Macchia Bianca 2012

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Macchia Bianca 2012
Macchia Bianca
Testo di Mariacristina Filippin
(liberamente tratto dal racconto “Salviamo Macchia Bianca” -in Storie del mare- di
Folco Quilici)
Teatro nero di Barbara Forneron
Regia di Mariacristina Filippin
Introduzione dell’autore
Con questa messa in scena abbiamo partecipato, con una classe della scuola media,
al concorso nazionale “Marinando”. La classe ha vinto una settimana di vacanza
studio in Puglia. La recita prevedeva solo due voci narranti: quella dello scrittore e
quella del ragazzino che lo aveva aiutato a salvare il capodoglio. La stesura attuale è
quella finale, che è stata ridimensionata per restare nei tempi di realizzazione dati
dal concorso stesso, che voleva che il tutto non durasse oltre i 30 minuti.
Personaggi:
SCRITTORE-BIOLOGO NATALE
TORE
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SCRITTORE-BIOLOGO: C’è un punto, quasi una linea sott’acqua, oltre il quale il mare
diventa un pozzo blu, che sembra volerti attirare a sé, giù giù, fin dove non arriva più
la luce, fin nel punto dove tutti i misteri se ne stanno nascosti, fin dove tutto si
trasforma e il buio diventa un altro mondo… oltre quella linea c’è il blu profondo.
Nuotavo su quella linea, la prima volta che il sovrano di tutti i mari si è mostrato a
me.
Stavo cercando di fotografare un gruppo di pesci, quando ad un tratto questi si
allontanarono e sulla scena di quel tratto di mare apparve un’ombra enorme.
Rimasi immobile a guardare: non potevo credere ai miei occhi.
Davanti a me c’era un capodoglio e se non fosse stato per il lento oscillare della sua
enorme coda, avrei potuto scambiare quella forma oblunga e gigantesca per un
sommergibile.
Mi chiamo Natale e sono un biologo marino: studio la vita nei mari.
La seconda volta che incontrai dei capodogli fu nell’Oceano indiano.
Ero a bordo di un traghetto in navigazione nell’arcipelago indonesiano.
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Ad un tratto, nella luce piena del giorno, vidi affiorare accanto allo scafo un corpo
lungo quasi quanto il traghetto. Vi fu un altissimo soffio di acqua e in mezzo ad un
ribollire di spume, altri ne emersero, soffiarono, scomparvero e riapparvero.
I giganti restarono a fianco della nostra imbarcazione per quasi due ore, lasciandosi
osservare ed ammirare a lungo.
Teatro nero:
pesci, capodoglio, mare, mani bianche
SCRITTORE-BIOLOGO: Questa che vi voglio raccontare, amici miei, è la storia di un
capodoglio molto particolare e del ragazzo che mi aiutò a salvargli la vita.
Quel capodoglio, nato con una macchia bianca e oblunga sulla schiena, non
avremmo potuto chiamarlo che Macchia Bianca.
Il ragazzo è Salvatore, un pescatore giovane e molto abile. In realtà lui per tutti è
Tore, figlio di Tore, nipote di Tore, bisnipote di Tore, nativo di Stromboli, l’isola del
vulcano. Una delle Eolie, che si trova nel mare di Sicilia.
TORE: Incontrare Macchia Bianca è stato come vivere dentro ad un sogno.
È come se avessi incontrato un re, sospeso appena sopra il blu profondo del mare e
mi sono sempre chiesto da dove mai venisse, che strada avesse fatto per arrivare
vicino alla mia isola, dove fosse nato…
Provate ad immaginare… in un Oceano molto, molto lontano un piccolo capodoglio
viene alla luce, dopo essere stato sedici mesi nella pancia della madre. Ha un segno
molto particolare, unico, una macchia bianca sul dorso.
Sì, è proprio lui: Macchia Bianca.
Mamma capodoglio lo porta in superficie, guidandolo con leggeri colpi del muso,
così da farlo respirare.
Teatro nero:
stelle marine, anemone, pesce pagliaccio. Nasce il piccolo macchia bianca, la
mamma lo guida alla superficie - mare
SCRITTORE-BIOLOGO: Il gruppo di cui facevano parte Macchia Bianca e la sua
mamma non si fermava mai. I capodogli ed i loro piccoli, infatti, non hanno tane
dove fermarsi. Durante tutta la loro vita, dormono (se dormono) in mare aperto, fra
correnti e temperature diverse.
A quel tempo Macchia Bianca non poteva ancora sapere che ogni essere vivente,
soprattutto se giovane, può diventare il pasto dei predatori del mare: orche e squali.
Il cucciolo di capodoglio non sapeva che il nemico più temibile, però, non era l’orca,
ma un essere piccolo, molto più piccolo di lui e apparentemente debole, che solcava
i mari con navi grandi e veloci, cacciatrici, attrezzate con armi micidiali, che
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sparavano arpioni dalle punte mortali. L’uomo, che a bordo delle baleniere uccide
stupidamente e senza alcuna utilità i pacifici giganti del mare.
Teatro nero:
gli animali marini con maschere+punte+sangue
SCRITTORE-BIOLOGO: Giunto all’età di tre anni, Macchia Bianca cominciò ad
esplorare ed a cacciare, seguendo l’esempio di un maschio adulto.
Aveva imparato ad interpretare e a modulare i suoni e le vibrazioni sonore, acute o
profonde, con cui i capodogli rimangono in contatto tra loro nonostante l’oscurità
del blu profondo…
TORE: Passando di oceano in oceano, di mare in mare, Macchia Bianca percorse
migliaia di miglia… sfiorò i margini delle acque glaciali per poi tornare a quelle
equatoriali e poi un giorno, invogliato da una tiepida corrente marina, si separò dal
suo branco ed entrò nel mar Mediterraneo.
Teatro nero:
tartarughe, alghe, pesci, granchi, animali marini
SCRITTORE-BIOLOGO: Nel Mediterraneo non ci sono baleniere e nessuno cerca di
catturare i re dei mari, ma alcune barche da pesca, disoneste, usano delle reti che si
chiamano “spadare”. Le spadare sono trappole di cavi e reti, intrecciati con ami e fili
resistentissimi. Se una balena finisce per sbaglio in una spadara è inesorabilmente
condannata a morire!
TORE: E fu così che lo incontrai. Avevo solo quindici anni. Una mattina, di buon’ora,
avevo messo in mare la più piccola barca da pesca tra quelle che abbiamo nella
nostra famiglia.
Volevo gettare in acqua qualche lenza in una zona dove, di solito, i pesci abbondano.
Mentre mi stavo allontanando dall’isola, vidi un elicottero in volo. Mi chiesi che cosa
stesse cercando.
Quando tornai ad inseguire i riflessi di luce e colore per decidere dove calare le
lenze, vidi, nell’azzurro delle acque, una grande ombra.
Calai la vela e mi avvicinai lentamente…
Era un corpo stretto da una rete, di cui affioravano brandelli e galleggianti.
Imprigionato.
Forse era ancora vivo…
Sembrava una balena.
Avevo capito esattamente come stavano le cose: il gigante era prigioniero di una
spadara e, forse, stava morendo!
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Vidi una strana macchia sulla sua pelle, poi si udì una specie di “click”, seguito da un
soffio d’aria e da una nube di goccioline… quel povero cetaceo stava ancora
respirando!
Teatro nero:
rete e capodoglio, elastico e gabbiani
TORE: Non ebbi nemmeno il tempo di pensare a cosa fare, che una motovedetta
della guardia costiera si avvicinò velocemente. L’elicottero che avevo visto passare
poco prima aveva finalmente individuato l’animale che stavano cercando ormai da
giorni.
SCRITTORE-BIOLOGO: Ero lì. Mi calai in acqua senza perdere altro tempo prezioso.
Era un capodoglio adulto, ridotto ormai molto male.
TORE: Avevo deciso di aiutare anche io quel povero animale. Senza essere visto dagli
altri soccorritori, continuavo a scendere in acqua per tagliare con il mio coltello
affilatissimo i cavi intrecciati.
SCRITTORE-BIOLOGO: Quel ragazzo era davvero determinato, abile, forte e lo lasciai
nuotare accanto alla barca, ma cercai di non farlo avvicinare all’animale: avrebbe
potuto essere molto pericoloso. La rete era tutta attorno alla testa del capodoglio,
stretta da un cavo che, passando dall’enorme bocca, attraversava da una parte
all’altra il muso.
TORE: Continuavo a nuotare attorno a lui, risalendo a prendere aria per poi
ridiscendere rapidamente… Ancora una volta vidi la zona chiara sul suo dorso e
pensai: “Ti chiamerò Macchia Bianca… io sono Tore.” Allungai le mani, ne appoggiai
una molto delicatamente sulla pelle screpolata e sentii un tremore. L’occhio del
capodoglio mi fissava. Forse i nostri sguardi si parlarono. Magari si trasmise un
segnale: lentamente la testa smisurata si mosse e, nel groviglio di cime e cavi, la
mascella inferiore si abbassò e la bocca si aprì.
Cominciai ad aprire e chiudere lentamente le braccia. Tornarono a farsi sentire i
“click” deboli, ma insistenti. Allora ripresi a spalancare e a chiudere le braccia.
Come se avesse compreso il mio messaggio, Macchia Bianca aprì la bocca.
“Ti stiamo liberando, Macchia Bianca… ti stiamo liberando… resisti…”
Teatro nero:
scena breve
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SCRITTORE-BIOLOGO: Mi infilai nella bocca aperta e diedi un colpo netto! I miei
compagni mi tirarono subito fuori da quella bocca micidiale che, nonostante il
dolore, non si richiuse…
TORE: Ripresi fiato una volta ancora. Poi tornai di fianco al muso di Macchia Bianca,
afferrai un cavo della cima tagliata e lo sfilai dai denti.
L’intero groviglio della rete si staccò. Tutto quel che ne restava sparì nel blu della
profondità.
Libero! Era libero!
Finalmente libero!
Tornai il più rapidamente possibile a bordo della motovedetta, per non perdermi i
movimenti del capodoglio. Era di nuovo vivo. Nuotava e quando la sua schiena
affiorava, lasciava intravedere la lunga macchia bianca sul dorso.
Nelle acque appena increspate dal respiro della sera si stava lentamente
allontanando.
Restammo lì, incantati, a guardarlo, mentre spariva lontano nel riverbero del sole.
Lontanissima una coda sollevata sulle onde ci salutò: Macchia Bianca si immergeva
nel blu profondo, pronto a riprendere la caccia.
Era ancora libero, libero nei mari del mondo.
Teatro nero:
scena finale - Il capodoglio se ne va sereno e i suoi amici lo accompagnano
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