L`Italia l`Uomo l`Ambiente Anno III N° 7 Luglio
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L`Italia l`Uomo l`Ambiente Anno III N° 7 Luglio
L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente Periodico d’informazione e formazione ambientale culturale e artistica Anno III n° 7 - Luglio-Agosto 2016 L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente Periodico d’informazione e formazione ambientale culturale e artistica Anno III n° 7 - Luglio-Agosto 2016 PRO NATURA FIRENZE - PRO NATURA TOSCANA - FEDERAZIONE NAZIONALE PRO NATURA L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente - Anno III N° 7 Luglio-Agosto 2016 di L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale. Based on a work at www.italiauomoambiente.it. Direttore: Gianni Marucelli - [email protected] - Coordinatore: Alberto Pestelli [email protected] - Comitato di Redazione: Maria Iorillo, Iole Troccoli, Massimilla Manetti Ricci, - Sede - Fiesole (FI) - Sito internet - www.italiauomoambiente.it - Logo IUA - Martha Pestelli Impaginazione: Alberto Pestelli - Fotografia di copertina: I carrugi di Cervo di Luigi Diego Eléna Hanno collaborato in questo numero: Alberto Pestelli, Gianni Marucelli, Iole Troccoli, Paola Capitani, Luigi Diego Eléna, Guido De Marchi, Alessio Genovese, Maria Iorillo. i PREFAZIONE DEL DIRETTORE Gianni Marucelli Prefazione fuori ordinanza Se ne va una bastarda primavera, almeno dal punto di vista meteorologico, e giunge un'estate che nemmeno gli esperti sanno esattamente prevedere. A noi sarebbe sufficiente che fosse tranquilla, senza attentati, morti annegati nel nostro mare, guerre, parole al vento contro di esse, politici che magnano e si lagnano (pure), insulti alla natura, mafie che sparano e che bruciano boschi, e tanto altro. E c'è chi insiste nell'affermare che la nostra specie sia il vertice dell'evoluzione sul nostro pianeta... ii Stop. Ferma tutto. Voglio scendere. Almeno per un po'. Niente giornali, niente televisione, niente internet, niente cellulare. Una baita tra le montagne, qualche provvista, una sorgente o un torrente dove abbeverarsi e lavarsi, non m'importa nemmeno d'avere il cesso. Siamo in un Parco nazionale, dio buono, e un po' di rispetto per la natura ancora c'è... Pam! Un fucile? Hanno fatto secca una pacifica marmotta. Pam pam! E anche il cervo che brucava qui vicino, l'hanno beccato! O Signore, che succede? Pu-tu-pum! Questo era un grosso calibro... Sembra d'essere a Falluja... è un incubo... a casa! A casa! Sono le tre, il caldo è micidiale, sono sudatissimo e le zanzare incombono... mi sveglio. Allora era proprio un incubo. Purtroppo, è probabile che diventi realtà: politici e cacciatori alleati, stanno decidendo che si può sparare ovunque, a tutto e tutti... Qualcosa potrete leggere in questo numero, cari lettori, a tale proposito. Basta! Ferma tutto di nuovo! Fatemi scendere! Ma per andare dove? Ripiombo nel sonno. iii IN QUESTO NUMERO Politica ambientale & sociale 5 - Alberto Pestelli - E ti pareva impossibile?… L’Italia e i sacchetti di plastica illegali. 7 - Paola Capitani - Veneto: La conoscenza ristretta al carcere I DUE PALAZZI di Padova (Terza parte). 9 - Alberto Pestelli - Olio di palma, una vittoria sofferta. Turismo 12 - Luigi Diego Eléna - Lombardia: Bergamo, Aserrada (Monte Resegone) visto da Fuipiano valle Imagna. 14 - Alberto Pestelli - Lazio: Roma , Villa Doria Pamphilj in autunno: una sinfonia di colori. 18 - Gianni Marucelli - Toscana: Il museo della civiltà contadina di Casa d’Erci. 21 - Luigi Diego Eléna - Liguria: I carruggi di Cervo. 23 - Alberto Pestelli - Umbria: Liberi nell’eremo delle carceri. 26 - Alberto Pestelli - Sardegna: Nora, una ricca città nell’isola degli Shardana. Curiosità 30 - Gianni Marucelli - In memoria di una storica impresa sportiva: A remi, da Firenze a Londra. Pillole di meteorologia 32 - Alessio Genovese - Estate calda... e poi? Il salotto letterario di Iole 36 - Maria Iorillo - La gattara (racconto) 38 - Guido De Marchi - Raccontami qualcosa (racconto) Lo scatto... 40 - Alberto Pestelli - Cogli l’attimo... iv 1 POLITICA AMBIENTALE E SOCIALE E TI PAREVA IMPOSSIBILE? L’ITALIA E I SACCHETTI DI PLASTICA ILLEGALI... Alberto Pestelli 5 La criminalità organizzata è sempre all’avanguardia nella ricerca di nuovi grandi guadagni Perché? Perché, dico io, dobbiamo farci sempre riconoscere per colpa di pochi, come il popolo a cui piace l’illegale? Anche i sacchetti e buste di plastica cosiddetti bio siamo riusciti a taroccare… In questi ultimi tempi sono venuti fuori dati sconcertanti sul volume di affari che la criminalità organizzata ha ordito ai danni dei produttori dei veri sacchetti biologici. Pare che siano stati prodotti quarantamila tonnellate (fonte della notizia: ANSA Ambiente) di plastica tarocca causando una perdita alle industrie oneste di oltre 150 milioni di euro. Ma non c’è solo questo danno… Facciamo una somma: evasione fiscale di almeno una trentina-quarantina di milioni delle imprese in mano della criminalità organizzata più una cinquantina di milioni di euro per lo smaltimento dei rifiuti più il danneggiamento all’ambiente (marino e non), risultato: un disastro su tutti i fronti! Secondo l’articolo apparso sul sito dell’ANSA ambiente, la guardia di Finanza ha sequestrato duecentomila sacchetti illegali spacciati per prodotti biologici e biodegradabili prodotti nel rispetto dell’ambiente. Le indagini sono state concentrate per il momento in Calabria e in Sicilia. Sono certo che prossimamente esse si sposteranno in altre regioni d’Italia. Sicuramente scopriremo un danno che va oltre la nostra immaginazione. Legambiente intanto ha lanciato una campagna di denuncia contro il racket degli shoppers taroccati - #UnSaccoGiusto – testimonial è Fortunato Cerlino – l’attore che impersona il boss Savastano nella serie televisiva Gomorra – che ha girato un corto denunciando questo nuovo giro di affari della malavita organizzata. 6 2 POLITICA AMBIENTALE E SOCIALE LA CONOSCENZA “RISTRETTA” AL CARCERE I DUE PALAZZI DI PADOVA Paola Capitani 7 “Nessun animale può volare con una sola ala... per cui occorrono la mente e il cuore” Esperienze ed emozioni Un detenuto mi ha chiesto una poesia per il nipote ucciso in una rissa. Un detenuto liberato mentre eravamo in aula, con espressioni altamente emozionanti da parte dei compagni di cella e di vita del carcere. Un detenuto uscito di carcere non sapeva dove andare e stava seduto con un sacco di plastica con i suoi pochi indumenti e le cartelle cliniche di cui non capiva il significato. Un detenuto in libertà vigilata, inserito perfettamente nel lavoro, purtroppo nuovamente scappato e ripreso: drammi individuali nei quali è difficile inserirsi. Per cui come estrema sintesi si potrebbe concludere che è difficile giudicare e che occorre prestare più attenzione alla comprensione e al dialogo, alla comunicazione e alla empatia che vanno oltre aridi ragionamenti, standardizzati e scarni, che necessitano multicolori e sfaccettate interpretazioni. Un simpatico aneddoto: porto una cartolina da Firenze sulla quale scrivo un pensiero al termine del mio mandato di consulenza formativa e non mi accorgo della scelta che involontariamente avevo effettuato. La cartolina raffigurava l’Istituto degli Innocenti di Firenze. Ironia del caso e gaffe involontaria. Come la deduzione fuorviante che spesso seguiamo nell’osservare le persone, presi dall’apparire e non dall’essere. Un bravo alunno, attento, diligente, rispettoso, non si perdeva una parola del mio intervento e interveniva con domande pertinenti. Chiedo quale era la sua storia: aveva ucciso il padre. Un altro che mi incuteva terrore, con una espressione dubbia, un comportamento sgradevole, era un avvocato che aveva commesso crimini di natura legale. Per non parlare di efferati omicidi o di stupratori che sembravano innocui e lontani dal comportamento per il quale erano stati accusati. Ne emerge il dubbio di giudizio, il distacco opportuno da seguire e mantenere per avere un atteggiamento il più possibile lontano da qualsiasi interpretazione fuorviante. Veniale la toccata ricevuta con la frase “mi scusi volevo vedere che effetto mi faceva dopo tanto tempo”. Un comportamento comprensivo e tollerante è doveroso, ma richiede continue attenzioni, in quanto casi vissuti da persone in continuo divenire. 8 3 POLITICA AMBIENTALE E SOCIALE OLIO DI PALMA, UNA VITTORIA SOFFERTA Alberto Pestelli 9 È stata dura ma ce l’abbiamo fatta... Ma non rilassiamoci troppo Quando alcuni produttori ebbero quella disgraziata idea di promuovere la campagna pro olio di palma, personalmente, ho sentito che forse c’era speranza in una vittoria. Nell’arco di un mese quegli spot hanno martellato le coscienze degli italiani svegliandole, per fortuna, invece di annichilirle e piegarle verso la strada della menzogna. Sia come collaboratore della rivista L’Italia, l’uomo, l’ambiente, sia come segretario di Pro Natura Firenze, sia come privato cittadino e simpatizzante delle varie associazioni di consumatori e ambientalisti, non ho mai pensato che vincere questa “guerra” sarebbe stata una passeggiata. Chi eravamo noi per sfidare le multinazionali delle industrie alimentari? Eppure abbiamo respinto, colpo dopo colpo, i vari attacchi spietati che ci hanno quasi sfiancati ma mai battuti. Il potere dei soldi, del capitale, del mondo machiavellico degli affari, con il loro “il fine giustifica i mezzi”, ha fatto retromarcia di fronte alla caparbietà di persone per bene che, senza sotterfugi e menzogne, ha combattuto lealmente fino all’ultima battaglia. In seguito alla petizione promossa da Il Fatto Alimentare, che ha raccolto ben 176mila firme, il 7 maggio 2016 la Coop ha preso la giusta decisione di eliminare dalla produzione tutti i prodotti con il loro marchio contenenti l’olio di palma. Non solo ha sospeso la produzione, ma ha ritirato dagli scaffali di tutti i loro negozi e supermercati questi prodotti. Questa decisione è stata presa quando l’EFSA, l’Autorità per la sicurezza alimentare europea, ha segnalato, in un documento del 3 maggio 2016, la presenza di alcune sostanze potenzialmente cancerogene e geneticamente tossiche. Anche Altro Consumo ha segnalato la notizia apparsa su moltissimi quotidiani dove si mostrava che il livello elevatissimo di contaminanti tossici e cancerogeni nell’olio di palma raffinato era reale. Alla fine le aziende alimentari, in seguito alle sempre più evidenti prove di tossicità dell’olio palma, si sono arrese. L’Aidepi, che è l’associazione delle aziende del settore dei grandi marchi come Ferrero, Bauli, Mulino Bianco e tante altre si è impegnata a “fare, nel più breve tempo possibile, tut10 te le scelte necessarie per la massima tutela della salute del consumatore…”. Abbiamo vinto… sì. È stata dura ma ce l’abbiamo fatta. Ma adesso, che marciamo trionfalmente sotto l’ideale Arco tanto caro agli antichi condottieri romani, non rilassiamoci. Perché, come dice Il Fatto Alimentare nel suo articolo, si potrebbe assistere al tentativo della Aidepi di salvare la faccia facendo di tutto per far piombare nell’oblio tutto ciò che è stato fatto con machiavellico fine con false notizie, pareri di esperti di dubbia veridicità scientifica e soprattutto quell’investimento di 10 milioni di euro per la campagna mediatica pro olio di palma. Abbiamo vinto… sì. Ma non dimentichiamoci che nel Sud-Est dell’Asia, nell’Africa tropicale e nell’America centrale continua ancora l’espropriazione delle terre delle popolazioni locali a favore delle lobbies delle multinazionali provocando deforestazione incontrollata incendiando ambienti incontaminati per far posto alle coltivazioni di palma da olio con la conseguente scarsa respirabilità dell’aria e la morte della vita, sia vegetale, animale e umana… 11 4 TURISMO LOMBARDIA BERGAMO, ASERRADA (MONTE RESEGONE) VISTO DA FUIPIANO VALLE IMAGNA Luigi Diego Eléna 12 Qui si convien lasciare ogni affanno... Qui si sogna. Dolce salire su questo monte, pur duro di costituzione fisica, che guarda occhiolando come Renzo fece con Lucia, Fuipiano valle Imagna. Una sorta di mitico Maciste ricco nelle sue membra ed ossa di dolomia, una roccia sedimentaria carbonatica costituita principalmente dal minerale dolomite, chimicamente un carbonato doppio di calcio e magnesio. Di acuto ha solo i suoi nove denti canini, per il resto si lascia accarezzare sulla sua folta chioma ricca di flora alpina, avendo un carattere di straordinaria forza e bontà. Per un buon pezzo, la costa sale con un pendio lento e continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, in erte e in spianate, secondo l'ossatura del monte, e il lavoro dell'acque. Qui ci si trova come sui merli delle mura di un castello costruiti a intervalli regolari in cima alle antiche fortificazioni. Qui l'archibugio è un cannocchiale di Galileo, che punta solo lo sguardo, a tutto tondo, su di un acquerello figurativo di Wassili Kandinsky. Si vola come aquile col cuore di colomba, tale è la pace in questa valle Imagna, a dir poco serenissima come la storia la ricorda laggiù nel Borgo di Arnosto, un dì dogana della Repubblica Veneta, ed oggi un patrimonio storico-architettonico di inestimabile valore e interesse. "Qui per me si va per l'eden, per me si va nell'eterna gioia. Qui si convien lasciare ogni affanno..." Qui si sogna. 13 5 TURISMO LAZIO ROMA, VILLA DORIA PAMPHILJ IN AUTUNNO: UNA SINFONIA DI COLORI... Alberto Pestelli 14 I giardini di villa Doria Pamphilj sono bellissimi in qualunque stagione andiate a visitarli. Ma il periodo che corrisponde a una vera e propria sinfonia di colori è l’autunno quando la natura non si è spogliata dei suoi vestiti per il riposo invernale e vuole dare ancora il meglio di sé Siamo a Roma in autunno. La miglior stagione, a parer mio, per godersi quei colori della natura che dipingono un giardino, anzi quel bellissimo parco di Villa Doria Pamphilj che costituisce il grande polmone verde della città eterna. Esteso poco più di 184 ettari, il parco è vicinissimo al quartiere Gianicolense nella zona occidentale del Gianicolo tra la via Vitellia e la via Aurelia Antica. All’interno del parco – diviso in due nel 1960 dopo aver costruito un tratto della via Olimpica sotto il nome di via Leone XIII – fu edificato il Casino del Bel Respiro che, attualmente, è una sede di rappresentanza del governo italiano. Fino al 1630 la zona era un normalissimo terreno agricolo immediatamente sotto le mura gianicolensi. In quel periodo, questo appezzamento, che comprendeva la Villa vecchia, fu acquistato da Panfilo Pamphilj. La nobile famiglia, tra il 1644 e il 1652, fece progettare la Villa nuova dall’architetto scultore Alessandro Algardi e al pittore Giovanni Francesco Grimaldi. La progettazione e la realizzazione dei giardini furono affidate a un esperto botanico: Tobia Aldini. Chi ama la storia d’Italia, ricorderà la battaglia più sanguinosa per la difesa della Repubblica Romana avvenuto nel 1849 tra i francesi accorsi per restaurare il potere della chiesa e le truppe garibaldine. In quei giorni morì Goffredo Mameli il giovanissimo poeta, autore dei versi del testo dell’inno nazionale italiano. Villa Doria Pamphilj fu fusa con la vicinissima villa Corsini nel 1856 costituendo un’importante azienda agricola. Nel 1932 il Comune di Roma espropriò parte della zona e nel 1957 lo Stato Italiano acquisì il nucleo di origine della villa. Quasi 170 ettari divennero proprietà di Roma in due momenti diversi quando il parco era già stato diviso in due parti: la zona di ponente fu acqui15 stata nel 1965 mentre l’altra parte sei anni dopo. Il parco di villa Doria Pamphilj fu aperto al pubblico nel 1972. La famiglia Doria Pamphilj ha mantenuto la proprietà solo della cappella funebre che fu edificata secondo il progetto dell’architetto Edoardo Collamarini nel 1896. Ma seguitemi e andiamo a visitare i vari giardini che compongono questo monumentale parco cittadino. Partiamo dal lato meridionale del Casino del Bel Respiro. Il cosiddetto Giardino segreto è il classico giardino all’italiana racchiuso da recinzioni in muratura. L’insieme delle aiuole di bosso formano il giglio che è il simbolo araldico della famiglia Pamphilj. Le aiuole sono tra due ampie vasche e una fontana di bronzo che si trova al centro del complesso. Edificato in undici anni, nel 1655 sbocciò il Giardino del teatro. Il nome gli è stato dato grazie ad uno spazio semi16 circolare in muratura che era stata ideata per eventi artistici quali musica e opere teatrali. Nato come giardino all’italiana, circa nel 1850 fu trasformato in un classico giardino all’inglese dall’architetto italo-francese Andrea Busiri Vici che l’arricchì con piante esotiche rare. Nella zona della Villa Vecchia si trova il Giardino dei cedrati. Si chiama così per la presenza di molte piante di agrumi e di decorazioni artistiche di pregio quali fontane, vialetti e murature perimetrali. Costruito a metà ottocento da Giovanni Gui, il Giardino delle serre ottocentesche presenta piante da frutto, piante esotiche, diverse specie di Palme tra le quali la Palma nana, la Palma del Cile e un bellissimo esemplare di Araucaria. Quando a metà dell’ottocento Villa Corsini fu annessa al terreno della famiglia Doria Pamphilj, portò in eredità una grandissima area di sessantamila metri quadrati che era “arredata” a giardino toscano. Questa vallata fu arricchita di alberi di varie specie – pioppi, salici, pini, querce, ecc. – e fu adibito a riserva di caccia, dove furono liberati daini e altri animali. Per questo motivo, la vallata è stata chiamata la Valle dei Daini. Naturalmente tutti questi giardini del parco sono impreziositi da statue e fontane. Tra queste ultime spicca la fontana del Cupido e il ninfeo del Fauno o dei tritoni. Potrei aggiungere molto per descrivere la bellezza del luogo dove non arriva la confusione della strada e l’unico rumore è prodotto dal vento leggero che accarezza le foglie delle piante, dalle parole degli animali che vivono tranquilli e indisturbati. Le uniche parole umane che sento – o meglio, che ascolto volentieri scartando il resto – sono quelle di stupore e di rispetto. I giardini di villa Doria Pamphilj sono bellissimi in qualunque stagione andiate a visitarli. Ma il periodo che corrisponde a una vera e propria sinfonia di colori è l’autunno quando la natura non si è spogliata dei suoi vestiti per il riposo invernale e vuole dare ancora il meglio di sé. E prima che faccia notte indossa quel vestito da sera che ammalia il fotografo e fa innamorare il pittore. Sembra dire: questi sono i colori sulla tavolozza che ti offro… spetta a te saperli usare! 17 6 TOSCANA IL MUSEO DELLA CIVILTÀ CONTADINA DI CASA D’ERCI Gianni Marucelli 18 Il museo si è specializzato nell'attività di supporto didattico rivolta alle scuole, e i gruppi di alunni che visitano non solo gli spazi museali, ma anche il sentiero naturalistico-storico, ricco di circa 120 specie di piante opportunamente cartellinate. Tra le tante istituzioni, sparse sul territorio della Toscana, che cercano di mantenere vivo il ricordo di una civiltà ormai estinta, ma ancora ben presente nei ricordi dei più anziani, quale quella contadina tradizionale, segnaliamo il piccolo Museo di Casa d'Erci, nel Mugello. Situato in una località estremamente suggestiva, sulle primi pendici della catena appenninica, Casa d'Erci, che prende il nome dall'omonimo torrente che scorre nei pressi, è una tipica colonica, ormai abbandonata come tale da più di sessanta anni, che ha avuto la fortuna di non decadere rapidamente, com’è capitato a tante altre, ma di essere scelta, già dalla metà degli anni Settanta del secolo scorso, da un gruppo di volontari del luogo, per lo più artigiani, ma anche professionisti e impiegati, che si sono impegnati nella raccolta, nel restauro e nell'esposizione di moltissimi oggetti, d'uso comune e di lavoro, che testimoniano la vita e l'attività della gente che qui ha vissuto, per secoli, strettamente legata alla coltivazione della terra, allo sfruttamento del bosco, alla pastorizia. Supportata da una ricca documentazione, anche fotografica, la raccolta trova i suoi spazi più suggestivi nella ricostruzione dell'ambiente domestico, come la grande cucina, la camera da letto, la cantina, ma anche la stalla, che, in una casa contadina, faceva tutt'uno con l'ambito familiare. Nel corso dei decenni, il Museo si è specializzato nell'attività di supporto didattico rivolta alle scuole, e i gruppi di alunni che visitano non solo gli spazi museali, ma anche il sentiero naturalistico-storico, ricco di circa 120 specie di piante opportunamente cartellinate, in modo da avere la possibilità di conoscere la vegetazione tipica della zona, sono veramente tantissimi. 19 Invitiamo i nostri lettori a visitare questo organizzatissimo Museo, dandone le coordinate e le modalità di contatto: Da qualche anno, le classi possono usufruire anche del nuovissimo laboratorio di didattica ambientale, sito a qualche decina di metri dal Museo, ove è presente una vasta sala riunioni, che serve anche come sala-mensa, e una moderna cucina che è in grado di preparare i pasti per una sessantina di visitatori. La zona, coperta di boschi di castagno e di quercia, offre anche la possibilità di fare belle escursioni; purtroppo, qui, come nella fascia montana immediatamente prospiciente, si è abbattuta, nel corso degli anni Novanta, la devastazione causata dalla costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità (TAV) Firenze – Bologna, che ha impattato le sorgenti e le falde acquifere distruggendole in gran parte. Frane, morie di boschi, scomparsa delle acque superficiali (torrenti ecc.) sono state il prezzo pagato da questa zona del Mugello al cosiddetto “progresso”, ma sarebbe meglio dire all’incompetenza e noncuranza di chi ha condotto l'opera. 20 Museo della Civiltà contadina – Grezzano di Mugello – aperto nel pomeriggio di tutti i giorni festivi- possibilità di concordare visite guidate per gruppi e scolaresche. Contatti e info: www.casaderci.it – mail: [email protected] – tel. 3336683897 (museo) – 3386880647 (visite guidate e attività didattiche). Il Museo è facilmente raggiungibile in auto da Borgo San Lorenzo (FI), il più grande centro urbano del Mugello, in dieci minuti di auto. 7 TURISMO LIGURIA, I CARRUGGI DI CERVO Luigi Diego Eléna 21 I caruggi di Cervo, in provincia di Imperia, scrivono e lasciano dentro di ognuno infinite tracce incredibili eppur reali, perché tutte visibili. I caruggi di Cervo sono tanti indirizzi da spedire in cielo come ritagli di aquiloni, oppure come barchette di carta scivolate in mare, ed anche file di vagoni su due rotaie in terra, come coppie di innamorati. Hanno francobolli a grappoli di uva fragola su ogni angolo, per viaggi dionisiaci tra sorprese di panorami, firmati dai colori pastello. Ogni toponimo è un biglietto da visita profumato ai fiori di pitosforo e appassionato quando sussurri t'amo, o fai qualche pausa colto dal l'apnea di un edulcorato bacio. Intorno testimoniano caldi lampioni giallo ginestra, come lampare appese alle braccia di una luna sotto le lenzuola. Si salpa da questo scoglio, sollevando le radici come ancore portando seco la virtù di essere questo luogo. Si ritorna e si attracca ancora a questi enigmatici caruggi, un rebus dove il mittente ha cinque lettere ed un solo nome: Cervo, quel Servus "per opportuna loca" che c’è ancora e lascia dentro di te infinite tracce incredibili eppur reali, perché tutte visibili. Il nostro amico e collaboratore Luigi Diego Eléna guida speciale dei carruggi di Cervo. 22 8 TURISMO UMBRIA, LIBERI NELL’EREMO DELLE CARCERI Alberto Pestelli 23 Qui si percorre la strada, credenti o non credenti, nel più rispettoso silenzio perché a far sentire la sua voce è la NATURA! Solo così ci sentiamo LIBERI… Non prendersela comoda! Questo è il trucco per visitare Assisi e paraggi. Meglio sarebbe trovare un buon hotel il giorno precedete non molto distante dalla patria di Francesco per essere sul posto presto soprattutto se, prima di varcare le porte della città, vogliamo recarci all’Eremo delle Carceri. Il motivo? Provate a trovare un posto nei pressi dell’entrata per la vostra auto dopo le 9,00-9,30 del mattino… impossibile. Per questo motivo eravamo all’eremo poco prima delle nove, precedendo una schiera di autobus di pellegrini. Parcheggiata l’automobile in un posteggio abbastanza agevole, siamo finalmente entrati nell’antico Eremo delle Carceri. Posto a 790 metri sul livello del mare sulle pendici del Monte Subasio, l’eremo si trova a circa quattro chilometri da Assisi nel punto dove sorgono diverse grotte naturali già conosciute dagli eremiti agli albori del cristianesimo. Francesco e seguaci si ritiravano lassù a pregare e a meditare dopo aver percorso salite aspre sicuramente per quasi una mezza giornata. Leggendo le storie dell’Eremo, veniamo a conoscenza che non appartenne sempre ai Francescani. Il governo del Comune di Assisi lo donò all’ordine dei Benedettini i quali lo offrirono a Francesco che intendeva “incarcerarsi” nella meditazione. San Bernardino da Siena ampliò l’Eremo nel XV secolo costruendo la chiesa di Santa Maria delle Carceri inglobando la cappella che già esisteva prima dell’arrivo di Francesco. Fu costruito anche un piccolo convento. Attraversata una breve e caratteristica galleria ci ritroviamo in un piccolo chiostro detto, appunto, Chiostrino dei frati. È una terrazza a forma di triangolo a strapiombo sul “fosso delle Carceri”. Affacciarsi dal chiostro è veramente impressionante e da capogiro. Un po’ come camminare sul lungo ponte che collega Bagnoregio con l’antica Civita… da vertigine. 24 Dal chiostro possiamo accedere al refettorio dei frati francescani e alla chiesa di Santa Maria delle Carceri. Le celle dei frati si trovano sopra al refettorio. Una ripida scala ci conduce a una faggeta e alla grotta di San Francesco. Molto ci sarebbe da dire su questo luogo singolare, ma crediamo che sia importante lasciar parlare non solo le immagini ma ogni singola foglia, sasso, filo d’erba. Che sia a parlare il vento, il profumo del bosco e le fitte parole dei suoi abitanti semplici. Lasciamoci alle spalle il fastidioso chiacchiericcio, brusio indistinto dell’umano meravigliarsi… qui si percorre la strada, credenti o non credenti, nel più rispettoso silenzio perché a far sentire la sua voce è la NATURA! Solo così ci sentiamo LIBERI… 25 9 TURISMO SARDEGNA: NORA, UNA RICCA CITTÀ NELL’ISOLA DEGLI SHARDANA Alberto Pestelli 26 A Norace Norae oppido nomen datum, in altre parole il nome di Nora fu dato da Norace. Lo scrittore e geografo dell’antica Grecia Pausania il periegeta (vissuto nel II secolo dopo Cristo) sostenne la tesi che attribuiva la fondazione dell’antica città sarda di Nora all’eroe Norace di stirpe iberica. Lo scrittore romano Solino, vissuto nel III secolo, pur confermando come fondatore l’iberico Norace, sostenne che esso proveniva da Tartesso una città sita, molto probabilmente, nell’odierna Andalusia. Sia Solino sia Pausania ammisero che… a Norace Norae oppido nomen datum, in altre parole il nome di Nora fu dato da Norace. La città di Nora è antichissima la cui fondazione non è ancora ben chiara. Alcuni archeologi l’attribuiscono ai fenici e successivamente ai cartaginesi. Altri ritengono, come il noto studioso Leonardo Melis, che abbia origini Shardana, il più potente dei Popoli del Mare. Quel che rimane delle antiche vestigia di Nora è situato sul promontorio di capo Pula nella costa che guarda a mezzogiorno della Sardegna nei pressi della cittadina di Pula a ovest di Cagliari. Qualunque siano le sue origini, nei pressi di Nora sono stati rinvenuti diversi reperti e tracce della civiltà nuragica nel periodo dell’età del bronzo quali alcuni manufatti micenei giunti in zona nel periodo di maggior splendore dell’età nuragica; un pozzo nei pressi delle terme più vicine al mare. Nelle vicinanze della zona di Pula sono state trovate altre ricche tracce nuragiche quali il nuraghe Sa Guardia Mongiasa nell’entroterra, il Nuraghe Antigori che si trova nei pressi di Sarroch (una città più vicina a Cagliari e sede da moltissimi anni di una colossale raffineria petrolifera…) dove sono state trovate alcune ceramiche di origine micenea. I resti originari della città non sono molti. Li possiamo vedere in alcune abitazioni, soprattutto in quel che rimane dei muri del piano terra: i punici costruivano le loro case con muri 27 a telaio, ovvero sistemavano delle grosse pietre formando, appunto, un telaio dove venivano impilate pietre di varie dimensioni. Con l’avvento della conquista romana della Sardegna, i nuovi arrivati portarono una ventata di modernità nell’ingegneria edile secondo il loro stile. Si svilupparono le insulae, abitazioni a più piani costruite a mattoni. I luoghi pubblici erano in parte tutti quanti costruiti in pietra. I romani costruirono il foro, il teatro, vari impianti termali. Edificarono anche un anfiteatro che, per il momento, non è mai stato scavato. Ma sono i mosaici che gli archeologi hanno scoperto la cosa più preziosa di tutta Nora. In molti casi il loro stato di conservazione è ottimo e decorano quelle che erano considerate le case delle famiglie patrizie e più importanti della città sarda. Tutti quanti, tranne un caso, rappresentano fi28 gure geometriche e sono colorati con poche tinte. Le figure presentano un contorno il cui colore variava a seconda dell’artista mosaicista: praticamente era considerato un “marchio di fabbrica” che caratterizzava solo ed esclusivamente una bottega artigiana. Il declino di Nora si ebbe con il suo graduale abbandono nel V secolo dopo Cristo a causa dell’invasione dei Vandali e per la difficoltà del commercio via mare. I noritani si rifugiarono nell’interno dell’Isola considerate zone più sicure. Nel VII secolo Nora cessa di essere considerata città per diventare una fortezza militare. L’antica città e poi la moderna Pula sono legate al martirio di Sant’Efisio avvenuto il 15 gennaio del 303 d.C. Nelle vicinanze delle rovine noritane, sorge un’imponente torre di origine aragonese che faceva parte del sistema di avvistamento difensivo della costa meridionale della Sardegna. Il contatto con queste torri (Torri di Cala d’Ostia e di San Macaro e del Diavolo) erano in contatto visivo e comunicavano l’una con l’altra con linguaggi ben visibili da torre a torre. La Torre del Coltellazzo o di Sant’Efisio è la più grande e si trova nel medesimo promontorio dove sorge Nora ed esattamente prospicente ai resti dell’acropoli dell’antica città sarda. Sorta su di una costruzione militare del XIV secolo, la torre del Coltellazzo entrò in servizio nel 1607. In seguito fu inglobata in un forte costruito agli inizi del ‘700. Nel XIX secolo, una volta perduta la funzione militare, la torre divenne un faro. Nora ha ancora molto da offrire agli appassionati di storia e di archeologia e a tutti coloro che non sono mai sazi di saperne di più sulla propria terra e sulle proprie origini. Se solo si concedessero più fondi per gli scavi archeologici e per lo studio di ciò che si potrebbe trovare, Nora potrebbe diventare una fonte di lavoro certo e garantito soprattutto nei mesi delle vacanze. Se sembra giusto rivolgersi al turista che non pensa solo a star sdraiato tutto il giorno sulle bellissime spiagge dei dintorni cuocendosi a fuoco lento col sole della Sardegna, mi sembra doveroso rivolgersi anche e soprattutto ai figli dell’antico popolo dell’isola, stuzzicando con arte la memoria storica rimasta per troppo tempo nascosta nel sottobosco della dimenticanza. E l’apertura 29 dello scrigno si ottiene incoraggiando la cultura, la lettura, il confronto, la riscoperta di quei valori di una volta, le tradizioni, la lingua. Il ministro Tremonti disse non molto tempo fa: con la Cultura non si mangia! Certo… non si mangia se non la coltiviamo e spargiamo i semi per far ricrescere ancora quel grano che sfama. Il tutto subito non esiste come il sale in quel suo discorso… non c’è! Il grano richiede tempo per maturare e se matura bene possiamo fare un pane che sfamerà tutti quanti. Servono i soldi… naturale! Senza il denaro non si ottiene niente. Ma non basta solo il finanziamento per creare quel che sogniamo. Occorre la volontà da parte non solo delle istituzioni ma anche quello della gente comune (mi riferisco a tutti gli italiani, perché la cultura appartiene a tutti noi!), dei benefattori sensibili ai beni dell’umanità, industriali e commercianti (e perché no? e che male c’è se ne trarranno profitto?) di rendere possibile un futuro luminoso per un bene prezioso dal valore incalcolabile come nel caso di questa antica isola dei Popoli del Mare, gli Shardana. 10 CURIOSITÀ IN MEMORIA DI UNA STORICA IMPRESA SPORTIVA A REMI DA FIRENZE A LONDRA Gianni Marucelli 30 Esattamente ventinove anni fa, nel Giugno 1987, due canottieri fiorentini, Giorgio Benvenuti e Franco Ciardini, stavano risalendo, a forza di remi, i fiumi francesi, per giungere alle coste atlantiche e da qui, con un solo balzo attraverso La Manica, l'Inghilterra e Londra. Provenivano da Firenze e avevano combattuto con le onde del Tirreno prima di puntare la prua verso il delta del Rodano. Mentre l'uno remava, l'altro seguiva, con non poche difficoltà, il compagno su un camper, che era la loro base mobile. Avevano superato, e non di poco, i cinquanta anni: Giorgio aveva cinquantacinque anni, Franco cinquantasette. Ma erano atleti e, soprattutto, uomini veri. La loro impresa, da Firenze a Londra su un canotto, la “Francesca”, lungo sette metri e largo sessanta centimetri, percorrendo il tragitto in circa due mesi e mezzo, non è mai stata ripetuta. Pochi ormai la ricordano, anche se all'epoca venne celebrata dai media di mezza Europa. Giorgio Benvenuti ci ha lasciato poche settimane fa, dopo aver lottato, con il coraggio che gli era consueto e con l'ottimismo che era parte della sua natura, contro un male terribile. Per quarant'anni è stato Socio e attivo dirigente di Pro Natura Firenze. 31 11 PILLOLE DI METEOROLOGIA ESTATE CALDA... E POI? Alessio Genovese 32 I Righeira cantavano, anni fa, "L'estate sta finendo"; nel nostro caso, invece, sta iniziando e dal punto di vista meteorologico ciò avviene ufficialmente con il 1° giugno; questo perché, come detto più volte all'interno di questa rubrica, le stagioni meteorologiche non coincidono appieno con quelle astronomiche. In tal modo l'estate inizia il 1° giugno e si conclude il 31 agosto. Mentre prende avvio la stagione estiva, si conclude nei fatti uno dei fenomeni di "El Niño" più intensi degli ultimi decenni, che senza dubbio ha contribuito a determinare fra il 2015 e inizio 2016 un rialzo non indifferente delle temperature terrestri. A riprova di quanto appena detto in merito al venir meno de "El Niño", postiamo qui sotto il grafico Unisys che indica, attraverso vari colori, le anomalie delle acque superficiali del globo. http://weather.unisys.com/surface/sfc_daily. php?plot=ssa&inv=0&t=cur 33 Come è facilmente intuibile il colore rosso acceso indica temperature sopra la media, mentre il blu il contrario. "Il Niño" e il suo opposto, "La Niña", si concretizzano nella fascia dell'Oceano Pacifico orientale che, nel suo lato destro, si trova all'incirca in corrispondenza del bacino peruviano. Come è osservabile dal grafico, tale fascia inizia a colorarsi di blu e questo perché in molti settori si sta già registrando un raffreddamento delle acque che dovrebbe portare, secondo molti esperti, all'avvento de "La Niña" entro la fine dell'estate. Da notare inoltre come persista una forte anomalia negativa delle acque dell'Atlantico settentrionale (cosiddetto blob atlantico). Come trascorrerà allora l'estate 2016? Solitamente gli effetti climatici de "Il Niño" continuano a farsi sentire ancora per altri 3-4 mesi dopo la conclusione del fenomeno. Questo lascerebbe presagire un'estate ancora molto calda, per lo meno rispetto alle medie degli ultimi trenta anni. In realtà, non si possono fare delle previsioni di tre mesi attenendosi solamente a un fattore climatico e la realtà potrebbe proporre, soprattutto a livello locale, delle situazioni leggermente diverse. Se fino a quindici giorni fa i principali modelli climatici di riferimento prevedevano un'estate rovente con una persistente presenza sullo stivale del famigerato Anticiclone africano, negli ultimi giorni, con l'avvicinarsi dell'inizio dell'estate, gli stessi modelli hanno almeno in parte ridimen- sionato le temperature previste per giugno, luglio e agosto. Ciò che, quindi, è più lecito aspettarsi, è un'estate sì calda ma non troppo, con giornate di bel tempo e temperature anche sopra i 32°, alternate a dei periodi, magari di breve durata, più freschi per via di perturbazioni atlantiche che potrebbero interessare maggiormente il nord Italia e in parte il centro, mentre il sud, come avviene spesso, dovrebbe risultare più protetto dall'alta pressione. Dovrebbe essere soprattutto la prima parte di giugno ad avere qualche incertezza in più, mentre i mesi luglio e agosto sembrerebbero poter essere più stabili. In poche parole dovremmo avere un'estate un po' più fresca di quella del 2015 ma più stabile di quella del 2014. Questo tipo di compromesso, qualora si avverasse, sicuramente farebbe piacere a molti. Nel frattempo, pioggia o non pioggia, la maggior parte degli invasi d'acqua e delle dighe sono colmi d'acqua, tanto che le scorte sono quasi ovunque sufficienti per coprire i bisogni dell'intera stagione estiva, per cui almeno 34 questa preoccupazione ce la possiamo togliere. È già troppo parlare di una stagione intera, ma l'interesse mi spinge a pensare oltre, non tanto per azzardare delle previsioni ma piuttosto una tendenza. Con il passaggio dal "Niño" a la "Niña", con un'attività solare che per il prossimo autunno/inverno dovrebbe rimanere stabilmente su dei livelli bassi (entro un anno dovremmo entrare in una fase di minimo solare anche profondo), con una QBO negativa che dovrebbe destabilizzare maggiormente il prossimo vortice polare favorendo anche incursioni di aria fredda da est, è lecito attendersi dal prossimo autunno un'inversione di tendenza, rispetto al surriscaldamento avuto negli ultimissimi anni. In teoria, il prossimo inverno dovrebbe avere tutte le carte in regola per tornare a essere almeno un inverno mediterraneo, mentre negli ultimi tre anni la cosiddetta stagione fredda è stata tale solamente nel nome. È poi probabile che il trend al ribasso possa proseguire anche nei mesi e anni a venire ma prima che ciò possa accadere bisogna riuscire a sfatare le teorie del global warming, cosa sicuramente non facile, nonostante di recente siano sempre di più gli scienziati che si schierano contro la stessa teoria. Alessio Genovese 12 IL SALOTTO LETTERARIO DI IOLE 35 MARIA IORILLO La Gattara Una caratteristica di Roma è l’insediamento, da sempre, di colonie di gatti randagi, soprattutto nel centro storico. Li vedi acciambellati sui monconi di antiche colonne romane, tra i piedi delle statue di Giulio Cesare o di Marco Aurelio, sulla scalinata della Basilica di San Paolo. Con gli occhi socchiusi, ma sempre vigili, sembrano sorvegliare la loro città, i loro monumenti. Si aggirano solitari, come tante sentinelle, nelle piazze, nelle strade, nei parchi, a Torre Argentina, al Colosseo, ma si riuniscono insieme quando la gattara dà loro da mangiare. Si dice che siano circa 300.000 i gatti a Roma, di cui 180.000 presso famiglie e 120.000 nelle strade. C’è un legame molto profondo tra i romani e i gatti. La città eterna deve a questi felini l’essersi salvata dalla peste trasmessa dai topi. Anche nel mio quartiere gironzolano bei gattoni, ti passano tranquilli sotto il naso. E neanche ci fai più caso. Ciò che infastidisce è, invece, l’odore della loro orina in alcuni angoli. L’edificio della scuola media, proprio dietro casa mia, ha un piccolo giardino, dove bazzicano una decina di gatti. E, spesso, vedo una signora anziana, munita di ciotole e di cibo in scatola e di avanzi, forse raccattati qua e là. Passa ore con i suoi amici felini. E’ sempre intenta a parlare loro con amore. Con cura riempie le ciotole. Mi ha sempre intenerita e incuriosita quella donna, dall'aspetto curato e pulito, anche se si intuisce il suo tono di vita molto semplice, al limite della sopravvivenza. L’altra mattina, ero in giro per il vicino mercatino, la vidi e, dopo un attimo di esitazione, mi avvicinai. - Le sono affezionati!E lei, alzando lo sguardo verso di me:- Sì, porto loro da magna’ tutti i giorni. Ormai me conoscono e se’ fanno avvicina’!Abbassandomi ad accarezzare il gatto a me più vicino e, forse anche il più coccolone, le chiesi:- Ma quanti sono?- 36 La gattara, mentre riempiva d’acqua una ciotola rossa:- So’ sei, ma ogni tanto si unisce qualche gatto che viene da altri quartieri. Vedi quello nero, laggiù, quello co’ le chiazze bianche? – Alzai lo sguardo e vidi un gattino spelacchiato e che, dal passo e dagli occhi furbetti, mi sembrava anche il più vivace e, forse, il più giovane di tutto il gruppo. La donna continuò:- Quello è er più diffidente. Sai quanto tempo ha impiegato per farse avvicina’? Tanto. Era sempre lì, me’ guardava da lontano co’ suoi occhietti furbi e si avvicinava alle ciotole solo quanno io ero distante. Poi, pian piano, passo dopo passo… oggi è er primo a venimme incontro.- La gattara sorrideva; un sorriso fiero, soddisfatto. Abita qui vicino, signora? - Le chiesi continuando a giocherellare col gatto coccolone. - Sì, dietro er mercato! Vengo qui tutte le mattine e faccio compagnia ai miei amici gatti. So’ sola, mia cara. I miei figli vivono al nord, uno a Torino e l’altro a Mantova. Scendono ogni morte de’ Papa qui a Roma. Lavorano, sono in carriera anche le loro mogli. Me’ telefonano una volta al mese. Me’ mandano qualcosa, de’ soldi, ogni tanto, questo sì, ma forse lo fanno pe’ sentisse con la coscienza a posto. Ma a me mancano. I miei nipotini mi mancano. Ho l’impressione che neanche si ricordino de’ me. Ne ho 3, so’ bei pupi. Mio marito, pace all’anima sua, è morto anni fa!Ed io, sempre più intenerita da quella storia di solitudine metropolitana, dalla storia di una donna sola, di una madre dimenticata persino dai figli:- Ma non ha proprio nessuno qui? Un parente, un’amica? - No, cara. Questi - indicando i gatti – sono gli amici miei. Poi, l’uomo te lo raccomanno. E’ tutto preso da altri pensieri, a fa’ denaro. Ha dimenticato se stesso e chi gli sta attorno! Una volta non era così. Sai, quanno ero giova- 37 ne, abitavo a Testaccio; lì ci si conosceva tutti, ci si aiutava l’uno con l’altro, si passavano ore e ore a chiacchiera’ sotto casa, o sul pianerottolo o alla finestra. Oggi corrono tutti, nessuno te’ guarda in faccia. Ma dove vanno così de’ pressa?Sorrisi. Un sorriso amaro:- Ha ragione, è proprio così!- E pensai ai miei vicini; neanche conosco i loro nomi. Si continuò per un po’ la conversazione, mentre l’aiutavo a raccogliere le scatolette e le ciotole ormai vuote. Parlava tanto; avvertivo il suo bisogno di essere ascoltata. Poi, con rammarico la salutai. E lei, con occhi lucidi, disse:- Mi ha fatto piacere scambià du’ chiacchiere co’ te. L’ho letto nei tuoi occhi che sei buona e dolce. Auguri per una santa pasqua e tanta, tanta fortuna, mia cara!Uno scambio di mani, di auguri e di sguardi, molto intenso. Mi allontanai, anche se avrei voluto farle ancora mille domande, ascoltarla, farle ancora un po’ di compagnia. Ripresi la strada verso casa, era quasi ora di pranzo. Mi sentivo malinconica, ma anche serena. Sorridevo. Pensavo. Quanto tempo sprecato alla ricerca di chissà cosa. A volte basta poco. Basta guardarsi intorno, scambiare un sorriso, due parole anche con una persona sconosciuta, con una gattara, per sentirsi già meglio. Ritrovarsi insieme, come quei gatti randagi, e il cuore pompa già in modo diverso. GUIDO DE MARCHI Raccontami qualcosa La giornata era trascorsa tranquilla, Anna si era svegliata nel tardo pomeriggio e pareva tranquilla, i dolori che l’avevano tormentata il mattino, dopo le iniezioni si erano finalmente attenuati. Ida che la stava assistendo in quei drammatici giorni, era al suo fianco e ciò contribuiva a tranquillizzarla: sapeva di potersi fidare di lei e Anna, che la conosceva sin dai giorni dell’infanzia, gliene era grata. Non era facile per una persona sola, malata terminale, trovarsi a vivere i propri ultimi giorni con l’idea di essere nelle mani di persone sconosciute, anche se molto gentili e premurose; Anna era consapevole dell’affetto e del dolore di Ida: era stata un’amica sempre presente in tutti i momenti più difficili della sua esistenza. Con lei aveva condiviso una gioventù allegra e spensierata, gli innamoramenti del periodo scolare dal liceo all’università, affrontando amori e delusioni sempre con grande consapevolezza; avevano affrontato insieme le lunghe difficoltà per trovare la tranquillità di un lavoro. Anche dopo il matrimonio Ida era sempre stata un’amica disponibile e sempre presente che aveva coinvolto Anna nelle sue peripezie e nei suoi momenti di gioia, specie dopo la nascita di Enrica che, naturalmente aveva visto Anna fare da madrina, una madrina che la piccola aveva sempre chiamato zia. Non sono molte le amicizie che resistono a tutte le bufere della vita, ma per le due donne un diverso modo di essere sarebbe stato inconcepibile. Ida stava guardando Anna mentre col pensiero andava a ripercorrere i lunghi anni della loro amicizia, ricordava ancora le emozioni dell’adolescenza, le facili infatuazioni, i primi fidanzatini coi quali si erano affacciati all’età maggiore e quanto si confidavano l’una con l’altra ponendosi domande spesso senza risposte, curiose di scoprire quanto più possibile sulla realtà e misteri della vita adulta. Ricor- 38 dava pure quanto fosse importante l’avere qualcuno con cui condividere gioie e dolori. Alla fine le due ragazze erano diventate donne ed avevano trovato due compagni coi quali creare progetti per il futuro. Ida aveva avuto più fortuna di Anna e alla fine aveva formato la sua famiglia. Anna, dopo alcune storie molto sfortunate, era rimasta single e in fondo si era adattata alla sua solitaria condizione. Le due avevano ormai raggiunta la soglia del mezzo secolo quando Anna fece la scoperta di avere un mare incurabile. Ora, nel silenzio della cameretta dell’ospedale, Ida osservava il paesaggio dalla finestra che si affacciava sulla città, in lontananza si scorgeva il mare e le navi che lentamente sparivano oltre la linea dell’orizzonte, una leggera foschia confondeva mare e cielo e le imbarcazioni parevano diventare via via più evanescenti: “Come la vita di Anna” pensò con una stretta al cuore, girandosi a guardarla e vedendola sorridere si chinò su di lei prendendole una mano: - Cosa c’è, hai bisogno di qualcosa? Anna la guardò a lungo prima di rispondere, poi disse: - Raccontami qualcosa... - Cosa vuoi? Qualcosa di che? - Quello che vuoi tu, anche una favola, una bella dolce favola - rispose Anna con un filo di voce. Ida cominciò a raccontare, una, due tre favole... tra una lacrima e l’altra, perse il conto, ma continuò a raccontare. Fu l’infermiera a interromperla, con un nodo alla gola, mentre con la mano, chiudeva gli occhi di Anna dicendo: - Signora, non è più necessario. Credo che adesso non soffra più. Guardi, la ha salutata con un sorriso. 39 Cogli l’attimo... Fotografia di Alberto Pestelli © 2014 40 L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente riprenderà la regolare pubblicazione della rivista in PDF e gli aggiornamenti quotidiani dal primo settembre. A partire dal 1 agosto il sito verrà aggiornato quando possibile dal nostro coordinatore di redazione e webmaster. Il comitato di redazione augura a tutti i cari amici lettori BUONE FERIE