Seguitiamo... a mettere le mani sul tornio - IV

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Seguitiamo... a mettere le mani sul tornio - IV
Seguitiamo... a mettere le
mani sul tornio - IV
Costruzione di ruote ferroviarie
isto che il discorso ci ha portato alla costruzione di un asse ferroviario, non possiamo
evitare di occuparci degli elementi indispensabili per giungere alla «sala montata»: cioè
delle ruote. Abbiamo già toccato in precedenza
le ruote ferroviarie (n. 251, pag. 40), ma allora
solo allo scopo di definire con un esempio concreto il concetto di «tolleranza di lavorazione».
Riprendiamo in esame il disegno allora pubblicato per «sviscerare» la costruzione di una
ruota «a vela piena», cioè non a razze: caso,
quest’ultimo, assai più difficoltoso, e quindi
da rinviare a migliore occasione.
Si noti che la seconda vista è rappresentata
in sezione assiale (cioè supposta sezionata con
un piano contenente l’asse geometrico della
ruota), che in questo caso si presta meglio per
V
PR = piano del ferro
PR’=piano di riferimento
per T
R1=0,5 D
Q=P
Scala 2:1
rendere evidenti le particolarità costruttive.
Si noti anche che la fascia di rotolamento è
prevista conica, come nella realtà e come prescrivono le norme NEM, con inclinazione di
3° (vedere i due disegni particolari del profilo
del cerchione nella colonna accanto).
Poiché immaginiamo di lavorare in scala
H0, dalla norma NEM 311 possiamo ricavare
i valori prescritti per le varie quote. Per lo
scartamento 16,5 mm, corrispondente all’H0,
la larghezza della ruota non può scendere sotto
Nmin = 2,8 mm ; perciò la quota di 3 mm da
noi scelta è a norma. La quota T può essere
compresa fra Tmin = 0,7 e Tmax = 0,9 mm:
avendo noi stabilito 0,7 mm, siamo a posto.
La quota Dmax (altezza massima del bordino)
è fissata in 1,2 mm e può essere ridotta fino
alla metà di Dmin = 1/2 Dmax = 0,6 mm. La
norma avverte: «Altezze ridotte del bordino
richiedono che il binario sia posato con cura e
che tutte le ruote vi poggino in modo sicuro».
Dal nostro disegno possiamo ricavare l’altezza del bordino come la metà della differenza
fra il diametro esterno (nel nostro caso ∅e =15
mm) e il diametro della fascia di rotolamento
(∅r = 13,5 mm):
D= 0,5 (∅e−∅r) = 0,5 (15−13,5) = 0,75 mm
E anche qui siamo a posto. La quota P,
infine, vale 0,25 mm.
Ed ora, al lavoro! Partiamo da un tondo di
ottone con ø 16 e lunghezza di 18÷20 mm, che
bloccheremo nell’autocentrante, lasciandolo
sporgere dalle griffe di 7÷8 mm.
Abbiamo già notato che, quando la costruzione di un pezzo richiede numerose operazioni
- è il nostro caso - è indispensabile, più che
opportuno, studiarne preventivamente la successione, in modo che un eventuale passaggio
erroneo non pregiudichi l’esito del lavoro. Si
deve, cioè, definire prima della partenza quello
che, nel gergo tecnico, si chiama il ciclo di lavorazione (di cui abbiamo già dato un esempio
in precedenza). Vediamo quel che conviene nel
caso in esame.
Esigenza essenziale è che la ruota, una
volta montata sull’asse, giri ben centrata,
ovverossia esente dai deprecabili sfarfallamenti che, oltre all’orrore, al di fuori di certi
limiti possono anche provocare irregolarità di
funzionamento, soprattutto sviamenti. A tal
fine, il foro ø 1,5 - sede dell’assale - e la fascia
di rotolamento dovranno essere perfettamente
coassiali. Non sarà essenziale, invece, la coassialità delle altre zone.
Per ottenere una perfetta coassialità di due
superfici cilindriche, il modo migliore è quello
di lavorarle senza toccare il serraggio del pezzo,
come già osservato in precedenza.
Il ciclo di lavorazione nel nostro caso potrà
dunque essere il seguente:
1) intestatura dell’estremità libera del pezzo;
2) esecuzione del foro di centratura (n. 259,
pag. 25), limitando la segnatura a qualche decimo di mm, quanto basta cioè per guidare la
punta da trapano nell’operazione successiva;
3) esecuzione di foro cieco ø 1,5 con punta da
trapano per profondità di circa 5 mm;
4) tornitura esterna a ø 15 per 5 ÷ 6 mm;
5) esecuzione del gradino anteriore di larghezza
0,4, con abbozzo del mozzo anteriore con ø
4 circa;
6) rotazione di 3° della testa motrice;
7) tornitura della fascia di rotolamento;
8) riallineamento della testa per mezzo della
spina G;
9) esecuzione del ribasso di 1 mm nella vela e
contemporanea finitura del mozzo;
10) segnatura cilindrica del pezzo laddove
andrà separato dal tondino, cioè a circa 5 mm
dal bordo libero;
11) separazione col seghetto della parte lavorata;
12) montaggio del pezzo sull’autocentrante,
prendendo fra le griffe la fascia di rotolamento;
14) intestatura della faccia posteriore.
Si tengano presenti le seguenti avvertenze:
a) Per regolare la profondità di foratura a ø 2
(fase 3), portare la punta da trapano, preventivamente disposta nel mandrino PT sulla
contropunta, a contatto del segno di centratura del pezzo; poi, azionato il mandrino a
velocità conveniente, far avanzare la punta
da trapano col volantino U per cinque giri di
quest’ultimo: ad ogni giro, infatti, corrisponde l’avanzamento di 1 mm.
b) Lo spostamento s necessario per ottenere
l’inclinazione di 3° della testa motrice, calcolato come si spiega nel capitolo «tornitura
conica», risulta, essendo tg 3° = 0,0524 e
ponendo a = 90 mm:
s = 90 · 0,0524 = 4,7 mm
Per la tornitura della fascia di rotolamento
(fase 6), si usi lo sgrossatore sinistro, che,
convenientemente disposto, conferisce al bordino anche la dovuta inclinazione. Con cauta
azione di lima, a pezzo rotante, si arrotondino
poi gli spigoli. Attenzione, durante la tornitura, a non asportare anche il bordino!
c) Per il ribasso nella vela (fase 9), occorre un
utensile speciale a punta , che non rientra nella
normale dotazione e che il modellista esperto
può costruirsi da sè. Ai principianti consiglio di
tralasciare questa operazione: la soddisfazione
del lavoro non ne soffrirà un gran che.
d) La separazione della parte lavorata (fase 11)
si fa più agevolmente a pezzo rotante (a bassa
velocità, però), appoggiando la lama del seghetto nel segno anulare prima eseguito (fase
10). Ma... attenzione a non farsi scappare il
seghetto! A parte possibili lesioni alle mani,
c’è di che rovinare completamente il pezzo.
e) Non stringere troppo le griffe sulla fascia
di rotolamento, per non rischiare di segnarla
profondamente, in quanto le griffe, che sono
di materiale durissimo, toccano la fascia di
ottone (materiale assai più tenero), per via
della conicità, solo nella zona di imposta
del bordino. Ciò impone cautela nella fase
successiva, che va eseguita a passate assai
leggere, pena il disimpegno della ruota e...
un addio assai penoso al lungo lavoro fin
qui eseguito.
Lavorazione di finitura
In precedenza abbiamo accennato - e ciò
vale per ogni tipo di tornitura - alla necessità,
se si vuol giungere a una superficie ben finita,
cioè liscia, di eseguire le ultime passate con
l’utensile fìnitore. Infatti lo sgrossatore, per
sua natura intrinseca, lascia in genere sulla
superficie lavorata tracce ben visibili.
Ripetiamo qui che l’operazione di finitura
va eseguita a velocità circa doppia di quella
impiegata per la sgrossatura e con profondità
di passata molto limitata, al massimo di un
decimo di millimetro.
L’utensile finitore dev’essere ben affilato,
altrimenti il risultato è deludente. Anche a un
principiante risulta chiaro che un utensile mal
affilato, anziché tagliare, strappa, con la crezione di solchi e rugosità: il contrario, cioè, di quel