programma
di Riccardo Iacona, manderà in onda in
prima serata domani. Un’intera puntata sulla ‘ndrangheta all’ombra della
Mole antonelliana, curata da Domenico Iannacone e Danilo Procaccianti. Quasi due ore di
trasmissione di cui Varacalli sarà, in maniera più o meno diretta l’io narrante. Le
telecamere di Iacona vanno
a scavare nel cuore del Piemonte sconvolto dall’inchiesta Minotauro, che l’8 giugno scorso ha portato all’arresto di 142 persone. Boss e
affiliati di 9 locali di ‘ndrangheta che in quella regione
avevano messo radice. Intessendo rapporti criminali
con la politica e l’imprenditoria del
nord.
Varacalli è il collaboratore di giustizia chiave della Dda di Milano. E’ stato
lui a svelare i traffici di droga, il giro
delle bische, le estorsioni e le infiltrazioni negli appalti pubblici grazie alla
politica corrotta.
Il pentito affida il racconto della sua
vita in una lunga intervista a Iannacone. Parla di quando a 15 anni parti da
Natile di Careri nella Locride, per arrivare a Torino. Per lui un lavoro da muratore assieme allo zio. I Varacalli non
sono famiglia di ‘ndrangheta, la madre
di Rocco invece è una Pipicella, e lo zio
negli anni ‘70 era il capobastone del
paese. Rocco fa carriera in fretta. Carriera criminale ovviamente. Tramite
un compaesano entra nel giro della
droga «la prima volta per tenere sotto il
mio letto mezzo chilo di eroina per una
Dai primi carichi
di stupefacenti
al “battesimo”
davanti al sindaco
di Natile di Careri
Destano preoccupazione le infiltrazioni mafiose
anche nei territori di Umbria e Marche
di GIOVANNI VERDUCI
Primo piano 9
Sabato 14 gennaio 2012
24 ore
Sabato 14 gennaio 2012
Martedì arriva il ministro, ieri la visita di un funzionario del ministero al sindaco Tripodi
Tendopoli per 300 immigrati
Il prefetto requisisce un terreno dell’Asi per realizzarla in pochi giorni
di KETY GALATI
ROSARNO - Il ministro per la
Cooperazione internazionale e l'Integrazione, Andrea
Riccardi, ha deciso di scendere in Calabria per occuparsi
della «grave situazione sociale e umanitaria determinata
anche quest'anno dal massiccio afflusso nella zona di lavoratori stranieri in cerca di occupazione stagionale per la
raccolta degli agrumi». Ieri
la consulente del ministro,
Daniela Pompei, ha fatto visita al Comune di Rosarno, intrattenendosi a lungo con il
sindaco della città, Elisabetta
Tripodi ed affrontando i temi
dell' immigrazione e dell'accoglienza. Dopo un lungo
colloquioa portechiuse trala
Pompei, membro tra l'altro
della Comunità di Sant'Egidio fondata dallo stesso Riccardi, ministro senza portafoglio per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione
e la Tripodi è stata data la buona notizia. Prima di accogliere l'inviata di Riccardi la Tripodi era stata a Reggio Calabria dal prefetto Luigi Varratta. In quella sede il sindaco
ha saputo che Varratta ha deciso di adottare un provvedimento di requisizione di un
terreno di proprietà dell'Asia
per realizzare una tendopoli.
L'accordo di una occupazione dell'Area di Sviluppo Industriale per far fronte ad
una emergenza umanitaria è
stato preso ieri mattina intorno al tavolo tecnico convocato in prefettura. Partecipato
dai rappresentanti della Regione, della Provincia, della
diocesi di Oppido Palmi, delle
associazioni di volontariato,
dei sindacati, delle Forze dell'ordine e dai sindaci di San
Ferdinando e Rosarno, Domenico Madafferi e Tripodi.
«Siamo riusciti a far capire
qual è la priorità della Piana
in questo momento», ha detto
ilparroco diPolistena donPino Demasi, che si è congratulato con il prefetto per la sua
presa di posizione dettata secondo il suo parere da una fi-
Il sindaco di Rosarno Elisabetta Tripodi e Daniela Pompei
losofia cristiana ed umana,
«Varratta ha messo al primo
posto la persona». Il sindaco
Tripodi da quattro mesi lavora senza sostaper risolvere la
situazione difficile degli
extracomunitari arrivati in
massa a Rosarno per la stagione agrumaria, lanciando
Ospite di Santoro tira in ballo la Tripodi che replica su Fb
La gaffe del sindaco Emiliano
ROSARNO - Si è parlato del caso Rosarno
giovedì sera nella trasmissione di Michele
Santoro “Servizio Pubblico” dal titolo “Il rigore di Stato”. Un inviato della popolare trasmissione andata in onda su VideoCalabria
e Sky 504 ha intervistato la gente di Rosarno e alcuni amministrati, facendo emergere la tensione che si respira nella Piana con i
cittadini che imputano la responsabilità
agli amministrati di accettare di lavorare
per 25 euro al giorno facendo concorrenza
ailavoratoriitaliani. Gliimmigrati,soprattutto africani, invece hanno rinfacciato ai
calabresi di non voler fare quei lavori umili.
Dopo le polemiche sui criteri di ripartizione
L’Unione Arberia
incontra Caligiuri
e Mancini sui Pisl
CATANZARO – Il caso dei
fondi per Pisl “Minoranze
Linguistiche” è stato affrontato ieri nel corso di una riunione tra gli Assessori Giacomo Mancini e Mario Caligiuri con Aldo Marino, presidente dell’Unione dei Comuni Arberia, nonchè sindaco del Comune di Vaccarizzo Albanese, e il consigliere comunale di San Demetrio Corone, Salvatore Mauro. Alla riunione hanno partecipato anche i dirigenti regionali Anna Tavano, autorità di gestione del Por Calabria Fesr 2007/2013, e Luigi
Zinno direttore del nucleo di
valutazione del Dipartimento Programmazione Nazionale e Comunitaria. Gli assessori hanno ribadito che
«il percorso amministrativo
seguito finora, che comprende anche il criterio di ripartizione dei fondi tra le minoranze- è scritto in un comunicato della Regione - è
stato avviato a suo tempo
dalla precedente amministrazione regionale, sulla
base di accordi condivisi da
tutte le amministrazioni
provinciali della Calabria.
Un iter che poi è proseguito
appelli alle autorità più importanti ha parlato di un'altra piccola svolta. La tendopoli infatti darà alloggio a
circa260 stranieri.«Letende
- ha spiegato don Vincenzo
Alampi, presidente della Caritas diocesana - saranno gestite dai volontari. Nello stes-
so sito sarà allestita anche
una cucina che darà la possibilità ai volontari di cucinare
per gli immigrati». I lavori di
montaggio della tendopoli
inviata dalla Protezione civile nazionale a costo zero per i
Comuni di Rosarno e di San
Ferdinando, avranno inizio
già da oggi nella seconda zona industriale. Lo ha comunicato la stessa Tripodi, riferendo che il sottosegretario
alla presidenza regionale,
con delega alla Protezione civile, Franco Torchia ha assicurato di inviare dieci container che saranno installati nel
campo di accoglienza di contrada Testa dell'Acqua. Il primo cittadino rosarnese ha
ringraziato il collega sindaco
di San Ferdinando per la sua
sensibilità alla problematica
sull'immigrazione. «Dal primo momento, Madafferi ha
fatto squadra con Rosarno»
ha dichiaratola Tripodi.L'atteggiamento del sindaco sanferdinandese dovrebbe essere preso d'esempio da tutti gli
altri sindaci della Piana. E'
questo il messaggio che ha lasciato don Demasi, provocando la classe politica e suggerendo di «ragionare come
città della Piana». La Pompei
non ha fatto nessun discorso
pubblico.
senza che mai nessuna Provincia abbia posto delle obiezioni in merito». «Gli amministratori delle comunità arbereshe – prosegue la nota –
dopo aver ringraziato gli assessori per la disponibilità
all’ascolto delle loro ragioni,
hanno chiesto la modifica
del criterio di riparto stabilito con la delibera di giunta
n.163 del febbraio 2010, e
quindi precedente all’insediamento della giunta Scopelliti, al fine di tener conto
della effettiva consistenza
delle minoranze presenti in
Calabria. Tutti i partecipanti alla riunione hanno manifestato la ferma volontà di
non perdere le risorse previste dal Por 2007/2013 per i
Pisl relativi alle minoranze
linguistiche, che consistono
in 14milioni di euro». «In risposta a quanto richiesto –
prosegue il comunicato - gli
assessori hanno precisato
l’impossibilità di modificare
l'impianto esistente nei tempi stringenti previsti per la
pubblicazione del bando, che
se non rispettati costringerebbero a impiegare le risorse assegnate alle minoranze
per altri interventi».
Al rientro in studio il sindaco di Bari, Michele Emiliano (ex magistrato) ha subito puntato il dito contro l’assenza delle istituzione,
facendo notare che non c’era un sindaco, un
poliziotti o un carabinieri nel servizio giornalistico. Parole che hanno scatenato la reazione del sindaco di Rosarno Elisabetta Tripodi che a tarda ora ha postato sul profilo di
Facebook un messaggio al sindaco facendogli notare che nessuno l’aveva né avvisata
né chiesto un’intervista. Pronte le scuse del
sindaco di Bari che ha promesso al sindaco
Tripodi che a breve farà visita a Rosarno.
a. mo.
La donna viveva ad Albidona
Bracciante muore
in un incidente
di FRANCO MAURELLA
AMENDOLARA - Ancora
una tragedia che colpisce pesantemente il mondo del lavoro e, in particolare, quello
dei braccianti agricoli, che
fa registrare il decesso di
una donna, Maria Giuseppe
Rusciani e cinque feriti di
cui altre due donne in prognosi riservata, a causa di
un incidente stradale verificatosi in Puglia.
Il fatto. Il Ford Transit
con tre donne braccianti
agricole, M.P., M.C. e M.G.,
alle dipendenze di una coop
di Nova Siri, era partito prima dell’alba da Albidona,
centro collinare dell’Alto Jonio cosentino, condotto da
G.M., un autista del posto e
preceduto daun altrofurgone con un altro carico di
braccianti agricole tutte di
Albidona. Il furgone condotto da G.M., dopo la prima fermata in località “Pagliara”
di Trebisacce per prendere a
bordo un’altra donna, si è
fermato ancora ad Amendolara dove è salita Maria Giuseppa Rusciani, 60 anni,
madre di tre figli, originaria
di Terranova del Pollino (Pz)
ma da anni residente nel comune dell’Alto Jonio cosentino. Partiti prima dell’alba
per recarsi in Puglia, in provincia di Taranto per raccogliere una partita di arance e
mandarini vicino Massafra,
giunti quasi sul posto di lavoro, alle 7 di mattina, il
Ford Transit si è scontrato
violentemente con una Opel
Corsa. L’incidente è avvenuto in territorio comunale di
Massafra (Ta) in località
L’uomo non è stato identificato, forse è un barbone
Cadavere carbonizzato
trovato vicino a un fiume
di GIUSEPPE SAVOIA
ROSSANO (CS) - E’ GIALLO
sulla morte di un uomo
dall’apparente età di trent’anni, il cui cadavere carbonizzato è stato rinvenuto ieri nella
citta bizantina.
Sono stati i vigili urbani
della città di Rossano, durante un ordinario giro di controllo sul territorio, a notare
un fumo denso che saliva dal
torrente Citrea, in via dei Normanni. Scesi sul greto del fiume i Vigili hanno notato il corpo di un uomo totalmente avvolto dalle fiamme.
Immediatamente sono stati allertati i sanitari del 118 e i
Vigili del Fuoco, mentre i due
agenti della municipale hanno cercato di spegnere le
fiamme alla meno peggio.
Anche i pompieri, nonostante il loro tempestivo intervento, non sono riusciti a salvare
la vita dell’uomo.
Ancora incerta l’identità
del cadavere che non aveva indosso alcun documento. Secondole testimonianzedeiresidenti della zona potrebbe
trattarsi di un clochard che
abitualmente dorme vicino al
greto al fiume. A conferma di
l’obitorio dell’ospedale “Nicola Giannettasio” di Rossano dove resta a disposizione dell’autorità giudiziaria
che potrebbe anche
decidere di disporre
una autopsia per
stabilire le cause del
decesso che al momento restano molto incerte.
Dall’esame esterno del cadavere non
sono venuti fuori segni di colluttazione,
quindi sembra difficile l’ipotesi che si
Vigili del fuoco e carabinieri sul luogo
sia trattato di un atquesta versione sul posto c’è to di teppismo, di qualcuno
anche un vecchio materasso e cioè che abbia deliberatamenuna poltrona sgangherata te dato fuoco al barbone.
L’ipotesi più probabile, peche l’uomo potrebbe aver utilizzato come giaciglio di for- rò, è che l’uomo abbia acceso il
fuoco per riscaldarsi, poi si
tuna.
Sul posto si è recato anche il sia addormentato. Ieri a Rosmedico legale, Maria Pia sano spirava un forte vento
Sciacca, che non ha potuto che potrebbe aver spinto le
che constatare il decesso. Da fiamme sull’uomo. Insomma
un primo esame esterno del potrebbe trattarsi di una semcadavere, l’uomo dovrebbe plice tragedia.
Al momento gli inquirenti
avere un’età attorno ai
trent’anni ed è di origine cau- non escludono nessuna pista.
casiche. Al momento il cada- Qualche risposta in più dovere è stato portato presso vrebbe venire dall’autopsia.
“Pezzarossa”, all’incrocio
con la provinciale per Chiatona e con il collegamento
con la statale jonica 106. Il
violento scontro tra il furgone e l’auto ha fatto si che Maria Giuseppa Rusciani fosse
sbalzata fuori dall’abitacolo
decedendo sul colpo. A nulla
è valso l’immediato intervento del 118 giunto dal vicino ospedale di Castellaneta
che oltre a constatare il decesso della donna, insieme
ad altre ambulanze giunte
sul posto, ha soccorso i cinque feriti rimasti sul furgone. Due di questi, in condizioni gravi, sono stati trasferiti presso l’ospedale Santissima Annunziata di Taranto
mentre gli altri feriti sono
stati dislocati negli ospedali
della zona. Da quanto appreso, pare che uno dei due mezzi coinvolti nell’incidente
non abbia rispettato il diritto
di precedenza olo stop imposto all’incrocio. Sulla dinamica dell’incidente mortale,
comunque, sono in corso le
indagini ed i rilievi sul posto,
affidati ai carabinieri della
Stazione di Massafra che, su
disposizione dell’autorità
giudiziaria, hanno posto
sotto sequestro i mezzi incidentati e fatto trasferire il
corpo di Maria Giuseppa Rusciani presso l’obitorio del cimitero di Massafra. Nel
2007 un’altra tragedia della
strada ha visto protagoniste
due braccianti agricole di
Albidona. In quel caso, persero la vita Lucrezia Matarrese e Michelina Napoli, falciate da un’auto mentre attraversavano la superstrada jonica 106.
Annuncio del ministro
Rimodulati
i fondi Fas
per il
dissesto
CATANZARO – Sono in arrivo i fondi per le alluvioni
in Calabria. Ad annunciarlo il ministro dell’Ambiente
Corrado Clini che, parlando durante un convegno
organizzato dagli Ecodem
nella sede del Pd, ha spietato che nella riunione del
pre-Cipe di ieri sono stati
«rimodulati i Fondi Fas»
pari a 700 milioni di euro
per «il dissesto del suolo»
destinati
all’Area
dell’obiettivo 1 (Sicilia, Calabria, Campania e Puglia)
con l’aggiunta di Basilicata e Molise.
Secondo Clini «la tutela
del suolo si incrocia con il
Piano di adattamento ai
cambiamenti
climatici»
che deve essere presentato
«alla commissione Europea entro luglio».
Clini pensa poi all’ipotesi
di poter generare «un fondo da un miliardo per la tutela del suolo», alimentato
dalle regioni grazie a
un’addizionale sull'accise
dei carburanti (decisa in
una delle ultime norme del
precedente governo) e a disposizione delle stesse regioni.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
18 Calabria
Gli avvocati di Chiaravalloti e Loiero chiedono la loro assoluzione
Vibo Valentia
Quei rapporti con Saladino
Restuccia
scagionato
dalla Corte
di Cassazione
Al processo di appello di “Why Not” ricostruiti i legami con il potere
di TERESA ALOI
CATANZARO - Manca la prova del coinvolgimento. In sintesi, non sarebbero emersi legami tali da concretizzarsi in
condotte dolose.
E' proseguita davanti alla
Corte d'Appello di Catanzaro
il processo a carico di 16 imputati coinvolti nell'inchiesta
“Why not” su presunti illeciti
nella gestione dei fondi pubblici in Calabria,giudicati con
il rito abbreviato a marzo
2010, quando il giudice per le
udienze preliminari, Abigail
Mellace, oltre alle decisioni
sui riti alternativi che si conclusero con 8 condanne e 34
assoluzioni totali, pronunciò
anche 27 rinvii a giudizio (il
processo dibattimentale è in
corso) e 28 proscioglimenti
per coloro i quali non chiesero
l'abbreviato. A caratterizzare
l'udienza, le arringhe difensive degli avvocati degli ex presidenti della Regione Calabria, Agazio Loiero e Giuseppe Chiaravalloti, per i quali i
rispettivi legali, Nicola Cantafora, Marcello Gallo e Armando Veneto, hanno concluso
chiedendo di confermare la
pronuncia di assoluzione già
emessa dal gup. Una pronuncia che la Procura, rappresentata da sostituti procuratori
generali Massimo Lia ed Eugenio Facciola, ha impugnato, contestando, in particolare, l'assoluzione per il reato di
abuso di ufficio nei confronti
di Loiero, relativamente al solo capo d'imputazione relativo
al progetto finalizzato al “Censimento del patrimonio immobiliare”, e l'assoluzione per
il capo d'accusa relativo al progetto chiamato “Ipnosi” nei
confronti di Giuseppe Chiaravalloti, concludendo con due
richieste di condanna, ad un
anno di reclusione per Loiero,
e ad un anno e sei mesi per
Chiaravalloti.
Un impianto accusatorio
contestato con fermezza dai
legali che hanno insistito per
la non colpevolezza dei propri
assistiti. In particolare, gli avvocati Nicola Cantafora e Marcello Gallo (l'avvocato Cantafora rappresanta anche Nicola Durante già assolto e per il
quale la Procura ha chiesto
una condanna a un anno e due
mesi di reclusione) hanno evidenziato come in alcune intercettazioni telefoniche era
emerso che l'allora presidente
della Regione Calabria era
contrario nel prorogare l'affidamento dei progetti alla società Why not mentre, dal canto suo, l'avvocato Armando
Veneto ha ricordato «l'ampissima disamina del gup che ha
ritenuto inutilizzabili elementi del teorema accusatorio quali ad esempio alcune dichiarazioni rese in aula dai testimoni dell'accusa intrise di
maldicenze e non per questo
attendibili». Il tutto per spiegare che l'intero castello accu-
Gli ex presidenti della Regione Calabria: Giuseppe Chiaravalloti e Agazio Loiero
satorio per il suo assistito si
sarebbe basato sull'asserita
amicizia dell'ex presidente
della Regione, Giuseppe Chiaravalloti, con Antonio Saladino, principale accusato del
processo, senza che tuttavia i
rapporti amichevoli siano
mai sfociati nella commissione di alcun reato.
Conferma della sentenza
assolutoria anche per Tommaso Loiero - assolto in primo
grado e per il quale la Procura
ha chiesto 8 mesi di reclusione
- difeso dall'avvocato Enzo
Ioppoli, che, nel corso della
sua arringa, ha spiegato
quanto la presenza del suo assistito sia stata ininfluente nel
corso diuna riunioneavvenuta a casa del fratello Agazio
non ricoprendo alcuna posizione alla Regione rispetto alla vicenda relativa al Censimento del patrimonio immobiliare. «Tommaso Loiero era
lì perché - ha sostenuto - era a
casa del fratello, in un ambiente familiare. Se la riunione fosse stata organizzatain una sede diversa, ma solo allora, forse ci saremmo dovuto chiede-
re il perché». La parola è poi
passata all'avvocato Italo Reale, legale di Francesco Saladino - per il quale la Procura ha
chiesto la conferma della sentenza di primo grado con il
qualeè giàstato condannatoa
quattro mesi di reclusione e
300 euro di multa- e agli avvocati Enzo Galeota per Anastasi Pasquale - assolto in primo
grado e per il quale la Procura
ha chiesto 8 mesi.
Si torna in aula il prossimo
24 gennaio per le arringhe dei
difensori degli altri imputati:
Gianfranco Luzzo, Franco Nicola Cumino, Giuseppe Fragomeni ed Enza Bruno Bossio, tutti già completamente
assolti. E poi: Antonio Saladino, ex leader della Compagnia
delle opere in Calabria e principale indagato di “Why not”,
condannato a 2 anni di reclusione solo per alcuni capi; Giuseppe Antonio Lillo, già condannato aun annoe 10mesi; e
Pietro Macrì, già condannato
a 9 mesi di reclusione e 900 euro di multa, per i quali la Procura ha chiesto un aggravio
delle condanne. E infine: Antonio La Chimia, Vincenzo
Gianluca Morabito, Rinaldo
Scopelliti, per i quali la Procura ha chiesto la conferma delle
condanne già sentenziate al
termine degli abbreviati.
Nell’inchiesta sulla discarica coinvolto anche il sindaco di Casignana
Black garden, indagini chiuse
Il pm ha presentato ricorso per ottenere gli arresti in carcere
di GIOVANNI VERDUCI
SIDERNO - Indagini chiuse per l’inchiesta “Black
garden”: il blitz dei carabinieri del comando provinciale e del Nucleo operativo
ecologico di Reggio Calabria che ha portato agli arresti del sindaco di Casignana Pietro Armando Crinò, del fratello Antonio Giovanni Crinò, responsabile
tecnico della ditta che gestiva la discarica, la Zetaemme Sas di Bianco; Massimo
Lafronte, architetto di 41
anni; Giuseppe Saverio
Zoccoli, di 55 anni, socio
della Zetaemme.
Il pubblico ministero della Direzione distrettuale
antimafia Sara Ombra, poi,
ha presentato un ricorso
per ottenere il riconoscimento degli arresti carcerari. Pietro e Antonio Crinò, infatti, dal giorno del loro arresto hanno beneficiato degli arresti domiciliari.
Come si ricorderà l’operazione “Black garden”, alla cui esecuzione presero
parte anche i carabinieri
del Gruppo Locri, portò alla
Sopra Antonio Crinò e accanto Pietro Crinò
luce le presunte irregolarità nella gestione della discarica di Casignana. In
quell’occasione
vennero
eseguite cinque le misure
cautelari, quattro delle
quali consistenti in arresti
domiciliari e una nell'obbligo di dimora. I carabinieri,
poi, notificarono quattro
avvisi di garanzia e il sequestro della discarica e dell'azienda di gestione, per un
valore totale stimato di 13
milioni di euro.
L’indagine è partita dalle
denunce pubbliche effettuare dal Comitato cittadino anti discarica.
Tra i quattro destinatari
dell'avviso di garanzia, invece, figura un altro sindaco, quello di Gioiosa Jonica
Mario Mazza, e Giorgio Stiriti, il responsabile tecnico
della Leonia, la società che
si occupa della raccolta di
rifiuti a Reggio Calabria.
Nei confronti di Mazza e Stiriti, però, vengono contestate singole fattispecie,
completamente avulse dal
contesto organizzativo di
cui sono accusati i cinque
destinatari delle misure
cautelari.
Il reato contestato agli arrestati è traffico illecito di
rifiuti, in quanto mediante
diverse operazioni strumentali avrebbero tratto
ingiusto profitto risparmiando il denaro occorrente per il corretto smaltimento del percolato, per la
ricopertura e la compattazione giornaliera dei rifiuti, nonché per le opere necessarie per una corretta
manutenzione della discarica.
La discarica sequestrata
è stata affidata in custodia
all'Ufficio del Commissario, mentre la Zetaemme, è
stata affidata ad un curatore nominato dall'Ufficio del
gip.
Sulla discarica di Casignana, poi, i carabinieri del
Nucleo operativo ecologico, coordinati dal capitano
Paolo Minutoli, hanno portato a compimento ulteriori
controlli per verificare il ripristino delle condizioni di
legge nel suo utilizzo.
Vincenzo Restuccia
di NICOLA COSTANZO
VIBO VALENTIA - La Corte
di Cassazione, Quinta sezione penale, ha stabilito l’inconsistenza dei presupposti
partendo dalle quali l’imprenditore Vincenzo Restuccia era stato accusato di
falso e truffa in merito all’aggiudicazione di un appalto.
La vicenda processuale ha
avuto inizio, il 4 novembre
de 2010, con l’emissione del
decreto di sequestro preventivo da parte del Giudice per
le indagini preliminari presso il tribunale di Catanzaro,
con il quale sono stati sequestrati bene mobili et immobili fino alla concorrenza della
soma di 2.143.383 euro. Il
procedimento aveva ad oggetto l’aggiudicazione da
parte della ditta “Ati Restuccia Vincenzo Spa” della gara
d’appalto per il rifacimento
di lavori interessanti il torrente Mente. La Procura della Repubblica aveva ipotizzato i reati di falso e truffa in capo alle imprese di Restuccia.
Il 7 gennaio dell’anno passato il Tribunale del Riesame di Catanzaro, accogliendo i riesami proposti dagli
avvocati Giovanni Vecchio e
Sandro D’Agostino del Foro
di Vibo Valentia e Nicola
Cantafora del Foro di Catanzaro, aveva escluso l’esistenza dei reati contestati, restituendo quanto sequestrato a
Restuccia. Contro tale provvedimento la Procura di Catanzaro, nella persona del
dottor Salvatore Curcio, aveva proposto ricorso davanti
alla Corte di Cassazione. La
Suprema Corte, quindi,
nell’udienza di mercoledì
scorso, si è pronunciata definitivamente stabilendo la regolarità della condotta delle
imprese Restuccia e quindi
l’assenza di alcun elemento
che potesse giustificare il
provvedimento di sequestro.
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Calabria 19
24 ore
Sabato 14 gennaio 2012
Sabato 14 gennaio 2012
Giardina ricostruisce l’attività delle cosche nel periodo delle amministrative di Fiumara di Muro
Clan attivi durante le elezioni
L’investigatore: «Cosimo Alvaro era il punto di equilibrio tra Condello e De Stefano»
BOSCO SELVAGGIO
di CLAUDIO CORDOVA
GIÀ dall’ottobre 2007 le cosche di Fiumara
di Muro si interessavano per la campagna
elettorale della primavera del 2008.
Il racconto del Colonnello dei Carabinieri, Valerio Giardina, si concentra, soprattutto, sugli esponenti delle famiglie Imerti, Buda, Bertuca e Passalacqua, che avrebbero la loro zona di influenza sui territori
di Villa San Giovanni e, appunto, Fiumara
di Muro. E’ancora l’ex comandante del Ros
di Reggio Calabria, l’uomo che ha coordinato le indagini per la cattura di Pasquale
Condello, il protagonista del processo “Meta”, che vede alla sbarra i capi dei capi della
‘ndrangheta reggina. Dopo aver dipanato,
nelle scorse udienze, gran parte degli accertamenti svolti sul conto del clan Condello, Giardina, chiamato a deporre dal pubblico ministero Giuseppe Lombardo, si è
concentrato dunque sulle attività delle famiglie egemoni sui territori di Villa San
Giovanni e Fiumara di Muro.
Dal racconto dell’ufficiale dell’Arma, è
emerso un controllo totale su quei luoghi
da parte, soprattutto, della cosca Imerti,
schierata nella seconda guerra di mafia al
fianco dei Condello, ma anche di altri soggetti come Pasquale Bertuca, ritenuto vicino alla sponda destefaniana: «Già nell’ottobre 2007 – ha detto Giardina – le famiglie
di Fiumara tentano di trovare un accordo
sui due candidati favoriti per la poltrona di
sindaco, Domenico Cianci, primo cittadino
uscente, e Stefano Repaci». Cianci è candidato con la “Lista Rinascita”, ma dovrà arrendersi alla vittoria del
giovane Repaci, esponente del gruppo “Insieme per crescere”.
Stando al racconto di
Giardina,
però,
sull’uno e sull’altro candidato vi sarebbe stato
l’interessamento della
‘ndrangheta: «Siamo
riusciti a documentare
una visita che Domenico Passalacqua e Stefano Vitale (due degli indagati del procedimento, ndi) fanno proprio
nello studio di Repaci,
di professione geometra». Ripercorrendo le
fasi dell’indagine “Meta”, culminata con il
blitz del giugno 2010, il
Colonnello Giardina ha
sottolineato più volte il
controllo asfissiante
che le cosche avrebbero
mantenuto sulle attività del Comune di Fiumara: «Domenico BarValerio Giardina
bieri sollecita Vitaliano
Grillo Brancati affinché questi si interessasse della stipula di una convenzione tra
la società Acquereggine e il Comune di Fiumara di Muro». Una convenzione che non
verrà sottoscritta a causa delle precarie
condizioni economiche dell’Amministrazione Comunale, ma che nell’ottica degli
indagati avrebbe portato almeno una decina di posti di lavoro sul territorio: «Per
questo in quelle zone la ‘ndrangheta è vista
con un’accezione positiva» ha detto l’ufficiale dell’Arma. Lo stesso Barbieri, peraltro, otterrebbe il pagamento di alcuni lavori effettuati per il Comune di Fiumara grazie all’interessamento di Antonino Imerti,
classe 1950, indagato e cugino dell’omonimo “Nano Feroce”.
Il racconto di Giardina comprende una
serie impressionante di presunti imbrogli:
dal concorso truccato per permettere l’assunzione di Carmelo Sergi (coinvolto
nell’indagine “Rifiuti”) come tecnico del
Comune di Fiumara, passando per presunti brogli alle elezioni universitarie, dove, a essere “vittima” sarebbe, addirittura,
Giuseppe Imerti, fino ad altre presunte irregolarità nelle elezioni comunali del Comune di Fiumara di Muro. Tanti i personaggi tirati in ballo, tra cui anche l’onnipresente Cosimo Alvaro, il boss di Sinopoli
in contatto con imprenditori e politici reggini e definito da Giardina «un punto di
equilibrio tra Pasquale Condello e Giuseppe De Stefano». Riferimento anche a un altro soggetto ritenuto vicino alle cosche,
Giuseppe Cotroneo, originario di San Roberto. E dalla gabbia i detenuti gridano,
provocatoriamente, “zio di chi?”, alludendo alla parentela dell’uomo con un magistrato reggino. Alla richiesta di chiarimenti, da parte del presidente del Collegio,
Silvana Grasso, i detenuti faranno scena
muta. Un’applicazione concreta del concetto di omertà.
I clan
tentarono
di avvicinare
i due candidati
a sindaco
Chieste pene
fino a 15 anni
PENE fino a 15 anni di reclusione sono state chieste ieri dal pm Stefano
Musolino, contro una presunta associazione a delinquere finalizzata
all’usura. Il processo, che si svolge in
abbreviato, è uno stralcio dell’inchiesta “Bosco selvaggio” che ha riguardato l’area di Rosarno e San
Ferdinando.
Il sostituto Stefano Musolino ha
chiesto 7 anni di carcere per Salvatore Barone, 6 per Francesco Chiodo,
10 per Alfonso Figliuzzi, 6 per Michele Trapasso, uno per Michele Bellocco, 15 per Giuseppe Cacciola, 9
per Giovanbattista Cacciola, e 10 per
Salvatore Pronestì. Assoluzione invece per Alessandro Marando. pene
così alte sono giustificate anche alla
luce dell’aggravante mafiosa contestata dall’accusa.
Il procedimento ha anche uno
stralcio che si sta svolgendo con il rito ordinario al tribunale di Palmi. In
quella sede saranno giudicati Giuseppe Giovinazzo, Giuseppe Mammoliti e Gaetana Dato. Il processo
che si sta svolgendo davanti al Gup
di Reggio Calabria nasce, come accennato, da un’altra inchiesta che a
suo tempo fu condotta dalla Dda reggina. La richiesta di rinvio a giudizio
porta infatti la firma del Pm Marco
Colamonaci.
Il Comune di Fiumara di Muro
Il gup Petrone accoglie la richiesta di rinvio a giudizio per la banda dei rapinatori
“Barracuda”, tutti a processo
In due scelgono il rito abbreviato, mentre uno patteggia 4 anni e 8 mesi
di GIUSEPPE BALDESSARRO
OTTO RINVII a giudizio per
il processo ordinari, due in
abbreviato ed una pena patteggiata. E’ questa la sintesi
dell’udienza preliminare del
processo nato dall’inchiesta
“Barracuda” che ieri si è
svolto davanti al Gup Francesco Petrone.
Il Giudice, vista la richiesta di rinvia a giudizio e sentite le parti ha deciso di rinviare a giudizio, e quindi di
mandare a processo (che inizierà il prossimo 28 marzo),
Carmelo Calù, Fabio Calù,
Antonio Caracciolo, Domenico Palmisano, Mirko Falcomatà (che però è stato
scarcerato per decorrenza
dei termini di custodia cautelare), Salvatore Bonura,
Demetrio Monorchio e Giovanni Bellantoni.
Hanno invece scelto il rito
abbreviato (l’udienza è stata
fissata per il 6 marzo) Carmela Lauro e Antonino Consolato Aricò. Ultima posizione, quella di Vincenzo Sorace, che ha patteggiato una
pena a 4 anni e 8 mesi di reclusione.
Il gruppo era accusato di
avere portato a termine una
serie di rapine ai danni di anziani. Secondo l’indagine
svolta dai carabinieri della
Compagnia cittadina, per
quasi un anno hanno aggredito e rapinati vecchietti.
Gente che in parte stava anche bene economicamente e
che custodiva in casa denaro, titoli e soprattutto gioielli e oggetti preziosi. Tanto
che il valore stimato della refurtiva si aggira intorno ai
500 mila euro (350 mila in
una sola rapina). A capo
dell’organizzazione c’erano
i fratelli Carmelo e Fabio Calù, un ruolo lo aveva anche
Antonio Caracciolo, il leader
operativo. Un gradino più in
basso la Lauro e il resto dei
complici impegnati a turno
negli assalti. Violentissima
la tecnica usata e scoperta
dai carabinieri. Una volta individuato l’obiettivo, grazie
a qualche soffiata, la donna
si presentava alla porta delle
vittime dicendo di dover consegnare della posta o dei volantini. Quando gli veniva
aperto entravano in gioco
duo o tre complici che saltavano addosso agli anziani
aggredendoli fisicamente.
Botte e minacce, fin quando
non saltavano fuori soldi e
preziosi. Lauro racconta alcune delle aggressioni non
sapendo delle cimici: «Sono
salita sul tavolo ... sapevamo
quello che c’era. Il vecchio lo
hanno scassato proprio.
Dalla bocca lo hanno scassato. La vecchia l’ho buttata a
terra e gli ho detto “o mi dai
la chiave della cassaforte o ti
spacco qua e ti chiudo nel caminetto”». Una confessione
in diretta terrificante. Dopo
aver preso tutto il possibile
la banda legava e imbavagliava i malcapitati e si dava
alla fuga. Fuori quasi sempre c’era un palo ad attenderli. Oramai i “barracuda” (da
qui il nome dell’operazione)
erano diventati degli esperti. Agivano con puntualità
cronologica. Non avevano
però calcolato due cose. La
prima è la telecamera di un
negozio vicino ad uno degli
appartamenti svaligiati che
ha ripreso l’assalto e la fuga
dei criminali. La seconda è
l’acume degli inquirenti capaci con cimici e tracce telefoniche i ricostruire gli spostamenti di ogni componente della banda. In più il coraggio e la determinazione
di tutti gli anziani vittime
delle rapine. Per nulla impauriti, e nonostante le violenze subite, hanno fatto la
fila dai carabinieri per fornire elementi utili sui loro carnefici nel corso delle indagini. Poi li hanno anche riconosciuti e indicati uno per
uno. Il resto lo ha fatto Carmela Lauro che con le sue
chiacchiere ha consegnati
l’itera organizzazione alle
forze dell’ordine.
La mappa
delle rapine
accanto
parte della
refurtiva
recuperata
e sotto
l’incontro
stampa
per gli
arresti
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26 Reggio
Associazioni davanti alla Prefettura per sostenere il diritto di soggiorno La replica di Naso (Pdl)
«Naccari iettatore
aggiorni il software
del suo computer
Il sit-in contemporaneamente alla manifestazione di Roma i dati sono ben altri»
Contro il caporalato
di WALTER ALBERIO
DA Piazza Esquilino a Roma fino a Reggio Calabria per sostenere il diritto di soggiorno e
stigmatizzare lo sfruttamento
e l’imposizione della clandestinità.
Nel primo pomeriggio, difatti, il Centro sociale occupato
autogestito “Angelina Cartella” ha voluto dare il suo appoggio, con un sit-in davanti alla
Prefettura di Reggio Calabria,
alla manifestazione tenutasi
in contemporanea nella Capitale.
Diverse le associazioni e gli
organi sparsi nella provincia
che hanno voluto aderire
all’iniziativa: dalla Rete per la
difesa del territorio “Franco
Nisticò” al Collettivo UniRc;
dal Comitato Acqua Pubblica
di Villa San Giovanni alla FlaiCgil del comprensorio di Gioia
Tauro fino alla Chiesa Battista
di Reggio Calabria.
La rete che si prodiga per modificare “il paradigma della sicurezza”, imposto dai provvedimenti e dal pensiero della
scorsa maggioranza di governo (Lega Nord in testa), avanza
numerose proposte per contrastare il caporalato e le varie
forme di emarginazione sociale a cui sono soggetti gli immigrati extracomunitari che arrivano in Italia: tutela legale e
permesso di soggiorno per i lavoratori che denunciano i loro
sfruttatori; rinnovo di tutti i
permessi di soggiorno rilasciati per i fatti di Rosarno;
l’abolizione della Legge BossiFini e la chiusura di tutti i Cen-
tri di Identificazione ed Espulsione; un sistema di collocamento pubblico in agricoltura
che consenta di smantellare il
caporalato, nonché l’instaurazione di indici di congruità che
verifichino il rapporto tra fatturato e manodopera.
Queste sono alcune delle misure che i cittadini e le associazioni chiedono alla politica in
difesa dei diritti, prima che
dell’immigrato e del lavoratore, dell’uomo in quanto essere
umano.
Difesa dell’agricoltura contadina e lotta alle speculazioni
inerenti, sono un altro punto
delle manifestazioni andata in
scena ieri.
La rete chiede una “radicale
revisione” della politica agricola comunitaria che, si legge
nella nota, “vincoli gli aiuti alla
sostenibilità sociale oltre che
ecologica delle produzione, tutelando anche il lavoro e il territorio e instaurando un regime di aiuti specifico per la piccola proprietà”.
I manifestanti davanti alla Prefettura
Due banditi mettono a soqquadro il negozio e aggrediscono una delle titolari
Rapina a mano armata a Tremulini
ga i due hanno trascinato verso l’uscita tirandola
di GUGLIELMO RIZZICA
dalle gambe una delle due donne che era presente
MOMENTIdi paura si sono vissuti ieri sera nel rio- nel locale mettendo, allo stesso tempo, a soqquane di Tremulini a causa di una rapina perpetrata dro parte del negozio posto vicino l’entrata
ai danni di un negozio di articoli per l’igiene della dell’esercizio commerciale. Probabilmente le urla
disperate di aiuto e di paura dell’altra esercente,
casa e della persona situato sul Viale Amendola.
Da poco trascorse le 19 due individui col volto hanno indotto gli stessi a fuggire con il bottino. Da
travisato da passamontagna e casco da motocicli- li a poco iniziava ad accorrere verso il luogo una
sta hanno fatto irruzione all’interno del negozio folla di gente. Intanto sul posto convergevano
prontamente tre gazzelle dei Ca“Sara Shop” che affaccia le prorabinieri, una del Nucleo Operatiprie vetrine sul centralissimo
vo Radio Mobile e due della ComViale Amendola. Sotto la minacpagnia intervento operativo, che
cia delle armi i due malfattori
si portavano presso il negozio per
hanno chiesto l’incasso della
svolgere le attività di rito utili a
giornata alle due proprietarie, viraccogliere indizi per la ricostrusibilmente sotto shock, tenendo
zione di quanto accaduto, ed una
puntate contro di loro le pistole.
ambulanza del 118 per prestare le
Nei pochi concitati minuti serviti
cure alle due donne. Il fatto ha suai delinquenti per compiere l’atto
scitato sgomento tra i residenti
criminale i due sono riusciti a
per quanto successo vista la cenforzare la cassa sottraendo l’intralità della zona e l’orario in cui è
casso. Non contenti di quanto
accaduto.
compiuto prima di darsi alla fu- I carabinieri sul luogo della rapina
«ANCORA una volta l’avvocato Naccari
Carlizzi esperto conoscitore esterno della
contabilità comunale e attento giudice dai
pareri espressi dai revisori e dai funzionari, non perde l’occasione di tacere addentrandosi in una disquisizione tecnica tesa
a dimostrare non le sue ragioni ma semplicemente accusando il Comune di aver
commesso errori. Nonostante le sue iettature invece quanto sostenuto dall’avvocato Naccari non solo non è mai avvenuto
ma corrisponde ad un clamoroso falso».
Il consigliere comunale del Pdl, Pasquale Naso, replica a muso duro all’ex assessore regionale Pd Demetrio Naccari,
che ieri aveva attaccato l’amministrazione di Palazzo San Giorgio sul parere contrario
espresso dal dirigente
esterno al settore Bilancio Enzo Cuzzola in merito alla deliberazione
Irpef adottata dal Consiglio comunale.
«Nessuna decurtazione a trasferimenti erariali è avvenuta o avverrà per l’approvazione
tardiva del Rendiconto
2010» chiarisce Naso,
che così prosegue:
«Quanto poi al mancato rispetto del patto
distabilitàprobabilmente vièlanecessità
di un aggiornamento del software del Pc
utilizzato da Naccari per fare i conti, poichéi datiin possessodell’Amministrazione comunale dicono tutt’altro. E lo smentiscono in modo ufficiale. Certamente chi
oggi ha voluto nuovamente offendere il
dirigente del settore Finanze poco e male
ha letto il suo parere che presenta, chiaramente, motivazioni squisitamente tecniche e non politiche. Motivazioni dettagliate articolatamente. Dunque asserire il
contrario, sembra l’estremo tentativo di
chi vuol essere a tutti i costi mediaticamente accattivante».
Il consigliere
comunale
chiarisce
sul rendiconto
dell’anno 2010
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Reggio 27
Sabato 14 gennaio 2012
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REDAZIONE: via Cavour, 30 - 89100 Reggio Calabria - Tel. 0965.818768 - Fax 0965.817687 E-mail: [email protected]
Le associazioni dell’Area Grecanica tornano ad attaccare la società della centrale a carbone di Saline
«La Sei pensa solo al profitto»
Polemiche dopo un’intervista dell’Ad: «Non vogliono portare sviluppo»
MONTEBELLO JONICO - «La
“Sei spa”, non gradisce il confronto pubblico, preferisce comunicare solo attraverso le
interviste di Fabio Bocchiola,
nella sua duplice veste di amministratore delegato della
Sei e della filiale italiana dell'azienda svizzera Repower».
Il Coordinamento delle associazioni dell’Area Grecanica
torna all’attacco della multinazionale che ha progettato la
centrale a carbone di Saline
Joniche. E, in una nota stampa, si sofferma sulle parole di
Bocchiola: «Nell'intervista rilasciata al programma “Laser”, della tv svizzera Rsi-Rete
Due, l'amministratore delegato della “Sei-Repower”
chiarisce alcune posizioni
della sua azienda riguardo alla scelta del carbone a Saline
Joniche. Ribadisce il perchè
della scelta del carbone. Il carbone è il combustibile più economico e che quindi fa guadagnare più soldi alla sua società. Perché è questo lo scopo di
una società, fare soldi. Questa
è la logica a cui rispondono gli
avventurieri del carbone in
Calabria, il profitto».
«Non c'è uno scopo filantropico dietro - avverte il coordinamento - non vogliono portare sviluppo e benessere nella nostra povera terra, vogliono fare soldi».
Ed ancora: «Nessuna
preoccupazione ha invece la
“Sei-Repower” che con i suoi
dirigentiseduti attornoadun
tavolo ha deciso di abbinare il
carbone ad una delle zone più
belle d'Italia. Il peggiore inquinamento al turismo. Non
hanno preso questa decisione
a cuor leggero, come ha dichiarato Bocchiola: “Ci siamo
mossi con molta cautela
quando abbiamo deciso di entrare nel mondo del carbone,
perchè il primo passo è stato
proprio questo, cioè la salute
Un corteo contro la centrale a carbone di Saline Joniche
pubblica, è stato per noi l'elemento discriminante se avventurarciomeno inunacentrale a carbone”. Peccato che il
passo successivo sia stato
quello di ignorare completamente tutti gli studi medici
ufficiali che riconoscono nel
carbone,il combustibilefossile più inquinante del mondo,
la causa di un numero enorme
di morti».
Poi alcunidati: «L’Organizzazione mondiale della sanità
ha lanciato un allarme che inchioda le centrali a carbone affermando cheesse sonola prima causa al mondo delle morti
per inquinamento. Una società che tiene realmente alla salute delle persone che subiranno le conseguenze del suo
progetto avrebbe detto “scusate, ci siamo sbagliati” e
avrebbe desistito, ma la “SeiRepower no! Perchè loro de-
vono solo fare soldi».
«L'intervista - spiegano le
associazioni - continua con un
gioco di prestigio, si sposta
l'attenzione per distrarre chi
ascolta. L'Ad della “Sei-Repower” inizia a parlare di inquinamento e afferma: “Abbiamo
creduto nel sistema Ets, cioè
Emission Trading System,
che già oggi è operativo, cioè
io nella mia centrale a turbogas che ho in Campania, io già
oggi sto comprando certificati di CO2”. Con gli Ets si compra il diritto di inquinare.
Ogni stato europeo può emettere una certa quantità di gas
serra,i paesivirtuosi neemettono meno e possono vendere i
loro Ets, in questo modo il totale degli inquinanti emessi
sarà sempre lo stesso. E qui si
cela il trucco! Spostare l'attenzione da Saline al mondo».
«Il totale dell'inquinamen-
to prodotto - aggiunge il coordinamento- rimarràinalterato, ma ci saranno zone, come
Saline Joniche, che dovranno
subire dosi massicce di inquinamento. Neanche il tanto
sbandierato Ccs (Cattura e
stoccaggio del carbone) viene
in aiuto alla “Sei-Repower”.
Annunciato ai quattro venti
come la soluzione al problema
delle emissioni della Co2, questo sistema sperimentale non
sta dando i risultati sperati,
inanellando una serie di fallimenti, tanto che Fabio Bocchiola è costretto a dichiarare,
sull'utilizzo in futuro di questa tecnologia: “Bisogna riflettere un attimo, perchè vorrebbe dire perdere circa 10
punti di efficienza, e quindi il
grande successo di passare da
35% a 45% di efficienza, quindi riduzione delle emissioni
con la stessa quantità di energia, in realtà, vuol dire fare un
passo indietro”».
«Questo vuol dire - continua la nota - che il progetto
della centrale a carbone a Saline Joniche sarà inquinante
esattamente come le altre centrali a carbone». «Ma è sul finale - aggiungono - che l'Ad
della “Sei-Repower” da il meglio, parlando dell'idea di elaborare quello che chiama “un
patto di legalità” da stringere
con le forze dello stato locali,
entrando nel mondo del surreale! Solo in un mondo alla
rovescia la “Sei-Repower può
proporre il progetto di una
centrale a carbone andando
contro la legge regionale calabrese che dice espressamente
“è vietato su tutto il territorio
regionale calabrese, l'utilizzo
del carbone per alimentare
centrali per la produzione di
energia elettrica”, progetto
che quindi può essere definito
illegale, e allo stesso tempo
chiedere distringere unpatto
di legalità».
Il Comune di Motta San Giovanni va incontro ad aziende e cittadini
Tarsu, ecco le agevolazioni
Il dettaglio degli interventi che riguardano la tassa sui rifiuti
di PAOLO VACALEBRE
MOTTA SAN GIOVANNI - Il Comune
di Motta San Giovanni - Settore finanziario e tributi - ha diramato in questi
giorni, un avviso alle utenze domestiche e attività produttive per spiegare
nel dettaglio le modalità di accesso alle riduzioni sulla tassa rifiuti solidi
urbani.
«Per fruire delle agevolazioni - si
legge nell'avviso - riduzione di 1/3
della tassa annuale per abitazioni con
un unico occupante; riduzione di 1/3
della tassa annuale per locali, diversi
dalle abitazioni ed aree scoperte, adibiti ad uso stagionale o ad un uso non
continuativo ma ricorrente risultante da licenza o autorizzazione rilasciata dai competenti organi per l'esercizio dell'attività; riduzione di 1/3
della tassa annuale nei confronti dell'utente, residente nel comune, per la
seconda casa; riduzione di 1/3 della
tassa annuale nei confronti degli
agricoltori occupanti la parte abitativa della costruzione rurale». E ancora: «Riduzione non superiore al 10%
della tassa annuale nel caso di attività
produttive, commerciali e di servizi
per le quali gli utenti dimostrino di
aver sostenuto spese per interventi
tecnico-organizzativi comportanti
un'accertata minore produzione di
rifiuti o un pretrattamento volumetrico, selettivo o qualitativo che age-
Il municipio di Motta San Giovanni
voli lo smaltimento o il recupero da
parte del gestore del servizio pubblico
ovvero per le quali gli utenti siano tenuti a conferire a detto servizio rilevanti quantità di rifiuti che possono
dar luogo alle entrate di cui all'articolo 61, comma 3, del decreto legislativo 507/1993».
Prevista, poi, la «riduzione di 1/3
della tassa annuale per i titolari di
esercizi commerciali che dimostrino
di avere un contratto o convenzione
con ditte specializzate nello smaltimento della raccolta differenziata; ri-
duzione per le attività di bed & breakfast, equiparate alle civili abitazioni
ai fini dell'applicazione della tarsu;
riduzione di 1/3 della tassa annuale
per i nuclei familiari con persona disabile riconosciuta ai sensi della legge 104/1992, gli interessati dovranno produrre apposita istanza all'ufficio comunale. Le riduzioni tariffarie
non sono tra loro cumulabili».
Ogni informazione ulteriore può
essere richiesta agli uffici comunali
contestualmente alla richiesta dei rispettivi moduli.
BOVA MARINA
Dalla Provincia
sostegno agli scavi
di rione Panagulla
mi rinvenimenti sembra
di GIUSEPPE CILIONE
che dalla terra stia emerBOVA MARINA - Quello gendo un complesso di
che sta emergendo dalla notevoli dimensioni; molterra ha già fatto strabuz- to probabilmente una vilzare gli occhi di appassio- la romana risalente al I senati, archeologi e studiosi colo avanti Cristo e free non ha lasciato indiffe- quentata per almeno cinrenti neppure gli ammini- quecento anni».
«Sono ben visibili - spiestratori locali. In contrada Panagulla, su un terre- ga ancora - degli impono di proprietà Enel, in nenti muri perimetrali
maniera del tutto casuale esterni e dei vani in cui satempo fa, emersero resti rebbe possibile accedervi e
visitarli una volta ultimadi mura antiche.
Oggi, dopo i primi in- ti i lavori. Il terreno su cui
terventi degli archeologi, sono stati rinvenuti i prisi sta materializzando mi reperti è di proprietà
una villa romana di di- dell'Enel ma si presume
mensioni importantissi- che ad essere caratterizzata
dalla
me che ha cattustruttura, che
rato le attenzioappare peralni dell'assessotro piuttosto
re provinciale
integra,
poalla
cultura,
trebbe essere
Eduardo Lamuna vasta area
berti
Castropoco lontana
nuovo e del condal letto del torsigliere provinrente San Paciale dell'area
squale”.
Pierpaolo Za“Tale iniziavettieri. Dopo
tiva conferma,
una prima visiancora una volta istituzionale
ta, - ha aggiunnel mese di setto Zavettieri tembre è giunto
l'impegno deloggi l'annuncio del primo Il sopralluogo di Lamberti l'Ente verso le
incommensucontributo per
rabili risorse storico - culsostenere gli scavi.
“L'assessore alla cultu- turali di cui è ricca la nora, Eduardo Lamberti Ca- stra area e l'attenzione costronuovo - sottolinea il stante verso il nostro terconsigliere provinciale ritorio”. L'interesse della
Pierpaolo Zavettieri in Provincia e, nello specifiuna nota diffusa agli or- co dell'assessorato guidagani di informazione - do- to da Edoardo Lamberti
po aver avuto la sensibili- Castronuovo non si ferma
tà di visitare le bellezze ar- a questo contributo poicheologiche di Bova Mari- ché si sta lavorando ad un
na, nell'ambito di un con- Piano di sviluppo regiotributo per la promozione nale afferente i beni are lo sviluppo turistico di cheologici.
“Gli scavi di Panagulla tutta l'Area Grecanica, ha
voluto destinare, con una conclude il documento - si
delibera del 29 dicembre inseriscono, inoltre, nel
2011, la cospicua somma complesso contesto ardi quattro mila euro per cheologico di San Pasquagli scavi di località Pana- le, località in cui sorge Argulla. Non posso esimer- cheoderi, un'opera figlia
mi, dunque, a nome della della determinazione e
comunità del territorio dell'impegno profuso in
che rappresento, dal rin- passato dai Socialisti.
l'Assessorato
graziarlo per la sua sensi- Inoltre,
bilità che si è estrinsecata Provinciale ai Beni Cultuin un primo momento nel rali, di concerto con la Socogliere con solerzia l'in- vrintendenza ai Beni Arvito e fare un sopralluogo cheologici, sta lavorando
sul sito dal quale sta ve- alla predisposizione di un
nendo fuori una villa ro- Pisr con l'intento di conmana di notevoli dimen- tribuire a promuovere e
sioni e poi nel destinare sviluppare un'area in cui
delle somme per sostene- le strutture esistenti nere l'esosa campagna di cessitano di un ulteriore
impulso per poter emerscavi”.
La notevole valenza del gere ed essere conosciute
sito archeologico è rimar- nel panorama culturale
cata dallo stesso Pierpao- italiano”.
Insomma, un intervenlo Zavettieri che nella nota
delinea i primi risultati to preciso destinato a far
e
valorizzare
diffusi dagli esperti. “Per cresce
quanto riguarda Pana- un’area archeologica che,
gulla - prosegue il rappre- giorno dopo giorno, sta
sentante di Palazzo Foti - assumendo un’importanoggetto di questo contri- te valenza culturale per
buto, va detto che dai pri- tutto il territorio.
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Grecanica
Sabato 14 gennaio 2012
Sabato 14 gennaio 2012
Il primo maggio del 2007 uccise a colpi di accetta i coniugi di Mendicino Ennio Greco e Maria Reda
Bedreaga: ergastolo definitivo
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso della difesa e conferma la sentenza
di ROBERTO GRANDINETTI
CINQUE anni dopo l’efferato
delitto arriva la sentenza definitiva, sancita dalla Corte di
Cassazione di Roma. L’imputato è il rumeno Giani Bedreaga, 40 anni, originario di Noua Moldava, ritenuto responsabile dell’omicidio degli anziani coniugi di Mendicino
Ennio Greco e Maria Reda, il
primo maggio del 2007 uccisi
nel sonno a colpi di accetta in
testa. Ieri, su ricorso presentato dagli avvocati Elena Artesee MassimoPetrone, delforo
di Cosenza, difensori di Bedreaga, si è svolto l’ultimo atto
del procedimento, dinanzi appunto ai giudici della Suprema Corte, prima sezione penale. I penalisti hanno insistito
sulla sua innocenza chiedendo l’annullamento dell’ergastolo, che era stato comminato
sia in primo che in secondo
grado, e l’invio degli atti ad
una nuova sezione della Corte
di Appello di Catanzaro. La richiesta non è stata accolta. E
così la dura sentenza è diventata definitiva. A questo punto Bedreaga, di fatto destinato
alcarcerea vita,potràsperare
solo in una scarcerazione per
buona condotta. Ma dovrà prima scontare almeno quindici
anni di reclusione. Per questa
vicenda è recluso dal 2007.
Ora si trova nel carcere
dell’Isola d’Elba.
«Noi - ha commentato a caldo l’avvocato Elena Artese crediamo ancora nella sua innocenza. In questo processo è
venuta a mancare una difesa
scientifica. Non abbiamo avuto cioè la possibilità, soprattutto di natura economica, di
contestare le consulenze prodotte dall’accusa...». E così, almeno così fa intendere la difesa, per Bedreaga non c’è stato
scampo. «Ancora oggi - ha incalzato la Artese - ci chiediamo
di chi erano le tracce di donna
trovate in casa delle vittime».
L’efferato delitto si consumò dunque la notte del primo
maggio, in via Costa numero 2
di Mendicino. I settantenni
Ennio e Maria Greco furono
Giani Bedreaga il giorno del suo arresto
uccisi mentre dormivano nel
loro letto matrimoniale. L’assassino li ammazzò a colpi di
accetta. L’arma rimase conficcata nella testa della povera signora Maria. La sera successiva la macabra scoperta, coi
carabinieri di Cosenza e Mendicino che procedettero col
fermo di due rumeni. Uno era
proprio Bedreaga. Determinante, anche ai fini della condanna, è stata la testimonianza di una donna, che ha detto
di aver visto il rumeno, intorno alle 9 di mattina del primo
maggio e dunque a delitto
consumato, nell’atto di na-
scondersi dietro una delle tende delle finestre di casa Greco.
Di contro la difesa ha cercato
di dimostrare, in tutti e tre i
gradi di giudizio, che il rumeno trascorse la notte dell’omicidio all’addiaccio in una vecchia auto, e non dentro casa
Greco.
Relativamente all’arma del
delitto, l’accetta, l’accusa ha
dimostrato che su di essa
c’erano le tracce di Bedreaga.
La difesa ha ricordato che il
rumeno per diverso tempo ha
sbrigato dei lavori per conto
dei Greco, utilizzando proprio
quell’accetta, sulla quale sono
dunque rimaste le sue impronte, cosa che forse - e sempre a detta degli avvocati difensori - il vero assassino sapeva bene. Secondo i giudici di
primo e secondo grado Bedreaga uccise per una sorta di
gelosia e prostrazione. L’ex
moglie, tal Veronica, aveva intrapreso unarelazione conun
altro connazionale, tra l’altro
residente a Mendicino. E poi
Bedreaga non aveva una fisso
lavoro. Uccise, è stato motivato, «in un attimo di lucida follia». Ieri l’ultimo atto. Ergastolo definitivo. I familiari delle vittime si sono costituite
parte civile e anche ieri sono
state rappresentate dall’avvocato Franz Caruso.
Multa da 15mila euro a tre napoletani che vendevano calze
Ambulanti illegali, blitz dei vigili
GLI agenti della polizia municipale, agli ordini del comandante Giampiero Scaramuzzo,
hanno effettuato nella giornata di ieri un
blitz in piazza Bilotti per contrastare il fenomeno degli ambulanti illegali. In azione sono
entrate tre pattuglie, che hanno concentrato
il loro intervento su tre napoletani, che vendevano biancheria e calze. I venditori, che
erano soliti chiedere anche dei soldi ai passanti, sono stati portati al comando di via
Bendicenti, dove si è proceduto col sequestro
della merce (contenuta in tre borsoni) e con
una multa di ben 15mila euro. I tre, infatti,
non avevano alcuna licenza per vendere.
Il comandate Giampiero Calabrese
L’operazione fu eseguita lo scorso 15 novembre dai carabinieri di Rende
“Drug discount”, in 10 dal gup
Spaccio di droga nell’hinterland: fissata l’udienza preliminare
SI SVOLGERA’ il prossimo 28 marzo,
dinanzi al gup Cristofano, e a seguito
delle richieste di rinvio a giudizio sollecitate dal pubblico ministero Salvatore
Di Maio, l’udienza preliminare di “Drug
discount”, inchiesta concentrata sullo
spaccio di sostanze stupefacenti. Dieci
gli imputati. Si tratta di Celestino Abbruzzese, 36 anni di Cosenza (difeso dagli avvocati Cesare Badolato e Giancarlo
Greco), Francesco Alfano, 33 di Rende
(difeso dagli avvocati Antonio Quintieri e Nicola Rendace) Antonio Scalfari,
31 di Rende (difeso dall’avvocato Rossana Cribari), Antonello Vetere, 28 anni di
Luzzi (difeso dagli avvocati Cesare Badolato ed Eugenio Spadafora), Robertino De Bartolo, 43 di San Fili (difeso dagli
avvocati Renato Tocci e Marco Bosco),
Fabio Russo, 26 anni di Luzzi (difeso dagli avvocati Franco Napolitano e Antonio Quintieri), Caterina Pugliese, 36
anni di Castrovillari (difesa dall’avvocato Gisberto Spadafora), Luigi Cavalletti,
41 di Carolei (difeso dall’avvocato Antonio Ingrosso), Francesco De Lorenzo,
31 di Rende, e Danilo Ruffolo, 21anni di
Rende (entrambi difesi dall’avvocato
Angelo Pugliese). Secondo l’accusa vendevano cocaina, hashish e marijuana
tra Cosenza, Rende e Montalto.
L’attività indagine ha preso le mosse
da due distinti episodi: il primo è del 19
febbraio scorso e ha a che fare con la rapina commessa al Mc Donald’s di Quattromiglia di Rende da una persona ar-
Una fase dell’operazione “Drug discount”
mata di pistola e a bordo di un motociclo;
il secondo con un controllo operato dalla Compagnia di Rende, il 9 aprile 2011,
nei pressi dello svincolo autostradale di
Cosenza nord, durante il quale l’attuale
imputato Fabio Russo, a seguito di perquisizione personale, fu trovato in possesso di numerosi contratti e contrassegni assicurativi falsificati nonché della
somma di 29.900 euro in contanti, confezionati in sacche sottovuoto.
Il 15 novembre, durante la conferenza stampa di “Drug Discount”, il capitano Adolfo Angelosanto, della Compagnia di Rende, spiegò che la rapina al Mc
Donald’s era stata organizzata per far
fronte ad un debito per l’acquisto di stupefacente contratto con il gruppo degli
“zingari”, rappresentato da
Celestino Abbruzzese.
Determinante ai fini
dell’indagine è stato anche
l’arresto (datato 6 agosto
scorso) di De Bartolo, di professione parrucchiere. Gli
sequestrarono 26 kg di droga (128 panetti di hashish
in tutto), nascosti in un armadio del suo salone, all’interno di due borsoni neri.
Alfano, lo stesso De Bartolo, Russo eAbbruzzese sarebbero gli organizzatori,
coordinatori e soggetti di riferimento per gli altri indagati dell'intera attività di spaccio.
La Pugliese appare nella doppia veste
di consumatrice di droga e spacciatrice.
«In particolare - e sempre secondo l’accusa - la donna ha mostrato una considerevole capacità organizzativa, trovando moltissimi clienti (anche provenienti da zone distanti quali Corigliano
e Castrovillari), mantenendone con assiduità i contatti».
L’imputata, sempre secondo l’accusa,
si sarebbe a tal proposito avvalsa «in modocontinuativodi Cavalletticheappare
(nonostante il suo spessore criminale)
in una posizione a lei subordinata».
r. gr.
Ruffolo (a destra) col suo avvocato difensore, Franz Caruso
Usura e truffa
Novantatré sotto accusa
c’è anche Pietro Ruffolo
SI SVOLGERA’ il prossimo 29 marzo, dinanzi al
gup del tribunale di Paola, l’udienza preliminare di “Coffee Break”, inchiesta concentrata su
un presunto giro di truffe e usura, consumatosi
sul Tirreno Cosentino.
Novantatrè le persone
che, per come richiesto
dal pm Eugenio Facciolla, rischiano il rinvio a
giudizio.
Secondo il magistrato
titolare dell'inchiesta,
nata da una indagine
della Guardia di Finanza, coordinata da procuratore capo di Paola,
Bruno Giordano, l'associazione sarebbe stata
«promossa, organizzata
e diretta» da Agostino
Briguori e Tommaso
Leale, ex comandante
della Squadra Operativa
della Compagnia della
Finanza
di
Paola. I due
sarebbero tra
l'altro partecipi di primo
piano nell'organizzazione
del vasto giro
di documentazione finanziaria e contabile falsa, in
quanto proveniente da
ditte solo formalmente
esistenti e dell'attività di
procacciamento
dei
“clienti” da utilizzare come aziende effettivamente attive per l'ulteriore giro solo giustificativo di fatture false».
Insomma un giro di “imprese cartiere” di vaste
dimensioni.
Tra gli imputati spicca Pietro Ruffolo, assessore provinciale di Cosenza (autosospeso) ed
ex assessore al Bilancio
del Comune di Rende. Ci
sono anche Settimio Rugiero, Dino Iacovo, già
consigliere comunale a
Cetraro, e Agostino Iacovo, imprenditore di
Belvedere Marittimo.
C’è pure un direttore di
banca, ossia Giuseppe
Grossi, che nella qualità
di direttore della Banca
Popolare di Crotone, filiale di Paola, avrebbe
«aiutato» due degli indagati, clienti del medesimo istituto di credito,
«ad assicurarsi i profitti
derivanti dalla persistente attività illecita nel
capo dell'usura, della ricettazione, del riciclaggio».
L'indagine si concre-
tizzò l’8 luglio del 2009
con un blitz operato dalle Fiamme Gialle, che
notificarono 39 ordinanze di arresto su tutto
il Tirreno Cosentino. Nel
voluminoso plico sui cui
hanno lavorato i magistrati della Procura di
Paola sono inserite dettagliate informative della Finanza di Paola, sequestri, accertamenti
presso istituti bancari e
commerciali, numerose
intercettazioni telefoniche ed ambientali eseguite nei confronti degli
indagati e relazioni
ispettive Istituti di Credito.
Un dipendente di banca, in servizio all'agenzia Carime di Belvedere
Marittimo,
Roberto
Sciammarella, invece
avrebbe aiutato due degli indagati ad eludere le
indagini dei
finanzieri.
La presunta
associazione
criminale
avrebbe dunque creato
sul Tirreno
cosentino,
una rete di
imprese
“cartiere”,
cioè di soggetti economici che nonostante fossero inidonei alla produzione di beni e servizi, venivano utilizzati al solo
fine di emettere fatture
false. In totale le società
coinvolte sono circa 50,
tra Praia a Mare e Cetraro, con ramificazioni in
alcune località delle province di Cosenza, Rimini, Napoli, Ravenna, Pavia, Forlì. La documentazione fiscale veniva intestata, dietro lauto
compenso, ad altre imprese che riuscivano a
giustificare grosse uscite di denaro per i seguenti fini: chiedere ed ottenere rimborsi Iva non effettivamente dovuti; abbattere indebitamente il
carico fiscale, riducendo
la parte dei ricavi da sottoporre a tassazione;
riuscire ad ottenere illecitamente finanziamenti pubblici ed altre agevolazioni, offrendo a garanzia dei crediti le somme relative a transazioni economiche esistite
solo sulla carta. La parola al gup, che a fine marzo dovrà decidere se rinviare a giudizio i 93 imputati.
r. gr.
L’inchiesta
di riferimento
è la “Coffee
Break”
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24 Cosenza
Sabato 14 gennaio 2012
E il club Rotary “Telesio” offre la possibilità di imparare l’arte del ricamo e dei ferri Isola pedonale
Spettacoli
per
incentivare
Potrebbe diventare definitiva l’istituzione del corso della solidarietà lo shopping
Associazioni in vetrina
Il “Corso della solidarietà”,
l'iniziativa promossa dall'Assessorato alla solidarietà e coesione sociale nel periodo natalizio e delle festività di fine anno e che ha trasformato alcuni magazzini
di corso Telesio chiusi da
tempo in una serie di botteghe solidali per raccogliere
fondi per la realizzazione di
iniziative e progetti a favore
di soggetti svantaggiati, potrebbe presto diventare un'esperienza permanente.
E' un obiettivo, questo, al
quale stanno lavorando le associazioni che hanno aderito
all'iniziativa e che al termine
di questa prima fase di sperimentazione hanno incontrato, per un primo bilancio della manifestazione, l'Assessore alla solidarietà e coesione
sociale Alessandra De Rosa.
All'incontro con l'assessorehanno partecipatoFranco
Leonetti per l'Associazione
“Stella Cometa”, Sofia Rossi
per l'Associazione “Rossi
Tarcisio”, Marcella Infusino
e Marina Scarpelli, rispettivamente per le Associazioni
“La Ghironda” e “Pazza
Idea”, Alessandro Carpino,
nella duplice veste di rappresentante dell'Associazione
“Le Botteghe di Alarico” e di
piccolo imprenditore-artigiano della bottega “L'arte
conservativa”, Gino Vinceslao per il Centro socio-culturale “Bachelet”, Virginia
Bruno per il “Centro ascolto
alla donna”, Michele Greco
per il Ciai, Maria Nigro per la
Fondazione “Amelia Scorza”, Franco De Maria per
l'Associazione “Gianmarco
De Maria” ed Anita Branda
della “Fea Communication”
agenzia pubblicitaria di Corso Telesio.
Nel corso della riunione è
stato tracciato un primo con-
suntivo dell'iniziativa che,
pur avendo rappresentato
un primo test di attiva solidarietà in vetrina, ha suscitato
apprezzamento e curiosità
anche se sarà necessario - è
stato sottolineato - mettere
meglio a punto la macchina
organizzativa, qualora si dovesse giungere alla sua istituzionalizzazione.
Particolare soddisfazione
è stata espressa dai partecipanti per l'idea progettuale
messa in campo dal sindaco
Mario Occhiuto e fortemente
voluta dall'assessore Alessandra De Rosa. L'assessore
De Rosa ha proposto l'istituzione di una Consulta delle
Associazioni, promuovendo
l'idea di dar vita ad un “corso
della solidarietà” a tempo indeterminato. Un tentativo,
questo, che potrebbe, con po-
che risorse finanziarie, cominciare a cambiare il volto
della Città Vecchia che ha ancora tante cose da raccontare. E sempre nel quadro delle
iniziative promosse dalle Associazioni di volontariato,
mercoledì 18 gennaio l'Assessore Alessandra De Rosa
parteciperà al primo incontro promosso da Maria Cristina Martirano, Presidente
della Società “Dante Alighieri” di Cosenza e Past President del Club Rotary Cosenza “Telesio”, presso l'Istituto
delle Vergini che è sede di
una Casa Famiglia. In questo contesto sarà proposto
un laboratorio, dal titolo
“Memorie in maglia”, volto
alla riscoperta dell'antica arte del ricamo e della lavorazione della lana. L'incontro è
fissato per le ore 16.
Due bimbe davanti ai gazebo delle associazioni sul lungo Crati
Iniziative alla Città dei Ragazzi con la Fondazione Ferramonti
Giornate dedicate a Memoria e futuro
VENERDÌ 27 gennaio, presso la Città dei Ragazzi del Comune di Cosenza, sarà celebrato, per commemorare l'anniversario della liberazione
del campo di sterminio di Auschwitz, il “Giorno della memoria”.
L'iniziativa, svolta in collaborazione
con la Fondazione
Internazionale “Ferramonti di Tarsia”,
rientra nell'ambito
del progetto “Città
dei Ragazzi per la
Scuola 2011-2012”
che, per l'intero mese
di gennaio, prevede
diverse attività dedicate al tema “Memoria e futuro”.
Percorso
didattico
interattivo
negli scrigni
Articolato è il programma, rivolto
alle scuole di ogni ordine e grado, approntato dal R.T.I. “La Città dei Ragazzi” (Cooperative Cepros, Interzona, La cooperativa delle donne, Promidea) che, per l'occasione, ha autoprodotto materiali e creato setting
ed ambienti per ricordare la Shoah.
A partire dalle ore 9.00, e fino allle
ore 17.00, sarà proposto un precorso
didattico interattivo che inizierà dagli spazi esterni di Città dei Ragazzi
dove, all'interno di una locomotiva,
attraverso foto ed effetti scenici, saranno evocate suggestioni ispirate
al viaggio dei deportati verso i campi
di concentramento. Nello Scrigno
Azzurro, invece, avranno luogo “Il
banco vuoto”, staffetta letteraria
ispirata ad un racconto di Lia Levi e
la performance dal titolo “Memorie
di una bambina”, ispirata al Diario di
Anna Frank.
All'interno dello Scrigno Rosso,
ancora, sarà possibile visitare la mostra “I bambini nella Shoah” e si svolgerà il laboratorio artistico “Guernica ed altre memorie”, ispirato all'opera di Pablo Picasso che rappresenta la distruzione dell'omonima cittadina basca ad opera di aerei tedeschi
durante la guerra civile spagnola.
Nello Scrigno Giallo, infine, avrà
luogo il laboratorio di musica e danza “Paraz, sabab e hagag”.
Forte, dunque, è la centralità assegnata dal programma alla musica,
alla letteratura e alle arti visive.
LA stagione dei saldi non è più
soltanto opportunità che riguarda il privato di venditori
ed acquirenti, ma diventa occasione per l’amministrazione comunale di promuovere il
settore del commercio, ricorrendo ancora una volta all’offerta artistica e creativa di cui
Cosenza è ricca e che trova tanto apprezzamento nel pubblico, come hanno dimostrato le
“Buone feste cosentine”.
«In attesa della prossima
approvazione della normativa regionale in materia – ha
spiegato l'assessore Vigna - è
volontà dell’amministrazione
comunale presentare dei progetti integrati per sostenere le
imprese e ottenere il riconoscimento del corso principale
della città quale Centro commerciale naturale». Il Centro
commerciale naturale è uno
strumento giuridico di aggregazione tra imprese ed è già
stato introdotto, con adeguati
sostegni, in diverse legislazioni regionali con l’obiettivo
di accrescere la capacità attrattive di un territorio, valorizzandolo.
E partita, dunque, ieri
sull’isola pedonale l’operazione “Saldi a Cosenza, tempo e
denari spesi bene”, che per tre
fine settimana, dal venerdì alla domenica, accompagnerà i
cittadini nei loro acquisti con
momenti di spettacolo e animazione. La programmazione prosegue oggi dalle 9 alle
13 con le Lavorazioni artistiche a cura dell’Istituto Mancini in Piazza XI Settembre, dalle 16 alle 18 i Laboratori creativi a cura della Città dei ragazzi in Piazza Kennedy, dalle
16 alle 18 Lavorazioni artistiche a cura dell’Istituto Mancini in Piazza XI Settembre, dalle 16.30 alle 18.30 Performance teatrale “I love shopping”
sull'Isola pedonale.
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28 Cosenza
Corigliano e costa jonica
Sabato 14 gennaio 2012
Corigliano. Il rammarico espresso del presidente Claudio Malavolta
L’Azicor critica lo statuto Asi
L’associazione industriale coriglianese ne chiede una revisione
di LUCA LATELLA
CORIGLIANO – All’indomani degli
incontri nelle zone industriali di
Rossano e Corigliano, con l’assessore regionale alle Attività produttive,
Antonio Caridi, l’Azicor (Associazione Industriale Corigliano Calabro), chiede anche la revisione dello
statuto dell’Asi. Nel corso della conferenza di Corigliano, alla presenza
del presidente Diego Tommasi, del
consigliere Franco Bruno, del direttore generale Stefania Frasca, del
sindaco di Rossano Giuseppe Antoniotti, del deputato Giovanni Dima
oltre all’assessore Caridi, il presidente dell’Azicor, Claudio Malavolta, ha manifestato il rammarico dei
propri associati nei confronti degli
organizzatori dell’incontro. Pur facendo un plauso all’Asi di Cosenza,
Malavolta ha manifestato tutta la
sua delusione per il mancato riconoscimento dell’associazione che presiede. “Desidero esprimere sentimenti di rammarico e delusione. E’
davvero sgradevole – ha detto Malavolta –dover constatare che l’Azicor,
l’associazione che rappresenta gli
imprenditori della zona industriale
di Corigliano e che conta 45 aziende
affiliate che complessivamente hanno 2000 dipendenti con picchi di
4000 nei periodi di campagna agrumaria, non venga ancora riconosciuta. Abbiamo creato l’Azicor come soggetto interlocutore e stiamo
provando ad avviare un dialogo da
circa due anni, da quando il consi-
gliere regionale Caputo, a ridosso
della campagna elettorale, aveva
proclamato cambiamenti determinanti. Le problematiche relative alla
manutenzione ed alla gestione delle
aree sono rimaste invariate, non c’è
stato alcun miglioramento”. Il presidente dell’Azicor, quindi, chiede
maggiore attenzione direttamente
alpresidente dellaRegione,Giuseppe Scopelliti. “Le scelte compiute da
questo consorzio negli ultimi anni –
ha specificato Claudio Malavolta –
hanno prodotto forti difficoltà alle
aziende. In piena crisi mondiale, la
scelta di aumentare il prezzo dei terreni è stata folle e molti imprenditori
hanno dovuto versare all’Asi circa il
doppio del prezzo stabilito sul preliminare di acquisto. Ci chiediamo se
ciò sia “sviluppo” industriale pur
credendo che tali scelte siano frutto
della politica dell’ente e non della
sua direzione. Il direttore è mero esecutore delle disposizioni regolamentari del Consorzio”. A Scopelliti,
quindi, l’Azicor chiede “maggiore
attenzione perquesto territorioperché questa è la zona industriale più
produttiva dell’intera regione” ma
anche una maggiore “rappresentanza” nella sua veste di presidente
di “tutti” i calabresi, “non solo a parole ma anche nei fatti”. L’Azicor insomma, chiede che sia rivisto lo statuto dell’Asi, prevedendo che all’interno del consiglio direttivo sia presente almeno un imprenditore per
l’area di Corigliano-Rossano e un
imprenditore per l’area di Piano La-
Diego Tommasi
go. “Noi non abbiamo bisogno di finanziamenti agevolati con sistemi
di valutazione personale – ha concluso Malavolta – ma di meccanismi
automatici come il credito d’imposta, di maggiori infrastrutture anche aeroportuali, insomma di segnali di cambiamento importanti
che pongano fine a discrezionalità
ed agevolino il concreto sviluppo,
essenziale per tutta la collettività”.
Santa Tecla. L’organizzazione parte attiva alle elezioni. Barilari avrebbe fornito coca a Cataldo Russo
Le rivelazioni del pentito
Curato dice di conoscere la Straface e di aver avuto rapporti di “voti” con i fratelli
di MATTEO LAURIA
IL FILONE delle estorsioni tira nell'inchiesta “Santa Tecla”: scontri ieri
in aula tra accusa e difesa. Sullo sfondo l'intempestività nelle riproduzioni di verbali contenenti le dichiarazioni del pentito Vincenzo Curato, e
la tendenza reiterata della difesa di
dimostrare l'inattendibilità del collaboratore di giustizia. Da una parte il
sostituto procuratore antimafia Vincenzo Luberto, dall'altra gli avvocati
Salvatore Sisca e Marco Gemelli. Collegato in videoconferenza da Parma
l'imputato numero uno Maurizio Barilari, sottoposto al 41bis, accusato
di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti. Dietro le sbarre
il fratello Fabio, su cui l'organo giudicante torna spesso al fine di capire
la posizione dell'imputato a capo di
una ditta di cartongesso che il clan
pare imponesse nel settore degli appalti e nei vari cantieri del territorio.
Il processo per rito ordinario è ripreso presso il Tribunale di Rossano (
presidente De Vuono, a latere D'Alfonso e Zizzari) con l'esame e il controesame del pentito Vincenzo Curato e di Giovanni Cimino. Durante l'istruttoria dibattimentale “U cassanis” parla dei periodi trascorsi fuori
da Corigliano, della lunga permanenza in quel di Bologna, Firenze e
Milanofino al2007annoin cuiinizia
a collaborare con la giustizia. Un'esperienza al Nord dove prevalentente spaccia droga seppure risulta assunto in imprese edili. Si dedica anche a rapine e furti. Contrasto onorato e mai battezzato, Curato spiega che
nell'organizzazione criminale “i con-
Il pm antimafia Vincenzo Luberto
trasti onorati possono fare di tutto
(anche uccidere), a differenza di
quanto avviene altrove". La difesa insiste su una lettera inviata ad una
donna con cui Curato avrebbe una relazione sentimentale e in cui racconta di aver iniziato a collaborare evidenziando i vantaggi della collaborazione. Lettera acquisita dal collegio.
Qualche battuta sui tentati omicidi
di Arcangelo Conocchia e Carmine
Ginese, verso cui il pentito si pone
con atteggiamento di prudenza anche perché vi potrebbero essere delle
indagini in corso. Manifesta dubbi e
perplessità sulla capacità del clan degli zingari a reggere il sistema di un
Corigliano. La scorsa settimana l’allarme del partito
“Locale” a cui le 'ndrine (massimo 7)
destinano una percentuale delle
estorsioni incassate in ogni singolo
territorio. Poi il capitolo della “Cartoplastica” e dell'imposizione di tutti i
prodotti nei vari locali della città. Ancor più interessante appare l'affare
“Airone” (complesso turistico realizzato dal gioiellere Pino Curto) nel
quale Curato non avrebbe avuto nessuno ruolo diretto . Più persone
avrebbero gestito tale appalto e Barilari si sarebbe adoperato per la formula del “chiavi in mano”. Gli avvocati contestano e rivelano contraddizionisualcuni passidiCuratosecondo il quale i “subappaltatori venivano
Piano strutturale
imposti da Franco Straface e Rocco
Azzaro. Gli stessi stabilivano anche il
prezzo”. Per Luberto, il pentito conferma in aula quello che affermava in
sede di indagine. Un'appendice, subito chiusa, si apre sul voto di scambio: Curato afferma di conoscere l'ex
sindaco Pasqualina Straface dal
1994 quando lavoravano insieme allo Snoopy, mentre con i fratelli Franco eMario avrebbeavuto rapportisul
capitolo voto. L'argomento viene
successivamente archiviato perché
il voto di scambio non rientra nel capo di imputazione. Tuttavia, l'organizzazione è parte attiva nelle campagne elettorali e fa sentire il suo peso
attraverso danneggiamenti di vele e
manifesti. E tutto questo mentre si
dava indicazione di votare la Straface
con riferimento alla campagna elettorale del 2006 (viene eletto sindaco
Armando De Rosis). Curato chiama
in causa Fabio Barilari, su sollecitazione del presidente De Vuono:”E' un
contrasto onorato, spacciava cocaina,faceva viaggicon CosimoMeligeni in Germania allo scopo di procurarsi delle armi”. Secondo Curato,
Fabio Barilari forniva la cocaina all'imprenditore Cataldo Russo suo
committente. Da Parma Maurizio
Barilari vuol rendere spontanee dichiarazioni e precisa che Curato parla di lui solo dopo il 2009. Infine il collegamento con Giovanni Cimino, 48
anni. L'uomo inizia a collaborare nel
98 da detenuto. Fuoriesce dall'organizzazione criminale di Santo Carelli
con il grado di "sgarro". Conosce Barilari come uno vicino ad Arcangelo
Conocchia. Prossima udienza il 28
gennaio. In aula il super pentito Carmine Alfano.
Dopo le proposte del movimento “Giovani insieme”
La segnalazione del Pd colpisce associato, il 26 “Corigliano in Azione” si oppone
Da lunedì la derattizzazione giornata di ascolto «Basta con Cicciolina e il castello»
CORIGLIANO – Dopo lo
“stimolo” giunto dal Partito democratico del centro
storico nella settimana
scorsa, l’Amministrazione
prefettizia ha risposto con i
fatti. Ed subito è corsa ai ripari.
I democratici del borgo
antico, facendosi carico e
portavoce di molte lagnanze provenienti dai cittadini, nel denunciare la presenza notevole di ratti nel
centro storico, ha chiesto
alla commissione straordinaria del Comune un intervento urgente di derattizzazione.
Dal Municipio di Corigliano ora giunge l’informativa secondo la quale a
partire da lunedì prossimo, 16 gennaio, e per tutta
la settimana, sarà dato avvio alla derattizzazione che
interesserà tutto il territorio comunale.
L’intervento sarà effettuato dalla Azienda Sanitaria Locale con inizio alle
7,30 del mattino secondo
un prestabilito programma.
Lunedì la derattizzazione inizierà nel centro storico, martedì toccherà allo
scalo della città, mercoledì
a Schiavone e Fabrizio, giovedì alle contrade Cantinella, Thurio, Ministalla,
Apollinara e zone limitrofe.
Venerdì si concluderà
con l’intervento in zona Villaggio Frassa e nelle altre
contrade cittadine.
l. l.
CORIGLIANO – Si terrà il 26
gennaio alle 15,30, al Centro
di eccellenza allo Scalo, la
“Giornata di Ascolto sul Piano
Strutturale Associato”, organizzato dal Comune di Corigliano, sul Piano Strutturale
Associato della Sibaritide.
L’incontro è stato promosso
dai commissari prefettizi per
ascoltare quelle che sono le
proposte da parte della cittadinanza, le forze sociali, politiche, religiose, gli operatori
economici e tutti coloro che ne
abbiano interesse. Il Psa, Piano Strutturale Associato, è finalizzato ad accrescere l’integrazione fra enti locali limitrofi. Il Comune di Corigliano
lo ha pianitificato con quelli di
Rossano, Calopezzati, Crosia
e Cassano.
l. l.
CORIGLIANO –«Basta provocazioni col nome della città».
Risponde così, il comitato civico Corigliano in Azione, al movimento “GiovaniInsieme per
Corigliano”, che nei giorni
scorsi aveva lanciatola proposta di candidare a sindaco della città l’ex deputato e pornostar Ilona Staller, meglio conosciuta come Cicciolina. «È
con non poco stupore e sdegno
che i componenti di Corigliano in Azione – si legge in una
nota –hanno appreso da organi d’informazione la notizia
della volontà di candidare l’ex
onorevole Ilona Staller alla carica di sindaco della città. Ci si
augura che il neonato movimento giovanile sia in vena di
ilarità e di voler solo fare qualche provocazione, e non seriamente intenzionato a prose-
guire su questo cammino».
Dal comitato evidenziano come tutti possano concorrere
alle elezioni ma a loro dire è
“inevitabile” la reazione di
quanti si riconoscono in altri
riferimenti. «Se di provocazione si tratta –aggiungono –che
finisca sul nascere, anche perché il nome di Corigliano è stato ulteriormente offeso e deriso per la rilevanza data a questa notizia sia su organi d’informazione locali che su agenzie e quotidiani a diffusione
regionale e nazionale». Il movimento ha proposto anche la
trasformazione del Castello in
un casinò, anche per offrire lavoro ai giovani. L’invito di Corigliano in Azione è quella di
«cessare quest’ennesima pagina d’immagine negativa».
l. l.
Terranova
Lirangi
attacca
la Giunta
di EMANUELE ARMENTANO
TERRANOVA DA SIBARI
– Il leader dell'opposizione
di Terranova da Sibari
continua a premere sugli
errori commessi della
squadra di governo teranovese che viene considerata «inefficiente». «Tentano - accusa Lirangi - di
mettere una pezza ai tanti
danni che loro stessi stanno causando al bilancio
dell’Ente. Abbiamo un ricorso all’anticipazione di
cassa che chiuderà a circa
500mila euro; ad oggi non
riusciamo ancora a pagare il famoso palazzo De Rosis che come ormai tutti
sanno ci è costato ben
380mila euro e che purtroppo rappresenterà anche in futuro soltanto un
costo per le nostre casse comunali». Stesse le considerazioniper palazzoMarini
di cui si teme che la spesa
possa arrivare «a più di un
milione di euro». «Decisioni scellerate -continua ancora Lirangi - fatte in totale autonomia, che stanno
portando al lastrico il bilanciocomunale enonservono né gli interventi pubblici del sindaco e dei suoi
assessori attraverso i quali si vorrebbe giustificare il
momento difficile che sta
attraversando l’Ente attribuendo la colpa ai governi
nazionali, né tanto meno i
piagnistei ormai stantii
che hanno stancato e che
non impediscono al popolo
terranovese di capire in
maniera chiara ed inequivocabile che le uniche colpe sono da addebitare a
Veltri ed alla sua Giunta
comunale». Le battute finali, invece, sono volte a
rendere noto ai cittadini
che l'amministrazione ha
inteso «aumentare, portandola al 100%, l’addizionale comunale sul consumo di energia elettrica,
utilizzando il gettito derivante per sanare sempre
gli sconquassi da loro determinati».
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40 Cosenza
Golden House. Nel processo sull’abusivismo edilizio nelle Marinate Coinvolto in “Doppio canale”
Arrestato a Tropea
dalla polizia
il polacco Flalex
Le tesi delle difese prima della sentenza prevista per oggi Damian Zbigniew
«Nessun atto illegale»
AD AVVIARE la fase dedicata ai
difensori nel processo scaturito
dall’operazione Golden House sul
presunto abusivismo autorizzato
è stato l’avvocato Gaetano Scalamogna, subito dopo di lui Antonello Fuscà che si immerge in un
ragionamento durato quasi due
ore. Poi l’avvocato Antonio Galati
che al contrario si limita a soli tre
minuti per dire che «ancora oggi,
alla fine del processo, non ho capito di cosa è accusato il mio assistito».Seguono learringhe degliavvocati Gaetano Pacienza e Domenico Alvaro per i quali «le responsabilità se mai ci sono, vanno ricercate altrove, non certo nella
condotta degli imputati. Chiudono Domenico Colaci e Domenico
Silipo che spiegano che «le aree in
questione non potevano essere
classificate R4, e che in ogni caso
il loro assistito non era in alcun
modo tenuto a sapere, dal nulla, di
eventuali vincoli».
La parola fine, per la giornata
di venerdì viene pronunciata poco dopo le 17 e il collegio presieduto da Cristina De Luca (a latere
Gallo ePiscitelli) iniziail suolavoro di sintesi, esame, analisi in vista della sentenza prevista quest’oggi. L’operazione Golden
House scattata nel febbraio 2009
interessava due complessi residenziali infase diultimazione per
un totale di 120 appartamenti
nell’area ex Gaslini di Vibo Marina e 8 villette a Bivona. Il processo
vede sul banco degli imputati sei
persone accusate a vario titolo di
abuso d’ufficio e omissione d’atti
d’ufficio e reati in materia ambientale. Giuseppe Coloca, richiedente di una concessione edilizia,
è già stato assolto in abbreviato.
Una delle aree interessate dall’operazione Golden House
In particolare, si tratta di Francesco Mirabello, 34 anni, amministratore unico della società “Casa
del sole srl”; Pietro Naso, 58 anni,
amministratore unico della
“Olearia vibonese srl”; Gioele Paolo Pelaggi, 45 anni, progettista
del complesso “Le marinate”; e
Giacomo Consoli, 58 anni, all’epoca dirigente comunale del settore
Urbanistica.
Antonio La Gamba, difeso da
Gaetano Scalamogna, è deceduto
qualche mese fa e per lui il pm ha
chiesto il non luogo a procedere.
Andando nel dettaglio Scalamogna ha evidenziato come «La
richiesta di concessione edilizia è
del tutto legittima, poi è l’ufficio
che decide. La Procura se voleva
dimostrare un reato, doveva
quanto meno tirare fuori un accordo tra il richiedente e l’ufficio
comunale: un accordo per soldi,
per minacce, per convenienza. E
invece niente».
Fuscà, che assiste il principale
imputato, ossia Consoli, contesta
in primis «le conclusioni cui è
giunto il pm» perchè «ingiuste e
infondate. Ancora oggi non sappiamo qual è la norma che imponeva a Consoli il divieto di rilasciare quelle concessioni». Ma il centro della questione sta nelle due
principali ordinanze del commissario delegato all’emergenza post
alluvionale la prima, la 21/2007,
che approva il Piano Versace 1 che
«si limita ad effettuare lavori di ripristino del reticolo idrografico,
ad adeguare il sistema viario, ad
integrare la rete delle acque bianche con le nere. La messa in sicurezza, secondo questo studio, si riferisce semplicemente ai corsi
d’acqua, non ai territori»; e la seconda la 61/2008. Per Fusca «al
momento del rilascio delle concessioni, avvenute prima di que-
sta ordinanza il dirigente non era
tenuto a considerare alcunché. Se
il Versace 1 non vietava edificazioni, e a quel tempo era in vigore
solo il Versace 1, allora di cosa
stiamo parlando?». Inoltre, «la
Procura attribuisce al dirigente
funzioni che non aveva assolutamente, e su questo si è fatta un sacco di confusione. Il problema è che
si è stati colposamente superficiali. Non c’è assolutamente nulla di
illegale e illegittimo».
Delle perplessità dell’avvocato
Galati, che sostiene la difesa di Pelaggi, abbiamo detto, mentre per i
legali Pacienza e Alvaro, difensori di Mirabello, quando si verificò
l’alluvione del 3 luglio 2006, ci fu
innanzitutto «una grande confusione», in particolare «nell’ufficio
del
commissario
delegato
all’emergenza. Se c’è qualche responsabilità - per Pacienza - va
cercata in quell’ufficio». Lo stesso, poi, riprende il caso del documento sullo studio delle portate,
«commissionato dopo l’approvazione dell’ordinanza 21 e del quale tutti erano stati investiti tranne
i Comuni. Cheresponsabilità possono avere questi imprenditori
che da 25 anni portano avanti il loro lavoro senza mai nessun problema, e che lo hanno fatto anche
in questa occasione?».
Come accennato a chiudere sono gli avvocati Colaci e Silipo, che
assistono Naso, per i quali «Bizzarri (autore di una consulenza,
ndr) ha spiegato che quelle aree
non potevano essere classificate
come R4, nemmeno con l’attuazione delle misure di salvaguardia. Tutto è stato conforme alla
legge, non è stato violato alcunché».
NUOVO tassello che si pone al posto
giusto per quanto concerne la maxioperazione antidroga denominata “Doppio
Canale”messa a segno negli scorsi giorni dagli uomini delle Squadre Mobili di
Catanzaro e Vibo coordinati dalla Dda di
Catanzaro. A finire nella rete degli inquirenti intessuta dagli agenti del posto fisso della polizia di Stato di Tropea,
unitamente ai colleghi della squadra
Mobile di Vibo Valentia e di Catanzaro, è
stato Flalex Damian Zbigniew, 35 anni,
cittadino polacco.
Nel dettaglio il suo nome era stato inserito nella maxioperazione antidroga
che, lo ricordiamo, aveva svelato l’esistenza di due gruppi
dediti allo spaccio di
droga. Tuttavia al momento degli arresti di
tutte le persone coinvolte a vario titolo
nell’inchiesta l’uomo
era risultato irreperibile. Il suo arresto è avvenuto ieri mattina a
Tropea.
Secondo
quanto comunicato
dalla stessa Polizia lo
straniero nei confronti del quale è stato eseguito il provvedimento restrittivo era
stato in passato già stato arrestato in
flagranza di reato per la detenzione di
200 grammi di cocaina in concorso con
Gaetano Muscia, altro indagato
nell’ambito dell’operazione “Doppio Canale”. II suo compito, nell’ambito
dell’organizzazione criminale colpita
dalle indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, era «quello di trasportare vari quantitativi di cocaina e - ricostruiscono gli agenti della
Mobile - di affiancare Gaetano Muscia,
considerato, invece, ai vertici di uno dei
due gruppi sgominati dalla Polizia».
f. r.
Considerato
il braccio
destro
di Muscia
nell’attività
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Vibo 27
Sabato 14 gennaio 2012
Provincia
Sabato 14 gennaio 2012
Tropea. Il coraggioso sacerdote antimafia esalta i valori dell’accoglienza e del rispetto delle regole
A lezione di legalità da don Ciotti
Il fondatore dell’associazione “Libera” accolto in città da tantissima gente
NICOTERA
di VITTORIA SACCA’
TROPEA – Tantissima gente ad attendere
l’arrivo di don Luigi Ciotti presso il museo
diocesano. Un’attesa che si è rivelata positiva per il prezioso bagaglio di messaggi di
vita che ognuno ha portato con sé, lanciati
con sincerità e veemenza dal fondatore di
Libera, sacerdote che svolge la sua missione a 360 gradi per il bene e la rinascita dei
cuori e delle anime. A lui, il saluto del presidente del Rotary club, organizzatore
dell’evento straordinario, Vincenzo Loiacono.
Sono seguiti i saluti di Giuseppe Sarlo,
presidente del circolo vibonese della stampa il quale ha evidenziato che la presenza
di don Ciotti esalta il Rotary e mette tutti a
pensare e a riflettere su ciò che «vogliamo
essere». Giuseppe Barbuto, vice presidente della provincia, ha sottolineato invece
che don Ciotti «è un uomo del nord che non
ama la secessione» e che ha scelto la Calabria dove la sua gente, con caparbietà,
vuole eliminare la delinquenza e il malaffare. Per il vice sindaco Massimo L’Andolina, don Ciotti può essere paragonato a
un personaggio uscito dalle pagine di Edmondo De Amicis perché lotta con determinazione contro tutto ciò che è male.
Non sono mancati i saluti del governatore Piero Miccoli portati dal suo assistente Giuseppe Zampogna, della dirigente
dell’IIS Beatrice Lento a cui il Rotary ha
fatto dono di alcuni libri di don Ciotti da tenere in biblioteca a disposizione degli studenti. Don Luigi Ciotti, impegnato sin da
giovane, nel 1965 fondò il gruppo Abele. E
quando il cardinale Michele Pellegrino lo
nominò sacerdote nel 1972, questi gli affidò come parrocchia “la strada” nella
quale già, il giovane sacerdote, aveva fatto
quelle sue prime esperienze di vita che lo
avevano convinto ad impegnarsi per la
gente che vi soffre. Poi
nel 90 allargò il suo impegno contrastando la
criminalità organizzata e nel 95 fondò il coordinamento di Libera,
nomi e numeri contro
le mafie e che oggi ha
circa 1600 realtà nazionali e internazionali.
L’intervento di don
Ciotti, che sebbene febbricitante non si è sottratto all’impegno assunto, è stato stimolato
dalle domande a lui rivolte dal giornalista
Pasqualino Pandullo, e suggerite dall’ultimo libro pubblicato “La speranza non è
in vendita”. Don Ciotti ha detto che oggi,
purtroppo, si è costretti a registrare «un
impoverimento generale» che va da quello
sociale ad una deriva culturale. «Chi di noi
vive l’accoglienza – ha proseguito – è testimone di come tutti i servizi siano strapieni. Tocchiamo con mano quanta gente
chiede aiuto». Due milioni e mezzo di giovani senza lavoro e anche gente, in giacca
e cravatta, si rivolge a loro perché non sa
come vivere la giornata. «Ma la cosa che
più inquieta – ha aggiunto – è l’impoverimento della speranzaÅ.
Don Ciotti, che ha dichiarato di amare la
Calabria, suo padre lo portò da piccolo a
Pizzo che lo ha nominato cittadino onorario, non ha esitato a dichiarare che la pubblicazione del suo ultimo libro, è sorta dalla necessità di reperire fondi per poter operare meglio nel sociale dove si è augurato
ci sia «meno solidarietà, ma più diritti e
più giustizia, perché non vorrei che la solidarietà diventasse un alibi. Lo Stato – ha
detto – deve fare la sua parte. Più giustizia
sociale vuol dire più lavoro per la gente». I
suoi più riferimenti sono due: il Vangelo e
la Costituzione che si fonda su due punti
essenziali, la giustizia e la dignità umana.
Ma non stanno in piedi se non vi è anche la
responsabilità, quindi la libertà che Dio ha
voluto per tutti con il suo progetto di vita.
L’impegno di Libera, ha ancora detto, è
quello di liberare chi libero non è. Tanti altri ancora sono stati i punti toccati dal sacerdote, come quello della raccolta di oltre
un milione di firme per l’approvazione della legge sull’uso sociale dei beni confiscati, la campagna contro la corruzione portata avanti nel 2010. E poi, le colpe delle
banche, il grido lanciato da Libera per il
gran disagio che creano le lotterie e il gioco d’azzardo. Un fiume in piena anche con
i ricordi su don Italo Calabrò, sulla giovane Rita Adria, sul Giuseppe che a soli 18
anni venne ucciso dalla mafia in Aspromonte. E lungo il cammino della sua missione trova il sorriso per affermare che ha
scelto di stare dalla parte della gente che
“fa fatica” per andarle incontro e dare speranza.
«Lo Stato deve
fare la sua parte
giustizia sociale
vuol dire
più lavoro»
Domiciliari
a Megna e Cocciolo
NICOTERA – Il gip del tribunale di
Vibo Valentia, Gabriella Lupoli, ha
concesso gli arresti domiciliari a
Giuseppe Megna e Antonio Daniele
Cocciolo, entrambi diciannovenni,
domiciliati nella frazione Marina di
Nicotera.
Il beneficio degli arresti in casa è
stato loro accordato su richiesta del
difensore di fiducia dei due giovani,
avvocato Guido Contestabile, la cui
motivata istanza è stata condivisa
anche dal sostituto procuratore Gabriella Di Lauro, che ha seguito il caso come magistrato di turno. Tra i
motivi evidenziati dal penalista reggino il fatto che i due fossero entrambi incensurati: Megna e Cocciolo sono stati arrestati dai carabinieri della
Compagnia di Tropea nella notte tra
mercoledì e giovedì a Mandaradoni
di Limbadi.
Fermati per un controllo mentre
viaggiavano a bordo di una Fiat 500
condotta da Megna sono stati trovati
in possesso di un revolver marca
Franchi, che si trovava nella tasca di
uno sportello, che è risultato di provenienza furtiva, di 32 cartucce per
pistola e di un taglierino frangivetro. I due sono accusati di porto illegale di arma e munizioni e di ricettazione.
d .m.
L’arrivo di don Ciotti presso il Museo Diocesano di Tropea (foto Vittorio Bozzolo)
Pizzo. Per spaccio di droga in “Ragazzi in erba” e “Ghost”
Alfonso Namia ai domiciliari
accolte le istanze della difesa
di DOMENICO MOBILIO
PIZZO-In carcere perché coinvolto in due
distinti procedimenti relativi ad operazioni antidroga ha ottenuto gli arresti in
casa dove già ieri pomeriggio ha potuto
fare rientro. Ad essere interessato al
provvedimento Alfonso Namia (cl. ’73)
detto “il dottore”vibonese di adozione ma
residente a Pizzo. Molto importante nella
decisione dei giudici si è dimostrata l’attività del difensore, avvocato Diego
Brancia, che ha avuto accolta la motivata
e documentata istanza di revoca della misura cautelare in carcere.
Nel primo caso Alfonso Namia era stato arrestato assieme ad altre 19 persone (
nove finirono in carcere e undici ai domiciliari) nell’ambito della cosiddetta operazione “Ragazzi in erba”, il 12 luglio
2011 su ordinanza emessa dal gup del locale tribunale, Gabriella Lupoli. A Namia gli viene contestata un’intensa atti-
vità di spaccio di sostanza stupefacente.
In particolare su sarebbe reso responsabile di ben 67 episodi di cessione di cocaina. Le indagini sull’inquietante fenomenofuronoeffettuate daicarabinieridella
stazione di Pizzo, località interessata ad
un cospicuo giro di spaccio gestito da alcuni giovani locali e dell’hinterland.
I fattisono staitemporalmente localizzati da gennaio 2010 a gennaio 2011. Ad
accogliere l’ustanza dell’avvocato Brancia è stato il gup Gabriella Lupoli, lo stesso magistrato che aveva firmato l’ordinanza di custodia in carcere. Alfonso Namia sarebbe comunque rimasto in cella
se contestualmente da Catanzaro il gup
distrettuale, Abigaille Mellace, non avesseaccoltoanaloga richiestadiarrestidomiciliari avanzata dall’avvocato Brancia
che intelligentemente si è mosso sue due
fronti. Il fronte vibonesee il fronte catanzarese. Prima di “Ragazzi in erba”, il cui
provvedimento restrittivo lo ha rag-
giunto quando già
si trovava in carcere,era statoarrestato a gennaio 2011
nell’ambito
dell’operazione
“Ghost” le cui indagini sono state eseguite dalla squadra mobile di Vibo Valentia. In carcere, in questo caso, sono finite
quaranta persone coinvolte in un’associazione finalizzata al traffico di ingenti
quantitativi di sostanze stupefacenti,
che operava principalmente nella provincia di Vibo Valentia, base operativa in
territorio di Gerocarne,con diramazioni
nelle province di Catanzaro, Crotone e Firenze. Molti degli indagati hanno optato
per il giudizio abbreviato, mentre Alfonso Namia ha scelto di essere processato
col rito ordinario. Processo che avrà inizio il prossimo 22 febbraio davanti al tribunale collegiale di Vibo Valentia.
La
conferenza
stampa che
annunciato
l’operazione
antidroga
“Ragazzi in
erba”
Pizzo. Sarà presentato il libro di Maria Novara e inaugurata l’esposizione di Caterina Rizzo
Nei locali della Tonnara va in scena la cultura
PIZZO - “I colori della luce, la luce delle
parole – arte e poesia sulle strade dell’arcobaleno”, quest’oggi i locali della tonnara ospiteranno l’evento culturale
aperto a poeti provenienti da tutta Italia
insieme uniti contro il cancro.
A partire dalle ore 17.00 nei locali della Tonnara, si svolgerà un evento culturale e umanitario
che per la città napitina appare senza
precedenti coinvolgendo poeti e artisti provenienti praticamente da tutta
Italia in un progetto dai fini socioumanitari.
Al centro dell’attenzione vi sarà la
presentazione del
libro di poesia di
Nicola Rombolà
Marianna Novara “Sulle strade dell’arcobaleno” e l’esposizione delle opere pittoriche di Caterina Rizzo.
L’appuntamento battezzato “I colori
della luce, la luce delle parole – arte e poesia sulle strade dell’arcobaleno”, fa parte
del progetto associativo “Telarium” (tessere linguaggi, storie, memorie e viaggi), e promuove una campagna per favorire la ricerca contro il cancro.
L’organizzazione fa sapere che parteciperanno all’appuntamento artisticoculturale a sfondo sociale, oltre alla poetessa Marianna Novara e all’artista Caterina Rizzo anche il presidente della Provincia di Vibo Valentia Francesco De Nisi, l’assessore provinciale al Turismo,
Gianluca Callipo, la poetessa ed editore
(S.D. - Collezioni editoriali) Sonia Demurtas, il giornalista e scrittore Pino
Cinquegrana, la presidente della Fidapa
di Vibo Valentia Sandra Genco e il presi-
dente dell’associazione culturale “Alighistos” Nicola Rombolà che, tra l’altro,
introdurrà e condurrà l’evento scandendo le varie fasi della serata.
Nel corso della manifestazione, in anteprima assoluta, verrà, altresì, presentata la silloge poetica “Profumo di rose”
(S.D. Collezioni editoriali) ed è, inoltre,
previsto un recital di poesie interpretate
da attrici e attori quali Dolores Mazzeo,
Carmen Manduca, Rosella Aracri, Corrado Colica, con l’accompagnamento e
l’intermezzo musicali di Claudia Andolfi
(voce) a sua volta accompagnata dal
maestro Rosario Alviano (pianoforte) e
la performance di Irene Larosa al sax.
L’esposizione delle opere pittoriche
della Rizzo, comunque, non si esaurirà
nella serata di oggi ma, costituendo un
evento nell’evento, proseguirà anche nel
corso della giornata di domani.
f. r.
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SABATO 14 gennaio 2012
D A L
P O L L I N O
calabria
A L L O
ora
S T R E T T O
REGGIO CALABRIA
REGGIO C. Cisterna, Mollace e
Neri potrebbero essere chiamati a
testimoniare nelle prossime settimane dinanzi alla sezione penale
del Tribunale di Reggio Calabria.
La richiesta è stata avanzata dai difensori di Luciano Lo Giudice, i
quali hanno inserito nella lista dei
testimoni anche i tre magistrati
che, in passato, hanno prestato servizio negli uffici della Procura di
Reggio Calabria. Dovrebbero riferire su alcune circostanze riguardanti l’impresa di rimessaggio barche
di Antonino Spanò. I tre magistrati, infatti, avrebbero tenuto lì delle
imbarcazioni e dei gommoni in
passato proprio perché quella veniva ritenuta una nautica “pulita” e
cioè di proprietà di un soggetto non
legato alla malavita. Poi, però, sono arrivate le dichiarazioni di Nino
Lo Giudice e l’arresto di Spanò ri-
REGGIO CALABRIA
La coppia di bombaroli che
avrebbe fatto esplodere l’ordigno davanti alla Procura generale di Reggio Calabria il 3
gennaio 2010, sarebbe entrata
in azione assieme almeno
un’altra volta e cioè nel 2008.
Lo si evince dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia
Antonino Lo Giudice che, parlando con i magistrati della
Dda di Reggio, rivela come vi
siano stati ben tre attentati ai
danni della rimessa di barche
di proprietà di Antonino Spanò ma che gli inquirenti ritengono sia in realtà di Luciano
Lo Giudice. Ma dal racconto
del collaboratore emergono
degli aspetti che meritano approfondimento: in primis Nino racconta che uno di questi
attentati fu voluto da suo fratello Luciano; in un altro lo
stesso rimase vittima di un incendio che distrusse la sua imbarcazione; ed il terzo, infine,
sarebbe stato commmesso da
Puntorieri e Cortese su ordine
di tale Pricoco.
Dott.ssa Ronchi: allora siccome in realtà per dirla tutta
riprendo il discorso che ha
fatto, c’è stato un primo attentato nel 2004 risalente?
Lo Giudice Antonino: sì è
stato messo diciamo in un
muro non ha fatto niente.
Dott.ssa Ronchi: esatto e
Cisterna, Mollace e Neri
chiamati a testimoniare
La richiesta è stata avanzata dai difensori di Luciano Lo Giudice
tenuto un prestanome di Luciano
Lo Giudice. Tuttavia, da più parti,
ci si chiede come mai la citazione
dei tre procuratori non sia stata richiesta anche dalla Dda di Reggio
Calabria. Se è vero quanto sostenuto da Nino Lo Giudice, infatti, i
magistrati avrebbero potuto agevolmente dare una mano alla pubblica accusa per dimostrare quanto si va affermando sul conto di Lo
Giudice e Spanò. Ed invece tale citazione è arrivata da diversi difen-
sori che mirerebbero a far emergere alcuni particolari che possono
sicuramente andare ad alleggerire
alcune posizioni. Di certo c’è che
l’eventuale accoglimento dei giudici nella lista dei testi aprirebbe degli scenari del tutto nuovi all’interno del processo alla cosca Lo Giudice. Già il 19 gennaio prossimo se
ne saprà qualcosa di più, ma quel
che è chiaro è che se mai siederanno sul banco dei testimoni, Cisterna, Mollace e Neri potrebbero dav-
vero riferire numerosi particolari
ancora inediti e far emergere una
volta per tutte quella che è la verità sui rapporti che li hanno legati,
nel tempo, a Luciano Lo Giudice e
Antonino Spanò. Potrebbero diventare delle vere e proprie udienze fiume dove i tre magistrati
avrebbero la possibilità di parlare
su fatti per cui indirettamente sono
stati anche accusati dal fratello di
Luciano, Antonino Lo Giudice.
Inutile ricordare che, sebbene le in-
dagini per le bombe siano di competenza di Catanzaro, da Reggio
Calabria potrebbero anche arrivare delle rilevanti verità in ordine al
ruolo di Luciano Lo Giudice, a
quelle famose aspettative, ed alla
presunta sua funzione di confidente, così come lo stesso Nino Lo Giudice ha più volte dichiarato, nonché
sull’esistenza e l’operatività della
cosca negli anni successivi alla seconda guerra di ’ndrangheta. Non
passi inosservato, infine, che solo
qualche giorno fa – come riportato da CO – Alberto Cisterna chiese
la citazione, nell’indagine per calunnia nei confronti di Nino Lo
Giudice, proprio di Luciano. Una
coincidenza la nuova citazione?
Probabilmente sì. Di sicuro è una
strategia difensiva che preannuncia grande battaglia.
cons. min.
Bombe in Procura a Reggio
Nuove rivelazioni del “Nano”
Il pentito: gli attentatori agirono insieme anche nel 2008
questo lei lo ricollega a suo
fratello Luciano e a Cortese
Antonio.
Lo Giudice Antonino: sì ed
ero a conoscenza pure io.
Dott.ssa Ronchi: benissimo, conoscenza sì nel senso
che l’aveva approvato?
Lo Giudice Antonino: no,
nel senso che Luciano me l’ha
detto a me e io gliel’ho detto a
Antonio Cortese.
Dott.ssa Ronchi: ah ecco!
Lo Giudice Antonino: eh!
Dott.ssa Ronchi: quindi dico era a conoscenza.
Lo Giudice Antonino: in
questo senso.
Dott.ssa Ronchi: ok.
Dr. Pignatone: questo è il
primo.
Dott.ssa Ronchi: però è
quello del 2004.
Dr. Pignatone: è del 2004.
Dott.ssa Ronchi: ok.
Dr. Pignatone: per motivi
che non sappiamo erano collegati ai rapporti tra Spanò e
Luciano e perché Spanò parlava troppo.
Il racconto di Nino Lo Giudice prosegue con il secondo
attentato, sempre nel 2004, di
cui è vittima Luciano.
Dr. Pignatone: poi ce ne è
un secondo.
Dott.ssa Ronchi: di cui non
sappiamo niente, agosto
2004.
Dr. Pignatone: in cui è ve-
ramente vittima Luciano …
Lo Giudice Antonino: sì, sì.
Dr. Pignatone: … gli bruciano … agosto duemila?
Dott.ssa Ronchi: e otto!
Lo Giudice Antonino: almeno che io sappia poi!
Il terzo è quello di maggiore
interesse, perché vede coinvolta la coppia di bombaroli che
avrebbe agito in via Cimino.
Lo Giudice Antonino: c’è un
terzo che è andato Antonio
Cortese e questo Puntorieri.
Dr. Pignatone: mandati
sempre da voi.
Lo Giudice Antonino: no da
Nino Procopio io non sapevo
niente.
Dr. Pignatone: lei non sapeva niente.
Lo Giudice Antonino: no,
non sapevo niente.
Dr. Pignatone: e hanno
bruciato che cosa?
Lo Giudice Antonino: a me
l’ha detto Antonio Cortese dopo, gli ho detto io: “ma scusa
ma chi ti ha mandato! Non
potevi dirmelo prima a me!”
(…) Dott.ssa Ronchi: ma quali erano i rapporti fra Pricoco
Antonino e Spanò Antonino.
Lo Giudice Antonino: no,
non avevano nessun rapporto con Nino Spanò.
Dott.ssa Ronchi: e allora
siccome lei dice… ma perché
secondo lei gli ha fatto mettere la bomba allora.
Lo Giudice Antonino: no
glieli ha…
Dott.ssa Ronchi: Pricoco
Antonino…
Lo Giudice Antonino: glieli
ha fatti bruciare dottoressa.
Dott.ssa Ronchi: eh! glieli
ha fatti bruciare dico perché
gli ha fatto questa attentato.
Lo Giudice Antonino: non
lo so, non lo so dottoressa, io
posso pensare tutto come potete pensare pure voi però
non posso dare giudizi.
Al di là del movente dei diversi attentati che qui non
emerge per nessuno dei tre
fatti analizzati, è interessante
capire la posizione di Puntorieri e Cortese che compirebbero azioni delittuose contro
addirittura soggetti ritenuti vicini agli stessi Lo Giudice e sarebbero “mandati” da tale Pricoco. Ma quale era allora il
ruolo di Nino Lo Giudice, che
si definiva capo dell’omonima
consorteria mafiosa se neppure veniva a lui comunicato
quando si verificavano attentati commessi da soggetti a lui
“sottoposti”? Sarà interessante capire qualcosa di più proprio durante il processo in fase dibattimentale che prenderà il via il prossimo 19 gennaio davanti alla sezione penale
del tribunale di Reggio Calabria.
CONSOLATO MINNITI
[email protected]
Consigliere provinciale indagato per voto di scambio
PALMI (RC) «La politica del fare…compromessi con nessuno».
Come spesso accade quando i politici finiscono nei guai, gli slogan che
hanno scelto per le loro campagne
elettorali suonano come delle vere e
proprie prese in giro nei confronti
dei cittadini. Quasi una “legge”, questa, che sembrerebbe valere anche
per Rocco Sciarrone (nella foto),
giovane consigliere provinciale di
Reggio Calabria, eletto a Gioia Tauro nelle liste del Pri, che alle passate elezioni aveva scelto proprio quello slogan - «La politica del
fare…compromessi con nessuno» per cercare di convincere i suoi concittadini a votare per lui. La Procura di Palmi, però, è convinta che
qualche compromesso il giovane
Sciarrone lo abbia fatto, e in partico-
Eletto a Gioia Tauro, Rocco Sciarrone aveva promesso interventi alla comunità rom
lare con la comunità Rom di Gioia
Tauro. Un compromesso costato al
consigliere provinciale di maggioranza un’accusa di voto di scambio
e danneggiamento aggravato da
parte dell’ufficio di Procura palmese. Il sostituto procuratore Giulia
Masci, infatti, ha fatto notificare nella giornata di ieri a Sciarrone l’avviso di conclusione delle indagini.
Un’inchiesta che potrebbe costare, adesso, al giovane politico del
Pri, la richiesta di rinvio a giudizio e
il processo. Per il solo reato di danneggiamento aggravato sono indagati anche Giuseppe Sciarrone, padre di Rocco, e l’operaio Antonio
Rocco Zito.
L’ipotesi accusatoria
Correva la scorsa primavera
quando anche la Piana di Gioia Tauro si animò per il rinnovo del consiglio provinciale di Reggio Calabria.
La campagna elettorale fu martellante, gli slogan dei candidati campeggiavano su muri e cartelloni, gli
altoparlanti li sparavano per le vie
cittadine a tutto volume. Anche
Sciarrone fu impegnato in quella
campagna elettorale.
Secondo la ricostruzione delle
forze dell’ordine, Sciarrone con il
concorso del padre (che diede materialmente mandato all’operaio Zito), sarebbe entrato in contatto con
i Rom garantendogli, in cambio del
loro appoggio elettorale, delle opere di canalizzazione (i cosiddetti scavi in trincea) in contrada Ciambra.
Detto fatto: prima dell’apertura delle urne, in maniera del tutto illegale, il giovane politico del Pri avrebbe mandato nel quartiere di Gioia
Tauro una ruspa per iniziare i lavori. Quel movimento di mezzi, però,
non sarebbe passato inosservato alla polizia provinciale che, appurato
cosa stesse accadendo ne diede notizia alla Procura che aprì un’indagine. Alla chiusura delle urne, appunta la Procura, Sciarrone strappò in contrada Ciambra oltre il 30%
delle preferenze (158 voti) a fronte
del 9% del secondo più votato. Uno
scarto di voti che unito a quei lavori senza permesso costano adesso al
consigliere Sciarrone l’accusa di voto di scambio e danneggiamento aggravato.
FRANCESCO ALTOMONTE
[email protected]
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SABATO 14 gennaio 2012
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Maxi sequestro da 55 milioni
Sotto chiave i beni mobili e immobili dell’imprenditore lametino Trichilo
LAMEZIA T. (CZ) Beni
mobili ed immobili, per un valore di cinquantacinque milioni di euro, sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa
antimafia di Catanzaro all’imprenditore lametino trentasettenne Giuseppe Trichilo, arrestato nell’operazione “Crimine”
condotta contro le cosche calabresi dalle Dda di Reggio Calabria e Milano con l’arresto di
oltre 300 persone.
Per lui, il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria Nicola Gratteri, nell’ottobre scorso, a conclusione della sua requisitoria, aveva chiesto una condanna a sei anni di
reclusione.
In particolare, insieme a decine di beni immobili, autovetture, mezzi industriali e svariati rapporti finanziari, sono stati sequestrati il capitale sociale
e l’intero compendio aziendale
della “Edil Trichilo Srl” con sede in Lamezia Terme e dedita
alla fabbricazione di strutture
e parti assemblate metalliche
ed al commercio di materiale
da costruzione; il capitale sociale e l’intero compendio
aziendale della “Ct costruzioni
Srl” con sede in Falerna e dedita alla costruzione di edifici residenziali; il 50% del capitale
sociale e del corrispondente
compendio aziendale della
“Magma srl” con sede in Lamezia Terme e dedita alla compravendita, locazione, gestione e
amministrazione di beni immobili di qualsiasi specie e tipo;
il 50% del capitale sociale e del
corrispondente compendio
aziendale della “Caraffa costruzioni srl” con sede in Gizzeria e
dedita alla costruzione di edifici, strade ed autostrade.
Nel provvedimento di sequestro, tra le altre cose, viene
sottolineato che Trichilo in
concorso con altre persone,
«ponevano in essere atti di illecita concorrenza sleale volti al
controllo o comunque al condizionamento dei lavori e servizi
[…] relative all’esecuzione del
contratto d’appalto […] con
l’aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi delle
condizioni di cui all’art. 416 bis
c.p. ed al fine di agevolare l’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta ed in particolare la cosca degli Aquino di Marina di Gioiosa Jonica […] che
Giuseppe Trichilo, attraverso
la Ediltrichilo srl - della quale è
il dominus assoluto (come si
evince dai pieni poteri gestori
documentati dalle pertinenti
intercettazioni del procedi-
l’esproprio...
Insieme a decine
di immobili sono
stati sequestrati
il capitale sociale e
l’intero compendio
aziendale
della “Edil
Trichilo Srl”
sotto processo
Ai danni dell’uomo
il pm antimafia
Nicola Gratteri,
nell’ottobre scorso,
aveva chiesto una
condanna a 6 anni
per l’operazione
“Crimine”
Un uomo della Dia di Catanzaro durante l’operazione di ieri a Lamezia Terme
mento Crimine) - […] sia un
imprenditore di riferimento
della cosca Aquino […]. Pertanto allo stato, Giuseppe Trichilo
appare persona socialmente
pericolosa in quanto indiziata
di reati aggravati dall’art. 7 della legge nr. 203/91».
La Dia di Catanzaro, secondo quanto si è appreso, ha eseguito approfonditi accertamenti che hanno riguardato,
per un arco temporale compreso tra il 1998 ed il 2009, tutti i
cespiti in qualunque modo riconducibili a Trichilo, l’analisi
dei bilanci aziendali, copiosa
documentazione bancaria, allo scopo di documentare, tra
l’altro, «la netta sproporzione
tra il reddito dichiarato ai fini
delle imposte dirette e le attività economiche esercitate». Il
provvedimento, infatti, è stato
adottato dalla Sezione misure
di prevenzione del Tribunale di
Reggio Calabria su conforme
proposta del direttore della
Dia, Alfonso D’Alfonso nell’ambito di una strategia che
mira ad aggredire i patrimoni
illecitamente accumulati dalle
organizzazioni mafiose.
L’operazione che ha portato
al sequestro dei beni si inquadra in un più vasto e complesso progetto denominato “Desk
Interforze”, da tempo supportato dal Procuratore distrettuale di Catanzaro, Antonio Vincenzo Lombardo, ed appositamente approntato «per attuare una proficua circolazione
delle informazioni tra le Forze
di Polizia, allo scopo di aggredire sistematicamente e con
maggiore efficacia ogni forma
di illecito arricchimento conseguito dalle agguerrite consorterie criminali attive nel nostro
comprensorio».
Saveria M. Gigliotti
nel mirino la “famiglia” gentile-besaldo-africano
Scacco alle ’ndrine di Amantea
Confiscate ville e automobili
Il porto di
Campora
San
Giovanni
dove
era
attraccata
la
Benedetta
II, la
motonave
sequestrata
AMANTEA (CS) I finanzieri del Gico unitamente ai loro colleghi del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Catanzaro hanno confiscato un complesso di beni, per un valore di oltre 15 milioni di euro, nei confronti dei
principali esponenti della cosca “Gentile-Besaldo-Africano” operante in Amantea e nella zona
del Medio Tirreno cosentino, già pesantemente
decapitata, nel dicembre del 2007, nell’ambito
dell’operazione denominata “Nepetia-Enigma”,
con l’arresto di 39 consociati. In quell’occasione
venne evidenziata l’esistenza, nel territorio di
Amantea, di un sodalizio criminale con a capo
Tommaso Gentile, coadiuvato da alcuni fidi sodali, quali Giacomino Guido (alias “Gianni Pantera”) ed i fratelli Guido e Massimo Africano,
operante con metodo mafioso e dedito alla per-
giocasttoli), veniva strumentalmente utilizzata
da quest’ultimo per giustificare le disponibilità finanziarie accumulate grazie ai proventi delle attività delittuose, attraverso la documentazione di
vendite giornaliere superiori rispetto a quelle effettivamente realizzate. Il tribunale di Cosenza,
sezione misure di prevenzione, in accoglimento
di apposita richiesta avanzata dal Procuratore
della Repubblica di Catanzaro (Antonio Vincenzo Lombardo)
al termine delle suddette indagini economico - patrimoniali, ha così emesso il citato provvedimento di confisca,
che oltre a confermare la bontà dell’attività investigativa a suo tempo svolta dai finanzieri, costituisce un importante colpo
sferrato al patrimonio della
Tra gli averi
cosca “Gentile-Besaldo”. Detti beni - oggi acquisiti al patrirequisiti
monio dello stato per effetto
una motonave
dell’intervenuto provvedimento ablatorio - sono costiattraccata
tuti, in particolare, da: quata Campora
tro lussuose ville ubicate nel
comune di Amantea; un fabbricato sito nel centro storico del comune di Belmonte Calabro; una motonave (la Benedetta II);
sei attività commerciali; quote societarie; due
autovetture; conti correnti bancari, per un valopetrazione di delitti di varia natura, contro la re stimato di oltre 15 milioni di euro. Un affare
persona, il patrimonio nonché in materia di ar- di milioni di euro dal quale tutti gli esponenti
mi e di sostanze stupefacenti. Il prosieguo dell’at- minori del clan erano stati tenuti fuori. E’ il catività investigativa, attraverso l’espletamento di so, ad esempio, di Pasqualino Besaldo, il cui nocomplesse ed articolate indagini di natura patri- me non compare in questa indagine. Dopotutmoniale delegate dalla direzione distrettuale an- to, tra i due “capi” i rapporti sono sempre stati
timafia di Catanzaro, ha permesso agli investi- molto tesi. Ciò in quanto - per come emerso dagatori delle fiamme gialle di ricostruire in capo gli atti degli inquirenti - Besaldo oltre a stringeai maggiori esponenti della predetta cosca un re accordi con il boss sanlucidano Calvano che
notevole patrimonio costituito da beni immobi- da tempo stava tentando di portare avanti delle
li, disponibilità valutarie e società il cui valore è estorsioni ad Amantea, estromettendo proprio
risultato sproporzionato rispetto alle relative ed Tommaso Gentile, si era avvicinato alla cosorteeffettive capacità economico-reddituali - che è ria di Castrovillari. Un fatto, che a Gentile prostato sottoposto a sequestro preventivo nel 2010. prio non andava giù. Tant’è che per lo stesso - per
Una delle attività commerciali sottoposte a se- come riferito dai vari collaboratori di giustizia questro in passato, risultata direttamente inte- era stata finanche emessa sentenza di morte.
Stefania Sapienza
stata ad uno dei soggetti indagati (un negozio di
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SABATO 14 gennaio 2012
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why not
CATANZARO La parola alla difesa. Che chiede di confermare la
sentenza di assoluzione di primo
grado nei confronti degli ex governatori Agazio Loiero e Giuseppe
Chiaravalloti, imputati nel processo
d’appello scaturito dall’inchiesta
Why not sui presunti illeciti nella
gestione dei fondi pubblici. A tale
conclusione sono giunti i legali dei
due ex presidenti al termine delle
arringhe difensive. I sostituti procuratori generali di Catanzaro,
Massimo Lia ed Eugenio Facciolla,
in riforma della sentenza di primo
grado che aveva assolto Loiero e
CORIGLIANO (CS)
«L’organizzazione partecipava attivamente alle campagne elettorali». È il collaboratore di giustizia Vincenzo
Curato alias “U Cassanise” a
fare un accenno al cosiddetto “filone politico” nell’ambito del processo “Santa Tecla”,
riferendo dell’attività svolta
dal clan per favorire l’ex sindaco di Corigliano Pasqualina Straface alle elezioni del
2006 «quando poi – ha detto Curato – vinse Armando
De Rosis». Dinanzi al Tribunale penale collegiale di Rossano, nel corso dell’istruttoria dibattimentale del giudizio ordinario a carico dei fratelli Maurizio e Fabio Barilari, il pentito ha specificato di
conoscere la Straface dal
1994 e di aver avuto degli incontri con i suoi fratelli, entrambi, come si ricorderà,
coinvolti nella maxioperazione antimafia che è poi sfociata, nel giugno del 2010, nello
scioglimento del consiglio
comunale decretato dal Viminale per condizionamenti
da parte della criminalità organizzata e avverso il quale è
fissata l’udienza dinanzi al
Tar Lazio per il prossimo 6
giugno. Rispondendo alle domande della difesa durante il
controesame, Curato ha illustrato l’attività dell’organiz-
«Assoluzione per Loiero e Chiaravalloti»
La difesa: confermare la sentenza di primo grado per i due ex governatori
Chiaravalloti, hanno chiesto la condanna, rispettivamente, a un anno
ed un anno e sei mesi di reclusione.
Nel processo d’appello, inoltre,
sono imputate altre 14 persone tra
esponenti politici, imprenditori e
funzionari della Regione. Nel corso
della requisitoria i difensori di Loiero, gli avvocati Marcello Gallo e Nicola Cantafora, hanno sostenuto
che i loro assistiti sono estranei al-
le accuse. Cantafora - informa l’Ansa - ha evidenziato come in alcune
intercettazioni telefoniche era
emerso che l’allora presidente della Regione Calabria era contrario
nel prorogare l’affidamento dei progetti alla società Why Not. Il difensore di Chiaravalloti, l’avvocato Armando Veneto, ha sostenuto che
l’accusa contro l’ex presidente della Regione si fonda principalmente
sulla «voce che Chiaravalloti era
amico di Antonio Saladino. Ma poi
non è stato mai dimostrato che questa eventuale amicizia ha portato alla commissione di reati».
Nel corso dell’udienza di ieri mattina sono intervenuti anche gli avvocati Enzo Ioppoli, difensore di
Tommaso Loiero; Italo Reale per
Francesco Saladino, e Nicola Cantafora per Nicola Durante. Tutti i
legali - riporta ancora l’agenzia hanno concluso le loro arringhe con
la richiesta di assoluzione dei loro
assistiti. Il processo di primo grado, svoltosi con rito abbreviato, si è
concluso nel marzo del 2010 con otto condanne e 34 assoluzioni. La
Procura generale di Catanzaro aveva presentato poi ricorso contro
l’assoluzione di alcuni imputati dal
reato di associazione per delinquere mentre per tutti gli altri l’appello riguarda il reato di abuso in
atti d’ufficio.
Il processo è stato aggiornato al
24 gennaio come da calendario.
Santa Tecla, il clan attivo
nelle campagne elettorali
Il pentito in aula fa un accenno al cosiddetto “filone politico”
Il tribunale di Rossano e, sulla destra, il collaboratore di
giustizia Vincenzo Curato “’U Cassanise”
zazione criminale nella campagna elettorale del 2006,
parlando di danneggiamenti
di vele e di manifesti nonché
del coinvolgimento degli appartenenti al clan che chiedevano «alla gente di votare
per la Straface». Su tale ar-
gomento, condivisa la tesi del
pm antimafia Vincenzo Luberto sulla circostanza che
l’ipotesi del voto di scambio
non rientra tra le contestazioni ai due imputati, il presidente De Vuono ha disposto
di procedere oltre, preveden-
La posizione
dell’ex sindaco
già archiviata
su richiesta della
stessa Procura
do eventualmente una nuova escussione del collaboratore, se necessaria su tali fatti, all’esito dell’istruttoria.
Si ricorda che la posizione
di Pasqualina Straface, in un
primo momento indagata
per concorso esterno è stata
prima stralciata e poi archiviata su richiesta della stessa
procura distrettuale antimafia. Tornando all’udienza di
ieri, si sono registrati toni
molto accesi tra pm e difesa
durante il controesame del
pentito, che ha ripercorso anche le tappe della propria attività criminale. Rispondendo alle domande degli avvocati Marco Gemelli e Salvatore Sisca, che hanno effettuato un lungo e articolato
controesame, Curato ha parlato dei periodi trascorsi fuori da Corigliano fino al 2007
anno in cui iniziò a collaborare con la giustizia. «A Bologna risultavo assunto da varie ditte edili, ma non ho mai
lavorato. Io trafficavo droga». Contrasto onorato e mai
battezzato, ha spiegato che
«nella nostra organizzazione
i contrasti onorati possono
fare di tutto, a differenza di
quanto avviene altrove». E
lui ha riferito di aver fatto un
po’ di tutto, naturalmente
sempre per conto dell'organizzazione «perché se fai rea-
In manette il contabile dei Condello
Alfredo Ionetti arrestato dalla mobile di Forlì con figli e segretaria
REGGIO CALABRIA
Ha incassato l’assoluzione
nel processo “Vertice” e pensava di averla scampata una
volta per tutte. Poi è arrivata
la confisca di beni per 50 milioni di euro. Adesso per lui ed
i suoi figli si sono spalancate le
porte del carcere. La Squadra
Mobile di Forlì, infatti, nell’ambito dell’operazione denominata “Trasporto scelto”,
ha tratto in arresto Alfredo Ionetti, 79 anni, ritenuto contabile della cosca Condello, con
l’accusa di associazione mafiosa finalizzata al riciclaggio
di denaro proveniente da
estorsioni ed usura. In carcere assieme a Ionetti, anche i
suoi figli Daniele (29) e Paolo
(31) e la storica segretaria Catia Lucchi Casadei (44). Risulta invece indagato a piede libero un 67enne funzionario
di una nota banca locale. Ionetti doveva essere in soggiorno obbligato a Cesena ma, secondo quanto appurato dalle
indagini, continuava a gestire
gli affari del clan capeggiato
da Pasquale Condello, suocero del “contabile” arrestato.
Daniele Ionetti, infatti, negli
anni scorsi sposò la figlia del
“Supremo”, matrimonio diventato celebre per la benedizione papale giunta agli sposi.
È una storia complessa quella di Alfredo Ionetti. Nel 2009
arriva per lui l’assoluzione da
tutte le accuse. Tuttavia, a po- provvedimento emesso dal
chi anni di distanza la Dia gli gip Rita Chierici, su richiesta
confisca un tesoro da 50 mi- dei pm Fabio Di Vizio, Marco
lioni di euro e applica la misu- Forte e Sergio Sottani della
ra della sorveglianza speciale procura di Forlì. Ionetti e i ficon obbligo di soggiorno a Ce- gli, dunque, avrebbero continuato a gestisena. Quelle
imprese che
Secondo l’accusa re le imprese,
con
gli erano stariciclava denaro ii rapporti
clienti che,
te tolte, però,
tra
l’altro,
Ionetti contisporco grazie
erano quasi
nuava a gea un istituto
tutti pregiustirle nonodi
credito
locale
dicati e legati
stante la prealla criminasenza dei custodi giudiziari che avrebbero lità organizzata. La ditta in
lasciato tutto nelle mani dei questione è la Sor-Nova, società specializzata nella venvecchi proprietari.
Il 79enne è stato arrestato dita di camion e tir in Calaall’alba di ieri dai poliziotti di bria. Tra i reati contestati anForlì che hanno eseguito un che quello di aver violato le
Il 79enne Alfredo Ionetti
misure di prevenzione disposte dal giudice. Secondo la ricostruzione accusatoria, Alfredo Ionetti era il tesoriere
della cosca Condello e nella
città romagnola, grazie ad un
istituto di credito locale, riu-
Vincenzo Curato
riferisce
di “interventi”
a favore della
Straface nel 2006
ti per conto tuo non campi
tanto». E reati ne ha commessi anche dopo l'inizio della collaborazione: «Ho avuto
una discussione e l'ho menato». Dopo aver illustrato come funzionavano le estorsioni all’Airone, «tramite l’imposizione di subappaltatori»
e gonfiando i prezzi, Curato
ha definito Fabio Barilari un
“contrasto onorato” mentre
il pentito Giovanni Cimino
(collaboratore dal 1998, era
stato battezzato e aveva il terzo grado nella cosca Carelli)
sentito in videoconferenza,
ha affermato di non aver mai
sentito parlare di Fabio Barilari, a differenza del fratello
Maurizio che, per quanto di
sua conoscenza, era utilizzato da Arcangelo Conocchia
per lo spaccio della cocaina.
Dopo le dichiarazioni spontanee di Maurizio Barilari,
l’udienza è stata aggiornata
al prossimo 26 gennaio per
l’escussione del pentito Carmine Alfano, ex cognato dei
fratelli Barilari.
ROSSELLA MOLINARI
[email protected]
sciva a riciclare il denaro sporco proveniente da varie attività illecite, allo scopo di poter
poi girare le somme sui conti
correnti del clan del “Supremo”. L’operazione di ieri ha
preso le mosse da una segnalazione della Banca d’Italia su
presunte operazioni sospette
su un conto corrente intestato ad Alfredo Ionetti ed utilizzato per l’incasso di cambiali
provenienti da Calabria e Sicilia per conto di imprese di autotrasporti.
A giudizio del gip, dunque,
Ionetti «conservava un pieno
potere decisionale e di direzione dell'impresa, nell'esercizio del quale si appropriava
dei titoli e delle somme di denaro». Si apre un nuovo capitolo, quindi, per il contabile
dei Condello. I conti con la
giustizia, per lui ed i figli, sembrano niente affatto chiusi.
CONSOLATO MINNITI
[email protected]
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SABATO 14 gennaio 2012
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Rapinavano gli anziani
Tutti rinviati a giudizio
“Barracuda”, Sorace patteggia. In due all’abbreviato
Hanno terrorizzato la città
per diversi mesi compiendo
rapine ai danni di persone
anziane ed indifese. Da ieri
sono tutti a processo. È entrato nel vivo il procedimento “Barracuda”. Alla sbarra
diversi soggetti accusati di
associazione per delinquere
finalizzata alle rapine, rapina
aggravata, lesioni aggravate
e sequestro di persona. Dinnanzi al gup Petrone, Vincenzo Sorace ha chiesto ed ottenuto il patteggiamento a
quattro anni e otto mesi di
reclusione. Sulla quantificazione della pena pesa ovviamente la scelta del giovane di
collaborare con le forze dell’ordine per aiutare le indagini a chiudere il cerchio sulla
banda che ha messo a colpo
decine di colpi in tutta la città, alcuni proverbiali proprio
per la loro efferatezza. Hanno scelto il rito abbreviato,
invece, Antonino Consolato
Aricò e Carmela Lauro. Per
quanto riguarda gli altri im-
Fabio Calù
Vincenzo Sorace
putati, sono stati tutti rinviati a giudizio, così come richiesto dal pubblico ministero in
sede di udienza preliminare.
Si tratta di Carmelo Calù, Fabio Calù, Antonio Caracciolo, Domenico Palmisano,
Mirko Falcomatà, Salvatore
Bonura, Demetrio Monorchio e Giovanni Bellantoni
che saranno davanti alla sezione penale del tribunale il
prossimo 28 marzo.
L’attività dell’Arma ha permesso di disarticolare, nello
scorso luglio, un’associazio-
ne dedita alla commissione
di reati terribili che vedevano
come esclusive vittime degli
anziani indifesi, che venivano
selvaggiamente aggrediti e
che, solo per puro caso, sono
riusciti a sopravvivere a quella terribile esperienza. Le indagini erano state avviate già
nel giugno del 2010 ed avevano portato al fermo di tre
persone, due uomini e una
donna (Palmisano, Sorace e
la Lauro) accusati inizialmente di tre episodi di rapina commessi in danni di an-
ziani. In quella circostanza fu
un testimone e fornire tre cifre della targa di un’auto sospetta notata nei tempo e nei
luoghi della rapina. Poco
tempo dopo iniziò a collaborare con gli inquirenti uno
della banda. Si trattava di
Vincenzo Sorace, che fece altri nomi ma non quelli dei capi e promotori. Ma una svolta alle indagini arrivò da Carmela “Mela” Lauro, bidella
sospesa dal servizio che, dopo essere stata posta agli arresti domiciliari grazie alla
presenza dei figli piccoli, fu
una fonte inesauribile d’informazioni per i carabinieri.
Nella sua casa parlava deliberatamente dei colpi messi
a segno fornendo indicazioni precise ai militari.
Nel corso dell’udienza di
ieri, sono intervenuti, tra gli
altri, gli avvocati Michele e
Antonino Priolo, Iaria, Martino, Milasi e Pratticò.
CONSOLATO MINNITI
[email protected]
«I clan controllavano i voti»
“Meta”, il colonnello Giardina riferisce sul Comune di Fiumara
«La ‘ndrangheta s’interessò
subito delle elezioni comunali
di Fiumara». Torna a deporre
il colonnello Valerio Giardina
(in foto) nell’ambito del processo “Meta”. L’ufficiale dell’Arma, infatti, ha delineato ieri tutti i contorti relativi alle cosche Buda-Imerti e Zito-Bertuca che operano nella zona di
Villa San Giovanni e Fiumara
di Muro. Particolare attenzione
è stata posta ai rapporti con la
politica. Dalle indagini effettuate è emersa la volontà di un
condizionamento del voto per
le elezioni amministrative del
2008. «Già a partire dal 2007
– spiega il colonnello – c’erano
state delle chiacchierate propedeutiche ad accordi per le elezioni. Dal complesso delle intercettazioni abbiamo appreso
che i probabili candidati venivano identificati nel sindaco
uscente Domenico Cianci ed in
Stefano Repaci. Questo è molto importante perché in base
all’elezione del sindaco si apriva la possibilità per la cosca di
inserirsi nella gestione degli
appalti ed in tutte le altre situazioni riguardanti soldi da spendere nel settore pubblico». Il
racconto di Giardina prosegue
con un fatto assai importante:
«Repaci ha vinto poi le elezioni, ma c’è un episodio che merita di essere commentato. Al
termine di un summit mafioso
tenutosi a Solano, Passalacqua
e Vitale, uomo di fiducia di
Rocco Musolino) si recano nell’ufficio di Repaci e siamo nel
periodo precedente all’elezione dello stesso Repaci». Secondo il colonnello è chiaro che «la
cosca voleva dimostrare di sapere controllare il territorio».
Dopo aver parlato della convenzione che si voleva stipulare tra Acquereggine ed il Comune di Fiumara e che doveva
servire «solo a procacciare posti di lavoro per i parenti degli
affiliati», Giardina ha ricordato come vi siano state nell’ente
tirrenico delle gare d’appalto
truccate ed anche dei concorsi
pilotati. Ricorda un episodio il
colonnello e cioè «quando entrò Carmelo Sergi a lavorare al
Comune. All’epoca l’ingegner
Matalone inviò in anticipo il
compito per Sergi, ma questi
lo copiò male e delle altre tre
persone partecipanti, sicuramente – pensarono – uno
l’avrebbe fatto meglio di lui.
Così ignoti s’introdussero all’interno del Comune e aprirono tutte le buste costringendo
il Consiglio ad annullare il concorso». L’episodio, risalente
agli anni ’80, darebbe la dimensione della situazione che
si respirava, così come quello
riguardante Pasquale Buda
che si dimise da vigile urbano
per poter essere battezzato dalla ‘ndrangheta. (c. m.)
urbanistica
«I palazzi erano abusivi
ma avevano il collaudo»
C’erano anche palazzi
abusivi ma con tanto di collaudo. È quello che emerge
della deposizione dell’architetto Patrizia Gagliano, ieri,
nell’ambito del processo
“Urbanistica”. Il perito nominato del pubblico ministero Maria Luisa Miranda,
infatti, ha effettuato una disamina molto particolareggiata sulla perizia effettuata
e che ha dato anche l’input
definitivo all’inchiesta. Dalle carte della Gagliano sono
emerse situazioni quanto
meno strane che hanno portato poi all’emissione del
provvedimento dell’autorità
giudiziaria. Con l’operazione “Urbanistica”, infatti, sono stati tratti in arresto diversi soggetti con l’accusa, a
vario titolo, di associazione a
delinquere costituita allo
scopo di commettere una
serie di delitti di corruzione
per atti d’ufficio, corruzione
per atti contrari ai doveri
d’ufficio, abusi d’ufficio e falsi, con l’aggravante per Giuseppe Melchini di aver organizzato e diretto l’associazione. In particolare l’architetto, avvalendosi della sua posizione di funzionario responsabile del settore
polizia municipale
Mercato di via Minniti
Sanzioni per 11mila euro
Nell’ambito dei controlli
disposti dal Comando di Polizia Municipale per il contrasto dell’abusivismo commerciale nei mercati su aree
pubbliche della città, personale del Corpo ha effettuato
un intervento finalizzato alla tutela dei consumatori ed
al regolare svolgimento delle attività commerciali nell’area mercatale di via T.
Minniti. In particolare, personale del servizio operativo e del comando centro, coordinato dall’ufficiale del
corpo E. Giordano, è intervenuto durante lo svolgimento del mercato e, nel
corso del controllo, ha accertato ben 12 violazioni amministrative irrogando sanzio-
l’interrogatorio
Ha respinto ogni accusa Antonino
Perla, il 21enne tratto in arresto giovedì con l’accusa di essere l’autore
dell’omicidio di Eduardo Bruciafreddo. Il giovane, difeso dall’avvocato
Francesco Calabrese, è stato interrogato ieri dal gip Adriana Trapani, alla presenza del pm Gabriella Cama.
Non sarebbe stato lui ad uccidere
Bruciafreddo e quella lite non avrebbe avuto alcuna conseguenza. È questa la linea difensiva di Perla (in foto) che ha provato a spiegare al giudice che lui con quell’efferato delitto
Perla respinge tutte le accuse
Davanti al gip il giovane nega di aver ucciso Eduardo Bruciafreddo
proprio non c’entra nulla. Eppure ad
incastrare Perla ci sono le testimonianze di diversi soggetti che hanno
parlato della lite che lo ha visto coinvolto con Bruciafreddo qualche sera
prima che quest’ultimo fosse ammazzato all’interno della sua abitazione di Sant’Elia di Ravagnese. Secondo la tesi accusatoria, proprio il li-
tigio dinnanzi al locale “Il gatto matto” avrebbe poi generato la reazione
sconsiderata di Perla che sarebbe andato a cercare vendetta uccidendo
Bruciafreddo. Gli investigatori sono
arrivati al presunto omicida dopo
aver seguito altre due piste che potevano rivelarsi utili: una riguardante
un movente passionale e l’altra per
edilizia privata dal 10 maggio 2001 all’1 settembre
2009, assicurava l’esito di
un numero indeterminato
di progetti presentati in violazione della normativa urbanistica, oppure assicurava l’iter agevolato a quelli
presentati da tecnici e professionisti a lui collegati.
Melchini garantiva poi ad alcuni membri dell’ufficio
adeguata copertura per la
realizzazione di interessi illeciti. Ma dalla deposizione
di ieri della Gagliano sono
emersi anche degli aspetti
davvero particolari con retroscena non da poco: da falsi architetti che firmavano
atti senza aver avuto mai
l’abilitazione, fino a giungere a palazzi costruiti in modo totalmente abusivo ma
che potevano addirittura
contare su una precisa procedura di collaudo. Insomma, una situazione al limite
del paradossale. Dopo l’architetto è stato il turno di
due operanti della pg che si
sono occupati delle intercettazioni. Il processo è andato
al prossimo 20 gennaio per
ascoltare altri testimoni dell’accusa.
c. m.
debiti da stupefacenti ancora non
pagati. Tuttavia la testimonianza
chiave è stata quella del fratello della vittima che, da subito, ha affermato come quell’uomo visto fuggire dopo l’agguato era proprio Antonino
Perla. Un racconto che ha chiuso il
cerchio facendo scattare le manette
ai polsi di Perla. (c. m.)
ni per un valore di oltre
11mila euro; contestualmente si è proceduto allo
sgombero delle installazioni non in regola con le norme che disciplinano lo svolgimento del mercato.
La vigilanza sulle attività
commerciali su aree pubbliche ed in particolare sulle
aree mercatali continuerà
nei prossimi giorni.
l’ORA
GrecoCALABRA
p~⁄~
COMUNI
Melito Porto Salvo
Bova
Bova Marina
Motta San Giovanni
Condofuri
Montebello Jonico
0965 732473
0965 762010
0965 760023
0965 718101
0965 776000
0965 785372
GUARDIE MEDICHE
Palizzi
Roghudi
Bagaladi
San Lorenzo
Com.Montana Capo Sud
0965 763079
0965 789140
0965 724362
0965 721395
0965 775311
Melito Porto Salvo (T.Evoli)
Bova
Bova Marina
Motta San Giovanni
Condofuri
Montebello Jonico
Palizzi
Bagaladi
San Lorenzo
Melito Porto Salvo
Bova
Bova Marina
Motta San Giovanni
Condofuri
Montebello Jonico
Palizzi
Bagaladi
Il Coordinamento delle associazioni torna alla carica
«Centrale a carbone: SeiRepower giù la maschera».
Il coordinamento delle associazioni dell'area grecanica
ritorna sulla questione della
centrale a carbone attaccando la Sei, “rea” a suo di dire
«di non gradire il confronto
pubblico, comunicando solo
attraverso le interviste di Fabio Bocchiola, nella sua duplice veste di amministratore
delegato della Sei e della filiale italiana dell’azienda
svizzera Repower».
Riprendendo l’intervista
rilasciata al programma “Laser”, della tv svizzera Rsi-Rete Due, il coordinamento sottolinea come «l’amministratore delegato della Sei-Repower chiarisce alcune posizioni della sua azienda riguardo
alla scelta del carbone a Saline Joniche ed in particolare il
perchè della scelta del carbone che é il combustibile più
economico e che quindi fa
guadagnare più soldi alla sua
società Sei-Repower». L'affondo che si evince nel comunicato continua ed aggiunge
che «nessuna preoccupazione ha invece la Sei-Repower
che con i suoi dirigenti seduti attorno ad un tavolo ha deciso di abbinare il carbone ad
una delle zone più belle d’Italia. Il peggiore inquinamento
al turismo». Molti i punti
trattati dal coordinamento
che riprendendo le parole di
Bocchiola: “Ci siamo mossi
con molta cautela quando abbiamo deciso di entrare nel
mondo del carbone, perchè il
primo passo è stato proprio
questo, cioè la salute pubblica” aggiunge che «l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un allarme che
inchioda le centrali a carbone
affermando che esse sono la
prima causa al mondo delle
morti per inquinamento.
L’intervista continua con un
gioco di prestigio - continua
la nota – quando l’a.d. della
SEI-Repower inizia a parlare
di inquinamento e afferma:
“Abbiamo creduto nel sistema Ets, cioè Emission Tra-
Il progetto della centrale
ding System, che già oggi è
operativo, cioè io nella mia
centrale a turbogas che ho in
Campania, già oggi sto comprando certificati di CO2”.
Con gli Ets si compra il diritto di inquinare».
Il No al carbone aggiunge
che «neanche il tanto sbandierato Ccs (cattura e stoccaggio del carbone) viene in
aiuto alla Sei-Repower con
Bocchiola che ha dichiarato
che "Bisogna riflettere perchè vorrebbe dire perdere
circa 10 punti di efficienza, e
quindi il grande successo di
passare da 35% a 45% di efficienza". Questo vuol dire
che il progetto della centrale
a carbone a Saline – si legge
nel documento diramato sarà inquinante esattamente
come le altre centrali a carbone. Dopo il ridimensionamento dei posti di lavoro da
500 a 140, anche la favola del
carbone pulito grazie al Ccs
manifesta la sua inconsistenza». La disamina continua
soffermandosi «sul finale
dell'intervista dove l’amministratore delegato della SeiRepower parla dell’idea di
elaborare quello che chiama
“un patto di legalità” da stringere con le forze dello stato
locali, nonostante la forte
opposizione di tutte le istituzioni calabresi nei confronti
del progetto della centrale. A
tal proposito Bocchiola ha affermato che “non è nelle corde della Regione poter decidere in autonomia […]La Regione non può permettersi di
dire sì, no, non mi piace”.
L’obiettivo finale della SeiRepower – concludono le associazioni - é quello di imporre sul territorio di Saline un
progetto illegale, pericoloso
per la salute dell’uomo e per
l’ambiente, che ha incontrato
il netto rifiuto di tutte le istituzioni calabresi e della popolazione, attraverso sistemi
di disinformazione che hanno suscitato lo sdegno anche
in terra elvetica».
FRANCESCO IRITI
[email protected]
istituto comprensivo
I ragazzi si sono distinti in giochi matematici e concorsi di grafica
«Una scuola di qualità sempre più inclusiva e che premia il merito», con queste parole ha esordito l’assessore Regionale alla Cultura Mario Caligiuri per aprire i lavori del convegno che si è tenuto al centro agroalimentare di Lamezia Terme.
Congresso che ha dato lustro ai giovani talenti della nostra Calabria legittimando la voglia di emergere di una regione che ha dato i
natali a molte eccellenze e che continua ad
essere fucina di cultura e di grande operosità
intellettiva. Duecentocinquanta ragazzi hanno partecipato all’incontro e tra di essi nove
alunni dell’Istituto Comprensivo Statale di
Motta San Giovanni che si sono distinti nei
giochi matematici dell’Università Bocconi tra
i quali: Riccardo Ielo, Chiara Campolo, Chiara Surace, Lorena Franco, Martina Siclari,
Santina Paviglianiti, Stefanel Couvrig e in vari concorsi nazionali di grafica tra i quali: Ila-
TEMPO LIBERO
0965 781378
0965 762702
0965 766360
0965 712209
0965 780333
0965 782783
0965 765803
0965 724088
BOVA
Museo arte contadina
BOVA MARINA
Museo agropastorale
Biblioteca
Cineteatro “Don Bosco”
CONDOFURI
Biblioteca “Rempicci”
0965 762013
0965 760821
0965 760821
0965 766208
0965 784877
verso le elezioni
Marcianò: siano priorità
il cittadino e la famiglia
MELITO PORTO SALVO
«L'impegno per il bene
comune e l'amore verso il
proprio territorio, prevalga rispetto agli egoismi individuali e corporativi».
Mimmo Marcianò, presidente dell'associazione
“Nuovi Orizzonti dell'area
grecanica”, in vista delle
prossime elezioni comunali a Melito Porto Salvo, invita «la politica, le istituzioni, il mondo dell'associazionismo civile e religioso,
ad interrogarsi ed assumere posizione e quindi responsabilità, nei confronti
del futuro e dello sviluppo
dell'intero
territorio».
Marcianò si auspica il bene
del comune melitese chiamato a rinnovare l'intera
amministrazione dopo le
due legislature consecutive
targate Iaria. «Tale considerazione, trova il proprio
convincimento dalle risultanze politiche prodotte
negli ultimi anni, visto che
il territorio dell'area grecanica, ha perso, o meglio
non è riuscito ad eleggere
propri rappresentanti continua Marcianò - nè a
livello provinciale, nè in
quello regionale». L'anali-
si del presidente di Nuovi
Orizzonti punta il dito sulle «ricadute negative percepite e vissute quotidianamente dalla popolazione
melitese come nei casi di
ospedale, porto, ridimensionamento e soppressione uffici pubblici, aumento
disagio sociale, disoccupazione giovanile».
Marcianò continua la
sua disamina sulla questione generale nella quale versa la politica melitese che
«deve rispettare la libertà
e le ambizioni personali di
ognuno». A tal proposito,
come aggiunge lo stesso,
«la politica è chiamata ad
offrire un volto nuovo fatto
di credibilità, di coesione
visto le particolari contingenze economiche e sociali in cui vive e si trova il nostro territorio».
Serve un nuovo modo di
fare politica «che non sia
assolutistico e pensi alle
questioni personali, ma abbia al centro della sua azione – conclude la nota - il
cittadino, la famiglia, e la
crescita civile ed economica del proprio territorio e
la moralizzazione della cosa pubblica».
fr.ir.
verso le elezioni/2
Attestato di merito per alunni mottesi
MOTTA SAN GIOVANNI
¢~ ~ ›¼
CARABINIERI
0965 783007
0965 762217
0965 761500
0965 711397
0965 727085
0965 785490
0965 765203
0965 372251
0965 721002
«La “Sei” vuole imporre
un progetto pericoloso»
MONTEBELLO JONICO
calabria
ora
SABATO 14 gennaio 2012 PAGINA 19
ria Seminara, Domenico Laganà.
Presente anche il dirigente scolastico Caterina Autelitano e i docenti Rosalia Branca e
Antonia Arcidiaco che con orgoglio hanno accompagnato i giovani talenti e con essi hanno condiviso un’esperienza pregnante, significativa e appagante.
La sala era gremita da tanti ragazzi i cui
volti lasciavano trasparire la forza di un’età
carica di promesse ed aspettative e al contempo la consapevolezza dell’importanza e
del valore, per la loro crescita e maturazione,
dello studio. Momento altrettanto importante per i dirigenti e i docenti della scuola calabrese che hanno trovato in tale convegno rinforzata fiducia nel proprio operato e ancor
più nel ruolo strategico della scuola quale fonte di crescita personale e mezzo di realizzazione e sviluppo civile, democratico ed economico della nazione.
PASQUALE GATTUSO
[email protected]
Totò Minniti si schiera
con Italia dei valori
MELITO PORTO SALVO
Totò Minniti aderisce all'Idv. E' questo l'oggetto
della conferenza stampa
indetta questa mattina a
Melito Porto Salvo alle 10.
Nei locali del circolo di
“Italia dei Valori” gli esponenti dipietristi presenteranno al pubblico ed alla
stampa la nuova figura politica.
Il consigliere comunale
farà, quindi, la prima uscita personale con il suo nuovo partito dopo che, sin dai
mesi scorsi aveva instaurato una battaglia personale
contro l'amministrazione
Iaria di cui fa parte e che
l'aveva visto anche ricoprire il ruolo di presidente del
consiglio.
Importante l'acquisto
dell'Idv che rafforza la propria presenza in vista delle
prossime elezioni comunali visto che Minniti non ha
nascosto di volersi ricandidare.
L'incontro avrà luogo alla presenza del commissario e del consigliere regionale Giuseppe Giordano,
del Commissario regionale Vincenzo Tromba, del
commissario provinciale
Antonio Marrapodi e del
Referente cittadino Antonino Minniti.
fr.ir.
SABATO 14 gennaio 2012 PAGINA 21
l’ora della Piana
Piazza Primo Maggio 17, Palmi Tel. e Fax: 0966 55861 Mail: [email protected]
PORTO
AUTORITA PORTUALE
OSPEDALI
0966 588637
CAPITANERIA DI PORTO 0966 562911
0966 765369
DOGANA
GUARDIA DI FINANZA
0966 51123
POLIZIA DI FRONTIERA 0966 7610
CARABINIERI
0966 52972
VIGILI DEL FUOCO
0966 52111
GIOIA TAURO
FARMACIE
0966 52203
PALMI
0966 267611
CITTANOVA
0966 660488
OPPIDO
0966 86004
POLISTENA
0966 942111
TAURIANOVA
0966 618911
Rosarno
Ioculano 0966 51909
Rechichi 0966 52891
Tripodi
0966 500461
Alessio 0966 773237
Borgese 0966 712574
Cianci
0966 774494
Paparatti 0966 773046
Palmi
Barone
Galluzzo
Saffioti
Scerra
Stassi
0966 479470
0966 22742
0966 22692
0966 22897
0966 22651
Taurianova
Ascioti 0966 643269
Covelli 0966 610700
D’Agostino 0966611944
Panato
0966 638486
Migranti, il nuovo campo
per ospitare 250 persone
Tripodi presenta la struttura che sorgerà a S. Ferdinando
ROSARNO
E’ ormai sancito che a Rosarno si tratta di emergenza
migranti. Ma nella cattiva
notizia c’è anche qualche
buona nuova. Ieri mattina il
sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi, ha convocato una
conferenza stampa, affiancata da Daniela Pompei, consulente del ministero della
cooperazione internazionale
e integrazione, e don Pino De
Masi, referente calabrese di
Libera.
L’oggetto del briefing con
politici, tecnici e poi con la
stampa è stato propedeutico
a dare una notizia importante, ossia l’apertura della tendopoli nell’area industriale di
San Ferdinando, che darà
ospitalità a circa 250 immigrati. «Si tratta di una novità
attesa – ha chiarito la Tripodi – ratificata durante il tavolo tecnico interistituzionale in prefettura. Il prefetto di
Reggio ha decretato l’occupazione dell’area Asi in questione, che sarà allestita con le
tende messe a disposizione
dalla Protezione civile».
Sono state dunque superate le difficoltà iniziali, e la
riottosità dell’Asi stessa, che
EMERGENZA Da sinistra Demasi,Tripodi, Pompei
di fronte all’azione d’imperio
del prefetto Luigi Varratta,
non può che alzare le mani. I
lavori partiranno, in maniera
assai celere, già dalla giornata odierna, per dare la possibilità di allestire il campo già
per giovedì prossimo.
«Questa soluzione – ha
proseguito il primo cittadino
medmeo – ci consentirà di
sgomberare alcune zone assai critiche, ad esempio la
fabbrica ex Pomona e le case
dietro il centro storico». In
pratica altri ghetti chiuderanno i battenti, e gli africani troveranno un posto nel comune di San Ferdinando, che
poi di fatto è sul confine rosarnese. Per quel che concerne il dettaglio economico, la
Tripodi ha assicurato che
«Rosarno non avrà spese»,
ed è quindi probabile che dei
costi si farà carico la Regione,
o il Viminale, se non addirittura la Prociv stessa. Ad assistere alla conferenza stampa
c’erano assessori e consiglieri comunali, e anche un esponente di partito, Aurelio Timpani di Fli che ha sollevato la
questione della interterritorialità dell’emergenza migranti.
La Tripodi è stata cauta,
chiarendo che «i numeri di-
CINEMA
Gioia Tauro
cono che la questione è soprattutto rosarnese, ma ciò
non toglie che per scelte politiche più strutturali, come
ad esempio accoglienza in
generale e economia, la stessa Città degli ulivi (l’associazione che riunisce i comuni
della Piana) possa essere investita del problema». A dar
manforte all’iter c’era don Pino De Masi, investito anche
come esponente importante
della diocesi.
«Mi preme sottolineare
che il prefetto ha dimostrato
enorme sensibilità, spiegando che le condizioni degli
africani sono prioritarie rispetto ad altri aspetti della vicenda. Per quanto ci riguarda
siamo impegnati come associazionismo cattolico e in rete con altri soggetti ad offrire
strumenti e sostegno fattivo
affinché si possa gestire nel
migliore dei modi la tendopoli».
Un passo in avanti, quindi, nell’affrontare la questione migranti, con una soluzione certamente provvisoria
che può decongestionare la
città di Rosarno, sempre a rischio polveriera.
DOMENICO MAMMOLA
[email protected]
Gioia Tauro “Politeama” 0966 51498
Chiuso
Cittanova “Gentile” 0966 661894
Chiuso
Polistena “Garibaldi” 0966 932622
Chiuso
Laureana “Aurora”
Chiuso
MIGRANTI/2
Madafferi: disponibilità
Ma la città vuole garanzie
SAN FERDINANDO
Apertura di credito e cautela del sindaco di San Ferdinando, Domenico Madafferi, sulla tendopoli della Prociv
per i migranti nell’area industriale sanferdinandese.
«Ho offerto tutto il supporto e la disponibilità – ha dichiarato Madafferi – ma è chiaro che mi aspetto rassicurazioni rispetto all’ordine pubblico, e alla gestione della
struttura». Stamattina al municipio sanferdinandese arriverà una delegazione tecnica dalla prefettura per fare un
incontro con il sindaco e un sopralluogo sul terreno della seconda zona industriale dove saranno installate le
tende. «Domani (oggi
per chi legge, ndr) discuterò di tutte le cose più
importanti, mi farò garante di eventuali preoccupazioni della cittadinanza e chiarirò che come ufficiale di governo
devo essere nelle condizioni di poter operare serenamente». Un discorso cauto ma non per questo propedeutico a chiusure di alcun genere.
«A scanso di equivoci
voglio dire che nessuno è
contrario alla tendopoli, CAUTO Madafferi
né all’accoglienza, la cosa
che mi preme sottolineare è che ho solo la necessità di essere rassicurato sulla questione gestionale». Il vero cruccio che assilla Madafferi è di tipo economico, ossia chi
apre i cordoni della borsa per finanziare la tendopoli. «Di
certo nessuno può chiedere un euro al mio comune. Noi
non abbiamo ricevuto finanziamenti ad hoc, e soprattutto non abbiamo somme in bilancio previste per questo tipo di attività». In pratica un impegno a costo zero, che
sarà declinato dal sindaco di San Ferdinando con estrema puntigliosità. Ci sarebbe poco da preoccuparsi di
eventuali problemi di ordine pubblico, anche perché la
tendopoli è ampiamente fuori dal centro abitato e, addirittura, è più vicina a Rosarno che a San Ferdinando.
do. ma.
MIGRANTI/3
Pompei glissa su Rosarno
La collaboratrice del ministro: raccolgo solo informazioni
ROSARNO
Che il problema di Rosarno sia
serio lo si capisce anche dall’equilibrio e dalla sobrietà di Daniela
Pompei, collaboratrice del ministro
alla cooperazione internazionale e
integrazione Andrea Riccardi. La
docente universitaria oppone un
sorriso e scuote la testa alle insistenze dei cronisti che chiedono cosa ne
pensa rispetto al contesto rosarnese.
Blindata dal sindaco Elisabetta
Tripodi e da don Pino De Masi, la
Pompei si lascia sfuggire solo quale breve periodo. «Il mio compito è
fare un sopralluogo, raccogliere informazioni per il ministro. E siamo
solo all’inizio della visita». Di più
non dice, anche quando viene sollecitata sul doppio filo che la lega a
Riccardi, ossia la comune militanza
e dedizione alla causa della comunità di Sant’Egidio.
«Questo esula dalla mia attuale
funzione». Più che una cooperante, la Pompei è stata funzionaria ligia alla consegna del silenzio. A parte questo, però, la visita della esperta ha comunque un valore molto
importante, considerato che si articola come una risposta decisa alle
sollecitazioni dell’amministrazione
comunale, che ha sottolineato – attraverso una lettera del sindaco a
Riccardi e alla titolare del Viminale, Annamaria Cancellieri – la solitudine istituzionale che patisce la
città sul Mesima.
Alcuni rumors che si susseguono, ma sui quali ha glissato la stessa Pompei, darebbero per certo l’arrivo del ministro Riccardi entro la
fine del mese in corso.
E lo stesso provvedimento del
prefetto reggino di dare il via libera
alla tendopoli a San Ferdinando
può essere considerato come il segnale che qualcosa si muove. A parte le strutture, ovviamente necessa-
ATTENTI Da sinistra Riccardi e Pompei
rie per l’accoglienza e decongestionare i ghetti, la città si aspetta un
intervento economico serio e soprattutto la rimozione di alcuni
ostacoli al sistema produttivo locale. Intanto prosegue la carovana
della solidarietà, con la comunità di
Sant’Egidio che oggi sarà impegnata nella distribuzione di generi di
prima necessità nei luoghi maggiormente critici. Aspettando Riccardi.
do. ma.
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SABATO 14 gennaio 2012
calabria
ora
V I B O
Nefrologia, arriva
lo stop dall’Asp
sui ricoveri ordinari
Si chiude. Proteste dalla Sin e dai dializzati
L’ingresso dell’ospedale Jazzolino, da adesso privo anche dei posti letto per la Nefrologia
La gravità della patologia non ha alcuna rilevanza, più importanti, semmai, sono i conti da
far quadrare, costi quel che costi, e un Piano di
rientro da applicare alla regola.
Lo ha fatto un’altra volta, la commissione
straordinaria dell’Asp. Ha sostituito solo gli attori, lasciando invariato il copione - il famoso
decreto 106 - e il palcoscenico, l’ospedale Jazzolino, sul quale è di nuovo calato il sipario. Sul
quale, più chiaramente, è ritornato a farsi vivo
lo spettro della chiusura, con la divisione di Nefrologia (diretta dal dottore Francesco Giofrè)
nel mirino. “L’ordine” ha numeri chiari, e fa leva sulla delibera 1682 del 29 dicembre 2011,
nonché sulla disposizione del direttore sanitario dello scorso 5 gennaio, (protocollo 785): da
giovedì 12, quindi dall’altro ieri, non saranno
più attivi i posti letto in regime di ricovero ordinario. Ergo, se il paziente ha bisogno di cure
si provveda al trasferimento, poco importa se a
tantissimi chilometri di distanza.
la competizione
Così si consuma l’ennesimo scippo, tra la politica regionale che per Vibo ha continuato a fare spallucce, certa di aver già “osato” abbastanza, ed una commissione che “militarmente”, accuserebbe più di qualcuno, ha deciso di applicare alla lettera il Piano, non potendo e volendo, probabilmente, assumersi nessun’altra responsabilità.
Il prezzo più caro, ovviamente, alla fine lo dovranno pagano sempre loro: i malati, oncologici, urologici, nefrologici... la varietà non manca,
la soluzione a tutto questo, però, sì, e il dramma è che se qualcuno non si fosse premurato di
protestare forse del provvedimento nessuno
avrebbe saputo nulla.
Il reparto, in realtà, non ha mai avuto vita facile. Prima del 2010 contava 8 posti di degenza
ordinaria più due di day hospital. Nell’estate
dello stesso anno l’inizio della “contrazione”.
Manca il personale e si pensa di accorparlo alla Medicina in attesa di un programma di riat-
tivazione che non arriverà mai. I letti a disposizione diventano 4, ma nessuno si cura del fatto
che il reparto serve tutta la provincia e, addirittura, le zone della Piana e alcune del Reggino.
Tra Catanzaro e Reggio Calabria, quello di Vibo rappresenta l’unico presidio Nefrologico,
l’unico punto di riferimento per circa 150 utenti che si sottopongono ad emodialisi, ai quali si
aggiungono coloro, circa una cinquantina, che
vivono grazie al fatto di essersi sottoposti ad un
trapianto di rene.
Adesso cosa succederà? Possibile che non vi
fossero altre alternative? Per la dottoressa Teresa Papalia, presidente della Sin (Società italiana di nefrologia) ve ne erano eccome, tanto che
non ha esitato a bocciare la Commissione per la
«decisione presa inopinatamente». «Se vogliono mettere in discussione il diritto dei cittadini
alla salute facciano pure - il suo amaro commento - ma la chiusura della divisione mette a
rischio vite umane, e questo nessuno può accettarlo». Provvedimento «grave», gravissimo,
dunque, tanto più perchè «arriva proprio nel
momento in cui la Sin e l’Ufficio del commissario hanno avviato un confronto per una equa distribuzione del territorio dei presidi sanitari». In
effetti, sembra che alla chiusura già prevista dal
decreto 106 ci si fosse arrivati per via di alcuni
dati non veritieri sul carico di lavoro che gravava sul reparto. E sembra ancora che la Regione
avesse preso un impegno a rimodulare il tutto,
pianificando una rete nefrologica su l'intera Calabria e seguendo gli interessi dei pazienti.
L’Asp, invece, avrebbe precorso i tempi senza
fornire nuove disposizioni, né indicare vie alternative per i ricoveri. Intanto, i malati che quei 4
posti li occupano ancora per il momento non
possono essere dimessi, ma se qualcuno dovesse improvvisamente arrivare al Pronto soccorso e dovesse avere bisogno di un ricovero dove
dovrebbe andare? Non è dato sapere. Fortunatamente per la Sin e l’Aned (Associazione nazionale emodializzati, dialisi e trapianto), che ha
chiesto l’immediata sospensione del provvedimento ed un incontro urgente al dirigente Gianluigi Scaffidi, la battaglia deve ancora iniziare.
A meno che non intervenga direttamente il governatore Giuseppe Scopelliti, anche nella qualità di commissario per il Piano di rientro. «E’
lui, infatti - ha spiegato la Papalia - che può e deve dare garanzie alla popolazione della provincia. Siamo convinti che non può essere d’accordo con una disposizione così, che contribuisce
a uccidere la sanità in Calabria, per cui certamente si adopererà per farlo annullare». Speriamo, perchè se così non fosse significherebbe
aver improvvisamente tolto ad una famiglia
enorme la casa. E questo nessuno potrebbe mai
perdonarselo.
TIZIANA ADAMO
[email protected]
il convegno uici
agricoltura
“Gran Prix di nuoto”
La Fin sceglie Vibo
Oltre la disabilità
per essere genitori
Cipolla rossa, nuovo
appello di Coldiretti
L’appuntamento è per oggi e domani
per il primo “Gran Prix regionale nuoto
esordienti indoor” organizzato dal Comitato regionale della Fin. Nella piscina comunale di località Maiata si ritroveranno
ben 109 atleti in rappresentanza di sette
società calabresi, mentre 459 saranno le
gare che si terranno nelle due giornate,
che avranno inizio alle ore 9.00 e termineranno alle 18.30, con una pausa prevista
dalle 13 alle 15. Ovviamente, non poteva
non essere grande la soddisfazione della
Vibo Nuoto e del suo presidente Lorenzo
Passaniti, il quale ha voluto anticipatamente ringraziare la Fin per aver scelto
proprio la città di Vibo per un evento di tale importanza. Evento che ha registrato la
adesione di sei società, ovvero della Rende Nuoto, che gareggerà con 14 atleti, 9
maschi, 5 femmine; della Kroton Nuoto:
26, 16 maschi, 10 femmine; Paideia sd –
Reggio Calabria, 14, 6 maschi, 8 femmine;
Gruppo Pol Catanzaro, 21, 11 maschi, 10
femmine; Asd Pianeta sport - Rc, 12 atleti, 6 maschi, 6 femmine; Nettuno Palmi
Asd, 7, 3 maschi, 4 femmine; Nuotatori
reggini asd, 15, 7 maschi, 8 femmine. Un
appuntamento, dunque, a cui tutti gli appassionati non potranno rinunciare, anche perchè in vasca non mancherà la sana competizione e il giusto far play.
“Non posso vedere... ma posso adottare?”, introduce l’argomento su disabilità e
genitorialità, oggetto del convegno promosso dalla sezione provinciale dell’Unione ciechi e ipovedenti, in programma per
oggi, alle 9.30 al 501 hotel. L’incontro, realizzato con il patrocinio della Provincia e
del Comune, ha un testimonial d’eccezione,
la cantante Annalisa Minetti. Il programma
dei lavori, introdotti dai presidenti provinciali e regionali della Uici, Giovanni Barberio e Annamaria Palummo, prevede interventi a tema. Si inizia con la relazione “Adozioni internazionali”, affidata a Nunziatina
Ramondino, per proseguire con “Adozioni
nazionali” a cura di Teresa Stella. A seguire Giorgio Rognetta sulla tutela legislativa
dei genitori disabili e Loredana Stilo su
“Genitorialità e handicap visivo”. Carmen
Monteleone, invece, affronterà il tema
“Quando... l’essenziale è invisibile agli occhi”, mentre Vittoria Toscano relazionerà
sui servizi e le professionalità del territorio
per sostenere il diritto alla genitorialità delle persone con disabilità. Al dibattito, coordinato dal giornalista Maurizio Bonanno,
offriranno il loro contributo anche gli assessori regionali, provinciali e comunali alle
Politiche sociali, Francescantonio Stillitani,
Rossella Valenzisi e Salvatore Bulzomì.
«Gli ultimi finanziamenti concessi anche ai Consorzi di tutela delle produzioni
Dop e Igp della Calabria in particolare
quello della cipolla rossa di Tropea, sono
la chiara testimonianza - commenta il presidente della Coldiretti Calabria Pietro
Molinaro - che l’agricoltura è essenziale
per la crescita complessiva del sistema:
tutto nasce dalla terra e dal lavoro dell’uomo. Risorse fresche, dedicate alla promozione, che però, devono operare su più
fronti, favorendo un largo utilizzo del prodotto ad un prezzo remunerativo giusto
ed equo per il produttore agricolo, nonché favorire benefici per la filiera, la lotta
alla contraffazione e la valorizzazione dei
territori. Con queste basi - aggiunge Molinaro - sicuramente, ci saranno effetti immediati e durevoli nel. E’ però paradossale che ad esempio, la cipolla rossa di Tropea, il cui Consorzio rientra tra i beneficiari del finanziamento, continua ad essere
appannaggio di pochi, non dando modo ai
produttori agricoli di poter certificare il
prodotto in campo. Evidentemente si vuole continuare a sostenere chi nella filiera
ha l’unico obiettivo di speculare sul lavoro degli altri. La Coldiretti - conclude chiede ai soggetti interessati di autorizzare la certificazione della raccolta in campo
della cipolla».
visto dai medici
Sanità da migliorare
L’impegno dell’Ordine
Scarmozzino, Maglia,Tripodi, Natale
Si interroga l’Ordine dei medici, cercando di mantenere l’equilibrio su quella strada già tracciata al momento del giuramento, ma a volte messa in discussione da innumerevoli deficienze. E si riorganizza anche, tendendo la mano agli organi di informazione e chiedendo loro più attenzione e
oggettività, più rispetto e confronto, nell’interesse esclusivo della collettività. Nell’obiettivo a lungo termine la rinascita della realtà sanitaria, dove il rapporto «tra il
medico che cura con scienza e coscienza e
il cittadino dovrà assumere i contorni di
una alleanza terapeutica». In questo il neo
presidente Antonino Maglia non teme
smentite, anzi attende solo conferme, convinto che le linee programmatiche tracciate al momento dell’insediamento qualche
buon risultato lo porteranno. Nella conferenza stampa tenutasi ieri mattina nella sede di viale Affaccio, i dettagli del piano di
azione, fondato su un mantenimento di un
rapporto costante con «l’Asp, la Procura, la
Prefettura, la Chiesa». «Ai nostri interlocutori - ha precisato Maglia - spiegheremo
come intenderemo adoperarci per rappresentare l’interesse dei sanitari, vigilare sul
piano della deontologia e dell’etica, dare
ascolto alle istanze delle associazioni». In
tale ottica ciascun consigliere seguirà da vicino le diverse problematiche, ad iniziare
dalla formazione, «elemento fondante per
la professione», che sarà affidata al dottor
Vincenzo Scarmozzino, per proseguire con
i rapporti con l’Asp, curati dal dottor Enzo
Natale. Delle problematiche ospedaliere,
invece, si occuperà il vicepresidente dell’ordine, il dottor Franco Zappia, mentre i rapporti con i medici di base, con la continuità assistenziale e con gli specialisti ambulatoriali saranno rispettivamente seguiti dai
dottori: Reno Brissa, Matilde Matina e Gabriele La Scala, Rossella Mazzeo. Massima
attenzione anche per le donne, di cui si occuperà Loredana Pileggi, e per l’inserimento dei giovani, incarico dato ad Antonella
Tripodi e Stefania Barone, mentre per gli
odontoiatri risponderanno Giovanni Rubino e Giuseppe Piperno. Resta la sanità
privata, assunta ad interim dallo stesso Maglia. E in concreto cosa si farà? E come il
nuovo direttivo, che rimarrà in carica per il
prossimo triennio, giudica l’Asp? Cosa si
aspetta dalla politica? Niente di diverso,
forse, da quello che vorrebbero tutti. «Il
management dell’Azienda - ha detto il presidente - dovrebbe fare propri i problemi,
adottando atti e dando una impronta all’operato, in particolare individuando le misure più proficue per ridurre i livelli di rischio clinico. Inoltre, dovrebbe insistere
con la Regione per ottenere dotazione tecnologica e organica». Alla politica i compiti più importanti: «la costruzione del nuovo ospedale e il reperimento delle risorse
umane, da implementare nel momento in
cui sarà risolto definitivamente il problema del precariato, che tra l’altro si ripresenterà, puntuale, alla fine di marzo». Il
tutto nella convinzione che, ha aggiunto il
dottore Natale, «il problema della sicurezza deve essere affrontato con la partecipazione attiva di tutti e con responsabilità»,
bandendo però anche «giudizi sommari
sui dottori», soprattutto perchè alla fine
«questo gioco al massacro avrà come vittime i pazienti disorientati». (t. a)
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calabria
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Apre - sono le ore 10.40 l’avvocato Tani Scalamogna.
Un intervento breve, concetti chiari. Dritto al punto. Segue l’avvocato Antonello Fuscà, una disamina di due ore.
Immagini fotografiche, slide,
ordinanze. Dal 2006 ad oggi.
Ribatte punto su punto alle
accuse del pm nei confronti
del suo assistito. Giunge ad
una conclusione ovviamente
del tutto divergente. Poi l’avvocato Antonio Galati. Anticipa che parlerà tre minuti.
Parla tre minuti. Solo per
pronunciare una frase lapidaria e a suo modo significativa: «Ancora oggi, alla fine
del processo, non ho capito
di cosa è accusato il mio assistito». Seguono le arringhe
degli avvocati Gaetano Pacienza e Domenico Alvaro: le
responsabilità in questa vicenda, se mai ci sono, vanno
ricercate altrove, non certo
nella condotta degli imputati. Chiudono - siamo nel pomeriggio - gli avvocati Domenico Colaci e Domenico
Silipo. Riprendono gli studi
del professor Bizzarri, spiegano che le aree in questione
non potevano essere classificate R4, e che in ogni caso il
loro assistito non era in alcun modo tenuto a sapere,
dal nulla, di presunti vincoli.
Gli imputati
Si conclude intorno alle
ore 17.15 l’udienza, la penultima, del processo scaturito
dall’operazione
“Golden
house”. Gli avvocati del collegio difensivo, al termine
delle arringhe davanti al collegio giudicante (presidente
De Luca, a latere Gallo e Piscitelli), paiono visibilmente
soddisfatti del proprio lavoro, convinti dell’innocenza
dei propri assistiti, per i quali tutti hanno chiesto un’assoluzione piena. Convinti,
soprattutto, di avere smontato il castello accusatorio
messo su dalla Procura di Vibo Valentia che, sulla scorta
di un’indagine della Guardia
di finanza, nel febbraio 2009
appose i sigilli a due complessi residenziali in fase di
ultimazione: 120 appartamenti nell’area ex Gaslini di
Vibo Marina (“Santa Venere”) e 8 villette a Bivona (“Le
marinate”). Poi l’inizio del
processo per sei imputati, accusati di abuso d’ufficio e
omissione d’atti d’ufficio
(questo solo per Consoli) per
reati in materia ambientale.
Uno di loro, Giuseppe Coloca, richiedente di una concessione edilizia, è già stato
assolto in abbreviato. Gli altri sono Francesco Mirabello, 34 anni, amministratore
unico della società “Casa del
sole srl”; Pietro Naso, 58 anni, amministratore unico
della “Olearia vibonese srl”;
Gioele Paolo Pelaggi, 45 anni, progettista del complesso
“Le marinate”; e Giacomo
Consoli, 58 anni, all’epoca
dirigente comunale del settore Urbanistica.
Come detto è Scalamogna,
legale di Antonio La Gamba
- deceduto qualche mese fa e
imputato in qualità di richiedente di una delle concessioni “attenzionate”, per il quale comunque il pm ha proposto il non luogo a procedere
- ad aprire l’udienza. «Nella
requisitoria il pm ha parlato
soltanto di Consoli. Ma non
Golden house, spazio
alle arringhe difensive
golden house/2
Fuscà: Versace 2
solo un affare
per la Camera
di commercio
Le difese: questo processo non aveva motivo di esistere
vi è nessun collegamento tra
il suo operato e quello degli
altri imputati. La richiesta di
concessione edilizia è del tutto legittima, poi è l’ufficio
che decide. La Procura - aggiunge Scalamogna - se voleva dimostrare un reato, doveva quanto meno tirare fuori un accordo tra il richiedente e l’ufficio comunale: un
accordo per soldi, per minacce, per convenienza. E invece niente. Nelle pagine
processuali e nel dibattimento nulla di tutto ciò è venuto
fuori. È tutto il processo a
stridere con l’imputazione. E
poi - conclude - se il reato era
macroscopico, perché tutte
queste perizie?».
«Processo assurdo»
L’arringa dell’avvocato
Fuscà - per forza di cose la
più corposa e dettagliata perché posta a difesa del maggiore imputato, l’architetto
Giacomo Consoli (per lui
l’accusa ha chiesto una condanna a due anni e mezzo) parte dalla fine: «Le conclusioni cui è giunto il pm sono
ingiuste e infondate. In quest’indagine ci siamo dovuti
difendere da una marea di
fascicoli e di accuse. E oggi
ancora non sappiamo qual è
la norma che imponeva a
Consoli il divieto di rilascia-
re quelle concessioni». Fuscà illustra una serie di diapositive rappresentative dello stato urbanistico delle
aree interessate dal 2000 ad
oggi, vaglia il quadro di riferimento normativo sia nazionale che regionale, descrive le competenze inserite nel
Piano di assetto idrogeologico, del Piano regolatore generale. Ma si sofferma - e qui
sta il succo della difesa - sulle due principali ordinanze
del commissario delegato all’emergenza: la prima, la
21/2007, che approva il Piano Versace 1, il quale Piano
«non pone da nessuna parte
vincoli alle edificazioni - incalza Fuscà - ma si limita, come affermato da diversi testi in questo processo, non
ultimo lo stesso Versace, ad
effettuare lavori di ripristino
del reticolo idrografico, ad
adeguare il sistema viario, ad
integrare la rete delle acque
bianche con le nere. La messa in sicurezza, secondo questo studio, si riferisce semplicemente ai corsi d’acqua,
non ai territori». Lo studio
sulla determinazione delle
portate, poi, «è un documento aggiuntivo che in alcun
modo è presente nel Versace
1. Peraltro - sostiene il legale di Consoli - non è stato
mai trasmesso ai 15 Comuni
interessati». Mentre a disporre «un qualche vincolo
all’edificabilità è l’altra ordinanza, la 61/2008. E dunque
è importante concentrarsi su
questo arco temporale. Al
momento del rilascio delle
concessioni, avvenute prima
di questa ordinanza - incalza
- il dirigente non era tenuto
a considerare alcunché. Se il
Versace 1 non vietava edificazioni, e a quel tempo era in
vigore solo il Versace 1, allora di cosa stiamo parlando?». Quanto alle specifiche
contestazioni, Fuscà dichiara che «la Procura attribuisce al dirigente funzioni che
egli non aveva assolutamente, e su questo si è fatta un
sacco di confusione. Il problema è che si è stati colposamente superficiali. Questa
è la prova - commenta amaramente - di un’indagine
scadente, surreale. Non c’è
assolutamente nulla di illegale e illegittimo».
«Grande imbarazzo»
L’avvocato Galati, difensore di Pelaggi, dice di provare
«grande imbarazzo»: «Nel
capo d’imputazione - afferma - ad oggi non si conosce
la condotta di reato del mio
assistito. Per questo non
posso che chiedere l’assoluzione piena».
Gli avvocati Pacienza e Alvaro, legali di Mirabello, sono partiti da alcune osservazioni per dimostrare che,
quando si verificò l’alluvione del 3 luglio 2006, ci fu innanzitutto «una grande confusione», in particolare «nell’ufficio del commissario delegato all’emergenza. Se c’è
qualche responsabilità - per
Pacienza - va cercata in quell’ufficio». Lo stesso, poi, riprende il caso del documento sullo studio delle portate,
«commissionato dopo l’approvazione dell’ordinanza 21
e del i Comuni non erano
stati investiti. Che responsabilità possono avere - domanda - questi imprenditori che da 25 anni portano
avanti il loro lavoro senza
mai nessun problema, e che
lo hanno fatto anche in questa occasione?».
«Perché solo
due sequestri?»
Infine tocca agli avvocati
Colaci e Silipo, che assistono
Naso: «Bizzarri - le argomentazioni di Colaci - ha
spiegato che quelle aree non
potevano essere classificate
come R4, nemmeno con l’attuazione delle misure di salvaguardia. Tutto è stato conforme alla legge, non è stato
violato alcunché. Anzi, una
cosa sì - sottolinea rivolgendosi ai giudici - il diritto al
lavoro di questi imprenditori». Chiude l’avvocato Silipo,
con un interrogativo «che attende risposta»: «Perché chiede - soltanto due sequestri a fronte di oltre ottanta
concessioni? Perché negli altri Comuni nulla? Per quale
motivo il signor Naso doveva
sapere che lì, ammesso che
fosse così, non si poteva costruire?».
Le risposte le daranno i
giudici oggi, al termine della
camera di consiglio, con la
sentenza sulle case dorate.
Giuseppe Mazzeo
falso e truffa
IN BREVE
Lavori al Menta, la Cassazione dà ragione a Restuccia
Respinto il ricorso della Procura, che nel 2010 aveva ottenuto un sequestro da 2 milioni
Il 15 dicembre del 2010 il gip del tribunale di Catanzaro emetteva un decreto di sequestro preventivo su beni
mobili e immobili per un valore di 2
milioni e 143mila euro a carico dell’imprenditore Vincenzo Restuccia.
Oggi la pronuncia della quinta sezione penale della Corte di Cassazione
mette fine alla vicenda, statuendo l’inconsistenza delle accuse mosse dalla
Procura di Catanzaro.
Il procedimento aveva ad oggetto
l’aggiudicazione da parte della “Ati
Restuccia Vincenzo spa” della gara
d’appalto per il rifacimento di lavori
interessanti il torrente Menta. La Pro-
Ha usato parole dure
come pietre, l’avvocato
Antonello Fuscà (foto).
Nel corso della sua arringa, il legale dell’architetto
Giacomo Consoli si è soffermato in particolare sui
contenuti del Piano Versace 2, quello che prevedeva, sostanzialmente, la
delocalizzazione delle imprese delle Marinate colpite dall’alluvione. Si è
scagliato senza remore
contro l’ente che da quattro anni è guidato da Michele Lico: «Quel Piano è
solo un affare ad uso e
consumo della Camera di
commercio, che ha utilizzato il pretesto dell’alluvione per tirare fuori dal
cassetto un vecchio progetto. Che la vicenda sia
stata seguita soltanto dalla Camera di commercio
ce l’ha detto Versace, ce l’ha confermato Sammarco. E’ l’ente camerale che
mette il vincolo nell’area
ex Gaslini: in quel frangente gestisce il territorio.
Cosa si vorrebbe fare in
quell’area? Il progetto è di
realizzare una zona residenziale, un’area congressi, un centro polifunzionale. L’idea - sempre Fuscà è chiara: delocalizziamo le
aziende mettendole a Porto Salvo, in un’altra zona
alluvionata, e liberiamo il
campo alla Camera di
commercio. Quel Piano ha concluso l’avvocato - è
stato mosso e redatto sulla base di interessi finanziari, economici e politici.
E poi, lo stesso Versace ci
ha sempre detto che lui ha
interloquito soltanto con
il presidente Lico».
g. maz.
cura della Repubblica ipotizzava reati di falso e truffa in capo all’imprenditore e alle imprese “Vincenzo Restuccia costruzioni srl” e “Torrente
Menta scarl”. Il 7 gennaio 2011 il tribunale del Riesame di Catanzaro, accogliendo i riesami proposti dagli avvocati Giovanni Vecchio e Sandro
D’Agostino del foro di Vibo Valentia e
Nicola Cantafora del foro di Catanzaro, aveva escluso l’esistenza della
astratta configurabilità dei reati contestati, restituendo quanto sequestrato a Restuccia.
Avverso detto provvedimento la
Procura di Catanzaro, nella persona
del pm Salvatore Curcio, aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di
Cassazione.
Alla udienza di mercoledì scorso, su
richiesta conforme del procuratore
generale presso la Corte di Cassazione
che aveva chiesto il rigetto del ricorso
presentato dalla Procura di Catanzaro, e degli avvocati Vecchio e Cantafora, si è avuto il pronunciamento definitivo della Suprema Corte che ha
confermato la regolarità della condotta delle imprese Restuccia e quindi
l’assenza di alcun elemento che potesse giustificare il provvedimento di sequestro.
Spaccio di cocaina
Namia ai domiciliari
Alfonso Namia lascia il carcere
di Catanzaro e va ai domiciliari.
L’uomo, 39 anni, era stato
arrestato nell’ambito
dell’operazione “Ragazzi in
erba” del luglio scorso con
l’accusa di spaccio di cocaina.
Nell’udienza di ieri, il suo legale,
l’avvocato Diego Brancia, ha
presentato istanza di revoca
della misura carceraria. Istanza
che è stata accolta dal gip del
tribunale di Vibo Valentia, così
come anche dalla Dda, davanti
alla quale Namia risponde di
associazione a delinquere
finalizzata al narcotraffico
nell’ambito dell’operazione
antidroga denominata “Ghost”.