LA SARDEGNA ZONA PER ZONA Il Centro e la Barbagia
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA Il Centro e la Barbagia
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA Il Centro e la Barbagia 60 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA IL CENTRO E LA BARBAGIA Il Centro e la Barbagia La regione che occupa il centro della Sardegna è una terra del tutto particolare, in cui la natura e la gente rispecchiano più che altrove la realtà più antica dell’isola. L’orizzonte è fatto di montagne aspre su cui si intrecciano i sentieri dei pastori. Lungo le valli, i piccoli paesi arroccati tra i boschi sembrano fuori dal tempo. Con il nome di Barbagia (che deriva dal nome Barbària, con il quale i Romani indicavano le regioni inaccessibili dell’interno, contrapposte alla Romània delle coste) si indica l’insieme delle regioni che circondano a est e ovest la mole del massiccio del Gennargentu. Abitato da sempre, ricco di siti preistorici come il villaggio nuragico di Tiscali (pp 104-5), il cuore della Sardegna resistette per secoli alle invasioni romane e conservò gli antichi culti religiosi di origine 61 nuragica fino all’avvento del Cristianesimo. Terra aspra ma ospitale, il centro dell’isola richiede al visitatore un certo sforzo: le strade sono lunghe e tortuose, le indicazioni talvolta insufficienti e molti i chilometri su strade sterrate. Qui però le tradizioni sono ancora vivissime, le feste popolari importanti e colorate: i santuari e i paesi si animano nella ricorrenza del santo patrono o durante la Pasqua, mentre a Mamoiada (p 102) i famosi “mamuthones” sfilano durante il carnevale coperti dalle loro maschere grottesche. La natura è dovunque al centro del paesaggio: dalle rocce del Supramonte di Oliena e Orgosolo il mare è a un passo, mentre dalla Punta La Marmora (p 82) - la massima elevazione del massiccio del Gennargentu, a 1834 m di quota - nelle fredde giornate di vento si arrivano a vedere le acque dei due mari che bagnano l’isola. La cucina è di terra ed ha i sapori della macchia mediterranea, mentre l’artigianato - da non perdere una visita alle preziose 62 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA collezioni esposte nelle vetrine del Museo Etnografico di Nuoro (p 99) - è ispirato alla vita pastorale con tappeti, cesti, ceramiche ornate con i motivi della tradizione. Nuoro è‘ il centro dell’interno della Sardegna: a oriente si erge la catena del Supramonte, con ai suoi piedi Oliena, Orgosolo e Dorgali, mentre a occidente sono le valli che digradano verso il lago Omodeo e Macomer. In questo paesaggio fatto di colline e vette rocciose (i “tacchi” e i “tonneri”) si incontrano molti dei centri più importanti della regione, come Mamoiada, Bitti, Sarule. A sud si innalzano infine le alture che compongono il massiccio del Gennargentu, ricco di foreste, e sulle cui pendici si incontrano i paesi della montagna: Gavoi, Fonni. Verso nord-est, costeggiate le pendici del Monte Ortobene che domina la città, si scende fra ulivi, mandorli e vigne in direzione delle Baronie. NUORO Al centro dell’isola, Nuoro divenne una città importante a partire dal XIV secolo ed è capoluogo di provincia dal 1926. La topografia della città è basata sulla presenza della dorsale montuosa che scende dal Monte Ortobene su cui crebbero i primi insediamenti umani della zona. In centro sopravvivono molti angoli pittoreschi di rioni antichi che la componevano, un tempo collegati tra loro dalla “Bia Maiore”, l’odierno Corso Garibaldi. Centro commerciale delle Barbagie, Nuoro si anima in occasione di una serie di feste: il 19 marzo in onore di San Giuseppe, il 6 agosto di San Salvatore e nell’ultima domenica d’agosto in onore del Redentore. UN PO’ DI STORIA Al termine del periodo feudale Nùgoro, come tuttora i nuoresi chiamano la loro città, entrò in un lungo periodo di instabilità politica: IL CENTRO E LA BARBAGIA rivolte e sommosse erano all’ordine del giorno tanto che l’intendente piemontese De Viry descrisse la città, attorno al 1750, come un “covo di banditi e assassini”. In seguito agli editti che ai primi dell’Ottocento ponevano fine al tradizionale uso comunitario delle terre, una serie di sollevazioni popolari culminarono nei moti di “Su Connottu”, nel 1868. A cavallo dei due secoli, Nuoro divenne il centro di un profondo rinnovamento culturale, che aveva origine nel confronto tra la vecchia società isolana e quella nuova espressa dal rapporto dell’isola con il continente. VISITANDO NUORO Centro della città è la piazza dedicata al poeta nuorese Sebastiano Satta (1867-1914) che, alla fine del XIX secolo animò la cultura cittadina insieme alla scrittrice Grazia Deledda (1871-1936) e al politico e saggista Attilio Deffenu (1893-1918). MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Fusione delle raccolte paleontologiche, 63 paleo-botaniche e naturalistiche del Gruppo Speleologico Nuorese, il museo si è arricchito con i reperti delle campagne di molti anni di scavi intrapresi dalla Soprintendenza nel Nuorese. Interessanti gli scheletri del Prolagus sardus e della lontra gigante e una piccola collezione di fauna cavernicola, le statue-menhir di Làconi, vari bronzetti di epoca nuragica e oggetti di epoca romana. MUSEO DELEDDIANO Varcato il portone della casa natale della scrittrice, si entra in una tipica dimora sarda di metà Ottocento. Una serie di cimeli, che ricordano le tappe del successo della Deledda, sono esposti negli ambienti, restaurati seguendo le descrizioni he la scrittrice ha lasciato nel suo romanzo Cosima. l cortile dà accesso alla zona dove un tempo c’era l’orto (e dove ora si tengono manifestazioni culturali), mentre ai piani superiori sono esposte le copertine dei libri della scrittrice, le locandine dei lavori teatrali tratti dalle opere e copia del diploma di 64 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA conferimento del Premio Nobel per la Letteratura del 1926. IL MUSEO ETNOGRAFICO DI NUORO Per ospitare una collezione di oggetti e costumi della vita quotidiana sarda, l’architetto Antonio Simon Mossa ha progettato negli anni Sessanta la replica di un villaggio ideale, con le sue corti, le vie e le scale. Nelle sale, percorse ogni anno da 70.000 visitatori, si trovano mobili, gioielli, le forme del pane tradizionale, telai e tappeti e i costumi caratteristici della vita di tutti i giorni e delle feste. Ogni due anni, il museo ospita una rassegna di cinema antropologico ed etnografico nel mese di ottobre. MONTE ORTOBENE La città nacque sulle pendici granitiche del monte, e tutti i nuoresi hanno un rapporto speciale con questa montagna. Per salire verso i suoi boschi, bisogna uscire dalla città in direzione di Orosei, passando a fianco alla Chiesa della Solitudine, dove si trovano le spoglie di Grazia Deledda. Dopo una serie di tornanti in un ambiente fatto di boschi e grandi massi, si raggiunge la vetta, dove si erge la statua in bronzo del Redentore, che si affaccia sulla città sottostante. Nei pressi della statua si trova la chiesa di Nostra Signora del Monte che, l’ultima domenica d’agosto, diviene meta della grande processione che si tiene in onore del Redentore cui partecipano rappresentanze in costume di tutta la Sardegna. NECROPOLI DI SAS CONCAS Percorrere la SS 131 in direzione di Abbasanta, proseguire poi per Oniferi. La necropoli è poco lontana dallo svincolo sulla destra a poche decine di metri dalla strada. Il complesso è composto da una serie di domus de janas tra cui alcune, come la “Tomba dell’Emiciclo”, sono istoriate da incisioni e bassorilievi: il sito è aperto e incustodito. Utile, quindi, una torcia elettrica. BITTI Questo borgo pastorale deve la sua recente notorietà al gruppo musicale dei “Tenores de Bitti”, la cui interpretazione del canto polifonico tradizionale sardo ha conquistato estimatori in tutta Europa. Secondo molti studiosi, il dialetto di Bitti sarebbe la parlata sarda più simile al latino. Sulla piazza Giorgio Asproni si trova la ottocentesca chiesa di San Giorgio Martire, nella cui casa parrocchiale si può visitare una piccola collezione di reperti archeologici. Dintorni: non lontano dal paese in direzione di Orune (la strada è segnalata da cartelli ma non semplice da seguire) è il tempio a pozzo di Su Tempiesu, costituito da vari ambienti realizzati con grandi pietre basaltiche squadrate - che ospitano il pozzo sacro che attingeva a una vena d’acqua utilizzata per scopi rituali. Nelle campagne attorno a Bitti si incontrano una serie di chiese campestri (tra queste Santo Stefano e Babbu Mannu, cioè Spirito Santo) che, in occasione delle ricorrenze annuali, si animano di feste. IL CENTRO E LA BARBAGIA 65 66 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA BONO Ai piedi delle alture del Gocèano, Bono è un ottimo punto di partenza per piacevoli escursioni nei grandi boschi di Monte Rasu e nella Foresta di Burgos. Al centro del paese si trova la parrocchiale di San Michele Arcangelo che, anche se più volte rimaneggiata, nasconde una singolare curiosità:l’orologio della chiesa è infatti mosso dal peso di 4 palle di cannone che caddero in paese nel corso dell’assedio del 1796, durante il quale le truppe governative vennero scacciate dalla popolazione. Questo episodio viene rievocato ogni anno nel corso di una festa tradizionale che si tiene il 31 agosto, in occasione della quale la zucca più imponente degli orti di Bono viene data in premio all’ultimo classificato nella corsa di cavalli, come ironico riconoscimento al valore dell’esercito sconfitto. Fino a qualche anno fa, la zucca veniva addirittura fatta rotolare dalla montagna verso valle, in ricordo della fuga delle truppe nemiche. A Bono si tiene, nella prima decade di settembre, l’annuale Fiera dei Prodotti Tipici Artigiani del Gocèano. Dintorni: dal valico Uccaidu, lungo la strada per Sassari, si risale a piedi il crinale sino alla sommità del Monte Rasu (m 1258), da cui si gode uno splendido panorama su buona parte della Sardegna. IL CENTRO E LA BARBAGIA BURGOS Il piccolo paese, fondato nel 1353 dal Giudice Mariano d’Arborea, si estende ai piedi della montagna a forma di cono su cui sorge la mole del castello di Burgos, di molto precedente alla fondazione del borgo sottostante. Costruito nel 1127, il castello fu al centro di molti scontri tra principi, giudici e coloni continentali e da qui partirono nel 1478 gli uomini di Artaldo di Alagon diretti alla battaglia di Macomer che vide la fine dell’indi- 67 pendenza sarda e l’inizio della dominazione aragonese. Passate le mura si raggiunge l’interno del maniero dove, circondata da altre fortificazioni,è una torre restaurata cui si accedeva in passato grazie a una scala in legno che veniva ritirata in caso di assedio. Dintorni: a metà strada tra Burgos e Bono merita una gita l’area verde della Foresta di Burgos, zona molto curata e varia di rimboschimento, meta apprezzata da turisti e abitanti della zona. Tra le piante spiccano lecci e conifere, querce e sughere, cedri e qualche castagno isolato, mentre nei recinti pascolano i piccoli cavallini della Giara. 68 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA OTTANA Il paese sorge nella pianura della valle del Tirso, non lontano dalle pendici delle colline della Barbagia di Ollolai. Prima importante centro medievale, poi quasi abbandonata a causa della diffusione della malaria, Ottana è stata scelta, nei primi anni 70, per essere il centro di un polo di sviluppo industriale promosso dall’ENI. I risultati non sono stati brillanti: le industrie non hanno avuto i profitti che si prefiggevano e i problemi ambientali che l’insediamento ha provocato sono sotto gli occhi di tutti. Ora l’intero progetto è in via di abbandono. Dintorni: non lontano dal centro di Ottana si può visitare una chiesa di notevole interesse: è San Nicola, un tempo cattedrale della diocesi di Ottana. Di severe forme romaniche (la fondazione risale al 1150), la chiesa, in conci di trachite nera e violacea, risente di influssi pisani e conserva al suo interno un polittico trecentesco e un crocefisso del ’500. OLLOLAI Anticamente il piccolo borgo di Ollolai doveva essere ben più importante di oggi. Per questo divenne capoluogo della curatoria che comprendeva la parte settentrionale della Barbagia che, infatti, prese da allora il nome di “Barbagia di Ollolai”. La sua decadenza fu avviata da un incendio che distrusse gran parte dell’abitato nel 1490. Oggi nel centro del paese sopravvive qualche casa ornata da un antico portale in pietra scura e qualcuno, nei cortili, lavora ancora l’asfodelo IL CENTRO E LA BARBAGIA per la creazione dei tradizionali cestini intrecciati. Dintorni: un’escursione breve porta alla chiesetta di San Basilio, dove si svolge il 1° settembre una tradizionale festa campestre. Dalla strada che sale verso la punta S’Asisorgiu (1127 m) si godono ampi panorami: per questo motivo la vetta è detta “finestra della Sardegna”. SARULE Asarule, piccolo paese di origini medievali, si è conservata la tradizione della tessitura di colorati tappeti ornati da figure fortemente stilizzate. Ancora oggi, passeggiando sulla via principale del paese, si possono incontrare i laboratori in cui si lavora come un tempo su dei telai verticali, e dove si possono acquistare i tappeti. La notorietà di Sarule in terra sarda è 69 però dovuta al vicino santuario di Nostra Signora di Gonare, alto su uno sperone calcareo che domina il paese. Edificata per volere del giudice Gonario di Torres, la chiesa è stata in larga parte ricostruita nel Seicento ma rimane uno dei centri di pellegrinaggio più importanti dell’isola. Lasciata l’automobile ai piedi delle rocce, in uno slargo su cui si aprono le cumbessias, si segue un sentiero che, dopo una decina di minuti di cammino nella macchia di lecci, conduce al santuario, da cui si gode uno splendido panorama. All’orizzonte appaiono il monte Ortobene che sovrasta Nuoro e vicino il monte Corrasi di Oliena. Sullo sfondo, il Gennargentu. Il monte Gonare ha una particolarità geologica: è costituito da molte rocce diverse. Dalla struttura granitica emergono infatti strati di calcare e affioramenti di scisto su cui cresce una 70 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA vegetazione varia e popolata da molte specie di uccelli (pernici, tortore, averle, picchi e rapaci). Il bosco è composto di lecci, roverelle, aceri; nel sottobosco in primavera fioriscono ciclamini, convolvoli e peonie. Dal 5 all’8 settembre si svolgono i festeggiamenti in onore della Madonna di Gonare: gruppi di pellegrini salgono a piedi dai paesi vicini, si corre un palio equestre, si recitano poesie, si canta e l’allegra animazione della festa sconvolge la tranquillità della zona. MAMOIADA Nel 1770 i viceré sabaudi dell’isola notarono Mamoiada a causa della grande quantità dei vigneti e per l’eccezionale numero di pecore che, tutti gli anni, transumavano sulle pendici della Barbagia di Ollolai. Oggi, il borgo nasconde ancora, tra le case moderne nate a fianco della strada principale, qualche vecchia costruzione. Ma la notorietà di Mamoiada è dovuta soprattutto alle scure maschere dei “mamuthones” che fanno la loro comparsa nelle vie del paese in varie occasioni: il 17 gennaio, la Domenica di Carnevale e il Martedì Grasso, durante le celebrazioni più famose del carnevale barbaricino. Dintorni: a una decina di chilometri dal paese in direzione di Gavoi, il Santuario di San Cosimo è un tipico esempio di chiesa campestre sarda, con la struttura centrale circondata dalle cumbessias dove alloggiavano i pellegrini che affluivano al santuario per la novena. La chiesa attuale risale al Seicento ed è caratterizzata da un’unica navata al termine della quale recenti restauri hanno portato alla luce una nicchia con colonne e architrave in roccia vulcanica di epoca aragonese. Non lontano è da visitare anche il Santuario della Madonna d’Itria, attorno al quale si svolge l’ultima domenica di luglio la grande corsa di cavalli detta “sa carrela”. OLIENA Per chi giunge da Nuoro sul far della sera, Oliena è uno spettacolo indimenticabile. Le luci del paese brillano ai piedi della mole bianca e vertiginosa IL CENTRO E LA BARBAGIA del Supramonte, che da qui digrada verso oriente in direzione del Golfo di Orosei. Attorno al paese, i vigneti occupano tutti gli spazi disponibili (da queste uve si ricava un ottimo Cannonau) e in paese non mancano i luoghi interessanti per il visitatore. L’architettura di Oliena offre qua e là degli scorci interessanti: le vecchie case sono cresciute attorno alle “corti” e presentano ancora scale esterne, pergolati e soprattutto i colori vivaci di alcune stanze. In paese si svolgono due importanti feste popolari che culminano con grandi processioni: San Lussorio (21 agosto) e “S’Incontru” (la mattina della domenica di Pasqua). La chiesa di Santa Croce, rimaneggiata nel ’600, è la più antica di Oliena ed è sovrastata da un curioso campanile a vela; il complesso dei Gesuiti, su Corso Vittorio Emanuele II, conserva il ricordo dell’arrivo dell’ordine religioso che, dalla metà del XVII secolo, promosse la viticoltura e l’allevamento dei bachi da seta. La chiesa di Sant’Ignazio offre qualche interessante spunto per la visita (le statue lignee di Sant’Ignazio e di S. Francesco Saverio e il retablo di San Cristoforo). Il paese uno dei più sviluppati dell’interno per l’accoglienza turistica - offre anche alcune interessanti possibilità di acquisti: un tempo era famosa infatti per i suoi gioielli, i dolci e la tessitura. Dintorni: fuori dal paese, ai piedi della scarpata della montagna, dal Rifugio Monte Maccione sono possibili varie escursioni sulle aride e spettacolari rocce del Supramonte di Oliena. Partendo da Monte Maccione si può attraversare la catena per scendere nella piana di Lanaittu. A qualche chilometro di distanza da Oliena è infine la sorgente carsica di Su 71 Gologone, da cui sgorgano le acque che hanno scavato la loro via attraverso le rocce della montagna. Attorno alla gelida sorgente, fresca nei mesi dell’estate e travolgente durante le piene invernali (la portata media è di ben 300 litri d’acqua al secondo, cifra che la pone al primo posto tra le sorgenti sarde), un piacevole boschetto permette tranquilli picnic lontano dalla calura. Per esplorare le profondità della grotta sommersa da anni gruppi di speleologi subacquei scendono ogni volta più in profondità nelle viscere invase dall’acqua delle montagne del Supramonte. TISCALI E IL SUPRAMONTE In alto, sulla montagna che sovrasta la piana di Lanaittu, poco più di un secolo fa dei boscaioli scoprirono un villaggio nuragico, nascosto sul fondo di un’enorme voragine e popolato fino ai tempi dell’invasione romana. Sul fondo di una dolina il villaggio di Tiscali custodisce alcune capanne, con architravi di ginepro che ne sorreggono le porte. Purtroppo anni di incuria hanno portato a un serio degrado del sito che, soprattutto per la sua posizione unica, resta uno dei più emozionanti della Sardegna. La salita al villaggio di Tiscali è faticosa, ma non difficile ed è possibile prendere parte a visite guidate. 72 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA IL CENTRO E LA BARBAGIA ORGÒSOLO Orgosolo è certamente uno dei paesisimbolo della Sardegna dell’interno. “Il villaggio ha l’aspetto di un nido d’aquila” scrisse nel 1892 Pasquale Cugia “come di una fortezza a cui la natura ha gettato dinanzi baluardi e fossati. Vive l’orgolese lassù nel suo nido... e ama le sue rupi, i suoi pascoli fino alla passione, fino alla nostalgia. L’orgolese ardito, fiero, vago di avventure, ha nel sangue l’ardore bellicoso, l’irrequietezza delle razze nomadi; è ospitale nella sua rocca ed entrati nel suo territorio, voi gli siete sacri e gli son sacre le cose vostre”. Centro fondamentale della cultura della Barbagia pastorale, il paese, che si estende ai piedi delle montagne del Supramonte, divenne famoso negli anni della lotta dei contadini e dei pastori per la difesa delle terre contro l’esproprio. Il banditismo degli anni intorno al 1960 lasciò il suo segno: nel suo film Banditi a Orgòsolo il regista Vittorio De Seta narrò con stile freddo e asciutto la dura vita dei pastori e la diffidenza tradizionale nei confronti dello Stato. La passione politica e sociale ha lasciato in paese vistose tracce: sono centinaia i murales che, dal 1975 circa in poi, sono stati dipinti sulle facciate delle case e sulle rocce intorno al paese. La lunga galleria di immagini parla della vita dei pastori, degli episodi delle lotte per la terra, delle tradizioni sarde e delle ingiustizie di altri angoli del mondo. Dell’antico tracciato urbanistico del paese poco rimane in piedi: solo alcune casette appartate mostrano qualcuno dei caratteri tradizionali, mentre la chiesa di San Pietro conserva ancora il campanile quattrocentesco. La festa dell’Assunta a Ferragosto e la festa di S. Anania la prima domenica di giugno sono un forte richiamo per i turisti. 73 Dintorni: Orgòsolo è un buon punto di partenza per numerose escursioni sulla montagna. Si può salire verso la Foresta di Montes e la sorgente di Funtana Bona, per poi decidere di arrivare fino al torrione calcareo di Monte Novo San Giovanni (1316 m). GAVOI Il paese fu, nei secoli, famoso in Sardegna per la produzione di finimenti da cavallo. Oggi invece la produzione più caratteristica è quella dei formaggi, tra cui il pecorino “fiore sardo”. Al centro del paese è la facciata rosa della chiesa di San Gavino, edificata nel XVI secolo, che si affaccia sulla omonima piazza da cui partono alcune delle vecchie vie del borgo. Passeggiando lungo le strette strade di Gavoi si trovano alcuni palazzi storici con i balconi fioriti e le facciate di roccia vulcanica scura, come la casa a due piani all’angolo di via San Gavino. Nella chiesetta di Sant’Antioco sono conservate decine e decine di ex voto realizzati in filigrana d’oro e d’argento e la statua del santo cui è dedicata una festa nella seconda domenica dopo Pasqua. FONNI La prima immagine che si coglie di questo paese, giungendo da Pratobello, è quella di un pugno di case che emergono dal verde, addossate al pendio della montagna. Fonni è uno 74 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA dei paesi più alti della Sardegna (1000 m di quota) ed è a metà strada tra l’economia tradizionale e lo sviluppo di un turismo per villeggianti attratti dal clima e dalla posizione, anche se le recenti modifiche alla struttura del paese non sono state delle più felici. Interessante l’artigianato (dolci, tessuti e tappeti). Ai margini del paese è il complesso francescano della Madonna dei Martiri che risale al XVII secolo. In esso è custodita una piccola statua della Madonna realizzata frantumando e impastando tra loro antiche reliquie risalenti all’età romana. La festa che qui si celebra a giugno ricorda il ritorno dei pastori dalla lunga transumanza. TETI In alto sulle montagne che sovrastano il lago di Cucchinadorza, Teti ospita un museo piccolo ma molto interessante, poiché il paese sorge al centro di un territorio ricco di testimonianze del lontano passato. Nei locali del Museo Archeologico Comprensoriale, gestito da una società di giovani, è illustrata con chiarezza e con attenzione la storia degli antichi insediamenti nuragici (soprattutto il villaggio di S’Urbale e il luogo sacro nuragico di Abini) e nelle vetrine dell’esposizione sono in mostra gli oggetti della vita quotidiana rinvenuti negli scavi. In una sala del museo è ricostruita una capanna di epoca nuragica (risalente a circa il 1000 a.C.) in cui sono esposti vasi di terracotta, materiali necessari alla filatura, piccole accette, macine di granito; al centro si trova lo spazio che era destinato al focolare domestico. Nelle sale del piano sottostante vengono allestite esposizioni temporanee dedicate alla IL CENTRO E LA BARBAGIA 75 76 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA cultura e alle tradizioni (costumi tradizionali, tessitura e intreccio). Dintorni: a un km circa, in corrispondenza del bivio per Austis, si trova l’ingresso dell’area archeologica del villaggio di S’Urbale, abitato dal 1200 al 900 a.C., con i resti di una trentina di capanne preistoriche. poranea, inaugurato nel 2000 e dedicato ad Antonio Ortiz Echagüe, pittore costumbrista spagnolo che ha soggiornato ad Atzara dal 1906 al 1909. L’esposizione ospita una sezione moderna e contemporanea, una dedicata all’informale e infine una dedicata alla grafica. SÒRGONO LÀCONI Famoso per i vini (soprattutto il Cannonau), Sòrgono è il più importante centro della regione del Mandrolisai. Vi sono i resti assai degradati di un palazzotto secentesco (la Casa Carta) e di una fonte di origine pisana. Non lontano dal paese si trova invece uno dei santuari campestri più antichi e interessanti della Sardegna: la chiesa di San Mauro. Circondata dal tradizionale recinto delle cumbessias destinate al riposo dei pellegrini, la costruzione è imponente. Lo stile è il prodotto di una ben riuscita fusione tra l’anima popolare e i tratti caratteristici della architettura gotico-aragonese. La facciata di trachite grigia si raggiunge grazie a una scala a fianco della quale vegliano le statue di due leoni mentre in alto occhieggia uno dei più riusciti rosoni scolpiti della Sardegna dei secoli gotici. Sulle pietre della chiesa non è difficile trovare iscrizioni antiche e moderne che ricordano la visita di pellegrini. L’interno della chiesa, coperto da una volta unica e separato solo dall’arco che dà accesso al presbiterio, ospita un altare barocco. Vicino al santuario si possono inoltre ammirare la Tomba di Giganti di Funtana Morta e il grande vano coperto all’interno del Nuraghe Talei. Dintorni: da vedere è il Museo Regionale d’Arte moderna e contem- Di Làconi colpiscono due particolarità: la roccia che circonda l’abitato e la suggestiva posizione in cui sorgono le rovine del Castello Aymerich. Questa fortezza, di cui si conservano alcune parti (una torre che risale al 1053, una sala del XV secolo e un portico seicentesco), si erge al centro di un bel parco. Prima capoluogo della curatoria di Porto Valenza, poi centro di signoria e infine di marchesato, Làconi conserva il palazzo Aymerich, di gusto neoclassico, realizzato nella prima metà dell’800 dall’architetto cagliarita- IL CENTRO E LA BARBAGIA no Gaetano Cima. Oggi paese di villeggiatura, ospita anche, non lontano dalla parrocchiale del ’500, un piccolo museo dedicato al taumaturgo Sant’Ignazio da Làconi, vissuto nella seconda metà del XVIII secolo. Il Museo Civico delle statue menhir si trova nel palazzo comunale e conserva quaranta statue di varie misure e in diversi stati di conservazione. Dintorni: la zona che circonda il paese è ricca di vestigia preistoriche. Tra queste vi sono i famosi menhir antropomorfi da vedere a Perda Iddocca, Genna ’e Aidu e non lontano dalla mole del nuraghe Orrubiu. ARITZO Al tempo dei governi aragonese e spagnolo, questo paese aveva ottenuto il privilegio di essere amministrato da persone del luogo, scelte dalla popolazione stessa. Della Aritzo di allora, rinomata per il commercio della neve 77 che, rinchiusa in casse foderate di paglia, veniva portata ai mercati più lontani e venduta a caro prezzo durante i caldi mesi dell’estate, rimangono molte tracce. Alcune case presentano ancora la facciata di pietra e i lunghi balconi tradizionali. Tra le costruzioni di maggior rilievo sono da annoverare la Casa degli Arangino (di forme neogotiche) e la cosiddetta “prigione di Aritzo”, imponente edificio secentesco in pietra. Se la neve non viene più trasportata e venduta, in paese sopravvive la tradizione della lavorazione artigianale dei mobili in legno (le “cascie” nuziali intagliate) che si possono anche acquistare presso le botteghe artigiane. Il clima, la quota e l’esposizione panoramica fanno di Aritzo una meta di villeggiatura animata e piacevole in estate. Partendo da qui è possibile scegliere tra varie gite possibili - a piedi o a cavallo - verso il Gennargentu e l’alta valle del Rio Flumendosa dove, in condizioni idriche particolarmente favorevoli, si può praticare la canoa. Dintorni: nelle vicinanze del paese si trova la sagoma rocciosa del Tacco di Texile, dal quale lo sguardo può spaziare sugli sconfinati panorami della Barbagia e da dove, nei secoli dell’Alto Medioevo, il mite sant’Efisio predicò a lungo fino a convertire gli abitanti dell’interno dell’isola. BELVÌ Il paese di Belvì sorge in alto, a dominare la valle dell’Iscra, fittamente coltivata a noccioleti e orti. Nel passato il ruolo del paese - sia economico che come luogo di scambio commerciale doveva essere ben più importante tanto che una intera zona delle montagne barbaricine ha tuttora il nome di Barbagia di Belvì. Non lontano dalle case del paese scorrono i binari a scartamento ridotto della linea ferroviaria che collega - con mille 78 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA curve e viadotti - Cagliari con Sòrgono. In paese si può visitare un piccolo Museo di Scienze Naturali e Archeologia, sorto una quindicina d’anni fa per iniziativa di un gruppo di appassionati (tra cui un naturalista tedesco che è vissuto per quasi dieci anni in paese) che ospita una sezione di paleontologia, una di mineralogia ed espone collezioni di insetti e animali tipici della fauna sarda. DÈSULO Arroccato a 895 m di quota sulle pendici del Gennargentu, Dèsulo ha conservato molte tracce del suo passato. Fino a non molti anni fa, i suoi abitanti, abili scultori e frequentatori assidui dei boschi, giravano per i mercati e le sagre di tutta la Sardegna a vendere mestoli, taglieri, oggetti di legno e castagne. Lo sviluppo edilizio - devastante in tutti i paesi dell’interno dell’isola - ha purtroppo quasi cancellato la bellezza delle case tradizionali di scisto, mentre si possono ancora incontrare frequentemente persone che indossano il costume tradizionale del paese. L’economia è strettamente legata alla pastorizia e al rapporto secolare con i boschi ricchi di castagni e i pascoli in IL CENTRO E LA BARBAGIA quota. La parrocchiale di Sant’Antonio Abate e le altre chiese del paese come la Madonna del Carmelo e San Sebastiano meritano una visita per una serie di statue policrome di legno che risalgono alla metà del ’600. Ma la ricchezza principale del paese è e probabilmente sarà nei prossimi anni con l’entrata in funzione del neonato grande Parco Nazionale del Gennargentu - la vicinanza con gli splendidi panorami della più alta vetta sarda. Infatti, Dèsulo è una meta interessante per gli escursionisti diretti verso le quote più alte o verso la Punta La Marmora. In paese si incontrano spesso gruppi di colorati camminatori e stanno nascendo le prime pensioni e gli ostelli dedicati a un nuovo tipo di turismo. 79 TONARA Un tempo l’economia di questo centro era basata solamente sullo sfruttamento dei prodotti della montagna e del bosco: castagneti e noccioleti circondano infatti il paese di Tonara. Oggi il turismo ha iniziato a fare capolino anche su questo versante della montagna ed è assai rinomata la produzione del torrone, dei campanacci per il bestiame e dei tappeti. In piazza, durante le sagre, fabbri ferrai producono i famosi campanacci di Tonara utilizzando forni, mantici e battendo il metallo su pietre sagomate. Chiedendo informazioni in paese, si possono vedere artigiani al lavoro e anche acquistare tappeti di stile tradizionale. Nei vari rioni del paese è possibile incontrare 80 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA ancora oggi case pastorali di grande suggestione, molto simili a come dovevano apparire un secolo fa. Tonara è una delle basi di partenza più frequentate per escursioni sul massiccio del Gennargentu, tra le quali si segnala la gita alla punta Mungianeddu (1.467 m). IL TORRONE Il torrone è uno dei dolci più diffusi nella cultura e nelle tradizione sarda dell’interno. Non c’è festa o sagra in cui manchi la bancarella che offre il famoso torrone di Tonara, Dèsulo o di uno degli altri paesi della montagna. Gli ingredienti principali sono mandorle, noci, nocciole, miele di varie qualità e uova (di cui in alcuni casi si utilizza anche il tuorlo). La lunga cottura (durante la quale l’impasto va controllato e mescolato continuamente) dura più di 5 ore, e la variazione del tipo di miele, dei sapori di noci o mandorle, del numero di tuorli aggiunti all’impasto crea diverse varietà di torrone. Gli artigiani che vendono questo dolce sono molti: basta entrare in un laboratorio, grande o piccolo che sia, per assistere alla preparazione, oppure solamente per poter scegliere di persona il gusto preferito da un blocco che verrà tagliato sull’istante. Merita una visita la signora Anna Peddes che, al numero 6 di via Roma, a Tonara, produce un torrone profumato e fragrante. IL CENTRO E LA BARBAGIA 81 82 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA