039_045_london_dipasquale_OL

Transcript

039_045_london_dipasquale_OL
Kim Murphy, corrispondente del «Los Angeles Times», scrive che l’assassinio di Litvinenko
ha rivelato come la Gran Bretagna sia diventata non solo il più grande centro del capitale
russo al di fuori di Mosca ma un luogo turbolento dell’opposizione russa. Analogo il giudizio
di Marco Niada, del «Sole 24 Ore». A Londra la comunità russa raggiunge le 70mila unità.
Ma se si considerano anche le altre nazionalità dell’ex Urss…
Benvenuti a Londongrad
RADICI
testo e foto di Massimiliano Di Pasquale
astern Promises è un film sulla
mafia russa a Londra, un soggetto
che conoscevamo a malapena
prima di iniziare il film, ma già a metà film
era scottante come materiale radioattivo,
poiché vicino al nostro set è stato avvelenato
un ex agente del Kgb». L’ex agente cui fa
riferimento David Cronenberg, il regista di
Eastern Promises (La promessa
dell’assassino) – appassionante thriller
ambientato in una Londra livida e spettrale,
lontana da quella oleografica solitamente
ritratta sul grande schermo – in
«E
un’intervista sul making della pellicola, è
Aleksander Litvinenko, un collaboratore di
Boris Berezovskij, l’oligarca inviso al
Cremlino che dal 2001 vive in Inghilterra
come rifugiato politico.
Il suo tragico assassinio, avvenuto nella
capitale britannica nel novembre 2006, a
poche settimane da quello della giornalista
Anna Politkovskaya, freddata a Mosca da
cinque colpi di pistola sul portone di casa, ha
acceso tutto d’un tratto i riflettori
internazionali sulla comunità russa residente
a Londra. Da quel momento il neologismo
39
Londonstan coniato l’indomani dell’11
settembre è stato soppiantato, in molti tabloid
anglosassoni, dalla parola Londongrad.
Kim Murphy, corrispondente londinese
del «Los Angeles Times», nell’articolo The
Poison and Caviar World of Russian
Oligarchs in London, ha fatto notare come “la
più importante notizia di cronaca russa degli
ultimi anni che gettava una luce sinistra sulle
caratteristiche del governo di Putin, avesse
come sfondo non la Russia, ma Londra”.
“L’assassinio di Litvinenko – spiega Murphy
– ha rivelato che la Gran Bretagna è diventata
non solo il più grande centro del capitale
russo al di fuori di Mosca, ma un luogo turbolento dell’opposizione russa”.
Considerazioni simili quelle di Marco Niada,
giornalista del «Sole 24 Ore», autore di un
libro, La Nuova Londra, sulle ultime
tendenze nella capitale britannica. “Seguendo
la scia radioattiva lasciata dal polonio per le
40
strade di Londra dai protagonisti dell’affare
Litvinenko – scrive Niada – possiamo peraltro
farci un’idea della mappa in cui vivono i superricchi russi”.
“I media l’hanno battezzata ‘Londongrad’, una
città nella città, che comprende i quartieri
prestigiosi di Chelsea, Mayfair e Belgravia” e il
cui epicentro è proprio la Chelsea di Roman
Abramovich, il magnate russo di origine ebrea,
ex socio d’affari di Berezovskij, proprietario
dell’omonimo club calcistico. Non è un caso
che nell’ultimo lustro le principali agenzie
immobiliari che si occupano delle vendite nelle
zone più esclusive della capitale abbiano
istituito desk esclusivamente dedicati alla
facoltosa clientela russa. O che le boutique più
prestigiose di Conduit Street, Bond Street e
Knightsbridge assumano commesse russian
speaking in grado di far fronte alle richieste,
talvolta anche bizzarre, delle fidanzate dei
nuovi “paperoni” venuti dal freddo.
RADICI
genere: il genialoide Leon Conrad, figlio di
un'egiziana copta e di un ingegnere polacco
naturalizzato […] Quando, con la perestrojka,
Lena e Jurij poterono finalmente uscire
dall'Urss, ce ne andammo tutti e tre a Londra
a trovare i coniugi Conrad. Leon, perché ami
Tanja? – gli chiesi io, indiscreta, sbirciando
con la coda dell'occhio la faccia paffuta della
moglie. Lui non si stupì della mia domanda e
mi rispose in russo e senza esitazioni: Perché con lei non mi annoio mai!” (Julia
Dobrovolskaja)
Una storia singolare – Julia Dobrovolskaja la
racconta nel suo bel libro di memorie Post
Scriptum – quella di Tanja Senokosova, una
moscovita che alla fine degli anni Settanta
lascia per motivi di salute l’Unione Sovietica e
si stabilisce a Londra.
Singolare, perché Tanja, condannata dai
medici sovietici a una morte imminente e
straziante – la diagnosi, rivelatasi
fortunatamente errata, morbo di Kushing,
non lasciava speranza di guarigione – ritrova
proprio nella capitale inglese quella gioia di
vivere cancellata dall’errore diagnostico e
dalle accuse di tradimento indirizzatale dai
giovani del Komsomol, appresa la sua
intenzione di trasferirsi all’estero.
La donna, che oggi abita assieme al marito
Leon e alla figlia Katja in un flat vittoriano
tra Kennington e Vauxall, nella zona sud di
Londra, rappresenta un po’ l’anello di
congiunzione tra la generazione di espatriati
russi del Novecento e gli ultimi arrivati.
Va da sé che gli oligarchi rappresentano solo
Quando la raggiungo telefonicamente e le
un’esigua parte di una comunità che,
spiego che mi piacerebbe incontrarla – sicuro
piuttosto sparuta fino alla scorsa decade, conta che abbia storie e aneddoti da raccontarmi – si
oggi almeno 70mila persone.
dimostra subito affabile e cordiale.
Una cifra che raggiunge le 350mila unità se si Mi suggerisce interessanti luoghi da visitare –
considerano tutti i cittadini di lingua russa
i russi a differenza di altre comunità, come
delle ex repubbliche sovietiche, destinata a
quella pakistana e indiana, non vivono in
crescere ulteriormente se le statistiche fossero specifiche enclavi ma sono insediati in vari
in grado di registrare tutti coloro che – oggi
distretti della capitale – e mi invita a cena per
naturalizzati o di seconda, terza generazione – il fine settimana.
arrivarono qui, quasi un secolo fa, in fuga dalla
rivoluzione d’Ottobre e dalla guerra civile.
Vodka, salsiccia e panna acida
Situata a metà tra Borough, dove sorge
l’avveniristica Tate Modern e Bermondsey,
La seconda vita di Tanja
“Lo spettro del morbo di Kushing, dunque, si chiamata “la dispensa di Londra” per l’alta
concentrazione di industrie alimentari, la
era dissolto. È vero che, in seguito, a Tanja
zona di Elephant & Castle, esteticamente
sarebbe venuto il diabete (che non è uno
poco allettante, ma famosa per la sua
scherzo!), ma è viva e vegeta, grazie al cielo.
Dopo sei mesi con i Gandolfo senza riuscire a vibrante vita notturna, è considerata dalla
rivista «Time Out» una delle più vivaci per
metter radici in Italia, Tanja si trasferì a
varietà di negozi etnici.
Londra e sposò un inglese unico nel suo
41
Molti di questi – come Tradicia, l’alimentari
russo indicatomi da Tanja quale punto di
ritrovo di molti espatriati ex sovietici –
sorgono all’interno dell’enorme centro
commerciale rosa sgargiante, a ridosso della
stazione ferroviaria, che verrà demolito dal
Governo Brown entro il 2010.
La commessa dai tratti asiatici che vi lavora
mi spiega laconicamente che Tradicia, il cui
logo è una matrioshka stilizzata dentro un
cerchio dalla doppia scritta, caratteri latini e
cirillici, non vende solo prodotti russi ma
anche cibo di altri Paesi.
E quasi volesse prevenire ulteriori domande
sulla comunità russa ribadisce che i clienti
del suo negozio non sono solamente
esteuropei ghiotti di vodka, salsicce e panna
acida, ma londinesi di ogni etnia.
Affermazione parzialmente smentita dalla
pila di giornali in ucraino e in russo
(«Ukrayinska Dumka» e «Anglia»)
accatastati lungo una parete e dalle parole di
Nina, una studentessa degli Urali, lì a fare
shopping, con cui mi fermo a conversare per
qualche minuto.
«I negozi di prodotti russi tipici qui a Londra
– mi racconta – saranno almeno una
42
quarantina. Il più famoso, Kalinka, è a
Queensway. Ma ce ne sono diversi come
Lithuanica a Stratford, nell’East London
dove abitano molti lituani e ucraini».
Un tempo tra le zone più derelitte della città
– qui ambientò alcuni racconti di Londra
sconosciuta Arthur Morrison, lo scrittore
realista inglese di fine Ottocento – Stratford,
grazie anche agli investimenti legati ai
Giochi Olimpici del 2012 e all’eccellente rete
di trasporti, si è trasformata in appetibile
area residenziale.
Prima di salutare Nina e di raggiungere la
stazione della metro, destinazione
Bayswater, annoto due nomi preziosi sul
moleskine: Kalinka e Lithuanica.
Queensway Market
Storicamente popolato da arabi e da una
nutrita comunità greca, che qui edificò la
cattedrale ortodossa di Santa Sofia, Bayswater,
quartiere a nord di Kensington Gardens,
incastonato tra la popolare Paddington e la
trendy Notting Hill Gate, è oggi una delle
zone più cosmopolite di Central London.
Camminando lungo Queensway, la high street
che unisce Bayswater Road a Westbourne
Grove, il mio sguardo viene catturato dai tanti
coloratissimi negozi, café e ristoranti di
diverse nazionalità che spuntano come funghi
a ogni passo. E le mie orecchie da una babele
linguistica che mescola gli accenti dei luoghi
più remoti del mondo…
Kalinka, il più antico alimentari russo della
capitale, sorge proprio qui, in prossimità del
Queensway Market, sorta di bazar dal
sapore mediorientale dove si trova di tutto,
dagli elettrodomestici agli unguenti al
profumo di sandalo.
Sveta, la simpatica ragazza – madre ucraina e
padre lituano – dietro al bancone mi spiega
che Kalinka è diventata nel corso degli anni
una vera e propria istituzione per la comunità
russofona londinese.
«Tra i nostri clienti abbiamo gente molto
famosa», dice sorridendo.
Io, che mi aspetto i nomi di Abramovich,
Berezovskij, Blatvanik, dimenticando per un
attimo che gli oligarchi vivono da reclusi nella
massima riservatezza, rimango un po’ deluso
quando la giovane devushka sciorina invece
quelli del conte Andrei Tolstoy e della soprano
pietroburghese Galina Vishnevskaya.
La prossimità delle ambasciate di Russia,
Ucraina e Armenia – continua la ragazza – fa
sì che il negozio sia frequentato anche da
diplomatici e politici delle ex repubbliche
sovietiche.
Prima di visitare il cafè Samovar e il negozio
di cd, dvd, libri e souvenir gestito da Lana, una
43
BENVENUTI A LONDONGRAD
donna di Kharkiv, a Londra da quasi vent’anni,
faccio la conoscenza di Boris Gofman, il
musicista e compositore di San Pietroburgo
cui si deve la nascita di Kalinka e degli altri
negozi russi del Queensway Market.
È Sveta a presentarmelo. Il pretesto
l’autorizzazione a potere scattare qualche foto
all’interno del suo food shop.
«Stai scrivendo un articolo sui russi a
Londra?», mi chiede l’uomo con aria un po’
sospetta. «Fai pure qualche foto, ma scrivi
buone cose sul nostro conto, mi raccomando!»
Il clamore mediatico dell’affare Litvinenko e il
successo del film di Cronenberg, in cui la
figura del potente boss mafioso Semyon è
stata ricalcata da Steve Knight, sceneggiatore
della Bbc, proprio su quella di un proprietario
di ristorante colto ed elegante, hanno gettato
un’ombra inquietante sui gestori di attività
commerciali russe. E provocato la più che
comprensibile irritazione di molti di essi.
49 Lindens Gardens, Notting Hill Gate
Fondata nel 1946 dagli ucraini che ripararono
oltremanica alla fine della Seconda guerra
mondiale, l’Associazione degli Ucraini in Gran
Bretagna è da oltre sessant’anni il fulcro
attorno a cui ruota la vita culturale e sociale di
una comunità di espatriati che, anche in epoca
sovietica, ha sempre mantenuto un forte senso
di identità nazionale.
Ludmila Pekarska, la responsabile della
Biblioteca Shevchenko (ubicata nello stesso
palazzo di Lindens Gardens, Notting Hill,
dove ha sede l’associazione), una donna sui
quarant’anni originaria di Kiev, dall’aria dolce
e materna, lavora qui dal 1991, anno in cui
l’Ucraina raggiunse l’agognata indipendenza.
Nonostante non abbia preannunciato la mia
visita – sono arrivato qui quasi per caso,
mosso da curiosità, dopo aver sbirciato
l’indirizzo su una guida trovata in una libreria
antiquaria di Charing Cross Road – la signora
mi accoglie con il calore riservato a un amico
che non si vede da lungo tempo.
Conversando con Ludmila per una buona
mezzora, davanti a una bollente tazza di tè,
vengo a sapere tra le altre cose che i genitori
di Askold Krushelnycky, il giornalista che per
molti anni ha raccontato pagine cruciali della
storia ucraina più recente, dall’omicidio del
giornalista Gongadze alla rivoluzione
arancione ai microfoni di Radio Liberty e sulle
pagine di «Independent» e «Sunday Times»,
sono stati tra i membri più attivi
dell’associazione sin dagli anni Cinquanta.
La comunità ortodossa
Una cupola azzurra trapuntata di stelle, sulla
cui sommità si innalza una croce dorata,
brilla in lontananza tra la giungla d’asfalto
della M4, la lunga arteria che sfreccia dritta
verso l’aeroporto di Heathrow.
Ai lati dell’autostrada case della media
Tant’è che Benedict Le Vay, autore di Eccentric
London, una guida che svela gli angoli più
bizzarri di Londra, ha inserito questo posto tra
i luoghi più insoliti della capitale.
Eretta dieci anni or sono per volontà del
vescovo Nicolai, questa basilica dalle contenute
dimensioni richiama nel weekend un esiguo
numero di fedeli. Essenzialmente gli ortodossi
russi, serbi e ucraini che risiedono a West
London. Ben più nutrita la comunità che fa
capo alla chiesa ortodossa di Ennismore
Gardens – un edificio romanico che potresti
tranquillamente confondere con una chiesa
borghesia, alberi ancora spogli, cespugli, e a
cattolica – situato nelle vicinanze di South
pochi isolati prati verdi solcati dal corso
Kensington. «Nei giorni di festa – racconta
placido del Tamigi.
Tamara, una ragazza che lavora presso questa
diocesi – alla funzione della domenica mattina
Lo scenario – sembra uscito dalla penna del
Martin Amis di Territori londinesi, romanzo partecipano centinaia di persone».
«A Pasqua – le fa eco Natalia, la sua collega –
cult della britpop generation – è quello che
abbiamo toccato le mille presenze».
si può osservare in prossimità di Harvard
«Qui viene gente di ogni estrazione sociale –
Road, Chiswick. Qui sorge la Chiesa
continua Tamara – anche famiglie benestanti a
ortodossa dei Santi Martiri Reali di Russia.
giudicare dall’entità delle offerte raccolte».
Un edificio dalle linee geometriche
«Personaggi famosi?», chiedo io.
inequivocabilmente orientali che non passa
certo inosservato in un’area middle-class che «I nomi non possiamo farli… diciamo persone
molto ricche».
più british non si può.
45