….e il mare ti regalerà nuove speranze, come il sonno porta i sogni

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….e il mare ti regalerà nuove speranze, come il sonno porta i sogni
….e il mare ti regalerà nuove speranze,
come il sonno porta i sogni…
(Cristoforo Colombo)
INSIEME PER L’UNIMOL DEL FUTURO
Un progetto comune, pubblico, aperto, partecipato
Programma alla base della candidatura a Rettore dell’Università degli Studi del Molise di
Gianmaria Palmieri
1
INDICE
A) LE BASI ....................................................................................................................................................... 4
I motivi di una candidatura ................................................................................................................................ 4
I Principi ............................................................................................................................................................ 6
B) LE SFIDE PRINCIPALI ............................................................................................................................ 10
L’Università del Molise come Università per il Molise….e molto più. .......................................................... 10
Il Consolidamento ........................................................................................................................................... 11
Mobilità e reclutamento di nuove risorse ........................................................................................................ 12
C) L’IDENTITÀ DELL’UNIVERSITÀ DEL MOLISE ................................................................................. 13
Qualità della ricerca......................................................................................................................................... 13
Qualità della didattica e della formazione ....................................................................................................... 17
Qualità della relazione studenti - docenti ........................................................................................................ 19
Cultura e territorio. L’articolazione territoriale dell’Ateneo ........................................................................... 19
Attività fisica. Socialità. Benessere ................................................................................................................. 21
La proiezione sociale ....................................................................................................................................... 22
D) LE PERSONE ............................................................................................................................................ 23
Personale docente ............................................................................................................................................ 23
Personale tecnico-amministrativo.................................................................................................................... 26
Studenti ............................................................................................................................................................ 26
E) LE POLITICHE E LA GOVERNANCE.................................................................................................... 27
Partecipazione, collegialità, trasparenza.......................................................................................................... 27
Autovalutazione, valutazione e accreditamento .............................................................................................. 29
Il diritto allo studio .......................................................................................................................................... 30
L’interazione con il mondo delle imprese ed il lavoro .................................................................................... 31
Spin off ............................................................................................................................................................. 34
Università e pubblica amministrazione ........................................................................................................... 34
Internazionalizzazione ..................................................................................................................................... 35
La formazione linguistica ................................................................................................................................ 41
Horizon 2020 ................................................................................................................................................... 43
Competitività ................................................................................................................................................... 44
Le pari opportunità .......................................................................................................................................... 45
Università solidale. .......................................................................................................................................... 46
Eco-Campus .................................................................................................................................................... 47
F) MEZZI E FONDI DI FINANZIAMENTO ................................................................................................ 49
Il finanziamento universitario.......................................................................................................................... 49
Quadro di sintesi per Unimol........................................................................................................................... 52
CONCLUSIONE ............................................................................................................................................. 54
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Il documento si articola in sei parti (Le Basi, Le Sfide Principali, L’Identità dell’Università del Molise,
Le Persone, Le Politiche e la Governance, Mezzi e Fondi di Finanziamento).
Le prime quattro (Le Basi, Le Sfide Principali, L’Identità dell’Università del Molise, Le Persone)
attengono a profili di gestione strategica, di impostazione e di metodo.
Le altre due (Le Politiche e la Governance, Mezzi e Fondi di Finanziamento) riguardano anche aspetti
di gestione operativa.
Ho tenuto conto di diversi contributi fornitimi da alcuni di Voi, che ringrazio di cuore, contenenti
proposte che ho fatto ben volentieri mie, condividendole nel merito, anche se questo può rendere in
qualche passaggio più ostica la lettura.
La struttura e l’impostazione del documento consentono una lettura unitaria del testo, così come una
lettura per temi, alcuni dei quali, per l’importanza che rivestono, ho preferito Vi fossero presentati con
particolare grado di analiticità.
Con riguardo ad alcuni aspetti ho ritenuto di soffermarmi più a lungo sul quadro delle problematicità,
alle quali ho fatto seguire approfondimenti più puntuali.
Ovviamente, mi sono astenuto dall’entrare in questioni specifiche attinenti ai singoli Dipartimenti, per
il doveroso rispetto dell’autonomia progettuale degli stessi. Analogamente, non ho ritenuto di entrare
nel dettaglio in relazione al tema del mantenimento dei corsi di studio di più recente istituzione,
rispetto ai quali le procedure di autovalutazione indicheranno la strada maestra da seguire, non
cedendo all’idea di abbandonare esperienze innovative e che hanno arricchito il patrimonio formativo
dell’Ateneo.
Un’ultima importante avvertenza: nell’accingermi a licenziare questo documento di candidatura,
sento di dover precisare che lo stesso non può esaurire tutto il potenziale di dialogo sui temi che
contano per il nostro Ateneo. Il tempo che ci separa dalla scadenza elettorale, ci consentirà tuttavia di
sviluppare ulteriormente il nostro confronto e darà a me l’opportunità di esprimerVi mie riflessioni su
argomenti che, pur nella complessità di questo documento, non ho potuto affrontare.
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A) LE BASI
I motivi di una candidatura
Carissimi
Colleghi,
Componenti il Personale Tecnico Amministrativo,
Rappresentanti degli Studenti,
Vi scrivo, innanzitutto, per comunicarVi la mia candidatura ufficiale alle prossime elezioni per la
designazione del nuovo Rettore della nostra Università, che ho presentato ai competenti uffici nella
giornata di oggi.
Ho riflettuto molto nei mesi scorsi se compiere o meno questo passo, consapevole delle
implicazioni sul piano personale che una scelta del genere inevitabilmente comporta, dei riflessi che
gioco forza si determinerebbero sulla mia attività di ricerca, a cui dovrei sottrarre parte significativa
del tempo e delle energie.
Sento, soprattutto, la responsabilità morale della mia scelta nei confronti di ciascuno di Voi, dei
nostri studenti attuali e futuri e delle loro famiglie, dei giovani che si avviano alla ricerca e, più in
generale, della comunità dei cittadini molisani, a cui dopo quindici anni di servizio in Unimol mi
sento indissolubilmente legato.
Ho valutato attentamente anche il contesto ed il momento in cui viene a calarsi la mia candidatura.
Il nuovo Rettore si insedierà in uno dei periodi più difficili del nostro Paese dal dopoguerra ad oggi,
potendo fare sicuro affidamento esclusivamente sulle capacità e la forza dell’Ateneo, in tutte le sue
componenti.
Soprattutto, si insedierà a conclusione del lungo mandato svolto dall’attuale Rettore Prof. Giovanni
Cannata, al quale ritengo doveroso tributare un sincero ringraziamento per la competenza, la
passione, l’energia con cui ci ha guidato, conseguendo risultati di altissimo ed indubitabile rilievo,
in termini di crescita, sviluppo e consolidamento della nostra non facile realtà universitaria.
Ringraziamento cui deve aggiungersi quello al gruppo dei tanti “pionieri” di Unimol, molti dei quali
tuttora in servizio tra il personale docente e tecnico-amministrativo.
Pertanto, non sono approdato a cuor leggero alla scelta che oggi Vi comunico, ma spinto da una
serie di considerazioni per me decisive.
Nei mesi che hanno preceduto la mia candidatura, ho avvertito un clima di fiducia e stima nei miei
confronti, testimoniato da inaspettate parole di incoraggiamento, piccoli gesti gratuiti di cortesia e
di attenzione, ricevuti non solo da amici e colleghi con cui in questi anni ho condiviso esperienze di
vita universitaria, ma anche da parte di colleghi o membri del personale tecnico amministrativo che
non mi conoscono personalmente, operando in contesti diversi da quello da cui provengo o con cui
sono più in contatto.
Percepire, in un momento così difficile per l’Università italiana e per il Molise, fiducia e stima ha
costituito per me uno stimolo importante che mi ha motivato a propormi per una funzione così
delicata.
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Ho ritenuto, quindi, di affrontare una sfida coerente con il mio percorso professionale,
completamente dedito all’università e alla ricerca. Rinunciare a porre a disposizione di tutti il
bagaglio di competenze e di esperienze che ho acquisito in venticinque anni di vita accademica, mi
apparirebbe, in altre parole, scelta quasi opportunistica se non di comodo.
Tuttavia, la decisione di candidarmi è definitivamente maturata attraverso il confronto preliminare e
sereno, svolto con particolare intensità nelle ultime settimane, con tantissimi colleghi, componenti il
personale tecnico amministrativo e studenti che hanno rafforzato in me la consapevolezza che, al di
là di talune, inevitabili, differenze di opinione, esiste nell’Ateneo la prospettiva di una larga
condivisione degli obiettivi e delle modalità con cui perseguirli. Obiettivi e modalità che
costituiscono l’ossatura del programma di mandato, che qui di seguito Vi sottopongo.
Esso, mi preme dirlo, è il risultato di settimane di intensa riflessione e di un lavoro che ha coinvolto
moltissimi tra Voi.
Dunque, un sincero ringraziamento va da parte mia a tutti coloro che hanno attivamente partecipato
alla stesura di questo programma e ad ogni persona che, anche solo con semplici consigli, è riuscita
a trasmettermi entusiasmo, volontà, fiducia. La passione che ho riscontrato in queste settimane ha
rinsaldato in me la convinzione di poter vivere insieme a Voi nei prossimi sei anni un’esperienza
straordinaria e irripetibile, e di poter conseguire, tutti insieme, risultati che oggi ci sembrano lontani
e irrealizzabili, grazie ad una freschezza di spirito e di iniziativa che solo un Ateneo giovane, come
il nostro, può possedere e che in queste settimane ho potuto personalmente constatare essere ancora
tra noi vivissime.
Vi rinnovo l’invito a valutare, con la massima attenzione, il mio programma di mandato decidendo
di sostenermi se i punti che lo compongono vi appaiano, nel merito, oltre che nel metodo,
convincenti e se riterrete che meriti la Vostra fiducia, sul piano delle capacità, dell’onestà, della
determinazione, nonché della idoneità a rappresentarVi degnamente nei contesti istituzionali e
accademici in cui un Rettore è elettivamente chiamato ad operare. Come i tantissimi di Voi che mi
hanno incontrato in questo primo scorcio di “pre-campagna” elettorale hanno potuto constatare,
rifuggo dalla ricerca di facili consensi sulla base di accordi con singoli su interessi specifici.
Nulla ho infatti da garantire individualmente ad alcuno di Voi nel caso in cui fossi eletto.
Garantisco a tutti un impegno ed una dedizione totali, affinché possiamo conseguire insieme il
massimo del possibile.
Così come è a me estranea la ricerca di un consenso per “via politica”.
Sono fermamente convinto che per l’Università sia fondamentale il dialogo con le istituzioni, ma,
sia detto con chiarezza, sono altresì convinto della necessità di preservare le nostre aule e le nostre
dinamiche interne da indebite ingerenze della politica. Soltanto se saremo capaci di difendere la
nostra autonomia e indipendenza, non permettendo a nessuno di condizionare le nostre scelte,
potremo proficuamente interloquire, come è indispensabile e doveroso fare, sui tavoli locali,
nazionali ed europei, mettendo a frutto l’imponente rete di relazioni istituzionali, anche di altissimo
livello, che tanti di noi, me compreso, sono in grado di mettere al servizio dell’interesse comune, in
virtù delle esperienze maturate, dei contesti in cui hanno operato, della reputazione che hanno
acquisto in base al proprio lavoro.
Solo un Ateneo forte, compatto, rispettato e percepito come risorsa di tutti e non di una parte ha
chances di consolidarsi e di crescere.
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Il progetto per cui voglio impegnarmi è quello di un Ateneo moderno, consapevole della propria
dimensione, capace di fare scelte difficili in un momento così delicato, ma anche certo della propria
forza e sicuro delle sue potenzialità.
Mai subalterno.
Con lo sguardo rivolto verso il futuro.
Capace di continuare a porre al servizio della collettività l’enorme patrimonio di competenze,
professionalità, passione, relazioni, costruito in questi anni, sia a livello di personale docente, che di
personale tecnico amministrativo. Patrimonio che una transizione inutilmente conflittuale
rischierebbe invece di disperdere, mettendo a repentaglio, in una congiuntura così difficile, il futuro
della nostra Istituzione, con gravi ripercussioni per tutti, a cominciare dagli studenti, vera e propria
risorsa del nostro Ateneo e meritevoli, proprio in questa delicatissima fase, dell’attenzione di tutti.
E’ un progetto che, con la collaborazione di tutti Voi, sono certo potrà diventare realtà.
I Principi
Per formazione, e profonda convinzione, ritengo indispensabile far precedere l’esposizione delle
linee strategiche e operative del mio programma dall’indicazione di alcuni principi fondamentali a
cui intendo ispirare la mia azione nel caso in cui deciderete di eleggermi. Non si tratta di vuota e
sterile retorica, ma di irrinunciabili criteri guida a cui intendo pubblicamente vincolarmi, in primis
nei Vostri confronti, consapevole che nella realtà odierna non è scontato che gli stessi costituiscano
punti fermi, pacificamente condivisi e praticati.
Rispetto della persona umana: la mia è un’idea forse antica e nobile dell’Università, ma non per
questo superata; una concezione in cui il sapere non sia ridotto a mera tecnica, in cui, come stabilito
dall’art. 2 della nostra Costituzione, sia centrale il valore della persona umana, in cui sia possibile
valorizzare il merito ed il talento, nel rispetto dell’eguaglianza e delle capacità di ciascuno.
La solidarietà, valore fondante a base della convivenza sociale è da intendersi come garanzia e
valorizzazione delle differenze nel rispetto della libertà di tutti. La centralità delle persone, di ogni
appartenente alla nostra Comunità è condizione indispensabile per il consolidamento ed il futuro
della nostra realtà universitaria.
Mio compito sarà dunque quello di rendere effettivo questo valore, di calarlo nel contesto, di
improntare le dinamiche alle complessive necessità del singolo, colto nella propria irripetibile
concretezza e unicità.
Libertà: La Costituzione contempla il sapere come presupposto indispensabile per l’evoluzione
della coscienza democratica. La nostra Università deve promuovere tutte le forze di conoscenza,
senza funzionalizzare la ricerca scientifica per ragioni legate al mero profitto.
Non è superfluo ricordare che l’articolo 9 della nostra Carta stabilisce che la Repubblica ha il
compito di “promuovere lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”. Ciò implica una
valorizzazione del ruolo delle Università, che, in armonia con gli altri organi ed enti che la
Costituzione prevede, ha il dovere di sostenere la cultura nelle sue diverse manifestazioni, e di
garantire il pluralismo della conoscenza.
L’art. 33 impone, a sua volta, di garantire la libertà didattica e di ricerca, dell’arte e della scienza.
La lettura combinata delle menzionate disposizioni esprime il favor costituzionale nei confronti di
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un sistema universitario aperto, plurale, solidale: un sistema in cui tutti possano sentirsi riconosciuti
e liberi di esprimere il proprio talento e le proprie inclinazioni. Ciò non implica che la ricerca non
possa essere guidata e indirizzata al perseguimento di obiettivi comuni e condivisi, nell’ottica
dell’impiego efficiente e proficuo delle risorse umane e strutturali, ma comunque rispettoso di una
regola di solidarietà tra le diverse componenti e aree disciplinari dell’Ateneo.
Uguaglianza: L’articolo 3 della Costituzione afferma la pari dignità sociale di tutti i cittadini e
conferisce alla Repubblica il fondamentale compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale che limitano di fatto l’eguaglianza dei cittadini, impedendo il pieno sviluppo della persona.
Nel garantire anche in questa circostanza la centralità della persona, la disposizione tutela in forma
ampia l’accesso all’Università, nonché, si aggiunga, l’effettiva parità delle condizioni di studio.
A sua volta l’articolo 34 afferma il diritto per i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di
raggiungere i gradi più alti degli studi.
Sarà mio compito agire, di concerto con tutte le forze vitali che animano il nostro Ateneo, in
funzione della garanzia dell’effettività delle disposizioni costituzionali, affinché ad ogni livello sia
salvaguardato il principio del merito e siano, al tempo stesso, garantite le condizioni affinché
ciascuno possa essere posto nelle condizioni adeguate per poterlo esprimere, eliminando sprechi,
evitando favoritismi e contrastando ingiustificati privilegi.
Al riguardo, va data piena attuazione alle disposizioni del Codice di comportamento dei dipendenti
delle pubbliche amministrazioni, e, soprattutto, garantita l’effettività delle disposizioni del Codice
Etico del nostro Ateneo, il cui art. 2 (Divieto di ogni discriminazione) rappresenta un'eccellente
sintesi dei principi che devono guidare l’azione di tutti i componenti della nostra Comunità.
Università pubblica significa innanzitutto Università fiera, orgogliosa di rappresentare un territorio
ed una Comunità, attenta ai bisogni e rispettosa delle disposizioni costituzionali. L’Università del
Molise, conscia del proprio ruolo strategico in ambito regionale, nazionale ed internazionale, dovrà,
nei prossimi anni, rendere compatibile la propria missione col mutato contesto socio-economico. La
crisi in corso, principalmente, ma non solo economica, impone lo sforzo di tutti affinché
l’Università possa adempiere alla propria funzione istituzionale e perseguire i suoi obiettivi.
Se sarò designato nuovo Rettore, proseguirò nell’opera di consolidamento della nostra realtà
universitaria, ricercando soluzioni condivise affinché il nostro Ateneo, come già Vi ho esposto in
precedenza, non disperda il patrimonio umano e scientifico accumulato in questi decenni.
La pubblicità è altresì garanzia di solidarietà.
La convinzione di avviare e continuare nella ricerca di sinergie con esponenti della realtà
imprenditoriale e produttiva di livello regionale, nazionale e internazionale, non può far dimenticare
che alcuni compiti sono propri del sistema universitario statale.
Solo un moderno assetto di Università pubblica, fatta di risorse e non di sprechi o intollerabili
privilegi è in grado di garantire la permanenza di condizioni (si pensi al welfare studentesco)
indispensabili per la coesione della comunità ed il cui soddisfacimento non ci si può attendere dai
privati.
Pubblicità, in altra accezione, significa riconoscimento pieno ed incondizionato del valore della
trasparenza, nella prospettiva della Open University.
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Il libero accesso alla comunicazione ed ai risultati scientifici rappresenta, in quest’ottica, un valore
irrinunciabile, anche ai fini della creazione di nuovi parametri e dell’adesione a modelli standard di
valutazione, specie, ma non solo, qualora la ricerca sia svolta con l’ausilio di fondi pubblici.
Autonomia: L’art. 33 della Costituzione sancisce che Università ed accademie hanno il diritto di
darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
L’autonomia del nostro Ateneo discende direttamente dall’adesione convinta e incondizionata ai
principi costituzionali. L’autonomia, costituzionalmente prevista, è quindi da intendersi quale
garanzia del sapere, scientifico e umanistico, quale condizione funzionale per agire liberamente,
senza condizionamenti economici o, ancora, politici.
L’azione del Rettore, degli Organi, di tutta la comunità dei docenti, degli studenti, del personale
tecnico amministrativo, deve svolgersi nella prospettiva della libertà della scienza e della comunità
scientifica nel suo complesso, al fine di garantire il progresso della ricerca e l’elevamento delle
condizioni culturali di ciascuno.
In questo senso la nozione di autonomia è strettamente correlata a quella di libertà, della quale
costituisce presupposto e completamento.
Autonomia non significa dunque indifferenza rispetto ai valori costituzionali, non significa
isolamento dell’Università, non implica seguire logiche autoreferenziali.
Autonomia vuole dire innanzitutto dignità, libertà, apertura, partecipazione, pluralismo culturale.
Implica equilibrio tra sussidiarietà, decentramento e competenze ministeriali.
Autonomia significa, infine, – è utile ribadirlo – garanzia di libertà accademica.
Partecipazione: La partecipazione esprime il bisogno di tutti di sentirsi parte di un sistema di valori,
l’esigenza di ciascuno di potere vivere una vita attiva, di potersi liberamente esprimere, di
contribuire a migliorare la qualità delle decisioni, di evitare gli inconvenienti del modello
gerarchico.
Essa, tuttavia, non è nozione da opporre alla rappresentanza. Essa ne è parte. Parte indispensabile.
Partecipare non vuol necessariamente significare assunzione diretta, immediata, delle decisioni.
Significa, al contrario, consentire a tutti di sentirsi effettivamente parte della comunità che vivono e
nel cui ambito, con sacrificio ed entusiasmo, operano quotidianamente.
In questo senso, sarà compito del prossimo Rettore di favorire ogni possibile forma di
coinvolgimento delle diverse componenti universitarie nell’elaborazione degli indirizzi strategici
dell’Ateneo, nonché quello di coadiuvare la messa in pratica di percorsi partecipativi specifici
(forum, consulte tematiche ecc.) utili a consentire la libera discussione ed il più ampio confronto
critico: condizione, quest’ultima, indispensabile affinché ciascuno possa, senza alcun
condizionamento, esprimere le proprie legittime convinzioni e, perché no, la propria, stessa, visione
del mondo.
Partecipazione significa, per quanto detto, anche valorizzazione degli strumenti rappresentativi
esistenti.
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La coesione e la comunicazione tra le strutture universitarie, come ripensate e rimodulate a seguito
dell’entrata in vigore della legge n. 240 del 2010 (Consigli di Dipartimento, Consigli di Corso di
studio) e tra le predette strutture e gli organi istituzionali di Ateneo (Senato accademico, Consiglio
di Amministrazione, Rettore) è fattore preordinato alla garanzia dell’effettività dei moduli
partecipativi.
Internazionalizzazione
Il modello verso cui tendere è quello di un’Università aperta: al futuro, alla ricerca, ai giovani, alle
opportunità, alla contaminazione dei saperi, all’Europa.
La dimensione europea è parte della nostra vita, siamo europei e lo saremo sempre più nel prossimo
futuro. Compito precipuo del nuovo Rettore sarà di potenziare in maniera incisiva la relazione tra il
nostro Ateneo e le istituzioni europee.
Oltre ai percorsi già avviati e praticati in questi anni, che hanno prodotto, in più di un’occasione,
risultati di eccezionale rilievo, la mission del futuro prossimo sarà improntata a favorire la
conoscenza delle opportunità che offre il contesto internazionale sul piano della ricerca scientifica,
della didattica e, infine, dello sviluppo economico e sociale.
La mia idea è di un Ateneo rispettoso del passato, conscio del proprio ruolo e della propria
funzione, con lo sguardo rivolto al futuro: che si chiama, innanzitutto, Europa.
E’ per questa ragione che ritengo di elevare l’internazionalizzazione, con tutto ciò che ne consegue,
al rango di principio fondamentale del mio programma, rinviandoVi per una declinazione più
analitica e operativa di questo principio al prosieguo del presente documento ( pp. 34 e ss.).
Università aperta e accessibile:
Semper apertus è il motto di un prestigiosissimo Ateneo europeo, quello di Heidelberg, a cui sono
particolarmente legato.
Se la ricerca, il pensiero, i processi creativi e di apprendimento non conoscono orari di chiusura,
così l’Università, anche la nostra, deve tendere ad essere una “casa” sempre accessibile e
accogliente, come lo sono le più belle e prestigiose realtà universitarie del mondo, soprattutto
situate in centri non metropolitani. Lo sviluppo ulteriore del web di Ateneo e di servizi on-line,
generali e dipartimentali, per me è dunque una vera priorità, al pari dell’adozione di strategie, volte
a facilitare la fruibilità, delle strutture (dipartimenti, biblioteche, alloggi, foresterie), oggi talvolta
compromessa da (purtroppo) inderogabili esigenze di contenimento della spesa e da endemici e
irrisolti problemi di sicurezza, ovvero, come nel caso della sede di Pesche, dalla incapacità (o dalla
mancanza di volontà) delle amministrazioni locali a ovviare, mediante interventi quasi di ordinaria
gestione, a banali problemi di viabilità e trasporto, di cui l’Ateneo non può per legge farsi carico.
Nella prospettiva della “Università aperta e accessibile” si inquadrano anche le proposte che Vi
sottoporrò più avanti, nella sezione denominata Eco Campus (pp. 46 ss.).
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B) LE SFIDE PRINCIPALI
L’Università del Molise come Università per il Molise….e molto più.
La prima sfida che Vi propongo di affrontare insieme potrebbe apparire utopistica, alla luce della
drammatica situazione economica in cui ci troviamo ad operare e di alcune opinabili scelte assunte
a livello ministeriale prevalentemente a danno delle università centro-meridionali; basti pensare, ma
è soltanto uno dei tanti esempi, alle assurde limitazioni all’assunzione in servizio di colleghi idonei
in procedure di valutazione comparativa e alla stabilizzazione dei ricercatori a tempo determinato.
Non per questo rinuncio a prospettarvela, sia perché mi risulta condivisa da tantissimi di Voi, sia
perché sono convinto che una candidatura ad una funzione così importante non possa prescindere
dalla individuazione di una meta ambiziosa, per cui valga la pena impegnarsi insieme.
Vorrei poter contribuire a fare del nostro Ateneo un modello di riferimento, una realtà da cui altri
possano trarre esempio e di cui una regione come il Molise possa essere orgogliosa. Un luogo nel
quale gli studenti possano acquisire, indipendentemente dal proprio censo, una formazione
universitaria e post-universitaria adeguata e fortemente competitiva; gli studiosi possano portare
avanti le proprie ricerche, avvalendosi di strutture idonee e trovando spazi e occasioni scientifiche
di condivisione e divulgazione dei propri risultati; i giovani meritevoli che si avviano alla ricerca,
possano crescere ed affermarsi; i docenti possano esprimere tutto il loro potenziale, sicuri del
sostegno dell’Ateneo alle loro aspirazioni; il personale tecnico amministrativo possa offrire il
proprio fondamentale apporto in un contesto armonioso e gratificante.
Il tutto in una prospettiva, senz’altro attenta alle esigenze del territorio, ma sempre più aperta
all’esterno ed orientata all’internazionalizzazione. Quanto più riusciremo ad estendere i nostri
orizzonti, tanto più riusciremo ad essere un’Università per il Molise.
L’Unimol di oggi, ancor più quella di domani, deve poter accogliere studenti e studiosi dall’estero,
e deve essere in grado di formare le nuove generazioni in modo che possano competere nella realtà
globalizzata. E’ indispensabile potenziare la nostra capacità di attrarre giovani e studiosi da aree
limitrofe o anche lontane, sulla base delle nostre specificità e competenze. L’accentuazione del
profilo identitario dovrà essere la mission del futuro.
A tal fine, occorre rendere l’Ateneo sempre più istituzione di ricerca e di formazione di qualità,
nella quale possano trovare soddisfazione esigenze scientifiche e di formazione ben determinate,
legate sia alle peculiarità del contesto territoriale, sia ai campi di ricerca nei quali i propri docenti
primeggiano.
Abituiamoci a ragionare più per temi, invece che per ambiti disciplinari. Le discipline sono lo
strumento del lavoro scientifico, non il fine.
In altri termini, Unimol deve diventare un obiettivo, una scelta non casuale o imposta dalla carenza
di mezzi per accedere ad altri atenei, bensì di qualità e di prestigio.
Per realizzare questo disegno occorre realizzare una strategia, anche aggressiva, di correzione e
miglioramento degli indicatori, sui cui oggi viene calibrata la distribuzione di risorse tra le
università. Tutte le sfide e politiche che saranno descritte di seguito, a partire da quella identitaria,
sono volte, direttamente o indirettamente a questo obbiettivo primario.
Si tratta di una partita difficile, per affrontare la quale occorrono scelte impegnative e coraggiose.
Ma è una sfida a cui non possiamo sottrarci se vogliamo garantire un futuro alla nostra Università,
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salvaguardando nel contempo il tanto che si è realizzato, partendo dal nulla, in appena tre decenni.
E questo è possibile solo attraverso un rinnovato e fondamentale rapporto di aperta, leale e
trasparente collaborazione con tutte le istituzioni, e soprattutto con la Regione Molise, allo scopo di
fortificare e rilanciare le attività di tutto l’Ateneo, anche con riguardo, in particolare, a Medicina e
Scienze della Salute, Dipartimento che più di ogni altro vede il suo sviluppo strettamente legato alla
Regione, attraverso una partecipazione attiva e responsabile alla riorganizzazione del Sistema
Sanitario Regionale.
Ed in proposito, non posso esimermi dal precisare che sarà mio impegno prioritario, ove fossi eletto,
di perseguire due degli obiettivi di fondo non solo del Dipartimento medico, ma soprattutto degli
studenti che allo stesso afferiscono: l’attivazione delle Scuole di Specializzazione post-laurea ed il
completamento dell’integrazione delle funzioni didattiche con quelle assistenziali, la cui
inscindibilità è stata sancita anche dalla Suprema Corte. Il raggiungimento di questi obiettivi credo
che costituisca un ritorno di autorevolezza e di immagine per l’intero Ateneo e il Rettore che sarà
eletto non ritengo possa sottrarsi al loro perseguimento.
Il Consolidamento
Unimol è molto cresciuta. Basti al riguardo mettere a confronto, in termini di strutture di didattica e
di ricerca, di numero di studenti e docenti, di prodotti scientifici, di servizi, di rilevanza nella
comunità scientifica, di relazioni internazionali, l’Unimol del 1995, una realtà ancora embrionale,
marginale nello stesso contesto regionale, con quella di oggi: istituzione affermata e consolidata nel
territorio, riconosciuta a livello nazionale ed internazionale, con circa diecimila studenti, trecento
docenti, duecentosettanta componenti il personale tecnico amministrativo, trentotto corsi di studio,
centosettanta dottorandi di ricerca, sei dipartimenti, la facoltà medica e tanto altro ancora.
Una realtà che, nel corso degli ultimi quindici anni, è divenuta una delle più significative che
qualificano ed identificano il Molise, costituendone ora una delle principali strutture portanti.
Ma ora siamo ad una svolta che impone di consolidare il tanto che in questi anni, insieme, abbiamo
costruito.
L’obbiettivo del consolidamento di Unimol è perciò prioritario per affrontare il tempo di crisi in cui
ci troviamo, e per prepararsi al meglio alla ripresa economica che le previsioni più attendibili
stimano poter avviarsi nei prossimi cinque anni.
Non v’è dubbio che il processo di crescita del nostro Ateneo non si è potuto sviluppare in un
contesto normativo stabile, indispensabile per programmare e realizzare con gradualità e
ponderazione. Si è dovuto gioco forza navigare a vista in un clima di assoluta incertezza, non solo
circa l’ammontare delle risorse del F.F.O., di anno in anno sempre più assottigliatesi con una
progressione esponenziale, o delle altre messe a disposizione, non senza difficoltà, dagli enti locali,
ma anche circa le regole organizzative cui attenersi nella governance dell’Ateneo, nell’ordinamento
della didattica, nel sostegno alla ricerca.
Nel volgere di dieci anni abbiamo assistito a tre riforme strutturali dell’Università (dalla legge
“Berlinguer” del 2000 alla legge Gelmini del 2010, passando per la riforma Moratti del 2003), che
hanno imposto una spesso disordinata opera di adattamento, contraddistinta da continui ed
esasperanti stop and go che, come il recente decreto AVA testimonia, non sono ancora terminati.
Dunque, alle già consistenti difficoltà legate allo sviluppo di un Ateneo giovane in un territorio
economicamente fragile, si sono aggiunte quelle relative all’implementazione di nuove regole
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imposte dalla riforma strutturale di turno, che hanno imposto continui sforzi di adattamento degli
assetti statutari e organizzativi, in tutti i comparti in cui si articola la nostra struttura universitaria.
Sforzi che grazie al corale impegno di tutte le componenti di Unimol sono stati spesso coronati da
successo in tempi brevissimi, consentendoci di essere uno dei primi atenei d’Italia ad adeguarsi alla
nuove regole.
Tuttavia, altro è adeguare statuti, regolamenti e assetti a nuove regole, altro è garantire alle stesse di
entrare pienamente a regime. Manca, soprattutto, la familiarità con le nuove procedure che ancora
non padroneggiamo pienamente.
Il consolidamento deve pertanto passare innanzitutto per il pieno ed effettivo adattamento ai
processi di riforma, attraverso cui potremo finalmente stabilizzare e “mettere in sicurezza” la nostra
complessiva offerta formativa, e poi pianificare ulteriori linee di rinnovamento della stessa.
In funzione di tale obiettivo è indispensabile incrementare le connessioni con le istituzioni
caratterizzanti il livello centrale di governo del sistema universitario (Ministero, CUN, CRUI,
ANVUR, CNSU).
Solo una guida flessibile e ferma sarà in grado di affrontare i problemi nell’ottica di una strategia di
governance complessivamente rivolta a superare le contingenze e le criticità esistenti.
E se, ad una prima valutazione, la posizione di Unimol alla luce degli indicatori e dei parametri
attualmente utilizzati appare sicuramente penalizzata, essa va comunque considerata con attenzione,
perché può offrire interessanti spunti utili alla riorganizzazione di alcuni settori ed attività, allo
scopo di razionalizzare le risorse ed insieme di correggere verso l’alto gli indicatori. Per questo
motivo, se eletto, proporrò di istituire una commissione tecnica permanente, composta, secondo le
indicazioni che in tal senso proverranno dai Consigli di Dipartimento, da Colleghi esperti in
materia, a cui affidare il compito di monitorare l’evoluzione tecnica e le dinamiche interne degli
indicatori premiali del FFO, affinché il Senato Accademico ed il Consiglio di Amministrazione
possano tempestivamente adottare tutte le misure atte a garantirne, nel medio e lungo periodo, il
continuo miglioramento, qualitativo e quantitativo.
Mobilità e reclutamento di nuove risorse
In questa chiave si pone, peraltro, anche il delicatissimo problema del turn over (in senso atecnico)
dei docenti e, quindi, del reclutamento.
Per quanto proprio questo obiettivo risenta, più di altri, della profonda crisi economica in atto, e sia
detto senza ipocrisia, anche della ricaduta di opzioni strategiche operate a livello centrale a partire
(almeno) dagli ultimi quindici anni, il prossimo Rettore non potrà esimersi dal porre particolare
attenzione al tema della mobilità (in entrata ed in uscita) dei docenti, che è facile prevedere, tornerà
di grande attualità (e v. al riguardo il documento di programmazione triennale approvato dal
Consiglio di Amministrazione di Unimol) e delle collegate strategie di reclutamento, volte a
impedire ricadute negative sui cd. requisiti minimi e, soprattutto, sulla qualità della ricerca e della
didattica.
Se è indubbio che il nobile obiettivo della valorizzazione del principio di dignità dei saperi passa
anche per un riconoscimento delle giuste e ragionevoli aspettative di progressione di carriera di tutti
coloro (dagli associati ai ricercatori a tempo indeterminato e determinato) che, spesso con rinunce e
sacrifici, si sono impegnati nell’Università e per l’Università, è anche vero che il medesimo
obbiettivo impone un’attenzione specifica nei riguardi dei giovani studiosi non strutturati, il cui
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ingresso nei ruoli accademici è certamente da incentivare, nella prospettiva di restituire loro
speranza e di garantire la valorizzazione delle capacità e delle competenze, nel solco dell’effettività
del principio meritocratico.
La sfida che ci attende al riguardo è di garantire sempre equilibrio e razionalità delle scelte,
indispensabili per salvaguardare, ad un tempo, l’interesse dell’istituzione e le legittime aspirazioni
dei meritevoli (ma sul punto si tornerà infra a p. 22 e ss., nella parte dedicata al Personale docente
della sez. D).
C) L’IDENTITÀ DELL’UNIVERSITÀ DEL MOLISE
Come ho osservato in precedenza, rendere Unimol sempre più Università per il Molise, cioè volano
di sviluppo culturale, sociale ed economico della regione, significa estendere i nostri orizzonti ben
oltre gli angusti confini territoriali. Il che impone di accentuare i nostri profili identitari, e quindi il
nostro appeal verso l’esterno, puntando sulla qualità. Identità e qualità è il binomio al quale
andranno agganciate le politiche dell’Ateneo nei prossimi anni relativamente alla ricerca,
all’insegnamento e al rapporto studenti/docenti, alle attività di campus o funzionali al “benessere”
di chi opera per l’Università (docenti, personale tecnico-amministrativo, collaboratori, volontari) o
attinge ai suoi servizi (studenti, dottorandi, specializzandi ecc).
Qualità della ricerca
Partirei dalla ricerca, non perché consideri la didattica secondaria (l’interrelazione inscindibile tra
ricerca e didattica è la ragion d’essere dell’Università come istituzione. Se una delle due
componenti viene meno l’Università si trasforma in altro), quanto piuttosto per la ragione, di cui
sono fermamente convinto, che la migliore didattica, in tutti i campi, è garantita da chi la radica
nella propria esperienza di ricerca e la alimenta continuamente con la ricerca.
L’Università, come noto, svolge un ruolo fondamentale nella formazione e nella alta qualificazione
delle generazioni future. In questo quadro le attività della ricerca dovrebbero essere il centro
nevralgico anche del processo formativo, in quanto produttrici di nuove conoscenze atte a garantire
un processo continuo di innovazione fondamentale nella formazione dei nostri studenti, dottorandi,
specializzandi, dei futuri ricercatori e docenti e, in ultimo, della classe dirigente del nostro Paese.
Tuttavia la ricerca in Italia soffre di atavici difetti logistici, infrastrutturali e culturali, resi ancora
più evidenti dalla recente stagnazione e poi recessione economica, che ha spinto il governo centrale
a ridurre i già insufficienti finanziamenti al settore R&D. In un quadro generale di difficoltà nel
reperire adeguate risorse finanziarie (comunque con forti disomogeneità territoriali), la ricerca nelle
Università in Italia è caratterizzata da una limitata capacità di trasferimento, diffusione e
valorizzazione dei risultati in forme diverse dalla pubblicazione scientifica. Soprattutto in confronto
ad altri paesi europei leader (Germania, Inghilterra, Francia, Svizzera), ove anche la ricerca
accademica ha strettissime connessioni con il settore pubblico e privato che finanzia (e riceve in
cambio know how ad alta tecnologia) attività di R&D nelle Università. Occorre considerare peraltro
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che il settore privato delle PMI in questi paesi è più dinamico, ricettivo verso le innovazioni della
ricerca e indirizzato verso il terziario-tecnologico rispetto alle PMI italiane, caratterizzate da scarsa
tecnologia, altissima qualità artigianale ma in genere poco interessate alla ricerca applicata. Tranne
rare eccezioni comunque nelle Università italiane le competenze della ricerca sono focalizzate “su
abilità e tecniche di ricerca del proprio ambito disciplinare a discapito di attività di management
della ricerca, di ricerca di finanziamenti, di networking, di diffusione e valorizzazione dei risultati”
(http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/ministero/focus190313). Un altro limite è rappresentato
dal fatto che raramente nelle Università sono presenti strutture che, in maniera specialistica, offrono
supporto nelle varie fasi della attività di ricerca: dallo scouting nella organizzazione di network di
ricerca, nel supporto nella contrattazione, nella ricerca di venture capital, al networking, alla fase
pratica e amministrativa (rendicontazione, gestione fondi, gestione contratti, materiali,
biblioteche…), sino alla fase brevettuale, gestione spin off, contrattazione con aziende etc…
In Italia, nel 2010, sono stati depositati 11,7 brevetti per milione di abitanti contro una media OCSE
di 38,7, e soprattutto, contro un valore per la Germania di 69,5 e per il Giappone di 118,2
(http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/ministero/focus190313).
È del tutto evidente come, in un quadro di sofferenza generalizzata, una Università di piccole
dimensioni come la nostra abbia maggiori difficoltà nella competizione nazionale ed internazionale
nel reperimento di fondi per la ricerca. Ma è altrettanto evidente come ricerca, didattica e terza
missione nel nostro caso possano più facilmente essere accorpate in un progetto di crescita unitario,
che a partire dalle strutture già esistenti, sfrutti tutte le potenzialità dei nostri ricercatori. E, come vi
ho accennato in precedenza, si sviluppi, ove ciò è possibile, intorno a temi forti e caratterizzanti,
che delineino il nostro specifico e originale profilo identitario.
Il nostro obbiettivo sarà quello di creare una forte sinergia tra attività di ricerca, attività didattiche
ed assistenziali in un quadro di forte implementazione della terza missione, vista sia come
valorizzazione della ricerca (brevetti, spin off, ricerca conto terzi, infrastrutture territoriali), sia
come impatto sulla società (rapporti scienza società, civic engagement, beni culturali, salute ecc…).
Vanno poi realizzate, ed è un tema strategico, importanti sinergie e collaborazioni con altri atenei e
enti di ricerca, per favorire una feconda e vicendevole circolazione di idee e di risorse.
La proposta che Vi sottopongo si basa su due presupposti:
Integrazione e semplificazione come metodo;
Condivisione come metodo.
INTEGRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE.
Le piccole dimensioni sono un chiaro limite, ma devono diventare una risorsa. La riaffermazione di
un nesso inscindibile didattica/ricerca e di un’intima correlazione tra ricerca e terza missione (anche
tra ricerca e assistenza per Medicina), non esclude l’esigenza di una considerazione della Ricerca
come valore in sé, che ci deve condurre a strutturare la filiera della ricerca in un sistema integrato,
in cui l’Università assuma la responsabilità di produrre nuove conoscenze e che queste siano rese
fruibili dalla società, attraverso tre azioni primarie:
1-MIGLIORARE: implementare le capacità di reperimento fondi, di connessione con le aziende, la
collaborazione con partner privati che partecipino e co-finanzino attività di ricerca, sviluppando
quei filoni della ricerca che abbiano un forte impatto o potenziale di sviluppo sia dal punto di vista
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tecnologico, sia dal punto di vista di relazione con il territorio e con la società, a partire da quelli
che sono gli attuali punti di forza del nostro Ateneo. Semplificare le procedure burocratiche e di
gestione delle attività di ricerca dei Dipartimenti. Implementare il reclutamento dei ricercatori,
puntando sulla qualità, sulla produttività. Si dovrà migliorare anche la percezione che il territorio ha
della nostra Università, delle nostre attività nel campo della ricerca, attraverso un’azione di
informazione dedicata. Ancora, si dovrà supportare la ricerca, compresa quella di base, mediante
reclutamento di personale tecnico a tempo determinato per le attività legate ai laboratori.
2-COORDINARE: le azioni della ricerca siano finalizzabili e coordinabili con parallele attività
didattiche, assistenziali o in comunione con strutture pubbliche/private che siano interessate allo
sviluppo delle suddette attività, per la formazione avanzata dei nostri giovani studenti, dottorandi,
ricercatori.
A tal fine occorrerà in parallelo cercare il confronto con il territorio e con stakeholders locali, per
definire attività progettuali in cui il patrimonio di conoscenze di Unimol possa essere utilizzato per
lo sviluppo locale (vedi “Industrial Leadership” ed anche “Societal Challenges” in Horizon 2020).
I nostri ricercatori e le strutture amministrative dovranno organizzarsi, altresì, per azioni coordinate
anche con altre Università, enti pubblici/privati e PMI nazionali ed europee per accedere a fondi
strutturati o calls dedicate (vedi ad esempio le precedenti calls di smart cities o clusters).
3-ORGANIZZARE: il ricercatore sia sempre meglio accompagnato nell’affrontare tutte le diverse
problematiche dal reperimento fondi in poi, ma venga affiancato da una struttura specializzata di
supporto, che semplifichi e velocizzi tutti gli aspetti delle attività legate alla ricerca.
Cercando di focalizzare le attività incentivando azioni in network occorrerà puntare soprattutto alle
azioni di Horizon 2020 (ma sul punto v. infra, a p. 42 e ss., nell’apposita sezione del programma),
senza escludere la identificazione di meccanismi premiali per le iniziative a livello internazionale..
CONDIVISIONE
Il metodo per raggiungere questi obiettivi sarà quello della condivisione. La condivisione delle
informazioni influenza le decisioni di gruppo, con indubbio vantaggio sulla progressione dei
singoli. La necessità di condividere le informazioni e analizzarle mediante discussioni è un buon
inizio per futuri buoni risultati.
In un articolo del 1975, il professore della Harvard Business School Harold J. Leavitt suggerì tre
motivazioni per cui i gruppi dovrebbero essere più efficaci dei singoli nel prendere le decisioni:
- Il gruppo soddisfa la necessità di un’appartenenza sociale.
- I gruppi sono più creativi dei singoli individui.
- In un gruppo si può mettere assieme le informazioni che possiedono alcuni membri, ma non tutti.
Inoltre, i membri possono correggersi a vicenda.
A tal fine si dovrà al più presto instaurare un “tavolo” in cui ricercatori, tecnici ed amministrativi si
confrontino per fornire idee e proposte progettuali per raggiungere gli obiettivi di cui sopra; per
rimodellare la filiera della ricerca in funzione di una maggiore semplificazione, efficienza e qualità.
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Molte ricerche si sono sviluppate in funzione dello studio delle decisioni di gruppo, mettendo anche
in luce come le preferenze iniziali dei singoli membri dipenda dalla quantità di tempo e dalla
pressione da questo imposta sullo stesso gruppo.
Da questo tavolo e dal confronto continuo dovrà uscire una nuova organizzazione della ricerca
Unimol che, rispettando e mantenendo il principio della totale libertà di ricerca e didattica dei
docenti, porti ad una razionalizzazione dei complessi processi organizzativi della ricerca nei nostri
Dipartimenti, sede naturale di determinazione degli obiettivi della ricerca.
Gli Organi centrali dell’Ateneo dovranno stabilire una serie di indirizzi strategici che creino le
condizioni necessarie per potenziare l’attività dei Dipartimenti.
Una politica efficace di sostegno alla ricerca non può limitarsi a incrementare le risorse finanziarie
investite. Ancor prima, e indipendentemente dalle risorse che saranno disponibili, il sistema della
ricerca deve dotarsi di una linea di indirizzo pluriannuale e condivisa che comprenda:
adozione di un piano triennale sulla ricerca basato sulle risultanze del “tavolo” costituito da tutti
gli attori della ricerca;
sostegno economico per le progettualità ritenute meritevoli di finanziamento e non finanziate
altrimenti;
razionalizzazione dell’acquisizione di risorse;
valorizzazione del personale tecnico che svolge attività di ricerca;
svolgimento nel corso dell’anno di una o due “giornate della ricerca”, nelle quali si possa
tracciare un bilancio annuale o semestrale delle nostre attività dal punto di vista dei risultati
conseguiti;
allestimento e valorizzazione dei canali editoriali di Ateneo e di Dipartimento, anche in modalità
on-line, utili per alcuni settori scientifici.
La ricerca moderna richiede poi interazioni multidisciplinari fra ampie comunità di ricercatori,
nonché l’uso di tecnologie sofisticate, che possono essere mantenute e utilizzate adeguatamente
solo all’interno di grandi strutture dedicate.
L’organizzazione attuale delle strutture di ricerca dell’Ateneo, le loro dimensioni e la loro
distribuzione rendono arduo, ma non impossibile, realizzare queste condizioni.
Per i prossimi anni il nostro Ateneo dovrà impostare e perseguire un progetto di ampio respiro per
favorire l’attuazione di programmi scientifici interdisciplinari sui temi di maggior impatto
economico e sociale. Le professionalità capaci di assolvere in maniera compiuta a tali finalità sono
tutte presenti nei vari Dipartimenti dell’Ateneo, basta solo mettere insieme gli interessi e i profili
scientifici, per favorire concretamente l’approccio multidisciplinare alle problematiche
sopraelencate.
Nondimeno, occorrerà garantire, con opportuni stanziamenti e interventi, che i laboratori esistenti
siano mantenuti al massimo del loro standard operativo, salvaguardandone, anche mediante mirate
politiche di personale legate ai finanziamenti, la continuità di funzionamento. E che i servizi
bibliotecari siano resi sempre più fruibili dagli studenti (anche dalle sedi distaccate), ma anche, non
è scontato dirlo, dai giovani che hanno intrapreso la strada della ricerca che, per poter formarsi e
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competere, in moltissimi settori, devono poter studiare immersi in un ambiente che consenta loro di
attingere continuamente, senza eccessivi lacci e lacciuoli ma nel rispetto rigorosissimo di
fondamentali regole di organizzazione, al tesoro di opere e di riviste, oggi in parte disponibili anche
on-line, di valore culturalmente inestimabile, che si è accumulato in biblioteca in questi tre decenni,
grazie a coloro che se ne sono con competenza e passione occupati. Biblioteca che dobbiamo
custodire e gestire come patrimonio di tipo strumentale, vale a dire al servizio della formazione e,
soprattutto, della ricerca.
Quanto alle grandi attrezzature di ricerca, attualmente non alla portata di Unimol, occorre
organizzarsi per essere sempre pronti sfruttare ogni opportunità che dovesse presentarsi, in virtù
della disponibilità di risorse straordinarie di provenienza anche europea o internazionale, o di
convenzioni con enti di ricerca o, ancora, di accordi di collaborazione scientifica con altri atenei.
Last but not least, non potrà trascurarsi l’impegno volto alla valorizzazione e al rafforzamento dei
dottorati di ricerca, sia pur nella prospettiva di riorganizzazione degli stessi alla luce del recente
decreto ministeriale sull’accreditamento, privilegiando un’impostazione che indirizzi verso
iniziative che garantiscano la trasmissione tra i diversi livelli della formazione. Si tratta di un tema
strategico, che impatta sul profilo identitario di Unimol, sulla sua capacità di essere luogo di
formazione di giovani leve di ricercatori, nonché sui profili della valutazione e degli indicatori. Il
che significa sulla sua capacità di dotarsi di maggiori risorse finanziarie.
Per questa ragione, le strutture dipartimentali e centrali competenti dovranno operare con incisività
e duttilità, valutando come indispensabile una strutturazione aperta e a forte impronta
internazionale dei Dottorati, con accentuazione dei profili di trasversalità tematica degli stessi, oggi
sempre più necessaria e opportuna.
In conclusione, metodo ed organizzazione possono sia risolvere alcune criticità che possono essersi
verificate nell’immediato a causa delle mutate condizioni procedurali e legislative che costituire la
base di un nuovo modo di intendere e di comportarsi dinanzi alle sfide che ogni giorno la ricerca ci
offre.
Qualità della didattica e della formazione
Partiamo da un dato di fatto difficilmente confutabile: Unimol dispone di un personale docente che,
per capacità, disponibilità, preparazione, reputazione nella comunità scientifica, dovrebbe garantirle
posizioni molto lusinghiere nelle varie classifiche degli Atenei pubblicate dai mass media a
diffusione nazionale.
Parlano chiaro al riguardo i dati Alma Laurea, che testimoniano quanto sia elevato il gradimento e
l'apprezzamento dei nostri laureati verso l’Università che li ha formati, la maggioranza dei quali,
con percentuali molto alte, dichiara che tornando indietro si iscriverebbe di nuovo.
Tuttavia, gli indici di gradimento così elevati non sempre si traducono in un avanzamento
dell'Ateneo e dei suoi corsi di studio nelle classifiche portate a conoscenza dai mass media al
grande pubblico, per l'incidenza preponderante di fattori che nulla hanno a che fare con la qualità
del corpo docente e della didattica. Basti pensare al fattore (molto penalizzante per i nostri corsi con
elevato numero di iscritti) costituito dal rapporto tra il numero di studenti e di docenti, che diviene
una vera e propria zavorra nei casi in cui giunge ad attestarsi sul valore di n. 47,6 (studenti) per n. 1
(docente), a fronte di una media di Ateneo di circa 28 a 1 (dati tratti dal rapporto di Ateneo).
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La prima misura che intendo adottare per rendere la percezione all'esterno della nostra qualità
della didattica corrispondente al gradimento manifestato dagli utenti, è di rendere più equilibrato,
tra i vari corsi di laurea, il rapporto tra studenti e docenti, operando, anche nell'ottica
dell'adeguamento ai parametri di AVA, le necessarie correzioni sull'offerta formativa e sulla
attribuzione e distribuzione dei carichi didattici tra i corsi di laurea, e con attenzione al
collegamento con la ricerca di qualità.
Altre misure che vanno adottate, e che molti di Voi mi hanno giustamente suggerito, attengono alla
riduzione dei casi in cui il docente tenere contemporaneamente più corsi in sedi collocate in luoghi
diversi. Occorre poi lavorare per una sempre razionale distribuzione dei carichi, che consenta di
ottimizzare, al servizio dell’utenza, il potenziale didattico dell’Ateneo, in ragione del personale
docente a disposizione.
Un'azione congiunta e condivisa, tra Consigli di Corso di Studio, Dipartimenti, Rettore e Organi di
governo, può a mio avviso portare a risultati di rilievo sul punto.
Ancora, la qualità della didattica impone di destinare i docenti agli insegnamenti nei quali sono
versati e sui quali si sono formati, ferma restando, in casi eccezionali, una diversa utilizzazione, ove
funzionale ad esigenze di copertura di insegnamenti privi di docenti.
Occorre poi mantenere alti gli standard per la selezione dei docenti esterni (per supplenza o
contratto). E, se possibile, ancora maggiore attenzione occorre dedicare alla selezione dei giovani da
formare e avviare alla ricerca (i docenti di domani), da reclutare sulla base di rigorosi criteri
meritocratici, ma nel rispetto dell’interesse dell’Ateneo che deve formare e reclutare forze che si
impegnino (e siano fiere di impegnarsi), in primis, per la propria Università.
Indispensabili sono poi interventi volti a garantire una maggiore fruibilità e funzionalità dei servizi
informatici funzionali alla didattica, largamente sottoutilizzati rispetto alle potenzialità, anche per
effetto di vischiosità del sistema prescelto.
Per una università che intenda proporsi come motore della conoscenza per il territorio, non si può
omettere la preoccupazione di garantire la formazione degli insegnanti della scuola di ogni ordine e
grado, e quindi della scuola dell' infanzia, primaria, secondaria di primo grado e di secondo grado.
Dalla loro formazione dipenderà anche la formazione culturale delle giovani generazioni che si
affacceranno verso il nostro ateneo: per questo nell’offerta formativa e nell’organizzazione
didattica, sarà importante non solo continuare a garantire il necessario supporto alla formazione
iniziale dei docenti, e anche a quella in servizio, pensando non solo alla costruzione di adeguati
percorsi formativi ma anche a strutture, che – come ha fatto in questi anni il Centro di ricerca e
servizio di Ateneo per la Formazione “G.A. Colozza” – possano supportare l’impegno dei
dipartimenti sia nella gestione della complessa articolazione prevista dalle nuove disposizioni di
legge sulla formazione iniziale degli insegnanti, sia nello sviluppo di ambiti della ricerca che
sostengano le esigenze di un nuovo equilibrio tra la componente disciplinare e quella pedagogicodidattica.
E’ certamente indispensabile affrontare le criticità interne del mondo della docenza e dell'
apprendimento, ma è altrettanto necessario curare efficacemente i rapporti con il mondo della
Scuola, sia primaria sia secondaria, per definire percorsi specifici di recupero dei crediti, ma
soprattutto per costruire una frontiera di attività comuni, affrontando i problemi emersi dalle recenti
indagini OCSE-PISA anche attraverso la formazione continua dei docenti. Per questo sarà
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importante prevedere una incentivazione nella organizzazione di master di I e II livello rivolti al
mondo della scuola.
Qualità della relazione studenti - docenti
La formazione di qualità passa anche per un corretto e costante assetto della relazione studenti
docenti.
L’orientamento in ingresso, attraverso le fasi, tra loro connesse, dell’informazione, dell’accoglienza
e della consulenza, ha lo scopo di coadiuvare la scelta ottimale del percorso universitario, nella
prospettiva della massima personalizzazione.
Al riguardo, la “Giornata della Matricola”, tradizionale appuntamento informativo della nostra
Università, va supportata mediante azioni mirate rivolte a porre a disposizione di tutti i nuovi
studenti, e di chi intenda essere parte attiva della nostra comunità universitaria, tutti gli strumenti
idonei a “costruire” il proprio percorso didattico e formativo. In tal senso è necessario, nello spirito
del principio di sussidiarietà orizzontale, stabilire delle forme di dialogo con le famiglie e altresì
coinvolgere in forma più partecipe e più attiva le scuole superiori della Regione, estendendo la fase
preliminare di dialogo (implementando una proficua prassi già in vigore nell’ultimo biennio) anche
alle classi precedenti alla V anche in territori (come la Campania) attigui.
Allo scopo l’attività di orientamento del Cort, che si svolge soprattutto attraverso corsi
preuniversitari con le scuole superiori, seminari di approfondimento gratuiti dei docenti di Unimol
nelle scuole, interventi di orientamento, Open day e visite guidate nell'università, deve essere
migliorata.
Per quanto i risultati possano sinora essere definiti moderatamente positivi, è possibile coinvolgere
in maniera ancora più intensa gli Uffici scolastici regionali, ricordando, al contempo, che l’attuale
modello impone una più ampia e ragionevole partecipazione dei docenti alla complessiva attività di
orientamento, al fine di evitare una riduzione dell’attività informativa ed il sovraccarico di compiti
in capo ad alcuni, nonché, punto che ritengo prioritario, l’inclusione dei nostri docenti ancora, per
diverse ragioni, “non strutturati”.
L’attenzione, la cura, la crescita dei nostri studenti, passa anche per un’estrema attenzione delle
attività di tutorato.
Nonostante gli sforzi sinora profusi, è indispensabile perfezionare l’attuale assetto, pensando, anche
sul piano organizzativo, integrando l’attuale composizione del CORT, a forme di tutorato
“personalizzate”, ovvero tagliate in funzione delle differenze che animano la componente
studentesca, sia per ciò che concerne la funzione integrativa della didattica, sia per quel che
riguarda le attività propedeutiche o di recupero.
Cultura e territorio. L’articolazione territoriale dell’Ateneo
La nostra è una Università-sistema.
La riorganizzazione seguita alla legge 240/2010 si configura come trasformazione della governance
e mutamento dell’assetto strutturale, caratterizzato in primo luogo dalla scomparsa delle Facoltà e
dal ruolo centrale che sono venuti ad assumere i Dipartimenti. L’articolazione su quattro sedi
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(peraltro in un’area vasta, ma non congestionata dal traffico metropolitano, come accade in taluni
Atenei monosede che si articolano in Dipartimenti “vicini” solo in linea d’aria), consolidando la
copertura regionale della presenza universitaria, deve essere intesa come strumento di integrazione
e come mezzo per rafforzare l’unità del sistema, nonché come ambito di sperimentazione del
rapporto locale-globale che rappresenta oggi un ineludibile terreno di lavoro scientifico, formativo e
civile.
Ribadisco quanto ho osservato nel corso del dibattito del 12 marzo scorso: dal punto di vista
dell’approccio gestionale non deve esistere nessun tabù. Neanche quello della articolazione
dell’Ateneo in più sedi tra loro distanti.
L’articolazione “regionale” e non “cittadina” di Unimol, che certo aiuta a confutare l’immagine, in
cui taluni vorrebbero strumentalmente costringerci, di piccola e periferica Università di
Campobasso, deve continuare a essere una scelta strategica nostra e non altrui, anche perché gli
interessi e i desiderata esterni mutano velocemente. Sarebbe molto pericoloso inseguire e
assecondare su questioni così vitali per l’ Ateneo suggestioni e esigenze altrui.
Orbene, la valutazione nostra, come naturale, deve guardare al rapporto costi/benefici, in una
prospettiva che tenga conto delle esigenze di budget e di quelle legate alla nostra missione di
Università.
Ritengo che la bilancia penda senza dubbio verso il mantenimento dell’assetto attuale, e di ciò mi
sono reso conto soprattutto grazie al confronto con tanti colleghi, membri del personale tecnicoamministrativo e studenti che operano nelle sedi di Isernia, Pesche e Termoli, i quali, con
l’eccezione di quelli impegnati nei corsi di ingegneria, mi hanno manifestato in netta prevalenza la
più ferma contrarietà a disegni di trasferimento e, quindi, di abbandono delle sedi cd. distaccate.
Le strutture di Termoli e Pesche sono vincolate alla disponibilità dell’Ateneo, a titolo gratuito,
ancora per decenni. Quella di Isernia ha costi assolutamente sostenibili (e comunque rinegoziabili).
Gli impegni di spesa per le retribuzioni del personale docente e tecnico amministrativo
prescindono dalla ubicazione della sede.
Residuano i costi di gestione delle sedi, che un’operazione di smobilitazione trasformerebbe, come
è facile intuire, in costi ben più gravosi di risistemazione, allargamento, riallocazione, magari volta
a fare delle sedi di Vazzieri una, soltanto nominalmente ammaliante, “cittadella Universitaria”
idonea ad accogliere (ma in quali spazi?) fino a undicimila persone circa, tra studenti e personale.
Sul piano strategico, non v’è dubbio che nel processo in corso di razionalizzazione e sfoltimento
degli Atenei italiani, operare scelte che vanno nella direzione opposta rispetto a quelle coerenti alla
connotazione regionale dell’Ateneo sarebbe per noi dannoso, se non addirittura esiziale.
Soprattutto, non si può non tener conto di un rilievo che attiene al profilo identitario di Unimol e
che, anch’esso, non milita a favore di una connotazione prettamente cittadina.
Nell'attuale fase di crisi ambientale e strutturale del modello economico e del crescente squilibrio
tra popolazione e risorse a livello globale, appare necessario infatti un rilancio delle ricerche a
carattere multi e interdisciplinare, con particolare riferimento al patrimonio culturale, all'ambiente e
al paesaggio. Allargare gli orizzonti anche oltre il Molise, non significa infatti disconoscere il
legame Università-territorio, che l’articolazione regionale ispira e favorisce, come elemento
qualificante e di ricomposizione dei saperi. Condivido l’obiettivo di stimolare su base
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interdisciplinare (o almeno multidisciplinare) una cultura e un pensiero del territorio, inteso non
solo come struttura fisica di ambito locale ma come soggetto e categoria interpretativa degli spazi di
vita, sulla base di un approccio in grado di costruire un nuovo rapporto tra uomo e natura e tra i vari
campi del sapere scientifico, favorendo l’integrazione inter e infradipartimentale.
Occorre tenere conto che a livello nazionale e internazionale, come risulta da un’attenta valutazione
delle linee di intervento dell’UE, sta emergendo la necessità di praticare nuovi approcci ai temi del
territorio e dell’ambiente, intesi come soggetti e come categorie analitiche e interpretative di
carattere generale, oltre che come ambiti di convergenza tra livello teorico e livello applicato con
riferimento a contesti determinati.
Su un piano più generale, si può osservare che il contesto della società della conoscenza all’interno
del quale si muove l’azione della nostra Università, presuppone la valorizzazione del patrimonio
culturale immateriale e del capitale umano, con uno sguardo che deve riuscire a spingersi più
lontano, in un processo di produzione della conoscenza, di trasmissione del sapere, della cultura
come risorsa: in Molise stare dalla parte dell'Università significa garantire la crescita della società
civile facendo leva su una tradizione di lunga data, su una rete di rapporti e di conoscenze, su un
patrimonio materiale e immateriale ereditato dal passato; significa soprattutto preservare il centro
propulsivo e strategico, uno strumento insostituibile per lo sviluppo della regione, garantendo il
capitale fondamentale per il domani, trovando strade nuove per fare del territorio una risorsa e non
un condizionamento
Attività fisica. Socialità. Benessere
Ritengo che il tema del benessere sociale all’interno dell’Ateneo nelle più varie articolazioni e
modalità e tra le sue componenti costitutive (docenti, personale tecnico-amministrativo e studenti,
comprese le rispettive famiglie), rappresenti un valore aggiunto da coltivare e sostenere, anche per
contribuire a declinare un clima e uno stile di lavoro nelle forme migliori della qualità e della
serenità dei rapporti interpersonali.
In questo contesto, le iniziative ed i programmi che mi propongo di realizzare sono tutti
caratterizzati dalla volontà di valorizzare strutture ed organizzazioni che rappresentino
immediatamente un tratto riconoscibile e distintivo della cultura dell’appartenenza alla nostra
Università.
In sintesi, intendo realizzare un programma di interventi, alcuni anche nel solco della migliore
tradizione Unimol consolidatasi in questi anni, articolati nei seguenti obiettivi:
affermare la cultura dello sport come valore di aggregazione e benessere, non solo fisico: in questo
senso l’esperienza e il lavoro svolto dal CUS in questi anni, articolato nelle diverse sedi
universitarie, e la disponibilità di una struttura particolarmente qualificata, quale il Palazzetto
dello Sport, costituiscono un valore inestimabile da sostenere in tutte le forme e con tutte le
modalità, non ultima quella di organizzare campus estivi per le esigenze di tutte le famiglie;
coltivare il senso di appartenenza e il legame degli studenti ad Unimol nel tempo attraverso
l’istituzionalizzazione, il sostegno e la promozione, nelle forme opportune, della Associazione dei
Laureati;
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rilanciare un coerente programma di aggregazione, anche nelle forme dell’autoproduzione da
parte degli studenti e con il prezioso contributo dei docenti, della cultura della rappresentazione
teatrale, cinematografica, musicale e coreutica e dello spettacolo in senso generale, nelle quali
canalizzare le forme e le intelligenze creative degli studenti;
sostenere l’impegno verso il CRAM e le sue iniziative ricreative e di aggregazione, prevedendo
anche la partecipazione effettiva, accanto ed insieme al personale tecnico-amministrativo, anche
della componente docente;
valorizzare le preziose residenze a disposizione, in Regione, in contesti salubri e di eccezionale
valore ambientale (dal mare a Capracotta), e a New York City, all’interno del progetto
interuniversitario “college Italia”, per la realizzazione di un programma pluriennale, stabilmente
coordinato con le università americane ed opportunamente finanziato, di studio e di
aggiornamento, culturale e professionale, destinato non solo agli studenti, ai dottorati ed ai
docenti, ma aperto anche al personale tecnico-amministrativo, per le relative vocazioni lavorative;
riaffermare, attraverso una progettualità definita programmaticamente, il valore specifico di
“luogo di accoglienza” delle tre residenze universitarie di proprietà dell’Ateneo, come centro di
incontro e scambio con altre realtà universitarie, nello specifico studentesche, ma anche aperte agli
studiosi stranieri, per affermare lo specifico di internazionalizzazione che l’Ateneo è in grado di
esprimere;
programmare e potenziare, nella direzione della interconnessione e della funzionalità con
esperienze e proposte territoriali, le progettualità in tema di iniziative culturali e ricreative
dedicate agli studenti, anche al fine di creare un legame solido non solo tra gli studenti, ma tra
tutta la comunità universitaria e il mondo culturale e artistico regionale e nazionale;
fidelizzare la partecipazione e l’aggregazione di tutta la comunità universitaria, anche attraverso
un impegno diretto di volontariato delle varie sensibilità presenti e disponibili, attorno a importanti
progetti umanitari e di rilevanza sociale, anche di tipo internazionale.
La proiezione sociale
Iniziamo con alcuni dati. Il rapporto Education at a glance 2010 dell’OCSE indica che la spesa per
l’Università dello stato italiano rispetto al totale della spesa pubblica è pari all’1,6%. La media dei
paesi OECD è del 3,1%. La media dei paesi dell’Unione Europa a 19 è del 2,9%.
Purtroppo, in questi anni, l’Italia, come si è già ripetutamente avuto modo di osservare, non ha
messo al primo posto l’investimento in ricerca e innovazione e l’Università ha risentito più di altre
istituzioni dei tagli alla spesa pubblica. Se a ciò si aggiunge la scarsa propensione delle imprese per
la ricerca di capitale umano altamente qualificato (testimoniata dalle difficoltà occupazionali dei
giovani laureati), il quadro che emerge è sconfortante e indicatore di alcuni rischi sociali.
Vi è il rischio, infatti, di una progressiva svalutazione del titolo di studio, che costituisce uno dei
principali fattori di mobilità sociale. Disinvestire in Università conduce pertanto a pesanti
conseguenze sul piano sociale, dato che l’istruzione costituisce uno dei principali fattori di
elevazione sociale intergenerazionale (il c.d. “ascensore sociale”).
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Ciò è vero in particolar modo nelle regioni del centro-sud, dove il titolo di studio ha conservato
negli ultimi decenni un maggiore valore come strumento di mobilità sociale, probabilmente a causa
delle caratteristiche strutturali del tessuto imprenditoriale.
Ma l’Università non è solo strumento di elevazione culturale e sociale del singolo. Essa funge anche
da propulsore per lo sviluppo del territorio su cui insiste.
Sotto questo profilo, l’Università del Molise ha un ruolo importante e una grande responsabilità nei
confronti della società molisana. Da una intelligente interazione tra Università del Molise e il suo
territorio nascono infatti straordinarie occasioni di crescita e sviluppo territoriale.
Intendo promuovere questa interazione e attivare tutti i canali di questo scambio. In particolare,
verrà promossa l’interazione dell’Università con tutte le forze che si occupano, a livello territoriale,
delle questioni sociali (organizzazione ed associazioni no-profit, associazioni di categoria,
associazioni culturali e religiose). Il rapporto con questi soggetti sarà sempre improntato al
principio di autonomia dell’Università, in una prospettiva di collaborazione reciproca.
L’Università del Molise dovrà anche continuare sempre più a porsi come soggetto attivo dello
sviluppo sociale del territorio, attivando e favorendo iniziative culturali a beneficio della comunità
locale. L’Università deve diventare un motore di attivazione della cultura delle città e della regione.
Per questo, se eletto, mi impegnerò affinché le strutture universitarie e le risorse intellettuali si
facciano promotrici di una molteplicità di iniziative (teatro, cinema, sport, festival di scienza,
letteratura, etc.) aperte a beneficio delle città e dell’intero territorio regionale.
D) LE PERSONE
Personale docente
Dal tenore delle considerazioni che ho sin qui svolto, in prospettiva programmatica, emerge
chiaramente una concezione dell’Università che colloca la funzione del “personale docente” al
centro del sistema, senza con ciò voler sminuire l’apporto fondamentale della componente
amministrativa, che opera affinché possa adeguatamente funzionare la macchina organizzativa che
consente all’Ateneo, id est ai suoi docenti, di svolgere la propria missione di formazione e di
ricerca.
Pertanto, se mi eleggerete Rettore, sarà per me naturale considerarmi, innanzitutto, riferimento e
sostegno per tutti Voi Colleghi, strutturati e non, che con passione, spesso con sacrificio, vivete
l’essere Professori e Ricercatori dell’Università del Molise, realizzando presso la nostra Istituzione
la propria vocazione di uomini di Università.
Credo che, in un quadro generale a dir poco deprimente per i Docenti italiani, ormai abituatisi a
dover giorno dopo giorno ridimensionare i propri obiettivi, di ricerca, di carriera, di formazione dei
propri allievi (chi oggi si sente di poter garantire la certezza di una carriera universitaria ai propri
migliori allievi?), e a dover fronteggiare tagli di risorse, aumenti di carichi didattici, continui
adempimenti burocratici, impostigli dagli Atenei di appartenenza (a loro volta costretti ad adeguarsi
a misure che, talvolta, sotto le mentite spoglie di provvedimenti di riforma o razionalizzazione del
sistema universitario, hanno il solo scopo di conseguire il risultato di un’ulteriore riduzione delle
risorse e degli impieghi), il futuro Rettore, se sarò io accadrà senz’altro, dovrà dedicarsi a fare
l’impossibile per garantire ad ogni collega, una prospettiva, una speranza, uno spazio vitale che gli
consenta di mantenere in lui ancora viva la “fiamma” , l’energia, che è stata alla base della scelta
universitaria compiuta da ciascuno di noi.
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Ho già avuto occasione, nel presente programma, di soffermarmi su alcune linee di fondo e su
proposte concrete elettivamente destinate a noi docenti (non c’è quasi parte del programma che non
ci riguardi). Altre saranno analiticamente esposte in prosieguo.
In questa parte dedicata alle “Persone”, tengo tuttavia a rivolgermi, soprattutto ed in primis, ai
Colleghi più giovani e più fragili. Ai Ricercatori a tempo determinato, che sono il frutto “precario”
dell’ultima riforma dell’Università. Le nuove disposizioni del 2010 Vi hanno consentito di accedere
ai ruoli pienamente, di vivere in toto l’esperienza di docenti. Ma con una clessidra che non si
interrompe e che vi lascia ogni giorno intravedere, con sgomento e paura, il momento il cui l’ultimo
granello si sarà spostato nell’ampolla inferiore, accompagnando Voi (e le Vostre famiglie) fuori
dalla porta, che temporaneamente Vi fu aperta.
Ai tanti di Voi che meritano quotidianamente la chance che hanno col sudore conquistato, dico di
continuare a lavorare duro, con il primo (e fondamentale) obbiettivo di conseguire l’abilitazione
nazionale appena possibile. Non pensate ad altro che a questo, perché è la strada maestra
(attualmente l’unica) per conseguire il risultato della stabilizzazione definitiva, quanto meno nel
ruolo di docenti. Obiettivo, quest’ultimo, a cui, se diventerò Rettore, sarà ispirata la mia azione,
anche sui tavoli nazionali. Se ragionerete, sia pur comprensibilmente, nella prospettiva dei continui
rinnovi, o degli escamotages temporanei, o della stabilizzazione ope legis, correrete rischi enormi,
che, rebus sic stantibus, nessun Rettore potrà scongiurare, se non per una parte di Voi. Al
contrario, operando nella prospettiva dell’abilitazione, potrete farvi trovare preparati, sul piano del
curriculum, a cogliere tutte le occasioni che, sono fiducioso, vi si presenteranno, e che faremo in
modo che si presenteranno.
Ai Colleghi Associati e Ricercatori a tempo indeterminato, molti dei quali in Unimol assumono
sul campo funzioni e responsabilità che altrove competono agli Ordinari, sento di poter garantire
l’impegno e l’attenzione totali mio e dell’Ateneo per le loro aspettative di progressione di carriera e
di assunzione in servizio nel nuovo ruolo, ove abilitati. Per me, e non certo da oggi, il tema è una
priorità.
Al di là della sincera, e credetemi, non sterile, mozione degli intenti, credo sia fondamentale
esporvi con realismo e trasparenza le linee che, se eletto, ispireranno la mia azione al riguardo,
muovendo da una considerazione che, con senso di responsabilità, ritengo di non poter omettere.
Alcuni colleghi idonei in procedure del 2008 (una decina circa), in gran parte chiamati dai rispettivi
dipartimenti, sono ancora in attesa di presa di servizio, che mi auguro possa avvenire in tempi brevi.
E ciò in virtù della discutibile (ma allo stato inderogabile) necessità di procedere in base al rigido
criterio, per noi oltre misura penalizzante, dei cd. punti organico, che annualmente ci vengono
somministrati dal Ministero, largamente al di sotto della soglia minima del nostro fabbisogno, col
contagocce, in virtù dei parametri che, come noto, penalizzano la “casta” (nella accezione induista
del termine) degli atenei cd. “non virtuosi”.
Con l’avvio a regime delle abilitazioni nazionali, come è noto, la regola dei punti organico si
inasprirà ancor più, tanto che a livello nazionale alcune stime parlano di un due per cento, come
percentuale degli abilitati che il sistema riuscirà ad assorbire, alla luce delle disposizioni vigenti,
nella fascia superiore. In tal senso, il piano straordinario associati rappresenta, a mio avviso, un
semplice panno caldo, senz’altro utile, ma non certo sufficiente a rispondere alle aspettative di tutti
gli abilitati.
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Molti Rettori, e con essi anche io se mi sceglierete, stanno assumendo iniziative forti presso la
CRUI e in altre sedi istituzionali per far correggere dei criteri che, col susseguirsi delle procedure
di abilitazione, è facile intuire, rischiano di portare al blocco del sistema, che produrrebbe in
continuo abilitati senza consentire prese di servizio in numero sufficiente.
In questo contesto, che purtroppo alimenta la conflittualità e il contenzioso tra colleghi, e crea
continue tensioni, ritengo che la politica delle progressioni di carriera da seguire nel nostro Ateneo,
debba essere ispirata a taluni inderogabili criteri oggettivi e meritocratici, tendendo sempre in
considerazione l’interesse dell’istituzione. Criteri, lo dico con chiarezza, che chiamano in causa,
prima ancora del Rettore, le valutazioni e la responsabilità dei Consigli di Dipartimento, competenti
a deliberare in materia.
Ritengo opportuno richiamare l’attenzione sulla circostanza che i Dipartimenti non dovranno
“chiamare” uno o più abilitati, bensì bandire le procedure per la chiamata in servizio degli abilitati.
Il che significa che dovranno attivare localmente una procedura aperta a tutti gli abilitati nazionali
(decine o centinaia che siano), con tutte le implicazioni che ciò comporta.
Ma come operare la scelta del raggruppamento sul quale attivare la procedura?
Al riguardo, la riforma privilegia gli elementi oggettivi (non si “chiamano” i docenti, ma si
bandiscono procedure riservate a tutti gli abilitati nazionali) legati al fabbisogno dell’Ateneo, in
relazione alle proprie esigenze scientifiche e didattiche. Da qui il ruolo decisivo dei Consigli di
Dipartimento. Pertanto, dovrebbe, in astratto, passare in secondo piano la valutazione del profilo
soggettivo dell’interno abilitato (anzianità di ruolo, produttività scientifica, impegno nella didattica
ecc.), in quanto le nuove norme, e la drammatica situazione di contesto che rende possibile
l’attivazione di un numero esiguo di bandi interni sull’intero territorio nazionale, rendono quasi
fisiologica l’evenienza di vincitori esterni di procedure interne. Nondimeno, credo che, a parità di
condizioni oggettive (esistenza di una reale esigenza scientifica o didattica, assenza o esiguità dei
docenti di fascia sul settore rispetto al fabbisogno) una valutazione sulla esistenza di colleghi
interni, meritevoli della chance di concorrere in una procedura bandita dal proprio Dipartimento
possa e debba essere effettuata, assegnando rilievo prevalente al profilo scientifico (non considerato
in astratto, ma in relazione alle specificità nel settore), anche in funzione delle peculiarità dei
curricula dei candidati interni, che in molti casi già ricoprono ruoli decisivi ai fini del
mantenimento dell’offerta didattica, e che aspirano ad una meritata progressione di carriera. A
condizione che dagli stessi siano state assolte con diligenza e impegno anche le funzioni didattiche
e le altre, di coordinamento, direzione etc., eventualmente attribuite. E in questa prospettiva un
ruolo può assumere anche l’anzianità in servizio, intesa però come anzianità nell’impegno e nel
merito.
Ai Colleghi ordinari chiedo, in primis, collaborazione e sostegno, garantendo il mio rispetto per le
importanti storie personali di ciascuno, che hanno reso l’Ateneo apprezzato nel panorama
universitario nazionale ed internazionale. In secondo luogo, chiedo di supportarmi in una missione
che avverto fondamentale per il nostro futuro: quella di formare e seguire le nuove generazioni di
docenti, che da dottori di ricerca, assegnisti, o semplici dottorandi – vale a dire da non strutturati e
senza perciò voice, oltre che senza voto in questa competizione elettorale - ci assistono e aiutano
nel nostro impegno di didattica e di ricerca, ricordandoci, con il loro fresco entusiasmo, il perché
abbiamo scelto di essere Professori.
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Personale tecnico-amministrativo
Come ho già ribadito precedentemente, la mia visione di una università moderna e competitiva
passa coerentemente attraverso un rapporto di intensa collaborazione e di reciproca fiducia tra tutte
le componenti della nostra comunità accademica, docenti, studenti e personale tecnico
amministrativo.
In questo contesto, il personale tecnico amministrativo e la sua professionalità rappresentano una
risorsa fondamentale e un fattore essenziale per realizzare il processo di sviluppo e di
consolidamento del nostro Ateneo. Intendo coltivare questo rapporto con la massima attenzione e la
massima sensibilità verso tutte le problematiche, le aspettative e le aspirazioni che questa
componente merita.
I prossimi anni, coincidenti con il mandato rettorale, speriamo successivi alla lunga stagione di
vincoli e limiti imposti dalla legislazione nazionale, sono anni decisivi per garantire condizioni
economiche, professionali e di posizionamento adeguati al ruolo ed ai compiti che il personale
tecnico amministrativo è chiamato a svolgere nelle università.
Intendo perseguire questi obiettivi generali attraverso la predisposizione di uno specifico Piano di
indirizzo e programmazione strategica pluriennale per il personale tecnico amministrativo, da
concordare con i rappresentanti della categoria, con la dirigenza e con la governance di Ateneo,
Senato e Consiglio, nel quale, al di là dei temi classici e ordinari della contrattazione decentrata, si
possa delineare un quadro coerente di azioni e di indirizzi di politica universitaria a porre rimedio,
anche in termini di certezze nel medio periodo, ai problemi di maggiore aspettativa del personale.
In particolare, intendo assicurare e garantire le risorse economiche per l’incentivazione e le
progressioni, le azioni per la formazione e l’aggiornamento professionale, per il miglioramento
delle condizioni dei luoghi di lavoro, per la promozione di azioni di sostegno sia alla socialità
ricreativa che alla solidarietà per situazioni di particolare disagio, per le iniziative di promozione del
merito e di innovazione nel lavoro, e per indirizzare in maniera unitaria tutti gli interventi previsti in
specifiche materie, quali assicurare la parità di genere, la serenità dell’ambiente di lavoro e
quant’altro di interesse e tutela del personale.
A ogni modo, accanto a queste misure di azione e di programma, è mia intenzione attivare, assieme
alla dirigenza ed alle rappresentanze, in un clima di costante dialogo e reciproca sollecitazione, un
insieme di iniziative per realizzare un effettivo stile di lavoro, improntato a dare un valore ed un
segno di etica pubblica all’impegno quotidiano svolto dal nostro personale.
Uno stile immediatamente riconoscibile, contrassegnato dalla serenità dei rapporti interpersonali e
dal rispetto tra le componenti accademiche, dalla valorizzazione della qualità, dal riconoscimento
dell’effettivo merito, dalla solidarietà, dalla disponibilità, dal sacrificio ed dalla sensibilità di tutte le
persone che lavorano nel nostro Ateneo.
Studenti
Parafrasando quanto sostenuto da Italo Calvino nelle sue famose “Lezioni americane”, non
possiamo aspettarci dal futuro nulla di più di quello che saremo capaci di portarvi.
Questa frase spiega bene il ruolo e la funzione che penso sia propria della componente studentesca
del nostro Ateneo. Gli studenti sono il “polmone” della nostra Università, ma il loro presente ed il
loro futuro dipenderà dalla messa in opera di politiche condivise, dalla nostra e dalla loro capacità
di costruire un avvenire comune.
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E’ per questi motivi che la mia proposta verte sul miglioramento, a tutto tondo, della relazione
studenti/docenti, in una prospettiva globale e, soprattutto credibile.
Nel rinviare alle singole politiche attinenti ai campi specifici di interesse per la popolazione
studentesca (es. il diritto allo studio), mi permetto, in questa sede, di segnalare l’importanza di una
visione dinamica della partecipazione degli studenti alla “vita” dell’Ateneo.
La sua concreta realizzazione passa, innanzitutto, per una generale riorganizzazione del campus
universitario, che deve divenire luogo privilegiato di creazione di cultura, socialità, conoscenza.
Innovare le risorse tecnologiche (nonché le strategie ad esse correlate), diviene, a tal fine,
presupposto ineludibile. La riformulazione dell’agenda digitale deve essere obiettivo rivolto proprio
a consentire l’interazione tra presenza in sede e formazione a distanza, nella consapevolezza che la
ricerca del “giusto mezzo” tra queste opposte istanze sia possibile solo ripensando radicalmente il
nostro campus universitario, nelle varie sedi in cui l’Università si declina.
In ottica strategica, è necessario che ogni politica tenga conto della diversità insita nella stessa
popolazione studentesca e, dunque:
Che si tenga debitamente conto della diversità tra studenti a tempo pieno e studenti lavoratori;
Della presenza di studenti stranieri, meritevoli di azioni specifiche e coordinate, anche nell’ottica di
una loro proficua integrazione culturale e sociale;
Dell’incremento di studenti con età superiore ai trent’anni;
Della presenza di studenti Erasmus
Della presenza di studenti portatori di disabilità psico-fisiche
Della presenza di studenti con figli e/o famiglia a carico
Al fine di rispondere efficacemente alle diverse esigenze (l’elenco potrebbe continuare) è necessario
che i nostri servizi siano il più possibile integrati e coordinati, nella prospettiva dell’accessibilità e
della continuità del supporto.
********
E) LE POLITICHE E LA GOVERNANCE
Partecipazione, collegialità, trasparenza
Dall’esposizione dei principi a cui intendo ispirare il mio (eventuale) mandato di Rettore, e prima
ancora dal titolo del mio programma “Insieme per l’Unimol del futuro”, emerge chiaramente il
rilievo che intendo conferire ai profili delle partecipazione e, quindi, della trasparenza,
indispensabili affinché l’azione di governance possa dirsi “condivisa”.
V’è “condivisione” solo se le strategie e le misure adottate riusciranno a raccogliere il consenso di
tutte le persone e le componenti dell’Ateneo, nei luoghi che, per statuto e regolamento, sono a tal
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fine deputati, nel rigoroso rispetto del principio della collegialità decisionale. Ciò implica la
garanzia del metodo democratico di formazione delle decisioni attraverso l’informazione
preventiva, lo svolgimento di un dibattito contestuale e aperto tra i componenti degli Organi (dai
Consigli di Dipartimento o di Corso di Studio, alle Commissioni paritetiche, al Consiglio degli
Studenti, al Senato Accademico, al Consiglio di Amministrazione ecc.), la votazione maggioritaria
(vincolante anche per la minoranza), la verbalizzazione e la pubblicazione.
Per me dunque “condivisione”, significa garanzia di un effettivo rispetto delle regole di
partecipazione e trasparenza, presupposto indispensabile affinché possa attuarsi anche la
“condivisione” della responsabilità, in primis politica e strategica, tra gli organi chiamati
statutariamente a decidere. Se mi eleggerete Rettore mi assumerò tutte le responsabilità che mi
competono anche sul piano decisorio, ma mi adopererò affinché tutte gli organi collegiali
dell’Ateneo esercitino le proprie, posto che il loro ruolo è di decidere e non di delegare, o ratificare
decisioni imposte dall’alto. E mi adopererò affinché sia ulteriormente rafforzata la trasparenza delle
decisioni, come richiesto da recentissimi interventi normativi che hanno arricchito il quadro delle
disposizioni in materia, che non ritengo superfluo sinteticamente qui richiamare.
L’Art. 97 Cost. parla esplicitamente di imparzialità e buon andamento della Amministrazione
Pubblica.
Da tali principi si è dedotto comunque un obbligo di trasparenza, specie a partire dalla l. 8 agosto
1990, n. 241, artt. 25 e seg., che rivoluziona l’assetto presedente sostituendo alla regola del segreto
quella della accessibilità dei dati, delle informazioni e dei documenti della amministrazione. Nella l.
241/1990 l’accesso ai documenti è concepito come un diritto di chi ha un interesse specifico alla
conoscenza. La l. del 1990 rifiuta invece la prospettiva della conoscenza come diritto di ogni
cittadino al fine di verificare la correttezza della organizzazione e della azione della pubblica
amministrazione.
Nelle leggi più recenti, a partire dal 2009, è invece proprio questa la prospettiva che si afferma.
Sull’esempio del “Freedom of Information Act” statunitense, l’art. 4 della legge delega 4 marzo
2009, n. 15 e poi l’art. 11 del decreto legislativo delegato 150/2009 hanno introdotto il principio
della totale accessibilità delle informazioni, concernenti ogni aspetto della organizzazione, degli
indicatori relativi all’andamento gestionale e all’utilizzo delle risorse.
Ancora, il Consiglio dei Ministri del 22 gennaio 2013 ha approvato lo schema di decreto legislativo
di attuazione dell'articolo 1, comma 35, della legge n.190 del 2012, recante riordino della disciplina
sugli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni, da parte delle pubbliche
amministrazioni.
Il provvedimento riordina tutte le norme che riguardano gli obblighi di pubblicità, trasparenza e
diffusione delle informazioni da parte delle PA e introduce alcune sanzioni per il mancato rispetto
di questi vincoli.
Esso ha duplice finalità.
Lotta alla corruzione e controllo democratico sulla amministrazione: partendo dalla idea di
trasparenza come accessibilità totale delle informazioni, la pubblicazione dei dati e delle
informazioni sui siti istituzionali diventa lo snodo centrale per consentire un’effettiva conoscenza
dell’azione delle PA e per sollecitare e agevolare la partecipazione dei cittadini.
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L’Università deve continuare ad adeguarsi scrupolosamente alle disposizioni sulla trasparenza
queste, con la pubblicazione sul sito web di tutti i dati richiesti, garantendo piena e tempestiva
conoscibilità delle delibere delle delibere del senato accademico e del consiglio di amministrazione.
Autovalutazione, valutazione e accreditamento
Il nuovo sistema AVA definisce nuovi criteri e metodologie per la valutazione, in base a parametri
oggettivi e certificabili, delle università e dei corsi di studio universitari, ivi compresi i dottorati di
ricerca, i master, le scuole di specializzazione, ai fini dell’accreditamento degli stessi da parte del
ministero.
Il sistema dà ampio rilievo alle procedure di autovalutazione che, per le attività didattiche, si
realizzano attraverso l’esercizio periodico dell’esame (rapporto di riesame) e la realizzazione di un
documento informativo che sostituisce il RAD, definito scheda unica di autovalutazione dei corsi di
studio (SUA-cds). A tale documento, che deve rispondere anche ai requisiti di trasparenza nei
confronti dell’utenza, si aggiunge la scheda unica di valutazione nella ricerca dipartimentale (SUARD), che è lo strumento di valutazione delle attività dipartimentali (ricerca e terza missione). E’
quindi necessaria una organizzazione capillare, nell’ambito di ciascun dipartimento e corso di
studio, di un gruppo per la qualità costituito da personale docente e tecnico amministrativo che
curi queste attività. Per tutte le questioni relative alla didattica è comunque previsto un ampio
coinvolgimento attivo degli studenti attraverso le loro rappresentanze degli organi accademici ed
attraverso il nuovo organo introdotto dalla legge 240/10: la commissione paritetica docenti
studenti. Tale commissione avrà il compito di verificare le attività di autovalutazione dei corsi di
studio dei dipartimenti.
Tutto il sistema di qualità dell’ateneo e coordinato da un Presidio della qualità di Ateneo, che ha la
funzione di stimolo e di supporto alle attività di autovalutazione e di accreditamento.
La funzione di verifica della qualità e dell’efficacia dell’offerta didattica e dell’attività di ricerca
svolta dei dipartimenti è invece affidata al nucleo di valutazione.
Il sistema AVA introduce contestualmente il sistema di accreditamento delle sedi e dei corsi di studi
universitari fondato sull’utilizzazione di specifici indicatori definiti ex-ante dall’ANVUR per la
verifica del possesso da parte degli atenei di idonei requisiti didattici, strutturali, organizzativi, di
qualificazione dei docenti e delle attività di ricerca, nonché di sostenibilità economico-finanziaria.
Sono convinto che le azioni del prossimo Rettore nel settore della autovalutazione e
dell’accreditamento dovranno assecondare i processi avviati nel disposto del DM 47/13, nell’ottica
di una partecipazione fattiva e motivata di tutte le componenti del nostro Ateneo, per far sì che gli
adempimenti previsti dalla vigente normativa non siano solo noiosi passaggi burocratici ma
momenti di riflessione e di miglioramento per le attività didattiche e di ricerca. Credo che se
l’Università ha l’ambizione di formare laureati ben qualificati, deve farlo dando una chiara risposta
al diritto degli studenti e delle loro famiglie dell’efficacia della formazione ed una garanzia al
mondo del lavoro che il laureato sia in grado di coprire un ruolo professionale esercitando un
adeguato livello di competenze. Il sistema di autovalutazione di accreditamento, può rispondere a
queste esigenze solo se correttamente vissuto da tutte le parti interessate (docenti, Personale
tecnico-amministrativo e studenti) in un continuo, sereno e trasparente confronto tra quanto i corsi
di studio ed i dipartimenti realizzano e quanto da loro ci si attende.
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Un caso emblematico sarà rappresentato dalla riflessione intorno allo sviluppo dei Corsi di Studio
di Ingegneria, dovendosi realizzare un confronto ancora più ricco sulla missione di tali corsi, ben al
di là della questione del loro mantenimento in questa o quella sede territoriale. Riflessione fondata
sull’auspicato rinnovato slancio progettuale da parte di tutti i Colleghi coinvolti.
Il diritto allo studio
La garanzia dell’effettività del diritto allo studio dei nostri studenti rappresenta condizione
imprescindibile della futura attività di governance.
L’obiettivo sancito dall’art. 34 Cost., che impegna lo Stato a mettere il maggior numero di studenti
nelle condizioni di raggiungere i più alti livelli degli studi, impone, nell’attualità, la costruzione di
un sistema sinergico. Strumenti diversi, per diverse esigenze, nel rispetto dell’eguaglianza di tutti e
delle differenze di ciascuno.
Occorre evitare, dunque, un’adesione indifferenziata e sterile alla nozione di “meritocrazia”.
Il merito non deve divenire condizione utile a favorire discriminazioni o, ancora, intollerabili
esclusioni. Il merito deve essere valorizzato favorendo e consentendo a tutti di disporre di una
formazione continua e di qualità, nel rispetto delle differenze e delle condizioni socio-economiche
di ciascuno.
Tutti, in altre parole, hanno il diritto di essere meritevoli.
In attesa di un’auspicabile rinnovata normativa quadro nazionale sul diritto allo studio, deve essere
compito del Rettore adoperarsi per:
- potenziare e perfezionare il sistema vigente di assegnazione delle borse di studio, ripensando e
non stravolgendo il parametro del reddito familiare, in funzione di un suo più efficace utilizzo quale
indicatore ai fini della fruizione dei diversi servizi;
- proporre e sostenere azioni, di concerto con gli organi universitari, con il Consiglio degli Studenti
e con tutte le componenti studentesche attive e vitali nel nostro Ateneo, rivolte a favorire la
migliore conoscenza dell’offerta formativa;
- procedere alla riorganizzazione dell’attuale Ente per il Diritto allo studio, nella prospettiva della
coerenza con la propria mission istituzionale;
- concorrere alla elaborazione di una riforma;
- attivare azioni congiunte con la Regione Molise e gli altri enti locali ai fini di una più compiuta
realizzazione del diritto allo studio universitario, al fine di evitare con ogni mezzo che gli studenti
“soffrano” il peso della crisi economica in corso;
- richiedere in tutte le sedi competenti (CRUI; CUN; ANVUR; MINISTERO) la creazione di un
fondo organico per il diritto allo studio, in grado di compensare le criticità esistenti e di garantire
a tutti i potenziali beneficiari di potere effettivamente godere delle tutele indispensabili per un
corretto e sereno svolgimento degli studi universitari;
-mettere a punto, di concerto con la componente studentesca, aggiornati criteri di reddito ai fini del
godimento delle borse di studio;
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- rendere più funzionale, di concerto con la componente studentesca, il sistema di gestione e di
fruizione del servizio mensa, anche al fine di consentire agli studenti di potere usufruire più a lungo
delle strutture di Ateneo;
- attivare, di concerto con la componente studentesca, un forum aperto sul diritto allo studio. E’
mio intendimento giungere a soluzioni condivise favorendo processi partecipativi “reali” anche su
questioni nuove o imposte dall’attuale congiuntura economica, sulla stregua dell’esempio di altri
Paesi;
- garantire agli studenti diversamente abili di potere usufruire con pienezza delle strutture
universitarie e dei servizi connessi al diritto allo studio;
- prevedere, attivando preliminari convenzioni con la Regione, i comuni, gli altri enti locali e le
diverse istituzioni culturali della nostra regione (musei, cinema, teatri), alla definizione di una
“Unimol card”, che consenta ad ogni studente di ottenere sconti ed altre facilitazioni per l’accesso
e la fuizione dei servizi culturali;
- prevedere la costruzione di un database sulla condizione abitativa studentesca, pensando anche a
soluzioni idonee a favorire l’emersione del sommerso;
- costruire uno sportello informativo permanente per l’attività didattica e di ricerca all’estero
(Erasmus e altre opportunità di ricerca), ripensando contestualmente, di concerto con la
componente studentesca, il sistema delle contribuzioni in funzione di una equlibrata elargizione dei
fondi;
-attivare, di concerto con la componente studentesca, la Regione e gli altri enti locali, un
Osservatorio permanente sul diritto allo studio, che si ponga come centro di raccordo e
programmazione rivolto a garantire la sua effettività.
L’interazione con il mondo delle imprese ed il lavoro
Lo scenario:
I dati di Almalaurea diffusi in questi giorni segnalano una situazione disperata nell’occupazione dei
giovani laureati italiani: dal 2008 ad oggi, il tasso di disoccupazione dei laureati è aumentato
complessivamente di più di 10 punti.
Il segno sconfortante del declino delle potenzialità occupazionali dell’alta formazione è poi
ulteriormente confermato dai dati disaggregati per tipo di laurea, che mostrano tassi di occupazione
superiore per i laureati di primo livello. E’ il segno che una maggiore istruzione non corrisponde ad
un crescente successo professionale.
A questi dati, che mettono in evidenza il solo elemento occupazionale, se ne aggiungono altri in
grado di destare particolare preoccupazione.
Il primo riguarda il declino delle retribuzioni. Lo stipendio medio netto annuo dei laureati a un anno
dalla laurea è diminuito (per le lauree specialistiche da 1274 a 1059 euro; per le lauree di primo
livello da 1284 a 1049 euro). Anche in questo caso, non vi sono differenze che premiano i percorsi
di studio più specializzati.
31
Il secondo riguarda la natura temporanea delle occasioni di lavoro che si offrono ai laureati. Il tipo
di occupazione che si offre ai laureati a ridosso del conseguimento del titolo di studio è
essenzialmente un’occupazione di tipo temporaneo, sia essa di lavoro subordinato o autonomo. In
proposito occorre tuttavia sottolineare che per alcune professionalità (v. ad es. quelle che seguono le
lauree in architettura o giurisprudenza) prevedono come sbocco tipico il lavoro autonomo, come
accade nelle professioni tradizionali. Si tratta pertanto di una dato da analizzare con cautela.
Il terzo riguarda la qualità dell’occupazione. I laureati si trovano spesso in una condizione di
“overqualification”, ovvero di qualificazione superiore rispetto al titolo conseguito. I dati ci
indicano che le alte professionalità vengono spesso utilizzate in mansioni normalmente destinate a
medie e basse qualifiche.
Da questo quadro, si deduce che il mercato del lavoro si presenta oggi molto complesso e
frammentato per i giovani laureati. Si verificano in particolare due fenomeni che devono
preoccupare le istituzioni universitarie e che ci chiamano ad intervenire con scelte mirate e
responsabili: da un lato, l’aumento della disoccupazione giovanile in proporzione a quella
complessiva, dall’altro il fenomeno della sottoutilizzazione dei lavoratori laureati. I rischi di questo
fenomeno sono evidenti: emarginazione del mondo giovanile con impoverimento della società nel
suo complesso, svalutazione della qualificazione professionale e dei titoli di studio conseguiti.
Il ruolo dell’Università:
In questo scenario, è essenziale che l’Università si ponga oggi come soggetto non estraneo al
mercato del lavoro.
Limitarsi a erogare formazione senza preoccuparsi di allacciare un collegamento stretto con il
mondo del lavoro e delle imprese è ormai anacronostico. L’Università ha la responsabilità di
assumere un ruolo da protagonista nel rapporto con il mondo delle imprese e il mercato del lavoro.
Occorre invertire il circuito vizioso di un sistema economico che non riesce a valorizzare i propri
laureati e di un sistema universitario che da solo rischia di diventare autoreferenziale.
Rapporto Università-impresa
Il rapporto tra Università e mondo dell’impresa è centrale per favorire la crescita del territorio. Si
tratta di un rapporto di reciproco scambio. L’imprenditorialità può trarre linfa vitale dalla presenza
sul territorio di un’Università di eccellenza, allo stesso tempo l’università ha bisogno del tessuto
imprenditoriale per ricevere quegli stimoli che rendono la ricerca concreta ed efficace per lo
sviluppo.
Da tempo si lamenta un deficit di comunicazione tra Università e impresa. Il territorio molisano, per
le sue caratteristiche di coesione e di integrazione di tutti gli attori sociali, consente di realizzare una
maggiore integrazione di questi due mondi. Sarà essenziale attivare canali di comunicazione con le
associazioni imprenditoriali, ma anche coinvolgere nei tanti di progetti di ricerca avviati nell’ambito
del nostro ateneo le realtà imprenditoriali presenti in Molise. Ma certamente non sarà sufficiente
guardare solo al Molise.
Le imprese verranno coinvolte dall’Università del Molise in una duplice direzione sinergica: quella
della ricerca e quella della formazione. In entrambi questi settori il rapporto Università-impresa sarà
un rapporto di reciproco scambio e stimolo.
32
Sul fronte della ricerca, l’Università del Molise si propone di favorire processi innovativi,
aggiornamento tecnologico e investimenti volti alla riqualificazione del tessuto imprenditoriale
molisano. Da questo punto di vista, l’Ateneo offrirà il più ampio sostegno ai docenti e ai
dipartimenti che intenderanno attivare meccanismi di spin off (imprese che partono da esperienze di
ricerca) e di supporto alle scelte innovative delle imprese. Le imprese potranno essere a loro volta
coinvolte nel finanziamento della ricerca e contribuiranno alla valorizzazione delle eccellenze del
territorio. E’ per questo necessario semplificare alcune procedure e rendere flessibile, ma reciproco
e trasparente, il rapporto.
L’Università del Molise per l’occupabilità dei laureati:
Nello scenario attuale, le Università non possono più disinteressarsi dell’occupabilità dei laureati. Il
problema del futuro occupazionale dei nostri laureati è una delle priorità dell’ateneo, che deve per
questo agire in diverse direzioni, prima e dopo la laurea dei nostri studenti.
Prima della laurea, la programmazione didattica e l’architettura dei corsi di laurea deve tenere
conto, compatibilmente con le linee guida dettate a livello nazionale e con le scelte culturali dei
singoli docenti, degli stimoli che provengono dal mercato e dal mondo delle imprese. A questo
proposito, lo strumento dello stage, già molto diffuso presso il nostro ateneo e che ha dato buoni
frutti, dovrà essere potenziato ed arricchito da una maggiore interazione tra Università e formatori
del mondo imprenditoriale.
Durante e dopo la laurea, è essenziale che lo studente venga “accompagnato” dai servizi
dell’Ateneo. In proposito, la nostra Università già vanta un attivo ufficio placement e ha da tempo
attivato programmi di integrazione tra Università e mercato del lavoro.
Oggi tuttavia occorre fare di più, per far sì che i laureati non siano lasciati soli al momento della
laurea. E’ in questa direzione che ci spinge anche l’Unione Europea: il 28 febbraio scorso il
Consiglio dei Ministri degli Affari Sociali dell’UE ha adottato il piano europeo “Youth Guarantee”,
destinato a sfociare in una Raccomandazione del Consiglio. Il programma “Youth guarantee” (che
si appoggia su risorse ben precise, attinte dal Fondo Sociale Europeo e da altri fondi strutturali, per
un totale di 6 miliardi di euro nel periodo 2014/2020), dovrà basarsi su un percorso integrato di
offerta ai giovani appena usciti dal percorso di studi, i quali entro quattro mesi dovranno ricevere
un’offerta di lavoro di qualità, la prosecuzione dell’istruzione, oppure una forma di apprendistato o
praticantato. L’attuazione di questo programma è affidata a un sistema integrato che deve
coinvolgere diversi soggetti: servizi pubblici per l’impiego, Università, attori sociali, imprese.
In questa direzione, l’Università del Molise dovrebbe potenziare i servizi all’impiego dei laureati
offerti dal nostro ateneo, mediante la creazione di una sistema a rete che coinvolga imprese, servizi
pubblici dell’impiego e altre realtà territoriali. Altri atenei già stanno lavorando in rete per la
creazione di servizi integrati e con buoni risultati. Da queste best practices possiamo partire per
rafforzare i nostri servizi.
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Spin off
Come noto, il termine spin off identifica la modalità di costituzione di una nuova impresa, che
prevede lo scorporo parziale delle risorse di una società per dar vita ad una nuova iniziativa
imprenditoriale.
In ambito universitario, gli spin off sono quindi società che nascono per l'utilizzazione dei risultati
delle attività di ricerca e che rivestono un ruolo significativo del trasferimento tecnologico del
know-how di un ateneo.
Il processo di sostegno agli spin off è da tempo ormai avviato in tutte le università italiane ed
Unimol è allineata in questo alla media avendo da tempo organizzato il servizio attraverso:
1) L’emanazione di un regolamento che stabilisce i confini di intervento ed i soggetti che
possono partecipare (prevalentemente i docenti)
2) Un ufficio amministrativo che accoglie le domande
3) Un gruppo di docenti che valuta le proposte
I progetti che superano l’istruttoria passano ovviamente al vaglio del CdA per l’autorizzazione delle
scelte operative che seguono queste alternative (linea strategico/politica):
1) Unimol offre sostegno “in servizi” (logica dell’incubatore) per massimo tre anni
2) Unimol autorizza l’uso del logo (Unimol) che supporta la crescita e la competitività
dell’impresa)
3) Unimol entra nel capitale (raramente eccetto alcuni casi)
Questo processo/struttura è abbastanza simile a quanto fanno tutte le università ma non ha prodotto
risultati eccelsi fino ad oggi.
A mio avviso l’azione del futuro Rettore dovrà essere volta a:
1) Rinforzare la conoscenza del processo/opportunità nei docenti (soprattutto delle facoltà
scientifiche)
2) Rinforzare la capacità dell’ufficio centralizzato (amministrativo) per il supporto alla
valutazione ed all’istruttoria
3) Rafforzare le relazioni dell’ateneo con il sistema degli investitori finanziari (ventures
capitalist) per offrire migliore opportunità alle iniziative più adeguate
Università e pubblica amministrazione
Il capitolo dei rapporti con la Pubblica Amministrazione è iscritto nel codice genetico di una
Università moderna, al pari di altri connotati che contribuiscono a farne il luogo ove convergono e
da dove si diffondono saperi e competenze destinati a fornire un contributo consapevole ed
innovativo al perseguimento di obiettivi orientati al bene comune, oltre che allo sviluppo delle
personalità individuali.
Se è dunque superfluo ‘giustificare’ o anche solo ‘spiegare’ le ragioni dell’integrazione tanto
necessaria, quanto irrinunciabile tra i compiti della Pubblica Amministrazione e quelli di una
istituzione universitaria, proprio per questo, chi è chiamato, sui rispettivi versanti di decisione, a
determinare i contenuti e le modalità attuative di questa fondamentale sinergia risulta investito di
una particolare responsabilità. La responsabilità, innanzitutto, di sapere indirizzare risorse,
progettualità, capacità di innovazione verso settori ed obiettivi realmente in grado di imprimere
cambiamento ed offrire opportunità.
34
In questa prospettiva, il rapporto tra Università e Pubblica Amministrazione dovrà svilupparsi al di
fuori di limitanti logiche di tipo ‘servente’, qualsiasi ne sia la direzione, privilegiando un’aperta
dialettica collaborativa.
L’Università dovrà allora certamente continuare a garantire un’offerta formativa ‘dedicata’ alla
Pubblica Amministrazione, allo stesso tempo, più stabile ma anche più flessibile, capace dunque di
intercettare le esigenze nuove o rinnovate, dettate dall’evoluzione dei modelli di intervento e di
presenza della Pubblica Amministrazione nella realtà sociale.
Ma questa tradizionale missione deve essere considerata solo una parte, un tassello se si vuole, di
una più articolata azione, che complessivamente deve assumere caratteri di paritaria biunivocità.
La vocazione di questo rinnovato modello di rapporti tra Università e Pubblica Amministrazione
deve infatti guardare all’obiettivo della elaborazione di proposte, progetti, interventi capaci di
incidere concretamente, sfruttando reti di competenze e conoscenze che l’Università è in grado di
generare e mettere a disposizione e la Pubblica Amministrazione è in grado di attivare,
implementandole all’interno di politiche attive.
Se, infine, le articolazioni locali della Pubblica Amministrazione sono interlocutori naturali e
privilegiati, l’Università del Molise deve tuttavia potersi proporre, per gli stessi delineati obiettivi,
come interlocutore riconosciuto ed affidabile in una dimensione sia nazionale, che internazionale,
assolvendo inoltre alla essenziale funzione di assicurare un’apertura ed un canale di comunicazione
tra realtà, anche amministrativa, locale ed orizzonti globali.
Internazionalizzazione
Perché puntare sull’internazionalizzazione
L’internazionalizzazione rappresenta una sfida non solo per le imprese ma anche per i giovani e, in
particolare, per gli studenti universitari. Perciò, l'investimento in progetti di internazionalizzazione è
un obbiettivo essenziale che le università devono perseguire, in primo luogo, per soddisfare le
esigenze dei propri studenti, per arricchirne le competenze e prepararli a lavorare in contesti
internazionali e multiculturali. Infatti, l'affermarsi di un realtà globalizzata, in particolare sul piano
economico, ha favorito lo sviluppo di figure professionali spiccatamente orientate
all'internazionalizzazione.
Ma, proprio per tale ragione, investire in progetti di internazionalizzazione costituisce un impegno
anche nei confronti del territorio e, principalmente, delle imprese che aspirano a internazionalizzarsi
e hanno bisogno di un capitale umano in grado di sostenere i loro processi di internazionalizzazione.
L’obiettivo di internazionalizzazione incide, altresì, sulla maggiore qualificazione del personale
delle università, sia docente, sia tecnico-amministrativo.
Infine, come dimostrato da diverse indagini, gli atenei di tutto il mondo stanno puntando
all’internazionalizzazione nella reputation race dovuta al diffondersi della “cultura dei ranking”,
nell’ambito della quale il grado di internazionalizzazione di un ateneo è considerato abitualmente,
appunto, un fattore essenziale di “reputazione”.
35
Ciò detto, peraltro, i dati in tema di internazionalizzazione delle università italiane non sono per
niente confortanti. Ciò risulta da numerosi studi e, in particolare, da un recente documento 1, in cui
si analizza la capacità degli atenei italiani di attirare studenti stranieri e di competere in attività di
didattica e di ricerca con le università di altri Paesi europei ed extraeuropei, sulla base di alcuni
parametri di valutazione, in particolare le percentuali di studenti in entrata e in uscita, di studenti
internazionali, di crescita del numero di studenti internazionali, di corsi congiunti con università
estere.
Dallo studio in questione emerge, e si tratta di un dato per noi di grande interesse, che il contesto
territoriale di riferimento per le singole università deve rappresentare non un limite ma una risorsa
da sfruttare per potenziarne la capacità di internazionalizzazione.
La questione dell’internazionalizzazione si collega, quindi, al tema degli obiettivi, della gestione e
della vita di un ateneo.
Tuttavia, contrariamente a quanto accade in numerosi Paesi, europei ed extraeuropei, in Italia
l’internazionalizzazione è spesso considerata un aspetto in più, un valore aggiunto delle politiche
universitarie, mentre raramente è percepita come elemento fondante della strategia della alta
formazione e della ricerca. Invece, l’attuazione di una strategia di internazionalizzazione efficace
esprime la consapevolezza che lo scambio internazionale di persone e conoscenze è una delle
principali condizioni per promuovere la qualità della formazione e della ricerca e per conseguire
una eccellente qualificazione delle risorse umane a disposizione. Nei prossimi anni, le università
che non riusciranno a internazionalizzarsi subiranno, senza dubbio, perdite notevoli sia in termini
economici che intellettuali.
In questo senso, il grado di internazionalizzazione di un ateneo dovrebbe essere assunto come uno
dei parametri fondamentali per la sua valutazione globale, analogamente a quanto accade in molti
Paesi europei, come ad esempio la Francia, tanto che in tali Paesi i governi forniscono incentivi
rilevanti alle proprie università affinché esse assumano una maggiore visibilità sul piano
internazionale.
Perciò, l’internazionalizzazione del nostro Ateneo è uno dei principali obbiettivi su cui concentrare
gli sforzi per migliorare la qualità e la competitività di Unimol nel panorama delle università
italiane e, possibilmente, straniere.
Ora, però, tale progetto richiede una strategia di intervento mirata, che consenta la presenza di
strutture decisionali adeguate, architetture interne più agili e l’adozione di misure specifiche. Tale
esigenza induce, quindi, a porsi la domanda su cosa debba intendersi per internazionalizzazione del
sistema universitario.
L’internazionalizzazione del sistema universitario
Volendo sintetizzare, potremmo dire che vengono perseguite, a livello europeo, due principali
strategie di internazionalizzazione: strategie di tipo competitivo/concorrenziale e strategie di tipo
cooperativo. Per la loro attuazione, evidentemente, sono richiesti strumenti diversi
1
Cfr. il documento del gruppo Vision, L'internazionalizzazione in Italia e la classifica delle Università, presentato il 14 aprile 2011 all’Università per
stranieri
di
Perugia,
consultabile
nel
sito
http://www.visionwebsite.eu/UserFiles/File/filedascaricare/universita/2011/Classifica_Universita_piu_Internazionali.pdf.
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Una strategia di tipo competitivo prende le mosse dalla consapevolezza che vi sono più atenei a
sfidarsi per attrarre studenti, docenti e, in genere, esperti stranieri. Una strategia collaborativa,
invece, parte dal principio “l’unione fa la forza”, ovvero l’internazionalizzazione attraverso la
cooperazione interuniversitaria e mira ad attuare, ad esempio, double e joint degrees, PhD in
cotutela, oppure creare network di ricerca internazionali per cercare di ottenere fondi 2.
Ma in cosa consiste, esattamente, la “internazionalizzazione” di un ateneo? Le possibili risposte a
queste domanda sono diverse e, pur potendo dare maggiore rilevanza all’una o all’altra, esse in
realtà appaiono essere complementari.
a) La prima risposta, quella di percezione più immediata, fa coincidere l’internazionalizzazione
di un ateneo con la sua capacità di attrarre risorse umane dall’estero. In tal senso,
internazionalizzarsi significa riuscire ad avere più studenti stranieri e anche riuscire ad
attrarre più docenti e ricercatori stranieri, con contratti stabili o temporanei.
b) L’internazionalizzazione può anche essere intesa come la possibilità di accrescere le
prospettive di assunzione dei propri laureati al di fuori dei confini nazionali. In questa
seconda ipotesi si punta soprattutto a favorire la mobilità dei propri studenti, attraverso i
programmi di scambio esistenti (ad esempio il progetto Erasmus). Ma, altro aspetto
fondamentale, si può anche cercare di offrire ai propri studenti corsi che risultino essere
particolarmente ricercati sul mercato del lavoro internazionale, nonché potenziare l’offerta
formativa di corsi che consentano di lavorare all’estero, ad esempio i corsi di lingua.
c) Un terzo significato del termine internazionalizzazione allude all’inserimento di un ateneo in
reti internazionali. A tal fine vanno, in primo luogo, potenziate le collaborazioni scientifiche
con università straniere. Si possono, inoltre, sfruttare eventuali programmi, nazionali o
internazionali, di cooperazione allo sviluppo. Si possono, ancora, istituire percorsi di studio
in collaborazione con università straniere, quali i joint e i double degrees, dottorati
internazionali, ecc. Infine, una forma di inserimento in reti internazionali molto selettiva è,
certamente, la partecipazione a consorzi prestigiosi, quali quelli che rilasciano gli Eurolabels in alcune discipline o che ammettono le università più research-intensive (come la
LERU 3), poiché ciò rappresenta una sorta di accreditamento.
Le partnerships internazionali, di tipo sia scientifico sia essenzialmente didattico sono, quindi, una
forma di internazionalizzazione sempre più diffusa.
d) L’espressione più avanzata di internazionalizzazione, infine, è quella che richiede
l’espansione all’estero dell’università stessa (ad esempio l’Università di Bologna ha una
sede a Buenos Aires). A tal fine alcuni atenei aprono sedi stabili in altri Paesi; altri,
principalmente quelli inglesi, organizzano all’estero corsi con formazione a distanza o che
hanno presso università straniere i cosiddetti corsi franchised o validated.
Dunque, il processo internazionalizzazione delle università ha numerose sfaccettature e assume
diversi significati.
Peraltro, l’effettivo livello di internazionalizzazione di un ateneo si misura essenzialmente sulla
base di tre parametri:
• il grado di attrattività di studenti stranieri, ovvero il numero di stranieri che decidono
di iscriversi in un determinato ateneo, in percentuale sugli iscritti totali;
2 Ciò è quanto accade, ad esempio, nell’ambito dei programmi quadro europei, che impongono esplicitamente la creazione di tali network.
3
Si tratta della League of European Research Universities, un associazione di 21 università research-intensive, tra le quali vi è un solo ateneo italiano:
l’Università di Milano.
37
• il grado di attrattività di docenti, ricercatori, post-doc stranieri, ovvero il personale
docente che un ateneo riesce a reclutare dall’estero attraverso contratti stabili o di
durata significativa;
• il grado di diffusione di percorsi formativi integrati con quelli di università ed enti
stranieri, nella forma di joint e double degrees, dottorati internazionali, ecc. 4
È proprio sulla base di questi parametri, peraltro, che il sistema universitario italiano si rivela
carente sul piano dell’internazionalizzazione5, sebbene, secondo i dati a disposizione, rispetto al
2000 la percentuale di studenti stranieri nelle università italiane è più che raddoppiata, unico
dato positivo, in modo analogo però a quanto si è verificato negli altri Paesi OCSE 6.
Come promuovere l’internazionalizzazione. Alcune linee operative
A questo punto, occorre individuare delle linee operative per la nostra Università, partendo da un
assunto: è evidente che la maggiore internazionalizzazione delle università straniere rispetto a
quelle italiane dipende, in via generale, anche dalle più ingenti risorse finanziarie a loro
disposizione per internazionalizzarsi, in genere riconducibili a un rilevante intervento pubblico.
In considerazione delle condizioni finanziarie in cui versano le università italiane, dunque, è
apparentemente molto complesso adottare politiche di internazionalizzazione.
Pur volendo ispirarsi a modelli stranieri di università che hanno portato avanti strategie di
internazionalizzazione, infatti, non si può non confrontare le disponibilità di risorse di cui può
disporre il sistema che costituisce il modello e quello che ne intende imitare o riprodurre le scelte.
Invero, il volume di finanziamenti destinati alle università in numerosi Paesi europei, quali la
Germania e l’Olanda, è di gran lunga superiore a quello italiano (mediamente, a parità di studenti,
varia dal doppio al triplo). Perciò, alcune soluzioni seguite da tali Paesi potrebbero essere
difficilmente praticabili da parte delle università italiane, e della nostra in particolare, salvo
significativi interventi esterni.
Cionondimeno, gli strumenti potenziali per attuare una strategia di internazionalizzazione sono
molti e mentre alcuni di essi richiedono l’impiego di risorse ingenti, ad altri si può ricorrere senza
particolari difficoltà.
Perciò, occorre puntare su soluzioni che, nel medio-lungo periodo, consentano di attuare una
strategia fondata su strumenti “meno costosi”.
Ma vediamo, in maniera più sistematica, quali azioni potrebbero essere percorribili in un contesto
quale quello molisano.
4
Ad esempio, sui dati relativi ai primi due criteri si basava, fino al 2009, il ranking del Times Higher Education per valutare la dimensione
internazionale delle università ed è al primo criterio indicato che fanno riferimento i rapporti dell’OCSE e dell’ILO sui sistemi nazionali di higher
education.
5
Nel 2007, appena una quota dell’1,9% dei quasi 3 milioni di studenti universitari del mondo che hanno deciso di studiare al di fuori del proprio
Paese ha scelto l’Italia. Inoltre, sul totale degli iscritti in ciascun Paese, gli studenti stranieri in Italia rappresentavano solo il 2,8%, contro una media
dell’8,7% nei Paesi OCSE e del 7,4% nei Paesi dell’UE. Infine, negli advanced research programs (in genere i corsi di dottorato) che sono i più
significativi in relazione alla qualità del capitale umano che ciascuna università è in grado di attrarre, gli stranieri erano soltanto il 5,9%, contro una
media del 20,4% nei Paesi OCSE e del 17,4% nei Paesi UE. Cfr. al riguardo il documento Internazionalizzazione e formazione alla ricerca nelle
Università europee. Rapporto per la Fondazione Cariplo, a cura di M. Regini.
6
Tuttavia, si tratta solo del 2,8% di studenti stranieri contro il 19,5% della Gran Bretagna, l’11,3% della Germania e della Francia, il 6,4%
dell’Olanda e il 3,4% della Spagna.
38
In primo luogo, nel definire la strategia di internazionalizzazione praticabile, occorre distinguere fra
tre tipi diverse tipologie di azioni: quelle che possono provenire dal basso ed essere attuate dalle
singole strutture universitarie (dipartimenti, scuole di specializzazione, scuole di dottorato …), se
opportunamente incentivate; quelle che necessitano di un intervento strategico dell’ateneo, che
potrebbe essere relativamente semplice e poco costoso o, al contrario, richiedere un rilevante
investimento di risorse (finanziarie, di personale e di tempo); quelle, infine, che non sono praticabili
o efficaci a livello di singolo ateneo e che richiedono quindi alle università e agli attori che operano
sul territorio interessato, quali enti pubblici, fondazioni, camere di commercio, di “fare sistema”.
Avendo a mente tale distinzione, possiamo individuare i seguenti assi portanti di una possibile
strategia di internazionalizzazione di Unimol:
1. La formazione
• Internazionalizzazione dei corsi di Laurea di I e II livello
• Istituzione di Corsi di Dottorato Internazionale
• Internazionalizzazione dei Master
• Internazionalizzazione delle Scuole di Specializzazione
Tale forma di internazionalizzazione deve avvenire in accordo con una o più Università straniere,
prevede lo sviluppo di corsi congiunti e richiede che almeno una parte degli insegnamenti siano
effettuati in lingua inglese.
• Programma di Doppia Laurea: per offrire agli studenti l'opportunità di seguire un percorso
universitario integrato diverso dal percorso tradizionale, prevedendo un piano di studi comune con
università appartenenti a Stati diversi, consentendo il conseguimento di due titoli accademici (la
laurea in Italia ed il corrispondente titolo straniero).
• Conseguimento di un doppio titolo o di un titolo congiunto di Dottore di Ricerca, attraverso la
preparazione della tesi di dottorato con periodi di ricerca alternati presso Unimol e l'Università
straniere partner.
• Dottorato in co-tutela: da istituire tramite un accordo quadro preliminare, intergovernativo o
bilaterale tra Unimol e un ateneo straniero; con una tesi di dottorato elaborata sotto la supervisione
di due tutor, di cui uno appartenente a Unimol e l’altro all’università straniera.
• Sviluppo di co-tutele per le tesi anche con Università non appartenenti a Paesi con cui siano stati
conclusi accordi.
• Promuovere lo sviluppo di dottorati internazionali organizzati in comune con atenei stranieri.
• In ogni caso, stimolare la permanenza effettiva del dottorando presso una sede universitaria estera
per almeno 6 mesi (secondo quanto previsto dal regolamento didattico di Dottorato tale presenza è
obbligatoria).
• Riconoscimento dei titoli e dei crediti acquisiti presso altre Università
• Potenziare la conoscenza delle lingue straniere attraverso l’erogazione di corsi specifici a opera
del CLA (vedi al riguardo le considerazioni svolte a p. 41).
39
2. Le strutture e il personale per l’internazionalizzazione
• Sviluppare il ruolo e le competenze del Delegato del Rettore per l’internazionalizzazione e dei
Delegati per l’internazionalizzazione dei singoli Dipartimenti.
• Occorre dare contenuti nuovi e più mirati alla professionalità del personale amministrativo
dell’Ateneo che si occupa di relazioni internazionali, attraverso una formazione che assicuri una
buona conoscenza delle lingue straniere, buone capacita di progettazione (ad esempio in relazione
ai fondi strutturali europei) e gestione progettuale, conoscenza degli ambienti accademici
internazionali, delle organizzazioni internazionali e delle istituzioni europee.
• La formazione e l’aggiornamento periodico del personale dell’ufficio “Relazioni internazionali”
dell’Università dovrebbe, inoltre, prevedere periodi di permanenza in atenei stranieri. A tal fine
vanno promossi programmi di stage presso le università europee più accreditate nel campo delle
relazioni internazionali e presso organismi internazionali ed europei.
Ciò anche sfruttando le opportunità di formazione messe a disposizione dalla CRUI.
Sviluppare figure professionali che si occupino dell’attività di marketing di Unimol in vista di una
maggiore internazionalizzazione
Istituire un Welcome Office che assicuri servizi di accoglienza efficienti, agevolando
l’inserimento degli studenti e dei docenti stranieri e la loro permanenza in Molise.
Valorizzare il Centro di documentazione europea e ampliarne le funzioni, e coivolgendo gli enti
locali nel sostegno e nella valorizzazione delle presenze possibili.
3. La partecipazione a
l’internazionalizzazione
progetti
nazionali
e
internazionali
volti
a
promuovere
• Partecipazione a scambi didattici e progetti di ricerca nell’ambito di progetti internazionali (ad
esempio quelli previsti nel quadro della Cooperazione allo Sviluppo)
• Partecipare ai progetti nell’ambito dell'Accordo quadro di settore sottoscritto dal Ministero dello
Sviluppo Economico con la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) e l'Agenzia
ICE e in applicazione dell' articolo 4 della legge 31 marzo 2005, n. 56, volto a sviluppare sinergie
tra Università, parchi tecno scientifici e imprese ai fini di promuoverne il processo di
internazionalizzazione.
4. La ricerca
• Realizzare una maggiore cooperazione scientifica attraverso lo sviluppo di progetti di ricerca in
comune con atenei stranieri
• Partecipare a progetti internazionali ed europei
• Partecipare ad accordi MIUR con Stati extraeuropei
5. La promozione della mobilità: scambi per progetti di studio, ricerca e insegnamento
• Promuovere la mobilità studentesca, in ingresso e in uscita, attraverso un maggiore utilizzo dei
programmi esistenti, quali mobilità Erasmus, Erasmus-Mundus, Leonardo da Vinci, mobilità extraeuropea, mobilità Marie Curie, Fulbright.
40
• Destinare una quota delle risorse di ateneo alla mobilità studentesca.
• Incrementare la mobilità dei docenti, in entrata e in uscita, attraverso un maggiore utilizzo dei
programmi esistenti, quali Erasmus, Leonardo da Vinci, Fulbright, programmi di scambio, e
convenzioni concluse da Unimol con atenei stranieri.
• Destinare, in ogni dipartimento, una quota dei fondi per la mobilità dei docenti
6. La conclusione di convenzioni e accordi
• Potenziare la conclusione di convenzioni con università, associazioni ed enti stranieri e organismi
internazionali
• Ulteriore strumento potrebbe essere la conclusione di “accordi-Paese”, ovvero accordi in virtù dei
quali non si stabiliscono rapporti di cooperazione con singoli atenei stranieri ma con reti di
università di un determinato Paese, in genere incentivati da governi, consolati, autorità
istituzionali.
Attività di marketing
Promuovere la conoscenza e l’immagine di Unimol all’estero, anche tramite contatti con gli uffici
di cultura delle ambasciate straniere presenti in Italia
Internazionalizzazione e territorio
Attori esterni al mondo accademico devono essere chiamati a partecipare alla strategia di
internazionalizzazione del nostro sistema universitario, affinché si sviluppino sinergie con il mondo
produttivo e sociale sia nella elaborazione sia nell’attuazione delle politiche di intervento.
L’obiettivo dell’internazionalizzazione del sistema universitario si collega, dunque, anche a una
necessaria maggiore apertura di Unimol verso il territorio e verso il tessuto imprenditoriale locale,
attraverso un dialogo continuo e una progettualità comune. In tal modo l’Università diviene, al
contempo, un strumento di promozione del processo di internazionalizzazione del tessuto
imprenditoriale locale.
L’Università, infatti, deve avere un chiaro impatto socio-economico sul territorio, migliorando la
qualificazione professionale dei propri studenti, promuovendone l’occupabilità e la capacità di
competere, in modo da incidere sullo sviluppo imprenditoriale locale e nazionale.
Attraverso il dialogo con l’Università, inoltre, il territorio può beneficiare di prodotti della ricerca,
modelli e strumenti acquisiti presso organismi internazionali e università straniere.
La formazione linguistica
In questi ultimi anni, l’Ateneo del Molise ha stabilito una linea di indirizzo ben definita per quanto
riguarda la formazione nel campo delle lingue straniere. Per rispondere ai vincoli normativi
l’università del Molise ha cercato di stimolare la crescita delle conoscenze e delle competenze
41
linguistiche, introducendo un sistema di corsi volto ad assicurare l’acquisizione dei livelli di
competenza linguistica previsti dal quadro comune europeo di riferimento per le lingue moderne,
secondo i livelli elementare, intermedio e avanzato. In questi ultimi anni si è insistito soprattutto
sulla lingua inglese, quella che più di altre veicola la comunicazione e le conoscenze a livello
internazionale. La gestione dell’intero pacchetto linguistico è stata affidata al CLA che, pur nei
limiti delle risorse disponibili, ha cercato di assicurare l’offerta dei servizi agli studenti, sia
attraverso l’ampliamento dei corsi di alfabetizzazione linguistica, sia attraverso il riconoscimento
delle certificazioni esterne, sia tramite l’introduzione degli esami per la certificazione (Unimol è
diventata Ente Certificatore). Inoltre il CLA, ha cercato di cogliere le nuove opportunità che sono
emerse nel contesto delle ridefinizioni dei compiti della formazione in servizio per gli insegnanti,
avviando un servizio di certificazione linguistica per l’attestazione delle competenze linguistiche
degli insegnanti di scuola primaria (in base al protocollo d’intesa tra ANSAS e AICLU).
La questione della formazione linguistica è piuttosto complessa, riflette lo stato della complessiva
filiera formativa che parte dalle scuole primarie e secondarie e condiziona i livelli di conoscenza e
competenza linguistica espressi dagli studenti che si iscrivono al nostro Ateneo. Gli esiti dei test di
ammissione ai corsi di lingua predisposti dal CLA, rivelano come la situazione attuale sia
contraddistinta da una certa disomogeneità, che riflette il diverso impegno delle scuole secondarie
verso le lingue straniere. Da una parte conforta la crescita del numero delle matricole che esprimono
un livello di acquisizione della lingua già migliore rispetto a quello di qualche anno fa. E’ il segnale
di una crescita di impegno e di attenzione della scuola secondaria verso un ambito ritenuto dai più
indispensabile. Dall’altra esiste ancora una buona parte di studenti con una preparazione molto
fragile sul fronte delle lingue straniere. In questi anni, per supplire ai debiti di formazione
manifestati dal sistema d’istruzione secondario, l’Università ha rivolto un forte impegno nella
promozione di un servizio aggiuntivo a quello previsto dai corsi curricolari. Il servizio aggiuntivo si
è espresso nella promozione di corsi di alfabetizzazione per mettere le matricole nelle condizioni di
recuperare e seguire i corsi di lingua previsti a livello curricolare. Per rendere più efficaci tali
momenti formativi, sono state aumentate le risorse e sono state introdotte alcune significative
modifiche nell’organizzazione didattica dei corsi, sia di alfabetizzazione, sia curricolari. In
particolare sono stati condotti sforzi importanti per mettere a disposizione di ogni singolo
Dipartimento, l’opportunità di avviare dei corsi per piccole unità di studenti (non più di 30 o 40
unità per gruppo classe).
Lo scenario dei prossimi anni impone di proseguire nell’impegno di favorire la crescita delle
competenze linguistiche tra la comunità degli studenti. Le strategie a livello europeo per accrescere
i livelli di competitività richiede di agire in ottica di sistema. Il fronte della crescita delle
competenze linguistiche degli studenti non può essere demandato solo alle università e, in
particolare, all’Università del Molise per quanto riguarda i suoi iscritti. L’Università del Molise
può, però, esercitare un ruolo propulsivo, finalizzato a stimolare un intervento massiccio delle
istituzioni, soprattutto della Regione, e di tutte le istituzioni scolastiche coinvolte nella formazione
dei giovani, per concentrare le risorse verso un’azione progettuale di ampio respiro che veda
coinvolte accanto ad Unimol, le istituzioni locali e le scuole in un’unica filiera. Un’idea è di
promuovere, attraverso l’esercizio di una delega forte, la costituzione di un tavolo di lavoro (o un
osservatorio) per definire il raccordo tra azione dell’Università e quella della Regione sul tema delle
lingue straniere, verso un’azione progettuale di ampio respiro.
All’interno di questo quadro di azione più organico e di sistema, sarà opportuno prevedere una serie
di interventi su più livelli:
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Bisognerà consolidare la programmazione didattica avviata in questi ultimi anni, confermando
gli impegni finanziari già previsti per garantire l’offerta formativa per le lingue straniere verso i
livelli elementare e intermedio; al tempo stesso bisognerà rafforzare la programmazione per i corsi
destinati ad assicurare l’acquisizione del livello avanzato.
Sarà opportuno programmare l’ampliamento dei servizi offerti attraverso l’implementazione di
percorsi didattici, anche attraverso gli strumenti della didattica on line, la creazione di una
biblioteca specialistica, i corsi di preparazione per il conseguimento delle certificazioni (anche
quelle per l’italianoL2 per gli stranieri), nuovi occasioni e strumenti per favorire la comunicazione
interculturale (penso sia alla possibilità di stage all’estero sia a forme di scambio comunicativo fra
studenti erasmus e studenti/dottorandi italiani iscritti al nostro ateneo), i servizi di certificazione
destinati agli insegnanti in servizio.
Risulterà necessario, a tal fine, avviare una riorganizzazione del Centro Linguistico di Ateneo per
dotarlo delle risorse professionali adeguate all’impegno richiesto (penso al potenziamento del
personale docente e amministrativo da reclutare) e delle risorse tecnologiche necessarie per
modernizzare la didattica delle lingue (penso, ad esempio, alla necessità di potenziare i laboratori
linguistici, oggi ancora troppo fragili). Un CLA riorganizzato potrà essere ancora più di supporto al
ruolo dei singoli Dipartimenti.
Gli impegni delineati potrebbero sembrare una utopia di fronte alle poche risorse finanziarie a
disposizione. Per contrastare il limite della scarsità di risorse, allo stato disponibili, sarà opportuno
stimolare una partecipazione più attiva a percorsi progettuali che possano catalizzare e attrarre
risorse finanziarie esterne europee magari in sinergia con gli stessi istituti di istruzione secondaria e
le istituzioni locali. O promuovere azioni di parternariato con altri atenei per garantire la
sostenibilità degli impegni previsti.
Horizon 2020
ll futuro della nostra Università è legato, in modo sempre più profondo, alla capacità di attrarre
risorse finanziarie non statali. L’esperienza dell’ultimo decennio ci ha consegnato un ostacolo
impegnativo da superare e una valida opportunità da cogliere: rispettivamente, la decisione politica
di operare una progressiva riduzione dei fondi statali destinati all’Università e alla ricerca, dovuta
anche (ma non solo) alla crisi economica e l’ampliamento degli stanziamenti di derivazione
comunitaria. Nessuna università può sperare di sopravvivere a lungo se subisce la prima, senza
riuscire a compensare la contrazione di risorse pubbliche con lo sfruttamento dei secondi. È quindi
dovere primario del nostro Ateneo – e in primo luogo di chi ha la responsabilità di dirigerlo – offrire
risposte adeguate al mutamento di filosofia del sostegno economico dell’università italiana.
Per raggiungere quest’obiettivo è necessario:
- incentivare le energie individuali di chi ha voglia e competenze per fare e per migliorare;
- favorire l’aggregazione di tali energie in gruppi di ricerca in grado di cooperare alla realizzazione
di progetti comuni;
- valorizzare chi è in grado di attrarre finanziamenti esterni;
- organizzare corsi e stage di formazione per trasmettere al corpo docente il know how necessario a
sfruttare le sovvenzioni di matrice nazionale ed europea.
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In tale quadro si spiega il particolare impegno che la comunità scientifica molisana è chiamata a
dedicare all’attuazione del piano comunitario di programmazione pluriennale della ricerca “Horizon
2020”, nonché a quello presentato di recente per l’Italia “Horizon Italy 2020” (HIT 2020). Essi
rappresentano allo stato il principale banco di prova della capacità del sistema di ricerca italiano di
aprirsi agli stimoli della competizione internazionale.
Horizon 2020 e HIT 2020 non si limitano a individuare gli ambiti e gli obiettivi sui quali dovrà
concentrarsi la ricerca nei prossimi anni. Tali documenti offrono soprattutto alcune fondamentali
indicazioni di metodo.
In particolare, il programma italiano, muovendo dall’analisi delle principali criticità che
penalizzano la ricerca scientifica nazionale (l’assenza di un’adeguata leva fiscale di sostegno degli
investimenti, l’eccessiva frammentazione delle imprese, la carenza di sinergie tra il sistema
pubblico di ricerca e la realtà imprenditoriale) «mira a accompagnare le istituzioni di ricerca verso
un ruolo più attivo nell’attivazione di partenariati, nello sviluppo di network di ricerca
internazionali, nella animazione di progetti congiunti sul territorio, trasformandole in attori dello
sviluppo nazionale e dei territori ove operano». Tanto soprattutto attraverso l’introduzione di
meccanismi di mobilità intersettoriale dei ricercatori, l’attivazione di dottorati industriali e
l’incentivazione di spin off a capitale misto.
Al fine di utilizzare appieno le potenzialità racchiuse nel programma Horizon 2020 (circa 80
miliardi di euro di budget, suddivisi tra ricerca di frontiera, ricerca industriale e ricerca di risposta
alle sfide globali della società contemporanea) è essenziale che l’Ateneo attui un percorso virtuoso
di stretta sintonizzazione delle linee di ricerca con gli obiettivi indicati a livello europeo, nella
consapevolezza, fondata su dati statistici, che i settori scientifici in grado di fare sistema hanno una
maggiore probabilità di accedere ai finanziamenti comunitari. La selezione delle priorità, intesa
come concentrazione delle risorse su temi strategici e il potenziamento delle sinergie attraverso
l’aggregazione di competenze sono infatti i cardini centrali del programma comunitario. Nel
contempo, è essenziale che l’Ateneo molisano, di concerto con le istituzioni locali, si organizzi per
attirare i finanziamenti che, su indicazione comunitaria, sono previsti per l’implementazione a
livello regionale della strategia di smart specialisation volta a valorizzare le specificità produttive,
tecnologiche, culturali e istituzionali presenti sul territorio.
Considerata la rilevanza del programma Horizon 2020, che coincide con il mandato del prossimo
costituire, ritengo indispensabile costituire una “task force” composta da docenti e membri del
personale tecnico amministrativo, idonei allo scopo, coordinata da un delegato del Rettore, con lo
specifico compito di acquisire il know-how indispensabile per consentire all’Ateneo di accedere a
tale importantissimo canale di finanziamento.
Non va dimenticato che l’acquisizione di risorse rinvenienti da Horizon 2020 giova anche ai settori,
prevalentemente umanistici, tagliati fuori dalle aree di ricerca previste dal programma. Il principio
solidaristico che ispirerà il mio mandato, se mi eleggerete, imporrà infatti di tener conto del limitato
(o nullo) accesso a fondi vincolati di alcune componenti dell’Ateneo.
Competitività
In un sistema nel quale le risorse sono assegnate su base meritocratica, in concorrenza con le altre
istituzioni universitarie, il raggiungimento di elevati livelli di qualità che consentano di competere
con gli altri atenei è condizione di esistenza.
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Dalle direttive e dai documenti elaborati dall’ANVUR, emerge che per “qualità” il Ministero oggi
intende “il grado in cui le caratteristiche del sistema di formazione e ricerca soddisfano ai requisiti,
ovvero il grado di vicinanza tra obiettivi prestabiliti e risultati ottenuti”.
Poste queste premesse, si indicano le strategie di breve/medio periodo che si intendono attivare per
conseguire più elevati livelli di “qualità”.
Strategia di più facile attivazione e di immediata realizzazione: individuare i “requisiti del sistema
di formazione e ricerca” che, nell’ottica ministeriale, devono essere soddisfatti per garantire un
livello di “qualità” il più possibile elevato. Spesso i requisiti richiesti sono di ordine solo formale.
E’ sufficiente un minimo sforzo per raggiungerli, così conseguendo immediatamente un giudizio
più favorevole (es. trasparenza, organizzazione del sito ecc.).
Strategia più complessa e di immediata attivazione: progettare obiettivi di valore. L’idea, da portare
avanti, è quella di individuare percorsi di studio specifici e specializzanti all’interno dei corsi già
esistenti. Tali percorsi dovrebbero poi coincidere con le aree di ricerca che si intendono sviluppare
all’interno della università. La individuazione di queste aree di formazione e di ricerca
specialistiche dovrebbe consentire la formazione di professionalità qualificate ed il conseguimento
di livelli di eccellenza nei campi di ricerca prescelti. La fase della progettazione non può che essere
rimessa alla iniziativa dei docenti e dei dipartimenti, che può essere però stimolata ed incentivata.
Alla fase della progettazione e della individuazione degli obiettivi dovrà ovviamente seguire la
promozione di ogni sforzo per realizzare le iniziative scelte e per monitorarne l’andamento, in modo
da poter completare il percorso della “qualità” attraverso il raffronto tra obiettivi prestabili e risultati
ottenuti.
Strategia complessa e di lungo periodo: confronto con le istituzioni e, in primo luogo, con il
ministero. L’immagine, che viene proposta in sede politica, di una università che assorbe troppe
risorse è distorta. La realtà è ben diversa. La spesa cumulativa italiana per ogni studente che
consegue il titolo (già prima dei tagli del 2009) è inferiore del 50% rispetto a quella europea a 21
paesi. Il finanziamento pubblico alla ricerca ha subito un taglio del 70% rispetto a sei anni fa. Si
deve dire chiaramente che con queste risorse destinate alla formazione e alla ricerca, il nostro Paese
non può competere.
Il modello introdotto dalla l. 240/2010, che ha accentrato la misurazione, la valutazione, la selezione
e l’attribuzione delle risorse su di un organismo di diretta emanazione ministeriale, ha già prodotto
una forte burocratizzazione del sistema della valutazione ed ha portato ad una distribuzione delle
risorse esistenti, e scarse, fortemente sperequata, sulla base di criteri esteriori e formali.
La strategia di lungo periodo, alla quale chi ha la responsabilità della gestione di una università,
specie di una università piccola e situata nel meridione, non può sottrarsi, richiede talvolta di
assumere posizioni coraggiose e critiche. Le politiche di riduzione dei finanziamenti e di
accentramento e burocratizzazione del sistema devono essere auspicabilmente e opportunamente
riviste.
Le pari opportunità
Proprio in questi giorni la Commissione europea ha pubblicato l'indagine She figures. Nonostante la
percentuale di ricercatrici in Europa sia in aumento, la loro presenza nelle discipline e carriere
scientifiche rimane ancora insufficiente: le donne rappresentano soltanto il 33% dei ricercatori
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europei, il 20% dei professori ordinari e il 15,5% dei direttori delle istituzioni nel settore
dell'istruzione superiore.
La questione di una equilibrata distribuzione di docenti e funzionari dei due generi nell’ambito
accademico resta pertanto cruciale per raggiungere quegli obiettivi di parità e pari opportunità che
sono necessarie per rendere l’Università italiana un luogo di promozione del benessere sociale. La
presenza femminile nel mondo della ricerca è una risorsa che oggi non possiamo permetterci di
disperdere: essa può contribuire ad arricchire l’offerta formativa ed i percorsi di ricerca con
sensibilità diverse, di cui la nostra società ha bisogno. Senza bisogno di richiamare il notissimo “chi
educa una donna educa un intero popolo” ripresa da tanti anche di recente (basti pensare alla nostra
Rita Levi Montalcini, che ne faceva un suo motto), la promozione delle pari opportunità per chi ha
come missione la creazione di cultura deve essere una priorità.
Venendo agli strumenti che in concreto concorrono alla realizzazione di questo obiettivo, è a tutti
noto che la Pubblica Amministrazione costituisce da tempo il luogo di sperimentazione di misure di
promozione delle pari opportunità. Basti pensare agli storici comitati per la pari opportunità, che
dopo la legge 183/2010 sono confluiti nel “Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la
valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni”. Occorre tuttavia potenziale
le azioni volte alla promozione delle pari opportunità, attraverso due direzioni di marcia.
Una prima direzione di marcia ha a che fare con la promozione di iniziative volte a favorire la
conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro per studenti e lavoratori del settore docente e del
settore tecnico amministrativo dell’Università del Molise. Tale conciliazione può essere favorita o
attraverso misure di flessibilizzazione dell’orario o di organizzazione della vita accademica che
tenga conto di tali esigenze di conciliazione, o attraverso la creazione di appositi servizi a ciò
dedicati. Può sembrare un sogno, ma in molte Università straniere esistono asili nido a servizi di
lavoratori e studenti che vivono la vita dell’Università. La creazione di un’organizzazione
Universitaria più attenta alle esigenze genitoriali di chi ne usufruisce è peraltro un’azione che aiuta
in primis la famiglia e con essa il territorio e il suo benessere sociale.
Una seconda direzione di marcia a che fare con la necessità di favorire un riequilibrio tra i generi
rispetto alle funzioni direzionali dell’Università, sia nell’ambito accademico che il quello
amministrativo. Da tempo si lamenta la difficoltà delle lavoratrici di sfondare il c.d. “soffitto di
cristallo” (glass ceiling), ovvero di accedere ai luoghi decisionali delle organizzazione. L’università
del 2013 non può non tenere conto di questa esigenza. Costituirà pertanto una linea guida del mio
mandato l’impegno a favorire una maggiore presenza delle donne nell’ambito delle carice
accademiche e delle funzioni dirigenziale del settore amministrativo. E’ solo con il prezioso
contributo delle colleghe e delle funzionarie della nostra amministrazione che riusciremo a costruire
una Unimol più moderna, inclusiva e attenta alle esigenze di vita di tutti.
Università solidale.
L’Università del Molise deve continuare ad essere una Comunità accogliente, pronta, nel rispetto
della legislazione vigente in materia, a recepire e valorizzare le diversità funzionali degli studenti
con disabilità.
Occorre dunque proseguire senza indugio nel percorso rivolto a garantire la piena integrazione degli
studenti disabili nella vita sociale e culturale dell’Ateneo. Questo diritto, riconosciuti dagli articoli 3
della nostra Costituzione e dalle disposizioni dettate dalle principali organizzazioni internazionali,
quali il Consiglio d'Europa, l'ONU e l'Unione europea, deve essere tutelato attraverso misure
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articolate che tengano conto delle difficoltà crescenti che incontrano gli studenti diversamente abili
le quali, si badi, non riguardano solo le tematiche tradizionali.
In tal senso l’impegno del Rettore, nel pieno rispetto delle disposizioni stabilite nel Codice etico
della nostra Università, sarà rivolto:
a garantire la più ampia collegialità delle scelte concernenti le misure rivolte a garantire il diritto
allo studio degli studenti disabili, nella prospettiva della loro massima ed effettiva inclusione;
ad avviare con la Regione Molise, i Comuni di Campobasso, Isernia e Termoli, le Province di
Campobasso e Isernia specifici tavoli di lavoro rivolti a soddisfare le richieste degli studenti con
disabilità, con particolare riguardo alla questione del trasporto pubblico;
a proseguire nelll’attività di monitoraggio costante della condizione abitativa e sociale degli
studenti disabili, con l’obiettivo di risolvere le principali criticità;
ad assicurare percorsi formativi specifici, rivolti al miglioramento del livello qualitativo degli
interventi formativi ed educativi sugli alunni portatori di disabilità fisiche, psichiche e sensoriali;
Nella stessa ottica, a predisporre adeguati strumenti compensativi e dispensativi, nonché a
riorganizzare l’esistente Ufficio Disabilità al fine di rendere effettivo il servizio di tutorato
personalizzato;
A ripensare l’attuale sistema di benefici ex L. 104/02, ipotizzando, anche prendendo spunto da
soluzioni adottate in altre realtà universitarie, forme di esonero parziale dal pagamento delle tasse
e dei contributi universitari anche nei confronti di studenti che presentino certificazione di
handicap ex art. 3, comma 1, L. 104/92. anche se inferiore al 66%.
Eco-Campus
L’idea di innovazione che contraddistinguerà il mio mandato transita anche attraverso una diversa
sostenibilità ambientale dell’Ateneo che, al di là dei meri slogan o titoli ad effetto comunemente
utilizzati al riguardo, può fondarsi su un approccio eco-compatibile ed eco-sistemico nello
svolgimento delle attività e nella gestione delle strutture universitarie e può concretamente
avvalersi della naturale vocazione agro-ambientale-naturalistica del territorio molisano.
Ritengo, altresì, essenziale il rafforzamento della consapevolezza e dell’impegno individuale, di
ogni componente la collettività universitaria, ad un uso oculato e responsabile delle risorse naturali
ed ambientali disponibili nel territorio che ospita le vari sedi dell’Ateneo, anche mediante campagne
mirate di sensibilizzazione ed informazione.
Particolare attenzione va posta ai seguenti punti:
1. Uno dei limiti storici della regione molisana è costituito dalla carente rete dei trasporti
urbani e ferroviari le cui condizioni di inadeguatezza, rispetto al reale fabbisogno, inducono
il personale universitario, gli studenti ma anche gli ospiti italiani e stranieri dell’Ateneo,
all’utilizzo di auto private, la circolazione delle quali incrementa le fonti di inquinamento
dell’aria. Il mio impegno, al riguardo, prevede una concertazione, accompagnata ove occorra
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da un’azione incalzante, con gli enti locali competenti nonché con le associazioni private
sensibili a tali esigenze, per agevolare e migliorare, in un’ottica di compatibilità ambientale
e di contenimento dei costi, gli spostamenti dell’utenza universitaria. Ritengo necessaria
l’istituzione di apposite navette che mettano in collegamento, in particolare, la stazione
ferroviaria ed il terminal degli autobus con le sedi universitarie. Penserei, in prospettiva di
più lungo termine, a promuovere, mediante accordi con imprese produttrici, anche l’utilizzo
di biciclette elettriche, più congeniali alla particolare urbanistica delle città molisane, il cui
impatto ambientale è alquanto limitato
2. C’è, come è noto, una diffusa esigenza di risparmio energetico a livello globale. Ritengo
necessario trovare soluzioni eco-compatibili - anche di tipo strutturale - a tale problema,
particolarmente acuitosi negli ultimi anni, per garantire il sufficiente comfort e
riscaldamento sia nelle aule che negli uffici ed al contempo assicurare un basso dispendio
nell’uso delle risorse energetiche, termiche ed elettriche, anche ricorrendo all’impiego delle
energie alternative e rinnovabili, che comportino una conseguente contrazione dei costi di
gestione
3. Il nostro Ateneo è caratterizzato dalla presenza di molti spazi verdi, alcuni curati altri incolti.
Sono beni che appartengono alla collettività universitaria che li fruisce sia dal punto di vista
ambientale (contributo al miglioramento dell’aria) che funzionale ed estetico-paesaggistico.
Si può pensare di coinvolgere gli studenti nella gestione ed anche nell’utilizzo “creativo” di
tali aree (luoghi d’incontro, orti comunitari biologici, recupero e piantagione di specie
autoctone, etc.) prevedendo, se del caso, apposite modalità di collaborazione retribuite
4. Anche l’alimentazione svolge un ruolo essenziale nella realtà universitaria; il consumo
consapevole e sostenibile del cibo può contribuire al miglioramento della qualità della vita
della comunità e delle relazioni interpersonali. Nella regione Molise, caratterizzata dalla
presenza di rinomate produzioni tipiche e di qualità, è possibile incentivare il ricorso a
prodotti del territorio nelle mense e nei luoghi di approvvigionamento così come l’impiego
di alimenti biologici freschi (quali frutta e verdura) o del commercio equo e solidale per le
macchine automatiche erogatrici di cibi e bevande.
5. Non si deve trascurare il contributo che l’istituzione universitaria può dare alla lotta al
global warming. Proporrò, d’intesa con gli uffici tecnici,
l’assistenza di soggetti
specializzati nell’individuare modalità virtuose di svolgimento delle attività e di utilizzo
delle strutture dell’ateneo che comportino una ridotta emissione di carbonio e la sua
compensazione, anche richiedendo opportuna certificazione dell’impronta climatica dei
servizi erogati (Carbon Footprint).
6. Sempre in una prospettiva di Ateneo eco-compatibile ed eco-sostenibile, attento alle
esigenze ambientali della collettività, misure specifiche verranno intraprese, con il
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coinvolgimento degli enti locali, per un maggiore impegno nella riduzione e nello
smaltimento corretto dei rifiuti nonché nell’utilizzo di materiale riciclato nello svolgimento
delle singole attività universitarie
7. L’Ateneo molisano, orientato alla eco-sostenibilità (Eco-Campus), potrà divenire luogo di
sperimentazione di modelli virtuosi mutuabili sul territorio
F) MEZZI E FONDI DI FINANZIAMENTO
Il finanziamento universitario
Introduzione
Il sistema del finanziamento risulta essere lo snodo centrale attorno al quale si dovrebbe
svolgere un discorso generale sullo stato delle università italiane se è vero che il
finanziamento pubblico allo stato attuale, risulta essere il principale strumento di governo
centrale del sistema.
Soprattutto, oramai diventa imprescindibile riflettere sul legame indissolubile fra il
finanziamento e la valutazione sia della didattica sia della ricerca che è stato posto in
evidenza dalla recente riforma universitaria, indipendentemente dalla valutazione che
ognuno si sente di fare in ordine al merito delle scelte operate.
Gli strumenti di finanziamento pubblici sono di varia natura (statale, regionale e
comunitario) e difficilmente possono essere oggetto di una disciplina di semplificazione. A
dire, sarebbe anche una operazione inutile in quanto il finanziamento statale appare già
piuttosto semplice e fondato essenzialmente sull’FFO. I restanti fondi, di origine regionale e
comunitaria, sono legati, come si vedrà, alla capacità delle singole Università di farsi
“attrattori di finanziamenti”. In ultima analisi è un problema legato all’autonomia delle
Università.
Il problema, molto più banalmente è quello che non si prosciughino i mille rivoli del
finanziamento. Nella sostanza non si tratta di un problema di riforme sistemiche bensì di un
problema di stanziamenti.
Ciò se si tiene conto dello sconfortante quadro nel quale le università italiane si muovono:
quello di una costante e progressiva riduzione delle risorse finanziarie e umane a
disposizione del sistema, che si sta rilevando un fondamentale errore strategico nel quale è
incorso il nostro Paese. Più volte dalla Comunità Europea è stato rilevato che presupposto
delle politiche di tutti gli Stati membri deve essere il riconoscimento che «anche in un
periodo di scarse risorse finanziarie, investimenti efficienti ed adeguati nei settori favorevoli
alla crescita quali l'istruzione e la formazione costituiscono una componente fondamentale
dello sviluppo economico e della competitività, i quali a loro volta sono essenziali per la
creazione di nuovi posti di lavoro» (Conclusioni del Consiglio dell’Unione Europea, 26
novembre 2012, sull’Istruzione e la Formazione nella strategia Europa 2020 - il contributo
dell’istruzione e della formazione alla ripresa economica e alla crescita). Basti osservare che
sulla base delle rilevazioni OCSE, l’Italia occupa per spesa in educazione terziaria in
rapporto al PIL il 32° posto su 37 Paesi considerati (dati 2009). Il Paese investe appena
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l’1,0% del proprio PIL nel sistema universitario contro una media UE dell’1,5% e una media
OCSE dell’1,6%).
Il sistema del finanziamento pubblico
Come denunciato dal CUN in un recente documento, il sistema universitario e della ricerca è
stato interessato da riforme di vasta portata la cui attuazione si è risolta in un’iperregolazione di difficile leggibilità. Ciò, peraltro, ha comportato che le energie delle strutture
tecniche e del personale accademico sono state impegnate nell’assolvimento di pesanti oneri
organizzativi e funzionali, spesso di natura fortemente burocratica, senza che allo scopo
fosse possibile disporre di risorse aggiuntive, né finanziarie né umane.
Sistema multi fondo e chiarezza
Il fondo di finanziamento ordinario è una parte importante, ma non unica del finanziamento
delle università. Si va sempre più verso un finanziamento “multi fondo” dove ai
trasferimenti pubblici si accompagnano fondi speciali provenienti sia da altre istituzioni
nazionali, sia da enti locali sia di istituzioni sovranazionali.
E’ assolutamente condivisibile che le università siano costantemente informate e che
abbiano una visione completa e trasparente delle diverse opportunità di finanziamento.
Proprio per questo le stesse università devono compiere al loro intero una grande impresa
organizzativa creando e potenziando uffici che siano in grado di raccogliere tutte le
informazioni relative alle svariate possibilità di finanziamento e poi siano in grado di
pubblicizzarle all’interno del sistema (ufficio unico centralizzato che veicola informazioni
ed da supporto alle iniziative dei docenti). Questi uffici rappresentano la cinghia di
trasmissione tra le amministrazioni finanziatrici e le strutture universitarie interessate a
recepire i finanziamenti.
Più che la chiarezza delle fonti si avrebbe bisogno di maggiore informazione o meglio di
maggiore veicolazione all’interno delle università dei vari rivoli attraverso i quali reperire
finanziamenti.
Finanziamento da parte dei privati
Da questo punto di vista, piaccia o meno, sarà decisiva la capacità delle università di porsi
sul mercato e di divenire, pur sempre nel rispetto delle proprie finalità istituzionale
“università imprenditori”.
Il CUN ha evidenziato che la riduzione del contributo pubblico è aggravata dalla difficoltà
degli Atenei di attingere a finanziamenti esterni in un periodo di crisi economica. Questo
introduce un ulteriore fattore di squilibrio del sistema, perché solo alcuni Atenei, più per
caratteristiche strutturali che gestionali, riescono a raggiungere quote significative di
finanziamenti esterni.
Ma proprio la strada del finanziamento da parte di operatori privati sembra essere la via
maestra per fuggire dalla disperata situazione nella quale versa l’università italiana.
La strategia del finanziamento della ricerca ha evidenziato che una delle due colonne
portanti del sistema è proprio il finanziamento privato alle iniziative delle università.
Il paradigma classico delle università come luoghi di ricerca pura e speculazione scientifica
è in via di superamento.
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Si invoca anche alla luce dei progressivi tagli pubblici la valorizzazione dei risultati della
ricerca. Tale obiettivo, rilevante anche in chiave economica rende essenziale un
orientamento degli atenei verso lo sviluppo economico e il mercato e l’apertura a forme di
attività di impresa per il tramite delle partecipazioni azionarie.
In questo senso si deve leggere il riferimento alla “terza missione delle università” che è si
può individuare nell’art. 1 comma 1 della legge Gelmini.
La terza missione è definita in riferimento sia alla valorizzazione della ricerca (brevetti, spin
off, ricerca conto terzi, infrastrutture territoriali) che all’impatto sulla società (rapporti
scienza società, civic engagement, beni culturali, salute).
Nella sostanza sempre più le università saranno chiamate ad operare sul mercato a vari
livelli.
E a mio parere proprio per rispondere a questa nuova missione dell’università come volano
dello sviluppo economico anche il sapere può avere un suo mercato. Quantomeno una parte
di esso: si parla di terza missione ma nessuno intende obliterare la missione dell’università
come prestazione di servizi essenziali. In sostanza la terza missione non esclude affatto la
prima e la seconda.
Si tratta di altro evidente elemento di responsabilizzazione dello stesso sistema universitario.
Maggiore sarà la capacità di attrarre privati, maggiore saranno i fondi a disposizione e
maggiore sarà la possibilità di migliorare sia la didattica sia la ricerca anche attraverso
mirate politiche di selezione del personale.
Anche nel campo del found raising si svolge una battaglia decisiva per il destino delle
università.
Ed è per questo che occorre, come si è osservato in precedenza (supra a pp.9 ss), ampliare
gli orizzonti del nostro Ateneo anche oltre il Molise.
Agevolazioni fiscali e incentivazione dei privati
D’altra parte, anche recenti interventi legislativi vanno proprio nella direzione di agevolare
le forme di partenariato tra soggetti pubblici e privati nelle attività di ricerca.
Si pensi al decreto c.d. sviluppo (d.l. 70 Barbati) il quale ha l’intento di promuovere la
collaborazione tra pubblico e privato a favore del sistema universitario e della ricerca.
Si utilizza lo strumento del beneficio fiscale per incentivare la destinazione di risorse private
ai progetti di ricerca (anche se quella del credito di imposta non è una soluzione innovativa).
È stato rilevato che la vera innovazione consiste nel fatto che il credito di imposta riguarda
la ricerca effettuata dalle università e dai centri di ricerca identificati e non quella effettuata
direttamente dalle impresa. In precedenza (d.lgs. 297/1999) i buoni e i crediti di imposta
sono stati riconosciuti anche per finanziare la ricerca industriale direttamente delle imprese.
L’incentivo non è più o non solo per la ricerca effettuata dalle imprese ma più direttamente
per la ricerca effettuata dalle università (anche in associazione in consorzio o in joint venture
con altre strutture di ricerca).
Lo scopo è quello di agevolare l’incontro fra domanda e offerta della ricerca e soprattutto
farsi ausilio economico ai soggetti istituzionalmente deputati a svolgerla.
Contratti di programma
Inoltre l’art. 9 introduce una nuova tipologia di contratto di programma “per la ricerca
strategica” per svolgere. Lo strumento del contratto di programma era già previsto dal d.lgs.
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297/1999 ciò che cambia sono gli interventi attraverso i quali si può agire. La Legge
134/2012 (decreto crescita) destina, peraltro, parte del fondo a favore dei giovani ricercatori.
Quadro di sintesi per Unimol
Come si è ripetutamente avuto modo di rilevare, la situazione finanziaria di tutto il sistema
universitario italiano pubblico presenta delle criticità di sottofinanziamento.
Le tre grandi linee di finanziamento delle università, anche della nostra, sono costituite: a)
dal finanziamento statale; b) dalla contribuzione degli studenti; c) dai finanziamenti per
attività di progetto e/o di ricerca commissionata.
Sono tre linee che, pur se convergenti verso un unico obiettivo, garantire in sicurezza il
funzionamento, il consolidamento e lo sviluppo delle attività tipiche dell’università,
presentano dinamiche e variabili diversificate.
Il Fondo di Funzionamento Ordinario (FFO) del nostro Ateneo, come quello di tante, quasi
tutte, le università italiane, presenta margini di rigidità e di recessività che sarebbe
velleitario ed illusorio ignorare.
Peraltro, dobbiamo prepararci al passaggio verso un nuovo sistema di finanziamento statale
basato sul costo standard per studente, così come previsto dalla normativa di riforma, che si
presenta impegnativo, ma che deve essere attuato nel rispetto dei principi di trasparenza e
merito coniugati con l’equità e la specificità e la diversità delle singole università.
I prossimi anni, coincidenti con il nuovo mandato rettorale, sono caratterizzati proprio da
questa fase di transizione verso le opportunità e gli obiettivi, su ci si è soffermati in
precedenza, di Horizon 2020 e verso una politica dei finanziamenti al sistema universitario
secondo strumenti e modalità nuovi, previsti dalla legge n. 241 del 2010.
Nell’immediato, occorre qualificare e presidiare gli effetti della quota premiale del Fondo
ordinario, relativi ai risultati della didattica e della ricerca, attraverso azioni incisive in grado
di rafforzare gli elementi di positività presenti nell’Ateneo, e contribuendo a ridurre quelli
con maggiore criticità.
E’ fondamentale consentire a tutta la nostra comunità accademica (dagli organi di decisione
agli attori dei processi - docenti, personale tecnico amministrativo e gli stessi studenti) di
avere una visione completa e trasparente delle diverse opportunità di finanziamento in modo
che ciascuna possa essere valutata ed essere a sua volta responsabilizzata rispetto alle
capacità di competere e di utilizzare le risorse messe a disposizione.
Il livello di contribuzione degli studenti, fermo restando quanto già indicato nella parte del
programma relativa al diritto allo studio (supra p.29 ss), non può e non deve essere elevato
oltre limiti che verrebbero a gravare sulle famiglie in una misura eccessiva (visto anche il
nostro contesto economico di riferimento).
I prossimi anni devono essere caratterizzati, su questo fronte, come si è già detto, da
strategie attinenti al sistema di contribuzione volte a introdurre elementi sempre maggiori di
equità e solidarietà, nel rispetto e nella attuazione del principio costituzionale di garanzia per
gli studenti meritevoli e privi di reddito. Il sostegno al diritto allo studio va garantito
attraverso un impegno programmatico pluriennale da consolidare e da integrare in tutte le
forma e con tutte le sinergie possibili.
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Viceversa, come si è visto, è sulla capacità degli Atenei di reperire fondi - sia di tipo
generale, finalizzato o premiale - che si gioca la vera partita della competizione tra gli
Atenei.
Questo Ateneo deve implementare la propria capacità di reperire fonti di finanziamento in
grado di sostenere principalmente la ricerca attraverso:
Finanziamenti regionali:
Programmi comunitari/fondi strutturali finanziati dall’Unione Europea
Attività commissionate
Finanziamenti nazionali:
Bandi MIUR
Programmi di Ricerca di Interesse Nazionale (PRIN)
Fondo Investimenti per la Ricerca di Base (FIRB)
Fondo per le Agevolazioni alla Ricerca industriale (FAR)
Fondo per l’Innovazione Tecnologica (FIT)
Bandi di altri Ministeri e Regioni
Finanziamenti europei:
Horizon 2020
VII Programma Quadro
Programmi di mobilità internazionale dei ricercatori
Programma Quadro per la Competitività e l’Innovazione (CIP)
Programmi settoriali dei fondi strutturali
Finanziamenti privati:
Erogazione di contributi e partecipazione a specifici bandi
Attività commissionate
Fondazioni e bandi per la ricerca applicata
Deve, inoltre, diventare essa stessa fonte di autofinanziamento attraverso l’implementazione
dell’attività commerciale (es. brevetti), la fornitura di servizi (laboratori, attrezzature, ecc.)
Detto questo, una certa razionalizzazione della spesa (entro i limiti detti) e la piena, corretta,
consapevole e solidale utilizzazione delle risorse disponibili costituiscono ulteriore campo
entro il quale reperire le risorse da utilizzare per i programmi di sviluppo della nostra
Università.
Assicurare una politica di attenzione ispirata all’obiettivo di governare lo sviluppo, e non di
intervenire sulle “crisi”, attraverso una attenta programmazione delle risorse ed un continuo
monitoraggio sulla utilizzazione delle stesse rispetto ai progetti da realizzare (anche
utilizzando l’efficiente sistema di contabilità economico-patrimoniale che utilizza un
sistema di controllo di gestione rigoroso).
Lo sviluppo di alti standard di qualità della didattica, della ricerca e dei servizi erogati, deve
necessariamente accompagnarsi con un processo di controllo dei costi segnato, con
evidenza, dal conseguimento dei seguenti indicatori:
1) gestione virtuosa e lungimirante delle spese per il personale;
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2) nessuna iscrizione di debiti a bilancio (né attuale, né futuro);
Il patrimonio edilizio e le infrastrutture
Il patrimonio edilizio dell’Ateneo (quasi tutto di proprietà, alcuni in comodato gratuito e solo la
sede di Isernia in locazione) è sostanzialmente di recente costruzione, in ottimo stato e con soluzioni
strutturali di grado elevato.
Con le premesse di cui sopra si può ritenere che sia stato raggiunto un livello di completamento
sulla base delle linee di indirizzo della politica infrastrutturale di Ateneo.
Viceversa, due sono gli elementi su cui far una riflessione in materia:
1. ridefinire alla luce di nuove scelte programmatiche di didattica e ricerca l’utilizzazione
razionale e funzionale delle sedi e delle strutture salvaguardando gli investimenti realizzati;
2. identificare il livello ottimale e funzionale di manutenzione pluriennale degli edifici proporzionato in relazione alle diverse età delle strutture e del loro stato di conservazione - e di
dotazione di servizi innovativi (risparmio economico ed energetico, servizi di collegamento
informatico, wi-fi, ecc.).
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CONCLUSIONE
La complessità della realtà Universitaria, anche quella di Unimol, impone che nel programma
di un candidato Rettore gli argomenti siano affrontati non per slogan, ma con la dovuta
ponderazione e attenzione, talvolta analitica, onde consentire a tutti di comprendere gli
obiettivi, il metodo con cui conseguirli e, soprattutto, i principi di fondo da cui sono ispirati.
Se non c’è conoscenza, non vi può essere il giudizio.
Nel ringraziarVi per l’attenzione che avete dedicato al documento, che resta aperto ad
integrazioni e sollecitazioni, vorrei concludere richiamando l’invito rivolto dalla Prof.ssa
Drew Gilpin Faust, Harvard University President, a tutti coloro che vivono l’Università.
Invito che assume per me valore di ispirazione e di impegno:
“Guarda al passato per costruire il futuro. Considera la poesia e la scienza. Combina
innovazione ed interpretazione. Ne abbiamo bisogno. Ed è l’Università che le offre entrambe”.
Vostro,
Gianmaria Palmieri
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