Integrale - Camera Penale di Palermo
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Integrale - Camera Penale di Palermo
: Aderente al 111 ni imi- Camere Penali Italiane IN NOME D E L POPOLO ITALIANO La Corte di Appello del distretto di Palermo, la Sezione Penale Data Sentenza 7/1/2016 Sentenza anno 2016 Composta dai Signori: N. 16/2016Sent 1. Presidente Dott. GIANFRANCO GAROFALO N. 773/ 2014 R.G. 2. Consigliere Dott. DONATELLA PULEO N. 457/2011 N.R. 3. Consigliere Dott. MASSIMO CORLEO N. 2501/2013 R.G.T. riunita in Camera di consiglio (artt.599 e 127 CPP)iI 7/1/2016 con l'intervento del Pubblico Ministero rappresentato dal Sostituto Procuratore Generale della Repubblica Dott. ETTORE COSTANZO e con l'assistenza del N. Cancelliere Sergio Zingali Reg. Mod. 3/SG Ha emesso e pubblicato la seguente: SENTENZA Compilata Scheda per il Casellario e per l'elettorato Nel procedimento penale contro: V nato i l / / in ', ivi residente in DETENUTO PER ALTRO - Casa Circ. Palermo "Pagliarelli" - ASSENTE P E R RINUNCIA addi' Assistito e difeso dall'Avv. MAURO BARRACO del foro di Palermo, di fiducia, assente, sostituito dal delegato aw. Elena Maiorca del foro di Palermo Adérenle »11 l'nionr Camere Penali Italiane 1 Depositata in cancelleria £ 6 FEB, 2018 addi' APPELLANTE -1. ' Ti Funzionari! Dottai irrevocabile il '"'> Avverso la sentenza emessa da T R I B U N A L E (MON)di P A L E R M O in data 3/5/2013 con la quale, colpevole del delitto di oltraggio a P.U., così riqualificato il fatto di cui all'imputazione, applicata la diminuente per il rito, veniva condannato mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese del processo. Motivazione giorni 90. IMPUTATO v s. del reato a) art. 337 c.p.; (RESISTENZA A P.U.) In Palermo i l 13/1/2011 alle ore 15,40 Udita la relazione fatta dal Dott. Garofalo. Nonché* la lettura degli atti del processo. Avvertiti gli imputati della facoltà' di chiedere la parola. Intesi i l P.M. e la Difesa, i quali hanno concluso come segue: • P!G.: chiede l'assoluzione dell'imputato perché i l fatto non sussiste. • DIFENSORE: si associa alla richiesta del P.G.. La Corte ha considerato: In fatto e in diritto ha proposto appello avverso la sentenza emessa in data 8.5.2013 V con la quale i l Tribunale di Palermo, in composizione monocratica, affermata nelle ! forme del rito abbreviato la sua responsabilità per i l reato di cui ali art.341bis c.p., commesso in Palermo il 13.1.2011, così derubricato l'originaria contestazione di cui all'art337 c.p., lo condannava, con la riduzione per i l rito, álla pena di mesi otto di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Con la stessa sentenza stralciava la posizione relativa al capo b) della rubrica contestato all'imputato come violazione dell'art. 186, comma 2 lett.c) CdS, per assenza di un secondo referto. Verso le ore 15,45 del 13 gennaio 2013, l'imputato veniva fermato alla guida di una autovettura SMART, targata , da una pattuglia della Polizia di Stato nei pressi del centro Olimpo in Palermo. Apparendo in evidente stato di ebbrezza alcoolica, invitato a scendere dall'autovettura apostrofava gli agenti di PS. R ¿ e M G con le espressioni "... Teste di cazzo! Mi state facendo 1 perdere tempo! Da uòmo a uomo, mi avete rotto il cazzo! Siete ridicoli ". Nella condotta sopra descritta il primo giudice non ravvisava gli estremi del reato di cui all'art33 7. c.p. originariamente contestato al ¡V S |ma bensì quello di cui airart.341bis c.p. in ordine al quale affermava la responsabilità dello stesso. Con l'appello il difensore nel merito chiede l'assoluzione per l'assenza del requisito della presenza di più persone richiesto per l'affermazione di responsabilità in ordine al reato ritenuto in sentenza; in subordine invoca una pena inferiore a quella inflitta. All'udienza camerale in data 7 gennaio 2016, assente l'imputato, il Procuratore Generale e il difensore concludevano come da verbale. Tanto premesso, osserva la Corte come la sentenza di primo grado vada integralmente riformata dovendosi pervenire all'assoluzione dell'appellante dall'imputazione ascrittagli, così accogliendo il primo motivo dell'appello oggi attenzione del Collegio. E' vero, infatti, che, rispetto alla vecchia figura di oltraggio a pubblico ufficiale, sono diverse le aggiunte di nuovi requisiti costitutivi capaci di circoscriverne la tipicità. I l punto però è che tali elementi non sembrano incidere, rispetto al passato, Aderente all'Unioni' Camere Penali Italiani' sull'oggettività giuridica, in termini di variazioni qualitative della stessa, la quale era e rimane per l'appunto il prestigio della p.a. La nuova fattispecie dimostra semmai, accentuandola - attraverso l'espresso richiamo al "prestigio"- un'attenzione legislativa verso tale bene che, sia pure ledibile soltanto a certe condizioni, come subito si vedrà, si pone al di fuori della griglia dei valori costituzionali. In secondo luogo, a fronte di una condotta rimasta essenzialmente immutata, in quanto tuttora incentrata sull'offesa arrecata, con qualsiasi modalità aggressiva (offesa verbale, reale, cioè realizzata con gesti, imbrattamenti, suoni oltraggiosi, e risate; offesa arrecata non solo di propria mano, ma anche attraverso terze persone; offesa indiretta ed obliqua, ma non in forma omissiva ex art. 40 cpv. c.p.) all'onore e al prestigio di un pubblico ufficiale, novità più rilevanti si riscontrano in relazione ai presupposti della condotta incriminata, dal momento che la punibilità dell'oltraggio è attualmente prevista solo se la condotta è commessa in luogo pubblico o aperto al pubblico ed alla presenza di più persone, situazione, quest'ultima, che la precedente fattispecie considerava solo quale circostanza aggravante. Va subito rilevato, al riguardo, come la condotta oltraggiosa debba anzitutto rivelarsi lesiva non già, in via alternativa, come prevedeva l'abrogata disposizione, dell'onore o del prestigio del pubblico ufficiale. E' necessario un pregiudizio, di carattere per così dire cumulativo, all'onore e al prestigio di quest'ultimo e, dunque, della pubblica amministrazione di appartenenza. Va perciò esclusa la tipicità delle espressioni lesive del solo onore del soggetto pubblico che non involgono i l prestigio della funzione esercitata: a tali ipotesi si applicherà la disciplina dell'ingiuria aggravata (art. 594 c.p. e art. 61 comma 1 n. 10 c.p.). Sempre per l'art. 341 bis comma 1 c.p., i l fatto deve consumarsi in un "luogo pubblico o aperto al pubblico". Non sussistono problemi interpretativi sulla definizione di tali concetti, potendo l'interprete pacificamente attingere dall'elaborazione giurisprudenziale relativa ad altre fattispecie contenenti il richiamo a tali nozioni. Allo stesso modo, sembra concorde la dottrina nel sottolineare che sarebbe atipica la condotta oltraggiosa realizzata in luoghi diversi da quelli indicati dalla norma, come per esempio i luoghi soltanto esposti al pubblico (es. balcone che si affaccia su strada pubblica). Tali osservazioni appaiono invero significative proprio in punto di individuazione delle modalità lesive dell'oggetto giuridico. Attribuire rilevanza alle sole condotte oltraggiose dell'onore e del prestigio, nonché consumate solo in pubblico, significa infatti, da un lato, continuare a rinvenire il bene in questione nel prestigio della p.a., dall'altro però restringerne le forme di tutela soltanto rispetto a quei fatti che, proprio perché realizzati in pubblico, risultano idonei a screditare maggiormente la suddetta autorevolezza istituzionale. E se, come si dice in dottrina, la norma impone una sorta di "ossequio pubblico" delle istituzioni, salvaguardando i l solo prestigio pubblico della p.a., a fortiori l'ulteriore requisito della "presenza di più persone", pure richiesto dalla norma, va inteso nel senso che le più persone - naturalmente diverse dall'offensore e dall'oltraggiato percepiscano effettivamente l'offesa, e che dunque esse non siano solo potenziali percettrici della stessa, come succedeva nell'abrogata fattispecie, dove tale elemento era solo un'aggravante del fatto. Va aggiunto che l'oltraggio può configurarsi, sempre per la lettera del comma 1 dell'art. 341 bis c.p., solo mentre il pubblico ufficiale compie un atto del suo ufficio. Tale nuova inserzione impone una certa collocazione temporale del fatto, pretendendo la concomitanza tra il comportamento oltraggioso e il compimento dell'atto; collocazione non desumibile invece dalla lettera dei previgente art. 341 c.p., là dove l'oltraggio era riconosciuto anche al di fuori del momento di compimento dell'atto stesso. Anche qui, per via della nuova disciplina, si applicherà la disciplina dell'ingiuria aggravata ove il soggetto pubblico (es. vigile urbano) venga per esempio oltraggiato dopo il compimento dell'atto d'ufficio (es. multa). Accanto alla necessità che il fatto venga commesso mentre l'ufficiale compie un atto del suo ufficio, la norma richiede altresì che lo stesso si consumi anche a causa e nell'esercizio delle funzioni del pubblico ufficiale. Orbene, fatte queste necessarie premesse, è evidente che nel fatto contestato all'odierno appellante mentre ricorrono i requisiti della qualifica dql pubblico ufficiale, dell'offesa rivolta a questi in quanto tale e a causa e nell'esercizio delle sue funzioni e in luogo pubblico ( "...Teste dì cazzo! Mi state facendo perdere tempo! Da uomo a uomo, mi avete rotto il cazzo! Siete ridicoli!") debba ritenersi assente l'ulteriore requisito della "presenza di più persone" perchè l'offesa asseritamente arrecata alle pp.oo. è avvenuta nell'assenza di altri soggetti estranei ad esse presenti che l'abbiano percepita. E' evidente, pertanto, che a carico dell'imputato per le frasi asseritamente ingiuriose ed oltraggiose che avrebbe pronunziato all'indirizzo degli agenti di P.S. rimane solo la parola di questi, per cui, in assenza del requisito della "presenza di più persone" espressamente richiesto dalla norma reintrodotta con modifiche nell'ordinamento, si deve, in riforma dell'impugnata sentenza, assolvere l'imputato dal reato alla stessa ascritto perchè il fatto non sussiste. Il carico di lavoro della Sezione e del Presidente estensore ha indotto a indicare, ai sensi dell'art.544 c.p.p., in giorni sessantacinque, i l termine per il deposito della presente motivazione. P.Q.M. La Corte, visto l'art.599 c.p.p., in riforma della sentenza resa in data 8.5.2013 dal Tribunale di Palermo, in composizione monocratica, appellata dall'imputato V Si, assolve l'appellante dal reato di cui all'art.341bìs c.p. perchè i l fatto non sussiste. Visto l'art.544 c.p.p., indica in giorni 65 il termine per il deposito della motivazione. Palermo, 7.1.2016 II Presidènte est.