criminalistica e scienze forensi

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criminalistica e scienze forensi
V. Agostini, K. Bisogni, L. Bui, D. Buscone, B.M. Caterina, E. Chiti, M.L. Colombo, I. Corradini, R.M. Di
Maggio, M. Giannone, C. Miele, C. Milani, S. Musio, A. Pagliano, R. Romano, S. Vanin
CRIMINALISTICA E SCIENZE FORENSI Indagini Criminalistiche e Professioni Forensi nel
Processo Penale
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“La Scienza è il capitano, e la Pratica sono i soldati.”
Leonardo Da Vinci
“Un laboratorio è solo un altro posto per giocare” K. Mullis
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autori
(ordine alfabetico)
Dott. Vincenzo Agostini (Curatore)
Biologo Forense – Consulente Giudiziario. Iscritto all’ONB – Ordine Nazionale dei Biologi. Iscritto all’Albo CTU presso il Tribunale di Bergamo. Presta attività di CTU per diversi Tribunali e Procure italiane e svolge
attività di CTP per numerosi Studi Legali, Agenzie Investigative e privati su tutto il territorio nazionale.
Consulente in ambito di analisi della scena del crimine, Biologia Forense e Genetica Forense per scopi
discriminativi/identificativi e Test di Paternità/Parentela.
Docente universitario presso Università degli Studi Guglielmo Marconi (Roma), Università Unitelma La
Sapienza (Roma), Università degli Studi della Repubblica di San Marino (RSM) per gli insegnamenti di
Sopralluogo Giudiziario e Repertazione tracce, Biologia e Genetica Forense.
Dott.ssa Katiuscia Bisogni
Medico-Chirurgo, Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni. Esperta in Scienze Criminologiche,
Perfezionata in Scienze Forensi ed in Odontologia e Odontoiatria Forense. Svolge attività consulenziale in
qualità di libero professionista. Consulente tecnico della Procura della Repubblica e del Tribunale.
Dott.ssa Laura Bui
Laureata in Tecniche Di Laboratorio Biomedico presso l’Università di Roma La Sapienza, Laurea Magistrale
in Biotecnologie Mediche presso Università Tor Vergata-Roma; Abilitazione Professionale Biologo; Master
di primo livello in Tecniche Autoptiche e procedure istopatologiche presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore-Roma. Attualmente studia presso l’Accademia Internazionali delle Scienze Forensi (AISF) come
Forensic Examiner Esperto in Scienze Forensi, Criminologia Investigativa e Criminal Profiling. Esercita la
professione di Tecnico di Istocitopatologia Diagnostica e Forense presso l’Association Columbus-Roma.
Presta collaborazione Tecnica Medico-legale nei riscontri giudiziari.
Dott.ssa Désirée Buscone
Laureata in Lingue Straniere presso l’Università degli Studi di Pavia. Svolge attività di Traduttrice ed Interprete per diversi Tribunali italiani, Studi Legali e clienti privati.
Avv. Bruno M. Caterina
L’Avv. Bruno M. Caterina ha collaborato con primari studi legali di Milano assistendo e fornendo consulenza sia in ambito giudiziale che stragiudiziale, civile e penale, per poi fondare il proprio studio nel
2002. Da sempre impegnato nella promozione del ruolo dell’Avvocatura. E’ stato delegato dell’Ordine degli Avvocati di Milano al XXIX Congresso Nazionale Forense. Fondatore e primo presidente dell'ANDACON Associazione Nazionale Difesa e Assistenza Consumatori. E’ stato relatore in conferenze nel settore della tutela dei consumatori e sul femminicidio. Coordinatore scientifico di testate giornalistiche del settore legale.
E’ attivo in ambito sociale assistendo diverse associazioni di volontariato.
Dott.ssa Enrica Chiti
Laureata in Scienze e Tecnologie Biomolecolari, Perfezionata in Scienze Forensi. Biologo Forense presso il
laboratorio di Genetica Forense dell'Università degli Studi di Pisa – Dipartimento di Medicina Legale.
Dott.ssa Maria Laura Colombo
Docente universitaria dell’Università degli Studi di Torino, Dip. Scienza e Tecnologia del Farmaco. Da sempre ha condotto ricerche inerenti le piante officinali. Insegna Biologia Vegetale, Botanica Farmaceutica e
Botanica Forense agli studenti di Farmacia e di Tecniche Erboristiche. M.L.Colombo fa parte di commissioni
nazionali deputate a valutare la idoneità di integratori alimentari a base vegetale, prima della loro immissione
in commercio. Si occupa altresì, sempre a livello nazionale, di fitovigilanza sia in riferimento al prodotto
finito (integratore alimentare, alimento funzionale, ecc.) che alla singola pianta. Da ca. 25 anni collabora con
Centri Antiveleni e Pronto Soccorso ospedalieri per il riconoscimento botanico di piante che possono aver
causato intossicazioni. Il riconoscimento botanico è stato anche applicato nella pratica in casi di Botanica
Forense. Ha pubblicato oltre 150 lavori fra articoli scientifici e capitoli di libri. Da qualche anno, per cercare
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di divulgare anche presso il largo pubblico le corrette conoscenze scientifiche inerenti le piante officinali,
scrive anche articoli e libri divulgativi.
Dott.ssa Isabella Corradini
Psicologa, specialista in psicopatologia forense e criminologia clinica, è Direttore Scientifico del Centro
Ricerche Themis. Professore a contratto da diversi anni di Psicologia sociale e psicologia applicata all'analisi
del comportamento criminale presso il Dipartimento di Medicina clinica, sanità pubblica, scienze della vita e
dell'ambiente, Area Psicologia, Università degli studi dell’ Aquila, è esperta nei temi della sicurezza con
approccio psicologico e criminologico (Safety, Security e Cybersecurity). In tali ambiti è consulente per
primarie aziende italiane e relatrice in eventi nazionali e internazionali. I temi affrontati riguardano in
particolare il cybercrime, i reati predatori, le molestie e le violenze, lo stalking, la criminalità femminile. E'
docente in corsi di perfezionamento e master per diverse strutture e Università italiane sui temi della
psicologia e della criminologia. E' consulente peritale in ambito civile e penale.
E' autrice di numerose pubblicazioni il cui elenco è consultabile sul sito www.themiscrime.com e
all'indirizzo linkedin it.linkedin.com/pub/isabella-corradini/51/287/a0b .
Dott.ssa Rosa Maria Di Maggio
Geologo con esperienza ultradecennale in campo forense, maturata presso il Servizio Polizia
Scientifica della Polizia di Stato. Ha svolto numerosi casi giudiziari con riferimento alle analisi dei
terreni e dei materiali inorganici, tra cui high profile cases e casi di interesse internazionale. Ha
redatto contributi scientifici per libri dedicati alle scienze forensi ed è autore del primo libro in Italia
sulla geologia forense. È membro della commissione direttiva della Initiative on Forensic Geology,
gruppo di lavoro della International Union of Geological Science, con incarico di referente per
l'Europa e rappresentante per l'Italia. È iscritta all'Albo dei Periti della sezione penale del Tribunale
di Roma ed è consigliere dell'Ordine dei Geologi del Lazio.
Inv. Michele Giannone
Investigatore Privato; Perito e CTU del Tribunale nella categoria degli Esperti
Investigatori; Expert per la certificazione in UNI "Ente Nazionale di Unificazione": GL5
"organizzazione e gestione della sicurezza" oltre che rappresentante italiano nel CEN "European
Committee for Standardization": TC 419 "Forensic Science Services"; Docente in "Legislazione
delle Investigazioni Private" al Corso di Perfezionamento UniTelma Sapienza: "Investigazioni
Private, Pubbliche, Informazioni Commerciali e della Sicurezza Privata- Security".
Avv. Caterina Miele
Cultrice, docente e tutor universitaria, praticante avvocato abilitato.
Dott.ssa Chantal Milani
Laureata in Odontoiatria presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Pavia, consegue il Master in Scienze
Forensi presso l'Università di Parma in collaborazione con il R.I.S. di Parma. Da sempre dedita allo studio
dell'antropologia fisica si perfeziona ulteriormente in Italia e all'estero in Antropologia e Odontologia
Forense, dedicandosi inoltre all'analisi di Database internazionali di Persone Scomparse/Cadaveri
Sconosciuti confrontando metodi e protocolli di diversi Paesi. Consulente in numerosi casi, fra cui quello
dell'Omicidio di Simonetta Cesaroni (delitto di Via Poma) collabora con Procure e Forze dell'Ordine per
l'identificazione del cadavere e del vivente e per l'analisi di resti umani. Membro del direttivo della Società
Italiana di Odontoiatria Forense (SIOF) è inoltre docente in corsi universitari e privati. Relatore a seminari e
congressi.
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Dott. Salvatore Musio
Consulente Giudiziario, iscritto nel Tribunale di Novara negli ambiti della criminalistica forense e della
grafologia giudiziaria. Commissario (r.s.) della Polizia di Stato in quiescenza, ha svolto oltre 34 anni di
servizio nella Polizia Scientifica, occupandosi del sopralluogo e delle tracce lasciate dall'autore. Ha
conseguito specifiche specializzazioni nell'ambito delle indagini dirette e delle tecniche laboratoristiche
conseguenti. Esperto della scena del crimine, della ricerca delle tracce lasciate e della loro interpretazione,
della ricostruzione fattuale (anche virtuale) attraverso la lettura "critica" delle fonti di prova evidenziate in
sede di accertamenti urgenti. Esegue sopralluoghi, accessi e ricostruzioni. Competenze in: esaltazione
dattiloscopica da ogni tipologia di superficie, classificazione e attribuzione-esclusione confrontuale;
esaltazione e confronto di tracce di impronte di piede-scarpa, pneumatici, e di strumenti effrattori; balistica
terminale con riferimento ai residui di sparo; grafologia giudiziaria peritale (metodo francese).
Avv. Antonio Pagliano
Il Prof. Avv. Antonio Pagliano, dopo aver conseguito la specializzazione in “diritto e procedura penale” presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, ha esercitato nel foro di Napoli ed è attualmente ricercatore di “procedura penale” presso la Facoltà di Giurisprudenza della Seconda Università degli studi di
Napoli, dove altresì insegna, in qualità di professore aggregato, “diritto processuale penale dell’Unione Europea”. Insegna inoltre presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali della Seconda
Università degli Studi di Napoli. E’ autore di numerosi saggi ed articoli pubblicati sulle riviste specializzate di diritto e procedura penale
Dott.ssa Rita Romano
Laureata in Biologia Molecolare e Cellulare presso l’Università degli Studi del Molise. Attività lavorativa
volontaria di due anni presso il Reparto Investigazioni Scientifiche dei Carabinieri (RIS) di Roma - Sezione
di Biologia. Iscritta all’Ordine Nazionale dei Biologi. Dott. Stefano Vanin
Il Dr Stefano Vanin (PhD, FHEA, MFSSoc), è attualmente Reader in Forensic Biology presso
l'Università di Huddersfield (School of Applied Science, University of Huddersfield, Queensgate,
Huddersfield HD1 3DH, UK) dove dirige il Laborotario di Entomologia ed Archeologia Forensi.
Laureato in Scienze Biologiche presso l'Università di Padova ha conseguito il dottorato di ricerca in
Biologia Evoluzionistica nello stesso ateneo avendo comunque studiato in Francia e per un breve
periodo negli USA. Dal 1995 si occupa di entomologia forense e negli ultimi anni di
archeoentomologia funeraria. E' socio fondatore e attuale segretario del Gruppo italiano per
l'Entomologia Forense (GIEF) e membro del consiglio direttivo dell'European Association for
Forensic Entomology (EAFE).
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indice
Prefazione
Il dettaglio (Avv. B.M. Caterina)
Capitolo 1 (Avv. A. Pagliano)
Il rapporto fra scienza e diritto nel processo penale: storia di un amore incompreso
Capitolo 2 (Avv. C. Miele)
L’onere della prova nel processo penale
Capitolo 3 (Dott. S. Musio)
Storia della Criminalistica
Capitolo 4 (Dott. S. Musio)
Cenni di Dattiloscopia
Capitolo 5 (Dott. S. Musio)
Cenni di Grafologia giudiziaria
Capitolo 6 (Dott.ssa I. Corradini)
Gli approcci al Profiling: dal Criminal al Digital Profiling
Capitolo 7 (Inv. M. Giannone)
Il ruolo dell’investigatore privato – excursus normativo
Capitolo 8 (Dott.ssa D. Buscone)
Il traduttore giuridico
Capitolo 9 (Dott.ssa K. Bisogni)
Il sopralluogo giudiziario medico-legale
Capitolo 10 (Dott.ssa L. Bui)
Il Tecnico Autoptico
Capitolo 11 (Dott.ssa C. Milani)
Antropologia e Odontologia Forense
Capitolo 12 (Dott. V. Agostini, Dott.ssa E. Chiti, Dott.ssa R. Romano)
Biologia Forense ed Analisi del DNA- La professione, l’iter tecnico e le applicazioni future in ambito
forense
Capitolo 13 (Dott. S. Vanin)
Entomologia Forense
Capitolo 14 (Dott.ssa M. L. Colombo)
Botanica Forense: applicazioni e potenzialità
Capitolo 15 (Dott.ssa R.M. Di Maggio)
La Geologia nelle applicazioni forensi
Capitolo 16 (Dott. S. Musio)
La Balistica: i residui dello sparo
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prefazione
(Avv. B.M. Caterina)
Il dettaglio
Quando sentiamo parlare di criminalistica la mente corre ai film polizieschi dove tute bianche con
occhiali avvolgenti si muovono attente e rapide sulla scena del crimine alla ricerca di indizi che
portino al colpevole.
La realtà in effetti è leggermente diversa, e ben più affascinante.
Dietro quelle tute e quegli occhiali si celano appassionati ricercatori che nei loro laboratori
esaminano, analizzano, sezionano, comparano e studiano le tracce, affinando ed elaborando
tecniche sempre nuove e sorprendenti.
Le scienze che sono alla base di queste ricerche sono innumerevoli ed altamente specialistiche ma
ognuna a suo modo ha un elemento che l’accomuna a tutte le altre: il dettaglio.
Una goccia di sangue, la sbavatura in una firma autografa, un’impronta digitale non perfettamente allineata al campione di riferimento, la direzione di un proiettile, la polvere da sparo su un guanto,
fino ad arrivare alla comparazione di minerali e terreni passando dall’individuazione di agenti chimici.
Ogni scienza può porsi al servizio della Giustizia staccandosi così dal suo nucleo iniziale per
approdare alla criminalistica, divenendo una diversa e più specifica materia di studio.
Tutte alla ricerca del piccolo e apparentemente insignificante dettaglio che, come il bandolo della
matassa, trasforma un groviglio inestricabile in una semplice consequenzialità logica, che rende
tutto chiaro, cristallino e facile da comprendere.
E’ una specie di magia. L’esito di intense ricerche seguendo il dettaglio per vicoli ciechi, falsi
indizi, strade fintamente sbagliate porta a svelare il segreto, a trovare la soluzione.
All’occhio dello spettatore profano, svelato il trucco, la magia si rivela banale, ovvia, perché tutto era lì, sotto gli occhi, a portata di mano.
Ma quella magia, che ha alle spalle il solido fondamento della scienza, è il pilastro sul quale
vengono svolte indagini, radicati processi e condannati i colpevoli. Su quel piccolo dettaglio
pubblici ministeri e Avvocati prepareranno le loro battaglie e si confronteranno e scontreranno su
quei particolari campi che sono le aule dei Tribunali. Tutto questo per un dettaglio.
E qui e adesso, abbiamo percorso brevemente ancora un volta quel cammino intricato nella logica uno dei princìpi base del nostro mondo - che ci ha condotto dal tutto (la criminalistica e le scienze
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forensi) fino all’elemento unitario e minuscolo (il dettaglio) per trovare il vero elemento risolutivo del nostro caso: lo scienziato forense, la cui forma mentis si evidenzia sin dall’indice di questo libro diviso in sezioni.
Dal tutto, ancora una volta, lo scienziato cerca di giungere a un elemento più semplice sezionando
la materia (che sia la goccia di sangue o l’insieme delle scienze forensi poco gli importa), al fine di
meglio comprenderla e farla comprendere.
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capitolo 1
(Avv. A. Pagliano)
Il rapporto fra Scienza e Diritto nel processo penale:
storia di un amore incompreso
1- Le premesse e le origini; 2- Gli ostacoli alla piena realizzazione del contraddittorio nella formazione della prova
scientifica; 3- La struttura di tipo probabilistico del ragionamento e della decisione del giudice.
1- Le premesse e le origini. Molto si è discusso intorno ai rapporti tra scienza e diritto. Già nel
1972, un illustre studioso in un suo saggio, riflettendo in merito alle relazioni intercorrenti tra
conoscenza giudiziaria e conoscenza scientifica, affermava che <<i metodi scientifici non possono
offrire nuove categorie di prove, ma possono servire ad una migliore ricerca della verità>>.1 Ad
oltre quarant’anni di distanza, non può che costatarsi come il progressivo aumento del numero e delle tipologie di strumenti ad alta tecnologia offerti dalla scienza al mondo del diritto continui ad
alimentare con sempre maggior vigore il dibattito sull’interazione tra dinamiche probatorie e metodo scientifico di accertamento dei fatti, senza tuttavia che si sia approdati ad un reale punto di
equilibrio.
Alla ricerca di una migliore comprensione della reale portata del rapporto fra scienza e diritto,
dopo aver ripercorso dapprima il passaggio dalla concezione del positivismo scientifico a quella del
post-positivismo e ai suoi riflessi nella nostra giurisprudenza, anche alla luce dei principi elaborati
da quella statunitense, appare utile provare a collocare la prova scientifica all’interno delle regole epistemologiche del nostro sistema processuale.
Fissati gli obiettivi, entriamo subito nel merito della ricerca. Come noto, per molto tempo nel
processo penale la prova scientifica è stata considerata una prova sui generis, svincolata dalle
ordinarie regole processuali. Alla base di tale concezione vi era il dominio del positivismo
scientifico che si caratterizzava per una totale fiducia nel sapere scientifico e per una serie di
postulati sintetizzabili nell’affermazione in base alla quale i fatti sono oggettivi e la scienza è unica, completa e infallibile. Pertanto, nessun dubbio poteva sollevarsi in merito al fatto che la scienza
fosse una prerogativa del perito.
La traduzione delle regole del positivismo scientifico nel processo penale di stampo inquisitorio
del 1930 comportava che il giudice si limitasse a nominare un perito, affidandogli il compito di
rivelare la scienza idonea a spiegare il fenomeno oggetto di indagine.
1
Ancora oggi punto di riferimento fondamentale per l’antesignana visione delle problematiche messe in campo dalla prova scientifica, DENTI, Scientificità della prova e libera valutazione del giudice, in Riv. it. dir. proc., 1972, p. 415.
9
Di conseguenza era sufficiente che il giudice motivasse per relationem, ossia facendo riferimento
all’accertamento peritale che offriva un sapere affidabile e imparziale. In un quadro del genere la perizia veniva ritenuta prova neutra, come neutra era definita la
scienza.
Le materie in cui rientrava la prova scientifica risultavano affrancate dalle ordinarie regole del
processo. Si pensi alla prova del rapporto di causalità che, a seguito dell’affermazione in Germania con Engisch2 e in Italia con Stella3 del criterio della sussunzione sotto leggi scientifiche di
copertura, era stato assoggettato alla prova scientifica e quindi alla prova peritale.
Era l’epoca delle cd. “fattispecie a perizia vincolante” che rappresentava, con grande probabilità,
una risposta ad un atteggiamento giurisprudenziale4, noto come intuizionismo del giudice, che
vedeva il giudice quale arbitro del nesso di causalità.
Solo sul finire degli anni ‘90, sull’onda della famigerata sentenza Daubert, si assiste al definitivo
abbandono del positivismo scientifico, con il primo punto di saldatura tra il nuovo concetto di
scienza e l’accertamento nel processo penale che si ravvisa nella sentenza Franzese delle Sezioni Unite del 2002.5
Invero, già nel 1993 la giurisprudenza statunitense aveva dimostrato di disattendere il dogma
dell’esistenza, all’esterno del mondo del diritto, di una certezza scientifica salda e irreversibile cui il giudice deve fare riferimento. Nel caso Daubert vs Merrel Dow Pharmaceuticals la Corte Suprema
degli Stati Uniti aveva infatti superato la regola del Frye test, consolidatasi in seguito ad una
2
ALEO, CENTONZE, LANZA, La responsabilità penale del medico, 2007, p. 18 ss.: «Engisch nel 1931 pose il problema
della definizione della causalità mediante il criterio della sussunzione sotto leggi naturali. Engisch ha espresso peraltro
l’opinione che la condicio sine qua non debba essere considerata solo un indizio della relazione causale…Ha osservato pure che la rilevanza di questo criterio della condicio sine qua non nell’analisi giuridica vada connessa strettamente con la funzione,
ed invero anche la semplificazione di definire un responsabile…In un nuovo scritto del 1950 sulla visione del mondo dei giuristi Engisch ritornò su “la causalità nel diritto” sottoponendo proprio la visione condizionalistica e un’analisi critica molto
importante. Secondo Engisch, da un canto, la causalità significa “una connessione relativa a regole dell’esperienza tra
avvenimenti empirici”; d’altro canto “l’ostinazione con cui ci si aggrappa alla formula della condicio sine qua non e il
discernimento frattanto raggiunto nella differenziazione dei singoli concetti scientifici di causalità” inducono a “ritenere che,
forse nella formula della c.s.q.n. si nasconda un punto di vista specificamente giuridico che è il motivo per cui la causalità
entra in scena proprio in questa veste. Infatti la radice della formula c.s.q.n. consiste nell’esigenza di rendere qualcuno
responsabile di un evento nocivo sul piano giuridico penale e su quello giuridico, e quindi nell’esigenza di reagire al concetto
di causa connesso con l’agire umano».
3
STELLA, Leggi scientifiche e spiegazione causale nel diritto penale, 2000, p. 377 ss.; Rapporto di causalità (voce), in
Enc.giur., vol. XV, 1991; Commento agli artt. 40 e 41 c.p., in CRESPI, STELLA, ZAPPALÁ, Commentario breve al codice
penale, 1999, p. 132 ss.
4
Trib. L’Aquila, 17 dicembre 1969, in Rass. giur. en. el., 1970, p. 197 ss.;Trib. Rovereto, 17 gennaio1969, in Riv.it. dir. proc.
pen., 1971, p. 1035 ss.
5
Cass., sez. un., 10 luglio 2002, Franzese, in Foro it., 2002, p. 616, commentata, tra gli altri, da STELLA, Etica e razionalità
nel processo penale in Riv. it. dir. proc. pen., 2002, p. 767; DI GIOVINE, La causalità omissiva in campo medico-chirurgico,
in Foro it., 2002, c. II, p. 601, BLAIOTTA, Con una storica sentenza le S.U. abbandonano l’irrealistico modello nomologico
deduttivo di spiegazione causale di eventi singoli, in Cass. pen. 2003, p. 1176; TONINI, Dalla perizia “prova neutra” al
contraddittorio sulla scienza, in CONTI, Scienza e processo penale. Nuove frontiere e vecchi pregiudizi, 2011, p. 3 ss.
10
decisione del 1923 della Corte d’Appello federale6 in un processo per omicidio in cui si dibatteva
sull’ammissibilità come prova della testimonianza di un consulente della difesa circa il risultato
sperimentale di una primordiale macchina della verità. La Corte d’Appello federale rigettò la richiesta stabilendo il principio della cd. general acceptance, ossia quello secondo il quale, ai fini
dell’ammissibilità della prova scientifica, occorre la generale accettazione da parte della comunità scientifica di riferimento. Fino alla sentenza Daubert, il Frye test7 aveva rappresentato lo standard
per determinare l’ammissibilità di nuove tecniche scientifiche sia nelle corti federali sia in quelle
statali.
La sentenza Daubert ha rappresentato un punto di svolta perché con essa si è deciso di
abbandonare il Frye test stabilendo nuovi standards di ammissibilità. Le regole Daubert8 alle quali
si ancora la giurisprudenza statunitense si basano su alcune verifiche riassumibili in alcuni assunti e
cioè: la teoria o la tecnica deve essere stata testata; si deve verificare se essa sia stata sottoposta a
pubblicazione e a valutazione indipendente e se sia generally accepted; infine si deve tener conto
del tasso di errore conosciuto o potenziale della tecnica. In sostituzione del vecchio criterio, si
osserva che secondo il Daubert test la conoscenza scientifica deve essere desunta da un metodo
scientifico supportato da solide basi nella validazione della testimonianza dell’esperto, stabilendo in tal modo un nuovo standard di affidabilità specifica per quella prova.9
Per quanto riguarda la nostra esperienza giudiziaria, straordinaria importanza deve essere
attribuita alla sentenza Franzese con la quale si è prospettata la necessità di applicare un
6
Frye v. United States, 293 F.1013, 1014 D.C. Cir.1923.
«Nel Frye test varato nel 1923 dalla Suprema Corte Federale statunitense il problema era definito con una soluzione
draconiana: possono essere ammessi nel processo strumenti probatori scientifico-tecnici che rispondono al general acceptance
test, sui quali, cioè, la comunità scientifica di riferimento abbia espresso un giudizio sostanzialmente unanime di validità: in
altri termini il giudice deve rimettersi all’ipse dixit della scienza e della tecnica»: DOMINIONI, In tema di nuova prova
scientifica, in Dir. pen. proc., 2001, p. 1062.
7
8
«In siffatta lettura, sviluppata nel senso di ritenere applicabile al caso di specie non già il criterio della general
acceptance bensì il Daubert test, che attribuisce al giudice un gatekeeper role rimettendo allo stesso - piuttosto che
alle valutazioni della comunità scientifica di riferimento - il compito di controllare direttamente l’affidabilità dello
strumento probatorio sembra però annidarsi un equivoco di fondo: l’art. 189 non richiede un quid pluris rispetto ai
generali requisiti di ammissibilità della prova disegnati nel successivo art. 190, co.1, anche perché sarebbe poco corretto
sotto il profilo della tecnica legislativa prevedere un’eccezione che viene prima dell’enunciazione della regola, prescrivendo una “specialità” di regime anteriormente alla disciplina ordinaria. Più semplicemente, l’art. 189 si ricollega per un
verso all’esigenza di garantire la libertà morale della persona nella formazione della prova, esplicitata nell’art. 188 e si
propone di assicurare la “genuinità” dell’accertamento, istituendo inoltre una barriera contro strumenti probatori
potenzialmente fuorvianti (o comunque inutili)»: LORUSSO, La Prova scientifica in GAITO, La Prova Penale, Utet,
2008, p. 319.
9
«L’erosione, nei decenni successivi, di un tale assunto epistemologico ha fatto maturare un movimento di pensiero anche in
campo giuridico che è sfociato nell’enunciazione del Daubert test: il giudice, nel decidere sull’ammissibilità di una “nuova
prova scientifica”, non può abdicare ad una propria funzione di scrutinio e rimettersi alla general acceptance degli esperti,
peraltro tanto difficile da rilevare, ma deve esercitare il proprio diretto controllo secondo criteri di affidabilità che egli stesso
deve individuare»: DOMINIONI, In tema di nuova prova scientifica, cit., p. 1062.
11
procedimento di tipo inferenziale-deduttivo che, muovendo da tutte le risultanze processuali,
consenta di verificare se il caso concreto, così come ricostruito attraverso le prove, rientri o meno
nell’area del funzionamento di quella legge scientifica che è la più idonea a spiegarlo. Si tratta di un punto cruciale che segna il passaggio, come già accennato, dalla probabilità
statistica alla cosiddetta probabilità logica. L’inedito risvolto applicativo della sentenza Franzese
viene dato dal fatto che il giudice può ritenere inesistente il nesso causale nonostante la legge
scientifica applicabile esprima una probabilità vicina alla certezza.10 Anche di fronte a leggi del
genere la probabilità logica non è integrata qualora vi sia un ragionevole dubbio che nel caso
concreto, date tutte le sue peculiarità, la legge non abbia operato e, viceversa, siano intervenuti
fattori causali alternativi che hanno cagionato l’evento. Per contro, ma corrispondentemente, il
giudice può ritenere che esista il rapporto di causalità anche qualora venga in gioco una legge
scientifica a bassa probabilità, purché in tali casi, sempre alla luce di tutte le risultanze, appaia
provato oltre ogni ragionevole dubbio che esiste un rapporto causale. Il giudice deve escludere con
certezza che l’evento sia causato da altri fattori. Occorre, in sostanza, calare nel processo l’accertamento del nesso causale senza lasciarsi ingannare dalla peculiarità di tale elemento del reato che spesso richiede di essere provato attraverso
l’applicazione di leggi scientifiche.11 Altro è la validità statistica astratta della legge, altro è la prova
dell’esistenza in concreto del nesso causale oltre ogni ragionevole dubbio. Del resto, molto spesso,
per accertare la causalità nell’evento singolo hic et nunc verificatosi, occorre fare riferimento
contemporaneamente a più leggi scientifiche e massime di esperienza nel loro simultaneo operare
con riferimento a tutte le peculiarità del caso.
In ogni caso ciò che conta è abbandonare il modello nomologico-deduttivo e accogliere quello
inferenziale-induttivo.12
In più, si può affermare che il rapporto di causalità il più delle volte richiede una prova scientifica,
ma che tale rilievo non implica che la prova scientifica sia da considerare sui generis, sottratta alle
comuni regole del processo.
Infine, la scienza, quando viene applicata al processo, segue le indicazioni dell’epistemologia giudiziaria; essa ci fornisce due tipologie di indicazioni di cui la prima è senz’altro di metodo e cioè il principio del contraddittorio nella formazione della prova. La seconda, invece, si ravvisa in alcuni
principi costituzionali quali la presunzione di non colpevolezza e il principio che l’onere della prova
10
GAITO, La prova penale, cit., p. 472.
SCALFATI, Trattato di procedura penale, vol. II, 2009, p. 87; DI GIOVINE, Il concetto scientifico e il concetto di
probabilità: il grado di certezza da raggiungere nel giudizio sul fatto, in DE CATALDO NEUBURGER, La prova scientifica
nel processo penale, cit., p. 206.
12
CONTI, La prova del rapporto di causalità, in DE CATALDO NEUBURGER, La prova scientifica nel processo penale,
2007, p. 148.
11
12
incombe sull’accusa. Da ciò deriva un diverso quantum di prova per l’accusa e per la difesa in quanto, per ritenere sussistente un fatto asserito dall’accusa, occorre la prova al di là di ogni ragionevole dubbio, mentre per ritenere inesistente il fatto addebitato è sufficiente un dubbio
ragionevole.
Tali indicazioni sono evidentemente incompatibili se collocati nell’ottica del positivismo scientifico, mentre possono bene conciliarsi nel contesto scientifico oggi dominante che è quello del
post-positivismo per il quale la scienza è incompleta, limitata e fallibile.13
La novità dell’approccio alla scienza consiste nella necessità di procedere per tentativi di falsificazione14 allo scopo di verificare se una data teoria è in grado di resistervi o meno.
Dunque, i fatti non si impongono nella loro obiettività e sono suscettibili di essere giudicati
diversamente a seconda delle prospettive e dei contesti adottati. Pertanto la ricostruzione scientifica
più plausibile è quella che resiste all’urto del contraddittorio tra gli esperti, un contraddittorio che
prima sembrava relegato soltanto alla prova dichiarativa, e che invece oggi, come vedremo più
avanti, si deve attuare anche nei confronti della prova scientifica.
Secondo autorevole dottrina si è passati da una “scientizzazione del processo penale” ad una processualizzazione del metodo scientifico”15 a conferma della valenza epistemologica giudiziaria
del contraddittorio. Il giudice del processo accusatorio può essere pertanto definito “gatekeeper”, ossia guardiano del metodo, e quindi colui che fa da ponte per l’ingresso della prova scientifica nel processo penale: egli non è più mero consumatore della scienza così come non ne è certamente il
creatore, ma è colui che garantisce che la prova scientifica entri nel processo rispettando
innanzitutto le garanzie costituzionali e poi le regole processuali.16
13
CASSANO M., Ammissibilità, utilizzabilità della prova scientifica in dibattimento; la valutazione tra verità e ragionevole
dubbio. Relazione presentata al Convegno di Studi sul tema “La prova scientifica. La rivoluzione silenziosa del processo
penale”, Salerno, 16-18 marzo 2012.Vedi sul punto anche RIVELLO P., Il processo e la scienza, in Riv. it. dir. proc. pen.,
2010, 4, p. 1715: «La scienza procede necessariamente per tentativi ed eliminazione dell’errore ed i risultati in tal modo
raggiunti conservano sempre un carattere di precarietà».
14
Popper è noto per il suo “pensiero falsificazionista”, riconosciuto come uno dei cardini della moderna epistemologia. Egli ha
abbandonato il vecchio metodo dell’induzione “per enumerazione” che fino a quel momento aveva costituito il più importante
criterio di costruzione delle leggi scientifiche e che consisteva nell’analisi di un numero finito di casi particolari identici, dalla
cui generalizzazione sarebbe nata una teoria scientifica. Infatti egli riteneva che non era logico credere di trarre una regola
generale da casi particolari: bisognava tener conto dell’errore. Diceva Popper: «Per quanto numerosi siano i casi di cigni
bianchi che possiamo avere osservato, ciò non giustifica l’asserzione che tutti i cigni siano bianchi». In POPPER K. R., La
logica della scoperta scientifica, 1970, p. 5 ss. Dunque ad avviso dello studioso, nessuno potrebbe veramente escludere che un
giorno si avvisti un cigno nero e pertanto una teoria non può mai essere verificata, ma soltanto falsificata; BLAIOTTA R., Il
realismo critico di K. Popper: ideale di conoscenza oggettiva per il giudizio penale, in Cass. Pen., 1997, p. 3690.
15
GAITO, La Prova Penale, cit., p. 303; FOCARDI, La consulenza tecnica extraperitale delle parti private, 2003, p. 28;
MITTONE, Libero convincimento e sapere scientifico, in Quest. giust., 1983, p. 564, “diritto alla prova significa anche, per le
parti, vedere risolta una questione tecnica attraverso un procedimento che tuteli il contraddittorio scientifico”.
16
CANZIO, Prova scientifica, ragionamento probatorio e libero convincimento del giudice nel processo penale, in Dir. pen. e
proc., 10, 2003, p. 1200.
13
2- Gli ostacoli alla piena realizzazione del contraddittorio nella formazione della prova
scientifica. Sul piano più squisitamente pratico, occorre rilevare come la vera partita
sull’accertamento della responsabilità dell’imputato si gioca sempre più spesso su un terreno extra processuale, nel senso che la sede di cristallizzazione, sovente irreversibile, della prova scientifica è
costituita dal sopralluogo e dalla relativa attività di refertazione degli elementi di prova. Su tale
aspetto deve osservarsi che il codice continua a riconoscere ampia libertà operativa alla polizia
giudiziaria, senza tracciare il preciso confine oltre il quale l’attività investigativa non può spingersi,
se non penalizzando le esigenze difensive.17 A ciò fa da contraltare la tendenza della giurisprudenza
a ridurre sempre più il novero degli accertamenti tecnici irripetibili18 in favore dell’attività svolta dagli inquirenti in sede di sopralluogo.
In relazione a tale scenario, non risulta peregrino chiedersi quale possa essere il ruolo svolto
dall’investigazione della difesa nella fase delle indagini preliminari. La risposta non può che essere insoddisfacente tenuto conto dell’inferiorità dei mezzi di cui dispongono i privati rispetto alla parte
pubblica, nonché del verificarsi di ipotesi nelle quali il difensore viene a conoscenza dell’esistenza del procedimento quando l’indagine pubblica ha già raccolto gli elementi chiave dell’accertamento.
Per quanti sforzi ricostruttivi si cerchi di fare, la questione non appare di facile risoluzione, come
testimoniano anche recenti casi di cronaca giudiziaria nell’ambito dei quali si è palesata una certa approssimazione nell’attività di refertazione, con irreparabili conseguenze per l’accertamento dei fatti. La sostanziale assenza di una figura di garanzia in grado di tutelare il futuro indagato e
l’elevato tecnicismo dell’attività di raccolta degli elementi probatori di natura scientifica pongono una enorme ipoteca sull’effettività dell’applicazione in giudizio del contraddittorio come metodo di accertamento della verità.
Altro aspetto da analizzare in relazione alla piena tutela del contraddittorio è poi costituito dalla
attribuzione o meno all’esperto della facoltà di assistere al giudizio; facoltà che, secondo taluni si
scontrerebbe con quanto previsto nell’art. 149 disp.att.c.p.p. nella parte in cui precisa che i testimoni non possono assistere al dibattimento. La disposizione citata, che trova la sua ratio nella tutela della
genuinità dell’assunzione della testimonianza, deve al contrario essere riletta alla luce della peculiarità della prova scientifica che richiede la presenza dei periti e dei consulenti durante
17
BONZANO C., Prova scientifica: le garanzie difensive tra progresso tecnologico e stasi del sistema in Scienza e processo
penale, cit., p. 109.
18
Sulla nozione di irripetibilità dell’accertamento ex artt. 360 c.p.p. e 117 disp.att.c.p.p., si veda CESARI C., L’irripetibilità
sopravvenuta degli atti di indagine, 1999, p. 8; ICHINO G., Gli atti irripetibili e la loro utilizzazione dibattimentale, in AA.
VV., La conoscenza del fatto nel processo penale, a cura di G. Ubertis, 1992, p. 45.
14
l’istruzione dibattimentale e nel corso dell’incidente probatorio19. Ciò di cui si discute, in sostanza,
è in merito all’opportunità che il consulente partecipi o meno a tutta l’attività dibattimentale, assistendo all’espletamento di tutti gli esami testimoniali.
In passato parte della giurisprudenza sembrava quasi granitica nel ritenere come non sussistente
tale facoltà,20 assumendo che la natura processuale del consulente doveva considerarsi assimilabile
in tutto a quella del testimone rendendo così applicabile la stessa ratio prevista per il testimone ai
sensi dell’art.149 disp. att. c.p.p.. A lungo è rimasta invero isolato l’orientamento minoritario21 che
invece riteneva che il consulente di parte fosse pienamente legittimato a partecipare all’intero iter
processuale anche prima del suo esame in considerazione della sua funzione di assistente esperto
della parte anche in ambiti diversi da quelli legati strettamente alla deposizione.22
Ebbene non può non rilevarsi come riconoscere la possibilità al consulente di parte di assistere
alla deposizione dell’esperto di parte avversa potrebbe davvero favorire il contraddittorio, giacché il consulente avrebbe l’opportunità di controbattere in maniera mirata rispetto alle argomentazioni altrui23 A tal proposito autorevole dottrina ha fatto notare che la prova scientifica è in grado di
sferrare un duro colpo al principio di oralità nel processo penale, questo alla luce dell’obiettiva impossibilità che in dibattimento si sviluppi tutto il discorso tecnico sulla prova scientifica,
realizzandosi spesso in dibattimento una sorta di interlocuzione per relationem alla consulenza
scritta.24
Si è altresì sostenuto che, se il contraddittorio tecnico è la via eletta per l’introduzione del sapere tecnico-scientifico al processo, i supporti documentali consultati e acquisiti nel corso dell’esame e riversati nel procedimento a titolo di memorie ex artt. 233 e 121 c.p.p. non possano né essere
acquisiti a titolo di prova documentale, trattandosi di un mezzo di prova tipico ed ultroneo, né
19
«In tal caso è stato ritenuto che la soluzione preferibile è senza dubbio quella di procedere all’apertura dell’istruttoria con
l’esame dell’esperto, di modo che egli, una volta deposto, possa rimanere a fianco della parte durante l’intero dibattimento».:
in BRESCIA G., Il manuale del perito e del consulente tecnico, 2010, p. 406 ss.
20
Corte d’Assise di Rovigo, 28.12.1992, in Giust. Pen., 1993, III, p. 291; Trib. Torino, 8.6.1990, in Giur. It., 1994, II, p. 78.
21
Pret. di Saronno, 13.11.1997, in Foro Ambrosiano, 1999 p. 322. Contra, Trib. di Milano, 18.05.1999, in Foro Ambrosiano,
1999, p. 323.
22
BRESCIA G., Il manuale del perito e del consulente tecnico, cit., p. 407 ss.
23
NOFRI M.., Obbligatorio l’esame dibattimentale del perito già escusso in sede di incidente probatorio ex art. 392 comma 2
c.p.p., in Giur. it., 1999, p. 383.; MACCHIA A.., Commento agli artt. 501, 502, 508 c.p.p., in AA.VV., Commento al nuovo
codice di procedura penale, a cura di M. Chiavario, vol. V, 1991, p. 297; AMODIO E., Perizia e consulenza tecnica nel quadro probatorio del
nuovo processo penale, in Cass. Pen. 1989, p. 171, ribadisce la centralità del contradditorio scientifico nell’assunzione della prova,
auspicandone uno sviluppo in progress; la proposta di inserire il contraddittorio tecnico all’interno della cornice del mezzo di
prova critico del confronto proviene da CORBETTA S., Commento all’art. 508 c.p.p., in A. GIARDA A., SPANGHER G.,
Codice di procedura penale commentato, 2007, p. 4478; criticamente FOCARDI F., La consulenza tecnica extraperitale delle
parti private, cit., p. 186; KOSTORIS R. E., I consulenti tecnici nel processo penale, cit., p. 337. La testimonianza dell’esperto
segue una struttura sillogistica che, a partire dalla legge scientifica (premessa maggiore) e dalla specificità del caso concreto
(premessa minore) giunge alla conclusione che coincide con il risultato probatorio.
24
IACOVIELLO F. M., Le nuove prove scientifiche: l’impatto sul diritto e sul processo penale. Relazione presentata al
Convegno di Studi sul tema “La prova scientifica. La rivoluzione silenziosa del processo penale”, Salerno, 16-18 marzo 2012.
15