Berlino è in Germania_testo

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“Berlino è in Germania”
Nel Maggio 2009 un gruppo di ragazzi di diverse città ed età partono alla volta di Berlino, accomunati da
un'unica grande passione: l'Arte.
Tornati da questa esperienza la voglia di riviverla e raccontarla non si esaurisce e così, da parte di alcuni di
noi, nasce l'idea di una mostra.
Fin da subito però si palesa quella che è la difficoltà più grande: articolare un discorso coerente che possa
restituire una città come Berlino, inafferrabile e irriproducibile per sua stessa natura. Berlino come un'abile
attrice trapianta volti nuovi in un gioco di perenni metamorfosi. Veste di una pelle cangiante. Riluce e trae
sostentamento dal suo continuo divenire, impasto malleabile di cemento e sudore di gru. Praticamente
impossibile riuscire a coglierne una sola chiave di lettura.
Una realtà frammentata non può che portare a frammenti di riflessioni e in un simile mosaico interattivo,
sono infinite le considerazioni che potremmo fare.
Pare inevitabile raccontare l'impatto psicologico con un muro che non c'è più, ma la cui presenza invisibile si
materializza solida nelle menti. Tra le molteplici sensazioni alcuni di noi hanno percepito un profondo senso
di straniamento nel vedere la contrapposizione tra il grigiore del muro a ovest e la profusione di colori e
murales nella parte a est. E' la rappresentazione concreta di un'avvenuta osmosi, del passaggio simbolico di
quel rapporto tra est e ovest.
Berlino Ovest era uno sputo di terra rinchiusa da una barriera. Berlino Est era la capitale di un territorio
ideologicamente vastissimo, che finiva a Vladivostok. Eppure era Berlino Ovest il desiderio di -quasi- tutti,
quei pochi chilometri quadrati, agognata isola felice. Un centro d'attrazione "magnifico", una prigione dorata.
Berlino Ovest, di contro, il cancro russo dell'Europa. Un cancro alimentato dall'Urss come se questa avesse
voluto inocularselo, per poi volontariamente morirne gioiosa, certa che la sua utopia fosse migliore. Il fatto
che tutti i graffiti siano ora sulla parte dove erano proibiti e che nulla o quasi sia rimasto sulla parte ovest è la
prova tangibile dell'osmosi avvenuta.
Oggi le distinzioni fisiche e architettoniche tra un lato e l'altro si rarefanno sempre di più nella labirintica e
iperattiva Berlino. Impossibile coglierne l'essenza persino con una sequenza di scatti. L'irriproducibilità non è
frutto di una scelta architettonica o politica. Berlino è figlia di persone che insieme hanno fatto la storia e vive
di quella supernova concettuale-spaziale che esplodendo ha di fatto ammazzato il '900.
Berlino è terra di nessuno e di tutti, laboratorio mondiale di Arte ed Architettura, in cui la post modernità ha
concretamente messo alla gogna la divisione tra nobile e basso, tra il Bello e il Brutto, lasciando che ogni
forma di espressione e pensiero trovasse lo spazio di un respiro. Ecco dunque come i liberi sfoghi artistici
del centro sociale Tacheles, affacciato sulla palpitante arteria Friedrichstraße, convivono armoniosamente
con quelli dei grandi maestri dell'espressionismo tedesco custoditi alla Neue Nationalgalerie di Mies van der
Rohe. Tutto diviene tassello imprescindibile del vibratile mosaico berlinese, il polo di ogni contraddizione
concettuale, la città che vuole ricordare e dimenticare al tempo stesso.
In questa amalgama di sensazioni, emozioni, nuove consapevolezze, è stato difficile fare chiarezza, trovare
le parole per organizzare un racconto, riuscire ad esprimerci senza lasciarci tradire dalle nostre stesse
aspettative. Ci siamo quindi domandati che cosa ci rimanesse concretamente della città, visto che le parole
non bastavano e che cosa potessimo riportare in una mostra la cui idea era nata a posteriori rispetto al
viaggio intrapreso. Come chi va alla ricerca di qualche oggetto del passato abbiamo cercato ognuno nel
nostro scrigno personale dei ricordi: sono così affiorate pellicole, filmati, scatti digitali rubati alla città, biglietti
di musei, tickets della metropolitana e dell'autobus, cartoline, flyers pubblicitari di serate berlinesi, cartine
geografiche. Ci ritrovavamo ad aver in mano nient'altro che porzioni, frammenti, dettagli. Tutti quelli che si
sono accumulati volontariamente o involontariamente respirando l'etere berlinese. Finalmente ci è così
apparsa chiara l'unica chiave di lettura possibile: una Berlino ricostruita per tasselli concettuali, come in un
puzzle della memoria tracciato in una mappa psico-geografica, imprecisa, inaffidabile, labirintica, proprio
come la Città. A supportarla una serie di shock visivi riportati su superficie fotosensibile: fotografie che
mostrano dettagli, porzioni di visuale che evitano il tutto senza escluderlo, punti di vista di un racconto che
non ha alcuna pretesa di onniscienza. L'incertezza, la relatività e la frammentarietà sono i denominatori
comuni che abbiamo sfruttato per riportare un viaggio nella città dell'incertezza e dell'irriproducibilità.
Oltre al collages esperienziale ci siamo domandati infine se ci fosse un punto d'appiglio su cui tutti fossimo
d'accordo, se vi sia stato in quel viaggio un luogo comune di certezza al quale rifarsi. Ecco che timidamente,
sorridendo, qualcuno ha osato una semplice, ma ineludibile affermazione, ipostasi di ogni nostra certezza:
“Berlino è in Germania”.
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