LA SARDEGNA ZONA PER ZONA Il Centro e la Barbagia

Transcript

LA SARDEGNA ZONA PER ZONA Il Centro e la Barbagia
LA SARDEGNA
ZONA PER ZONA
Il Centro e la Barbagia
60
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
IL CENTRO E LA BARBAGIA
Il Centro e la
Barbagia
La regione che occupa il centro
della Sardegna è una terra del
tutto particolare, in cui la natura
e la gente rispecchiano più che
altrove la realtà più antica
dell’isola. L’orizzonte è fatto di
montagne aspre su cui si intrecciano i sentieri dei pastori. Lungo le
valli, i piccoli paesi arroccati tra i boschi
sembrano fuori dal tempo.
Con il nome di Barbagia (che deriva
dal nome Barbària, con il quale i
Romani indicavano le regioni inaccessibili dell’interno, contrapposte alla
Romània delle coste) si indica l’insieme delle regioni che circondano a est e
ovest la mole del massiccio del
Gennargentu. Abitato da sempre, ricco
di siti preistorici come il villaggio
nuragico di Tiscali (pp 104-5), il cuore
della Sardegna resistette per secoli alle
invasioni romane e conservò gli
antichi culti religiosi di origine
61
nuragica fino all’avvento del Cristianesimo. Terra aspra ma ospitale, il centro
dell’isola richiede al visitatore un certo
sforzo: le strade sono lunghe e
tortuose, le indicazioni talvolta
insufficienti e molti i chilometri su
strade sterrate. Qui però le tradizioni
sono ancora vivissime, le
feste popolari
importanti e
colorate: i
santuari e i paesi
si animano nella
ricorrenza del
santo patrono o durante la
Pasqua, mentre a Mamoiada (p 102) i
famosi “mamuthones” sfilano durante
il carnevale coperti dalle loro maschere grottesche. La natura è dovunque al
centro del paesaggio: dalle rocce del
Supramonte di Oliena e Orgosolo il
mare è a un passo, mentre dalla Punta
La Marmora (p 82) - la massima
elevazione del massiccio del
Gennargentu, a 1834 m di quota - nelle
fredde giornate di vento si arrivano a
vedere le acque dei due mari che
bagnano l’isola. La cucina è di terra ed
ha i sapori della macchia mediterranea, mentre l’artigianato - da non
perdere una visita alle preziose
62
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
collezioni esposte nelle
vetrine del Museo
Etnografico di Nuoro (p
99) - è ispirato alla vita
pastorale con tappeti,
cesti, ceramiche ornate
con i motivi della
tradizione.
Nuoro è‘ il centro dell’interno della
Sardegna: a oriente si erge la catena del
Supramonte, con ai suoi piedi Oliena,
Orgosolo e Dorgali, mentre a occidente sono le valli che digradano verso il
lago Omodeo e Macomer. In questo
paesaggio fatto di colline e vette
rocciose (i “tacchi” e i “tonneri”) si
incontrano molti dei centri più
importanti della regione, come
Mamoiada, Bitti, Sarule. A sud si
innalzano infine le alture che compongono il massiccio del Gennargentu,
ricco di foreste, e sulle cui pendici si
incontrano i paesi della montagna:
Gavoi, Fonni. Verso nord-est, costeggiate le pendici del Monte Ortobene
che domina la città, si scende fra ulivi,
mandorli e vigne in direzione delle
Baronie.
NUORO
Al centro dell’isola,
Nuoro divenne una
città importante a partire
dal XIV secolo ed è capoluogo di
provincia dal 1926. La topografia della
città è basata sulla presenza della
dorsale montuosa che scende dal
Monte Ortobene su cui crebbero i
primi insediamenti umani della zona.
In centro sopravvivono molti angoli
pittoreschi di rioni antichi che la
componevano, un tempo collegati tra
loro dalla “Bia Maiore”, l’odierno Corso
Garibaldi. Centro commerciale delle
Barbagie, Nuoro si anima in occasione
di una serie di feste: il 19 marzo in
onore di San Giuseppe, il 6 agosto di
San Salvatore e nell’ultima domenica
d’agosto in onore del Redentore.
UN PO’ DI STORIA
Al termine del periodo feudale
Nùgoro, come tuttora i nuoresi
chiamano la loro città, entrò in un
lungo periodo di instabilità politica:
IL CENTRO E LA BARBAGIA
rivolte e sommosse erano all’ordine del
giorno tanto che l’intendente piemontese De Viry descrisse la città, attorno
al 1750, come un “covo di banditi e
assassini”. In seguito agli editti che ai
primi dell’Ottocento ponevano fine al
tradizionale uso comunitario delle
terre, una serie di sollevazioni popolari
culminarono nei moti di “Su
Connottu”, nel 1868. A cavallo dei due
secoli, Nuoro divenne il centro di un
profondo rinnovamento culturale, che
aveva origine nel confronto tra la
vecchia società isolana e quella nuova
espressa dal rapporto dell’isola con il
continente.
VISITANDO NUORO
Centro della città è la piazza dedicata
al poeta nuorese Sebastiano Satta
(1867-1914) che, alla fine del XIX
secolo animò la cultura cittadina
insieme alla scrittrice Grazia Deledda
(1871-1936) e al politico e saggista
Attilio Deffenu (1893-1918).
MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE
Fusione delle raccolte paleontologiche,
63
paleo-botaniche e naturalistiche del
Gruppo Speleologico Nuorese, il
museo si è arricchito con i reperti delle
campagne di molti anni di scavi
intrapresi dalla Soprintendenza nel
Nuorese. Interessanti gli scheletri del
Prolagus sardus e della lontra gigante e
una piccola collezione di fauna
cavernicola, le statue-menhir di
Làconi, vari bronzetti di epoca
nuragica e oggetti di epoca romana.
MUSEO DELEDDIANO
Varcato il portone della casa natale
della scrittrice, si entra in una tipica
dimora sarda di metà Ottocento. Una
serie di cimeli, che ricordano le tappe
del successo della Deledda, sono
esposti negli ambienti, restaurati
seguendo le descrizioni he la scrittrice
ha lasciato nel suo romanzo Cosima. l
cortile dà accesso alla zona dove un
tempo c’era l’orto (e dove ora si
tengono manifestazioni culturali),
mentre ai piani superiori sono esposte
le copertine dei libri della scrittrice, le
locandine dei lavori teatrali tratti dalle
opere e copia del diploma di
64
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
conferimento del Premio Nobel per la
Letteratura del 1926.
IL MUSEO ETNOGRAFICO DI NUORO
Per ospitare una collezione di oggetti e
costumi della vita quotidiana
sarda, l’architetto Antonio
Simon Mossa ha progettato
negli anni Sessanta la replica
di un villaggio ideale, con le
sue corti, le vie e le scale.
Nelle sale, percorse ogni anno
da 70.000 visitatori, si trovano
mobili, gioielli, le forme del
pane tradizionale, telai e
tappeti e i costumi caratteristici della vita di tutti i giorni e
delle feste. Ogni due anni, il
museo ospita una rassegna di cinema
antropologico ed etnografico nel mese
di ottobre.
MONTE ORTOBENE
La città nacque sulle pendici granitiche
del monte, e tutti i nuoresi hanno un
rapporto speciale con questa montagna. Per salire verso i suoi boschi,
bisogna uscire dalla città in direzione
di Orosei, passando a fianco alla
Chiesa della Solitudine, dove si
trovano le spoglie di Grazia Deledda.
Dopo una serie di tornanti in un
ambiente fatto di boschi e grandi
massi, si raggiunge la vetta, dove si
erge la statua in bronzo del Redentore,
che si affaccia sulla città sottostante.
Nei pressi della statua si trova la chiesa
di Nostra Signora del Monte che,
l’ultima domenica d’agosto, diviene
meta della grande processione che si
tiene in onore del Redentore cui
partecipano rappresentanze in
costume di tutta la Sardegna.
NECROPOLI DI SAS CONCAS
Percorrere la SS 131 in direzione
di Abbasanta, proseguire poi per
Oniferi. La necropoli è poco
lontana dallo svincolo sulla
destra a poche decine di metri
dalla strada. Il complesso è
composto da una serie di
domus de janas tra cui alcune,
come la “Tomba
dell’Emiciclo”, sono istoriate
da incisioni e bassorilievi: il
sito è aperto e incustodito.
Utile, quindi, una torcia
elettrica.
BITTI
Questo borgo pastorale deve la sua
recente notorietà al gruppo musicale
dei “Tenores de Bitti”, la cui interpretazione del canto polifonico tradizionale
sardo ha conquistato estimatori in
tutta Europa. Secondo molti studiosi, il
dialetto di Bitti sarebbe la parlata sarda
più simile al latino. Sulla piazza
Giorgio Asproni si trova la
ottocentesca chiesa di San Giorgio
Martire, nella cui casa parrocchiale si
può visitare una piccola collezione di
reperti archeologici.
Dintorni: non lontano dal paese in
direzione di Orune (la strada è
segnalata da cartelli ma non semplice
da seguire) è il tempio a pozzo di Su
Tempiesu, costituito da vari ambienti realizzati con grandi pietre basaltiche
squadrate - che ospitano il pozzo sacro
che attingeva a una vena d’acqua
utilizzata per scopi rituali. Nelle
campagne attorno a Bitti si incontrano
una serie di chiese campestri (tra
queste Santo Stefano e Babbu Mannu,
cioè Spirito Santo) che, in occasione
delle ricorrenze annuali, si animano di
feste.
IL CENTRO E LA BARBAGIA
65
66
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
BONO
Ai piedi delle alture del Gocèano,
Bono è un ottimo punto di partenza
per piacevoli escursioni nei grandi
boschi di Monte Rasu e nella Foresta
di Burgos. Al centro del paese si trova
la parrocchiale di San Michele
Arcangelo che, anche se più volte
rimaneggiata, nasconde una singolare
curiosità:l’orologio della chiesa è infatti
mosso dal peso di 4 palle di cannone
che caddero in paese nel corso
dell’assedio del 1796, durante il quale
le truppe governative vennero
scacciate dalla popolazione. Questo
episodio viene rievocato ogni anno nel
corso di una festa tradizionale che si
tiene il 31 agosto, in occasione della
quale la zucca più imponente degli orti
di Bono viene data in premio all’ultimo classificato
nella corsa di cavalli, come ironico
riconoscimento al valore dell’esercito
sconfitto. Fino a qualche anno fa, la
zucca veniva addirittura fatta rotolare
dalla montagna verso valle, in ricordo
della fuga delle truppe nemiche. A
Bono si tiene, nella prima decade di
settembre, l’annuale Fiera dei Prodotti
Tipici Artigiani del Gocèano.
Dintorni: dal valico Uccaidu, lungo la
strada per Sassari, si risale a piedi il
crinale sino alla sommità del Monte
Rasu (m 1258), da cui si gode uno
splendido panorama su buona parte
della Sardegna.
IL CENTRO E LA BARBAGIA
BURGOS
Il piccolo paese,
fondato nel 1353
dal Giudice
Mariano
d’Arborea, si
estende ai piedi
della montagna a
forma di cono su
cui sorge la mole del castello di
Burgos, di molto precedente alla
fondazione del borgo sottostante.
Costruito nel 1127, il castello fu al
centro di molti scontri tra principi,
giudici e coloni continentali e da qui
partirono nel 1478 gli uomini di
Artaldo di Alagon diretti alla battaglia
di Macomer che vide la fine dell’indi-
67
pendenza sarda e l’inizio della
dominazione aragonese. Passate le
mura si raggiunge l’interno del
maniero dove, circondata da altre
fortificazioni,è una torre restaurata cui
si accedeva in passato grazie a una
scala in legno che veniva ritirata in
caso di assedio.
Dintorni: a metà strada tra Burgos e
Bono merita una gita l’area verde della
Foresta di Burgos, zona molto curata e
varia di rimboschimento, meta
apprezzata da turisti e abitanti della
zona. Tra le piante spiccano lecci e
conifere, querce e sughere, cedri e
qualche castagno isolato, mentre nei
recinti pascolano i piccoli cavallini
della Giara.
68
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
OTTANA
Il paese sorge nella pianura della valle
del Tirso, non lontano dalle pendici
delle colline della Barbagia di Ollolai.
Prima importante centro medievale,
poi quasi abbandonata a causa della
diffusione della malaria, Ottana è stata
scelta, nei primi anni 70, per essere il
centro di un polo di sviluppo
industriale promosso dall’ENI. I risultati non sono
stati brillanti: le industrie non
hanno avuto i profitti che si
prefiggevano e i problemi
ambientali che l’insediamento
ha provocato sono sotto gli
occhi di tutti. Ora l’intero progetto è in
via di abbandono.
Dintorni: non lontano dal centro di
Ottana si può visitare una chiesa di
notevole interesse: è San Nicola, un
tempo cattedrale della diocesi di
Ottana. Di severe forme romaniche (la
fondazione risale al 1150), la chiesa, in
conci di trachite nera e violacea,
risente di influssi pisani e conserva al
suo interno un polittico trecentesco e
un crocefisso del ’500.
OLLOLAI
Anticamente il piccolo borgo di
Ollolai doveva essere ben più
importante di oggi. Per
questo divenne capoluogo
della curatoria che comprendeva la parte settentrionale della Barbagia che,
infatti, prese da allora il nome
di “Barbagia di Ollolai”. La sua decadenza fu avviata da un incendio che
distrusse gran parte dell’abitato nel
1490. Oggi nel centro del paese
sopravvive qualche casa ornata da un
antico portale in pietra scura e qualcuno, nei cortili, lavora ancora l’asfodelo
IL CENTRO E LA BARBAGIA
per la creazione dei tradizionali cestini
intrecciati.
Dintorni: un’escursione breve porta
alla chiesetta di San Basilio, dove si
svolge il 1° settembre una tradizionale
festa campestre. Dalla strada che sale
verso la punta S’Asisorgiu (1127 m) si
godono ampi panorami: per questo
motivo la vetta è detta “finestra della
Sardegna”.
SARULE
Asarule, piccolo paese di origini
medievali, si è conservata la tradizione
della tessitura di colorati tappeti ornati
da figure fortemente stilizzate. Ancora
oggi, passeggiando sulla via principale
del paese, si possono incontrare i
laboratori in cui si lavora come un
tempo su dei telai verticali, e dove si
possono acquistare i tappeti. La
notorietà di Sarule in terra sarda è
69
però dovuta al vicino santuario di
Nostra Signora di Gonare, alto su uno
sperone calcareo che domina il paese.
Edificata per volere del giudice
Gonario di Torres, la chiesa è stata in
larga parte ricostruita nel Seicento ma
rimane uno dei centri di pellegrinaggio più importanti dell’isola. Lasciata
l’automobile ai piedi delle rocce, in
uno slargo su cui si aprono le
cumbessias, si segue un sentiero che,
dopo una decina di minuti di cammino nella macchia di lecci, conduce al
santuario, da cui si gode uno splendido
panorama. All’orizzonte appaiono il
monte Ortobene che sovrasta Nuoro e
vicino il monte Corrasi di Oliena.
Sullo sfondo, il Gennargentu.
Il monte Gonare ha una particolarità
geologica: è costituito da molte rocce
diverse. Dalla struttura granitica
emergono infatti strati di calcare e
affioramenti di scisto su cui cresce una
70
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
vegetazione varia e popolata da molte
specie di uccelli (pernici, tortore,
averle, picchi e rapaci). Il bosco è
composto di lecci, roverelle, aceri; nel
sottobosco in primavera fioriscono
ciclamini, convolvoli e peonie.
Dal 5 all’8 settembre si svolgono i
festeggiamenti in onore della Madonna
di Gonare: gruppi di pellegrini salgono
a piedi dai paesi vicini, si corre un
palio equestre, si recitano poesie, si
canta e l’allegra animazione della festa
sconvolge la tranquillità della zona.
MAMOIADA
Nel 1770 i viceré sabaudi
dell’isola notarono
Mamoiada a causa della
grande quantità dei vigneti e
per l’eccezionale numero di
pecore che, tutti gli anni,
transumavano sulle pendici
della Barbagia di Ollolai. Oggi,
il borgo nasconde ancora, tra le case
moderne nate a fianco della strada
principale, qualche vecchia costruzione. Ma la notorietà di Mamoiada è
dovuta soprattutto alle scure maschere
dei “mamuthones” che fanno la loro
comparsa nelle vie del paese in varie
occasioni: il 17 gennaio, la Domenica
di Carnevale e il Martedì Grasso,
durante le celebrazioni più famose del
carnevale barbaricino.
Dintorni: a una decina di chilometri
dal paese in direzione di Gavoi, il
Santuario di San Cosimo è un tipico
esempio di chiesa campestre sarda,
con la struttura centrale circondata
dalle cumbessias dove alloggiavano i
pellegrini che affluivano al santuario
per la novena. La chiesa attuale risale
al Seicento ed è caratterizzata da
un’unica navata al termine della quale
recenti restauri hanno portato alla luce
una nicchia con colonne e architrave
in roccia vulcanica di epoca
aragonese. Non lontano è
da visitare anche il Santuario della Madonna d’Itria,
attorno al quale si svolge
l’ultima domenica di luglio
la grande corsa di cavalli
detta “sa carrela”.
OLIENA
Per chi giunge da Nuoro sul far della
sera, Oliena è uno spettacolo indimenticabile. Le luci del paese brillano ai
piedi della mole bianca e vertiginosa
IL CENTRO E LA BARBAGIA
del Supramonte, che da qui digrada
verso oriente in direzione del Golfo di
Orosei. Attorno al paese, i vigneti
occupano tutti gli spazi disponibili (da
queste uve si ricava un ottimo
Cannonau) e in paese non mancano i
luoghi interessanti per il visitatore.
L’architettura di Oliena offre qua e là
degli scorci interessanti: le vecchie case
sono cresciute attorno alle “corti” e
presentano ancora scale esterne,
pergolati e soprattutto i colori vivaci di
alcune stanze. In paese si svolgono due
importanti feste popolari che culminano con grandi processioni: San
Lussorio (21 agosto) e “S’Incontru” (la
mattina della domenica di Pasqua). La
chiesa di Santa Croce, rimaneggiata
nel ’600, è la più antica di Oliena ed è
sovrastata da un curioso campanile a
vela; il complesso dei Gesuiti, su Corso
Vittorio Emanuele II, conserva il
ricordo dell’arrivo dell’ordine religioso
che, dalla metà del XVII secolo,
promosse la viticoltura e l’allevamento
dei bachi da seta. La chiesa di
Sant’Ignazio offre qualche interessante
spunto per la visita (le statue lignee di
Sant’Ignazio e di S. Francesco Saverio e
il retablo di San Cristoforo). Il paese uno dei più sviluppati dell’interno per
l’accoglienza turistica - offre anche
alcune interessanti possibilità di
acquisti: un tempo era famosa infatti
per i suoi gioielli, i dolci e la tessitura.
Dintorni: fuori dal paese, ai piedi della
scarpata della montagna, dal Rifugio
Monte Maccione sono
possibili varie escursioni sulle aride e
spettacolari rocce del
Supramonte di
Oliena. Partendo da
Monte Maccione si
può attraversare la
catena per scendere
nella piana di
Lanaittu. A qualche
chilometro di distanza
da Oliena è infine la
sorgente carsica di Su
71
Gologone, da cui sgorgano le acque
che hanno scavato la loro via attraverso le rocce della montagna. Attorno
alla gelida sorgente, fresca nei mesi
dell’estate e travolgente durante le
piene invernali (la portata media è di
ben 300 litri d’acqua al secondo, cifra
che la pone al primo posto tra le
sorgenti sarde), un piacevole boschetto
permette tranquilli picnic lontano
dalla calura. Per esplorare le profondità della grotta sommersa da anni
gruppi di speleologi subacquei
scendono ogni volta più in profondità
nelle viscere invase dall’acqua delle
montagne del Supramonte.
TISCALI E IL SUPRAMONTE
In alto, sulla montagna che sovrasta la
piana di Lanaittu, poco più di un
secolo fa dei boscaioli scoprirono un
villaggio nuragico, nascosto sul fondo
di un’enorme voragine e popolato fino
ai tempi dell’invasione romana. Sul
fondo di una dolina il villaggio di
Tiscali custodisce alcune capanne, con
architravi di ginepro che ne sorreggono le porte. Purtroppo anni di incuria
hanno portato a un serio degrado del
sito che, soprattutto per la sua
posizione unica, resta uno dei più
emozionanti della Sardegna. La salita
al villaggio di Tiscali è faticosa, ma
non difficile ed è possibile prendere
parte a visite guidate.
72
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
IL CENTRO E LA BARBAGIA
ORGÒSOLO
Orgosolo è certamente uno dei paesisimbolo della Sardegna dell’interno. “Il
villaggio ha l’aspetto di
un nido d’aquila”
scrisse nel 1892
Pasquale Cugia
“come di una
fortezza a cui la
natura ha gettato
dinanzi baluardi e
fossati. Vive l’orgolese lassù nel suo
nido... e ama le sue rupi, i suoi pascoli
fino alla passione, fino alla nostalgia.
L’orgolese ardito, fiero, vago di
avventure, ha nel sangue l’ardore
bellicoso, l’irrequietezza delle razze
nomadi; è ospitale nella sua rocca ed
entrati nel suo territorio, voi gli siete
sacri e gli son sacre le cose vostre”.
Centro fondamentale della cultura
della Barbagia pastorale, il paese, che
si estende ai piedi delle montagne del
Supramonte, divenne famoso negli
anni della lotta dei contadini e dei
pastori per la difesa delle terre contro
l’esproprio. Il banditismo degli anni
intorno al 1960 lasciò il suo segno: nel
suo film Banditi a Orgòsolo il regista
Vittorio De Seta narrò con stile freddo
e asciutto la dura vita dei pastori e la
diffidenza tradizionale nei confronti
dello Stato. La passione politica e
sociale ha lasciato in paese vistose
tracce: sono centinaia i murales che,
dal 1975 circa in poi, sono stati dipinti
sulle facciate delle case e sulle rocce
intorno al paese. La lunga galleria di
immagini parla della vita dei pastori,
degli episodi delle lotte per la terra,
delle tradizioni sarde e delle ingiustizie
di altri angoli del mondo. Dell’antico
tracciato urbanistico del paese poco
rimane in piedi: solo alcune casette
appartate mostrano qualcuno dei
caratteri tradizionali, mentre la chiesa
di San Pietro conserva ancora il
campanile quattrocentesco. La festa
dell’Assunta a Ferragosto e la festa di S.
Anania la prima domenica di giugno
sono un forte richiamo per i turisti.
73
Dintorni: Orgòsolo è un buon punto di
partenza per numerose escursioni
sulla montagna. Si può salire verso la
Foresta di Montes e la sorgente di
Funtana Bona, per poi
decidere di arrivare fino
al torrione calcareo di
Monte Novo San
Giovanni (1316 m).
GAVOI
Il paese fu, nei
secoli,
famoso in
Sardegna
per la
produzione di
finimenti da cavallo. Oggi invece la
produzione più caratteristica è quella
dei formaggi, tra cui il pecorino “fiore
sardo”. Al centro del paese è la facciata
rosa della chiesa di San Gavino,
edificata nel XVI secolo, che si affaccia
sulla omonima piazza da cui partono
alcune delle vecchie vie del borgo.
Passeggiando lungo le strette strade di
Gavoi si trovano alcuni palazzi storici
con i balconi fioriti e le facciate di
roccia vulcanica scura, come la casa a
due piani all’angolo di via San Gavino.
Nella chiesetta di Sant’Antioco sono
conservate decine e decine di ex voto
realizzati in filigrana d’oro e d’argento
e la statua del santo cui è dedicata una
festa nella seconda domenica dopo
Pasqua.
FONNI
La prima immagine che si coglie
di questo paese,
giungendo da
Pratobello, è
quella di un
pugno di case
che emergono
dal verde, addossate
al pendio della montagna. Fonni è uno
74
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
dei paesi più alti della Sardegna (1000
m di quota) ed è a metà strada tra
l’economia tradizionale e lo sviluppo di
un turismo per villeggianti attratti dal
clima e dalla posizione, anche se le
recenti modifiche alla struttura del
paese non sono state delle più felici.
Interessante l’artigianato (dolci, tessuti
e tappeti). Ai margini del paese è il
complesso francescano della Madonna
dei Martiri che risale al XVII secolo. In
esso è custodita una piccola statua
della Madonna realizzata frantumando
e impastando tra loro antiche reliquie
risalenti all’età romana. La festa che
qui si celebra a giugno ricorda il
ritorno dei pastori dalla lunga
transumanza.
TETI
In alto sulle
montagne che
sovrastano il lago di
Cucchinadorza, Teti
ospita un museo
piccolo ma molto
interessante, poiché il
paese sorge al centro
di un territorio ricco di
testimonianze del lontano
passato. Nei locali del
Museo Archeologico
Comprensoriale, gestito da una società
di giovani, è illustrata con chiarezza e
con attenzione la storia degli antichi
insediamenti nuragici (soprattutto il
villaggio di S’Urbale e il luogo sacro
nuragico di Abini) e nelle vetrine
dell’esposizione sono in mostra gli
oggetti della vita quotidiana rinvenuti
negli scavi. In una sala del museo è
ricostruita una capanna di epoca
nuragica (risalente a circa il 1000 a.C.)
in cui sono esposti vasi di terracotta,
materiali necessari alla filatura, piccole
accette, macine di granito; al centro si
trova lo spazio che era destinato al
focolare domestico. Nelle sale del
piano sottostante vengono allestite
esposizioni temporanee dedicate alla
IL CENTRO E LA BARBAGIA
75
76
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
cultura e alle tradizioni (costumi
tradizionali, tessitura e intreccio).
Dintorni: a un km circa, in corrispondenza del bivio per Austis, si trova
l’ingresso dell’area archeologica del
villaggio di S’Urbale, abitato dal 1200
al 900 a.C., con i resti di una trentina
di capanne preistoriche.
poranea, inaugurato nel 2000 e
dedicato ad Antonio Ortiz Echagüe,
pittore costumbrista spagnolo che ha
soggiornato ad Atzara dal 1906 al
1909. L’esposizione ospita una sezione
moderna e contemporanea, una
dedicata all’informale e infine una
dedicata alla grafica.
SÒRGONO
LÀCONI
Famoso per i
vini
(soprattutto
il
Cannonau),
Sòrgono è il
più importante centro della regione del
Mandrolisai. Vi sono i resti assai
degradati di un palazzotto secentesco
(la Casa Carta) e di una fonte di
origine pisana. Non lontano dal paese
si trova invece uno dei santuari
campestri più antichi e interessanti
della Sardegna: la chiesa di San Mauro.
Circondata dal tradizionale recinto
delle cumbessias destinate al riposo
dei pellegrini, la costruzione è
imponente. Lo stile è il prodotto di
una ben riuscita fusione tra l’anima
popolare e i tratti caratteristici della
architettura gotico-aragonese.
La facciata di trachite grigia si
raggiunge grazie a una scala a fianco
della quale vegliano le statue di due
leoni mentre in alto occhieggia uno dei
più riusciti rosoni scolpiti della
Sardegna dei secoli gotici. Sulle pietre
della chiesa non è difficile trovare
iscrizioni antiche e moderne che
ricordano la visita di pellegrini.
L’interno della chiesa, coperto da una
volta unica e separato solo dall’arco
che dà accesso al presbiterio, ospita un
altare barocco. Vicino al santuario si
possono inoltre ammirare la Tomba di
Giganti di Funtana Morta e il grande
vano coperto all’interno del Nuraghe
Talei.
Dintorni: da vedere è il Museo
Regionale d’Arte moderna e contem-
Di Làconi colpiscono due particolarità:
la roccia che circonda l’abitato e la
suggestiva posizione in cui sorgono le
rovine del Castello Aymerich. Questa
fortezza, di cui si conservano alcune
parti (una torre che risale al 1053, una
sala del XV secolo e un portico
seicentesco), si erge al centro di un bel
parco. Prima capoluogo della curatoria
di Porto Valenza, poi centro di
signoria e infine di marchesato, Làconi
conserva il palazzo Aymerich, di gusto
neoclassico, realizzato nella prima
metà dell’800 dall’architetto cagliarita-
IL CENTRO E LA BARBAGIA
no Gaetano Cima. Oggi paese di
villeggiatura, ospita anche, non
lontano dalla parrocchiale del ’500, un
piccolo museo dedicato al taumaturgo
Sant’Ignazio da Làconi, vissuto nella
seconda metà del XVIII secolo. Il
Museo Civico delle statue menhir si
trova nel palazzo comunale e conserva
quaranta statue di varie misure e in
diversi stati di conservazione.
Dintorni: la zona che circonda il paese
è ricca di vestigia preistoriche. Tra
queste vi sono i famosi menhir
antropomorfi da vedere a Perda
Iddocca, Genna ’e Aidu e non lontano
dalla mole del nuraghe Orrubiu.
ARITZO
Al tempo dei governi aragonese e
spagnolo, questo paese aveva ottenuto
il privilegio di essere amministrato da
persone del luogo, scelte dalla popolazione stessa. Della Aritzo di allora,
rinomata per il commercio della neve
77
che, rinchiusa in casse foderate di
paglia, veniva portata ai mercati più
lontani e venduta a caro prezzo
durante i caldi mesi dell’estate,
rimangono molte tracce. Alcune case
presentano ancora la facciata di pietra
e i lunghi balconi tradizionali. Tra le
costruzioni di maggior rilievo sono da
annoverare la Casa degli Arangino (di
forme neogotiche) e la cosiddetta
“prigione di Aritzo”, imponente
edificio secentesco in pietra.
Se la neve non viene più trasportata e
venduta, in paese sopravvive la
tradizione della lavorazione artigianale
dei mobili in legno (le “cascie” nuziali
intagliate) che si possono anche
acquistare presso le botteghe artigiane.
Il clima, la quota e l’esposizione
panoramica fanno di Aritzo una meta
di villeggiatura animata e piacevole in
estate. Partendo da qui è possibile
scegliere tra varie gite possibili - a
piedi o a cavallo - verso il
Gennargentu e l’alta valle del Rio
Flumendosa dove, in condizioni
idriche particolarmente favorevoli, si
può praticare la canoa.
Dintorni: nelle vicinanze del paese si
trova la sagoma rocciosa del Tacco di
Texile, dal quale lo sguardo può
spaziare sugli sconfinati panorami
della Barbagia e da dove, nei secoli
dell’Alto Medioevo, il mite sant’Efisio
predicò a lungo fino a convertire gli
abitanti dell’interno dell’isola.
BELVÌ
Il paese di Belvì sorge in alto, a
dominare la valle dell’Iscra, fittamente
coltivata a noccioleti e orti. Nel passato
il ruolo del paese - sia economico che
come luogo di scambio commerciale doveva essere ben più importante
tanto che una intera zona delle
montagne barbaricine ha tuttora il
nome di Barbagia di Belvì. Non
lontano dalle case del paese scorrono i
binari a scartamento ridotto della linea
ferroviaria che collega - con mille
78
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
curve e viadotti - Cagliari
con Sòrgono.
In paese si può visitare un
piccolo Museo di Scienze
Naturali e Archeologia,
sorto una quindicina
d’anni fa per iniziativa di
un gruppo di appassionati
(tra cui un naturalista tedesco
che è vissuto per quasi dieci anni in
paese) che ospita una sezione di
paleontologia, una di mineralogia ed
espone collezioni di insetti e animali
tipici della fauna sarda.
DÈSULO
Arroccato a 895 m di quota sulle
pendici del Gennargentu, Dèsulo ha
conservato molte tracce del suo
passato. Fino a non molti
anni fa, i suoi abitanti,
abili scultori e
frequentatori assidui
dei boschi, giravano
per i mercati e le
sagre di tutta la
Sardegna a vendere
mestoli, taglieri, oggetti
di legno e castagne. Lo sviluppo
edilizio - devastante in tutti i paesi
dell’interno dell’isola - ha purtroppo
quasi cancellato la bellezza delle case
tradizionali di scisto, mentre si
possono ancora incontrare frequentemente persone che indossano il
costume tradizionale del paese.
L’economia è strettamente legata alla
pastorizia e al rapporto secolare con i
boschi ricchi di castagni e i pascoli in
IL CENTRO E LA BARBAGIA
quota. La parrocchiale di Sant’Antonio
Abate e le altre chiese del paese come
la Madonna del Carmelo e San
Sebastiano meritano una visita per una
serie di statue policrome di legno che
risalgono alla metà del ’600.
Ma la ricchezza principale del paese è e probabilmente sarà nei prossimi anni
con l’entrata in funzione del neonato
grande Parco Nazionale del
Gennargentu - la vicinanza con gli
splendidi panorami della più alta vetta
sarda. Infatti, Dèsulo è una meta
interessante per gli escursionisti diretti
verso le quote più alte o verso la Punta
La Marmora.
In paese si incontrano spesso gruppi di
colorati camminatori e stanno
nascendo le prime pensioni e gli ostelli
dedicati a un nuovo tipo di turismo.
79
TONARA
Un tempo l’economia di questo centro
era basata solamente sullo sfruttamento dei prodotti della montagna e del
bosco: castagneti e noccioleti circondano infatti il paese di Tonara. Oggi il
turismo ha iniziato a fare capolino
anche su questo versante della
montagna ed è assai rinomata la
produzione del torrone, dei
campanacci per il bestiame e dei
tappeti. In piazza, durante le sagre,
fabbri ferrai producono i famosi
campanacci di Tonara utilizzando
forni, mantici e battendo il metallo su
pietre sagomate. Chiedendo informazioni in paese, si possono vedere
artigiani al lavoro e anche acquistare
tappeti di stile tradizionale. Nei vari
rioni del paese è possibile incontrare
80
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
ancora oggi case pastorali di grande
suggestione, molto simili a come
dovevano apparire un secolo fa.
Tonara è una delle basi di partenza più
frequentate per escursioni sul massiccio del Gennargentu, tra le quali si
segnala la gita alla punta
Mungianeddu (1.467 m).
IL TORRONE
Il torrone è uno dei dolci più diffusi
nella cultura e nelle tradizione sarda
dell’interno. Non c’è festa o sagra in cui
manchi la bancarella che offre il
famoso torrone di Tonara, Dèsulo o di
uno degli altri paesi della montagna.
Gli ingredienti principali sono
mandorle, noci, nocciole, miele di
varie qualità e uova (di cui in alcuni
casi si utilizza anche il tuorlo). La
lunga cottura (durante la quale
l’impasto va controllato e mescolato
continuamente) dura più di 5 ore, e la
variazione del tipo di miele, dei sapori
di noci o mandorle, del numero di
tuorli aggiunti all’impasto crea diverse
varietà di torrone. Gli artigiani che
vendono questo dolce sono molti:
basta entrare in un laboratorio, grande
o piccolo che sia, per assistere alla
preparazione, oppure solamente per
poter scegliere di persona il gusto
preferito da un blocco che verrà
tagliato sull’istante. Merita una visita la
signora Anna Peddes che, al numero 6
di via Roma, a Tonara, produce un
torrone profumato e fragrante.
IL CENTRO E LA BARBAGIA
81
82
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA